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Anno VII — N. 8.
II SERIE
SO Ai'RIi.k 18!>8
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
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Svgiu-ndo la verità uclla caritìi. —Efek. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE ' LK A.SSOCIAZIONI iil KU:KVONO
Ter lo aaU5 [franco a destLnazione] .... jt. 3 00 i; In ToRijioall’Uffiiio «lei d iemale, via del Vriiic^
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 • Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 50 ; Nelle Provikciepresso tutti gli Uftizj
Ter la Germania id................... „ 5 50 ; mezzo di Vaglia, che dovranuo ess
Non si ricevono associazioni per meno di uu anno. , fi-anco »1 Direttore della Bcosa Not
Airestero, a’ seguenti indirizzi ; Parigi, dalla libreria C. Meyrueis, rue
Oineyra, dal signor E, Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di fianco'
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Tl culto e la mediazione dei Santi condannati dall’antica tradizione II — Un’ultima risposta
alV^rroonia, dell'autore del Viaggio di S. Pietro in Roma.—Cronaca della quindicina — Annnnzli.
IL CULTO-E LA MEDIAZIONE DEI SANTI
CONDANNATI
DALL’ANTICA TRADIZIONE.
II
La forza del nostro argomento trattando del culto e della mediazione de’ santi consiste, come abbiam detto, nella Gran Regola che
ogni Chiesa accetta. “ che quello solo è ortodosso che è primitivo,
quello eretico che fu aggiimto posteriormente ”. E’ tal clava questa
regola che, meglio che la favolosa di Ercole, scliiaccia ed estermina
tutti i serj)enti. Ri sono ascoltati rinomatissimi Padri che combattono
il culto della creatura come idolatrico, mentre cerca introdursi con
ogni sforzo nella Cliiesa. Le loro dichiarazioni, e parimenti quella
del Concilio di Laodicea, sanzionata da due Concilj Ecumenici, sradicano un tal culto, e per chiimque faccia caso della Tradizione, il
Culto de’ Santi e la loro invocazione hanno da essere un gi'avissimo
e iierniciosissimo errore. Continuiamo a prevalerci di questa stessa
Tradizione.
Gregorio Nisseno fissa uu principio da non troppo mai meiUtarsi,
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[)er la ragione che con quello è tratta una linea di demarcazione tra
Dio e la creatura, uon permettendo che sotto niun pretesto si confonda quello con questa. Dice egli adunque, che “ ogni cosa che ha
origine dalla creazione nou può esser oggetto di culto, ma l'increato
n’ è unicamente l’oggetto; “ Moisè, dice egli, le Tavole, la Legge, i
Profeti, quindi gli Evangeli ed i precetti apostolici, egualmente vietano di risguardare alla Creatura Orat. contr. Eunom. iv Tom. iy.
Antonio, nella sua Melissa, reca le parole del Nisseno, aggiungendo,
“ abbiamo noi appreso a solamente adorare e venerare la natura increata ”. Ma i Papi che nell’edizione dei Padri hanno preteso di aver
il diritto di gettare la falce, per potare quanto spiacesse ai loro*occhi,
nellTndice espm gatorio comandano che la parola solamente vi sia
cancellata, deleatur dictio solummodo ! ! ! (Index Expurg. Gasp.
Quirógfe Cardinalis jussu editus, de Consilio Supremi Senatus Generalis Inquisit. Madrid Anno 1584). Così adoperando, in verità, la
TradÌ!5Ìone sarebbe in buon accordo con Eoma, a condizione che
questa possa troncare 1 testimonj che più la convincono di contraddizione e di distruzione della Tradizione! I Padri, i Concilj, gli Annali Ecclesiastici, son tutti e sempre per lei, purché non si leggano
o si addottine le espurgazioni da lei fatte, tanto piiì impudenti in
quanto sono da lei stessa cinicamente confessate. Ecco un’altro Dottore più ancor celebre, che Eoma conta tra i suoi, pretende esser suo
organo, che, come gli altri già mentovati, va del pari a rovescio di
tutti i prediletti suoi dogmi. “ L'Apostolo Pietro, fa notare Atiuia.sio,
non permise a Cornelio di adorarlo, allorché questi volle farlo, con
fargli osservare “ imperocché son io stesso un uomo come tu ”. Atti
X, 26. Anche l’Angelo fè lo stesso divieto a Giovanni quando, nell’Apocalisse, voleva egli adorarlo, con dirgli, “ bada tli non farlo, ma
adora Dio ! ” Apocalisse xxii 9. Perciò appartiene al solo Iddio di
ricevere un culto. Questo ben conoscono gli Angeli stessi, i quali,
quantimque sorpassino gli altri in gloria, nulladimeno sanno che sono
soltanto creature, e del numero non di quelle che vogHonsi adorare,
ma bensì di quelle che adorano il Signore (Orat. iii con tr. Arianos.)
Ambrogio, in virtii di questa stessa dottrina, riprende quelli “ ch’adoravano esseri creati come loro ”. (In Eoman. cap. i.) Allorché Epifanio confuta i’Eresia dei CoUiridiani, eretici, o i^iuttosto eretiche,
che trassero dalla modesta oscurità la Vergine Maria, per renderle
un culto, così conchiude: “ nè Elia, né Giovanni, nè Tecla, nè alcuno
dei Santi si hanno da adorare ; perchè nou deve iiiù prevalere quell’antico errore a riguardo nostro, che traendoci ad abbandonare il Dio
vivente, ci fa adorare quanto da hù fu creato; perchè “ quelli divennero stolti che hanno servito ed adorato la Creatura più del Crea-
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tore poiché se il culto agli Angeli è divietato da Lui, quanto più
lo divieterà per Colei che nacque da Anna. Si onori Maria ma non
.«i adori che il Signore (H.x're.s. 79 p. 448) Trattando della sopraccennata Eresia, da lui detta “ i’Eresia delle donne ”, d’onde derivò
ITperdulia di E«ma, parola da lei inventata per sollevare il Culto di
Maria su quello dei ^nti, Epiñmio, ancor più energico, esclama :
“ qual tc.sto della Scrittura si ha in pronti) che autorizzi tale cosa?
Quali profeti hanno giammai iwrmess«') il culto di im uomoP e che si
dovi-à ixii dire di una donna? Certo era Maria un vaso eletto, ma
pur sempre ima donna. Si onori, ma si adori il Padre il Figlio e lo
Spirito Santo. Che mai niim uomo adori Maria. Mariani adorare
nemo velit ”. (Epifan. contr. Hieres. Lib. iii. Tom. ii. Hieres. 79 p.
10(54 Paris. Ed. 1622).
