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Roma, 11 Dicembre 1909
Si pabbllea ogni Sabato
ANNO li - N. 50
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Propugna gl’interessi sociali^ morali e religiosi in Italia
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ABBONAMENTI
Italia : Anno L.
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Semestre L. 1,50
Estero: » » 5,00 — « . 3,00
Un numero separato Cent. 5
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I manoscritti non si restituiscono
INSERZIONI
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A projiosito del jVlinocclii
Eerdmans professore a Leida, qnantnnqne teologo
modernista, condanna Taffermazione dei modernisti
spinti : « La critica storica ha stabilito che i granai
fatti della salvezza non sono mai avvenuti ».
La critica storica — dice quel teologo — non ha
mai provato nulla di simile. Io non credo a certi
fatti narrati da la Bibbia, ma, se non ci credo, non
è per ragioni tratte da la critica storica.
Il professore di Leida respinge l’opinione (che
sarebbe quella, per esempio, del Minocchi 1) secondo
la quale uno spirito spoglio di preconcetti debba
per forza giungere ai risultati critici su cui s’ appoggiano i modernisti negatori. Confessa che se una
certa critica non ammette certi fatti narrati da le
S. Scritture, non li ammette se non perchè è im-,
bevuta di idee preconcette intorno all’ impossibilità
del miracolo. Rimosse queste idee prccoucette, la
predetta critica riconoscerebbe di certo la realtà
dei fatti miracolosi. Si nega il soprannaturale cosidetto, non perchè uno sia indotto a ciò da lo studio critico dei documenti biblici, ma perchè ci si
accinge a questo studio con un concetto filosofico
del mondo già bell’e fissato nella mente. Insomma
si nega il soprannaturale, non in omaggio alla scienza
— la quale non vuol saper altro che fatti — ma
perchè non si vuol seguire il metodo scientifico. E
quindi gl’ipercritici, che pure hau sempre la parola
« scienza » su le labbra, non sono scienziati, ma filosofi aprioristi, dommatici della più beiracqua.
Dobbiamo riconoscere — dice il teologo di Leida
— che fingono (o si illudono, diremo noi) quegli
ipercritici, i quali imaginano di essere mondi da ognipreconcetto.
E il teologo di Leida non dice se non quello che
noi abbiamo sempre sostenuto. Non si crede — per
esempio alla risurrezione di G-esù Cristo — non già
perchè si abbiano in mano o ci si figuri almeno di
aver in mano le prove storiche contro tal fatto straordinario ; ma perchè si pensa : « E’ impossibile che
avvengano risnrrezioni ». Si è dunque razionalisti
ne più nè meno. Il Loisy, il Minocchi e soci non
sono che razionalisti, cioè la negazione della scienza,
per la quale non c'è nulla d’impossibile, salvo il
non esistente.
Gli studenti di Pisa — ascoltando il Minocchi, che
ha finalmente ottenuta la desiderata cattedra — crederanno di bere a lunghi so-ysi la scienza, e invece
berranno della... teologia dommatica come quella del
Medio evo e dei secoli XVII e XVIII, mutatis mutandis.
Il metodo è lo stesso.
Cosi, in grazia del Minocchi, gli studenti inesperti
e naturalmente proclivi alla negazione, si ritroveranno, senza avvedersene, almeno a un secolo addietro, e imagineranno di possedere qualche idea
scientifica di più, mentre avranno costrutto il loro
edificio sa la rena di òpinioni, snl subiettivismo del
maèstro e loro. ' *
D’Infinito
moi Vinfini me tourmente !... ha detto
un giorno, guardando il cielo, Heine, il poeta che
visse in un’altalena di desiderii, di nostalgie, di
rimpianti, il lottatore anelante^ Il pellegrino che mai
scosse la polvere dai calzari, e scese nella tomba,
infelice cosi, com’era vissuto.
La sua confessione che riassumeva allora il grido
disperato dello scetticismo e della filosofia materialistica, echeggia oggi pure nel fremito delle anime,
neH’angoscia dei cuori, e il romore delle cose e delle
passioni non la può soffocare. Soffro... sono stanco
dell' ori ss onte che mi circonda : voglio V infinito !
Cosi, cosi piangono gli uomini, e la loro mente
che aspira ai fulgori della verità, il loro pensiero
che vuole la giustizia, eia loro anima anelante alla
pace, al bene, quaggiù non trova requie mai. La
loro vita oscilla nervosamente come un ago magnetico, tra il mondo e ciò che non è il mondo, tra il
visibile e l’invisibile, tra il creato e l’immenso.
Nelle aiuole della terra cresce un fiore che con
il suo profumo ubbriaca o manda in estasi : è l’amore,
l’amore, il primo sacramento della vita. La sua
storia secolare insegna ed ammonisce che esso può
condurre ad altezze sublimi o ad abbiezioni senza
nome.
Basta aU’nomo?
Quando io poso la mano sópra un cuore che piange
l’idolo infranto ; quando mi arriva all’ orecchio il
sospiro di un’anima fiacca dal disinganno, battuta
dal vento della sventura, io dico che quel cuore
batte per Iddio, che quell’anima tenta di giungere
a Lui, perchè è Lui che le manca, è Lui solo che
può consolarlo.
Nel cozzò incessante dei due principi!. Materia e
Spirito, l’uomo si piega, come l’erba del campo, verso
la materia, e striscia nella polvere come la biscia.
Ma ho sentito a dire che l’amore di costai a poco
a poco si eclissa, e riesce insipido, che i fiori del
paradiso terrestre presto si sciupano e lasciano il
rimorso di averli strappati.
La bellezza che seduce basta aH’anima ?
L’arte sa infondere la vita a questa bellezza nelle
luci, nelle linee, nei colori, nell’armonia, sui marmi,
sulle tele, sui bronzi. Ma è il colmo della bellezza
quésto ?... Non c’è più nulla al di là di un sorriso
di una notte stellata, delle meraviglie di un capo
lavoro, della visione di uno splendido edifizio?
Ma che cosa è dunque che fa mesto l’artista e
disarma il genio?
Povero poeta 1 I suoi canti armoniosi, come le
corde di un’arpa, vaniscono nelle lontananze del
pensiero e del cuore.
Povero artista I E’ muto davanti alle sue crear
zioni. Ma il poeta e l’artista, ritti sul piedistallo
della loro gloria, contemplanti l’ideale intravvednto
negli abissi misteriosi della grande anima, ci sfidano
a chiamar belle le opere loro.
Dove sta il segreto potente ?
Kant scrive : Il bello è Dio contemplato nel
prisma dell universo. Ma Dio n^n ha orizzonti che
lo circoscrivano ; ingigantisce sempre più innanzi
al pensiero umano : Dio fugge verso frontiere inscrutabili se alcuno di quaggiù pretende vederlo
troppo dappresso. E’ fónte d’ispirazione ma non può
essere raggiunto Dio !
Bellezza immutabile, rompe l’ironia sul labbro del
piccolo mortale che si dice positivista, sveglia nel
cuore del credente ineffabili emozioni, come in quello
dello scettico inesprimibili sofferenze.
Nell’ora, forse, in cui passano per l’aria lente
melodie di flauti, e roseo sfuma nell’azzurro il tramonto, fra il silenzio degli uomini e delle cose,
anche il Carducci — il cantore della forza — irrigidì più volte innanzi all’idea dell’infinito. Mi pare
di vedere sulla sua fronte scendere grave il pallore
del rimorso,^ ed una nebbia'alta dissiparsi dalla sua
mente quando scrivea :
Si còme nube, si come cantici
Fuggono l’etadi brevi degli uomini.
Dinnanzi da gli occhi smarriti
Ombra informe, che vuol l’infinito?
tormento di coloro che impoveriscono sulle
ricchezze e brancolano nel dilagare gajudioso della
luce,^ Dio sarà sempre il bisogno intenso, l’aspirazioné indistruttibile, la voce gagliarda — come
quella del mare — delle anime grandi e delle elevate coscienze.
Edelcnciss
II
SQUIlIBRJlTI?
L’altro giorno, a Parigi, un uomo prese a revolverate 00 generale che si recava, in grande tenuta,
a un ricevimento e che egli aveva scambiato col
ministro della guerra. Fu subito arrestato e sottratto all’ira del popolo che voleva buttarlo nella
Senna. Mentre Io condncevano al vicino posto di
polizia e durante il primo interrogatorio egli piangeva dirottamente e, in mezzo a frasi incoerenti,
continuava a gridare comean ritornello: «giustizia,'
giustizia! * Con diagnosi sommaria, fu dichiarato
squilibrato o pazzo : un nomo che va gridando « giustizia! » in pubblico e che ricorre a tali mezzi per
ottenerla, non può essere che da manicomio. Tale
il verdetto popolare.
Prima di sotto.scriverci, vediamo un po’ se l’atto,
per quanto insano, non abbia delle attenuanti che
valgano, se non a giustificarlo, a 'spiegarlo per lo«
meno. Quali ne sono state le ragioni ? quale il movente ? La storia del colpevole, storia che si ripete'
più 0 meno simile e indefinitamente in tutti i paesi,
è assai pietosa. Egli non è anarchico nè antimilitarLsta ; sarà tutt’al più un sovversivo, nel senso che
non può tollerare le birbonate e denunzia arditamente i soprusi, le malversazioni e le iniquità, anche se commesse dai suoi superiori.
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LA LUCE
La sua infanzia fu dolorosa e triste. Orfano fin
da ragazzo, dovette guadagnarsi il pane col sudor
della fronte. A furia di buona volontà e di studio,
riuscì ad ottenere un impiego nella amministrazione
militare in Algeria. Era dunque realizzato forse il
suo sogno e doveva starsene contento cosi. Non gli
venne invece la brutta idea di ficcare il naso negli
affari deiramministrazione e di accusare i suoi superiori d’indelicatezza, anzi di malversazioni ? Fu
quello un passo molto imprudente, temerario, bisogna convenirne. Gli accusati cercarono naturalmente
di levarsi dai piedi un testimonio cosi importuno.
L’accusatore fu invitafò, ma invano, a dimettersi, e
allora fu destituito, sorvegliato, pedinato, boicottato
e perseguitato in mille modi, tanto in Algeria che
a Parigi, dove era venuto a cercare rifugio e giustizia. Per mezzo di avvocati, si rivolse al magistrato che si dichiarò incompetente, al ministro della
guerra, al presidente del Consiglio e al Consiglio
di Stato, i quali non risposero. E allora, come protesta e per attirare su di sè l’attenzione di quella
gerarchia cosi olimpicamente indifferente e sorda,
egli sparò contro colui che credeva essere il ministro, esponente e in ultima analisi responsabile delle
iniquità perpetrate da ufficiali subalterni.
Dei torti, lo sparatore certamente ne ha. Egli ha
torto, anzitutto, di avere dimenticato i doveri del
perfetto impiegato, il quale non deve mai criticare
l’opera dei suoi superiori e tanto meno denunziare
al pubblico la loro inettitudine le loro birbonate. Ha
torto di aver creduto, lui oscuro impiegato e ultima
ruota della gran macchina amministrativa di potere
raddirizzare ciò che gli sembrava storto e ristabilire la giustizia. Quella fu una fatale illusione, ed
egli rimase schiacciato.
