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Bliilioteca Valiese
(Toriâo)
TORSE PELLICB
DELLE VALLI VALDESI
Q u i n d i c i n a 1 •
della Chiesa Valdne
" Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le quali avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spiritq nuovo
Anno LXXXII — Num. 8
Una copia L. 20
ABBONAMENTI
{
Æ'co; L. 600 per Tiiiterno JFeo «X« Luce: L.; 1080 per rinterno
Le 1000 per leitero
L. 1660 per l'estero
SpediE. abba postale II Groppo
Cambio d'indirizzo Lir^ 30»^
TORRE PELLICE — 11 Aprile 1952
Ammin. Clandiana Torre Pelliee - C.C.P. 2-17587
Gioia e speranza
di Pasqua
Non c’è anima cristiana che nel corso di questa settimana .-anta
m abbia rivolto la mente e lo spirito alla considerazione delle soffeènze di Cristo.
Il mistero della passione di quell’Unico, Santo, Furo, Giusto, I e■e. Buono, che la iniquità degli uomini ha schernito, umidato, crosso, è stato ancora una volta posto davanti a noi, e non abbiamo
otuto sondarlo.
Ma ora t’atmosfera pesante e grigia dei giorni .scorsi è cambiata;
foriera di un annunzio di gioia e l’annunzio risponde al bisogno che
nel cuore di tutti, il bisogno di poter credere al trionfo del bene sul
tale, al tricmfo della giustìzia sull’iniquità, al trionfo deila vita sulla
torte: il Signore è risuscitato.
Dio che era parso per un momento dimorare estraneo a tutta la
agica vicenda, dando l’impressione che nessun limite potesse essere
esso all’iniquità umana, ha ciato la Sua risposta. Una risposta come
gli solo poteva darla: ha rotolato la pietra del sepolcro, ha spezzato
legami della morte, ha richiamato in vita quell’Unico che non avrebe mai dovuto moiire.
Il fatto non è senza conseguenze per noi. Se la nostra fede dovesse
imsistere solo nel credere che c’è stato anticamente un uomo buono
giusto e santo che è morto lasciandoci in eredità delle belle massime
iioredi e religiose, essa non ci sarebbe di molto aiuto.
Ma la nostra fede può ora e deve essere ben più che questo; essa
uò e deve essere comunione spirituale col Vivente Signore, e medialiquesta comunione, il trasfondersi in noi del Suo Spirito e detla Sua
irtù.
Se noi fossimo costretti a credere che il nostro destino è di vivere,
ttare, soffrire per poi finire nel nulla della morte, non vi potrebbe
•sere luogo per nessuna speranza nel nostro cuore.
Ma la nostra speranza ora è questa che, dopo aver vissuto, lottato,
ifferto con Cristo,^ noi saremo etm Lui partecipi della vita eterna in
quella gloria che è Sua, ma che, per grazia Sua, saia anche nostra,
onformemente alla Sua Parola: « Padre, lo voglio che dove aono lo
ano meco ancht' quelli che Tu m hai dati, alhnche veggano ìa mia
loria » (Giovanni 17: 24).
La risurrezione di Cristo e^infatti promessa e garanzia della risurezione di tutti coloro che, mediante la fede, sono uniti a Lui.
(( Cristo è risuscitato dai morti, esclama l’apostolo, primizia di
uelli che dormono » (1 Cor. 15: 20).
Co.-;! ^annuncio di Pasqua ravviva la speranza e apre alla gioia
nche il cuore di coloro che hanno conosciuto la desolazione delle doorose separazioni.
L’atmosfera del giorno di Pasqua è l’atmosfera di un giorno di
Attoria e di trionfo e quindi di gioia per tutti coloro che credono.
Il giorno di Pasqua è così. E perchè mai non è così tutti i giorni?
Perchè mai nei giorni che verranno ci lasceremmo riprendere nel
ortice delle nostre preoccupazioni, delle nostre ansietà, dei nostri
'¡"ucci, delle nostre disillusioni e nell’abbattimento delle nostre prove
fisiche, morali e spirituali?
Perchè mai noi che crediamo alla vittoria di Cnsto, o megUo che
iteniamo di crederci, immersi come siamo in un mondo che non ci
rede, ci uniformeremmo all’umore e all’atmosfera di questo mondo
■he è senza speranza e senza serenità?
Dobbiamo riconoscere con umiliazione che siamo proprio dei poderi credenti e dei poveri testimoni della risurrezione!
Eppure, anche il mondo che ci circonda non domanderebbe di
■glio che di poter credere!
C’è tanta gente che ha fame e che ha sete delle verità affermate
teli’Evangelo, ma logicamente questa gente vorrebbe vederle vissute
luesto verità e praticate e messe in atto; vorrebbe vederne gli effetti
"fella vita di coloro che le conoscono.
Se crediamo alla risurrezione di Cristo, questo nostro convinciento deve essere evidente nella nostra vita.
Noi sappiamo che non siamo più soli, perchè Egli è con noi. Noi
appiamo che non .damo più deboli, perchè Egli è la nostra forza. Noi
ppiamo che non possiamo più lasciarci imprigionare dall’amarezza,
perchè Egli è la nostra consolazione e la nostra speranza.
Per noi, tutti i giorni è Pasqua, perchè tutti i giorni ci è vicino
olui che è il Vivente e che ha vinto.
Tutti i giorni deve scaturire dal nostro cuore l’inno di benedizione
ir apostolo: « Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù
tristo, il quale, nella Sua gran misericordia, ci ha fatto rinascere ineiliante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti ad una speranza viva »
Pietro 1: 3).
La speranza che VEvangelo ci ha dato, viviamola. E’ la speranza
he ci ha fatti rinascere; non facciamola morire nel nostro cuore!
Achille Deodato, Moderatore
FESTE DI CANTO
I. CORALI.
Domenica 4 maggio - ore 15: Tempio di Pinerolo.
Domenica 11 maggio ■ ore 15; Tempio di San Giovanni.
Le prove d’insieme avranno luogo alle ore 14 nei locali soliti.
Le Corali sono pregate di voler comunicare al più presto gli Inni che esse eseguiranno da sole.
IL SCUOLE DOMENICALI.
Domenica 18 maggio - ore 15: Torre Pelliee (Tempio dei Coppieri).
Domenica 25 maggio ■ ore 15: Tempio di Pomaretto.
La Commissione del Canto Sacro.
’V
A
Emmaus (Rembrandt)
udito da noi
(Al yifivani catecumeni e alle loro famiglie)
« iVon è più a motivo di^queì che
tu ci hai detto che crediamo, ma
perchè abbiamtt,i;ilito da npj.
(Giovanni 4: 42).
Questa fu l’esperienza dei Samaritani evangelizzati dalla donna che
aveva incontrato Gesù al pozzo: in
un primo temp<i> essi credettero a
motivo della testimonianza stupefacente di quella donna : a ho trovato
il Messia! Egli mi ha detto tutte le
cose che ho fatto »; in un secondo
tempo, essendo andati di persona a
Gesù, ed avendo udito direttamente
da Lui la Sua parola, essi credettero
per una conoscenza ed una convinzione personale.
Da quel momento, la testimonianza che la donna av'eva reso, apparve
loro ben piccola cosa in confronto
della grazia che essi stessi avevano
gustato al contatto con il Cristo, talché ora potevano esclamare, nella
pienezza di una esperienza vissuta:
« Non è più a motivo di quel che tu
ci hai detto che crediamo, ma perchè
abbiamo udito da noi ».
Nel medesimo modo, ogni credente è chiamato a fare una simile esperienza religiosa, affinchè la sua fede
da semplice notizia che gli è giunta
da fuori — sia pure accolta da lui
quale notizia meravigliosa — si trasformi in convincimento interiore
profondo, attraverso ad un travaglio
personale, e diventi vita della propria vita.
Ecco che cosa significa, cari catecumeni, « aver udito da noi » !
Questo rivagliare ciò che ci è stato
annunziato, questo tu per tu del nostro spirito con lo Spirito di Cristo
e la decisione di porre la propria vita sotto la buona e perfetta volontà
di Lui, sono il nascere dell’anima a
Cristo.
Voi avete imparato, cari giovani,
che, soltanto dopo tale nascita, il
credente diventa un vero figliolo di
Dio, rigenerato dal Salvatore, ed in
comunione diretta con Lui.
Ciò di cui dovete essere persuasi,
ora che entrate a far parte della
chiesa, è dunque che la fede, potenza di vita, è una grazia che si riceve
unicamente dal Cristo, in ginocchio
vicino a Lui.
Essa non è un tesoro dato, una
volta tanto e per sempre, ad un
gruppo di persone — siano i disce
poli primitivi od i nostri padri perseguitati — per poi diventare appanna^io o ei-édità, trasmìàsibilè
automaticamente ai figli; bensì è un
dono che Cristo rinnova, di volta in
volta, ad ognimo di noi, con un Suo
intervento^ personale nella nostra vita: Egli, il Vivente.
Quanto siamo dimque lontani dal
vero, se ci immaginiamo di possedere la fede, perchè apparteniamo ad
una chiesa; quanto siamo lontani
dal vero se, perchè siamo stati ammaestrati nella fede, pensiamo di essere salvati.