E qui imix>rta fare una rimarca, a scanso di sotterfugi. Allorché
a]ipj)ena cominciava ad apparire il culto ed invocazione dei Santi,
niuna sottigliezza e subdola distinzione si oiiponeva ancora j>er giustificarlo, e queste parole invocare e adorare solo si riferivano a Dio,
perchè la Religione in lui solo debbe concentrarsi, e dobbiamo solo
adorarlo, cioè alzar la voce supplichevole come si conviene al Creatore dalla Creatura, solo adorarlo che è quanto dire wareo far orazione, il che non può esser fatto che a Dio; l’invocazione e l’adorazione imi)licando l’onnipresenza e l’onnipotenza stessa dell’essere invocato e adorato. Ecco perchè abbiam visto tanto insistere i l’adri
sull’ignoranza dei morti, qualunque siano, su quanto o^xirano o desiderano i vivi. S. Agostino difendendo la stessa tesi così scrivea nel
suo Trattato della Vera Religione, c. iv (Oper. voi. i pag. 786 Edit.
Bencdet. 1679); “ non sia la Religione nostra il culto d’uomini morti.
Perchè se vissero piamente, non sono jiero tali da cercal e sifl'atti onori.
Ma amano che noi adoriamo Colui dal quale illmuinati si rtillegrano
essi che noi siamo compagni nei loro meriti. Sono dunque da onorarsi per esser da noi imitati, e non adorati jm' motivo di religione ”.
La stessa cosa dice S. Ambrogio che cioè l’invocazione e la pregliiera
si riferiscono esclusivamente a Dio; “ sed tamen Tu solus Domine
invocandtus es, Tu rogandus ”. (Ambros. Op. Tom. ii. p. 1207 Edit.
J5ened. Ptuis 1690). Se l’ortodossia dei l’adri vuoisi prendere al serio,
è chiaro che nè invocazione nè preghiera non possono mai indirizzarsi ad esseri creati; è tale la loro dottrina. Un abisso dunque li sel>ara da quella di Eoma che fa dell’invocazionc e della preghiera ai
Santi l’affare principale, anzi a.ssorlientc del suo culto. Citiamo ancoiAtanasio che non è meno forte e meno preciso degli altri. “ Noi
siamo veramente adoratori di Dio, egli dice, perchè noi non invochiamo nessuna creatura, ne alcuno che sia puro uomo, ma il Figlio
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che per natura da Dio è vero Dio, fatto uomo senza dubbio, ma n(;n
meno })cr questo il Signore stesso, Dio e Salvatore (Atañas, contra
Alíanos Orat. ii Op. T. i p. 582.Ed. Bened. Paris 1G98). L’argomento
d’Atanasio che con tanta forza respinge ogni culto ed invocatone
della creatura combattendo gli Ariani, stava su ferma base, dacché
Cristo era non solo uomo, (in tal caso rigettava esso ogni culto ed
invocazione a lui rivolti) ma essendo Dio-Uomo con ragione lo rivenilica per Lui, ed è solo a tal titolo che il suo argomento rimaneva
affatto invincibile. Aunnettendo che i Santi possimo invocar.si e adorarsi, l’argomento rimano di nessun valore. A conferma di quanto
ora abbiam detto ecco im’autorità cho Eoma non può rigettare. Novaziano, prete della Chiesa Romana nel terzo secolo, coiichiude che
Cristo è Dio perchè è in ogni luogo invocato. Così argomenta “ Se
•Cristo fosse solamente Uomo, come mai quando Egli è invocato sarebbe Egli in ogni luogo presente, l’Onnipresenza essendo l’attributo
di Dio? Se Cristo é solamente Uomo, perché s’invoca un’uomo nelle
pregliiere qual Mediatore, poiché per le cose della salute l’invocazione
dell’uomo è priva d’ogni efficacia? ” (Novaz. de Trinit. cxiv p. 747.
Inter ojiera Tertullian. Eegalt. Paris 1635). Così si ragionava nella
antichità; ma questo ragionamento è del tutto assm-do nel sistema
romano del culto de’ Santi; ne verrebbe per conseguenza, secondo la
dialettica di Atanasio e di Novaziano che ogni Santo o Santa sarebbe
Dio, e si avi'ebbero tanti Infiniti quanto incalcolabile è la miriade dei
Santi romani! Così lo studio della Tra^lizione è una continua sconfitta per Eoma, e smente quella pretensione che sola non vaiiò, non
innovò, ritenne imiolato il deposito, e che crede nei pimti essenziali
quello che fu creduto fin dai primordj. della Chiesa. Il grand’Origene
che nel terzo secolo era a questo pToposìto eco del pensiero dominante,
si espresse in modo da non esser inferiore ai Padi’i già citati. Queste
sono le sue parole “ Ogni supplicazione e pi’eghiera ed intercessione
e azion di grazia, dobbiamo noi indirizzarle a Dio che è sopra ogni
cosa, per mezzo del Verbo vivente di Dioche é il Sommo Sacerdote,
superiore agli Angeli tutti. E’ contra ragione, in vero, l’invocare gli
Angeli quando sì poco conoscia,mo riguardo ad essi ; ma supposto anche che noi fossimo ragguagliati assai bene su queste misteriose maraviglie, ad ogni modo questa supposta scienza medesima, mentre ci
metterebbe in chiaro la natm’a loro ed i loro rispettivi uffizj, non ci
permetterebbe di volgere presunziosamente le preghiere ad alcun
altro, eccetto alla Divinità Onnipotente, per mezzo del Figliuolo di
Dio, Salvator nostro ”. (Origen, contr. Cels. Lib. v. p. 580. Edit. Benedict. Paris 1735). Simil linguaggio teneva egli nella sua gran polemica contro Celso, a cui la Chiesa assisteva considerando Origene
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come suo orgfino. Tanto è vero che 1« spirito primitivo e Fiiisegnamento della Chiesa alh^ra, su punto così importante, s’accordavano
coirantica Siuagoga, come si sa, tanto zelante del Cidto esclusivo a
Dio e sommamente avversa ad ogni miagiiie che lo rappre.senti.
Perfino nei tempi barbari, sotto regno della Scolastica, tutto
questo bell’cdifizio del culto dei Santi si riconoscea riposare su nulla
di solido. Pietro Lombardo, detto il ]\Iaestro delle sentenze, Hmitavasi a dire “ Non è incredibile die i Santi a.sooltino le preghiere di
quelli che-li sniiplicano ”. (Sentent. Lib. iv Distinct. 45). Gaorlele
Biel fa un passo e ilice “ la cosa è probabile ”. (In canone Missiu
Lect. XXXI.) Il Cardinal Gaetano con più candore confessa: “ che noi
uon abbiam mezzo di certezza i)er conoscere se i Santi ascoltino le
nostre preghiere ”. (In Secimdum secnndaj 88 art. 5. Aiig. Taur.
