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del 18 giugno 1999
Lire 2.000 - Euro 1,03
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art. 2 comma 20/B legge 662/96
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TUTTO PASSA
IL SIGNORE RESTA
«Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi, in
eterno»
Ebrei 13, 8
STA finendo un altro anno di attività, le chiese hanno già presentato
le relazioni morali nelle assemblee circuitali e distrettuali. Abbiamo cercato
di condividere e valorizzare i doni individuali nel servizio comune. Alcune
cose si ripetono secondo la tradizione,
abbiamo sperimentato alcune cose
nuove, forse ne abbiamo lasciate cadere alcune perché non più rispondenti
all’epoca che stiamo vivendo. Infatti la
chiesa cambia, deve cambiare, soprattutto se si definisce riformata, deve
adeguare i modi e i contenuti della sua
predicazione ai tempi che vengono
inesorabilmente modificati e senza
aspettare il nostro permesso. È il centro della vita del credente che non
cambia: l’autore delle lettera agli Ebrei
ce lo ricorda con una frase bellissima e
lapidaria. In mezzo ai cambiamenti e
ai sommovimenti della storia di una
cosa puoi essere certo, su una cosa
puoi contare: il Signore Gesù Cristo.
Molte volte abbiamo invece la
sensazione che ci piacerebbe tanto potere invertire i ruoli. Sarebbe bello
poter mantenere il nostro modo dì predicare, la nostra chiesa e le nostre tradizioni sempre uguali, sarebbe bello
pretendere che siano gli altri, il mondo, ad adeguarsi al nostro modo di vivere la fede. Ma non può essere così: se
una chiesa esiste, fa delle cose, ha delle
attività, è perché vuole annunciare al
mondo che il Signore Gesù è importante per tutti. Ne siamo ancora capaci? La tentazione sempre in agguato è
quella di proporre noi stessi come
quelli che sono sempre uguali «ieri, oggi e in eterno». Ma se ci abbandoniamo a essa, ecco che veniamo facilmente smascherati: ci mancano entusiasmo, volontà, le cose secondarie diventano principali e nelle nostre chiese
cresce la conflittualità, perché vogliamo rendere eterno ciò che è transitorio
e, dimenticando l’eternità di Dio, ci
manca la forza di gridare al mondo
che tutto passa, ma il Signore resta.
Queste poche parole della lettera agli
Ebrei ci invitano a riposizionarci. Per
quanto noi possiamo essere importanti Cristo è il centro. Per quanto possano essere belle e significative le nostre
realizzazioni, solo il Signore, è colui
che accompagna e governa la storia.
CREDO che tutti noi abbiamo in
mente esempi di quanto questa
tensione tra la nostra non compresa
transitorietà e la non convinta certezza
dell’eternità di Dio sia presente nelle
nostre comunità. Ma è in questa quotidianità che siamo chiamati a operare,
a testimoniare e, dove possiamo, a rinnovarci profondamente. E in questa
quotidianità, in questa ricerca non siatno soli, non dobbiamo pensare che tutto dipenda da noi. Dio ci chiama a fare
parte della sua eternità santificandoci,
cioè chiamandoci a servirlo; e chiama
le nostre chiese in un cammino di santificazione assistendoci, accompagnandoci e guidandoci. «Se non vogliamo
pensare che la chiesa esista solo laddove è perfetta in ogni sua parte dobbiamo ammettere che non ne troveremo
mai una siffatta... il Signore è all’opera
ogni giorno per cancellare le sue rughe
c purificarla da ogni macchia. Ne consegue che la sua santità non è ancora
perfetta. La chiesa deve dunque considerarsi santa nel senso che quotidianamente ricerca ma non possiede ancora
la sua perfezione; quotidianamente
progredisce e non è ancora giunta al
termine della santità» (Giovanni Calvino, «Istituzione della religione cristiana», libro IV, cap 1,§ 17).
Claudio Pasque!
SET l l.M VNALK DEI.LE ( IlIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
Molti governi socialisti in difficoltà; si confermano i rischi per la missione Nato e russa
Elezioni in Europa^ tensione in Kosovo
Il Parlamento di Strasburgo avrà una maggioranza di centro-destra, mentre in Kosovo la ritirata
serba lascia uno strascico di gravi tensioni. Il ruolo delle chiese nel processo di riconciliazione
______JEAN-JACQUES PEYRONEL______
La coincidenza tra le elezioni europee e il primo giorno di «pace» nei Balcani avrebbe dovuto essere di buon augurio e premiare
l’operato dei quindici governi europei. Invece, ad eccezione della
Francia, non è andata così. Anzi,
mentre si votava in Europa, si tornava a sparare nel Kosovo, segno
che dopo una guerra cruenta e
sempre più controversa per la
maggior parte degli europei, anche
la «pace» appena raggiunta appare
seminata di molte insidie. È chiaro
che nessun accordo sarebbe stato
possibile senza la mediazione decisiva della Russia ma il fatto che il
«colpo di mano» russo {l’arrivo prima delle forze Nato e l’occupazione dell’aeroporto) sia stato salutato
dall’esultanza dei serbi di Pristina
mentre i kosovari albanesi rimasti
in patria osannavano i liberatori
occidentali, dimostra che questa
ultima guerra intraeuropea del XX
secolo reca ancora il segno della
contrapposizione bipolare tra Est e
Ovest, ufficialmente conclusa dieci
anni or sono.
Ma che peso ha avuto la guerra
sul voto degli europei? I risultati
della Gran Bretagna sono emblematici: il governo europeo che ha
dimostrato maggiore fermezza in
questi 78 giorni è stato severamente sanzionato, sia dall’altissimo
astensionismo (77%), sia dal giudizio espresso che premia i conservatori. Lo stesso discorso vale per la
Germania rosso-verde di Schroeder
che pure assumeva la presidenza di
turno dell’Unione europea e, in misura molto minore, per il governo
D’Alema. In un sondaggio realizzato dall’Istituto Louis-Harris per
conto del giornale Le Monde in dodici paesi della Ue, solo gli intervistati italiani esprimevano un giudizio positivo sulla Commissione e
sul Parlamento europei (52%). Eppure, nell’insieme, gli europei desiderano una maggiore integrazione
europea: la maggioranza si dichiara
favorevole alla creazione di un
esercito europeo comune e all’ele
zione diretta di un presidente europeo. Invece solo in 4 paesi su 12
gli intervistati vorrebbero un governo europeo comune: britannici
e tedeschi in particolare vi si opporrebbero. Durante questi 78
giorni è stato scritto che questa
guerra «umanitaria» sanciva la fine
del concetto di stato-nazione sovrano, ma ora come ora nessuno
dei grandi stati europei sarebbe disposto a rinunciare alla propria sovranità nazionale che, non dimentichiamolo, è stata la causa prima
delle due guerre mondiali della prima metà del secolo.
Questo, in fondo, è il vero dilemma della costruzione europea, tragicamente evidenziato dalla guerra: come fare l’Europa, e gli europei, senza unità politica? Basta la
moneta unica? Basta l’integrazione
economica? Questa è stata la strada scelta dai «padri fondatori»
aH’indomani della seconda guerra
mondiale e ha permesso ai «serbi»
e agli «albanesi» dell’Europa occi
dentale di vivere 50 anni di pace e
di prosperità. Questa strada sembra funzionare con alcuni paesi
dell’Est (Polonia, Cechia, Ungheria, Slovacchia) e perfino con alcuni stati indipendenti della ex Jugoslavia (Slovenia, Croazia). Non ha
funzionato invece con la Serbia,
per mancanza assoluta di democrazia e per un nazionalismo esacerbato che ha preso il posto
dell’ideologia comunista. Ora, dopo gli orrori di questa guerra, la domanda che tutti si pongono è se,
come si è augurato il neopresidente della Commissione europea Prodi, l’Europa saprà raccogliere la sfida della ricostruzione per «europeizzare» i Balcani prima di esserne «balcanizzata».
Questo è il senso di una dichiarazione congiunta pubblicata l’il giugno dal Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), dalla Conferenza delle
chiese europee (Kek), dalla Federazione luterana mondiale (Firn) e
dall’Alleanza riformata mondiale
Il Cec chiede al G8 una politica internazionale più giusta
Cancellare il debito estero dei paesi più poveri
(Arm). Salutando «in modo particolare la decisione presa dalle parti di
tornare alla Carta dell’Onu per
giungere a una soluzione durevole»
del conflitto, le quattro organizzazioni ritengono «che solo in quest’
ambito sarà possibile lavorare in
modo appropriato ed efficace per
l’instaurazione di relazioni pacifiche e armoniose tra le popolazioni
della Jugoslavia e del resto dei Balcani». «La ricostruzione del Kosovo
- affermano - è un compito centrale e una condizione preliminare al
ritorno dei profughi, ma la riparazione dei danni in Serbia e la fine
delle sanzioni economiche sono
ugualmente essenziali se si vuole ristabilire la pace, alleviare le sofferenze delle popolazioni e lavorare
per la riconciliazione nella regione». «Le chiese - conclude il documento - avranno un ruolo chiave
da giocare nell’enorme compito di
ricostruzione, di rimpatrio dei profughi e di riconciliazione che deve
iniziare immediatamente».
MEDITAZIONE«
Dove cercare Dìo
di ITALO BENEDETTI
Con un documento
diffuso il 9 giugno, nel
corso di una conferenza
stampa, il Consiglio ecumenico delle chiese
(Cec), chiede ai leader
del G8, alla vigilia dell’incontro di Colonia del 18
giugno, di adottare una
politica più radicale sulla
questione del debito internazionale. «La mancanza di volontà politica,
piuttosto che di risorse
finanziarie, ha impedito
di trovare una soluzione
durevole al problema del
debito», spiega il documento. Era presente alla
conferenza stampa il pastore Konrad Raiser, segretario generale del Cec.
Il documento del Consiglio ecumenico delle
chiese chiede ai governi
del G8 di accompagnare
le iniziative per la cancellazione del debito a
riforme del sistema finanziario e commerciale
e di rispondere positivamente alla domanda di
maggior controllo del
flusso transazionale del
capitale da parte dei governi e della società civile. In riferimento all’ultima Assemblea generale
del Cec (Harare, Zimbabwe, dicembre 1998) e
al sostegno espresso in
quell’occasione agli obiettivi della campagna
internazionale Jubilee
2000 per la cancellazione
del debito, il documento
del Cec chiede ai leader
del G8 di riconoscere alcune priorità:
- «cancellare i debiti
dei paesi più poveri per
metterli in condizione di
entrare nel nuovo millennio con energie rinnovate;
- ridurre allo stesso
tempo il debito dei paesi
di medio reddito;
- accettare che la cancellazione del debito non
può aspettare che siano
raggiunte le condizioni
poste dai paesi creditori;
- introdurre un nuovo,
indipendente, trasparente processo di valutazione per la negoziazione e
l’accordo sulla cancellazione del debito internazionale;
- accrescere le misure
per promuovere la responsabilità dei paesi
debitori quando i debiti
siano cancellati. Queste
misure dovranno essere
monitorate e determinate da organizzazioni locali, incluse le chiese e
altre organizzazioni rappresentative della società
civile, per assicurare che
la cancellazione del debito conduca ad un’equa
distribuzione della ricchezza;
- usare il loro potere
per assicurare che i fondi
trasferiti illegalmente su
conti di banche estere ritornino alle nazioni debitrici;
- avviare, di concerto
con la società civile, un
processo di riforma economica globale, per una
giusta distribuzione della
ricchezza e per prevenire
nuovi cicli di debito».
(nev)
300 anni in Germania
CALVETTI, UBSCH, DE LANGE,
ITORINOi
Via Pasque Piemontesi
di EUGENIO BERNABDINt
I EDITORI ALE
Le elezioni in Sud Africa
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P«imputato» Milosevic
di MICHELE VELLMO
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 18 GIUGNO igon
VENEF
«'^Poiché la
predicazione della
croce è pazzia per
quelli che periscono
ma per noi, che
veniamo salvati,
è la potenza di Dio.
'infatti sta scritto:
“Io farò perire la
sapienza dei saggi
e annienterò
l’intelligenza degli
intelligenti”.
^°Dov’è il sapiente?
Dov’è lo scriba?
Dov’è il contestatore
di questo secolo?
Non ha forse Dio reso
pazza la sapienza
di questo mondo?
^'Poiché il mondo
non ha conosciuto
Dio mediante la
proprm sapienza,
è piaciuto a Dio,
nella sua sapienza,
di salvare i credenti
con la pazzia della
predicazione.
Giudei infatti
chiedono miracoli
e i Greci cercano
sapienza, ^ma noi
predichiamo Cristo
crocifìsso, che per i
Giudei è scandalo,
e per gli stranieri
pazziaf*ma per
quelli che sono
chiamati, tanto
Giudei quanto Greci,
predichiamo Cristo,
potenza di Dio
e sapienza di Dio;
^poiché la pazzia
di Dio è più saggia
degli uomini
e la debolezza di Dio
è più forte degli
uominL
Infatti, fratelli,
guardate la vostra
vocazione: non ci
sono tra di voi molti
sapienti secondo
la carne, né molti
potenti, né molti
nobili; ma Dio
ha scelto le cose
pazze del mondo
per svergognare
i sapienti; Dio ha
scelto le cose deboli
del mondo per
svergognare le forti;
^Dio ha scelto le cose
ignobili del mondo
e le cose disprezzate,
anzi le cose che non
sono, per ridurre al
niente le cose che
sono, ^perché
nessuno si vanti di
fronte a Dio.
^Ed è grazie a lui
che voi siete in Cristo
Gesù, che da Dio è
stato fatto per noi
sapienza, ossia
giustizia,
santificazione
e redenzione;
^'affinché com’è
scritto: “Chi si vanta,
si vanti nel Signore”»
(1 Corinzi 1,18-31)
CERCARE DIO NEL POSTO GIUSTO
Martin Lutero era preoccupato che i cristiani cercassero Dio nel posto sbagliato
La teologia della croce ci richiama aihumiltà e ci aiuta a cercarlo nel posto giusto
ITALO BENEDETTI
I
N questo passaggio fondamentale della teologia di Pao
lo, l’apostolo avverte i cristiani
della pazzia di cercare Dio nel
posto sbagliato, scartando la
croce, unico e vero luogo della
rivelazione di Dio. L’apostolo
delinea accuratamente le differenze tra la saggezza di Dio e la
saggezza di questo mondo e dice che questa non troverà mai
Dio perché egli ha manifestato il
suo potere nella maniera più
impensata: il suo contrario! Dio,
dice Paolo, si è manifestato in
un modo che certamente causerà sdegno e scandalo in ogni
epoca: Gesù inchiodato sulla
croce. Ma questo è il luogo giusto per cercare Dio; non nella
religione, non nelle filosofie.
Predicare Cristo crocifisso
Nonostante che l’apostolo sappia che la parola della
croce è pazzia «per quelli che
periscono», egli esorta «noi che
veniamo salvati» a predicare
Cristo crocifisso. Paolo era un
uomo di grande cultura e sapeva per esperienza quanto sia difficile abbandonare l’orgoglio
per la propria intelligenza e sapienza. Un tempo anche per lui
la croce era stata scandalo. Prima della sua conversione era
impensabile per lui mettere da
parte la Legge come strumento
di Dio per la sua salvezza.
La predicazione della croce
non può aiutarci in altro modo
che riorientando il nostro pensiero su Dio e su noi stessi.
Quello che noi crediamo di Dio
influisce direttamente su ciò
che noi crediamo di noi stessi.
Chi pensa Dio come l’impassibi
Preghiamo
Muovo il primo passo dietro a te. Signore e osservo
ciò che fai. Hai rifiutato il potere, la ricchezza e il plauso. Sei diventato un uomo nella forma più umile, incompreso e disprezzato. Gli uomini scuotevano la testa, rifiutando la tua mano tesa. Eri pericoloso, scomodo, sei stato citato in giudizio. Hai sopportato percosse, sputi. Ti hanno condannato e ucciso. II mio
onore. Signore, è l’inizio della discordia fra me e gli altri. La mia ambizione provoca odio. Ma ora tu ti chini
su di me, mi rendi puro e libero. Dio ti ha posto in alto
per essere il modello per ogni uomo e donna. Sono
ancora all’inizio e tento il primo passo. Difendo con
ansia la mia posizione, se sono disprezzato mi spavento. Vorrei fare con te questo cammino, con te, che
mi puoi liberare. Signore, tu ti chini su di me. Mi inchino a te, ai segreti e misteriosi passi della tua via.
(Jörg Zink, Come pregare, Claudiana, p. 135)
le Pantocrator, assiso sul trono
della giustizia, neppure sfiorato
dai problemi del vivere umano,
come pregherà? Potrà chiedergli
qualcosa o potrà solo adorarlo?
Un pastore, come imposterà il
suo ministero? Si accontenterà
di un ministero umile e sofferto,
o avrà bisogno della fanfara dell’approvazione di tutti? E la comunità? Che ruolo penserà di
avere con un ministero incentrato sulla figura del pastore factotum? Paolo stesso dice una
parola su ciò, e suggerisce che
l’umiltà è il contegno appropriato del cristiano. L’umiltà, e non
la timidezza. Perché si può essere timidi, ma orgogliosi; come si
può essere umili, ma coraggiosi.
Colui che Dio ha scelto non può
gonfiarsi dei raggiungimenti
personali o del suo stato sociale:
«Dio ha scelto le cose ignobili
del mondo e le cose disprezzate,
anzi le cose che non sono, perché nessuno si vanti davanti a
Dio». Qui troviamo in Paolo un
eco del capovolgimento escatologico caratteristico delle parabole di Gesù («i primi saranno
ultimi e gli ultimi primi»).
Paolo conclude il suo ragionamento dicendo che per i credenti non c’è vita lontano da Cristo.
Prima di credere eravamo contati tra «coloro che non sono».
Cristo è colui che ha dato loro
esistenza e vita. Un commentatore dice: «Coloro che sono in
Cristo esistono come Dio ha voluto che esistessero». Ecco il
senso di essere completamente
dipendenti da Dio e per questo
completamente e veramente liberi. Cristo ci ha strappati da
una condizione di non esistenza, per trovare il senso della nostra vita accanto a lui.
mente, nella ovvietà della potenza divina; crede nell’intelligenza umana che riesce a dare
dimostrazione dell’esistenza di
Dio anche senza fare ricorso alla
sua rivelazione; presuppone e
pretende di essere capace di
percepire chiaramente la trascendenza e la gloria di Dio. La
teologia della croce, invece, paradossalmente, riconosce Dio
precisamente dove egli ha deciso di nascondersi; nella sofferenza, nella sconfitta, nell’emarginazione, nella morte e in tutto
ciò che il mondo considererebbe debolezza e follia. La teologia
della gloria ci spinge a metterci
di fronte a Dio nel tentativo di
giustificarci sulla base dei nostri
raggiungimenti etici o intellettuali; la teologia della croce ci
esorta a considerarci chiamati a
vivere nelle zone d’ombra dove
Dio si nasconde, ma è presente
e attivo. Noi siamo chiamati a
partecipare a qualcosa di cui il
mondo difficilmente si accorgerà. Ma lì troveremo Dio.
tutt’altri valori, in quegli eroi
sconosciuti della fede che forse
non parlano di Cristo al prossimo, ma che però sanno parlare
del prossimo a Cristo nella preghiera, nell’onestà dei credenti
che non accettano il cinismo di
chi dice; «Lo fanno tutti», nella
responsabilità dei cittadini credenti che sostengono la politica
che favorisce il paese e non i
propri interessi particolaristici.
Teologia della croce
Teologia della gloria
La lezione di Lutero
Martin Lutero è senz’altro
colui che ha meglio capito
ciò che Paolo sta dicendo. Il
contrasto paolino tra la fraudolenta sapienza del mondo e la
folle sapienza di Dio, conisponde a quello luterano tra teologia
della gloria e teologia della croce. In un tempo di eccessi papali
ed ecclesiastici, Lutero era preoccupato che i cristiani cercassero Dio nel posto sbagliato: egli
ammonisce così i cristiani ricordando che Dio ha mostrato la
sua potenza sulla croce di Cristo. Chi aderisce alla sapienza
del mondo, fatalmente afferma
una teologia della gloria, dice
Lutero, e la teologia della gloria
cerca di conoscere Dio diretta
Q UESTE parole antiche suonano ancora nuove; e appaiono strane in un tempo che
invece è proprio caratterizzato
dalla teologia della gloria. Il nostro è un tempo di eccessi papali
ed ecclesiastici. Il giubileo vissuto come ingresso trionfale della
chiesa nel terzo millennio, il papa compreso come potere politico-morale universale, il tutto
sostenuto dall’apparato mediático globale, non fanno altro che
sostenere una teologia della gloria. Nessuno si oppone più al
messaggio del papa e della chiesa, perché non c’è niente da
contestare; esso è perfettamente
inserito nella logica umana e
nella saggezza di questo mondo;
non scomoda nessuno ed anzi
accomoda molti. Il trionfalismo
pervade l’animo di molti cattolici e la sindrome da successo infetta molti evangelici. Ancora
oggi rischiamo di cercare Dio
nel posto sbagliato. Noi dobbiamo metterci di fronte a quegli
aspetti della teologia della gloria, della saggezza di questo
mondo, per affrontarli alia luce
dell’evangelo, alla luce della teologia della croce, della folle sapienza di Dio.
La teologia della croce ci aiuta
a cercare Dio nel posto giusto.
Nella chiesa il cui lavoro non
impressiona nessuno, nella fedeltà di chi offre il suo ministero
in mezzo a persone distratte da
La teologia della croce ci richiama all’umiltà. La nostra
speranza e la nostra fiducia sono riposte in Cristo, non nella
nostra intelligenza, conoscenza
0 capacità. Solo chi si ritiene insufficiente in se stesso ha l’umiltà di aver fiducia in Cristo.
Solo chi ha capito il nascondimento di Dio nella sofferenza di
Cristo, e percepisce il gemito di
tutta la creazione, può pazientemente attendere con speranza.
Tutti quanti abbiamo un disperato bisogno di umiltà affinché
finalmente possiamo affidarci a
Cristo e non alle nostre ambizioni, ai nostri sogni di successo
personale, alla nostra intelligenza o alle nostre capacità.
La teologia della croce ci dona
infine una nuova forza. La nostra
forza viene dalla debolezza di
Dio al nostro posto. Paolo dice
che «la debolezza di Dio è più
forte degli uomini». Dio si è rivelato nella croce di Cristo, non altrove. Non cadiamo quindi nella
trappola di credere Dio dove c’è
gloria, potenza, onore e successo. Dio si è rivelato proprio nel
più drammatico degli insuccessi;
la morte sulla croce del suo Figlio unigenito, coperto di disonore e umiliazione, ridotto prima
all’impotenza e poi alla morte.
Se lo cercate, non cercatelo
dove la croce non c’è. Non cercatelo dove sarebbe ovvio trovarlo: nelle cattedrali, nei tabernacoli d’oro; non cercatelo tra i
sacerdoti del Sinedrio o in compagnia dei santi; non cercatelo
nelle parole studiate che viaggiano nell’etere. Cercatelo invece nell’ultimo posto dove il
mondo lo andrebbe a cercare;
cercatelo ancora nella stalla dove è nato, cercatelo attorniato
da pescatori, gabellieri, prostitute e brutti ceffi, cercatelo nelle
parole dei fratelli e delle sorelle
che ve lo annunziano così come
l’hanno conosciuto, cercatelo
nelle semplici parole del Vangelo che avete tra le mani.
(Prima di due meditazioni)
Note
omiletiche
Si tratta qui di uno dei
brani più importanti di
tutta l'opera di Paolo
L'autore attacca quanti
diffondono una predicazione cristiana dove il di.
scorso della croce diventa
irrilevante. La predicazio
ne cristiana che si risolve
nell'adorazione del Signo.
re della gloria rende ¡m.
barazzante il fatto della
croce, quindi irrilevante
Alla fine, il discorso della
croce di Cristo risulta aberrante perché predicare
la morte, per costoro, equivale a predicare la perdizione. Paolo rovescia il
discorso, e afferma che la
croce riguarda «quanti sono sulla via della salvezza», mentre la sua negazione appartiene a chi è
perduto.
Dio ha salvato attraverso la croce di Cristo, questa è stata la sua decisione
e lì sta la sua sapienza, per
quanto il mondo possa
giudicarla folle a causa del
ribaltamento dei suoi valori. Quindi il mondo non
può conoscere Dio attraverso la propria sapienza.
Se si considera la predicazione della croce una pazzia, è perché si giudica la
croce con la sapienza umana. Giudicare il fatto
della croce di Cristo imbarazzante e la sua predicazione aberrante è segno
della perdizione. La distin-1
zione tra mondo e creden-1
ti sta nell'accoglimento 01
nel rifiuto della croce di
Cristo. In nessun altro modo i credenti possono di-1
stinguersi dal mondo, non |
c'è altra via di saivezzaa i
parte la croce.
Il paragone tra i greci e '
i giudei contrappone il I
messaggio della croce ad
altre vie di salvezza presenti «sul mercato». I giudei cercano la salvezza attraverso una condotta
conforme alla Leggt;i
greci cercano la salvezza
attraverso la conoscenza
(gnosi). I corinzi, in quanto greci, affermavano che
Cristo è la conoscenza che
salva. Sia l'una che l'altra
rappresentano per Paolo
la sapienza umana.
ha una terza posizione e
afferma che la salvezza
arriva attraverso la croce
che è pazzia tanto per gli
uni quanto per gli altri. Lo
scandalo risiede nel fatto
che la salvezza non consiste nella liberazione dal
mondo (così come i greci
spinti dalle loro concezioni filosofiche, auspicavano) e che la croce non è
un fatto superato, ma diventa uno stile di vita
(quindi la salvezza non
consiste nell'innalzarsi ma
nell'immergersi).
Le conseguenze di goesta «stranezza» di Dio sono la salvezza arrivata am
che ai pagani, che quini>'
non possono ancora cercare sapienza; e il sovvertimento dei valori morelli
sociali del mondo. L'attog’
giamento del gloriarsi da;
vanti a Dio e davanti ag
uomini è quindi fuori luogo. Infatti l'uomo no
può costruirsi un ambi'
garantito dalle opere,
dal
la sapienza o dalla r®li9f’
ne, perché tutto ciò ch^
ha raggiunto io ha P®
l'opera di Cristo, P®',
croce, per la grazia, p6( ,
fede. L'unica cosa di cui
si può gloriare è Cristo.
Per
approfondir^
- AA.W, Il Nuovo Test^
mento annotato, voi- '
Le epistole di Paolo, C
diana, Torino. j.
- Heinz-Dietrich Wen
land. Le lettere ai Corm^'
Paideia, Brescia, 1976
- E. Brandenburg®'
Croce-Albero, in: Diz^.
rio dei concetti bibh^
Nuovo Testamento, D®
niane, Bologna, 1976.
- Rudolf Bultmann,
logia del Nuovo Tes
mento, Queriniana,
scia, 19B5, pp. 287-280
L a te
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Polonia: III Assemblea annuale della Federazione europea della diaconia
La politica sociale nel futuro delFEuropa
l^^semblea ha riflettuto sulle basi teologiche della diaconia e sul ruolo specifico
delle organizzazioni diaconali nel contesto delh<economia sociale di mercato»
me ■
JEAN-JACQUES PEYRONEL
L a terza Assemblea annua
di Eurodiaconia-Federazione europea della diaconia,
si è svolta dal 26 al 30 maggio
scorso a Mikolaiki, nel NordEst della Polonia, in un bellissimo Centro d’incontro della
Chiesa luterana situato lungo
uno dei 2100 laghi Mazuri
che fanno di questa area una
dèi luoghi più incantevoli
dell’Europa del Nord. Ad accogliere con grande cortesia i
partecipanti è stato lo stesso
véscovo luterano di Varsavia,
Jan Szarek. L’Assemblea era
abbinata alla quarta Conferenza sulla diaconia del Mar
Baltico, che aveva per tema:
«Sicurezza sociale, una condizione necessaria per il futuro dell’Europa». Fra i circa 70
partecipanti erano presenti i
rappresentanti della diaconia
nei paesi dell’Europa settentrionale {Svezia, Finlandia,
Danimarca, Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia) e quelli
dell’Europa dell’Est (Repubblica ceca, Ungheria, Romania, Russia, Bielorussia). L’
-Europa latina invece era rappresentata solo dall’Italia.
