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Anno 124 - n. 15
15 aprile 1988
L. 800
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
In caso di mancato recapito rispedire
a: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
SCONCERTANTE INIZIATIVA DEL PROVVEDITORE AGLI STUDI DI VERCELLI
Il figlio non fa reiigione, né le attività
oiternative, ma esce: denunciato!
L accusa di « abbandono morale e materiale » del minore non trova seguito: il pretore non ravvisa gli estrerni di uri
reato - L’incapacità di decidere dell’autorità scolastica - Occorre seguire più Is Costituzione e meno ie circo ari
E’ accaduto a Vercelli, al liceo
scientifico statale « Amedeo Avogadro ».
Lorenzo Pagliani, aU’atto di
iscrivere il figlio Daniele, compila la fatidica scheda contrassegnando il quadratino riservato
per esprimere la scelta di non avvalersi dell’insegnamento della
religione cattolica, annotando:
« ai sensi della legge n. 449/84 ».
Precisa al Preside che, non essendo previsto da alcuna legge
l'obbligo di frequenza di altre
attività in alternativa all’insegnamento religioso cattolico, il figlio
si sarebbe allontanato da scuola
durante tale ora, esonerando da
ogni responsabilità gli organi scolastici. Puntualmente la comunicazione viene ripetuta per scritto
in occasione dell’ora di religione
ed il ragazzo si allontana dalla
scuola per tale ora. Il 7.12.1987 ribadisce in una lettera indirizzata
al Preside le sue richieste motivate, l’esonero da ogni responsabilità per la scuola, insistendo per
una risposta. Investe della questione anche il Consiglio d’istituto, il quale si dichiara non competente a risolvere la questione.
Con nota 22.12.'87 il Preside comunica ai genitori dello studente di « non avere alcun provvedimento da adottare », avvertendo
nel contempo che ogni eventuale
assenza del minore sarebbe sta
ta valutata « nelle opportune sedi
dagli organi competenti » ed informando che avrebbe trasmesso
copia del carteggio al Proweditorq agli studi. Il padre dello studente ritiene di essere sulla buona strada per ottenere una risposta non evasiva — che sollecita in
termini brevi con lettera 5.1.1988
al Provveditore — circa l’applicazione dell’art. 9 della legge n.
449/84.
Ed ecco quanto con lettera
2.2.1988 il Preside comunica ai genitori del « minore Pagliani Daniele », dizione sotto la quale viene ormai indicato l'«oggetto» nella corrispondenza ufficiale: « Con
riferimento alla situazione di Suo
figlio relativamente alla non partecipazione all’attività alternativa o studio individuale a cui è
tenuto lo studente in base alle
norme vigenti, si comunica che il
Sup. Provveditore ha informato
della questione l'autorità giudiziaria ».
Di che cosa il Provveditore ha
informato l’autorità giudiziaria?
Ed a quale scopo? Val meglio riprodurre il documento nella sua
integrità, perché a riassumerlo si
rischia di non essere creduti.
Al Signor Pretore di Vercelli
Vercelli, 29 gennaio 1988
Prot. N. 3/RIS.
Oggetto: Minore Pagliani Daniele nato
a Vercelli l'8.4.1973, quivi residente in via S. Cristoforo n. 2, studente del Liceo Scientifico.
Mi permetto di segnalare alla S.V. il
caso del minore sopra indicato la cui
anomala situazione scolastica potrebbe
far ipotizzare < l’abbandono morale e
materiale » previsto dalla normativa a
tutela dei minori.
I genitori del suddetto, Pagliani Lorenzo nato a Torino il 3.4.1927 e Frisari Natalina, nata a Vercelli il 15.12.
1941, non permettono al minore stesso
la frequenza delle lezioni riguardanti
l'insegnamento religioso o delle altre attività alternative o sostitutive previste
dalla normativa scolastica. In particolare, a mio giudizio, la responsabilità
di tale comportamento risiede quasi
unicamente sulla ferma volontà del
Sig. Lorenzo Pagliani di contestare la
normativa di cui trattasi.
Poiché la copiosa corrispondenza (v.
fotocopie allegati n. 9) rivela la costante e pervicace volontà del Sig.
Pagliani di non far frequentare nessun
tipo di attività al suo figliolo, questo
Ufficio si trova nella necessità di richiedere l'intervento di V.S. al fine di
ristabilire un equilibrio scolastico del
minore Daniele e far sì che il medesimo possa essere scrutinato alla stessa
stregua degli altri alunni; diversamente
mancherebbe nel mosaico culturale —
che sarà riportato in pagella — un
elemento caratterizzante con grave
danno per il minore di cui trattasi.
OCGETTC tinore FASLIAKI Daniele naio s Verselii l'fc/4,'1S7ii v¡ rfa
Ciàente £• CriEtcforo a. £. Eludente òel Liceo Scientifico*
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LA PAROLA DEL RISORTO
Essere chiamati per nome
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cui anomala cituazione soolastioa potrebbe far ipotisaare "l'abbandono corale m
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I genitori del sudàetto, Tafani Lorenzo nato a Torino il 3A/'927 e
FfiBari Natalina, Asta a Teroelli il 15/l2/l941f non permettono al minore etes»
so la frequenza delle lesioni riguardanti l'insegTiao'.ento religioso o delle altre attiviti alternative o sostitutive prev*iste dalla normati'va scolastioa, .zn
paz^ioolare, a mio giudizio, la responsabilità di tale comportamento risiede
quasi unicamente sulla ferma volontà del Sig* Lorenso Patgliani di contestare la
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Poiché la copiosa corrispondenza (v.fotoeopie allegati n* 9) rivela le
costante e pervicace volontà del Sig* Paglini!' di Aon frequentare nessun ti,
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sarà riportato in pagella- un elemento oaratterizzànte con grave danno per il
minore di cui trattasi, specialmente nella fase conclusiva dell'anno scola::tico»
Eingrazio per le cortese attenzione e porgo distinti ossequi*
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f • ' 'I (Ci'us^ppe SDISTE)
< Gesù le disse: Maria! Ella si voltò e gli disse: Maestro! »
(Giovanni 20: 16).
Maria Maddalena. Ancora una
donna al sepolcro vuoto di Gesù. Piange in un silenzio pieno
di angoscia, di nostalgia, di ricordi, di illusioni distrutte, di
speranze tradite, di aspettative
insoddisfatte. Un pianto senza fede e senza speranza, ma pieno
di amore. L’amore venera le tombe, adorna i cimiteri, conserva
i ricordi. Maria piange perché
la salma di Gesù è stata trafugata: le è stato sottratto il corpo inerte di Gesù, reliquia preziosa, segno concreto di una presenza passata da venerare e conservare il più a lungo possibile.
Maria Maddalena appare il
simbolo di una cristianità per la
quale Cristo non è vivente, non
è operante, non è nel presente
o nel futuro, ma inesorabilmente nel passato. Tutta la vita cosiddetta religiosa, senza agganci
con la realtà, non è che desiderio di mantenere e venerare il
ricordo di cose passate.
Cristo è risorto, ma Maria Maddalena non lo sa. Il sepolcro vuo
to non le suggerisce che l’idea
del trafugamento della salma,
l’apparizione stessa degli angeli
non suscita la fede, l’immagine
muta di Gesù, scambiato per il
giardiniere, non provoca reazione.
Ma che cosa allora determina
la fede nel Cristo risorto? Non
i sentimenti interiori, non la venerazione del passato, non presunte prove oggettive, non gli
angeli, non le immagini, ma una
voce, una parola, la parola stessa del Cristo. La voce del Cristo che ti chiama per nome:
« Egli chiama le proprie pecore
per nome e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce ». Maria conosce la voce del
suo Signore e risponde: Maestro!
E’ la risposta del discepolo che
riconosce la voce del maestro
e con gioia e riconoscenza si
mette a sua disposizione. Maria
non è più sola con il suo pianto, la sua angoscia, i suoi dubbi, i suoi tentativi di capire e
spiegare, le sue domande senza
risposta. Cristo non è morto.
Non è nel passato, è presente,
è davanti a lei e la chiama per
nome. La fede nasce dalla percezione della parola del Cristo
vivente e dalla risposta a questa parola.
Cristo risorto, dopo Maria, ha
chiamato Simone, Torna, poi gli
altri, Paolo e migliaia, milioni
di discepoli fino ai giorni nostri.
Ognuno in situazioni, funzioni e
responsabilità molto diverse.
Egli chiama ciascuno di noi,
strappandoci, come Maria, dal
nostro pianto, dalla nostra solitudine, dal nostro dubbio, dalla
nostra angoscia, dalla nostra religione di cose passate. Maria
ha risposto, ha abbandonato i
sepolcri vuoti ed ha seguito con
gioia il Maestro che la manda
e le dice: « Va’ dai miei fratelli
e di’ loro... ». « E Maria andò e
disse: Ho veduto il Signore! ».
Udire, riconoscere, rispondere,
andare, annunciare. Ecco la sequenza della fede e del discepolato che questo tempo post-pasquale pone davanti a noi come
una strada da percorrere.
Alberto Taccia
specialmente nella fase conclusiva
dell'anno scolastico.
Ringrazio per la cortese attenzione
e porgo distinti ossequi.
Il Provveditore agli Studi Regg.
Giuseppe Solerte
Il Pretore di Vercelli non perde
tempo e in data 6.2.1988, fatto
registrare l’elaborato del Provveditore sotto il titolo « Atti relativi al minore Pagliani Daniele »,
« poiché nel fatto non si ravvisano estremi di reato, visto l’art. 74
C.P.P.; decreta non doversi promuovere l’azione penale ».
Si è voluto riferire nei particolari la vicenda per la sua emblematici tà: traspare infatti da essa
il rifiuto di assumere nella sede
propria, quella scolastica, decisioni, in un senso qualsiasi, su
un caso presentatosi e la preoccupazione, su ogni altra preminente, di passare « la patata bollente » in mani di altri, fino alla trasmissione degli atti all’autorità
giudiziaria, con la « perla » di
ipotizzare a carico del padre dello studente « l’abbandono morale e materiale » previsto dalla
« normativa a tutela dei minori »!
Quale normativa? Quella prevista dalla legge n. 184/83 per cui
« sono dichiarati anche d’ufficio
in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni i minori in
situazione di abbandono perché
privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori »?
Qppure quella di cui al disposto
deH’art. 591 del codice penale,
che prevede il reato di abbandono di persone minori ed incapaci?
Attraverso questi espedienti ci
si riprometteva sul serio di ristabilire « requilibrio scolastico »?
Conchiusa la vicenda giudiziaria, non può non restare qualche
preoccupazione circa la sorte scolastica dello studente, per quelle
« assenze ». E resta, più preoccupante, il contenuto oggettivamente intimidatorio che ha caratterizzato il comportamento dell’autorità scolastica nel gestire un
caso che avrebbe richiesto ben
diversa attenzione, con uno
sguardo — perché no? — più alla
Costituzione che alle circolari.
Aldo Ribet
2
commenti e dibattiti
15 aprile 1988
1
INTERVENTO
Il vaso di Pandora cattolico
e ia questione morale
C’è una buona dose di fariseismo nel modo di guardare
alla « questione morale ». Un fariseismo, direi, penitenziale.
Rigenerazione, rifondazione,
prospetta questo moralismo ipocrita. Moralismo del ceto politico: di fronte all’evidenza dei
fatti, confessiamo pure che ci
sono colpe e malefatte anche
in noi, non prima di avere caricato sugli altri traviamenti peggiori dei nostri. Così rigenerati
o, meglio, avendo promesso di
rigenerarci, potremo riprendere a deviare, a distrarre, a malversare di nuovo. Moralismo
autoassolutorio dei cittadini, della gente: i politici non hanno
attenuanti, sono la parte peggiore della classe dirigente, allora rimuoviamo pure le nostre
responsabilità, trasferiamo sulle
loro spalle l’intero peso della
questione morale. Anche se, in
coscienza, sentiamo che ci assomigliano molto.