1581. p.411). St^indo tutto sul dubbio, per confessione dei più gi’andi
Teologi di Roma, sarà dunque senza alcun certo fondamento tytto il
sistema del culto e deH’invocazione dei Santi ' E si osò sopra fantastiche ipotesi stabilire un culto tale che ingombra la chiesa in modo
sì strano e in proporzioni sì vaste da staccare i ¡»poli dal vero Culto,
facendolo quasi dimenticare? Ma v’ ha di peggio; .solo dir dubbia la
base è tro2)i)o concedere: la Tradizione, le di cui voci potremmo
moltijilicare a gimlo nostro, dichiara erronea questa credenza e i>ratica, e sovversiva affatto del Cidto che è dovuto a Dio solo. Eppure
il Concilio di Trento (Ses.sione xxv de Invocatione) in dispetto dei
tanti Padri che vorreblne far credere in pieno accordo con Roma, decretò formalmente “ che è buono ed utile invocare imiilmente i Santi,
il ricorrere alle loro preghiere, aiuto e soccorso, per ottenere i beneiizj da Dio ”. E poi chi non ha mille volte udite queste fonnole per
ogni Santo “ abbi 2>ietà di noi, ¡¡erdonaci i nostri j)eccati?” Non sono
essi chiamati intercessori, ed invocati in motlo diretto come dispensatori di grazie, di assistenza e di salute? Nulladimeno gli Apostoli,
nostri modelli, uuUa han lasciato che anche per ombra si avvicini
ad im tal linguaggio. Di Stefano primo martire è detto che fu sepolto
con gran pianto, nè voce si levò mai ad invocarlo. Paolo suo jiersecutore giannnai iu tante epistole fa cenno di lui come di un Mediatore od a qualunque altro titolo. Vediam pur S. Giacomo, morto
martire, nè i primi fedeli s’immaginarono di creargli anche un solo
raggio d’apoteosi. I primi secoli rifuggono a queste idolatriche forme,
chc per condiscendenza, [>er ignoranza, per spiiito venale, per avere
un mezzo alle pie frodi, per la crescente barbarie si sono svolte d’età
in età, sotto aspetti senqa’e peggiori, jier tal modo che reliquie, leggende, e falsità di ogni genere finirono per bubrattare la Ciesa in
modo orribile. 1 Santi sempre nuovi e sempre diversi, canonizzati,
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invasero la divozione; e Maria fatta loro regina fu alzata ad un gi-ado
non dico sodo di culto, ma di ributtevole idolatria, e a di lei riguardo
fu lecito qualunque eccesso, e purché ne venisse esaltata,fu lecita ogni
bestemmia. In prova che la nostra uon è calmmia, ecco, tra tanti,
Bernardino de Bustis (Mariol. Bars ix. serm. xi) che in questi stessi
termini si esprime: “ La Beata Vergine essendo madre di Dio, cd il
di lei figlio Dio stesso ed ogni figlio dovendo natmalmente esser inferiore alla madre ed a lei soggetto o la madre da i)referirsi come
HUjieriore al figlio, ne viene di conseguenza che la Vergine debba
essere a Dio superiore, e lo sñsso Dio a lei sottomesso, (et ipse Deus
.sit subdi tus ejus) in ragioue deUa umanità che da lei ricevette ”.
Aggiungo anche questo: “ ogni cosa pende dal cenno della Vergine E ANCORA dio! (imperio Virginisoiuniafamulantur, et Deus!)
Prosegue egli “ La Vefgine Maria essa sola ha l’iù fatto per Dio, o
almeno altrettanto, per così esprimermi, che Dio ha fatto per tutto
l’mnan genere. Raccogliamo in una somma quello che Dio fece per
l’uomo, ed esaminiamo quello che Maria contribuì rispetto al Signore.
Restituendo ogni cosa a ciascuno, cioè quello che fece Dio pell’uomo,
e quello che fece la Vergi?ie per Dio, vedrai che più fece Maria per
Dio che Dio non fece per l’uomo (videbis quod plus fecit Maria
Deo quam homini Deus. Serm. 61. Ai't. I. Cap. xi).
Dimque di caduta in caduta il culto dei Santi più sempre sconvolge e contraddice la Scrittura e la Tradizione, e queste minate,
nemmeno è contenuto in certi limiti, ma soverchiandoli tutti, l’attentato va fino all’assoluta distruzione della Mediazione di Cristo che
cessa di esser esclusiva, e per colmo di prevaricazione e di delirio, il
Culto reso a Maria a tal punto è sospinto che Dio è a lei subalternizzato, Dio è ridotto ad averle obblighi e riconoscenza, in una parola, se così i^ossiam dire, Dio è metamorfosato nella creatura e la
creatm’a fatta Dio stesso!!! No, la bestemmia non può andar più
oltre, e quello che deve costernar le menti religiose si é il vedere proposizioni tanto sacrileghe, che abbondano negli scritti ascetici e devoti che Roma inculca e diffonde, non esser mai state percosse da una
sola censura, quando Roma ben si sa, ha tanti ftümini e scomuniche
per poco, anche indirettamente, s’urtino le sue usurpazioni e pretese I
Che vuol dire che è tutto fuoco per queste, mentre è tutto ghiaccio o
diremo meglio zelo infatigato, per enormità chc scontpiassano i fondamenti stessi del Cristianesimo?
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UN’ULTIMA RISPOSTA M.UARMONIA
dell’autoke
DEL VIAGGIO DI S. PIETRO A ROMA.
Al modo di tutti i sofisti, il giornale clericale volteggia intorno a punti
accessorj, neppui- sfiorando il fondo principale della quistione. Noi appoggiati ad autori cattolico-romani, abbiamo fatto cadere a terra molti anelli
della catena dei famosis.simi 25 anni di episcopato di S. Pietro in Roma, ed
anche l'ultimo ha dovuto spezzarsi ai colpi della nostra critica. Come dunque non si seguì il nostro metodo rivendicando uno ad unoi '25 anei interi?
Piacque più all’^1 niioriia l'aver ricor.so, come al solito, all’inesausto repertorio d'ingiurie più gro.ssòlane, scherma sua propria, indegnissima d’un giornale relitjioso. Infatti chi mai scorgerà la nùnima decenza in espressioni
coinè queste, squisita ordinaria fioritura delle frasi deU’^rmoiii'a? I protestanti valdesi sono sempre nominati “ barbetti ”, il mio libro altro non è
che uua “ aboracciatura di falsità, miserabile pubblicazione eretica, portento
di svergognatissima mala fede, una diatriba frodolosa, un libello ” ed io uu
“ libellista, un versipelle litigioso, erotico falsario, un bugiardonc ” che fa
“ spudorate mutazioni ”, che si comporta “ iu modo turpissimo, impostore
slealissimo che sfigura e storpia di proposito i testi a sfoggio di sfrontatezza ” seguendo una sua speciale “ si.stematica combinazione di menzogna;”
cho nulla infine “ è capace di far arrossire il fiodolento infingitore, lo spavaldo controversista Ma si finisca con <(ueste nauseanti citazioni. Il poggio si è chc non hanno un minimo appiglio queste accuse violenti e turpi
che VArmunia scatena nella febbre del suo dispetto cho si,osi in riemonto
scalzare la base di creta su cui poggia 0 grau colosso. Benché abbondi la
materia, mi prefissi di non uscire da onesti limiti sforzandomi alla massima
concisione. Questa risposta sarà l'ultima, e comprende ogni lettore che la
nostra dignità ci divieta d’entrare in un’arena nella quale la sozzura abbonda.