La politica sociale
A introdurre il tema della
Conferenza è stato il dr. Werner Tegtmeier, viceministro
per gli affari sociali del governo tedesco, che ha illustrato
il concetto di «economia sociale di mercato», il cosiddetto «modello renano», elabois|o a suo tempo dall’ex cantiere Erhart e che ha per-fiesso alla Germania postbellica di diventare la prima
potenza economica del continente europeo, garantendo
al contempo un ottimo livello
di protezione sociale. La filosofia di questo modello, come è noto, è di ricercare un
giusto rapporto tra i bisogni
sociali e le regole dell’economia liberale. A questa filosofia, ha detto Tegtmeier, non è
estraiteo il richiamo biblico
di «portare i pesi gli uni degli
altri» (Galati 6, 2). Essa è infatti il tentativo di introdurre
il massimo di giustizia nell’ambito dei rapporti socioccònomoci, dando priorità a
•m’equa redistribuzione della
ricchezza. Il modello anglosassone invece, quello ultraliberista, produce un grande
divario tra alti e bassi redditi
e crea grosse sacche di esclusione sociale.
il «modello renano», che
etmai si è imposto in tutti i
paesi dell’Unione europea,
Cerca di evitare questo rischio
®a viene criticato, a livello
scientifico, perché crea troppa disoccupazione. Tale critica, secondo Tegtmeier, è esaSerata: è vero che l’Europa si
buva davanti alla grossa difficoltà di continuare a finanze lo stato sociale ma è al«esì vero che il tasso di crimioalità in Europa è nettamente
inferiore a quello degli Usa
dove ormai equivale al 4% del
codotto interno lordo (Pii),
ca. si è chiesto il relatore.
Che cosa è preferibile: finanlare il sistema carcerario o fil^iare la protezione socia! Se è vero che ogni sistema
conomico basato sul mercad crea vincenti e perdenti.
Ideilo dell’«economia sociale
'mercato» cerca di costruire
società il più possibile inUsiva in cui ci sia posto per i
ano favoriti, garantendo
opportunità per tutti. Ma
preservare le peculiau questo modello che
gl P'^ata neoliberista della
f I mizzazione rischia di traest ra? E, d’altro lato, come
cttdere progressivamente
1 esto modello all’Europa
Il Centro diaconale luterano di Mikolaiki, dove si è svolta l’Assemblea
dell’Est dove, nella maggior
parte dei casi, sono le mafie a
farla da padroni?
Il ruolo della diaconia
Questo rappresenta una
grossa sfida per le organizzazioni diaconali europee il cui
obiettivo ultimo è appunto di
contribuire a costruire una
società inclusiva che non
emargini i suoi membri più
deboli. Già nei paesi membri
dell’Unione europea, la diaconia deve fare i conti con tagli alla spesa sociale e con
r«aziendalizzazione» dei servizi sociali, ma la giovanissima diaconia dei paesi dell’Est
deve misurarsi con uno stato
sempre più sordo alle richieste di sovvenzioni delle organizzazioni diaconali.
La riflessione biblica è stata
condotta dal pastore polacco
Piotr Gas con due studi biblici mattutini, uno sul discepolato (Luca 9, 23) e uno sulla
parabola del «buon samaritano» (Luca 10, 29-37); quella
teologica dall’arcivescovo ortodosso Jeremiasz, di Wroclaw, con una bella relazione
su «le basi teologiche e le motivazioni della diaconia». Partendo dal detto di Gesù, «Io
sono in mezzo a voi come colui che serve», Jeremiasz ha
sottolineato come la diaconia
sia al tempo stesso proclamazione dell’Evangelo e anticipazione della realtà del Regno. Si è poi soffermato sulla
dimensione pubblica della
diaconia dopo che, con la Rivoluzione francese, i cristiani
hanno cominciato a partecipare alla vita politica. «In que
sto caso però - ha detto - c’è il
rischio che la diaconia venga
strumentalizzata dal potere
politico eia dai media».
L’ultima giornata è stata
dedicata all’Assemblea annua
di Eurodiaconia. Tre nuovi
membri sono stati accolti:
l’Organizzazione umanitaria
ecumenica (Eho) di Novi Sad,
che in questi mesi sta compiendo un grosso lavoro di
assistenza ai profughi; il Centro diaconale della chiesa
evangelica luterana di Latvia
(Lettonia); la Chiesa episcopale riformata spagnola.
Le prospettive
Vi è stato poi un lungo dibattito sulle prospettive della
Federazione. A ormai tre anni dalla fusione tra le due federazioni precedenti, molti
membri sentono l’esigenza di
un ruolo più attivo e più propositivo da parte deU’ufficio
del Segretario generale a
Bruxelles, sia per favorire gli
scambi tra le varie regioni europee sia per rafforzare il peso della Federazione presso
le istituzioni europee. Cosa
non facile in quanto il segretario generale di Eurodiaconia, impiegato presso l’ufficio
del Diakonisches Werk a
Bruxelles, dedica solo il 10%
del proprio tempo a favore di
Eurodiaconia. D’altra parte,
come potenziare l’ufficio di
Bruxelles quando il bilancio
della Federazione è appena
in pareggio? C’è comunque
in tutti il desiderio di dare un
ruolo dinamico alla Federazione, e non solo rappresentativo. Questo è indubbia
(Foto J.-J. Peyronel)
mente un segno di buona salute che il Comitato di Eurodiaconia dovrà ora cercare di
tradurre in progetti operativi.
Ritorno da Belgrado
Nella notte prima dell’Assemblea, il pastore Jürgen
Gohde, presidente del Diakonisches Werk della Chiesa
evangelica tedesca, e vicepresidente di Eurodiaconia, era
tornato da un viaggio lampo
a Budapest e a Belgrado dove
aveva fatto parte di una delegazione ristretta che ha incontrato il presidente Milosevic, e successivamente il mediatore russo Cernomyrdin e
il patriarca ortodosso serbo
Pavle. In grande silenzio e
con molta partecipazione,
l’Assemblea ha ascoltato la
sua testimonianza. Tutti i
presenti, dell’Ovest e dell’Est,
del Nord e del Sud dell’Europa, luterani, riformati, anglicani e ortodossi, erano profondamente consapevoli dell’immenso dramma che si sta
giocando nel cuore di quest’
Europa che ognuno di loro,
attraverso il proprio impegno
diaconale, cerca di rendere
più vivibile, più umana, più
giusta, un’Europa in cui un
giorno non ci dovrà più essere «né serbi né albanesi» ma
semplicemente dei cittadini
europei, con i loro diritti e i
loro doveri.
L’Assemblea si è conclusa
la domenica mattina con il
culto nella chiesa luterana
del Centro, insieme alla comunità e alla corale del luogo. La predicazione è stata
tenuta dal pastore Gohde.
La dichiarazione cattolico-luterana sulla giustificazione
Verso la firma della dichiarazione congiunta
Si arriverà in tempi brevi alla firma definitiva della «Dichiarazione congiunta sulla
dottrina della giustificazione»
fra luterani e cattolici; lo ha
dichiarato all’agenzia ecumenica Eni il segretario generale
della Federazione luterana
mondiale (Firn), pastore Ishmael Noko, che ha aggiunto
di avere ricevuto il 27 maggio
scorso una lettera del cardinale Edward Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio
per l’unità dei cristiani, in cui
si annuncia che la Santa Sede
è pronta a firmare la dichiarazione comune. «Adesso si può
affermare senza riserve - ha
dichiarato Noko - che le reciproche condanne dottrinali
espresse da parte cattolica e
luterana al tempo della Rifor
ma non riguardano la dottrina della giustificazione, cosi
come affermano entrambe le
parti nella Dichiarazione congiunta». L’esito positivo dei
colloqui è stato annunciato
ufficialmente l’il giugno
presso il Centro ecumenico di
Ginevra, nel corso di una conferenza stampa che ha visto la
partecipazione del pastore
Noko e del cardinale Cassidy.
La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione, tema cruciale nei
rapporti fra cattolici e luterani, è frutto del lavoro di un
gruppo misto nominato dalla
Firn e dal Vaticano. Il 16 giugno del 1998, il testo era stato approvato dal Consiglio
Firn, ma una «Nota» del Vaticano del 25 giugno sottoli
neava la necessità di ulteriori
approfondimenti.
«1 luterani italiani sono felici che si giungerà presto alla
firma della Dichiarazione
congiunta: è un segno importante di comunione e mostra
che siamo fratelli in Cristo»:
in una dichiarazione rilasciata all’agenzia Nev, il decano
della Chiesa luterana in Italia
(Celi), pastore Jürgen Astfalk,
ha espresso soddisfazione
per l’esito positivo dell’accordo. «Certo non è un accordo
“assoluto" - ha aggiunto il
decano - perché restano temi
su cui il dialogo è difficile. La
speranza è che una dopo l’altra questioni aperte come la
Santa Cena e il ministero
possano essere affrontate insieme dalle due chiese», (nev)
;tiano
j Svizzera: accolti 2.500 rifugiati kosovari
BERNA — La Federazione delle chiese evangeliche della
Svizzera ha espresso soddisfazione per le intenzioni del Consiglio federale della Confederazione elvetica di impegnarsi a
favore dei profughi dal Kosovo, accogliendo 2.500 rifugiati
dalla Macedonia. Ciononostante la Federazione sottolinea
che le condizioni per la concessione dei visti d’ingresso sono
ben lungi dall’essere generose e non favoriscono la riunione
delle famiglie: i visti saranno concessi infatti solo a feriti di
guerra, malati, donne incinte e bambini; le famiglie potranno
riunirsi solo se i parenti già in Svizzera dispongono almeno di
un permesso annuale. (nev)
I Polonia: passi avanti delPecumenismo
VARSAVIA — Passi ecumenici in avanti in Polonia, dove si
cerca di celebrare il nuovo millennio con il mutuo riconoscimento del battesimo tra le chiese cristiane di minoranza e la
Chiesa cattolica. Secondo il vescovo luterano Szarek, che guida i 95.000 luterani polacchi e che presiede il Consiglio ecumenico polacco (protestanti e ortodossi), il problema del battesimo che è dibattuto da oltre 20 anni è ormai maturo per
essere risolto positivamente. (nev/eni)
Congo: consacrati 9 Pigmei
KINSHASA — 9 Pigmei sono stati consacrati nella Chiesa
evangelica del Congo. I pigmei escono così progressivamente
dal loro isolamento e dal complesso di inferiorità nei confronti di altri popoli dovuto a una lunga storia di discriminazione. Per la prima volta nella loro storia nove di loro, 8 pastori e un diacono, sono stati consacrati nell’ambito della Missione evangelica presso i Pigmei d’Africa in Congo (Mepa),
nella provincia dell’Equatore. La cerimonia di consacrazione
si è svolta nella chiesa della Mepa, a Mbandaka, alla presenza
del governatore ad interim della provincia dell’Equatore, di
rappresentanti di altre chiese e di una folla di fedeli. I Pigmei
sono circa 600.000 nella Repubblica democratica del Congo.
In tutta l’Africa vengono stimati a circa 3 milioni, distribuiti
nei seguenti paesi: Congo-Kinshasa, Congo-Brazzaville,
Ruanda, Burundi, Camerún, Guinea equatoriale, Ciad, Gabon, Repubblica Centrafricana e Uganda. (spp/apic)
America Latina: le donne nella chiesa
CAMPIÑAS — Il ruolo delle donne nella chiesa è al centro di
un documento (chiamato «Lettera da Campiñas per un evangelismo sensibile e solidale») firmato appunto a Campiñas, città
dello stato di San Paolo (Brasile), all’inizio dello scorso maggio,
da leader anglicani, luterani, metodisti e presbiteriani. Il documento chiede alle chiese un maggior impegno per superare la
discriminazione delle donne nei ruoli chiave della vita ecclesiastica perché «il loro contributo teologico è sempre nuovo e stimolante e non può essere trascurato». «Solo cambiando il nostro atteggiamento - conclude il documento - potremo costruire una nuova società ecumenica che rispetti le differenze e in
cui "solidarietà” non sarà più un concetto astratto ma un
aspetto concreto della nostra vita sociale». (nev/alc)
W America Latina: uscire dalFequivoco
evangelizzazione-proselitismo
MONTEVIDEO — «Viviamo in una società multireligiosa e
multietnica che considera l’evangelizzazione come un tentativo di proselitismo. È un equivoco dal quale dobbiamo assolutamente uscire». Così è scritto in un documento inviato lunedì
scorso a tutte le chiese metodiste latinoamericane da un convegno che ha riunito a Salto (Uruguay) pastori e responsabili
laici delle comunità metodiste del continente. Il documento,
chiamato il «Manifesto di Salto», invita le chiese a una profonda riflessione sugli «aspetti pratici e visionari della passione
evangelizzatrice all’alba di un nuovo millennio». (nev/alc)
Il Venezuela: ci saranno 5 milioni
di evangelici entro il 2005?
BARQUISIMETO — 5 milioni di evangelici (il 21% della popolazione) entro il 2005 in Venezuela. È l’ambiziosa meta indicata da un convegno dell’Associazione evangelica «Amanecer», tenuto il 15 maggio scorso a Barquisimeto, al quale hanno partecipato rappresentanti della Convenzione battista,
delle Assemblee di Dio, della Chiesa luterana e numerose organizzazioni missionarie. Attualmente in Venezuela i protestanti sono circa il 7% della popolazione e vi sono 13.500
chiese di orientamento riformato. (nev/gp)
3 Usa: in vista dell'anno 2000 diventa
di moda io stile di vita degli Amish
OHIO — Sono sempre più numerosi gli americani che, persuasi che l’avvento dell’anno 2000 paralizzerà interamente la
vita quotidiana, si stanno rifornendo di materiale di sopravvivenza. Scoprono così lo stile di vita degli Amish che, per motivi
religiosi, rifiutano sistematicamente ogni forma di modernità.
Una fabbrica di oggetti amish dell’Ohio, che riforniva la comunità di stufe a legna, lampade a olio, radio a manovella, ecc. è
attualmente sommersa dalla richieste. Secondo il giornale The
Guardian, la direttrice della fabbrica si stupisce che alcuni
clienti facciano ordinazioni di stufe a legna senza pensare che
devono avere una casa provvista di camino. (spp/réforme)
Russia: canonizzare lo zar Nicola II?
MOSCA — Entro il 2000 il Sinodo della chiesa ortodossa russa prenderà in esame l’ipotesi della canonizzazione dello zar
Nicola II, assassinato con tutta la famiglia dai bolscevichi nel
1918. Lo ha annunciato il patriarca Alessio II, ricordando che la
questione è aperta dal ’91 ed è stata riproposta nel ’98 quando
le ritrovate spoglie dello zar e dei suoi familiari sono state solennemente sepolte nel cimitero di San Pietroburgo, (nev/spp)
4
PAG. 4 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 18 GIUGNO IQqq
VENE
In scena a Milano l'opera del drammaturgo Joost van den Volden
Lucifero^ capolavoro del «Dante olandese»
Una tragedia dai toni classici concepita dall'autore del XVII secolo dopo una crisi
che lo porterà ad abbandonare il protestantesimo. Una lotta tra il bene e il male
PAOLO FABBRI
Quasi sconosciuto in Italia, Joost van den Volden, (Colonia 1587, Amsterdam 1679) viene considerato
da qualche critico il Dante
della letteratura olandese. È
un autore che ha prodotto
molto nella sua lunghissima
vita, dedicandosi al teatro e
utilizzando prevalentemente
versi influenzati dal rilevante
impegno nella traduzione di
classici greci e latini con predilezione per Virgilio. La vita
del letterato è fortemente segnata dalla problematica religiosa e di fede, che spezza in
due parti la sua attività.
Infatti van den Volden nasce in una famiglia anabattista costretta poi alla fuga
dall’intolleranza religiosa dei
riformatori locali e si converte al cattolicesimo dopo i 50
anni. Nell’introduzione di
Jean Robaey all’edizione italiana di Lucifero, tragedia in 5
atti (Ariele, 1996), si legge:
«Per Volden (...) essere o diventare cattolico significò
aderire a una visione più intensa della vita. Nel suo senso
soltanto (...) possiamo dire
che cattolicesimo uguale apparenza, che diventando cattolico egli ha potuto amare il
mondo quale ci appare». Si
suggerisce cioè di cercare la
spiegazione della conversione
nell’eccessivo rigore mistico
del protestantesimo riformato rispetto a una visione cattolica più «vicina al mondo»,
in cui poteva meglio ritrovarsi
anche la pulsione schiettamente sensuale del poeta.
Lucifero rappresentata in
Un momento dello spettacolo
(foto Camocardi)
prima nazionale al teatro bitta di Milano, è una tragedia
di sapore nettamente classico che si svolge in cielo, dove
una parte degli angeli, capeggiata da Lucifero, luogotenente di Dio, si ribella al
Creatore. Il motivo della ribellione è la creazione dell’uomo, che non solo è fatto
a immagine e somiglianza di
Dio stesso, ma è sessuato e
può riprodursi, mentre gli
angeli sono asessuati. Di qui
la paura che l’uomo diventi il
vero signore del creato alla
testa di una gerarchia celeste. L’angelo Apollion effettua una visita nel Paradiso
terrestre per verificare la situazione e torna carico di
ammirazione, per la terra così ricca di meravigliosi esseri
e soprattutto per la donna, di
cui percepisce la sensualità
pur essendo asessuato. Il timore diventa paura. Lucifero, Apollion e Belzebù avvia
no una rivolta rompendo il
patto di obbedienza a Dio.
La vicenda ha un salto
temporale e riprende dopo la
sconfìtta degli angeli ribelli a
cui viene offerta la grazia sino all’ultimo da Raffaele, l’arcangelo protettore, ma Lucifero, il «portatore di luce»,
sceglie le tenebre e la trasformazione in bestia piuttosto
che sottomettersi. Come precisa l’autore, «l’orgoglio e
l’invidia, due origini o scintille di questo terribile fuoco
della divisione e della guerra», stanno alla base dell’intera vicenda i cui fondamenti
teologici Volden trova in Isaia
14, 12-15; Ezechiele 28, 12-15
(che si riferiscono al re di Babilonia e al re di Tiro), in Luca 10, 18 («ho visto Satana
quale un fulmine cadere dal
cielo») e in Giuda 6, con raggiunta di elementi dei padri
della chiesa. Sono state date
varie interpretazioni politi
che della tragedia, fra cui
quella che in Lucifero ha creduto di vedere Cromwell e
nei suoi seguaci i calvinisti
più rigorosi.
In realtà Lucifero intende
rappresentare l’eterna lotta
fra il bene e il male in un’interpretazione in cui si perde
l’essere altro di Dio, un essere
altro che Gesù ha rappresentato con il grande comandamento dell’amore. È pur vero
che Dio non compare mai, ci
sono solo i suoi messaggeri,
però manca la dimensione
della misericordia del Creatore e gli angeli, che nella Scrittura figurano solo come messaggeri per brevi istanti e rifiutano ogni nome, rinviando
sempre a Dio, vengono completamente umanizzati in
una sorta di Pantheon cristiano. La tragedia si chiude con
la previsione della rivincita di
Lucifero che farà peccare gli
esseri umani e Cristo che li riscatterà. La regia di Antonio
Syxty riesce a far funzionare
la macchina complessa della
rappresentazione, ma non ne
coglie il senso profondo. La
vicenda diventa una storia di
gangster in cui il buono e il
cattivo non si distinguono e
poco credibile risulta anche il
tormento che lacera Lucifero
nella sua decisione di ribellarsi. Giovanni Battaglia (Gabriele), Gaetano Callegaro
(Raffaele), Milutin Dapcevic
(Apollion), Riccardo Magherini (Belzebù), Alessandro Pala (Michele), Ken Ponzio (Lucifero) hanno offerto nell’insieme una buona prova cercando di dare credibilità ai
personaggi.
Le tesi della teologa femminista Sallie McFague nel libro «Modelli di Dio
" rapporto tra Dio e il mondo nell'immaginario cristiano
MAURO PONS tc» rtrionfiìUctiVi TYir»_ n i r\ a 1 m o tì t o o r m £» r» 11 i r* a niiocti tro mnHiillì nn
La lettura di Modelli di
Dio* di Sallie McFague mi
ha provocato sensazioni molto contrastanti. Da una parte
il piacere di trovare domande
e percorsi di riflessione molto
vicini alle domande e alle riflessioni cfie nel corso degli
anni si sono venuti accumulando nella mia vita; dall’altra
un senso di profonda estraneità rispetto a un vissuto
che, intrecciatosi significativamente con un «dire» e un
«fare» diversi dai miei, ha
portato il mio pensiero a una
sorta di smarrimento. Il testo
si propone di criticare e superare il predominio del modello culturale patriarcale
che esclude l’emergere di altri modelli intesi a esprimere
il rapporto tra Dio e il mondo. In particolare è sotto accusa il linguaggio del modello teologico patriarcale, le
metafore (imperialistiche e
trionfalistiche) che lo accompagnano, perché, secondo
l’autrice, esse sono diventate
idolatriche; rendono anacronistico l’immaginario della
tradizione; risultano oppressive per tutti coloro che non
vi si riconoscono.
Dal punto di vista cristiano
è dunque necessario capire
se l’immaginario della tradizione cristiana è ancora in
grado di esprimere il rapporto tra Dio e il mondo. Per la
McFague una delle gravi carenze della teologia contemporanea è che nonostante i
teologi e le teologhe abbiano
tentato di interpretare la fede
con concetti nuovi, appropriati al nostro tempo, le metafore e i modelli fondamentali sono rimasti relativamen
te costanti (trionfalistici, monarchici e patriarcali). In
questo modo l’autrice ci porta al centro di quello che
penso sia oggi il vero problema del cristianesimo: trovare
una forma di comunicazione
della rivelazione di Dio in Gesù Cristo che, pur non rinnegando nulla della ricchezza
linguistica e metaforica delle
Scritture, sappia «parlare» al
mondo attraverso i linguaggi
e le metafore del nostro
mondo. Quante volte, nel
corso delle predicazioni, dei
culti, dei catechismi e degli
studi biblici, avvertiamo la
penosa sensazione che il nostro linguaggio teologico e liturgico, più che aiutare la
gente ad avvicinarsi alla rivelazione di Dio, in realtà la allontana perché parla di un
Dio espresso in metafore che
o non hanno più alcun legame con la nostra realtà o sono superate nell’esperienza
dei più? Un esempio tra i tanti: Dio come Re. Chi è il re per
noi? è possibile pensare a un
re astratto, il re del regno dei
cieli, senza pensare immediatamente, per comparazione, agli esempi delle poche
famiglie ancora oggi regnanti?. E non è anacronistico
pensare a una forma di potere da parte di Dio sul mondo
che si esprima attraverso
l’immagine del re, quando
nessuno di noi rinuncerebbe
a quella forma di potere diffuso che è la democrazia?
Non si potrebbe pensare a
un’altra metafora per indicare il potere di Dio sul mondo?
(cfr. pp. 94-102).
È evidente, e qui concordo
con la McFague, che oggi la
teologia cristiana «non può
essere semplicemente o prin
cipalmente ermeneutica,
cioè interpretazione della
tradizione, traduzione degli
antichi credi e concetti, per
renderli rilevanti per la cultura contemporanea» (p. 40).
Essa deve avere il coraggio di
passare da una diffusa decostruzione e reinterpretazione
dell’immaginario tradizionale a una sua rinnovata costruzione. Tutti noi siamo
consapevoli che la teologia,
la fede in Gesù Cristo non
possano fare a meno della
metafora e dei concetti, ma
non vi è modo di fare teologia per il nostro tempo con
metafore e modelli fuori moda 0 oppressivi: perciò il cristianesimo deve rifiutare la
riproposizione di modelli
anacronistici della fede, evitando il rischio di una ritirata
conservatrice che lo condannerebbe a un’esistenza ghettizzata; esso deve abbandonare ogni forma di linguaggio astratto che lo condannerebbe alla sterilità.
Per la McFague, in questa
situazione, ciò che occorre
(...) è una «rimitologizzazione
del rapporto tra Dio e il mondo» (p. 9). La sua proposta,
sviluppata nella seconda parte del libro (pp. 125-143),
propone tre modelli complementari di Dio; Dio-madre;
Dio-amante; Dio-amico/a.
Per ogni modello l’autrice
mette in evidenza le caratteristiche di amore (agape, eros
e philia), di azione (creazione, salvezza e sostegno) e di
condotta esistenziale (giustizia, guarigione e compagnia).
Tutti questi modelli sono collegati all’amore, a un amore
che si caratterizza soprattutto per la sua capacità di creare, valorizzare e unire. Inoltre
questi tre modelli possono
rappresentare una versione
contemporanea della Trinità.
Pur essendo legittima, la
proposta di questi modelli
complementari di Dio mi lascia alquanto perplesso, perché, come spesso succede in
molte riflessioni femministe,
non mi sembra che essa affronti in modo adeguato il
ruolo e la funzione di Gesù
Cristo nell’economia generale del progetto di salvezza
che Dio ha riservato all’umanità. In particolare, per la
McFague, il Risorto ha la funzione di includere Dio nel
nostro orizzonte storico. Infatti per essa la risurrezione
di Gesù Cristo «ha luogo in
ogni presente; è la presenza
di Dio a noi, non il nostro trasferimento a quella di Dio»
(p. 90). Per la McFague questa affermazione giustifica e
sostanzia di ragioni teologiche il passaggio alla metafora
secondo la quale «il mondo è
corpo di Dio» (pp. 102-113),
ma in questo modo, come ha
notato Sergio Rostagno {Protestantesimo, 54-1, 1999, p.
47), ci viene proposto un modello in cui, al «posto di un
Dio che ha un rapporto di distanza e di obiettività con figli e figlie, siamo invitati a
pensare un Dio che li tiene
quasi in sé nel suo corpo». A
questa visione del mio rapporto con Dio non sono ancora arrivato. Rimango però
aperto a ogni confronto e a
ogni discussione che mi possa permettere di migliorare la
qualità della mia comunicazione-testimonianza dell’
Evangelo di Gesù Cristo.
(*) Sally McFague: Modelli di
Dio. Torino, Claudiana, 1998, pp.
256, £ 35.000.
Riuscito dibattito a Modena
Gli ultimi trentanni
del movimento evangelicale
NINO CINIELLO
SEBBENE la sua pubblicazione risalga al 1997, il volume Dichiarazioni evangeliche. Il movimento evangelicale 1966-1996 (Bologna, ed.
Dehoniane), continua ancora
a suscitare interesse e dibattiti, sia nel mondo laico sia in
quello delle diverse anime del
protestantesimo. Difatti, il 30
aprile, a cura dell’Istituto
Gramsci e del Circolo culturale protestante «Leroy Vernon» entrambi di Modena,
nella libreria Feltrinelli della
città, si è svolto un vivace e
stimolante dibattito sotto forma d’intervista fra il curatore
del suddetto volume, prof.
Pietro Bolognesi, e il presidente del circolo protestante,
prof. Giuseppe Ferrari.
