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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Past. TACCIA Alberto
10060 AKQROONA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 99 - Num. 12
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I
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TORRE PELLICE - 21 Marzo 1969
Ammin. Claudiana Torre Pellice ■ C.CJ*. 2-17557
Si è aperta a Milano una nuova libreria evangelica di cultura
Oual è r incidenza cnitnrale delia teeingia
evangeiica neila nastra generazinne?
Giovedì 6 marzo, fra la gioia dei Valdesi
milanesi e con la presenza di cattolici e laici,
si è aperta la Libreria evangelica di cultura
« La Claudiana » in via Francesco Sforza
12/A. Il Pastore Walter Sclierfigg ha rappresentato il gruppo di amici della West falla,
che hanno collaborato con la comunità milanese alla realizzazione di questo strumento di comunicaz.one della cultura evangelica
alla popolazione della metropoli lombarda.
¡/apertura ( di cui si legga una piu ampia
cronaca in 5" pagina) è stata accompagnata
da una riflessione sul significato odierno
della cultura protestante da parte del Pastore
Giorgio Tourn e del Professore Enea Balmas.
Ne riferisce il Pastore Carlo Gay.
Il tema di Giorgio Tourn era il seguente: L’incidenza culturale della
teologia evangelica ntdla nostra generazione. L’argomento appassionante è stato trattato con tutta la
passione del nostro amico. L’aper
tura di una libreria evangelica è de
stillata alla diffusione del libro, co
me al tempo della Riforma la sco
perla della stampa servì alla diffu
sioue delle tesi protestanti: piccoli
e grandi trattati, che vengono letti
da uomini che formano delle scuole
è formano dei discepoli. Chi dice
Riforma dice Accademia di Ginevra,
Scuole del New England; dice altiesi apertura di dibattito, confrom
to, attività di pensiero, pubblicazioni. Se poi si parla di a nostra generazione », bisogna tenere presenti
la generazione degli anni 1930-1940
e la generazione degli anni 1950.
La prima è collegata con la teologia
della crisi, la teologia di K. Barth,
preicdnta da altre riflessioni e da
a ! tre « costruzioni » teologiche : i
nf>mi di Schleiermacher e di von
Hai nack aprono e chiudono un secolo: il! mezzo vive un protestantesimo che ha accettato di sfidare il
suo secolo per permearlo di Evangelo. lina battaglia per scoprire il
senso della fede in sede romantica,
nelle battaglie fra scienza e fede, in
sede di confronto fra ragione e fede.
Una lotta dura, nella quale molti
hanno perso la fede ed altri si sono
salvati lasciando lembi di carne viva
nelle maglie di un combattimento
durissimo. Hanno perso la loro battaglia? Comunque fra le eresie e la
fede deirOttocento è nata la cristianità di oggi.
La generazione degli anni 30-40
ha sentito l’eco del primo Barth del
Romerbrief, le prime pagine della
Dogmatica Ecclesiale; ha percorso
un cammino segnato dalla costituzione del Dizionario del Nuovo Testamento del Kittel, ha vissuto gl’inizi
della ricerca della Formgeschichte
di Martin Dibelius e dei confront
fra il mondo greco e quello del Nuo
vo Testamento di Rudolf Bultmann
La generazione degli anni 50 non
è avventurosa; vive di rendita sugl
uomini die l’hanno preceduta: me
dita sul problema del linguaggio bi
blico, sulla comunicazione della pre
dicazione, fa delle « variazioni » sui
temi della Dogmatica di K. Barth
Moltmann riprende la nota escalogi
ca. Dai settori piìi diversi ci si av
ventura nel campo inesplorato del
l’etica : chiesa e società, esame del
contesto sociale.
Se si pensa a quel cammino, dagli inizi dell’Ottocento ad oggi, si
avverte la dovizia delle pubblicazioni; se per cultura protestante s’intendono libri e conferenze, non c’è
dubbio che si possa parlare d’incidenza notevole. Si pensi alle traduzioni di opere di quella teologia :
trattasi d’incidenza? Certamente si
tratta di un ascolto da parte di lar
ghi strati del cattolicesimo moderno
alla ricerca di una teologia valida,
ma quelTascolto è costeggiato dal
rischio di una grave illusione: quella di potere utilizzare ed inserire
in altro contesto il messaggio di uomini, che non sono stati soltanto cultura, ma esistenza. Non si può inserire quegli uomini in un «ritorno» o
in una « integrazione ». Non si può
dire: ora avete seguito le vie del
mondo, ora dovete tornare. Barth
non torna all’ortodossia: scrive una
dogmatica « per la chiesa » non
« della chiesa »! Dai liberali a Bonhoeffer vi è tutto il percorso del discorso dalla ricerca del Gesù storico
al Gesù incarnato nell’aldiqua per
mettere in questione questo aldiqua
con l’assillante richiesta di Dio.
La ricerca della incidenza culturale della teologia evangelica diventa
invito a ripercorrere le vie della Ginevra di Calvino, dei mercanti di
Amsterdam, dei Puritani del New
England. La nota comune, che non
cessa di risuonare, è la nota della
predicazione con la sua influenza
sulla- santificazione del cristiano e
sulla educazione dei giovani. E’ una
cultura non fatta di parola, ma di
annunzio e certezza di elezione : non
descrizione della trascendenza, ma
storia di una elezione, che diventa
storia di uomini laici, che vivono di
ascesi nel loro secolo e scelgono contro i potenti della storia, contro il
loro vecchio nomo, per usare della
vita presente come preparazione alla
vita futura.
Che cosa fu per quelle generazioni la teologia? Fu una sola cosa: la
predicazione. La vita delle comunità, la loro ox-iatura, la loro coscienza fu formata, nutrita, conservata,
criticata da quel martellamento delTEvangelo. Vive la Volontà di esplicitare la Parola, che domina la chiesa, per tradf.rla in scelte coerenti.
Tornano e ritornano le tematiche
essenziali: esegesi fedele del testo,
insistenza sulla vita etica (santifica
zione contro il peccato), denunzia
dei peccati della città e della società, ricerca deH’autorità autentica
di Dio, disciplina della vita dell’uomo, denunzia della provvisorietà
delle istituzioni, anche ecclesiastiche. Da tutto questo sorge quella
cultura un po’ chiusa, severa, nella
quale non si pongono questioni intellettualistiche, ma si avvertono le
scelte di uomini. Allora la cultura
protestante si precisa: sapere scegliere la pròpria vocazione fino alla
fine. E tutto il resto doveva venire
da solo. Accanto, e in difficile travaglio, si affatica la nascita della «cultura», meditazione, distrazione dotta o faceta, poetica o drammatica:
la cultura delle « variazioni » delle
« distrazioni ».
Per parlare d’incidenza della teologia evangelica bisogna ripercorrere la via delle scelte. I liberali protestanti non si compromisero solo
con il mondo, ma molti di loro vis(continua in 6^ po8’)
iiiimiiiitimimmmiTiinimniiiniiiiiiiiiiimiimiiKi
mtitimmuiinuixii
Si estende la pretesta^dell’lsoletto
<t È necessario che la nostra problematica si allarghi a macchia
d'olio » — affermava un sacerdote intervenuto all’assemblea della
comunità dell’Isolotto, a Firenze il 5 corr. (citiamo dal « Notiziario
dell’Isalotto » del 7-3-’69), assemblea nel corso della quale un folto
gruppo di sacerdoti ha espresso la sua solidarietà con Vesperienza di
cjuella comunità e con coloro che nel suo seno sono stati incriminati,
e la sua decisa opposizione alla Gerarchia: « Attualmente, è un
centro di potere che opprime le coscienza » — ha dichiarato un altro.
Pubblichiamo qui sotto il documento firmato e presentato in quel’occasione da una ventina di sacerdoti. In effetti la macchia d’olio, magari lentamente, si allarga. La domenica precedente era sceso un
gruppo di operai disoccupati dell’Amiata e si erano uniti all’assemblea dell’Isalotto, nella consueta riunione dinanzi alla chiesa, tuttora
sprangata; essi hanno espresso la loro solidarietà e presentato il loro
dramma: l’Amiata ha ricchezze tali che potrebbero garantire un lavoro sicuro e un giusto guadagno a tutto la popolazione, ma lo sfruttamento di pochi — tre aziende che estraggono il mercurio, l’ENEL
che sfrutta i soffioni boraciferi — crea una condizione di drammatico
disagio: disoccupazione di 1/5 della popolazione lavoratrice, sottoccupazione, fortissima emigrazione, silicosi. Due giorni dopo un gruppo delVlsolotto e salito alVAmiata, a Piancastagnaio. Il sabato successivo i due gruppi hanno tenuto un’assemblea in Piazza della Lizza a
Siena. « Non bastano più i documenti — diceva un altro prete '—
La Curia sta attuando una vera congiura del silenzio per isolare
l’esperienza delVlsolotto. La Curia ingoia e digerisce anche i documenti più forti, pur di mettere tutto a tacere ». Ma sarà difficile.
In merito alle ultime vicende della Chiesa
Fiorentina, dichiariamo la nostra unità con
l’esperienza dell’Isolotto, con le persone che
l’hanno vissuta, con i 5 sacerdoti e le varie
centinaia di laici recentemente incriminati dal
Procuratore della Repubblica o interrogati dalla polizia politica o dai carabinieri.
Siamo pronti a subire gli stessi rigori della
Legge Canonica e Civile. Le parole e gli atti
condannati o incriminati li riteniamo dettati
da autentica esigenza di fedeltà al Vangelo
e di amore per la Chiesa.
Affermiamo che in tutta l’esperienza delrisolotto l’Autorità diocesana ha spesso agito
in modo oppressivo, con logica e strumenti
analoghi a quelli dei poteri terrestri, fino a
trovarsi praticamente alleata con essi per impedire l’affermazione di più evangelici rapporti fra Popolo a Autorità in seno alla Chiesa.
DENUNZIAMO, a prova di ciò, i seguenti
fatti :
a) Il comunicato, chiaramente falso, della
Curia fiorentina apparso sui giornali del 6
gennaio 1969 :
« ...la delegazione (dell’Assemblea parrocchiale delVlsolotto) si era recata in Arcivescovado dopo che nella chiesa parrocchiale delVlsolotto l’Assemblea aveva impedito la celebrazione della Messa delle ore 11, fisicamente opponendo resistenza al sacerdote che si
accostava all’altare già vestito dei paramenti
sacri. Altrettanto è poi accaduto, e più violentemente. per la Messa che doveva essere
celebrata, alle ore 12 ».
Tale comunicato, usando perfino Io stesso
linguaggio del codice penale, facilita e quasi
richiede l’intervento del braccio secolare.
b) La deposizione presso il Procuratore
della Repubblica di Mons. Ernesto Alba, mandato dalla Curia, costituisce uno dei più importanti fondamenti deUa incriminazione.
c) Il silenzio persistente dell’Arcivescovo,
anche dopo che molti sacerdoti e laici lo avevano invitato a pronunziarsi, dimostra che egli
gradisce l’intervento repressivo della Magistratura e il controllo continuo della polizia
sulla comunità dell’Isolotto.
d) Le sorprendenti dichiarazioni di Mons.
Bruno Panerai, delegato arcivescovile « ad
omnia » per la parrocchia dell’Isolotto, fatte
in veste ufficiale nell’Assemblea parrocchiale
del 23 gennaio 1969 e ripetute in colloqui
privati con alcuni incriminati :
« ...o proposito dei vostri indiziati... sono disposto a interessarmi fino in fondo perché si
tronchi l’avvio di quella che possa essere la
strada intrapresa. Questo ve lo garantisco, però a condizione che si possa risolvere in bene,
in pace e in tranquillità la riunione di stasera... ».
Questo comportamento della Curia ha incontrato il plauso e il sostegno di gruppi ben
qualificabili :
1) I fascisti hanno preso posizione nella
loro stampa in favore deU’autoritarismo della
Curia, usando spesso espressioni gravemente
offensive verso la comunità dell’Isolotto; sono
intervenuti ripetutamente alle Messe di mons.
Alba airisolotto, in gruppo organizzato, capeggiati da esponenti del M.S.I. con atteggiamenti gravemente provocatori.
2) L’Associazione degli industriali, attraverso un discorso del loro Presidente toscano
conte Danilo De Micheli, con evidente allusione alla vicenda dell’Isolotto ha espresso:
« la filiale devozione degli uomini di lavoro, i quali hanno grandemente a cuore
l’unità della Chiesa, nel rispetto della fede
rivelata, e della superiore gerarchia depositaria a Firenze, come ovunque, non solo di
sapienza e di saggezza ma di ordine, di equilibrio. di amore verso tutte le creature ».
3) La Magistratura, attraverso il discorso
del Procuratore Generale Dott. Calamari per
l’inaugurazione del presente anno giudiziario,
si è espressa verso il Card. Florit ponendo le
premesse ideologiche della propria azione repressiva nei confronti dell’Isolotto :
« A tutti vada il nostro deferente saluto,
ma in modo particolare a Sua Eminenza
Rev.ma il Card. Ermenegildo Florit al quale
esprimo i sentimenti della profonda devozione
del Presidente della Corte e mia, devozione
che vuole costituire atto di omaggio verso il
teologo e il giurista insigne ed insieme il riconoscimento solenne della dignità di colui
che, per investitura derivante dal Diritto Canonico, è l’unico depositario dei poteri di governo della Chiesa fiorentina ».
L’ostilità o la persecuzione verso la Chiesa
da parte di questi gruppi non ci meraviglia
affatto, poiché si tratta dello stesso tipo di
forze che perseguitarono Gesù Cristo.
Il loro plauso, invece, conferma la degenerazione dell’esercizio dell’autorità ecclesiastica.
Quando infatti l’autorità ecclesiastica (data
da Cristo per « servire » la comunione dei
credenti e l’unità della fede), degenera in centro di potere che domina e dirige le coscienze,
diventa appetibile daRe potenze del mondo e
fatalmente nasce questa bastarda alleanza.
Siamo convinti che le strutture gerarchiche
ed autoritarie della Chiesa non resisterebbero
a lungo senza la complicità del potere politico
e viceversa.
Tale connivenza all’interno del sistema borghese è logica e naturale.
Quello che vediamo qui, che subiamo e che
denunziamo, lo vediamo ripetersi in tanti altri
paesi. È una repressione di dimensioni internazionali. Un vero e proprio internazionalismo
di un sistema oppressivo.
La presa di coscienza e la ascesa delle classi
povere e oppresse rende inevitabile, in questo
stato di cose, lo scontro e la lotta di classe.
Noi non abbiamo difficoltà a vedere in questo
un segno sempre più chiaro di una nuova civiltà.
Corresponsabili con i nostri fratelli denunziati sappiamo di partecipare al moto universale degli oppressi contro gli oppressori, degli
operai contro i padroni, dei negri contro i
razzisti, dei paesi sottosviluppati contro i paesi neocolonialisti. Siamo così uniti a tutti gli
uomini che nel mondo preparano e annunziano la nuova civiltà dell’uomo, cioè una civiltà
senza classi.
Don Bartalesi Cesare, parroco di S. Eustachio in Acone-Rufina; don Borghi Bruno,
parroco dimissionario di S. Miniato a Quintole (operaio licenziato dalla G.O.V.E.R.);
don Brandani Bruno, parroco a S. Maria a
Rignalla - Candeli; don CacioUi Paolo, ex
vie. cooperatore all’Isolotto; don Calamandrei Carlo, infermiere faticante all’Ospedale di Careggi; don Caldini Benito, parroco di S. Gimignano a Petroio-Tavernelle
V. P.; don CoUini Remo, parroco in S.
Cassiano in Pedule - Vicchio Mugello; don
Gomiti Sergio, parroco dimissionario della
Pentecoste alla Casella; don Goretti Giovanni, laureando in filosofia; don Lucherini Giovanni, parroco a S. Lorenzo a Villore - Vicchio Mugello; don Mari Franco,
vie. coop. a S. Antonio al Romito - Firenze; don Masi Fabio, parroco a S. Luca al
Vingone - Scandicci; don Mazzi Enzo, parroco rimosso all’Isolotto; don Mazzoni Cesare, parroco a S. Lucia a Casaromana Dicomano; don Moscardi Luciano, parroco di Casaglia - Mugello; don Nencioli
Romano, vice coop. a S. Pietro a Luco di
Mugello; don Paciscopi Pietro, vie. sostituto di S. Bartolo in Tuto - Scandicci; don
Rosadoni Luigi, parroco dimissionario della
Resurrezione alla Nave a Rovezzano; ■ don
Stefanini Angelo, S. Bartolo in Tuto Scandicci; don Torresi Franco, S. Antonio
al Romito (FI).
La Chiesa greca
in mano
ai “colonnelli”
Atene (soepi). - La nuova costituzione accordata alla Chiesa greca dal regime di Atene stipula che, per la prima volta, i laici parteciperanno alla
direzione della Chiesa. Un laico di
ogni diocesi farà parte dell’Assemblea
generale della Chiesa e 4 laici saranno
membri del Consiglio centrale della
Chiesa, incaricato di applicare le decisioni dell’Assemblea. I laici saranno
scelti su una lista preparata dal metropoltta e dal rappresentante del governo di ogni singola diocesi.
La costituzione prevede (è una novità) la creazione di 10 segretariati responsabili nei diversi' settori della
Chiesa, di cui uno per le relazioni
esterne. Essa indica inoltre che la
Chiesa è libera delle sue decisioni nel
campo spirituale e religioso e nella gestione delle sue finanze. Però, alcune
clausole della costituzione, chiamata
« Legge d’urgenza 126 », indicano che il
controllo dello stato non è soppresso.
Ad esempio, l’uso secondo cui un
rappresentante del governo deve assistere alle riunioni del « Santo Sinodo »
è abolito. Tuttavia il ministro dell’educazione e degli affari religiosi deve essere invitato a tutte le riunioni del Sinodo riguardanti gli affari amministrativi della Chiesa. Se non è invitato, le decisioni prese dal Sinodo non
sono valide.
L’articolo 1° stipula che la Chiesa e
le sue diocesi sono autonome e possono gestire le loro finanze, ma l’art. 42
precisa che lo Stato controlla e sovraintende alla gestione dei beni della
Chiesa.
Il governo conserva il diritto di scegliere l’arcivescovo su una lista di tre
nomi proposta dalla Chiesa. Un « decreto reale» determinerà il modo dell’elezione. Nella vecchia costituzione
la Chiesa era libera di eleggere l’arcivescovo ed i vescovi e lo Stato era obbligato a ratificarne le elezioni.
La limitazione, la creazione o la soppressione delle diocesi sono decise dal
ministro dell’ educazione, dopo aver
preso conoscenza del punto di vista
del Sinodo.