Il modo in cui tanti (confessionali e laici, politici ed opinionleaders) guardano alla questione
morale, sa tanto di moralismo
cattolico.
Da un po’ di tempo, in crisi
di conversione, questa conclamata questione morale, l’indignarsi
con gli altri e l’assolversi collettivo, vizi privati e pubbliche
virtù, mi infastidivano.
Mi chiedevo anche perché il
fenomeno italiano, lo scadimento morale della vita individuale e
collettiva, il crollo di ogni tensione civile, segnato dal disinteresse, dal disprezzo della legge, delle proprietà, delle persone degli altri ha grandezze ed
intensità particolari, una misura
più accentuata che altrove, come
molti riconoscono.
I moralisti cattolici hanno una
spiegazione semplice ed' esaustiva: sonò venuti meno i valori
accomunanti del'sacro, il timore
del peccatò.
Strano. Non sono im vecchio
e quando ero ragazzo, attorno
alla metà degli anni ’50, un povero balordo della campagna
lombarda (molti lo ricorderanno) era nelle cronache di tutti
i giornali é rotocalchi, accusato
di avere fatto violenza a due
nipotine. Se non ricordo male,
non le aveva uccise. Già a quel
tempo « sacro e timore del peccato », come li concepiscono quei
moralisti, erano desueti (anche
se era presente quella temperie
che Giorgio Bouchard, in « I
■Valdesi e l’Italia », chiama « una
riproposizione in chiave democratica della civiltà della Controriforma »). Oggi quel balordo
non costituirebbe più im caso.
Anche se non c’è la repressione
sessuale di allora, stupri, violenze di strada e di salotto sono
cronaca quotidiana. Fa ancora
notizia la loro proliferazione. Ed
è solo un aspetto fra i tanti dell’imbarbarimento del costume.
conosciuto un pieno sviluppo del
capitalismo e della democrazia
e, per q.uesta sorte, probabilmente continua a pagare un prezzo
in termini di adeguatezza della
società civile, di compromessi e
nuovi singolari adattamenti ».
Ed il filosofo del « pensiero
debole », Gianni Vattimo osserva, in un elzeviro ironico ma
molto serio, che alla fine Alberto Tomba — atleta « leggero,
estroverso, esibizionista, un po’
strafottente, che non si impone
nessun sacrifìcio, nessuna dura
disciplina » — è stato battuto
nella gara decisiva di Coppa del
mondo (otto ne aveva vinte, contro due dell’antagonista) da Zurbriggen, lo svizzero: « regolarissimo, serissimo, silenziosissimo»;
ed intitola l’elzeviro: « Tomba
o della leggerezza sconfìtta ».
Tomba piace così com’è anche a noi e siamo fieri del suo
talento e delle sue vittorie. Ma
anche nello sport capita sovente
che, quando si tratta di stringere i denti, dì esprimere tempra morale, siamo sconfìtti da
gente che ha metà della nostra
valentia.
Ed allora mi si affaccia una
ipotesi singolare, visto che non
si discosta molto dal vero Giorgio Bocca, che pensa che « negli
ultimi quarant’anni, il modo di
vivere, di produrre, di consumare degli italiani è cambiato
più che nei tremila precedenti,
negli ultimi dieci più che dall’unità»; e che, comtmque. a me
sembra che l’anima e la solidarietà cristiana, rumanesimo degli italiani siano tuttora molto
robusti.
Non sarà che la trasformazione travolgente ha scoperchiato
il vaso di Pandora della morale
cattolica (che, si sa, è cosa diversa dal moralismo) ed i venti di trasgressione e di, licenza
soffiano ora senza controllo?
In fondo questo vaso della
morale cattolica non è che fòsse poi tanto solido. I suoi vecchi collanti erano una mistura di
legalismo dogmatico abbastanza minimalistico, percl)é non
chiedeva molto come impegno
di vita, non essendo interiorizzato in un’etica della libertà e
della responsabilità individuale; il timore del peccato e della
sanzione; l’edificazione spirituale
per mezzo delle buone opere.
Dappertutto nel mondo occidentale il capitalismo ha preceduto la democrazia. Agli italiani è toccata l’evenienza unica di
vedere crescere insieme l’uno e
l’altra.
E’ azzardato ritenere che l’irrompere di novità così rivoluzionarie (con quello di positivo
che hanno comportato: pensiamo a quanta gente ha scoperto le
libertà democratiche, i valori
della cultura, quante idee moderne, progressive sono circolate sull’onda delle trasmigrazioni sociali, dell’acculturazione di
massa) abbia sconnesso Ta fragile costruzione di questa «morale della Controriforma », i suoi
principi, fondati non sulla coscienza, libertà, responsabilità
del popolo cristiano ma sull’autorità di chi lì postulava?
Visto che la storia italiana ha
diffuso la cultura cattolica molto al di là delle comunità di fede, c’è da sorprendersi se la
questione morale, della « società
incivile », è esplosa con tanta virulenza?
C’è da sorprendersi se popoli
che hanno, nel loro patrimonio
storico e culturale, un’etica collettiva più radicata nelle coscienze sono moralmente più robusti
di noi?
Racconta l’antico mito che
Zeus, impietosito degli uomini,
lasciò in fondo al vaso la speranza, dopo che Pandora l’ebbe
aperto', scatenando reversione.
La speranza non potrebbe essere oggi l’impegno collettivo a
ricostruire un’etica più sostanziosa, più moderna?
I protestanti italiani hanno
niente da dire nel ricostituire
per l’Italia la spina dorsale, la
perduta energia spirituale o gli
basta contarsi nelle loro « gloriose » cittadelle?
N. Sergio Turtulici
UNA LETTERA
L'immagine e i'assoluto
Gentile direttore,
Molte cose della vita economica, sociale, politica italiana
sono cambiate in breve volgere
di tempo, innescando una radicale mutazione di valori, di modelli culturali.
Ma mi pare che secolarizzazione e mutazione antropologica
spieghino solo parzialmente la
questione della nostra repentina
immoralità pubblica e privata.
Ho scritto questo articolo perché due flashes molto illuminanti mi sono venuti ultimamente
dalla lettura de « La Stampa ».
Scrive E. Galli della Loggia,
politologo fra i più acuti ed attenti, notando come tutta intera
la società italiana, «dopo la rivoluzione degli anni Settanta e
la grande trasformazione degli
Ottanta », ha fatto grandi progressi ma soffre una mutazione
di valori personali e collettivi, è
divenuta, per molti versi, una
« società incivile »: « Il nostro
Paese fin qui è stato l’unico integralmente cattolico ad avere
la fotografìa riprodotta sulla
prima pagina del n. 12 dell’Eco-Luce che ho appena ricevuto mi ha letteralmente traumatizzata. Poche cose ho visto
in vita mia raccapriccianti come
questo « Cristo torturato », opera del presunto artista brasiliano Guido Rocha.
Sono cresciuta in una famiglia
artistica in cui il culto per il
bello e per il buon gusto dominava, ma in cui vigeva pure
la più rigorosa iconoclastia, come vuole la buona tradizione
riformata.
Se fosse apparsa sul nostro
giornale una crocifissione del
Tintoretto o una deposizione di
Rubens avrei protestato comunque, ma non in preda all’orrore
e con altrettanta riprovazione!
Da quando in qua le riviste
protestanti pubblicano immagini? O sono considerate immagini solo le belle madonne di
Raffaello? Io credevo non fosse
lecito tentare di raffigurare la
Divinità in qualunque modo:
pare invece che si debbano penalizzare solo i grandi artisti.
Un Cristo ripugnante può trovare spazio scio perché 1’« artista » è chiaramente un incapace o forse — e qui credo stia
la soluzione — perché è un bra
siliano e ha appioppato una parrucca « afro » al macabro fantoccio ritratto.
Mi pare che questa volta il vostro populismo terzomcaidista
faccia proprio acquai
Vorrei ricordarvi che noi protestanti crediamo in Cristo risorto e vivente e che i cadaveri
maciullati spenzolanti dalle croci non fanno parte del nostro
credo: anzi, dovremmo essere in
primo piano nella battaglia contro i crocifìssi — anche i capolavori! — in difesa della nostra e
altrui libertà di coscienza.
Questioni teologiche a parte,
non vi pare riprovevole il fatto
che questa settimana debba nascondere il giornale alla vista
dei bambini, ancora troppo giovani per esàere precipitati nel
mondo della « pornografia sadomasochista », come mio marito
ha definito la vostra artistica
proposta?
Erica Scroppo, Torre Pellice
LÀ STORIA VALDESE
IN INGLESE
Gentile Direttore,
sto traducendo in inglese la guida
preparata dalla Società di Studi Valdesi per la commemorazione del Glorioso
Rimpatrio.
Ovviamente la bibliografia include
come essenziale introduzione alla storia valdese l'eccellente libro di Giorgio Tourn edito dalla Claudiana.
Non sono però sicuro di poterlo includere in tutta coscienza, dal momento che a quanto mi risulta il libro è
esaurito e nessuno sa dirmi se e quando sarà ristampato.
Chissà se la Claudiana può sollevare una sensibile coscienza inglese e allo stesso temipo aprire i cuori e le
menti del mondo anglofono a:
« quei che al tuo Vero furon vigilanti
quando i sassi adoravan gli avi nostri »
(John Milton, 1656, « Sul recente massacro in Piemonte »).
Il Sinodo ha auspicato che il tricentenario fosse un momento di testimonianza. Facciamo in modo che
essa possa essere udita anche in inglese.
Richard Newbury, Torre Pellice
A tutti quegli adolescenti seri, composti, con l’aria di essersi a lungo
interrogati e ascoltati, vorrei ricordare
che « l'Eterno tiene in mano l’anima di
tutto quel che vive ».
Assai deve su di loro avere inciso
il pastore Giorgio Tourn esortandoli
più volte « a lasciarsi coinvolgere nella
ricerca di tutti verso la fede », fuggendo l'abisso della solitudine individuale « circondati », nel senso di « recinti », dall'attenzione e dalla tenerezza
di quanti benignamente li guardano.
Davanti alla chiesa, all'uscita, osservando più da vicino quei volti che ia
vita non ha ancora veramente scalfito, sempre in relazione al sermone
— frutto di molti dialoghi — mi vennero in mente le esclamazioni di Daniele: ■■ Oh uomo grandemente amato,
non temerei La pace sia teco! Sii forte, sii fortel ».
Lucia Gallo, Torre Pellice
CONFERMAZIONI
Stamattina, 27 marzo, ho assistito
alla confermazione dei giovani che,
dopo il catechismo, si stanno avviando verso una più consapevole vita
cristiana.
il tempio dì Torre Pellice era gremito di parenti e amici che mi parvero
felicemente emozionati.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 17 APRILE
Rai 2 - ore 23 circa
In questo numero il punto
sull’attualità è dedicato alla
proposta del C.E.C. del «De
cennio di solidarietà delle
Chiese con le donne ». Segue
una scheda filmata suH’ìmpegno delle nostre Chiese
contro l’apartheid. Conclude
« il riflettore » acceso sul
ventennale della morte di M.
L. King.
Se qualcosa fa acqua, mi pare sia
questa protesta. Può esserci sotto una
questione di buon o cattivo gusto.
Però vorrei sapere: Cristo si è veramente incarnato o no? E’ stato veramente
crocifisso o no? Oppure ci disturba tenerlo presente? (I.d.)
delle valli valdesi
settimanale delle chiese valdesi e metodiste
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Longo, Piervaldo Rostan
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Bragaglìa, Rosanna Ciappa NittI, Gino Conte, Piera EgidI, Paolo Fio
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Registrazione: Tribunale di Pinerolo n. 175. Respons. Franco Glampiccoli
Il n. 14/’88 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino
e a quelli decentrati delle valli vaidesi l'8 aprile '88.
7 aprile.