L’ atteggiarsi a paladino della moralità e della
giustizia, è sempre stato pericoloso, dai tempi di
Aristide il giusto e dei profeti d’Israele fino ai giorni
nostri. Se egli avesse invece chiuso gli occhi... e
la bocca, lasciando l’acqua andare per la sua china,
godrebbe ancora pacifico del suo impiego e avrebbe
fatto carriera. Il suo torto maggiore fu poi quello
di avere sparato a tradimento contro un uomo inerme
e che, in fin dei conti, non gli aveva fatto nulla.
I colpi di revolver non sono il mezzo migliore per
ottenere giustizia, e chi ad essi ricorre, si mette
dalla parte del torto, quand’ anche avesse tutte le
ragioni del mondo. Questo dico dal punto di vista
puramente umano, poiché, per un cristiano, la quistione non viene nè anche posta. « Non fate le vostre vendette, cari miei ». «Pregate per quelli che
vi perseguitano » ; ecco tracciata chiaramente la
lìnea da seguire.
Bitornando al caso nostro, e ad altri consimili, io
mi domando; coloro che piùomeno rumorosamente
attraggono su di sè l’attenzione pubblica per torti
patiti e invocano a quel modo giustizia, sono essi
tutti 0 squilibrati o pazzi, come sempre vengono
qualificati ? Si fa presto a dirlo, ma, nella maggior
parte dei casi a me fanno l’effetto di essere più savi
e più onesti di tanti altri... equilibrati.
Quando invano e ripetutamente e a lungo si denunziano pubbliche malversazioni e iniquità collettive 0 si reclama il risarcimento di danni sofferti ;
e si adisce a tutte le vie legali e sì tentano tutti
i mezzi, per urtarsi sempre contro qualche ostacolo
irremovibile, per trovare tutte le porte chiuse e non
ottenere altro che dinieghi di giustizia; quando si
ha la convinzione profonda dì essere dalla parte del
diritto, e che questo diritto non viene riconosciuto ;
quando ci si logora a lungo e ci si mangia il fegato
in una lotta impari per rimanere schiacciati come
da una cieca e insensibile fatalità; quando si vede
« l’empio prosperare e distendersi come un verde
lauro », è difficile di conservare sempre la propria
calma e la padronanza di sè. E allora viene il momento in cui, travolti da una < tempesta cerebrale >,
inacerbiti dàlia lotta e furibondi contro la malvagità 0 l’insensibilità degli nomini o delle istituzioni,
si spara un colpo di revolver contro qualcuno o,
con gesto meno drammatico, sì lancia nn plico nell’aula del parlamento. Cosi, colui il quale, senza la
fatalità degli eventi e la malvagità degli uomini,
sarebbe forse rimasto per sempre un pacìfico borghese, si vede, per un atto impulsivo di ribellione
e di protesta sdegnoga, classificato fra i pazzi e gli
squilibrati da coloro che si godono forse in perfetto
equilibrio i frutti della ingiustizia da lui denunziata.
Ah no ! gli squilibrati non sono sempre coloro
che vengono gabellati per tali, ma s’hanno invece
a ricercare sovente, almeno dal punto di vista morale, da qnell’altra parte.
Ent>ieo f^ltfolve
5iL£nzio!
Questa parola udii fin dall’ infanzia, perciò non mi
torna nuova; la lessi scritta in grandi caratteri neri
su sfondo bianco all’ingresso di sale ove si legge e si
medita; la sentii nel suo valore umano entrando nei
nostri templi austeri come la verità, nelle nostre cattedrali complesse come la vita ; la sperimentai in tutta
la sua divina maestà di fronte ai lenti e grandiosi
tramonti, guardando la terra, il mare, il cielo.
Soprattutto nei nostri tempi irrequieti’ in cui ogni
cosa è afferrata, studiata, dilaniata, profanata dalla lingua, in cui nella famiglia, nei comizi, nei congressi,
dal confessionale, dal pulpito, dalla cattedra si parla a
vanvera dì religione, morale, scienze naturali e discipline
economiche, è bene che ci rifacciamo alquanto alle consuetudini dei padri ed innalziamo agli onori dell’àltare
il silenzio.
Quando ripensiamo ai pettegolezzi, alle vanità dei
ritrovi non sempre mondani, quando ricordiamo i santi
propositi andati in fumo a cagione della chiacchera,
le ingiustizie che essa ha commesse, i sospetti che ha
covati, le divisioni che ha suscitate, i processi che ha
imbastiti, gli odi che ha scatenati, il sangue che ha
fatto spargere, le miserie ed i pianti che ha causati,
i semi di sventura che ha sparsi, non dovremmo più
confidare nulla d’importante all’uomo giornale, all’uomo
cioè che tutto desidera sapere per tutto pubblicare,
dovremmo salutare il silenzio come divino.
L’oscurità, il silenzio presiedono al primo atto di
vita delle piante ; quanto più esse immergono le loro
radici nella notte muta e tanto più sorgono forti, alte
e superbe. Morale senza castità, matrimonio senza pudore, vita umana concepita e generata in sulla piazza,
società senza misteri, pensieri senza silenzio : tale è
il mondo delle baldracche. Onoriamo la verecondia, l’ineffabile, il mistero perchè stanno nel grembo del silenzio divino.
La chiacchera è il principio di tutte le vanità, la
madre di ogni tendenza empia, l’avversario del bene.
Quando sentirete gente buttarsi in conversazioni agili
e sconnesse, quasi inebriarsi nel suono delle sue parole, quasi stordirsi nel rumore, state certi, essa vuole
con ciò dissimulare l’imbarazzo di un pensiero molesto,
spegnere la voce della coscienza e del santo, colpire
idee e sopprimere rimorsi. La parola può essere grande
ma più grande è il silenzio ; esso ha del divino.
Giulio Cesare interrogato in momenti dì collera contava a bassa voce fino a venti prima di rispondere ;
quella pausa, quella parvenza di silenzio gli bastava
per riacquistare l’equilibrio morale. Cromwell non brillava per eloquenza ma ogni sua azione parlava di potenza e di redenzione. Guglielmo il taciturno favellò
solo colle sue azioni, coll’Olanda innalzata a personalità nazionale e restituita a libertà, coi nomìqi sbaragliati e vìnti. Moltke poteva stare ore consecutive in
compagnia senza pronunciare verbo, tanto la sua atmosfera era il silenzio ; perciò in nervosi tempi di
guerra potè vedere e provvedere con calma, chiarezza
e superiorità. 1 tempi eroici non sono facondi nè filosofici.
Come degli indivìdui, cosi dei popoli : è grande chi
sa tacere. Una nazione che piange, che grida, che tempesta, si sforza in parole e si spossa, facilmente viene
tiranneggiata e sfruttata; ma se non piange più, non
ride più, non protesta più, ma se diventa greve e muta
e tutta si raccoglie nel silenzio, allora realmente è visitata da pensieri solitari e liberatori, allora essa acquista potenze titaniche e diventa irresistibile.
Le grandi passioni non si ragionano, sembrano amputare i sensi e relegare l’individuo all’ infuori di se
stesso negli sterminati silenzi. Niobe, la Madonna dei
greci, avea perso sette figlie ; madre dolorosa fu mutata in pietra per esprimere lo sgomento muto e sordo
che ci assale quando siamo colpiti da sventure supe
riori alle nostre forze. Il silenzio impone il rispetto e
provoca simpatie talora eroiche.
Un principe si i-ecò nello studio di Apelle e per parecchio tempo stette muto dinanzi ai capolavori esposti ; ma poi, accingendosi egli a criticarli fu energicamente rimesso al suo posto dal maestro : « finché stavi
silenzioso, sembravi qualche cosa di grande a cagione
delle tue catene e della tua pompa ; ma ora che hai
aperto la bocca ed hai parlato, l’ultimo giovane della
mia bottega ti disprezza 1 » Tanto il portamento dignitoso, taciturno di uno zuccone fa supporre in lui
immeritati valori, indovuti titoli di prudenza, di capacità e di acume. Il silenzio ingrandisce.
Nei tempi antichi un ordine si era formato tra uomini pii e pensierosi ; ad esso venivano iscritti solo
coloro che durante tre anni avevano saputo serbare il
silenzio; si chiamava l’ordine pitagorico. Oh sei filo.sofi
anche dei nostri tempi ricordassero che il genio è un
mistero a se stesso, se dinanzi all’ incommensurabile,
aU’imponderabile, all’inconoscibile, all’irrazionale si rinchiudessero spesso devoti nel silenzio, conseguirebbero
con esso assai più che colle loro divagazioni poderose
Un benedetto pastore tedes(;o Klaus Earms raccon
tava ad un quacchero come soventi volte dovesse par
lare in privato ed in pubblico a cagione della scapo
sizione. « Harms, gli osservò questi posandogli fami
gliarmente la mano sulla spalla, Harms, troppo tu ti
agiti, tu parli sempre, quando troverai tu il tempo di
tacere affln di udire quello che lo Spirito ha da co
mu’nicarti ?
La parola è d’argento, ma il silenzio è d’oro. Impariamo vocaboli, la grammatica, la rettorica, la logica,
l’arte del parlare e dovremmo incominciare coll’arte del
tacere, col rendere sommamente desiderabile il silenzio.
Nel silenzio dei deserti, dei monti, delle notti, dei luoghi
storici, dei campi di battaglia e dei sepolcri, in atto
di contemplazione e di meditazione, di fecondazione, e
d’incubazione crebbero i profeti, Gesù, gli apostoli,
tutti quelli che lasciarono vasta orma luminosa di sè
nella storia, che in alcun modo cooperarono alla elevazione della società. Tutto quanto v’ha di grande nella
natura e nell’uomo, nel dolore e nell’arte, nella politica e nella religione impone il silenzio e tutte le cose
creatrici e durature, mistero a se stesse, scendono o
salgono nel cuore umano in modo arcano e si comunicano. a chi sa tacére... ascoltare... aspettare.
Nel silenzio troviamo noi povere creature e Dio, noi
incapaci di diventare in tutto fenomeno a noi stessi,
di liberare noi da noi medesimi, noi con due voci nel
petto: runa che ci richiama alle foreste primitive,
alla vita dei gorilli lubrici crudeli e l’altra che ci invita a più energica attività di elevazione individuale
e sociale, noi perversi e divini, noi antitesi irriducibile,
irrazionale.
Il silenzio è profondo come la eternità; in esso misuriamo la lontananza di Dio da noi o la sua vicinanza,
l’amarézza di non averlo o la dolcezza di possederlo.
Nel silenzio crescono i pensieri creatori, i sublimi propositi, sentiamo più facilmente Taleggiare dello Spirito
Divino, il contatto e le scosse della onnipotenza celeste, le direzioni di Dio, la Sua voce o rivelazione continua, vìva ed eterna, la Sua individualità suscettibile,
per noi, di venire sperimentata.
Parlare è umano, tacere è divino. Chi non sa tacere
non sa adorare nè pregare. Onoriamo il gran regno del
silenzio e benediciamolo: esso è l’unico mezzo di prepararci al mistero, di iniziarci al divino, di aspettare
il Signore, di contemplare e godere Iddio,
O. GPilli
AVVISO IMPO RTANTK
Col nuovo anno la Rivista Cristiana torna a Firenze, e sarà diretta dai nostri professori di teologia
(Enrico Bosio, Giovanni Buzzi e Giovanni Rostagno)
Inviare L. 5 per l’abbonamento 1910 al Sig. 0. dalla.
Via Serragli 51, Firenze.