Circa il proselitismo delle comunità
non ortodosse, la costituzione precisa
che la Chiesa può chiedere l’intervento dello Stato quando si presenti un
caso di proselitismo.
La nuova costituzione avrebbe dovuto essere discussa dal Sinodo di
tutti i vescovi ma la riunione è stata
respinta due volte. Il governo ha convocato il Sinodo per una riunione che
ha avuto inizio il 1° marzo e durante
la quale la Chiesa ha ricevuto la nuova costituzione dal primo ministro,
senza alcuna possibilità di emendamenti.
Il pastore Blahe
ha iacantrata i presidenti
della RMI e del Libano
Ginevra (soepi) — Il segretario generale
del CEC, pastore Blake, (di cui abbiamo annunciato a suo tempo il viaggio in Medio
Oriente) ha visitato l’Egitto dal l» al 3 marzo. In tale occasione si è incontrato col presidente Nasser, che ha manifestato un grande interesse per l’azione umanitaria del Cec.
Blake ha pure avuto un incontro col ministro degli affari esteri della RAU (repubblica araba unita), Riad, il quale gli ha comunicato che il suo paese desiderava promuovere una collaborazione col Cec.
Vi è poi stato un incontro presso TUnìversità A] Azhar in cui sono stati esaminati
ì modi coi quali le due grandi religioni (cristianesimo ed islamismo) potrebbero accomunare i loro sforzi per trovare una soluzione
ai problemi deiruomo.
Successivamente, nei giorni 4 e 5 marzo il
pastore Blake ha soggiornato nel Libano, ove
ha incontrato i membri della commissione
ecumenica che rappresenta le chiese ortodossa, cattolica e protestanti. E’ stato poi ricevuto dal presidente Helou al quale egli ha
dato atto che [L Libano era riuscito a creare
un clima di tolleranza religiosa e razziale
schierandosi cosi con quei paesi che hanno
saputo favorire la coesistenza in seno ad una
società pluralistica.
GIUSTIZIA O CARITÀ'
PER I PROFUGHI PALESTINESI?
Beirut^ Libano (soepi) — Il comitato centrale del Consiglio delle chiese del Medio
Oriente, in una dichiarazione adottata durante una recente seduta ha manifestato la
sua riconoscenza verso tutti coloro che hanno sostenuto finanziariamente il programma
(continua in 6^ pogj
2
pag. 2
N. 12 — 21 marzo 1969
libri
L'Evangelo secondo Paolo
La Claudiana pubblica un nuovo saggio di A. M. Hunter, che comprova la
capacità volgarizzatrice dei teologi anglosassoni - Paolo, interpiete n\ deformatore dell’Evangelo di Gesù? - Senso e concretezza dell’etico cristiana
Presentare la teologia dell’apostolo
Paolo in modo accessibile e chiaro non
solo per lo studente in teologia, ma
anche per il grande pubblico, non è
certamente facile. Eppure A.M. Hunter, docente di critica biblica presso
l’Università di Aberdeen (Scozia), ha
saputo, malgrado la sua profonda cultura, o forse appunto in virtù di essa,
mettersi alla portata anche del lettore
di media cultura e dare un’esposizione limpida e piana del pensiero
paolinico. Il libro è scorrevole, e ogni
capitolo invita a proseguire la lettura
fino in fondo.
Viene innanzi tutto illustrato il
grande principio della salvezza per
grazia : gli uomini sono separati da Dio
dal peccato, e non possono in alcun
modo spezzarne da loro stessi la stretta mortale; ma Dio ha gettato un
ponte sull’abisso che ci separava da
Lui, e nella croce di Cristo, ci ha offerto il suo perdono. Il grande fatto del
perdono e della giustificazione recati
da Cristo all’uomo, mediante il dono
della sua propria vita, è ciò che Hunter chiama: salvezza come avvenimento passato.
Ma vi è anche una salvezza come avvenimento presente, ed è la risposta
che noi diamo con la fede all’offerta
di Dio, è l’obbediente sì, dell’anima, che
fa di noi uomini nuovi i quali vivono
una vita nuova secondo il modello e
l’esempio di Cristo, per la potenza dello Spirito Santo.
Infine vi è la salvezza come speranza futura, quella che sarà nostra alla
fine dei tempi, quando Cristo verrà in
gloria, avrà luogo la risurrezione e il
giudizio finale, e coloro che sono in
Cristo otterranno la vita eterna che
Dio ha preparato per quelli che lo
amano.
Di questi tre aspetti della salvezza
preparata da Dio per l’uomo, quello
che è più vicino alla nostra vita, qui
ed ora, è la salvezza come avvenimento
presente; a questo proposito l’autore
si sofferma in pagine luminose sull’etica cristiana nel pensiero di Paolo, etica che è gratitudine, risposta sotto
forma di vita cristiana alla straordinaria bontà di Dio verso i peccatori ; « i
cristiani sono chiamati e tenuti a vivere all’altezza del loro nuovo stato di
beneficiari della misericordia di Dio » ;
« agite come agli Cristo, agite come
Cristo comandò, agite come membri
del Corpo di Cristo, agite neU’agape ».
Forse questo aspetto della salvezza
come avvenimento che si svolge nel
presente, e ci richiede di procedere
nella santificazione, è quello che noi
uomini e donne del giorno d’oggi,
straordinariamente portati alle elaborazioni intellettuali, alle discussioni,
lasciamo più facilmente da parte, con
una noncuranza che desta stupore.
In un capitolo del suo libro il professor Hunter si pone il problema se
oggi è ancora attuale l’idea del pecca^
to dell’uomo : « Paolo era un uomo del
suo tempo, può l’uomo moderno accettare come vera la descrizione che Paolo fa della nostra situazione spirituale? ». L’autore risponde che oggi più
che mai, dopo le due guerre mondiali,
e i colossali disastri che ne sono se
PARABOLE DEL REGNO
Il granel di senapa e il lievito
(Matteo 13 V. 31-33)
La nota fondamentale di queste due parabole è il contrasto tra la
situazione presente e quella futura: oggi c’è un seme piccolissimo, un
giorno ci sarà una grande pianta ; oggi c’è un pugno di lievito, ma verrà
il tempo in cui una gran massa di pasta sarà tutta lievitata.
La stessa contrapposizione esiste tra il Regno dei cieli al suo inizio
e la sua manifestazione finale. All’inizio il Regno dei cieli è rappresentato da Gesù e dal suo messaggio: un avvenimento caratterizzato da
estrema umiltà in un angolo della Palestina occupato dai Romani. Gesù
finirà sulla croce, i suoi discepoli saranno dispersi, la sua predicazione
non sempre sarà ricevuta. Le prime comunità cristiane, formate ai margini della società intellettuale e politica di quel tempo, non davano affatto l’impressione di voler essere un regno ed una potenza! Eppure in
quell’umile inizio di un mondo nuovo c’erano una autentica forza ed una
magnifica promessa. Per questa ragione Gesù diceva : « Il regno dei cieli
è simile ad un granel di senapa che un uomo prende e semina nel suo
campo. Esso è bene il più piccolo di tutti i semi; ma quando è cresciuto,
è maggiore dei legumi e diviene albero... Il regno dei cieli è simile al lievito che una donna prende e nasconde in tre staia di farina, finché la
pasta sia tutta lievitata ».
• * •
Come avverranno queste cose? Molti ragionano così: «Gesù Cristo
è colui che dà inizio al regno di Dio, ma la pienezza di quel regno sarà
il frutto della espansione della cri stianità attraverso i secoli ». Questa interpretazione non è accettabile, perché non è conforme al Nuovo Testamento che sottolinea innanzi tutto l’esigenza del ravvedimento e della
fede : « Il tempo è compiuto », diceva Gesù, « il regno di Dio è vicino ;
ravvedetevi e credete all’Evangelo ». L’idea di una cristianità estesa e
integrata nella vita delle nazioni ovvero di una potenza cristiana onorata dal mondo è estranea al pensiero del Nuovo Testamento. L’espansione progressiva della cristianità è una cosa, la testimonianza dei credenti è un’altra cosa, più seria ed impegnativa.
Neppure la Chiesa cristiana sarà il regno dei cieli nella sua piena
manifestazione. La chiesa annunzia l’Evangelo del regno, non diventa
essa stessa regno, potenza e gloria. Non tutte le vie di Dio passano esclusivamente attraverso la chiesa; ad ogni modo, quando (3esù parlava del
granel di senapa che diventa albero o del lievito che fa lievitare la pasta,
egli non pensava alla potenza numerica della chiesa ed alle sue conquiste, ma al fatto che, nell’Evangelo, c’è una forza nascosta, capace di rinnovare gli uomini e di operare nella società. L’inizio e lo sviluppo della
predicazione di Gesù Cristo avranno il loro risultato; l’azione miracolosa di Dio apparirà in tutta la sua potenza.
• * ♦
Quale sarà la durata del tempo che intercorre tra la predicazione di
oggi e il regno di Dio futuro? Nel mondo naturale i cicli della crescita e
della fermentazione- sono segnati da leggi che conosciamo ; nel mondo
della fede e dei disegni di Dio, il tempo non è più nostro, è il tempo della
pazienza di Dio e della Sua fedeltà. « Non capisce né rispetta la forza
divina del seme o del lievito chi s’affanna oltremodo intorno ad essi o
fa loro mancare la mano che prende e semina, che prende e nasconde o
che più tardi pretende guidare la crescita o la fermentazione secondo il
proprio volere» (P. Mazzolar!). Il regno dei cieli e il raccolto finale sono
nelle mani di Dio ; i cristiani che ritengono di conoscere « i tempi ed i
momenti » siano maggiormente prudenti e i cristiani troppo tranquilli
siano più vigilanti.
Il tempo presente è ancora il tempo in cui bisogna seminare il « granel di senapa» e mettere il lievito nella pasta. La civiltà e la cultura
«cristiana» non sfuggono a questa necessità; difatti, quante violenze e
quanti errori si sono commessi nel nome della civiltà cristiana! Perciò
non disprezziamo l’Evangelo ma facciamolo penetrare in qualsiasi terreno ed in qualsiasi pasta. Dio non ci farà colpa d’aver avuto fiducia neL
l’Evangelo; ci farà invece colpa d’aver avuto paura di seminare in ogni
terreno e di inquietare qualsiasi pasta. Se avessimo fede quanto un granel di senapa o quanto un pugno di lievito, potremmo anche guardare
al nostro tempo, non come ad un tempo sconquassato e maledetto, ma
come ad un tempo di speranza e di risveglio. A condizione, naturalmente, che tanto il risveglio quanto la speranza siano posti in stretto rapporto con l’Evangelo di Cristo.
Quando Dio interviene nelle azioni e nella testimonianza dei credenti, molte cose piccole possono diventare grandi. Ma dobbiamo lasciarci
guidare da Lui, invece di sostituirci a Lui o di fargli dire ciò che Egli
non ha mai detto. Il Signore resta anche dopo che non ci saremo più.
La forza nascosta nel granello di senapa e nel lievito continuerà ad operare di generazione in generazione, senza che nessuno p>ossa dire : Abbiamo creato da noi il regno dei cieli.
Siamo chiamati ad essere testimoni di quel regno, non costruttori e
padroni, secondo i nostri sistemi e le nostre ambizioni.
Ermanno Rostan
UNA «LEZIONE» Di STORIA VALDESE CONTROPELO
Psicanalisi del valdese
emancipato
guiti, si è disposti ad ascoltare Paolo
e ad accettare la tragica realtà del peccato dell’uomo e di un mondo caduto :
« gli uomini di oggi sanno fin troppo
bene che il mondo è misteriosamente
e fondamentalmente sbagliato. Per dar
loro la possibilità di vedere la vera natura delle loro tenebre, dobbiamo mostrare loro la luce dell’Evangelo della
grazia di Dio, che in Cristo riconciliava con sè il mondo ».
Un altro problema presentato dal
prof. Hunter, che turbò molti studiosi
e non pochi credenti nei secoli passati,
è questo : « l’Evangelo secondo Paolo
rispose pienamente all’ intenzione di
Gesù come la conosciamo dai Vangeli,
o Paolo la travisò, abbandonando quello per cui Gesù visse e morii?
L’autore dimostra chiaramente, appoggiando il suo dire con numerosi
passi dei Vangeli, con le parole stesse
e le parabole di Gesù, che tra Gesù e
Paolo appare una profonda fondamentale continuità ; « sul principio teologico il Signore e l’apostolo sono d’accordo; — vedi la parabola del figliol
prodigo — l’uomo non è salvato per
mezzo delle opere (era questa la tesi
del fratello maggiore), ma grazie ad
una confessione sincera della sua indegnità e all’abbandono di sé stesso
alla misericordia di Dio».
Anche riguardo all’etica cristiana
sia Gesù che Paolo pongono l’accento sulle esigenze morali della Legge,
ed entrambi considerano il comandamento dell’amore come il centro e
l’essenza della vita cristiana.
Infine Gesù e Paolo sono d’accordo che nessun uomo è così, lontano
da Dio come colui che si crede giusto.
E, a questo proposito, il prof. Hunter
fa una rifiessione amara ; « vi sono
ancora oggi nelle nostre comunità
centinaia di persone che ascoltano
senza capire l’Evangelo della grazia
che perdona in Cristo, essendo persuase di non aver bisogno né di pentirsi né di essere perdonate. Solo
quando si renderanno conto di quanto sia insufficiente tutta questa bontà
di cui si gloriano, solo quando si sentiranno talmente insoddisfatte, non
di questo o quel difetto della loro vita, ma di tutto il loro carattere da essere disposte ad implorare con il pubblicano della parabola; o Dio abbi
pietà di me peccatore!, allora esse
cominceranno a reRdersi conto che
l’Evangelo di Paolo parla della loro
situazione, ed offre loro il rimedio di
cui hanno bisogno ».
L’insegnamento del Signore e del
suo apostolo è il seguente: «Dio rivela il segreto della sua grazia agli
uomini che sanno che cosa significhi
disperare di sé stessi, e che sono caratterizzati da una grande semplicità (se non diventate come piccoli fanciulli...) ».
L’autore, continuando nel confronto tra il tempo in cui visse l’apostolo
Paolo, gli usi e costumi dell’epoca e
il nostro mondo moderno, passa in
rassegna alcuni aspetti della vita cristiana prospettati dall’apostolo, che
rimangono pienamente validi anche
per noi oggi ; per esempio, la comunità, intorno alla quale Paolo insegna che il credente ha bisogno della
chiesa; la decisione della fede ci affida a Cristo e contemporaneamente
alla sua comunità. L’unità della chiesa: c’è un solo corpo, afferma Paolo;
egli condannerebbe le nostre divisioni ecclesiastiche con la stessa decisione con cui condannava le fazioni di
Corinto. La realtà dello Spirito; vi
sono parecchi capitoli delle epistole
di Paolo che parlano dello Spirito
Santo, Colui che ci ispira e ci rende
capaci di vivere l’intera vita cristiana (Rom. 8:2; Cor. 3; Gal. 5).
Similmente sono tuttora pienamente validi alcuni grandi principi posti
da Paolo in base all’Evangelo di Cristo : agire sempre quali membri del
Corpo di Cristo, «prima di prendere
una decisione dobbiamo chiederci :
l’azione che mi propongo consoliderà o distruggerà il Corpo di Cristo?»;
dare la precedenza all’amore su ogni
cosa, anche sulla libertà; ricordare
che l’agape non verrà mai meno ;
« qui c’è qualche cosa che il tempo
non potrà mai cancellare; una legge
di vita valida per noi, come per i
lettori di Paolo a Corinto, Colosso,
Salonicco, Roma».
Disse uno studioso : « per diciannove secoli l’Evangelo di Paolo è stato
la massima fonte di risveglio religioso all’interno della chiesa cristiana ».
Proviamo anche noi, dietro le limpide
e competenti indicazioni del prof.
Hunter, a penetrare più addentro il
pensiero del graride apostolo, che è
null’altro che puro Evangelo di Cristo, cercando che questo effetto di
risveglio si compia innanzi tutto per
noi stessi,
Edina Ribet
U na lettrice, da Torino :
Caro direttore,
domenica 2 marzo ho assistito a Torre Pellice ad una tavola rotonda sul problema del
17 febbraio, apertosi in seguito alla lettera
compilata e sottoscritta da pastori e giovani
delle Valli, in occasione della ricorrenza.
Com’era naturale, il discorso s’è esteso al
ruolo della Chiesa nella società, al significato
e alla necessità di una scelta politica da
parte del cristiano, con pareri assai diversi
in merito. Ora però vorrei tornare sulla, questione del 17 febbraio, sia per chiarire un
mio intervento che ha suscitato critiche da
più parti, sia perché mi pare necessario continuare il dibattito su un argomento che a
mio giudizio non è stato sufficientemente
discusso.
Nel mio intervento cercavo di inquadrare
storicamente TEmancipazione dei Valdesi nel
campo politico liberale. Facevo notare cioè,
come essa fosse semplicemente l’applicazione deH’articolo dello Statuto Albertino concernente la libertà di religione e non nascesse da una cresciuta sensibilità religiosa e politica del parlamento piemontese nè da una
reale conoscenza della storia e della fede del
popolo valdese. Certo: alcuni ministri e uomini di cultura conoscevano e stimavano i
Valdesi, ma si tratta di casi isolati. Di fatto,
l’Emancipazione dei Valdesi, come quella
degli Israeliti e Leggi Siccardi con la conseguente cacciata dei Gesuiti e la confisca dei
loro beni, è una questione puramente politica. Essa va inquadrata nelTambito delle
riforme che la borghesia piemontese dovette
affrontare per abolire i privilegi feudali c
le sussistenti strutture medioevali che contrastavano la sua ascesa. In ultima analisi
una questione economica. Era inconcepibile
che uno stato moderno fosse ancora vincolato da pastoie quali l’esistenza di un foro ecclesiastico, di ghetti religiosi, di mancanza
di libertà di pensiero e di stampa. Quindi
la giovane borghesia piemontese li abolisce.
E’ ovvio che per il popolo valdese ciò rappresentasse oltre che la nascita alla vita civile, anche la libertà d: predicare l’Evangelo
e diffonderlo in tutta Italia. Ma ci sono due
punti che vorrei mettere in rilievo. Che cosa avevano fatto concretamente i valdesi per
la loro emancipazione? A me non resulta
che negli anni precedenti il ’48 ci fosse un
movimento dj massa per conquistare il diritto alla predicazione dell’Evangelo. In campo
protestante, specie da parte dell’Inghilterra
ci furono pressioni sui ministri piemontesi,
ma ci fu una cosciente battaglia dei Valdesi
per la propria libertà, ci fu una coraggiosa
e decisa professione della propria fede e delle proprie idee? 0 non si trattò piuttosto di
suppliche, come se la libertà fosse un dono
degli uomini, dei « potenti » e non un diritto inalienabde? Se cosi fosse stato, sia dal
punto di vista civile che da quello religioso,
i Valdesi non si sarebbero sentiti in dovere
d; inneggiare e neppure di ringraziare chi li
emancipava da una ingiusta, assurda schiavitù. Avrebbero si ringraziato T Signore (e
la festa sarebbe stata davvero religiosa), ma
non gli uomini, e tantomeno un re della dinastia che li aveva fino a ieri perseguitati.