Chi bill letto il libro sopra S. Pietro ed ha presenti i titoli dei eapitoli e
la materia' che vi è trattata, si accorgerà che il nucleo degli argomenti fu di
proposito trasandato nella critica che no fu fatta. Chi non legge che questa
può pensare che il testimonio d’Eusebio fa tutta la base della controversia.
Ma s’ingannerebbe a gran partito. Le nostre pagine abbracciano non pochi
punti capitalis.simi. Abbiamo noi interrogato parte a parte la sacra Scrittura,
facendone parallelo distinto colla tradizione romana. Ora gli Atti apostolici,
l'epistola ai Rijmani principalmente e moltte altre die S. Paolo scrisse mentre stava prigione in Roma, e poi l’ultima a Timoteo in cui annunzia prossima la sua morte, danno tal serie di argomenti crescenti in numero ed in
peso e che si svolgono mano a mano da risultarne la più incontrastabile contraddizione della sacra Scrittura colla leggenda. Si resta stupefatti che
Roma potesse occup.ar tanta parte nel Cristianesimo, esser l’eletta città, il
centro della fede, l’indispensabile alla Chiesa perchè non erri durante tutta
la sua esistenza, c cho gli Atti s’occupino di tutt’altro che di lei, che l’epi.stola ai Romani non contenga barlume di sue prerogative trascendenti, che
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taiit'altrc epistole Kcritte da Roma alle altre Chiese non si curino di farne
minimo cenno, che l’ultima a Thnoteo si mostri ancor più non curante, allorché in quelle ed in questa specialmente si avrebbe diritto di vedere annunziata la presenza di Pietro o almeno la supremazia di Roma, se veraiiieute Pietro divise il carcere con Paolo, se veramente Roma ha il grande
privilegio che ella vanta. Ben vedesi che la sacra Scrittura pone in disperazione i dottori romani, e chc il meglio per essi si è di schivarla, non provocar esami, perchè scrutarla# fondo non solo conduce ai dubbj, ma più si
])ondera, si perviene anche alla certezza che Pietro non fu mai in Occidente
0 che Paolo ne tace sistcmaiicamenie perchè luogo non c era a parlarne.
Sembrerebbe che solo la tradizione debba esser il terreno favorito di Roma,
0 la vanta infatti del continuo. Ma gli stessi romani teologi bisogna pure che
accordino due essere le tradizioni, l’una falsa e l'altra vera. Il Cardinale Ba
ronio stesso nei suoi annali confessa migliaia di false tradizioni che dall’origine ingombrano la Chiesa, riconosciute per falsità manifeste. Non conte.«tiamo gte noi che, per tempo, a poco a poco, iu modo sordo, insensibile si
formi, poi si adotti l'opinione che Pietro fondasse la Chiesa romana e vi
fosse vescovo ‘25 anni, e che Eusebio reijistri quest’opinione. Non contestiamo che i Padri in seguito si sono fatti eco di Eusebio, come Eusebio lo
fu di altri, e che nel medio evo finché la critica non fece qualche progresso
si credè la leggenda essere vera storia. Ma non é egli vero che col progiesso
della critica, anche prima della Riforma (e l'abbiam provato) i sospetti nascono, e celebri scrittori romani cominciano a troncar molti anni dei 2.5,
j)cr non contraddire, dicono essi, agli Atti apostolici ed all’epistole di S.
PaoloEcco dunque già Eusebio smentito in parte e che le cesoie di critica
non sospetta riducono a più stretti limiti la leggenda. Altri vennero poi
dottori della stessa Chiesa, come Ellendorf, che fecero un passo più avanti.
Noi entrammo nel cuor del soggetto ed abbiam cercato, poiché la Scrittura
respinge Pietro dall’Occidente in tanti modi, come mai apparisse il primo
embrione della favola, cd attraverso a quali circostanze ingrossasse. Questo
punto storico valeva la pena 'di esser discusso indagando e cmne Eusebio
si esprimesse sopra tal punto, e da chi si inspirasse. Imperciocchè dubita
alcuno che nei primi secoli la farraggine degli apocrifi crescesse in mole
spaventosa ? Il Cardinal Baronio quasi ad ogni pagina di questi secoli,
esce in queste formolo ordinarie sotto la sua penna: avvi qui falsificazione;
questa pagina subì interpolazione; il libro non è dell'autore di cui po'rta il
titolo; foi-za è supporre che questa parola e quest'altra furono aggtknte. Non
è desso chc osservò che tutto è buio e la verità quasi impossibile a trovarsi
durante questi periodi'? Stupn-emo poi chc si sia fabbricata l’apparizione di
Simon Mago in Roma, il suo volo aereo sopra un carro di fuoco e l’arrivo
di Pietro che lo fa precipitare e rompersi le gambe? La facilità di accogliere questa nuova mitologia, allora in voga, meglio ancor si comprende
dallo spaccio strabocchevole dei libri sibiUini, ridicola impostura eppure
creduta sì fermamente dai Padri, e delle opere del falso Dionisio Areopagita, e delle falso Costituzioni apostoliche e di molte false epistole dei Padri
apostolici, e perfino, se noi crediamo S. Agostino da noi citato, il successo
di una falsa composiziono delle opere ora attribuite a S. Cipriano e di non
pochi Concilj ! ! ! Ciò non ostante, benché ai tempi di quel gran dottore si
credessero una frode, e certo egli ed i suoi contemporanei avevano buone
ragioni per crederlo, distanti solo 1.50 anni da Cipriano, e stando in Africa
ove questo Padre visse, non é egli vero che nei tempi seguenti non si dubitò
jiiù della genuinità dello ojìoro di S. Cipriano, e che parrebbe temerario ora
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chi tenesse il linguaggio di S. Agostino? Dovrem dunijuc ammettere per
cagione dei molti secoli di credulità fatto autentico ed indubitabile quello
die da principio provocava giu-sti dubbj? Una lai massima ò assurda.
