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Spedizione in a. p. 45% - art 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale di Torino
In caso di mancato recapito restituire al mittente presso l'Ufticio PT Torino CMP Nord
Anno Vili - numero 12-24 marzo 2000
Lire 2000 - Euro 1,03
■■KCO DELLE VAI
Desdeño éinudemDà
di FEDERICA TOURN
I BIBBIA E ATTUALITÀ I
LE DUE VIE
«.. .poi lo crocifissero»
Marco 15, 24
OGNI prédicatrice o predicatore
cristiano fa una scelta quando
parla di Dio, prende le due strade che
partono dai bivio delia croce: può descrivere la glorificazione di Cristo dopo la croce o de.scrivere il dolore di
Cristo nella croce. Spesso la scelta è
biografica: la fede giovane guarda soprattutto la gloria nascosta dalla nube
dopo l’Ascensione; la fede che ha le
rughe e i capelli bianchi rimane fissa
sulla sofferenza del Dio incarnato,
forse nell’attesa che egli possa portare
il dolore personale e improvviso in
cui inciampiamo. Perché la fede
guarda la croce e accorda la sua tonalità alle due parole che essa racconta.
C> È la tonalità che sgorga dalla
voce del Dio creatore che innalza i piedi dell’essere umano dal
suolo del Venerdì di passione per deporlo neH’etcrnità; la voce impassibile deìl’Onnipotente che glorifica; una
voce dispotica e luminosa che scompiglia la morte, che semina vita
nell’oscuro orrore del sepolcro; una
voce che suscita potenza e gloria, vittoria e adempimento. La fede che
ascolta questa voce è giovane, eccessiva, ardita, ingenua. È una fede che
si deve confrontare con la prova, con
dissesto proprio e del mondo, con
la persislcir/.a del dolore e della ingiustizia, con la pressante pervadendel male, del peccato e che deve
conoscere la crisi per sopravvivere o
scomparire per sempre.
C) L la tonalità che sgorga dalla
voce della sofferenza nella via
crucis di Cristo; una voce che fissa la
memoria delle vittime, dell’orrore ripetuto che costituisce la storia umana; una voce che assomiglia alla compassione, alla misericordia generalizzata e invita alla solidarietà con tutti
quelli che sotfrono nelle nuove croci
che costantemente vengono innalzate. È una fede nel pianto, che trema
sconvolta perché intuisce il perché di
quella croce, scopre quanto sia insidioso il proprio peccato, questo male
di cui dobbiamo essere liberati, questo grande male antico che soffoca
l’universo. Questa fede ha bisogno di
immergersi nella luce del terzo giorno, è una fede che deve imparare come la croce sia stata [’ultima risorsa
di Dio per riscattare l’umanità.
La fede nella risurrezione è la fede
che unisce le due vie. Succede a
tanti predicatori e predicatrici di inseguire Luna o l’altra via, di accordare la propria voce a una sola delle tonalità. Appare dunque una gloria
senza*croce, una glorificazione senza
umiliazione, una grazia a buon mercato, una chiesa trionfante a cui basta
ripetere se stessa nel rituale, nella
commemorazione, nelle sue strutture
c dogmi. Appare dunque una croce
senza gloria, un’umiliazione senza
glorificazione, un Calvario Sospeso
sulla storia, ancorato nel tempo, in
, perenne attesa della Pasqua che non
' giunge, che ritarda, una chiesa in per
petuo assetto penitenziale, che con
danna la vita e il .sorriso, la gioia e là
festa, cupa, rattristata, cosparsa di ce,^re. Proclamiamo invece una fede
^e guarda la croce c la tomba vuota
una fede che diventa fremito, palpitazione, turbolenza, nell’attesa del Dio
crocifisso che il terzo giorno risuscitò
'ulti noi nella sua risurrezione.
Martin Ibarra
Le decisioni delLUe rischiano di fare scomparire molti prodotti alimentari tipici
Il cioccolato «europeo»
Dopo la pizza, la pasta, il miele ora è la volta del cioccolato. Invece dei mille sapori
prodotti nel vecchio continente avremo un non-gu^to sempre più massificato
Torino: un gianduiotto (il tipico cioccolatino torinese) in formato gigante alla manifestazione «Eurochocolate»
PIERVALDO ROSTAN
DOPO la pizza, la pasta e il miele
è la volta del cioccolato. Le decisioni dell’Unione europea in materia alimentare rischiano di far scomparire molti dei prodotti tipici di
un’Europa dai mille volti e dai mille
sapori. Tutto viene «massificato»,
prodotto magari nella più totale
«asetticità» ma col rischio di perdere
per sempre prodotti alimentari dal
gusto unico e con una ricchissima
tradizione alle spalle. La decisione è
stata assunta a maggioranza e col
voto favorevole anche di alcuni illustri parlamentari italiani: si potrà inserire nella produzione di cioccolato
fino a un 5% di grassi vegetali al posto del classico burro di cacao senza
neppure dover indicare in modo ben
chiaro e distinto i prodotti utilizzati.
La decisione del Parlamento europeo ha messo a soqquadro il mondo
dei produttori, fatto certo dalle grandi multinazionali che occupano circa l’80% del mercato mondiale del
cioccolato, ma anche di piccole e
medie industrie e di insuperabili artigiani. È stata una vera insurrezione. Certo la normativa non obbliga a
utilizzare i surrogati ma ne consente
l’uso e già molti produttori hanno
apertamente dichiarato che loro, i
«surrogati», non li utilizzeranno. Ma
perché questa decisione? La scelta è
anzitutto economica. Il burro di cacao costa sui 3,35 dollari al kg mentre le alternative ora possibili hanno
costi decisamente inferiori: l’illipé
costa 2,3 dollari-kg, il burro di karité
1,05, l’olio di palma 0,33. È chiaro
Unioni di fatto
L'Ue vuole il
riconoscimento
Nella relazione annuale sui Diritti
umani approvata il 16 marzo a Strasburgo, il Parlamento europeo è tornato a chiedere agli stati membro
che non lo hanno ancora fatto di
«modificare la propria legislazione
per riconoscere legalmente la convivenza fuori dal matrimonio indipendentemente dal sesso». Immediate
le polemiche in molti paesi e in particolare in Italia, soprattutto da parte della Chiesa cattolica. Nel nostro
paese ci sono 340.000 coppie di coriviventi, una parte di loro ha scelto liberamente l’unione di fatto ma altri,
pur volendolo, non possono sposarsi per diversi problemi legali, tra
questi ci sono anche le coppie omosessuali. L’Ue sostiene che è interesse della società favorire la stabilità
delie relazioni fra le persone.
■ Debito Mozambico
La Fcei chiede
la cancellazione
Il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei),
pastore Domenico Tomasetto, ha
scritto al presidente del Consiglio,
Massimo D’Alema, chiedendo la cancellazione totale del debito del Mozambico colpito da una alluvione di
enormi proporzioni. «Di fronte a
questa emergenza - scrive Tomasetto
- che colpisce un paese già duramente segnato da sottosviluppo e difficoltà economiche varie, vorremmo
chiedere che il governo disponga un
provvedimento di cancellazione to,tale del debito che il Mozambico ha nei
confronti del nostro paese». Il debito
del Mozambico nei confronti dell’Italia è di 50 milioni di dollari (poco meno dii 00 miliardi di lire). (nev)
Cevaaapag.16
perciò che il prodotto finito costerà
molto di meno e ciò potrebbe accadere in misura ancora maggiore visto che è stata aperta anche la possibilità di utilizzare grassi derivati da
organismi geneticamente modificati.
«Ci rimetteranno i consumatori ma
anche i paesi africani produttori di
cacao», hanno vivacemente protestato i Verdi che della qualità degli alimenti e del corretto rapporto
Nord-Sud hanno fatto la loro bandiera. La concomitanza della decisione europea con la rassegna «Eurochocolate» a Torino mai è parsa così
opportuna. Quella che doveva essere
una kermesse di festa è diventata
una vetrina della protesta nazionale,
delle industrie e dell’imprenditoria
Segue a pag.13
% Valli valdesi
Scuole private
nel Pinerolese
Oltre al Collegio valdese di Torre
l’ellice (Liceo classico, linguistico e
scientifico) sono tante le scuole private nel Pinerolese che saranno interessate dalla legge sulla parità di recente approvazione. La fetta più
consistente di queste scuole non statali, come avviene ovunque, è rappresentata dalle materne, gestite da
vari ordini di suore, e oltre alle elementari e medie si trovano nella zona anche diversi istituti di istruzione
superiore: il liceo dell’«Immacolata»
a Pinerolo, quello salesiano a Cumiana, un istituto professionale a
Perosa Argentina. Tutti i docenti dovranno essere abilitati per legge e i
loro contratti dovranno rispettare
quelli nazionali collettivi.
Segue a pag. Il
L'AUTOMOBILE
DEL FUTURO
L’auto italiana diventerà un prodotto a stelle e strisce. È, in prospettiva, il risultato dell’accordo tra la Fiat
e la General Motors. Nella competizione globale c’è spazio per pochi,
quattro o cinque, grandi produttori
in grado di spartirsi tutto i mercato:
un mercato da gestire ejJ® controllare
per ragioni ecologiche e perché saturo nei paesi meno sviluppati La Fiat,
al suo centesimo compleanno, da sola
non ce la fa più. La ricerca di nuovi
modelli, di nuovi motori, di nuovi
prodotti non può essere lasciata alla
più grande impresa privata italiana,
ma deve essere integrata in grandissimi gruppi. L’auto sarà un «prodotto»
mondiale, standardizzato.
La competizione tra i grandi produttori avviene proprio sull’impatto
ambientale dell’auto. Si stanno studiando prototipi che siano in grado di
percorrere 100 km con tre, due litri di
carburante. Si impiegano materiali
nuovi, propulsioni a benzina o diesel
su motori a tre cilindri, propulsori
ibridi a benzina ed elettrici, a gas, si |
cerca di rendere economica la propulsione a idrogeno. Bisognerà ridurre i
pesi dei rifiuti generati dalla fabbricazione delle auto. Attualmente per un
auto di 750 kg, si generano nella produzione 250 kg di scarti di lavorazione. Anche la rottamazione non consente il ricupero di tutto il materiale: il
30% dei componenti finisce in discarica. Ciò comporterà nuove progettazioni sia del processo produttivo che del
prodotto, che dovrà essere pensato anche in vista del riciclo dei componenti.
Siamo di fronte a una «rivoluzione»
produttiva. L’auto è stato i punto di
partenza della cosiddetta «produzione
di massa», del taylorismo. In questo fine secolo ormai si producono auto con
il metodo della produzione snella, della lean production. Produzione snella
che ha bisogno di flessibilità, di agilità
nelle strutture produttive, dell’apporto creativo di tutti coloro che partecipano al processo produttivo. Ed è questo il significato profondo dell’accordo Fiat-General Motors.
Attorno alla produzione tayloristica si è costruito un modello di società,
un modello del conflitto sociale, ben
descritto da intellettuali diversissimi
tra loro come Gobetti, Gramsci, Persico. Il Lingotto di Torino, prima grande fabbrica della produzione di massa, è stato l’esempio di tutto questo,
una fabbrica manifesto del nuovo industrialismo italiano dopo la crisi della prima guerra mondiale. Oggi il Lingotto non c’è più: è un centro fieristico, sede di uffici, un albergo a cinque
stelle, la sede dove si progettano le
Olimpiadi del 2006. Mirafiori, la più
grande fabbrica d’Italia, la fabbrica
che ha scandito il ritmo di crescita
deH’industria italiana del dopoguerra,
si sta già dimensionando. Con l’accordo Fiat-Gm è destinata a essere un
pezzo (piccolo) della lean production.
Ma Mirafiori è stata anche la nostra
storia recente: la fabbrica del miracolo
economico, della guerra fredda, dell’immigrazione, del terrorismo, dell’idea della centralità operaia. Anche
Mirafiori è destinata a finire. Quale
Sarà il modèllo di società derivante dal
rapporto tra management (non più
proprietario) e organizzazioni sindacali e società circostante? Un modello
di società «per azioni», in cui ciascuno
vale per la propria quota, o un modello di società-comunità?
Giorgio Gardiol
2
PAG. 2 RIFORMA
VENERDÌ 24 MARZOjfif^
Í
«*2»“' 0 Dio, crea
in me un cuore
puro
e rinnova dentro
di me uno spirito
ben saldo. ‘^““iVon
respingermi dalla
tua presenza
e non togliermi il
tuo santo spirito.
»2) Rendimi
la gioia della tua
salvezza
e uno spirito
volenteroso
mi sostenga»
(Salmo 51,12-14)
<^^Io vi farò uscire
dalle nazioni,
vi radunerò da
tutti i paesi,
e vi ricondurrò
nel vostro paese;
^^vi aspergerò
d’acqua pura
e sarete puri;
io vi purificherò
di tutte le vostre
impurità e di
tutti i vostri idoli.
^^Vi darò un cuore
nuovo e metterò
dentro di voi uno
spirito nuovo;
toglierò dal
vostro corpo il
cuore di pietra, e
vi darò un cuore
di carne.
Metterò dentro
di voi il mio
spirito e farò in
modo che
camminerete
secondo le mie
leggi, e
osserverete e
metterete in
pratica le mie
prescrizioni.
^’'Abiterete nel
paese che io diedi
ai vostri padri,
sarete il mio
popolo, e io sarò
il vostro Dio»
Tìtoli delle
prossime
meditazioni
4) Pedagogia del perdono (Sai. 51, w. 15-17)
5) Una società ricostruita (w. 18-21)
Note
omiletiche
DIO CI RICOSTRUISCE
Lo Spirito fa luce in noi e d coinvolge nella risposta che Cristo dà per noie ci permette
di essere aperti verso la presenza di Dio e pronti all'adorazione, alla gioia, al servizio
BRUNO ROSTACNO
DOPO la distruzione deve
cominciare la ricostruzione. Sto ustmdo parole attuali,
immediatamente comprensibili, che fanno pensare all’opera che si rende necessaria
dopo le rovine lasciate da una
guerra o da una catastrofe e
che, applicate alla vicenda di
un singolo peccatore, possono
sembrare esagerate. Siamo
giunti al centro del salmo, e
per la verità ci troviamo davanti a espressioni ancora più
forti di quelle che ho usato io.
(Ezechiele 36, 24-28)
Altre letture:
Efesini 5,1-10
Giovanni 3,1-7
Nuova creazione
La prima espressione adopera un verbo straordinario, crea: lo stesso verbo che,
nella Genesi, ci parla dell’azione di Dio che dà origine alla vita. Prima della luce, prima del
cielo e della terra con i loro
abitanti, non c’era vita; così
adesso in me, dice il peccatore,
c’è solo il caos prodotto dalla
malvagità e dalla stupidità
umana. Crea: suscita la vita
dove non c’è più vita.
La creazione è una liberazione; ciò da cui il cuore deve
essere liberato per essere puro
è un profondo stato di opposizione e di confusione. L’opposizione a Dio si manifesta in
Ricostruisci ia nostra vita
Signore, tu rinnovi ciò che abbiamo distrutto.
Ti preghiamo: ricostmisci la nostra vita.
Ricostruisci le nostre forze, che noi dissipiamo
in tante cose non veramente necessarie.
Ricostruisci la nostra fiducia,
quando dubitiamo di noi stessi
e della nostra capacità di servirti,
quando non riusciamo più a comprendere gli altri,
e a farci comprendere da loro,
quando cediamo al rancore e all’amarezza.
Ricostruisci le nostre iniziative comuni,
quando l’egoismo le indebolisce,
quando le difficoltà ci rendono dubbiosi,
quando troviamo più confortevole
ritirarci nel nostro guscio,
evitare la fatica delle azioni
in cui bisogna tener conto degli altri.
Signore, ricostruisci la nostra vita;
ricostruiscila con la tua bontà,
ricostruiscila con la tua forza,
ricostruisdla con il tuo perdono. Amen.
(Chiese valdesi e metodiste. Testi liturgici, Pentecoste)
tante forme e si ripresenta
continuamente; non ne siamo
mai liberi definitivamente, abbiamo sempre bisogno di esserne liberati, anche se siamo
convinti che i nostri doni devono servire all’utile comune, anche se cerchiamo seriamente
di svolgere il nostro lavoro come un servizio; ogni giorno
dobbiamo fare i conti con una
forza che in noi si oppone a
Dio, e che non è altro se non il
desiderio di avere la vita tutta
per noi e l’aggrapparci ai risultati ottenuti o l’abbandonarci
all’amarezza per i risultati non
ottenuti. Quando l’opposizione vince, il servizio diventa pesante, si sente la stanchezza, si
seguono senza fantasia le vie
già collaudate perché non si ha
più l’energia per tentare qualcosa di nuovo. Si cade così nella confusione; non si sa più bene perché ci si è impegnati in
un lavoro e non si hanno più
idee; la collaborazione con gli
altri diventa insopportabile
perché si è smesso di guardare
avanti e degli altri si vedono
solo i limiti, le loro iniziative
provocano solo irritazione e le
loro opinioni solo fastidio. Allora non c’è che una cosa da
fare: ricordarci che Dio ha
pietà, è buono e misericordioso e dirgli: crea in me un cuore
puro, liberami tu dall’opposizione e dalla confusione, permettimi di ricominciare.
La creazione è sempre un
fatto istantaneo; è corne Listante in cui il sole dissipa la
nebbia. «Dio disse: "Sia luce!” e
luce fu» (Gen. 1, 3). È importante credere questo e renderci
conto che tutto nel mondo e in
noi è veramente nuovo. Eppure ci vuole un tempo incalcolabile, che solo Dio conosce, prima che la creazione abbia prodotto in noi tutti i suoi effetti;
non precipitiamoci quindi a
cercare il cambiamento in
qualche aspetto sensibile della
nostra persona, non giochiamo a fare le anime belle; l’esaltazione spirituale non è che
una risposta che ci diamo da
soli ed è una forma dell’opposizione a Dio e della confusione. Saggiamente, il salmo non
chiede uno spirito esaltato, ma
«uno spirito ben saldo», una
disposizione interiore capace
di durare, capace di attendere
pazientemente che Dio compia la sua opera. Ma in che cosa consiste allora la'creazione
che chiediamo? Consiste in
una vita nuova che è già realtà,
in una risposta alla volontà di
Dio che è già stata data: da Cristo. Egli ha superato l’opposizione a Dio vincendo la tentazione, ha dissipato la confusione con la sua ubbidienza, fino
alla morte sulla croce. Tutto è
compiuto; in lui, non ancora in
noi. Ciò che possiamo chiedere è che lo Spirito Santo faccia
luce in noi, ci risvegli e ci faccia
comprendere che ciò che è già
realtà in Cristo ci coinvolge e ci
spinge avanti, malgrado l’opposizione e la confusione che
ancora sembrano dominarci.
de guardiamo al dono, nell’adorazione al donatore; nella lode ci innalziamo, attratti da ciò
che Dio ha compiuto e ci ha
donato, nell’adorazione guardiamo a lui dalla nostra bassezza; all’adorazione corrisponde
il gesto di inchinarsi fino a terra: non sono nulla e non merito
nulla, ho bisogno di te.
Gioia di vivere
Alla presenza di Dio
IL risveglio comincia a produrre dei frutti, non c’è dub
bio. Lo Spirito costruisce e ci
spinge avanti, ma in un modo
che apparentemente è una battuta di arresto o un ritorno indietro: «Non respingermi dalla
tua presenza». Ma non era già
tutto risolto? Come sarebbe
tutto più semplice se il salmo
dicesse: crea in me un cuore
puro, in modo che possa essere
accettato da te e non respinto
dalla tua presenza; ma appunto, non lo dice. Il cuore puro e
lo spirito saldo non diventano
una condizione per ottenere
salvezza; se fosse così, l’essere
umano avrebbe raggiunto una
base sicura per entrare in trattativa con Dio. Ma la salvezza
non è trattabile, è un dono.
Quindi il cuore puro e lo spirito saldo, di fronte a Dio, sono
un atteggiamento del tutto indifeso: tutto dipende da te, non
respingermi dalla tua presenza;
distogli il tuo volto dai miei
peccati, non da me; distruggi i
miei peccati, non me; mi hai liberato per aprirmi alla tua presenza, per farmi sentire il bisogno di te; ho bisogno di te per
vivere, non togliermi il tuo Spirito di vita. Il primo frutto del
risveglio è dunque l’adorazione; verrà poi il tempo della lode, ma l’atteggiamento che si
esprime nel versetto 13 (11) è
adorazione, sia pure in forma
negativa, o forse proprio perché in forma negativa. Nella lo
Con il versetto 12
mincia la seconda pa»
del salmo 51. Se nella pr*‘
ma il tema centrale era h
distruzione della realtsi
del peccato, ora il tema ,
la costruzione di Uf, '
realtà nuova. Lo si vederi
dai verbi usati; finora si p,
ferivano all'azione di eii.p
minazione del peccato
cancella, lavami
DAI
mi; ora, al contrario.
Alla presenza di Dio, spinta
dallo Spirito, la nuova creatura può ora compiere i primi
passi. Il secondo frutto del risveglio è la gioia; nel versetto
10 (8) la gioia è vista come via
d’uscita dall’isolamento del
peccato; qui è vista come segno
della salvezza. La vita torna a
risplendere nella sua pienezza,
degna di essere vissuta. Cristo
non è più nel sepolcro; ci viene
incontro e ci dice: «Pace a voi!»
(Giov. 20,19-22). Non è certo
un’esperienza diffusa; nel
mondo lo spazio per la gioia è
sempre troppo stretto e precario; con l’attuale organizzazione in cui non solo il lavoro, ma
anche il divertimento è organizzato unicamente per accrescere il guadagno, la gioia diventa impossibile.
Gesù non ci toglie dal mondo, ma ci invia per lanciare anche oggi l’alternativa della vita
nel mondo della morte. L’inCcdzare stressante di prestazioni da compiere non merita il
nome di vita; e non se ne esce
variando all’infinito ed estendendo a dismisura il ritornello:
trafficheremo e guadagneremo
(Giac. 4, 13-17). Eppure il risveglio non ci tira fuori da questa frenesia collettiva chiamata
sviluppo; ci offre però un nuovo punto di partenza e ci fa vedere degli spazi. Punto di partenza: la gioia per ciò che Dio
ha operato; è più, molto di più
che la soddisfazione per un lavoro ben fatto; ma come, dopo
un buon lavoro, ci viene subito
voglia di continuare, cosi il
buon lavoro di Dio ci sostiene
e ci comunica «uno spirito volenteroso», cioè la voglia di impegnarci, non per ottenere dei
meriti, ma perché i nostri contemporanei imparino di nuovo
che cosa vuol dire vivere.
purifica^
indi.
cé
iSal2n:
«Memori
la chiesa
UN i
- «B in
cario un movimento posi.
tivo: crea, rinnova, sostie.|i ,
nimi. È la stessa opposj.
zione che troviamo nellau.
vocazione di Geremia; «Iq ;
ti stabilisco per sradicare '
per demolire, per abbat
tere, per distruggere, per to». Com
costruire e per piantarei, àone de
La realtà che fa da sfondo dei punti
al discorso è la salvezza, giubileo
la ricostruzione promessa „trategii
a Israele dopo la frattura
traumatica dell'esilio. Gè- ’ f rmr
remia annuncia un nuovo'
patto (cfr. Ger. 24, 6 s.; 31
31-33), Ezechiele unatra-l terno del
sformazione profonda dei MiUmit'
cuori, che permetterà!
un'osservanza spontanea!
della Torah (cfr. Ez. 36,1
24-28). Questo rinnova-,
mento promesso a tutto il
popolo è applicato nel
salmo alla dimensione individuale ma si tratta della stessa realtà, legata essenzialmente a un nuovo
intervento di Dio. Il verbo
creare nell'Antico Testamento è usato esclusivamente per l'azione di Dio:
«Dove Dio crea c'è sempre
il miracolo, l'impossibile
diventa realtà, il non esistente viene al mondo.
L'orante chiede qui cheli
suo cuore sia oggetto del
miracolo creatore di Dio»
(Garrone, p. 79).
Come abbiamo già visto
al V. 8, il cuore è il centro
profondo dell'essere una
La
Il doci
rieoncili
letto al
una gius
nea» del
me una ì
ta. Solo
bile vede
«mea et
procedo
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no; centro segreto da cui
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(p.ll).f
se per b<
gna risai
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Dieta di
in cui e(
ni, degl
(Terza di una serie
di cinque meditazioni)
partono le intenzioni,!
progetti e le decisioni; wpjjjijg
questo centro è reso oscuro dal peccato, nel senso
che nel peccatore non vii
più una chiara conoscenza!
di se stesso, degli altri, di|
Dio; perciò è necessario
che Dio rischiari quel centro buio con la sua sapienza. Ora il discorso è radicalizzato: nel peccatoè'
come se quei centro nonj
esistesse più; il peccatore
non è autentico e costan-i varicazi
te in quello che tenta di, maria» c
fare di positivo, è attratlO|i
da ciò che distrugge la vi-| ajjjjgjp
ta, nel migliore dei casi ii|
barcamena nella confusio-'
ne; perciò Dio deve rico-| ,.
struire il cuore e renderlO|
«puro», indirizzato versOj P
la sua volontà e animato Me.
da un movimento costali- Lj
te per realizzarla («uno! «Chiaro
spirito ben saldo»).
La ricostruzione si fonda su una condizione essenziale, che abbiamo 9'*
incontrato con una vaien _
za opposta: al v. 11 H«; (C tm
mo chiede a Dio di " IC
gliere il suo volto dal petj'
cato, e quindi di Sulla
tarlo; qui chiede al con rario di non essere al^al-j
nato dal volto di Dm, li ujj-jjjj
„ presenta »»«j
(«Santo spinto». 6 . onni-ar
delle prime volte che si
contra nella Bibbia qu«
nome, e non è un caso eh del «1
sia collegato all'azion mande
rinnovamento). H f^ 6lum
sarà la gioia per la sa
za ottenuta e la proni pu5 pj
ad agire in ubbidienz
Signore; anche 90®*.
un suo dono (è meg';;
tradurre: sostienimi
uno spirito volenteroso/
cot
Per
prover
Uè rive
ältre c
dìapp
se stei
Passai
di um
do,l
approfondire papa
- D. Garrone,
rere. Marietti, Geno
Kraus, reogj
dei Salmi, Paideia, »r
_____ -»-1/* r^cT
need
tiawii
«mie
Ore
1989, pp. 236:238.
- G. Ravasi,
Salmi, voi. 2, Edb, 8°'
gna, 1983. .,|
- A. Weiser, f i«"
60, Paideia, Brescia.
Chiesi
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«02001 ufMERPl 2^ marzo 2000
Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
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Una riflessione sul documento e la cerimonia di «mea culpa» di Giovanni Paolo 11
Per il papa la Chiesa resta indefettibile
||/7 fatto inedito per la storia della chiesa di Roma che, però, non ammette ancora la reale
consistenza dei propri peccati I protestanti sono stati I primi a riconoscere le proprie colpe
DANIELE GARRONE
° 12 co.
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peccato: I è possibile esamina
Purifica ' j\| re in poche righe il modo
a™, Indi. ^ ¿yj la chiesa di Roma af„ , frónta le «colpe storiche»,
a oÌpÌ'' NP»« soltanto divalu>mo ne 1.1 tare la celebrazione di dome'emia- «| nica 12 marzo o il documento
sradicare «Memoria e riconciliazione;
er abbai' la chiesa e le colpe del passaI9ere, per to». Com’è noto, la «purificaaiantareii, yone della memoria» è uno
da sfondo dei punti chiave non solo del
Giubileo, ma in generale della
«strategia» di Giovanni Paolo
il, un punto sul quale egli tiene fermo anche in presenza
di evidenti resistenze dall’interno della sua stessa chiesa.
Mi limito perciò a proporre
alcune osservazioni.
salvezza(
promessi
a frattura
esilio. Ge.
un nuovo'
5 s.; 31,
e una tra.l
»fonda dei'
rmetteràl
ipontaneai
■r. Ez. 36,1
' rinnova-,
5 a tutto il I
icato nel,
insione intratta del
La linea del papa
Il documento «Memoria e
riconciliazione» può essere
letto al tempo stesso come
una giustificazione della «linea» del papa, ma anche co
legata es i ,jne una sua rilettura moderata. Solo in futuro sarà possibile vedere se la recezione dei
»mea culpa» del papa avrà
proceduto nel senso di una
^0 radicalizzazione o se essi
saranno stati interpretati comela soluzione del problema
(la chiesa ha riconosciuto i
peccati dei suoi figli e questo
la abilita a procedere senza
remore o sensi di colpa nella
sua missione).
Una confessione inedita
Come riconosce lo stesso
documento vaticano, «rarissime sono state le occasioni in
decisioni; .«.(.iride autorità ecclesiali (pareso osiu- , ^ vescovi, concili) hanno ri
nel senso jgnosciuto apertamente le
re non VI e ^ gj
oli* arirTi 1° i'®®® stesse colpevoli.»
necessario;, (P- ID- Pri'ua che ciò awenis■i quel cen- ® pet bocca rii Paolo VI, bisosua sapien- pia risalire a! messaggio indi>rso è radi- rizzato da Alessandro VI alla
peccato è' Dieta di Norimberga nel 1522
centro noni in cui egli parlo «degli abomiI peccatore' ni, degli abusi... e delle preo e costan i varicazioni» della «corte role tenta di, mana» del srro tempo come di
I, è attrattO|» malattia diffusa «dal capo
un nuovo
IO. Il verbo
:ico Testaesclusivaone di Dio:
c'è sempre
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ire di Dio»
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deve ricO'l
e renderlo
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e animato
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ai membri». Ma non solo. Si
era addirittura teorizzato che
la stesso interrogativo su eventuali «col|ie storiche» fosse improponibile e irricevibile. Nella «Mirati vos» del
1832, Gregorio XVI affermava:
aria («vnol «Chiaro apparisce quanto asió»). _________________________________
ione si foo'
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V. 11 iissi'
)io di distO'
)lto dal pe^'
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surda cosa e alla stessa Chiesa
al sommo oltraggiosa sia il
proporsi una certa restaurazione e rigenerazione, come
necessaria per procedere alla ,
sua salvezza e ai suoi avanzamenti, quasi che riputare essa
si potesse soggetta a difetto, 0
a oscuramento e ad altri inconvenienti di simile genere'». È innegabile che per Giovanni Paolo li l’«avanzamento» della sua chiesa nel prossimo millennio implichi il riconoscimento delle colpe e delle
forme di controtèstimonianza
che hanno segnato la sua storia, in particolare nel secondo
millennio, e che i numerosissimi" «mea culpa» del pontefice, culminati nella cerimonia
del 12 marzo, rappresentino
qualche cosa di sostanzialmente inedito nella storia della chiesa di Roma. Questa novità va riconosciuta anche e
proprio quando, come nel nostro caso, si devono poi formulare dei rilievi critici.