La festa del 17 febbraio è invece nata anche come festa civile e politica. E su questo
tono di ambigua confusione tra diritti civili
e relig'osi. tra economia e ideologia, tra fede
e disimpegno politico, avvenne l’ingresso
del popolo valdese nel « mondo civile », cioè
nel regno sabaudo.
Forse per la lunga assenza dei Valdesi
dalla vita politica, per un loro costituzionale
complesso che li faceva sentire cittadini di
seconda categoria, stranieri, ex « banditi »,
ad ogni modo « diversi », essi cercarono di
compensare questa loro diversità, con la più
assidua devozione allo stato, il che li portò
anche al più assiduo conservatorismo e alla
più totale assenza d; conoscenza politica.
I mortaretti e i falò del primo 17 febbraio
non esprimevamo la gioia d; un popolo li"
bero, cosciente di sè e della propria fede, ma
la felicità di uno schiavo liberato che si
sentiva in debito verso il padrone. Tant’è
che alla prima occasione (la guerra di Crimea del ’55) non parve vero ai Valdesi di
poter dimostrare la loro riconoscenza cominciando a bagnare le terre d’Europa col loro
sangue.
Questo aveva a che fare con l’Evangelo?
La verità è che i Valdesi, proprio perché non
erano sufficientemente coscienti dei loro diritti. del loro ruolo e quindi in un certo
senso anche della loro fede, iniziarono la
loro vita di cittadini come ex perseguitati,
senza riuscire a dimenticare il ghetto e le
catene, quasi si trattasse di una loro colpa.
Essi tesero sempre a mimetizzarsi, a minimizzare la loro differenza dai cattolici, a
relegare a! solo lato confessionale (diminuendo quindi il valore della fede, che coinvolge tutti i lati e gli aspetti della vita umana)
quello che era invece un vasto patrimonio
religioso, culturale, pedagogico. E’ impressionante che un popolo così all’avanguardia
per la sua cultura, per i suoi contatti internazionali, per la sua storia, dopo Temancipazione non sia stato in grado di elaborare
una propria coerenza politica, aprendosi ai
problemi sociali, calandosi nella realtà della
sua epoca.
Per il Valdese la parola politica fu sempre tabù. C’era già la religione diversa : a
parte questo lieve peccato, il Valdese doveva essere un cittadino modello, non doveva
differenziarsi in nient’altro, per farsi perdonare il difettuccio, anzi doveva essere d'esempio. Il lealismo dei Valdesi verso casa Savoia era in realtà piuttosto ottuso: non si
trattava della minima scelta politica. Era
solo una prostrazione devota dell’ex schiavo,
all’autorità costituita. Nel resto dell’Italia
si verificò una situazione diversa. Specie nel
Sud, quelli che giungevano all’Evangelo per
la prima volta avevano un bagagl'o di lotte
e fermenti sociali alle spalle per cui la rottura con la chiesa cattolica era anche una
scelta politica ben precisa. La lotta contro
il feudalesimo, i Borboni, la chiesa romana,
le ingiustizie sociali, portavano anche alla
necessità d(i un rinnovamento religioso e
aprirono un fertile campo alla predicazione
dei pastori valdesi. La conversione all’Evangelo ebbe un significato veramente rivoluzionarlo. Spesso il sorgere di comunità valdesi nel meridione coincise con momenti di
aperta lotta contro la chiesa cattolica e le
burocrazie statali.
Ma la chiesa valdese ufficiale sempre più
si avviò a diventare una chiesa di stato. E
tale è adesso. Perchè una chiesa che rifiuta
non dico la critica, ma l'analisi delia società in cui vive, che non si pronuncia ufficialmente su questioni politiche, è di fatto
una ch'esa di stato. E se a parole dice di non
far politica, in realtà la fa : appoggiando
tacitamente la classe al potere.
Non credo di aver esaurito il problema del
17 febbraio. Ho solo cercato di dimostrare
come, a parer m'o, la festa sia stata e sia
tuttora soprattutto civile e patriottarda. Non
tanto per quel che poteva essere alhira lo
stato d’animo dei Valdesi, quanto per il significato che s’è venuto via via rafforzando
di festeggiamento dell’ordine costituito, del
non-dissenso, di astensione dal giudizio politico, di accettaz'one dello stato in quanto
tale. Una riprova di questo atteggiamento _è
il fatto che dopo hi Liberazione, nel 1945,
le Valli avrebbero potuto ottenere l'autonomia come la Val d ,'Vosta, ma i Valdesi non
fecero nulla per ararla, se addirittura non
furono contrari. Ls.si volevano sentirsi Italiani fino in fondo, l’autonomia avrebbe in
qualche modo decurtato la loro recente cittadinanza.
Con questo non critico chi fa i falò, critico la linea che s’è sviluppata da 100 anni
a questa parte e ha fatto si che oggi il 17
febbraio sia il simbolo della falsa apoliticità
della chiesa valdese ufficiale e della non
partecipazione dei suol membri alla realtà
storica e sociale in cui vivono.
Se cent'anni fa i falò significavano: viva
Carlo Alberto, i falò e i tricolori inalberati
significano oggi : viva l’attuale governo. Un
tacito consenso quindi ai fatti di Avola e di
Viareggio, alle discriminazioni salariali e
alle repressioni studentesche, allo sfruttamento nelle fabbriche e alla scarcerazione dei vari Riva, al regime poliziesco e al terrorismo
fascista, all’appoggio dell’imperialismo USA
e alla manipolazione delle menti e delle coscienze da parte della stampa, al rifiuto di
guardare la realtà in faccia e affrontarla
con coraggio.
Fraterni saluti.
Erica Scroppo
Precongressn giovanile a Rivoli
Verso una Federazione Giovanile Piemontese
A. M. Hunter - L'Evangelo secondo Paolo
ed. Claudiana - trad, di Mirella Corsani
L. 700.
Il 19 marzo si è svolto a Rivoli, nei locali
del Centro Battista, il precongresso regionale
piemontese, in preparazione del Congresso GEI
a Ecumene.
Il Congresso di Ecumene dibatterà tre aspetti della nostra azione giovanile: presenza protestante nei movimenti giovanili di massa,
rapporti con i « cattolici del dissenso » e federazione giovanile evangelica. Il secondo di
questi temi era in discussione a Rivoli.
Il Pastore Michele Sinigaglia, nel culto di
apertura, ha detto che, come i discepoli di
Gesù non dovevano avversare colui che cacciava i demoni nel nome del Signore pur non
appartenendo alla loro cerchia (Marco 9: 3840), così noi dobbiamo essere pronti a riconoscere come testimonianza autentica quella
che può avvenire nei gruppi cattolici, al di
fuori delle nostre comunità evangeliche.
Il Pastore Paolo Ricca ha introdotto il dibattito con una relazione molto chiara, in cui
ha esposto i tratti comuni alle molteplici manifestazioni del « dissenso cattolico »; a suo giudizio, (juesto merita piuttosto di essere chiamato « dissenso evangelico », perché trae i
propri motivi dalPEvangelo più che dal dogma
cattolico.
All’insegna di questa apertura verso ciò ■•he
di autenticamente nuovo ed evangelico possono produrre i gruppi cattolici, si è poi svolta
la discussione, in cui vari intervenuti hanno
portato l'esperienza di contatti diretti con alcuni di questi gruppi.
Secondo Giovanni Papa — uno dei principali animatori del dibattito, che era presieduto
dal Pastore Giuseppe Mollica —. le nostre comunità non presentano alcun interesse per
questi cattolici, perché sono deliberatamente
ostili a qualsiasi discorso di impegno politico
c rinchiuse in una vita ecclesiastica che non
offre nulla di ciò che essi -cercano.
Nel loro insieme, i gruppi presenti al precongresso — valdesi delle Valli, di Torino e
di Ivrea, metodisti, battisti di Cuneo, Susa,
Torino e Rivoli — non hanno dimostrato un
interesse appassionato al problema, che evidentemente non li toccava in modo diretto.
Abbastanza condivisa da tutti i gruppi l’esigenza di maggiori contatti reciproci; a chiusura del precongresso si è perciò dato incarico
all'unione battista di Rivoli di sondare l’opinione di tutte le unioni evangeliche piemontesi
circa la costituzione di una federazione giovanile piemontese. b. r.
3
21 marzo 1969 — N. 12
pag. 3
Un “manifesto del dissenso cattolico,,
L A CHIESA CON fESTA TA
Un tipo nuovo di cattolicesimo, diverso da quello “progressista,, - Nelle istituzioni e nelle dottrine ecclesiastiche non ci sono zone franche, indiscutibili
Un dubbio motivato sulla autenticità evangelica della Chiesa cattolica
Che il dissenso cattolico rappresenti,
almeno in nuce, un tipo di cattolicesimo diverso da quello « progressista »
affermatosi al Concilic Vaticano II,
risulta, tra l’altro, dal documento anonimo che abbiamo cominciato a presentare ai lettori due settimane fa
su questo giornale e che è contenuto
nel volume La contestazione nella
Chiesa, di imminente pubblicazione
presso l’editore torinese Gribaudi.
Questo documento, che a ben
guardare appare come un vero e
« manifesto del dissenso cattolico »
(quanto meno, di un certo dissenso
cattolico), oltre a polemizzare, in tono
rispettoso ma fermo, coi pontefice
Paolo VI, polemizza anche con uno
dei massimi esponenti del cattolicesimo progressista, il noto e autorevole
teologo Yves Congar. Quest’ultimo
infatti, pur dando un giudizio sostanzialmente positivo sulla contestazione
ecclesiastica in atto, dato che essa
« dà nuovo impulso e nuova fisionomia al movimento riformista nella
Chiesa», elenca 5 punti su cui, secondo lui, « non ci può essere contestazione ». Uno di questi è «mettere in
questione la struttura pastorale gerarchica della Chiesa quale risulta dall’istituzione del Signore ». Il documento, a proposito di questi cinque punti,
si chiede coraggiosamente ; « Perché
questa limitazione aprioristica? Non
potrebbe ciò essere indizio di una paura che, se s’incomincia a scalfire qualcosa, alla fine crolli tutto?... Perché
non mettere in questione anche quello
che crediamo indiscutibile e insostituibile? ». Cioè : non ci sono zone franche, non ci sono istituzioni o dottrine
privilegiate che, per una specie di diritto divino, siano esenti da discussione ed, eventualmente, da contestazione. Questo non significa assumere un
atteggiamento negativo verso la Chiesa, ma un atteggiamento critico. Dato
che « non tutto quello che oggi la struttura ecclesiastica trascina con sé è
frutto dello Spirito Santo », è necessario esaminare ogni cosa « alla luce
del Vangelo e della storia contemporanea « ; solo cosi sarà possibile distinguere, nella Chiesa, quel che è essenziale da quel che è accidentale, la struttura dalla sovrastruttura.
VANGELO E STORIA
« Alla luce del Vangelo e della storia contemporanea»: abbiamo qui i
due punti di riferimento normativi
dell’attuale contestazione nella Chiesa, secondo il documento che stiamo
esaminando. Anzittutto, dunque, il
Vangelo : tutto ciò che nella Chiesa
non nasce dal Vangelo, o non può essere giustificato in base al Vangelo,
può legittimamente essere contestato.
Anche se l’operazione è rischiosa, la
Chiesa deve trovare il coraggio di
« confrontarsi e rinnovarsi alla luce
del pensiero e della vita del Cristo
suo Signore ». In questo modo il Vangelo ridiventa la fondamentale pietra
di paragone per la Chiesa: è accettabile solo una Chiesa conforme al Vangelo. Se vediamo bene, la posizione del
dissenso cattolico, su questo punto,
coincide perfettamente con quella della
Riforma protestante.
Il secondo punto di riferimento normativo della contestazione è la storia
contemporanea: tutto ciò che la Chiesa ha mutuato dalla storia d’altri tempi e che, nella situazione storica odierna, appare irrimediabilmente antiquato, anacronistico, invecchiato, deve essere messo in questione. Nel darsi lurigo i secoli una struttura e un’amministrazione interna la Chiesa « ha incontestabilmente attinto da forme di governo puramente storiche » ; non solo, ma la Chiesa si è talmente compromessa con la storia che è giunta, talvolta, « ad istituzionalizzarne in
sé i peccati, così da diventare ed essere
ancora oggi vistosamente mondana,
corrotta, antievangelica». Ora, se la
Chiesa ha accettato, in passato, di vivere nella storia e di subirne l’infiuenza, deve accettarlo anche oggi e operare le modifiche, i cambiamenti, le trasformazioni che la storia odierna le
suggerisce. Insomma: l’organismo ecclesiastico dev’ essere storicamente
flessibile. Lo è stato in passato, lo sia
anche oggi. Tutto quel che nella Chiesa è storicamente superato dev’essere
abbandonato.
Vi sarebbero obiezioni da muovere,
da un punto di vista protestante, a
quest’ultiiha posizione del documento,
ma le tralasciamo essendo il nostro
intento più espositivo che critico. Rileviamo invece un fatto importante,
che non deve sfuggire ai lettori, e cioè
che tra i punti di riferimento normativi del dissenso cattolico non troviamo
né la Tradizione né il Magistero. È
una novità non solo rispetto al cattolicesimo tradizionale (che, come è iioto, insisteva non poco sulla Tradizione) ma anche rispetto al cattolicesimo
del Concilio (che ha insistito non poco
sul Magistero come interprete autorevole e autentico della verità divina).
Il dissenso cattolico si scosta da questa concezione: per lui è decisivo, determinante, costitutivo il rapporto col
Vangelo da un lato e con la Storia
dall’altro, mentre il rapporto con la
Tradizione cattolica e col Magistero
ecclesiastico è nettamente secondario
e comunque non normativo.
CONTESTAZIONE
PROGRAMMATA
Secondo il documento che stiamo
esaminando, il programma della contestazione può articolarsi lungo due
grandi direttrici, indicate dallo stesso
Congar: nella Chiesa bisogna contestare in primo luogo «ciò che appare
solidale con le strutture sociali da rifiutare » e in secondo luogo « tutte le
cose di cui non si comprende più il
senso ».
Che cosa, nell’attuale Chiesa cattolica, è solidale con le strutture sociali
da rifiutare? Il documento fa qualche
esempio, prendendone anche fra le
questioni minori. Così « certi abbigliamenti e comportamenti d’altri tempi »,
ancora in onore presso la gerarchia,
sono definiti « insopportabili ». « La
bardatura di gingilli vagamente religiosi e di colori diversi secondo il grado
gerarchico rivestito, gli atteggiamenti
ostentatamente pii e angelicati, il tratto paternalistico sono cose più atte a
rendere ridicoli che a crear fiducia... ».
Ma veniamo alle questioni più grosse.
Vi è anzitutto la questione dell’autorità. Dice il documento: «Il discorso
evangelico sull’autorità è assai complesso: sicuramente, però, una gran
parte di quell’autorità che la gerarchia
si attribuisce dovrebbe essere ripensata e ridimensionata». Si noti: non
« una parte », o « una buona parte »,
ma « una gran parte », che è come dire
« quasi tutta ». Quasi tutta l’autorità
che la gerarchia si attribuisce dovrebbe essere ripensata e ridimensionata.
Si noti anche il verbo «ridimensionare » : esso significa ridurre, diminuire,
limitare. Secondo il dissenso cattolico,
l’attuale autorità della gerarchia è
esorbitante e dev’essere diminuita. Ma
c’è di più : la gerarchia sostiene che la
sua autorità è servizio, solo servizio,
tutto servizio; il documento osserva,
non senza ragione, che questo discorso
si risolve, iri pratica, in «un gran fiume di parole » e conclude : « Non basta che ci si dichiari servi degli altri
per esserlo realmente ». In sostanza
quindi il documento, a proposito dell’autorità, esprime una duplice esigenza: anzitutto auspica un drastico ridimensionamento dell’autorità di cui la
gerarchia cattolica attualmente gode, e
in secondo luogo chiede un minimo
di coerenza: non ci si può dichiarare
servi dei propri fratelli e nello stesso
tempo signoreggiare sulla loro coscienza e sulla loro stessa fede. L’intuizione
di fondo che soggiace a tutto il ragionamento sembra essere che gran parte dell’autorità della gerarchia non derivi dall’Evangelo e sia piuttosto « so
lidale con le strutture sociali da rifiutare ».
Un secondo problema, strettamente
collegato al precedente, è quello del
potere. La struttura ecclesiastica romana non è solo «avida di potere»
ma, quel che è peggio, il suo è sovente
un potere « tirannico » e « dittatoriale » che fa violenza all’uomo proprio
« nell’ambito più intimo e più sacro :
quello della coscienza ». Gli appelli
continui e ormai quasi patetici che la
gerarchia fa all’obbedienza, all’umiltà,
allo spirito di sacrificio, non devono
più incantare nessuno, dato che « oggi
l’obbedienza è diventata l’altare su cui
si sacrificano umiliate vittime alla continuità della sacra dittatura». Anziché
predicare l’obbedienza, si predichi la
libertà del cristiano e la sua responsabilità davanti a Dio e agli uomini: la
voce di una coscienza cristianamente
educata è anzitutto quella « potente e
irresistibile della libertà e della responsabilità». Viene ricordato l’esempio di
Gesù, che è vissuto in piena sottomissione al Padre e non agli uomini, « neppure a quelli sacralizzati » : in altri termini, Gesù ha ubbidito a Dio, non, alle gerarchie ecc’iesiastiche del suo tempo. La stessa cosa devono fare i cristiani. Ma in questo modo, se vediamo
bene, il princiBÌo d’autorità, che è uno
dei cardini dei cattolicesimo, è più o
meno radicai nte me ~o in questione.
Una delle solidarietà più vistose .dell’attuale Chiosa romana con « le strutture sociali oa rifiutare» è quella del
danaro. Í oi eia «piena, incondizionata, sacraiiz li.ia ». dato che il Vaticano « amm ira la più grande concentrazione tu capitali... del sistema
economi! o r entaie » Naturalmente
la Chiesa ' stifica dicendo che tutto questo ci io ha una «missione
sacra», e~“e de~tinato al servizio
del Vangelo t airassistenza ai poveri.