Questa controversia 6 del tutto simile a quella della Donazione di Co.stantino o delle Decretali false dei Papi che ebbero per loro un sì gran corte"“'io di credenti, e di cui la critica alfine smascherò l'impostura por tanto
età trionfante, al punto cho era condannato ai roghi chiunque osasse pensar
altrimenti che i più gran dotti di Iloma. Citerò un’esempio solo che fa molto
all'uopo per schiarir <juesto dibattimento. Lo storico Eusebio scrisse che
Costantino non ricevette il battesimo che sul termine di sua vita, e non in •
Roma, ma in Niconiedia. Ne parla in modo che S. Gerolamo, Ambrosio,
Teodoreto ed altri credettero chc lo battezza.sse Eusebio nell'( )ricntc. Trattandosi di un tale imperatore di cui ogni atto aveva testimonio il mondo,
non è egli una gi'ande audacia per parte di Roma lo avere introdotto una
tradizione sua contro l'attestazione la più formale di Eusebio e di altri contemporanei ancora? Ma no, Roma aveva interesse che Costantinc^sse battezzato da un suo vescovo ed inventò che la lebbra di cui suppone inietto l'imperatore svanì col battesimo datogli da S. Pilvcstro. Parrà ben strano, eppure nulla di più vero, Roma, malgrado l'evidenza contraria, afl^ermò intre))ida come fatto una favola. S. (ielasio papa accettò gli atti di Silvestro;
Adriano papa se nc provalo in un’epistola da lui mandata al vii Concilio
ecumenico. Gli Atti di Liberio loro prestano sanzione in un Concilio romano
di cui parla Labbeo (tom. 1. Conc. I cap. 1 pag. 1.54.5, 1546). Si ascolti
Sandino scrittore molto fervido per Roma nel suo libro: Disjiutaliiines histuricw ad vitas Pontijicum romanorum p. 173 Fcrrariw 1771.
“ Nicolao I ingannato da falsi Atti di Silvestro, di Liberio e del Concilio
romano, chiamò Silvestro nella sua epistola viii pag. 17.S a Michele imperatore, il hattczzntore del <jran Costantino ; a queste medesime fonti attinse
S. Gregorio di Tours lib. ‘2. hist. frane, cap. 31, dove si esprime così sul
battesimo di Childerico: “ si avanza il nuovo Costantino al lavacro per
guarirsi del morbo dell’antica lebbra Dimodoché non è da stupirsi che
Adriano I, Incmaro ed altri greci e latini abbiano scritto della lebbra di
Costantino come di cosa certa, e chc Nieeforo lib. vii hist. eccl. cap. 36.
afTermasse “ che la Chiesa riconosce come cerlissima cosa che fu egli battezzato in Roma da Silvestro; Erlesia a Silvestro eum Romic baptizatum
esse cerio prcrdicat.
“ Si può ben muover dubbio, lo stesso scrittore fa notare, se gli Atti di Silvestro che ci rimangono, siano gli stessi che quelli non riprovati da Gelasio ”•
Ed intorno ad Adriano “ non tutte le storie che Icggonsi nei Concilj devoìif) riputarsi per vere ". Ìj poi quanto agli Atti di Liborio “ Tali Atti
escono dalla stessa officina d'onde vennero gli Atti di Silvestro, e sono zeppi
e inacchiaii di molte menzogne come Baronio lo attesta (anno 824) e ne
ha ben ragione ”.
Ora chi crederebbe? Falsità sì enorme (e quanto altre ancora!) per meglio consacrarla fu inserita nel Breviario Romano nell’ultimo dì dell’anno
alla festa di S. Silvestro! l’apebrocchio (iu Conatu Cronico pag. 131 § 20)
racconta del Cardinal Bona che a lui diceva “ essergli insopportabili le lezioni per la festa di S. Silvestro; ed io replicandogli: ma se Costantino non
fu battezzato in Roma, perchè havvi un bivttisterio che si dice da tutti il
battisterio di Costantino? Rispose egli: perchè lo fece egli costrurrc, come
])er la stessa cagione si dice Costantiniana la Basilica di Lftterano (Sandi •
uus idem pag, 16!^).
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Ci gioverà ricordare più avanti questa stessa rimarca del Cardinale; or
Sii sappia che Bendotto XIII riconosceva esservi nel Breviario molte manzoijne date per verità. Questa leggenda scrollò e la critica potò prevalere perchè il fatto non implica graniKiiteressi; ma quella del viaggio di S. Pietro,
anche a fronte di torrenti d evidenze, si vorrà mantenere perchè ne va dellu
base stessa della Chiesa romana, nè ella voiTà mai suicidarsi. L’Arinonia fu
gran caso d’Eusebio chc dice aver io citato alterawlolo. Ma vediamo che
cosa sia quest'Euscbio secondo Baronio: afferma egli ohe spesso manti iw
molte cose: multa mentitus est (prsefat. tom. 1 an. Ecl.) dice egli ancora;
• Necessario ajjirmawlum est, Eusehium esse mentitum (ad ann. 324 § XLVii.)
Ed il famoso Melchior Cano sciama: An non etiam absurclum est ut qui
inJidclÌH Eclesice fuerit, ei jìdem Eclesia in rebus eclesiasticìs haheat? (loc.
theol. lib. XI cap. vi, pag. 380 Salamand. 563). A. Paramo storiografo
deU'iuquisizionc spagnuola cosi parla d’Eusebio: nec curantltim est de opinione et historia Eusehj (de orig. et progr. oiilc. s. inquisit. Madriti 1598).
Ecco in^e di nuovo il gran teologo. Melchior Cano che fa un'ecatombe di
tutti i l’am-i al Papa il quale in cose chc toccano i dogmi solo dove credersi :
Eyo, ut ingenue falcar, plus uno'summo Pontifici crederem in liis quoe fidei
misteria tanguni, quam mille Angustinis, Hieronimis, Gregoriis etc. A che
serve allora discutere di tradizioni se il Papa solo ne decide e ne fa a sua
guisa rigettando quelle che offendono i suoi dogmi? Nulladimeno quantunque sappiam bene che a gente come a quelli àeWArnwnia ogni luce è vana,
per altri non simili a lei .Udremo ribattendo le obiezioni o le accuse a noi
rivolte. Disgraziatamente i lettori dcH’^lrmoma non leggeranno le nostre
pagine, c questo sa bene quel veridico e scrupoloso giornale.
Abbiamo noi fatto notare che Eusebio tituba ed adopra espressioni cho
indicano la sua esitanza riguardo al viaggio di S. Pietro. La parola greca
tot« si deve volgere sembra, è verosimile, è supponibile. Patrieius, Ernesti,
Blorel la spiegano in questo senso, cioè consenianeum est non ripugna.
(adiectivo) ha la forza di similis, probabilis, tUw similis sum. Ilederich.Ecco
perfin rodissea vii 209 eoìku aB^avaroirnv esser simile agli immortali. Demostene pure 2. 1 TOVTO laifxovia eoiKiv evepycrrra somiglia ad un beneficio divino. Parimente in Xen. M. lib. vi, 10 ha il significato di sembrare. Xen.
Hell. 6. 3. 8. Platone ci viejie iu appoggio dicendo: (Orat. 408, 6) sembro,
che sarebbe stato più caro se ecc. Nel senso di convenire basterà consultar
rodissea 22 pag. 548. Sono poi innumerevoli gli esempi scrittm-ali nel senso
di verosimile, di apparenza o di simiglianza senza sostanza.