La chiesa resta indefettibile
Il documento vaticano dedica numerose pagine all’approccio biblico alla confessione della colpa. Mi chiedo
però se a proposito dell’Antico Testamento non si sia trascurato proprio l’elemento
più importante. L’Antico Testamento non contiene soltanto vari tipi di confessione di peccato, ma è nella sua
interezza una sorta di rilettura critica della storia di Israele. Questa rilettura è quasi
spietata: l’alleanza viene
spezzata alTindomani della
sua stipulazione (vitello d’
oro), e continua perché Dio la
rinnova. Una generazione
morirà fuori della terra promessa per la sua ribellione:
neppure Mosè vi entra. Dopo
Giosuè, la storia all’epoca dei
giudici è presentata come un
periodico ricadere nel peccato e un incorrere nel castigo,
alla fine del quale Dio libera il
suo popolo. La storia della
monarchia mostra una progressiva corruzione che porta
alla fine dei due regni. I profeti hanno più parole di rimprovero che di salvezza. La storia
di Israele riprende dopo l’esilio perché Dio perdona il peccato del suo popolo (Ger 31,
34). Gli scritti dei profeti tramandati nella Bibbia contengono le voci scomode degli
Lo storico Jean Delumeau
E la libertà di coscienza?
nntra- richiesta di perdono
allonta-i ? ** g>o™ale Le Mon
■ \ rie del 12-13 marzo riporti
vivificaf**;^ M’interessante intervista a
®j®Pio ^fi del 12-13 marzo riporta
a vivifit^^l*! [ -------
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Ite chesiin'ii Morario al Collegio di Franibbia quei® eia, noto storico specialista
un caso
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i, Il Í
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rescia.
riél cristianesimo. Alle doriiande poste da Henri Tincq,
i^èlumeau risponde fra l’al«...la Chiesa romana non
può più ignorare che il rimprovero principale che le viene rivolto, in particolare dalle
«tre confessioni cristiane, è
ui apparire troppo sicura di
stessa. Essa deve quindi
Passare attraverso una cura
u> Umiltà e, a questo riguarM, l’atto posto domenica dal
papa va nella giusta direzio6 6 dovrebbe contribuire al
aizyicinamento ecumenico
ri^ uhre chiese».
il fatto di attribuire le
‘^Ponsabilità ai «figli» e alle
^le» della chiesa e non alla
lesa cattolica in quanto taJ[uenuta «infallibile», Derisponde: «Ricordo
>‘ri buona teologia cattoliaggettivo "infallibile" si
applica solo a casi molto eccezionali. Ma, in effetti, perché una “confessione” sia totalmente credibile, bisognerebbe che sia generale, cioè
senza reticenze né secondi fini. Ora, molti di questi “peccati” storici sono imputabili
alle più alte istanze della
Chiesa romana, non a dei cattolici che hanno agito sotto la
propria responsabilità». E fa i
nomi dei papi Innocenzo III,
Gregorio IX, Paolo IV e Pio V.
Sulla storia moderna, Delumeau è altrettanto esplicito:
«Per Roma, è giunto il momento di confessare tutte le
colpe, ivi comprese quelle
che sono state commesse dal
"magistero” e dall autorità
pontificia in quanto tale. Poi,
e soprattutto, non è più possibile tollerare l’ambiguità».
E per finire: «La chiesa romana deve precisare che essa
sconfessa la condanna da
parte di Pio IX della libertà di
coscienza! È una questione di
coerenza con il pentimento
di domenica».
11 commento del presidente della Fcei
Senza pentimento non
ci può essere perdono
outsider che non furono ascoltati dalla maggioranza dei
loro contemporanei. Ma è
proprio dal recupero di queste voci che Israele inizia la
sua ricostruzione, ritornando
{teshuvà, conversione) a quei
crocevia dove si era presa la
via sbagliata. Questo modo di
raccontare la propria storia
non solo rifugge da ogni apologetica, ma in fondo colloca
la continuità di Israele non in
se stesso, ma in Dio. Mi sembra che l’Antico Testamento
sia il paradigma che deve guidare anche la rilettura della
storia cristiana. La chiesa di
Roma adotta ùivece il modello della madre «esistenzialmente santa nei sui santi» che
«assume con solidarietà materna il peso delle colpe dei
suoi figli» (p. 39). In questo
modo, si possono ammettere
le colpe senza mettere in discussione la presunzione della sostanziale bontà della storia della chiesa, senza trasformare le contraddizioni tra
l’agire della chiesa e la parola
di Dio in soluzioni di continuità. Si potrebbe quasi dire
che il riconoscimento della
colpa è visto in funzione di
una più convinta presentazione della storia della chiesa
«senza soluzioni di continuità». Quanto l’attuale pontefice afferma che l’alleanza
di Dio con Israele non è mai
stata revocata, dice in realtà
l’esatto contrario di quanto
ha insegnato la chiesa, non
solo nelle esasperazioni di
qualche suo figlio, ma al cuore del suo insegnamento: eppure questa contraddizione
non intacca la fiducia nella
continuità della tradizione e
del magistero. Molti dei santi
e beati (dunque proposti come esempi ai credenti) passati o futuri (pensiamo a Pio IX
e al «caso Mortara») sono stati
protagonisti, col pensiero e
con l’azione di quelli che oggi
vengono, giustamente, denunciati come errori. Il fatto
che queste contraddizioni
non vengano di fatto assunte
rappresenta per me il dramma dal cattolicesimo romano,
che sembra non poter non
trasferire alla chiesa realtà
che sono certo indefettibili,
ma in Dio, non in noi.
Il peccato dell'antigiudaismo
La confessione di peccato
implica che il peccato sia riconosciuto nella sua reale
consistenza. Le valutazioni
del documento vaticano e dei
«mea culpa» cattolici oscillano dalla posizione di chi pensa che si sia persino esagerato a quella di chi li trova ancora riduttivi. Mi voglio soffermare su un tema che mi sta
a cuore, quello dell’antigiudaismo. Il documento non dice nulla di nuovo. Riprendendo un documento precedente* si limita a chiedere se «la
persecuzione del nazismo nei
confronti degli ebrei non sia
stata facilitata dai pregiudizi
antigiudaici presenti nelle
menti e nei cuori di alcuni cristiani (...] I cristiani offrirono
ogni possibile assistenza ai
perseguitati, e in particolare
agli ebrei?». Dopo decenni di
riflessione su questi problemi, non basta più ì rilevare
interrogativi, bisogn., •>spondervi. I «pregiudizi a, tigiudaici» non afflissero soio «alcuni cristiani» ma intaccarono la coscienza cristiana, a
tutti i livelli, dai più alti pronunciamenti ecclesiastici al
popolino, si espressero nella
dottrina e nella prassi, furono
responsabilità dei «padri»
non meno che dei «figli», furono quello che i «padri» insegnarono ai «figli», i «pastori» al loro «gregge». La reticenza del documento è tanto
più preoccupante, se si pensa
ai molti che penseranno che
con queste affermazioni si
siano «tirate le somme» e si
abbia «voltato pagina» Il
dramma della storia dell’atteggiamento cristiano nei
confronti di Israele è troppo
grande per essere risolto così.
Prima i protestanti
Iti Italia ha credito l’affermazione, tanto diffusa quanto infondata, che solo la
Chiesa cattolica abbia riconosciuto le sue colpe storiche* C’è chi enfatizza la posizione cattolica per apologia o
per polemica (anche contro il
pensiero laico), ma soprattutto vi è una sostanziale ignoranza (perché lo si ignora effettivamente o perché lo si
vuole ignorare) di ciò che avviene al di là del Vaticano, nel
resto della cristianità. Il fenomeno è particolarmente evidente sui mass media, a nessuno dei quali, per esempio, è
venuto in mente di proporre
dei servizi su come le altre
chiese affrontano il problema
delle colpe storiche; da noi, la
posizione degli altri cristiani è
tutt’al più una nota di colore.
L’organizzazione piramidale
della chiesa di Roma e la sapiente enfatizzazione massmediatica (accentuata in
questo Giubileo) di tutto ciò
che ha il papa come protagonista contribuiscono ad accentuare l’impatto di ogni discorso di Roma. Quando un
Sinodo evangelico si pronuncia, quello che afferma ha la
stessa valenza di un’enciclica,
nel senso che è la più alta affermazione che una chiesa
possa fare. Non lo dico per
polemica, ma perché è triste
che l’Italia sia privata di una
degli elementi importanti
della cultura europea che è il
franco confronto tra una pluralità di posizioni cristiane.
(1) Citato in: L. Accattoli,
Quando il Papa chiede perdono.
Tutti i mea culpa di Giovanni
Paolo II, Mondadori, Milano
1997, p. 20.
(2) Accattoli ne presenta 94!
(3) Commissione per i rapporti
religiosi con l’ebraismo: Noi ricordiamo: una riflessione sulla
Shoah. Roma, 16 marzo 1998, 3.
(4) Una significativa eccezione
è costituita dal citato volume di
L. Accattoli, che intitola il cap. 2
«Primi furono i protestanti» in riferimento a varie dichiarazioni
del movimento ecumenico.
DOMENICO TOMASEnO
IL titolo del Documento
della Commissione teologica del Vaticano «Memoria e
riconciliazione. La Chiesa e le
colpe del passato» prometteva molte cose, dice troppe cose e alla fine non convince affatto per le tante parole inutili, gli imbarazzanti silenzi e le
tenaci reticenze. Il titolo lasciava presagire che la chiesa
si confrontasse con le sue colpe del passato, ma il testo
parla soltanto e insistentemente delle colpe di alcuni
suoi «figli». Questa riduzione
del livello di responsabilità
dalla chiesa ai singoli, pur
comprensibile sul piano del
diritto penale, non convince
sul piano teologico, perché
alla fine porta all’autoassoluzione. Dal testo, inoltre, non
si riesce a capire se gli stessi
pontefici e il Sacro Collegio
siano «figli della chiesa» oppure una categoria di persone
intoccabili.
Eppure le intenzioni che
avevano ispirato il documento erano lodevoli: la chiesa,
che finora non l’aveva mai
fatto, confessa i suoi peccati
di duemila anni per p.oter
chiudere con il passato e iniziare il terzo millennio perdonata e libera. Ma questo,
che è un esercizio protestante, non è riuscito alla Chiesa
cattolico-romana. Visto che il
perdono si chiede a Dio, perché fare tanti distinguo su
eventuali azioni che oggi, in
un clima diverso, si potrebbero considerare peccato? A
Dio si chiede perdono del
proprio peccato che viene riconosciuto e confessato come tale. Senza una profonda
confessione, e senza pentimento, non c’è perdono.
II Documento conferma
l’impressione che non si sia
voluto coinvolgere la chiesa
Domenico Tomasetto
nel peccato di qualcuno dei
suoi figli; quasi che essa non
possa peccare. Eppure il famoso testo di Matteo 16, 18
dice espressamente che la
chiesa non sarà vinta dal male, e non che non possa peccare ed essere perdonata dal
suo Signore. La Chiesa è indefettibile per la fedeltà del
suo Signore, ma non è infallibile o senza peccato.
In tutto il documento manca una cosa sostanziale: quello che in termini teologici indichiamo come conversione e
in teririini storici come cambiamento delle strutture giuridiche e culturali che htmno
portato nel passato a sbagliare. Non si intravede nel documento alcun accenno a questa problematica eppure, per
non ripetere gli errori del passato, occorre portare dei cambiamenti al modo di pensare
e di vivere. Una richiesta di
perdono senza l’effettiva volontà di cambiamento costituisce soltanto un ottimo
spettacolo mediático, ma non
ha rilevanza nell’esistenza
teologica. Queste osservazioni nascono dalla delusione
che si prova nel vedere che il
risultato non corrisponde alle
intenzioni, una delusione da
aspettative tradite.
Per il mondo protestante tedesco
Un'occasione mancata
Reazioni caute da parte dei
protestanti tedeschi sulla
«Giornata del perdono», celebrata dal papa il 12 marzo in
Vaticano e preceduta dalla
pubblicazione del documento
«Memoria e riconciliazione: la
Chiesa e le colpe del passato».
Alcuni rappresentanti del
mondo protestante tedesco
sottolineano il fatto che la richiesta di perdono da parte
cattolica riguarda gli errori dei
«figli e delle figlie» della chiesa, ma non tocca la Chiesa
cattolica in quanto tale, che
vede se stessa come «sposa
immacolata» di Gesù Cristo.
Martin Schuck, portavoce
dell’Istituto protestante di
studi confessionali di Bensheim, ha dichiarato che non
vi sono indicazioni che facciano supporre che «Roma» si
stia avvicinando al punto di
vista protestante per cui la
chiesa, in quanto istituzione,
può commettere peccati. Il
Vaticano sostiene ancora il
dogma centrale per cui gli insegnamenti dei papi e dei
Concili sono infallibili. Inoltre, la genericità della confessione di peccato che non è arrivata a nominare esplicitamente fatti e persone, per
Schuck ha costituito «un’occasione mancata»: l’evento
annunciato, infatti, era di
grande rilievo e grande era
l’aspettativa, ma la realizzazione non è stata tale da fare
avanzare significativamente il
cammino ecumenico.
Secondo il direttore del Dipartimento teologico della
Chiesa evangelica tedesca
(Ekd), Hermann Barth, esiste
una «linea sottile» di demar
cazione fra l’ammissione di
colpa di singoli cristiani e la
santità della chiesa nella sua
interezza. In un commento
per l’agenzia evangelica tedesca «Idea», Barth ribadisce il
principio che i protestanti
ereditano dalla Riforma: non
solo i singoli membri della
chiesa, ma anche i suoi capi e
dunque la chiesa nella sua interezza può incorrere in errori e mancanze.
Secondo il pastore Christoph Morgner, presidente
della «Gnadau Union», la più
grande associazione laica di
area evangelicale in Germania, «è normale che un credente cristiano ammetta le
colpe e chieda perdono. La
credibilità della chiesa dipende dalla sua onestà». Il
pastore Morgner ha anche
affermato la necessità di un
nuovo approccio da parte
vaticana verso le chiese protestanti: un passo significativo sarebbe l’ammissione della piena uguaglianza delle
chiese e l’ospitalità di cristiani di altre chiese alla mensa
del Signore. (neu)
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4
PAG. 4 RIFORMA
Si è conclusa a Ranchi l'Assemblea del Consiglio nazionale delle chiese dell'India
Appello alle chiese dell'India
Il messaggio conclusivo deirAssemblea esorto le chiese a sviluppare i contatti con le altre
comunità religiose. Rafforzati i rapporti con lo Conferenza episcopale cattolica romana
L’Assemblea del Consiglio
nazionale delle chiese dell’India, che si è svolta a Ranchi dal 2 al 6 marzo scorsi, si
è conclusa con un appello alle chiese di questo paese
multiconfessionale ad essere
più «aperte» nei loro rapporti
con altri gruppi religiosi: «La
chiesa è chiamata ad adoperarsi senza tregua a sviluppare la comprensione reciproca
con i membri di altre confessioni», afferma il messaggio
ufficiale. D’altra parte, il
messaggio esorta le chiese a
lottare contro il fanatismo
indù e contro il rafforzamento del sistema di caste.
In vista di rafforzare la cooperazione ecumenica, il Consiglio (29 chiese membro,
protestanti e ortodosse, con
un totale di 10 milioni di cristiani) amplierà i suoi contatti con la Conferenza episcopale dell’India, la quale rappresenta 16 milioni di cattolici. «L’obiettivo della chiesa
per il prossimo millennio è di
essere una comunità aperta»,
ha detto Vinod Peter, vescovo
della Chiesa dell’India del
Nord che è stato eletto presidente del Consiglio per un
mandato di quattro anni. Peter ha dichiarato che «noi, le
chiese, dovremmo avere rapporti costanti con altre comunità, in particolare nell’attuale contesto». Alludeva alla
propaganda e alla violenza
dirette contro cristiani, in
particolare da parte di fondamentalisti indù, alcuni dei
quali sarebbero legati al governo federale e ai governi
regionali.
I cristiani rappresentano
solo il 2,32% degli abitanti
dell’India (un miliardo di
persone). L’India conta varie
comunità religiose, ma la più
forte è quella indù, che rappresenta l’80% della popolazione. Riconoscendo che i
cristiani hanno rapporti «individuali» con membri di altre religioni, il vescovo Peter
ha sottolineato che «a livello
della comunità, e fra i responsabili religiosi, c’è stata
poca interazione». Di conseguenza, i gruppi religiosi rimangono «isolati» gli uni dagli altri, e «impregnati delle
loro divergenze». Le comunità religiose devono avviare
il dialogo con altre religioni
«per comprendere e trovare i
punti comuni sui quali possiamo concordare. Questo è
diventato una necessità perché le forze fondamentaliste
diventano più aggressive - ha
detto Peter -. Non basta fare
la cosa giusta, occorre anche
essere capiti correttamente».
Il messaggio qualifica le recenti accuse secondo le quali
le chiese praticano «conversioni forzate» di «semplice
spaventapasseri e di copertura per terrorizzare la chiesa e
impedirla di occuparsi dei
poveri e di difendere la loro
dignità e i loro diritti». Le violenze contro cristiani commesse da fondamentalisti
indù danno alla chiesa l’occasione di «testimoniare la fede», sottolinea il messaggio
che sarà tradotto in una ven
tina di lingue e distribuito
nelle chiese. Il messaggio
esorta inoltre le chiese a «impegnarsi q combattere gli
sforzi di fondamentalisti indù
che mirano a ripristinare l’egemonia delle caste superiori» rispetto alle caste inferiori
e alle popolazioni emarginate
della società indiana.
Il presidente uscente del
Consiglio, il laico luterano K.
Rajaratnam, ha ammonito i
delegati dicendo che «non
dobbiamo scambiare gli attacchi contro di noi come
semplici attacchi contro una
comunità minoritaria. Sono
attacchi contro il fondamento laico della nazione da parte di forze opposte alla secolarizzazione e alla giustizia
sociale». Una risoluzione
adottata dai partecipanti
esorta le chiese ad associarsi
con «gruppi di difesa dei diritti e dei movimenti laici per
rimuovere gli ostacoli posti
dai fondamentalisti indù».
Come prima tappa sulla via
del «riavvicinamento e della
cooperazione» con la Chiesa
cattolica romana, il Consiglio
ha deciso di spostare gli uffici
del segretario generale e delle
commissioni della comunicazione e degli affari nazionali da Naggar, in India centrale, a Nuova Delhi, la capitale, dove la Conferenza episcopale ha la propria sede.
L’Assemblea ha inoltre deciso di esaminare la possibilità
di organizzare una Conferenza dei vescovi e dei responsabili di chiesa per le chiese
membro del Consiglio, in vista di facilitare i rapporti tra i
responsabili. «Io sono un laico. È un dato di fatto che un
organismo di vescovi ispira il
rispetto fra i cristiani e agli
occhi del mondo intero», ha
fatto notare Rajaratnam, presentando la proposta che è
stata approvata dall’Assemblea. Mentre il Consiglio nazionale delle chiese dell’India
rimarrà il principale organismo amministrativo, la Conferenza dei vescovi e responsabili di chiesa sarà, precisa
la risoluzione, un forum che
permetterà di dibattere le
preoccupazioni comuni a
tutti i cristiani. (eni)
Donne Dalit in India: misere e disprezzate
(Foto Michel Egger, Terre Nouvelle)
. ■ Dichiarazione congiunta sulla giustificazione: un contributo del vescovo Koppe
Le chiese d'Europa a duemila anni dalla nascita di Cristo
Pubblichiamo, in due puntate, l’intervento pronunciato
dal vescovo luterano tedesco
Rolf Koppe a Milano, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
ROLF KOPPE
Desidero ringraziare la
curia arcivescovile di
Milano per l’invito al dialogo
ecumenico in occasione della
Settimana di preghiera per
l'unità cristiana. 11 tema mi
dà l’occasione di illustrare
con alcuni esempi i molteplici rapporti ecumenici che la
Chiesa evangelica in Germania contribuisce a realizzare.
Inizio con la constatazione
che, a cominciare dalla svolta
politica in Europa di dieci fa,
¡’orizzonte ecclesiale si è
esteso in direzione dell’Europa centrale e orientale. Certo,
anche nei 30 anni precedenti
c’era una Conferenza delle
chiese europee che comprendeva i protestanti, gli anglicani e gli ortodossi, ma essa si limitava a occasionali
incontri dei dignitari ecclesiastici. Soltanto le assemblee
ecumeniche di Basilea nel
1989 e di Graz nel 1997, che
furono indette in comunione
con la Conferenza episcopale
cattolica d’Europa hanno
convinto il popolo di Dio che,
al di là dei confini geopolitici
e confessionali, esiste un im
pegno comune: testimoniare
il Vangelo e lavorare per la riconciliazione. Non penso di
esagerare se dico che, sotto
l’aspetto spirituale, etico ed
ecclesiologico, questi grandiosi incontri offrono le migliori premesse per superare
in questo secolo le scissioni
della chiesa dell’XI e XVI secolo. Non nel senso di un
semplice ritorno al tempo di
1.000 anni fa ma così che le
differenze si appianino insieme, che le affinità emergano
e che le deformità vengano
considerate e giudicate un
arricchimento piuttosto che
delle eresie.
La dichiarazione congiunta
E con ciò vengo all’awenimento che anch’io ho vissuto
ad Augusta il 31 ottobre 1999:
la solenne sottoscrizione della dichiarazione congiunta
sulla dottrina della giustificazione tra la Chiesa cattolica
romana e la Federazione luterana mondiale. È stato un
grande momento dell’ecumenismo allorché, prima il
cardinale Cassidy e il vescovo
Krause, poi il segretario generale Noko e il vescovo Kasper posero la loro firma sotto il documento e poi si abbracciarono. Ciascuno che
come testimone era presente
nella chiesa Sant’Anna ha
sperimentato lo spirito di riconciliazione che rende pos
sibile un nuovo inizio. Nel
frattempo papa Giovanni
Paolo 11 ha ricevuto in udienza privata il presidente della
Federazione luterana mondiale, il vescovo Christian
Krause; con ciò egli ha fatto
capire quanto importante sia
questo passo per la Chiesa
cattolica romana e che ora,
per ambedue le parti, si pone
ia grave questione di come
sia possibile andare avanti.
Prima di addentrarmi nell’argomento, desidero informarvi che non soltanto le
chiese luterane ma tutte le
chiese della Riforma in Germania, quindi anche le chiese riformate e quelle unite,
hanno fortissimo interesse
nei successivi sviluppi. In
una presa di posizione di tutte le direzioni delle chiese
deiril ottobre 1999 si dice:
«Per la prima volta dalla
Riforma in poi, con la Dichiarazione congiunta e i documenti aggiuntivi si è raggiunto il risultato che le chiese, da
allora separate, fanno delle
dichiarazioni comuni rispetto a quella dottrina che un
tempo fu il punto di partenza
per la spaccatura dell’unità
della chiesa occidentale. Le
condanne dottrinali che si riferiscono alla dottrina della
giustificazione hanno con ciò
perso la loro efficacia disgregatrice della chiesa». Inoltre
viene detto: «Ciò che ora è
stato raggiunto non significa
ancora la realizzazione di
una comunione ecclesiale.
Questo però ne può diventare una importante premessa,
se viene conseguentemente
utilizzato per il successivo lavoro sui temi ancora controversi che la stessa Dichiarazione congiunta indica: in
particolare il rapporto tra la
parola di Dio e l’insegnamento della chiesa, come pure la
dottrina sulla chiesa, sulla
sua unità, sul ministero ecclesiastico, sull’autorità nella
chiesa e sui sacramenti». Io
mi limito alle poche citazioni
tratte dall’alquanto lungo documento, nonché al passo finale in cui si dice: «11 successivo dialogo tra le chiese della Riforma e la Chiesa cattolica romana deve tendere a tal
punto che le chiese interessate si riconoscano reciprocamente come chiesa di Gesù Cristo. Secondo il nostro
convincimento, ciò che è già
stato raggiunto rende possibile che esse invitino reciprocamente alla partecipazione alla Santa Cena. La
Chiesa evangelica luterana
unificata di Germania e la
Conferenza di Arnoldshain
(cioè le chiese unite in Germania) hanno espresso tale
invito già a metà degli Anni
70. Noi confermiamo oggi
questo invito».
(1 - continua)
Il canale del Nyengo in Zambia, progetto sostenuto dalla Cevaa
La Cevaa informa
Posti da coprire
FRANCO TACUERO
U
NO degli obiettivi della Cevaa è quello di creare, tra le
.... .
diverse chiese membro, un effettivo scambio per
mezzo di persone che vanno e vengono, scoprono e cercano di capire le culture altrui senza rinunciare a tradurre
per gli altri l’essenziale delle loro. Uno dei modi possibili
oggi per comunicare l’Evangelo nel mondo consiste proprio nel riuscire a scardinare le barriere e ad aprire vie di
comprensione degli uni e degli altri. Tra le varie forme di
scambio di persone ci sono la visita reciproca di gruppi
parrocchiali (giovani, donne, pastori, ecc.) e l’inyio di professionisti secondo progetti predisposti dalle chiese richiedenti. Meno praticabile è l’invio o lo scambio di persone
volontarie per brevissimi periodi: normalmente queste opportunità incontrano reali difficoltà di inserimento nel
contesto delle culture, delle chiese o delle opete diaconali
e il più delle volte lo scambio non incide né sulla persona
inviata né sull’opera che la accoglie.
Nella Cevaa non si parla di invio di personale, di impiegati, da una chiesa all’altra ma di scambio di persone.
All’epoca delle «Missioni» queste persone erano chiamate
«missionari», si trattava soprattutto di pastori, insegnanti e
medici. Oggi queste persone si chiamano semplicemente
inviati. Si tratta di inviati da una chiesa a un’altra e questa
è chiamata ad accoglierli e accompagnarli durante il periodo contrattuale (4 anni).
Ogni anno la Cevaa compila una lista di posti per la ricerca delle persone idonee alle necessità locali. Le chiese
membro hanno l’incarico di ricercare e presentare dei candidati ritenuti adatti per dare la loro opera. Questi candidati, forniti obiettivamente di competenze professionali, vengono selezionati in base alla loro motivazione personale, al
loro impegno spirituale, alla loro capacità di adattamento; i
prescelti vengono poi presentati alla chiesa di accoglienza e,
dopo un breve corso di formazione, iniziano la loro opera.
La Cevaa prende in carico il salario degli inviati, salvo casi
particolari, e li copre finanziariamente in casi di necessità.
La chiesa che li accoglie deve provvedere alla loro sistemazione (alloggio, automobile di servizio se prevista, ecc.).
Per l’anno prossimo la Cevaa ha aperto la presentazione
delle candidature per 1 seguenti posti (i contratti durano
sempre 4 anni rinnovabili, è neces.saria la conoscenza della
lingua francese, salvo casi specifici).
- Un medico oftalmologo per l’ospedale di Dabou (Costa
d’Avorio). Settembre 2000, Chiesa metodista della Costa
d'Avorio. Se non fosse reperibile un oftalmologo sarebbe
ben accetto anche un ginecologo.
- Un professore in Antico Testamento per Flstituto superiore di teologia protestante di Porto-Novo (Benin); si tratta
di un luogo di formazione teologica regionale e interconfessionale delle chiese francofone dell’Africa dell’Ovest. Settembre 2000, Chiesa metodista del Benin.
- Una formatrice in economia sociale e famigliare per la
Facoltà di teologia protestante di Yaoundé (Camerún),
presso la quale è aperto un centro di formazione di mogli
di studenti in teologia. Settembre 2000, Chiesa battista del
Camerún.
- Un pastore per la parrocchia interculturale del Vecchio
tempio di Numea (Nuova Caledonia). Gennaio 2001, Chiesa
evangelica di Nuova Caledonia e delle Isole della Lealtà.
- Un tecnico industriale per il Cafrad (centro di animazione, formazione e appoggio allo sviluppo di Duala, Camerún). Setteml^re 2000, Chiesa evangelica del Camerún.
- Un amministratore-contabile per l’Azione apostolica
comune nel Nyengo. Impiego immediato, contratto di soli
due anni. Necessaria la conoscenza della lingua inglese.
Chiesa unita di Zambia.
- Un assistente del segretario generale della Ceta (Conferenza delle chiese di tutta l’Africa). Settembre 2000, residenza a Nairobi (Kenya).
- Un medico generalista per l’ospedale di Chicumbane
(Mozambico). Settembre 2000, Chiesa presbiteriana del Mozambico (l’ospedale appartiene allo stato mozambicano).
- Un agronomo (anche veterinario) per una industria di
formaggi a Ambatomanga (Madagascar). Settembre 2000,
Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar.
- Un insegnante di matematica e fisica per il Collegio protestante della Chiesa metodista del Togo. Settembre 2000.
- Un pastore per la parrocchia cinese di Papeete (richiesta la conoscenza della lingua cinese). Settembre 2000,
Chiesa evangelica della Polinesia francese.
- Un medico radiologo per l'ospedale protestante di p^'
bou (Costa d’Avorio). Settembre 2000, Chiesa metodista
della Costa d’Avorio.
Le candidature italiane, comprensive di curriculum e accompagnate da una lettera di presentazione del moderatore della Chiesa evangelica valdese-Unione delle chiese vaidesi e metodiste, vanno inviate alla Cevaa, 13, rue Louis
Perrier, 34011 Montpellier (Francia).
