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Anno X W,, ' II SEBIE ♦ 31 Ia'Qi.io 1801
.-'V
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
-^/'•yVX^i.vvvxA• Seffueodi) la verità uella carità. — Kfbs. VI. 15
PREZZO DX.ASSOCIAZIOXB • LE ASSOCIAZIONI SI KICEVONO
Per lo Stato [franco a destinaxlone]____ £. 3 00 IuTc&i«0aU’Uf&zlo del Giornale, via del Prijicive
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 { Tommaso dietro il Tempio Valdese.
Per r Inghilterra, Id................... „ 5 50 ^ Kelle Pkovikcib per raezio di /rartM-boUi jpo
Per la Germania id................... „ 6 60 ^ stali, che dovranno essere inviati franco al DI
Nod ai ricevono associazioni per meno di uu anno. ? rettore della B dora Novella. ,
All’estero, a'seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C.Meyrueis, rue Rivoli,
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra , dal signor G. F. Muller ;
General Merchant, 26, Leadenhall Street. E. C.
OMMARIO
Storia: Savonarola, VI — Meu ;tuxi .■ La vera pace — Edificazione : Risposta ad un buon
prete — Notiiie Rdisios, lino, ;irìEsognes, Bresdn, ¡Spagna, Imiiero Turco.
STORIA
SAVONAROLA
La Storia di Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi, uarrata da Pasquale Villari con
l’aiuto di nuovi documenti. Voi. l.mo pagine 489. Firenze. F. Le Monnier 1859.
V
(Continuas., V. i num. 6, T, 8, 10 e 13 )
Nel 1497 si celebrò il carnevale iu uu modo uon meno straordinario deU’anno antecedente. I fanciulli, uniti sotto alla direzione dei
loro capi, percorrevano la città, e piccliiando alle case dei ricchi e
dei poveri, chiedevano ciò che chiamavano le vanità o Yanalema ,
disegni o libri osceni, abiti e maschere carnevalesche. L’ultimo giorno,
7 febbraio, si fece una grande processione, ed arrivati sulla piazza
del Popolo o della Signoria, appiccarono il fuoco ad una yiirainide
ottangolare, alta 30 braccia, che girava nella base braccia 120, sopra
gli scalini della quale erano depositate tutte le vanità raccolte, mentre
i fanciulli, parte sulla ringhiera, parte sotto alla loggia dei Lanzi,
cantavano inni religiosi ed invettive contro il carnevale. Quando il
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fumo e le fiamme si alzarono al cielo, le trombe della Signoria bonarono, sonarono le campane di Palazzo; e la moltitudine levò un
tal grido di gioia, che parve quasi fosse spento in quel giorno il nemico del genere umano. Per quel bruciamento delle vanità, Savonarola è stato tacciato di superstizioso, di barbaro, di distruttore delle,
antiche grandezze. Argomenti rettorici! Poiché in quel tempo stesso,
i frati di San Marco, trovandosi appunto in sul fìnire la vendita dei
loro beni, secondo i consigli di povertà dati dal Savonarola, acquistarono la riccliissima biblioteca dei Medici che correva il pericolo
di andare dispersa, o fors’anche di cadere in mano straniera, per la
somma di tre mila fiorini. Dei quali ne pagarono subito due mila,
gravando così il convento di un fortissimo debito. Ma il Savonarola
ebbe la gloria di salvare in quel modo quella stupenda collezione
Laurenziana, ch’era allora la più compiuta e preziosa raccolta di
autori gi’eci e latini che si conoscesse in Europa. Quasi ciò non bastasse, ricorda la storia delle belle arti che il priore di San Marco
era circondato dalla eletta schiera dei migliori artisti del secolo, —
Bartolommeo della Porta, i Della Robbia, Lorenzo di Credi, Cronaca, Sandro Botticelli e Michelangelo, ai quali tutti portava grande
affezione, da loro ricambiata con devozione pari. E le stesse prediche
del Frate racchiudono sul bello concetti nuovi ed originali, che tutti
traevano la loro aspirazione dal trionfo del cristianesimo e delle cose
spirituali. Non avverso al poetare, ne scrisse persino l’apologia, ma
avrebbe voluto sbandire la faha genìa dei pretesi poeti, i quali non
sanno far altro che correre dietro alle orme dei Greci e Bomani.
Nelle sue canzoni, tu troverai lo sfogo degli affetti interni giovanili ;
nelle Laudi spirituali, scritte in età più matura, un fine unicamente
religioso, inteso a combattere la voga dei canti carnascialeschi. La
forma è per lo più negletta, e il concetto rade volte poetico ; ma
spesso vi si trova una grande delicatezza di squisito ed affettuoso
sentire. Le sante e nobili aspirazioni del Savonarola traspariscono
anche nei suoi componiménti latini in prosa. In uno di essi, celebrando le lodi del Signore, esclama: “ Io ti cercai per tutto, ma
non ti trovavo. Interrogai la terra: Sei tu il mio Dio? E mi rispose:
Tálete s’inganna; io non sono il tuo Dio. Interrogai l’aria e mi rispose: Ascendi ancora più alto. Interrogai il cielo, le stelle, il sole,
e mi risposero: Colui che ci ha tratti dal nulla, quegli è Iddio; esso
empiè il cielo e la terra, esso è nel tuo cuore. Io adunque, o Signore,
ti cercavo lontano, e tu eri vicino. Interrogai allora gli occhi, se tu
eri entrato per essi, e risposero di non conoscere che i colori. Inter-
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rogai l’orecchio e risjKise di uon coiioscero che il suono. 1 .'<eusi
adunque non ti conoscono, o Signóre: tu sei entrato nell’aniina mia,
tu sei nel mio cuore od ojieri in me quando io faccio le opero di
carità. ”
IV *
Ormai il dramma volge al .suo fine. I nuovi documenti diligentemente raccolti dal sig. Villari e che danno sì gran pregio alla sua
opera, gli hanno permesso, per così dire, di rifare nuovamente la
Storia degli ultimi giorni del Savonarola. Ai critici di professione
l’esaminare il valore di essi ; io riconoscente e grato al profesi?ore di
Pisa di avermi portato senza mia fatica per un cammino dove non
mi sarei messo tutto solo, andrò notando i risultati delle pazienti sue
ricerche, e spigolando nel suo volume.