In apertura d’incontro, prima della sua puntigliosa e
mirata intervista, il prof. Ferrari ha voluto confessare la
sua ammirazione nei riguardi dell’opera che, «sebbene
raccolga dichiarazioni e prese di posizioni molto variegate, che coprono una vasta
gamma di soggetti e problematiche e che sono state
scritte in contesti e momenti
storici diversi, evidenzia che
tutti i contributi hanno un filo conduttore comune ed
esprimono un’identità teologica precisa». Da ciò, Ferrari
ha fatto derivare il suo compiacimento per l’eredità e la
presenza evangelicale, così
ricca e feconda, che meriterebbe di essere maggiormente conosciuta.
Il susseguente dibattito
non ha evitato di toccare temi controversi e luoghi comuni (tuttora presenti anche
in ambito protestante) come
l’identificazione del neofondamentalismo con l’evangelicalisrno, il problema dell’ispirazione della Bibbia e
della sua inerranza e quindi
su chi sono oggi i veri eredi
dei riformatori, la definizione di ecumenismo e i criteri
biblici che lo qualificano, criteri che devono indirizzare il
dialogo con la chiesa di Roma, con le varie religioni e
Confronto pubblico a La Spezia
Guerra e democrazia
Lo scorso 14 maggio si è
svolto a La Spezia, presso la
sede ex Unione fraterna, un
interessante incontro-dibattito organizzato dalla sezione locale di Rifondazione comunista, che ha richiesto alla comunità battista della
città l’intervento di un «giurista evangelico» in modo
che potesse essere espressa
un’opinione anche tecnica
sull’argomento specifico della mancanza di cultura giuridica come elemento (certo
non primario) concorrente
alle cause dell’attuale situazione di guerra. All’incontro,
dal suggestivo titolo «Il fantasma della libertà: nella destabilizzazione dei Balcani la
caduta della cultura giuridica, l’informazione negata, la
prospettiva di una recessione democratica», hanno preso parte il ¿en. Giovanni
Russo Spena, l’avv. Nadia
Stanziola (Foro di La Spezia)
e chi scrive (avvocato del Foro di Genova).
Nell’ambito del condiviso
rifiuto della guerra come «sedicente» strumento di pace,
gli oratori hanno potuto esprimere anche opinioni «di
parte» fondate anche sulla
propria esperienza personale; alle «notizie» su alcuni
episodi di guerra e sulle posizioni del nostro governo, of
con il Consiglio ecumenico
delle chiese. Non sono stati
evitati neppure temi scottanti, riguardanti la sfera etica e
sociale, il ruolo delle donne
nella chiesa, la considerazione degli ebrei ecc.
Nelle sue repliche. Bolognesi ha voluto innanzitutto
illustrare il contesto sociologico e teologico dell’evangelicalismo degli ultimi trent’
anni, per poi arrivare ad affermare che «Tevangelicalismo è un’area che, all’interno del protestantesimo, ha
una sua fisionomia ben precisa. Da un lato, prende le distanze dalle posizioni liberali, di cui denuncia lo slittamento nella modernità e a
cui ricorda la centralità della
Parola. Dall’altro, desidera
aiutare i neofondamentalisti
a vincere la nostalgia e la
paura verso il mondo e la
cultura (che li rinchiudono
in ghetti sociali, e li fanno conoscere soprattutto per la loro enfasi su aspetti biblici secondari), e li incoraggia a
considerare la globalità del
Vangelo, che prende cura di
tutto Tuomo».
Sono quindi due gli aspetti
che l’evangelicalismo cerca
di affermare: la memoria e la
presenza. Attraverso le dichiarazioni, le prese di posizione e i principi ispiratori
della sue azione: «L’evangelicalismo - ha inoltre dichiara- I
to Bolognesi - è oggi l’unica |
realtà che è a suo agio con i |
“sola” dei riformatori. Nella i
stanchezza che caratterizza [
la società attuale, e la cultura
del dubbio e del pensiero debole che condiziona gran |
parte del protestantesimo
odierno, gli evangelicali hanno la franchezza di confessare che la verità esiste, e questo dà loro un senso di certezza che rende possibile
ogni vero dialogo». Oggi, in
un clima di pluralismo e di
apertura, si auspica che l’evangelicalismo, attraverso i
suoi testi e la sua azione, trovi maggiore ascolto per un
dialogo fecondo e un arricchimento maggiore del popolo di Dio anche in Italia.
ferte dal sen. Russo Spena, si
è aggiunta così, nell’intervento dell’aw. Stanziola, la denuncia della diffùsa sensazione di una scarsa obiettività
nell’informazione da parte
dei media, e la riflessione di
chi scrive sulla necessità, individuale, comune a ogni cittadino e indipendente dalle
opinioni politiche, della conoscenza dei concetti fondamentali del diritto, per combattere ogni forma di paternalismo gerarchico, cui gn
evangelici sono costituzionalmente «allergici».
All’incontro, a cui ha assistito una cinquantina di petsone, è seguito un dibattito
abbastanza vivace, dal qua*®
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preoccupazione nei confrort'
ti del conflitto attuale, ma anche una diffusa consapevolezza della necessità di non
limitare il proprio apporto a ■
la lettura della cronaca i
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Risponde Lucie Kaennel in un recente libro tradotto dalla Claudiana
Martin Lutero è stato antisemita?
Mei confronti degii ebrei il riformatore tedesco ha espresso posizioni certamente
inaccettabili ma il nazismo lo ha strumentalizzato al di là delle sue intenzioni
SERGIO RONCHI
Quattro anni fa, in un
consueto editoriale domenicale su La Repubblica,
Eugenio Scalfari si appellava
con forza, nostalgicamente, a
Lutero. Gli fu risposto da un
articolo di spalla sul Giornale
di Vittorio Feltri che il padre
della Riforma era antisemita
e invocava roghi sulle sinagoghe. Attilio Agnoletto, storico
del cristianesimo, ha scoperto in questi ultimi dieci anni
tale aspetto dell’«Ercole germanico» unitamente a un
imbarazzato silenzio generale da parte protestante. Nazionalismo? Lutero! Antisemitismo? Lutero! Nazismo?
Lutero! Così, tra partigianerie, ignoranza, superficialità,
scoop, strumentalizzazioni di
ogni sorta, pubblicistica priva
di spessore scientifico, polemiche di bassa lega, le «ragioni» di Lutero non sono state
indagate, neppur superficialmente, senza pregiudizi o
confessionali o ideologici e le
parole di dissenso e di condanna nei confronti del proprio progenitore da parte
evangelica (non solo in Italia
né solo di ieri) sono rimaste
inascoltate. Speriamo allora
che un’opportuna ricerca
edita dalla Claudiana, in libreria da pochi mesi*, chiarisca le idee un po’ a tutti.
«All’insegnamento del disprezzo - sottolinea Daniele
Garrone nella sua introduziote - Lutero ha indubbiamente
|)ntribuito»; del resto «Fantigiudaismo era la nota dominante di quel secolo: non ne
furono esenti né gli ambienti
umanistici né il cattolicesimo
romano». Dunque il sanguigno sassone, nei cui scritti si
rintraccia l’interesse per gli
ebrei quale un filo rosso, si rivela manifestamente antigiudaico. Eppure il cabbalista
Abraham ben Eliezer Halevi
vedeva nel riformatore un avversario del papa e colui che
avrebbe ristabilito pace e giustizia e condotto, con le proprie innovazioni, al giudaismo. Altrettanto può essere
letto in un rapporto redatto a
Gemsalemme intorno al 1525;
così come lo storiografo Joseph ha-Kohen, scrive Lucia
Kaennel, considerava «la Riforma una scuola di tolleranza
per i regni europei», in ciò discostandosi dalle due interpretazioni classiche: o adempimento di una promessa
. messianica o riavvicinamento
al giudaismo. 11 trattato luterano del 1523 Gesù Cristo è nato
ebreo venne accolto con entusiasmo dagli ebrei, che lo diffusero sia in Spagna che in Palestina e molto probabilmente
venne tradotto in ebraico. E
l'Utero, da parte sua, riceveva
abrei e chiedeva loro di interpretare passi profetici specifici. Del resto, la «questione
ebraica» fa parte integrante
della sua teologia: l’ebreo Gesù è, per i suoi connazionali,
pietra di inciampo.
L’ex agostiniano parte da
ùn presupposto teologico
che lo condiziona totalmen,, fe: l’interpretazione cristolo8lca di tutta la Scrittura;
Quindi anche del cosiddetto
^tìco Testamento. Qui sta la
[,;Sua avversione nei confronti
del popolo del Patto: esso
Considera se stesso diverso e
privilegiato in forza dell’eleI, ?ione, per cui non sente il bisogno di riconoscere nel Cristo il Messia. Invece essi dettone riconoscere nel nazare.00 anche il loro proprio salt'atore. Come prosegue Kaen(; Ool, «rifiutare la giustizia della fede è, agli occhi del riforOtatore, non soltanto indice
dall’indurimento del popolo
ebraico, ma anche la causa
delle sue disgrazie (...); egli ritiene che gli ebrei siano persone estranee e ostili alla società cristiana (...) li disprezza
e li considera pesantemente
debitori nei confronti dei cristiani». In tal modo l’uomo di
Wittenberg si conferma erede dell’antigiudaismo patristico e medievale. Resta comunque convinto del fatto
che in Cristo i due popoli
debbano formarne uno solo,
anche perché Dio non ha
rinnegato il patto con Israele,
seppure proprio a causa del
suo indurimento di cuore
non ha potuto farne un proprio strumento.
Nel 1536 gli ebrei vengono
espulsi dalla Sassonia. Allora
si rivolgono a Lutero il quale
si rifiuta di aiutarli, fermamente convinto che, soccorrendoli, se ne diventa complici e, conseguentemente, ci
si oppone a Gesù Cristo: allo
scoppio del movimento riformatore gli ebrei non hanno
sentito l’impulso a una conversione di massa, causa
questa del perdurare delle loro sofferenze. E Lutero nel
1543 pubblica tre trattati colmi di ingiurie nei loro confronti, uno dei quali particolarmente violento: Sugli ebrei
e le loro menzogne. In quelle
terribili e inaccettabili pagine
Lutero, tra l’altro, a difesa dei
cristiani «dal pericolo rappresentato dalla coabitazione
con gli ebrei», suggerisce alle
autorità di incendiare le sinagoghe, di demolirle, di sequestrare libri di preghiere e
scritti talmudici e, esorta, «si
abolisca del tutto il salvacondotto per le strade agli ebrei
in quanto non hanno affari
da sbrigare nel paese». Commenta la Kaennel: «Purtroppo queste indifendibili parole
di Lutero sono adeguate alla
mentalità del suo terhpo».
Adeguamento a cui neppure
altri riformatori hanno saputo (teologicamente) sottrarsi,
seppure esprimendolo con
un linguaggio meno duro e
violento.
Ciò detto, il passaggio frettoloso da Lutero a Hitler è
semplicemente strumentale.
Certo, Lutero è un simbolo
della storia nazionale, ma
non è questa una ragione
valida per celebrare Hitler
come «un nuovo Lutero» e,
quindi, per stabilire una linea
di continuità tra il riformatore e la metastasi dell’antisemitismo nazista. Quanti nel
nostro tempo non ne sono
convinti leggano di prima
mano gli scritti luterani e imparino a non decontestualizzare i discorsi.
(•) Lucie Kaennel; Lutero era
antisemita? Torino, Claudiana,
1999, pp 144, £ 19.000.
Guida di letture bibliche dell'Esercito della Salvezza
Uno stile di vita legato alla Parola di Dio
MAURIZIO ABBA
Lf ESERCITO della SalvezI za è tra le organizzazioni
più impegnate nel portare
aiuto ai disagiati della società. La sua dimensione è
internazionale, energie umane e materiali vengono profuse in questo compito di
promozione evangelica davvero notevole e considerevole. Certo non giova la rappresentazione da film western
che rilascia un’immagine da
macchietta: con l’Esercito
della Salvezza che interviene
con la fanfara e per evitare
che si beva un bicchiere di
troppo di rhum; come sovente accade per le realtà religiose con cui non si ha una sufficiente dimestichezza, si
pensa di poter risolvere la
nostra ignoranza con una caricatura. In Italia dove le conoscenze del patrimonio artistico nostrano lasciano alquanto perplessi, altrettanto
e ancor più si può affermare,
purtroppo, per ciò che attinge al patrimonio religioso.
Oltre e dietro le caricature
vi è il profilo reale dell’Esercito della Salvezza: con i suoi
interventi peculiari e caratteristici è invece una risorsa
per tutto l’evangelismo italiano e per il Paese in generale. Risorsa che non va sottovalutata ma Invece apprezzata pienamente. L’Esercito
della Salvezza sa unire a un
sano «interventismo» in difesa dei più deboli e dei più
poveri anche una riflessione
biblica e teologica che risulta
essere sempre più robusta e
qualificata. Guida per oggi.
Riflessioni bibliche per tutto
l'anno* è uno strumento di
spiritualità giornaliera che si
accompagna come comple
mentare, e non alternativo, a
Un Giorno Una Parola, e II
Cenacolo (abbiamo bisogno
ogni giorno di pane spirituale nutriente e arricchente, vi
sono più fornai? meglio, il
pane della Parola va gustato
insieme in un armonia di sapori. Fuor di metafora, chissà
che un giorno potremo avere
riuniti in un unico grande libro le preghiere, i canti, le
meditazioni per un piccolo
grande rimando alla Bibbia
ad uso di tutti gli evangelici
italiani).
Per giungere a valorizzare
pienamente e compiutamente tutti i tesori presenti nelle
varie famiglie evangeliche,
occorre prima prendere confidenza con quanto viene offerto da ciascuno. Guida per
oggi vuole essere una compagnia fedele e solida per la
nostra fede. Giorno dopo
giorno propone letture bibliche e spunti per la riflessione
biblica. Letture semplici e serene che aiutano nella vita
così complicata e, a volte,
grigia. «La fede non è qualcosa che possiamo studiare soltanto, la dobbiamo mettere
in pratica ed essa cresce nella misura in cui impariamo a
essere ubbidienti»: questa
considerazione, una delle
tante che troviamo in questo
prezioso volumetto, ci porta
a rivedere atteggiamenti su
cui abbiamo adagiato il nostro essere cristiani, a volte,
pigro e svuotato di contenuti
concreti. «Se il popolo di Dio
oggi fosse unito nell’amore
quanto bene potrebbe fare
nel mondo!», come si può
notare il respiro ecumenico è
ben presente, queste e altre
considerazioni di alta spiritualità biblica incastonate in
meditazioni e preghiere più
ampie, aiutano in generale a
cercare di evitare forzature
dannose e il cercare invece di
abbracciare con un grande
senso di sapiente accoglienza i tesori delle altre denominazioni evangeliche, e di tutta l’ecumene cristiana.
Tutto ciò pone l’Esercito
della Salvezza, se così si può
dire, come un «pónte» su cui
contare per riavvicinare gli
evangelici (la stessa disponibilità la ritroviamo, con altre
caràtteristiche e tratti peculiari nei Quaccheri). In Guida
per oggi ritroviamo anche
preghiere, inni, di personalità che hanno lasciato una
traccia di fede, in diverse
epoche, e di diversa confessione, tra cui: Bonhoeffer,
Lutero, Angelo Silesio, Agostino, Pascal, Dag Hammarskskjold, Francesco d’Asslsi,
Charles Wesley, Martin Luther King, Karl Rahner, Karl
Barth, Vittorio Subilia, Ernesto Giampiccoli, Giovanni
Rostagno, Mario Falchi, e
tanti e tante altre.
Certo le uniformi e, soprattutto la gerarchia «militare»
costitutiva dell’Esercito della
Salvezza possono creare, a
un primo impatto, qualche
imbarazzo se non addirittura
qualche timore, ma si tratta
di una forza evangelica nonviolenta. Vi sono dei tratti
teologici dell’Esercito della
Salvezza che possono essere
ulteriormente approfonditi e
riveduti sotto una prospettiva dialettica più serrata e
puntuale senza perdere in rigore: è il caso dell’etica sessuale, per esempio.
(*) Aavv: Guida per oggi. Riflessioni bibliche per tutto l’anno. Edizione a cura del Quartiere
generale nazionale, via degli
Apuli 39,00185 Roma, 1998.
Fu valdese nonostante la famiglia
Il conte Alessandro Frigger!
e la Repubblica romana
MARIO CIGNONI
Ancora una nota storica
su un certo conte Alessandro Frigger! (1815-1880),
ignoto alla storiografia vai
dese finché non lo riscoprii
qualche anno fa, e del quale
ho trovato ora qualche nuovo
documento. Nato a Roma da
nobile famiglia perugina con
corona e palazzo, vantava come capostipite Boldrino da
Panicale, capitano generale
della Chiesa, strangolato a
Macerata nel 1391 per ordine
di papa Tomacelli. Era figlio
del capitano Giacomo, comandante della fortezza di
San Leo nel Montefeltro, e
imparentato con gli alti gradi
dell’esercito.
Dapprima studente di architettura era poi entrato nella Fanteria pontificia di stanza a Roma. Nel 1848 alla prima guerra d’indipendenza.
Pio IX dopo avere inviato al
fronte l’esercito, aveva poi
deciso di fermarlo con l’A//ocuzione del 29 aprile, con la
quale proclamava che la
Chiesa non poteva fare guerre all’Austria, potenza cattolica. Molti rimasero frustrati
da questa decisione del pontefice. Frigger! non partecipò
alla campagna ma da una lettera conservata all’Archivio
centrale del Risorgimento veniamo a sapere che era in
contatto con ufficiali che
avrebbero voluto abbandonare l’esercito pontificio per
andare a combattere con re
Carlo Alberto. E anche lui
considerava deludente il
comportamento del governo.
Promosso capitano aiutante
maggiore, partecipò alla Repubblica romana e condusse
una compagnia nella battaglia vittoriosa di Velletri contro i napoletani (19 maggio
1849). Alla restaurazione fu
diminuito di grado; in seguito, ritornato capitano, fu
istruttore militare dei Cacciatori, la fanteria leggera.
Le relazioni coi pontefici
erano tradizionali nella famiglia Frigger!, che aveva anche
un vescovo nell’albero genealogico: nel 1841 suo zio
Filippo aveva ospitato Gregorio XVI in visita a Perugia ed
era stato decorato dell’ordine
di San Gregorio; nel 1855 lo
stesso Alessandro era stato
fatto cavaliere di San Gregorio e nel 1857 la famiglia incontrava Pio IX. Nel 1859
Frigger! fu promosso maggiore e gli venne affidato il comando di Perugia, la sua
città. Qui, in seguito alle battaglie della seconda guerra di
Indipendenza, il popolo insorse contro il governo del
papa. Il 14 giugno 1859 egli fu
a colloquio con i capi degli
insorgenti, che gli ricordarono le battaglie del 1849 cercando di trarlo dalla loro parte. Frigger!, comandante del
battaglione pontificio che
presidiava la città, disse che
non poteva venire meno al
suo giuramento di militare,
ma lasciò intendere che non
avrebbe fatto sparare sui dimostranti. E gli insorgenti,
con la mediazione di Frigger!,
si presentarono al delegato
pontificio, che non potè fare
altro che prendere atto della
cosa e andarsene a Foligno.
Un grande affresco, fine
Ottocento, del Brugnoli, nella
sala delle udienze della Fondazione della Cassa di Risparmio di Perugia ricorda
l’evento: a sinistra i patrioti, a
destra il Delegato, nel centro
il Frigger! con spalline da ufficiale e baffi neri. Pemgia era
stata liberata senza sparare
un colpo e senza spargimento di sangue. La repressione
venne qualche giorno dopo
quando il cardinale Antonelli
vi spedì gli svizzeri, che compirono un’orribile e memorabile strage. Anche Frigger! la
pagò cara. Era evidentemente inaffidabile. Là sua carriera
era finita: fu presto liquidato
e costretto ad abbandonare
l’esercito; aveva 44 anni.
Dopo il 20 settembre 1870
venne in contatto con i vaidesi, che per la prima volta
potevano predicare nella capitale, si convertì e in breve, a
Pentecoste del 1872, divenne
membro della Chiesa valdese
di Roma. Era così entrato in
un ambiente estraneo al suo
rango, eppure si trovava a
suo agio tra la gente semplice
di cui aveva condiviso gli
ideali e lo troviamo spesso ricordato nei verbali e nelle relazioni della comunità. Era
diventato un buon conoscitore della Bibbia e rimane
noto specialmente per gli
scontri polemici che ebbe
con frati altolocati e con le
suore del Preziosissimo sangue, devote di San Gaspare
del Bufalo, discussioni che
sapeva sostenere da solo, rispondendo col Vangelo alla
mano, senza necessità dell’aiuto di un pastore. Sono
persone e conversioni come
questa che hanno dato stima;
forza e anche un certo prestigio alla nostra evangelizzazione ottocentesca.
Nel 1879 il Sinodo valdese
lo eleggeva membro laico del
Comitato di evangelizzazione. L’organo (composto da
quattro pastori e un laico) sovrintendeva alla gestione di
tutte le chiese fuori dalle valli
piemontesi. Alla fine del 1879
comprò, a nome della Chiesa
valdese, un locale per il culto
a Poggio Mirteto dove fioriva
una piccola comunità evangelica. Morì l’anno dopo a
Roma (17 maggio 1880) e fu
sepolto con funerale evangelico nella tomba di famiglia a
Perugia. Morì scapolo. I Friggeri che ancora esistono a
Perugia e non hanno negato
la parentela, non hanno più
legami con la Chiesa valdese
ma la sua testimonianza non
è andata perduta, perché i
suoi discendenti, secondo la
parola di Cristo, siamo noi.
Il conte Frigger! dunque
aveva raggiunto la massima
carica che un laico potesse
raggiungere allora nell’ordinamento valdese. Chissà come ci sarà rimasto uno che lo
conosceva bene, il cardinale
Pecci, arcivescovo di Perugia
per trent’anni, divenuto papa
Leone XIII nel 1878!
Lg ISTITUTO TRENTINO DI CULTURA — Centro per le
Scienze religiose bandisce tre borse di studio allo scopo
I di compiere ricerche nel campo degli interessi istituzionali del Centro. La borsa ha la durata di sei mesi, a decorrere
dal 1° settembre 1999, e potrà essere rinnovata per un ulteriore semestre.
Il concorso è per titoli ed esami ed è riservato a laureati/e
che siano in possesso del diploma di laurea o del diploma di
dottorato da non più di 5 anni e che non abbiano ancora compiuto all'atto della domanda il trentacinquesimo anno di età.
La domanda di ammissione al concorso e la rispettiva documentazione devono essere presentate agli uffici dell’Istituto
trentino di cultura, via Santa Croce, entro il 30 giugno 1999.
Ulteriori informazioni possono essere richieste alla Segreterìa
della Facoltà valdese di teologia, via Pietro Cossa 42; 00193
ROMA; telefono: 06-3210789, fax: 06-3201040.
6
RIFORMA
■ ■ Vita
La chiesa valdese di Gottstreu (1770)
A Pentecoste, a Otisheim nel Württemberg, si sono tenuti due giorni di fé;
Trecento anni dei valdesi in Germania,
Nel 1699, a causa della revoca dell'Editto di Nantes, circa 3.000 valdesi dell'alta^
Assia costituendo delle colonie omogenee e mantenendo per una settantina d'ai|
Da Torre Pellice a Otisheim, sulle tracce di un esilio
FRANCO CALVETTI
Eravamo in tanti a pensare, durante il lungo
viaggio che da Torre Pellice ci
portava nel Baden-Württemberg, alle condizioni di viaggio di quei circa 3.000 valdesi
che trecento anni fa intrapresero l’odissea dello sradicamento dalla loro terra natale,
la vai Chisone. Le immagini
dei profughi derelitti del Kosovo, che ci fanno tanto soffrire in questi ultimi tempi, ci
hanno aiutato a immaginare
quanto accaduto alla nostra
gente tre secoli fa. Vittime
della «pulizia religiosa» nelle
valli valdesi, essi abbandonavano a malincuore le monta
gne, i campi, le case, le emozioni di vita per andare a occupare, sempre a malincuore,
un territorio ceduto dal duca
di Württemberg che si presentava come poco ospitale:
popolato dai pochi sopravvissuti della ferocissima guerra
dei 30 anni, con scarsità d’acqua, con un terreno gerbido
tutto da dissodare, con la vi
cinanza minacciosa della^Foresta Nera, con soluzioni abi
tative delle più precarie, con
una vita comunitaria tutta da
organizzare.
Percorrendo i villaggi dei
valdesi, Diirremenz con la
frazione di Corres (già Queyras). Cross Villars con Klein
Villars, Pinache, Perouse con
Una mappa delle valli valdesi alla fine del secolo XVII
Serres, Bourset (ora NeuEngstet) abbiamo con la nostra memoria fantasiosa popolato il paesaggio di gruppetti di valdesi qua e là vaganti o impegnati in duri lavori di diboscamento. Abbiamo immaginato i nostri convalligiani nelle casette di legno o, i più ricchi, nelle case
a colombari che portano sui
frontespizi le date dei primi
anni del 1700. Li abbiamo
pensati mentre ripetevamo i
gesti antichi del contadino,
del viticoltore nei campi oggigiorno fertili e sui costoni
soleggiati dei villaggi. Nel
riandare a quei tempi li abbiamo visti preoccupati di
costruirsi un tempio a metà
fra lo stile luterano e quello
calvinista, preoccupati di trasmettere la storia e la fede ai
loro figli. E più di una volta,
anche grazie alle evocazioni
così lucide e spiritose di Albert De Lange e Susanne
Labsch, che ci hanno fatto da
animatori durante tutto il
soggiorno, abbiamo risentito
un groppo in gola e tanta vicinanza di ideali, nonostante
siano cambiate tante cose.
E come avremmo potuto
non commuoverci apprendendo che chi ci ospitava nel
caratteristico hôtel di Bretten
si chiamava Gilardon, che la
custode del tempio di Perouse era una Roux dallo sguardo pacifico e un largo sorriso
sul tipo delle nostre magne,
che nel cimitero di Cross Villars le tombe portano due segni inequivocabili della presenza valdese: stemmi valdesi
a profusione tagliati severamente nella pietra e tanti nomi come Talmon, Rostan Vinçon, Blanc...? E nel bel mezzo
la stele di Davide Mondon,
che lo ricorda come ultimo
pastore dei valdesi che teneva
il culto in francese?
La completa immersione
nell’atmosfera valdese è avvenuta in modo del tutto particolare il sabato sera e la domenica mattina in occasione
delle celebrazioni ufficiali a
Otisheim. Eravamo più di
mille a riempire il modernissimo salone per i pranzi comunitari, per ascoltare tanti
discorsi e per celebrare un
culto bilingue, tedesco e fraj,
cese. Erano con noi una
gazione del Queyras e una di
Luberon. Concetti e immai.
ni forti sono stati espressi
quali «la nostra patria è |j
chiesa», «il Lux lucet in terti.
tris va interpretato ancori
oggigiorno come segnod,
rinnovamento, come occisione di raccoglimento, coim
opportunità di testimonial],
za. Non è mancata più voi
l’invocazione-intercessioji
perché l’Iddio misericordiosi
si manifesti in tutte quelle
tuazioni dell’oggi dove, comi
300 anni fa per i profughi vaidesi in Germania, tutto sen-'
bra perso, irrimediabile.!
Padre Nostro recitato nel
varie lingue e il Giuro di Si
baud sono stati gesti simbot
ci di grande impatto emotivo.