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MARZO 2000
PAG. 5 RIFORMA
Palazzo strozzi a Firenze un'importante mostra dedicata a Joan Mirò
sguardo usviante» sul mondo esterno
Saetti, figure umane e animali ricondotti a tratti gioiosi, trovano una carica espressiva
Wlascia costernati come di fronte all'opera della creazione. La solarità della Provenza
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nell’intento di essere
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5i rispettarne storia e prestido con la grande, affascinanfeinostra di loan Miro. La
mostra, aperta fino al 25 aprih si pone come un’occasiostraordinaria per riscopri« quella che i critici chiama) la vitalità ludica e visionali della produzione artistica
jMirò fra gli Anni 60 e 70, in
tretta collaborazione con la
Fondazione Maeght di Saintpaul-de-Vence: cento opere
jrdinate nelle dieci sale riservate alla mostra senza un
Lano cronologico ma con
^de attenzione alle capaià espressive, agli equilibri
ital dialogo fra le sculture, i
'ipinti e i gouaches del gran¡emaestro catalano. L’intero
alestìmento cerca di mettere
aconfronto gli spazi rinascimentali con la creatività del
segno, del colore, dell’invenàone e della reinvenzione di
forme dell’artista che è certamente da riconoscersi co,iieuna delle più forti personalità artistiche del secolo
,trascorso.
È un momento magico e
felice di Mirò quello dei tanti
lìtotm della Femme et oiseau
(19671, di Sa Majesté (1967
68) 0 àeWHorloge du vent
(1967). I curatori della mostra
hanno assemblato le forme
più diverse della quotidianità, còme il forcone, il cucchiaio, la zucca, la carapace
della tartaruga.
Assistiamo, a mezzo fra lo
sbigottimento, lo stupore da
scandalo, la curiosità infantile di sagome, arabeschi, piccole forme sospese nel vuoto, ai segni ideogrammi del
periodo surrealista; si sprecano le grandi macchie di
colore, gli schizzi, le colature,
gli elementi astratti che ci
colgono con imprevisti, con
casualità. Molte opere sono
chiamate personaggi con uccelli e se gli uccelli sono
spesso difficilmente riscontrabili veristicamente, non
possiamo fare a meno di
pensare che Mirò è un perso
naggio che rincorre la legge
dell’abbandono incondizionato all’atto della creazione.
Le opere esposte nella collezione rivelano le preoccupazioni di un creatore-artista
che ha sempre tenuto a manifestare, in ciascuna modalità
espressiva, una ricerca permanente di sogno, di intuizione, di stupefacente espressione, al limite dell’incongruo,
dell’inconsueto, della gridata
novità, tentando ogni strada,
ogni gesto, ogni pazzia della
mente. Eppure i mezzi usati
da Mirò sono ridotti al minimo: un pallone sgonfio, uno
sgabello per mungere, un rubinetto. Tutto viene narrato
con poche cose, in cui si trova
l’essenziale, nel supremo interrogarsi di un uomo che
esprime l’umiltà della vita.
Il termine che viene in
Alcuni scritti dell'artista
Grandi pannelli in prosa, sempre all’interno della mostra,
ci aiutano a scoprire e ad apprezzare tanta creatività d ingegno. «Le cose più semplici - scrive l’artista - mi suscitano
idee. Lfn piatto in cui un contadino mangia la sua minestra;
preferisco questo ai piatti ridicolmente ricchi dei ricchi».
Oppure: «Mi sento sconvolto quando vedo, nell immensità
del cielo, la falce della luna o il sole». E ancora: «Lavoro come un giardiniere o come un vignaiolo. Le cose arrivano
lentamente. Per esempio il mio vocabolario di forrne. non
l’ho scoperto tutto in una volta. Si è formato quasi mio malgrado (...). La materia, lo strumento mi dettano la tecnica, il
mezzo per dare vita a una cosa (...). L incontro fra lo strumento e la materia produce una scossa che è qualcosa di vivo e che, io penso, si ripercuoterà sullo spettatore».
mente è déroutant, sviante,
fuori strada, fuori dagli schemi mentali. Ma è proprio
questo sentimento che, anche in un credente che percorre la mostra, affascina:
l’uomo creatore a somiglianza di Dio creatore, figlio e figlia di Dio che batte sentieri
imperscrutabili come riflessi
di follia del Regno, di salto
della fede, come insondabile
ed eterno è stato il gesto che
ci ha generati e redenti. «Egli
- dice Giobbe (9,10) - fa cose
grandi e imperscrutabili». Ecco i pensieri che a un credente possono venire in mente
osservando Busto di donna
(1967), Donna sola (1967),
Donna e insetto (1968), Testa
nella notte (1968), Donna cane (1970), Costellazione silenziosa (1970), La carezza di un
uccello (1967), Donna seduta
con bambino (1967), Nascita
del giorno (1964), Il canto della prateria (1964).
E già il fatto di trasporre «il
labirinto di sogni di Joan
Mirò» dalla suggestione dei
locali della Fondazione Maeght giocata tutta sulla solarità
mediterranea della Provenza
in un severo e grigio palazzo
fiorentino è un successo per
l’immaginazione e merita
una visita e un incantamento. All’uscita ti viene da andare a rileggere per meditare, in
Romani 1, 21, «la creazione
stessa sarà anch’ella liberata», oppure in Isaia 40, 28;
«L’intelligenza dell’Eterno è
imperscrutabile».
Joan Mirò: «Uccello nella notte» (1968)
I Messina: iniziativa della Chiesa valdese e del Centro antiviolenza
Aiutare le donne a uscire dalla trappola del silenzio
lENS SIELMANN
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LUNEDI 14 febbraio si è
tenuto l’incontro dibattillo organizzato dalla Chiesa
(valdese di Messina insieme al
iCentro donne antiviolenza
;|Cedav) nella sala giunta del
¡Comune con una buona partecipazione di pubblico. Nonostante il terna sia stato
teoito ampio («Uscire dal silenzio. La violenza alle donane: la situazione, le radici, le
(vie d’uscita.Verso una formainone nonviolenta»), le quatItto relatrici sono riuscite a
ipiesentarlo in tutta la sua
iWpiezza. Prima è toccato
¡eU'aw. Carmen Currò, presidente del Cedav di Messina,
disegnare un quadro del lavoro del Cedav e illustrare
(dalla sua ottica la situazione
(delle donne nella nostra città,
jd Cedav è il segno visibile che
iStmai si è passati dalla fase
della protesta verbale alla fase della politica del fare. Lo
istrumento più importante
IPer il lavoro è il telefono con
'Sui vengono stabiliti i primi
'sontatti con le donne in diffil^ultà. Poiché la questione
della violenza alle donne è
■Urtemente di stampo e fondamento culturale il problejUapiù grande è che sono so*e poche le donne che denunciano la violenza subita,
^ancora troppo ampio il raglio del silenzio. 11 lavoro da
è quindi fortemente forjuativo per rompere la cultu®«el silenzio e creare dei
percorsi formativi a scuola e
in altre istituzioni per prevenire la violenza. L’obiettivo
come Cedav è poi creare anche una rete che possa coprire tutto il territorio nazionale.
La dott.ssa Maria Grazia
Giammarinaro, responsabile
dell’ufficio legislativo del ministero delle Pari opportunità, ha contribuito all’arricchimento della conferenza
analizzando la questione in
modo fiiosofico-giuridico; la
violenza alla sua radice è uno
strumento di dominio, in
questo caso dominio dell’uomo sulla donna. In fondo la
questione della violenza alle
donne ci fa capire come funziona la società. La violenza
alle donne si situa nell’ambiguità fra normalità e trasgressione: normalità in quanto la
stragrande maggioranza dei
casi in cui le donne subiscono la violenza succede fra le
quattro mura della propria
casa. Sono padri, mariti, conviventi, fidanzati ed ex fidanzati a maltrattare la donria e
così proprio il luogo da lei ritenuto sicuro, la propria casa,
diventa luogo di soffe<*tìza.
Nel campo della punizione
sono certamente stati faiÉI'^fei
passi in avanti perché teiiliilenza viene vista non piti come reato contro la morale ma
come offesa dei diritti iteUa
donna quindi reato contro la
persona. Dopo una valutazione della legge del 1996, che
certamente ha portato avanti
il diritto delle donne in quan
Da sinistra Grazia Castorina, Jens Sieimann, Carmen Currò, Erika
Tomassone, Maria Grazia Giammarinaro
Chiesa metodista di Parma
Identità e democraxia
problemi della modernità
Per la
pubblicità
su
tei. 011-655278, fax 011-657542
to ha segnalato la gravità del
problema, Giammarinaro ha
analizzato le prospettive. Il
lavoro da fare è soprattutto
un lavoro a livello culturale. Il
nodo da sciogliere è rompere
la norma che la sessualità
femminile abbia solamente
da accontentare la sessualità
maschile.
La psicoioga Grazia Castorina è partita da un’analisi
statistica. 1/3 delle donne è
stata vittima di violenza durante la sua vita. Il gruppo
più a rischio sono però i
bambini fra 4 a 6 anni. La
violenza è espressione di una
«asimmetria di potere», cioè
uno dei soggetti non può
esprimere il suo desiderio e
dipende completamente dall’altro. Nel caso della violenza contro le donne l’asimmetria parte dal problema del
genere, è quindi all’origine
un problema sessuato prima
di diventare sessuale. Il lavoro psicologico da fare si svolge in diverse fasi: investire
progressivamente nel mondo
reale (la donna vittima di violenza domestica si crea molto
spesso un mondo in cui vede
la violenza come modo di
esprimere affetto. Questo
spostamento della realtà deve essere elaborato e la don
na deve sviluppare un senso
«reale» della realtà); elaborare il senso di colpa; uno dei
problemi più massicci è la
decisione di dover cambiare
radicalmente l’impostazione
della propria vita. Questo atto certamente porta a dei
grandi sentimenti di colpa
che devono essere elaborati;
elaborare il lutto per legami
che si chiudono; profilare un
futuro sostitutivo.
Secondo Erika Tomassone,
pastora e direttrice del Servizio cristiano di Riesi, il problema di fondo è un problema dei diritti delle donne
quindi una questione di difesa dei diritti. Parlando di comunicazione, relazione, diritti e potere in ambito della
problematics, Tomassone
conclude che nel percorso
verso una formazione nonviolenta devono essere coinvolti anche gli uomini in
quanto il problema della violenza alle donne è problema
fortemente culturale: devono
quindi essere sconfitte la cultura della violenza e dell’antagonismo per sviluppare
una visione di vivere dei rapporti in modo nonviolento.
Dopo le relazioni rincontro
si è concluso con un ricco e
vivace dibattito.
Al Centro di cultura «Giovanni Ferreri» della chiesa
metodista di Parma si è tenuto il 2 marzo un incontro sul
tema; «Identità e democrazia:
come tenerle insieme?», introdotto da Elena Bein Ricco.
L’iniziativa, a cui seguirà il 7
aprile una conferenza del
prof. Sergio Rostagno sull’etica, rientra in una serie di incontri di studio aperti alla cittadinanza, promossi dal past.
Massimo Aquilante sul tema
«teologia e società».
La relatrice ha iniziato la
propria riflessione facendo
un paragone tra il modo moderno e quello postmoderno
di pensare la storia. Nel primo prevale una visione ottimistica del corso storico, inteso come una «grande narrazione» segnata dal progresso e orientata verso un futuro
migliore: ne sono esempi le
filosofie della storia dell’Illuminismo, dello storicismo
hegeliano e del marxismo, il
più grande «racconto emancipativo» che l’Occidente abbia prodotto. Nel secondo,
invece, la storia appare come
una vicenda dominata in
gran parte dall’insensatezza e
dal caso, come un viaggio
senza meta, che non ha più
finalità e non sembra andare
da nessuna parte.
La crisi della visione moderna della storia ha una vistosa ricaduta sul modo di
concepire la politica; ai grandi progetti di costruzione di
una «città futura», alla grande
politica capace di suscitare
passione e impegno collettivo, sembra subentrare oggi la
politica dei piccoli passi, della semplice amministrazione di ciò che è, senza tensione ideale. Segnali di questo
«rimpicciolimento» della politica e della disaffezione a essa sono sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare al crescente fenomeno dell’assenteismo
elettorale o al fatto che il confronto politico tende a diventare un confronto/scontro tra
persone, il cui carisma si misura sempre meno sulle idee
e sempre più sulle doti esteriori, enfatizzate dai mass
media, o infine il ricorso frequente ai sondaggi e ai referendum con i quali la «gente»
è chiamata a esprimere un
consenso più emotivo che ra
gionato. Ma in questo modo
vengono meno il dibattito e
lo spazio pubblico del riconoscimento di sé, e di conseguenza gli individui sono indotti, da un lato, a ripiegarsi
nel privato, in un atteggiamento di passività e di deresponsabilizzazione e, dall’altro, a cercare altri luoghi di
identificazione, all’insegna
dei localismi e delle appartenenze particolari, con il pericolo che il tessuto civile, nelle
nostre società sempre più
esposte alla sfida del multiculturalismo, si frammenti in
una pluralità di comunità
chiuse in se stesse e potenzialmente in conflitto tra loro.
Che fare di tutto questo?
Per rispondere a tede interrogativo, secondo la relatrice,
occorre riproporre e riattualizzare alcune parole chiave
della modernità, che non deve essere intesa come un’epoca storica ormai trascorsa,
ma come un progetto ancora
incompiuto e come una riserva di idee cui attingere. Si
tratta di rilanciare la politica
per far sì che la democrazia
non scada a pura procedura,
ma si basi su un insieme di
principi di giustizia e di valori
politici, primo fra tutti quello
dell’uguale cittadinanza, che
non è ancora stata raggiunta
neppure nelle democrazie occidentali, in cui non tutti sono in condizione di esercitare
in modo effettivo le libertà individuali e collettive. Un’altra
idea guida rilevabile dall’intreccio tra la modernità e il
protestantesimo, da far valere
oggi per fronteggiare la sfida
del multiculturalismo, è quella del patto laico tra gli individui-cittadini, i quali si confrontano nel dibattito pubblico allo scopo di giungere a un
accordo che definisca le norme comuni e i principi politici della convivenza democratica, che ognuno deve impegnarsi a osservare al di là della propria appartenenza.
E seguito un interessante e
denso dibattito, in cui da più
parti si è rilevata l’urgenza di
ripensare la politica nei termini di un’assunzione di responsabilità per una migliore
conduzione della polis e per
promuovere quel senso dello
stato di cui l’Italia è tuttora
carente, (g.p.r.)
1 11
6
PAC. 6 RIFORMA
Una pregevole ricostruzione dello sterminio dei valdesi a opera dell'Inquisizione
In Calabria la «San Bartolomeo italiana»
Lo storico Pierroberto Scaramella descrive le varie campagne di repressione che ebbero
luogo nello seconda metà del '500: escluso l'abiura, restavano solo l'esilio o il martirio
EMIMO CAMPI
DOPO il pregevole saggio
del 1995 Con la croce al
core. Inquisizione ed eresia in
Terra di Lavoro Pierroberto
Scaramella è tornato al suo
prediletto argomento, ossia
gli studi di storia ereticale sul
Mezzogiorno d’Italia nel secolo XVI, spostandosi dalla
Campania alla Calabria. Il
nuovo studio* è un vero
gioiello di ricostruzione storica degli effetti di quella che
Giovanni Miccoli ha definito
«l’unica repressione di massa
della Riforma italiana» e Salvatore Caponetto ha chiamato felicemente la «San Bartolomeo italiana». Giova ricordare che dietro queste formule storiografiche si cela
una tragica realtà. Nel giugno
1561, con vere e proprie operazioni militari, che nel nostro linguaggio moderno
chiameremmo atti di genocidio, intere comunità contadine, da secoli pacificamente
inserite nella società locale,
vennero letteralmente sterminate dai fanti spagnoli inviati dal viceré di Napoli. Nella pressoché totale assenza di
fonti, le valutazioni del numero delle vittime oscillano
da un massimo di 6.000 a un
minimo di 600 (p. 85). Alle
esecuzioni bisogna comunque aggiungere i caduti negli
scontri armati e i morti nelle
carceri. Giova inoltre ricordare che si tratta di un caso locale di un problema generale
della storia italiana del Cinquecento-Seicento.
Il caso locale è quello dei
valdesi di Calabria. Il problema è quello della repressione
da parte dell’Inquisizione
delle minoranze religiose. Gli
effetti di quelle campagne di
sterminio incisero sulla coscienza italiana del tempo,
assurgendo a fattore tutt’altro che secondario dell’intero
modo di porsi dinanzi alla •
«nuova fede», in quanto là
dove si escludeva l’abiura o la
dissimulazione non restava
che l’assurdo dilemma tra la
La notte di San Bartolomeo nel 1572
fuga e il martirio. Non è quindi ozioso spigolare nella congerie di documenti coevi e
successivi a quei drammatici
avvenimenti che funestarono
la Calabria.
Il volume è un complemento prezioso del mosaico
di scritti che, pur da divergenti punti di vista, si è venuto costruendo dal XVI secolo
a partire dall’Historia delle
grandi e crudeli persecutioni
redatta da Scipione Lentolo,
passando per Paolo Sarpi e
Jacques-Auguste de Thou, fino a Pietro Giannone e Luigi
Amabile. Negli scorsi decenni
questo mosaico ha avuto i
suoi tasselli più cospicui nei
lavori di Jean Gönnet e di Enzo Stancati. Quasi tutti questi
lavori si sono soffermati o
sulla pratica cultuale e le credenze della minoranza valdese precedenti all’eccidio, oppure sulla descrizione dei
tragici massacri, ignorando
perlopiù la sorte dei «riconciliati», come venivano chiamati eufemisticamente i sopravvissuti. Viceversa, la domanda che fa da filo conduttore dell’indagine di Scaramella è la seguente: «Esiste la
possibilità di cogliere, nei sopravvissuti, coordinate oggettive che li differenziavano
e caratterizzavano ancora socialmente e culturalmente? Si
può parlare della loro fede
tradizionale. E se la risposta è
positiva, quale è il significato
specifico dell’accusa di simulazione che venne a più riprese rivolta agli ultramontani...?» (p. 11).
Con mano abile l’autore introduce il lettore nel mondo
delle minoranze religiose in
Calabria, tra cui oltre ai vaidesi figura anche la chiesa di
rito greco-ortodosso. Un pezzo forte del volume è la presentazione dei modelli e delle
strategie inquisitoriali. Scaramella non si atteggia a giudice arcigno e non pronunzia
sentenze né di condanna né
di assoluzione. Ma proprio
perché è un modello di comprensione storica, il lettore è
indotto a riflessioni piuttosto
deprimenti: i poveri diavoli di
contadini valdesi, che fino al
1558 avevano potuto sopr~vvivere grazie alla protezione
del barone locale. Salvatore
Spinelli, diverranno ben presto merce di scambio per testimoniare la fedeltà di questi
verso la corona spagnola e la
chiesa di Roma, strettamente
uniti nella battaglia anticlericale. Le misure repressive e le
stragi del 1561 saranno il
banco di prova di questa
stretta collaborazione in Italia
meridionale, con la messa a
punto delle rispettive competenze. Ciò porterà a una stretta di freni che ridurrà al minimo i margini entro cui i calabrovaldesi potranno muover
Una sede definitiva nei locali comunali di Vercelli
Le traversie della lapide dedicata a Dolcino
MASSIMIUANO ZECNA
A fra’ Dolcino qui in
Vercelli dalla tirannide
sacerdotale attanagliato ed
arso il primo giugno 1307 per
aver predicato la pace e l’amore fra gli uomini oggi che
l’antica speranza rivivente
nei secoli sta con la nuova
era per diventare realtà». Parole incise sulla pietra per
tramandare la testimonianza
di una giustizia tradita; la lapide, realizzata nel 1907 da
esponenti del movimento
operaio vercellese è stata ricollocata, dopo varie vicissitudini, sabato 4 marzo scorso
nell’androne dell’ex monastero di santa Chiara (oggi sede dell’assessorato alla Cultura) alla presenza del sindaco Gabriele Bagnasco, di lavo Burat, presidente del Centro studi dolciniani e dell’on.
Francesco Maselli.
La vicenda della lapide nata a seicento anni esatti dal
martirio di fra Dolcino è molto travagliata: collocata nella
abboramenti
inferno
estero
sostenitore
L. 10,000
l. 20.000
L. 20.000
casa del popolo di Vercelli,
abbattuta agli albori del fascismo, scompare per parecchi anni. Viene ritrovata, nel
1988 in una soffitta e subito
alcuni esponenti politici e religiosi, tra cui lo stesso Burat,
chiedono la ricollocazione in
una sede idonea. Evidentemente la frase che si legge
nella lapide provoca non poche polemiche per un suo ritorno in pubblico e la stessa
Soprintendenza alle belle arti
rifiuta la proposta di collocazione presso la chiesa metodista (tale chiesa non è riconosciuta... erede dell’eretico
Dolcino). Dopo innumerevoli
interrogazioni comunali e
parlamentari si arriva alla decisione ai primi di marzo del
2000 di murare la lapide
nell’androne del municipio
di Vercelli per una sua collocazione definitiva.
Nuove polemiche investono l’amministrazione comunale che in un’ulteriore decisione opta per la collocazione nell’assessorato alla Cultura (l’ex monastero di santa
Chiara) la famosa lapide. E
così un nutrito gruppo di
evangelici, dolciniani, antifascisti, si ritrovano sabato 4
marzo alla nuova inaugurazione, attorniati da un drappello di fotografi e giornalisti
che si attendono qualche
nuova polemica. Ma polemiche non ve ne sono più sia
perché la nuova collocazione
soddisfa gli stessi dolciniani
sia perché Burat e Maselli
pongono l’accento su quella
parte della frase che ricorda
fra Dolcino come predicatore
di pace e di amore fra gli uomini. «Può sembrare strano afferma Burat - ma il movimento apostolico non è nato
come movimento guerrigliero ma pacifista. Poi è stato
costretto ad imbracciare le
armi per difendersi dagli attacchi nemici».
Questa lapide, sottolineano
Burat e Maselli, è un invito a
ritrovare oggi che «la nuova
era sta per diventare realtà»
quello spirito di fratellanza
predicato da Dolcino. E Tavo
Burat, per concludere una
cerimonia che lo vede profondamente commosso, desidera anche commemorare
Gherardino Segalelli di Ozzano Taro, nel Parmense, che
con i suoi sermoni, la sua vita
in povertà, le sue poesie da
giullare ha predicato il ritorno a una chiesa primitiva.
Per questo motivo fu arso al
rogo nell'anno del primo
grande giubileo, il 1300, a
Parma. «Oggi fortunatamente
i poeti e i giullari vincono il
Premio Nobel, allora venivano bruciati vivi».
si e significherà l’agonia delle
comunità dal punto di vista
religioso. In modo speciale, le
pagine dedicate all’intervento
repressivo dell’Inquisizione
romana e alla ricostruzione
delle sopravvivenze ereticali
delle comunità calabrovaldesi fino all’alba del Settecento
sono di tale eccellenza da
meritare di restare classiche
in argomento.
Nonostante Tefficacia della repressione, sarebbe possibile, secondo Scaramella,
scorgere caratteristiche endo-valdesi nelle comunità
ultramontane di Calabria.
Documentabili sino al tardo
Seicento, esse consisterebbero in taluni atteggiamenti
eterodossi quali l’inottemperanza del digiuno o delle disposizioni inquisitoriali, il rifiuto delle cerimonie ecclesiastiche o delle feste religiose. Non sarò certo io, valdese, a voler negare l’inserimento di questi «riconciliati»
nella storia globale del valdismo in Italia e in Europa, posto che secondo Scaramella
essi meritano «a pieno titolo»
(p. 176). Vorrei tanto sbagliarmi, tuttavia mi sembra
che la quantità di materiali
documentari che la meritoria fatica di Scaramella ha
messo in luce, non ci permetta di classificare gli ultramontani di Calabria del tardo Seicento come appartenenti all’area spirituale protestante, senza fare offesa alla verità storica. Questa considerazione non inficia menomamente il valore del volume, importante non solo
per la qualità intrinseca dei
documenti in esso pubblicati
(cfr. la vasta appendice documentaria, pp. 183-255),
ma anche per lo studio penetrante che Scaramella ha
fatto di queste fonti, mettendone in luce aspetti inediti o
poco noti con competenza
davvero ammirabile.
•1 Corso a Palermo
«Riforma
e riforme»
La chiesa di Montaito Uffugo (Cosenza) dove furono sterminati i V3|.
desi nei 1561
(*) P. Scarameua: L’inquisizione romana e i Valdesi di Calabria. Napoli, Editoriale scientifica, 1999.
Ha preso avvio il 15 marzo
il seminario organizzato dal
Centro evangelico di cultura
«Giacomo Bonelli» di Palermo sul tema «Riforma e riforme: la Riforma protestante e i
suoi interlocutori», con gli
auspici della Facoltà valdese
di teologia. L’iniziativa si pone come contributo locale a
un approfondimento culturale in un settore che la cultura italiana ha sempre trascurato, quello della pluralità
confessionale. Dopo la lezione di Paolo Ricca su Lutero
seguiranno quella di Giorgio
Tourn su Calvino (14 aprile).
Paolo Spanu sull’ala anabattista della Riforma (28 aprile)
e Cataldo Naro sulla Controriforma (12 maggio). Gli incontri che si svolgono al Centro (via Spezio 43), prevedono un andamento seminariale, con introduzione del relatore e lavoro in gruppi.
Questo ciclo di lezioni fa
seguito ai precedenti («La libertà religiosa in Italia»,
1998, e «Giubileo, occasione
o inciampo sul cammino
ecumenico», 1999) ed è anche corso di aggiornamento
rivolto agli insegnanti in accordo con il Provveditorato
agli studi di Palermo.
Storia
della Chiesa
LIBRI 4
Duemila anni
Dopo le numerose serie di fascicoli che hanno costituito
«La Bibbia per la famiglia» negli anni scorsi. Famiglia cristiana propone ogni settimana un inserto da conservare dedica—• ; to alla «Storia della chiesa». Tre i volumi
; ' ¿'."KUS’iffi; che costituiranno l’opera (Da Gesù Cristo
all’anno Mille; Da San Francesco alla chiesa tridentina; Dall’Illuminismo al terzo
millennio). Accanto alla narrazione vera e
propria, curata con l’Università cattolica
del Sacro Cuore di Milano, si affiancano
come d’abitudine una serie di schede e «finestre» di approfondimento e cronologiche e un ricco apparato iconografico.
SrORLV
della
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Racconti
Scozia e Canada
Una serie di racconti che rimettono al centro l’uomo, il suo
lavoro, il suo rapporto con la natura: i testi di Alistair Mac
Leod, canadese di origine scozzese-gaelica, rimandano a tutta la tradizione classica americana del racconto, ma con un senso del paesaggio e
del ciclo vitale che si trova invece presso
altre letterature nazionali. Il dono di sangue del sale perduto (Frassinelli, 1999, pp.
XI-331), primo libro tradotto in italiano, ci
consegna un autore potente dal punto di
vista drammatico, ma anche elegiaco,
commosso e partecipe del proprio mondo
di provenienza e di residenza.
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RADIO
V.
Culto radio
Ogni domenica mattina aile 7,27 sui primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
Protestantesimo
g f Rubrica televisiva di Raidue, a cura deila Fcei,
trasmesse a domeniche alterne e, in rejiiica, il lunedì seguente alle ore 24 circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 2 aprile, ore 24,30 circa, andrà in onda:
«350 anni di presenza e testimonianza cristiana in Giappone; «Terza di copertina». La replica sarà trasmessa lunedì 3
aprile alle ore 24 e lunedì 10 aprile alle 9,30 circa.
PROTESTANTESIMO IN TV VaM
Noi e gli altri
DAVIDE ROSSO
NOI e gli altri. Vivere esperienze di lavoro diverse a contatto con persone
differenti. Imparare migliorandosi. Prestare un servizio
volontario in un paese diverso dal proprio può essere
un’esperienza utile, costruttiva, arricchente, che spesso
coincide con il rendersi utili
al prossimo acquisendo amicizia. In qualche modo sono
questi i concetti chiave emersi nell’ultima puntata di
Protestantesimo, andata in
onda domenica 19 marzo
(replica lunedì 27 marzo su
Rai 2 alle ore 9,30). La trasmissione ha preso le mosse
da un intervento del prof.
Paolo Ricca sull’ammissione
di colpa della Chiesa cattolica fatta recentemente dal papa ed è proseguita con un
servizio sull’Anno diaconale
e un altro sull’attività del Servizio cristiano di Riesi in ambito agricolo e si è conclusa
con la presentazione di «Yobel» l’iniziativa della Chiesa
awentista per il «vero giubi
leo». Soprattutto nella parte
centrale della puntata sia le
immagini che le testimonianze riportate richiamavano l'esperienza dello scambio, della voglia di essere utili, di produrre un esperienzache non sia solo per sé ma
anche per gli altri, al di a
dell’egoismo. Questo vale
per i giovani che svolgono
un servizio volontario all O'
stero per l'«Anno diaconale»!
offerto in Italia dalla Federazione delle chiese evangeliche, ma vale anche per il 1®'
voro svolto al Servizio cristiano di Riesi e ovviamente
per molte altre attività della
chiesa. Riflettere poi sul gio;
bileo biblico, anche se ormai
sembra essersi detto tutto i
possibile suU'argomento
(ma non è così), o sul «pentimento» della Chiesa cattolica è fare un ulteriore
verso la comprensione dell’altro. Una sorta di percors
quindi quello che ci
mostrato di apertura, o a
meno di tentativo di
ra, verso un mondo a voi
poi neanche così lontano.
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Vita
Si è svolto a Firenze l'annuale convegno di opere e istituti organizzato dalla Csd
Vocazione e impegno diaconale
riflessione ha coinvolto un'ottantina di direttori, membri dei comitati di gestione e degli
crganismi esecutivi nazionali Servirebbe una maggiore interazione con le opere «culturali»
lanciate suggerendo, tra l'altro, di trovare delle modalità
condivise di riconoscimento
della professionalità-vocazione ai diversi livelli: dipendenti e collaboratori, direttori, membri e presidenti di comitati di gestione.
Alla fine del convegno mi
chiedo se ha senso che le
opere e gli istituti che si occupano di cultura si riuniscano in un altro convegno annuale, quello di settembre a
Ecumene (il primo si è tenuto
nel ’99). Certo, lì sono presenti anche molte persone
attive nei centri culturali che
sono sorti un po’ dappertutto
nelle nostre comunità e che
non hanno il problema della
«gestione» di un’opera, con
tutto quello che significa in
termini finanziari e umani.