Chi è venuto a conoscenza della
fede, ma non l’assimila con una viva e costante esperienza spirituale,
è come un bambino al quale è stato
posto dinanzi un cibo necessario al
suo organismo, ma che egli si limita
a contemplare, rifiutando di nutrirsene; così dopo un po’ di tempo, ciò
a nulla gli vale, ed egli langne e perisce.
* * *
Siccome siamo tutti gli uni diversi
dagli altri, nell’animo, nella mente,
nel carattere, se realmente ognuno
di noi si lasciasse rigenerare e trasformare dal Cristo, creatore in noi
della (C fede che vivifica », quale fiorire meraviglioso di personalità cristiane nelle nostre comunità!
Non più, allora, un gregge unifor
me, a volte ipocrita, che segue
mediocre binario della consuetudine
religiosa, e rimane, nella vita di tutti i giorni, senza slanci, senza idee,
senza consacrazione reale, senza volontà buona di rinnovamento interiore, senza amore disinteressato;
una comunità modellata dal Cristo
in ciascuno dei suoi membri; la quale dimora in Lui, perciò vive e porta
molti frutti vari.
« « «
I Samaritani andarono al pozzo
per udire Gesù, e noi dove andremo?
Semplicemente alla Sua Parola.
tc La fede viene dall’udire, e l’udire si ha per la Parola di Dio» dice l’apostolo.
Nessuna convinzione reale, nessuna fede, come quella di cui vi ho
parlato finora, e nessuna costanza e
perseveranza nella fede, senza Parola di Dio ndita da noi stessi.
Udire da noi: nel senso di investigare, meditare personalmente, senza stancarci, la nostra Bibbia.
Cari giovani catecumeni, voi l’avete studiata, per alcimi anni, sotto
il
Capo sanguinante di jerite.
Capo dolorante, coronato
Di spine, dileggiato senza posa.
Mentre già dal rispetto più profondo
Fosti segnato come da ornamento,
M’inchino a te.
Nobile aspetto, al quale il mondo intero
S’inchinò un giorno, umile od ammirato.
Come pallido appari, oggi che i Tuoi
Occhi privati furono della luce
Della quale nessuna luce al mondo
Conobbe l’eguale.
Dalle Tue guaneie U vivido incarnato.
Dalle Tue labbra il rosso colorito
Ora è scomparso, e il rigido pallore
Della Morte si estese sul Tuo aspetto,
Sì che spenta ogni forza di tua vite
Ora mi appare.
O Signore mio, quanto Tu hai sofferta
Tutto su di me pesa, ed io risento
Cadere su me la colpa del tuo strazio.
Merito la tua collera e Tu, Giusto,
Tu misericordioso, donami un segno
Della Tua grazia.
Riconoscimi ’Tu; protettore divino,
O mio pastore prendimi con Te!
Da Te, fonte di bene « d’ogni grazia.
Ogni grazia mi viene: io mi disseco
Con bevande preziose alla Tua bocca,
E dal Tuo spirito a rne scende la pura
Gioia celeste.,,.
A Te qui vicino io voglio restare,
Da'Tii nòtì voglio distaccttrmi. Sènio
Che non vorrai respingermi, e mentre
(l Tuo cuore si spezza e in agonia
Stai per mancare, qui tra le mie braccia
yorrei serrarti.
Quando mio Salvatore, io posso stare
•i Te vicino, presso i Tuoi dolori,
Sollievo e gioia esaltano il mio cuore.
Come vorrei, amor della mia vita,
Essere al posto Tuo, e sulla Croce
Per Te morire.
lo ti ringrazio, o mio Gesù, dal fondo
Del cuore, io Ti ringrazio, o Amico
Amatissimo, che per me volesti
Soffrire tante pene! Ti scongiuro:
Fa’ che presso di Te io muoia, quando
£’ giunta l’ora.
Nell’ora mia, allorché un giorno
Da questa vita dovrò prendere congedo.
Tu non lasciarmi: e quando alfine la Morte
Dovrà ghermirmi e sentirò mancarmi
La Vita, allora Tu, Signore mio,
Stammi vicino.
Stammi vicino, mio .Signor, Ti prego
Per le Tue pene, per l’acuto strazio.
Che indurasti nell’orrido supplizio:
Strappami della notte eterna
Al terrore, e misericordioso.
Salva il mio cuore.
E mentre gli occhi si spegneranno
Nel sonno che non deve aver più fine.
Fa’ che per essi l’ultima visione
Sia l’immagine Tua sulla croce.
Beato chi così potrà morire
Com’io vorrei, si presso del tuo cuore.
Pieno di fede.
Paul Gerhard (1607-1668)
la guida del vostro pastore; ora l’avete in mano, l’avete in mente, l’avete, voglio crederlo, nel cuore, questa Parola di Dio: non l’abbandonate!
Perciò, voi cari giovani, rimanete
tenacemente attaccati alla Parola di
Dio, per non correre il rischio di credere soltanto per « aver sentito dire »; andate ad udire da. voi ogni
giorno.
Da questo vostro atteggiamento
quotidiano, attento, meditato, fedele, dipende la vita dell’anima vostra,
la comunione e lo spirito di preghiera, la volontà di ubbidienza; sopratutto dipende la possibilità di testimoniare, ripieni dell’inconfondibile letizia dei figlioli di Dio: k Crediamo, perchè abbiamo udito da
noi». (Voce)
2
L’ECO DELLE^VALLI VALDESI
. • , - N
il ""primo aÓcümento
della libertà valdese
Qualche tempo fa, su un giornale pinerolese, il Corriere Alpino, erano narrate le
viceruie elei borgo di Cavour, attraverso i
vari periodi, or tempestosi or tranquilli,
della sua storia. Narrazione interessante,
esposta con seria competenza ed insieme
con vivace scioltezza. Vi mancava però un
aspetto che, secondo noi, non avrebbe dovuto essere dimenticato: quello delie relazioni di Cavour coi Valdesi, e particolarmente quelV avvenimento notevole della
storia delio Stato Sabaudo, accaduto proprio a Cavour, e ricordato da tutti gli storici piemontesi: il trattato del 5 giugno
1561, stipuliate fra il rappresentante del Uuca di Savoiu e i Valdesi, che, come giustamente osservano il Huffiui, il Cariati, il
Viora ed altri ancora, ha « un’importanza
assolutamente fondamentale nella legislazione sabauda » e quindi in genere in quella italiana, per quanto riguarda la libertà
in materia religiosa.
A completare quindi l'esposizione storica del Corriere Alpino, in occasione del
recente anniversario dell’Editto Albertino,
che doveva trasformare in libertà ricono' jictata la tolleranza elargita, non è inuìile
ricordare quelle antiche capitolazioni di
Cavour, che da un lato segnano un’affermazione straordinaria di tolleranza in un
periodo d’implacabile intolleranza, e dall’altro, a causa dei limiti in cui essa è costretta e soffocata, mettono in evidenza il
valore non meno straordinario della libeTuzioiiQ Ottenuta tre secoli dopo»
Il tragico antefatto
E’ necessario anzi tutto accennare
all’antefatto, al terribile dramma di
persecuzione e di guerra in cui i
Valuesi furono involti fra il 1560 ed
il 1561. Quando il duca Emanuele
Filiberto di Savoiai, in virtù del trattato di Catean Gambresis (3 aprile
1559), ebbe riacquistato i suoi Stati,
s’impegnò, coi potenti Sovrani di
Francia e di Spagna d’estirparne totalmente l’eresia protestante. Onde,
appena sbarcato a JNizza, emanò il
terribile decreto del 15 febbraio
1560, che praticamente voleva significare l’eliminazione dei protestanti,
e quindi dei Valdesi, dagli Stati Sabaudi. Ne fu affidata l’esecuzione al
conte Filippo di Savoia-Racconigi,
cugino del Duca, al cognato di lui
conte Giorgio Costa della Trinità ed
all’inquisitore Giacometti.
Dapprima l’opera di repressione
fu rivolta contro i numerosi gruppi
evangelici esistenti nella pianura e
nelle valli piemontesi, i quali furono
inesorabilmente soppressi. Fra essi,
ricordiamo appunto il piccolo nucleo
di Cavour, di cui troviamo qualche
residuo disperso sia alle Valli sia a
Ginevra-. Poi l’azione ostile si volse
contro il nucleo dei Valdesi, di gran
lunga il più numeroso e compatto e
meglio preparato alla resistenza dalla sua secolare tradizione. Si cercò
anzitutto d’indurli con le persuasioni, le lusinghe, le minacce, ad una
più o meno larvata abiura. Dimostratisi inutili questi ripetuti tentativi,
si passò all’azione di forza. Il 1 novembre 1560 un esercito aggressore
agli ordini del Conte della Trinità,
s’affacciò alla Valle del Pellice. Sotto il peso della sua soffocante pressione, le trattative continuarono sempre più minacciose per altri tfe mesi. Tutto fu inutile. I Valdesi resistettero tenacemente. Ed infine, il
22 gennaio 1561, si passò alla guerra
aperta.