Ecco il sommario del numero di novembre :
Ai lettori e collaboratori della < Rivista Cristiana »
La Direz. — Cesare Lombroso e l’Antropologia criminale,‘G. Tron — Di alcune espressioni bibliche erroneamente intese, G. Banchetti — A; proposito del
sangue di San Gennaro, E. Senàrega — Cronaca del
movimento religioso, U. Janni — A proposito di una
polemica con un collaboratore del < Coenobium », E.
Meynier — In Biblioteca, M. F.
31 nostro Concorso
Poiché il presidente del Comitato fu assente, rimandiamo ai prossimo numero la pubblicazione del testo
del nuovo concorso.
3
LA LUCE
IH
Il nuovo " Catholieos „ apnieno
Quando un « catholieos » — capo supremo della
Chiesa armena gregoriana — muore, il sinodo si riunisce a Etshmiadzin, e si compone di otto membri,
il primo dei quali diventa « vicario », ossia locum
tenens del catholieos^ e ne adempie le funzioni lino
Mansione del nuovo catholieos.
Il locum tenens partecipa la morte del catholieos
a tutte le eparchie armene del mondo, e fissa una
dilazione di un anno per la elezione del nuovo catholicos. Ogni eparchia manda due rappresentanti :
il rappresentante dell’eptarchia e uno laico per prender parte alla elezione. L’assemblea deve radunarsi
nella cattedrale di Etshmiadzin, a porte chiuse, ma
colla presenza di un rappresentante dello Czar, espressamente nominato.
Nel primo giorno dello scrutinio son nominati
quattro candidati d’infra i vescovi, e di questi quattro,
il giorno seguente due sono eletti — e lo Czar designerà quale dei due debba essere il catholieos.
Questi deve far visita allo Czar, il quale gli consegna un rescritto che Io nomina catholieos, titolo
eh egli assumerà dopo aver ricevuta la santa unzione.
All’unzione, che ha luogo nella cattedrale di Etshmiadzin, concorrono dodici prelati, arcivescovi e vescovi. Il primo di questi prelati versa 1’ olio santo
sul capo dell’eletto, che se ne sta in ginocchio; poi
un altro prelato pone sulla sommità del capo del
candidato la più preziosa reliquia della cattedrale,
cioè la mano destra di Gregorio l’Illuminatore. Da
questo momento il nome del catholieos è pronunziato nelle preghiere pubbliche.
he Eparehie
Gli armeni hanno, in Biissia, sei eparchie ; due
in Persia e nelle Indie; e cioè i seggi di Erivan,
di Tiflis di Sciuscià (Choucha)] di Chemaka, di
Astrakhan, di Kiscineff, di Tauris e di Nor-Dgiulfa,
presso di Ispahan. L’ Armenia Turca, con T Asia
Minore, ha per centri principali Van, Bitlis, Erze^
rum, Trebisonda ed altre città, e per capitale Costantinopoli. Gerusalemme, col suo patriarca armeno,
occupa un posto a parte, e da questo Seggio dipendono gli armeni di Siria e dell’isola di Cipro. La
Cilicia ha un catholieos che risiede a Sis, il quale
ha i suoi propri vescovi, da lui stesso ordinati, ma sottoposto, religiosamente, al catholieos di Etshmiadzin.
Dal punto di vista religioso, questo catholieos di
Etsmiadzin porta il titolo di patriarca supremo e
di catholieos universale degli armeni; — dopo di lui
viene il catholieos di Cilicia, che non s’intitola patriarca ; — poi il catholieos di Altharaar, che risiede nell’isola di questo nome in mezzo al lago di
Van; — poi vengono i patriarchi di Gerusalemme
e di Costantinopoli. Dal punto di vista politico, il
patriarca di Costantinopoli è superiore a tutti i suoi
colleghi per gli affari armeni in Turchia. Vi è anche un vescovo armeno a Woraster in America
(Stati Uniti), ma esso non ha ancora la facoltà di
prender parte alla elezione del catholieos universale.
Mattehos II
Sua Santità Matteo II, effe ricevette la sacra unzione nello scorso settembre, chiamavasi al secolo
Samuele Ismirlian. Nacque a Costantinopoli nel
1845 da un padre sarto, venuto da Smirne, onde
il nome della famiglia. Fu dapprima precettore, po^
scia entrò negli ordini sacri nel 1864 e nel 1869
divenne vardapet, vale a dire dottoi’e in teologia e
prete scapolo. Egli si occupò con gran zelo degli
affari della sua nazione, anche dopo esser stato consacrato vescovo nel 1876.
Samuele Izmirlian pubblicò, nel 1881, un’opera
sul patriarcato della Chiesa armena, in cui agita la
quistione delicata dei rapporti tra i catholieos di
Althamar, di Sis e di Etshmiadzin, e conclude con
la supremazia religiosa e nasionale del prelato di
Etshmiadzin. Divenuto arcivescovo di Egitto, nel
1886, vi rimase tre anni | dopo i quali tornò a Costantinopoli, e cadde in sospetto della Sublime Porta,
Quando Khrimian fu eletto catholieos nel 1892, Izmirlian era il secondo candidato ; ed esso poi, nel
1894, fu eletto patriarca di Costantinopoli. Dopo i
massacri, egli si dimise, e il governo di Abd-ul-Aziz
lo relegò a Gerusalemme dove stette dodici anni.
Finalmente, 1’ anno scorso 1908 si trovò ad essere
primo candidato al seggio di catholieos, e la sua
elezione venne confermata dallo Czar Nicolò IL Egli
ricevette la sacra unzione il 13i26 settembre scorso,
assumendo il titolo di « Santità » come i papi di
Roma e il nuovo appellativo di Matteo, secondo del
nome (1). p. maGlcf
(Dal Témoignage) Y.
(1) Col semplice titolo di Patriarca Armeno, esso
vien raffigurato a pag. 205, parte II della Geografia
biblica della .Palestina, di Part. Pons, in corso di
stampa alla Tip. Claudiana.
LA CELLULA UOMO
Per non rubar troppo spazio ai collaboratori, tralasciamo ciò che nello scritto deU’Amico è secondario,
e diciamo intorno ai punti principali solamente quel
tanto che a noi importa di far notare al Lettore.
I. L Amico ci attribuisce questo peregrino concetto :
1 umanità è un’ « associazione », un’ « accolta d’individui ». .
Bellina questa sinonimia di nuovo conio ! — Tra
« associazione » e « accolta » ci corrono di molte
linee !
E dove mai abbiam noi espresso questi falsissimi
concetti, poiché i concetti son due e benissimo distinti ?
dove ? Li avrebbe egli dedotti, pensando : il Direttore
della Luce non ha certo il mio concetto dell’umaniDà,
il mio concetto... ortodosso ; quindi il Direttore della
Luce non può se non far dell’umanità un’ « associazione », anzi un’ « accolta d’individui? »
E’ cosi ?
Comunque, noi cogliamo volentieri quest’occasione, per
lanciar una parola di protesta energica contro il pontificai vezzo di taluni, i quali non han gli occhi che
agli antipodi; contro cioè il sistema degli «estremi »,
che si potrebbe anche chiamare il sistema del « bianco
0 nero », od ancora il sistema del « numero due ». Se
non la si pensa come me, la si pensa — certo — in
maniera diametralmente opposta. Se non si è scolasticamente ortodossi com’io mi sono, si sarà -- senz’aìcun
dubbio eretici. E cosi vii. La Bibbia é inspirata
sin nelle virgole (che in antico nessuno poneva!) ovverossia la Bibbia non è inspirata menomamente. Si
debbono accettare tutte le mie elucubrazioni teologiche,
altrimenti si è fideisti menci.
Ma nient’affatto, signori colendissimi : tra la supposta
ortodossia di Tizio e il fideismo di Caio, è tanto spazio da tracciar una magnifica via maestra, regale, una
via sacra, per cui Sempronio — accomiatatosi con ogni
riguardo dal signor Tizio e presentati i suoi rispettosi
ossequi al signor Caio — farà assai bene a mettersi
e a procedere risolutamente.
L’Amico dunque attribuisce a noi un concetto, anzi
due disparati concetti dell’umanità, che non abbiamo
mai espressi nè pensati nemmeno sognando.
E qual è il concetto proprio delTAmico? Che cos’è
l’umanità per lui ?
E’ un’ « unità vivente ».
E sta bene. Anche la famiglia è un’ « unità vivente »,
con « centri di coscienza », come direbbe l’Amico. Ma
quando mai l’esperienza ci ha posti in «ontatto con
1’ « anima più vasta di quella individuale » che l’Amico crede di scorgere nell’umanità, da la quale « anima
più vasta emergono » secondo lui « le personalità singole P »
Quanto più accettabile, sperimentalmente, scientificamente (l’Amico parla di « scienza! ») non è il
concetto nostro così lontano dal concetto di lui e cosi
lontano, d altro lato, da quello ch’egli ci ha arbitrariamente attribuito ! L umanità non è un’ « anima »
più vasta, ma è una più vasta famiglia, constituita di
« centri di coscienza » o meglio di « coscienze » in
comunione le une con le altre ; su le quali una Coscienza
— personale anch’essa — regna e governa, o piuttosto
deve regnare e governare, come il capo su le membra
(e sarà l’avvento finale del Regno di Dio) ; e questa Coscienza sovrana è quella del Cristo santo e perfetto,
padre d’una nuova umanità. ^
Accettando questo nostro concetto, restan in piedi
benissimo quelle che l’Amico chiama « dottrine fondamentali del cristianesimo (la caduta dell’umanità in
Adamo, la redenzione deU’nmauità in Cristo) » ; poiché
restan in piedi le « dottrine » dell’eredità, della solidarietà ecc., applicabilissime all'umanità naturale facente capo al -primo uomo, e aU’nmanità stessa rigenerata e come creata di bel nuovo, che deve far capo
al Cristo il novello Adamo.
Tuttavia non si creda che la nostra intenzione sia
di contrapporre questo nostro concetto a quello delTA-^
mico, nè di far l’apologià del nostro concetto. Non est
hic locns, e del resto occorrerebbe, per un’apologià, ben
altro che queste quattro chiacchiere alla fuggiasca.
No! Abbiam voluto manifestare, buttar là diciamo
pur cosi — il nostro concetto delTumanità, non per
provarne la giustezza e quindi opporlo a quello, dell’Amico, che reputiamo erroneo, e non scientifico in ogni
modo, ma.1 abbiamo manifestato a far toccar con mano
1 arbitrarietà deJl’Amico che ci fa dire o pensare essere
1 umanità un « associazione », anzi un’ « accolta ».....
di briganti ; e a far toccar con nvano inoltre che tra
i due estremi, che ti’a il bianco e il nero c’é posto per
altri colori. L’umanità è una più vasta famiglia. La
famiglia non è un’ « accolta d’individui » e nemmeno
una semplice « associazione » fondata sur un contratto
qualsiasi, che domani si potrebbe disciogliere (1), ma è
un tutto spiritualmente organico, in cui generanti e generati, fratelli e fratelli sono uniti da un misterioso,
mistico vincolo, indissolubilmente.
IL Ma è tempo che mettiamo in vista la seconda
gratuita affermazione del nostro gentil contraddittore.
Non pago di ascrivere a noi quel che noi non abbiam
nè espresso mai nè pensato, l’Amico sostiene in nome
della Scienza quel che probabilmente (aggiungiamo questo « probabilmente » per un meticoloso scrupolo di
prudenza) la Scienza non ha mai detto ; o quello almeno
che 1 Amico non ci ha mai dimostrato come roba scientifica. Non è la prima volta che l’Amieo espone il
concetto, a cui si allude, ma quando mai ce ne ha
egli favorito uua qualsiasi dimostrazione scientifica ?