D’altra parte ci sono opere
che hanno scelto la doppia
presenza (Agape, Liceo di
Torre Pellice, Riforma...). Allora, mi chiedo, non si potrebbe pensare a una maggiore interazione, soprattutto
quando a Firenze si discutono problemi così generali co- me quest’anno? Nulla impedirebbe di avere delle sessioni a parte e specifiche per la
cultura, come già le hanno gli
ospedali o le foresterie. Certo, c’è il problema dello spazio (ma a Firenze, oltre al
Gould, ci sono molti spazi
evangelici) e del tempo (è difficile concentrare tutto in un
solo fine settimana). Ma forse
vale la pena di pensarci.
PAG. 7 RIFORMA
, EUGENIO BERNARDINI
Ifl un^ sala dell’Istituto
Gould di Firenze, una tren.li (ina di direttori e direttrici di
¿pere e istituti valdesi, battisti
1 f®etodisti discutono della
-Reazione personale e del laysro. Solo quattro di loro sono pastori (un tempo sarebbero stati molto di più), gli altri sono laici, qualcuno è diacono 0 diacona. L’età media è
«media», alcuni sono impegnati da pochi anni in questo
particolare «mestiere» che richiede di unire in modo esplicito «professionalità» e «evangelicità». Di chi o di che cosa?
Dell’opera nelle sue finalità?
Nella preparazione specifica
del personale? Nel modo di
svolgere il servizio? Nella presenza di tempi e spazi di culto
e spiritualità? E poi c’è opera
eopera: dall’ospedale con decine e decine di dipendenti e
migliaia di utenti al piccolo
asilo infantile con una bella
quota di lavoro volontario, c’è
I ' l’istituto inserito in una realtà
«valdese» come quella delle
Valli e l’istituto «disperso»
nella diaspora evangelica di
una grande città o di un paeij sino in cui nulla può essere
dato per scontato.
. In altre sale del Gould sono
' riuniti altri gruppi; quello di
;j coloro che fanno parte dei coi Botati di gestione delle opere,
(^éllo che vede raggruppati i
: ^mbri degli organismi ese■ (Tavola e Commissione
SiiÉidàle per la diaconia) e.
Un momento dell’incontro delle opere
Ti''
infine, il gruppo di coloro che
nelle opere lavorano o prestano un servizio volontario.
Tutti affrontano il tema della
propria vocazione personale
attraverso il lavoro e l’impegno nella diaconia evangelica.
E stato questo, infatti, il tema
del convegno annuale delle
opere diaconali, promosso
dalla Commissione sinodale
per la diaconia (Csd), tenutosi
a Firenze l’il e 12 marzo, preceduto e seguito da incontri
specifici per settore di attività
(il Coordinamento degli ospedali evangelici, l’incontro delle foresterie...). Un appuntamento, quello del secondo
week-end di marzo, seguito
con attenzione crescente da
parte di coloro che sono impegnati nella diaconia (un’ottantina di persone presenti
quest’anno). Credo che sia
uno dei frutti migliori del la
voro svolto dalla Csd perché,
dopo il Sinodo, è il luogo in
cui, al di fuori delle formalità
e delle tensioni di una sede
decisionale, si condividono
informazioni, progetti, preoccupazioni, ci si conosce di
persona e si interagisce partendo da situazioni e servizi
molto diversi tra loro.
Questa della diversità è una
ricchezza da valorizzare, ha
affermato il filosofo Mario
Miegge, uno dei relatori del
convegno, che ha anche tracciato l’evolversi del senso del
lavoro nel ’900. Un’evoluzione che però non ha modificato la posizione tradizionale
verso i lavori ingrati e faticosi
che si esprime nella frase:
«odio il mio lavoro, ma tengo
al mio impiego». Il sociologo
Nedo Baracani, che aveva il
compito di tirare le file delle
riflessioni, in realtà le ha ri
È stato organizzato dalla Facoltà di teologia e dal Centro di formazione diaconale
Un seminario «intensivo» sul culto e la predicazione
canale
evange
jalità.
iimo
la Fcei,
:a, il luedì sucn onda:
jiappounedì 3
I
ROEEKTO BOTTAZZI
Erano oltre so i partecipanti al recente seminario intensivo del Corso a distanza della Facoltà, tenutosi
al Gould di Firenze nel primo week-end di marzo. Un
successo che ha sottolineato
sia il grande bisogno di occasioni di studio «in presenza»
per gli studenti del corso «a
distanza», sia il grande interesse che c'è sul tema del
culto e della predicazione. Si
trattava infatti del primo «laboratorio omiletico-liturgico», progettato dalla Facoltà
in collaborazione con il Centro di formazione diaconale
(Cfd) di Firenze. Un seminario rivolto a coloro che nelle
varie chiese intendono dedicarsi al ministero della predicazione, donne e uomini impegnati nella vita e nello sviluppo delle comunità. Questa iniziativa costituiva anche un primo approccio del
corso a distanza verso l’area
dei «predicatori laici»; una
possibilità di formazione offerta dunque a studenti del
corso di diploma, alle studentesse del Cfd e potenzialmente usufruibile da tutti i
candidati predicatori locali.
L’esperienza di formazione
trasversale ha dato un esito
incoraggiante, nella prospet
Nella «Piccola collana moderna» esce il n. 84:
Robert Kysar
Giovanni
Il Vangelo indomabile
256 pp., L. 29.000, Euro 14,97, cod. 332
t*autore, uno dei massimi esperti
«mondiali su Giovanni, introduce
"iienza usare un linguaggio tecni; co il lettore alla comprensione
‘.del IV Vangelo nello stesso modo in cui gli studiosi contemspora_ nel ne leggono il messaggio e il
i't«hnboHsmo. Il Vangelo di Qio■^nni risplende così in tutta la
, eua luce particolare che ne fa
pagina straordinaria di lette
cImidSSna
VIA PRINCIPE TOMMA^I ;„
TEL 011/866.98.04 * 011/6S0.43.94-C.0.P. 2078010Z
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tiva della ottimizzazione e
del coordinamento delle diverse attività di istruzione
teologica nell’ambito delle
nostre chiese.
Anche in termini qualitativi la risposta è stata positiva:
da sottolineare la presenza di
pressoché tutte le confessioni e denominazioni, dai luterani ai riformati agli anglicani, dalla chiesa di Cristo ai
fratelli ai pentecostali indipendenti, dagli apostolici
all’Esercito della Salvezza,
dai cattolici ai vecchio-cattolici, dai battisti ai metodisti,
ai valdesi. La grande varietà
ecclesiale ha reso estremamente interessanti le fasi di
lavoro di gruppo, confronto e
discussione. Un denominatore comune, emerso dai diversi contributi, è costituito
da una ricerca diffusa di rinnovamento del culto, nel
senso di una ricomprensione
e di una rivitalizzazione delle
sue componenti attuali, ma
anche nella direzione di possibili cambiamenti, frutto di
una equilibrata creatività liturgica.
A tale esigenza il seminario
ha corrisposto con generosità: molto spazio e molte
idee sono stati infatti dedicati
alla realtà e all’articolazione
del culto. Dopo l’introduzione del prof. Ermanno Genre,
che ha situato il culto evangelico in riferimento alle sue tematiche di fondo e alle componenti che sono da riconsiderare anche nell’ottica evangelica (parola-sacramento, ritualità, simbolismo...), il pastore Jiirg Kleemann ba proposto una visione suggestiva
del culto come «l’arte di festeggiare Dio», la festa dei figli ritrovati (Luca 15,11-31). Il
culto è una «sinfonia», caratterizzato come questa da accordo e melodia, da coralità e
creatività artistica, da corporeità e collaborazione. Le
11 6 aprile un convegno a Venezia
Fecondazione assistita
quali prospettive?
FRANCO NIACCHI
I locali dell’Istituto Gould hanno ospitato I seminari
competenze liturgiche dunque si ampliano: l’analisi delle varie componenti del culto
nel loro aspetto di concatenazione e di caratterizzazione
specifica ha proposto tutta
una serie di capacità, sensibilità, accortezze che il liturgo
deve acquisire per poter uscire da quel modello monologico che ha ormai definitivamente stancato tutti. Ancora
Ermanno Genre, nella parte
successiva, ha chiesto ai partecipanti di lavorare su un testo biblico per vedere operativamente come si sviluppa la
comunicazione del sermone
a partire appunto dal testo;
giungendo poi a collocare il
sermone non solo nel rapporto con il testo bensì nella più
ampia dimensione di una
«triade omiletica» composta
da: predicatore-predicatrice,
testo-tema, uditori.
«Un incontro stimolante,
pieno di spunti inaspettati»,
«un arricebimento spirituale
e intellettuale»; queste alcune
delle espressioni di commento che studenti e studentesse
hanno inviato nei giorni seguenti il seminario: sempre di
più in occasione dei momenti
formazione idee e persone si
pongono in movimento
IL problema della fecondazione assistita è al centro
del dibattito pubblico. I media italiani in questi ultimi
tempi hanno riportato fatti
di cronaca che suscitano accesi dibattiti, prese di posizione nette e contrastanti,
opinioni di studiosi, di politici, di esperti ma anche di comuni cittadini. Quale quotidiano, quale settimanale e
quale telegiornale non ha dedicato almeno un servizio
all’utero in affitto? La sentenza del giudice romano Chiara
Schettini ha costretto i mezzi
di informazione a riportare
all’attenzione di tutti la necessità di varare anche in Italia una legislazione che regolamenti non solo il problema
della fecondazione medicalmente assistita, ma tutto il
campo della bioetica. È in
questi giorni all’esame del
Senato il testo già approvato
lo scorso anno alla Camera
dei deputati. L'iter legislativo
procede in modo accidentato
e stentato. Purtroppo molto
spesso le difficoltà nascono
più da miopi calcoli politici e
da immediati interessi elettoralistici che non da una vera
e approfondita discussione
sui vari aspetti che l’argomento comporta.
Il 6 aprile prossimo a Venezia, nell’Auditorium di Santa
Margherita, si discuterà dei
vari aspetti scientifici, legislativi ed etici connessi alla procreazione medicalmente assistita. Il Centro culturale Palazzo Cavagnis, la Chiesa valdese e metodista, la Comunità ebraica e il Comune di
Venezia hanno infatti organizzato per quel giorno un
convegno nazionale, con il
patrocinio dei ministeri delle
Pari opportunità, della Sanità
e delle Politiche sociali, oltre
che con quello della Regione
Veneto e dell’Università di
Ca’ Foscari. Il tema del convegno è estremamente elo
quente; «Fecondazione assistita: una questione aperta».
Il mattino sarà dedicato
all’analisi degli aspetti medici
(prof. Carlo Flamigni), biologici (prof. Anna Rollier) e giuridici (Marco Bouchard, sostituto procuratore del Tribunale di Torino). Nel pomeriggio in una tavola rotonda dal
titolo «Fecondazione assistita: etica e società» un teologo
valdese, il prof. Sergio Rostagno, il direttore del Collegio
rabbinico italiano, dr. Riccardo Di Segni, e il presidente
del Tribunale per i minorenni
di Venezia, dott.ssa Grazia
Campanaro, moderati dal
cattolico prof. Corrado Viafora, presidente del Comitato
di bioetica dell’Università di
Padova, si confronteranno e
aiuteranno i presenti a prendere atto della complessità e
della legittimità di possibili
diversi approcci al tema in
discussione.
Per quel che ci riguarda come valdesi e metodisti, credo
che sia un appuntamento
importante, che raccoglie
l’invito dell’ultimo Sinodo a
sviluppare l’approfondimento e la discussione sul documento predisposto dal gruppo di lavoro sulla bioetica.
Un appuntamento importante anche perché l’approfondimento del documento viene condotto non al chiuso
dei nostri ambienti ma in un
coraggioso confronto con la
complessità delle realtà culturali presenti nella nostra
società. La stessa scelta di organizzare questo convegno
non di sabato, quando più
persone possono essere libere da impegni, ma di giovedì,
è stata dettata dalla decisione
di volere fermamente la presenza e il contributo della comunità ebraica. Credo sia superfluo un pressante Invito
rivolto a tutti, ma in particolare ai membri attivi e responsabili del mondo evangelico, a partecipare attivamente al convegno.
Nev Abbonamenti
notizie evangeliche bo^iiqs^nKwde e-mail; t. 30.000
agenzia stampa bolMino tn«n«l«
della federazione su carta: L 45.000
delle Chiese abboa. cumulalivQ
evangeliche settimanale+mensile L. 60,000
in Italia Versamenti sul c.c.p. 82441007 intestato a: nev-notizie evangeliche
e-mail: via Firenze, 38 - 00184 Roma;
fed.evangelica @ agora,stm.it tei. 06-4825120 fax. 06-4828728
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 24 MARZO 20nn
• Presentato a Ronna il «Manifesto delle donne protestanti»
Alle soglie del terzo millennio
Sta prendendo corpo il progetto della Federazione delle donne
evangeliche di consolidare e allargare la rete fra donne in Italia
ELENA CHINES
La tavola rotonda moderata da Doriana Giudici,
svoltasi il 7 marzo nell’aula
magna della Facoltà valdese
di teologia, ha registrato la
presenza di circa 120 persone.
L’iniziativa, promossa dalla
Fdei, ha avuto come oggetto
di studio il «Manifesto delle
donne protestanti» scritto
dalla storica Bruna Peyrot,
abbozzato a Barcellona, durante il convegno internazionale che ha inaugurato la sua
prima stesura. L’idea della
Fdei di realizzare una rete di
donne protestanti del Sud Europa e di consolidare la rete
fra donne in Italia, allargandola ad altre sorelle e amiche
che non hanno avuto contatti
«ufficiali» con la nostra realtà
sta prendendo corpo. Tutti i
relatori e le relatrici hanno
toccato punti diversi, che si
integravano fra loro, dando
una variegata interpretazione
al più ampio titolo dell’incontro: «Quale ruolo per l’uomo e
per la donna alle soglie del
terzo millennio», all’interno
del quale si inseriva quale
punto fondamentale la presentazione ufficiale e il dibattito sulla prima bozza del Manifesto. Moltissime le idee.
Lln fermento di pensieri.
Non è possibile rappresentare il pensiero delle donne
protestanti in un’unica definizione, perché ogni storia è
diversa e la storia delle donne
è una storia di sui si sa poco
(Peyrot). Anche grazie al pensiero della differenza, le donne stanno decostruendo la
storia «ufficiale» a favore di
una memoria delle donne,
che ripropone una rilettura
della storia, senza occultamento delle diversità di genere, per ridefmire le frontiere
del femminile. Manifestare la
nostra presenza con il nostro
«esistere», il nostro «essere»,
non più soltanto il nostro «fare», che ci ha caratterizzate finora. In particolare per noi
protestanti risulta sempre più
difficile fare la storia delle nostre chiese, perché sono sempre più piccole, mentre se si
considera la storia delle singole persone, ciò risulta più
interessante.
Due interventi, quello del
pastore Sergio Rostagno e
quello della prof.ssa Maria
Vingiani, hanno sottolineato
la centralità di Gesù Cristo,
che dovrebbe risaltare dal
Manifesto, perché esso dovrebbe essere un testo comune delle donne cristiane. Di
diverso parere gli interventi
successivi, che hanno sollecitato un allargamento dei
confini a tutte le donne di altre fedi (ebree, musulmane,
non credenti). Se per le cristiane Gesù è stato la pietra
miliare della loro liberazione,
occorre ricordare che Gesù
non è il «centro» della nostra
vita, ma è la «via» che porta al
Padre. Il centro, il cerchio (Lidia Menapace) sono simboli
pagani, che ci precludono
una ricerca comune a tutte le
donne, di una spiritualità
estrinsecabile in fedi diverse.
Occorre, ancora, ricordare
rincontro di Gesù con la samaritana, come ha sottolineato la prof.ssa Eleonora
Barbieri Marini, come anticipazione di un superamento
dei confini sociali, religiosi,
culturali. Anche Tullia Zevi,
già presidente dell’Unione
delle comunità ebraiche italiane, ha ribadito che il percorso delle donne protestanti
può essere patrimonio comune alle altre donne e che
in un’Europa in cui gli atti di
barbarie e di inciviltà, di violenza e di xenofobia riprendono piede pericolosamente,
è più che mai urgente il bisogno di un dialogo pacificatore, fra donne e uomini, la cui
origine è comune.
Altri interventi sono stati
fatti da varie rappresentanti
di comunità evangeliche e
cattoliche. La luterana Senje
Ahvonen ha recitato una lunga e commovente poesia sull’Olocausto, toccando dei tasti molto delicati su una tragedia consumata appena l’altro ieri. Altre tragedie rendono anche il presente meno
tranquillo di quanto non siamo abituate a viverlo. La metodista Margarite van der
Veer ci ha poi aggiornate su
quanto sta accadendo in Europa a proposito della tratta
di donne. È agghiacciante, ma
purtroppo succede proprio a
casa nostra. L’awentista Betti
Spinello ci ha fatto riflettere
sull’importanza di non rinunciare al nostro ruolo di genere, né l’altro genere dovrebbe
rinunciare al suo ruolo, ma è
auspicabile che entrambi abbiano dei ruoli complementari, che valorizzino l’individuo
senza condizionarlo con stereotipi vecchi.
Chi scrive queste note, per
parte battista, ha mirato l’intervento sul nuovo ruolo che
gli uomini e le donne dovrebbero inventare nella politica
e nel lavoro, puntando a una
maggiore rappresentanza
delle donne nel mondo politico; questo apre la discussione sul rapporto con il potere,
con cui le donne devono ancora fare i conti. Anche l’economia parla, ancora, un linguaggio maschile, che andrebbe superato con strategie economiche, da parte dei
governi, che rendano veramente meno pesante alle
donne «la doppia presenza».
Anche da parte della rappresentante della Comunità
San Paolo, Giovanna Romualdi, è stato auspicato l’allargamento del Manifesto a
tutte le donne, anche alle lesbiche, che rappresentano
una minoranza nella minoranza. Ma se tanto si è fatto
da parte delle donne, comincia a muoversi qualcosa anche nell’universo maschile.
Molti collettivi di uomini sono sorti qua e là in Italia, lasciando ben sperare che un
superamento di rigidi ruoli
maschile-femminile sia praticabile. In rappresentanza
della Tavola valdese. Franca
Long ha ricordato che tanto è
stato fatto nelle chiese, dove
le donne rappresentano la
maggioranza nei Concistori
delle valli valdesi. Speriamo
di pubblicare prossimamente
su un opuscolo (magari in
collaborazione con la Fcei)
tutti gli interventi, che sono
stati debitamente registrati.
Ciò servirà da traccia nelle
chiese per riflettere su tutto
questo materiale e arrivare
con una stesura definitiva del
Manifesto (perché no?) l’8
marzo 2001.
Lprimavera'L
a San Salvario
9 APRILE 2000
CORSO MARCONI
DALLE ORE 15.30
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Presentato il libro del pastore Franco Scaramuccia
venerdì :
L'opera missionaria di Edward Clarke
nel territorio spezzino risorgimentale
MASSIMO TORRACCA
Non dimentichiamo la
nostra storia. Questo
può essere il filo conduttore
che il prof. Domenico Maselli
e lo scrittore Maurizio Maggiani hanno percorso nel raccontare le sensazioni, i ricordi e gli eventi che il volume
Un'avventura di fede. L'opera
missionaria di Edward Clarke
(1820-1912) ha prodotto nelle
loro riflessioni. Il libro del pastore Franco Scaramuccia
rappresenta un’opera di seria
e approfondita ricerca che ha
scandagliato e riportato alla
luce, con una lunga e appassionata analisi, gli aspetti che
hanno caratterizzato l’arrivo
della missione battista inglese in Italia e il suo radicarsi
su una discreta porzione del
territorio nazionale, sottolineando vivi momenti di fede
e di conversione.
È qui messa in rilievo la figura di Clarke, che con tenacia e consapevolezza del proprio ministero, ha lavorato
duramente per la penetrazione del messaggio evangelico
nell’Italia cattolica, per portare non solo una parola di
speranza ma anche opere so
ciali e istruzione a popolazioni che vivevano nell’ignoranza e nella povertà. Forse oggi
noi rischiamo di vedere con
occhi increduli modi di conversione tanto semplici come
quelli di allora, quando il dono di una Bibbia a un soldato
divenne motivo di conversione sua e di testimonianza
dell’Evangelo nella vallata del
fiume Magra.
La presentazione del libro,
tenutasi presso il Salone del
Consiglio provinciale il 10
marzo, è stata un’efficace
strumento di attualizzazione
di come, in luoghi talvolta
sperduti e ignorati, si continua la predicazione dell’Evangelo mantenendo viva la
memoria storica di quel filo
di fede e, marginalmente, di
tradizione di cui oggi vediamo vivere la testimonianza.
Abbiamo potuto fare un percorso della memoria che ci
ha fatto rintracciare le origini
di quel filo rosso che partendo da un piccola realtà di
provincia come La Spezia si è
inserita nella storia risorgimentale dando risposte teologiche e pratiche a una popolazione che viveva in una
monocultura sociale e spiri
tuale. Forse vivendo la realtà
multiculturale e multireligio,
sa di oggi rischiamo di perdere di vista un filo continuo di
presenza e di testimonianza
che ci ha consentito di vedere l’ordito di una intensa attività evangelistica.
I relatori ci hanno fatto
comprendere come la predicazione della Parola avesse rappresentato motivo di
scandalo e di paura. Chi teneva le redini del potere ha
dimostrato di temere, mettendo in atto minacce e limitazioni della libertà, l’effetto
liberatorio e dirompente della Parola vissuta e predicata.
Grazie a questo volume possiamo apprezzare come sia
importante conoscere e
comprendere il nostro passato non in virtù di una saga familiare che ci ricollega alle
origini della predicazione
battista in Italia, ma di Un filo rosso che rappresenta
l’inizio di una storia comune
e attuale fatta di scoperte,
conversioni e testimonianze
di un modo di vivere l’Evangelo come strumento di grazia e di Libertà in una società
che talvolta è ostile a mettersi in discussione.
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Giornata monidiale di preghiera a Mortola
Solidarietà con le donne indonesiane
VIRGINIA MARIANI
UNA coincidenza di tipo
organizzativo ha voluto
che a Mottola la Giornata
mondiale di preghiera ecumenica delle donne si svolgesse il 9 marzo, il giorno
successivo alla Festa della
donna e, per il mondo cattolico, alle ceneri.
Come ormai da cinque anni, l’organizzazione della celebrazione vede impegnate le
donne battiste e quelle cattoliche di tutte le parrocchie in
un lavoro di coordinamento
davvero lodevole. Questa volta l’incontro, che si propone
anche di visitare le varie chiese presenti nel paese, si è
svolto nella nuova e grande
chiesa di San Pietro la cui
acustica, in verità, ha reso
molto difficile l’ascolto. È,
perciò, riemerso insistente il
commento da parte evangelica che la basilare differenza
teologica tra il cattolicesimo,
che ha come momento liturgico la messa, e il protestantesimo, che pone al centro
del culto la predicazione della Parola, fosse maggiormente avvalorata e ribadita dalla
caratteristica predisposizione
del locale al rimbombo.
La liturgia, preparata quest’anno dalle donne indonesiane, si è svolta dunque con
questo difetto di comunicazione: nonostante ciò i momenti di canto e preghiera
sono stati intensi e sentitamente partecipati anche dai
fratelli presenti.
Tema della celebrazione è
stato «Talitha kumi» e come
la figlia di lairo a queste parole di Gesù si svegliò, così le
sorelle indonesiane hanno
esortato tutte le donne, giovani e anziane, a risvegliarsi
e a riprendere nuovo vigore e
speranza in Dio: «Ti ricordo
di ravvivare la fiamma del
dono di Dio che è in te. Perché Dio non ci dà uno spirito
di timidezza, ma di forza, di
amore e di autocontrollo»;
queste le parole che hanno
accompagnato uno dei momenti di preghiera, mentre
attraverso le parole «Con
Dio, sorgente di giustizia,
siamo chiamate a cercare
giustizia, ad essere critiche e
pronte a prendere parte attiva in molte iniziative» ognu
na di noi si è impegnata responsabilmente nella società
e nella comunità.
La partecipazione è stata
discreta, anche se ancora
sembra evidente che la Giornata mondiale di preghiera,
che pure è nata prima e con
lo stesso intento ecumenico,
sia meno sentita della «Settimana di preghiera per l’unità
dei cristiani». Perciò mi vengono in mente alcune parole,
tra le tantissime, scambiate
con i ragazzi e le ragazze del
gruppo «Ghephira» che, attualmente impegnato in un
CRONACHE DELLE CHIESE
SAN SECONDO — Il 17 febbraio il culto è stato presieduto
dal past. Domenico Tomasetto, che ringraziamo vivamente e che successivamente è stato ospite al pranzo comunitario al termine del quale ha tenuto la presentazione del lavoro della Fcei e del tema dell’opuscolo di quest’anno («Gesù il liberatore»).
• Sabato 19 febbraio la Filodrammatica «La brocca rotta»,
commedia brillante in tre atti, replicata il 26. Lo spettacolo ha destato vivo interesse e compiacimento del pubblico, accorso numeroso in entrambe le serate. Ringraziamo il gruppo per il lavoro e l’impegno dimostrato.
• Un fraterno augurio ai coniugi Anna Maria Baglivo e
Andrea Bouchard per il battesimo del figlio Lorenzo e ai
coniugi Sara Bertalot e Gianni Rostan per la nascita di
Francesca.
• La comunità esprime tutta la solidarietà cristiana alle
famiglie colpite dalla scomparsa di Céline Genre e Irma
Paschetto.
PRAMOLLO — Martedì 14 marzo si sono svolti i funerali di
Ennio Zeni. Ai familiari dello scomparso vada l’espressione della nostra solidarietà cristiana.
TORRE PELLICE — I migliori auguri da parte della comunità
a Sabrina Cambino e Daniele Cericola e a Marinella
Lausarot e Claudio Rivoira che si sono sposati recentemente nel nostro tempio.
• La comunità rivolge un pensiero di cristiana simpatia
alle famiglie nel lutto per la scomparsa di Giorgio Cotta
Morandini, Margherita Bianchi ved. Carignano, Maddalena Rochon ved. Bellion, Emma Ricca ved. Poét.
La scuola
domenicale
Abbonamento per l’interno ......................L. 35.000
Abbonamento sostenitore per l'interno...........L. 50.000
Abbonamento per l’estero .......................L. 40.000
6 0 più abbonamenti
allo stesso indirizzo (l’uno)...................L. 30.000
da versare sul c.c.p. n. 18345223 intestalo a «Comitato Scuole Domenicali”
via Porro Lambertenghi 28 - 20159 Milano
lungo giro europeo al fine di I
fare il punto della situazione
sull’ecumenismo, ha fatto visita alla comunità di Mottola '
nei primi giorni di febbraio;
la speranza sono i giovani ed
è nei giovani, quei giovani
che non hanno rancori e pregiudizi, che crescono nell’amore e nella riconciliazione
nutriti dalla parola di Dio e
che, aggiungo io, rispetto a
tutti gli ostacoli e alle impalcature da superare sono come quei fanciulli che Gesù
accoglie rimproverando i discepoli. Sono un po’ di parte?
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PAG. 9 RIFORMA
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risultati del convegno di Santa Severa del Servizio rifugiati e migranti della Fcei
«Kosovo e oltre», un bilancio
^ un anno doU'inizio della guerra nel Kosovo e dalla successiva «non pace», sono state
h valutate le numerose iniziative evangeliche di assistenza ai profughi dell'area balcanica
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POTENZIARE il lavoro del
Servizio rifugiati e migranti, coinvolgere ulteriormente le chiese locali nel lavoro di accoglienza, continuare a lavorare in rete con
associazioni laiche e cristiane, offrire adeguata formazione agli operatori e ai volontari coinvolti nei progetti:
queste le proposte principali
elaborate dai partecipanti al
convegno su «Kosovo e oltre»
{Santa Severa, 3-5 marzo),
convocato dal Servizio rifugiati e migranti (Srm) della
Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei), al
fine di valutare l’ultimo anno
di lavoro per l’assistenza ai
profughi e alle vittime della
fierra nei Balcani, sia in Italia che in Kosovo, Albania e
nella Repubblica jugoslava.
È stato un convegno ricco
di spunti, tanto per la capacità di analisi del lavoro svolto quanto per l’elaborazione
di una «visione» per il futuro.
Secondo Annemarie Dupré,
coordinatrice del Servizio, «è
stata un’esperienza grande e
difficile, quella vissuta in quest’anno da volontari e operatori del Servizio, sia evangeli-.
ci che laici, che hanno messo
a disposizione la loro passione e professionalità per un
progetto comune. Fondamentale è stato l’appoggio
delle chiese locali, che si sono
lasciate coinvolgere non solo
in termini economici».
Dallo scoppio della guerra
in Kosovo il Srm ha portato a
termine numerose iniziative
per il soccorso e l’accoglienza
dei profughi, con il sostegno
della Missione Arcobaleno
(fondi privati) e in stretta collaborazione con associazioni
laiche (in particolare il Consorzio italiano di solidarietà.
Ics) ed ecclesiastiche. Proprio
la spiccata capacità di lavorare in rete, insieme a una certa
agilità e flessibilità della
stmttura del Srm, è stata valutata come modalità di lavoro efficace, soprattutto per
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Un bivacco di civiii kosovari aita fine del 1998
quanto riguarda gli interventi
di emergenza fuori dall’Italia.
In Italia il Srm partecipa al
progetto «Azione comune»,
attivo da luglio ’99, che offre
ai profughi alloggio e orientamento, oltre ad assistenza sanitaria, psicologica e legale. In
Kosovo, oltre alla distribuzione di cibo, stufe, prodotti igienico-sanitari, il Srm ha partecipato a un progetto, ultimato
di recente, per la ricostruzione dei tetti di 80 case in villaggi in un’area compresa tra
Pristina e Mitrovica. Al convegno ha partecipato, fra gli altri, Inge Schaedler, dell’Opera
diaconale delle chiese evangeliche svizzere (Heks), organismo che ha sostenuto economicamente vari progetti
del Srm, che ha offerto alcuni
importanti suggerimenti e
spunti operativi per il prosequio del lavoro del Servizio rifugiati. Sono intervenuti anche Piero Trotta e Bruno Ricca per il Consiglio della Fcei,
Nadan Retrovie dell’Ics, Cristopher Hein, direttore del
Consiglio italiano per i rifu
giati (Cir), e numerosi operatori e volontari del Srm, che
hanno raccontato l’esperienza degli ultimi mesi ed elaborato proposte per la prosecuzione degli interventi.