Hanno collaborato a questo numero:Paolo Angeleri, Marisa Badiaii, Archimede Bertolino. Gino Conte, Ivana Costabel, Dino GardioI, Luigi Marchetti, Aldo Rutigliano, Jean-Louis Sappé, Erika Tomassone.
3
15 aprile 1988
religione a scuola 3
UNA PROPOSTA DI LEGGE SULLE ORE ALTERNATIVE
Materie autogestite
SCHEDA
Tempo di scelta?
Il deputato socialista Nicola Savino ha recentemente elaborato una proposta di legge
relativa alla normazione delle attività « autogestite » nella scuola. La proposta è in qualche
modo una risposta al disegno di legge predisposto dal Ministero della Pubblica Istruzione
circa la disciplina per legge delle attività alternative, noto ai nostri lettori. Le novità di
questa proposta risiedono nel fatto che essa parte dalla piena accettazione della facoltatività
dell’ora di religione cattolica ed introduce il
principio delle attività autogestite dagli allievi.
Nel momento in cui si va formando un nuo
vo governo, nei cui programmi è compresa anche la ricerca di una soluzione per i problemi
dell’insegnamento della religione cattolica nella
scuola pubblica, dopo le note sentenze del TAR
e l’ordinanza del Consiglio di Stato che ne hanno confermato il carattere di piena facoltatività,
questa proposta (che viene da un deputato della
maggioranza) può servire per riaprire la discussione sulla sorte destinata ai «non avvalentisi», che sembrano essere dimenticati — a
quanto ci è dato di sapere — nelle trattative
per la formazione del programma governativo.
(gg)
La relazione sulle proposte L’articolato
L’articolo 9 del nuovo Concordato con la S. Sede e l’articolo 5
del relativo Protocollo Addizionale hanno stabilito che l’insegnamento della religione cattolica
deve essere assicurato a tutti gli
allievi delle scuole pubbliche
che, nelle forme dovute, richiedano di avvalersene.
Stabilito, dunque, che tale insegnamento è facoltativo per l’allievo, occorre regolarne l’organizzazione in maniera conforme all’art. 3 della Costituzione. E questo, anche per quanto riguarda
la posizione del docente, in relazione alla valutazione del profitto nelle discipline obbligatorie e
alla composizione dei Collegi giudicanti. Fra l'altro, sulla materia,
occorre colmare un vuoto legislativo che risale al « regime » precedente.
La facoltatività
Giova ricordare che, anche nell’ambito di quest’ultimo « regime » e, quindi, in presenza del
diritto d’esonero, il profitto nella
disciplina di cui trattasi non era
rilevante ai fini del passaggio
alla classe successiva o del conseguimento dei titoli di studio.
Appare perciò ragionevole dare
per acquisita tale irrilevanp nella definizione delle discipline facoltative e per la loro distinzione
da quelle obbligatorie. E’ ciò che
il d.d.l. propone nei commi 2 e 3
dell’art. 1. Quanto, poi, all’ovvio
diritto di non avvalersi delle discipline facoltative, anche alternative alla religione cattolica, sono previste (al comma 4 dello
stesso articolo) attività autogestite dall’allievo, che, per definizione escludono l’intervento del docente, salvo che nella veste di chi
ne assicura l’ordinato svolgimento, limitatamente all'età inferiore ai 14 anni. Questa soluzione
concilia il diritto di non avvalersi né dell’insegnamento della
religione cattolica, né di materie
alternative (cioè dell’insieme delle
facoltative), con la opportunità
di evitare l’allontanamento di minori dalla scuola durante lo svolgimento d’insegnamenti comunque compresi neH’orario scolastico: e consente la compilazione
dell’orario stesso secondo criteri
esclusivamente pedagogico-didattici (art. 2), senza forzature finalizzate a risolvere i problemi'connessi con la cosiddetta terza ipotesi, cioè col diritto di non esercitare la scelta nell’ambito delle discipline facoltative. Mancando, infatti, il riconoscimento di questo
diritto, ci si troverebbe surrettiziamente dinnanzi ad un obbligo
di opzione ch’è in netto contrasto
con la novità introdotta dall’ultimo Concordato. Resta, comunoue, salvo il diritto dello studente maggiorenne di allontanarsi
da qualsiasi lezione, anche obbligatoria, indipendentemente dai
riflessi sul profitto (comma 2 dell’art. 2).
Composizione dei consigli
dei docenti
In sede di valutazione del profitto, occorre evitare due incon
gruenze, entrambe di natura tecnico-giuridica: che docenti di discipline facoltative (irrilevanti di
per sé ai fini della « promozione ») abbiano titolo alla valutazione collegiale per le discipline
obbligatorie e per lo stesso risultato finale; che gli allievi dediti alle attività autogestite (per
le quali non è prevedibile un docente che valuti alcunché, salvo il comportamento degli allievi
con età inferiore ai 14 anni) siano
giudicati da un Collegio composto da un docente in meno rispetto agli altri allievi. E’ pacifico
che, mentre questa situazione sarebbe illegittima per disparità di
trattamento, la prima lo sarebbe
anche sul piano della logica e della didattica. Per altro occorre sanare la prassi in vigore, che ha
— di fatto — o ammesso un docente « estraneo », alla decisione
sul destino scolastico degli allievi non avvalentisi o esonerati:
oppure ha valutato Questi ultimi
con un Collegio composto da una
unità in meno, cadendo nella disparità di trattamento. Pertanto
il d.d.l. prevede che i docenti delle discipline facoltative non partecipino alle riunioni dei Consigli
di classe destinate alla valutazione. Partecipano, invece, a totale
parità di condizione con i docenti delle discipline obbligatorie, a
tutte le altre riunioni dello stesso
organismo e di tutti quelli nei
quali sono previsti i docenti. In
questa soluzione, che si limita a
prendere atto della diversità di
« ruolo » tra « discipline » obbligatorie e facoltative, è fatta salva
ogni preoccupazione circa la « dignità » dei docenti di discipline
facoltative e, quindi, di religione
cattolica, per i quali non viene
nemmeno esclusa la possibilità
di svolgere funzioni vicarie del
preside. La formula proposta dal
d.d.l. può, pertanto, risultare risolutiva del contenzioso in corso
sulla materia, senza forzature
(inaccettabili) sul significato stesso e la rilevanza del docente- assistente delle attività autogestite.
Procedura per la scelta
Chiariti i punti focali della questione, è facile prevedere procedure sufficientemente chiare e
non equivoche per la scelta delle
materie; e, infine, il concreto
esercizio del diritto della non
scelta (commi 1 e 2 dell’art. 3).
Così come è coerente la sottolineatura sia del divieto di esercitare pressioni in ordine alla scelta, sia delle relative sanzioni
(commi 3 e 4).
L’art. 5 elimina, infine, ogni residua disparità di « regime » tra
le diverse realtà regionali del
Paese.
In conclusione, si richiama l’attenzione sul fatto che le attività
autogestite, cioè il completo esercizio del diritto della non scelta,
consentono un forte ridimensionamento, anche sul piano della
spesa, delle difficoltà sperimentate intorno alla individuazione
e gestione delle cosiddette materie « alternative ».
ART. 1
(Tipi di attività)
1) Nelle scuole di ogni ordine e grado le attività didattiche si articolano
in obbligatorie, facoltative ed autogestite individualmente o per gruppi.
2) Le discipline sono obbligatorie
quando la loro frequenza è essenziale
al conseguimento del passaggio alla
classe successiva o del titolo di studio.
3) Sono, invece, facoltative le discipline irrilevanti al conseguimento
dei fini specificati al comma precedente. Tra di esse è assicurato l'insegnamento della religione cattolica di cui
aH'art. 9 della L. 5.3.85 n. 121.
4) Le attività autogestite sono liberamente concepite dagli allievi e, nei
limiti posti dal regolamento e/o di specifiche disposizioni del Consiglio di
istituto o di circolo, si svolgono nel
complesso scolastico.
Per gli allievi di età inferiore ai 14
anni, l'ordinato svolgimento di queste
attività è assicurato da personale docente, a disposizione contemporanea
anche di allievi di classi diverse.
ART. 2
(Orario delle lezioni)
1) L'orario scolastico settimanale è
redatto con criteri pedagogico-didattici,
indipendentemente dalla distinzione
tra obbligatorietà e facoltatività delle
discipline, ma curando che, nella medesima classe, non vi sia contemporaneità di discipline obbligatorie con
discipline facoltative o attività autogestite, fra di loro alternative.
2) Lo studente maggiorenne è libero
di assentarsi da qualsiasi lezione, previa comunicazione atl'lnsegnante di
classe.
ART. 3
(Procedure per la scelta)
1) La scelta di avvalersi o non avvalersi degli insegnamenti facoltativi, innanzitutto di quello della religione cattolica, è effettuata ogni anno all'atto
deH'iscrizione dai genitori o, per le
scuole secondarie superiori, dagli studenti, sulla base del programma integrativo reso tempestivamente noto.
2) In assenza delia scelta di cui ai
comma precedente, gli allievi si dedicano alle attività autogestite di oui
al 4° comma del precedente art. 1, nei
limiti ivi precisati.
3) Le autorità scolastiche ed il personale della scuola non possono esercitare alcun tipo di pressione in ordine
alla scelta di cui al presente articolo
o pretendere la effettuazione della
scelta con modalità o secondo tempi
difformi da quelle stabilite dalla legge.
4) La violazione delle norme di cui ai
precedenti commi è reato punibile con
la detenzione da uno a tre mesi e
con la interdizione dai pubblici uffici fino a 10 anni.
ART. 4
(Composizione dei consigli di classe)
1) I consigli di classe, in sessione
giudicante per esami o valutazioni periodiche 0 finali, sono composti dai
soli docenti delle materie obbligatorie.
2) Al medesimo organismo, nonché
al consiglio d'Interclasse ed al collegio dei docenti, riuniti per la programmazione didattica, per la scelta dei
libri di testo o su materia diversa da
quella di cui al primo comma, partecipano anche i docenti delle discipline
facoltative.
ART. 5
(Validità)
Le norme di cui alla presente legge
si applicano in tutto il territorio nazionale, senza eccezione alcuna.
Sullo sfondo restano le trattative tra CEI-Ministero per la revisione dell'Intesa, l’appuntamento ineludibile con il Parlamento,
il futuro e delicato momento di
espressione definitiva del Consiglio di Stato sul contenzioso giuridico.
L’ora di religione non è già
trascorsa ed è destinata dunque
a riproporsi con tutti i suoi problemi. Nel frattempo i problemi
reali restano, e sono gestiti nella più totale caoticità, in cui il
diritto perde ogni suo carattere
di universalità. Non a caso del
resto prosegue, e deve proseguire, il nostro impegno per la sicura attuazione della sentenza
del TAR e della Legge 449/’84.
Questa nostra ostinata difesa
dei diritti non può prescindere
anche dal ricordare che è diritto di tutti gli studenti di ogni
ordine, grado e classe di scuola rinnovare ogni anno la scelta
di avvalersi o meno dell'IRC.
Che il Ministro della Repubblica sia latitante è quanto meno sconcertante, pubblichiamo
perciò una scheda riepilogativa,
diffusa dal Comitato Scuola Costituzione, per una chiara informazione in merito.
Il diritto aUa scelta annuale di
avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.
Il dibattito alla Commissione
Istruzione del Senato dell’11/12/
1985 lo aveva stabilito in maniera inequivocabile. Lo confermavano gli stessi impegni assunti
in tale occasione dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione:
« Non può in nessun caso essere
contraffatto il principio secondo
cui viene garantito ogni anno il
diritto di avvalersi o non avvalersi dell’IRC ».
Tale diritto veniva poi codificato in precise disposizioni di
carattere legislativo e amministrativo:
— per tutte le classi della
scuola secondaria superiore dalla legge n. 281 del 18/6/1986.
— Per tutti gli alunni della
scuola dell’obbligo e materna
dalla circ. min. 20/12/1985, numero 368.