I Valdesi s’erano raccolti in due
posizioni naturalmente forti: la regione della Comba, sulla montagna
del Villar, e la rude conca del Pra
del Tomo. Nell’una e nell’altra parte il nemico, partendo dalle basi fortificate di Luserna e deUa Torre, li
aggredì furiosamente, con una serie
d’assalti tenacemente ripetuti, adoprando la potenza delle armi, l’accortezza della tattica, la crudeltà della repressione, gli infingimenti più
sleali dell’inganno. Tutto inutile. Ogni volta fu respinto con perdite sanguinose. L’ultimo assalto contro Pra
del Tomo, si scatenò il 28 aprile. Fu
un disastro.
Trattative di pace
tra parte egli stesso della convenienza di concludere con un accordo ragionevole un’impresa che s’era dimostrata fino a quel punto tanto disastrosa e d’esito tanto incerto, s’era
a poco a poco deciso di tentare una
composizione pacifica del confUtto.
Lo dimostrano due lettere dei primi giorni d’aprile al Conte della Irinità ed al Conte di Racconigi. Finalmente egli prese la determinazione
d’incaricare quest’ultimo di trattare
direttamente coi Valdesi, consentendo loro quel libero esercizio del loro culto nell’ambito defie Valli, che
da più di un anno aveva nei modi
più violenti e più duri tentato d’estirpare. Così nei primi giorni di maggio il Conte, preso contatto coi Vaidesi, li invitò a delegare loro rappresentanti per trattare con lui, in
nome del Duca, le condizioni della
pace.
Il luogo scelto come sede delle trat-tative tu appunto Cavour. La ragione n’è facilmente comprensibile,
quando si sappia che la terra di Cavour era possesso feudale del Conte
di Racconigi, che vi aveva anche una
sua residenza abituale. Il capostipite
del ramo dei Savoia-Racconigi a cui
egli apparteneva, un Lodovico di Savoia-.Acaia, uno degli ultimi discendenti della schiatta dei famosi Principi d’Acaia signori di Pinerolo, aveva ricevuto nel 1433 dal duca Amedeo Vili di Savoia l’investitura
della Contea di Racconigi, di Cavour
e d’alcuni altri luoghi vicini. Il Conte Filippo n’era l’erede diretto. Perciò egli potè ricevere amichevolmente i delegati valdesi neUa sua nobile
residenza di Cavour, quell’edificio
che si trova sulla piazza della Chiesa parrocchiale del borgo, e che, per
quanto ormai umiliato dal logorio
del tempo, porta ancora il nome di
Palazzo d’Acaia.
I delegati valdesi erano nove. Due
erano pastori: Lorenzo Valle, originario deUa Comba del Villar, ove
da due anni svolgeva il suo ministero come collega del pastore Gilles,
dopo essere lungamente stato barba
itinerante fra i gruppi Valdesi dispersi; e Claudio Rergio, originario
di Sampeyre, formato al ministerio
evangelico néR’Accademia di Ginevra ed attualmente pastore alla Torre; ambedue uomini venerandi per
età e per dignità di vita, naturalmente designati a dirigere il gruppo dei
colleghi. Gli altri erano sette laici:
Giorgio Monastier, sindaco di Angrogna. Michele Reymondet, sindaco del
Tagliaretto (ch’era allora il centro
valdese di Torre Pellice), Costantino
Ramhaud del ViUar, Perone Ardouin di Bobbio, Giovanni Malanot
di San Giovanni, Pietro Pascal di Val
S. Martino, Tommaso Roman di Val
Chisone. Una delegazione di gente
semplice e risoluta, dalla mente chiara e dalla volontà tenace, che, come
aveva saputo resistere vittoriosamente alla violenza, così si dimostrò
capace di vincere anche questa difficile battaglia per la pace, con una
coscienza dei propri diritti essenziali, ed insieme con un senso d’equilibrio, di misura e di consapevolezza
dei limiti inevitabili, veramente ammirevole.
Il trattato di Cavour
Ma già da qualche settimana erano stati tentati approcci di pace. Il
Duca, seguendo l’azione conciliante
della moglie, la Duchessa Renata, e
del cugino Conte di Racconigi, che
s’erano fin dall’inizio dimostrati benevoli verso i Valdesi, persuaso d’al
sente a coloro che sono stati costretti all’abiiua di Riprendere l’antica
fede evangelica, lindi, venendo alla
parte sostanziale, concede ai Valde- |
si libertà di coscienza e di culto nei
limiti delle loro Valli, ove possono
celebrare le proprie funzioni nei luoghi di culto già ^abiliti. E’ però loro proibito d’avere luoghi di culto
nel territorio d) San Giovanni e nel
piano della Torre ad oriente del Biglione. Sono loro confermate le franchigie, immunità^ privilegi di carattere civile, economico e sociale, di
cui già godevam). E’ loro concesso
di poter circolare’ liberamente in tutti gli Stati Sabaudi per causa di lavoro e di commercio; però è loro
strettamente vietato, al di fuori delle Valli, di manifestare in qualsiasi
modo i loro principi religiosi o di
porre comunque j la loro residenza.
Infine, pur ristabilendosi in. ogni Comune delle Valli il culto cattolico,
nessun Valdese era obbligato a frequentarlo. 1;
Per chi esamini le eondizioni del
trattato di Cavoiàr nel quadro del
tempo e dell’ambiente in cui verniero stabilite, esse àcquistano veramente una grande in^portanza. Anzitutto
rispetto ai Val deli. Essi fino a quel
momento vivevaim; fuori della legge,
potenzialmente pfeìseguitati e banditi, senza nessunal possibilità di sicurezza e di protezème. Ora la loro situazione s’è capovolta (così osserva
il Viora): essi hanno un’esistenza legale, sono ufficialmente riconosciuti
nel loro diritto 4* vivere secondo i
loro principi evangelici. Di più. questo trattato costituirà la base delle
condizioni giuridiche dei Valdesi per
tre lunghi secoli, fino al fatidico 17
febbraio 1848. Infine l’importanza
del trattato risulta tanto più evidente, quando la si confronti con la feroce intolleranza con cui, in quello
stesso periodo, le^minoranze evangeliche venivano ipesorahilmente eliminate coi metodi più crudeli in tutti gli altri Stali cattolici, in Italia,
in Spagna, in Francia, in Austria,
nelle Fiandre.
Perciò, per quapto le dure limitazioni imposte nbl trattato possano
apparirò insopporlabili ed assurde
rispetto alle esig^ze attuali, dobbiamo pure amméttere il risultato positivo di esso, che costituisce realmente mia grande vittoria dei Valdesi,
ottenuta unicamente dalla potenza
della fede e dello spirito di sacrificio
dei nostri padri, sostenuti dalla certezza dell’aiuto di Dio.
Maurice GardioI
Abbiamo già annunzialo nell'ultimo numero del giornale i immatura dipartenza
del Pastore Maurice Garcliol di Losanna. 1
suoi funerali sono stati imponenti. Il Comitato prò Chiesa Valdese, di cui il defunto faceva parte, era rappresentato dai signori Emile Pasquet e Jacques Picot; durante
la cerimonia funebre venne anche letto il
messaggio del Comitato in riconoscenza di
quanto il Pastore Gardwl aveva fatto per
la nostra Chiesa, l Valdesi di Losanna gli
volevano molto bene e noi, dalle Va'ti, inviamo ancora alla sua memoria un pensiero
affettuoso e riconoscente.
Dal messaggio pronunziato nella chiesa di
St. François dal Pastore M. Bernouilli e
pubblicato nel « Semeur Vaudois .) stralciamo per i lettori del giornale alcuni brani adatti a rievocare la personalità del Pa:..
Maurice GardioI. (rcd.
Attilio Jalla
Sa voix qui remplissait le temple de s(;s
échos sonores s’est tue; ses yeux candides
d’enfant étonné se sont fermés, on ne pourra plus sentir sa poignée de main si cordiale et si chaude... nous avions peine à
le croire, et à l’accepter.
Car Maurice Gardiol était extraordinairement vivant et dynamique. Il se plaisait i
dire que sa famille était d’origine piéraontaise et il prenait plaisir à répéter que son
exubérance et sa vitalité débordantes s’apparentaient par certains aspects à celles des
méridionaux. Nous n'oublierons pas su cordialité, son bon coeur car c’est cela qui
nous le rendait si attachant: son grand
coeur et par delà sa forte stature, une sensibilité aiguë qui le faisait parfois souffrir profondément, pour un mot ou une attitude,
ou se réjouir si ouvertement. C’était un pur
et un pacifique qui avait horreur des lUachinations souterraines cl des combinaisons de
coulisse. En noire siècle de complications
multiples, il avait une simplicité et une rondeur de caractère singulièrement bienfaisantes. Il fut consacré en la cathédrale, le
12 novembre 1918. ^
Une chose frappait les auditeurs de Maurice Gardiol: ce souci qu’il avait de convaincre, de répondre aux objections ,d’user
d’images aussi frappantes que diverses pour
éclairer sa penséec, le soin qu’il mettait
préparer ses sermons, partageant cette pré
occupation avec sa femme ou avec tel ami
Et quand il était en chaire, cette liberté avec
laquelle il s’adressait à nous, cette affection
et cette tendresse parfois, mais aussi cette
vigueur et cette convinction à dire tout ce
dont son coeur et sa pensée étaient pleins...
11 se sentait si proche des jeunes! 11
avait toujours des histoires, des expériences
à raconter et si sa grosse voix irapre-sionnait parfois les tout petits, ces derniers sentaient bien qu’elle exprimait non pas tant la
colère de Dieu, que son amour pour les
enfants que le Christ a bénis.