Si come schiera d’api che s'infiora
Una fiata, cd una si ritorna
Là dove suo lavoro s’insapora.
Nel SUO quaresimale del 1497, sopra EzecMelle, Savonarola toccò
diversi argomenti di molto rilievo, specialmente quello dei beni temporali della Chiesa. E quantunque dicesse che questi beni erano stati
qualche volta utili, anzi necessarii, soggiunse ohe ora sembravano
essere solo di peso e di danno: “ ... la Chiesa staria meglio senza
“ ricchezze, perchè sarebbe più in unione con Dio. Però io dico alli
“ miei religiosi: tenete sempre salda la povertà, chè quando vi entrano
“ le ricchezze in casa, vi entra la morte. ” E rispondeva alle probabili obbiezioni che i canonisti potevano fargli : “ nessun canone può
“ essere contrario alla carità ed alla, coscienza, altrimenti non sa“ rebbe canone. ” Col presentimento d’una vicina crisi della lunga
lotta con Roma, e d’un prossimo sollevamento di tutta la Cristianità
contro le abbominazioni di Roma, non si astenne dairafferrnare che
si sarebbe messo alla testa d’im tal movimento, per correggere e
riformare la Chiesa. “ La terra è piena di sangue, ” diceva, parlando
dei preti, “ e non curano nessuno; anzi col malo esemplo ammaz“ zano ognuno nell’anima sua. Si sono allontanati da Dio, e il loro
“ culto è di stare tutta notte colle meretrici, e tutto dì a cicalare
“ nei cori; e Vallare è fatto bottega del clero. Dicono che Dio non
“ ha provvidenza del mondo, che tutto è a caso, e non credono che
“ nel sacramento sia Cristo. ” — Quest’ultime parole ci richiamano
* La Storia di Girolamo Savonarola e de’ suoi tempi, narrata da Pasquale Villari,
con l’aiuto di nuovi documenti. Voi. Firenze: Le Monnier, 1801, p, 224, cnxxvii.
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alla mente lo sdegno di Lutero, quando, nel suo viaggio a Roma,
sentì un prete pronunciare questa' insolita formola, nell’atto di celebrare la messa : Panis es, et panis manebis ; vinum es, et vinum
manebis. — “ Fatti in qua, ribalda Chiesa. Io ti avevo dato, dice il
“ Signore, le belle vestimenta, e tu ne hai fatto idolo. 1 vasi desti
“ alla superbia, i sacramenti alla simonia; nella lussuria sei fatta
“ meretrice sfacciata ; tu sei peggio che bestia; tu sei un mostro
“ abbominevole. Una volta ti vergognavi de’ tuoi peccati, ma ora
“ non più. Una volta i sacerdoti chiamavano nipoti i loro figliuoli;
“ ora non più nipoti, ma figliuoli, figliuoli per tutto. Tu hai fatto
“ un luogo pubblico ed hai edificato un postribolo per tatto.........
“ Credete forse che noi solamente siamo buoni? che non vi siano
“ dei servi di Dio negli altri luoghi ? Gesù Cristo ne ha molti e ve
“ ne sono assai in Alemagna, in Francia, in Spagna, ì quali ora
“ stanno ascosi e piangono questa infermità. Ve n’è in tutte le città
“ e castella, ia tutte le ville e religioni, di quelli che hanno questo
“ fuoco. Essi mi mandano a dire qualche cosa nell’orecchio ed io
“ rispondo:—State nascosti infino a che si dirà: Lazare, veni foras.
“ Io sto qui, perchè il Signore mi ci ha messo, ed aspetto che mi
“ chiami; allora manderò fuori una gran voce che sarà udita in tutta
“ la Cristianità, e farà tremare il corpo della Chiesa, come la voce
‘‘ di Dio fece tremare quella di Lazzaro. ” Se questo non è presentimento della Riforma, non saprei cosa sia. Da questa profonda conoscenza dei mali e delle segrete aspirazioni dell’epoca, si potrebbe
argomentare che il Savonarola, vissuto più lungamente, sarebbe stato
un’altro Lutero ; ad ogni modo, che al pari di questi, la sua divozione verso la Chiesa romana, in lotta colla sua coscienza, avrebbe
finito col naufragare. Intanto il Frate si beffava delle scomuniche :
“ Portatela in su una lancia questa scomunica e apritele le porte.
“ Io voglio risponderle, e se non ti fo maravigliare, di’ poi quello
“ che ti pare. Io farò impallidire tanti visi qua e là, che ti parranno
“ ben molti; e manderò fuori una voce che farà tremare e commuo“ vere il mondo. ” E terminava col domandare al Signore la grazia
di non lasciarlo morire in sul letto, “ che io ti renda il sangue mio,
“ come tu hai fatto per me ...” Sete di martirio che sa anche troppo
di fanatismo.
Fallito un nuovo tentativo di Piero dei Medici, il quale s’era
spinto fin sotto le mura di Firenze, fu fatta una nuova Signoria
quasi tutta di Arrabbiati. Questi benché acerrimi nemici dei Bigi, o
parte medicea, odiavano più ancora i Piagnoni, o partito popolare.