In tal modo s Chiesa mette a posto
— con quanta tacilitài — la sua coscienza e si sente autorizzata «a permanere solidale con i fabbricanti di
poveri e di miseri quali sono gli operatori economici della società capitalista». Il Vaticano insomma, legato a
doppio filo con il sistema capitalista,
è pienamente corresponsabile del « circolo vizioso della povertà : creare i poveri per aiutarli! Una situazione umanamente insostenibile ed evangelicamente contradditoria ». Il problema,
evidentemente, è qui semplificato ; esso
comunque costituisce uno dei punti
dolenti non solo della Chiesa cattolica
ma deH’intera cristianità.
Infine, secondo il documento, sono
da contestare nella Chiesa « tutte le
cose di cui non si comprende più il
senso ». E quante ce ne sono I « Che
senso hanno ancora certe formule, dagli antichi simboli fino alla recente
confessione di fede di papa Paolo?
Che cosa dice il loro contenuto agli
uomini d’oggi? La liturgia nella sua
globalità dialoga con l’uomo, gli trasmette un messaggio, o non è piuttosto un muto ritualismo a cui s’assiste
per abitudine o per fede acritica? ».
Domande serie, come si vede, che non
riguardano più solo le strutture della
Chiesa, la sua organizzazione e il suo
modo di essere fra gli uomini, ma riguardano il suo messaggio il contenuto della sua predicazione. Il fatto è
che « all’uomo contemporaneo serve
di più una fede essenziale faticosamente riscoperta che non una formulazione tramandata da secoli o anche riproposta oggi in un linguaggio insignificante per la sua mentalità e senza
alcun riferimento alla realtà in cui vive, soffre, lotta». Qui il programma
della contestazione si dilata fino ad
abbracciare l’intero « deposito della fede», che è come uno scrigno prezioso
ma chiuso per l’uomo moderno anche
ben disposto. Una fede essenziale: è a
questo che il dissenso cattolico (e non
solo lui!) vuole giungere, al di là dei
monumenti dogmatici, imponenti ma
muti, che la Chiesa ha eretto nei suoi
venti secoli di storia.
ABBANDONARE
OGNI SICUREZZA
o^l’anall^ i
Abbiamo così terminato"'l’anaRs^ del
più recente «manifesto» del dissenso
cattolico: siamo grati al sacerdote torinese don Merinas per averlo inserito
nel suo dossier sulla contestazione nella Chiesa e all’editore Gribaudi per
averlo pubblicato. Si tratta di un documento che merita di essere conosciuto e meditato. Esso esprime un dubbio
motivato sulla autenticità evangelica
deUa chiesa cattolica e, in conseguenza, propone un programma di contestazione globale e radicale all’interno
di essa. Non si tratta infatti più di aggiornare la Chiesa, come volle Giovanni'ÌXXIII? si tratta di « rifarla ». L’esigenza di fondo è quella di una Chiesa
diversa da quella attuale.
In sostanza, il documento che abbiamo esaminato costituisce un appello alla Chiesa, affinché abbandoni ogni
sicurezza consolidata, di qualunque tipo, dogmatico e istituzionale. La Chiesa è invitata, si potrebbe dire, a nascere dì nuovo, dimenticando le cose che
stanno dietro e protendendosi verso
quelle che stanno dinanzi. Che cosa
significa per una chiesa «nascere di
nuovo »? Significa ricominciare da capo, riprendere dall’inizio il cammino
della fede e dell’obbedienza, lasciandosi docilmente riplasmare dal Vangelo
e — aggiunge il documento — dalla
Storia, vista come « luogo di presenza,
d’azione, d’incontro con lo Spirito che
è il suscitatore dei “segni dei tempi”
affinché, in una spirituale obbedienza,
uomini, società. Chiesa possano rinnovarsi nel senso e nell’attesa del Regno ».
Paolo Ricca
iiiiiimHimiiiiiiiiMiimiiHiniiiiii
.ii.jiiutimiiiiiiiiimmitmuiiiMKUHtiwiii
.....................................................................................................mi.............................
'.......................................................................................................ir.....................................
II
Gioventl Evangelica,, in veste nuova
Divenuto rivista, il periodico giovanile saprà e vorrà riprendere l’eredità deM’impostazione di “Gioventù Cristiana,,?
« Giovendù Evangelica » ha ora anche nella veste tipografica il carattere che di fatto da
vari anni era andata sempre più assumendo:
quello di una rivista. Con il n. 1-1969 G. E.
ha iniziato la sua pubblicazione come rivista
bimestrale e così viene presentata nell'editoriale: «A partire da questo numero il nostro
giornale cambia formato e periodicità; questo
cambiamento è stato deciso dal Consiglio della
Gioventù, per rendere G. E. meglio adeguata,
anche formalmente, al compito che essa svolge: un compito, ormai, non di carattere "giornalistico". ma piuttosto di strumento d'espressione e di formazione della gioventù protestante italiana, sia per quanto riguarda la sua
vita “interna", sia per quello che riguarda i
suoi rapporti con il mondo esterno, che si
vanno facendo sempre più impegnativi ».
L’equipe redazionale, largamente rinnovala
e ampliata, comprendente ora una assoluta
maggioranza di giovani e giovanissimi (la direzione è confermala a Giorgio Bouchard, condirettori Franco Becchino e Libano Frattini),
dichiara che « lo schema di ricerca rimarrà
sempre lo stesso; rapporti con la società, rapporti col cattolicesimo, nostri rapporti interni
di chiesa protestante. Questo schema si ritrova in particolare nei tre documenti precongressuali (La problematica politica di oggi, di
G. Gardiol - La scelta ecumenica, di G. Bouchard - La federazione giovanile evangelica, di
S. Aquilantc) che pubblichiamo in questo numero e che vanno utilizzati come strumenti
di discussione in seno ai gruppi locali e regionali: il Congresso G.E.Í. è ormai vicino
(25-27 aprile) ed è molto importante che esso
sia ben preparato, in modo da costituire una
vera svolta per il nostro movimento giovanile.
Ma la nostra ricerca va naturalmente al di là ^
delle semplici scadenze organizzative; perciò
cominciamo, a partire da questo numero, la
pubblicazione (non sistematica) di inserti (in
questo numero: Il problema della violenza, di
S. Rostagno) che possano valere come veri e
propri documenti di studio a lunga scadenza...
testi che dovranno essere studiati, più che letti. qualcosa di intermedio tra il giornale e i
quaderni G.E.I., insomma ».
L’impostazione? L’editoriale risponde : « Il
ringiovanimento delVéquipe redazionale porterà forse a una radicalizzazione delle posizioni
ecclesiologiche e politiche che si esprimono
in queste pagine, ma altresì a una più sentita
esigenza di approfondimento evangelico della
fede e della vita. La predicazione che aprirà
ogni numero (in questo numero: Una città
piena di idoli, una predicazione di G. Bouchard sul discorso di Paolo agli Ateniesi nell'areopago) è un primo tentativo di rispondere
a questa esigenza; anche se la soluzione non^
verrà da qualche sermone più o meno brillante, ma da una rinnovata capacità di ascoltale ed interpretare la parola dell’antico e del
nuovo testamento ».
Una parabola si è dunque conclusa. Nel
1928, oltre quarant’anni fa, nasceva « Gioventù Cristiana » come voce e luogo di discussione dell’A.C.D.G., il movimento giovanile
evangelico (interdenominazionale); sul finire
del 1931 la rivista iniziava una nuova serie,
per il confluirvi di « Gioventù Valdese », l’organo dei G.G.V., e nel 1932 ne assumeva la
direzione Giovanni Miegge. L’impostazione, in
quegli anni in cui l’oscurità calava sul nostro
paese, si precisò rapidamente in senso rigorosamente protestante: e fu la fervida scoperta,
appassionatamente vissuta, del rinnovamento
biblico e teologico, della lotta della chiesa
confessante. Intanto i giovani di allora crescevano, e con loro la rivista, che negli anni
più bui del conflitto usciva saltuariamente
come « L’Appello »; infine, dopo la pace, rinacque come « Protestantesimo », passato alcuni anni più tardi « sotto gli auspici deUa Facoltà Valdese di Teologia ». Intanto il movimento giovanile evangelico italiano, sensibile come sempre all’esigenza unitaria, iniziava la pubblicazione di « Gioventù EvangeU
ca ». Di forze e dimensioni assai modeste sul
principio, andava crescendo, anche qui col
crescere dei suoi redattori. Da tempo era diventata di fatto una rivista per intellettuali
(di estrazione o di elezione) giovani e meno
giovani, preoccupati di vivere nella comunità
cristiana e nella ricerca evangelica i problemi
politici e sociali dell’ora; intellettuali, occorre
però dirlo, che sentono fortemente l’esigenza
di mediare la propria ricerca agli altri e coinvolgerli, per quanto arduo risulti. La decisione del Consiglio della Gioventù s’iscrive
dunque in una parabola logica anche se si
può notare che gli eredi, ormai lontani, di
« Gioventù Cristiana » si presentano in una
nuova veste tipografica singolarmente “borghese” rispetto ai duri tempi di allora : molta
acqua è passata sotto tutti i ponti.
Resta il problema del eontenuto. È chiaro
che non si possono anticipare giudizi, .anche
se questo primo numero conferma una decisa
scelta (che quasi chiamerei ossessione) del
politico, e se l’editoriale fa balenare probabili
radicalizzazioni della linea sinora seguita. In
questa chiave, viene confermata quella « concentrazione evangelica » o tensione unitaria
dell’evangelismo italiano che Giovanni Miegge
poneva come programma nel 1932. Ma non
vedo chiaramente confermata quella concentrazione teologica che ha costituito la forza
e il valore perdurante della intensa anche se
umile fioritura di « Gioventù Cristiana ». So
bene che ci si può chiedere : ehe ne avete
fatto, di quella fioritura? e non posso che
chinare il capo. Ma resto convinto che quella
è la scelta autentica, e non posso impedirmi
di domandare se « Gioventù Evangelica » abbia davvero raccolto quefi’eredità. Perciò l’augurio, fraternamente sincero, in questo momento di rilancio, non può mancare di un
un po’ di riserbo. Siamo però tutti in ricerca
di una difficile fedeltà a Cristo; magari su
linee diverse, che sarà il suo giudizio a saggiare a fondo.
Girio Conte
La preghiera
del fariseo ’69
Sul fascicolo di marzo de "Il Mulino" abbiamo letto questa preghiera; se ne potrebbe
fare una versione protestante?
Ti ringrazio. Signore, che non mi hai fatto
come gli altri uomini, resEfenti alle proposizioni del Concilio. Ti ringrazio di avermi fatto sempre ligio allo spirito ecclesiale del momento.
Ti ringrazio di avermi fatto, quand’ero bambino, disposto a raccogliere carta stagnola
per liberare un « moretto » con il diritto di
imporgli il nome di battesimo (perché chi paga comanda); ti ringrazio di avermi occultato aUora anticoloniabsmo, antipaternaUsmo
e simili imprevedibili frutti dei tempi nuovi.
Ti ringrazio di avermi lasciato crescere
nelle sagrestie davanti al ritratto di S. Luigi
Gonzaga, del quale mi si diceva che non
guardasse in faccia sua madre perché temeva,
freudiano ante litteram, che la vEta di una
donna turbasse la sua et modestia »; ti ringrazio di avermi così abituato a non guardare
in faccia le donne e a stropicciarmi imbarazzato le mani, con gesti che gli avanspettacoli
anticlericali attribuiscono fuori tempo ai preti (oggi, invece, disinvolti ed emancipati); ti
ringrazio di avermi, perciò, fatto guardare al
matrimonio cristiano soprattutto come a uno
sfogo di libidine, non remedium, ma triumphum concupiscentiae.
Ti ringrazio d’avermi fatto ricordare che
le donne devono coprire il capo nelle .adunanze, non già per non turbare la modestia
di Luigi Gonzaga, ma per mostrare la propria
soggezione all’uomo; di avermi fatto studiare
nei trattati di teologia, d’accordo (allora) con
la nostra Corte di Cassazione, che il marito
può usare anche della « correzione fisica »
con la moglie ribelle riottosa.
Ti ringrazio di non avermi fatto cadere nelle suggestioni di chi, ignaro delle fauci di
Satana (pronto ad azzannare negretti non battezzati), rifiutava di considerare le missioni
come una specie di caccia agli uccellini o di
gara a chi più ne acchiappa. Ti ringrazio,
anzi, di aver acuito in me l’ansia deU’apostola.
to anche in terra cristiana, addestrandomi
a rispondere con un riparatore « sia lodato
Gesù Cristo » a ogni bestemmia di proletario
udita per la strada (ciò che provocava altre e
più pittoresche imprecazioni); di avermi fatto
ritenere colpevole omissione il non .ammonire
severamente l’amico che perdesse la fede o
che, Dio ne liberi, passasse il tempo con le
donne.
Ti ringrazio di avermi ispirato il culto cristiano e romano deRa santità della patria; di
avermi lasciato assistere per vent’anni a benedizioni ufficiali di labari e gagliardetti; di
avermi concesso una carità elastica e bicolore,
che mi consentiva, contemporaneamente, di
gettare 10 o anche 20 centesimi al povero
davanti aUa chiesa e di cantare, nell’autunno
del 1935 :
di pelle nera etiopica
vogliamo farci i guanti.
Ti ringrazio anche, Signore, di avermi fatto capire la necessità (da propugnare, aU’occorrenza, di fronte a cattolici recalcitranti) di
recitare il rosario ogni sera, inginocchiati e
con la corona in mano; di avermi fatto apprendere in S. Francesco di Sales un modello
di devozione che, suggerendo di cospargere
la giornata di continui raccoglimenti e meditazioni, rendeva quasi impossibile ogni attività profana; di avermi lasciato ricavare
dall’agiografia autorizzata del tempo l’esempio
di quel sant’uomo che giunse a dire in un sol
giorno 5.467 giaculatorie (a parte lo zelo
di contarle).
Ti ringrazio di avermi fatto salutarmente
spaventare, nelle prime lezioni di catechEmo,
con il racconto di quell’uomo, scapestrato e
libertino, che ogni sera, prossimo al sonno,
era avvicinato da un tremendo scimmione dagli occhi di fuoco (quel diavolo di cui oggi
si sussurra persino che non esista), sul punto
di avvinghiarlo, e ne era salvato dall’abitudine
meccanica e non vinta di recitare un’A ne
Maria prima di addormentarsi. Ti ringrazio
di avermi fatto udire una notte, su un colle
emiliano, un prelato non retrogrado tacciare
di « grave temerità » chi non credesse Maria
mediatrice di tutte le grazie.
Ma ti ringrazio. Signore, di avermi fatto avvertire al momento giusto lo spirito dei tempi nuovi; di avermi fatto delirare per Papa
Giovanni e cautamente meditare con il Papa
attuale; d’avermi fatto seguire con diligenza
le vicende conciliari e adottare senza esitazioni le nuove uniformi, dimenticandomi istantaneamente d’essere stato, fino a ieri, diverso.
Ti ringrazio di avermi quindi impedito di
cogliere l’analogia fra ciò che è avvenuto nel
cattolicesimo odierno e i mutamenti sboeciati
qualche anno prima nell’ambito di una altra
grande religione e chiamati destalinizzazione;
di avermi perciò impedito di cogliere, oltre il
divino e Pimmutabile della Chiesa di Cristo,
il relativo e il contingente dell’insegnamento
umano dei pastori, delle maestre di catechismo, deUa stampa e dei partiti cattolici, dei
bigotti; di avermi dissuaso dal trarne un pericoloso monito contro la stretta e cieca condanna, oggi come ieri, dei deviazionisti e dei
non allineati.
Ti ringrazio di avermi fatto dimenticare che
« la casa del Padre ha molte dimore », di
avermi invece lasciato rafforzare nel convincimento che esistono in ogni tempo un solo
modello e uk solo tipo di cristianesimo, ecumenico o no, un cristianesimo d’ordinanza,
costruito e organizzato dagli uomini secondo
il naturale fluire del progresso e della moda.
Ti ringrazio. Signore, che non mi hai fatto
come quel pubblicano, che del concilio non
ha capito nuUa, che vorrebbe la messa in
latino, ehe si ostina a mangiare pesce il venerdì, si preoccupa ancora di biasimare la
minigonna, recita insistentemente il rosario
ed è perplesso di fronte al dialogo con i comunisti.
Io sono moderno, concUiare, ecclesiale, ecumenico, anticolonialista, equidistante, obiettore di coscienza, sessualmente spregiudicato,
teilhardiano e blandamente mariano: ti ringrazio di aver fatto di me un cristiano perfetto.
Un cattolico del consenso
4
pag. 4
N. 12 — 21 marzo 1969
IN VAL PELLICE
La giornata mondiale di preghiera
delle donne cristiane
Scuole alla Barbiana ?
Il ritmo della vita moderna, la ricerca della
funzionalità e dell’utilità immediata delle nostre azioni ci hanno fatto perdere il senso
dell’adorazione, della preghiera.
La fede può ancora manifestarsi in molti
modi, in parole e in opere ma ormai è sempre più raro che si manifesti nell’adorazione
silenziosa, umile e nella preghiera. Le riunioni
di preghiera sono diventate appannaggio di
qualche gruppo pio e delle sette. Nelle nostre
chiese « storiche » non si prega quasi più al
di fuori dei culti, secondo le indicazioni della
liturgia tradizionale.
E’ dunque una buona cosa che, almeno
una volta all’anno, le sorelle delle nostre comunità, rispondendo all’invito delle donne
cristiane di tutto il mondo, dedichino un pomeriggio alla preghiera di lode e di intercessione.
E’ ben vero che questa riunione di preghiera si svolge secondo gli schemi di una liturgia
(anche se preparata da credenti di altra sensibilità spirituale, quindi un po’ esotica), tanto che, praticamente, pregano solo le « officianti », come al culto. Sarebbe bello che molte
sorelle, vincendo quella timidezza, o quella
cosidetta intimità della fede, elevassero le
loro preghiere al Signore insieme con la comunità raccolta. Si potrebbe anche osservare
che il seguire il testo completo delle preghiere distrae forse l’attenzione deU’assemblea
e impedisce quel raccoglimento che è essenziale alla preghiera.
A parte queste considerazioni marginali, è
stato un pomeriggio di gioia spirituale quello
che domenica 9 marzo circa 150 sorelle della
Val PeUice (valdesi e salutiste) e Pinerolo
hanno vissuto, ospiti della parrocchia di San
Giovanni.
Lo svolgimento della liturgia era stato affidato a un gruppo di sorelle, rappresentanti
di quasi tutte le parrocchie e gruppi.