Maurice Gardiol se sentait porté vers les
humbles et plus d’un qui se trouve dans
cette assemblée pourrait dire avec quel dévouement et quelle discrétion il a pris part
à certaines détresses familiales ou matériel.
les. Sans doute, notre collègue se sentait-il
plus a l’aise dans la modeste cuisine d’un
foyer que dans le salon luxueux d’une maison distinguée...
Et tout cela, par obéissance au divin
Maître qui lui avait confié, au jour de sa
consécration, les clés du Royaume de Dieu.
Nous le savons bien, ce n est pas i nous,
pauvres humains, de juger de la fidélité de
un ministère pastoral, c’est à Celui qui seul
a droit de nous demander les comptes définitifs de notre gestion. Ce que nous pouvons dire ici, comme le témoignage d’un
collègue et d’un ami. au nom de tons scs
collègues et des amis, c’est que Maurice
Gardiol a mis au service de
son Seigneur
et avec enthousiasme, tous les Ions et toutes les forces qu’il avait reçus de pins haut.
Porgi qua il dito e vedi le mìe
manh e porgi la mano e mettila nel mio costato; e non
essere incredulo, ma credente. Toma gli rispose e disse:
Signor mio e Dio mio! Gesù
gli disse: perchè'mi hai veduto, tu hai creduto; beati
quelli che non hanno veduto
e hanno creduto.
Facoltà Valdese e Chiese Evangeliche
nella Svizzera Italiana
L’importante documento d’accordo e di pacificazione, riprodotto integralmente dall’originaÌe dal prof.
Giovanni Jalla (Storia della Riforma
in Piemonte), è intitolato: Capitolazione seguita tra Filippo di Savoia
Signore di Racconigi et gli hahitanti
nelle Valli di Lusema. E’ datato da
Cavour, il 5 giugno 1561. E’ firmato,
in nome del Duca, da Filippo di Savoia, e, per i Valdesi, dai quattro
delegati che sapevano scrivere e garantivano anche per gli altri, i pastori Valle e Bergio, i sindaci Monastier e Reymondet (è notorio che fin
da quei tempi quasi tutti i Valdesi
sapevano leggere; ma pochi soltanto
arrivavano ad imparare a scrivere).
Il trattalo concede anzitutto ai Vaidesi una completa amnistia pei fatti
di guerra, autorizza i profughi a ritornare nelle proprie dimore, con
Quando in Italia si parla della Svizzera
italiana generalmente si intende con questo
il cantón Ticino. Ora il cantón Ticino è
un cantone cattolico, eccezione fatta di
alcuni gruppi evangelici. Abbiamo a Lugano l’unica Chiesa evangelica di lingua Italiana del cantone, che però non è una Chiesa « storica », voglio dire che risalga alla
Riforma, ma è chiesa di « immigrati » da
altri cantoni e dall’estero.
Le chiese evangeliche di lingua italiana
che risalgano ai tempi della Riforma sono
quelle della valle di Poschiavo e della valle Bregaglia, nel cantone dei Grigioni. La
valle di Poschiavo, che dal Bernina scende
verso Villa di Tirano in Valtellina, ha
due comunità evangeliche: Poschiavo e
Brusio. La Bregaglja, che dal Maloggia
scende verso l’italiana Chiavenna, è la sola
valle Svizzera di lingua italiana compietamente evangelica. Le due parrocchie cattoliche sono costituite quasi per intero da
immigrati italiani. Gli abitanti della vallo,
cattolici compresi, sono poco più di 1500.
E i pastori sono trq; uno per le comunità
di Vicosoprano-Casaccia, uno per Stampa-Maloggia e uno per il Sottoporta: Bondo-Castasegna-Soglio, Un gruppo evangelico di lingua italiana in stretti rapporti con
la Bregaglia, ma isolato nella valle Romancia del Sursette, è quello di Bivio. Le comunità evangeliche di tutto il cantone
(ledcsche-romanci e-italiane) appartengono
alla Chiesa Retica, la cui suprema autorità
è il Sinodo retico.
Se i rapporti di queste comunità con i
Valdesi delle Valli non sono paragonabili
all’antica amicizia esistente tra Valdesi e
e Svizzera francese, pur tuttavia vi sono
dei legami non indifferenti anche fra i
Valdesi e i Grigionesi delle valli italiane.
Già nel 1848, per dare solo alcuni dati.
troviamo un Valdese pastore a Soglio:
Edoardo Jalla. Egli succede a Giov. Andrea
Scartazzini, Bregagliolto, « ministro » li
Soglio dal 1875 e che poi doveva diventare
il grande dantista. Cinquantanni più tardi,
1935 al 1947 la comunità di Stampa Maloggia ebbe come suo pastore il figlio dello
stesso Ed. Jalla, Corrado Jalla, nostro pu
store per dodici anni, la cui predicazione
noi non possiamo ricordare che con profonda riconoscenza. La sua tomba è nei
cimitero di S. Giorgio a Borgoiiovo, testimone di Un servo di Dio che ha amato
fino airultimo una comunità che gli era
stata affidata in terra straniera.
11 pastore di Bivio e attualmente il sig,
Levi Tron delle Valli già, pastore a Rondo,
che ci lascerà fra breve per godere un meritato riposo nella sna Massello. Noi non
possiamo non ricordare anche l’aiuto che
( i venne dalla chiesa Valdese quando Starapa durante l’anno 1948-1949 era senza pasto e. Chi di noi potrebbe non ricordare
con viva gioia la fervente predicazione del
pastore Giov. Bertinalti e del pastore Arnaldo Comba? C’è qualcuno che vorrebbe
dubitare dei legami fraterni che esistono
fra i Valdesi e noi delle valli retiche? Ma
certo i legami non si crean-o per perderli,
ma si creano per consolidarli e approfondirli, testimoniando al mondo che, nonostante una frontiera che ci divide in due
nazioni e nonostante la appartenenza a du-;
chiese di diversa denominazione, noi sappiamo amarci e servirci gli uni gli altri
neU’ubbidienza al nostro unico Signore
Gesù Cristo.
E allora trovo che abbiamo due magnifiche possibilità pratiche e concrete. Ai
pastori Valdesi è sempre aperta la via a
un mini.stero in mezzo a noi, e oggi che il
pastore Tron di Bivio e il pastore Sbaffi
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di Brusio ci lasciano, noi abbiamo tutti i
motivi di sperare che altri li sostituiscano
in un prossimo domani. A noi delle valli
Svizzere italiane è pure offerta una possibilità; la Facoltà di Teologia di Roma,
che con i suoi programmi aperti a tutte le
correnti, con la sua impostazione ecumenica, si fa sempre più un piccolo centro
veramente evangelico in un mondo veramente italiano.
Se anche la Facoltà Valdese non risolve
per intero il problema della preparazione
dei pastori per le valli della Svizzera italiana, pure ne indica la via, e per quanto
concerne la lingua, l’itaii:ino, del quale
noi Grigionesi nonostante le nostra minoranza siamo gelosi, e anche per quanto riguarda il nostro orientamento culturale
verso la nazione latina del Sud, senza con
ciò venir meno al nostro dovere di bravi
Svizzeri, il problema mi pare risolto, e
direi felicemente risolto. Se la Facoltà di
Roma presenta per qualsiasi studente Svizzero di teologia una buona occasione d'
approfondimento nei riguardi del mondo
cattolico e italiano, per noi italiani delle
valli evangeliche retiche dovrebbe rappn'sentare una tappa indispensabile. Questo **
il mio augurio.
Il momento attuale non è troppo incoraggiante per le nostre comunità della
Bregaglia e di Poschiavo. Mancano i pastori. E ormai da anni soffriamo di que
sto, senza per tanto poterci abituare e anche senza saperci difendere. La presenza di
questa Facoltà e il lavoro che vi si compie
siano per noi un segno positivo e un lievq
augurio e la fiducia che noi riponiamo in
essa e in tutta la chiesa Valdese sia un passo verso una collaborazione sempre più
fraterna: scambio vicendevole di servizio
e di amore.
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L’ECO DELLE VALU VALDESI
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Comiacìamo con un po’ di statistica.
Se consultiamo le tabelle della Relazione annua delia Tavola al Sinodo vediamo che in Italia ogni pastore ha in media la cura di 43U persone. Se ci limitiamo alie Valli incontriamo im pastore ogni 860 persone.
Se poi consultiamo le ultime statistiche del Distretto Kioplatense vediamo che qui ogni pastore valdese
deve aver cura di circa 1300 persone.
E naturalmente bisogna tener conto
del latto che le enormi distanze che
esistono qui rendono il lavoro assai
più diltìciie. Se dunque si considera
che in Italia scarseggiano i pastori,
bisogna concludere che qui, nel Distretto Kioplatense, tale scarsità è
addirittura paurosa.
Diciamo e ripetiamo che la Chiesa
deve evangelizzare ma, pochi come
siamo, non solo non riusciamo a conquistare nuove anime per il Signore, ma a stento riusciamo a conservare quelle che ci sono state atíldate.