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“ Al clic trovarono grandisbimo favore nel duca di Milano, e molto
“ maggiore nel papa, che ora negava d’aver soccorso Piero dei Me“ dici, e prometteva agli Arrabbiati ogni opera, per aiutarli a spe“ gnere il Frate.” I primi ad incominciare furono i C’ompagnacci,
giovani di parte degli Arrabbiati, di perduti costumi e di molto ardire. Nel giorno dell’Ascensione (4 maggio) imbrattarono il pergamo del Frate con mille brutture, vi posero la pelle di un’asino, e
sulla sponda, dove il Frate soleva battere il pugno nel predicare,
inchiodarono delle punte di ferro. Ma la mattina, in still’alba, i primi
Piagnoni che entrarono in Duomo ripulirono il pergamo, lo ripiallarono e misero in ordine ogni cosa. Poco prima delle 12, il Savonarola, accompagnato dai suoi più fidi armati, entrava in Chiesa ed
attraversava la folla stivata di tutto il popolo. Dopo uua lunga introduzione sulla fede, volse la parola ai buoni per confortarli e confermare la verità delle sue profezie ; quindi la volse ai cattivi e in
mezzo ad un crescente mormorio, pregò per essi. In quel momento
uno scroscio tremendo- rimbombò nella chiesa, si aprirono le porte e
tutta la gente si dette precipitosamente alla fuga in mezzo al rumore,
al disordine ed a raddoppiata confusione. I Compagnacci avevano
cominciato il tumulto, facendo precipitare a terra la cassa delle limosine, sonando un tamburo, picchiando sulle panche e spalancando le
porte. Alcuni si restrinsero intorno al Savonarola per difenderlo ;
altri corsi a pigliare le armi, tornarono ansanti, in numero di circa
(30, posero in mezzo a loro il Frate, che nel trambusto, s'era posto
in ginocchio a pregare, e al grido di viva Cristo, lo accompagnarono a S. Marco. Dove, nell’orto del convento, in mezzo a’ suoi frati,
Savonarola conchiuse la predica interrotta, la quale, chiamata predica dell’4,scensione, corse subito per tutta Italia, destando grande
aspettativa per quello che doveva seguire. '
Savonarola cercò scongiurare la tempesta che gli si addensava sul
capo, scrivendo al papa una lettera, in data del 22 maggio, dove
protestava nuovamente della sua devozione al principe dei fedeli e
della sua sottomissione al giudizio della Chiesa. Ma la scomunica
era già pronunziata, e un breve in forma di lettera indirizzata ai
Padri Serviti della SS. Annunziata, partiva da Roma il 12 maggio,
e veniva affisso nelle chiese principali di ciascun quartiere. La forma
era singolare. “ Da più persone degne di fede, abbiamo inte.so, come
un certo Fra Girolamo Savonarola, al presente, per quanto si dice,
vicario di S. Marco in Firenze,—abbia seminata pernicio.sa dottrina
con scandalo e jattura delle anime semplici. Noi gli comandammo,
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in virtù di santa obbedienza, cbe sospendesse le prèdiche e venisse a
noi, onde scusarsi dei suoi errori; ma egli non volle ubbidire, e ci
i*ddusse invece alcune scuse che noi con troppa benignità accettammo, si)e)-ando che la nostra clemenza dovesse convertirlo. Ma volle
jiersistere sempre nella sua ostinazione ; onde con un secondo breve
gli comandammo, sotto pena di scomunica, che unisse il convento
di S. Marco alla Congregazione Tosco-Romana, nuovamente da noi
creata. Anche allora restò iermo nella sua pertinacia, incorrendo
così, ipso facto, nella censura. E però noi ora vi comandiamo che
nei dì festivi, alla presenza del popolo, dichiariate esso Frà Girolamo
scomunicato, e come tale doversi tenere da ognuno ; perchè alle apo~
stoliche monizioni nostre e comandamenti non ha ubbidito. E sotto
simile pena venga impedito ad ognuno d’ajutarlo, frequentarlo o lodarlo, sia nei detti, sia nei fatti, siccome scomunicato e sospetto
d’eresia. ”
iSavonarola rispose, il 19 giugno, con una Epistola contro la scomunica surrettizia, a tutti i Cristiani e diletti a, Dio. In essa diceva
“ che la scomunica non era valida nè innanzi a Dio, nè innanzi agli
uomini, perchè mossa da cagioni ed accuse falsamente inventate dai
nemici, e perchè contraria alla carità ed alla legge del Signore. ” In
una seconda lettera, cantra sententiam excommunicationis, citava
Gerson, a provare che non si deve temere la condanna ingiusta, che
il volersi sottomettere ad ogni sentènza era pazienza asinina, timor
fatuo e da coniglio, e che era non solo permesso ma anche era dovere di fare appello dal papa al Concilio, quando il papa volesse fare
valere la sua autorità a distruzione della Chiesa.—Intanto, pronunziata che fu la scomunica, furono molti i discorsi, i disordini ed i
tumulti che seguirono in Firenze. Agli Arrabbiati crebbe l’audacia
e la licenza nel dire e nel fare, talché, in meno d’un mese sembravano tornati i giorni di Lorenzo il Magnifico, ed ogni pensiero della
patria e della libertà era dimenticato. Ma un mutamento di governo
cambiò nuovamente l’aspetto delle cose. La Signoria di luglio ed
aprile risultò favorevole al Savonarola, ed incominciò pratiche a
Roma per ottenere la revoca della scomunica ; così pure per tutto
l’anno varie Signorie dello stesso sentimento. Il cardinale di Siena,
più tardi Pio III, faceva sapere al Savonarola, che se venisse pagata
ad un tal suo creditore la somma di 5,000 scudi, egli avrebbe fetto
ritirare la censura. 11 Savonarola, come ognuno può credere, respinse
sdegnosiunente l’impudento offerta. In quel mezzo l'assassinio del
duca di Cnndia figlio primogenito del papa, pareva aver commosso
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perfino le viscere di Alessandro, il quale, per la prima ed unica volta,
sembrò pentito dei molti falli, deciso di emendarli, e chiuso in istretta
solitudine, scelse ima commissione di cardinali per riparare ai mali
della Chiesa. Il Savonarola colse l’occasione, ed il 1° luglio, scrisse
al papa una lettera in cui destramente lo confortava, lo incoraggiava
nel santo proposito, pur chiamandolo alla buona via ed alla penitenza, ed infine volgeva il discorso alla propria causa. Ma il Borgia
tornava ben presto e con più impeto che mai alla scandalosa vita ;
cd allora si rammaricava altamente, che il Savonarola avesse ardito
insultare al suo [)aterno dolore.