Oltre ai momenti di «peli
grinaggio valdese», accurata
mente organizzati dalla So
cietà di studi valdesi perii
tramite di Franco Sappé, taite visite e scoperte di ordii*
culturale: il monastero di
Maulbronn (monumento riconosciuto dairUnesco),le
gallerie d’arte di Stoccarda,!
meraviglioso concerto d’or-]
gano a Bretten, la casa di
Hermann Messe a Calw.il^
museo di Melantone a Bret-I
ten, il castello di Bruchsalel
quello di Heidelberg, Ma
l’entusiasmo più grande l’abbiamo manifestato nel visitare la ricca, originale mostra
sui valdesi magistrataie
ideata da Albert De Laiitte
sistemata nella grande cMesa
riformata di Bretten: quei documenti, quei «pezzi» museali, quella ricostruzione di un
chiesa valdese di 300 anni 6
sono un’occasione unica per
far conoscere che l’Eterno veglia su chi è emarginato, derelitto, profugo.
Ci auguriamo che la foto di
gruppo che abbiamo volute
scattare davanti al monumento e alla casa di Amaudi
Schònenberg trasmetta a et"
ci guarderà in futuro l’unice
messaggio valido: un gnipp»
di donne e di uomini che K;
stimoniano con i loro sornsi
che l’Iddio di ieri oggi domani cammina sempre accanto
a chi lo invoca.
Un ritratto di Arnaud. Sopra la «Pragelatostrasse» aWtanbach
Dall'arrivo in Germania nel 1699, alle caratteristiche del If
ALBERT DE LANCE
Nel 1699 circa 3.000 vaidesi, espulsi dal Piemonte, trovarono accoglienza in
Germania e fondarono una
ventina di colonie nell’Assia
del Sud e nel Württemberg.
In vista del trecentenario di
questo avvenimento l’Associazione dei valdesi tedeschi
ha pubblicato un libro commemorativo, allestito una
mostra itinerante e organizzato numerose festività. Nel
mio contributo mi limito a
una breve rassegna della storia dei valdesi tedeschi.
Le origini
1 valdesi che nel 1699 giunsero in Germania provenivano dalla vai Chisone. Una
parte era nata nell’alta vai
Chisone (o vai Pragelato) che
era sempre stata francese.
L’altra parte era nata sulla
sponda sinistra della bassa vai
Chisone (o vai Perosa) che il
duca di Savoia dal 1632-1696
aveva dovuto cedere alla
Francia. La tragedia dei valdesi della vai Chisone cominciò
nell’anno 1685 quando la valle (eccetto la sponda destra
della bassa valle) apparteneva
ancora alla Francia. Nel mag
gio di quell’anno il re francese Luigi XIV vietò la religione riformata nella vai Pragelato. Alcuni mesi dopo, nell’ottobre del 1685, egli revocò
l’Editto di Nantes e proibì ai
riformati di tutta la Francia di
vivere secondo la loro fede,
dunque anche i valdesi della
vai Perosa.
Malgrado il divieto di fuga
migliaia di valdesi partirono
dalla vai Chisone alla volta
della Svizzera e della Germania. Alcuni trovarono già allora la loro definitiva dimora
nelle terre del langravio dell’Assia-Cassel. Tra di essi vi
erano anche tre dei migliori
pastori di origine pragelatese:
David Clément (pastore di
Villaretto), Thomas Gautier
(pastore di Die nel Delfinato)
e Daniel Martin (pastore di
Fenestrelle). Questi contribuirono alla fondazione di
Carlsdorf e Mariendorf presso Hofgeismar e a quella di
Schwabendorf e Frauenberg
presso Marburg.
La maggior parte dei valdesi
provenienti dalla vai Chisone
non voleva altro che ritornare. L’occasione sembrò presentarsi quando il duca di Savoia nel 1690 passò alla coali
zione antifrancese. Adesso essi tornavano dalla Germania e
dalla Svizzera nelle valli (vaidesi) piemontesi nella speranza di poter ritornare da lì
nella vai Chisone. Questa speranza fu ben presto spezzata:
Luigi XlV, non volendo tollerare la presenza dei valdesi
francesi nel confinante Piemonte nel 1698 impose, nella
pace con il duca di Savoia,
che questi bandisse dai suoi
territori tutti i protestanti di
origine francese.
Con un editto del l" luglio
1698 il duca Vittorio Amedeo
11 espulse tutti i valdesi e gli
ugonotti di origine francese
che vivevano in Piemonte. Ciò
concerneva tanto i valdesi del
Pragelato quanto gli ugonotti
che erano giunti in Piemonte
prima del 1685 (come il pastore Enrico Arnaud) o a partire
dal 1690.11 duca fece un passo
ulteriore scacciando anche
tutti i valdesi della parte sinistra della vai Perosa, sebbene
questa fosse ritornata sotto il
suo dominio già nel 1696. Poterono rimanere soltanto i
valdesi della vai Luserna, San
Martino e quelli della sponda
destra del Chisone.
Nel 1698 i valdesi della vai
Chisone vennero dunque esj
fiati per la seconda volta. ^
la Svizzera cercarono acci
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art. 2 comma 20/B iegge 662/96 - Filiaie diTorino
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L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
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RIAPRIRE LA SCUOLA LATINA è lo slogan scelto
per il progetto di ristrutturazione dello stabile che ospitò la
Scuola latina di Pomaretto, chiusa ormai da anni dopo aver
contribuito a formare generazioni di giovani in vai Germanasca. Che fare? Un gruppo di persone, coordinate dal Centro culturale valdese, ha elaborato un progetto di ristrutturazione che porterà a usi diversi della struttura; sono necessarie importanti opere murarie, un ascensore, servizi e impianti a norma; siamo intorno al mezzo miliardo; non tutto sarà
realizzabile subito, occorrerà il contributo di molti. Intanto
sabato (dalle ore 15) e domenica la scuola sarà aperta per
presentare il progetto; sabato, alle ore 17, convegno-dibattito
sul tema; «Non solo ecomusei. Un territorio, mille volti».
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VENERDÌ 18 GIUGNO 1999 ANNO 135 - N. 25 LIRE 2.000 - EURO 1,03
La «rivoluzione di velluto» è quello che sembra
essere successo nel corso della Conferenza del I distretto.
Per la prima volta, da quando
partecipo a queste assemblee
(e sono ormai una ventina
d’anni!), si è discusso della
«vita della chiesa», di come
la nostra chiesa si presenta, di
come lavora al suo interno, di
come lavora con gli altri, della sua storia e del suo presente, senza frammentarla, senza
dividerla in settori specializzati, per addetti ai lavori, in
cui gli altri e le altre si trovavano un po’ spaesati.
Anche quest’anno, nel corso
del lavoro di gruppo, si è parlato di predicazione, di diaconia, di cultura ma senza spezzare il filo conduttore fra i va
DALLE CHIESE DEL PRIMO DISTRETO
UNA SPERANZA
ANITA TRON
ri aspetti, senza trattarli come
settori a sé, in contrapposizione gli uni con gli altri per ottenere qualcosa di più; un po’
più di attenzione, un po’ più
di sostegno, in vista di un po’
più di finanziamento, per la
sopravvivenza del proprio settore un po’ più importante degli altri. Al momento della discussione sugli ordini del
giorno preparati dai vari gruppi, è stato subito chiaro che
ognuno degli aspetti della vita
della chiesa è indispensabile,
è inscindibile dagli altri, non
può esistere da solo senza perdere significato, il senso stesso della sua esistenza. Sarebbe
soltanto un pezzo isolato del
puzzle di un quadro di Klimt,
complesso e molto colorato,
r In questa Confer.enza distrettuale si è discusso di contenuti; di che cosa diciamo, di
che cosa facciamo, di come
lo facciamo, di che cosa vogliamo, di che cosa dobbiamo
in quanto chiesa dire, fare,
progettare. Si è deciso di procedere, di sostenere, di collaborare, di riflettere, di approfondire, di pregare, di
adoperarsi per la riconciliazione, di comunicare, di celebrare la comunione.
È stato quindi un messaggio importante, in un momento di così grande tensione, di rottura dei rapporti sociali, di conflitto militare nei
Balcani e in altre parti del
mondo. Un messaggio di speranza che, senza esaltarlo,
non dobbiamo sottovalutare
nel relazionare alle chiese sui
lavori della Conferenza, perché ne ometteremmo una
parte certo significativa.
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Tossicodipendenze
Aperto nuovo
ambulatorio
a Pinerolo
Il Seti di Pinerolo (Servizio
tossicodipendenze) da anni ormai si occupa della cura e del
trattamento di malattie che
hanno relazione con la tossicodipendenza, come epatiti,
malattie polmonari e infezioni
da Hiv. Venerdì 11 giugno
l’Asl 10, perseguendo la linea
di fornire un servizio sempre
più completo per il trattamento di queste malattie infettive
ha inaugurato, in via Castellidardo 16 a Pinerolo, un nuovo
ambulatorio che si prefigge,
tra l’altro, di porre rimedio ad
alcune «barriere logistiche»
legate alla distanza del Sert
pinerolese dal centro specialistico dell’ospedale torinese
Amedeo di Savoia a cui finora
i malati hanno fatto riferimento per le visite specialistiche.
I 40 soggetti sieropositivi
in cura all’Asl 10 infatti finora si dovevano sottoporre alle
cure specialistiche dell’ospedale torinese cosa che rendeva notevolmente difficoltoso
l’iter di cura vista la necessità
di controlli costanti che questo tipo di pazienti richiedono. Con l’apertura del nuovo
ambulatorio l’Asl 10 intende
ovviare a questo problema
rendendo possibili le visite in
sede a Pinerolo con la garanzia, assicurano all’Azienda
SMitaria, di un servizio qualificato e interdisciplinare essendo prevista una collaborazione attiva sia con gli specialisti dell’Amedeo di Sa'»oia sia con gastroenterologi
0 pneumologi dell’ospedale
Agnelli di Pinerolo. Referenio dell’intera attività ambulatoriale (a cui chiunque potrà
accedere, anche solo per otte¡tcre informazioni, il mercoledì dalle 8,30 alle 13 e dalle
14 alle 16) è stata nominata la
dott. Paola Cuccagna affianeata da altri medici specialisti. Un ruolo importante è stato poi riservato all’interno
dell’attività anche alle assoeiazioni di volontariato.
La consultazione del 13 giugno per Comune, Provincia, Europa
Tre elezioni, tre voti diversi
Il «ciclone Bonino» si abulte anche sulle valli valdesi.
E questa la novità più significativa della consultazione europea nelle valli valdesi; la lista della commissaria europea
ha raggiunto in pochi mesi un
successo che qui è anche
maggiore che a livello nazionale; primo partito a Prarostino e Bobbio Pellice, secondo
in molti altri. Accanto a questo dato c’è il grande successo di Forza Italia; Berlusconi
partiva con un dato rilevante
già rispetto alle precedenti
europee e questa volta si è
confermato, sia pure leggermente al ribasso. Fi è il primo
partito nella stragrande maggioranza dei Comuni; Villar
Pellice, Villar Perosa, Angrogna, Roure, Bibiana, Pragelato, Luserna San Giovanni,
Torre Pellice, Campiglione,
San Pietro, Lusernetta, Perrero, Perosa Argentina, Porte,
Pinasca, San Secondo, Pinerolo e Bricherasio; ai Ds è rimasta la supremazia a Pramollo, Prali, Rorà, San Germano, Inverso Pinasca e Pomaretto; a Massello vince
Rifondazione.
Cambia un po’ la situazione a livello provinciale dove
le molte candidature locali riportano a sinistra il voto delle
Valli, pure se Forza Italia
porta a casa un buon successo. Erminio Ribet, al 21% nei
Ds, Michele Chiapperò, al
5% nel Ppi, Piervaldo Rostan
al 4% nei Verdi hanno ottenuto, soprattutto nelle aree di
residenza, notevoli successi
personali; una loro eventuale
elezione dipende però molto
dall’esito del ballottaggio del
27 giugno fra Mercedes Presso e Alberto Ferrerò. Stesso
discorso, sull’altro fronte, per
Danilo Colomba del Ccd
La sorpresa più grossa, a livello comunale, viene da Bricherasio dove il sindaco
uscente Bolla è stato battuto
per qualche decina di voti
dalla coalizione di centro-sinistra guidata da Luigi Bosio.
Un voto per qualcuno a sorpresa e che Bolla prende con
filosofia; «La gente ha scelto
il cambiamento e dobbiamo
prenderne atto; farò opposizione nell’intento di fare del
bene per Bricherasio». L’unico altro comune dove reiezione è avvenuta sul filo dei
voti (questa volta 6 di scarto)
è stato Pramollo dove è stato
riconfermato di misura Rena
to Ribet che ha superato Gino Long. Pinasca aveva visto
una forte polemica interna fra
due ex alleati; è stato riconfermato il sindaco uscente
Sergio Pera che ha superato
di oltre 300 voti Marco Bourlot. Moltissime comunque le
conferme; a San Secondo Luciano Martinat ha surclassato Mario Mauro, idem a Torre
Pellice con Marco Armand
Hugon che ha avuto uno
scarto di circa 900 voti su
Matteo Stefanetto Prochet, a
Bibiana con Osvaldo Fornero che ha battuto Marcello
Rossetto, a Prali dove Franco
Grill ha superato Naldo Breuza, a Villar Perosa con Roberto Prinzio che ha superato il leghista Ettore Micol, a
Bobbio Pellice dove Aldo
Charbonnier ha superato
Davide Baridon, a Rorà con
la conferma di Giorgio Odetto e le due altre liste che si dividono equamente la minoranza, a Lusernetta dove
Giorgino Cesano batte con
40 voti di scarto Marino Giovo, a Perrero con il successo
di Riccardo Leger su Daniela Licata di Piemonte nazione
d’Europa, a Luserna San Giovanni dove Piergiorgio Chi
li municipio di Bibiana
bò alla guida di un centro-sinistra domina con oltre 3.000
voti su Danilo Colomba con
meno di 1.000. Tre consiglieri
vanno alla lista di Colomba e
due alla Lega Nord di Corda.
Esclusi eccellenti dalla maggioranza l’assessore uscente
della Comunità montana.
Marco Grand, e il diessino
Mauro Suppo che il suo parti
Nell’estate del 1957 in località Pian
Sineive, a circa 2.000 metri di quota, sopra la conca del Pra, in alta vai Pellice, si schiantò al suolo un aereo statunitense. Il velivolo, appartenente alla marina militare, era partito dalla base di
Aviano in Friuli per cercare un altro aereo disperso sull’arco alpino. Sull’incidente, in cui morirono 9 delle 10 persone
dell’equipaggio, scrissero ampiamente i
giornali locali, tuttavia il primo resoconto, quasi in dirètta, è scritto a mano sul
libro dei visitatori del rifugio Granerò.
L’autore, Ermanno Armand Hugon, allora educatore presso il Convitto valdese di
Torre Pellice, era salito al rifugio per un
breve soggiorno assieme alla moglie. In
data 21 luglio 1957 egli scrive; «Oggi
verso le ore 13 mi sono affacciato per caso alla porta del rifugio Granerò e ho
scorto un aereo che sorvolava lentamente
e a quota bassissima la conca del Pra. Ho
chiamato gli ospiti del rifugio a vedere lo
IL FILO DEI GIORNI
L'AEROPLANO
MARCO FRASCHIA
Strano spettacolo. Siamo tutti usciti tra il
nevischio e abbiamo scorto l’aereo (a me
è parso un bimotore) che in un tentativo
di sollevarsi sfiorava i larici a sinistra del
lago Malconseil. Poi venne avanti con
l’ala sinistra abbassata presumibilmente
in un tentativo di virata. A questo punto
l’abbiamo perso di vista e abbiamo udito
uno schianto sordo. Subito si levava
un’enorme colonna di fumo nero. Fatti
alcuni passi fin sul roccione di fronte al
rifugio abbiamo visto un enorme rogo in
località Pian Sineive. Vari giovani si precipitarono a rotta di collo sul posto. Ho
scattato due fotografie, poi sono sceso
con mia moglie e la sig.na Dalmas. In
una mezz’ora l’incendio era quasi terminato. Un occupante dell’aereo era già
partito per il Pra accompagnato da un alpinista, un altro dava ancora segni di vita
e venne trasportato a valle in barella. Tutto intorno per un raggio di un centinaio di
metri giacevano membra umane bruciacchiate e parti di aereo. Il relitto più grosso
era la carcassa bruciata della carlinga con
attaccato il timone di coda. Secondo alcuni alpinisti che al momento del disastro
scendevano dal monte Granerò, l’aereo
proveniva dalla direzione del monte Boucle». L’anno successivo, il 13 luglio, sul
luogo dell’incidente, lungo il sentiero che
sulla sponda destra orografica del Pellice
porta al rifugio Granerò, venne inaugurato, alla presenza di autorità civili e militari, un monumento realizzato dai volontari
del Cai Uget vai Pellice utilizzando anche alcuni resti dell’aereo.
to voleva portare all’assessorato in Comunità montana.
In alcuni Comuni non si sono ripresentati i sindaci
uscenti e dunque c’era una
maggiore attesa; a Villar Pellice Bruna Frache ha vinto
nettamente su Gianni Catalin,
così come Clara Bounous a
San Germano ha superato,
con 250 voti di scarto. Renato
Alfredo Ribet; a Prarostino
Luca Veltri, già presidente
della Pedemontana, ha superato Valdo Plavan, a Perosa
Argentina Giovanni Laurenti vince la sfida, anche interna, superando Patrizia Santoro e Alberto Trazzi, a Pragelato Valter Giuseppe Marin
supera di 20 voti Alberto
Ponsat e a Inverso Pinasca
Andrea Coucourde supera
Silvia Vaccaneo Rinaldi. Tutti eletti i candidati di alcuni
Comuni dove si era presentata una sola lista; i sindaci in
questione sono Giorgio Bonis a Pomaretto, Laura Zoggia a Porte, Bruno Enrico
Breuza a Salza. Entro dieci
giorni i Consigli comunali
verranno convocati, i sindaci
nomineranno le giunte e si
passerà alla designazione dei
rappresentanti nelle varie Comunità montane.
8
PAG. Il
« E Eco Delle Yaui \àldesi
VENERDÌ 18 GIUGNO 19qq
WXWM%
La figlia, trovati vecchi documenti, chiede notizie rivolgendosi dalla Russia al sindaco di Ferrerò
Nicolai Gorbatenco^ partigiano di GL
LIBERATI 4 RAPACI A TORRE PELLICE — Un astore,
un nibbio, uno sparviero e una poianasono stati liberati da
esponenti della Lipu (Lega italiana protezione uccelli) sabato pomeriggio (nella foto) nell’area verde deH’Albertenga di
Torre Pellice davanti a un pubblico numerosissimo. Si tratta
di animali trovati nei mesi scorsi feriti anche gravemente e
recuperati a una vita normale grazie alle cure di una clinica
specializzata di Parma. L’iniziativa, che ha richiamato molte persone, soprattutto bambini, è stata organizzata nell’ambito delle iniziative della Bottega del possibile.
IN TAVOLA IL NUOVO «PRUSTINENC» — Venerdì 18
giugno nel tardo pomeriggio a Prarostino si presenterà il vino «Prustinenc» dell’annata 1998; sarà l’occasione anche
per degustare la versione «Rosé» e il «Robur», una serie di
vini che rappresentano l’ampia potenzialità della vitivinicoltura del territorio di Prarostino. Il Comune da alcuni anni
si è fatto promotore del rilancio della vitivinicoltura e, affidando all’azienda Dora vini il compito di vinificare, è riuscito a distribuire e vendere tutta la produzione. Sposandosi
bene il vino con il cibo si è pensato poi di organizzare alcune serate gastronomiche, la prima venerdì 18 ai Piani, la seconda venerdì 25 al Valentino e la terza il 2 luglio da Tarin.
FIERA DELLA PIETRA — La pietra è la protagonista della
«V fiera regionale della pietra», in corso di svolgimento a
Bagnolo Piemonte. In tempi recenti la lavorazione della
pietra ha visto un forte sviluppo tecnologico e con l’immissione di manodopera straniera, in gran parte extracomunitari (soprattutto cinesi), si sta cercando di creare le condizioni
per non stravolgere la tradizione e al tempo stesso favorire
uno sviluppo sostenibile per i cavatori e il loro territorio.
Alla fiera si potrà ascoltare musica, fare visite guidate alle
cave, visitare mostre fino al 20 giugno.
CORSO PER EDUCATORI AMBIENTALI — Il Laborato
rio didattico ambientale di Pracatinat organizza con la cooperativa Tarla volante, dal 25 giugno al 9 luglio, il 2° corso per
educatori ambientali che si propone come percorso formativo
mirato a una possibile collaborazione con l’équipe del Centro stesso. I partecipanti (laureati o laureandi in Scienze
dell’educazione e della formazione o in Scienze naturali o
biologiche, oppure educatori professionali, animatori professionali o guide naturalistiche) analizzeranno attività didattiche, giochi di simulazione e di ruolo, modelli formativi. Per
informazioni: Coop. culturale Tarta volante, via Alfieri 3,
10066 Torre Pellice, tei. 0121-953520; fax: 0121-950112.
«¡1 volontario della libertà Garbatenkov Nicolai ha prestato servizio presso questa formazione
dal 25/9/43 quale Ufficiale dei Partigiani. Il suo
comportamento è stato ottimo. Ha partecipato
alle seguenti azioni: occupazione di Perosa, cattura di vari nemici a Pinerolo e Perrero, azione
di sabotaggio al caffè del Nord, occupazione di
Pinerolo. Caratteristiche personali: maestro.
Giudizio del comandante: Ufficiale di spiccate
qualità combattive, organizzative e di comando.
Tale foglio serve provvisoriamente per documento a complemento del tesserino Partigiano».
Questa è la dichiarazione che il Comitato di liberazione nazionale, «Corpo volontari della libertà», 45esima divisione alpina Sergio Toja, firmata dal commissionario di guerra Aldo Guerraz
e dal comandante di divisione Paolo Favout, ave
va rilasciato a Nicolai Gorbatenco. I russi nella
nostra zona catturati dai tedeschi erano in tutto
una trentina e Paolo Favout si ricorda bene di Nicolai, che era riuscito a scappare e a raggiungere
i partigiani con pochi altri suoi compagni: «Erano fenomeni, questi ragazzi russi: nell’inverno del
’44 al Bagnòou ogni mattina si facevano una specie di doccia nella neve e stavano bene tutto il
giorno». Della loro sorte alla fine della guerra
non si sa niente di preciso: quello che è certo, come dice Favout e si capisce dalla lettera di Svetlana Gorbatenco, è che per un decreto di Stalin i
soldati catturati che avevano indossato l’uniforme
tedesca una volta consegnati ai russi venivano
immediatamente fucilati. Nicolai se la cavò, non
senza problemi, proprio grazie alle carte del Gin
che continuava a tenere con sé.
Egregio Signor Sindaco,
sono la figlia di Nicolai
Gorbatenco, volontario della
Libertà che combatteva nel
vostro paese contro i nazi-tedeschi, occupanti dell’Italia,
dal 1943, quando lui era riuscito a fuggire dalla prigionia
tedesca, fino alla vittoria finale
del popolo italiano nel 1945.
Lui faceva la guerra nelle
formazioni partigiane piemontesi della 5° Divisione alpina
«Giustizia e Libertà» ed era
ufficiale dei partigiani. Come
si può vedere dal rapporto personale informativo, firmato
dal Comandante della 2° Bri
gata «G. Jervis» e dal Comandante di distaccamento, in Italia, e più precisamente nel vostro paese, mio padre godeva
tutta la stima e la simpatia della popolazione e dei suoi compagni d’armi ed era considerato come un vero eroe.
Ma quando lui era tornato
in Russia, era divenuto ancora una volta prigioniero, ma
per questo tempo, non dei tedeschi, ma del regime di Stalin. Solo grazie ai documenti,
copie dei quali sono allegati
alla presente, lui veniva liberato dopo un anno, evitando il
destino delle centinaia di mi
gliaia di altri, che come lui
facevano la guerra contro i
nazi nelle formazioni partigiane straniere, ma non avendo i documenti giustificativi, perivano nell’inferno dei
campi di concentramento di
Stalin. Benché liberato, rimaneva fino alla sua morte, a
causa d’un incidente tragico,
sotto il sospetto ed era limitato nei diritti civili: era vietato
per lui eseguire la sua professione di maestro.
Mio padre è morto nel 1961,
quando non avevo che 9 anni.
Allora, non aveva tempo di
raccontarmi qualcosa della sua
Dal rapporto di «Giustizia e Libertà»
Dal «Rapporto personale informativo sull'attività svolta dal Volontario della Libertà Gorbatenco Nicolai,
di nazionalità Russa, nelle formazioni partigiane piemontesi della 5° Divisione Alpina Giustizia e Libertà».
«Il Volontario della Libertà Gorbatenco Nicolai di nazionalità Russa giunse in Italia proveniente dalla
Germania quale prigioniero di guerra il 23/8/1943 inviato al lavoro al seguito dei tedeschi nel Comune di
Villar Perosa (Provincia di Torino). 11 25/9/43 grazie al momentaneo disorientamento dei tedeschi causa la
capitolazione dell’Italia, fuggiva raggiungendo i primi nuclei partigiani allora in formazione nelle vicine
montagne. In seguito prese parte a tutte le
r Æ Æ *7
■ il oi-i2 9F-S-S-JC
Pem,*ro, Provincia di Tonno.
azioni partigiane contro i Nazi-fascisti distinguendosi per coraggio, capacità addestrativa e per l’accentuato spirito aggressivo
che lo sopraelevava dalla massa. Si è dimostrato in ogni dove elemento educatissimo, e
di illimitata fiducia, volenteroso e ligio al
dovere è stato sempre il prototipo del vero
partigiano, di fede incommensurabile. Ha
saputo acquistarsi in breve tutta la stima e la
simpatia della popolazione valligiana che lo
vedeva come un suo figlio. Valga quale grazie ai valorosi soldati di Russia, i quali, benché prigionieri e in terra straniera hanno saputo combattendo volontariamente al nostro
fianco per la Libertà dell’Italia, meritarsi
tutta la nostra ammirazione».
vita durante il tempo passato
in Italia. Ha detto solo che
aveva lì una famiglia. Non sapevo praticamente niente di
questo periodo della vita di
mio padre, perché tutti i documenti, comprese le copie di
quelli che vi invio, erano chiusi in un archivio del Kgb. Solo
in questi ultimi tempi ho saputo dell’attività militare di mio
padre negli anni 1943-1945 e
ne sono molto fiera, come tutta la mia famiglia, compresi i
miei figli e nipoti.
Adesso non abbiamo altra
informazione della vita di mio
padre e della sua lotta contro i
nazi nel vostro paese che
quella esposta negli documenti allegati. Vogliamo sapere di
più, vogliamo conoscere i
suoi amici, parlare con loro,
vedere il paese, i luoghi che
vedeva e dove combatteva
mio padre. Certamente, il nostro sogno più grande è di poter trovare la sua famiglia italiana. Forse ho dei fratelli e
delle sorelle in Italia ed è ben
possibile che loro non sospettino neanche che hanno parenti nella Russia lontana.
Questo è il motivo per cui la
prego, stimato signor Sindaco,
di portarmi il suo cortese aiuto
nella ricerca degli indirizzi dei
compagni d’armi viventi di
mio padre, reduci di guerra
che combattevano nelle formazioni partigiane nel vostro
paese. Forse loro si ricorderanno di Nicolai Gorbatenco e mi
scriveranno una lettera.
Il mio è il seguente: Svetlana Godukhina (Gorbatenco),
casella postale n. 197-603138
Nizhny Novgorod Russia.
Possiedo anche qualche fotografia di amici italiani di mio
padre, fatte nel tempo deWi
guerra. Vi invio qualche foto,
qualcuno riconoscerà se stesso o suoi parenti o conoscenti.