Di fronte a situazioni di
emergenza, come quella dei
profughi dell’area balcanica,
le chiese evangeliche sono
chiamate a intervenire: «Coscienti dei nostri limiti, ma
anche consapevoli delle nostre responsabilità - è stato
ribadito durante il dibattito -,
siamo chiamati a essere presenti nelle situazioni di sofferenza». Oltre agli interventi
per la ricostruzione materiale
è opportuno investire in progetti per la ricostruzione del
tessuto sociale delle zone
colpite dai conflitti: il convegno ha indicato con chiarezza la necessità di lavorare anche in futuro su entrambi i livelli, con la consapevolezza
che si tratta di aspetti diversi
ma non contrapposti. Molto
forte anche l’indicazione di
investire in programmi sulla
riconciliazione e la gestione
wm. La riflessione dei numerosi operatori e volontari che hanno lavorato in Kosovo e in Italia
Una struttura per gli interventi nelle future emergenze
MATTIA COSTA
\ quasi un anno dall’inizio
Xxaelle ostilità in Kosovo il
Servizio rifugiati e migranti
(Srm) della Federazione delle
chiese evangeliche in Italia
(Fcei) si è ritrovato a pensare
e ripensare se stesso sulla base delle esperienze fatte in
questi mesi di fervente e quasi incessante attività. Santa
Severa ha rappresentato un
momento certamente importante di analisi, riflessione e
incontro tra tutte quelle persone che in questo lungo periodo hanno contribuito alla
riuscita, tra le mille difficoltà,
dei progetti Srm in Kosovo e
in Italia. 11 convegno «Kosovo
e oltre» ha significato l’incontro e lo scambio di pensieri,
fatiche, frustrazioni, gioie ma
anche dolori, tra gli operatori
e volontari, non provenienti
solo dal mondo protestante,
mandati in Kosovo a riabilitare case 0 a distribuire prodotti alimentari o restati in Italia
per garantire ai profughi fuggiti dall’ex Repubblica federale jugoslava una pacifica permanenza nel nostro paese.
L’esperienza fatta in Italia
in piccoli centri come Rapolla
in Puglia, Monteforte Irpino o
Rocca di Papa in provincia di
Roma, hanno spesso e volentieri significato il ricrearsi di
Profughi kosovari in Macedonia
(foto Acnur-Lemoyne)
uno spirito comunitario delle
nostre chiese attorno a queste
famiglie ospiti nei centri operanti in collaborazione con il
Srm. Intere comunità si sono
mosse e riunite per offrire il
massimo del calore umano.
Importante inoltre il segnale
lanciato dal coinvolgimento
di persone esterne alla realtà
protestante, decise comunque a dare il proprio contributo per la riuscita di questo
progetto. La presenza al convegno di una numerosa rappresentanza di non protestanti ba ben mostrato lo spirito con il quale il Srm ha cercato di muoversi in questi
mesi: una costante collaborazione con realtà composite e
diversificate nel tentativo di
fornire un servizio accurato.
Il mondo giovanile non è
certo restato a guardare. Lo
sforzo portato dalle molte
presenze a questo convegno
ha notevolmente contribuito
alla riuscita della manifestazione. Un contributo forte
dell’esperienza dei molti recatisi in Albania o in Kosovo
nei mesi passati, pronti a
raccontare e a condividere
con gli altri partecipanti le
emozioni provate nel confronto diretto con una realtà
a noi particolarmente sconosciuta. L’entusiasmo portato
dai giovani, anche non pro
AGENDA
25 marzo
(foto Acnur-Lemoyne)
dei conflitti.
In quest’ottica già l’estate
scorsa è stato organizzato,
nell’ambito del progetto «Educazione alla riconciliazione», un campo per ragazzi e
ragazze albanesi sul tema
della gestione del conflitto e
della guerra. Il campo, gestito
da un gruppo di persone della Federazione giovanile evangelica italiana (Fgei), è
stato realizzato anche grazie
a un contributo finanziario
della Heks. L’intervento assistenziale, è stato sottolineato
durante, va sempre concepito in funzione di una ricostruzione globale della comunità civile. Altra priorità
indicata, la necessità di dotarsi di strumenti adeguati
per potere intervenire in caso
di emergenze e/o conflitti,
nell’area balcanica e non solo. Accanto a ciò, la formazione di tutte le «risorse umane»
impiegate nei progetti (volontari, staff, operatori delle
stesse comunità locali), andrà curata in modo specifico.
testanti, delinea la particola
rità dell’intervento del Srm
che ha cercato di fare tesoro
di tutte le forze disponibili: la
voglia di fare e di contribuire
nel nostro piccolo alla soluzione di una crisi certamente
mal gestita dalle istituzione
internazionali.
Nel corso del convegno il
Servizio si è interrogato sul
suo futuro, su propositi e intenzioni alla luce di questo
intervento eccezionale, nato
in sordina con i contributi
delle chiese e poi sviluppato
si grazie a finanziamenti
pubblici e privati. 11 messaggio emerso dall’incontro, al
quale hanno partecipato per
intero o quasi il moderatore
della Tavola valdese, Gianni
Rostan, e il presidente della
Fcei, Domenico Tomasetto, è
certamente quello di non rinunciare allo sforzo fino a
ora fatto dagli operatori del
Srm, un impegno costante e
totale. Il Servizio non diventerà mai un’organizzazione
non governativa specializzata
in interventi di emergenza
ma, dotandosi delle dovute
strutture e formando il giusto
personale, dovrà essere in
grado di contribuire, con la
propria professionalità e formazione, a progetti eccezionali a cui saremo chiamati
dalla nostra fede cristiana.
TORINO — Alle ore 20,45, nel salone valdese di corso Vittorio Emanuele II 23, il sociologo lean Baubérot parla sul tema: «11 ruolo dei protestanti nella Francia di oggi» (è assicurata la traduzione dal francese).
BOLOGNA — Alle ore 17,30, alla chiesa metodista (via Venezian 3), si tiene una conferenza-concerto dal titolo «Attorno
all’“Offerta musicale” di J. S. Bach», con musiche di Bach, N.
Porpora, Kunhau, Vivaldi.
MOTTOLA (Ta) — Alle 18, nella sala convegni del Comune,
Giovanni Franzoni, Blasco Ramirez e Laura Ronchi De Michelis parlano sul tema: «Giubileo, Bibbia, storia, attualità».
26 marzo
TORINO — Alle ore 9,30, al liceo scientifico «Einstein» (via
Pacini 28), si tiene il convegno organizzato dal Comitato torinese per la laicità della scuola sul tema: «La laicità in una
società multiculturale. Problemi di relazione tra stato, diritti
deile comunità, diritti degii individui». Intervengono tra gli
altri Carlo Ottino, lean Baubérot, Maurizio Girolami.
TORINO — Alle 17,30, nel tempio di corso Vittorio, per «Musica e preghiera» interviene l’organista Emanuele Vianelli.
28 marzo
BOLOGNA — Alle 20,45, alla chiesa metodista (via Venezian
1), Amos Luzzatto parla sul tema: «Una lettura ebraica del
Cantico dei Cantici».
IVREA — Alle ore 21, alla chiesa valdese (via Torino 217), il
pastore Luca Anziani parla sul tema: «La Parola immaginata:
una riflessione sul simbolo nella Bibbia».
29 marzo
BERGAMO — Alle ore 17,30, alla Fondazione La Porta (viale
Giovanni XXIll 30), per il ciclo di incontri sulle «Prospettive
giubilati per l’oggi», il teologo Lino Casati parla sul tema.
«Cristo, compimento del Giubileo (Luca 4, 21)».
SAVONA — Alle ore 17, in corso Mazzini 25/3, Augusto Comba parla sul tema: «Protestantesimo e massoneria».
ROMA — Alle 16,15, alla chiesa valdese (piazza Cavour),
Paolo Ricca parla su: «I nomi ineffabili di Dio - II parte».
GENOVA — Alle ore 17, a Palazzo Doria Spinola (largo Lanfranco 1), il past. Ferrarlo parla su: «Zwingli e gli anabattisti».
30 marzo ,. „ _
SCIGLI — Alle ore 18, alla sala di Palazzo Spadaro, si tiene la
conferenza dal titolo «Dal Giubileo biblico all Anno Santo
cattolico, storia di un’interpretazione», organizzata dalla locale chiesa metodista, con il patrocinio del Comune. Interviene il pastore Fulvio Ferrano.
TORINO — Alle ore 16 e alle 20,45, nella sala valdese di via
San Pio V 15 (primo piano), il past. Paolo Ribet parla sul tema: «La diaconia della Chiesa evangelica valdese tra presente e futuro: la Commissione sinodale per la diaconia».
31 marzo
PORDENONE — Alle ore 20,30, nella chiesa battista (viale
Grigoletti 5), il past. Domenico Tomasetto, presidente della
Fcei, parla sul tema: «Quale ecumenismo nell’anno 2000?».
PALERMO — Alle 17, al Centro evangelico di cultura «G. Bonelli» (via Spezio 43), per il ciclo «Riforma e riforme», il past.
Fulvio Ferrario parla sul tema: «La Riforma parallela: Zwingli. DairUmanismo alla Riforma nella città-stato di Zurigo».
MODENA — Alle ore 17,30, alla Fondazione San Carlo (via
San Carlo 5), il prof. Frédéric Manns (Gerusalemme) parla
sul tema: «Sinagoga e Chiesa alle origini cristiane».
TORINO — Alle 20,45, nel salone valdese di corso Vittorio,
Elsa Bianco (presidente dell’Unione buddista italiana) e il
giornalista e scrittore Giampiero Comolli parlano sul tema:
«11 fascino del buddismo». Presiede il past. Giorgio Bouebard.
Verrà presentato il libro di G. Comolli «11 picco di Adamo».
1® aprile
FIRENZE —Alle ore 17, al Centro culturale protestante «P.
M. Vermigli» (via Manzoni 19/a-21), la past. Letizia Tomassone parla sul tema: «Gesù e le donne visto da una donna».
TORINO — Alle ore 16, al Centro teologico (corso Stati Uniti
11), per il ciclo «Le chiese cristiane si incontrano», Aldo Moda, Bruno Rostagno e Traian Valdman discutono il tema: «Liturgia: i segni della grazia di Dio».
MILANO — Alle ore 17, alla libreria Claudiana (v. Sforza
12/a), il past. Paolo Ribet parla sul tema: «1 negro spiritual».
r-2 aprile
BERGAMO — A partire dalle 9 del sabato, al Centro culturale
protestante (via Tasso 55,1 piano), si svolge una laboratorio di
formazione alla nonviolenza e intercultura: partecipa di Juan
Romero del Servizio mennonita di mediazione (Bruxelles).
2 aprile
OMEGNA (No) — A partire dalle ore 9,30, alla chiesa metodista (v. Fratelli di Dio 64), si tiene una giornata comunitaria.
Dopo il culto presieduto dal past. Giorgio Bouchard, vi sarà
la presentazione, da parte di Piera Egidi, dei suoi libri «Incontri» e «Voci di donne». Alle 12,30 pranzo comunitario.
10
PAG. 10 RIFORMA
Commenti
VENERDÌ 24 MARZO 20on
I Riformai
EUTANASIA
ALLA FRANCESE
lEAN-JACQUES PEYRONEL
Il 3 marzo scorso, a Parigi, il
«Comitato consultivo nazionale
di etica» (Cene) ha reso noto il
suo rapporto sulla delicata e
controversa questione dell’eutanasia. Il rapporto, intitolato «Fine della vita, arresto della vita,
eutanasia» prende atto di quello
che di fatto avviene nella stragrande maggioranza degli ospedali francesi dove si registra il
70% dei decessi annuali, e denuncia lo scarto esistente tra la
legge vigente e la pratica. Propone quindi, in alcuni casi precisi e eccezionali, che il giudice
tenga conto di una «eccezione
eutanasia» che tuttavìa non dovrebbe portare a una legalizzazione dell’euta- _______
nasia. Il Comitato, nel quale sono rappresentate
le maggiori confessioni religiose, respinge sia
le tesi di coloro
che affermano la
«sacralità» della
vita (posizione
tradizionale della Chiesa cattolica ma anche deU’Islam in Francia) sia quelle di coloro che sostengono che ognuno ha diritto
a una morte nella dignità (posizione laica e del protestantesimo liberale). Queste due opposte concezioni sono, per il Comitato, ambedue «portatrici di valori fòrti» ma tentare di conciliarle porterebbe solo a una
«impasse». Occorre dunque «affrontare il problema diversamente», introducendo il concetto di «impegno solidale» basato
sull’accordo del malato e sul
consenso tra lui, i familiari e gli
operatori sanitari. Non si tratta
di depenalizzare e tanto meno
di legalizzare l’eutanasia, che rimarrebbe iscritta come reato
nel Codice penale ma di dare al
giudice uno «strumento legale
per sfuggire al dilemma» rappresentato dallo «scarto tra il
diritto e la realtà umana».
Di fronte a casi estremi e disperati, in cui ci sia non solo la
richiesta esplicita del malato,
che il Cene non ritiene sufficiente in quanto troppo soggettiva,
ma anche il consenso unanime
dei familiari e del personale di
terapia intensiva, il Cene propone di ricorrere a una «eccezione
eutanasia», cioè in pratica all’eutaniasia passiva che diventerebbe reato «non perseguibile».
Di fronte a una denuncia di eutanasia, il giudice potrebbe consultare una «commissione interdisciplinare» ad hoc la quale dovrebbe esaminare non la colpe
Il Comitato consultivo
nazionale di etica
propone una «terza
via» tra sacralità della
vita e libertà totale
bensì i moventi che hanno ispirato il suo gesto.
Alla posizione del Cene, approvata all’unanimità dei suoi
membri, ha dato un contributo
determinante il professore JeanFrançojs Collange, docente di
etica alla Facoltà di teologia protestante di Strasburgo e decano
della stessa facoltà, che è stato
uno dei principali autori del rapporto. Per Collange, come dice in
un colloquio con Remy Hebding,
caporedattore dei settimanale
«Réforme» (del 9-15 marzo
2000), si trattava di mettere ordine e chiarezza nel caos della situazione attuale che di fatto porta acqua al mulino dei sostenitori della depenalizzazione.
Il rapporto del
Cene insiste sulla
necessaria collegialità di ogni decisione in materia
di eutanasia passiva: «Le eventuali decisioni di atti
d’eutanasia non
dovrebbero presentarsi come atti
solitari e più o meno arbitrari»,
sottolinea il prof. Collange. Del
resto, l’originalità del rapporto
sta nell’affermare la necessità
dello sviluppo delle cure palliative, dell’accompagnamento dei
morenti nonché del rifiuto
dell’accanimento terapeutico.
Per Collange, di fronte a situazioni disperate in cui tutto è stato tentato, non è possibile rimanere indifferenti «in nome di un
principio assoluto». «Questi valori e questi principi - dice - meritano tutti la massima considerazione ma, di fatto, entrano in
conflitto gli uni con gli altri e si
rivelano contradditori, generando così un dilemma che può rivelarsi paralizzante. Il dilemma
è esso stesso fonte di etica; l’etica
nasce e vive meno di certezze perentorie che non di tensioni e del
rifiuto di chiudere in modo definitivo questioni il cui carattere
ricorrente e lancinante esprime
un aspetto fondamentale della
condizione umana».
Perplessità su questo testo sono state espresse sia dalla Conferenza episcopale francese sia
dalle chiese protestanti «evangelicali». Eppure nelle sue conclusioni il testo afferma chiaramente: «Il dare la morte rimane, qualunque siano le circostanze e le
giustificazioni, una trasgressione. Ma l’arresto della rianimazione e l’arresto della vita portano a volte ad assumere il paradosso di una trasgressione di
quello che deve essere conside
volezza dell’autore del reato, rato come intrasgredibile».
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Maffei. IN REDAZIONE: Alberlo Corsani, Marta D'Auria, Massimo Gnone, Jean-Jacques Peyronel, Davide Fiosso, Piervairto Rostan (coordinatore de L’eco delle valli)
Federica Toum. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avemino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Pawel Gajewski, Giorgio Gardiol, Maurizio Qirolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio. Luca Negro. Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Emmanuele Pascheno, Gian Paolo Ricco.
Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
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Wit iv sostenitore: L 200.000.
Esìsto i '> 170.000; v,
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Tarine inserzioni pubblicitarie; a moduto (42,5x38 mm, Rifomia - 37x45 mm, L'Eco delle
valli valdesi) £ 30 000 Partecipazioni; mrrVcolonna £1.800 Economici; a parola £ 1.000
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pineroio con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L'Eco delle vanii valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate il 6 dicembre1999).
Il numero 11 del 17 marzo 2000 è stato spedito dall’L/fticio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 15 marzo 2000.
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■ • Iniziato il processo a Roma contro sette militari argentini
Desaparecidos italiani
1130 marzo si saprà se un tribunale italiano può processore i militari
di una dittatura che ha annientato anche centinaia di italoargentini
MANFREDO PAVONI
VENERDÌ 10 marzo, ore 10:
nell’aula bunker di Rebibbia le gabbie sono vuote
eppure la corte dei giudici togati e popolari è appena entrata; presiede il giudice d’Andria. Anche il drappello di avvocati con toga nera e nappe
dorate si sta preparando all’apertura dell’udienza che riguarda sette casi di italiani sequestrati, torturati e uccisi in
Argentina. Oltre a questi un
neonato, figlio di Laura Carlotto, di origine veneta, precisamente nata ad Arzignano,
soppressa poche ore dopo
aver partorito il piccolo Guido, tuttora sequestrato da una
famiglia di militari.
Gli avvocati dei militari, il
generale Suarez Masón e il
generale Omar Santiago Riveros, più altri cinque sottufficiali si preparano a rovesciare sulla corte gli ennesimi
tentativi di richiesta di archiviazione, fondati sulla presunta «improcedurabilità»
del giudizio poiché i militari
accusati sarebbero già stati
processati e poi «indultad» in
Argentina. 11 prof. Aricó con
un’arringa tutta tecnica e
l’eloquio leggermente sprezzante conclude così: «Secondo il noto principio latino del
“ne bis in ibidem”, che anche
i miei allievi conoscono in sede di esame, chiedo l’archiviazione del processo poiché
i militari sono già stati processati e indultad in Argentina per i medesimi fatti».
Dopo anni di un complicatissimo iter giudiziario cominciato nel lontano 1983,
siamo arrivati al rinvio a giudizio degli imputati con lo
stato e le regioni Marche, Piemonte e Sardegna costituiti
parte civili ma ad ogni udienza le difese dei militari ripropongono la stessa litania: archiviazione. Nessuno certamente da parte civile nega il
diritto alla difesa per tutti, torturatori, ladri di polli, sequestratori e omicidi, ma in questo caso quello che i familiari
dei desaparecidos italiani e la
Lega per i diritti e la liberazione dei popoli chiedono è il diritto a un legittimo processo
che ancora stenta a partire.
Seduta tra avvocati e giornalisti nell’aula bunker di Rebibbia c’è una piccola ma forte donna bionda, sui cinquant’anni, di origine sarda.
Si chiama Santina Mastino,
ha perso un marito e un fratello tuttora desaparecidos.
Vicino a lei siede sua figlia Vanina. Aveva 3 anni quando un
sera di maggio del 1977 uccisero suo padre Mario Marras
emigrato sardo mentre la teneva correndo inseguito da
una famigerata squadra clan
Tii. Los
MUSTIAOS
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Una manifestazione deiie «Madri di Plaza de majo»
destina della polizia del fiume Tigre dove abitavano.
Mario Marras era andato a
trovare suo cognato Martino
Mastino, delegato sindacale
ai cantieri navali del tigre. Lo
chiamavano «E1 Tano» (l’italiano). Lo sequestrarono già
nel 1975 dei gruppi di destra
chiamati «la triplice», racconta Santina con un nodo alla
gola. Ma lui non si spaventava, continuava a fare il sindacalista, era un po’ testardo
come tutti i sardi. Si era rifugiato sull’isola Paycarabi nel
delta del fiume e quella sera
erano andati a trovarlo per
fare il «porcheddu» quando è
arrivata la lancia zeppa di militari e polizia politica. Mario
ha tentato di futiré ed è àtato freddato all’istante con la
bambina in braccio. Martino
è riuscito a scappare ma non
a espatriare. Lo aspettava da
tanto quel passaporto italiano lui che era nato in Sardegna, a Trasnuraghes, ma non
è arrivato grazie all’indecente
politica filomilitare della nostra ambasciata allora sotto
l’influenza del venerabile Lido Gelli. Dopo qualche giorno lo catturarono e non se ne
è saputo più nulla.
Questa è solo una delle tragiche storie dei familiari italoargentini, che impossibilitati di ottenere giustizia dall’Argentina a causa degli indulti e amnistie che sanciscono davvero la improcessabilità per i macellai delle giunte
militari, si aspettano un segno dal loro paese d’origine
che sancisce il diritto di proteggere gli italiani all’estero
vittime di omicidio politico.
La prossima udienza è fissata per il 30 marzo e finalmente si saprà se per la prima
volta nella storia della Repubblica italiana un tribunale civile processerà i militari di
una dittatura, che oltre a centinaia di italiani, ha annientato 30.000 persone, nel silenzio
e nell’indifferenza di molti
paesi, compreso il nostro.
Il Centro di Ecumene
Organizza per l’estate 2000
19 giugno - 17 settembre
Un soggiorno per famiglie e persone singole
che vogliano unire al riposo della vacanza momenti
di riflessione sul tema;
«Il cristiano allo specchio»
Le famiglie con bambini potranno usufruire di prezzi agevolati.
Ecumene sorge a Velletri, nel parco dei castelli romani. Dispone di sale comuni e spazi attrezzati per gioco e sport. Il mare
e Roma sono vicini, raggiungibili con mezzi pubblici e privati.
Le iscrizioni si aprono il giorno 1° aprile 2000. Per informazioni scrivere a Marco Molinari - coordinatore Ecumene contrada Cigliolo 00049 Velletri (Roma) tei. 06-9.33310 ore
10-12 e 16-18,30; fax 06-9633947.
Domenica scorsa, in serata, alcuni malviventi di
origine slava hanno fatto irruzione nella lussuosa villa di
un commerciante di Monselice (Padova) con l’intento di
commettere una rapina a mano armata. Ma armato era anche il padrone di casa: ne è
seguita una sparatoria in cui
uno dei ladri è stato ucciso,
un altro ferito, come pure il
commerciante, in modo lieve.
Fin qui là cronaca, sulla quale
è difficile fare commenti, perché bisogna vivere certe situazioni per poterle giudicare; e
sarà appunto la magistratura
che stabilirà se c’è stato eccesso di legittima difesa o no.
Ha colpito viceversa la dichiarazione del commerciante ai giornalisti; «L’ho ucciso
per legittima difesa, ma non
ho rimorsi». Una frase agghiacciante, come incredibili
PIERO bensì
sono gli apprezzamenti
espressi al commerciante dal
sindaco e dal presidente della
Regione. Insomma; un coro
unanime di solidarietà per
l’uccisore di un giovane di
poco più di trent’anni. Ripeto: non sta a noi giudicare il
grado di legittima difesa; ma
non è possibile stroncare una
vita, sia pure una vita sbagliata, senza provare un
profondo rammarico, un grave senso di disagio, di tristez
SUI GIORNALI
la Repubblica
Tinte fosche luterane
Mario Pirani, parlando di
un libro che evoca un futuro cupo aH’orizzonte del
mondo civile (28 febbraio),
uno scenario da fantascienza e fantapolitica, globalizzato ma invisibile, paragona
tale prospettiva «...ai sermoni dell’escatologia protestante all’avvento della
Riforma luterana che evocano “una grande paura nata da una diagnosi fosca del
presente”». E a supporto di
questa tesi cita ancora un libro dello storico delle religioni Jean Delumeau [Il
peccato e la paura, 11 Mulino), che a sua volta riporta
una frase di un pastore della Berlino del ’500: «Il demonio fa tutto quello che
può per addormentare la
coscienza degli uomini sì
che essi, senza darsi alcuna
preoccupazione, muoiano
immersi nei loro peccati».
CORRIERE DELLA SERA
Tinte fosche calviniste
I toni truculenti continuano con una brutta risposta
che Indro Montanelli dà a
un lettore della sua «Stanza»
(23 febbraio) a partire dal
problema delTeui.rnasia
(Montanelli stesso si era
detto pubblicamente favorevole in caso di sua irrimediabile malattia). Il giornalista dissente dalla posizione
cattolica ufficiale («la vita
essendo un dono del Signore, solo lui ha il diritto di toglierla alle sue creature»).
«Io non sono (purtroppo)
un credente - scrive Montanelli -. Ma se lo fossi, troverei sacrilego attribuire al Signore tanta crudeltà verso
le sue creature. E non capisco come la Chiesa che ha
di fatto, anche se non ancora esplicitamente, abolito
l’Inferno, possa sostenere
una simile tesi, degna del
calvinismo più truce».
IL MATTINO
Grazie a Jovanotti
Antonio Riboldi, vescovo
emerito di Acerru. rivolge
un pubblico ringraziamento
sulla prima pagina del 24
febbraio per l’intervento in
favore della cancellazione
del debito estero dei paesi
del Terzo Mondo. «Era nel
Giubileo degli Ebrei - scrive
-, e quindi ancora più nel
Giubileo dei cristiani quello
di riconciliarsi con i fratelli,
ridando a quanti si erano
resi poveri o schiavi, libertà
e ricchezze. Un atto che era
concreta riconciliazione tra
ricchi e poveri. In fondo tutti i beni sulla terra, anche le
nostre capacità, sono doni
di Dio e Dio non vuole essere offeso nel vedere che i
suoi doni si accumulano
nelle mani di pochi».
VENÌRDÌ 2
I
za. Non si rende conto il nostro commerciante di Monselice che con quella frase si
pone sullo stesso livello dei
malviventi che gli sono entrati in casa? Una persona, non
dico cristiana, ma semplicemente civile non può compiacersi di avere ammazzato
un uomo, anche se costretta.
Se ogni cittadino pretende di
farsi giustizia da sé, ritorniamo alla legge della giungla.
Oltre centomila porti d’ar
ma sono stati richiesti in Itali®
in questi ultimi tre anni, tutù
per legittima difesa, una china molto pericolosa. Gesù dice: «Se uno ti percuote sul
guancia destra, porgigli anch
l’altra». Gesù non è un moralista: indica soltanto la stra
che egli stesso percorrerà por
tandola fino in fondo, su
croce. Chi crede in lui do
pur dare dei segni nel a s
vita di questo rifiuto della vi
vita ai questo iiuuiu uv..—
lenza, di questa toentah
nuova, opposta alla legge a
la vendetta. Non è una stra ,
id vciiuciid. i^wii . r .«ri
facile: «Picchiateci, mi .
mordere dai vostri cani, u^
deteci, ma noi vi vincerei
con 11 nostro ùhuore»; o _
predicava Martin Luther K ng
(Rubrica «Un fatto, un cor”,
mento» della
Radiouno «Culto evange
curata dalla Fcei andata i
da domenica 19 marzo)
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PAG. 11 RIFORMA
Celebrazione a Pontevecchio
Un giovane partigiano
Quello di Pontevecchio fu uno degli episodi più cruenti della
guerra partigiana: il 21 marzo 1944 1 nazifascisti attaccarono 1
partigiani in vai Luserna: 9 partigiani caddero in combattimento, 40 vennero fatti prigionieri, quindi torturati e portati a
fucilazione a Caluso e al colle della Maddalena; i rimanenti
vennero portati in Germania nei campi di sterminio. Sabato 25
quell’eccidio verrà ricordato; alla palestra di Luserna, alle 9,30,
Maura e Jean-Louis Sappé presenteranno «Renzo partigiano a
Pontevecchio, storia di un giovane, classe 1924»; alle 10,45
commemorazione a Pontevecchio con orazione dell’aw. Vittorio Negro. Seguirà il pranzo e la gara alle bocce; alle 20,30 accensione del tripode a Pontevecchio e canti partigiani.
Una sede a Perosa Argentina
Cooperative di valle
Stanno procedendo i lavori di ristrutturazione e ampliamento del padiglione posto nel parco della villa Gutermann a
Perosa Argentina, sede della Comunità montana valli Chisone
e Germanasca, che sarà destinato una volta concluso alle attività delle cooperative di valle. «Il progetto - dice Renato Ribet,
assessore al Lavoro della Comunità - prevede un investimento di circa 900 milioni per la maggior parte provenienti dalla
Regione e dallo stato. In sostànza quello che sì realizzerà è un
centro di vendita ma anche di scambio e di promozione dei
prodotti delle diverse cooperative presenti in valle migliorando la loro visibilità e investendo così sul prodotto tipico non
solo alimentare ma anche artigianale».
PITv' Anche nel Pinerolese le materne sono le scuole private più diffuse sul territorio
Scuole private, una realtà composita
ICONTRAPPUNTOI
AGRICOLTURA POVERA
ANZI MISERA
L'istruzione primaria non statale è in netta prevalenza gestita da suore religiose e laiche
CI sono istituti superiori con sede a Torre Peli ice, PInerolo, Cumiana e Perosa Argentina
PIERVALDO ROSTAN
CARMELINA MAURIZIO
A circa un mese dall’entrata in vigore
della legge sulla parità
scolastica, vera e propria
rivoluzione nella scuola
italiana, qual è la situatone nel territorio pinerolese? quante sono le
scuole private e parificate? quanti sono i bambini
eiragazzi che frequentano un istituto scolastico
non statale? e quanti sonpi docenti coinvolti?
D^.una rapida indagine
viene fuori una realtà
molto più ricca e variegata di quanto forse i
non addetti ai lavori possano immaginare.