— I moduli per la scelta devono essere consegnati a tutti
gli studenti di tutte le classi, entro il 10 giugno: lo stabiliscono
le circolari ministeriali n. 128,
129, 130, 131 del 3/5/1986.
— Il modulo per la scelta
deve essere riconsegnato da tutti gli studenti (non solo da quelli
delle prime classi, ma anche da
quelli per cui è .prevista l’iscrizione d’ufficio) entro il 7 luglio.
Lo stabilisce la circolare n. 364
del 20/12/1986 che regola in modo permanente le iscrizioni.
□ Gli evangelici promuovono
il Comitato « Scuola e Costituzione »
LA SPEZIA — Si è costituito recentemente a La Spezia, su iniziativa del Centro evangelico, il Comitato « Scuola e Costituzione »
che aderisce al Comitato nazionale.
Ne fanno parte le Chiese evangeliche: battista, metodista, avventista, dei Fratelli e le Assemblee di Dio;
i partiti politici: PRI, DP, POI, PSI;
le Federazioni giovanili: FGEI, FGCI, FGR;
le organizzazioni sindacali: CXiIL scuola, UIL scuola;
il Circolo culturale « Anna KulisciofI ».
Il Comitato si propone di difendere la laicità della scuola di
Stato mettendo in atto tutte le azioni necessarie alla salvaguardia
dei diritti delle minoranze, religiose e non, che nella scuola non si
avvalgono dell’I.R.C. e avviando una seria rifiessione sul Concordato.
Il 12 febbraio il Comitato si è presentato alla cittadinanza con
una conferenza-dibattito sul tema: « Come garantire la laicità della
scuola: situazione attuale e prospettive future ».
Relatori: Carlo Ottino, presidente del Comitato per la laicità della scuola di Torino, Giunio Luzzatto, docente all’Università di Genova, il pastore Franco Scaramuccia della comunità battista di Chiavari.
Gli interventi dei tre oratori hanno prima analizzato la situazione attuale nella scuola per quanto riguarda l’I.R.C. e le 1A.A.,
ponendo l’accento anche su alcune situazioni particolari createsi
nelle scuole cittadine, quindi hanno fatto un’analisi storica della
vicenda concordataria dal dopoguerra fino ai nostri giorni, e hanno
infine presentato le cose da fare, da ora in avanti, perché la laicità
della scuola possa realizzarsi veramente, rimandando naturalmente
alla base fondamentale di tutto il problema e cioè uno Stato sempre più laico, secondo il dettato costituzionale.
Ha fatto seguito un dibattito molto sentito che ha messo in
evidenza anche altri aspetti delle discriminazioni aH’interno della
scuola, riguardanti non soltanto le minoranze religiose.
□ Rimuovere I crocifìssi
ROMA — Il presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Aurelio Sbafiì, ha trasmesso al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro della Pubblica Istruzione la seguente presa di posizione: « Il Consiglio di questa Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, a conoscenza di azioni di protesta contro la presenza di crocifissi nelle aule scolastiche messe in atto da
alcuni docenti in diverse città italiane, riconosce la validità della
protesta espressa da questi insegnanti; sottolinea la necessità di
vigilare perché nella scuola pubblica non siano presenti simboli che
identifichino il servizio pubblico con una particolare confessione
religiosa, costituendo di fatto un elemento di discriminazione confessionale e, in generale, mettendo in questione l’uguaglianza dei
cittadini e il rispetto delle minoranze.
Considerato che con la stipula delle norme del nuovo concordato
è venuto meno il principio secondo il quale la religione cattolica
romana era definita ’’religione di stato”, chiede che vengano rimossi dalla scuola e da ogni ufficio pubblico i simboli di una particolare confessione religiosa e che pertanto le autorità competenti
provvedano a tradurre in disposizioni applicative l’abrogazione delle norme derivanti dal vecchio concordato ».
4
ecumenismo
15 aprile 1988
'I
EVANGELICI IN GABON E REPUBBLICA CENTRAFRICANA
Fra divisioni e povertà
Le maggiori ricchezze in mano a pochi - L’opera delle chiese protestanti - Dalla cappellania militare francese alla gestione autonoma
Gabon e Reipubblica centrafricana sono stati gli altri Stati visitati dal pastore Claudio Pasquet per conto della CEVAA in
Africa nello scorso gennaio; una
visita più breve in due regioni
discretamente estese territorialmente, ma assai sottopopolate.
Gabon
Situato a cavallo dell’equatore,
con un territorio di dimensioni
simili all’Italia, conta circa un
milione di abitanti, concentrati
in maggioranza nella capitale LibrevUle ed in alcuni piccoli centri nella immensa foresta.
« Il Gabon è un po£-se abbastanza ricco — siono le prime
impressioni di Pasquet —, vista
la sua esportazione di petrolio
ma, come in molti altri casi, questa ricchezza è concentrata in
mano a poche persone, tant'è
che nella capitale, accanto ad un
centro bellissimo e moderno, la
maggioranza delle abitazioni (più
del 90%) è costituita da baracche ».
In questo contesto sociale qual
è la forza della presenza cristiana?
« I cristiani, cattolici o protestanti, sono abbastanza numerosi, anche se non toccano la maggioranza della popolazione che
è di religione animista; recentemente si sta facendo strada
l’Islam e cioè da quando il presidente Bongo è passato dal cattolicesimo alla religione islamica; talvolta anche per motivi di
carriera, ci sono state molte
"conversioni". La presenza cristiana è molto antica: furono
per primi i portoghesi che impiantarono Vi le loro basi da cui
partivano per razziare gli schiavi; dunque una presenza tutt’altro che edificante. La prima chiesa costruita dai protestanti, verso il 1820 e che vi presentiamo
nella foto, fu costruita in un
quartiere chiamato "baracca"
dunque dal significato ben chiaro, proprio dove i portoghesi avevano costruito dei baraccamenti dove ospitavano i neri razziati nella foresta, in attesa di
portarli come schiavi in America. Perciò quando i primi missionari chiesero al capotribù
di ceder loro un terreno per costruire la chiesa, egli diede loro
quel terreno in quanto zona maledetta che ricordava gli antenati ridotti in schiavitù.
Nonostante questi esordi tragici la missione evangelica è proseguita ed oggi si contano molti
membri ».
Quali denominazioni sono presenti?
« Ho conosciuto la Chiesa evangelica del Gabon che vive un
periodo di grossa sofferenza: una divisione, che dura ormai da
n anni. La spaccatura è netta,
talvolta all’intemo di una stessa comunità, con le sue opere,
i suoi ministri di culto, il suo
Sinodo e ciascuna delle due pretende di essere la vera "Eglise
Evangélique du Gabon" ».
Quali sono i motivi di questa
divisione?
« Francamente è difficile capirti; già alcuni anni fa la stessa
CEVAA aveva dovuto sospendere le due chiese dalla sua organizzazione a causa dei forti contrasti, senza aver chiarito quali
fossero i reali problemi. Una
soluzione purtroppo credo sia
lontana: ho visitato le due chiese e da entrambe le parti ho
sentito questa tensione, quasi
che l’altra chiesa evangelica fosse il diavolo. Ci sono dietro queste divisioni motivi di origine
tribale con cui si intersecano ragioni politiche e probabilmente
Canto di un’unione femminile davanti alla prima chiesa evangelica
costruita in Gabon.
anche morali (ci sono accuse di
tollerare la poligamia).
E’ evidente che questo vero e
proprio astio fa del male alla
chiesa: pensate che circa un anno fa il Presidente della repubblica convocò i due responsabili
delle chiese nel tentativo di riconciliarli; vista l’impossibilità,
ha deciso che fino a quando le
due chiese non troveranno un accordo, tutte le scuole protestanti
saranno di responsabilità statale ».
Dunque tutto ciò va a discapito dell’evangelizzazione...
«Malgrado tutto esiste un apposito dipartimento per l’evangelizzazione; nelle varie comunità esistono dei gruppi che agiscono nelle piazze, nelle case,
portando la loro testimonianza
ed entrambe le chiese sono in
crescita. Ho potuto assistere di
persona ad un atto che viene
effettuato dai neoconvertiti, i
quali gettano ai piedi di una croce dipinta sul fondo della chiesa i loro feticci e con essi anche
del denaro, proprio ad evidenziare un abbandono totale di
fronte alla croce: credo sia, questo gesto, un segno della forza
della predicazione ».
Un misto dunque di tristezza
ma anche di volontà di evangelizzare, senza rassegnazione.
Per « ricominciare »
dopo la dittatura
Repubbiica
Centrafricana
Una superficie assai vasta, 34
milioni di abitanti a grandissima maggioranza cattolica, una
pressa protestante aifidata all’Eglise Protestante du Christ
Roi, che è veramente una chiesa
piccola (una bella parrocchia
nella capitale Sangui ed un paio
di centri situati molto lontano):
questi alcuni dati su questa regione.
Qual è il ruolo della presenza
protestante?
« E’ una presenza importante
— continua Pasquet —, fondata
dalla cappellania protestante militare francese negli anni ’50, e
ora gestita in toto dai neri ed
è una delle poche in cui si predica essenzialmente in francese;
pur nella limitatezza dei mezzi
e delle risorse umane, accanto
alla chiesa di Bangui ci sono un
liceo, una scuola per ragazzi handicappati, una scuola per ciechi,
una foresteria; dunque una forte presenza nella popolazione ».
La collocazione di questo Stato, lontano dal mare, penalizza
la sua economia?
« Qui la povertà è ancora maggiore che altrove; tutto ciò che
UNA RIFLESSIONE
I problemi
dei volontari
Un’attività in continuo cambiamento - Un panorama (diversificato per le opere e per i soci
deve essere importato arriva nei
lontani porti del Camerún e poi
si affronta un viaggio lunghissimo: i costi perciò sono elevatissimi (una bottiglia di acqua minerale, nell’unico supermercato
della capitale, costa 6.500 lire alla bottiglia). Si vive ai limiti della sussistenza. Eppure la Repubblica centrafricana esporta diamanti, ma il fatto è che nulla
viene trasformato in loco, tutto
subisce lavorazioni all’estero e
semmai viene reimportato, appunto a prezzi esorbitanti ».
Entrato ormai nel terzo anno
di impegno come membro del
consiglio dell’AEV, l’Associazione evangelica di volontariato
fondata nel 1983 per collegare e
promuovere iniziative a carattere volontario di ispirazione cristiana evangelica, mi sembra interessante ed opportuno esprimere alcune mie riflessioni sull’attuale situazione del volontariato evangelico in Italia.
Non sarà sicqramente un’analisi scrupolosa e scientifica, fatta in base ad una fredda indagine statistica e con dati alla
mano. Voglio semplicemente esporre alcune impressioni e sensazioni che sono state vissute in
questi anni di contatto con la
realtà del volontariato, in qualità di volontario prima, come
membro del consiglio poi. Forse il quadro tracciato non rispecchierà le aspettative di quanti, pieni di zelo e buona volontà,
nell’83 si trovavano, discutevano
e riflettevano per dar vita a questa associazione; forse il volontariato stesso che emergerà da
questa analisi sarà diverso da
quello vissuto e sentito dai membri costituenti.
Un momento
di transizione?
Questo Stato è uscito da una
dittatura terribile, quella di Bokassa...
« Proprio mentre ero lì, si ricordavano i "piccoli martiri";
nel 1978 i ragazzi delle scuole
(9-18 anni) protestarono contro
il dittatore che li costringeva ad
andare a scuola vestiti con una
divisa carissima per l’economia
delle loro famiglie ed allora Bokassa ne fece arrestare 1.000: i
più fortunati morirono immediatamente sotto le bastonate della polizia, molti furono buttati
a morire di soffocamento o di
fame ammassati in celle. Da li
partì una protesta ancora più
forte che sfociò poi nel colpo di
stato ».
L’epoca di Bokassa è finita,
oggi governa un partito unico
ma, dice Pasquet, « resta la vergogna per noi europei che, pur
avendone la forza, non abbiamo
fatto nulla per far cessare prima
questo scandalo ».