Su quest’altra parola fam fertur o si dice mi sono ¡sufficientemente di già
spiegato. Or non è egli evidente che Eusebio adopra solo queste due forinole tanto restrittivo perchè niuna autorità seria poteva egli invocare a sostegno del viaggio di Pietro? E difatti nemmeno egli cita alcun autore anteriore a lui, in favore della leggenda. Ebbi dunque ragione di dire che
Eusebio era indeciso. Ma una considerazione che dà il più gran peso alle
precedenti si è questa che egli, parlando dei luoghi ove vissero e morirono
S. Tomaso, S. Andrea e S. Giovanni sta fermo nell’adoprare la parola Trudiziona TrapaSoirig mentre si limita a quest’altra tnìk-f allorché congettura che
Pietro avesse potuto vivere in Cappadocia ecc. e fosse poi morto in Europa. Neghi pure VArnwnia che il vocabolo do^e. trovasi nel passo allegato
non avendo ella consultato che la versione latina ; chi chiude gli occhi può
egli vedere il sole fosse anche di meriggio? D’onde a buon diritto deve dedursi che così variando le locuzioni, Eusebio aveva in mira di comunicare
ai lettori suoi stessi l’indecisione sua propria; e non può credersi chc senza
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un tal motivo facesse egli uso di modi cosi diversi di esprimersi tanto significativi per chiunque voglia alquanto riflettere e .sappia cosa sia la buona
critid^ Mai non si dubitò nella Chiesa primitiva che, secondo il gran ripartimento dei Gentili a Paolo in Occidente e degli Ebrei a Pietro neU’Oriente
sì ben concluso nell'epistola ai Calati, l’Apostolo della Circoncisione non si
dedicasse agli Ebrei della dispersione in (juelle provincie chc Pietro nomina
ad una ad una, e che poi morisse crocifisso secondo la predizione a lui fatta
dal Salvatore. Non può esser perciò riguardo a questi due punti che Eusebio adopra quest’espressiono è verosimile, è sxtpi>onil)iìe; il dubitarne sarebbe
stato negare la Scrittura, in cui lo pecore perdute della casa d’Israel sono
affidate a Pietro da Cristo come speciale suo carico. Laonde dove Eusebio
esita si è sul conto del fatto non scritturale, cho cioè morisse crocifisso in
Roma. E’ ben rimarchevole che anche il Cardinal Bellarmino penso che
Eusebio da niun altro motivò fosse inilotto a s-upporre la presenza dcH’Apostolo in Koma, se non perchè là si conservavano le sue reliquie, f:itto chc
S. Agostino contesta e noi abbiamo citate le sue parole.
Un altro punto che è soggetto di accusa contro di noi, si riferisce alla
parola fiaprvpiov che come tante altre cambiò di senso trasportata in latino.
Non si foce moglie Ai mulier che significa donna semplicemente'? Falnila
.secondo S. Gerolamo significava già storia, dal verbo fari. Ma in gi'oco quel
vocabolo vale solo testimonianza, senza che pur sia bisogno che intervenga
la morte. Esprime ordinariamente un monumento o trofeo collocato sopra
le reliquie del martire. “ Tali monumenti, dice Simon, fm’ono dal principio
eretti sotterra nelle catacombe tra le vie Ostia ed Appia, poi sul monte Bactifomo chiamato ora il Vaticano ”. Non disse forse Valesio “ ¡.laprupiov
proprie dicitur locus in quo etc. ”. Non disse Eusebio stesso che il fiupTvpiuv
era .stato eretto in Costantinopoli? Non disse Suicor “ HapTvptov teTìipliun
sive ¡íacdhim in martiris alicujus honorem et memoriam wdificalmH.^ Non
disse il Concilio Laodiceno “ lur ra KOífti]rr¡ptn ì] siq ra Xtyofiti’ci ^aprvpia
uTTumi; Non disse Stephanm /laprvpioy significare testimonianza, ed il luogo
. anche ove si conservano le reli<piie del martire? Non disse Scaligero; Martirium proprie eM altare impositum martiris cinerilus'i (in Chron. Eusebii)
Non di.ssc Arudius m ¡.uipTvpia loca et monumenta sacra murtirihns? Non
di.sse lo stesso Baronio: “ Ciò che si chiama in latino confessio, in greco
vien detto (papTvpwu) martirium? E s’oda ancora questo cardinale “ Appunto gli stessi monumenti che in latino si chiamano da noi confessiones,
s’ititolano trofei da Caio (in Piuseb. 2. 25) e l’annotatore Cat. Pioni. nell’edizione dei Padri, Parigi 1836 così nc parla (in Grisostom. voi. '•l).martiriam vuol dire chiesa consacrata al nome di uu martire, o in cui lo ossa del
martire sono riposte: vox frequciis apwl scripto-res eclesiásticos ”. Quanto
al fAapTvpivf di S. l’ietro nelle Catacombe e la di lui apertura alla sommità,
veggasi il padre Aringhi (liorna subterránea Uh. tri cap. 38) Così l’argomento chc si gonfiala piene vele ^er dedurre dall’erezione di un martirio
per Pietro che fosse morto in Eoma, va affatto in fumo; non abbiamo noi
n-ovato con molti esempj che ebbe egli martirii di simil fatta iu molti altri
uoghi? Ed il battisterio di Costantino prova egli forse che vi fosso battezzato?
'L'Armonia sostiene che dal contesto “ chiaramente Eusebio dinota aver
Paolo e Pietro in quella truce persecuzione di Nerone, avuto l’onore e la
gloria di sopportare i tormenti del martirio in Roma Il contesto noi diciamo, fa vedere che bensì Paolo tiinvTqz nella stessa Roma, fu decapitato,
mentre è dotto che Pietro fu crocifisso non in Roma, ma solo Karavruv
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nel tcHipo dello ulemìo Nerone. La collocazione delle parole non permette
che i due membri della frase sieno assimilati nel senso, anzi la distinzione
in ([uesto passo, come in quello di Clemente Romano, ben discusso dS noi
nel nostro libro, ha tanta precisione che ne risulta un argomento in contrario,
imperocché se vi fosse stata una tradizione inconoussa sopra la morte simidhmea dei due Apostoli, non è possibile che Clemente non meno chEusebio
non si fosse assai compiaciuto ( i farli morire insieme nel modo il più solenne e patetico. In un altro luogo (lib, iii. 31) volendo Eusebio riassumere
quello che concerne il martirio di Pietro, non ha per scopo di indicarci il luogo
live aw'onne, ma unicamente “ il tempo ed il modo della morte di Paolo e di
l’ietro ”, però quanto al luogo soggiunge “ ove le loro reliquie furono na.scoste dopo la loro morte, già ne feci parola ”. Sembrano inezie queste,
ma prendono un gran valore allorché, imbrogliando le cose, si ricorre ad
artificj per far dire ad Eusebio quanto non disse mai nel dicluarare la sua
privata opinione.