Sono le scuole materne
le più diffuse tra le scuole
fton statali presenti nel
Pinerolese e nelle valli
valdesi; ve ne sono un
po’ ovunque e le frequentano oltre 500 bambini, sparsi tra le sezioni
di Pinerolo, quelle di
Torre Pellice, Luserna
San Giovanni, Bibiana,
Bricherasio, San Secondo, Pinasca, Perosa Argentina e Cumiana. Si
tratta in prevalenza di
scuole gestite da suore
(ordine Mauriziano, suore di San Giuseppe, suore di Maria Ausiliatrice),
con circa 40 docenti sia
religiose (il 20%) che laiche. Nel panorama delle
elementari troviamo di
nuovo istituti di matrice
cattolica, presenti comunque solo a Torre Pelllce e a Pinerolo, con
complessivamente oltre
200 bambini iscritti e
ima diecina di insegnanti
(in gran parte laici).
Per quanto riguarda la
scuola media inferiore,
ne esistono tre sezioni
/ provvedimenti
dell'Unione
europea rischiano
di penalizzare
la montagna
studenti al computer al Collegio valdese
(circa 60 alunni) presso
l’istituto legalmente riconosciuto «Immacolata»
di Pinerolo, e altrettante
a Cumiana, dove i salesiani gestiscono la media
da oltre trent’anni, con
oltre 100 allievi, provenienti dal basso Pinerolese e dalla cintura di Torino sud, e con docenti in
gran parte laici. Più variegata è la situazione
degli istituti di istruzione
secondaria superiore: c’è
infatti il Liceo valdese di
Torre Pellice, pareggiato
da oltre un secolo, con
circa 100 allievi, in gran
parte provenienti dalla
vai Pellice e dalla vai Chisone, con corsi di liceo
classico, scientifico, linguistico europeo; c’è poi
il liceo legalmente rìco
•cuote Mauriziane a Torre Pellice
nosciuto «Immacolata»
di Pinerolo, con indirizzo
scientifico, linguistico
aziendale, pedagogico e
artistico, frequentato da
circa 100 allievi; a Cumiana i salesiani hanno da
tre anni due sezioni di liceo scientifico, con circa
120 allievi e docenti per
due terzi laici; a Perosa
Argentina esiste un istituto professionale riconosciuto dalla Regione,
con vari corsi e circa 110
allievi; a Pinerolo infine
l’ordine di San Giuseppe
gestisce da anni corsi di
formazione professionale, sempre con riconoscimento della Regione.
Questo è dunque il
quadro d’insieme, e facendo un rapido conto
sono oltre 1.200 le famiglie del Pinerolese che
hanno scelto di iscrivere
i propri figli presso istituti non statali, e rappresentano pertanto una
percentuale non indifferente di cittadini che potrebbe usufruire di alcuni dei benefici previsti
dalla legge sulla parità a
favore di quanti appunto
frequentano scuole non
statali. Per quanto riguarda i docenti, anche
in questo caso, tra laici e
religiosi, si tratta di oltre
un centinaio di lavoratori, ai quali si chiede di
avere l’abilitazione e i cui
contratti individuali di
lavoro dovranno rispettare quelli nazionali collettivi di settore.
Alla Morè dì Torre Pellice
Una «cordata»
per salvarsi
«L’agonia continua,
ma siamo agli ultimi dolori». Si potrebbe riassumere così, con le parole
di Fedele Mandarano
della Cgil, la situazione
alla Morè di Torre Pellice. Un periodo molto difficile che ha coinvolto la
storica industria dolciaria negli ultimi mesi e
che sembra colpire soprattutto i 15 dipendenti:
«Altri lavoratori non avrebbero saputo fare altrettanto - sottolinea
Mandarano - considerando che sono tre mesi
che non ricevono un vero stipendio».
Al momento si sta
aspettando la decisione
del tribunale di Pinerolo
che entro il 31 marzo dovrebbe accettare la proposta del gruppo Cedrinca di Brescia. «Bisogna
evitare il fallimento dell’azienda e soprattutto
garantire che il lavoro rimanga in valle - dice
Mandarano la Cedrinca sembra dare buone
garanzie». La prospettiva
della cordata Cedrinca,
che distribuisce i suoi
prodotti soprattutto ne
gli autogrill, arriva dopo
le lunghe trattative condotte dal prof. Bocchino
che si è incaricato della
mediazione con la famiglia Longo proprietaria
dello stabilimento.
Si potrebbe riparlare
anche di cassa integrazione, anche perché la
produzione è spesso interrotta per la continua
mancanza di materie prime, come lo zucchero.
«Sono 200 I fornitori che
chiedono dei soldi e che
stanno andando a vie legali - commenta ancora
Mandarano è un problema economico senza
precedenti, anche perché sembra che i conti
dei Longo siano chiusi».
Nel primo capitolo del libro «La Resistenza nelle
valli valdesi», di Donatella
Gay Rochat pubblicato nel
1969, viene dedicato ampio
spazio a descrivere il territorio, l’ambiente e le attività agricole. Si fa riferimento a una ricerca condotta dairires dieci anni
prima; «L’agricoltura dei
comuni montani della vai
Pellice e della vai Germanasca è stata
classificata all’ultimo gradino della scala
economica
(misera), mentre l’agricoltura degli altri
Comuni della
zona è stata posta al penultimo gradino (povera)».
Questo 40 anni fa; è cambiato qualcosa? Ci sono segnali di nuova attenzione?
C’è stato uno spopolamento di proporzioni spaventose: basso reddito,
emarginazione anche personale degli addetti, bassissima tutela, economia incentrata sull’industria, forte individualismo dei pochi
rimasti. Con questo mix
l’agricoltura montana è
quasi sparita. Solo oggi ci si
accorge che la presenza
dell’uomo in montagna ha
un suo ruolo come «custode
del territorio» e si cerca di
proporre interventi, anche
economici, per invertire un
trend fortemente negativo.
Potrebbero giocare un ruolo favorevole anche la crisi
del mondo industriale e la
richiesta sempre crescente
di prodotti tìpici e soprattutto ottenuti con sistemi
naturali o biologici. E proprio in questi giorni le Comunità montane sono impegnate a definire quali siano i prodotti del territorio
veramente «tipici» e a rischio di scomparire, dunque da salvare.
Ma i provvedimenti che
l’Unione europea, tramite
governi nazionali o regionali, sta proponendo sembrano trovare pronti più gli
speculatori che i montanari
autentici. È il caso del cosiddetto «premio all’erba»,
dì incentivi economici che
vengono versati agli agricoltori a fronte di un certo
numero di bovini allevati e
alla superficie a disposizione dell’azienda. Sta succedendo che allevatori di pianura offrono affìtti più alti
del passato ai proprietari
degli alpeggi in modo da assicurarsi un’elevata superficie pascoliva salvo poi (è già
successo) neppure recarsi
in alpeggio. Con due risultati, entrambi negativi: i prezzi per gli alpeggi, lievitati in
modo abnorme, diventano
proibitivi per gli agricoltori
che da anni praticano la
monticazione al punto da
mettere in seria difficoltà
queste aziende «vere»; nello
stesso tempo i terreni non
vengono pa
scolati poiché
a taluni allevatori-industriali di pianura interessa poco salire
in alpeggio
ma piuttosto
acquisire il
premio. È un
rischio relativo in zone come la vai Pellice dove chi sale in alpeggio è generalmente delia valle e dunque la
monticazione è tutta interna alla valle; è un rischio
maggiore per le vallate cuneesi o per la vai Chisone. Il
vero problema è dunque
che la legge, non collegando
direttamente i premi alla
produzione di latte o formaggio, rischia di allontanare gli alpigiani doc dalla
montagna lasciando nel
contempo abbandonati i
pascoli ailpini. Sarebbe dunque un pessimo esempio di
un tentativo di aiutare chi
lavora in montagna finito
addirittura a danno dell’area che si voleva sostenere.
E a proposito di progetti
a sostegno dèlia zootecnia
montana va segnalata la discussione, davvero un po’
stucchevole, intorno al progetto di risistemazione del
sistema delle cooperative di
produzione di latte delle tre
Comunità montane della
zona. L’idea, di qualche anno fa, per cui si sono trovati
ben 500 milioni di finanziamento, era semplice: un
unico caseificio (Bobbio
Pellice) per la produzione
di latte delle valli Chisone,
Germanasca, Pellice e per
la zona San Secondo e Prarostino. Produzione di formaggi di qualità, allargamento del mercato fuori
zona, creazione di centri di
vendita; idea giusta, purtroppo, pare, in teoria. Oggi
le tre cooperative interessate coinvolgono in tutto appena 25 allevatori, portando alla Latteria di Bobbio
quantitativi di latte molto
inferiori al previsto, con costi di trasporto, dalla vai
Chisone, che superano il
valore del latte stesso. Urge
razionalizzare, ma soprattutto, creare uno spirito
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davvero cooperativistico.
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PAG. 12 RIFORMA
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VENERDÌ 24 MARZO 2000
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INCENDIO A PIAN FROLLERÒ — Poco oltre mezzogiorno di giovedì 16 marzo alte colonne di fumo si levavano sul monti di Rorà dalle parti di
Pian Frollerò. La nube densa di fumo ha oscurato il cielo per buona parte del pomeriggio ma i
danni sono stati contenuti grazie all’intervento
dei volontari anticendio boschivi. Certa l’origine
dolosa: le fiamme sarebbero state appiccate da
alcuni pastori per ripulire i pascoli di alta quota.
ACQUEDOTTI IN CRISI — Si è vista qualche timida
goccia d’acqua, anzi lunedì mattina le valli erano
imbiancate dai 600 metri in su, ma certo le precipitazioni non bastano a risolvere la crisi idrica di
molti comuni. L’Acea ha segnalato la scorsa settimana alla Regione Piemonte alcune situazioni
particolarmente difficili. Si sono azzerate le portate provenienti dalle sorgenti del colle Vaccera
ad Angrogna e quelle del Comune di Pinasca.
Forti riduzioni della portata si segnalano anche
a Raima di Roure (da 105 litri/secondo nel marzo ’99 a 87 1/sec nel marzo di quest’anno), a
Cantalupa (riduzione da 161/sec e 3 litri/sec) e a
Perosa Argentina, un tempo autosufficiente e
ora completamente alimentata dall’acquedotto
della vai Chisone con una portata di 15 1/sec.
L’Acea è fin qui riuscita a governare la situazione ma solo grazie al telecontrollo e alle interconnessioni fra i vari impianti di proprietà.
MEDICI: A PINEROLO L’89% SCEGLIE L’ASL —
Entro il 14 marzo i medici dovevano scegliere se
optare per l’esercizio dell’attività libero professionale «intra» o «extramoenia». La legge da la
possibilità ai medici di esercitare contemporaneamente attività, oltre al lavoro nel servizio
pubblico anche attività in strutture private
esterne o ambulatori, a pagamento, ovvero in
strutture interne alle aziende sanitarie. Nel Pinerolese su 219 medici dipendenti dell’Asl 10,
ben 197, pari all’89%, hanno scelto un rapporto
esclusivo con l’tizienda locale mentre 22 (l’ll%)
hanno scelto l’attività anche fuori dai servizi
dell’Asl. Alle Asl spetta la disciplina dell’attività
libero professionale: spazi da dedicare, orari,
modalità di pagamento. In fondo una maggiore
tutela per i cittadini che conosceranno in anticipo modalità e costi del servizio privato.
ALBERATE A TORRE PELLICE — Prosegue, gradualmente, l’intervento di sostituzione delle alberate cittadine a Torre Pellice: nei prossimi
giorni verranno posizionati nuovi aceri nei viali
Trento e Rimembranza al posto di quelli piantati l’anno scorso e seccati o danneggiati. Si andrà
anche alla sostituzione degli alberi di via Giolitti
e a quelli che costeggiano il passaggio pedonale
del campo sportivo. «Abbiamo poi messo a bilancio 15 milioni per proseguire gli interventi sul
viale Dante», puntualizza l’assessore Alessio che
si occupa del verde e dell’arredo urbano.
RAID FRA I CASSONETTI — Negli anni scorsi
l’Acea ha segnalato danni per decine di milioni a
causa dei vandali che incendiavano i cassonetti
dell’immondizia. Meno dannoso ma più «spettacolare» il raid notturno di domenica 19 quando una trentina di cassonetti fra Torre Pellice e
Luserna sono stati vuotati e il contenuto dei sacchi buttato a terra.
«LUNEDÌ SCIENZA» A PINEROLO — Sono partiti
lunedì 20 marzo i «Lunedì scienza» di Pinerolo
su iniziativa del Comune, del Museo di scienze
naturali e dell’associazione naturalistica Pinerolese. Gli incontri si tengono al seminario vescovile in via Trieste 44; il prossimo appuntamento,
lunedì 27 marzo, ore 20,45, avrà per tema «Capire la vita degli uccelli» con Gianfranco Ribetto
del Parco dell’Orsiera, Domenico Rosselli e
Francesca Pivani del Parco vai Troncea.
SI INAUGURA LA BIBLIOTECA A RORÀ — Si inaugura sabato prossimo, 25 marzo, la nuova biblioteca di Rorà, al municipio. Ospiti del pomeriggio (la manifestazione inizia alle 15) Massimo
Tosco e Rita Sperone; la biblioteca è inserita nel
centro rete di Pinerolo e avrà pertanto periodicamente nuove dotazioni di libri che si aggiungeranno per il prestito ai libri di proprietà. Gli
orari di apertura, grazie a un gruppo di volontari
coordinati dalla consigliera comunale Doretta
Zanella, saranno: mercoledì 10-12; venerdì 1618; sabato 15-17. Per l’inaugurazione sarà esposta la mostra «Narrare in genere».
LUSERNA: INCENDIO E ARRESTO — Per dispetto,
forse, hanno forzato la macchina e le hanno dato fuoco; è successo domenica 12 in via Ciaperassa a Luserna San Giovanni e l’incendio appiccato alla Fiat Regata ha coinvolto anche un’altra
vettura parcheggiata e il vicino edificio. Le fiamme sono state spente dai vigili del fuoco e sono
ancora in corso le indagini dei carabinieri. Venerdì 18, sempre a Luserna, è stato arrestato e
condotto al carcere di Saluzzo Giuseppe Macrì,
30 anni, di Torino, per la revoca dell’affidamento in prova ai servizi sociali.
Pareri di alcune donne suir«utero in prestito»
La scienza non può curare tutto
FEDERICA TOURN
T > UTERO è mio e
\\l_j me lo gestisco io»,
diceva uno slogan femminista degli Anni 7Ô. La
questione è tutt’altro che
superata e ha assunto oggi aspetti nuovi, grazie ai
progressi della scienza
nel campo della procreazione medicalmente assistita, ora oggetto di una
legge all’esame del Parlamento che non ha mancato di suscitare polemiche. È di neanche un mese fa, inoltre, la sentenza
che ha autorizzato una
maternità surrogata (una
donna ha dato «in prestito» il proprio utero per
far crescere l’embrione di
un’altra coppia impossibilitata a procreare), e dal
’95 si sa di «madri-nonne» che hanno avuto un
figlio dopo i sessant’anni.
Che questa materia sia
complessa e delicata è
appena il caso di dirlo.
Da un’indagine fra alcune donne di diverse età
impegnate nelle nostre
chiese, ricavo innanzitutto due impressioni: che il
problema è urgente, e
che non si può dare un
giudizio ma solo avanzare ipotesi problematiche.
Almeno per quanto riguarda «l’utero in prestito»; «Quando si ha figli
propri, è difficile capire
davvero la condizione di
chi non può averne - dice Florence Vinti, prédicatrice locale - anche se
non so se diventare madri grazie a un’altra donna sia la soluzione, visto
che non sappiamo che
legami si creeranno tra
lei e il bambino». Da un
altro punto di vista, il gesto della donna che accoglie un embrione non suo
può essere «un segno di
solidarietà fra donne»,
come sottolinea Sabina
Barai, della Fgei Valli, un
gesto di generosità così
grande da non fermarsi di
fronte al dono (o al prestito) del proprio corpo.
Naturalmente c’è l’altra
faccia della medaglia,
il rischio della mercificazione del corpo della
donna, che sarebbe ridotta a una sorta di «incubatrice vivente». «È una
questione di condizioni, e
ogni caso va valutato volta per volta - commenta
Florence Vinti - salvaguardando innanzitutto il
bene del nascituro». E in
questo senso sembrano
tutte d’accordo nel criticare la maternità dopo i
60 anni, soprattutto per la
differenza di età tra madre e figlio.
Ma è poi così necessario generare un figlio proprio, soprattutto di fronte
a tanti bambini in condizioni di adottabilità o di
affidamento? La maternità è davvero un diritto
a tutti i costi? «Non si ha
diritto alla maternità, si
ha diritto al desiderio
della maternità - reagisce
Francesca Spano, insegnante - è sbagliato pensare che la scienza possa
compensare qualsiasi
scacco della natura». Se
da un lato quindi la preoccupazione è di imboccare con leggerezza la
strada del «tutto è lecito», dall’altro c’è però
sempre l’apertura all’ascolto delle singole storie delle persone. Il problema ancora una volta è
dove mettere i «paletti»,
e quali indicazioni dare
al legislatore, per non rimanere muti di fronte a
un disegno di legge,
quello sulla procreazione assistita, che si profila
perlomeno ambiguo.
Monitoraggio in vai Pellice
La qualità dell'aria
Giovedì del pedone o domeniche verdi: sembra
scoppiata un’epidemia da inquinamento ambientale,
e non soltanto nelle città più ^andi. Forse a ragione,
siamo sempre più preoccupati per la qualità dell’aria
che respiriamo e si moltiplicano le ricerche finalizzate
a definirne le caratteristiche e le patologie.
Particolarmente interessante è il lavoro di Matteo
Massara e Roberto Pascal, con il monitoraggio della
qualità dell’aria in vai Pellice attraverso l’uso dei licheni presenti sul territorio. Una parte della natura, i
licheni, decisamente sensibile alle condizioni dell’atmosfera. Sono 28 le stazioni di rilevamento individuate dall’ospedale di Torre Pellice fino al ponte di
Bibiana, ogni rilievo è stato caratterizzato da un preciso indice di purezza ambientale. Le zone più colpite
dall’inquinamento sembrano essere il centro di Torre
Pellice, in cui i licheni risultano completamente assenti, il viale de Amicis, la zona industriale di Luserna San
Giovanni e la provinciale all’altezza del ponte di Bibiana. Critiche, stando ai licheni, anche le condizioni
dell’aria della bassa vai d’Angrogna, dell’abitato di
Torre e della zona della rotonda di Luserna. Più fortunati sembrano essere i residenti sul versante destro del
Pellice e vicino all’ospedale valdese dove i valori di
qualità dell’aria sono più elevati.
A Cantalupa si discute di alimentazione
Cucina: no all'omologazione
DANIELA GRILL
NUMEROSE persone
hanno partecipato,
sabato scorso, alla conferenza sul tema «Alimentazione italiana e piatti tipici del Piemonte: come
promuoverli e come proteggerli», proposta dal
Comune di Cantalupa.
Introducendo l’argomento il moderatore del dibattito, il prof. Tartaglia
del Politecnico di Torino,
ha ricordato come sovente la cucina e il modo di
mangiare sono anche
l’espressione della cultura di un popolo, il riflesso
delle abitudini di un luogo e della sua storia.
La breve panoramica
sulla storia della cucina
italiana e sui ricettari dei
piatti tipici, esposta dal
prof. Capatti dell’università di Pavia, ha messo in
rilievo come nel nostro
paese siano poco valorizzati i prodotti tradizionali, e come compaiano di
rado sulle liste dei menu
dei ristoranti; il piatto tipico di una determinata
zona interessa ormai
quasi solo più al turista. 11
relatore ha spiegato che
l’Italia ha sempre faticato, anche nel passato, ad
imporre all’estero, oltre
che all’interno, la sua
identità gastronomica: i
primi completi ricettari
italiani in cui troviamo
rappresentate anche le
piccole realtà tradizionali, incominciano ad apparire soltanto agli inizi
del secolo scorso, mentre
fino al 1700 non si trova
alcuna denominazione di
piatti «alla piemontese».
11 professor Gambera,
di «Slow food», parlando
della difesa e della promozione dei prodotti tipici pinerolesi, ha ricordato che l’Unione europea, con la sua tendenza
a unificare e standardizzare tutto (anche i prodotti alimentari), sta portando a un progressivo e
conseguente danneggiamento dei prodotti tradizionali di ogni nazione e
di ogni paese. Si sta verificando, per esigenze di
mercato, la scomparsa di
prodotti particolari, non
molto conosciuti e poco
allettanti commercialmente. Ad esempio, l’80%
della produzione delle
mele in Italia si basa solo
sui quattro tipi di questo
frutto più richiesti dal
mercato. «Ecco perché è
nato il "progetto dell’arca", che come una profana arca, si propone di
salvare i prodotti alimentari in via di estinzione ha spiegato il prof. Gambera -: abbiamo fatto un
censimento di tutti i cibi
che nel tempo hanno
perso, o stanno perdendo, le loro particolarità,
raccogliendoli su di un
atlante alimentare piemontese. Nel nostro progetto, in cui intendiamo
coinvolgere non solo gli
enti privati e quelli pubblici, ma anche le scuole
locali, miriamo all’organizzazione di operazioni
circoscritte sul territorio
come la costruzione di
piccole aziende-pilota, la
loro promozione turistica, e il reperimento dei
macchinari necessari».
A Luserna San Giovanni
La gora inquinata
MASSIMO CNONE
T2 una faccenda particolarmente grave - dice Giovanni Corda, capogruppo della Lega Nord al Consiglio comunale di Luserna San
Giovanni -: l’inquinamento da liquami di fognatura della gora che
passa sotto la rotonda di
Luserna non è questione
da sottovalutare». Il canale è inquinato per il
tracimare del troppo pieno della fognatura principale, un problema che
l’assessore all’ambiente
Paolo Gardiol fa risalire
ai lavori di costruzione
negli Anni 60. «Tutto dipende dalla cattiva qualità del tratto di fogna
dalla rotonda al depuratore - spiega Gardiol -; la
fognatura è sottodimensionata e non è in grado
di raccogliere le acque
bianche e nere che arrivano da più parti per i
successivi allacciamenti
di ulteriori scarichi: così
il troppo pieno finisce
nel canale».
La Lega Nord ha presentato anche un’interrogazione: «Non è detto
che non si faccia anche
un esposto - continua
Corda -: non possiamo
accettare le risposte della
maggioTanza e il Comune può essere denunciato per inquinamento», li
problema è particolarmente visibile per una
congiuntura di più fattori
complementari: il basso
contenuto d’acqua della
gora in questo periodo,
dovuto alla scarsità di
precipitazioni, ma soprattutto per la messa in
secca per alcuni lavori
lungo il canale e l’Angrogna. «È da 7 o 8 anni che
la fogna finisce nella gora
- sottolinea Gardiol - ma
fa bene la minoranza a
rilevare il problema».
Che cosa sta facendo
l’amministrazione? C’è
l’investimento di quasi 1
miliardo e mezzo per
l’appalto di costruzione
del nuovo collettore fra
via I Maggio e il Pellice.
«Oltre alle necessità delle
case sulla destra di via 1
Maggio, ancora prive di
fogna, questo nuovo tratto quando sarà terminato - promette l’assessore
Paolo Gardiol - risolverà
il problema, diventando
il braccio principale della fignatura e raccogliendo di conseguenza le acque in eccesso».
A San Germano Chisone
L'acqua della Turina
È ormai certa la decisione di scioglimento del consorzio che gestisce attualmente l’acquedotto della
borgata Turina a San Germano e non resta che prendere atto della situazione e pensare al futuro. Lunedì
27 marzo, alle ore 21, si terrà una riunione pubblica
nell’ex municipio di Turina convocata dall’amministrazione di San Germano che avrà all’ordine de) giorno, unitamente ad altre problematiche legate a interventi da eseguire o da progettare per il piccolo centro,
proprio la gestione del servizio acqua nella borgata
passato ufficialmente dal consorzio al Comune.
11 ruolo gestionale di distribuzione dell’acqua nelle
case di Turina, che è stato ricoperto dal consorzio locale per più di 30 anni, viene infatti ora assunto dal
Comune di San Germano che ha comunque già pensato di dare in conto gestione tutta la pratica al Consorzio Acea. «Abbiamo già preso degli accordi con
l’Acea - dice il sindaco di San Germano, Clara Bcunus
- che si occuperà dell’acquedotto, che rimarrà comunque di proprietà comunale. Al di là della gestione
però lo scioglimento di questo "sodalizio dell’acqua’’,
come di altri consorzi simili, è comunque una perdita
per il territorio anche in termini umani perché sicuramente rappresentano un momento di condivisione
della vita comunitaria che scompare».
Tradizione a San Secondo
I tipici «tiipin»
Nell’ambito della tradizionale festa di San Secondo, oltre alle varie iniziative che hanno accompagnato la rassegna artigianale, una nota di merito va alla simpatica mostra organizzata dalle
scuole materna ed elementare, intitolata: «1 tùpin, la nostra tradizione».
Partendo da un lungo
lavoro di ricerca e di documentazione negli archivi comunali, si è scoperto che fin dal 1600 a
San Secondo esisteva un
fiorente mercato di pignatte {»tupin» in dialetto) e di vasellame da cucina. Sfruttando la buona
qualità dell’argilla locale,
la produzione di terrecotte si sviluppò, oltre
che nel circondario, anche in Francia: un documento storico risalente
al 1692 dimostra infatti
come in un’ordinanza
venne ordinato al sindaco del paese di «far costruire mille pignatte di
terra» per il vettovagliamento delle truppe francesi. 1 manufatti veniva
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raccolta nei comuni confinanti di Prarostino,
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Porte: si calcola che un
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Basandosi sulle notizie
storiche trovate, e con
l’aiuto di un esperto artigiano, i ragazzi delle
scuole hanno realizzato
tupin, piastrelle e oggetti
vari, costituiti al 100% da
argilla proveniente dal
terreni di San Secondo,
che loro stessi hanno
cercato, raccolto, snii'
nuzzato e setacciato.
Hanno esposto il loro lavoro su alcuni cartelloni,
con fotografie e disegni
in cui vengono ancne
spiegati i diversi utilizzi
delTargilla nel passato e
nei giorni nostri e tutte le
sue possibili lavorazioni«Il prossimo anno faremo a San Secondo una
fiera almeno regionale
dei vasai» dice soddisfatto l’assessore Cozzo che
ha curato la rassegna.
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Il cioccolato
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al posto del burro di cacao, anche la Caffarel che
da tantissimi anni ha in
vai Pellice la sua culla.
Fatturato in crescita (!’
anno scorso è stato ragàunto il record di 100 miI lardi di fatturato), circa
I 500 dipendenti in stabilimento compresa una
quarantina di «stagionali», oltre 100 agenti per la
vendita diretta su tutto il
territorio nazionale, un
6% della produzione destinato all’esportazione:
queste, in sintesi, le cifre
della Caffarel. «Non rinunceremo alla qualità;
continueremo a usare il
burro di cacao che acquistiamo da una ditta, l’unica in Italia, a Lecco», annuncia il dott. Edoardo
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Un progetto della Caffarel
La nocciola prospera
anche nelle valli
PAG. 15 RIFORMA
Bulgheroni, responsabile
della fabbrica di Luserna.
L’azienda, nata come
«Caffarel-Prochet» per
opera di alcuni valdesi di
Torino, è da un paio di
anni legata alla Lindt con
una buona integrazione
dei due marchi. Collaborazione dunque, e non
concorrenza, con l’industria elvetica, radici nel
mondo protestante. Ma
già in passato l’arte delle
produzioni dolciarie ha
visto in primo piano evangelici, a volte di origine svizzera, altre provenienti dalle Valli. Del resto, fin dal ’600 i rapporti
con l’Olanda avevano introdotto fra i valdesi la lavorazione del cioccolato
(a Torino nella seconda
metà dell’800 c’era Caffarel, ma anche Talmon);
sempre intorno alla metà
dell’800 da Suoz in Engadina si era trasferita ad
Aosta una famiglia Boch
(protestanti naturalmente) che aprirono una rinomata pasticceria nel
centro della città. Ma la
presenza protestante attiva nel settore dolciario si
estese anche al Sud Italia:
a Napoli con la fabbrica
di cioccolata e caramelle
Decker (ex Gay-Odin), 23 caffè-pasticcerie (attualmente un negozio al
Vomero), e due pasticcerie Caflisch in via Toledo
e al Vomero. A Catania, la
prima pasticceria (Caviezel) fu di una famiglia
protestante elvetica.
Fra gli ingredienti di molti prodotti Caffarel c’è la
nocciola; nella fabbrica di Luserna ne arrivano tantissime, sgusciate e, secondo una scelta consolidata da
tempo, di elevata qualità. Si tratta della «tonda gentile
delle Langhe», una varietà che prende il nome dalla
zona di provenienza, guarda caso nelle vicinanze di
un’altra grande del cioccolato, la Ferrerò. L’Italia è una
buona produttrice di nocciole, nel Nord come nel Lazio o in Campania; poi c’è l’importazione; la Turchia è
uno dei massimi produttori e ’99, dopo il terremoto,
ha visto scendere il prezzo garantendo comunque una
fonte di ricavo economico a un paese molto provato.
Ma la nocciola potrebbe crescere bene anche nelle
nostre vallate: è quanto spera la stessa Caffarel, da tre
anni partner della Comunità montana vai Pellice e di
alcuni agricoltori della valle in un progetto di introduzione del noccioleto. Sono per ora superfici ridotte
(in totale poco più di 2 ettari) ma l’attecchimento delle giovani piante sembra buono. Le coltivazioni veiigono seguite da un agronomo che periodicamerite visita tutti i piantamenti suggerendo gli eventuali interventi fitosanitari. Nel 1999 è stata effettuata la potatura dei soggetti migliori e quest’anno potrebbero esserci le prime produzioni. Già prima del «progetto
Caffarel» a Pinerolo è sorto un impianto di circa
17.000 metri quadri che nel ’99 ha prodotto parecchi
quintali di nocciole: prezzo spuntato, al quintale e da
sgusciare, 350.000 lire. Dunque una buona resa rispetto ad altre coltivazioni della bassa valle: riella
stessa annata agraria nel vicino Saluzzese si è arrivati
a pagare le pesche, poi destinate alla distruzione, la
ridicola cifra di 200 lire al kg mentre la coltivazione di
kiwi, fino a pochi anni fa considerata assai redditizia,
in alcune situazione viene ormai abbandonata.