Ma le locali chiese cristiane
cosa hanno fatto allora?
« Il pastore che allora si trovava a Bangui mi ha detto che
sparivano talmente tante persone, rapite e poi buttate ai coccodrilli, che era difficilissimo parlar chiaro. Le chiese, dopo lunghe discussioni, tagli, limature
perché il testo sembrava troppo
duro emisero un comunicato il
cui senso era talmente incomprensibile che lo stesso Bokassa lo fece leggere alla radio di
stato come "giustificazione" del
suo comportamento, ovviamente
distorcendone il sigmfìcato ».
Oggi, sul piano delle religioni,
forse anche per una forma di
compensazione col passato, vi è
la massima tolleranza per qualunque forma di culto; in questo panorama si colloca l’azione
della Chiesa protestante della
regione.
Concentrazione
0 dispersione
sti ultimi anni siano emersi due
tipi di volontari. Da un lato troviamo dei giovani desideroisi di
fare esperienze nuove, conoscere posti nuovi, sono prepositivi
e portano avanti una riflessione
e un discorso sul servizio volontario.
Sono per lo più stranieri, provenienti da paesi dove il servizio volontario è da tempo riconosciuto ed istituzionalizzato, ma
vi sono anche ragazzi italiani
che, come loro, vivono consapevolmente il senso ed il valore
del volontariato.
Occorre un
maggiore confronto
E’ imjx>rtante innanzitutto notare come la situazione del volontariato sia di per sé dinamica, in continuo movimento, cambiamento, rinnovamento: essendo infatti il periodo di servizio
volontario un momento ben definito di transizione, in cui si
decide di offrire la propria 'Opera al servizio del prossimo, ogni
anno ci si trova con un gruppo
di volontari « nuovi », con nuovi
problemi da affrontare, nuove tematiche su cui riflettere.
Non è quindi una associazione « a vita » come possono essere quelle sportive, musicali,
culturali, ma c’è un continuo ricambio di forze e i nostri membri rimangono soci quasi sempre soltanto per il periodo in
cui prestano il servizio volontario.
I soci sono per lo più dei giovani: ragazzi e ragazze che, in
attesa di maturare una scelta
circa il loro futuro sia scolastico sia lavorativo, offrono la loro disponibilità negli svariati
campi delle opere evangeliche in
cui il servizio volontario è riconosciuto come valida esperienza
di crescita e maturazione personale.
Dall’altra parte troviamo anche dei giovani non interessati
alle iniziative volte ad aggregare i volontari, non legano con
gli altri compagni e non sono
propositivi. E’ per lo più gente
del posto, che ha già una sua
compagnia con cui trascorrere
il tempo libero dopo il servizio,
una casa, una famiglia a cui far
riferimento. A volte non c’è una
profonda riflessione sul volontariato o se ne travisa addirittura il senso, vedendo nell’associazione una sipecie di ufficio di
collocamento e la durata del servizio quasi come un periodo di
prova.
Anche per quanto riguarda gli
istituti che ospitano dei volontari la situazione è analoga, in
quanto vi sono opere che appoggiano, seguono, stimolano il volontario e si sentono in qualche
modo solidali con lui, ed altre
che sono toccate solo miarginalmente da questo servizio, sentito più che altro in termini utilitaristici.
A mio avviso, in questi ultimi
anni è venuta a mancare la riflessione che aveva caratterizzato i tempi prim'a e dopo la costituzione deU’associazione. Si è
perso quello stimolo che dovrebbe arricchire gli interessati, volontari e opere, in una crescita
comune verso un comune obiettivo.
Piervaldo Rostan
La dislocazione dei volontari
in Italia rispecchia quella delle
comunità evangeliche: c’è una
forte concentrazione nelle valli
valdesi, un’ampia dispersione e
un forte isolamento nel resto
d’Italia, cosicché i contatti ed i
momenti di aggregazione risultano più facili per quelli in servizio alle valli.
Il quadro tracciato finora può
suggerire un’impressione di omogeneità all’intemo deH’associazione, tuttavia mi sembra importante fermare l’attenzione su
quella che è attualmente la figura del volontario, per evidenziare come vi siano delle differenziazioni sia nel volontariato,
sia negli enti ospitanti volontari. Senza voler fare qui delle
tipologie, mi sembra che in que
Un importante sintomo di questa « malattia » del volontariato
si è visto nelle assemblee di questi ultimi anni, dove la partecipazione dei membri era scarsa
e del tutto nulla quella dei rappresentanti delle opere. Si ha
un po’ l’impressione che, come
sovente succede, finché si trattava di « mettere su la baracca »
si era attenti e partecipi, ora
che il volontariato è istituzionalizzato, gestito, burocratizzato, e
va avanti per la sua strada, chi
si ferma più a riflettere e fare
un po’ di autocritica? Forse che
l’associazione si deve sciogliere
per stimolare nuovamente il dibattito?
Marco Fraschia
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5
15 aprile 1988
fede e cultura ^
UN LIBRO
LA NOSTRA FEDE
Quando Dio uscì di chiesa H Nuovo Testamento
Fino a qualche settimana fa
si poteva trovare nei primi posti della classifica della narrativa italiana l’ultimo libro' dello
scrittore triestino F. Tomizza,
già noto sul nostro giornale per
le recensioni di altre opere di
simile contenuto, come « La finzione di Maria » e soprattutto
« Il male viene dal Nord ». E’
uno scrittore di frontiera e come tale passerà alla storia della
letteratura italiana. Oltre ai premi Campiello, Strega, ecc., gli è
stato assegnato il premio dello
Stato austriaco per la letteratura europea e nel 1986 ha ottenuto il premio internazionale
dell’Associazione scrittori sloveni « Vilenica ».
Per la tematica e per i suoi
pregi letterari, abbiamo- presentato questo libro: « Quando Dio
uscì di chiesa », proprio nella nostra chiesa, avvalendoci di due
prestigiosi prof .ri deU’Università di Trieste, F. Salimbeni ed
E. Guagnini, rispettivamente per
la parte storica e letteraria.
Il libro è una microstoria esemplare e quasi unica dove
l’autore, con uno stile agile e dinamico, trasporta il lettore nella sconosciuta città di Dignano,
a 10 km. da Fola, che alla fine
del cinquecento vive un momento storico religioso di grande risveglio, con vicende paesane i cui protagonisti sono tagliapietre, pellicciai, piccoli artigiani di Dignano d’Istria, dove
« sino i puti et pastori et zapatori parlano et disputano fra loro delle cose di fede, tal che sono cavate le reliquie di santa
Lucia... e non va più nessuno in
giesia ».
I dignanesi si ribellano contro
la chiesa di quel tempo perché
hanno imparato a « ragionar
con la -propria testa ». Lo scrittore descrive queste situazioni
con vera capacità plastica e con
grande immediatezza per mezzo
del suo intercalare dialettale e
lascia trasparire la simpatia e
quasi la complicità con quegli
eretici, e ci dice « di aver fatto
il possibile per diventare un uomo di quel tempo e di quel luogo ».
II vento liberatore della Riforma veniva non solo dal nord,
per mezzo dei contatti commerciali con la Germania, ma anche dall’Austria, dalla città di
Albona, -dal castello di Pirano,
e da quello meno conosciuto di
Cosiliaco, « oasi luterana animata dallo stesso castellano e dalla
vecchia madre che finanziavano
i predicatori protestanti di passaggio, davano asilo ai preti -perseguitati...». L’influenza della -predicazione del vescovo di Capodistria. Pier Paolo Vergerlo, futuro riformatore, è stata decisiva non soltanto verso suo fratello Giambattista, presule di Fola,
che morirà rifiutando i sacramenti, ma anche verso canonici
e altre personalità della curia
polese.
Nel capitolo del « Vangelo nella vigna », l’autore non può fare a meno di ricordarci le parole contro Lutero di Leone X nella « Exurge Domine ».
L’episodio del ritrovamento
della Bibbia nell’orto, che già
prima di finire sul letame « era
senza coperte che li cazevano
le carte » e la narrazione di
quel ragionar a lùocoli gruppi
intorno a questo famigerato libro, « bora à tavola bora in bottega, bora al fuoco oppure nella vigna », sono senza dubbio le
immagini più avvincenti, poetiche e significative per un evangelico che conosce la nostra diaspora.
Dopo il ritrovamento della
Bibbia da parte del tribunale inquisitore, si legge: « Ma ricalandoci nel borgo agricolo e artigianale del Cinquecento, non pare
azzardato stabilire che il libro
equivaleva a un’arma... ».
La Bibbia, insieme al «Martino », al « Vergerlo », a « Il beneficio di Cristo », anche in un ambiente scarsamente alfabetizza
to come quello dignanese, erano
spiegati da quello più istruito,
che sapeva leggere e forse anche scrivere. La scoperta dei
nuovi valori delTEvangelo rendeva quei contadini audaci,
schietti e a volte anche grossolani nel contestare la prepotenza del clero, anche con il rischio
del carcere a vita o dell’annegamento nella laguna.
Pur assumendo spesso carattere di protesta sociale e politica,
rimaneva in sostanza una contestazione in ambito religioso mirante al sovvertimento del sistema cattolico, accusato di aver
tradito la chiesa degli apostoli
con le sue invenzioni arbitrarie
a scopo di lucro e asservimento. Essi combattono la fruttuosa intercessione dei santi, le indulgenze, le messe di suffragio,
i pellegrinaggi...
«Bisogna andare ad ammazzare
il vescovo e questi preti che si
mangiano il sangue dei poveri ».
Bisognava detronizzare il papa
che inventò la quaresima «per
piazzare il pesce piccolo ». Il
papa non solo era l’anticristo,
ma secondo alcuni era anche un
« becc© fotuto ».
Forse l’autore ha dedicato
troppe pagine alla situazione
concubinaria del clero, o meglio
al « commercio carnale dei canonici con femmine », tuttavia il
suo linguaggio fa ricordare un
famoso romanzo picaresco spagnuolo del secolo XVI, e si legge
come una cronaca divertente.
Certo, in questo grande fermento religioso c’erano gli indecisi, i traditori, gli opportunisti:
« Credi quel che te piasi e tasi », ma c’erano anche persone
come Andrea Callegaro, « che
avrebbe dato la vita pur di ragionar almeno un quarto d’hora
in publico perché vorìa dar ad
intendere che a questa fede bisogna credere ».
Se non fosse stato per questa
ricerca storica, oggi nessuno saprebbe che « il 13 marzo (1584)
a mezzanotte due barche conducevano al largo, fuori delle acque
dei Due Castelli, tre uomini legati e probabilmente avvolti in
altrettanti sacchi. Compagni di
Andrea Callegaro erano Cesare
Cremonese stracciamolo e Giorgio Treco, pure eretici relapsi ».
I tre corpi vennero appoggiati
sui fianchi ravvicinati delle due
barche che a colpi di remo si
staccarono, lasciandoli precipitare in fondo al mare. Così come
trent’anni prima aveva trovato
la morte fra Baldo Lupetino di
Albona. Lo sconosciuto calzolaio
di Dignano, Andrea Callegaro, fu
la seconda vittima o, meglio, il
secondo martire del movimento riformatore dTstria.
Teodoro Fanlo y Cortés
Il nesso inscindibile tra Antico e Nuovo Testamento - La centralità della resurrezione
FULVIO TOMIZZA, « Quando Dio usci
di chiesa » (Vita e fede in un borgo
istriano del Cinquecento), A. Mondadori Editore, pag. 169, L. 19.000.
UNA RIVISTA PER I GIOVANI
Micaiah
E’ nato un nuovo « mensile evangelioo per i giovani ». Si chiama Micaiah. Già dal nome si
capisce che l’intento sarà quello di parlare ai giovani d’oggi,
cercando di andare controcorrente, « assumendosi la responsabilità di non conformarsi ai
tanti profeti di questo mondo »,
come già fece il profeta Micaiah
ai suoi tempi.