Dopo il benvenuto, dato dalla sig.ra H. Dogo a nome dell’Unione femminile di San Giovanni, si sono succeduti gli inni e le preghiere, le letture e la meditazione. Il passaggio da
un momento all’altro della liturgia era scandito dalla frase musicale, cantata « a solo » :
Qualcuno prega. Signore, kumbaya, su una
melodia africana.
CRESCERE INSIEME VERSO CRISTO
Meditando il testo proposto dalla liturgia (Efesini 4: 15), il pastore Rogo precisava
anzitutto che il « crescere verso Cristo » non
deve intendersi né in senso mistico (avvicinarsi spiritualmente fino a identificarsi con Cri
NOVITÀ
FRANCO GIAMPICCOLI
PERCHÉ LA BIBBIA
pp. 56, L. 450 (quaderno G.E.I.)
L’autorità della Bibbia - La Bibbia Parola di Dio - L’ispirazione
della Bibbia - Lo Spirito Santo
testimone e interprete della
Scrittura - La critica biblica, ecc.
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1
10125 TORINO
sto) né in senso morale (avvicinarsi aUa perfezione di Cristo), ma piuttosto in senso concreto cioè rendersi sempre più disponibili quali « membra » del corpo di cui Cristo è il
« capo ».
Per questo Paolo dice che dobbiamo far
crescere « tutte le cose » verso Cristo; cioè
tutti gli aspetti, tutte le situazioni della nostra
vita devono diventare risposta aUa vocazione
che ci è stata rivolta.
L’umiltà, la mansuetudine, la longanimità,
la pazienza (Ef. 4:1) rappresentano delle costanti nel cui quadro la nostra vocazione deve
:nanif estarsi.
Anche l’offerta che abbiamo fatto, destinata al Centro Artigianale femminile della Missione Rolland a Tizi-Ouzou nella Grande Kabilia (Algeria) ha voluto essere un segno della nostra disponibilità al servizio nel nome
del Signore.
Il risultato della coUetta è stato di Lire
50.000.
Dopo la riunione di preghiera, abbiamo
avuto modo di fraternizzare e di ristorarci attorno ad una tazza di tè ed ottimi dolci, gentilmente offerti dalle soreUe di S. Giovanni.
Separandoci per tornare alle nostre chiese
e alle nostre case, abbiamo portato con noi
qualche cosa che ci aiuterà, nel nostro impegno quotidiano, a « crescere insieme verso
Cristo ». g.
CON VOGATI à ECUMENE
I Congressi
GEI e FUV
Nel giorni 25-26-27 aprile è convocato
il Congresso della Gioventù Evangelica Italiana a Ecumene (Velletri), col seguente ordine del giorno:
I rapporti interni della Gioventù Evangelica Italiana — Il Cattolicesimo ed il suo
dissenso interno — La società e la contestazione.
Oltre ai delegati ufficiali delle unioni possono partecipare anche osservatori senza limitazione di numero.
Nel pomeriggio del 27 aprile si terrà altresì, in appendice al precedente, il Congresso FUV, col seguente ordine del giorno :
Modalità di partecipazione “^aRa Federazione Giovanile Evangelica — Nuovo Statuto
FUV.
E’ in distribuzione la relazione del Comitato Nazionale, che viene inviata ai pastori
delle comunità dove consta esserci Unione
Giovanile Valdese. Le Unioni che eventualmente non ricevessero la relazione per i loro
delegati, sono pregate di richiederla al Segretario. Le iscrizioni dei delegati e degli
osservatori devono pervenire allo stesso entro il 5 aprile p. v. Per maggiori chiarimenti vedere la Circolare FUV, in DIAKONIA.
in corso di distribuzione.
Per il CN FUV:
Claudio Tron, segretario
10060 Ferrerò (To) - Tel. 8821
I problemi della scuola sono all’ordine del
giorno in molti luoghi ed anche nella nostra chiesa alla quale pervengono suggerimenti un po’ da tutte le parti.
Senza pretendere che, sulla via del progresso, si possa mai dichiararci soddisfatti,
vorrei affermare che sulla via della cultura
adeguatamente fiancheggiata dalla istruzione religiosa, la chiesa valdese possiede un
ideale che non è secondo a queRo di nessun
altro, anche se purtroppo non possiamo affermare di averlo mai raggiunto.
Comincerò con un esempio mostrando come già molti anni addietro noi possedevamo
deRe scuole con tutti i pregi delle famose
« Barbiane » che qualcuno ci porta ad esempio dotate però di pregi che quelle non conoscono.
Hf * *
Ricordo di aver frequentato anch’io una
scuola somigliante sotto certi aspetti a quella di Barbiana e mi sento ancora sotto l’impressione delle esperienze magnifiche che vi
ho fatto tanti anni or sono. Ero in un centro rurale della Valle d’Aosta dove, da qualche anno, insegnava in una scuola privata
valdese una giovane vedova proveniente dalle Valli. L’inizio del suo lavoro- era stato
difficile quanto mai, si era trovata dinanzi
ad una classe composta da sette alunni dei
quali uno sordomuto, tre deficienti e gli altri appena normali.
Si era messa all’opera con una passione
ardente e, malgrado l’ostRità clericale dell’ambiente, aveva potuto presto ottenere dei
risultati positivi. Gli alunni accorsero ogni
anno più numerosi, finché il locale non li
potè p!ù contenere e dovette essere raddoppiato con la demolizione di un tramezzo. 1
discenti salirono cosi a trenta, quaranta, cinquanta e, talvolta quasi la sessantina! Frequentavano da principio le quattro prime
classi elementari, poi anche la quinta g, finalmente, per i più volonterosi, ancora la
sesta. Una debole vedova con una. sorella
malaticcia, teneva in mano tutta questa impresa e trovava ancora il tempo per conquistarsi una laurea a Torino e per dare qualche lezione privata nella città più vicina e
arrotondare il misero stipendio. I miei occhi
hanno visto tutto questo, ma ancora oggi non
mi rendo conto come potesse avvenire.
Certo, si lavorava molto in quella scuola:
le lezioni cominciavano al mattino alle otto
in punto e, dopo la pausa di mezzogiorno,
riprendevano per durare quanto bisognava,
fino aR-e U, aRe 18 e qudche volta ,aR’approsslmarsi degli esami, riprendevano ancora dopo cena.
Gli esami finali, nella vicina città, costituivano Tincubo d; tutto l’anno e un avvenimento che lasciava neRa vita una impronta duratura. Si partiva all’alba del lunedi, in gruppo di dieci o dodici su di un
carretto trainato da un mulo e sul quale si
erano accumulati materassi^ coperte e viveri
sufficienti per una settimana. In città si
prendeva aRoggio... nel-jKCcolo tempio valdese locale. Il Pastore-i.^ D. Maurin, uomo
distinto è di forte cultura, era anche un uomo di avanguardia e non si scandalizzava
se. per risparmiare, si dormiva nel suo tempio sui materassi stesi sui banchi e ravvicinati due a due. Le ragazze dormivano nel
tempio, i maschi neRa sacrestia. L’autorità
della insegnante era sufficiente per mantenere in mezzo alla vita comunitaria di quei
giorni, l’ordine e R reciproco rispetto più
assoluti. Il sabato sera si tornava a casa
trionfanti perché s’era finalmente conquistata la promozione. Non ricordo che mai si sia
dovuto ritornare in città per la sessione di
ottobre.
¡1 vero scopo della Scuola. — Ma il vero
scopo della scuola non era qui. Essa era una
scuola di evangelizzazione o, come diceva la
gente del posto, una « scuola evangelista » o
« dei Protestanti » e questo compito soprattutto era caro aRa maestra valdese: era chiaro per tutti che la scuola era « valdese » e
che, perciò, ci si poteva parlare di religione
quanto e come si voleva; la sua testimonianza — aliena sempre dal tono polemico —
saltava fuori ogni qual volta le paresse opportuno, magari nel corso di una lezione di
storia oppure durante la lezione di matematica: al mattino, si cantavano inni, si leggeva e stud ava la Sacra Scrittura, si pregava, ma tutto in un modo cosi leale e discreto che i numerosi alunni Cattolici che la
frequentavano e le loro famiglie non se ne
sentivano minimamente a disagio. Durò troppo poco quella scuola (23 anni), ecco l’unico
rimpianto che rimane nel cuore degli antichi alunni che ancora sopravvivono, a quarant’anni di distanza, lassù nel villaggio e
qua e là per l'Italia ed all’estero dove la vita
1: ha dispersi e dove han portato la fede
acquisita in quella scuola.
Scuola Evangel ca. — Mi sembra eh >
quella scuola rispondesse a pennello a quell’ideale di « Scuola Evangelica » che molti
cercano oggi affannosamente senza trovarlo.
Non pochi punti di contatto si possono stabilire con la moderna « Scuola Barb ana »,
ma anche delle differenze importanti : in
quella umile ed antica Scuola Valdese, udii
sempre e soltanto predicare l’amore e l’umiltà. non udii mai la parola « rivendicazione »
e neppure udii parlare dei « nostri diritti ».
Udii tutti i giorni parlare di fede, di conversione e di salvezza per mezzo di Gesù
Cristo.
Era la nostra prassi... — Vorrei concludere dicendo che, se ho parlato di « una » scuo
la, debbo aggiungere che fu « una fra tante ».
E vorrei pregare i giovani p ù volonterosi
di fare qualche ricerca in questa materia.
Esistono ancora nelle nostre Valli, qua e là,
i familiari di tanti nostri valorosi Maestri
Evangelisti del passato: basta tare qualche
ricerca sui nomi Mathieu, Balma. Buffa,
Gaydou, Rivoire, Jalla, Bert, Arnoulet, Coisson e molti altri che io dimentico, come ne
esistono tanti nel resto d’Italia : Rosati, Panascia, Mingardi, Trobia, Giudici, Corsani,
Sommani ecc. Qui, mi sembra, i Valdes
debbono ricercare la loro fonte di ispirazione, perché è assurdo ricercarla in casa altrui
quando la si possiede in casa propria.
E, se non temessi di urtare un pudore che
è sacro a', miei occhi, dovrei aggiungere che
lo spirito vocazionale di queUa antica maestra è ancora vivo tra noi, perché nei nostri
Istituti di Istruzione, alle Valli e per tutta
Italia, come nella lontana America, contiamo ancora degli Insegnanti Evangelisti
pronti a non conoscere orario per far scuola
e doposcuola ai loro alunni e a logorarsi fino aU’estrerao per la loro missione... Purtroppo essi non possono far tutto quello che
vorrebbero perché son sorvegliati, legati, criticati da tutte le parti, proprio da noi Vaidesi che sappiamo anche esser cattivi .e ingrati, pronti ad aprir la bocca solo per demolire l’opera altrui e per invocare, costi
quello che costi, i favori di Mammona. Senza dubbio, fu più facile di essere la « Maestra
d’y Proutestant » nel remoto e bigotto villagg'o della Valle d’Aosta, che essere oggi
un Professore Valdese nei nostri Istituti il
quale parli di Cristo e incoraggi i suoi alunni a frequentare il culto...
Nel Nome di Dio! Lasciamo che ci sia
posto per tutti nel mondo, lasciamo che chi
vuole vada a Barbiana e lasciamo anche che
i nostri Istituti continuino ad essere ciò per
cui furono posti! Enrico Geymet
AGAPE
4 - 7 APRILE 1969
Il problema della violenza
Campo organizzato dal Consiglio della Gioventù e dal movimento cristiano studenti.
Direttore : Giorgio Bouchahd
Al termine dello scorso campo di Pasqua,
molti frateRi impegnati nelle lotte sindacali e
politiche ci hanno fatto notare che un problema che li tormenta è quello deRa eventualità d’una partecipazione ad azioni di tipo
violento, sia a causa dei problemi di coscienza
che questa eventualità suscita, sia a causa
della insistenza critica preventiva che taluni
ambienti ecclesiastici rivolgono loro.
L’assemblea del campo decise perciò che
l’incontro di Pasqua del 1969 avrebbe affrontato questo problema : il campo stesso incaricò
Sergio Rostagno di redigere un documento
preparatorio, che permettesse ai giovani di
non arrivare impreparati alle discussioni del
campo : il documento è stato pubblicato nel
n. di gennaio-febbraio di Gioventù Evangelica.
Il campo si svolgerà in questo modo :
— venerdì 4 aprile : seminario sul Commento di Barth a Romani 13;
— sabato 5, domenica 6 e lunedi 7 aprUe:
discussione collettiva sul problema della
violenza, usando come schema di base lo
studio di Rostagno, e tenendo d’occhio soprattutto la necessità d’una valutazione biblica del problema.
I non-credenti sono benvenuti : ma non
se l’abbiano a male se discuteremo essen
zialmente sulla volontà del Signore e sulla
sacra scrittura!
Il campo è stato suddiviso in due parti (il
seminario del 4 aprile e poi il campo vero c
proprio che comprende il sabato, la domenica
e il lunedi di Pasqua), per permettere a tutti
i lavoratori di partecipare all’intera discussione dell’argomento centrale.
Costo del solo campo (5-7 aprile): lire 3.600
+ 600 d’.iscrizione.
Costo del campo -f seminario (4-7 aprile) :
lire 5.100 -f 600 d’iscrizione.
Per l’iscrizione, informazioni, indicazioni
rivolgersi tempestivamente a : Segreteria
d’Agapc - 10060 Frali (To).
Il pasi. Williams w Pinerolo
Domenica 13 aprile, alle 14,30, nel tempio
di Pinerolo avrà luogo un incontro fra i concistori e i responsabili delle comunità delle
Valli — caldamente invitati — e il past. Glen
Garfield Williams, presidente della Conferenza delle Chie.se europee, il quale recentemente ha parlato a Torino. Tema dell’incontro :
La situazione europea di fronte all’Evangelo.
L’indomani mattina il past. Williams prenderà parte al mensile Colloquio pastorale delle
Valli, ancora a Pinerolo.
I LEYTORI CI *■> SCKIVONO
A ognuno
il suo
Caro Prof. Subilia,
Cerignola, 11.3.’69
con vivo interesse ho letto la tua
risposta a Marco Rostan nell’editoriale (Num. 9 « Eco-Luce » del 28-2-69)
dal titolo Barmen e Marx. L’argomento costituiva per me un cibo oltremodo appetitoso. Ma non puoi
imaginäre la mia amarezza per l’errore in cui sei incorso: mettere frettolosamente i « cerignolesi » nel novero di quanti « si consolano e si vitalizzano in incontri clericali anacronistici e ch'aramente evasivi ». Conosco
da oltre quarant’anni la Comunità e
ne so le lacune e le contraddizioni.
Come tante altre Chiese essa non
conosce la pienezza di una vita coerentemente vissuta, tuttavia vive in
Gesù Cristo, cioè per grazia mediante la fede così come ogni credente
che cerca di ricevere e cerca di trasmettere. La sua compagine è tip camente agricola, artigiana: plebea. |
Non ha nel suo seno nè potenti nè |
savi secondo la carne. Gli universitari si contano sulle dita di una mano. La sua storia : una resistenza tenace fatta di scelte prec'se sul campo ove la teologia ispira l’azione perché ad insegnarla è lo Spirito Santo
nella misura dciTubb'dienza personale. Infatti come Comunità di diespora. ove il servitore della Parola arriva e parte (solo da cinque anni ha
un Pastore tutto per sè) una linea
teologica vera e propria non l’ha mai
ricevuta. Tuttavia appartiene a quei
gruppi che confessano la fede custodendola da chi la deride e salvaguardandola, se occorre, unguibus et rostris, da chi ne appcofitta per schiacciarla quando l’occasione si presenta.
In quei casi essa sale sulla cresta dell’onda deRa storia : il giorilale della
Chiesa ne parla, le relazioni annue
nc riferiscono e Io stor co registra
delle date, 1926. 1937, anni in cui i
fascisti prepotenti associati a cleri
cali compiacenti cercano di colpire
sodo. Il curioso vada a sfogliare ì
Cento anni di Storia Valdese di Alberto Ribet.
Ma li non c’è tutto. La storia dei
giornalieri evangelici che ogni sera
in piazza, come neRa parabola evangelica, attendono l’arrivo del fattore
e se il padrone clericale non l’ingaggia. chi la conosce? Non fa cronaea.
Farà clamore il caso del contadino
G. B. che per essersi rifiutato di fare
entrare nel podere, ottenuto dall’Ente Riforma, R Prete risolutamente
deciso a benedire casa, persone e best e, viene denunziato per aver viRpeso la religione dello Stato e perderà il podere rientrando con i suoi
nove figli nel « sottano » a patire come prima. Si occupò del caso anche
il prof. Remigio Baldoni. I signori
di questo mondo furono sconfessati e
il nostro frateRo non vendette la primogenitura per il solito piatto di
lenticchie. Quando nel 1932 la Comunità per il dono del compianto
ing. Trincherà sarà dotata di un locale in proprio, uscirà dalla clandest nità e si metterà subito sul piede
del servizio. Accoglierà nella saletta
dei giovani : i giornalieri poiché i nostri anziani, esperti potatori, godono
del privilegio dell’ingaggio. Quella
sie.ssa saletta accoglie ora le lavoranti
del Maglificio che siamo riuseìti a
sottrarre allo sfruttamento padronale.
Per le note circostanze provvidenziali la Comunità affronta la piaga dell’infanzia abbandonata a se stessa e
riesce ad inserirsi in questo grosso
problema con una sua propria dignità e con una sua propria forza. Guardando nel suo insieme a questa no1 stra fratellanza viene da pensare non
' tanto alla tamarice di geremiaca memoria (Geremia 17: 6-9) quanto
piuttosto ad un albero che piantato
sulle sorgenti deRe acque cerca di
portare in qualche modo il suo frutto.
Circa l’ecumenismo di cui si sarebbe infettata, ammesso che esso sia di
tipo facile ed evasivo, gli strumentalizzati in qpieR'unica occasione possono essere benissimo coloro che c’in
vitano, irraggiungibRi diversamente.
Se finora abbiamo aecettato l’incontro (non tutti, perché a Cerignola non
sono un gregge di pecore) è perché
crediamo alla potenza della verità :
II Corinzi 13 v. 8.
Al prof. SubR'a esprimo la mia incondizionata ammirazione e a te caro
direttore, se non taglierai, un grazie
affettuoso.
G. E. Castiglione
Quella sigla...
Un lettore, da Rimini :
Caro direttore,
mi associo a quanto scrive una lettrice da Torre Pellice sul N. 10 delVEco-Luce, a proposito del Culto Radio.
Sono stato sconcertato da quella...
« sconcertante musica » che sembra
una « acrobazia cromatica ». Se quel
suono irritante dovesse essere una infelice combinazione di registri con
Un organo « hammond », siano camb'ati i registri.