Nella pestilenza che regnava allora iu città e durò sino alla metà
d’agosto, il Savonarola diede mai sempre una prova del suo grande
affetto pe’ suoi frati e per la famiglia, e della grandissima fermezza
' e serenità del suo animo. Quindi, profittando della tregua che sembrava accordargli il silenzio momentaneo del Pajia, si diede tutto,
con incredibile attività, a scrivere nuovi trattati ed a pubblicare
quelli già scritti. Tra essi spicca maggiormente il Trionfo della
Croce, “ compiuta esposizione della dottrina cattolica, con una gran
forza d’analisi, con im metodo filosofico e nuovo, ” in breve, una
Summa TJteologùi’, scevra però dai difetti della scolastica. In quest’opera. egli si propone d’indagare colla ragione le verità della fede,
indi pendentemente da alcuna autorità, — notevole segno, come os.serva il .sig. Villari, di originalità ed ardire. “ La ragione, ” dice il
Savonarola, “ procede dalle cose visibili alle invisibili, perchè le
nostre cognizioni incominciano dal senso che conosce solamente l'estrinseco delle cose; l’intelletto, però, ne penetra la sòstanza, e dalla
cognizione di es.sa si deva alle cose invisibili e a Dio. Or, come i
filosofi ricercano Iddio nelle maravigliose e visibili opere della natura, così noi vogliamo nella Chiesa visibile ricercare e ritrovare la
invisibile, ed il capo supremo di essa, Gesù-Cristo. ” Premétte come
fatti indisputabili: — “ Che Cristo è stato crocifisso, adorato, ed ha
convertito il mondo; che la Vergine, i martiri, la santa Trinità, sono
adorati dai Cristiaui, e così via discorrendo. Questi sono fatti clic
niun’uomo di sano intelletto può negare ecc. ” Confesso che siffatta
confusione tra fatti e principii scema assai per me l’ingegno filosofico di chi la commise. Come pure, il suo dire che “-ove i nostri
divini istinti nou corrispondessero a nulla di reale, il Signore che li
ha messi nel nostro cuore, ci avrebbe ingannati, il che non è presumibile, ” — parrà forse a più d’uno uu circolo vizioso. — Il trionfo
del Cristianesimo è por hii una prova della sua divinità. I filosofi,
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col loro eterno, argoineutare, non fecero altro che scuole ristrette in
piccolo numero di seguaci ; ma quasi nessuno di loro riuscì a portare
i suoi precetti nella pratica della vita. Il Cristianesimo invece si
distese su tutta la terra, ed insegnando una dottrina che supera la
ragione, promettendo un premio che passa l’immaginazione, convertì il mondo non solo a credere, ma anche ad operare. Chi si mette
a contemplare quest’opera, non potrà fare altro che levare inni di
lode al Signore, e dovrà essere persuaso che essa ha innalzato l’uomo
a Dio, che Cristo è il nostro ultimo fine e per suo mezzo solamente
si può ottenere la sah'azione. — Osserva che, sebbene il misterio
della Trinità trascenda la ragione, noi possiamo, nondimeno, tro\-are quasi una certa immagine in tutta la natura; ed a misura che
ascendiamo i varii gradi della creazione, troveremo che quella immagine si va perfezionando. Se guardiamo per es. alla generazione
del pensiero, noi lo troveremo intrinseco alla mente da cui è partorito, quasi inseparabile da essa; —vera, ma pallida immagine della
Trinità, sono dunque la mente che pensa, il concetto che da essa
vien generato, e l’amore che questo le ispira. La Trinità è come
legge universale della natura che, seguendo quella legge medesima,
tende a Dio ; ed a misura che più s’avvicina a Lui, meglio rappresenta in sè l’immagine della Trinità divina. — Discorrendo della
Chiesa militante, la dice ima, avente un sol capo, a similitudine
della Chiesa trionfante di cui deve rendere immagine e che viene
governata in cielo da G-esù Cristo. Come intendesse quel dualismo,
noi so; il fatto sta che cita la Bibbia per dimostrare l’unità della
Chiesa (militante, s’intende) e l’autorità del papa. “ San Giovanni
ha detto che dev’esserci un solo ovile ed un solo pastore ; epperò,
sebbene Cristo sia in cielo il vero e solo capo della Chiesa, ha pure
lasciato S. Pietro a rappresentarlo sulla terra, dicendogli : Tu sei
Pietro ecc. Nè questo può intendersi di Pietro solamente, perchè
Iddio ha promesso che la Chiesa resterebbe in terra sino alla fine
del mondo ; deve quindi intendersi di Pietro e de’ suoi successori.
Onde è manifesto che tutti-i fedeli si debbono riunire al pontefice,
come capo supremo della Chiesa romana, maestra di tutte le altre ;
e chi si parte dalla dottrina della Chiesa romana, si porte da Cristo. ” Bisogna essere ben digiuno di storia per ignorare che l’unità
della Chiesa visibile è una mera finzione che non ha mai esistito !