Sicuramente l’intenzione di
creare un mensile evangelico per
« teen-agers » è molto ambiziosa.
D'altra parte cerca anche di coprire un evidente vuoto esistente oggi nella stampa evangelica,
che non sembra considerare i giovani di una determinata fascia
d’età come un settore omogeneo
meritevole di un certo interesse
editoriale specifico. Micaiah, al
contrario, si rivolge ai giovai
cercando di parlare il loro linguaggio, di riprodurre il loro stile, le loro modalità espressive.
Non è casuale, in quest’ottica,
un’impostazione grafica realizzata totalmente con l’ausilio del
computer, che non vuole nascondere la povertà dei mezzi disponibili, ma dà l’idea della rapidità e dell’agilità del prodotto.
Il risultato complessivo mi
sembra suggestivo e coraggioso.
Da un certo punto di vista del
tutto personale, lo trovo un po’
come una naturale evoluzione,
certo* notevole, dei vari bollettini di collegamento dei gruppi
giovanili delle nostre chie^, discontinui, confusionari, di mediocre fattura eppure estremamente vivaci.
Se il significato e la realizzazione complessivi dell’« operazione Micaiah » sono, a mio parere, estremamente positivi e del
tutto condivisibili, rimangono comunque dei difetti e delle difficoltà che trovo utile evidenziare, perché possono limitare alméno in parte gli sforzi dei redattori.
Innanzitutto è presente la tendenza ad assumere un atteggiamento un po’ troppo patemali
stico o didattico, quasi da fratello maggiore saggio ed esperto
o da insegnante bravo* e democratico, ma con un suo ruolo di
guida ben preciso. Accettare la
scommessa di produrre qualcosa per i giovani e con i giovani
richiede probabilmente un impegno maggiore^per entrare in sintonia con il loro modo di giudicare le cose. Naturalmente è un
problema che non emerge in tutti gli articoli di Micaiah; e quando succede, l’impressione non è
sempre così negativa. Forse la
parte più debole, più scoperta,
è quella del racconto.
Nel primo numero si ha una
sorta di breve apologo, ironico
ma dai riferimenti forse troppo
sottili, nel secondo numero si
ha una certa caduta di stile, l’intento didattico è molto marcato
e fa sì che tutto il racconto si
percepisca con un certo disagio,
determinato solo in minima parte dall’argomento.
E poi vi sono altre parti di
Micaiah molto valide, in grado
di riscattare le cadute. Mi rife^
risco* in ¡particolare agli spunti
brevi, dedicati alla cultura, all’attualità cinematografica o televisiva, all’ambiente *e anche alla
riflessione biblica. Magari, da un
punto di vista grafico, potrebbe
essere utile dare più « aria » agli articoli, aumentando leggermente spazi bianchi e illustrazioni e ingrandendo un po’ i caratteri. Ma sono, in fondo, dettagli.
Concludo con una domanda solo apparentemente provocatoria,
che rivolgo non esclusivamente
ai redattori di Micaiah: chi sono (chi saranno, chi dovrebbero
essere) i lettori di questo nuovo mensile? E i suoi redattori?
Personalmente non ho una risposta precisa, ma forse non ho
neppure elementi sufficienti per
elaborarla. Cercherò di raccoglierli...
I miei migliori auguri a Micaiah e ai suoi redattori.
Alberto Bragaglia
Il Nuovo Testamento è la proclamazione che il « Cristo », preannunciato neU’Antioo testamento, è venuto nel mondo e ha
compiuto la sua missione;^ questo è T« Evangelo », ossia la
« Buona Notizia ».
Mentre l’Antico Testamrato,
scritto durante circa un millennio, riguarda un periodo enormemente più lungo, il Nuovo
Testamento — a parte la proiezione nel futuro dell’Apocalisse
— è interamente ristretto a un
periodo di pochi anni, intorno
alla predicazione di Gesù di Nazaret e degli Apostoli.
Questi furono chiamati per testimoniare quanto avevano visto
e appreso; la loro funzione quindi fu unica e non è certo trasmissibile a successori (come invece afferma la Chiesa Cattolica,
che identifica tali successori nei
vescovi).
La parola e
l’azione dì Gesù
Dai vari libri del Nuovo Testamento emerge im discorso unitario, accentrato sulla parola e
l’azione di Gesù, il quale pose
la massima enfasi della sua predicazione sull’idea centrale de!
« Regno di Dio ».
La « resurrezione » di Gesù, proclamata dai discepoli, costituisce
il fondamento della fede cristiana; è l’unico fatto che può dar
valore alTinsegnamento del Maestro.
Il canone del N. T. è frutto di
un lento e graduale processo,
durato dal 140 al 200, conclusione di un laborioso accordo tra
tutte le comunità (naturalmente
diffidenti verso ogni scritto « nuovo ») su una scelta ristretta, tra
decine di testi di vangeli, lettere, atti e apocalissi.
Le parti più antiche del N.
T. sono le Lettere (o Epistole)
di Paolo, che fa normalmente riferimento a situazioni e contingenti e locali, intervenendo in
dibattiti, aprendo prospettive
nuove, dando suggerimenti pratici, aiutando a superare situazioni di crisi. Tuttavia il loro
contenuto possiede un respiro
spirituale che va ben al di là del
caso specifico, per esprimere un
valore permanente e universale.
Tra i principali concetti teologici espressi da Paolo vi è l’opera redentrice di Cristo, che
ha vinto la morte, la giustificazione per fede, la resurrezione
del corpo, i doni dello Spirito.
I Vangeli presentano la vita e
la predicazione di Gesù, dando
grande rilievo al fatto centrale,
rappresentato dalla « passione »,
morte e resurrezione.
I primi tre, attribuiti a Marco, Matteo e Luca, sono detti
Vangeli sinottici, perché possono essere letti in parallelo, presentando molte narrazioni in comune, anche se ognuno di essi è
molto ben caratterizzato e destinato a un pubblico specifico.
II Vangelo di Giovanni è molto diverso per contenuto e linguaggio e si presenta notevole
per livello dottrinale e teologico.
Luca è autore anche del libro
degli Atti, che narra le vicende
della comunità cristiana primitiva.
La Lettera agli Ebrei sottolinea la superiorità del nuovo patto sull’antico e dà un’interpretazione cristiana dei testi dell’Antico Testamento.
Le restanti Epistole sono delle Lettere cattoliche (cioè « comuni », « universali ») perché i
destinatari non appartengono a
una specifica comunità ma sono
i credenti in generale.
L’Apocalisse è soprattutto un
libro di consolazione per le comunità perseguitate, alle quali
viene promessa la vittoria finale di Cristo e la nascita della
nuova Gerusalemme.
Gesù, ebreo che visse tra gli
ebrei, fa spesso riferimento all’Antico Testamento, che chiama
« Scrittura », pur assumendo nei
suoi confronti una posizione autonoma e addirittura critica, illuminandolo e reinterpretandolo.
Nella Chiesa primitiva si diffonde la convinzione che l’Antico Testamento trova compimento in Cristo e può essere compreso solo in relazione a lui.
Nel momento in cui la Bibbia
si completa con il Nuovo Testamento, i cristiani hanno coscienza di leggere « un solo libro »,
che presenta la volontà salvifica del medesimo Dio nei confronti dell’umanità.
Oggi vi è chi si domanda se
l’Antico Testamento possa avere ancora un valore per i cristiani.
In realtà esso ha im proprio
originale messaggio da trasmettere e testimonia di un campo
d’azione attraverso il quale Dio
I 27 libri del
Nuovo Testamento
4 VANGELI (Matteo. Marco. Luca.
Giovanni)
ATTI o FATTI degli APOSTOLI
13 LETTERE dell'apostolo PAOLO
(Romani. I e II Corinzi. Calati.
Efesini. Filippesi. Colossesi. I
e M Tessalonicesi, I e II Timoteo. Tito. Filemone)
LETTERA AGLI EBREI, di autore
sconosciuto
LETTERA di GIACOMO, fratello di
Gesù
¿ LETTERE deM'apostolo PIETRO
3 LETTERE dell'apostolo GIOVANNI
LEnERA di GIUDA
APOCALISSE, attribuita a Giovan
ha agito, preparando gradatamente il compimento finale rappresentato da Gesù Cristo.
Elementi fondamentali si trovano tanto nell’Antico quanto
nel Nuovo Testamento: la concezione di Dio, la promessa della liberazione, la vita oltre la
morte. E’ addirittura possibile
reperire nell’Antico Testamento
alcuni elementi espressi con maggiore chiarezza e profondità che
non nel Nuovo, il quale li dà
per impliciti e presupposti, preoccupato* com’è di mettere a
fuoco soprattutto Tapparizione
di Cristo.
Tra gli elementi che l’Antico
Testamento* caratterizza meglio
vi è la stessa figura di Dio, presentato come personale, misterioso, unico, creatore, signore e
giudice della storia, difensore
del povero e dell’oppresso.
Maggior chiarezza vi è anche
per quanto riguarda le figure
dell’uomo e della donna, creati
a immagine di Dio, che li ha delegati come suoi rappresentanti
nel governo della natura.
E ancora: la condanna per il
formalismo religioso, la viva attenzione per il problema del dolore, la valorizzazione della giustizia e della lotta contro la miseria e l’oppressione.
Si può dire quindi che la conoscenza dell’Antico Testamento sia addirittura indispensabile per la conoscenza del Nuovo.
Aurelio Penna
6
6 prospettive bibliche
1
15 aprile 1988
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Per una sessualità
libera e responsabiie
I Corinzi 7: 1-2
Paolo e il matrimonio
Una corretta traduzione del testo permette di superare tutte le difficoltà e di
accorcile i primi versetti col contesto nel
quale è descritta un’etica del matrimonio.
La TILC traduce: « Rispondendo cdla
domanda che mi avete posto nella vostra
lettera, io vi dico: è meglio per l’uomo
non sposarsi; tuttavia, per non cadere
nelVimmoralità, ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito »; e la Riveduta (revisione del 1982):
« Quanto alle cose di cui m’avete scritto, è bene per l’uomo non toccar donna;
ma per evitare le fornicazioni, ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito».
Nella prima versione c’è un « io vi dico » che è stato aggiunto rispetto al testo greco originario; nella seconda è stata inserita una virgola, doverosa in italiano (ma inesistente nel testo greco), tra
« m’avete scritto » ed « è bene ».
Queste aggiunte (che si ritrovano anche in altre versioni), necessarie per 'piegare un testo altrimenti oscuro, in realtà finiscono per modificarne profondamente il senso. Infatti è presso i Greci,
ed in particolare i Corinzi, che si trova
un’avversione nei confronti della donna,
e non certo presso Paolo. L’apjostolo, invece, con sano realismo giudaico consiglia il matrimonio nel quale vi sia una
reciprocità di * doveri » coniugali.
In questo caso delicato molti traduttori, sia antichi che moderni, portano la
p»esante respK>nsabilità di aver « inventato » un testo che ha prodotto falsi sensi
di colpa in intere generazioni di giovani
cristiani, mentre avrebbe dovuto liberarli.
Il tradimento del testo è nel caso sp>ecifico particolarmente grave e perverso;
da solo giustificherebbe la necessità di
nuove traduzioni che magari urterebbero, senza giusto motivo, il lettore abituato ad una certa versione.
Ho voluto mettere in rilievo questo testo p>erché tradisce l’avversione maschilista dei Greci nei confronti delle donne.
E dispiace constatare che i nostri traduttori della Bibbia si siano affrettati a
condividerla.
• Non si insisterà mai abbastanza sulla
totale reciprocità che Paolo stabilisce
(non vedo infatti altri responsabili, se
non l’apostolo stesso) all’interno della
coppia: il marito appartiene alla donna,
esattamente come la moglie all’uomo.