La ringrazio molto, signor
Sindaco, per la sua attenzione,
l’aiuto e la gentilezza. Voglia
accettare, signor Sindaco, i
saluti più distinti di tutta la
no,stra famiglia.
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Svetlana Gorbatenco
risultati del 13 giugno in tutti i Comuni del collegio 35 di Perosa Argentina e a Pinerolo per il rinnoterlan
In calo ì votanti^ vìnce quasi ovunque Forza Italia ma ape s
1) Comprende un voto
contestato
2) Comprende due voti contestati
3) Comprende sei voti
contestati
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18 GIUGNO 1999
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■A ^ entre a Torino, il 9 giujyj.gno scorso, la Commissione istituti ospedalieri vaidesi filmava con la Regione,
l’ji^sl 1 e il Comune un accordo di programma per portare
a termine la ristrutturazione
dell’ospedale valdese di Torino, è ancora incerta la situatone degli ospedali di Pomaletto e Torre Pellice. In attesa
di una risposta definitiva della
Regione sulla programmazione sanitaria dell’Asl 10, sono
continuati i contatti della Ciov
con l’Azienda sanitaria locale.
I risultati della ripresa del dialogo con l’Asl 10 sembrano
essere stati positivi: dopo un
primo momento in cui l’Azienda aveva fissato a 2.300 i
ricoveri di medicina (sia ordinari che in day hospital) disponibili per gli ospedali vaidesi, che ne gestivano invece
4.300, si è arrivati a poter prevedere 3.000 ricoveri per acuti l’anno. «Dei 144 posti letto
se ne potranno utilizzare ancora 92 per gli acuti, ripartiti
nei due ospedali di Pomaretto
e Torre Pellice, mentre 30
verranno convertiti in posti
letto per lungodegenza e altri
II per la riabilitazione», spiega la presidente della Ciov,
Franca Coisson. Di letti disponibili per la riabilitazione
cene sono già 11 a Torre Pellice; altri 11 sarebbero quindi
giunti a Pomaretto.
«Il paziente che non rientra
orile 3 categorie della meditila per acuti, della lungodegenza e della riabilitazione
RADIO
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EVANGELICA
*fMei.200-96.550
A rbe@tpellice.it
.. tei. 0121-954194
viene affidato al servizio ambulatoriale, che verrà ulteriormente ampliato - aggiunge
Franca Coisson -. Con questa
soluzione, la perdita nelle entrate si attesta intorno al miliardo, perché quello che perdiamo per gli acuti lo recuperiamo con gli altri servizi».
Rimane però il problema
del tasso di ospedalizzazione
troppo basso per le nostre zone montane, dove vivono
molte persone anziane, in precarie condizioni di salute, che
hanno difficoltà a raggiungere
gli ambulatori. Questo punto,
fondamentale per il territorio,
è stato sottolineato in un ordine del giorno presentato in
Consiglio regionale dal consigliere Ds Marco Bellion il 24
aprile scorso, in cui si chiede
la delibera di specifiche direttive in favore della popolazione montana e per la tutela degli ospedali di montagna. In
una lettera circolare inviata ai
sindaci e ai presidenti delle
Comunità montane vai Pellice e valli Chisone e Germanasca, la stessa Ciov ribadisce l’urgenza di individuare
soluzioni particolari per il nostro territorio e prega di sostenere e diffondere ordini
del giorno sullo stile di quello
proposto da Bellion.
La Rappresentanza dei sindaci sul Piano sanitario dell'As110
Distretti montani: quale futuro?
Leggiamo su L’eco delle
valli valdesi del 28 maggio
l’articolo di presentazione del
Piano sanitario dell’Asl 10 (o
meglio del Piano di attività
anno 1999 e del Piano di organizzazione aziendale), che
ha riportato il parere favorevole della «Rappresentanza»
dei sindaci e del Consiglio
dei sanitari.
Quali membri della Rappresentanza, riteniamo sia opportuno e utile fornire alcune
precisazioni. Il parere sostanzialmente favorevole è stato
espresso dopo quasi due ore
di richieste di chiarimenti e
approfondimenti, alle quali i
direttori dell’Azienda hanno
risposto in modo puntuale ed
esauriente, anche se non del
tutto soddisfacente per chi
formulava le richieste.
Sicuramente positivi sono
risultati due punti: l’accordo
raggiunto tra azienda e Ciov
sullo spinoso problema della
riduzione dei ricoveri ospedalieri (imposta dalla Regione) e
della corrispondente conversione presso gli ospedali vaidesi di posti letto di medicina
per acuti in posti per lungodegenza e riabilitazione (il tutto
accompagnato dall’intenzione
di proseguire l’azione di raccordo); la convergenza dell’Azienda con il parere nettamente negativo della Rappresentanza sulla revisione quantitativa dei ricoveri ospedalie
II cantiere dell’Ospedale valdese di Torre Pellice
L’Ospedale valdese di Pomaretto
ri, la cui normativa appare radicale, affrettata e indiscriminata. Positivo sicuramente è
apparso l’impegno dell’Asl
sul versante dello sviluppo dei
servizi territoriali, naturalmente da verificare in sede di
concreta attuazione.
Insoddisfacente rimane invece la previsione di riordino
dei distretti perché troppo generica e, in particolare, mancante di precisazione sul «tipo» di distretto da realizzare.
La domanda, fondamentale, è
stata: si vuole attuare un distretto «forte» e veramente autonomo? La risposta è stata
non siamo in grado, allo stato
attuale delle direttive, di entrare nel merito e di precisare
il relativo disegno. Insoddisfacente rimane anche la previsione, motivata dalla fase di
attesa di attuazione dei distretti montani, di costituzione di
«Unità operative non autonome» presso i distretti di Torre
Pellice e Perosa Argentina e
di «Unità operativa autonoma» presso il distretto di Pinerolo. Su questo punto, come
su altri, si è data fiducia all’impegno e agli intendimenti
dell’azienda in attesa di futuri
riscontri.
D’altra parte non è stato
possibile entrare nel merito di
vari punti, a causa della ristrettezza del tempo a disposizione (sarebbero occorsi due
giorni e non due ore!). Citia
mo ad esempio l’obiettivo Bo
4.3, «Attività per malati terminali», che dal Piano di attività
viene così definito: «Istituzione di una unità di cure palliative (Uocp) per l’assistenza domiciliare ai malati oncologici
terminali in collaborazione
con i servizi territoriali, che
dovrebbe anche ridurre l’incidenza di ricoveri ospedalieri».
La dizione è generica, anche
se poi si precisa che si tratterà
di gestione diretta presso il
presidio ospedaliero «Edoardo Agnelli» con letti di appoggio in Medicina generale,
presso la sede distaccata di
Bibiana e a domicilio. Non si
prevede invece l’istituzione di
hospice, non si cita il progetto
Hospice della Ciov di cui è
prevista la realizzazione a Pomaretto a fianco dell’Ospedale valdese, e non si prende in
considerazione la situazione
di malati terminali non oncologici. È chiaro che occorre
un approfondimento di così
delicato settore di attività, da
effettuare in varie sedi non
esclusa la rappresentanza dei
sindaci. Così come è necessario, al più presto, un progetto
per la concreta realizzazione
dei distretti, che erano stati
previsti e delineati dalla ormai
lontana legge regionale n. 39
del 22/9/1994.
Alberto Barbero, Ezio Borgarello, Roberto Prinzio
Nelle
Chiese
Valdesi
AGAPE — Dal 20 al 27
giugno campo per bambini
di IV e V elementare sulla
comunicazione.
PERRERO-MANIGLIA — Domenica 20
giugno assemblea di chiesa dopo il culto unico a
Maniglia, per parlare dei
temi della Conferenza distrettuale.
PRAROSTINO — Domenica 20 giugno, in occasione della Festa del faro, culto anticipato alle ore
9. Giovedì 24 giugno alle
ore 16 riunione estiva ai
Cardonatti.
TORRE PELLICE —
Giovedì 17 giugno alle ore
15, alla Casa unionista, la
Società missioni Cevaa incontrerà Lucette Rochat
Bumand, inviata in Zambia e collaboratrice della
Cevaa come interprete,
rincontro è aperto a tutta
la comunità. Domenica 27
giugno alle ore 10, nel
tempio del centro, assem
blea di chiesa sulla relazione sulla Conferenza distrettuale.
VILLASECCA — Gio
vedi 17 giugno l’Unione
femminile sarà a Torre
Pellice: pranzo alla Foresteria e visita del museo
altri luoghi storici valdesi.
Domenica 20 giugno culto
a Combagarino alle ore 9
Per la
pubblicità
su
tei. 0121-323422
fax 0121-323831
I rinnoiRarlamento europeo nella circoscrizione Nord Ovest, Piemonte, Liguria, Lombardia e Valle d'Aosta
laae sulle Valli si abbatte il «ciclone Bonino». Bene Prodi
10
PAG. IV
Delle "älli \äldesi
Ricordato l'architetto Alfredo d'Andrade
Pìnerolo riscopre
Í propri monumenti
Giovani e musica A Torre Pellice
«Ossi duri»
e Frank Zappa
MARCO FRATINI
Il recupero del passato medievale riscosse notevole
fortuna per tutto l’Ottocento,
ma nel corso del secolo il
modo di reinterpretarlo e di
servirsene in forma simbolico-propagandistica subì alcune variazioni. Accanto al restauro dei monumenti (teso a
recuperarne il più possibile
un ideale «aspetto originario») e a un gusto accentuato
per l’epopea cavalleresca, si
sviluppò anche in Italia un interesse per il «Medioevo comunale» e per il «Medioevo
dinastico», con il richiamo alla continuità, in Piemonte,
della presenza dei Savoia.
Anche in Pinerolo sorsero
iniziative legate a tali aspetti:
un secolo fa l’architetto por
toghese Alfredo d’Andrade,
direttore dell’Ufficio regionale per i monumenti, acquistò il trecentesco Palazzo del
Senato in via Principi d’Acaja (vedi foto) e ne fece dono al Comune perché vi istituisse un museo (il monumento si trova anche riprodotto nel Borgo medioevale
di Torino, creato per l’Esposizione italiana del 1884). In
occasione del centenario dell’evento, sabato 12 giugno si
è tenuto un convegno organizzato dal Centro studi e
Museo di arte preistorica e
dalla Società piemontese di
archeologia e belle arti. Fino
al 25 luglio si può infine visitare una mostra di disegni e
documenti sui monumenti del
Pinerolese, allestita nella
chiesa di Sant’Agostino.
LUCIA CANALE
‘V-i **
dT'-öö:-# .w -ì.
E interessante fare la conoscenza di un gruppo che
è poco conosciuto, gli «Ossi
duri», che ha una storia a dir
poco incredibile: cominciano
a suonare nel ’92 e nel ’96
esce Niente squole, niente
maestre, un maxi singolo con
cinque brani tra cui una cover
di Frank Zappa. Nell’ambito
di una trasmissione di Radiodue intitolata all’artista, il loro disco viene inserito nella
programmazione. Si specializzano in cover di Zappa e
nel ’97 partecipano allo «Zappaday» a Sarteano (Siena) e
suonano al Salone della musica di Torino in un pomeriggio
dedicato a Zappa insieme a
«Elio e le storie tese». Nel ’98
pubblicano un cd di sole cover, Sta chitarra ammazzerà
tua madre e partecipano al festival «Zappanale» in Germania. Nel ’97, ’98, ’99 arrivano
in finale a «Pagella rock» e da
pochi giorni è uscito il loro
terzo cd. Che Rocktura. Il genere, demenziale stile Elio e
le storie tese, può piacere oppure no ma il motivo per andare a sentirli è principalmente la bravura dei musicisti.
Perché la loro storia pare
incredibile? Perché attualmente Ruben Bellavia (batteria, cori) ha 13 anni, Alex
Armuschio (tastiere, cori) ha
15 anni, Tiziano di Sansa
(sax) ha 17 anni, Simone
Bellavia (basso) ha 17 anni e
Martin Bellavia (chitarra e
voce) ha 15 anni. Vale certo
la pena di andare a sentirli: la
prossima occasione sarà il 25
giugno, alle ore 21, all’«Animai hou.se» di Almese.
I Luoghi Della Memoria
a cura di Marco Rostan
Luogo: Bric, Barma,
Pertus di Bandì (Rorà)
Data: 1662
Dopo la distruzione delle sue case nel quartiere delle Vigne, Gianavello e i suoi compagni si ritirano nei boschi che coprono i due
versanti del Bric di Bandì e che appartenevano in parte allo stesso Gianavello. Sul versante occidentale, appartenente al Comune di
Rorà. a sinistra della Comba dell’Euidou, si
nota una roccia allungata obliquamente e strapiombante in modo da formare al di sotto un
ampio ricovero. Si tratta della Barma di
Bandì, in cui si vedono ancora tracce di muri
di sostegno con una soglia in pietra e sulle pareti rocciose degli intagli probabilmente fatti
per le travi dei tetto. Alcuni metri più in alto
della roccia si trova lo stretto orifizio del Pertus di Bandì che penetra nelle viscere della
montagna: qui. secondo la tradizione. Gianavello estraeva la «pietre a feu» necessaria ai
fucili. Sulla destra del burrone sgorga la fontana del Boutalin e poco sopra, sulla stessa
roccia, si trova un risalto che porta il nome di
Grotta, dove i banditi portavano l'uva che dovevano vendemmiare di nascosto.
ni con Angrogna, poi reagirono e respinsero i
nemici ben oltre i Malanot. Una lettera del
tempo assicura che si trattò del combattimento che causò maggiori perdite alle truppe ducali. Di fronte a questi continui eccessi del
conte di Bagnolo e all’inutilità di ricorrere al
duca, con una Corte venduta al gesuitismo,
Gianavello passò a una guerriglia più attiva.
Luogo: Piani di Prarostino
Data: 1535-1655-1663
Luogo: Porte di Angrogna
Data: 1663
Luogo strategico di grande importanza,
presso il quale varie volte furono fermate le
truppe nemiche; in particolare, nel 1663. qui
Gianavello con pochi uomini resistette una
intera giornata contro forze schiaccianti riuscendo infine a respingerle.
Luogo: Malanot (San Giovanni)
Data: 25 maggio 1663
Nel periodo in cui il governatore conte di
Bagnolo rendeva la vita impossibile ai valdesi. presso i Malanot (oggi Malan. borgata al
di sopra dei Bellonatti) dove era situato il
tempio e l'Archivio (casa comunale), un forte
raggruppamento di valdesi fu attaccato il 25
maggio 1663 dalla guarnigione di Lu.serna.
con milizie di Bricherasio, Barge e Bagnolo.
Furono prima costretti a ritirarsi fino ai confi
La favorevole posizione dei Piani ha fatto
sì che fossero luogo di passaggio in vari momenti della storia valdese: nel 1535. durante
il Sinodo di Chanforan, il Bersore raggiunse
dai Piani la Sea di Angrogna per catturare dei
valdesi, parte dei quali furono poi liberati dagli abitanti di Roccapiatta; nel 1655 e 1663 ai
Piani si radunarono le truppe per dare l'assalto alle Porte d'Angrogna, dove furono respinte da Gianavello; nel 1663 i valdesi assalirono le truppe stesse forzando i ripari erbosi
che il nemico aveva eretto, ma successivamente nulla poterono contro un assalto ai Piani deciso slealmente dalla Corte di Torino durante una tregua per le feste di Natale; i massacri colpirono i Piani, Roccapiatta, Inverso
Porte e San Germano. Nuovi combattimenti
nel 1686, quando i Piani erano difesi da un
piccolo nucleo di valdesi che combattendo si
ritirarono verso il Bric dei Boulets e le Bariole, inutilmente perché il giorno dopo ci sarebbe stata la resa della Vaccera, Dopo aver difeso i Piani contro il Duca, i valdesi li difesero anche a suo favore, durante l’assedio di
Torino del 1706. quando Vittorio Amedeo,
guidato dal capitano Bonnet, si recò a osservare le manovre dall'alto delle Bariole.
Luogo; Oditi (Angrogna)
Data: 24 marzo 1686
Primo incontro dei valdesi con gli ambasciatori svizzeri che propongono il progetto
di espatrio dopo aver inutilmente cercato di
modificare l'atteggiamento di Vittorio Amedeo II in seguito all’Editto del 31 gennaio.
Ulisse a teatro
con i bambini
Circa 80 allievi dell’istituto
comprensivo «Rodari» di
Torre Pellice hanno rappresentato al teatro del Forte
«Ulisse o il viaggio», portando sulla scena uno dei miti di
tutti i tempi; lo hanno fatto
andando avanti e indietro nel
tempo, nei luoghi, nella storia, hanno realizzato uno spettacolo che per oltre un’ora e
mezzo ha coinvolto grandi e
piccoli; i bambini e le bambine delle ultime tre classi delle
elementari e i ragazzi e le ragazze del laboratorio teatrale
della scuola media, coordinati
da un gruppo dei loro insegnanti, non si sono risparmiati
nel rappresentare scene e quadri di insieme, a volte in modo comico, altre cogliendo il
dramma e la tragedia di guerre ed emigrazioni, esplorando
il tema del viaggio, sia quello
mitologico di Ulisse, che
quello degli emigranti di inizio secolo e quello di albanesi, curdi e africani dei nostri
giorni; anche Cristoforo Colombo e il secolo delle sco
perte entrano in scena, e non
manca il viaggio simbolico
della crescita nel passaggio
dall’infanzia all’adolescenza,
né quello a ritroso dell’anziano che ricorda, o anche quello
proiettato nel futuro tra computer, pianeti sconosciuti, extraterrestri. Allievi e insegnanti hanno realizzato tutti i
dialoghi, navigando simbolicamente tra testi di tutte le
epoche, hanno creato con fantasia, ma anche rispettando a
volte le epoche le storie, costumi e scene, hanno scelto le
musiche ed eseguito dal vivo
canzoni, ancora una volta variando nel repertorio.
All'Unitrè
Gli ultimi
concerti
Tre interessanti concerti
hanno concluso la stagione
dei «concerti pomeridiani»
organizzati dall’Unitrè di
Torre Pellice. Un concerto
eccezionale, quello del 13
maggio scorso, sia per l’età
dei due bravissimi pianisti,
Heloise Garello, 11 anni, e
Edoardo Turbil, 10 anni, sia
per le ammirevoli doti tecniche e maturità di espressione.
Davanti a un numeroso pubblico, stupito e ammirato hanno suonato, alternandosi con
naturalezza e disinvoltura, un
programma di tutto rispetto;
Haydn, Mozart, Chopin, Sinding, Debussy e Turina. Il
successo è stato vivissimo e
ben meritate le lodi e le richieste di bis.
Il 20 maggio hanno suonato
invece il violoncellista Alessandro Andriani e la pianista
Claudia Bracco, diplomatisi
giovanissimi e già vincitori di
diversi premi. Il programma
comprendeva; Fauré, «Elegia», Debussy, «Sonata», Brahms, «Sonata in mi min. op.
38», eseguiti in modo perfetto.
Per l’ultimo concerto dell’
anno, nel «Pomeriggio musicale» del 27 maggio scorso, si
è esibito il Trio dell’Art Ensembe, creato nel 1988, composto da Fabrizio Fantino
(clarinetto). Paolo Fantini
(violino), Mariangela Arnaboldi (pianoforte). 11 programma comprendeva musiche
dell’800 e '900: Ponchielli,
duetto da «Paolo e Virginia»,
Kachaturian, Trio, Milhaud,
Suite, Juon P.. «Trio-Miniaturen», raramente eseguite, ma
caratteristiche e interessanti.
venerdì 18 GIUGNO 1999
18 giugno, venerdì
VILLAR PEROSA: Nel
salone del Consorzio interaziendale Skf, alle 21, presentazione del video sui beni culturali delle valli Chisone e
Germanasca realizzato da
«La margherita», con Giorgio
Bouchard e l’assessore alla
Cultura della Regione Piemonte, Giampiero Leo.
BARGE: Alle 21 inizio
della festa di ponte Grana: serata danzante, esibizione di
balli latinoamericani, spaghettata. Alle ore 21 gara alle
bocce a punteggio a gironi.
TORRE PELLICE: Alle
21, nella biblioteca della Casa
valdese, dibattito su «Fede e
ragione» a cura della rivista
«Filosofia e religione».
PINEROLO: Alle 21,30,
in p.le Madonna delle Grazie
concerto con il «Quartetto
d’opera», arie celebri di opera
e operetta.
TORRE PELLICE: Alle
21 al teatro del Forte il laboratorio adulti di Azione teatrale presenta «Al di là del settimo giorno», ingresso libero.
19 giugno, sabato
POMARETTO: Alle 15
inaugurazione dell’esposizione di fotografie e presentazione del progetto; alle ore 17
alla Scuola latina convegno
dibattito su «Non solo ecomusei. Un territorio, mille
volti». Domenica 20 dalle 10
alle 12 e dalle 15 alle 19 visita alla Scuola latina.
TORRE PELLICE: Nel
cortile del Collegio valdese
dalle 10 alle 18 palestra artificiale di arrampicata, con guide alpine del Cai: replica domenica il giorno dopo. Alle
21 al cinema Trento serata
con Roberto Mantovani, esperto conoscitore del cinema
di montagna.
20 giugno, domenica
RINASCA: Festa al Tagliaretto.
TORRE PELLICE: Dalle
9 alle 18 manifestazione di
volo libero di parapendio, con
possibilità di viaggiare in biposto con istruttore.
PRALI: Festa della patata.
26 giugno, .sabato
TORRE PELLICE: Alle
15 nel.torrente Pellice campionato sociale di pesca.
TORRE PELLICE: Alle
16 alla Casa delle diaconesse
apertura della mostra «Fiori
di cactus» a cura di Maria
Grazia Angelini, aperta fino
al 4 luglio dalle 15,30 alle
19,30. Alle 21 concerto del
«Gnippo Musica» al tempio.
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TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma per tutto il week-end
la Rassegna di Tdm di montagna: venerdì 18, ore 21,15,
sabato 19 maggio, dalle 16,30
e domenica 20, dalle 11.
BARGE — Il cinema Comunale propope, venerdì 18,
ore 21,15, Velvet goldmine;
sabato 19 giugno, ore 21,15,
Lucignolo; domenica, ore
15,15, 17,15, 19,15 e 21,15,e
feriali ore 21,15, Otto mm,
delitto a luci rosse; mercoledì chiuso.
PINEROLO — La multisala Italia ha in programma
alla sala «5cento», da venerdì, Piovuto dal cielo; alla
sala «2cento» La leggenda
del pianista sulFoceano; feriali e festivi ore 21,30.
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^enti per ricordare il passato, conoscere il presente e progettare il futuro
^nga storia di una comunità di rifugiati
Une, come migliaia di ugonotti francesi, trovarono rifugio nel Württemberg e in
Lo autonomia ecclesiastica. Il programma dell'Associazione dei valdesi tedeschi
Il contributo dei valdesi alla cultura del Württemberg
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Pentecoste i valdesi in
Germania hanno festeg¡ato in un grande incontro a
etisheim, vicino a Pforz0^ i trecento anni della lojaccoglienza in Germania. 1
jjteggiamenti sono durati
je giorni con i rappresenlati delle 23 colonie valdesi
[Germania ,una delegazione
dia Società di studi valdesi
isieme al moderatore della
avola valdese, la corale di
[arre Pellice e un gruppo dal
[jiberon in Francia, ove esijevano delle comunità valdei L’incontro è stato organizato dall’Associazione dei vallasi in Germania.
Ilsabato è stato dedicato al> comuni che i valdesi avevaB fondati 300 anni fa e alla
)ro specifica importanza cul:aleper la regione del Wiirtimberg. Le delegazioni hanpotuto visitare le colonie
laldesi nate tra il 1699 e il
nel Württemberg che si
¡amano ancora oggi, seconlaloro provenienza, Perouì, Pinache e Lucerne (Wurm. A Pinasca, dove la picila comunità ha ospitato per
pranzo il centinaio di valdeiitaliani e francesi, si trova il
Éantico tempio valdese in
pietra, che risale al 1721, nel
lipale si possono osservare le
tipedei valdesi come minoramariformata di lingua francese! terra luterana, fino alla
topiena integrazione nella
Jipjlazione, nello stato e nel
la chiesa del Württemberg nel
1821. Le prime pietre come la
tomba del pastore Jean Giraud hanno scritte in francese, come anche l’antica Bibbia
sul tavolo della Santa Cena è
in francese. Oggi sul tavolo si
trovano anche delle candele e
un crocifisso donato da una
famiglia valdese che, nell’Ottocento, voleva accelerare 1’
integrazione.
Nelle colonie valdesi si può
riconoscere il sistema caratteristico degli insediamenti, diverso da quello dei paesi tedeschi. Mentre i valdesi dovevano costruire le loro case una
accanto all’altra per la divisione delle terre, i tedeschi costruivano le loro case in mezzo alle loro proprietà. A Wurmberg (Lucerne) abbiamo visto il monumento, eretto dieci
anni fa alle comunità d’origine nel Delfinato, nel Queyras
e nel Piemonte: due grosse
pietre di Luserna simboleggiano i due rami dei valdesi,
quello francese e quello piemontese; attorno si trovano
pietre provenienti da tutte le
comunità d’origine dei profughi di allora.
La sera, una grande e festosa assemblea di circa 600 persone si è radunata nella grande sala comunale di Oetisheim. 11 sindaco, Henle, ha
sottolineato nel suo saluto
l’importanza della venuta dei
profughi valdesi trecento anni
fa che ripopolarono e ricoltivarono una terra ancora devastata dalla guerra dei Trent’
ÏUppo presso il monumento di Arnaud
(foto F. Sappé)
anni, importarono le patate e
le castagne come nutrimento,
anche se i primi tempi di convivenza tra i pochi superstiti
della guerra e i profughi di lingua francese non furono semplici. 1 paesi valdesi di oggi sono per di più molto attivi nei
gemellaggi con paesi in Francia, Italia e America del Sud su
vari livelli, culturali e religiosi.
11 pastore, venuto dall’Austria, ha raccontato la triste
sorte dei valdesi in Austria.
Nel 1397 furono bruciati o
cacciati brutalmente. Nel
1997 fu eretto un monumento
alla loro memoria. La signora
Saxer, dell’Associazione degli
ugonotti in Svizzera, ha spiegato le difficoltà che il grande
numero di profughi destò ai
cantoni di allora. La corale di
Torre Pellice ha contribuito
alla serata con delle complaintes, mentre i paesi valdesi in Germania hanno eseguito diversi pezzi teatrali e musicali: un gruppo di Grossvillars ha presentato una parte
di un nuovo musical preparato per l’occasione; un gruppo
di Wurmberg ha eseguito una
lunga recita sulla storia dell’importazione della patate, e
Rohrbach-Wembach-Hahn in
Assia ha presentato una scena
teatrale nella quale si esprime
la disperazione di un bambino che deve lasciare casa e
terra. Tutti i contributi sono
stati tradott in francese o italiano, visto il carattere internazionale dell’incontro.
I festeggiamenti della domenica di Pentecoste sono
iniziati con un culto, in tre lingue e secondo la liturgia valdese, tenuto dal presidente
dei valdesi in Germania, il pastore Eiss, l’ex vescovo del
Württemberg ,Theo Sorg, e da
chi scrive. Flanno partecipato
due corali, quella di Torre e di
Oetisheim, e i trombettieri
riuniti dei paesi valdesi, cantando e pregando «ciascuno
nella propria lingua» come
nella Pentecoste di Atti 2. Nella sua predicazione, il vescovo
Sorg ha sottolineato che lo
Spirito Santo è una forza integrativa nonostante tutte le diversità, così una certa spiritualità non può prevalere su
un altra. Sorg ha poi chiesto ai
valdesi in Germania di non
pensare solo alla loro tradizione rimanendo dietro le «porte
chiuse» come i discepoli al
tempo degli Atti.