Parlo dell’unità ecclesiastica. Quel respingere Cristo in cielo, ridotto
a sistema dal Cattolicismo, puzza molto di deismo. lia interpretazione del : Tu sei Pietro ecc., non concorda colla vera tradizione;
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difatti, vi sono 144 interpretazioni patristiche, le quali riferiscono
quel passo alla confessione di fede fatta dall’apostolo, e non già alla
di lui persona (vedi l’opuscolo: Impossihilità del viaggio di S. Pietro a Roma). La Chiesa romana uon è altrimenti maestra di tutte
l’altre, perchè il Cristianesimo si propagò dall’Oriente; onde è manifesto che essa non può pretendere all’esclusivismo. — Il sig. Villari
dice che “ in quell’opera splendono le migliori qualità dell’ingegno
e della dottrina del Frate, la quale dottrina abbracciava quasi tutto
lo scibile filosofico e religioso de’ suoi tempi. ” E soggiunge : “ Nel
Savonarola queste dottrine (teologia scolastica e mistica, filosofia
aristotelica e neo-platonica) restavano unite in una sola sintesi, efacevano parte d’un sapere più vasto. ” Se non erro, a me parrebbe
anzi che que.sta pretesa sintesi s’assomiglia molto al sincretismo.
Quando il Savonarola dichiarava di non potersi sottomettere alla
scomunica, e faceva un’appello eloquente iilla coscienza, illuminata
dalla legge del Signore, egli si poneva in aperta contraddizione col
principio d’autorità, che nou ha altro fine se non quello di vincolare
le coscienze. Basti quell’esempio fra gli altri, perchè già mi sono
troppo dilungato,
E questo sia suggol ch'ogni uomo sganni.
Concordo però col sig. Villari, quando dice che il Savonarola abbracciava e rappresentava tutto intero il suo secolo. Aggiungo soltanto
questo : quel secolo era un periodo di trasformazione, e dal cozzo di
varie disparate idee doveva poi originare l’opera della Riforma. Or
di contrasti ne troviamo assai nel Savonarola.
(La fine nel prossimo numero)
MEDITAZIONE BIBLICA
LA VERA PACE
“ Sono io, non temete! ” (Matt. vi, 50).
Sono io! 0 come porta il testo originale: “ lo sono! non temete!”
Gesù vede, Gesù è presente ! cacci dunque il popol suo ogni temenza,
giacché il Dio onnipos.sente cammina sulle onde. Vero è che l’umana
ragione può diversamente giudicare intorno alle cose; può bensì dire
ohe il cicco azzardo, che im^ireveduto circoslànze regolano i destini
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(leU’uomo; ina il cristiano conosce che la cosa non è così. La voce
dell’Eterno è sulle acque. Seduto vicino al timone, egli dirige la navicella vacillante sulle onde, e la guida al sicuro porto.
Quante volte non è egli venuto a noi, come già a’ suoi discepoli,
■ tìuirora di mezzanotte, quando tutto parea perduto — alla quarta
vigilia della notte, quando meno ce lo pensavamo ! Quante volte non
ascoltammo noi la voce di Gesù, che si alzava al disopra del rumor
dell’onde per dirci : “ Sono io, non temete! ” e ciò appunto quando
noi, come l’apostolo l’aolo {Atti xxvir, 20) eravamo sul punto di
far naufragio, giacche non apparivano nè sole nè stelle, e la
procella era sì violenta che noi avevamo perduto ogni speranza di
salvarci !
E tu, 0 Cristiano, che sei alla prova, ascolta la voce che di mezzo
all'uragano ti grida; “ Nmi temere, sono io! ” Questa voce forse,
c-ome quella di Giuseppe quando si volgea ai fratelli, potrà sembrarti
strana, ed anche ruvida ; ma le parole ch’essa pronuncia sono piene
di amore: “ Sono io, ” pare che dica, io agito le onde del mare;
“ sono io ” che le tranquillizzerò, quando avranno compiuto ciò che
pretendo da esse; sì io renderò placido il mare, dicendogli: “ Taci,
e sii tranquillo! ” Ognuna di queste onde obbedisce alla mia voce ;
ognuna delle tue prove è voluta da me, per un fine di miseiicordia :
non credere ch’esse siano destinate a scagliarti su d’una spiaggia
arida e scabrosa, no ; ma bensì a condurti più da vicino al cielo. Sei
forse colpito da vlXì infermitàf Anch’io conobbi questa sorte di dolori, queste languidezze, queste notti insonni ; eppure sono io cbe te
ne fo un presente. Sarebbe forse la solitudine e il duolo che ti fanno
sparger lagrime ? Ma di grazia, non sono io il fratei tuo, che venni
al mondo per soffrire con te? I cari oggetti che tu perdesti ti furono
rapiti da me. Sarebbe mai la morte che ti atterrisce ? Oh ! non temere! “ io sono il vincitore della morte; ” e seduto vicino a te, nella
fragile tua navicella, comanderò ai flutti del doloroso fiume, ed essi
si ritireranno; anzi verrò io a cercare di te, povero pellegrino, e ti
introdurrò nel regno mio. dicendoti; “ Il maestro è qui; egli ti
chiama. ”
Lettore, tu avrai, ne son certo, motivo di rendere per tutta l’eternità grazie a Dio di quante procelle t’hanno assalito quaggiù, giacché anche le procelle fanno avanzare il viaggiator cristiano verso il
so.spirato porto. Vero è bensì che alcune anime sembrano navigare
alla volta della cele-ste città sopra un mare placido e tranquillo,
mentre altre non ci arrivano che dopo “ esser salite ai cieli e discese
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negli abissi ” (Salmo cvii, 26); ma qualunque sia il sentiero, poco
monta; giacché il risultato è sempre il medesimo: “ Gesù conduce
tutti i figli stioi al sospirato porto.” Forse tu pure, come i discepoli,
ti dibatti contro la procella, e sei immerso in una notte profonda ;
ma ecco che l’oscurità va dileguandosi, e bentosto l’aurora sen viene
a brillare e ad illuminare co’ gloriosi suoi raggi le sponde dell’ eternità !