I Corinzi 7: 5-6
Paolo e le relazioni
all’interno del matrimonio
Paolo antifemminista, Paolo misogino, Paolo contrario al matrimonio
e favorevole all’astinenza sessuale, e così via dicendo. Molte sono le accuse che da più parti si sono levate contro l’apostolo Paolo, per quanto
riguarda l’etica matrimoniale e sessuale.
Ma non è detto che il messaggio di Paolo sia stato letto correttamente.
Può essere ohe all’origine di certe interpretazioni vi sia stata una lettura
distorta, una lettura pregiudicata dalla visione maschile della società greca antica.
Alphonse Maillot, in un articolo comparso su « Le Christianisme au
XX™® siècle », riapre il dossier dell’etica paolinica relativa ai rapporti uomo-donna, e fornisce alcuni spunti interessanti per riprendere un discorso
che ritorni a considerare il dato hihlico nella sua originalità, spoglio delle interpretazioni e deformazioni che nel corso dei secoli ne hanno offuscato la brillantezza, (l.d.)
a cura di GINO CONTE
continenza della coppia, nella sessualità
negata, e non nella sessualità rispettata!
Paolo ci tiene, tuttavia, ad aj^ortare un
piccolo correttivo a quanto dice: non si
tratta di un ordine, ma di un « suggerimento » (TILC) [e non di una « concessione », come traduce !a Riveduta].
I Corinzi 7: 25-40
Sposarsi sì o no?
Per tutto quello che riguarda matrimonio, celibato e perfino divorzio (cfr. I
Cor. 7: 15), Paolo si rifiuta di legiferare.
Credo che molte istituzioni e personalità ecclesiastiche farebbero bene a ricordarsene, invece di mettersi dietro a
un Paolo che è contro... Paolo!
I Corinzi 7: 7-8
Paolo e il celibato
Per questi due versetti si possono accettare le traduzioni consuete. Va sottolineato il buon senso e la saggezza di
Paolo che sa che la continenza può essere una trappola diabolica. Paolo parla
poco del diavolo, ma qui lo piazza nella...
Anzi, Paolo si guarda bene dall’affermare che il « carisma » del celibato, anche
quando è stato imposto da circostanze
particolari, come il rimaner vedovi, sia
una situazione maggiormente favorevole
per l’Evangelo, ed insiste: « è meglio
sposarsi che ardere ».
Se non si riesce a vivere serenamente
la propria situazione di celibe o nubile,
in una disponibilità totale e assoluta per
l’Evangelo, ebbene che ci si sposi!
figliola nubile se ella passi il fior dell’età,
e se così bisogna fare, faccia quello che
vuole; egli non pecca; la dia a marito.
Ma chi sta fermo in cuor suo, e non
è obbligato da necessità ma è padrone
della sua volontà e ha determinato in
cuor suo di serbare vergine la sua figliola, fa bene.
Perciò, chi dà la sua figliola a marito fa
bene, e chi non la dà a marito fa meglio ».
Traduttori e commentatori accettano
anche oggi come cosa del tutto normale
l’intervento di un tale pater familias (1)
non solo all’epoca di Paolo, il quale si
sarebbe profondamente vergognato d’una
tale interpretazione, ma anche nel nostro tempo.
Anche la traduzione francese ecumenica (TOB) non risolve tutti i punti interrogativi; anzi arriva ad una mostruosità ridicola: « Perciò chi sposa la sua
fidanzata fa bene e chi non la sposa
farà ancora meglio» (v. 38). In questo
caso Paolo farebbe l’elogio della rottura del fidanzamento. Io preferisco tradurre: « Chi si sposa fa bene, chi non si sposa fa meglio ».
Il vaso
Le sorelle cristiane avrebbero ragione
di voler regolare i conti coi traduttori
di questa pericop>e, in particolare per la
versione del v. 25, così tradotto: « Quanto alle vergini... » (Riveduta). Invece è
più giusto tradurlo (come fa la TILC):
« Quanto alle persone non sposate » (uomini o donne che siano).
In questa pericope Paiolo vuole equilibrare la raccomandazione farvorevole ai
matrimonio, fatta nei primi versetti del
capitolo, valutando positivamente il celibato cristiano, più semplice da vivere
in questo tempo « ormai abbreviato » c
pieno di difficoltà. Un matrimonio cri
stiano accresce le preoccupazioni, spinge
a costruirsi una certa sistemazione, limita la disponibilità (w. 29-33).
E’ da notare che Paolo è favorevole ad
una vita e ad una predicazione cristiana
inquieta e quindi anche inquietante. Ma
i w. 36-38, così come li troviamo resi
nelle nostre traduzioni, sprofondano nel
ridicolo. Intanto viene inserita di fatto
la figura di un ipadre, assente nell’originale greco, e fK)i si traduce in modo del
tutto incomprensibile: « Ma se uno crede
di far cosa indecorosa verso la propria
Per meglio comprendere questa presa
di posizione bisogna tener presente che
Paolo era convinto di vivere negli ultimi
tempi. La storia avrebbe dovuto terminare al momento in cui l’Evangelo fosse
stato predicato a Roma e gli Ebrei si
fossero convertiti al Cristo.
I Cor. 7 sembra essere lo sviluppo logico di quanto Paolo già aveva scritto
in I Tess. 4: 3-7, dove il matrimonio cristiano doveva avere caratteristiche diverse da ogni altro matrimonio.
Nel testo di I Tess. si deve sottolineare la parola « santità ». Secondo il senso
etimologico ebraico significa qui che il
matrimonio cristiemo deve essere diverso
dalle unioni pagane; deve essere caratterizzato dalla monogamia e dalla decenza. Il versetto 5 allude probabilmente ai
culti pagani, nel corso dei quali si scatenavano le passioni.
II v. 6 « nessuno opprima il fratello né
lo sfrutti negli affari » va probabilmente
tradotto in altro modo, nel senso che
nessuno deve privare il proprio coniuge
di se stesso. Per il giudeo Paolo è sempre presente la preoccupazione di non
vivere « alla pagana ».
In questa pericope di I Tessalonicesi,
al v. 4, troviamo la parola « corpo » (Riveduta, Segond), mentre la TOB e la
TILC mettono « donna ». Il termine greco è « skenòs », cioè « vaso ». L’interpretazione della TOB e della TILC è pertanto giusta. Di certo Paolo non ha voluto utilizzare un termine peggiorativo
(cfr. I Pietro 3; 7: «...voi, mariti, vivete
insieme alle vostre mogli col riguardo
dovuto alla donna, come a un vaso più
delicato... »).
Paolo vuole ricordare che la donna è
fatta della stessa argilla dell’uomo; ma
è un vaso più delicato, nel senso che va
rispettato di più, perché deve accogliere
la nuova vita del figlio.
Alphonse Maillot
' III • pater familias ». secorrdo il diritto romano,
aveva potere di vita e di morte sui figli.
7
r
15 aprile 1988
obiettivo aperto
A UN ANNO DALLA MORTE DI PRIMO LEVI
La memoria
dell’intollerabile
Fra testimoni ed esperti: un ricordo privo di retorica - Una scrittura limpida, in cui risalta l’appartenenza alla tradizione ebraica
Un anno fa, tragicamente, moriva Primo
Levi. In molti, sui giornali e nell’opinione pubblica, si sono chiesti il perché di un gesto così
tragico e disperatamente estremo. Sta di fatto
che il ricordo della prigionia, della perdita di
ogni senso delia dignità umana, si è protratto
con tutto il suo peso anche dopo tanti anni.
Inoltre è impossibile non prendere posizione contro quelle correnti storiche che, da alcuni
anni, praticano un’operazione di ridimensionamento di quella che fu la tragedia del sistema
tico sterminio operato dal nazismo, giungendo
fino a negare l’esistenza di camere a gas.
Kel ricordo di Primo Levi, uomo e scrittore, nella consapevolezza che la memoria è requisito indispensabile per evitare che si ripetano altre tragedie come fu quella della « shoah »,
Torino ha visto riuniti per due giornate di studio scrittori, critici, storici, studiosi di cultura
ebraica.
Questa pagina rende conto di queste giornate, oltreché di un ricordo dell’uomo Primo
Levi.
Nell’estate del 1957 la famiglia
Levi venne a passare le vacanze
a pochi metri da casa nostra, a
Subiasco, tra Bobbio e Villar Pellice. Fu una festa per tutti: gli
adulti rinsaldarono una vecchia
amicizia e io ritrovai Lisa, mia
compagna di classe alla scuola
ebraica di Torino.
Nei pochi momenti in cui non
eravamo insieme, io e Lisa ci
chiamavamo da una casa all'altra, sicché Primo Levi, per diminuire il frastuono o forse solo
perché gliene era venuto l'estro,
ci costruì una teleferica con una
corda, un vassoio delle paste e un
campanellino. Quando a una delle due veniva in mente di chiamare l’altra, bastava azionare la
carrucola e il campanellino dava
l’allarme: ci passavamo biglietti, dolci, libri.
Facevamo lunghe passeggiate
per i castagneti, noi le grandi davanti con i padri, i piccoli dietro
con le mamme e la nonna. Durante una di queste passeggiate capitai davanti a un ruscello abbastanza largo e profondo: mi fermai a ponderare se ce l’avrei fatta a saltarlo da sola e intanto
Primo Levi già mi sporgeva una
mano dall’altra sponda. Fu quello
un istante che segnò profondamente la mia vita. Vidi un numero grigiastro tatuato sul suo
avambraccio e gli chiesi che cosa
fosse. « Un regalo che mi hanno
fatto i tedeschi », rispose lui con
un sorriso imbarazzato che non
dimenticherò mai, così come non
dimenticherò mai l’imbarazzo di
rnio padre che pochi metri più in
là aveva seguito la scena.
Nonostante i miei pochi anni
non ero certo il tipo da accontentarsi di una risposta simile e con
la totale mancanza di tatto e di
pudore dell’innocenza iniziai a
martellare Primo Levi e mio padre di « Perché? ».
Il tempo passa
ma resta il ’’marchio”
Non che fossi del tutto digiuna,
un po’ per l’ambiente in cui ero
cresciuta, un po’ per l’aver frequentato proprio quello e l’anno
prima la scuola elementare « Colonna e Pinzi » e soprattutto per
il mio atteggiamento di grande
curiosità per la vita e il mondo
che mi circondava. Quello che
non mi veniva detto lo scoprivo
da sola a furia di domande; sapevo quindi che c’era stata una
guerra, che in Italia c’era stato il
fascismo e in Germania qualcosa
■di ancora peggiore, sapevo anche
che c’erano stati i partigiani e
che il padre di Lisa era stato prigioniero in un posto da cui quasi
nessuno era tornato e che aveva
pure scritto un libro molto bello.
Sapevo parecchio, ma per aver
ascoltato i discorsi dei grandi;
molte cose mi erano poco chiare
perché di fatto nessuno me le
aveva mai spiegate. Tutto però
di colpo mi pareva irreale e confuso di fronte alla drammatica
concretezza di quel sinistro numero che per sempre marchiava
il braccio del dolce padre della
mia piccola amica.
Mi assalì una ribellione feroce;
con precisione ricordo che più di
tutto mi coIdì il fatto che il marchio fosse indelebile. Tutto finisce; guerre e prigionie finiscono:
come si poteva invece, anche in
quel tragico gioco di adulti pazzi
che sono le guerre, giocare così
pesantemente da marchiare a vita un essere umano?
Quel pomeriggio imparai alcune cose sui campi di concentramento e sempre di più volevo sapere, ma soprattutto cercavo una
risposta a quel perché iniziale
che nessuno aveva ancora soddisfatto. Ho vivissima nella memoria la duplice reazione di Primo
Levi, che da un lato era quasi
contento del mio interesse e dall’altro pareva giustamente esitante nel dare risposte così traumatizzanti.
10 però non demordevo: a casa
continuai a fare domande ai miei,
a cena, al momento di andare a
letto. Perché gli ebrei? Perché
tutti gli ebrei? Ma allora anche
i bambini! Ma allora solo pochi
anni prima tutti i miei compagni
di scuola avrebbero potuto essere
internati in un lager! E che cosa
capitava nel lager?