Che questo non sembri il
pericolo dei valdesi, lo si è potuto capire sentendo la commemorazione di Enrico Arnaud davanti al monumento a
lui dedicato e al suo presbiterio a Schönenberg, ove morì
nel 1721. Il moderatore della
Tavola valdese, Gianni Rostan, ha chiarito come Arnaud
abbia preservato sia i valdesi
delle Valli sia i valdesi in Germania dall’isolamento, tessendo una rete di contatti con
paesi e chiese riformate europei. Arnaud si batté per la libertà di coscienza dei valdesi,
prima con il cosiddetto «Glorioso Rimpatrio» del 1689, che
ha assicurato la sopravvivenza
del protestantesimo in Italia, e
poi trattando le condizioni
per i valdesi profughi del
1699. Per i valdesi in Italia,
questa eredità di Arnaud si
esplicita oggi nell’impegno
contro qualsiasi discriminazione di minoranze etniche,
culturali e religiose. Arnaud
ha contribuito a impiantare
nei valdesi l’amore e l’impegno per la libertà di coscienza.
Il presidente della Associazione dei valdesi in Germania,
Werner Eiss, ha affermato che
Arnaud aveva assolto a due
grossi compiti nella sua vita:
reimpiantare il protestantesimo alle Valli nel 1689 e proteggere l’identità protestante
dei profughi valdesi nel Württemberg. Arnaud tessè una vasta rete di contatti con i principi e sovrani protestanti di allora in Inghilterra, Olanda e
Svizzera, i quali dimostrarono
una grande solidarietà. Nel
pomeriggio, le autorità politiche ed ecclesiastiche delle
chiese protestanti del Württemberg e del Baden hanno
portato altri saluti. Oggi la regione del Württemberg guarda con grande riconoscenza al
contributo dei valdesi alla cultura regionale. In sostituzione
del primo ministro (assente
per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica a Berlino) la presidente della Regione, Gerlinde Hemmerle, ha
la.
sedìamento, airintegrazione nel protestantesimo tedesco
NUssia del Sud, mentre i
«desi piemontesi della vai
nel Württemberg.
^sì il langravio dell’Assia3®stadt dovette accogliednumeroso gruppo di valprovenienti dalla vai
Sgelato. Fu tuttavia ben
*lo chiaro che per loro
era alcun posto e dopo
® tempo la maggior parte
. P^®gelatesi si trasferì
Tícente e andò nel Würt, dove le condizioni
diit®‘8liori. Fondarono
042
, *111
!„^ij)dtemberg le colonie di
“hausen, Neuhengstett,
Rrh ® UntermutschelS ■ 1-650 valdesi previ
tt.m_J”®®diamento nell’Aststadl ne rimasero in
312, che fondarono
H u . Rohrbach-WemAnche negli altri
d dell’Assia del Sud ripochi pragelatesi. Risoltanto le colonie di
te^hausen, CharlotteniSS^ldensberg.
i^desi della vai Perosa
destinati al WOrttem
ERO
^ par essere stabiliti nelle
svasiate nei dintorni
navali comunità
ta m precisamente Pe’ *^asca e Villar fonda
rono lì le proprie colonie con
i nomi dei lori antichi paesi:
Perouse, Pinache, Serres,
Gross e Kleinvillars. Insieme
ai valdesi giunsero anche
molti ugonotti del Delfinato,
specialmente dal Queyras,
che dopo il 1690 avevano vissuto in Piemonte. Si consideravano per questo anche vaidesi. Vennero insediati a
Dürrmenz, da dove sorsero
le comunità affiliate di Corres, Sengach e Schönenberg.
Henri Arnaud, che era diventato il loro pastore, nel 1702
si trasferì a Schönenberg,
dove nel 1719 fece costruire
un tempio. Altre famiglie di
Dürrmenz fondarono, accanto all’attuale paese, Wurmberg, una propria colonia dal
nome Lucerne. A Lucerne
abitava il commerciante Antoine Seignoret che probabilmente importò le patate nel
Württemberg.
Diversamente che nell’Assia i paesi valdesi del Württemberg riuscirono a mantenere per 70 anni anche una
coesione ecclesiastica. Nel
1769 ebbe luogo l’ultimo Sinodo comune. Nei primi de-cenni del XIX secolo i valdesi
furono integrati nelle nuove
condizioni politiche ed ecclesiastiche della Germania. Persero i loro privilegi e furono
equiparati agli altri sudditi.
Anche dal punto di vista ecclesiastico i valdesi persero
l’autonomia. Le loro comunità furono accolte all’interno
delle chiese evangeliche regionali (Landeskirchen), per
esempio quelle di Württemberg nella chiesa luterana. La
lingua francese venne proibita durante il culto e le lezioni
scolastiche.
Attraverso questi provvedimenti i valdesi persero a poco
a poco la loro identità. Sempre meno erano coloro che
parlavano francese e occitano, cominciarono a dimenticare le loro vecchie usanze;
nel luterano i valdesi abbandonarono le loro tradizioni
riformate. Intorno al 1870 il
tempo dei valdesi come minoranza confessionale e culturale in Germania si era definitivamente concluso.
A partire dal 1880 si riaccese però nei luoghi valdesi
dell’Assia e del Württemberg
l’interesse per il proprio passato. L’impulso fu dato, nella
maggior parte dei casi, dai
pastori luterani o dai maestri
di scuola, i quali miravano a
ricordare ai valdesi la fedeltà
all’Evangelo dei loro avi. La
rinascita della loro identità
raggiunse il suo momento
culminante quando negli anni 1899-1901 furono ricordati
i 200 anni della fondazione
delle colonie. Sarà solo nel
1936 che i discendenti dei
valdesi tedeschi fonderanno
una propria associazione.
Uno dei fondatori fu il pastore Ludwig Zeller, che influenzò la vita dell’associazione
per più di 40 anni; l’Associazione dei valdesi tedeschi ha
cura della vecchia casa di
Henri Arnaud del 1702 a
Schonenberg, dove ora è stato allestito un museo e dove
hanno trovato posto una biblioteca e gli uffici.
L’Associazione dei valdesi
tedeschi non vorrebbe limitarsi alla conservazione del
passato valdese. Molto più
importante sono le relazioni
con i valdesi in Italia e con gli
abitanti della vai Chisone.
Inoltre il ricordo del passato
dovrebbe destare nei valdesi
tedeschi una solidarietà profonda con coloro che oggi
vengono espulsi o perseguitati per motivi di fede.
■V.'rttéitiiÌÌÌ'.VÌtó
La chiesa di Pinache (1721)
portato un saluto sottolineando l’esempio dell’accoglimento e dell’integrazione che la
regione di allora mostrò in
quanto non forzò i profughi
valdesi all’assimilazione. La
soluzione di allora è un esempio anche per oggi: la Regione
e il Comune hanno espresso
questa riconoscenza con un
notevole contributo all’Associazione dei valdesi per la ristrutturazione dellp Casa Arnaud, sede del museo a Ötisheim-Schönenberg.
Per le chiese regionali del
Württemberg e del Baden i saluti sono stati portate dalla
pastora Dorothea Margenfeld,
la responsabile del distretto
nel quale si trovano i paesi
valdesi, e dalla pastora Gabriele Mannich, anche presidente della Gustav Adolf Werk
del Baden. Margenfeld ha parlato del tesoro nascosto che i
valdesi avrebbero custodito
nel Württemberg, il tesoro del
sermone sul monte che ancora oggi è il riferimento biblico
chiave per i valdesi. Margenfeld ha ricordato le parole di
Tullio Vinay: «La chiesa non
può mirare a mantenersi, ma
a darsi affinché il mondo viva.
La comunità dei cristiani deve
essere il sale del mondo». Gabriele Mannich ha ricordato i
cinquantenario della Costituzione tedesca e ha alluso
all’attuale discussione in Germania sulla doppia cittadinanza. La Costituzione nel
suo articolo 3, recita: «Nessuna persona può essere discriminata o privilegiata a causa
del suo sesso, della sua provenienza, della sua razza, della
sua lingua, del suo paese
d’origine, della sua fede, religione 0 opinione politica». I
valdesi sono un esempio del
fatto che, venendo dall’estero,
con una altra cultura, lingua e
impostazione religiosa (riformati in terra luterana), sono
stati un arricchimento per il
popolo e la società tedesca.
Albert de Lange ha tenuto
poi una relazione storica dedicata all’ambasciatore olandese Pieter Valkenier che negoziò le condizioni per i profughi valdesi in Assia e Württemberg per incaricato dei governi protestanti dell’Olanda e
dell’Inghilterra. Valkenier era
convinto che i valdesi fossero
un gruppo molto importante
nella famiglia dei riformati
perché erano già riformati due
secoli prima della Riforma del
1500. Questa opinione fu condivisa da tutte le chiese riformate dell’Europa di allora.
Le delegazioni dei valdesi
italiani ha potuto visitare il
museo valdese nella Casa Arnaud appositamente ristrutturato per il Trecentenario. È
stata istallata una nuova esposizione su pannelli con
tante immagini significative,
due brevi testi sulla storia dei
valdesi in Italia e in Germania,
una video-istallazione sui vaidesi in Italia oggi dalle Valli fino alla Sicilia, e una mostra
del fotografo italiano Gustavo
Alabiso sulla Chiesa valdese
alle Valli oggi. 1 pannelli storici sono stati tradotti in italiano e saranno esposti durante
il prossimo Sinodo a Torre
Pellice. Le due giornate del
Trecentenario, informative e
festive insieme, si sono chiuse
con un piccolo raduno finale.
La casa di Henri Arnaud a Ótisheim-Schònenberg
Sopra: i festeggiamenti per il 200<’ a Pinache nel 1899
12
PAG. d RIFORMA
Delle Chiese
VENERDÌ 18 GIUGNO 199,
È stata intitolata in memoria del terribile massacro dei valdesi del 1655
Torino, via Pasque Piemontesi
Con questo atto, votato all'unanimità, il Consiglio comunale ha riconosciuto
che la storia valdese fa parte delle radici e delle tradizioni torinesi e piemontesi
Gli evangelici a Genova
L'unione consente di svolger«
meglio la solidarietà
EUGENIO BERNARDINI
MENDICA, o Dio, dei
\\ V massacrati santi/l’ossa
sparse per i freddi alpini chiostri», inizia così un celebre sonetto del poeta inglese del
Seicento John Milton che ricorda il massacro di 1.712 vaidesi su una popolazione di
circa 12.000 persone, quindi
circa il 15%, più di una decimazione. 11 massacro avvenne, secondo il calendario giuliano in uso all’epoca nei paesi di tradizione protestante,
nella settimana di Pasqua del
1655, in vai Pellice, a opera
delle truppe guidate dal marchese di Pianezza su ordine
della cattolicissima reggente
Cristina di Francia, vedova di
Carlo Emanuele I. Chi non fu
ucciso dovette fuggire, chi
non riuscì a fuggire dovette
piegarsi alla volontà di chi
aveva preparato ed eseguito
una vera e propria operazione
di «pulizia etnica».
Ma i valdesi non si diedero
per vinti. Mentre nelle Valli
continuava la guerriglia guidata da un leggendario eroe
contadino di Rorà, Giosuè
Gianavello, inizia una capillare opera di informazione e di
richiesta di aiuto da parte dei
valdesi verso l’Europa protestante. Ben presto la diplomazia inglese di Cromwell, quella olandese e svizzera, riescono a smuovere la Francia del
cardinale Mazarino che vivamente «consiglia» alla corte
sabauda un compromesso,
poi stipulato il 18 agosto 1655,
che riconosce il diritto all’esistenza dei valdesi nei tradizionali territori delle Valli.
La cerimonia di intitolazione della strada
(foto P. Romeo)
Il Comune di Torino ha voluto ricordare questa pagina
di storia intitolando una via
della città (nella zona Sud)
proprio alla «Pasque piemontesi», venendo così incontro a
una richiesta fatta nel 1996
dalla locale chiesa valdese. In
quell’anno i valdesi torinesi
chiesero che la città ricordasse anche, con una lapide da
porre all’ingresso del mastio
della Cittadella, gli otto pastori là imprigionati con le loro famiglie e con altri 120 vaidesi tra il 1686 e il 1690, metà
dei quali morirono per denutrizione, malattie e mancanza
di cure, e con un altra lapide,
da porre nella centralissima
piazza Castello, il pastore valdese Giaffredo Varaglia, bruciato sul rogo davanti a Palazzo Madama nel 1558, durante
l’occupazione francese.
Finalmente, il 9 giugno, è
andata in porto la prima delle tre richieste con una significativa cerimonia alla presenza delle autorità cittadine, di un gruppo di studenti
della scuola adiacente la via
e di un bel gruppo di evangelici della città. Il presidente del Consiglio comunale.
Mauro Marino, ha ricordato
l’iter complesso di un tale atto amministrativo (approvazione in Commissione toponomastica, e maggioranza
dei due terzi in sede di voto
in Consiglio comunale: in
questo caso la delibera è stata approvata all’unanimità)
che segnala, da parte della
città, la volontà di ricordare
la persecuzione antivaldese
per promuovere oggi un
messaggio di tolleranza e di
dialogo tra tutte le compo
nenti del tessuto cittadino. Il
pastore Giuseppe Platone,
della Chiesa valdese di Torino, ha ringraziato l’amministrazione comunale per la
sensibilità dimostrata, ricordando che il popolo evangelico torinese attende ancora
la realizzazione delle altre
due richieste di conservazione della memoria: «Noi ricordiamo oggi - ha detto Platone - una tragedia che purtroppo, in molte parti del
mondo, si ripete spesso, ma
da questa nostra storia abbiamo imparato che con la
violenza non si trasforma il
cuore delle gente, è l’amore
di Dio che cambia in meglio
le persone».
Platone ha ringraziato anche Ermanno Aimone, un cittadino torinese, non valdese
ma appassionato di storia
valdese, che con tenacia singolare ha costantemente ricordato agli amministratori
la necessità di recuperare anche questo pezzo di storia
piemontese. Una storia, peraltro, «non solo locale, né
solo italiana, ma europea»,
ha ricordato Daniele Tron,
vicepresidente della Società
di studi valdesi, ricostruendo
il tragico evento. Infine il vicesindaco, Domenico Carpanini, ha espresso l’orgoglio
della città nel recuperare e
riaffermare che la storia valdese fa parte integrante delle
radici e delle tradizioni torinesi e piemontesi, e che gli
ideali di libertà e democrazia
che la minoranza valdese ha
difeso tra tante sofferenze
per secoli sono oggi finalmente condivisi da tutti.
Domenica 7 marzo, organizzato dairUes (Unione
evangelica di solidarietà) si è
tenuto un concerto nei locali
della chiesa battista di via
Vernazza a Genova. La corale
«Amici della montagna»,
trenta voci maschili ammirevolmente dirette dal maestro
Derchi, ha intrattenuto i numerosi presenti che affollavano la sala con dei canti d’autore della montagna. Durante
il concerto è stata presentata
l’attività deirUes, e una raccolta di offerte ha dato lire
1.368.000 che sono state divise tra due gruppi operanti nel
campo della solidarietà a Genova: i «Veri amici» (aiuto ai
tossicodipendenti e agli adolescenti a rischio) e il gruppo
di aiuto ai senzatetto. Al termine, un piccolo rinfresco è
stato l’occasione per fraternizzare tra coristi e pubblico.
Come Ues siamo stati particolarmente incoraggiati da
questo evento, e per parecchi
motivi: innanzitutto per la generosa disponibilità della corale, composta prevalentemente da colleghi di lavoro di
un membro delTUes, che si è
offerta spontaneamente e
gratuitamente di cantare per
noi. Per molti di loro è stato il
primo contatto con le chiese
evangeliche della città: a ciascun corista è stato lasciato
un Nuovo Testamento e, ci
auguriamo, un ricordo positivo dell’accoglienza ricevuta.
In secondo luogo per la risposta delle chiese di Genova,
espressa sia con la massiccia
presenza che con le offerte.
Come gruppo nato da poco e
operante in un contesto non
facile, rUes sente fortemente
il bisogno del sostegno delle
chiese di cui è l’espressione, e
È stato firmato il 9 giugno tra la Regione Piemonte, il Comune di Torino, l'AsI 1 e la Ciov
Un «Accordo dì programma» per l'Ospedale evangelico valdese di Torino
Il 9 giugno, nel salone
valdese di corso Vittorio Emanuele a Torino, il presidente
della Regione Piemonte, Enzo
Ghigo, il sindaco di Torino,
Valentino Castellani, il direttore generale delTAsl 1 di Torino, Dario Graverò, la presidente della Ciov (Commissione istituti ospitalieri valdesi).
Franca Coisson, il vicepresidente della Ciov, già presidente dell’Ospedale evangelico valdese di Torino (Oev),
past. Giorgio Bouchard, hanno firmato un «Accordo di
Programma» volto a consentire iì completamento della ristrutturazione del polo ospedaliero valdese di Torino.
L’accordo (un particolare
procedimento amministrativo
previsto dall’art. 27 della legge
142/90, utilizzabile per le
grandi infrastrutture, che accelera i tempi e unifica le procedure per le concessioni delle varie autorizzazioni pubbli
che) si è reso necessario perché la riqualificazione dell’ospedale richiedeva previsioni di programmazione sanitaria, autorizzazioni urbanistiche, licenze edilizie che trovano in tale atto amministrativo una risposta integrata e
univoca che permetterà di entrare nella fase operativa. La
riqualificazione dell’attività
ospedaliera delTOev risponde
del resto all’imprescindibile
esigenza di adeguare le sue
strutture alle nuove prescrizioni di ordine normativo (sicurezza, standard di qualità
del servizio, attività libero
professionale «intra moenia»).
Fin dal 1843 l’ospedale rappresenta infatti un punto di
riferimento di assistenza ospedaliera per la città e per il
quartiere San Salvario. L’istituzione è andata nel tempo
evolvendosi fino a diventare
un servizio aperto a tutti, pienamente inserito nella pro
li sindaco di Torino Valentino Castellani firma l'accordo. A sinistra
il funzionario regionale Beniamino Marchetti e a destra il presidente
della Regione Enzo Ghigo (foto P.Romeo)
grammazione regionale. Questa funzione pubblica si è andata fortemente caratterizzando negli ultimi anni anche
in conseguenza dell’evoluzione dell’ambiente sociale del
quartiere. Il quartiere San Salvario, infatti, si presenta oggi
come una zona particolarmente problematica sia dal
punto di vista sociale sia a livello di degrado del patrimonio edilizio. Oltre alla notoria
presenza degli immigrati, esso si caratterizza anche per
l’elevata incidenza della popolazione anziana.
Confermando la sua funzione di pubblica assistenza per
l’intera collettività, l’ospedale
si propone, perciò, di riorganizzare le strutture esistenti e
di completarle con un nuovo
immobile recentemente acquisito in via Silvio Pellico 28,
nelle immediate vicinanze
dell’attuale sede, oggi soffocata in spazi strettissimi. L’operazione consentirà di migliorare la capacità di accoglienza
complessiva dell’ospedale, incrementando le degenze nell’attuale sede e nell’attiguo edificio «Artigianelli», attualmente occupato dagli uffici
amministrativi.
In questa nuova configurazione, la struttura sanitaria
dell’Ospedale evangelico valdese tende a confermare il
ruolo storico di polo urbano
di riferimento, con positivi effetti di presidio del territorio
e dì recupero di immobili degradati, come quello recentemente acquisito che, una volta completamente ristrutturato, ospiterà il Centro unificato prenotazioni (Cup), le
attività diagnostiche e ambulatoriali e gli uffici amministrativi. Tra le unità speciali
stiche che potranno essere
meglio sviluppate nelle nuove
strutture, segnaliamo le specialità chirurgiche di otorinolaringoiatria, ortopedia, chirurgia plastica, oculistica: tra
le specialità mediche: l’ampliamento di oncologia e cardiologia, neurologia, dermatologia, diabetologia, dietologia, allergologia: nonché l’unità di diagnosi e cura gastroenterologica. A esse dovrà
aggiungersi anche un servizio
di riabilitazione e rieducazione funzionale. L’area urbana
coinvolta dalla presenza
dell’ospedale, che manca di
parcheggi pubblici, verrà servita in futuro dal parcheggio
sotterraneo di piazza Madama Cristina, i cui lavori stanno iniziando in questi giorni.
Nel corso della cerimonia
della firma dell’accordo il presidente della Regione Piemonte, Enzo Ghigo ha sottolineato che l’accordo consentirà airOev di acquisire quella
maggiore efficienza particolarmente necessaria in una
zona della città così particolare come San Salvarlo, luogo
di contraddizioni sociali urbane ma anche di sviluppo e
civile convivenza tra religioni,
culture ed etnie diverse. 11
sindaco della città di Torino,
Valentino Castellani, ha riconosciuto che la presenza religiosa, sociale, e culturale
della comunità valdese, nel
quartiere e nella città, costituisce un «prezioso presidio
del raggiungimento dell’obiettivo della convivenza, civile ed equilibrata, tra tradizioni differenti». Ancor più
del comunque importante
servizio sanitario svolto dall’ospedale, per il sindaco di
Torino, questo è il «primo ser
vizio» che la comunità valdese
sta svolgendo e deve continuare a svolgere in futuro.
Il direttore generale della
Asl 1, Dario Graverò, ha riconosciuto all’Ospedale valdese di avere saputo interpretare con efficienza il suo ruolo
«integrativo» con gli altri presidi sanitari nel quadro della
rete ospedaliera pubblica,
conservando la propria libertà e indipendenza. Il pastore Giorgio Bouchard, a cui
tutti hanno riconosciuto il
ruolo di primo e caparbio sostenitore del «nuovo corso»
deirOev, ha concluso la cerimonia della firma ringraziando tutti coloro che stanno sostenendo fin qui il rinnovamento dell’Ospedale e ricordando che c’è da percorrere
ancora un bel pezzo consistente di strada per completare l’opera iniziata, (e.b.)
questo non e mancato, k
particolare ci siamo rallegra!
nel vedere che Tinterdetiottii
nazionalità esistente nel no
stro gruppo (in cui sono
presentate 14 chiese) si
rap.
eri.
(IENERDÌ
pNi
«
03 sett
Insea
giovani
DIPO
specchiata nella partecipa^
ne e nel sostegno al concerto
E ancora, per la possibili«
che abbiamo avuto di farji
conoscere come Ues e di'sej.
sibilizzare un pubblico sem.
pre più vasto all’attività dei
«Veri amici» e del Gruppo (j
aiuto ai senzatetto.
L’Ues, nata un anno fa pet
iniziativa della Commissioiu
migranti della Federazioni
delle chiese evangeliche!
della Chiesa avventista, sii
aperta alla collaborazione
delle chiese «non storiche»e
da queste ha ricevuto un ini.
pulso decisamente positivo
diventando un crogiolo in cui
i diversi doni e sensibilità si
arricchiscono a vicenda, il
suo obiettivo è di venire incontro alle diverse situazioni
di disagio che sono quotidianamente sotto i nostri occhi,
con una particolare attenzie
ne agli stranieri che sempre
più numerosi affluiscono nel
nostro paese e nelle nostre
chiese, nella consapevolezza
che l’annuncio delTEvangelo
non può essere avulso dall’amore concreto verso le persone. L’Ues si propone quindi
di fornire assistenza legale e
sanitaria, di fornire cibo e vestiario di prima necessità e di
aiutare nella ricerca di alloggio e di lavoro: inoltre sostiene i gruppi evangelici di soidarietà esistenti sul territorio,
Grazie all’appoggio di alcuni
evangelici genovesi con competenze specifiche (medici,
infermieri, avvocati, agetitó
polizia ecc.) abbiamo ottenuto alcuni risultati positivi pet J
l’assistenza legale e sanitaria
Più problematica e difficile
si è invece rivelata la ricerca
di alloggio e di lavoro, sia perché molti non sono in regola
con i permessi di soggiorno,
sia anche perché accanto ala
buona volontà e aU’entusia
«Vi
smo non sempre abbianio
una preparazione specifica ¡a
questo campo. Stiamo cercando di imparare, anche riar
nostri sbagli, e di formarci per
poter meglio rispondere albisogni. In particolare, di frrrnte
all’urgenza di certe situaziori
cui siamo stati confrontati,
sentiamo acutamente la necessità di poter disporre di no
centro, o un alloggio, dipn;
ma accoglienza per casi di
emergenza. Ci rendiamo conto che questo richiede capacità progettuali e organizzative da un lato, e mezzi flnad'
ziari dall’altro, e che peri
momento non abbiamoti
Luna né gli altri... oggi
domani chissà? Con l’aiuto,
Dio e con l’appoggio
delle
chiese tutto diventa
Vi terremo al corrente deg
sviluppi perché contiamo a
che su di voi!
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Il direttore generale degli ospedali valdesi, Luigi Stabile, e H P*
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18 GIUGNO 1999
Nuovo pastore alla chiesa ispano-americana di Genova
«Voi siete il popolo di Dio»
p3 sette anni la comunità riunisce i sudamericani della città
Insediato ufficialmente il pastore Teodoro Fanlo y Cortés
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
OIOVANNA VERNARECCI
DI FOSSOMBRONE
\T01 non siete una pat/^V tuglia di sudamericani
tire per caso è arrivata a Ge-ova, voi siete il popolo di
pio»; questo il fulcro del mesjjggio di Teodoro Fanlo y
Cortés alla Iglesia evangèlica
ispano-americana il giorno
del suo insediamento come
pastore di quella comunità.
Acuito, come sempre coinwlgente nel suo calore, hanno partecipato oltre 120 persone tra membri simpatizjanti della Iglesia e una rappresentanza della Chiesa valdese di Genova-via Assarotti;
la comunità è stata particolarmente grata per l’intervento del past. Franco Becchino,
vicemoderatore della Tavola
valdese, e ovviamente del sovrintendente del 5° circuito,
Saro Solarino, che ha provveduto all’insediamento.
Domenica 23 maggio è stato ricordato anche il settimo
anniversario della nascita
dell’Iglesia; in questo periodo al piccolo gruppo di credenti che avevano sentito il
bisogno di un luogo dove
riunirsi per pregare e leggere
la Bibbia, sono venuti aggiungendosi sorelle e fratelli
protestanti daH’Ecuador, dal
Perù, dalTArgentina e dal Cile: alcuni per restare in Italia
solo qualche tempo, altri per
restarvi, perché la vita dell’emigrante deve avere progètti sempre pronti a modifi
tLa chiesa che ne è nata
atterizzata da una spiriWalit^ che ben esprime la
f oia di credere, dalla coratà non solo nel culto, ma
anche nella «gestione» della
vita della chiesa, e soprattutto da un forte senso della re
I pastori Franco Becchino e Teodoro Fanlo y Cortés
sponsabilità fatta ai credenti
quanto alla necessità di
evangelizzazione.
E così, da quel primo nucleo riunito attorno al suo
pastore, ora la Iglesia è una
comunità che organizza studi
biblici, riunioni quartierali,
incontri di preghiera... una
comunità che, soprattutto, si
dimostra aperta alla sfida
dell’incontro con gli altri,
credenti o non credenti che
siano. Ed è proprio questo incontro che essa ricerca, disposta a stimolarlo non solo
con il serio impegno personale di molti suoi membri,
ma anche con l’attività di
evangelizzazione e di diaconia che essa svolge, nonché,
durante il culto e le riunioni
di preghiera, con l’ausilio
della propria musica, elemento sicuramente aggregante nella sua semplicità.