Tempo la sono andato a Carmelo,
beltà cittadina a 60 km. di distanza
daila località dove risiedo ; mi accompagnava un membro del Concistoro e abbiamo visitato alcune delle dieci o dodici iamiglie valdesi di
quella località. Si è parlato della
possibilità di istituire un cuito anche
solo mensile: ho dovuto dire che è
impossibile, perchè tutte le domeniche ho culti in altre località tahnente lontane che mi impediscono di
andare colà. Carmelo è uno dei centri più importanti del Dipartimento
di Colonia; con un nucleo base di
una dozzina di Iamiglie valdesi si
potrebbe affittare una saletta, costituire una piccola comunità e cominciare ad evangelizzare, e domani
avremmo una chiesa; invece il pastore ha una giurisdizione troppo
grande e quindi a Carmelo non si fa
nulla e le poche famiglie che vi abitano stanno allontanandosi dalla
chiesa.
Dalla parte opposta, a 120 km. di
distanza abitano alcune famiglie che
hanno affittato prima,- « poi comprato delle frazioni di terreno in una
vecchia « estancia » chiamata banta
Adelaide. Abitano in piena campagna, lontano da tutti i centri abitati; sono andato a visitare questa gente e mi han detto che nei diciotto anni di residenza in quella località era
la terza visita di pastore che ricevevano.
E così in altre direzioni, a grandi
distanze, nelle città, nei villaggi o
isolate nella campagna vivono decine e decine di famiglie che non possono assistere ai culti e che è assai
difficile visitare. A tutti i colleghi
nelle rispettive parrocchie succede lo
stesso. E’ una quantità enorme di famiglie che non vivono più in comunione con la Chiesa, salvo il tenue
vincolo dei culti-radio. Ma i figli che
crescono senza scuola domenicale e
senza catechismo se ne allontanano
definitivamente.
Come udiranno
se non v‘è chi predichi?
E che dire dell’opera di evangelizzazione? Anni fa si era fatto uno
sforzo a Cardona, altra cittadina situata nella mia giurisdizione, e l’opera si era bene incamminata, poi
a poco a poco era decaduta e poco
prima che io arrivassi in questa chiesa era finita hel nulla. Perchè? Perchè il pastore non vi poteva fare più
di un culto al mese; e con una visita
mensile di poche ore certo non si
può mantenere un’opera di evangelizzazione. Da tempo penso di riprendere l’opera a Cardona, ma non
ho ancora osato farlo perchè mi domando se vale la pena lanciare il seme per poi lasciarlo inaridire.
Così lavoriamo qui: un lavoro
bello per le immense possibilità che
ci si aprono dinnanzi, ma un lavoro
sfibrante che ci obbliga a correre da
una parte e dall’altra per poi constatare alla sera che la metà delle
cose da fare è rimasta incompiuta.
Sentiamo che la nostra Chiesa ha
una missione magnifica in questo
paese ma soffriamo di essere tanto
pochi. Stiamo vivendo la parabola
di Gesù: vediamo il campo immenso, pronto per la mietitura, ma ci
accorgiamo che siamo troppo pochi
e che il nostro sforzo è insufficiente.
Chi ci verrà in aiuto? Chi verrà a
lavorare in questo Uruguay che è un
immenso campo pronto da mietere
per il Signore?
Qualcuno dirà che questo Distretto dovrebbe potersi provvedere da
solo i propri operai. Abbiamo una
bella schiera di « promesse » : due
candidati (già al lavoro), uno studente di ultimo anno, uno di terzo
e uno di primo anno (si noti che alla Facoltà di Buenos Aires il corso
completo è di sei anni). Abbiamo
poi tre studenti medi che si preparano per il ministerio, ma abbiamo
avuto la disgrazia di vedere in questi ultimi anni quattro studenti abbandonare la teologia, tre di essi per
motivi di salute. La nostra situazione è dunque grave e rimarrà tale ancora per molti anni se non potremo
contare su altri operai; e durante
questi anni quante famiglie ancora
si allontaneranno dalla Chiesa? quante anime si perderanno per mancanza di pastori? per quanto tempo ancora ci vedremo costretti a respingere le occasioni di evangelizzare
che ci si offrono?
C'è posto
per altri Pastori
Ecco ancora due fatti che illustrano la nostra situazione.
In Uruguay le stazioni radiotrasmittenti sono private e vendono il
tempo di trasmissione, così il culto
che trasmettiamo settimanalmente
da Radio Colonia ci costa profumatamente. Ebbene un’altra stazione,
situata in un’altra città, ci ha offerto di trasmettere i nostri culti gratuitamente, ma non abbiamo potuto
accettare l’offerta perchè nessun pastore ha tempo di occuparsene.
Molte volte qui in Uruguay si guarda alla Chiesa Metodista come a
quella che dà l’esempio in materia
di evangelizzazione; ma il numero
di membri della Chiesa Metodista
in questo paese è la metà del nostro,
e il numero dei suoi pastori è doppio, jdijaodo che oguuno di quei pastori ha in media quattro volte meno lavoro di noi nella propria comunità, e quindi gli avanzano tempo e
forze per dedicarsi all’evangelizzazione. Se anche noi avessimo quattro
volte più pastori non avremmo certo bisogno di incoraggiamenti per
metterci ad evangelizzare.
Senza dubbio è un’utopia parlare
di quattro volte più pastori, però un
calcolo prudente dimostra che quattro o cinque pastori potrebbero trovar lavoro abbondante qui in questo
momento. '
Ho scritto quanto precede di mia
propria iniziativa e non ho nessuna
veste ufficiale per invitare qualcuno
a raggiimgerci, ma non posso fare a
meno di ricordare quel che ho detto
al principio; in Italia un pastore
valdese ha cura di 430 persone, qui
di 130(j; considerate questa immensa sproporzione, e voglia il Signore
ispirare a qualche giovane collega il
nobile proposito di offrirsi per lavorare in questo campo immenso dove
così pochi sono gh operai.
Aldo Comba
Questo articolo elei nostro fedele collaboratore è stato scrìtto a Ombues de Lavaile il 19 marzo: cioi, per l’Vruguay, in autunno. Le attività ecclesiastiche diventano
più intense in quel Distretto, dove Im carenza di Pastori ed i grandi spostarr^nti
richiedono una "dedizione non comune. Iddio conceda ai Pastori di quel Distretto di
operare con la forza che viene dalV.dlto,
senza scoraggiamenti, ma nella gioia di
un servizio fedele. Al di qua e al di là dell'Oceano dobbiamo pregare affinchè d a Signore della messe mandi degli operai nella
sua messe ». Ai fratelli lontani il nostro
cordiale saluto nel Signore. (Red.).
Figure che scompaiono
Da Losanna ci giunge la notizia della dipartenza della Signora Jeanne Metrauv née
Seerétan, per lunghi anni fedele compagna
di vita e di ministero del Post. Paul Metraux, cosi ben conosciuto alle Valli Valdesi, e madre dei Pastori Pierre e Jean Méiraux.
A nome di tutta la Chiesa desideriamo
far giungere al caro e venerato collega il
Past. Paul Métraux ed a tutta la sua famiglia l'espressione della nostra simpatia cristiana nell'ora del hitto e l'assicurazione
che niolti, alle Valli, pensano a lui con sincero affetto. Red.
Una lettera da Chicago ci annunzia che
il 23 Marzo 1952 è stato richiamato dal Signore il venerato nostro fratello in fede
Philippe Berger all’età di 84 anni.
Era nato agli Indirilti di Pròli e dal Febbraio 1929, attraversando con la sua compagna l’Atlantico, aveva preso dimora presso il figliolo Philippe a Chicago.
E’ lì che avevo avolo il privilegio di conoscerlo, alcuni anni fa, ed è lì che l’ho
veduto ancora or sono rdcuni mesi, arzillo
e in ottima salute. s< nza~ che nulla ¡acesse
prevedere" così imminente il suo trapasso.
colpito .(If jièrewa compostezza
del suo volto grave t^dignitoso che dava
l’impressione di perStMa che, "attraverso la
prova e la seria medUezione, avesse ti ovato
un solido fondamento per la propria vita.
L’impressione non era errata, corrispondeva ad una realtà; la sua lettura più assidua
era la Bibbia. Egli apparteneva infatti a
quella eletta schiera di Valdesi antico stampo, il cui carattere veramente era edificato
sul fondamento della Parola.
Le vicende della vita lo avevano portato
lontano dalle sue montagne, ma aveva accettato la sua nuova situazione con animo
lieto e riconoscente. Il pensiero poteva sempre varcare l’oceano e rivedere le amate
Valli. Ed è così che ogpi sera, quando si ritirava con la sua compagna nella cameretta,
parlava a lungo con lei, che poteva comprenderlo, di tutto ciò che accadeva nel natio villaggio.
Adesso riposa nel cimitero di Mounl Olive nella lontana Chicago.
Il funerale, presieduto dal Pastore Alò.
xandre Balden della Waldensian Presbyterian Church di Chicago, ha raccolto attorno
alla sua spoglia mortale la Comunità Valdese della città, che ha voluto onorare la
memoria del venerato fratello.
Alla sua compagna, al figliolo, alla famiglia tutta che ha sempre accolto con tanta
cordiale ospiudità > delegati Valdesi, dicia-mwmvm^itnwmtsrsdrnps^ soltdcdfMt^^fiffo
dolore e nella loro speranza.
Il Moderatore: Achille Deodato.