« L umanità è un essere (2) unico con diversi centri
di coscienza », egli dice ; e immediatamente dopo soggiunge . « Se c è una verità lumeggiata dalla scienza (2)
moderna è proprio questa ».
Avess egli almeno detto filosofìa 1 Dèi resto, ov’è sia
pure un consenso filosofico sul concetto dell’ Amico ?
Se il suo concetto è « lumeggiato dalla scienza »,
fuori una buona volta le prove a dimostrare che l’umanità è un essere fornito di coscienza, « un’anima più
vasta » di quelle individuali, da la quale « emergono
le personalità singole ».
Ma badi l’Amico! Egli ha parlato in nome della
« scienza » ; la dimostrazione che ci aspettiamo da lui
non dev essere una elucubrazione filosofica, ma una.....
dimostrazione condotta col mètodo che è proprio alla
scienza, cioè col metodo sperimentale. Egli dovrà dunque:
1. Recare dei fatti sperimentati da lui stesso o da
altri, e non due o tre. fatti solamente alla spiccia, ma
un gran numero.
2. Mostrare come da questi molti fatti risulti lim
pidamente (Angusto Righi, il principe dei fisici italiani, direbbe « logicamente ») l’ipotesi sua, poiché si
tratta d’una... ipotesi.
.3. Procedere pila dell’ipotesi, cioè ap
plicare (ipotesi ad altri molti fatti non ancora sperimentati, ma sperimentabili, di quel dato ordine medesimo, per provare che l'ipotesi li, spiega tutti, mentre
che tutte le altre ipotesi proposte sarebbero inette a
spiegarli.
Quando l’Amico avrà vittoriosamente compiuto questo po’ po’ di lavoro (ch’egli non ha per ora nemmen toccato con la punta del mignolo 1) potrà parlarci
in nome della scienza, prima no ; e noi ci convertiremo
allora sinceramente alla sua ipotesi, la quale sarà
degna finalmente di portar il nome di teoria ; se pure
.........^ frattempo — non sarà spuntata all’orizzonte un altra Ipotesi, a spiegar più semplicemente
e più ampiamente forse ancora i fenomeni di cui si
tratta. In scienza, ahimè, le teorie soirt) meno .salde in
gambe che non siano nell’ imaginazione del nostro
gentile Amico ; e decadono facilmente, come purtroppo
si vede percorrendo gli Annali della Scienza umana
della Scienza moderna. ’
Conclusione.
L’Amico, — dopo aver attribuito a noi idee che non ci
sou mai nemraen passate per il'cerebro — ha cercato,
nella sua infelice confutazione dell’articolo nostro’
di appuntellar le sue idee per mezzo della Scienza!
senza curarsi di dimostrar l’essenziale', cioè senza dimostrare se la Scienza-abbia per davvero la velleità di
farsi sua complice !
4
LA LUCE
III. Per oggi, uu’altra sola osservazioné, e basterà;
poiché il presente articolo minaccia di divenire... ingombrante I
Non solo l’Amico ha commesso i due peccati di cui
abbiamo or ora ragionato, ma ne ha commesso un terzoi
non meno grave.
Dove vai ?
Le son cipolle !
Così ha risposto l’Amico,
E’ chiaro come il sole che l’intento principalissimo
a cui mirava l’articolo nostro dell’ agosto passato era
quello, non già di formulare una teoria dell'umanità,
bensì di mostrare sperimentalmente come il regno
di Dio pervada l’nmanità, qualunque sia il concetto che
si debba acquistare di essa, non senza però lasciar sufficientemente intendere, per via analogica, che neU’umanità noi scorgiamo un organismo spirituale paragonabile
a quello (fisico) ond’è fornito anche 1’ uomo. Insomma,
noi su le tracce del Salvatore che disse « Il regpo di Dio
è dentro di voi » ci proponevamo essenzialmente di
rispondere alla domanda ; Come viene il regno di Dio ?
E l’Amico?
E l’Amico___relegando nell’ombra il regno di Dio e
specialmente il come del suo venire — si è sbizzarrito,
nello scritto che abbiam sott’occhio, a raddrizzar le
gambe a’ cani per ciò che concerne, non il venire del
regno di Dio, non il modo o il metodo del venire, e
neppure il regno di Dio in sé considerato, ma per ciò
che concerne l’umanità in cui il regno di Dio non
è certo venuto compiutamente, ma è tuttora di là da
venire. ,
Se questo è risponder a tono, giudichi il Lettore.
Noi siamo dispostissimi 'ad accettare per un momento la teoria.... scientifica.... per modo dire, o
meglio filosofica, dell’Amico gentile circa all’umanità.
Ebbene, innanzi a questo concetto, noi ripeteremmo
egualmente quel che scrivemmo nell’articolo incriminato circa al regno di Dio, e segnatamente circa al
vemre (chè qui era il punto) del regno di Dio.
L’nmanità è un’ « essere unico », una « più vasta
anima », in cui come lo scintillar di faville in un gran
fuoco si discernono i * centri di coscienza », le coscienze, le anime individuali ?
Benone ! Ma « come viene » il Regno di Dio in questa
umanità, intesa sia pur a questo modo che noi non
ammettiamo ?
Viene individualmente. Penetra in un « centro di
coscienza » (per usar la locuzione stessa dell’Amico)
poi in un altro, poi iu un altro ancora... Questo solo
ci dice l’esperiènza. Il regno di Dio è già venuto (3).
Ne dubita l’Amico? Non conosce lui anime rigenerate ?
E che sono le aniuje rigenerate, se non anime entrate
nel reeno di Dio o iu cui il regno di Dio è entrato,
poiché le due locuzioni sono biblicamente Sostenibili ?
Ma forse l’amico avrebbe un altro concetto del regno
di Dio? Ah, parli chiaro allora [ Per noi il regno di
Dio é spirituale, è una nuova nascita (cfr. Giov. Ili)
che si produce iu “u centro di coscienza, in dieci, in
cento, in migliaia, in milioni, ma individualmente in
ogni modo. L’umanità non è rigenerata. Non conosciamo
che individui rigenerati; questo é il solo fatto d’espqrienza su cui si possa edificare. Ma nulla impedisce
di pensare che, se é vero - come l’Amico suppone - che
romanità sia, a cosi dire, una coscienza delle coscienze,
•questa coscienza sintetica giunga a sua volta ad essere
tutta pervasa dal re^no di Dio, come le coscienze individuali come i * centri di coscienza » distinti e subordinati' e per mezzo di questi centri medesimi, come
di cellula in cellula il benessere si propaga a tutto
l’organismo fisico.
Anche cosi non esula per niente il concetto individualistico-sociale a base individuale, che é il nostro
concetto del regno di Dio ; il quale concetto é il
solo che trovi g'omo per giorno la sua conferma
nell’esperienza; 1»
a Dio e al suo Spirito — in grado di additarci anime
3Ìngole risorgenti » ^it» Q’iova. mentre il rimanente
deirumanità tira innanzi nell’egoismo e nella concupiscenza, che si palèean ogni giorno di fuori nei più ripugnanti vizi.
Altro non ci dice l’esperienza. Or, senza esperienza,
ci saranno opinioni più o meno geniali, ma non ci può
essere scienza, Amico nostro gentile!
(Il resto al prossimo numero).
m Tsrel nostro articolo ricorreva e più d’una volta
51 V «ncietà », ma ognuno deve aver capito
il term ne ® un sinonimo di quel termine
che il nostro Amico spiega con la
. » 0» ^ neanche di . as
locuziime « ao 0 ^ gogietà fondata sur un con
sociazione » nel o'’“
tratto frangibile. L’analogia tratta da l’organismo era lì
a chiarire sufficientemente la nostra idea di < società ».
(2) Questa sottolineatura é nostra.
(3) Confidiamo che nessuno abbia a scorgere contraddizione tra quest’affermazione e quell’altra espressa
di sópra. Se si pensa all’umanità nel suo insieme, bisogna riconoscere che il regno di' Dio non è venuto;
se si pensa all’individuo, si vede chiaro che il regno
di Dio è già venuto e viene di continuo, apparecchiando il suo avvento finale.
Importantissimo !
Ogni persona ohe ci procuri, prima del
31 dicembre, almeno cinque abbonamenti nuovi, ne otterrà uno per sè
gratis.
L’abbonamento, prima del 31 dicembre,
non costa ohe L. 2,50 ; dopo sarà di L. 3.
A tutti gli abbonati — che ci avranno
mandato il prezzo d’abbonamento prima
del 31 dicembre, — cediamo la Storia
del Cristianesimo del Dr. Meynier (grande
volume, in commercio a L. 3,00) per una
sola lira e il libro Nuova Aurora
tradotto dal prof. Enrico Rivoire (libro, che
fu messo in vendita a L. 2,50) per soli 75
centesimi. Spese postali a carico del Comitato.
Cominceremo col primo numero
di gennaio la pubblicazione del nuovo
lavoro del prof, ex padre Giorgio Bartoli,
facendolo precedere — in questo mese di
dicembre — da una delle sue attraentissime novelle.
Nel prossimo numero comparirà la prima
puntata del promesso racconto o romanzo.
Ai nuovi abbonati si concedono
gratis i numeri del dicembre corrente.
Mandateci subito L. 2,50.
paqihe pi storia
Stato dei vaide^i alla vigilia della Riforma.
Sfuggiti a tanti pericoli da parte dei re di Francia,
dei duchi di Savoia e dei papi, i Valdesi superstiti
decisero di usare maggior prudenza nell’esercizio
del loi;o culto e nel propagare la loro fede. Però in
parecchi quella prudenza divenne così remissiva da
potersi chiamare viltà od ipocrisia. L’Inquisizione
esigeva che quelli che negoziavano in Piemonte portassero mn biglietto del loro curato ; onde ottenerlo,
alcuni Valdesi frequentavano la messa. Quando poi i
loro Barbi ne li rimproveravano, pretendevano scusarsi dicendo che, nell’entrare in chiesa, proferivano
sottovoce le parole : Spelonca di ladroni, ti confonda Iddio !
In quel periodo, le Valli Valdesi furono piùd’nna
volta visitate dai delegati delle chiese unite di Boemia,
mandati a fare un’inchiesta sullo stato della religione
nei vari paesi. E’ stata ritrovata la relazione dei
due delegati del 1498. Venuti in Vai Luserna, biasimarono la partecipazione alle cerimonie romane
con fiere rampogne, e partirono pel Colle della Croce
eccitando i Valdesi dei due versanti ad affermare
coraggiosamente la loro fede. Passando a Firenze,
assistettero al supplizio di Savonarola. A Roma, visitarono un Valdese, eccitandolo pure a non nascondere sotto al moggio la fiaccola del Vangelo. L’impressione che ritrassero dalla loro visita fu che i
Valdesi, per riguardi mondani, erano alquanto decaduti dall’antico zelo. Era dunque opportuno anche
per loro quel potente risveglio che fu segnato dalla
Riforma del 16* secolo.
Glov. jalla
VAGLIA N. 80
Abbiamo da Torrepellice ricevuto un vaglia di lire
2,60 recante il numero 80, senza nome del mittente.
Lo preghiamo di manifestarci il suo nome.