Ma soprattutto caratteristica della Iglesia è il suo forte
senso di accoglienza e di disponibilità che essa esprime
innanzitutto nei confronti dei
nuovi arrivati, salutati per nome al temine del culto e così
invitati a riconoscere, se lo
desiderano, nella chiesa la loro nuova casa. A questo «inizio» segue, ovviamente, la
pur discreta attività diaconale
che si rivolge anche ai disoccupati e in generale a tutti coloro che ancora non si sono
del tutto integrati in questo
vecchio mondo che li accoglie, spesso, purtroppo, con
un’indifferenza che è peggio
del rifiuto esplicito. E tutto
questo si fa, o quantomeno si
vuole cercare di fare, soli Deo
gloria: come recita il motto
della Iglesia e come anche
durante il culto dell’insediamento ha ripetuto più volte la
sorella che lo ha diretto.
Non con senso di trionfalismo, dunque, ma con sincera
gratitudine per il Signore che
opera in mezzo a noi, credo
che ognuno di noi possa e
voglia unirsi, oggi in particolare, alla lode di Dio Padre di
tutti noi, lode che l’Iglesia
vuole rendere e che essa rappresenta perché il bene che
vogliamo, come diceva Paolo; noi non siamo capaci a
farlo... ma Dio lo è, e quando
vuole, trae dal suo tesoro cose vecchie e nuove.
Week-end al Centro marino salutista
La fede in cammino incontra i giovani
MARTA D’AURIA
il
P.porn®"’
NELL’ISOLA d’Ischia, presso il «Centro marino per
la gioventù» dell’Esercito della Salvezza, dall’l al 2 maggio
siè svolto il convegno giovanile dal titolo «Abramo, Sara e
Agar. La fede in cammino».
Questo appuntamento si inserisce sulla scia di precedenb incontri ed attività che fanno parte del progetto «Red
not chili zone», lanciato due
®iu fa dalla Egei nell’area napoletana e il cui obiettivo è di
■nettere in rete tutte le risorse
povanili, pastorali, diaconali
presenti sul territorio.
Gome sempre non indugialo a definire simili incontri
'udimenticabili per i mobsenti di condivisione e di
jonfronto vissuti insieme,
senp dubbio, questo fisettimana rimarrà per
^Pte inciso nelle menti di
^tUl partecipanti per la sfio«ta tragedia che è avvenuta
mattina sul traghetto
■nrottaper Ischia.
. m Circa settanta ci siamo
appuntamento di buofa all’affollatissimo molo
j j ®rello per imbarcarci. Il
*6 primaverile preannun®°Prattutto a noi che
«»amo sul ponte superiore
I traghetto, di accompa^rci per fi resto della giorra. Avevamo appena la‘sto il porticciuolo di Proci^ *«Ppa intermedia della
.Versata, quando la nostra
in u o s' ^ imbattuta
p^ttissimo banco di neb• eravamo come avvolti in
Patufifolo di ovatta. Il tra
ghetto ha immediatamente
rallentato la marcia e ha cominciato a segnalare acusticamente la sua presenza in
mare. È calato il silenzio. Soltanto quaJlpuno, per sdrammatizzare, ha cominciato a
fare allusioni alla vicenda del
Litanie. Ad un tratto alla serie
di fischi della nostra imbarcazione se ne è aggiunta un’
altra, più sorda, più sinistra.
Quella calma apparente è
stata improvvisamente rotta
dalle grida disperate di gente
che ha cominciato a scappare via dal lato sinistro del traghetto. Solo pochi secondi,
ed è seguito uno scossone
violento. Un altro traghetto ci
aveva speronato.
Urla, pianti, smarrimento.
Cercavamo di capire se la nave stesse imbarcando acqua.
Sono stati presi i giubbotti di
salvataggio: dovevamo essere
pronti ad abbandonare la nave. Dopo alcuni minuti, durati per noi un’eternità, il capitano ha informato l’equipaggio che la situazione era sotto
controllo in quanto la collisione era avvenuta nella parte superiore del traghetto a
circa due metri dall’acqua. Il
pericolo era scampato. Tra i
passeggeri qualcuno ha immancabilmente invocato Padre Pio per la grazia ricevuta.
Noi, nel segreto dei nostri
cuori, abbiamo ringraziato
Iddio per il prezioso dono
della vita, che ognuno ha gratuitamente avuto.
Ancora un po’ sotto choc
(alcune di noi si erano anche
leggermente ferite nell’impatto) una volta toccato terra
e arrivati al centro ci siamo
immersi nel programma del
campo. L’esperienza ci aveva
comunque molto uniti. La
consapevolezza che l’esperienza della fede è simile ad
un cammino comune, a volte
in salita, fatto prima di noi da
altre donne e uomini, ha accompagnato la nostra riflessione a partire da alcuni testi
di Genesi. L’annuncio della
nascita di Isacco dato alle
Querce di Mamre ad Abramo
e Sara quando ormai il tempo
dei figli era passato, la paradossale richiesta di Dio ad
Abramo di sacrificare il figlio
della promessa, e la mano
protettrice di Dio che raggiunge Agar nella sua disperazione di donna e madre: i
tre episodi testimoniano che
proprio quando il cammino
si fa oscuro e ci sentiamo abbandonati, traditi, Dio è presente ed è nostro compagno
di viaggio.
A dispetto del viaggio di
andata, quello di ritorno si è
trasformato in una grande festa: al ritmo travolgente dei
tamburi gli amici nigeriani,
cl\e fanno parte del gruppo
giovanile della chiesa battista
di via Foria, hanno coinvolto
nel canto e nella danza tutti i
passeggeri sul ponte del traghetto. Una settimana dopo,
alcuni giovani delle chiese
evangeliche napoletane hanno preso poi parte anche alla
marcia per la pace PerugiaAssisi, animati dall’entusiasmo e dalla volontà di voler
concretamente condividere
insieme ad altri il cammino
della testimonianza.
Angrogna
La comunità
tra «routine»
e novità
L’assemblea di Chiesa del
23 maggio, oltre ad aver udito
la relazione annua letta dal
presidente del Concistoro, ha
eletto tre nuovi anziani. La
sorelle Wanda Chiavia e Miriam Pisani e il fratello Michele Pons sostituiscono Bruno Rivoira, Armando Bertalot
e Marina Bertot, giunti al
quindicesimo anno di impegno. La comunità ha espresso la sua gratitudine per il lavoro che questi fratelli hanno
svolto e ha augurato ai nuovi
eletti un lungo periodo, gioioso e proficuo, al servizio del
Signore e della chiesa. La
stessa assemblea ha confermato Marina Bertin e Ilda
Chiavia, che hanno concluso
il primo quinquennio come
membri del Concistoro.
• Un festoso culto con i
bambini della scuola domenicale e del precatechismo ha
concluso l’attività a fine maggio. Un picnic e una passeggiata alla scoperta di «Rocca
Ghieisa» sulle alture di Angrogna hanno permesso a
bambini e genitori di trascorrere una festosa giornata. Curiosità ha destato la visita a
quel luogo un po’ fuori mano,
situato sotto Rugnusa sul crinale verso Prarostino Che, come rivela il nome stesso, la
tradizione accomuna alla
Ghieisa d’ia tana. Rocca
Ghieisa è infatti un luogo nascosto e coperto dagli alberi:
ai piedi di una grande roccia
si intravede ancora l’apertura
di una grotta ormai inaccessibile. Una segnaletica evidente
nell’ultimo tratto permette di
raggiungere il luogo sia da
Rocca Piatta che dalle Bariole
di Angrogna, passando da
Isoard, Giacupunt e proseguendo verso Rugnusa.
• La corale di Angrogna, diretta da Giampiero Bertalot,
ha dato vita a un piacevole
concerto nel tempio di San
Secondo insieme alla corale
di quella comunità, diretta da
Mario Ratsimba. Il numeroso
pubblico ha dimostrato di apprezzare l’impegno dei coralisti, che si sono dati appuntamento in autunno per una
analoga serata ad Angrogna.
• Una nuova bacheca posta
sulla cancellata del tempio
del capoluogo permette ai visitatori di essere informati
sulle attività della chiesa e
sugli orari dei culti, che a partire dal mese di maggio si
tengono a turno nei tre templi della vai d’Angrogna.
• Nella sua seduta del 7 giugno, il Concistoro ha espresso
una presa di posizione sui
problemi della scuola, in cui
si appoggia l’Amministrazione comunale nell’impegno
per salvare la scuola materna
ed elementare e si ribadisce
l’importanza della difesa del
territorio dal punto di vista
dei servizi. Il Concistoro inoltre, sul problema dell’insegnamento religioso nelle
scuole, ricordando che «luogo naturale deU’insegnamento religioso in senso cristiano» è la chiesa, «chiede ai genitori di impegnarsi seriamente affinché i corsi di scuola domenicale, di precatechismo e catechismo siano frequentati con regolarità» e
chiede alle famiglie degli
alunni minori della scuola
dell’obbligo e delle superiori,
di utilizzare l’opzione di «non
avvalersi» dell’insegnamento
della religione cattolica.
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. ».
tei. 011-655278, fax 011-557542
Chiesa valdese di Perugia
Fratelli e sorelle riuniti
intorno al decano Aldo Stella
Lo scorso gennaio il prof.
Aldo Stella, decano della
Chiesa valdese di Perugia, ha
felicemente compiuto 87 anni. Durante lunghi anni di
diaspora, in periodi e ambienti difficili, ben lontani
dalle attuali aperture ecumeniche, il prof. Stella, con pochi confratelli di fede, è riuscito a tenere alta in Perugia
la bandiera dell’evangelismo,
dimostrando quelle doti di
tenacia e di attaccamento alla parola del Signore che ancora oggi ammiriamo. Originario della Calabria, educato
nella fede valdese dalla madre Ippolita Spinelli, una cui
sorella aveva sposato il pastore Enrico Pascal di Prali,
docente di lettere classiche,
studioso oltre che delle tematiche legate alla sua professione anche dì argomenti
filosofico-teologici, profondo
conoscitore della Bibbia, nel
dopoguerra fu segnato da un
evento fondamentale e entusiasmante: la lunga frequentazione del filosofo Aldo Capitini, con il quale ebbe una
fraterna amicizia e un vivace
rapporto intellettuale.
Spirito lucido e schietto,
spesso non esitò a criticare
alcune prese di posizione del
Capitini in materia religiosa,
rimanendone sempre attivissimo sostenitore e collaboratore fino alla scomparsa, curando successivamente la Fondazione Aldo Capitini e custodendone il ricco
archivio privato, attualmente depositato nell’Archivio di
stato e in fase di riordinamento. Dopo l’apertura del
locale di culto in Perugia, è
sempre presente nella vita
della chiesa come membro
del Consiglio di chiesa, dopo
esserne stato presidente.
Durante gli studi biblici,
molto interessanti sono i
suoi interventi, acuti e penetranti, rivelatori di non comuni conoscenze. I fratelli e
le sorelle di chiesa augurano
a Aldo Stella ancora lunghi
anni di attività per la felicità
della sua famiglia e per il
vantaggio della Chiesa valdese di Perugia, (e.c.)
Agenda
20 giugno
SARZANA — Raduno delle chiese battiste della Liguria alla
chiesa evangelica di via Cisa: alle ore 10,30 culto all’aperto
con Santa Cena davanti alla chiesa, a seguire agape e socializzazione. Partenza da Sarzana (in treno) alle 17,39.
BARI — Alle ore 9, nella chiesa battista, si tiene un convegno organizzato dal Movimento femminile evangelico battista (Mfeb) e dalla Fdei di Puglia e Basilicata. Intervengono Doriana Giudici, presidente della Fdei, sul tema «Una
Federazione rinnovata verso il Duemila», e Bruna Peyrot
sul tema «Memoria delle donne, le scritture e gli archivi».
MANTOVA — Alle ore 21, nella chiesa valdese di via Isabella d’Este 13, terzo incontro pubblico guidato dal pastore
Gianmaria Grimaldi sulle ragioni storiche e teologiche che
hanno ispirato la Riforma protestante del XVI secolo.
VELLETRI — Al centro Ecumene si tiene un seminario sul
tema «Fondamenti della nonviolenza attiva» organizzato
dal Movimento internazionale della riconciliazione (Mir) e
dall’associazione Freccia azzurra di Velletri. Costo di iscrizione £ 25.000: vitto e alloggio £ 175.000. Per informazioni
rivolgersi a Hedi Vaccaro (tei. 06-86217257).
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,45 circa. Domenica 27 giugno (replica lunedì 7 luglio) andrà in onda:
«Kirchentag ’99: “Voi siete il sale della terra’’»; «Quando la
Roma dei papi conobbe la libertà di culto. La Repubblica
Romana cento anni dopo».
AVVERTENZA: i programmi relativi a questa rubrica vanno
inoltrati 15 giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
Cronache
TORRE PELLICE — Si sono sposati Paolo Travers e Silvia Polliotti; auguriamo loro una vita benedetta dal Signore.
• Siamo vicini alle famiglie di Eugenia Gabella ved. Geymet
e di Emilia Buffa ved. Giordan, che ci hanno lasciato.
Ogni settimana...
RIFORMA ti fa conoscere un mondo evangelico più grande
di quelio che puoi conoscere con la tua esperienza diretta.
L’abbonamento ordinario costa 105.000 lire (invariato dal
1997); se il tuo reddito familiare non te lo consente, puoi utilizzare liberamente l’abbonamento ridotto di 55.000 lire,
oppure puoi fare un abbonamento semestrale che costa
55.000 lire; se, invece, hai qualche risorsa in più, aiutaci con
l’abbonamento sostenitore di 200.000 lire o inviandoci una
qualsiasi cifra in dono: aiuterai chi non se lo può permettere.
14
PAG, 10 RIFORMA
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Commenti
Mitorma
Le elezioni in Sud Africa
Febe Cavazzuttì Rossi
«Uniti in lotta per il cambiamento». Questo il motto della campagna elettorale dell’African National Congress
(Anc) che è risuonato nel paese, in migliaia di incontri
informali denominati «In ascolto della gente». Le elezioni
del 1994 non avevano bisogno di ricorrere a questo slogan:
il cambiamento totale, quello dalla schiavitù alla libertà,
era in atto e nutriva l’entusiasmo di chi aveva la certezza
che la storia non sarebbe mai più tornata indietro. Cambiamento è stata invece la parola più invocata nelle votazioni del 2 giugno scorso, perché sulle spalle della popolazione c’è il peso dei macroscopici problemi strutturali di
una società devastata dagli anni dell’apartheid, e c’è la cocente delusione per le attese (case, elettricità, acqua, sicurezza, istruzione, lavoro) in buona parte andate a vuoto.
In Sud Africa chi ha diritto di voto deve andare a registrarsi: poi, il giorno delle elezioni, raggiungerà uno dei
seggi distribuiti sul territorio. Il 94% degli elettori si è presentato alle urne, prima dell’albeggiare, in lunghe code pazienti. In alcune zone, dove i votanti arrivavano da località
rurali lontane, è stata data la precedenza ai vecchi e agli invalidi. L’opera di monitoraggio dei 15.000 commissari della
«Independen! Electoral Commission», presieduta da Brigalia Barn, già segretaria generale del Consiglio delle chiese
del Sud Africa (Sacc), è stata facile, per il clima generale sereno e ordinato. L’altissima percentuale di votanti e la
massiccia risposta in favore dell’Anc ha perciò qualcosa di
ammirevole. La chiave di lettura non è l’adesione acritica al
partito del mitico Nelson Mandela, ma la maturata consapevolezza che la lotta per il cambiamento delle condizioni
di vita potrà essere non meno dura della lotta all’apartheid.
La ñducia non poteva non andare al «padre della patria»,
anche grazie alla scelta collaudata del suo successore, Thabo Mbekì: un uomo dell’età giusta, dalle capacità manageriali afBnate nelle scuole di economia del Sussex e di Londra, retto nell’animo. Il programma del suo futuro governo
era contenuto in 36 pagine: accelerazione del soddisfacimento dei bisogni primari, costruzione di un sistema economico che crei lavoro, lotta al crimine, trasformazione
dell’amministrazione statale. A spoglio non ancora ultimato, in un raduno festoso, Mbeki ha promesso che il suo partito governerà «con umiltà, senza arroganza».
Preoccupante può essere l’assenza di una opposizione. Il
«Nuovo National Party» si è sgonfìato: la rivelazione del
coinvolgimento di De Klerk nella destabilizzazione che
Buthelezi operava nel Natal, con gli orrori degli squadroni
della morte, non gli ha giovato. 1 suoi rifiuti alle udienze
della Commissione per la Verità e la Riconciliazione non
sono bastati a soddisfare la parie più dura degli afrikaner,
che non si sente protetta dai tentativi di politica inclusiva
delle etnie del nuovo partito. Gli scontenti si sono riversati
nel «Democratic Party» che ha raccolto anche il favore di
gran parie degli indiani del Natal, che si trovano a ridosso
dell’area violenta del Kwa Zulu e non si fidano dei due
grandi contendenti, l’Anc e l’Ifp (Inkata Freedom Party) di
Buthelezi. Lì, nella roccaforie dell’Ifp, Mandela ha saputo
giocare le carie della sua saggezza. Qualcuno ricorderà che
alle elezioni del 1994, solo allo scoccare dell’ultima ora
Buthelezi aveva accettato di partecipare, mentre nei punti
caldi del Kwa Zulu operava l’orribile stillicidio di pulizie
etniche. Mandela non lo ha preso di petto; lo ha fatto ministro degli Interni dandogli la posizione di maggiore responsabilità. I frutti sono venuti con una graduale pacificazione dell’area, con la fine delle intimidazioni verso la
popolazione rurale più povera; infine con la recente consegna di armi che l’Ifp teneva nascoste.
C’è da registrare un diffuso fermento politico per la formazione di un’alternativa alI’Anc. La voce più forte è
deir«United Democratic Front». Un tentativo generoso è
venuto dal ricostruito «Azania Peoples Organization», che
ha conquistato un solo seggio e il suo promotore, il pastore Stanley Mogoba, a lungo presidente della Chiesa metodista, si è dimesso. L’esigenza prima è senz’altro la lotta
alla criminalità. Ma la criminalità è figlia di altri grandi
mali: disoccupazione al 50%, analfabetismo al 30%, e il discorso porterebbe lontano. Limitiamoci a guardare a questo grande, bellissimo paese e al suo coraggioso popolo
arcobaleno con solidarietà e tanti, tanti auguri.
Kiitoma
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1' gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993
Il numero 24 dell'l 1 giugno 1999 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5. mercoledì 9 giugno1999
L'accusa del Tribunale penale internazionale dell'Aia
L'«imputato» Milosevic
Il caso del presidente jugoslavo e la tutela dei diritti umani
tra esigenza di giustizia internazionale e ragione di stato
MICHELE VELLANO*
Lf INCRIMINAZIONE del
I presidente Slobodan Milosevic e di altri quattro esponenti di vertice della Repubblica federale jugoslava da
parte del Tribunale penale
internazionale dell’Aia induce ad alcune specifiche riflessioni (nel quadro del più ampio tema della guerra in Kosovo) in considerazione della
rilevanza, dal punto di vista
del diritto internazionale, che
tale decisione riveste.
I cinque individui-organi
(tra i quali anche il vice primo ministro e il comandante
delle forze armate jugoslave)
sono stati formalmente incriminati dal procuratore capo
presso il Tribunale con l’accusa di essere penalmente
responsabili per crimini contro l’umanità e per violazione
delle leggi e consuetudini di
guerra (deportazioni, gravi
violenze e uccisioni perpetrate contro individui appartenenti all’etnia kosovara albanese). Accanto alla responsabilità commissiva dei tragici
eventi (di più ardua prova) è
stata ipotizzata una responsabilità omissiva per non
averli impediti o, quanto meno, interrotti (responsabilità
oggettiva). I mandati di cattura, emessi in conseguenza
di tali incriminazioni, sono
stati notificati a tutti gli stati
membri delle Nazioni Unite
(oltre alla Svizzera) e restano,
almeno per ora, in attesa di
essere eseguiti.
Da un punto di vista strettamente giuridico sono molteplici gli aspetti problematici che vengono ora in rilievo.
Quanto alla potenziale soggezione alla giurisdizione anche degli individui-organi,
essa è espressamente enunciata dall’articolo 7 dello statuto del Tribunale coerentemente, del resto, a un più generale principio, ormai consolidato nell’ordinamento internazionale, di eventuale responsabilità, oltre che dei
singoli appartenenti alle forze militari o paramilitari, anche delle massime autorità
istituzionali. Autorevole conferma di questo indirizzo si è
avuta con la recente decisione della House of Lords del
Regno Unito nel caso Pinochet. Perché l’incriminazione
si trasformi in condanna (a
una pena detentiva) occorre
naturalmente che sia adeguatamente provata la diretta
riconducibilità degli episodi
accertati alla volontà personale degli accusati.
Ma prima che si possa eventualmente giungere a una
condanna si debbono pre
Un sostenitore del presidente Milosevic
ventivamente risolvere rilevanti ostacoli di ordine procedurale. Così, sempre per disposizione dello statuto del
tribunale, non può essere celebrato, in linea di principio,
un processo nei confronti di
imputati contumaci. Dunque,
nulla vieta che la Procura
svolga le indagini, formuli i
capi di imputazione ed emetta i conseguenti mandati internazionali di cattura, tuttavia il dibattimento vero e proprio non può iniziare se non
dopo che gli imputati si costituiscano, ovvero, siano arrestati e consegnati al tribunale.
A questo riguardo, in particolare Milosevic, fin tanto che
rivestirà la carica di presidente della Repubblica federale
jugoslava, dovrebbe poter
contare su un’immunità funzionale che, tanto all’interno
quanto all’esterno del territorio del proprio stato, lo preservi dall’arresto. È opportuno utilizzare il condizionale
perché negli ultimi anni la
prassi internazionale è in rapida e costante evoluzione e
ciò che sembrava assodalo in
passato è tutt’altro che certo
per l’immediato futuro.
Sullo sfondo restano comunque i dubbi circa l’effettiva e piena competenza giurisdizionale del Tribunale
(come noto, istituito nel 1993
con risoluzione del Consiglio
di sicurezza) con riferimento
ai tragici eventi verificatisi in
questi mesi nella regione del
Kosovo. A tutt’oggi, tra i più
autorevoli studiosi della materia, non c’è accordo se la
stessa istituzione del tribuna
le trovi legittimo fondamento
nello statuto delle Nazioni
Unite e, in caso positivo, esattamente in quale disposizione (lo stesso tribunale si è
pronunciato sul proprio fondamento giuridico rinvenendolo dell’art. 41 dello statuto
delle Nazioni Unite, in materia di misure non implicanti
l’uso della forza per il ristabilimento della pace).
In prospettiva, anche per
evitare che sia dilatato indefinitamente il mandato di un
tribunale, che per quanto autorevole e imparziale è pur
sempre un’istanza giurisdizionale ad hoc, assume sempre maggiore evidenza la necessità di accelerare il procedimento di ratifica (e la consequenziale entrata in vigore) dell’accordo internazionale, approvato a Roma il 17
luglio 1998, che dispone
l’istituzione della Corte penale internazionale. Tale
Corte, in quanto organo giurisdizionale costituito sulla
base dell’assenso di un’ampia collettività di stati e dotato di sfera cognitiva generale
suscita, infatti, grandi aspettative. È auspicabile che allo
sforzo per l’entrata in vigore
dell’accordo si uniscano, infine, gli Stati Uniti (finora
contrari all’istituzione della
Corte) che, giustamente, tanto rilievo attribuiscono alla
salvaguardia dei diritti dell'uomo e alla punizione della
loro violazione.
* ricercatore di Diritto
internazionale, facoltà
di Giurisprudenza,
dell’Università di Torino
DOPO 80 giorni di guerra,
pare dunque che la pace
sia giunta .Mai una guerra
era entrata con tanta violenza e continuità di immagini
nelle nostre case, coinvolgendoci tutti emotivamente,
qualunque fosse la nostra
posizione politica. Ora si
tratta, come giustamente è
stato détto, di ricostruire i
ponti. Non solo quelli distrutti sul Danubio, che sono
i più facili da ricostruire, ma i
ponti fra i cuori esacerbati
dalle opposte fazioni. Un’impresa lunga e molto difficile.
Fra pochi giorni ricorre l’anniversario della battaglia del
Kosovo (28 giugno 1389) nella quale i serbi vennero sconfitti dai turchi e che segnò
l’inizio dell’occupazione ottomana dei Balcani, durata
oltre 500 anni, fra continue
rivolte, repressioni, rivoluzioni e massacri.
PIERO bensì
Un rancore plurisecolare
che non si spegne con un foglio di carta firmato dal Consiglio di sicurezza dell’Onu,
né con la presenza dei carri
armati con la bandiera delle
Nazioni Unite. È già un paradosso pensare che la pace
debba essere garantita dalla
presenza di 50.000 uomini
armati fino ai denti. «Se vuoi
la pace, prepara la guerra»: è
l’atroce detto latino che ancora oggi regge i rapporti fra
gli uomini. Ma non deve es
sere così, non può essere così. Per avere la pace (non solo
quella dei trattati) occorre lavorare per la pace, credere
che esistono valori come la
tolleranza, la disponibilità, e
soprattutto il perdono. Sono
già migliaia le famiglie serbe
del Kosovo che si preparano
a partire per timore delle
vendette e delle ritorsioni da
parte dei kosovari di origine
albanese, quando rientreranno nei loro villaggi. La pace
non può essere questa.
prost
dein
IL LAVORO
Crocifissi doc
Il valore di un crocifisso ¡¡i.
pende anche daH’ampiezz^l
delle braccia. Lo segnalajl
quotidiano che esce da alcuni I
anni abbinato all’edizione ge. |
novese de «La Repubblica,
In un articolo a firma Paoló
G. Brera (8 maggio), si rac.
conta dell’avvio del processo '
di santificazione per Bene,
detta Cambiagio Frassinelle
vissuta a cavallo tra il 7-8oo'
fondatrice dell’Istituto delle
Benedettine della Prowiden.
za beatificata nel 1987 da
Giovanni Paolo II. In occasione di una cerimonia condotta
con rito in latino e guidata dal,
cardinale Dionigi Tettamanzi
viene rievocato l’avvio della*
beatificazione (dal pontefice
Paolo VI), allorché un prete,
nella chiesetta delle Benedet-1
tine di Genova, espresse un,
giudizio sul crocifisso posto
dietro l’altare: «“Non è un’
crocifisso cattolico - pare ab- ^
bia detto il sacerdote -, è cal-1
vinista. Ha le braccia strette, 1
serve solo per accogliere ili
gruppo di calvinisti chele*
hanno fatto’’». Il cardinale ri- j
spose: «"Sì ma non siamo ini
una cattedrale, le suore le può '
abbracciare tutte’’». E aliati-1
chiesta di quest’ultimo la superiora rispose che il crocifis
so «è un dono degli ex allievi».
il Grìomale
Battisti e preti in Russia
Dopo 82 anni tre nuovi
preti cattolici sono stati orinati in Russia. Ne riferisce
Stefano Zurlo (24 maggio), in
una corrispondenza da San
Pietroburgo: «È una rivincita
della storia quella che si celebra la domenica di Pentecoste nella bianca cattedrale
deU’Assunta, cuore della Russia cattolica. Qui, nella cittì
voluta da Pietro il Grande per
aprire una finestra sull’Eutopa, risiedeva il vescovo della
Russia e della Bielorussia. Qui
c’era il seminario. Fini come
finì: Lenin requisì i locali per
sistemarvi l’ospedale milita;
re, la chiesa fu sprangata,!
preti imprigionati o espulsi».