Libertà di culto negli Stati Uniti
La Costituzione degli Stati Uniti, in vigore da ormai 163 anni, e le costituzioni
di ognuno dei 48 Stati dell’Unione sanciscono tutte un certo numero di diritti dell’individuo, e fra questi appunto la libertà
di culto, ossia la libertà di adorare Dio
nella maniera dettata dalla propria coscienza.
Il 2 aprile 1949 uno dei 13 Stati che
formarono il primo nucleo dell’Unione, il
Maryland, ha celebrato il 300.mo anniversario della promulgazione della prima legge con la quale veniva riconosciuta la libertà di culto. Infatti i primi colonizzatori che nel 1634, provenienti dall’Inghilterra, si stabilirono nel Maryland, appartenevano a due fedi diverse. Alcuni, come Léonard Cglvert, il primo governatore della
colonia, professavano la religione cattolica
romana, altri invece erano anglicani. Quindici anni dopo, a seguito della morte di
Calvert, fu eletto governatore William Stona, un protestante proveniente dalla vicina Virginia. Stone portò con se da questo
stato un certo numero di puritani, seguaci
cioè di quella corrente rigidamente moralistica che si era distaccata dalla Chiesa di
Inghilterra.
Poco dopo l’arrivo di Stone nel Maryland, Lord Baltimore, cui appartenevano i
diritti di proprietà su quel territorio coloniale, inviò lo schema di un codice di
16 leggi all’assemblea generale della colònia affinchè questa lo approvasse e lo
promulgasse. La più famosa di queste leggi, il cosidetto « atto riguardante la religione », chiamato anche « Atto di tolleranza », fu appunto promulgata il 2 aprile
1649.
Nelle parole di Lord Baltimore scopo
di questo atto era quello di far si che ¡1
Maryland « godesse di un regime di tolleranza generale garantito da una legge in
base alla quale chiunque adorasse il Signore, fosse libero di adorarlo nella maniera
da lui preferita secondo il proprio giudizio e la propria coscienza ».
Il Maryland fu la prima, ma non l'unica colonia americana a battersi per la li
bertà di culto. Infatti gran parte dei primi
coloni giunti nel nuovo mondo aveva abbandonato la pròpria ' patria allo scopo di
andare a vivere in una terra dove potesse
godere della libertà religiosa e fu proprio
questa aspirazione, assai più che non il
desiderio di materiali ricchezze, che spinse a recarsi in America migliaia di europei, che altrimenti nén avrebbero mai affrontato i pericoli del lungo viaggio attraverso l’oceano e quelli che li attendevano
ancora in quelle vergini regioni.
La guerra d’indipendenza americana pose fine al controllo governativo sulla religione in Virginia e nelle Caroline, e la
Costituzione dei nuovi Stati Uniti, adottata nel 1787, escluse ogni possibilità di
futura interferenza statale nelle questioni
religiose.
La Costituzione infatti afferma che « nessun esame di natura religiosa può essere
richiesto come condizione per essere assunto in qualche ufficio o incarico pubblico
negli Stati Uniti ». Questa clausola quindi
chiariva una volta per sempre che persone di qualsiasi fede religiosa potevano essere elette ad una carica pubblica.
Le Convenzioni ilei singoli Stati che
furono convocate per ratificare la Costituzione, manifestarono il desiderio che al
testo già elaborato fosse aggiunta un’altra
LE SENS DE LA VIE
Sotto questo titolo il Comitato Cantonale delle Unioni Cristiane dei giovani del
Cantone di Vaud ha pubblicato una raccolta di pensieri di autori diversi, adatti non
soltanto a ricordare la testimonianza resa
da altri al senso cristiano della vita, ma
capaci di farci riflettere e di arricchire la
nostra esperienza, in vista del dovere quotidiano.
La raccolta è utile a tutti e sarà letta con
efficacia dai giovani ci quali è specialmente dedicata. Noi la raccomandiamo vivamente. Può essere acquistata anche alla
Claudiana - Torre Pellice a L. 300 la copia.
clausola atta a garantire una [liena libertà
religiosa. Ciò condusse alla formulazione
e all’adozione del Primo Emendamento
della Costituzióne che afferma testualmente:
« 11 Congresso non potrà emanare alcuna
legge per il riconoscimento di una religione o per proibirne il libero culto.
Le stesse restrizioni valgono per gli organi legislativi dei 48 Stati, non solo in
base a quanto specificamente sicbilito
dalle loro Costituzioni, ma anche in base
a quanto sancito dalla giurisprudenza nel
corso degli anni.
In molte scuole pubbliche americane, ad
esempio, c’è l’abitudine di iniziare la giornata scolastica con la lettura di un breve
passo della Bibbia, e con la recitazione del
Padre Nostro o dei Dieci Comandamenti.
Questa pia pratica, quando vi partecipano
i bambini di tutte le religioni col consenso dei loro genitori, non viene considerata come una violazione della libertà di religione, dato che si tratta di una preghiera
generica, valida per tutte le confess-oni. Se
invece in qualche scuola pubblica sono tenuti dei corsi di religione che seguono unt
preciso orientamento confessionale, ciò viene considerato come una vera e propria
violazione della Costituzione americana in
base ad una sentenza emessa i’8 marzo 3948
dal più alto Collegio giudicante americano: la Corte Suprema, e por tale sentenza
non si può parlare davvero di decisione
antireligiosa, perchè essa di fatto è semplicemente anticonfessionale e diretta a riaffermare la libertà di scePa deH'individuo
in fatto di religione.
Certo nessuna legge o sistema di leggi
può garantire che lo spirito di tolleranza
e di comprensione possa sempre prevalere
fra gruppi di fedi differenti, comunque però la Costituzione e le leggi degli titati Uniti provvedono a far sì che nessun gruppo
religioso debba mai beneficiare di indebiti
privilegi o subire persecuzioni, a causa
della sua posizione e della sua influenza
in seno al governo o, al contrario, per mancanza di appoggio governativo.
PRÒBLEMI
di Evangelizzazione
(Da una inchiesta fatta in Francia
e pubblicata dalla- “Bevue de
l’Emngélisation,, - Trad. O. B.)
La chiesa non è più ascoltata nel mondo;
il suo linguaggio non afferra più il cuore
dell’uomo, oggi. E’ diventata, inoltre, estranea ad una gran parte della massa che
forma il presente ed il futuro del mondo.
D’altro canto, quando si considera l’atteg
giamento delle persone fedeli alla chiesa,
ci si domanda se tale fedeltà ha un colorito religioso o meno.
Mentre gli uomini di oggi vivono sulle
rovine del feudalesimo ed assistono al crollo della borghesia contemporanea, la Chiesa rimane profondamente legata .alla struttura feudale e capitalista, per quello che
concerne la politica sociale, ideologica c
politica...
Bisogna riconoscere che oggi è sorta una
forma di esistenza umana, per la quale, la
appropriazione della verità non si raanife
sta in forme filosofiche, vale a dire per via
contemplativa o per via di riflessioni, ma
si palesa nella forma d’una attività reale.
Non si vuole avere la pretesa aprioristica di affermare che la religione abbia forme reazionarie; d’altro canto non si può
non riconoscere, alla prova dei fatti, che
le posizioni economiche, mantenute dalla
chiesa in molti paesi, nonché le tendenze
della grande massa dei fedeli, siano le ragioni decisive della politica praticata, palesemente o meno, dalla Chiesa criftiana.
Louis Althussen,
marxista, a Parigi.
In Bretagna la massa contadina è praticante e credente, pur non avendo conoscenze dirette, personali deU’Evangelo, nè
della Scrittura in generale nè dell’insegnamento ufficiale della Chiesa.
Ricordo : un prete d’una città dell’est
supplicava ì missionari di non parlare al
suo gregge del -mercato nero, della frode
nelle vendite, delle ingiustizie nello scambio (quando proprio era necessario di trattare lo scottante argomento), poiché a- ^
vrebbe turbato la coscienza degli uditori.
Era meglio adunque, secondo lui, di parlare solo di argomenti religiosi...
R. P. Grangettes, Rennes
La Chiesa gode, oggi, d’un’autorità spirituale più ptira e più solida, nella sua
propria sfera, che non nei secoli passati.
Che cosa ho io compiuto per l’evangeUzzazione? Quasi nulla. Non siamo stati preparati a predicare l’Evangelo, ma ad essere solo amministratori d'una parrocchia.
Senza dubbio abbiamo ricevuto lo Spirito Santo, ma è altresì vero che ci hanno
insegnato a farne a meno.
Bisogna di nuovo imparare a liberarci
dalla servitù del sistema ed a presentare
un’anima aperta a Dìo, al prossimo ed a
noi stessi. Se determinate strùtture crollano o almeno si evolvonp, il Cristo rimane.
Non abbiamo forse imbrigliato la Chiesa
nelle strutture di cui può fare a meno?
Non abbiamo forse imbrigliato anche la
fede con un linguaggio intellettuale di cui
si può fare a meno?
Abbé Gourdelt, Goussainvìlle.
Un tempo si credeva di essere soddisfatti nel compiere l’opera di evangelizzazione
delle anime, in modo naturale; ci si rende
conto ora che era essenziale sottoporre tutto
l’uomo e tutti gli uomini assieme agli effetti della predicazione dell’Evangelo.