^ Pomaretto: il vecchio stabile ritorna a vivere con nuove inizative di valorizzazione
I «modellini» di Ferrerò esposti alla Scuola Latina
DAVIDE ROSSO
Ritornerà a vivere la scuoia Latina di Pomaretto in vai
Germanasca quando, dopo i necessari interventi di ristrutturazionè, diventerà la nuova sede
della «Collezione Ferrerò» (la
raccolta della produzione completa di Carlo Ferrerò di modellini raffiguranti persone impegnate in lavori tipici e tradizionali, unica nel suo genere) e
della nascente «Biblioteca del
patuà». Questa è almeno l’intenzione dell’associazione Ami
ci della Scuola Latina, da poco
costituitasi, che ha fra i propri
scopi oltre a quello di recuperare e di rivalutare la struttura della Scuola Latina di Pomaretto,
ha anche ovviamente quello di
promuovere «la tutela e la salvaguardia delle testimonianze,
dell’identità storica, educativa e
culturale che, ha suo tempo, fu
garantita dalla scuola».
«L’associazione è nata agli inizi di marzo - dice Ebe Balma,
presidente del sodalizio -. Attualmente abbiamo già attivato
due commissioni, una di proget
tazione tecnica e una incaricata
di ricercare i fondi per la realizzazione delle opere necessarie
alla ristrutturazione e all’allestimento dei locali. Abbiamo previsto tre lotti di interventi: uno sul
pianterreno dove verrà ospitata
la collezione Ferrerò; uno per il
primo piano, dove verrà realizzata una sala conferenze e la biblioteca del patuà; e uno per il
seminterrato dove si pensa di
realizzare una postazione multimediale». Un progetto complesso dunque che mira a rivalutare
un patrimonio culturale che ri
schiava di andare perso. I fondi
necessari però sono parecchi. In
parte proverranno dalla Provincia, che pare abbia già dato una
sua disponibilità di massima alla
realizzazione dell’allestimento
della collezione, ma l’associazione ha anche l’intenzione di attivarsi per presentare i propri progetti alla Regione e alla Tavola
per poter utilizzare fondi dell’
8%o «ma soprattutto - conclude
Balma - contiamo molto sulla
sottoscrizione degli ex allievi a
cui presto invieremo una lettera
di presentazione dell’iniziativa».
NELLE CHIESE VALDESI
IMPEGNO CRISTIANO — Sabato 25 marzo, alle 17,
nel salone della Foresteria di Torre Pellice, il pastore Claudio Pasque! parlerà su «La proposta
New Age e la fede cristiana».
ANGROGNA — Il culto del 2 aprile avrà luogo nel
tempio di Pradeltorno e vedrà la partecipazione
della scuola domenicale. I bambini trascorreranno insieme tutta la giornata alla Rocciaglia.
BOBBIO PELLICE — Riunione quartierale all’Inverso, martedì 28 marzo alle 15. Culto in francese
domenica 26 marzo.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 26 marzo,
assemblea di chiesa per l’elezione dei deputati
al Sinodo e alla Conferenza distrettuale. Riunioni quartierali: giovedì 23 marzo, alle 20,30, a
Fondo San Giovanni, venerdì 24, agli Airali,
martedì 28, alle Vigne. Martedì 28 marzo, alle
20,45, studio biblico su «Nella chiesa, una, santa
cattolica, apostolica».
POMARETTO — Venerdì 24 marzo culto al Centro
anziani di Perosa Argentina. Mercoledì 29 marzo, alle 20,30, riunione ai Maurini, venerdì 31,
alle 20,30, riunione a Perosa Argentina.
PRAROSTINO — Riunione quartierale giovedì 23
marzo, alle 15, ai Gay. Domenica 26 marzo, alle
9 culto al Roc, alle 10,30 culto a Pralarossa.
SAN SECONDO — Domenica 26 marzo, culto alle
ore 10 con assemblea di chiesa: all’odg elezione
dell’anziano-a del quartiere di Miradolo Paglierine. Martedì 28 marzo, alle 20.30, studio biblico
sulla «Passione di Gesù».
TORRE PELLICE — Riunioni quartierali: venerdì 24
marzo agli Appiotti, martedì 28 all’Inverso.
VILLAR PELLICE — Sabato 25 marzo alle 21, nella
sala del teatro, la filodrammatica di Luserna San
Giovanni presenta «L’uomo, la bestia e la virtù».
Martedì 28, alle 20,30, riunione all’Inverso.
Alla Casa valdese di Vallecrosia
Soggiorni estivi
Alla Casa valdese di Vallecrosia si organizza lo spazio
destinato a bambini e bambine delle scuole domenicali e del precatechismo. L’appuntamento con il mare
e i giochi in gruppo è fissato per due campi nei periodi
12-24 giugno e -25 giugno-7 luglio, riservati a bambini/e di 6-9 anni e dai 9-12 anni. 1 due campi ospiteranno al massimo 30 bambini ciascuno e il gruppo sarà
affidato a 5 monitori/trici. La quota di partecipazione
è fissata in 410.000 lire, cifra che comprende anche
30.000 lire di argent de poche. Fuori dalla somma indicata la gita (50-60.000 lire) e il viaggio in treno (35.000
lire, metà prezzo per i bambini sotto i 12 anni).
Le iscrizioni (raggiunto il numero massimo sarà
aperta una lista d’attesa) sono raccolte per il primo
campo da Patrick Stocco (tei. 0121-81316) e per il secondo da Anne Pilloud (tei. 0121-75726).
K. Inghilterra e Francia meta delle ultime iniziative con scuole europee
Scambi fra studenti al Collegio valdese
Da anni ì’anii'ità del Collegio valdese di Torre Pellice si qualifica anche attraverso gli scambi con studenti e scuole di altri paesi. Abbiamo raccolto le impressioni di due
studenti su recenti scambi con ITnghilterra e con la Francia.
ALondra
«La prima settimana di luglio
1999 mi venne data la possibilità
di andare a Londra, usufruendo
della disponibilità della Streatham
Hill & Clapham High School e delle famiglie delle sue allieve. Viaggio tranquillo; alla stazione di Liverpool Street incontriamo le nostre corrispondenti: dopo il primo
imbarazzo il gruppo italiano si di'dde per andare ad assimilare usi e
costumi della vita londinese.
Siamo riusciti a visitare molti
luoghi interessanti: Westminster
Abbey, Buckingam Palace, il British Museum, la National Gallery,
preenwich ed è assolutamente
impressionante trovarsi davanti a
guello che fino a pochi giorni priuià era soltanto una fotografia su
Uh libro di testo. Tappe inevitabili:
Tmfalgar Square e Piccadilly Cir"^us. Solo un giorno abbiamo seguito alcune ore a scuola con le
hostre corrispondenti e, ovvianon ci siamo lasciate scappatela lezione di tennis.
Dna settimana passa in fretta e
cosi tutti pronti all’aeroporto, an^ta assonnati, stanchi per i chilometri fatti, con tanta voglia di tor®te ai cari spaghetti ma, allo
«tesso tempo, tristi per abbandoete l’Inghilterra. Come promes11 19 febbraio all’uscita da
«cuoia eccole giungere con i loro
bagagli. La nostra Pinerolo non
sarà come Oxford Street: poco importa, i portici del sabato pomeriggio vanno benissimo. Finito il
week-end anche le nostre ospiti si
armano di penne e quaderni e, a
seconda delle loro preferenze,
vengono inserite nelle varie classi
e inoltre seguono lezioni di italiano organizzate su misura per loro.
Così come noi anche loro hanno
potuto visitare diversi luoghi da
Torre Pellice e Angrogna a Torino
e Milano fino a sabato 25 febbraio.
Uno scambio, per breve che
sia, è veramente utile: innanzitutto si migliora la lingua, perché ci
si trova in un paese straniero,
completamente immersi in un altro mondo e bisogna riuscire a
maneggiare le proprie conoscenze per cavarsela. Un altro elemento fondamentale sono i rapporti umani: si creano legami difficili da dimenticare».
Laura Fiorenzato, IV anno
A Parigi
«Parigi non è poi così lontana:
basta viaggiare di notte in cuccetta e il mattino si è già pronti per
assaporare gli inimitabili croissants della capitale francese. E
quanta ha sperimentato la mia
classe, il terzo anno del Liceo valdese, facendo visita nella settimana dal 12 al 19 marzo a un liceo di
Drancy, nella periferia parigina.
Il primo impatto è stato notevole: 2.000 studenti (la nòstra
scuola arriva a malapena a 100),
cinque edifici, due palestre e persino un teatro. Per noi studenti
poi, 17 più due accompagnatori.
Pinerolo; dibattito sul Consenso cattolico-luterano
Il problema giustificazione
c’era addirittura un alloggio a disposizione riservato agli ospiti
della scuola. Programma vario e
interessante: oltre all’aspetto turistico culturale abbiamo partecipato attivamente alla vita scolastica. Non sono mancate infatti le
visite ai monumenti di Parigi: Arcq di Trionfo, Norie Dame, Quartièr Latin, Montmartre, Place de
la Concorde, La Defence e ovviamente La Tour Eiffel e il Museo
del Louvre dove, un po’ di corsa,
abbiamo ammirato, tra gli altri, la
Gioconda, la Nike di Samotracia,
e la Venere di Milo.
All’interno della scuola abbiamo
seguito una rappresentazione teatrale e “piéces” di vario tipo, visitato una mostra sugli etruschi e
partecipato a un laboratorio teatrale sulla commedia dell’arte e
sulle maschere, ma l’aspetto forse
più importante (che ha giustificato
anche la nostra presenza nella
scuola francese, assieme a una
rappresentanza di un istituto tecnico per operatori di servìzi sociali
di Rieti) è stata la partecipazione a
un forum sull’occupazione dei
giovani: la nostra classe ha presentato, in francese, un documento
della Regione Piemonte su occupazione e lavoro. Come tutti gli
scambi che si rispettino non sono
mancati momenti di gioia e allegria in cui si sono intrecciati nuovi
rapporti di amicizia. Per ora non è
previsto che gli amici francesi ci
restituiscano la visita perché hanno già in programma uno scambio
con la scuola di Rieti; tuttavia ci
hanno assicurato che nel viaggio
di andata passeranno a salutarci».
Andrea Panerò Geymet, III anno
FRANCO SICILIANO
La sera del 17 marzo
c’era curiosità a Pinerolo, dove la diocesi e le
chiese valdesi del I distretto avevano organizzato una conferenza sul
tema: La giustificazione e
la salvezza nel dialogo
ecumenico (sottotitolo: Il
Consenso cattolico-luterano sulla dottrina della
giustificazione). La curiosità era di sapere quante
persone sarebbero venute ad ascoltare e quante
avrebbero capito. Per il
numero è andata bene:
circa 120-130 presenti
per un argomento di
questo genere sono molte, almeno a Pinerolo.
Quanto a capire va dato merito ai due relatori,
il cattolico don Angelo
Maffeis e il pastore valdese Fulvio Ferrario, di essere stati entrambi bravissimi e di aver permesso dì cogliere la sostanza
del problema anche a colorò che hanno minor
confidenza cori la teologia. Non era operazione
da poco; la dottrina della
giustificazione è, per la
Riforma, il criterio fondamentale di valutazione
delle affermazioni di fede, su di essa si è consumata la scissione tra protestantesimo e cattolicesimo e si discute da secoli
sulla sua corretta comprensione. Era perciò im
portante capire che cosa
significa ora questo Consenso cattolico-luterano
sulla giustificazione. Un
non esperto potrebbe infatti pensare che se il dissenso sulla giustificazione ha dato origine alla separazione delle chiese, allora il Consenso firmato
ad Augusta il 31 ottobre
1999 potrebbe essere
l’inizio della loro riunificazione. È però a questo
punto che le cose si sono
ingarbugliate.
Due soli esempi: la Dichiarazione congiunta
sulla dottrina della giustificazione è stata accompagnata da un altro
documento: l’Attestazione ufficiale congiunta
(cattolico-luterana) dove
sta scritto: «La dottrina
delle chiese luterane
espressa in questa Dichiarazione non cade
sotto le condanne del
Concilio di Trento. Le
condanne degli scritti
confessionali luterani
non riguardano la dottrina della chiesa cattolica
espressa in questa Dichiarazione». Letto dall’
uomo della strada questo
vuol dire: tutto quello,che
è stato detto a suo tempo
dai luterani e dal Concilio
di Trento rimane valido,
scomuniche e condanne
comprese, però noi pensiamo che all’epoca non
si fossero capiti bene,
perciò oggi diciamo le
stesse cose in un altro
modo e su come le diciamo oggi insieme con questa Dichiarazione siamo
d’accordo. Chiaro? Per
ognuno rimane buono
quello detto a suo tempo,
per tutti e due insieme è
buono quello detto oggi.
È come volersi risposare
senza aver divorziato dalla prima moglie.
Secondo esempio; la
dottrina della giustificazione ha messo in discussione tutta una serie di
prassi cattoliche, fra cui
l’indulgenza. Aver firmato il Consenso dovrebbe
comportare la revisione,
meglio l’abbandono, di
questa prassi che invece
è stato fatto rivivere in
occasione del Giubileo.
Firmare una dichiarazione e nello stesso tempo
fare il contrario non sembra il massimo della coerenza. Ce n’è abbastanza
perché molte persone
siano entrate forse confuse e siano uscite certamente perplesse. Eppure,
si è anche usciti con una
speranza: è emerso fra le
righe lo sforzo paziente
che una parte dei teologi
cattolici sta compiendo
per togliere dalla interpretazione del messaggio
biblico le scorie e le infedeltà prodotte dalla chiesa-istituzione: questa Dichiarazione è forse il
massimo che essi potevano ottenere oggi.
14
T
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle ¥vlli Iàldesi
venerdì 24 MARZO iOdj | yENERDl24
SPORT
PALLAVOLO
Ancora un successo del Body
Magic Pinerolo in B2 maschile; i
pinerolesi rivelazione del 2000,
hanno superato per 3-1 il Parabiago, confermandosi sesti in classifica. Perde il Cerotti in B2 femminile ma la resa delle ormai retrocesse pinerolesi non è stata totale:
opposte in trasferta alla capolista
De Tommasi Chieri hanno infatti
saputo impensierire le avversarie
fino a vincere il terzo set.
Risultati altalenanti per le formazioni del 3S impegnate nei tornei minori; nel girone D della terza divisione femminile il 3S Luserna ha superato l’Airasca ’90 per 31; gli allievi del 3S Pinerolo, nel girone A, sono usciti battuti 0-3 nel
derby col Body Sistem e le allieve
del 3S Pinerolo sono state superate, a loro volta a zero, dal Syrius
vai Noce. Successo, infine, del 3S
Pinerolo che, nel campionato juniores maschile, ha superato per
3-0 il Grande volley z\sti.
sente per malattia Davide Gay, al
suo posto ha giocato, senza fortuna, papà Enrico: 4-5 il risultato di
Moncalieri con tre punti di Fresch
e uno di Rosso.
HOCKEY GHIACCIO
TENNIS TAVOLO
Ultimo turno di campionato
per le formazioni della Polisportiva Valpellice; le due squadre di serie DI hanno vinto, entrambe per
5-3: la squadra A ha superato l’Alpignano grazie a tre punti di Rossetti e a uno a testa di Battaglia e
del rientrante Belloni; la squadra B
ha vinto il confronto con il Tt Torino grazie a due punti di Franco
Picchi e Ghirardotti e uno di Cesano. Molto sofferto, con diversi
punti assegnati alla bella e ai vantaggi, il successo in C2 con tre
punti di Migliore e due di Sergio
Chiri. Ha perso invece la Cl: as
Settimana di saluti per il Valpellice dopo l’eliminazione nei quarti
di finale: torneo di calcio, festa in
discoteca, Alessandro Rossi scelto
dagli ascoltatori di Radio Beckwith
come «Giocatore dell’anno». Il
campionato approda alle semifinali anche qui con 5 partite dirette; l’ultima designazione arriva da
gara 5 dei quarti con l’Alleghe che
va a vincere 4-0 a Merano diventando l’antagonista, in semifinale,
del Bolzano. L’altro confronto è
Asiago-Fassa. Calato il sipario sulla stagione ’99-2000 già si parla del
prossimo campionato, con una
formula a quattro stranieri e un
numero ridotto di squadre. Sono i
soliti discorsi primaverili o finirà
davvero così? Purtroppo la Federazione da anni ci ha abituati a
cambiamenti dell’ultima ora di
fronte ai ricatti di questa o quella
società. La dirigenza del Valpellice, in attesa di poter schierare finalmente i giovani del vivaio locale (bello il finale di stagione di Andrea Orticola), dovrà ancora una
volta rivolgersi al mercato. Anzi,
assicura la società, si stanno già
muovendo passi importanti: due
giocatori del Milano, Bortolussi e
l’oriundo Peca, presenti al Filatoio
per i quarti con l’Asiago sono già
stati contattati, altri giovani potrebbero arrivare alla corte di Da
Rin che, seppure non abbia ancora sottoscritto un contratto, già
usa il «noi» quando parla del Val
pellice e dei contatti avviati con alcuni ragazzi delK' giovanili della
Nazionale. Ma il j rimo risultato
sarebbe già la coni -rma dei «pezzi
da 90» già in maglia biancorossa
quest’anno: Rossi sembra nicchiare e chiederà un ritocco al contratto oltre a garanzie sulla qualità
della formazione che si sta allestendo: Olivo, dimenticate le baruffe con Topatigh, potrebbe avere richieste proprio dall’Asiago anche se ha più volte espresso la sua
simpatia per Torre Pellice. Discorso simile per capitan Scapinello,
35 anni portati benissimo, malgrado qualche problema alla schiena.
Resterà Marziale? L’italo-americano ha ottemperato al suo compito,
cioè quello di segnare, pur senza
troppo entrare nel cuore dei tifosi:
ha avuto partite eccellenti e altre
in cui sembrava estraniarsi incaponendosi nella ricerca del gol
personale. Diversamente da Tomasello, pure assai individualista
e «malato di gol», eppure capace
di trasformarsi frequentemente in
uomo assist. Resteranno i due
«bolzanini» Dorigatti e Stevanoni,
entrambi giovanissimi, entrambi
«ragazzi spogliatoio»? Potrebbero
fermarsi a Torre Pellice completando gli studi. Per il secondo, ex
Falchi Boscochiesanuova, sono
sempre più aperte le porte della
nazionale: di lui vengono apprezzate la visione di gioco, la potenza
e la capacità di non tirarsi mai indietro. La difesa è stata fra le meno
battute del campionato però dovrà essere rafforzata: troppe volte
si è subito il contropiede per la
tendenza ad avanzare dei difensori poi lenti a rientrare; è mancato
un po’ il tiro dalla blu.
Una conferenza del dottor Enrico Pascal a Luserna San Giovanni
La solitudine: non malattia ma pericolo
PAOLA NISBETTRON
INTERESSANTE e stimolante l’ascolto dell’esposizione sul tema
«La solitudine», tenuta
domenica 12 marzo a
Luserna San Giovanni
dal dott. Enrico Pascal.
L’incontro, promosso
dall’Unione femminile e
aperto a tutti, ha purtroppo richiamato poche
comunità delle valli, né
sono intervenute molte
di quelle persone che,
per l’impegno che svolgono nella diaconia o negli istituti per anziani, si
pensava potessero essere
interessate all’argomento. Ciononostante la sala
era quasi piena e si è subito instaurata una piacevole intesa tra convenuti e oratore.
«La solitudine è una
malattia?». Con questa
domanda, il dott. Pascal
ha iniziato una conversazione che ha toccato vari
punti dell’argomento. La
solitudine, ha detto, non
è una malattia, ma può
diventare la causa di disagi gravi. Può essere
una scelta programmata
(suore di clausura, esploratori, marciatori solitari,
ecc.) che, in effetti, non è
vera solitudine, perché
chi fa tale scelta è in
compagnia di se stesso.
Altre volte però può diventare un disagio sofferto per coloro che non
riescono più a ricevere
stimoli dall’esterno e di
conseguenza, privati di
quel bisogno di stima da
parte del prossimo, cadono nella chiusura e
nell’isolamento.
La solitudine, condizione positiva se goduta nel
giusto modo, diventa per
programmi della settimana
Radio Beckwith
FM 91.200-96.550
Mentre si aspetta l’inizio delle trasmissioni con
l’Acea e il Comune di Pinerolo, continuano e si
rafforzano le collaborazioni che Radio Beckwith
Evangelica mantiene con gli ospedali valdesi e
l’Asl 10 di Pinerolo per quanto riguarda l’informazione medica e sanitaria: lunedì 27 marzo in diretta alle 16,30 (mercoledì 29 alle 9 la replica) ci sarà
la dietista Paola Coata che risponderà alle domande degli ascoltatori. Venerdì 24 alle 16,30 in diretta
(lunedì 27 alle 9 in replica) sarà ospite in studio il
dott. Angelo Grillo, primario di psichiatria a Pinerolo, sui disturbi dell’alimentazione come bulimia
e anoressia. Sempre venerdì e alle 17,15, per «Un
tè con l’autore» con l’editrice Alzani di Pinerolo,
negli studi di villa Olanda ci sarà Marco Calliero.
Molto spazio viene dato alla musica, con il nuovo programma di musica occitana «Lou Froumagge» curato dall’ass. Kalendamaia in onda il martedì
alle 15 e a settimane alterne. Venerdì alle 21 in diretta il simpatico programma «Fulvio e Sergio
nell’etere». Da segnalare l’intervista in studio con
Bunna, voce dei pinerolesi Africa Unite per il nuovo album «Vibra», in onda venerdì 24 alle 11,30 e in
replica alle 18,15. Attenzione: negli appuntamenti
musicali del lunedì, mercoledì e venerdì sera. Radio Beckwith regala tre biglietti per il concerto degli Skunk Anansie del 12 aprile a Torino agli ascoltatori più attenti. Si ricorda che la redazione risponde al numero di telefono e fax 0121 -954194.
ciò un fatto negativo di
cui un sintomo è la noia,
che provoca irritazione e
conduce lentamente all’isolamento la persona,
che diventa sgradevole
agli occhi di coloro che
tentano di avvicinarsi. Il
suo aggravarsi è l’angoscia, che non è la paura
ma uno stato d’animo
che fa vivere male, che
porta a non sapere dove
stare, dove andare, a non
vedere più gli aspetti positivi della vita. Quando
questa angoscia si fa più
pesante, diventiamo preda della depressione.
Era quasi palpabile il
desiderio del pubblico di
arrivare al punto della
«cura», del «cosa possiamo fare noi» per prevenire o lenire questa solitudine. Il dott. Pascal ha
spiegato, forte di una
lunga esperienza quarantennale nel campo
medico-psichiatrico, che
generalmente le persone
pensano di curarsi da sole, inventando cose piacevoli (televisione: «meglio di niente, ma non risolutiva del problema»;
internet: «non potrà però
mai sostituire i veri rapporti umani»; la droga e
l’alcol: «illusorie panacee», ecc.). Così facendo,
questi individui diventano degli isolati che si
creano un mondo tutto
loro nel quale difficilmente altri possono penetrare senza scatenare
reazioni negative.
Che fare? Avvicinarsi
con discrezione e cercare
di instaurare un rapporto
di amicizia e comprensione, tenendo sempre
presente che per farlo
sarà necessario molto
tempo. Il dott. Pascal ha
evidenziato il fatto che la
solitudine, per definizione, crea delle difese, che
trovano la loro giustificazione nel fatto che le persone della terza età temono i cambiamenti o i
giudizi di coloro che li
circondano. Per questo si
rinchiudono in loro stesse o si lamentano del
continuo di un loro presunto stato di solitudine.
È, in entrambi i casi, una
richiesta d’aiuto che non
può essere ignorata.
M111° aprile a Inverso Rinasca
Folclore dalla Svezia
Sabato 1® aprile, alle
ore 21,15, a Inverso Pinasca, si svolge il primo
concerto per «Cantavalli»: inaugurare la rassegna di quest’anno tocca
a «Plommon», cinque ragazze che fanno musica
tradizionale svedese. Il
gruppo si è formato nel
1991 quando tre sorelle,
allora neanche ventenni,
Frida, Klara e Sanna Rosén, della città di Angelholm, incontrarono
Maria Persson e Ingeborg Svenonius, a cui le
accomunava la passione
per la musica popolare
della loro regione, lo Skane, affacciato sul Mar
Baltico all’estremo sud
della Svezia, di fronte alla
Danimarca. Le ragazze
hanno strutturato la loro
riproposta intorno alle
sonorità del violino, lo
strumento principe della
musica scandinava, arricchite dall’inserimento
di flauto e clarinetto e da
una base costruita da
Klara all’armonium: un
sound particolare, integrato dall’intensità delle
interpretazioni vocali di
carattere polifonico e
che nasce da una conoscenza dei modi espressivi della tradizione acquisita sul campo.
L’ingresso costa 10.000
lire (informazioni allo
0121-802515).
APPUNTAMENTI
24 marzo, venerdì
VILLAR PELLICE: Me 21, nel tempio, serata di diapositive a cura di Enrico Jahier su «Come eravamo
nelle immagini del pastore Roberto Jahier».
PINEROLO: Alla parrocchia Madonna di Fatima,
alle 20,30, prove di selezione per bambini dai 4 ai 12
anni, per partecipare alla rassegna primaverile «suoni
e cori di primavera», prevista per domenica 9 aprile.
Informazioni tei. 0121-321343.
PINEROLO: Alle 21,15, nella sede dell’assodazione
culturale «Stranamore»>, rassegna di cortometraggi
dal «Festival cinema giovani» di Torino.
TORRE PELLICE: Assemblea ordinaria soci della
sezione del Cai vai Pellice.
25 marzo, sabato
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 20,45, nel tempio
valdese, l’associazione Amici dell’Asilo valdese, propone un concerto vocale del gruppo corale «Les Harmonies», con la partecipazione de «Li Deiblandù»,
che eseguiranno musica occitana.
TORRE PELLICE: Al teatro del Forte, alle 16, Guido
Castiglia e Nonsoloteatro presentano «Una vita di
racconti», ingresso lire 6.000.
SAN GERMANO: Alle 21, nella palestra della scuola
elementare, serata con «Mouzico e dansa d’Oc».
TORRE PELLICE: Festa per il ventennale al Nido
comunale a partire dalle 10 e fino al pomeriggio, con
merenda, giochi, magie e altri intrattenimenti.
POMARETTO: Alle 20,45, nel tempio, concerto del
gruppo corale «Eiminal» e del coro della «Brigata alpina Tridentina» in congedo; ingresso libero, offerte a
favore della campagna di ristrutturazione del teatro.
27 marzo, lunedì
PINEROLO: Alla sala al pianterreno del seminario
vescovile, via Trieste 44, alle 20,45 incontro su «Capire la vita degli uccelli», con Gianfranco Ridetto, Domenico Rosselli, Francesca Pivani.
BRICHERASIO: Nella biblioteca, alle 20,45, Mauro
Pons parlerà di «Esperienze di viaggi», per l’Unitrè.
29 marzo, mercoledì
TORRE PELLICE: Alla Bottega del possibile, alle 21,
dibattito su «Il Mozambico tra progetti di sviluppo
dal basso e dramma dell’alluvione», con Enrico Luzzati, docente di Programmazione economica alla facoltà di Scienze politiche di Torino.
30 marzo giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, nella biblioteca della
Casa valdese, concerto per pianoforte con Massimo
Bianchi; musiche di Bach e Listz.
TORRE PELLICE: Alle 20,45, su iniziativa del Movimento federalista europeo e del Comune di Torre
Pellice, nella sala consigliare del municipio, dibattito
su: «Cattolici e protestanti di fronte all’Europa ieri e
oggi»; intervengono Giorgio Bouchard, Vittorio Morero, Alfredo Negro e Jean-Jacques Peyronel.
31 marzo, venerdì
PINEROLO: alle 17, nel Salone dei Cavalieri, incontro su «La formazione in tegrata superiore», con Ludovico Albert, responsabile del sistema educativo del
Comune di Torino.
SABATO 25 MARZO
ore 16
WALTER EYNARD
presenterà i libri scritti da
BIANCA ROSA GREMMO
ZUMAGLINI
«Dalla madia al fuoco del camino»
«Buone ricette con erbe e fiori»
«Bevande»
«Marmellate»
pubblicati dalle Edizioni
Leone & Griffa, Biella
Interverrà Fautrice
saranno disponibili assaggi
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BARGE — Il Comunale
propone, venerdì 24, alle
21, Il viaggio di Felicia;
sabato 25, ore 21, Kiss
me; domenica 26, ore 15,
18, 21; lunedì, martedì e
giovedì, alle ore 21, Anna
and thè King.
TORRE PELLICE-Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 23 e venerdì 24, ore 21,Ì5, Essere John Malkovich di
Spike lonze; sabato 25,
ore 20,10 e 22,20, domenica ore 16, 18, 20,10 e
22,20, lunedì 27, ore
21,15, Il mistero di
Sleepy Hollow.
PINEROLO — La mul
tisala Italia propone alla
sala «2cento», Il collezionista di ossa, feriali ore
20 e 22,20, sabato 20 e
22,30, domenica 15,15,
17,40, 20, 22,20. Alla sala
«5cento» è in programma, Il miglio verde: feriali
e sabato 21,30, domenica
14,45, 18,15 e 21,30.
\ '■j
■ Unitrè
Duo pianistico
Il duo pianistico formato da Giorgio Sogno e
Giorgio Spriano ha offerto la scorsa settimana un
concerto alFUnitrè di
Torre Pellice. È stata eseguita una carrellata di
brani dell”800 e del ’900;
si è iniziato con sei danze del compositore statunitense Barber che riprendono i motivi classici del ballo europeo. H
programma comprendeva poi quattro danze slave di Dvorak e il famoso
«Bolero» di Ravel, davvero suggestivo nella versione al pianoforte e,
con la sua melodia irregolare e orientaleggian'
te, capace di coinvolgere
lo spettatore in modo
quasi ipnotico. Ripetuti
applausi hanno sottolineato la partecipazione
del pubblico allo splendido concerto.