Mi accusa IVl/’niOHi'a d'aver soppresse queste parole “ il massimo fra gli
Apostoli '’. Ma non posso sopprimere qucUo che non esiste. Ecco le parole
originali: tov KapTipov icai ¡leyav riov AttootoXwi' tov aperriQ evtKo. twv \oi-xuiv
airavTuìv irpotjyopov Ilirpov ecc. “ (juell'operoso e grande degli Apostoli, Pietro
che per cagiono della sua virtù fu il conduttore degli altri ”. Chi falsifica
adunque? Chi sopprime? Ma forse \'Armonia non cura il greco originale,
si restringe a Ruffino od a Raronio, ed ingannata da questi che sono inesatti o liberi accusa poi noi di mala fede o di frode!!!
Bisogna essere strige notturna per non vedere chc Origene importa molto
a noi, poiché conferma che la credenza era viva ai suoi tempi che Pietro si
occupasse nel campo della dispersione giud;iica. Cosa strana, tante il prurito
deir¿lcí/iO!iírt di prenderci in fallo, e tanta é la penuria di lei che neU’accusarci di aver soppresso (¡ueste parole, “ predicando agli Ebrei '' non s’avvede neppure che si mette essa stessa le brace sopra i piedi. Chi perde qui
con tal soppressione? Io solo; ella è tutta contro il mio interesse e non contro (jueUo (iell’avversario. Non é una delle basi del mio opuscolo rimasta
salda, che i due Apostoli si sono divisi il mondo, Pietro consacrandosi agli
Ebrei e Paolo sii Gentili? Per quanto riguarda un’altra soppressione di cui
sarei reo, ho consultato due esemplari della traduzione latina di Eusebio, e
nemmeno in uno ho trovato queste parole; “ la dottrina della novella alleanza ”, Ma che perciò? Mi prevarrò io di questo per gridar in faccia all’avver.sario “ buggiardone ed ipocritone? ” La colpa sarà degli editori, vi
sarà diversità di lezioni, ma nulla da giustificare questa tanto ripetuta acerbi
accusa di “ spudorata mutaàone ”,
■Vengo ora al libro detto il Knpvypa di Pietro, Perchè non potrà essere
che fabbricato come mill’altri sotto il nome di Pietro, allorché tanti falsi
evangeli e false epistole formicolavano, il primo intento fosse solo di faro
parlar Pietro iu Roma in uno scritto, e chc poi con un^akra metamorfosi,
non paglii dello scritto, s’inventasse l’arr^’O di lui in Roma per combatterò
Simon Mago? Benché Eusebio asserisca nessun Padre antico aver fatto uso
di quel libro por appoggiai'sene, con quest’affermazione dà una prova chiara
quanto si debba andar guardinghi anche intorno a ciò che egli afferma positivamente, Che importa che non fosse “ generalmente ricevuto iu tutte le
chiese? ” Ma Clemente di Alessandria soventi lo citò come di gi-ande autorità; Lattanzio ancora ne fa menzione: c questo basta per me. Quanto alla
domanda così gentihnente espressa: “ Dove, o bugiardone, dove racconta
Eusebio tal cosa, cioè chc Pietro facesse pcrveuii’c in Roma il libro della
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piedicazione prima <H partirò per IJaliilonia nell'intento di fornirò un .Hiti(loto contro le eresie dei Gnostici'? ” Questa ò la mia risposta: uel libro ii
14, cominciando Iltpt tov mra Vofiriv KtìpvyfÀaTOQ ììeTfM)v tov airoaroXov, e
terminando nat rw avcpi KaToXiXvTo Svvafuc. A chi s’intcnde di critica noi
abbiamo già abbastanza provato che questo modo di dire “ che la provA'ividenza celeste indirizzò em thjv Vofiriv contro quella peste degli uomini,
Pietro apostolo che promulgò tra i Romani ro Kijpvyfia, la sua predicazione ecc. ” in niun modo può significare l'andata pcrsmuih di Pietro in
quella città, ma la di lui azione morale verso quella; d onde segue cho anche qui importa assai saper penetrare il genio della lingua, e con un po’ di
buona fede la difficoltà resta sciolta in pieno nostro favore. Perchè si vegga
che grande dovette essere l’influenza di tal libro c dar materia alla falsa
tradizione contro la vera e che molto era citato dagli antichi, si consulti
Fabrizio nel suo Codice apocrifo, Grabius nel suo Spicilegio, il Padre Xavier
ed anche altri. Le Clwc fa pur notare che Clemente Alessandrino nella sua
Stromata lo ritiene conte sanzionato da<jli^ Apostoli. Che si vuol di più per
confermazione del gran successo che dovette avere?
Ma basti il fin qui detto; noi non andianjo «Ila pesca d’anguille, nè vogliamo perdere il nostro tempo a fare un buco ncU'acqua. Chi diede prove
del più sfrenato spregio, non dico della buona creanza cristiana, ma del più
volgare galateo, ho ben il diritto di rifiutarlo in religiose ctìntroversie. Quanto
a me cercai solo la verità con la più retta coscienza, ho nmnita l'intera mia
dimostrazione di ogni genere di prove, che confido esser invincibili, e se
non lo sono bisognava ribatterle, ma nel modo che si conviene ad uomini
sensati ed onorevoli. Bel resto si sa che VArmonia non cura l’onore della
sta^ipa, e vorrebbe anzi che tutti imitassero lei per renderla odiosa e spregevole ed abolirne la libertà. Noi chc la rispettiamo e l’amiamo, non prenderemo giammai la penna che inverso di quelli che la rispettano come noi.
F.
CRONACA DELLA QUINDICINA
L’avvenimento religioso che, prima d’ogni altro, merita di trovar posto
nella nostra cronaca, si è il gran risveglio religioso di cui da circa nove mesi
a questa parte, è teatro, non che la città di New-Yokk, gran parte degli
Stati-Uniti d’America; risveglio che, così per la straordinaria sua estensione, come per l’assenza totale di esaltazione con cui “Jirocede, è supcriore a quanto crasi mai veduto iu questo genere fino ai nostri giorni.
La grande crisi finanziaria cui più di qualunque altra regione soggiacque
l’America, runiiliazione che nc fu la conseguenza, pare essere stato il punto
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di partenza di questo fenomenale movimento ; stromento efiicacissimo ne fu
la preghiera, cominciata fra pochi e che poi si è estesa a tal segno che, in
ogni grande città, esiste attualmente un numero infinito di locali diversi,
chiese, sale e perfino teatri, ove, quasi ad ogpi ora del giorno, ma special
mente a quella del mezzodì, trovansi riunite centinaja ed anche migliaja di
persone di tutti i ceti, avvocati, medici, banchieri, negozianti, artisti, magistrati, pregando, esortando, e molti ringraziando ad alta voce il Signore che
gli ha chiamati dalle tenebro alla meravigliosa sua luce, e sollecitando dalle
preghiere dell’assemblea la stessa grazia, or per le persone a loro care, ora per
questo o quello individuo notoriamente conosciuto come uomo vizioso o sistematicamente opposto all'Evangelo, ed esercitando sul pubblico, come tale, una
funesta influenza. Altri due caratteri affatto proprj di questo risveglio, sono :
1° Lo spirito di cattolicità di cui è informato, non essendo le raunanze delle
quali abbiam più sopra parlato, proprie di tale o tal altra denominazione religiosa, ma composte d’individui appartenenti a quasi tutte le comunioni evangeliche. 2° La sua tendenza eminentemente pratica c santificante. Fortunato
quel popolo, che essendosi per qualche tempo allontanato da Dìo, quando
vien punito, riconosce la verga e Colui che l’ha mandata, e con pentimento
e preghièra si rivolge al Signore per essere sanato!