Ci sono tante possibRità organistiche facendo brevi accordi o battute
dalla musica di J. S. Bach dai « Chorale Preludes » (Gelobet seist du, Jesu Christ). Ed altri ancora! Gli organisti delle nostre Chiese sapranno
meglio di me dare dei consigli in mento. Volevo scriverti prima, e spero
di non essere troppo in ritardo nel
chiedere una riforma per la parte musicale durante il breve tempo del
Culto Radio.
Ti ringrazio e saluto fraternamente.
Severino Zotta
Ecco chiarito
Roma, 11.3.’69
Caro direttore,
la lettera del Past. Naso, pubblicata recentemente, mi invita a prendere la penna. Non dovrei farlo, per
ché nella Chiesa bisogna essere buoni
amministratori del proprio tempo e
non sì raccoglie un invito formulato
in quei termini. Tuttavia poiché
mancano delle informazioni e mi sono richieste, darò queRe che ho a dispos'zione e che sono ben poche.
Non ero a Brescia in occasione di
quella conferenza e non ne conoscevo il contenuto. Non lo conosco tuttora ! Io sono 'responsabile del mio ministerio e del mio lavoro, ma non mi
ritengo responsabile di ciò che è organizzato da altri e secondo una vocazione che non è la mia. Non v’era
nessun accordo prestabilito.
Il mio collega mi ritiene riprensibile. ma se prendiamo l’esempio di
chi è al di sopra di ogni riprensione
come Cristo e Paolo, vediamo che la
loro parola non avalla i discorsi che
si tengono negli ambienti da loro visitati. Non vedo perché io, invece,
dovrei avallarli. Non credo che il
Past. Naso stesso avalR, con la sua
presenza, quanto accade nelle città e
nelle famiglie dove svolge il suo ministero.
Non c'è da stupirsi se da simili
premesse, del Past. Naso, ne derivino
delle conseguenze di stile e di contenuto dello stesso peso e dello stesso
valore. Mi si consenta di dire che io
non ho mai sentito ¡1 bisogno di scrivere Qualcuno con la q maiuscola.
Non sono un qualunquista sul piano
della dottrina di Dio. Non ho mai
avuto paura di indicare con R termine preciso di Dio, l’Iddio di Abramo,
di Isacco e Giacobbe, nonostante la
teologia della morte di Dio.
Non so se mi devo ritenere accusato di lavorare senza « responsabilità », senza « ferma vigRanza », aRa
ricerca del « mio prestigio », animalo da « trionfalismo protestante » e
autore di tanta confusione di spiriti.
Tutto questo sarebbe scattato a Brescia in seguito ad un discorso non
mio e di cui non conosco il contenuto! Con quale misura sono misurato
nella mia testimonianza! Francamente questo stile non lo capisco e temo
che se esso fermenta le nostre comu
nità, abbiamo ragione di essere depressi e avviliti : è un segno che si
vive sotto la croce e non certo della
gloria!
Aprire un poco gli occhi sullo spazio che si dà a queste cose, caro direttore, non fa certo parte della mutua consolatio fratrum indicata dalla
Riforma Protestante!
Renzo Bertalot
re. quod Deus avertat, alla chiusura
dei nostri istituti valdesi di istruzione, prepariamoci a dover dire, fra
qualche anno, con amarezza e senza
r medio. « del senno di poi son piene
le fosse ».
E. M.
Del senno di poi...
Una lettrice, da Torre Pellice:
Ho letto la relazione al Sinodo della Commissione « ad referendum »
sull’istruzione secondaria, allegata all'Eco deRe VaRi, e confesso di essere
stata profondamente disgustata nel
constatare con quale spirito ben poco
benevolo è stata redatta.
La principale preoccupaz'one dei
membri della suddetta commissione
sembra essere stata quella dì buttare
ad ogni costo il discredito sui nostri
istituti valdesi di istruzione, sicché
il lettore può trovare facilmente, nella relazione, ine.sattezze, incocrenze e
contraddizioni.
Sono .solo i membri della commissione a non sapere che le fam glie di
Torre Pellice, di Luserna S. Giovanni e di altrove mandano i loro figli
al Collegio Valdese, non già in obbedienza a « criteri di prestigio soc ale », ma, e questo ridonda ad «more dei signori professori, per ragioni
di natura didattica e per la serietà
deR’Istituto!
Tutte le famiglie che hanno avuto
o che hanno figlioli al Collegio saI rebbero pronte ad attestare questo
I unan’menieiite.
Per quali ragioni il ginnasio-liceo
è spopolato è stato detto e ridetto in
assemblee di chiesa e in conferenze
di distretto e ci si domanda con insistenza come mai chi di dovere finge
dj ignorare la causa prima di questo
spopolamento e non fa nulla per rimuoverla. Il modo c’è e sempUce.
Se ad ogni costo si vuole addiveni
Federazione
evangelica
e Patti Lateranensi
Un collaboratore, da Torino:
Caro direttore,
leggo sul il. 11 del giornale l'articolo del pastore A. Taccia sull’attività della Federazione evangelica italiana e mi rallegro nelFapprendere,
fra l’altro, che la Giunta c stala incaricata di redigere un «. documento
pubblico » che riaffermi la necessità,
(la parte dello Stalo, di rispettare l'obicz.one di coscienza, anche se purtroppo le ultime notizie, da parte governativa. sono scoraggianti.
La cosa che invece mi stupisce (a
meno che non sia stata menzionata
nel suddetto articolo) è che l’organo
che rappresenta l’evangelismo italiano
non abbia inviato un messaggio, un
appello, aU autorìtà statale e governativa, in cui venga affermata la necessità dellabolizionc — e non della
som pi e 3 modifica — dei famigerati
« patti lateranensi », indegni di una
nazione democratica e che costituiscono un flagrante ed ingiusto privilegio per una chiesa a scapito delle
altre.
La cosa mi pare di particolare attualità sia per il parlare che se ne fa
sulla stampa e negli ambienti politici e culturali, c sia anche a seguito
della creazione dell'apposita commissione governativa per la semplice modifica, commissione — ahinoi! — presieduta dall'on. Gonella.
Mollo cordialmente
Roberto Peyrol
5
21 marzo 1969 — N. 12
pag. 5
MILAN
Inaugurata la nuova
Libreria Evangelica Claudiana
Un gruppo di valdesi agrigentini
da vita a un nuovo doposcuola
“Qui non c’è una scuola, se si vuol prendere sul serio il problema,.
La libreria ed.trice Claudiana è notissima
ai lettori di questo giornale e si ricollega per
molti alle Valli, a Torre Pollice, sua antica
sede, a Torino, dove occupa un vasto negozio
eon molteplici vetrine proprio dietro il monumentale tempio di Corso Vittorio. E’ un
nome che abbiamo letto negli innari, nei nostri calendari, nei testi di scuola domenicale
dei nostri bambini, negli opuscoli che ci capitano sott’occhio. Anche se più che alla lettura siamo forse portati alla TV e se forse
occupiamo « meglio » la serata aOa radio che
con un libro, abbiamo tutti un concetto abbastanza chiaro almeno della vecchia Claudiana, se non delle .sue giovani iniziative editoriali. Non parliamo poi della funzione della
Claudiana per chi invece ama dedicare un
po’ di tempo libero alla lettura ed allo studio, per i nostri studenti e pastori, per i nostri teologi. Fedelmente, atmo per anno, essa
mette a loro disposizione opere protestanti di
teologia, di esegesi, di storia dovute a studiosi nostri o tradotte da autori d’altri paesi :
basta percorrere i cataloghi degli anni e dei
decenni passali per rendersi conto della continuità con cui ha operato questa piccola casa editrice, che meriterebbe veramente d’essere chiamata benemerita se l’aggettivo non
fosse abusato. Non tutti sapranno che questa
casa editrice evangelica svolge la sua attività
da più di cento anni ed è logico quindi che
disponga di un buon bagaglio di esperienza
e di un ottimo nome.
Sono fattori, questi, che valgono anche
praticamente ed è pure logico che non sfuggisse il loro valore in una città come Milano che di senso pratico davvero non manca.
Perché — ci si chiese — non deve esistere
una libreria Claudiana anche a Milano? La
stessa domanda se la pose pure la direzione
della Claudiana ed insieme con essa il pastore della chiesa di Milano cominciò a cercare
una risposta alla domanda, ad accarezzare
l’idea, a darle torma sempre più precisa... sul
puro piano della fantas.a e della speranza.
Alla realtà concreta si giunse di colpo quando si venne a sapere che era sfitto un negozio
prospiciente via Francesco Sforza, esattamente accanto a quella che Alberto Ribet, pastore a Milano in quegli anni di dopoguerra
ed impegnati ss mo nella costruzione della
nuova chiesa, chiamava autorevolmente per
antonomasia « la sala attigua ». Già si erano avviate, a titolo di semplice informazione,
alcune indagini su eventuali locali adatti,
ma se era da allittare il locale attiguo alla
« sala attigua » — cosi si è pensato in Consiglio di Chiesa — questa, e nessun’altra doveva esse-e la sede della nuova filiale milanese dell.a Claudiana.
Naturalmente passò un certo tempo tra
l'antefatto che si è voluto riferire e la sera
del 6 marzo 1969 in cui la « sala attigua »
accolse un buon numero delle moltissime persone alle quali era pervenuto un cartoncino
d’invito recante la notizia che, in occasione
dell’apertura della libreria evangelica di cultura Claudiana in via Francesco Sforza, vi
sarebbe stato una pubblica discussione sul
tema : « qual’è il significato della eultura
¡n'dicslantc oggi? »
li l-nijio d sponibile per arrivare a questo
trai'''a>r!o lion era poi stato eccessivo poiché
occoi'i assicurare le basi economiche dell iniziatiwi- .mliilue il rapporto tra la comunità
di Milano e la direz'one della Claudiana a
Tonno, iiitorpellare architetti, ottenere le
licenze comunali trovare la persona adatta
che si occupasse a pieno tempo del negozio,
stendere un contratto d'affitto a condizioni
accettabili. Su quest'ultimo punto va detto
che la comunità di Milano si è subito persuasa di doversi impegnare a pagare l’affitto
almeno per gli anni dell’inizio. Ma per trasformare il locale grezzo e mal r dotto, orma; preso in affitto, in qualcosa di funzionale ed anche di raffinato quale non può
essere una libreria nel centro di Milano, ci
volevano mezzi immediati. Quando nacquero,
certi ingegneri anch’essi benemeriti — diciamolo a di.spetto del loro « understatemenl » — seppero usarli e non solo con decisioni prese a tavolino, ma con l’applicazione pratico-artigianale della « scienza delle costruzioni » e con il metro ed il martello alla
mano. E qui andrebbe detta una parola speciale ad un nostro amico di fuori, al pastore Wolfgang Schcrffig, se non fosse stato
presente insieme con la signora alla riunione d’apertura dando in tal modo 1 occasione
di dirgli grazie dinnanzi all’opera compiuta.
Il 6 marzo dunque il prof. Enea Balmas,
docente alla Facoltà di Lettere di Padova,
parlando di cultura protestante, accennò ad
aspetti italiani di questa cultura che andrebbero studiali più a fondo per quanto riguarda
il passato e l'epoca della Riforma e meglio
conosciuti per quanto riguarda la letteratura
contemporanea. Ed il pastore Giorgio Tourn
lece osservare che la cultura, se è protestante.
Io è attraverso l'impronta protestante di chi
la creò e la visse ed attraverso chi la ricevetfe e continua a riceverla sempre nell interpretazione protestante della propria esistenza.
E' stato bello ascoltare i due oratori chiamati a parlare in quella sera eccezionale ed il
pubblico sembrò particolarmente attento e
sen.sibile nell’ascolto. C’è da chiedersi — scusino l’eresia i contestatori per principio di
ugni età — se è giusto puntare sempre sul
dibattito o se talvolta il dibattilo non possiamo farlo con noi stessi nel tornarcene a casa
0 magari nello stentare a prendere sonno appunto perché si pensa, a ciò che è stato detto.
Fosse la sentivano anche i presenti, pochissimi dei quali intervennero.
^ parte le inaugurazioni, le benemerenze
'''srie, i dibattiti ed i silenzi, ora la nuova
libreria c’è e bisogna sperare che non solo
per Milano ma per tutta la Lombardia essa
diventi vivente ed attiva ; speriamo, per
dirlo più chiaramente, che questa bottega di
ubri in cui saremo sempre accolti con simpatia ed in cui ci sentiremo un po’ di casa
«invogli a comperare più libri, a leggerli, a
discuterli, a scambiarceli. Oltre ad opere spe
c ficamente protestanti, oltre alle proprie
edizizioni la Claudiana offre opere di lettura
varia, di attualità politica e sociale, di narrativa in italiano, in francese, in inglese, in
tedesco e procura, entro limiti ragionevoli di
*empo, anche libri di cui non dispone in negozio. In quanto poi al suo compito principale, quello di trasmettere il pensiero evangelico. ricordiamo che in questi anni le opere teologiche protestanti che portano i nomi
di fama internazionale di Tillich, Gollwitter,
Brunner, Bonhoeffer, Barth, Cox, sono state
ampiamente tradotte anche per conto di numerose altre cose editrici ; in questo settore
In direzione della Claudiana potrà essere particolarmente utile nelTinformazione e nella
fornitura a studiosi, a studenti delle comunità evangeliche ed in generale del mondo
in cui viviamo.
Chi non è più giovane ricorda i tempi in
cui ad un amico cattolico che non sapesse
altra lingua salvo l’italiano non era veramente facile far conoscere i nostri autori, i
nostri problemi del passato e di oggi. Ora le
cose sono molto cambiate e chi vuol conoscere il pensiero protestante, anche aU’infuori da proprie considerazioni religiose o da
propri sentimenti, ha tutte le porte aperte
e trova una scelta vastissima di libri di ogni
livello. Leggere un'opera di questo genere
può assecondare un semplice desiderio di
cultura, e certe forme di non eonoscenza,
che capita d; scoprire anche in tempi di
apertura ecumenica, non sono più scusabili
come una volta e vanno purtroppo attribuite
ad indifferenza culturale, a pigrizia mentale.
La nuova libreria potrà contribuire a scuotere pigrizia ed indifferenza ed anche sotto
questo profilo è un compito nobile ed inviabile quello che spetta ai responsabili dell’iniziativa deUa comunità di Milano ed alla direzione della Claudiana, la quale deve sentirsi molto impegnata nel valorizzare lo strumento affidatole anche in una cerchia di persone che gradatamente non si limiterà più
alle sole nostre comunità. Su queste però
Va fatto il maggior affidamento, proprio nell'attuale periodo di avviamento, ed è facile
a molti di noi dimostrare simpatia alla vecchia Claudiana ; comprando i nostri libri
presso la sua nuova giovanissima sede milanese.
Roberto Isenburg
Un gruppo di persone della comunità di Agrigento ha dato vita ad un
doposcuola seguendo, come già è stato
fatto in Sicilia ed altrove, l’indirizzo
dello stimolo e della surroga nei confronti della politica scolastica pubblica. È in questi termini che la Commissione « ad referendum » sull’istruzione, come già quella precedente, ha individuato la responsabilità della Chiesa nel campo dell’istruzione e mi pare
che questa iniziativa sia una risposta
bella e da incoraggiare, a questa responsabilità.
Questo servizio, che la comunità di
Agrigento si addossa, porterà il nome
di Augusto Calogero Sciascia, nome
che non è stato scelto solo per l’importante ruolo da lui svolto nella vita
della comunità, ma anche come segno
dello spirito con cui si inizia questa
attività ; il prof. Sciascia « insegnò tutta la vita, insegnò come insegna un
credente tanto che gli tolsero il posto... Noi vorremmo poter fare un’opera che sia come la .sua, al tempo stesso
profonda e modestissima, umile, fatta
di uno sforzo quotidiano. Lo sforzo del
prof. Sciascia, come egli diceva, ha
piantato un chiodo in Agrigento, il
chiodo delTEvangelo ». Questa e le
prossime citazioni sono tratte da una
circolare inviata ai membri di chiesa
della comunità di Agrigento, alle famiglie degli iscri tti ed agli « amici di
fuori» con scritU di Eugenio Bivoir,
Mario Francesce 'Serutti e Giovanni
Tron.
Perché ho rife.rito i termini di stimolo e surroga a questo doposcuola?
Perché ad Agrigento «non c’è una
scuola, se si vuole prendere sul serio
questo problema ;• cioè una scuola che
offra aule e tempo « per fare insieme
quello che si dovrebbe fare insieme».
In un combintiT.si di mali locali e
generali quali il numero dei figli, il
grado di istruzione della popolazione,
i doppi turni, gi: orari diversi all’interno della stessa famiglia, l’alto carico di compiti a casa (resi necessari dalTimpossibilità di svolgere il
programma nelle ore che la scuola
concede ai ragazzi), le famiglie vengo
no gravate di un compito di complemento all’attività della scuola che raramente sono in grado di sopportare,
ricorrendo magari a delle lezioni o alle
scuole private, favorite in questa città
dal notevole numero di maestri disoccupati. Ecco che allora giunge ovvia
ed amara la conclusione che « chi ha i
soldi si può istruire; chi non ha soldi
resta indietro ».
Il nuovo doposcuola, situandosi in
questa prospettiva, va oltre l’assistenza ai compiti, l’aiuto — sia pur necessario — alle famiglie, « diventa una
possibilità per i ragazzi di istruirsi al
di là di quel che la scuola, oggi, offre ;
di sapere meglio, in, modo più vero,
controllando ed esercitando, appassionandosi, e quindi di sapersi difendere;
di imparare liberamente e un po’ alla
volta a studiare, per conto proprio e
non perché questo ci è imposto; il doposcuola diventa la possibilità della
ricerca e dello sviluppo dei propri
mezzi, delle proprie doti. Il ragazzo
che può cercare e che in questa ricerca sa andare avanti da solo, e confrontare la sua ricerca con quella dei suoi
compagni, comincia un po’ a liberarsi
dallo sfruttamento verso il quale la
nostra società lo sta portando ».
Come non ricordare questa famosa
frase di Don Milani ; « Quanti vocaboli possiedi? Al massimo 250; il tuo
padrone non ne possiede meno di 1000;
questa è una delle ragioni per cui lui
resta padrone e tu rimani nelle condizioni in cui sei, povero, e servo ».
I programmi esposti nella circolare
non si limitano però a questo doposcuola. Strettamente connessa a questa attività vi sarà quella di riunire
periodicamente i genitori degli scolari,
frequentino o no il doposcuola, « per
parlare della parte che essi devono
giocare nei confronti della scuola» e
per evitare che, sgravando le famiglie
del peso dell’assistenza scolastica ai
figli, si faciliti la fuga di fronte a questi problemi.