Come ai può parlare di evangelizzazione
se non con sentimento d’umiltà e di pentimento, a motivo di tutte le lacune della
carità, molto più gravi di tutti i movimenti dei senza Dio, in azione oggi, nel mondo!
Non si può « gettare la polvere della terra » sulla speranza degli infelici e fare oggetto di derisione la loro attesa d’un mondo migliore.
Pasteur H. Roser, Paris
Il problema della evangelizzazione è innanzitutto il problema della fedeltà al messaggio evangelico e della purezza del messaggio opposto. Noi dobbiamo, a qualunque costo, evitare di porre il problema in
termini di efficacia; il regno di Dio non
è un affare di questo mondo....
I nostri metodi non debbono diventare
degli strumenti di battaglia. L’evangelizzazione non dev’essere solo preoccupazione
ma fiducia senza amarezza.
La ricerca contìnua del « come » evangelizzare finirebbe col trasformare il Cristi«'
nesimo in un metodo, mentre esso è uií
affermazione. Non c’è una soluzione definitiva, quaggiù, per il problema posto dal
mondo. Il mondo sarà in discussione fino
alla fine. Ed è per questo che noi dobbiamo evangelizzare gratuitamente e far sì che
la esattezza della tecnica non comprometta
l’esattezza della Parola.
Abbé Marina, Le Havre
4
Le famiglie Rivoire, Rostan e Pons, profondamente commosse per le dimostrazioni d'affettuosa simpatia per la dipartenza
della loro cara mamma e sorella
Angrogna (Capoluogo)
Celebrazione del Febbraio, 11 17 Febbraio è stato celebrato in una atmosfera di
riconoscenza a Dio e di comunione fraterna. La sera della vigilia numerosi falò sona
stati accesi dai Valdesi di Angrogna nelle
varie località della parrocchia, testimoni di
una fede che non si spegno, ma che vive,
riscalda ed illumina i cuori dei credenti.
La mattina del 17 si sono concentrati nella Piazza del Capoluogo i hamhini delle
nostre tre Scuole Domenicali con le loro
monitrici e direttrici, e verso le 9 m è formato il corteo che, al suono del tamburo e
accompagnati da zelanti « Viva il 17 Febbraio » è uscito incontro ai bambini della
Chiesa del Serre. Tutti insieme si sono poi
recati al Tempio del Capoluogo ove ha avuto luogo un culto solenne di riconoscenza
a Dio seguito dalle recite dei bambini, riuscite molto bene.
Si è pure avuto il tradizionale pranzo del
17 Febbraio che ha raccolto intorno ad una
buona mensa una cinquantina di Valdesi.
E la sera magnifica serata con una recita
presentata dall’Unione del Vernet: L’ultimo rifugio », interpretata molto bene da
tutti gli attori.
Lutto. Un grave lutto ha colpito la famiglia Rivoir del Capoluogo con la partenza
della nostra cara sorella Pons Susanna ved.
Rivoir, deceduta al Rifugio Re Carlo Alberto, dopo lunghe sofferenze. I funerali, imponenti, si sono svolti nel pomeriggio di
martedì 25 marzo nel tempio di San Lorenzo. Alla famiglia in lutto vada la nostra
simpatia cristiana. C. T.
San Germono Chisone
Esprimiamo la nostra riconoscenza al sig.
Direttore, assistenti e operaie Rin Cotonificio Widemann che, in memoria del babbo dell’assistente Long Enzo, hanno offerto
L. 5.125 per l’Asilo Infantile e L. 5.000
per la Chiesa.
Luce nelle tenebre. Dobbiamo registrare,
in queste ultime settimane, una importante
novità. '
Dalla sera delTll Marzo il nostro campanile, restaurato in occasione del primo eentenario della eampana, è stato dotato di un
artistico impianto di illuminazione.
Questa bella realizzazione, che ha incontrato l’unanime approvazione di tutta la
popolazione di S. Germano ed in modo
speciale degli operai, è dovuta interamente
alla generosità dei signori Widemann ai
quali desideriamo far giungere Tespressione della nostra riconoscenza.
Un ringraziamento vogliamo pure rivolgere ai tecnici ed agli operài del sig. Widemann che, con vera perizia, hanno eseguito il lavoro loro affidato.
Ogni sera mentre, al calar delle tenebre,
il campanile si illumina come per incanto,
non possiamo non pensare al fatto simbolico che questa novità racchiude: il nostro
campanile, la cui campana tante volte già
ha chiamato a raccolta i membri della nostra chiesa, rimane, nel cuore della notte,
come un luminoso richiamo ad accostarci in
ogni tempo alla grande luce delTEvangelo
per essere noi stessi apportatori di luce fra
le tenebre di questo mondo.
Il pianoforte della Corale. TSe abbiamo
parlato ripetutamente sulle nostre Circolari
e siamo lieti di poter annunziare che ci e
stato finalmente possibile acquistarlo verso
la metà di Febbraio.
Si tratta di un modesto strumento di seconda mano che risponde però egregiamente a tutte le nostre necessità.
Lo abbiamo già adoprato in oecasione della serata del 17 Febbraio e da allora serve,
ogni settimana, per gli esercizi della Cora
le, per le sedute dell’U. G. e le riunioni
della Società di Cucito. Si rivelerà sempre
più uno strumento di lavoro indispensabile
per le nostre serate e per le varie manifestazioni che abbiamo in animo di preparare.
Un ringraziamento particolare alla Corale, aUa Filodrammatica, alla Società di Cucito ed a tutti coloro che con il loro incoraggiamento e le loro offerte (abbiamo interagente coperto il nostro fabbisogno) ci
hanno permesso di portar^ a compimento
questa necessaria realizzazione.
Il Bazar. La nostra annua vendita di beneficenza avrà luogo la domenica 18 Maggio alle ore 14,30 nel Salone della Casa
Valdese.
La vendita dell’anno scorso ci ha permesso di eseguire importanti lavori di restauro
al nostro Tempio. Lo scopo che ci proponiamo quest’anno è più arduo ancora: si
tratta di costruire un fondo iniziale che ci
permetta di pensare alla concreta realizzazione di una grande sala per la gioventù e
per le attività sociali della Chiesa.
Una grande parrocchia come la nostra
non può farne a meno. C’è mezzo secolo
che tutti ne sono convinti e tutti ne parlano: è tempo di passare decisamente all’azione.
La nostra benemerita Società di Cucito
sta lavorando alacremente, l’Unione Cadetta allestirà un banco e la nostra U. G. si
sta anche mettendo in movimento preoccupandosi per lo stesso scopo.
Vorremmo che quella vendita mobilitasse tutta la parrocchia onde il risultato fosse incoraggiante. Saranno bene accetti oggetti vari confezionati dai nostri artigiani
(rastrelli, gerle, panieri) lavori di cucito,
prodotti della campagna (frutta, uova). I
doni saranno ricevuti con riconoscenza dalle signore della Società di Cucito, dai membri del Concistoro e al presbiterio entro il
15 maggio.
Brescia
XVII Febbraio. Là sera del 15 febbraio
il Fasi. A. Ribet ha tenuto una conferenza
nel Salone Pietro Da^Cemmo affoUato, parlando su « Protestantesimo e Democrazia ».
Una vivace discussione alla quale hanno
partecipate numerosi uditori, ha fatto seguito alla conferenza.
La sera del 16 febbraio seconda conferenza nel Salone Da Cemmo, ricolma di scelto
pubblico. Ha parlato il Fast. P. Bosio,
trattando il tema: «Le origini dei Valdesi
nella leggenda e nella storia ». Anche a
questa conferenza ha fatto seguito una signorile ed appassionaÌlt discussione che ha
messo in luce la stima in cui sono tenuti ì
Valdesi dai connazionali e le preoccupazioni che destano in loro i tentativi clericali
di dominare anche la vita politica.
Domenica 17 febbraio, terza conferenza
del Pastore in Chiesa. Dopo la breve commemorazione della data storica, il Pastore
ha parlato sul tema: a Catene spezzate ». La
Chiesa era stipata ed il pubblico ha seguito
con commossa attenzione le parole di fede
del Pastore.
Anche a Verona i grandi manifesti murali
e la distribuzione d’inviti hanno attiralo venerdì sera molta folla nella nostra Chiesa,
per la conferenza del Pastore; come pure
la domenica mattina per la commemorazione della data storica.
Pramollo
Una visita molto gradita ci c stata fatta
dai giovani artisti della Filodrammatica di
Pinerolo la domenica 16 marzo. Essi nel
pomeriggio ci hanno offerto un magnifico
trattenimento. Bravi e grazie a tutti, ma
un « bravo » particolare a « Giaculin », la
cui figura è rimasta vivamente impressa nel
ricordo di tutti.
All’Asilo dei Vechi. Desideriamo far giungere il nostro cordiale saluto alla sig.na
Meynier che, dopo lunghi anni di fedele
servizio, ha lasciato ¡1 suo lavoro all’Asilo
per ritirarsi a Torre Pellice.
Dopo più di sei mesi di gioioso servizio
volontario è ripartita per la natia Svizzera
la Sig.na Marion Cotti a cui desideriamo
far pervenire il nostro ringraziamento ed
il nostro augurio.
Al sig. Acquaviva che dopo alcuni anni
di apprezzata attività ha dovuto lasciarci
per ragione di salute, inviamo la nostra
simpatia cristiana.