Cogliamo l’occasione per invitare coloro che ci mandano l’abbonamento a riscrivere il loro nome e indirizzo sul tagliando della'cartolina vaglia.
Poche settimane fa annunziavamo la pubblicazione
del terzo fascicolo &b\\’Antifonario evangelico (musica
del M- Adolfo Baci) sotto il titolo : Cori pel nuovo
anno ecclesiastico.
Siamo lieti di annunziare oggi la pubblicazione, avvenuta in questi giorni, del quarto fascicolo dello stesso
Antifonario sotto il titolo : Nuovi Cori pel Natale
1909. La dispensa comprende 12 Cori, e cioè le Antifone dell’Epifania e delle sei domeniche dopo l’Epifania
e cinque altre antifone pertinenti alle domeniche dopo
Pentecoste, parte seconda (culti serali). I primi 7 pezzi
sono come facilmente si comprende, di occasione per.
le prossime feste.
Se
Se Se
A proposito di questa pubblicazione musicale del
Baci, siamo lieti di rilevare che la Commissione del
canto sacro ». delle Valli Valdesi nella circolare che
in data 30 Novembre ha diretta ai signori pastori e
direttori di Scuole domenicali delle Valli (vedi Echo
del 3 die.) raccomanda calorosomente l’antifonario Evangelico :
«... Noi ci permettiamo — cosi scrive la Commissione — di raccomandarvi rantifonario evangelico del
nostro correligionario Adolfo Baci. E’ una raccolta di
cori a quattro voci su testi biblici. Essi sono tutti bellissimi, ed alcuni abbastanza facili par essere imparati
ed eseguiti anche da un coro composto di persone non
aventi che un piccolo bagaglio di conoscenze musicali.
Introducendo nelle nostre Chiese delle valli i Cori del
M' Baci noi raggiungeremo un triplice scopo : canteremo della buona musica religiosa italiana ; esprimeremo la nostra riconoscenza al maestro per tutto ciò
che ha fatto e si propone di fare in favore del canto
sacro nelle nostre Chiese d’Italia, ed infine incoraggeremo la Tipografia Claudiana di Firenze, editrice disinteressata di questi Cori ».
A ninno sfuggirà l’importanza di questa raccomandazione della Commissione del canto sacro nelle Valli
Valdesi, alla quale siamo grati per l’aiuto che così
autorevolmente viene a prestarci nella campagna in
favore della riabilitazione artistica — generatrice di
maggiore elevazione spirituale — dei nostri Culti evangelici. E speriamo che. la sua parola, sebbene rivolta
alle Chiese delle Valli abbia una vasta ripercussione
nelle Chiese dell’evangelizzazione.
»
* *
Dicevamo altra volta che la prima edizione delle due
prime dispense dell’antifonario evangelico era esaurita.
Siamo lieti oggi d’informare i lettori che la Claudiana
ne ha stampata una seconda edizione.
Cosicché i fascicoli oggi in vendita dell’antifonario
evangelico sono quattro, e cioè i seguenti : 1. Otto
Cori per Natale 1908; 2. Dodici Cori per Pasqua; 3.
Cori per il nuovo anno ecclesiastico ; 4. Nuovi Cori
pel Natale 1909.
I lettori della Luce ed i Consigli di Chiesa che non
lo abbiamo ancora fatto si affrettino ad inviare le ordinazioni. ».
La Dottrina Cristiana spiegata al popolo
La Coi7.versloine
D, — Che cosa è la conversione ?
E. — Quando dalla Legge e dallo Spirito Santo
l’uomo è stato convinto di peccato, egli si trova in
faccia ad una grande domanda : Respingerà la testimonianza interna che lo condanna? Cercherà di stordirsi
ovvero ascolterà la voce della coscienza e di Dio? Si
prenderà pensiero del suo stato e rinuncerà al peccato,
ovvero ascolterà la voce della coscienza e di Dio. Si
prenderà pensiero del suo stato e rinuncerà al peccato,
ovvero continuerà a seguirlo ? Ora critica e solenne !
Possiamo allora, se vogliamo, respingere il Vangelo e
la salute. Ma se invece vogliamo rispondere aU’appello
di pio, lo possiamo anche ; ed allora la necessità della
conversione diventa sempre più evidente. Si badi : la
conversione non dev’essere confusa con un’ esteriore
cambiamento di abitudini e con la santificazione. Essa
è essenzialmente l’atto col quale l’uomo, convinto di
peccato, ^e non avendo più speranza in se stesso, sottomette a Dio la sua volontà, il suo cuore ed i suoi
pensieri per essere salvato. Un atto interno, dunque,
ci conduce ai piedi del Salvatore. Questa conversione
può iniziarsi per una crisi violenta o lentamente e
gradatamente.
5
LA LUCE
5
D. — Quali sono i rapporti tra la rigenerazione e
la conversione.
E. — La conversione segue la rigenerazione. Essa
-consiste nei primo esercizio delle nuove energie deposte
nell’anima nell’atto della rigenerazione. La rigenerazione è in noi la nuova virtualità ; la conversione è lo
inizio della nuova attualità. Ancora : la rigenerazione
é l’atto di Dio : nel nascere noi non abbiamo alcuna
parte : la conversione è l’atto nostro. La rigenerazione
(innesto neH’anima di alcune virtualità aggiunte per
grazia a quelle ch’essa ha per natura) è un atto singolo completo in se stesso e mai ripetuto. La conversione invece, è l’inizio d’una serie costante, indefinita,
progressiva.
D. — Quando accade la conversione ?
E. — Quando la libertà si abbandona alla grazia che
la risveglia.
D. — In che modo si accerta la conversione F
E. — La conversione è accertata dal dolore profondo
«he si prova pel divorzio esistente tra la volontà ideale
e quella reale : dolore che si chiama pentimento,
D. — A chi è necessaria la conversione ?
E. — A tutti. Anche a coloro che, essendo nati entro
la Chiesa fanno parte della greggia di Cristo, come
agnelli di essa, hanno ricevuta l’assicurazione della
continuata presenza del Einnovatore e il dono delle
nuove virtualità della grazia. La presenza del Einnovatore lungi dal rendere inutile la conversione, la pre
para pur senza costringimento. E dove per avventura
le determinazioni della libertà respingano.l’Evangelo e
la salute di cui esso va pregno, la presenza del Einnovatore rimane paralizzata, impedita nella sua azione.
Dosi, le ' virtualità che la presenza e 1’ azione dello
Spirito Santo depone nelle anime che l’amore sapiente
di Dio ha collocate dentro la Chiesa, cioè a parte dei
beneficii di Cristo per entro il patto di grazia, non
possono pienamente esplicarsi che mediante il consenso
della libertà, cioè mediante il risveglio e la conversione
personale.
D. — Qual è il modo della conversione ?
E. — Martensen dice benissimo che il modo è diverso
a seconda degii individui. La tesi- secondo la quale una
conversione non è vera se l’individuo non cominciò con
l’assidersi nel banco dell’ angoscia, sentendosi come
sprofondato in un abisso di perdizione in mezzo
a terrori di condanna, e col soffrire la lotta amara della
penitenza per poscia rialzarsi pieno di gioia, udendola
parola della fede annunziargli la pace e la remissione
dei peccati, questa tesi misconosce l’indefinita varietà
dei caratteri e dei temperamenti che offre la natura
umana, e dimentica che la grazia è, davanti a un’anima più rispettosa di quanto non lo sieno certi sistemi
che vogliono precisare per filo e per segno il suo modo
di agire. L’essenziale, dunque, non è il modo della conversione, nè il poterne fissare la data, ma è il fatto
della conversione, cioè l’inversione del rapporto che
nell’uomo inconvertito subordina il principio santo al
principio peccaminoso. ». i.
BREVI MEDITAZIONI DI OH LAICO“*
« Tii sei stato leale in poca
cosa ; io ti costituirò sopra
molte cose ».
Matteo XXI, 11,
Il collaudo
Il gran ponte era finito ormai. Per due, anni l’opera
■era stata assidua dai due lati della valle, in fondo
alla quale scorre il fiume, ora limpido ed azzurrino,
ora torbido e fangoso, a seconda della stagione.
Prima era stato un gran da fare per gettare salde
e profonde le fondamenta ; poi un sapiente intreccio
di travi di ferro si era renutg delineando per l’aria,
si erano saldate le giunture e l’arco snello s’era
slanciato da una riva all’altra.
Infine s’erano visti degli nomini seduti su un asse
sospeso ad una fune, come dei ragni all’estremità
del filo di bava, e avevano verniciato prima di minio
€ poi di biacca bigia il bel ponte.
Ed era stato finito.
Ora avevano disposto ai due lati lungo le spallette un numero grande di succhi di rena, e a un
gl Tenute per piccole riunioni di giovani, queste
revi meditazioni » non hanno grandi pretese. Così
non pretendono di estere come del grandi quadri destinati a formare una « galleria ». Aspirano ad essere
come il modesto e vivace acquarello che rallegra anche
la semplice ed ingombra cameretta dove si svolge la
wita quotidiana.
bel momento quattro colossali locomotive si erano
lentamente inoltrate sulle due sottili striscio di acciaio assicurate all’impiantito del ponte.
Tutto era proceduto bene, l’opera aveva sopportato senza danno alcuno uno sforzo doppio del massimo cui sarebbe stata in seguito sottoposta ; si poteva ora affidarle lo sforso minore.
— Cristo segue il metodo opposto per collaudare
i suoi discepoli. Per vedere se potranno sopportare
lo sforzo maggiore li sottopone allo sforzo minore.
Se di questo saranno capaci, affiderà loro lo sforso
maggiore.
— Il criterio da Lui seguito sembrerebbe irrazionale e non patrico : l’esperienza però da secoli ci mostra che nella sfera della coscienza e dello spirito
Egli ha ragione.
Ed ecco qualche perchè di questa sua differenza
di metodo.
Nella vita morale e spirituale è più difficile essere fedeli nel poco che nell’assai. La veridicità,
l’onestà rigida nelle grandi occasioni sono cose molto
vistose e verso le quali una natura relativamente
sana si sente spinta da condizioni di ambiente, di
educazione, e da tante altre cause.
La veridicità e l’onestà nelle modeste circostanze
di vita in cui non si fa male a nessuno (lo si crede !),
e non si è veduti da nessuno, è un pigmeo posto
in lotta col gigante dell’egoismo. Se al gigante dell’egoismo poniamo di fronte il gigante della bella e
grande opera virtuosa compiuta in cospetto dèlia
gente che ammira, la vittoria, con tutta probabilità,
rimarrà a questa, è logico. Ma, se al gigante dell’egoismo contrapponiamo il pigmeo della modesta
piccola fedeltà al bene, sarà necessario che quest’ultimo, affinchè Tequilibrio della lotta sia conservato, abbia la forza che animava Davide di fronte a
Golia.
Di più, nel campo della esperienza fisica, e meccanica, la forza che poniamo al cimento è forza stazionaria, anzi forza che si deteriora : la energia di
bene dell’anima è energia che si sviluppa e si accresce, e il piccolo sforzo la ringagliardisce.
E’ nel poco che si saggia la fedeltà, ed è per questa
che si collauda la personalità e si vede se è in via
di accostarsi alla statura della persona di Cristo.
Mario Falchi
HOTEBELLE E 5FI6DLÌ1TUHE
La Coltura contemporanea pubblica, tra gli altri
molti scritti, anche un articolo di G. E. Melile sul
libro di Ü. Janni, testé edito dai Fratelli Bocca.