Si prevede inoltre l’organizzazione
di una regolare scuola popolare nel
rione di Villaseta, da inserire in un la
iiiiniiliiimiMiiiimmKiiii
iiiiMiiiitnmduiiiiiiiii
iliiiimiinimiiii m
DALLE NOSTRE COMUNITÀ
PRAMOLLO
La ricorrenza del 17 Febbraio è stata celebrata con la solita gioia ed entusiasmo da parte di tutta la popolazione. La sera della vigilia numerosi « falò » sono stati accesi suUe
alture dei vari quartieri; al mattino il tradizionale corteo, poi una buona assemblea s’è
raccolta nel Tempio per il culto di adorazione e di ringraziamento nel corso del quale è
stato sottolineato il significato della ricorrenza alla luce di ciò che Dio è stato ed ha fatto
per il nostro popolo e della libertà ch’Egli ci
ha dato in Gesù Cristo : libertà che non può
venire scalfita né resa inoperante da alcuna
forza né volontà umana, ma rimane ancora e
sempre essenziale per vivere come credenti
anche in questo tempo di benessere economico, in cui il nostro Liberatore vuole la nostra riconoscenza e ci chiama ad amarlo ed a
servirLo con impegno e con fedeltà.
Verso le 12,30 una settantina di commensali si sono riuniti nel salone del Ristorante
« Gran Truc » (Bocchiardoni) per il pranzo in
comune, ottimamente preparato dai proprietari Sigg. Sappé e servito dalla loro valida
« équipe ». Al termine del pranzo rivolsero
messaggi di circostanza il Sindaco Dott. E.
Maccari ed il Pastore, il quale portò ai convenuti i saluti deirUnion Vaudoise di Marsi
glia e del suo Presidente Sig. Poét, che ringraziamo vivamente.
La giornata si concluse nella sala delle attività con una serata ricreativa preparata ed
offerta dalla gioventù, la quale rappresentò
con bravura il dramma in tre atti « Lottando
fino all’alba » di Louis Brasseler, di fronte
ad un buon pubblico assai numeroso nonostante il tempo piuttosto inclemente.
Ringraziamo quanti in più modi hanno
collaborato alla commemorazione della giornata del 17 Febbraio, ehe, insieme al ricordo
dei giorni antichi, ci ha rivolto una volta
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ancora l’invito ad essere costantemente fedeli
a Dio nella Chiesa e fuori di essa. Perciò:
Valdesi sì, ma soprattutto credenti.
CORATO
In questi ultimi mesi la nostra comunità
è stata colpita da due lutti. E’ deceduta la
signora Leo Maria in Pelrone, suocera del
nostro Anziano signor Felice Marinelli. Per
quanto non iscritta alla Chiesa, pure in
questi ultimi anni frequentava con regolarità, partecipava alla S. Cena e più di una
volta aveva desiderato che si tenessero dei
culti nella propria abitazione. Prima della
morte aveva espresso ai familiari il desiderio
che ¡1 proprio funerale fosse celebrato nella
nostra Chiesa.
Il 23 febbraio vi è stato il funerale della
Signora Di Gennaro Angela, presieduto dal
Pastore Giuseppe Castiglione in assenza del
nostro Pastore. La cara sorella, da alcuni anni inferma, era stata una colonna della nostra Comunità. Già insegnante nelle scuole
elementari di Corato, aveva sempre testimoniato della propria fede anche in tempi assai
difficili, e col marito aveva grandemente contribuito alla educazione religiosa dei due
figliuoli.
La larghissima partecipazione di categorie
di ogni ceto sociale, con rappresentanze delle direzioni didattiche, ha dimostrato Taffetlo e la stima di cui era circondata. Quanto a
noi, grati per quanto essa ha dato per lunghi anni alla Chiesa, ricorderemo sempre la
nostra sorella per la serenità, la viva partecipazione a tutti i problemi della Comunità,
la dolcezza del carattere, la forza con cui
aveva accettato la lunga prova.
Alle due famiglie colpite da questi lutti,
e particolarmente ai signori Marinelli, ai
dottori Mimi Di Gennaro e Ciro Di Gennaro (della Chiesa Valdese di Bari), Tespressione sincera del nostro cordoglio.
le 1? février à Paris
Ce dimanche 16-11, c’esl par une journée
enneigée et sous un ciel gris que les Vaudois
de Paris et leurs amis se sont retrouvés comme tous les ans, non chez Madame Appia,
mais au siège de TY.M.C.A. pour commémorer le « 17 Février » où nous y avons
évoqué sa mémoire.
Ses fils, le pasteur Georges Appia et son
frère Henri, Tun par un bref sermon, l’autre
par un raccourci historique des Vallées, ranimèrent l’espérance de tous.
Ensuite, nous nous retrouvâmes autour
d'un goûter où chacun demandait aux autres
de.s nouvelles du Pays que ce soit de la Germana,sca, du val Pellice ou du val Chisone.
Enfin, nous nous sommes quittés, dehors la
neige tombait toujours, mais nous étions
convaincus de nous revoir afin de témoigner,
par notre présence, la vôtre dans nos Vallées, ce qui dans un proche avenir pourrait
être d’une grande utilité tant pour notre
Eglise que pour nos frères, et aidej ceux qui
sur place cherchent à résoudre les problèmes.
voro quartierale di maturazione politica.
Per quanto riguarda il collegamento
con il problema della predicazione si
dice che « il doposcuola diventa occasione e luogo di predicazione per le famiglie, predicazione non in senso generico di esortazione religiosa, ma come indicazione e sottolineatura della
nostra responsabilità cristiana in quel
particolare campo ».
Renato Salma
Les paroles de Janavel sont toujours présentes à notre esprit et notre coeur : « Ne
nous désunissons jamais » où que nous
soyons.
La collecte a rapporté 235 Frs à partager
entre les asiles de vieillards de San Germano
Chisone et Luserna San Giovanni.
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Direttore: Past. Paolo Ricca.
Quota globale: L. 25.000.
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e rispedire il modulo di iscrizione. Evitate il rischio di vedere i vostri ragazzi
esclusi da un benefico soggiorno marino !
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Per informazioni con listino completo scrivere a: PAOLO SCEVOLA - Casella Postale 426 - 18100 IMPERIA
ONEGLIA.
L’impegno finanziario di questo doposcuola
è stato preso dalla comunità di Agrigento.
Tuttavia delle offerte allevierebbero i problemi iniziali per il reperimento della attrezzatura necessaria. Le offerte possono essere
fatte pervenire mediante un C.C.P. intestato
a: 1/40541 Mario Francesco Berutti, via Damareta 6 - 92100 Agrigento - Uff. C. C. Roma.
La circolare ha inoltre lo scopo di stimolare
altri giovani volontari qualificati a coUaborare a pieno tempo al lavoro di organizzazione
di questa attività che si pensa di ampliare e
migliorare per il prossimo anno scolastico.
Notiziario
Metoidista
La Conferenza metodista dello scorso
anno approvò — come si ricorderà — un
Documento al fine di richiamare le Comunità ad una vita che non sia limitata alla
pia devozione, ma sia concreta testimonianza verso il mondo; ed inoltre per una rimeditazione del problema dei « ministeri » nella Chiesa, per una riaffermazione del principio del sacerdozio universale dei credenti.
Tale Documento è da mesi aUo studio
presso le Comunità, diverse deUe quali hanno già espresso i loro pareri e adottato particolari iniziative in proposito.
Nelle prossime settimane si riuniranno i
vari Consigli di Circuito i quali, dopo approfondito esame del Documento, formuleranno
mozioni o ordini del giorno al riguardo da
sottoporre alla prossima riunione delia Conferenza che avverrà alla metà di maggio a
Roma.
In maggio, in concomitanza con la convocazione della Conferenza, avrà luogo in
Roma la Assemblea Annuale dei predicatori
laici della Chiesa Metodista. Anche questa
si esprimerà nei riguardi del Documento della Conferenza.
Il Presidente della Conferenza Metodista britannica in visita a Roma. — Nei giorni 29 e 30 marzo il rev. dr. E. Gordon Rupp,
attuale presidente della Conferenza Metodista Britannica sarà a Roma dove avrà incontri a vario livello. Il mattino di sabato 29
marzo egli avrà una riunione con un gruppo dì pastori e laici metodisti e nel pomeriggio terrà una pubblica conferenza nell aula magna della Facoltà Valdese di Teologia.
La domenica 30 predicherà nel tempio metodista di Via XX Settembre. Egli si incontrerà anche con rappresentanti delle comunità di lingua inglese a Roma e con alcuni
membri del Segretariato per l’unità dei (^ristiani nel quadro della Commissione mista
di cui è membro. Il Presidente Rupp è rettore di una facoltà teologica metodista ed ha
ricevuto vari dottorati honoris causa. Egli è
membro del Comitato Centrale del Consiglio
ecumenico.
La Casa Evangelica Metodista di San
Marzano Oliveta ospiterà, domenica 23 marzo, un Incontro giovanile. Tale Incontro non
ha carattere ufficiale, per cui possono partecipare i giovani di ogni Chiesa e di ogni località. E’ sufficiente essere presenti domenica
23 marzo alle ore 10. Sarà trattato il tema:
« Esperienze di testimonianza cristiana ». Per
informazioni: G. Anziani - Telef. 52.378
Alessandria. S
PERSONALIA
A Sanremo, in casa di Sergio e Dorotea Nisbet è giunta la piccola Claudia: alla neonata,
ai genitori e a tutta la loro famiglia i nostri
fraterni rallegramenti e l’augurio migliore.
^ *
Apprendiamo con ritardo che Franca Coìsson ha conseguito, presso l’Università di Torino, la laurea in lettere moderne. Essa insegna,
dall'autunno scorso, nella Scuola Media Valdese di Torre Pellice, e congratulandoci con lei
le rivolgiamo il nostro augurio più cordiale
per la sua opera d’insegnante.
* *
Cordiali felicitazioni e auguri anche a Osvaldo Gönnet, che si è laureato in veterinaria,
pure presso l’Università di Torino.
È mancato all’affetto dei suoi cari,
dopo lunga malattia, all’età di 88 anni
Giovanni Jouve
Ne danno il triste annunzio 1 figli:
Roland e famiglia; Jacques e famiglia; la nuora Gras Ida ved. Jouve e
famiglia ; il fratello Adolfo e famiglia ;
nipoti, pronipoti e parenti tutti.
« Io so in chi ho creduto »
(2 Tim. 1: 12)
Nîmes (Francia)
Torre Pellice, 21 marzo 1969
6
pag. 6
N. 12
21 marzo 196?
QUSi è l’inCidSnZfl CUltUrSlB un'inchiesta condotta in 336 reparti e aziende dell'industria italiana
della teologia evangelica _ ii #!«*!
nella nostra generazione? X.Q SalUte nelle fabbnClie
( segue da pag. 1 )
sero l’avventura delle Missioni e del
Risveglio, altri generarono il « cristianesimo sociale ». Da Blumhardt
a Barth la predicazione fu l’inizio
ed il centro, ma vi era in loro la
scelta. La Chiesa confessante fu
una scelta. E poi... Amsterdam 1948,
Poster Dulles e Hromadka, Luther
King e Mondlane, catechista a Johannesburg... Incidenza? Non incidere, ma vivere. Nella misura in
cui questa generazione scriverà meno libri ed incarnerà di più quello
che ha già scritto, diverrà capace
di dare vita ad una vera cultura.
* * *
Il Prof. Enea Balmas affrontava
su altri piani il significato di una
cultura protestante nel mondo moderno. Quando queste grosse parole
scendono dalle nostre labbra, si presenta anzitutto la necessità di difendersi dal sospetto del trionfalismo,
che ci minaccia, dalla tentazione del
proselitismo, dall’indottrinamento
dall’alto. Ma, detto questo, bisogna
partire e cercare di prefigurare i caratteri della nostra avventura culturale. A questi fini s’impone la rivendicazione di un passato cc italiano » fortemente diverso da quello
« ufficiale ».
La storia del nostro paese non è
la storia in cui è mancata una Riforma per l’istintiva avversità della
nostra gente. Si riscopre la incidenza della Riforma in vasti settori della popolazione italiana. Occorre
reinterpretare il passato ed il presente del non conformismo evangelico, cercandone le influenze nelle
varie direzioni, compresa quella della mentalità laica. Occorre una reinterpretazione della nostra presente
separazione onde definire il tipo di
presenza protestante fra noi, sia
quella che si esprime in alcuni scrittori protestanti, sia quella che nasce da una problematica religiosa,
viva in uomini nei quali è echeggiata una coscienza, che ha affrontato
un mondo, giudicandolo in una prospettiva che ha rifiutato la tutela
clericale ed è pronta a rifiutare il
confessionalismo.
Se la tesi Tourn può riassumersi
nella rispondenza della cultura a
scelte etiche essenziali, la tesi Balmas risponde alla ricerca delle « influenze protestanti » nel contesto
culturale delle varie generazioni.
Per l’uno la « cultura protestante »
trova la sua matrice in un comportamento deciso, angoloso e a volte
anche sconvolgentemente contestatario verso le forze predominanti; per
l’altro la « cultura » è disseminazione di fermenti, di idee, di correnti,
che escono dall’alveo delle istituzioni ecclesiastiche per diffondersi nel
vasto spazio della vita delle città e
dei paesi, come una testimonianza,
il cui profumo non può essere contenuto mai.
Questi modi diversi di concepire
la presenza della cultura protestante restano campo di discussione e
trascendono l’occasione di una nuova libreria di cultura evangelica in
Italia, come motivo di fertile meditazione e ricerca. È un discorso certamente non ancora giunto a ter
mine.
Carlo Gay
GIUSTIZIA O CARITÀ
PER I PROFUGHI PALESTINESI?
(segue da pag. 1 )
di soccorsi del Consiglio delle Chiese per i
profughi palestinesi.
Ma la dichiarazione aggiunge i « Dal 1948,
abbiamo visto questi profughi, nostri fratelli
cristiani e mussulmani^ sradicati due o tre
volte, e siamo anche profondamente turbati
dal fatto che mai la situazione è stata così
grave come ora. Nello stesso tempo, riconosciamo che i cristiani sono vieppiù preoccupati dai problemi di giustizia e di pace. L’attuale situazione esplosiva del Medio Oriente
è una sfida per noi cristiani: ci occuperemo
solo di carità, oppure del problema nella sua
totalità? Tutti i cristiani e tutte le Chiese
debbono sentirsi interessati alla giustizia, alla pace ed al diritto alTautodeterminazione
in Medio Oriente ».
Dopo aver ricordalo la responsabilità dei
cristiani, siano essj stati attivi o meno, dato
che non hanno influenzato in senso positivo
la politica 0 le decisioni del loro governo o
delle Nazioni unite, il comitato centrale chiede ai cristiani ed agli uomini di buona volontà di unirsi ai cristiani del Medio Oriente
« non solo coU’essere caritatevoli verso coloro che sono nel bisogno, ma anche aiutando
questi profughi ad ottenere la giustizia che
essi meritano ».
L’integrità fisica all’operaio non è
concessa.
La sua salute viene aggredita, senza
possibilità di difesa, e proprio in fabbrica: dove egli deve rendere al massimo per garantire a sé e alla propria
famiglia la sopravvivenza economicosociale.
Lì l’operaio subisce una progressiva
e costante riduzione delle proprie capacità produttive unita ad un corrispondente decadimento psico-fisico,
proprio per il fatto che le condizioni
igieniche del suo lavoro sono insufficienti, anzi spesso scadenti. E tale scadenza (tale pericolosità) è strettamente connessa al genere di lavoro e di
produzione cui l’operaio è sottoposto.
Ecco alcune testimonianze dirette:
« In un reparto detto fissaggio, siamo costretti a lavorare a torso nudo. AU’interno del
reparto c’é una percentuale di umidità che
varia daH’85% al 95%. Dopo cinque anni
un operaio che lavora in questo settore è costretto a rimanere come minimo due mesi a
casa, perché ha le ossa a pezzi, l’artrosi lo ha
distrutto quasi completamente. (....) ».
(Operai della OMSA di Faenza)
« Si arriva al punto di costringere un mutilato civile a trascinare sacchi da 50 kg. e
poiché non ce l’ha fatta è stato licenziato ».
(Operai della Manifattura Caviglieli
di Biella).
« Le malattie diffuse sono : esaurimento
nervoso, dismenorree, aborti, irregolarità del
ciclo mestruale, cefalee, nevrosi ».
(Operaie della Maglieria ZEMAR di
Mantova).
« Pensate a cosa sono le ore, i giorni, i
mesi e gli anni scanditi da operazioni che
comportano tutta una serie di complessi movimenti da compiersi in periodi di tempo
che vanno dai 4 ai 90 secondi in ambienti,
poi, nei quali la presenza di fumi, di polveri,
di calore, di umidità e di rumori assordanti
lasciano tracce profonde sulla nostra salute ».
(Operaio della FIAT Mirafiori di
Torino).
Queste opinioni sono state registrate nel corso di una inchiesta ^ diretta
a stabilire in quale clima, dal punto di
vista igienico-sanitario, gli operai sono
costretti a lavorare.
L’inchiesta è stata condotta in 336
reparti e aziende dell’industria italiana, di cui le più rappresentate sono le
fabbriche siderurgiche, metalmeccaniche ed elettromeccaniche; poi quelle
chimiche, minerarie, tessili e di confezioni. I punti fondamentali dell’inchiesta sono: ambiente di fabbrica; le sostanze inquinanti ; la fatica fisica ; orari, ritmi, lavoro parcellare; infortuni e
malattie ; trasformazioni tecniche e
condizioni di salute; la Repubblica tutela la salute...; da essi risulta in modo tanto indiscutibile quanto drammatico in quali condizioni reali si svolge
la vita lavorativa dell’operaio e a quale limite di sopportabilità essa è stata
portata.
Infatti ad es. :
«Pinerolo ha raggiunto l’enorme cifra di
11 milioni di pezzi prodotti giornalmente da
circa 600 addetti. I costi sociali di una simile « ristrutturazione » sono evidenti, basterà
notare lo stato di prostrazione degli operai di
quelle fabbriche dopo il turno di lavoro » (p. 60).
(Operaio alla sezione RIV-SKF di Pinerolo).
Al dilà di questi lìmiti l’operaio sarà del tutto trasformato in un ingranaggio produttivo postumano: tollerato dalla società, e da essa controllato,
finché la sua forza-lavoro non venga
deprezzata. Ma per il resto, isolato socialmente, economicamente, affettivamente, ecc., eppure ancora costretto al
consumo e al consenso politico.