Quale dev’esser dunque la condotta del figlio di Dio ? Ei deve
costantemente aver di mira Gesù, e non guai'dare a se stesso, nè ai
suoi peccati, nè agli uomini: oh sì! uua contemplazione continuata
e piena di fede nel Salvatore allontana ogni colpevole timore! Le
guardie romane alla risurrezione di Gesù furono talmente atterrite
che quasi ne morirono ; ma le povere donne ebree non temettero
pimto; or donde ciò? perché queste cercavano Gesù. Lettore, fa che Io
spirito tuo si riposi all’ombra di queste parole di un misericordioso
Salvatore, e ripeti sovente :
Aspetto l’Eterno: l'anima mia lo attende, e spero nella sua parola!
ED1FICAZ10]\E
RISPOSTA AD UN BUON PRETE
Questa lettera, che pubblichiamo, è la risposta ad altra che un
nostro amico ricevette da un prete della Venezia, il quale si trova,
pare, in buone disposizioni ad accogliere la semplicità del Vangelo :
e la inseriamo perchè, se non foss’altro, può servire di qualche edificazione e lume ai nostri lettori.
«
« Io vorrei potere adeguatamente rispondere al vostro foglio vergato con
tanta cortesia, gentilezza ed aggiungerò con tanta umiltà cristiana, ch'è
quella appunto che non vi permette di rintracciare nella vostra persona le
cause per le quali, non a me soltanto, ma ad altri molti inspirate simpatia
od affetto.
« Se non esiste fra noi corrispondenza epistolare frequente, ò colpa del
tempo che corre, il quale ci vieta di scrivere con libertà ; a voi specialmente che vi trovate in doppio modo vincolato, cioè, poi dispotismo politico austriaco e pel dispotismo religioso papale : ma lio grande speranza che
sia vicino per tutti il giorno del franco parlare.
« Vi ringra!Ìn di cuore dei voti pnrlicolari cho estern.ate pel mio hencs-
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sere, ossia, come dite benissimo, « affinchè questo corso mortale, che vogliono
molti chiamar vita, abbia a progredire col minor numero possibile di dolori
e di angustie. »
« Sì, questo corso mortale non è vita, considerato isolatamente, carnalmente: egli è illusione, inganno, vanità. Infatti, senza un’avvenire oltremondano, che cos’è l’umanità, la quale viene da alcuni indiata? — un Dio
che muore..... oh follia ! — Che cosa sono le di lei aspirazioni, se ristrette
alla sola felicità e grandezza terrena ? che lo stesso amor di patria, d’indipendenza? cho i tanti sacrificii per ottenere il soddisfacimento di simili
desiderii ? Tutto illusione che finisce col disinganno, colla stanchezza e,
qualche volta, colla disperazione. Ma, collegate il viver presente col futuro,
il tempo coireterno, le aspirazioni alla felicità nazionale colle aspirazioni
alla beatitudine spirituale, la patria terrestre colla patria del cielo, i sacrificii politici coi sacrificii morali per liberare dalla schiavitù religiosa o dal
peccato le coscienze e le anime, ed ecco ogni cosa allora acquistare nel
mondo importanza, valore, dignità, movimento e vita.
« Dico, acquistare vita, poiché il corso mortale non può in nessun modo
essere ìa vita : ma egli diventa bensì principio della vita vera che fu dischiQsa ai credenti dall’amore infinito di Gesù Cristo, nella cui risurrezione
ne abbiamo la testimonianza la più sicura.
« Or, come fare a considerar il mondo ed agire sotto questo punto di
vista? Ciò si ottiene colla fede, ossia, coH’amore a Gesù, colla sicurezza
nelle sue promesse. Negli Evangelii è scritto ohe il Salvatore, ed egli solo,
6 la vita e la via che ad essa conduce ; ne conseguita dunque che
se nel mondo, cioè, nel tempo non cerchiamo quella via, per camminare in
essa, giunti alla meta, voglio dire fuori del tempo, neH’eternità, non potremo
trovare la vita, che appunto giace al termine della via suindicata ch’è in
Gesù, e non sopra alcuna delle altre strade sulle quali saremo stati erranti ;
a meno che Iddio onnipotente e misericordioso non voglia con un miracolo
salvarci. Ma cho ? vorremo noi vivere in tale ipotesi? Bicordiamoci che,
Iddio per essere misericordioso non può essere ingiusto.
« La vita terrena è come una lizza in cui siamo per lottare e, guardando
sempre alle cose che ci stanno davanti, come diceva s. Paolo ai Filippesi,
(III, 14) proseguire il corso verso il segno, al pallio della suprema vocazione
di Dio, in Cristo.
« Caro amico, avete certo ragione di dolervi della grande miseria e cecità
spirituale in cui si trova l’umanità : è un fatto assai doloroso ; e più doloroso è il vedere che essendo di necessità la vita mondana un’esistenza di
prova e di lotta, pochi sono coloro che abbiano voglia d’armarsi per lottare
0 per vincere, ohe anzi tanta è la mollezza e l’indiffierenza, che in molti
non si ravvisa quasi più contra.sto fra le parti ohe dovrebbero lottare, ossia,
fra l'incrpdiilità e la fodo, tra la materia e In ,■spirito, gincchè c la materia c
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1 incredulità sono del tutto vittoriose e padrone del campo. S. Paolo diceva
agli Ebrei, (iii, 12) — Guardate, fratelli, che talora non vi sia ih alcun di
voi un cuor malvagio d’incredulità, per ritrarvi dall’iddio vivente. —
« Ed i dolori e le angustie non sono eglino forse necessarie per ritemprare gli uomini, per sollevarli dallo stato d'inerzia, per eccitarli alla meditazione, all’operare ed al vincere? Non sono elleno vere grazie di Dio,
vere testimonianze d’amore? Laonde se noi soffriamo, anziché muover
lagni, mostriamoci grati al Signore — perciocché il Signore gastiga chi
egli ama, e flagella ogni figliuolo ch’egli gradisce, ecc. — (Ebrei xir, (i).