*
* •
La Piccola Sardegna della Maddalena pubblica un
articolo della nostra collaboratrice signora Lisa Clerico intorno al * Nemico », cioè al Gesuitismo.
«
• «
Si annunzia un nuovo periodico mensile: « La Riforma laica, rivista critica di questioni odierne » direttore l’avv. Salvatore Mastrogiovanni e amministratore l’avv. Amleto Pavone. Un bel numero di collaboratori. L. 3 l’anno. Per adesioni e schiarimenti rivolgersi a Via Orazio 30, Roma.
*
• *
Abbiam ricevuto il numero di novembre del « Bene
sociale » foglio antialcoolistico diretto dal pastore
Giovanni Rochat di Firenze.
Attraente come di consueto.
♦
Abbiam pure ricevuti alcuni numeri del periodico
« Opera pacifista italiana, notiziario trimestrale » edito
da la Società per la Pace, alla quale tutti i nostri lettori dovrebbero appartenere.
*
È morta la moglie del Padre Giacinto, il famoso ex
predicatore di Nostra Donna di Parigi e vecchio-catlolico.
• •
Registriamo un’altra morte. Quella dell’ex ministro
Fortis, ch’era un 33 della massoneria. Pare che avesse
una certa fede, non però molto illuminata. In morte
disse : « Io sono in paro (cioè in regola) con Dio e
con gli uomini ».
Era un ottimista.
L’incidentino della camicia rossa e del berretto —
che durante il trasporto funebre — furono da qualcuno rimossi dal feretro per avvolgerne la croce come
a nasconderla, non abbisogna di commenti, rivelando
chiaramente da sè quel che sapevamo già, cioè che in
Italia ci sono cervelli piccini.
*
• •
L’ex abate Minocchi ha ottenuta la cattedra d’ebraico all’Università di Pisa.
Sarà ! ma il razionalismo ha fatto il suo tempo. Ben
altra è la tendenza degli animi moderni, assetati di
scienza, cioè non di preconcetti ma di fatti.
a>
* *
Il processo di Monaco intentato dal dott. Edoardo
Aigner (che aveva pubblicato un articolo contro la
realtà dei miracoli di Lourdes) al dott. Fiege che, nel
suo giornale ingiuriò l’Aigner, è terminato con una
sentenza /ii condanna.
Da le deposizioni dei medici periti (anche cattolici
romani) risulterebbe questo specialmente : 1) a Lourdes si guariscono malattie nervose (cosa che nessuno
di noi nega) ; 2) certi infermi, per effetto di suggestione credono di essere risanati (da un lupus, per
esempio) mentre in realtà sono infermi come prima;
3) a Lourdes non ci può essere verificazione esatta
delle guarigioni, perchè due medici devono occuparsi
di 8 o 9 cento malati per giorno ; 4) la famosa Rouchel, che avrebbe ottenuta la guarigione da un lupus,
è stata fotografata di profilo o quasi, in modo che
nel ritratto di lei, che è stato riprodotto a migliaia
di copie a provare la realtà d’un miracolo almeno, si
vede la parte sinistra della faccia — la parte ch’era
sana — mentre la destra è tanto nell’ombra che non
vi si distingue nulla; 5) in realtà la Rouchel * sì
trova » tuttora « in uno stato commiserevole » ; 6) altre
più vere guarigioni si spiegano con la suggestione;
7) non c’è da fidarsi delle dichiarazioni rilasciate dai
medici addetti al santuario.
* * ,
t II congresso per la Pace è proceduto assai bene. Vi
parlarono il prof. Tonelli, Teodoro Moneta, il prof.
De Gubernatis e altri parecchi.
Ed ora tutti all’opera per la pace universale, per
la pace in tutti i sensi di questa sublime parola 1
nella penisola z «elle Jsolc
Sanremo
(Matusio). — Domenica scorsa il nostro Pastore ha.
cominciate le predicazioni speciali preparatorie alla festa
del Natale con un sermone sul testo : « Ed io lo farò
accostare ed egli verrà a te » (Ger. XXX, 21) di cui
il concetto cardinale fu l’avvicinamento di Dio aU’nomo,
deU’uomo a Dio. Nelle tre prossime domeniche seguiranno tre sermoni sul testo: «Tendiamo alla perfezione »
(Ebr. VI, 1). La vita dev’essere un avvento, cioè un avvicinamento alla perfezione. Eaccomandiamo, per mezzo
del giornale, a fratelli ed amici di non mancare specialmente ai due ultimi sermoni. Probabilmente lunedi,
13 dicembre, il pastore darà la seconda conferenza spe-.
ciale di questa stagione sul tema : « La reale natura
dell’uomo alla luce della scienza e della filosofia moderne ». Stiamo anche preparando alcune riunioni in
case private allo scopo di avvicinare persone estranee
che non mettono piede in chiesa. Si pregano tutti quei
fratelli che fossero disposti ad organizzare nelle loro
case adunanze di tal fatta, di significarlo al pastore.
noma
L’A. C. D. G. di Eoma ricordando in una circolare
speciale agli amici, cooperatori, soci, i lieti prospetti
con cui chiuse l’anno sociale 1908 1909, in cui il numero maggiore di soci fu raggiunto (300) traccia a
larghi tratti i piani del nuovo anno di vita che le si
presenta. Fra le cose nuove che verranno attuate notiamo :
1) Nel dipartimento di educazione fisica : l’alta direzione verrà assunta dal dott. Enrico Gualdi, già da
lunghi anni socio dell’A. C. D. G. ed ora una autorità
delle più competenti in Italia per quanto riguarda la
ginnastica razionale. Egli è tornato or ora da un lungo
viaggio di studi in Francia, Belgio, Germania, Danimarca, Svezia, entusiasta delle cose vedute ed imparate, specialmente di quel che concerne la ginnastica
svedese nei suoi sviluppi più moderni, e sotto la sua
preziosa cooperazione 1’ A. C. D. G. spera di rendere
notevoli servizi non solo ai suoi soci, ma a migliaia di
altri giovani in Eoma e in altre città d’Italia che hanno
bisogno di consigli pratici per l’igiene e la salute fisica;
ad essi stampati speciali verranno distribuiti sotto agli
auspici della Federazione Ginnastica Italiana, e, per essi,
un corso teorico-pratico di lezioni e di conferenze sull’educazione verrà fatto dal dott. Gualdi durante quest’inverno nella palestra dell’A C. D. G.
2) Lezioni di lingue, di steuogiafia, e un corso di
pianoforte, diretto dall’egregio maestro Mancini, conferenze, discussioni, sono nel programma del lavoro di
6
6 .
LA LUGE
educazioae. La biblioteca circolante aumenta mercè
doni ed acquisti di libri, e la sala di lettuia è resa attraente da molti giornali e belle riviste
3) Fogli speciali con informazioni su Eoma vengono largamente distribuiti negli alberghi e nei principali negozi, Con vantaggio grande dei forestieri. Parecchi, per mezzo dell Associazioue", hanno trovato impiego, consiglio ed aiuti ; i trattenimenti familiari e
le gite archeologiche fanno vedere che l’opera sociale
della Società continua.
4) Il lavoro religioso verrà mantenuto vivo da studi
biblici familiari, diretti da persone competenti, da
riunioni speciali, da riunioni pastorali.
L’anno si apre con un bilancio preventivo di quasi
14,000 lire, 4 mila delle quali devono essere assicurate per mezzo di speciali sottoscrizioni. Per cui un
appello vien diretto alle persone capaci di apprezzare
l’opera altamente umanitaria e cristiana che l’A. C. D. G.
compie in Roma. P. Coisson '
— Alla stessa Associazione 0. D. G. domenica sera,
il dott. Roberto Prochet, presidente del Comitato Nazionale, tenne una briosa, applauditissima conferenza intorno al suo viaggio a Barmen (Germania) in occasione
del recente Congresso universale delle Associazioni
C. D. G.
Ceriffnola
(Prof. Di Giorgio). — In questa Chiesa Evangelica
Valdese il signor pastore Simeoni ha tenuto la scorsa
domenica una conferenza sul tema : « Il desiderio dei
grandi italiani», richiamando una vera folla di persone
colte che avevano apprezzato nella precedente conferenza ; « La Riforma » il dire efficace dell’oratore.
Caltanissetta ,
(A. A.). — A Caltanissetta c’é vita !
La nostra città viene in vario modo evangelizzata ;
molti fratelli testimoniano con assiduità della loro
fede e con profitto, varie conferenze d’indole apologetica, annunziate gentilmente da un giornale locale, attirano grande quantità di persone nel nostro locale e...
strano a dirsi, la casa del pastore è spesso assediata
da gente che viene per avere degli schiarimenti su soggetti religiosi.
Ogni martedi intervengono alle lezioni di Catechismo
moltissimi estranei, che non mancano di seguire anche
molto assiduamente il corso delle nostre conferenze.
Società (fi Mutuo Sjmo fra gli Evangelici di Firenze
Fin dall'anno 1886, il CzVcofo Evangelico di Firenze
mirando al cristiano ideale della unità nella varietà,
e a porre ì fratelli nella fede in grado di stringersi
in fascio e di aiutarsi scambievolmente, fondò trasformandosi, sotto la presidenza del sig. Teofilo Gay,
allora pastore a Firenze, la Società di M. S. e Coop.
fra gli Evangelici di Firenze. Questa benemerita Società di vera alleanza evangelica sul terreno pratico
conta ormai 23 anni di vita non interrotta, durante
la quale si mostrò per molti vera Provvidenza, durante
i giorni mesti della malattia. Senza ostentazione, senza
ricorrere a Bazar, a collette, essa proseguì e prosegue
tranquilla la sua benefica e tranquilla missione. Oltre
ad offrire ai suoi soci, durante il primo mese di malattia, 1 lira al giorno se uomo, 0,80 se è donna, enei
secondo mese la metà del sussidio, la società paga tutte
]e visite del dottore sociale e le medicine necessarie
durante il corso della malattia. In caso di cronicismo
il socio gode sempre il benefizio del medico e delle
medicine e tutto ciò per la tenue contribuzione mensile di L. una, se uomo, di L, 0,80 se è donna. Chi
non vede il grandissimo vantaggio che il socio ricava
da simile società ? In caso di malattia o di una disgrazia, il socio non è più costretto di andare all’ospedale,
e non ha nemmeno il penoso sentimento di essere di
peso alla propria famiglia. Con i vantaggi che il nostro sodalizio offre, voi supporrete che il numero dei
soci debba essere di qualche centinaio, visto che Firenze è una delle città che ha il maggiore numero di
evangelici. Or bene no: non siamo che 64 soci 40uomini, e 24 donne. Nei suoi 23 anni di esistenza, la
Società ha mostrato la sua solidità superando anni
difficili assai per i molti casi di malattie incontrati <
eppure ha sempre conservato il sno capitaletto di
riserva, che la mette al coperto da ogni eventualità.
Potessero queste nostre poche righe cadere sotto
gli occhi dei nostri fiorentini, ed invogliare molti di
loro ad arrolarsi nelle nostre assottigliate file!
E quale carità fiorita sarebbe quella di coloro, che
pur non avendo bisogno^di un tale mutuo soccorso,
vi si ascriverebbero, sia per spirito di cristiana soli,
darietà, sia come mezzo gentile di soccorrere fratelli
meno favoriti dalla fortuna, senza averne l’aria. « Quod
est in votis. » Giov. Rochat.