Pertanto, allo sfruttamento economico (le cui conseguenze portano ad
un necessario antagonismo fra lavoro
salariato e capitale) è conseguente anche uno sfruttamento più generale che
si ripercuote in tutta la vita, ma allora non più solo privata, dell’operaio.
Così; l’uomo proletario viene separato
dal «pensiero» (tanto che il pensiero
stesso è divenuto un lavoro particolare
e completamente differente da quello
salariato): e la passività, ereditata sul
lavoro, lo accompagna anche nel « tempo libero », facendone un passivo spettatore negli stadi, un passivo ascoltatore dei transistor e un passivo osservatore della televisione. Cioè, un passivo (ma valido, dunque) consumatore.
Tutto ciò è per altro inquadrato nella condizione d’inquinamento della salute; condizione generale ed estesa a
tutti i livelli di lavoro manuale, con
punte, dì volta in volta, più o meno
accentuate, di gravità.
Risulta infatti, dai dati infortunistici relativi al 1967 e comprensivi dell’ultimo decennio, che gl’infortuni sul
lavoro sono cresciuti da 836.000 a
1.305.000 (p. 9), col risultato impressionante di 1 morto per ogni ora lavorativa e di 1 ferito ogni sei secondi.
Eppure, nonostante l’eloquenza di
questi dati e la possibilità di controllarli liberamente, si sente dire che « lo
sfruttamento si dissolve nell’autoritaritarismo », che « la reificazione si trasforma in disadattamento », e « la riduzione del lavoro a merce viene interpretata come momentaneo squilibrio
sociale» (p. 6).
Ma la responsabilità diretta, tanto
degl’infortuni quanto dell’inquinamento della salute, è solo dei padroni, dei
medici di fabbrica, ecc., dal momento
che l’art. 2087 del Codice civ. sancisce
che « l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale
del prestatore di lavoro» (p. 10).
E intanto secondo questa inchiesta il
giudizio generale sulle condizioni di
lavoro in fabbrica negli ultimi anni è
stato negativo : nel 69,3% delle risposte
si parla di peggioramento e nel 6,3%
soltanto di miglioramento (cfr. p. 25).
Nonostante però la gravità della situazione, come risulta dalla lettura di
questo volume sulla salute nelle fabbriche, si ha l’occasione di leggere sulla stampa quotidiana, per es., la notizia dell’invenzione di un « Biberon elettronico per l’agnellino» ("La Stampa”
del 2 marzo ) : il che dimostra con
quanta cura si trattino gli animali, i
cui prodotti naturali sono sfruttati
commercialmente, mentre gli uomini
(gli operai) devono produrre, non scioperare, consumare e basta.
Ma stando a quanto affermano degli operai (p. 51), anche in fabbrica c’è
chi pensa di adottare le stesse attenzioni rivolte dai produttori di latte
verso le mucche, almeno nelle stalle
più moderne e razionalizzate; infatti
« tutti i giorni dalle 11 alle 12 e poi dalle 17 alle 18, cioè nelle ore conclusive
dei turni del mattino e del pomeriggio,
nei reparti dello stabilimento vengono
diffuse allegre note di musica leggera.
Nelle ore precedenti la musica distoglierebbe dal lavoro; verso la fine del
turno — quando si fa sentire la stanchezza — invece tira su il morale: un
corroborante per impedire il calo della
produzione»! (Operaie e operai della
CIA di Possombrone - Pesaro).
Ora, anche dal punto di vista igienico-sanitario la condizione operaia in
fabbrica è non più tollerabile. Il peggio è che allo sfruttamento della salute fisica si aggiunge ormai quello psicofisico, dovuto al controllo di più macchine che crea un logorio nervoso accentuatissimo.
Certamente il discorso da farsi sulla
fabbrica oggi, sugli interessi e sul ruolo dell’operaio è urgente. È anche necessario che di questi problemi non
si taccia più oltre. Perché il silenzio diventa complicità. E di complicità, come cristiani, ne abbiamo molte sulle
spalle.
Un libro come questo è indispensabile perciò leggerlo e magari verificarne i dati se il coiitesto sociale lo permette. Perché questo libro è un atto
di accusa che riguarda tutti: tanto
chi in fabbrica lavora, ma non da operaio, quanto chi ignora l’attuale livello
di vita operaia in fabbrica.
EMMECI
iimiimiiiiiiiiiiiKiiiijiii
iimiiiiiiiuiiiiiimiimiiiiiiiiini
Echi della settimana
* G. Berlinguer, La salute nelle fabbriche.
De Donato, Bari 1969, L. 800. Per le testimonianze cfr. p. 34, 66, 84, 96.
IL MANGANELLO CHE UNISCE
Su quanto accadde in Piazza Castello,
a Torino, nel pomeriggio d; sabato 8 c., si
sono udite e lette le versioni più contrastanti : fra le più tendenziose, quella del massimo quotidiano della stessa Torino!
Ma ora finalmente ne abbiamo letta una
autentica ed obiettiva.
« Non era una manifestazione ’’rossa”. Lo
testimoi\iavano decine di stendardi, i più
diversi e politicamente eterogenei^ che sventolavano tra le file del corteo. Le bandiere
biancoverdi dei federalisti europei, £ vessilli
tricolori dell’ANPI (Associazione Nazionale
Partigiani d’Italia) e delle altre organizzazioni resistenziali, i gonfaloni frusti, di velluto rosso cupo, delle ■ brigate partigiane, le
bandiere biancoazzurre: dei fuorusciti greci.
Ma alla fine del coité», separate da un intervallo di una cin^antirm di metri, ecco
una selva di bandiere rosse e di bandiere
rossonere: erano i giovani del movimento
studentesco e di Potere Operaio, cui si erano uniti folti gruppi di iscritti alla FOCI.
«In Piazza Castell.i, mentre la testa del
corteo si assiepava intorno al palco, sul quale avrebbero parlato Melina Mercuri e il
prof. Guido Quazza, i giovani di corsa svoltano in via Pietro Micco e si dirigono verso
il consolato amerìcam. Arrivano di corsa, e
la polizia carica non appena vede svoltare
l’angolo. Non c’è stata la solita fase del fronteggiamento, delle spinte: la polizia aspettava ed è partita fulmineamente. La strada era
stretta con una fila di macchine parcheggiate su di un lato. Stretti contro quelle macchine^ centinaia di giovani sono stati man-“
ganeÙati di santa ragione, con notevole senso d’imparzialità, uomini e donne insieme.
Gli scontri si sono frantumati in episodi isolati nelle vie adiacenti al consolato, mentre
il grosso dei manifestanti rifluiva verso piazza Castello, dove il prof. Quazza stava tenendo il suo discorso.
« Quando ha finito e ha preso la parola
Melina Mercuri, l’atmosfera era molto tesa.
Cominciavano ad affluire nella piazza ingenti forze di polizia e correvano voci di un
attacco fascista al pitico degli oratori. Ma
l’attacco fascista non c’è stato. Ha attaccato
la polizia. Un drappello di carabinieri ha attraversato la piazza per una delle strane evoluzioni tipo ’’grandi manovre” di cui la nostra polizia si compiace; i militi fendevano
la calca degli studenti ancora frementi per le
legnate prese poco prima: son volate le solite
monetine, i soliti insulti^ e i carabinieri si
sono scatenati.
n Se si dovessero, in simili casi, perseguire i reati d'insubordinazione, non uno dei
poliziotti del sabato in Piazza Castello la
scamperebbe. Gli ufficiali e i commissari a
gridare fermi, e loro a picchiare. Nella folla
che assisteva al comizio e contro cui sono
stati sospinti i dimostranti, c’è stato un attimo di sbandamento: poi le bandiere delVANPI, quelle nere degli anarchici han preso a roteare sulla testa dei poliziotti, con
Melina Mercuri sul ptdco che gridava all’indirizzo delle forze dell’ordine: ’’Ecco il fascismo, il fascismo non passerà”. Le fratture
politiche preesistenti erano state saldate dalla tensione emotiva provacata dalla proditoria aggressione poliziesca.
« E’ stato l’inizio di scontri che per più
di due ore hanno paralizzato il centro di Torino in un susseguirsi di lanci di pietre, di
caroselli di automezzi della polizia, di energiche spruzzate degl’idranti. Erano gli stessi
poliziotti a raccogliere i sassi e ad investire
con un fitto lancio il palco che Melina Mercuri aveva appena in tempo abbandonato. Sarà questo lancio di sassi che farà ritenere
che ci sia stato l’intervento della teppaglia
fascista. Ma i fascisti si son fatti vivi in Piazza Castello soltanto quando gU scontri erano
già cominciati e sono rimasti sempre a stretto contatto con la polizia nelle adiacenze di
Via Pietro Micco, dove hanno lanciato verso
gli operai e gli studenti bengala ed altre carnevalate. Naturalmente la manifestaàone ufficiale si è precipitosamente chiusa e i dirigenti del servizio d’ordine ne hanno tratto
le debite conseguenze: non c'erano più ap
a cura di Tullio Viola
pelli alla calma, ma incitamenti alla violenza. E sui giovani che finivano in mano alla
polizia, questa si è abbondantemente riversata » (N. B. Noi che scriviamo, abbiamo visto coi nostri occhi le bestiali bastonature
effettuate dai poliziotti su alcuni poveri giovani).
« Alle 19,30 i tremila agenti e carabinieri
fatti affluire sul luogo dello scontro sono riusciti finalmente ad occupare il centro della
piazza che per due ore era stato saldamente
in mano ai dimostranti. Tutt’intorno a Palazzo Madama le testimonianze della battaglia: i cubetti di porfido disselciati, il fumo
dei lacrimogeni, le chiazze d’acqua degli
idranti. E, nella sinistra torinese, la saldatura temporanea della frattura tra operai e
studenti, che sedici mesi di discorsi politici
non erano riusciti a colmare. Ma questa tensione emotiva è suscettibile di strutturarsi in
forme di collaborazione organica e duratura?
E’ questo l’interrogativo riproposto da Piazza Castello, l’interrogativo al quale fino ad
ora invano il movimento studentesco ha cercato di dare una risposta ».
L'ENIGMA CINO-SOVIETICO
I gravi scontri di frontiera fra le due
potenze comuniste, sono il segno, a nostro
parere, d’una politica sbagliata d’ambo le
parti. Ci sembra per es. un lungo seguito di
errori la politica di Mosca sulle pretese territoriali di Pechino.
« I ’’trattati ineguali” imposti dagli zar ai
cinesi sono una realtà, e Lenin aveva dato
ragione a Sun Yat-sen sulla opportunità di
ridefinire l’appartenenza di territori strappati
alla Cina durante la spinta colonialistica
russa in Asia. Resta famosa la dichiarazione
del vice-commissario del popolo agli esteri,
Leo Karakhan, il quale, nel luglio 1919, assicurò in nome di Lenin l’annullamento di
tutti i trattati non conclusi su basi di parità
fra gli zar e la Cimi. La promessa non venne mantenuta da Stalin dopo la vittoria
maoista; vi furono, anzi, tentativi di accaparrarsi la Manciuria e il Sinkiang trasformandoli in semi-colonie (come la Mongolia
esterna). Anche Krusciov non ebbe scrupoli
nel fomentare movimenti separatisti nel Sinkiang, regione ricca di uranio e di metalli
pregiati (utili per le leghe resistenti da applicare ai satelliti artificiali e ai missili).
Questi precedenti non facilitarono la comprensione fra i due stati comunisti, e Mao,
il 10 luglio 1964, nella fase più acuta^ della
polem'ica con Krusciov, denunciò le inadempienze russe. ,
« Ciò che si dimentica con troppa facilita
è la proposta cinese, fatta cadere da Krusciov, di fertilizzare e industrializzare in comune vaste e aride regioni di frontiera: la
URSS avrebbe fornito capitali e tecnici, la
Cina manodopera. I vantaggi sarebbero stati
reciproci, non solo ai fini economici, ma ^r
saldare l’amicizia dei due popoli. Krusciov
sospettò un inganno, una manovra espansionistica cinese, perdendo forse l’occhione piu
utile per trasformare quella frontiera in un
legame pacifico, in un esempio di solid^ieta
da buttare in faccia al mondo capitalistico.
Oggi, ai due lati della frontiera, vi sono eserciti in armi, e si sarebbe potuto evitarlo con
una politica lungimirante. Oggi s’è amvati
al punto di chiedere ai cecoslovacchi (incontro di Kiev del 7-8 dicembre 1968) l’invio di loro divisioni ai confini cinesi, tanto
Praga è ’’difesa” dai sovietici: una proposta
che Svoboda respinse con sdegno, ricordando
a Brezhnev che il suo paese non ha alcun
motivo di mobilitare truppe contro Pechino ».
(juesto è uno dei tanti aspetti della complicatissima vertenza che è , e resterà an
cora per molto tempo, misteriosa.
(Da « L’Astrolabio » del 16.3.1969)
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
n. 175, 8-7-1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pcllice (To)
Settegiorni
Venerdì 14 Marzo
Proseguono i contrasti fra i partiti al governo, sul « docente unico », elemento importante della riforma universitaria italiana. Si
apre a Torino il 6 Salone internazionale delle
arti domestiche. Continua lo sciopero dei dirìgenti statali. Settimana corta e orario ridotto
(con salario immutato) per i 25.000 lavoratori
della Pirelli.
Il Cancelliere federale Kiesinger in visita a
De Gaulle, a Parigi, in un’atmosfera generale di stanchezza e sfiducia.
Sabato 15
Con 228 voti favorevoli e 180 contrari la
Camera approva le norme sugli esami di
maturità. Continuano in parecchi atenei agitazioni, occupazioni o scioperi. Porti e frontiere sono largamente bloccati dallo sciopero
dei dirigenti statali. Il ministro della Sanità
raccomanda una drastica riduzione neU’uso
di un antibiotico, il cloramfenicolo, largamente usato in Italia e riconosciuto pericolosò.
Mentre a Mosca e a Pekino continuano le
manifestazioni polemiche, i cinesi bloccano
al confine i convogli di aiuti sovietici al
Vietnam.
In una conferenza-stampa Nixon annuncia
che sarà costruita la rete di missili anti-missili; essa tuttavia sarà limitata alla difesa
delle basi atomiche e non estesa, per ragioni
di economia, alle grandi città. Il presidente sì
dichiara convinto che Finiziativa non comprometterà i negoziati con FURSS sul disarmo, ma le « colombe » McCarthy e Fulbright
affermano : « Questo è il primo grande errore di Nixon ».
Completo disaccordo fra De Gaulle e Kiesinger a Parigi. La Francia rifiuta Fingresso
della Gran Bretagna nel MFC, boicotta FUEO
per aver violato i trattati, propone alla Germania federale accordi bilaterali franco-tedeschi, ma Kiesinger li rifiuta.
Manifestazione di 5.000 studenti davanù
all’ambasciata jugoslava a Praga: «Tito
Breznev no », contro il divieto fatto dai sovie
tici ai cecoslovacchi di partecipare al congresso del PC jugoslavo.
Domenica 16
Dopo 27 giorni di sciopero, accordo albi
Rhodiatroce di Verbania.
Violento scontro russo-cinese sulFUssuri.
con gravi perdite da entrambe le parti, ognuna delle quali accusa naturalmente l’altra di
avere iniziato.
A conclusione del congresso del PC juge
slavo Tito viene confermato alla quasi unanimità quale presidente.
Wilson rivolge un duro monito ai sindacali
per le agitazioni « illegali ».
Scioperi e incidenti in varie località francesi.
Truppe irakene entrano in Siria: ver.^o
un’unione militare tra i due Paesi? Il recenle
colpo di Stato non avrebbe dunque portai )
al potere un governo favorevole ad accorili
con Israele, come prima era parso.
Secondo fonti ufficiose il Vaticano avrebbe
chiesto a Franco la revisione del concordato
con la Spagna, con rinuncia di questa ai privilegi sulle nomine vescovili; Franco avrebbe
seccamente risposto che la contropartita sarebbe stata la rinuncia ai privilegi che il conce i dato riconosce al Vaticano.
Lunedi 17
Si riunisce a Budapest il « vertice » d; 1
Patto di Varsavia: voluto da Mosca per sancire la condanna alla Cina (e costituire evei;tualmente un corpo di spedizione alleato), pure essersi concluso con un nulla di fatto: i
contrasti fra i ì^aesi dell’Est europeo sono riaffiorati gravi.
Incursione israeliana contro tre basi di
guerriglieri palestinesi nelle vicinanze di Amman, in Giordania.
Mertedì 18
Dopo una lunga riunione al vertice, i parliti al governo giungono a un accordo per la
riforma universitaria: i docenti avranno un
ruolo unico, con uguali mansioni e stato giuridico. Gianni Granzotto si dimette dalla direzione RAI per protesta contro FinsufficierUe
autonomia.
Nuovo attacco di caccia israeliani contro
basi palestinesi in Giordania. Re Hussein in
visita a Nasser, al Cairo.
Esteso sciopero nelle ferrovie francesi, bloccate le comunicazioni con la Spagna.
Mercoledì 19
La « Pravda » annuncia un nuovo attacco
cinese, in vano tentativo di conquistare Fisola
Damanskji.
Si riapre a Ginevra la conferenza sul disarmo, interrotta la scorsa estate. USA e URSS
sarebbero favorevoli a intese per limitare ogni
tipo di armamento. La Francia non partecijia
al lavoro del Comitato dei diciotto.
La Corte costituzionale dichiara legittimo
lo sciopero dei « pubblici ufficiali », ma per
soli motivi economici e se non lede « altre libertà costituzionalmente garantite o altri diritti ugualmente protetti » (?). Interpellanze alla
Camera sulle dimissioni di G. Granzotto dalla
RAI.
Nuovi scontri sul canale di Suez; intervento
delFONU che impone la tregua.
Il Consiglio di Stato, in vista del referendum indetto da De Gaulle per il 27 aprile,
in cui i francesi dovranno dare un’unica risposta a due domande (autonomia regionale e
riforma del Senato), afferma che il progetto
« viola la Costituzione ». Ma non è la prima
volta che il Generale non si lascia fermare la
questi pronunciamenti.
Giovedì 20
Riunita in sessione plenaria, a Mosca, la
commissione preparatoria per la Conferenza
internazionale dei partiti comunisti (67 presenti su 91). Nuovo attacco cinese sulFUssuri,
respinto.
Per la terza volta in quattro giorni aerei
israeliani attaccano basi di guerriglieri in
Giordania, quale rappresaglia contro il fuoco
di mortai arabi a sud del lago di Tiberiade.
In Francia prosegue lo sciopero ferroviario.
De Gaulle minaccia di andarsene se sarà sconfitto al "referendum”.
Per superare il punto morto della conferenza parigina, nel Laos si terrebbero colloqui segreti USA-Hanoi per il Vietnam.