Guai a colui che sentesi felice nei cosìdetti godimenti del mondo ! in godimenti che periscono e di cui non rimarrà memoria alcuna: ma che dico?
anzi rimarrà forse allo spirito nell’eternità una memoria così dolorosa per
averli perduti e un affanno così intenso pel desiderio di riaverli, che verranno ad essere pene inestinguibili, eterne.
« Sia pure che la felicità mondana contenga delle lezioni, ma la ragione
medesima ci convince che la sofferenza è più istruttiva. Come i corpi si
fortificano coll’esercizio, col lavoro, colle armi, così lo spirito fortificasi coi
dolori, colle lotte morali ; a guisa del vapore, l'animo s’invigorisce quand'ò
compresso.
« Ilo detto più sopra che occorre la fede per sentirsi inclinati ad agire :
ed una soltanto 5 la fede buona, ossia, una sola è la fede che merita questo
nome; la fede eccitata dall'amore ohe si porta a Gesù Cristo; la fede
spontanea che sorge dal cuore e dalla conoscenza dei nostri doveri e della
nostra responsabilità verso Dio; la fede libera, non una fede comandata dagli
uomini, forzata, legale, ma la fede che presuppone la libertà di coscienza, che
è quasi il centro di gravità dell'anima, tanto che, in ultima analisi, se viene
questa repressa, annichilata, distruggesi tutto l'uomo, gli si toglie co’ suoi
diritti anche tutti i morali doveri, l’amore del buono, del bello, della regola,
dell'ordine supremo. Perciò concludo, è necessario che l’uomo riacquisti la
propria individualità.
« Or, cotesta individualità, fonte della moralità, fu distrutta da Eoma ^
papale col suo vicariato, colle sue indulgenze, co’ suoi sacrificii, sugli altari,
colle mediazioni de’ suoi preti e do’ suoi santi, col suo purgatorio, colle sue
opere meritorie, in fine col suo falso cattolicismo.
« Il cristianesimo è certamente di sua natura cattolico, cioè, universale,
in quanto che tende ad espandersi iu tutto il mondo. Sì, o signore, non
cesseremo mai di dire — il tuo regno venga — il regno spirituale di Gesù
Cristo, finché infatti non sia venuto, ed abbia così pieno compimento l’idea
rinchiusa nella parola cattolicismo.
« Ma falso è il cattolicismo del papato: esso equivale, sotto un aspetto, l ^
aU’universalismo degli unianitarii : e l’uno e l’altro distrussero l'individua-'^
lismo, ossia le singole responsabilità. Gli umanitari! dicono : l’individuo è
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scomparso dinanzi alle masse : il papato insegna l'olubedicnza cieca e passiva alla Chiesa; la Chiesa fa tutto, l'individuo nulla. Wa dunque eie masse
e la Chiesa non si compongono d’individui ?
« Peggiore è poi l’iunanitarismo della Chiesa, perchè in fin dei conti
nell’umanitai’ismo politico, politico è Terrore, circoscritto alla terra ; in
quello papale, è religioso ed ha conseguenze funeste, eterne, trattandosi
della salvezza d’ogni anima in particolare. E su tal proposito, è l’individuo
responsabile di se stesso; l’individuo dovrà render conto delle proprie azioni,
ossia, della propria fede, non la Chiesa della fede cumulativa e confusa.
« Il curioso è poi che la cosidetta Chiesa cattolica non è niente affatto
cattolica ed universale, anche indipendentemente dal riflesso ch’è una piccola parte della cristianità .stessa. Chiesa cristiana è il nome collettivo di
tutti i credenti in Cristo o almeno che si professano tali esteriormente: ma
nel papato la Chiesa restringasi alla casta dei preti, e finisce per concentrarsi
tutta nel solo papa, in guisa che, da questo lato considerata, risulta l’individualismo il pili ristretto. Ciò posto deesi inferire che siccome ogni responsabilità morale è individuale, così tutti gli en-ori della Chiesa papale, le
colpe commesse, i gastighi meritati ricadranno su chi volle accentrare in
se stesso ogni potere, ogni comando, ogni libertà, ogni direzione, ogni responsabilità, ogni coscienza.
« Non mi dilungo di più ; farò in modo, amico mio, che questo foglio vi
giunga sicuro, continuatemi il vostro affetto cristiano e siate sicuro del
mio. » N. N.
NOTIZIE RELIGIOSE
Touino — I militari evangelici e le funzioni cattoliche. — Informati
come da parecchi superiori militari costringano i loro dipendenti di credenza
evangelica ad intervenire a funzioni religiose, che ripugnano alla loro coscienza, crediamo utile cosa il ricordare, cosi ai primi che ai secondi, quali
sieno sul proposito gli ordini governativi. Ecco adunque come si esprime ,
sotto la rubrica Doveri di religione, l’articolo 52 del liegolamento di disciplina militare, 30 ottobre 1859, il quale articolo formava già oggetto d'una
disposizione ministeriale del 18 luglio 1854 ;
§ 192. Ogni militare deve adempiere i doveri della religione, e rispettare le altrui credenze.
I comandanti di corpo si varranno delle istruzioni religiose dei
cappellani, onde infondere nei soldati sodi sentimenti di cristiana
morale.
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§ 193. I corpi devono assistere al santo sacrifizio della Messa nello
domeniche, nelle altre feste di precetto, nel giorno dei morti per
i defunti del proprio corpo, e in quello di tS. Martino special patrono dei militari.