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M Una cena
Per CernobiI
L’associazione «Senza
confini» vai Pellice organizza sabato 25 matz-O
alle 19,30 alla Foresteria
valdese di Torre Pellica
una cena bielorussa finalizzata alla raccolta 0
fondi per sostenere 1 O"
spitalità dei bambm
provenienti dalla zon
contaminate daH’iitcì'
dente nucleare di Cerno
bil del 1986. La cena sara
totalmente curata dal
«Chef Kumalè» fra i P«“
qualificati esponenti de
la cucina etnica. La cen
costa 50.(X)0 lire.
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'/ENERPI 24 MARZO 2000
§ Il «mea culpa»
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A proposito del «mea culpa» del papa è stato scritto
Phe chiedere perdono non
necessariamente significa
convertirsi; anzi, il pentimento può essere un escamotage
per non convertirsi. Potrempio essere accusati di non essere mai soddisfatti, di chiedere sempre di più da un papa e da una chiesa che chiede
continuamente perdono. Potremmo essere invitati a mostrare i nostri segni di ravvedimento. Intanto rimaniamo
sorpresi dall’ardito equilibrismo del card. Ratzinger che
riconosce le «colpe del passato presenti nelle radici della
chiesa» e che chiede una «purificazione della memoria».
Purificare la memoria significa guardare al passato, scrollarsi di dosso un peso, e distogliere lo sguardo dalle responsabilità del presente.
Come credenti sappiamo
bene di essere peccatori e
peccatrici, di non trovarci
nella condizione di chi può
scagliare la prima pietra.
Questo, tuttavia, non ci impedisce di leggere la Bibbia e
di trovare in essa quella parola che possiamo applicare a
noi stessi e agli altri in un clima di onesta riprensione fraterna (se ci è consentita) o di
annuncio profetico. Nella
predicazione di Giovanni
Battista si incontra un desiderio di ravvedimento e una
predicazione autenticamente
profetica. A quelli che volevano un battesimo di ravvedimento, per sfupire all’imminenza del castigo, il profeta
anticipatore di Cristo dice:
«Fate frutti degni del ravvedimento... non pensate di dire
abbiamo Abramo per nostro
padre». Chi si pente e si ravvede deve abbandonare ogni
orgogliosa presunzione di
pretese certezze storiche, etniche, dottrinali, e deve incamminarsi per la via del ravvedimento [metanoia], del ritorno (shub) del fare frutti
che evidenziano la vita nuova. Non ci soddisfa una cerimonia sotto gli occhi delle telecamere per far vedere che
si prega nelle piazze, vestiti di
abiti sontuosi. Gesù non applaudiva simili scene.
I frutti del ravvedimento
acquistarono una fisionomia
concreta nel caso di quell’israelita che accolse la parola di Dio. Zaccheo seppe aprire la sua casa a Gesù e si
impegnò a risarcire quanti
aveva frodato. Per chi incontra Gesù il dovere del risarcimento è segno concreto del
ravvedimento. Farsi eventualmente povero per pagare
i propri debiti è in linea con
l’abbassamento di Gesù. Una
persona che si rattrista nel
momento in cui gli viene
chiesto di vendere i propri
beni e di darli ai poveri non è
adatto al regno di Dio, non è
discepolo di Cristo. Nel caso
in esame non si tratta solo di
soldi, ma si tratta anche di
posizioni di rendita consolidate con mezzi dubbi, di posizioni acquisite col braccio
secolare {cuius regio eìus religio), e l’uso delle armi. Non
ha senso chiedere perdono,
ad esempio, per le colpe
commesse contro gli indios,
se poi non si restituiscono i
tesori sottratti agli indios. Chi
dovrebbe perdonare? Non
certo l’indio ormai scomparso, non certo l’improbabile
discendente di quell’indio.
Solo Dio può perdonare le
colpe del passato. Annunciamo ogni domenica che Cristo
è morto per i peccatori. Lui
giusto per gli ingiusti. Il suo
sacrificio, una volta per tutte,
lava i peccati del mondo. Il
perdono dei nostri peccati
non avviene oggi o domani,
ma ha avuto luogo sul Golgota. Fortificati dall’annuncio e
dalla memoria della redenzione, a noi non resta che fare
frutti di ravvedimento, di attuare risarcimenti per il danno arrecato. A chi? A tutte le
vittime della discriminazione,
della persecuzione, dell’emarginazione. Si tratta di dar
vita, a proprie spese, a strutture di riabilitazione per chi
non avrebbe altrimenti alcuna speranza di nuova vita.
Salvatore Rapisarda
Catania
Un'ottica
diversa
Come sempre Filippo Gentiioni è stato chiaro nel suo
articolo sul Manifesto dell’8
marzo dal titolo «Un rosario
di colpe per dire mea culpa».
Lo stesso dicasi degli altri che
si sono occupati del documento pontificio sulle colpe
della Chiesa cattolica romana
(L. Sandri, B. Raggio, E. Mazzi). Ma poiché il documento
in questione proviene da una
chiesa che, tra l’altro, come è
ben ricordato, dice di essere
l’unica detentrice della verità
rivelata da Gesù Cristo e
l’unico depositario dell’Infallibilità nel successore di Pietro, mi chiedo perché il documento non debba essere letto
in ottica evangelistica, consultando cioè i testi di Matteo
cap. 23 e Luca cap. 11.
Pagina P^ei L/Ettori
PAG. 15 RIFORMA
Un ricordo di Rocco Alabiso dai tempi della costruzione di Agape
La Voce che senti dentro e che ti dà la forza di vivere
OANWINOCaAMRAItRESI
VEVAMO discusso tanto, fatto tanti
„u jq>rogetti, ci eravamo ripromessi di
parlarne ancora. Così scorrevano i nostri giorni ad Agape. Entrambi ventenni,
un grande entusiasmo sulla condivisione dèi progetto che portavamo avanti,
fatto di fatica indescrivibile e gioia immensa nel veder crescere un amor fraterno raccontato con parole e realizzato
nei fatti. Adesso che ci penso dico che
non si possono traslare nei nostri giorni
esperienze vissute se non riesci a trasferire anche il tempo, i luoghi, le persone,
il contesto sociale e quant’altro...
Era un po’ che ti volevo scrivere perché quando Ciro Di Gennaro era tornato dalla sua esperienza di lavoro in
un mobilificio in Svizzera, se ti ricordi,
aveva detto: «Ragazzi, noi siamo diversi
in questa comunità e non ci accorgiamo che il mondo all’esterno è tanto
cambiato; dunque, la rinuncia non è
stata dettata dalle difficoltà di eseguire
correttamente il mio lavoro, perché
professionalmente ero, e sono, molto
preparato ma l’ambiente, le persone, i
discorsi, facevano parte di un mondo
che sentivo lontano, estraneo che non
mi apparteneva. Questa è stata la mia
G. Giambarresi e Rocco Alabiso a Agape
maggior difficoltà. Qui nella comunità
la nostra vita scorre ovattata, protetta,
silenziosa. Le nostre discussioni si prefiggevano di trovare un’applicazione
pratica ai principi evangelici. Tutto il
resto, ed è tanto, resta fuori. Tutto questo prima ti confonde, poi ti mette paura e infine terrore e scappi come sono
scappatoie...».
Questa esperienza di Ciro, interiormente mi ha sconvolto e, se ti ricordi,
ne è nata una lunghissima discussione
che è durata giorni. Io, che sostenevo
che era indispensabile ritornare a vivere
nel mondo esterno che ci circonda per
mettere alla prova inostri principi nella
società che vive e bisognava farlo presto, prima che il solco diventasse più
profondo. Tu, caro Rocco, mi ricordo
bene, dicevi che occorre seguire quello
che ti senti dentro, senza mai venire a
compromessi con niente e con nessuno. Anzi, dicevi che occorre cercare e
cercare ancora il modo per rendere
concreto ciò che senti dentro. Dalla lettura dell’articolo scritto su Riforma n.
50 del 24 dicembre '99 da Erika Tomassone ho capito che questa voce dentro
ha continuato a parlarti e hai cercato in
mille modi di comunicarle a chi li stava
vicino. Ecco, Rocco, abbiamo scelto vie
diverse dopo aver lavorato per gli stessi
prìncipi, abbiamo incontrato insieme
fratelli, amici, pastori provenienti da
Ogni parte del mondo e con loro abbiamo condiviso la pratica e la fede. Alcuni
sono tornati, altri sono solo passati. Ti
ricordo e ti ricorderò sempre insieme a
tutti quelli che hanno lavorato con noi
per testimoniare di una voce che senti
dentro, che ti dà la forza dì proseguire.
La Voce c’è, caro Rocco, occorre solo
saperla distinguere tra le tante sirene.
Anche ai tempi di Gesù, in
Israele, la casta sacerdotale
mise in atto lo stesso meccanismo oggi attuato dalla
chiesa di Roma e il commento di Gesù Cristo è stato:
«Guai a voi, scribi e farisei
ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le
tombe dei giusti e dite: se
fossimo vissuti ai tempi dei
nostri padri, non ci saremmo
associati a loro per versare il
sangue dei profeti, e così voi
testimoniate contro di voi di
essere figli degli uccisori dei
profeti...» (Matteo 23, 29-31);
«Gerusalemme, Gerusalemme, ebe uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati,
quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una
chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto...» (23,37).
Giovanni L Giudici - Mestre
Siamo troppo
tiepidi
Su Raitre è stato mandato
in onda un documentario
sull’Aids in Africa: undici milioni di morti e venti di sieropositivi. Immagini chi legge
queste righe di uscire di casa
e trovare Torino cosparsa di
corpi che giacciono inanimati o in fin di vita per le strade,
moltiplichi ciò per undici ora
e per venti fra qualche mese.
Non ci sono parole. Il primo
piano di un bambino in lacrime a un passo dalla morte mi
perseguita da giorni.
Veltroni, da Mombasa, ha
giustamente invitato il Vaticano a rivedere le sue posizioni sul profilattico di fronte
a un’ecatombe che supera
Auschwitz. La risposta è stata
irremovibile (priva ovviamente di agganci biblici se
non la questione di Onan,
che era una mediocre bega
ereditaria) sul piano etico e
sul piano scientifico si è accreditata la oscena menzogna per cui il profilattico non
sarebbe protezione ade^ata.
E noi protestanti latitiamo.
Getto le nostre posizioni sono
di totale dissenso rispetto alle
vaticane, ma a livello di mass
media questo è un mistero e
non esserci a quel livello significa, oggi, non esistere.
Qualcosa potremmo pur fare:
una raccolta straordinaria di
fondi, una manifestazione nei
paraggi di San Pietro...
La questione non è in questo caso sottilmente teologica, come nel caso delle Indulgenze o della giustificazione per fede: qua sono in
gioco milioni di vite. Possibile che siamo disposti a manifestare pur giustamente solo
quando è in ballo la scuola
pubblica? Siamo un po’ troppo «rispettabili», un po’ troppo chiese ormai più archeologiche che «storiche», siamo
tiepidi forse. Ma non sarebbe
male ricordare che per i tiepidini il redentore ha una simpatia molto, molto moderata.
Enzo Robutti - Roma
Il ritardo del re
I valdesi del Piemonte (e
d’Italia) festeggiano ogni anno la data del 17 febbraio, per
ricordare che il 17 febbraio
1848 Carlo Alberto di Savoia,
re di Sardegna dal 1831 al
1849, concesse loro libertà di
coscienza, parità di diritti e
accesso alle cariche pubbliche, sia pure con qualche restrizione in materia di libertà
di culto. Ora io che, pur essendo approdato al protestantesimo da lungo tempo,
non ci sono nato e cresciuto
dentro, e soprattutto leggo la
storia con occhio europeo, osservo che il re concesse queste libertà solamente nel 1848
dopo forti pressioni internazionali e sotto rincalzare
dell’opinione pubblica liberale nel suo stesso Regno, laddove in Austria (paese pur esso cattolico in prevalenza) e
senza alcuna pressione di opinione pubblica che non fosse quella dei filosofi illuministi, l’imperatore Giuseppe
II d’Asburgo-Lorena (17801790) aveva concesso analoghe libertà (anche lì con qualche restrizione) fin dal 1782.
Quindi nei territori italiani
deU’Impero d’Austria (Trentino, Gorizia, Trieste, ducato di
Milano e Mantova, e più tardi
Lombardo-Veneto) queste libertà erano arrivate già da 66
anni. Ecco la civiltà mitteleuropea, anche in un paese cattolico. Ora questo ritardo di
66 anni non fa onore né al
Piemonte né alla monarchia
dei Savoia, mentre i valdesi,
se ponessero mente al fatto di
essere stati emancipati per
ultimi in Europa avrebbero
forse qualche motivo in meno
per accendere i loro fuochi.
Sergio Bilato - Verona
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ver
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L'albero di Natale
Un cane, tornando a casa, vede l’albero di
Natale con le luci accese e pensa: «Finalmente si sono decisi a mettere la luce in bagno!».
Dica trentatrè
Il medico visita una signora di una certa
età. Mentre ausculta chiede: «Quanti anni
ha?». Lei: «Sessantacinque». Il medico batte
sulla schiena: «Dica trentatrè...». E lei: «Eh,
dottore, io lo direi volentieri, ma non mi crederebbe nessuno...».
Soluzione del cruciverba del numero scorso
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Passatempo
Al catechismo
Classe di catechismo; il pastore sta verificando la preparazione dei catecumeni che
risulta alquanto scadente. «Ma è possibile
che non ricordiate nulla di quanto vi ho spiegato? Siete dei veri somari! Vediamo se almeno siete onesti. Chi di voi riconosce di essere
un asino si alzi in piedi». Dopo alcuni attimi
il solito Pierino si alza in piedi tra lo stupore
dei compagni. «Meno male che almeno uno
di voi lo riconosce», dice il pastore, ma Pierino precisa; «Il fatto è che mi sembrava brutto
vedere in piedi solo lei».
Il valore di un secondo
Dialogo tra Dio e uomo:
Uomo: «Cos’è un milione di anni per te, o
Dio?».
Dio: «È come un secondo».
Uomo: «Cos’è per te un miliardo di lire?».
Dio: «È come dieci lire».
Uomo: «Allora, Dio, posso avere dieci lire?».
Dio: «Certo! Aspetta solo un secondo!».
La pagella
Ambientazione preistoria: il bambino torna da scuola, evita qualche dinosauro ed en
tra nella caverna dal papà. Gli porge un mas
so di roccia che sarebbe la pagella. Il padre
posa la clava e tutto infuriato dice: «Caspita!
Anche quest’anno due materie a settembre!
Matematica posso anche capire... Ma storia!
Sono solo due sciocchezze!».
confixmti
MARZO 2000
Sviluppo
Un debito da cancellare. Sul serio
Intervista/Scalfaro
«Lo Stato è la casa di tutti»
Giordano Bruno
Il riscatto della memoria
Ebraismo
I roghi del Talmud
Zingari
Un’alterità inconciliabile?
Cmfrontii «nà copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(soaténitote lire 120.Ó00 con libro in omaggio).
Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firéntè 88,0Ò184 Roma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
(indiriszb Internet; Htip://hella.stm.it/market/sct4iome htm)
I PARTECIPAZIONI i
«In pace mi coricherò
e in pace dormirò perché
tu solo, o Eterno, mi fai
abitare in sicurtà»
Salmo 4, 8
Il Signore ha chiamato a sé
Giulietta Balma
di anni 94
Con profondo dolore ne danno l’annuncio la sorella Elsa, la
cognata Ester, i nipoti Franco,
Liliana con Bruno, Roberto con
Marisa, Renato con Daniela,
cugini e parenti tutti. I funerali si
sono svolti nel tempio valdese
di Pinerolo lunedì 13 marzo.
I familiari, riconoscenti, ringraziano tutti coloro che sono
stati loro vicino, in svariati modi,
con solidarietà e partecipazione, nel periodo della prova. Un
grazie particolare al medico curante dott.ssa Grindatto, alla
sig.na Pinuccia Negro per l’affettuosa presenza e costante
amicizia, alla sig.ra Maria Rulli
per le amorevoli cure prestate,
ai pastori Ursel Kònigsmann e
Sergio Ribet.
Pinerolo, 24 marzo 2000
«Gesù le disse: “lo sono
la resurrezione e la vita; chi
crede in me, anche se muore
vivrà; e chiunque crede
e vive in me, non morrà mai"»
Giovanni 11,25-26
La Chiesa metodista di Alessandria è vicina a Cristoforo per
la perdita del papà, il magistrato in pensione
Fausto Arrigoni
La comunità si stringe con affetto attorno a tutti i parenti nell’annuncio della resurrezione.
Alessandria, 24 marzo 2000
interno
estero
sostenitore
abbonamenti
L. 10.000
L. 20.000
L, 20.000
Versamenti sul ccp n. 46611000
intestato a: «CULTO RADIO», via
Firenze 38, 00184 Roma.
Li
16
PAG. 16 RIFORMA
II—
venerdì 24 MARZO 2000
Le
ultime notizie sull'alluvione giunte dalla Chiesa presb.teriana del Mozambico
«Abbiamo fa testa piena d'acqua...»
Previste tre fasi di intervento: soccorso immediato alle vittime, progetti di emergenza e
ricostruzione. Aperta dalla Cevaa una sottoscrizione a favore della chiesa presbiteriana
Le prime grandi piogge
dell’inizio di febbraio hanno
colpito Maputo e una parte
della provincia di Gaza: il fiume Umbeluzi è straripato e
ha tagliato le vie di comunicazione tra la capitale e il Sud
(Boane e Matutuine). I quartieri della città sono rimasti
isolati gli uni dagli altri. Sulla
costa la sabbia ha invaso le
strade, ricoprendo le automobili di un metro di sabbia
bagnata. Molti quartieri della
città non hanno più acqua né
elettricità.
A metà febbraio Chokwe e
Xai-Xai sono state colpite. La
diga di protezione di Chokwe
ha ceduto e la città è stata
sommersa dall’acqua (fino
alle finestre). Poi è toccato a
Xai-Xai: il ponte di Chicumbane è stato portato via. Anche il ponte che collega la
città al Nord ha ceduto: la
città è completamente isolata. Nella regione di Magude,
ci si sposta con piccole barche e a piedi. Il Nord del paese è stato colpito: la città di
Beira è tagliata dal Sud e dal
Nord. Il ciclone Eline ha distrutto diecine di case. Le navi non possono uscire dal
porto e quelle che portano
aiuti non possono entrare.
Il salvataggio delle persone
si fa con 5 elicotteri e con
piccoli aerei (due dei quali si
sono schiantati nelle acque).
Il governo ha diretto i soccorsi in modo ammirevole: molte scuole nonché strutture
private come club e hangar
hanno dato rifugio ai sopravvissuti. La palestra deU’Università E. Mondlane ha accolto migliaia di persone. La società civile, le istituzioni religiose e la comunità internazionale hanno solidarizzato
in modo esemplare con i sinistrati. La Chiesa presbiteriana del Mozambico (Ipm)
ha organizzato, in alcuni
quartieri isolati della capitale, una distribuzione di prodotti alimentari di prima necessità per un valore di
10.000 dollari.
I mozambicani sono una
volta di più divisi gli uni dagli
altri come durante la guerra
[civile). Nella chiesa, si sta
leader religiosi del Kosovo
Dichiarazione
di comune impegno morale
Nel loro incontro a Sarajevo
dell’8 febbraio scorso, i leader
delle comunità religiose del
Kosovo hanno emesso la seguente dichiarazione:
Il Limpopo, fiume del Mozambico ora straripato, come si presentava nei 1992, anno di grande siccità
sviluppando una grande solidarietà per accogliere famighe senzatetto. Ognuno condivide quello che ha di cibo e
di vestiti ma nello stesso tempo il prezzo di alcuni prodotti
è triplicato. Nessuno misura
la propria fatica, ma questi
sforzi sono soltanto una goccia d’acqua nel mare dei bisogni. Di fronte a tale situazione, il governo ha stabilito
tre fasi di intervento:
1) soccorso immediato alle
vittime deU’alluvione;
2) Progetti di emergenza;
3) Ricostruzione: a) appoggio con materiali di costruzione e utensili domestici; b)
appoggio con sementi, strumenti di lavoro agricoli e ricostituzione dei greggi.
«Abbiamo la testa piena
d’acqua... Le informazioni
sempre più numerose sui
danni e sulle vittime di queste alluvioni sono desolanti e
ci spingono alla disperazione; dove sono le nostre famiglie? Ma Dio è Padre: siamo
impantanati nel mare delle
calamità con gli occhi tesi
verso il futuro!». «Contiamo
sulle vostre preghiere. Pensate alle migliaia di mozambicani che vivono all’addiaccio,
a quelli che hanno trovato rifugio sugli alberi e sui tetti
delle case che minacciano di
crollare e di essere portate
via dai flussi scatenati. E continua a piovere nei paesi vicini che ci mandano tutta la loro acqua!».
Il 3 marzo abbiamo appre
Sottoscrizione
La Cevaa ha aperto una sottoscrizione per aiutare la Chiesa presbiteriana del Mozambico, membro della Cevaa.
Le offerte possono essere inviate, specificando «per Mozambico», tramite il conto corrente aperto presso la Cassa di
Risparmio di Torino, agenzia di Torre Pellice, intestato a:
Cevaa - Communauté d’églises en mission - Montpellier
n. 238724171 (Abi 06320 - Cab 31070)
so che in seguito alle piogge
nei paesi vicini, le dighe (tra
cui quella di Cabora Bassa)
sono state aperte, il che aggraverà ulteriormente la situazione tragica di coloro che
hanno perso tutto: la piattaforma del ponte Xai-Xai
che raccoglie 400 persone
che aspettano di essere portate in salvo, rischia di essere
sommersa... la popolazione
della valle dello Zambesi è
stata messa in allerta. Questa
terza ondata di alluvioni sarà
ancora più drammatica delle
precedenti: continua a piovere a Xai-Xai. D’altra parte il
servizio meteorologico annuncia l’arrivo di un secondo
ciclone proveniente dal Nord
del Madagascar, che minaccia di spostarsi verso il Nord
e il centro del Mozambico.
«Che Dio ci dia la serenità
sufficiente per alleviare i sinistrati!».
past. Henrique Mungoi
vicepresidente del
Consiglio sinodale della
Chiesa presbiteriana
past. Bento Sitoe
segretario del Consiglio
deiripm
«Noi, leader religiosi delle
comunità religiose tradizionali del Kosovo - la comunità
islamica, la Chiesa serba ortodossa e la Chiesa cattolica
romana - preoccupati per la
lentezza e l’inefficace compimento del piano di pace in
Kosovo, in occasipne della
nostra visita di lavoro con il
Consiglio interreligioso della
Bosnia Erzegovina, abbiamo
deciso di emettere la seguente comune dichiarazione:
- Tutte le popolazioni in
Kosovo sono state sottoposte
a enormi sofferenze. Siano
rese grazie a Dio che la guerra
è finita, ma sfortunatamente
continuano ad esserci insicurezza e violenza. Nostro dovere ora è stabilire una pace
durevole basata sulla verità,
la giustizia e la vita comune.
- Noi riconosciamo e accettiamo che le nostre comunità religiose differiscono le
une dalle altre, e che ciascuna di esse si sente chiamata a
vivere fedele al proprio credo. Allo stesso tempo riconosciamo che le nostre tradizioni spirituali e religiose possiedono molti valori in comune e che questi valori condivisi possono servire come
autentica base per una mutua stima, cooperazione e libera vita in comune sull’intero territorio del Kosovo.
- Ciascuna delle nostre tradizionali chiese e comunità
religiose riconosce e proclama che la dignità dell’uomo e
il ’ alore umano è un dono di
Dio. Le nostre fedi, ciascuna
nel suo proprio modo, ci
chiamano al rispetto dei fondamentali diritti umani di
ogni persona. La violenza
contro le persone o la violazione dei loro diritti fondamentali per noi non solo sono contrarie alle leggi fatte
dagli uomini, ma anche infrangono la legge di Dio.
- Noi inoltre, nel mutuo riconoscimento delle nostre
differenze religiose, condanniamo ogni violenza contro
persone innocenti e ogni forma di abuso 0 violazione dei
fondamentali diritti umani, e
specificamente noi condanniamo: gli atti di odio basati
sull’etnicità o le differenze
religiose: la profanazione di
edifici religiosi e la distruzione di cimiteri; l’espulsione
della gente dalle proprie case; l’impedimento del libero
diritto di ritorno alle proprie
case; gli atti di vendetta;
l’abuso dei mezzi di comunicazione allo scopo di diffondere odio.
- Infine, noi richiamiamo
tutte le persone di buona volontà ad assumere la responsabilità delle proprie azioni.
Trattiamo gli altri come vorremmo che essi trattassero
noi.
- Con questa dichiarazione
noi facciamo appello a tutti i
nostri fedeli in Kosovo, alle
autorità locali e ai rappresentanti della comunità internazionale in Kosovo».
Firmatari:
- Rexhep Boja, mufti e presidente della comunità islamica del Kosovo
- Artemije Radosavljevic,
vescovo di Raska e Prizren,
Chiesa ortodossa serba
- Marko Sopi, vescovo di
Prizren, Chiesa cattolica ro
mana
(traduzione di Alvise Alba
c/o segreteria nazionale del
Movimento interconfessionale della riconciliazione - Mir)
Una bambina kosovara. Nel Kosovo i bambini e gli adolescenti
costituiscono la maggioranza
della popolazione
Dal dossier della Federazione luterana mondiale «La vita dopo... il debito?»
Mauritania: i'indebitamento giorno dopo giorno
La Repubblica islamica di Mauritania confina a Nord con il Sahara e
l’Algeria, ad Est con il Mali, a Sud
con il Mali e il Senegai e ad Ovest
con l’Oceano Atlantico. Oltre la
metà del territorio è formato da deserti scarsamente abitati.
Nel 1988, la popolazione veniva
stimata a 2.283.000 abitanti, con il
44,2% di età inferiore ai 15 anni. Il
39% della popolazione vive nelle regioni del Sud dove il tasso di urbanizzazione è più elevato (48,8%). La
capitale, Nouakchott, ospita il 25%
della popolazione nazionale, con un
tasso di crescita medio annuo del
10%. Un’analisi dell’evoluzione demografica evidenzia un nètto calo
della popolazione nomade: 73,3%
nel 1965, meno del 10% oggi.
Le differenti origini del popolo di
Mauritania, siano esse berbere o
africane neré, ne fanno un paese
ricco sul piano culturale. Tutti i
gruppi hanno un progetto comune; I’islamisoio, religione ufficiale
praticata dà tutti senza distinzione.
Il contesto sociale è quello di un
paese in pieno mutamento: da una
tradizione nomade ci si avvia rapidamente verso una «società dei
tempi moderni».
Questo mutamento crea tensioni
culturali ed esige un adattamento
alle domande e alle norme delle
società urbane attuali. L’esodo rurale e la siccità hanno amplificato
la migrazione verso le regioni urbane. Questo perturba fortemente la
coesione sociale e genera nuovi
problemi. Il 50% degli abitanti della
Mauritania vive al di sotto della soglia di povertà, con una speranza di
vita di 53 anni; il 48% dei bambini
di meno di 5 anni non hanno un
peso normale e il 62% degli adulti
sono analfabeti.
Per poter attuare programmi di
sviluppo, i paesi come la Mauritania dipendono in gran parte dal denaro imprestato da organizzazioni
come la Banca mondiale o il Fondo
monetario internazionale (Fmi). I
paesi in via di sviluppo si trovano
quindi confrontati con il seguente
paradosso: i fondi avuti in prestito
anziché alimentare i diversi progetti interni, vengono in gran parte
reintrodotti nel rimborso dei debiti.
La Mauritania spende 1,5 volte più
denaro per il rimborso del debito
cbe non per la salute e l’istmzione.
Oltre un quarto dei suoi benefici da
esportazioni sparisce ogni anno per
il pagamento dei debiti cbe in totale
rappresentano il 214% del Prodotto
interno lordo (Pii).
Nel gennaio 1999, la Banca mondiale e il Fmi hanno dichiarato che
la Mauritania rientrava nel pro
gramma di sdebitamento dei paesi
poveri. Questo programma si propone di ridurre il debito dei paesi
più poveri e di mantenerlo a un livello più sopportabile. Il debito
estero della Mauritania è di circa
2,4 miliardi di dollari, suddiviso in
debito multilaterale (760 milioni di
dollari) e debito bilaterale (1.075
milioni di dollari). Settimo paese
nel mondo ad usufruire di simili riduzioni, la Mauritania vedrà il suo
debito multilaterale ridotto a 360
milioni di dollari. Per quanto riguarda il debito bilaterale, negoziati sono attualmente in corso. Se tutte le condizioni verranno soddisfatte, ci si può aspettare una riduzione
del 67%, il che potrebbe accelerare
il processo di sviluppo.
La situazione rimane allarmante e
le condizioni di vita delle popolazioni rurali sono particolarmente difficili. Nei villaggi, le donne passano il
loro tempo a confeziortare oggetti
artigianali, unica fonte di reddito oltre all’agricoltura, attività limitata ai
comuni provvisti di acqua corrente.
I villaggi sono spesso sprovvisti di
strade, di fognature o di elettricità;
nei centri di cura c’è una terribile
mancanza di materiale, di medicinali e di personale qualificato.
I bambini del villaggio di El Agba,
situato a soli 30 km da Nouakchott,
Donne tuareg in Mauritania
a volte vanno a scuola, cioè in un
blocco di calcestruzzo in mezzo alla
sabbia. «Il luogo è scuro, senza sedie, né uffici, né toilette, né materiale pedagogico; solo un tappeto
scolorato coperto di sabbia». La lavagna è vergine e comunque manca
il gesso. In assenzi di mezzo di trasporto dalla capitale, il maestro oggi non c’è. Può arrivare in qualsiasi
momento, come può non arrivare
affatto. In simili condizioni, è im
(Foto Acnur)
possibile dare un’istruzione solida
a questi bambini. È nelle zone rurali che la grande povertà è più importante. E in quelle zone che la Federazione luterana mondiale (Firn)
sta portando avanti i suoi progetti.
(2-continua)
(Tratto da Firn Information, gennaio-mqrzo 2000. Articolo a cura di
«Lwf Mauritania programme». Versione francese di Georges Guy. Traduzione italiana di J.-J. Peyronel)
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