Salutiamo le due signorine romane appartenenti alle nostre nascenti comunità della campagna romana, da poco giunte fra
noi per un periodo di lavoro.
Al culto serale della domenica 23 marzo
una buona assemblea ha ascoltato, con molta attenzione, le interessanti notizie che il
Pastore L. Naso ha dato sulla nostra opera
di evangelizzazione in Sicilia.
La nostra opera di testimonianza incontra molte ed incredibili difficoltà a dispetto di tutte le dichiarazioni della Costituzione.
Difficile cosa è l’impegnarsi nella testimonianza in simili circostanze. Cosa ne pensano tutti coloro che vivono quietamente
una fede che sembra assopirsi pian piano
nella più completa indifferenza?
Funerali :
Colle Alessandro Costantino, di anni 89
(Asilo dei Vecchi) — Fontana Elena nata
Vinçon, di anni 53 (Villa) — Bouchard
Enrichetta ved. Bouchard, di anni 89 (Barus) - Gallian Enrico, di anni 71 (Giulia)
— Duchène A. Emilio, di anni 45 (Villa)
— Long Davide, di anni 71 (Ciabutà) ■—
Beux Emilio delle Lussie, di anni 32 (Pinerolo).
Esprimiamo a tutte le famiglie provate
dal lutto la nostra cristiana simpatia.
Convegno di Coazze
Questo convegno, organizzato acculatamente, si è svolto il 19 marzo, registrando
l’intervento di parecchi Pastori e di una
numerosa partecipazione delle Unioni Giovanili venute dai più disparati luoghi. In a ti erano presenti i pastori Saccomani, Bertin. Naso, Jahier, Prof. Micol, Re e Davite
i i rappresentanti di ben otto unioni: Lusema S. Giovanni, Pinerolo, S. Antonino,
S. Germano, Susa, Torino via PioV, Tonno
via Passalacqua, Torre Pellice e forse altre
ancora.
Il Sig. Davite aprì il convegno, rivolgendo un breve saluto agli intervenuti e presentando le varie unioni. Dopo una breve
introduzione di G. Bouchard, il pastore Saccomani iniziò il suo studio intitolato : « Che
cos’è la giovane chiesa? ». L’oratore riferendosi dapprima alla Bibbia, disse che
nella chiesa antica non esisteva il problema
della chiesa dei giovani, perche essa ,mon
poneva alcuna distinzione fra^ i credenti,
fossero essi uomini o donne, giovani j vecchi. Il problema quindi è di natura molto
più recente; sorge cosi la domanda se oggi
esiste veramente una chiesa dei giuvam.
Riguardo a ciò l’oratore espresse i suoi duobi, perché come disse, se questa chiesa Resistesse, si dovrebbero vedere manifestazioni evidenti che dimostrassero la sua esistenza che però purtroppo sono rarissime nelle
Chiese. Infatti in molti casi sono proprio gli
anziani che devono esortare e spingere avànti i giovani, i quali invece dovrebbero
ravvivare la Chiesa con entusiasmo ed
energia. Ma se avvenisse il contrario, allora sì che ci sarebbe una chiesa dei giovani. Da ciò deriva un’altra questione e cioè
se mai sorgesse una chiesa dei giovani, qua
li dovrebbero essere i suoi aspetti? La caratteristica principale di questa chiesa, secondo l’oratore, dovrebbe essere la te.stimonianza, perchè essa è la prova più sicura
della vitalità e della esistenza stessa della
Chiesa. Infatti una chiesa esiste veramente
in quanto testimonia.
Con <iuesta frase l’oratore conclude il suo
studio e G. Bouchard introduce la discussione sui tre punti presentati dal pastore.
La discussione fu condotta principalmente
dai pastori Saccomani, Naso, Re, da Macci
(S. Antonino) e dai fratelli Ugo e Nicola
Tomassone (Susa).
Ci si dilungò parecchio nel ricercare le
cause della non esistenza di una chiesa dei
giovani. Tutti erano d’accordo nel definire
come causa fondamentale lo scarso entusiasmo da parte dei giovani. Infine alcune caratteristiche di una chiesa dei giovani furono riassunte in questi termini: Obbedienza a Dio, ispirazione dalla Bibbia, onestà
e sopratutto sincerità.
Questo scambio di idee chiuse la prima
parte del convegno.
Verso le 13,30 tutti si riunirono dinuovo
per passare insieme la seconda parte ricreativa — della giornata, che si svolse su
una piccola altura soprastante Coazze, dove
Susanna Pons
ved. Rivoire
ringraziano il Dott. Gardiol, U Persormle
del Rifugio Re Carlo Alberto, i Pastori Bertinatti, Tourn e Aime, e quanti han parte
cipato ai funerali, sia al Rifugio sia in Angrogna, terra natia della defunta e da lei
tanto amata.
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La famiglia dell’indimenticabile
Edmondo Peyronei
nell’impossibilità di farlo personalmente,
ringrazia tutte le persone che con scrìtti,
fiori e con la loro presenza ai funerali hanno preso parte al suo grande dolore, in modo particolare il Pastore Micol, la cugina
Elisa, i Dott. Coucouide e De Clementi che
l’hanno curato amorevolmente.
« lo ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbata
la fede » (2 Tim. 4: 7).
Pramollo, 19 marzo 1952
L’8 marzo abbiamo accompagnato Soulier Maria ved., delle Case Nuove dei Pellenchi, spentasi improvvisamente all’alba
del giorno precedente nel suo 81“ anno di
età. La chiamata le è giunta nel sonno e
dopo una lieve indisposizione durata pochi
giorni. Era una donnà umile e lavoratrice e
lascia un ricordo di laboriosità e di attaccamento alla famiglia.
Il 17 marzo ci veniva portato via Peyronei Edmondo, ex-mugnaio, anche lui delle
Case Nuove dei Pellenchi. Non aveva che
50 anni, ma un male inesorabile ce lo ha
rapito. Costretto a letto per lunghe settimane e tormentato da sofferenze, egli ha
accettato e sopportato tutto con animo sereno e con gran fede. Anche quando il male che lo aveva colpitd lo faceva più soffrire, egli amava cantare — da solo e in compagnia di chi andav|!i fargli visita — qualcuno dei nostri inni. 11 suo preferito era il
148 francese, del quale amava ripetere spes.
so il « refrain »: « Compter sur Lui d'heure
en heure, tant que dure le combat. Que
Fon vive ou que l’on meure, compier sur
Lui tout est là ». Al suo accompagnamento
funebre che ha avuto luogo il 19, ha preso
parte un lungo corteo di conoscenti ed amici i quali han voluto così testimoniare
la grande stima in cui era tenuto.
Il 20 marzo siamo stati chiamati a separarci da Sappè Enrico (Sertur), dei Pellenchi, inaspettatamente toltoci all’età di 75
anni. Messosi a letto per una indisposizione
che pareva non troppo grave, credevamo
che la sua forte fibra avrebbe avuto ben
presto ragione del male. 11 male si è invece
rapidamente aggravato ed egli si è spento
tranquillamente dopo appena due settimane di malattia. Egli era un uomo robusto,
un lavoratore instancabile ed anche un vero amico, sempre pronto ad accorrere vicino a chi potesse avere bisogno del suo aiuto. Chi lo aveva conosciuto non lo dimenticherà tanto facilmente. Con lui scompare
una caratteristica figura d’uomo schietto,
retto e sincero.
All’Ospedale Civile di Pinerolo è deceduto il 12 marzo ad appena 42 anni Beux
Emilio, dei Sapiatti, da qualche anno stabilitosi alle Lussie di S. Germano Chisone.
Al suo accompagnamento funebre, che ha
avuto luogo a Pinerolo, hanno preso parte
molti Pramollini i quali hanno voluto così
testimoniare la loro viva simpatia ai parenti
prossimi, quasi tutti stabiliti a Pramollo
e membri della nostra Chiesa.
Alle varie famiglie afflitte da questi lutti,
noi esprimiamo la nostra viva e fraterna
simpatia cristiana ed invochiamo su di esse
il conforto e le consolazioni che vengono
dall’Alto.
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Personalia
furono organizzati giuochi, come il tiro
alla fune ed anche una corsa campestre luncirca 1.000 metri. Alle cinque circa, dopo
che l’unione di Coazze ebbe offerto un tè
molto gradito, fu sciolto il convegno, che
ha dato modo ai giovani di ravvivare tra
loro i legami di fratellanza e di amicizia
e che ha lasciato certamente in tutti quelli
che vi hanno partecipato un lieto ricordo.
W. G.
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La famiglia del compianto
Federico Gardiol
riconoscente per la dimostrazione di stiir.ue di affetto ricevuta in occasione della dipartita del loro caro marito e babbo, sentitamente ringrazia il Pastore Sig. Peyrot,
i vicini di casa, in modo speciale le famiglie Codino, Robert Gay, e tutte le persone che furono larghe d’aiuto nella dolorosa circostanza.
Praroslino, marzo 1952.
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Un involontario errore è sfuggito al redattore della cronaca di Pomaretto. 11 dramma « Cuffietta Azzurra » attribuito a L. Rostain deve invece attribuirsi alla penna della Signora Giulia Tron Roman. A ciascuno
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