Nel tempo Pasquale i comandanti di corpo si concertano col
cappellano, onde ogni militare abbia modo di prepai arsi ai RS. Sacramenti.
§ 1!)4. Essi comandanti procureranno cho anche i militari .acattolici
abbiano modo di attendere alle pratiche prescritto dal culto, cui
appartengono, nei paesi dove esse hanno luogo, in quanto però lo
consenta il servizio.
Gli acattolici saranno dispensati dall’intervetiire alle fumìoni
puramente cattoliche, eccettuate le para,te e le altre funzioni 7nilitari, cui siano comandati di servizio.
Ove talun acattolico infermo richieda i conforti del proprio
culto, i ministri di questo saranno ammessi ad assisterlo senza
impedimento.
Bbissogses (Aosta)—- Nuovo metodo per opporsi alla propaganda evangelica. — Questo metodo per cui il curato ed il sindaco di Brissognes
stanno sollecitando il brevetto d’invenzione, consiste nell’intendersela con
uno dei pessimi soggetti del paese (pagandolo bene, abbeverandolo meglio ancora), che si fa chiudere iu una stanza attigua a quella dell’adunanza,
con abbondante provvista di tutti gli attrezzi occorrenti al più spaventevole
Chiarivari, eccitandolo con promesse di ogni fatta, a far mostra della sua
valentìa nel disimpegno di sì onorevole ufficio. Mediante questo, il Ministro
0 l’adunanza assorditi dallo spaventevole baccano sono costretti a disperdersi, e per soprappiù l’autorità superiore invitata a far rispettare il libero
esercizio del culto, sarà iu grado di rispondere: un processo non potersi intavolare contro quel tale, tutto essendo passato a porto chiuse e nel proprio
domicilio ! ! !
Brescia — Amore sviscerato dei preti per le S. Scritture. — Un giovane
di un comune veneto, recatosi a Brescia, onde visitarvi il fratello emigrato
cd occupato in questo regio arsenale, ne aveva riportato seco l’Evangelo, che
nella sua breve dimora in Brescia ha imparato ad apprezzare come il migliore cd il più utile dei libri. Giunto a casa, ed avendo fatto parola con
alcuni del tesoro chc teneva seco, fin dall'indomani gli si presentava il
parroco chiedendo che gli consegnasse quel libro di cui era latore. 11 giovane sulle prime rifiutò, raa ricorso il parroco al sindaco c ad altre persone
influenti della località, questi consigliarono il nostro giovano, a scanso di
vci3sazioni maggiori per parte dell'autorità militare, a consegnare il suo
A'angolo alla curia, a cho il poverino, quantunque a suo malgrado, dovette
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aderire. « Beato parroco! che diapone di tauta e così beueiioa iufluenza ■»,
esclameranno i nostri clericalii di qua del Mincio, con un sospiro !
Spagna — Persecuzioni religiose. — Accadono giornalmente in Ispagna
fatti che devono far venir l’acquolina alla bocca ai nostri clericali d’Italia,
cioè, incarceramenti e condanne iu gran numero di persone, uomini e donne,
di nient’altro colpevoli che di anteporre la parola di Dio a quella dei loro
preti, di cui sono stanchi. A Si\n'glia, dietro denunzia dell'arcivescovo, venlidne membri della comunità evangelica di questa città sono stati incarcerati ; diciotto persone sono state del pari e per lo stesso motivo incarcerate
a Granata ; ma la fede di questi neofiti è così viva e così ferma cbe benedicono a Dio, nel loro carcere, di essere stati giudicati degni di sofltrire per
la santa causa dell’Evangelo. Tre comunità evangeliche si sono teste costituite nella provincia di Granata e nella Catalogna.
Impero Turco — 1 tre milioni di Bulgari convertiti al romanismo. —
Questa conversione in massa dei Bulgari che i giornali clericali proclamavano « uno degli avvenimenti più gloriosi dei nostri tempi, voluto dalla
Provvidenza a consolare, tra le afflizioni che lo addolorano, il santo Padre »
ha finito, come dovea, cioè a modo delle commedie. Ecco sul proposito
quel che, da Costantinopoli, si scrive, in data 23 giugno, sii: Indépendance
Belge : « Voi wì rammentate, senza dubbio, quel famoso vescovo bulgaro,
condotto in gran trionfo a Eoma dal padre Boróe, e sacrato in gran pompa
nel Vaticano, dove ha fatte quante abiure gli furono chieste ; quel Jussof
Soeolski infine, che dovea aver sua sode a Filippoli, e far scendere la
grazia su tutti quei Bulgari, che si ostinavano a rimanere estranei al movimento di proselitismo, così valentemente intrapreso dal padre Borée. Or
bene, questo medesimo Soeolski, decorato di non so quarordine della Santa
Sede, giunto da poco tempo a Costantinopoli, è scomparso in questi ultimi
giorni... Ed indovinereste voi dove egli sia andato a ricoverarsi?—Dal patriarca greco, al quale ha chiesto perdono, dichiarando, che nè egli hè isiioi
non aveano cessato di essere ortodossi, e che volevano rientrare nel grembo
della Chiesa orientale. Soeolski ha in pari tempo scritto una lettera all’arcivescovo cattolico di Pera onde partecipargli la sua sottomissione al patriarcato greco, rimandandogli le insegne dell’ordine statogli dal Santo Padre
conferito, nell’atto che lo sacrava vescovo di Bulgaria. Ed ora che avviene?
Che la generalità dei Bulgari, tratti in questa specie di apostasia dagli
intrighi di alcuni loro capi, fanno plauso all’operato del Soeolski, e diconsi più ortodossi che mai ! »
Woigt Giovanni gerente
TORINO — Tipo«^rafta CLAUT)TANA, diretta ria R. Tr<irabftta