OLTRE LE hUFl E I mRI 7t
Svizzera
Ginevra. — Il nostro amico, il valente e pio pittore
Alessandro Mairet, ha messa assieme con altri tre pittori una mostra artistica. Le tele di lui furono assai
lodate dai fogli quotidiani svizzeri. Il nome del nostro
giovane amico è ormai da collocare accanto a quelli del
Burnand e del , Robert, eccellenti artisti cristiani.
Il ben noto capitano Bertrand, esploratore e entusiasta fautore delle Missioni cristiane evangeliche, in
una seduta della Società ginevrina di Geografia, riferi
intorno al suo gran viaggio nell’AfPrica australe e specie
allo Zambesi, ove anche dei nostri missionari valdesi
predicano il Cristo.
Losanna. — Il pastore di Parigi, R. Saillens, predicò in Losanna dal 14 al 21 novembre, attirando grandi
folle ; tanto che nel vasto tempio di S. Francesco le
persone erano pigiate come le acciughe.
Viviamo in tempi di risveglio, grazie a Dio.
Il Saillens trattò questi tre bei temi : 1) La grande
angoscia ; 2) La grande speranza ; 3) La grande liberazione.
Francia
Parigi. — Anche quest’anno avrà luogo una serie di
conferenze sotto gli auspici! dell’ottimo periodico « Foi
et Vie ». La prima conferenza sarà tenuta domenica
prossima da Andrea Michel sul tema : « L’arte al tempo
del Savonarola ».
Mans. Il pa.store Paul Fargues, licenziato di teologia, intende pubblicare sotto i) titolo comprensivo
« Etudes philosopliiques contemporaines », presso l’editore Fischbacher (Paris, 33 Rue de Seine), una serie
d’opuscoli apologetici a L. 0,75 l’uno. E’ uscito il primo
opuscolo : « Trasformisme et christianisme » di p. 48
in 8®. Il secondo avrà per titolo : « La Bibbia secondo
la critica moderna ». Chi manda fin d’ora il suo nome
all’autore, potrà avere questo secondo opuscolo per soli
50 centesimi.
Ronen. L abate Vral tenne una conferenza alla
« Solldarite scieuce, morale, religion ». Alla fine un pastore evangelico pronunziò una preghiera per l’abate
tanto bersagliato, preghiera che l’abate ascoltò ginocchioni. La « Vie Nouvelle » dice che quello fu un momento di grande commozione generale.
Marsiglia. — Appena sbarcato, il fanatico libero pensatore Augagneur governatore di Madagascar — il quale
torna in patria per un congedo — ha sfogato la sua
bile contro i cristiani evangelici in un abboccamento
concesso a un giornalista.
Montanban. — L’anno accademico della Facoltà di
Teologia è stato inaugurato con un discorso dell’illustre storico Emilio Doumergue su 1’ « ascetismo e l’intellettualismo di Calvino ». L’oratore ha scagionato Calvino daH’assolutismo di queste due accus3.
Nizza. — Il 5 corrente, la Chiesa Riformata (cosi
leggiamo nell’ « Eclairenr ») celebrò il 4- centenario di
Calvino. Oratore, tra altri, il nostro pastore valdese,
cav. Paolo Lougo.
Spagna
Il prete cattolico romano Arsenales, già fanatico nemico e persecutore degli evangelici, si è convertito alla
fede cristiana evangelica, confessando amaramente la
sua colpa.
Germania
Due egittologi tedeschi hanno scoperto tra vecchi papiri un certo numero di brani gotici della versione biblica di infila, l’apostolo dei Goti. Vi figurano i capi
23 e 24 del Vangelo di Luca. Questo antichissimo manoscritto — scrive la « Vie Nouvelle » — apparterrebbe allo scorcio del 4- secolo. Fu offerto all’Università di Giessen.
Belgio
Alcuni zelanti cristiani hanno fatto un viàggio in
automobile, al fine di vendere in molti villaggi Nuovi
Testamenti e di dispensar opuscoli religiosi.
— Il « Chrétieu Belge » si lagna dell’intolleranza
delle suore cattoliche romane, le quali cercano di trarre
alla loro fede i poveri malati cristiani evangelici ricoverati negli ospedali del cattolico Belgiò.
Una nuova porta si è aperta all’Evangelo nel comune di hlobecq.
Cina
Secondo la « Vie Nouvelle », si combatte strenuamente in Cina l’uso dell’oppio inebriante. Minacce di
severe ammende ; decreto della Camera di commercio di
Chantu, a impedire che i commercianti impieghino fumatori d’oppio. Su quasi tutti i magazzini della predetta città si legge questa scritta : « La Camera di
commercio ci invita a non dar lavoro ad alcun fnmalore d oppio ». E’ una lega generale contro il tremendo
vizio. Si spera in una totale liberazione.
Confucio perde terreno e ne acquista sempre più
la civiltà occidentale.
L Università confuciana di Pekino è quasi deserta,
e si apron per tutto scuole all’europea e all’americana.
J nostri morti
Mercoledì 24 novembre u. s., spegnevasi in Genova
dopo brevissima malattia la signora
fOaria Pappié^ de Ternex
all’età di 65 anni.
La dipartita della signora Dapples è una perdita
grave per le chiese evangeliche di Genova e per tutte
le opere ai beneficenza.
Francamente evangelica, la defunta prendeva vivissimo interesse all’opera di evangelizzazione, e chi
scrive queste linee si rammenterà sempre con diletto
delle lunghe conversazioni che ebbe il piacere di avere
con Lei sull’opera proseguita dalla chiesa Valdese in
Italia. Essa lascia una larga eredità di affetti e molti
ne piangono la morte così inaspettata e repentina.
Ci permettano i figli e le famiglie Dapples e de
Fernex di esprimere loro, a nome di tutti coloro eh©
conoscevano la signora Maria Dapples, tutta la nostra
cristiana simpatia. j’. Kostan
IN SA.LA DI LETTURA.
Ricordi del terremoto Calabro-Siculo
E’ uu bei volumetto iu cui la sig.ua Lidia Stagnitta
racconta cou molta semplicità uno dei mille dolorosi
episodi dell’immaue disastro che contristò tutta l’umanità civile, lasciando una indelebile raccapricciante memoria.
Le notizie che a suo tempo ci diedero i giornali,
oltre all’essere sommarie, erano anche di necessità superficiali perciò rimase in tutti il desiderio di conoscere
le scene intime, di vedere nel cuore dei fratelli colpiti dalla fulminea sciagura. La signora Stagnitta racconta di sè e della famiglia sua e di qualche vicino e
conoscente : scrive con l’uuzione di un’ anima addolorata non egoisticamente e non senza fede. Chiudendo
il mesto volumetto si vorrebbe pregare l’ottima signorina a continuare la descrizione di tutto ciò che vide.
La lezione del dolore e delle virtù e delle debolezze
umane iu un momento cosi strano e terrificante è sempre di grande utilità. a. M.
La mia convepsione
Il sig. Sante Fantucci evangelista colportore valdese
in poche pagine descrive la sua conversione all’Evangelo, a cui ben presto segui la conversione di tutta la
sua numerosa famiglia, che pure sul principio non aveva
abborrito dalla persecuzione contro di lui.
Non vi è nulla di straordinario nella conversione di
questo umile, ammaestrato da un semplice operaio e
reso forte da Cristo a resistere alle persecuzioni : ma
la sua narrazione è condita di squisito spirito di fede
e di tale umile desiderio di bene che allieta ed edifica il lettore. a. M.
Lidia
(1) Ricordi del terremoto Calabro-Siculo
Stagnitta. — Tip. Claudiana.
(2) La mia conversione. — Sante Fantucci. — Firenze,
Tip. Claudiana.
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia dell’lstitnto Gould Via Marghera 2,, Roma
La Lucejin^merica
Il rappresentante della Chiesa Valdese
negli Stati Uniti, 5ig. Prof. Past. Alberto
Clot {86, Romeyn St., Rochester N. Y)
è anche incaricato di ricevere abbonamenti
alla Luce. — Inviargli fin d’ ora L. 5 per
abbonamento 1910,____________
fiuiinnpiirfl Contabile corrispondente, trent’anni car- ’
yifilllyBliUtl riera, attualmente occupato presso primaria Ditta Commerciale in Napoli, desidera lasciare
questa^ città per qualunque altra del Settentrionale,,
preferibilmente della Toscana. — Rivolgersi al sig.
Gaio Gay, Pastore della Chiesa Valdese, via Scarlatti
N. 201, Vomere (Napoli).
7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROMA
Studio di sforia e di pslcolo
ài9 dei Prof. G. Bartoli.
Il cardinal Sinibaldi stesso recitò le preghiere dei
aioribondi. D. Ottavio, le due signore, il medico, il segretario dei morente e la servitù risposero alle meste
invocazioni della Chiesa. Allessi e cinquanta in punto
il cardinal Turini esalava l’estremo sospiro.
Roma intese con doloroso stupore la notizia della
morte quasi repentina del cardinale. I suoi amici lo
piansero' con lagrime sincere ; i suoi nemici, e non
erano pochi, frenarono a stento il mal celato piacere.
La signora Maria e la figliuola versarono sulla tomba,
inopinatamente aperta del loro caro, lagrime inconsolabili.
Nella prima il dolore fu più profondo, ma meno visibile ; nella seconda invece si manifestò in forma più
viva, ma non durò così a lungo. Tutte e due, però, si
accorsero che colla morte del cardinale restavano in
una solitudine grande, quasi in un deserto in mezzo
al frastuono della gran Roma. Il defunto non aveva
parenti se non lontani ; la signora Maria, mòrtale la
madre, era rimasta sola al mondo ; quindi le due donne
si guardarono d’attorno come sbigottite, e pensarono
alla vita che avrebbero dovuto menare.
In buon punto venne in loro aiuto il cuor buono
del cardinale Sinibaldi. Questi era stato nominato dal
defunto esecutore testamentario ; di più a lui, il Turini, nella sua ultima confessione, aveva raccomandate
le due donne. Il cardinale sciolse la questione del dove
e come dovessero vivere, coll’invitarle a casa sua, nella
quale potrebbero prendere lo stesso posto che tenevano
in quella del caro defunto.
La signora Maria senti tutta la delicatezza di quella
offerta, e ne pianse per gratitudine e per consolazione.
La Bice, poi, ricordevole che i soli Sinibaldi conoscevano il segreto della sua nascita, fu presa da una tale
ammirazione per la bontà e la generosità del cardinale, che stentò a „frenarsi per non dimostrarglielo
nella maniera appassionata ed espansiva tutta a lei propria. L’idea poi di vivere còsi vicino a D. Ottavio, la
rendeva fuori di sè per la gran gioia. È vero, che tali
non erano le intenzioni del cardinale, nè i propositi
di D. Ottavio, ma quando il Sinibaldi fece la gentile
offerta, ella ignorava perfettamente la vocazione del
nipote di lui. Mentre la prima pensava solo o principalmente alle gioie della terra, il secondo volgeva
nell’animo solo pensieri di cielo. Una forza arcana
ignota, potente lo spingeva indomito per la sua via.
Della ricca eredità del defunto cardinal Turini il
più e il meglio andò alla signora Maria e alla Bice.
I poveri e molti Istituti di beneficenza ebbero cospicui
legati, e anche il cardinal Sinibaldi, anzi persino D. Ottavio non fu dimenticato.