Li Francia ebbero luogo, dal 12 al 29 aprile, le annue generali adunanze
deUe vario società religiose cho hanno loro sede in Parigi. La società per
Vincoraggiamerdo deìVisti-uzione primaria fra gli Evangelici, venne anche
quest’anno presieduta dal sig. Guizot, che inveì con generose parole contro
gl’incagli d’ogni sorta cui le autorità secondarie frappongono allo stabilimento delle scuole evangeliche, e a nome del Comitato promi.se che si sarebbe fatto di tutto per superarli. I rapporti sulla Società delle Missyjni,
quella dei Trattati religiosi e sulla Società evangelica di Francia dimostrarono che in mezzo a molti ostacoli quelle varie associazioni si mantengono e
danno molti frutti. La proposta, che venne accettata all’unanimità, di un
annua conferenza generale di tutti i pastori evangelici di Francia, così nazionali che indipendenti, ci porge una prova consolantissima dello spirito di
vera tolleranza e carità di cui si sono mostrate queste assemblee informate.
Non da un tale spirito si mostra guidato il clero cattolico romano uel
Belgio, ove stragrande è il numero di coloro ai quali, in occasione delle feste
pas(juali, venne niegata l’assoluzione e quindi la comunione, e ciò per l’unico fatto di aver votato per un candidato liberale, nello passate elezioni, e
di essersi dichiarati pronti a fare lo stesso ancora in avvenire.
Una notizia interessantissima ci giungo dalla Russia, ed è la seguente ,
ognun sa chc, regnante l’imperatore Alessandro I e colla di lui approvazione,
crasi costituita a Pietroburgo una Società hiUica. Vietata da Niccolò essa si ò
ricostituita all’avvenimento del nuovo imperatore. B questi in prova dell’interesse che porfa a tale pia istituzione , non solo le ha fatto un primo
dono di 25,000 fr. ma si è fatto inscrivere, come soscrittore, per l’annua
somma di fr. 10,000.
Da GiNEvnA, per contro, ci pervenne uua notizia che, come a noi, riescirà
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dolorosa a ijuaiiti portano interesso al progresso dell'Evangolo iu Italia,
vogliam dire la morte, avvenuta il 18 aprilo in quella città, di Costanlino Reta, antico deputato al Parlamento subalpmo„e da alcuni anni domiciliato colla sua famiglia in Ginevra, ove, colle sue virtù così pubbUchc
che domestiche, aveva saputo conciliarsi la stima di tutti i buoiii, e da dove
con tutti i modi, ma specialmente colla penna ch’ei maneggiava cosi bene, egli
si adoperava indefessamente, acciò quell’Evangelo in cui avea trovato la sua
pace, venisse ognor più diffuso e conosciuto fra i suoi connazionali. Costantino Pietà era giovane ancora e lascia dietro di se una vedova e 5 figli poveri di
beni di fortuna, ma ricchi di sacre e venerate rimembranze, e più ancora, godiamo sperarlo, di quella fede chc rifulse così \'iva e pura negli ultimi anni
della vita del loro caro estinto. Ai funerali intervenivano quasi tutti gl'italiani
dimoranti a Ginevra e buon numero di cittadini di questa inclita città. Il sig.
Leopoldo Spini, a ngme dei patrioti italiani; il sig. Colonnello Tronchin a
nome dei cristiani evangelici che rimpiangono nel RcUi un fratello a tutti
carissimo, dissero sulla sua tomba parole impronte di caldo affetto e di nobile e cristiano sentire.
Dalla Svizzera valicando le alpi e balzando di botto fino nello Stato modello,
a Velletiu, noi c'imbattiamo nella pii'i turpe scena ¡che si possa immaginare
e chc riferita non si crederebbe, se non lo fo.sse da persone del tutto autorevoli. Un bandito ruba una Madonna fra le più mifticolose, e ciò fatto entra
in trattative per la restituzione colle autoritìi governative, che se non ammettono tutte le sue pretese, ne anmiettono però una buona parte. Ma in quel
frattempo, il popolo che non vedo comparir la sua madoima quaiido se l'aspettava, entra in furia; i Gesuiti sospettati di averla fatta scomparire sono
maltrattati nel modo il più brutale; il popolo chiamato in chiesa dall’Arciprete vi si reca, ma per rispondere alle sue esortazioni con fischi cd imprecazioni ; e chi riuscirà a ricondm-rc la calma ed a farsi applaudire sarà il
bandito stesso, il quale armato di un pugnale sale in pulpito, dichiara i Gesuiti innocenti dell’accaduto, dice di saper ove sia la madonna involata, cd
a nome di essa, di cui si proclamafervente adoratore quanto cìiiunque, minaccia
della perdita della vita il primo che oserà ancora di fiatare, ed in mezzo agli
applausi scende dal pulpito, e se n’esce dalla chiesa senza che niuno ai’disea
di porgli le mani addosso, finche non è giunta la truppa che si è domandata
a Roma!!! Stato modello per fermo è quello in cui immanità di questa fatta
possono prodursi alla luce del sole ! Qual peccato che Don Margotti non abbia
potuto valersi per tempo di un tal fatto per dimostrare con maggior forza
ancora (questa prova avrebbe dispensato da ogni altra) la superiorità temporale, religiosa e morale dello Stato Papale sulla eretica Inghilterra! non se
ne dimentichi in occasione della seconda edizione del suo libro, il rugiadoso teologo.
In Torino è venuta testé alla luce, coi tipi della Tipografia Claudiana, una
edizione accuratamente riveduta e notevolmente accresciuta dall'autore, del
famoso Saggio stori-co-dommatico sidla Confessione del sig. De Sanctis. Fra
poco, per opera di ((uesta .stessa Tipografia, il nostro pubblico cristiano evan
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gelico potvìt giovarsi di due ceeellcnti pubblicazioni, che in Francia sono
nelle mani di tutti: La Donna, due discor.si sulla missimie e la vita della
Donna, per Adolfo MonoTb, e gli Studj elementari e progressivi della Parole
di Dio per L. Btirnier, di cui il primo volume sugli Evangelj è sotto torchio,
ed il secondo gli terrà dietro immantinenti.
Eicordiamo terminando che il terzo martedì di questo mese di Maggio,
aprirasai a Torre, a Dio piacendo, l’annuo Sinodo della cuibsa evangelica
VALDESE.
Domenico Grosso gerente.
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