Uno dei tre giovani sacerdoti
«dopo aver preso un diplonn^
di tecnico ferroviario aVilnius, trascorreva i 24 interminabili mesi della leva leggendo la Bibbia, prestatagli da alcuni battisti». «Poi - raccoijW
- nel ’93 il Papa venne in utuania e ci disse: "La chiee®
vostra, di voi giovani”. Cominciai a piangere e capii eW
avevo trovato la mia strada».
«Il gove
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studenti: 1
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rè un detto forte di Gesù
ili discepoli proprio aliavi^
liii della croce: «Vi do laiaj
pace. Non do come il ttioo
dà». Abbiamo visto come
il mondo in questi 80 gio '
Gesù al contrario assume
di sé l’odio del mondo: «
abolito nella sua parne
causa della inimicizia», co ,
menta l’apostolo Paolo,
questa la strada della gu^
gione, è la strada del P®,'.
no reciproco: non ne
no altre. È l’unico ponte
nessuna bomba può di®
gere. Lo dobbiamo cost
gli uni per gli altri, crisuan
musulmani, serbi e a'ban
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mai stancarci.
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(Rubrica «Un fatto, fi
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Il «11 governo deve dire una
natola chiara a insegnanti e
Ldenti; l’ordinanza del ministro Berlinguer sul credito
scolastico è un testo ambiguo,
che dà luogo a interpretazioni
controverse»; con queste parole l’on. Giorgio La Malfa, in
lina conferenza stampa che si
èsvolta l’B giugno a Roma
nella sede del Partito repubblicano, ha ribadito il proprio
dissenso sull’ordinanza del 14
maggio del ministro della
pubblica istruzione, con la
quale si stabilisce che i docenti di religione cattolica e
quelli che si occupano delle
¡attività alternative» prenderanno parte alle deliberazioni
dei Consigli di classe per l’attribuzione del credito scolastico agli studenti. «Non sussiste obbligo di frequenza, né
perfora di religione cattolica,
né per gli insegnamenti alternativi - ha affermato La Malfa
-, dunque non può esserci
credito scolastico legato a
queste materie. È molto grave
che venga introdotto un elemento di turbativa così profonda a pochi giorni dall’esame di maturità. È un comportamento censurabile dal
punto di vista politico, una dimostrazione di insensibilità
politica molto grave».
La Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Feci),
rappresentata alla conferenza stampa dell’8 giugno dal
segretario esecutivo, pastore
Luca Negro, ha espresso in
questi giorni forte disappunto per il provvedimento del
ministro Berlinguer: «Le
pressioni della confessione
ligiosa di maggioranza e il
comportamento servile dei
competenti organi di governo - si legge nel documento
del Consilio Feci pubblicato
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dal nostro giornale del 4 giugno - creano ancora una volta fatti che costituiscono violazione dei diritti di uguaglianza dei cittadini e che costringeranno a riaprire un
pesante conflitto sia sul piano politico che su quello giudiziario». Anche la Tavola
valdese si sta attivando per
valutare la possibilità di fare
ricorso al Tar, insieme alle altre chiese che hanno stipulato delle Intese con lo stato
italiano. In una lettera a «La
voce repubblicana» il moderatore, Gianni Rostan, esprime il «profondo sconcerto»
delle chiese valdesi e metodiste per «l’evidente incostituzionalità» dell’ordinanza, e
anche «sorpresa, perché si
pensava che nella attuale formazione governativa i valori
della laicità e del rispetto della Costituzione e delle sue
leggi fossero scontate».
Un’interrogazione al presidente del Consiglio e al ministro della Pubblica istruzione
è stata presentata il 9 giugno
dall’on. Valdo Spini: «L’attribuzione di un punteggio agli
allievi che hanno frequentato
l’insegnamento confessionale o “attività alternative” - si
legge nel testo - appare del
tutto illegittimo e gravemente
discriminante nei confronti
degli studenti che abbiano
esercitato il diritto costituzionalmente garantito di non essere presenti a scuola o di dedicarsi ad attività individuali». L’on. Spini chiede quindi
al governo di «porre rimedio
a una così palese violazione
delle norme riguardanti la libertà di coscienza, anche per
evitare che gli interessati
debbano richiedere in sede
giurisdizionale il rispetto dei
loro diritti». (nev)
9e
gioventù evangelica
ABBONAMENTI
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«3 copie al prezzo di 2»...... 90.000
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gioventù evangelica
via Porro Lambertenghi, 28 - 20159 Milano
iT—
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Nella collana «Strumenti» è uscito;
Alister E. McGrath
'Teologia cristiana
Traduzione di Domenico Tomasetfò
650 pp„ Lire 62.000, Euro 32,02, Cod. 310
<w,., (
f’fítioírií)
orisi i;,,a,
Questa Introduzione offre una panoramica completa e ri
Slorosa dei fondamenti della teo*
•osta cristiana. Analizza i periodi,
Hetni e i personaggi principali, le
robti, i metodi, i maggiori argomenti e dibattiti dottrinali: Il tutto
^ grande chiarezza e capacità
*^|^ttica anche per i non addetti
, Che vogliono migliorare le loro cottoscenze. Lo stesso autore di «If
Pernierò della Riforma», «Qió*
'zanni Calvino», «Le radici deila
^rttualità protestante». ___
m mmeeKùlce
Claudiana
m PRINCIPE TOMMASO, 1 ■ TWil^
TEL. 011/660.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P. 20780102
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«Riforma» e la necessità di una visione evangelica della realtà
L'omicidio D'Antona e il conflitto tra il Male e il Bene
Sul numero del 22 maggio, una volta
tanto arrivato puntualmente, ho letto
tutto d'un fiato l’ottimo articolo «Sì è
voluto colpire la democrazia». Al termine della lettura ero diviso con me stesso. Una parte di me, il cittadino, ha apprezzato appieno l’articolo: diceva esattamente quello che anch’io pensavo e
tuttora penso. L’altra parte di me, il cristiano, si chiedeva però: «Ma che ci sta
a fare un articolo del genere su Riforma,
un giornale di chiese evangeliche, non
uno di sole riflessioni politiche e/o etico-sociali?».
A questa, altre domande sono seguite
e che mi e vi pongo: ma è tutto qui? Come cristiani evangèlici, non abbiamo
proprio nulla dì caratterizzante da dire?
Ma è proprio vero che non abbiamo altra arma di difesa che rafforz^e la democrazia? E come farlo? Non abbiamo
più nulla da imparare, o ce ne siamo dimenticati, da Efesini 6, 10 e seguenti?
Brano che, guarda caso, segue alcune
istruzioni di etica cristiana nei rapporti
lavoratori-datori di lavoro. Forse che gli
assassini estensori del proclama, non
sono strumenti del diavolo contro le cui
manovre Efesini 6, 11 ci chiede di resistere? I sedicenti brigatisti, non sono
forse parte degli spiriti maligni, delle
autorità e potenze, dei dominatori di
questo mondo tenebroso?
Noi siamo chiamati a lottare non con
le nostre forze e i nostri soli mezzi, saremmo perdenti certi. Ma, prima di tutto, prendendo la forza dal Signore, dalla
sua grande potenza, con le armi che Dio
ci dà. Poi, usando le nostre capacità sottoposte allo Spirito di Dio e da lui guidate. Certo io, ciascuno di noi, dobbiamo
fare seriamente, con convinzione e determinazione la propria parte, a qualunque costo, per resistere e sconfiggere il
tentativo di imbarbarimento (potrebbero essere le manovre del diavolo di Efesini 6, 11?) nel quale vorrebbero farci precipitare questi sedicenti rivoluzionari,
tanto coraggiosi e convinti di essere nel
giusto da rifugiarsi nell’anonimato. Ma
la nostra vigile militanza deve coinvolgere tutta la nostra persona, le nostre due
cittadinanze: quella della repubblica italiana e quella del Regno che viene. Non
possiamo e non vogliamo dissociare la
nostra duplice personalità, sarebbe un
tipo di schizofrenia.
Perdonate lo sfogo. Ho scritto così, di
getto, alcuni dei pensieri che mi si sono
affollati nella mente, forse anche in modo slegato fra di loro; certo il pastore
Densi, nella sua rubrica «Un fatto, un
commento», saprebbe esprimere molto
meglio di me la visione evangelica
sull’accaduto.
Franco A. Bono
Colle di Compito (Lu)
Caro Franco,
condivido totalmente la tua lettera,
ma il punto di vista da cui sono partita e
che volevo focalizzare era tutto interno
agli strumenti di cui disponiamo, anche
noi evangelici, per testimoniare che U
«Regno di Dìo viene» cioè la storia umana dove siamo chiamati da persone credenti a «dare a Cesare quello che è di
Cesare». Per scelta non ho voluto chiamare in causa né la teologia né l’etica
cristiana. L’analisi che ho fatto dell’omicidio D'Antona si colloca tutta
nell’ottica dello scontro in atto tra barbarie e civiltà. Avendo lavorato dal 1980
al 1985 con Massimo per introdurre in
Italia una nuova normativa sul lavoro
(cioè i contratti di formazione e lavoro,
quello a tempo parziale, quello di soli
darietà) avevo riconosciuto in lui un
«Giusto»; nella mia vita ho incontrato
molti che, pur non avendo ricevuto
quel dono «totalmente gratuito» che è
la fede, però condividono con noi la sete di giustizia e la difesa dei deboli.
Ti confesso che, in una prima stesura,
del pezzo chiestomi dalla redazione di
Riforma, avevo introdotto alcune delle
riflessioni che anche tu fai. Rileggendolo le ho cassate: ricordare che nel mondo è presente il conflitto tra male e bene
mi sembrava, quasi, un modo per giustificare o trovare una copertura e un
alibi a chi ha ucciso, a sangue freddo, in
ntodo premeditato un uomo inerme
oppure una specie di rassegnazione
all’ineluttabile. Da protestante, punto
sempre a richiamare alle proprie responsabilità ogni essere umano a cominciare da me stessa. Certo ci troviamo poi a dover affrontare un altro nodo
non da poco come il libero o servo arbitrio! Inoltre, nel breve spazio consentito
da un articolo ho dovuto fare una scelta:
invece di indicare che solo in Cristo c’è
vita, verità e speranza, mi sono attenuta
a una riflessione più laica e immediata
richiamando tutti, in primo luogo noi
protestanti, alle nostre responsabilità di
fronte a una società in cui odio e violenza crescono. Ho ricordato che, in questa
seppur imperfetta e ingiusta società
umana, esistono però mezzi che posso
no impedire di stroncare tma vita e, noi
protestanti, oltre alla preghiera (il «Padre Nostro» può dare una risposta esauriente alle domande che questo omicidio hanno sollevato) e alla testimonianza orale, abbiamo il dovere di una testimonianza concreta nella società sostenendo quelle strutture democratiche
che permettono a tutti di rispettare i diritti di ogni essere umano. id.g.)
ITA
■ Il fratello
Giovanni Spiotta
Una domenica mattina di
qualche anno fa, mentre stavo per iniziare il culto nella
chiesa metodista di Alessandria, vedo un membro di
chiesa acquattato dietro una
colonna, che scandisce sottovoce: «25... 26... 27...». Contava i presenti man mano che
entravano e gli luccicavano
gli occhi perché, appunto,
eravamo ventisette anziché i
soliti quindici o diciotto. Secondo Giovanni Spiotta voleva dire che la chiesa di Alessandria nella quale si è impegnato, insieme alla moglie Elsa, per tutta la vita, aveva un
presente e un futuro. Nei momenti un po’ difficili del mio
lavoro pastorale mi sono
sempre ricordato di Giovanni
che conta i presenti dietro la
colonna commuovendosi e
questo pensiero mi ha ogni
volta ridato energia.
Il 2 giugno Giovanni è morto e chi l’ha conosciuto è nella tristezza con Elsa, con i figli, con gli adorati Giulia e
Matteo, con le comunità di
Alessandria e Bassignana. A
costo di sembrare melenso,
tuttavia, mi piace pensarlo
dietro una colonna del Cielo
mentre conta ancora, non fino a ventisette, ma senza fine, i santi che, come canta la
fede, «go marchin’in».
Fulvio Ferrarlo - Milano
■ Dalla parte
di chi soffre
La Chiesa evangelica di Saitrio (Varese) ha redatto in data 6 giugno il seguente testo
sulla guerra nei Balcani.
«Noi, sorelle e fratelli della
Comunità evangelica di Saitrio (Va), soffriamo con chi
soffre. Oggi noi soffriamo con
tutto il popolo che è vittima
di questa guerra atroce che
United Reformed Church - Chiesa evangelica valdese
Viaggio in Inghilterra
4-15 settembre 1999
Programma di massima
4- 9: partenza da Torino o Milano e arrivo a Stansted;
visita di due ore a Cambridge e proseguimento per
Sale*;
5- 9: culto presso la Urc di Sale, pranzo comunitario
e pomeriggio libero;
6- 9: visita al Lake District;
7- 9: trasferimento a Oxford* - visita della città e serata
con alcuni membri della comunità (mercoledì 8);
9-9: trasferimento a Seveoaks*, nel Kent - visita di alcune località del Kent prevista per venerdì;
11- 9: trasferimento a Croydon* presso la comunità del
pastore John Bremner - visita di Londra;
12- 9: partecipazione al culto e pomeriggio libero;
13- 9: visita di Londra;
14- 9: trasferimento a Barnes Close vicino a Birmingham;
giornata di relax e scambio di impressioni;
15- 9: possibile visita a Stratford-on-Avon o Warwich Castle;
16- 9; trasferimento all’aeroporto di Stansted per la partenza.
* ospitalità in famiglie.
Costo complessivo £ 1.200.000 (se il gruppo sarà di almeno 25 persone). All’atto dell’iscrizione è richiesta una
caparra di £ 200.000 da versare sul conto corrente n.
2142/1 intestato a Tavola valdese - Waldensian Fellowship presso la Cariplo, ag. di Torre Pellice. Per informazioni e iscrizioni: Massimo Long - via Coppieri 10 - 10066
Torre Pellice (To). Tel./fax: 0121-953107.
Termine ultimo per le iscrizioni: 30 giugno 1999
non è giusta, né tantomeno
santa. Soffriamo con il popolo kosovaro (a maggioranza
etnica albanese), vittima di
una criminale pulizia etnica.
Soffriamo con i cittadini serbi, bambini, anziani, lavoratori, gente comune, massacrati dalle cosiddette “bombe
intelligenti".
Affermiamo che la guerra
non appartiene al piano di
salvezza di Dio ma che, anzi,
riflette la separazione drammatica delTumanità dal suo
creatore. Ribadiamo inoltre
che la guerra è la risposta sbagliata da parte delle autorità
internazionali a problemi giusti. Chiediamo da sempre e da
subito la cessazione dei bombardamenti e della pulizia etnica, attivando in maniera seria la soluzione diplomatica di
questi problemi, attraverso gli
organismi internazionali preposti (Onu, ecc.).
Preghiamo nostro Signore
perché ogni sua creatura trovi il coraggio di vincere il proprio orgoglio, e di accettarlo
nella propria vita, come Si
H Errata
Per un problema tipografico sul n. 24 a pag. 8, la firma
di Sergio Tattoli all’articolo
«Il Giubileo cattolico e il giubileo biblico» è risultata imperfetta. Ce ne scusiamo con
¡’autore e con i lettori.
■ Nuovo indirizzo
Il diacono emerito Franco
Girardet comunica il proprio
nuovo indirizzo: via della Stazione di Ottavia 146, 00135
Roma; tei. 06-30811697.
gnore e salvatore. Affinché si
realizzi la profezia di Michea
(4, 3): “Egli sarà giudice fra
molti popoli e farà da arbitro
fra nazioni potenti e lontane.
Con le loro spade forgeranno
vomeri, e con le loro lance
falci; una nazione non leverà
più la spada contro l’altra e
non saranno più addestrate
per la guerra”».
B «Sola fide»
Su Riforma del 14 maggio,
a pag. 1, leggo che il presidente della Chiesa metodista
britannica si rallegra con il
cardinale Cassidy perché la
Chiesa cattolica ha riscoperto
uno dei punti fondamentali
della Riforma, e cioè la lettura della Bibbia. Ma la Riforma
non è solo questo. È giustificazione per grazia, sola fide.
Mi pare che questo punto
andrebbe costantemente
chiarito a livello teologico,
così come hanno fatto Brunero Gherardini, cattolico, e
Gino Conte, riformato, nell’incontro di Firenze, in data
12 marzo (Daniele Del Priore
ne ha riferito su Riforma del
26 marzo, «Salvati per grazia,
il cuore delTEvangelo»).
Maria Fabro - Genova
CAMPO ESTIVO IN CROAZIA
Dal 19 al 24 luglio si terrà
un campo estivo internazionale a Crikvenica in Croazia
(località di mare di fronte
all'isòfa di Krk). Vi parteciperanno giovani delle chiese
evangeliche croate e norvegesi. Lingua ufficiale del campo sarà l'inglese, il costo è di
lire 160.000 (vitto e alloggio).
Tutti coloro che fossero interessati sono pregati di farlo
sapere al più presto a Noemi
La Fata (l-mail; kalafata®
tin.it). Per gli italiani sono disponibili 5 o più posti.
«Quando non ci sarò più, non cercatemi sotto una lapide fredda di
marmo; io non sarò lì, ma quando
sarete in un prato verde e fiorito,
io sarò lì.
Non cercatemi dietro un cancello
arrugginito, ma cercatemi in una
folla di gente allegra, io sarò lì.
Non cercatemi in mezzo alla pioggia, cercatemi in una bella giornata di sole, io sarò lì; cercatemi in
un gruppo di gente che canta le
belle canzoni montanare, che amavo tanto, io sarò li; cercatemi
nei sorrisi, io sarò lì.
Quando sarete riuniti a Natale tutti conienti io sarò lì... tutte le volte
che voi sarete felici io sarò lì.
Mamma
La nostra mamma ci ha lasciati
con queste parole.
Annunciamo con infinita tristezza
la scomparsa di
Alba Tron ved. Barai
nata a Prali il 22 febbraio1927
morta a Perosa l’8 giugno 1999
Riposa nel cimitero di Massello
16
PAG. 12 RIFORMA
iALE
VENERDÌ 18 GIUGNO 199g
La testimonianza di una donna tutsi del Ruanda
«Voglio far dialogare il boia con la vittima»
YOUNDE MUKAGASANA*
Nel momento in cui ho
messo piede sul vecchio
continente, il 15 febbraio
1995, ho capito che amavo
ancora il mio paese malgrado
le sofferenze patite. E ho capito che un giorno avrei fatto
il lavoro che presento qui:
dialogare non solo con i superstiti del genocidio mándese del 1994, ma anche con i
boia. E cercare di mettere
questi due dialoghi in prospettiva cioè, per quanto
possibile, fare comunicare il
boia con la vittima. Perché?
Perché ne va della dignità del
popolo mándese. Non ci sarà
riconciliazione senza giustizia, certo, ma non ce ne sarà
neppure se i boia saranno
demonizzati in blocco.
Quel che ho capito mentre
raccoglievo le interviste, nel
febbraio scorso, è che tra i
boia, alcuni sono vittime
dell’essere boia. Ed è a loro in
modo particolare che dedico
questo lavoro. Tramite un’opera di ascolto paziente e a
volte difficile, ho potuto penetrare il cuore dei miei interlocutori. Le testimonianze
presentate nell’esposizione
sono solo degli estratti di
questi lunghi colloqui. Il fotografo Alain Kazinierakis,
con cui ho concepito il lavoro
fin dall’inizio, era là per captare questi momenti di intensa emozione.
Il superstite è a volte completamente distrutto in se
stesso, spesso disperato, o indignato, raramente pronto a
ricominciare. La giustizia resa è la condizione necessaria
perché possa tracciarsi un
nuovo cammino. L’artefice
del genocidio a volte è total
mente arrogante, si dichiara
non colpevole, è pronto, si
direbbe, a ricominciare. Ma il
boia a volte è sgomento a
causa del gesto che ha compiuto mentre era accecato
dalla manipolazione della
sua coscienza e del suo dovere civico. Gli capita di piangere per il suo crimine, di
supplicare il perdono delle
vittime. Costui non è pronto
a ricominciare una nuova vita, porta il suo crimine come
un peso. Tra questo boia e la
vittima, la paura reciproca
può esorcizzarsi a condizione
che si apra un dialogo.
Mi auguro che questo lavoro, al di là della speranza della ricostruzione di una fiducia
tra ruandesi, come complemento alla ricerca della giustizia, faccia capire a tutti il
pericolo del pensiero unico,
non solo prima dei genocidi
ma anche dopo. Non ci sarà
umanità senza perdono, non
Il sogno di una casa, di cibo
a sufficienza, di una buona
istruzione, di un lavoro.
Per un bambino del Terzo
Mondo questi sogni si
avverano molto più
difficilmente che per un suo
coetaneo del Primo Mondo.
Per colpa delle guerre, delle
carestie, dell’alterazione del
clima, del sottosviluppo di
questo grande continente.
Per questo le chiese valdesi
e metodiste hanno deciso di
investire una quota deM’8 per
mille, a loro esplicitamente
destinato dai contribuenti,
per sostenere progetti di
cooperazione allo sviluppo
nel Terzo Mondo realizzati in
collaborazione con
organismi ecumenici,
istituzioni locali,
associazioni di volontariato.
Un dettagliato rapporto delEutlllzzo
del fondi ricevuti è stato pubblicato
sui maggiori organi di stampa
e su Riforma del 14 maggio 1999
Ntarama (Ruanda): un bambino
davanti aiia chiesa dove sono
state uccise oitre 400 persone
ci sarà perdono senza giustizia, ma non ci sarà neppure
giustizia senza umanità. Ho
voluto dare alla giustizia un
abito meno sobrio della toga
nera dei magistrati. Nelle prigioni ho incontrato il vero
pentimento, bisogna che i
ruandesi, tutti i ruandesi lo
sappiano. E bisogna che anche l’Occidente lo sappia,
questo Occidente che si intestardisce a mascherarsi con la
sua buona coscienza, come
se i ruandesi dovessero imparare le buone lezioni di pace
di un mondo che si è dilaniato in guerre e genocidi altrettanto truci. Un mondo che in
questi giorni, proprio mentre
ricordiamo i cinque anni dal
«nostro» genocidio africano,
sta dilaniando se stesso con
la guerra del Kosovo. Stavolta
nel cuore dell’Europa. (Medici senza frontiere)
La strage di Littleton in Colorado
Uccisa perché aveva detto di credere in Dio
CHARLES W. COLSON
* Yolande Mukagasana è nata a Butare da una famiglia
tutsi. All’età di 5 anni viene ferita nel corso della «rivoluzione hutu». Diplomatasi nel '72,
solo nell’88 le è riconosciuto
ufficialmente il titolo di infermiera anestesista scoprendo
che anche in questo campo esistono «quote hutu» e «quote
tutsi». Nel ’92 apre a Kigali un
piccolo ambulatorio privato.
Questa posizione di autonomia la espone a invidie che
esploderanno durante il genocidio del ’94 quando diviene
oggetto di una vera caccia
all’uomo. Oggi vive a Bruxelles. La sua testimonianza è riportata nel libro «La morte
non mi ha voluta» (La Meridiana, 1999, Molfetta, Bari). A
lei e a Jacqueline Mukansonera, la donna hutu alla quale
deve la vita, è stato assegnato il
«Premio internazionale Alexander Langer 1998».
UN giovane chiede a una
ragazza puntandole un’
arma contro: «Credi in Dio?».
Ella sa che se dice di sì, pagherà la sua confessione con
la vita. Ma le appare impossibile rinnegare il suo Signore.
Così con quelle che saranno
poi le sue ultime parole, risponde: «Sì, io credo in Dio».
Una scena come questa ha
avuto luogo qualche settimana fa a Littleton, nel Colorado. Come ha anche scritto il
Washington Post subito dopo la strage nella High Scool
Colombine, i due studenti
che hanno freddato 13 persone, Eric Harris e Dylan Klebold, non hanno scelto a caso le loro vittime, ma a partire da un caleidoscopio di tremendi pregiudizi.
Oltre a quelli legati all’appartenenza di razza e collegati ad attività sportive, un
altro gruppo è stato preso di
mira: i cristiani. Sono stati
uccisi quattro evangelici e
quattro cattolici. Fra loro
Cassie Bernall. È stata proprio la giovane Cassie a
prendere la drammatica decisione descritta sopra. Cassie aveva 17 anni e una bella
chioma bionda. Era molto
attiva nel gruppo giovani
della Chiesa evangelica di
Westpool e spesso portava la
Bibbia anche in classe. Stava
proprio leggendo la Bibbia
nella biblioteca della sua
scuola quando i giovani killer
Thanno uccisa.
Uno dei due, secondo testimoni della scena, le ha chiesto appunto: «Credi in Dio?»
e lei dopo una breve pausa
ha risposto di sì, che credeva
in Dio. «Perché?» aveva chie
0
□
Wm.
sto l’altro prima di spararle.
Cassie non ha avuto la possibilità di rispondergli, è morta
prima. L’omicidio della giovane Cassie colpisce ancora
di più perché solo pochi anni
prima lei, proprio come i suoi
assassini, aveva praticato
occultismo ed era piombata
nella stessa oscurità e nichilismo che hanno poi portato i
due giovani a compiere l’orribile strage. Poi due anni fa
Cassie era passata attraverso
una conversione profonda,
aveva confessato la sua fede
in Cristo e questo ne ha fatto
una delle rare martiri della
fede di questo secolo.
Aveva scritto solo due giorni prima di morire: «Ora ho
dato via ogni cosa. Ho trovato essere la sola via conoscere Cristo e sperimentare la
grande potenza che lo portò
di nuovo alla vita, e scoprire
cosa significa soffrire e morire con lui. Così qualsiasi cosa
questo voglia dire, io sarò
una che vive la freschezza
della vita nuova di coloro che
risuscitano dai morti».
Convegno internazionale a Loccum
Islam «tedesco», religione
in cerca di naturalizzazione
«Islam in Germania: una
religione in cerca di naturalizzazione» è stato il tema di
un convegno internazionale
tenutosi dal 28 al 30 maggio
scorsi a Loccum, una cittadina situata nei pressi di Hannover nel Nord della Germania. L’incontro è stato organizzato dalla Accademia della
Chiesa evangelica tedesca.
Secondo Mostafa El Ayoubi, che ha partecipato al convegno in qualità di inviato
della rivista «Confronti», le
tre giornate di studio sono
state estremamente importanti per capire le dinamiche
relazionali fra la diversificata
comunità islamica e la società tedesca a maggioranza
cristiana. Fra gli argomenti
più discussi: l’insegnamento
della religione islamica nella
scuola pubblica, il riconoscimento delle organizzazioni
islamiche come enti giuridici
e il loro accesso ai finanziamenti pubblici.
Significativa è stata la partecipazione di Otto Schily,
ministro degli Interni della
Repubblica federale tedesca,
il quale ha sottolineato il fatto che l’Islam, con i suoi circa 2 milioni e 800.000 musulmani, faccia ormai parte a
pieno titolo della realtà tedesca, invitando i responsabili
delle varie organizzazioni
islamiche presenti a questo
incontro a impegnarsi nello
sviluppo di un «Islam tedesco» svincolato da influenze
esterne, come quella della
Turchia, da cui provengono
il 70-75% dei musulmani
presenti in Germania, (nev)
A "■
m
Tutti i fondi
deii’8 per miiie
destinati aiie
chiese valdesi e
metodiste sono
stati investiti
esclusivamente
in progetti
sociali e
umanitari in
Italia e
all’estero.
»
E sarà così
anche in futuro
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste e valdesi)
via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06-4745537; fax 06-47885308; E-mail: TVmode@tin.it
Sito Web: http://chiesavaldese.org
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