Se il Turini era vissuto alternatamente nell’amore
e nell’odio, la sua morte tuttavia era avvenuta in un
perfetto idillio di rinnovato amore.
XXVI.
Il Tramooto di Ronja.
Il Cardinal Turini era da un buon mese nel suo sepolcro, quando una mattina, il Cardinal Segretario di
Stato, recatosi, come di consueto, dal Papa, lo trovò
stanco in faccia ed abbattuto. Il cardinale non potè a
meno di notare la cosa.
— Che ha Vostra Santità questa mattina? Si sente
forse male ? È così sciupato in faccia !
— Ecco! — rispose il Papa — bene non sto, propriamente. La notte scorsa non ho quasi chiuso occhio al sonno.
— Faccio telefonare al professore Pelaci ?
—- No! no! non occorre tanto. È stanchezza e sonnolenza, che passerà da sè. Poi, il mio male non è, questa
volta, cosa da medici e medicine.
— Ma -— insistette il cardinale — è accaduto qualche
cosa di nuovo ? La politica ?...
— Lasci, lasci la politica, signor cardinale ! Vorrei
che non fosse mal esistita, la politica. Ciò che ,mi ha
tolto il sonno la notte passata, fu la teologia, non la
politica.
— La teologia. Ella dice ? Ma in che modo ?
— Senta, signor cardinale, guardi se in anticamera
c’è il direttore del periodico Scienza e Fede. Oggi
è il suo giorno e questa è quasi la sua ora. Se c’è lo
faccia entrare. Vorrei parlare con Vostra Eminenza di
una certa cosa, ma alla presenza di un gran teologo.
Che ne dice Lei ?
— Ma anzi I Presto fatto. Se c’è, lo farò entrare.
Un istante dopo il cardinale rientrava nello studio
del Papa, seguito dal corpulento direttore della Scienza
e Fede.
— Si segga qui, signor cardinale — disse il Papa.—
Anche lei. Padre, qui alla sinistra. Vengo a quello che
ho in animo db esporre. Sanno loro chi fu qui da me,
ieri sera ?
— No ! — sciamarono in coro i due visitatori. —
Chi mai V
— Quell’impiastro di D. Ottavio Sinibaldi.
— Come, lui? — disse il cardinale.
— Quel diavolo, quel tristo, quell’apostata? — fece
eco il reverendo Padre.
— Si calmi, si calmi, reverendo Padre. Alla fin fine
egli non è peggiore di noi altri tre.
Un oh 1 di meraviglia, a stento represso, usci dalla
strozza del cardinale.
— E non siamo tutti peccatori noi ? — continuò il
Papa — mi rispondano, non siamo peccatori noi ?
— Ma Santità — interruppe il cardinale, a fine di
sviare il discorso — come fece quel sacerdote ad arrivare fino a Vostra Santità?
— To ! Ella lo sa. Io ho buon cuore. Avevo promesso al defunto cardinal Turini di chiamarlo e di
parlargli, e ho mantenuto la parola data. Inoltre, sapevo che D. Ottavio desiderava assai di parlare con
me. Speravo quindi che la pecorella randagia fosse per
tornare all’ovile.
— E invece Vostra Santità ha trovato un lupo —
osservò il direttore.
— Via ! Un lupo propriamente no ; ma nè anche una
pecora. Le pecore sono tosate da noi ; ma in questo
caso egli piuttosto ha tosato me.
— Come ? come ? — domandarono i due interlocutori.
— La è proprio così. Sentano che discorsi mi tenne
quell’impiastro.
— Che ha detto? — chiese il cardinale.
— Parlammo insieme intorno a tre ore, e non posso
negare che l’impressione ch’io ne provai fu profonda.
Il fatto è che le sue parole mi frullarono in capo per
tutto il resto della notte. Cercherò di dare un resoconto fedele della coversazione. Quel giovinotto aveva
evidentemente preparato il suo discorsino, perchè andò
franco e spedito dal principio fino alla fine. E non
può negarsi, che non sia un uomo di grande ingegno.
Peccato che sia così sviato...
E qui il Papa s’interruppe un istante, e trasse un
gran sospiro.
— Che disse, in breve ? — tornò a chiedere con
grande umiltà e con voce melliflua il cardinale'
— Lemme, Lemme, signor cardinale. Chi va piano,
va sano. Vengo al discorso di quell’impiastro. Gli si
potrebbe mettere per titolo queste parole : « Il bilancio del cattolicismo romano ». Prima di tutto mi
dimostrò, come due e due fanno quattro, che il poter
temporale non torna più...
— Dice da senno, Vostra Santità ? — chiese il cardinale.
— Non lo dico io : lo dice quell’impiastro.
— È una eresia !
— Un’eresia propriamente no — osservò il direttore della Scienza e Fede.
— A farla corta. Quel giovanotto mi ha esortato a
rinunciare spontaneamente al poter temporale e a non
pensarci più, perchè, ha detto egli, non c’è ora, e non
ci sarà per molti anni avvenire, nessuna probabilità
che esso sia mai per essere ristabilito.
— Vostra Santità non può fare una tal rinuncia —
disse severo il cardinale.
— Ohè, signor cardinale, sono o non sono Papa io ?
— Il Santo Padre potrebbe veramente farla — osservò il teologo corpulento — ma...
— Non c’è ma che tenga — soggiunse il Papa —
sanno loro che io sono un po’ stanco di fare il prigioniero volontario? Già, la è una farsetta, questa,
perchè nessuno, cominciando proprio da me, è persuaso ohe io sono veramente prigioniero. Certo, il Vaticano non ha aria di prigione. Guardi, Eminenza, che
appartamento ! E le sue sale borgiane ? E le gallerie,
i musei, gli scaloni, i giardini, le aule ? Altro che prigione, cari miei ! È vero che in Belgio, al tempo di
Pio IX e anche dopo, si vendeva alle anime pie la paglia su cui giaceva in carcere il Papa...
— Fandonie, Santità — sciamò il cardinale.
— Lo so, lo so, le sono fiabe. Ad ogni modo, con
questa nostra prigionia ci par sempre di canzonare
il mondo. Ah ! quel Pio IX la fece grossa, quando si
tappò in casa, come protesta, contro gl’invasori 1 È
vero, Ch’Egli era già vecchio decrepito, e non aveva
bisogno di aria, di luce e di passeggio, come ne ho
bisogno io... E poi. Egli sperava in un intervento
umano o divino. Aspettava ohe la Prussia o l’Austria
lo venissero a liberare dai Piemontesi !... o che Dome
neddio mandasse giù dal cielo l’Arcangelo S. Michele
a far carne tonnina di questa cara canaglia...
— Come, cara ? — ardì domandare il dottore.
— Si, cara, cara! Ecchè. è forse permesso al Papa
dir male del prossimo ? Ma mi lasci continuare. Dunque
dicevo che l’-Arcangelo S. Michele non s’è fatto vivo.
Campa cavai chè l’erba cresce 1 E intanto, per colpa
di quel mio predecessore, mi tocca di star sempre
chiuso qua dentro. Oh mia gentile Riese 1 quanto ti
vedrei volentiri 1 E anche una gita a Venezia, a rivedere il mio S. Marco e il nuovo campanile... che bella
cosa ! Ad ogni modo... chi sa ?... un bel giorno la faccio
grossa... prendo il mio bravo cappello e me ne vado
a predicare a S. Maria Maggiore o al Laterano...
— No, no. Santità — disse gravemente il cardinale
— ciò è impossibile.
— Impossibile ? Ma perchè ? E vuole Lei che i
Papi continuino a star qui chiusi in saecula saeeulorum ?
— Perchè no ? — rispose il cardinale.
— Sì, sì, tutto è possibile. Le sciocchezze umane
sono sempre possibili, possibilissime. Ma io le dico,
signor cardinale, che questo stato di cose è stabile, non
temporario, e che è una vera follia aspettare una ristorazione del poter temporale. Dal XX settembre in poi,
si è andata intessendo intorno a Roma e agli ex-Stati
Pontifici una rete così fitta d’interèssi pubblici e privati, che a disfarla ora è assolutamente impossibile.
Di più, tutti i cristiani, tranne pochissimi, che non
hanno voce in capitolo, hanno rilegato il poter temporale fra i ferravecchi. Gli antichi cristiani ce Io
diedero, i moderni cristiani ce lo hanno tolto : sia
lodato Iddio, e buona notte sonatori. Quell’impiastro di D. Sinibaldi ha ragione. Si finisca una buona
volta colla farsa della prigionia, e poiché non possiamo fruire di privilegi e diritti regali, accettiamo e
godiamo almeno i diritti comuni, tanto più che questa
nostra guerra inconsulta contro il mondo moderno,
a cagione di miserabili interessi temporali, distrugge
a poco a poco la stessa nostra autorità spirituale e ue
cide il cattolicismo.
— Il Sinibaldi bestemmia — sentenziò il corpulento
direttore della Scienza e Fede. — Non per miserabili
interessi temporali Vostra Santità difende i suoi sacrosanti diritti al poter temporale, ma per altissime
ragioni. La Scienza e Fede...
— Bravo ! bravo ! — sciamò il Papa sorridendo. —
Giusto quello! Sono trent’anni dacché andiamo dicendo che il Papa non può rinunciare al poter ¡temporale per altissime ragioni. Mi saprebbe dir Lei quali
sono queste altissime ragioni ? Io le ho ancora da sapere. E pure se c’è persona che le dovrebbe conoscere, mi pare che quel tale dovrei essere proprio io.
— La Scienza e Fede...
— Brabo ! bravo ! Sentiamo che cosa dicono i Papi
di Via Pomari.
— La Scienza e Fede — continuò il Padre — ha
spiegato più volte che queste altissime ragioni sì compendiano nella necessaria indipendenza del Papa nell’esercizio del suo Apostolico Ministero.
-- Bastai bastai E vuole Lei darmi ad intendere
che io sarei più libero nel mio Apostolico Ministero,
sé io possedessi una striscia di terra che da Roma mi
conducesse al mare, ovvero che fossi Re in questa città?
Chi impedisce in realtà, ora, il mio Ministero? Nessuno. Se voglio scrivere un’Enciclica, padrone ! Se voglio fare un vescovo, padronissimo ! Se voglio scomunicare un eretico... non uno, ma cento ! Ai tempo, invece, del poter temporale, il Papa era sempre in lite
con parte dei suoi sudditi nella fede. No ! no ! Instaurare omnia in Christo. D. Ottavio ha ragione : del
poter temporale non parliamo più! Sanno piuttosto
di chi sono prigioniero io? Di loro, signori cardinali, signori teologi, signori frati, signori cattolici
intransigenti, D. Ottavio ha ragione: il Papa è prigioniero del clericalismo ! E intanto che noi stiamo
combattendo pel poter temporale, lo stesso nostro potere spirituale se ne va a tutto vapore.
— Chi ha detto questa enormità? — chiese ii teologo panciuto.
— D. Sinibaldi, è chiaro. Io non fo che riferire le
sue parole. E quell’impiastro me l'ha provato, sa Lei,
Padre? Me l’ha provato, come Lei dice, apodìtticamente.
— Non creda così ieggermente ad un eretico, Santo
Padre — mormorò il cardinale.
— Non credo, nè discredo, ma l’aritmetica non è
un’opinione e quel giovanotto...
(37)
{Coniintia,).
8
8
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