I giorni successivi ritornai alla
carica appena se ne presentava
l’opportunità. Forse gli adulti
parlarono fra di loro: fatto sta
che mia madre prese in prestito
la copia della famiglia Levi di
« Se questo è un uomo », allora
introvabile e ogni sera, quando
ero a letto, me ne leggeva delle
pagine.
Spesso scoppiavamo a piangere
tutte e due, e ogni volta lei mi
chiedeva se davvero volevo andare avanti; io sempre sceglievo di
sapere. Dopo, con forza pregavo
Dio che non lasciasse mai più avvenire nulla di simile. Immagino
che nella lettura saranno intervenuti dei tagli e delle censure, sta
di fatto che in tempo non troppo
lungo si arrivò alla fine del libro.
11 mio atteggiamento nei confronti di Primo Levi era totalmente mutato: non solo non lo
importunavo più con domande,
ma in sua presenza riuscivo perfino a calmare un po’ della mia
rumorosa irruenza. Mi sedevo
calma accanto a lui, lo guardavo
con affetto, lo contemplavo come
un essere speciale. Mi pareva insieme fragile e indistruttibile, indifeso ed eterno. Divenne il mio
eroe e spesso sognai di essere
una partigiana, di combattere
Ricordare sempre: un insegnamento prezioso che seppe darci Primo Levi.
contro i cattivi che avevano creato i campi di concentramento e
volevano distruggere gli ebrei che
erano buoni ed erano miei amici.
Iniziarono però anche i miei incubi su possibili ritorni a giorni
così neri e per certi aspetti posso
dire che quell'estate, pur di sole
e giochi e grande allegria, terminò la mia infanzia.
Un’estate di molti anni dopo,
quindici e più, incontrai Lisa —
cop cui sempre avevo condiviso
tappe essenziali di vita, dal liceo
D’Azeglio a Nuova Resistenza, agli albori del movimento studentesco, ai viaggi in autostop, alle
gite in montagna — in mezzo a
un uragano su un ponte di Praga.
Il mattino seguente lo passammo nel Ghetto; non ci scambiammo una parola, ma tale era la
commozione e tali i nostri pensieri da sentirci una persona sola.
Dietro entrambe c'era la grande,
benefica presenza di suo padre.
Ho voluto riportare questi miei
lontani ricordi proprio perché, essendo di un’età tanto ignara e ingenua, riproducono in tutta genuinità lo stupefatto orrore che
ogni essere sano e normale deve
provare di fronte a tanta aberrazione. Lo stupefatto orrore che
dobbiamo fare provare se abbiamo imparato la lezione che tanto
bene ci insegna Primo Levi.
Solo ora mi rendo conto che la
mia vita è stata segnata in quell’estate e che tante mie prese di
posizione, tanti miei atteggiamenti non sono frutto di studio, di
maturazione politica successiva,
ma invece risalgono a ciò che
sentii e provai allora vedendo
quel numero.
Anche il fatto che fin dal mio
ingresso nella scuola quale insegnante abbia sempre imposto alle mie scolaresche la lettura di
Anna Frank, « Se questo è un uomo » e « La tregua ». Anche il fatto che io sia tremendamente parziale nei confronti di Israele, che
per me è sempre e solo il paese
dove si sono rifugiati i fratelli di
persecuzione di Primo Levi. Liberissimi lui stesso e gli altri scampati di criticarlo; nessun altro
però ne ha il diritto e nessuno
dovrebbe averne il coraggio.
Il convegno che ha avuto luogo a Palazzo Lascaris, sede del
Consiglio della Regione Piemonte, il 28 e 29 marzo, ha registrato
un susseguirsi ininterrotto di relazioni, note e testimonianze una
più bella, interessante, pregnante
dell’altra.
Due giornate particolari in una
atmosfera particolare di tensione
morale e forte commozione, resa
ancora più rarefatta dalla presenza grave e soave insieme, in
prima fila, della famiglia Levi: la
moglie, la sorella. Lisa, Renzo...
Pochi relatori sono riusciti a
dominare il loro turbamento,
molti hanno strappato lacrime al
pubblico, eppure mai un convegno è stato più sobrio e meno
retorico. Stretti nel saloncino
raccolto, mescolati insieme, affratellati dall'amore e dal rispetto F>er la persona scomparsa e ancor di più dal desiderio di coglierne a fondo il messaggio, relatori
e pubblico per due intensi giorni
hanno vissuto un'esperienza al
di fuori di ogni schema.
Il risultato è stato eccezionale
perché eccezionale era la figura
che ha dominato le due giornate,
ma anche perché non c’è stato
spazio per l’esercitazione accademica o per lo sfoggio personale.
Come ha detto Norberto Bobbio,
che è stato il degno presidente, il
loro senso è stato di far diventare ognuno testimone, « in modo
che si conservi la memoria dell’intollerabile perché non lo si
tolleri mai più ».
Due sono stati fondamentalmente i tipi di relatori: i testimoni e gli ’’esperti”, anche se
talvolta le due cose hanno coinciso. Egualmente commossi nel
parlare, è chiaro che abbiano sortito un effetto più drammatico
negli ascoltatori i testimoni, i reduci.
Pagine di « Se questo è un uomo », lette da Jean Samuel che
ne è imo dei protagonisti, hanno
naturalmente pietrificato la platea. Q Maurice Goldstein mentre
esprimeva il sentimento di vergogna di tutti gli scampati « perché la mia vita ha significato la
morte di un altro uomo », la vergogna del Giusto, come ha ricordato Guido Quazza, di fronte alle
colpe altrui.
Il convegno è ruotato intorno
a due poli, quello della storia,
con analisi più scientifiche, e
quello della testimonianza, più
improntato alla passione civica
e al dovere di non tacere. Neppure dopo 40 anni. Mai.
A metà si colloca la giusta analisi filologica dell'uomo di lettere
che essenzialmente Levi è.
Di tutte quelle voci ugualmente
alte, commosse e commoventi,
scelgo quelle di David Meghnagi
(relatore su Levi e la cultura
ebraica) e di Enzo Collotti (accanito confutatore del revisionismo storico).
Meghnagi tenta di scavare nell’inconscio letterario di Levi, scrittore limpido e palese, dichiarando come i pochi elementi inconsapevoli dei suoi testi, come i richiami biblici, rivelino una stretta interrelazione con il suo popolo d’origine. Dichiaratamente
agnostico. Primo Levi diventa veramente ebreo nel lager e, dice
Meghnagi, pur non credendo, egli
è lo specchio di una intera generazione, elemento costitutivo della coscienza ebraica contemporanea.
Se Levi non è uno studioso del
profondo, di cui è anzi sospettoso, specie per la btinalizzazione
che la giustificazione psicologica
ha creato circa Tesperienza dei lager, si lascia tuttavia « leggere »
in tale chiave. Più difficile è l'interpretazione psicoanalitica dei li
bri di memoria, in cui però l’elemento del sogno interviene a illuminarci nella lettura, mentre
nel suo unico romanzo d’invenzione, il bellissimo « Se non ora
quando? », per ima volta la sua
anima vola libera. Il partigiano
Gedale è ciò che Primo Levi
avrebbe voluto essere, ma Mendel, l’orologiaio pio, è forse il suo
ritratto.
L’orologio di Mendel si rompe
e il violino di Gedale si spezza e
non c’è bisogno di essere studiosi di psicoanalisi per capirne il significato. Meghnagi sostiene che
il fascino esercitato da Kafka su
Levi, al di là della lampante differenza tra i due scrittori, è dovuto al fatto che Kafka, nella
condizione di K. ha intuito e
anticipato la condizione di tutto
il suo popolo non molti anni dopo, nei campi. Il suo testo è « prefigurante, oracolante e perciò
spaventoso ». Levi parla dopo che
i fatti sono accaduti e quindi non
può più liberare la parola, deve
organizzarla per testimoniare con
la « meticolosità e la precisione
del tribunale » (relazione BravoJalla). In Levi come in Kafka domina l’angoscia atavica, ma l’incubo di K. è divenuto realtà
assai peggiore di ogni immaginazione: Levi ne parla con l’unico
linguaggio possibile, quello del
testimone oculare.
Una cesura
irrimediabile
Come Bobbio ha detto, Auschwitz segna una cesura, un baratro, e Meghnagi conclude che
oggi, « dopo la catastrofe che
coinvolge l’intero mondo occidentale, la coscienza europea, cristiana, deve ridefinire se stessa ».
Enzo Collotti, non potendo presenziare di persona, ha inviato
la sua presa di posizione, tutta volta a condannare l’esecrabile neorevisionismo storiografico, quello più intelligente e pericoloso, che in Germania e anche
in Italia vorrebbe attenuare le
colpe del nazismo e del fascismo
edulcorando una verità che troppo pesa su troppi.
Certamente al revisionismo va
imputata la causa principale della depressione che aveva attanagliato Levi dopo la stesura de
« I sommersi e i salvati » e che
l’il aprile dello scorso anno lo
ha portato al suicidio. Triste fatto che è stato suggestivamente
descritto da due reduci e intimi
amici di Primo: Goldstein e
Edith Bruck. 11 primo ha detto:
«L’il aprile 1987 Primo Levi si
è avvicinato troppo ai reticolati:
Auschwitz l’aveva preso ». La
Bruck ha descritto il gesto di Levi come « il suo ultimo atto di
memoria, il suo ultimo grido ». Il
terrore di dimenticare, di non saper più che cosa scrivere è a suo
parere la più forte spinta verso
la disperazione dei reduci dai
campi di sterminio, di cui Primo
Levi era spiritualmente padre e
guida.
Erica Scroppo
8
’I
8 vita delle chiese
15 aprile 1988
« CHECK-UP » A PINEROLO
Una volontà di cambiare
La centralità della predicazione - La vita « interna » della chiesa e il messaggio da rivolgere all’esterno - Creare più occasioni di aggregazione - Un’osservazione storico-ambientale
meno assillanti, c'era una maggiore severità e sobrietà nella
vita delle famiglie...
Una proposta per un maggiore
collegamento fra le persone potrebbe essere una diffusione più
ampia del foglietto domenicale,
portato agli assenti.
Preoccupata per il continuo calo numerico degli ultimi vent’anni, per le difficoltà di lavoro pastorale, per la poca incidenza sul
piano evtmgelistico, la Tavola ha
ritenuto di dover consultare le
chiese su questo « stato di malessere » della nostra chiesa. Per
questo ha inviato un documento
con il titolo: « Check-up », cioè
una traccia di riflessione per le
comunità, per aiutarle a valutare
il loro « stato di salute » e, possibilmente, individuare i problemi e cercare le risposte.
Per affrontare questo problema
la nostra chiesa ha esaminato il
documento anzitutto in sede di
Concistoro; questo ha poi nominato un « gruppo di lavoro » che
stendesse un primo documento
quale « profilo » della nostra comunità; le indicazioni del Concistoro e questo documento sono
serviti di traccia alla discussione
in dieci riunioni quartierali; infine, con un ulteriore documento
sulle risulttmze avute dalle riunioni, l'assemblea di chiesa del
20 marzo ha discusso il problema.
Il documento « check-up » era
suddiviso in undici argomenti, alcuni dei quali sono già stati affrontati più volte nella riflessione comunitaria de^i ultimi aimi
(per es.: contribuzioni, diaconia,
essenziale nella vita della chiesa,
studio biblico, ecc.); per questo
nella discussione sul documento
sono stati lasciati in secondo piano, per occuparci essenzialmente
del problema dell’aggregazione.
Predicazione
La predicazione è il centro del
nostro essere chiesa. Essa è l'essenziale. Almeno per chi frequenta, è abbastanza chiaro che al
centro di tutto poniamo Gesù
Cristo. Il problema è piuttosto
quello di tradurre sul piano della
testimonianza, personale e collettiva, questa fede.
Contenuti deiia
predicazione
Forma deiia
predicazione
bri di chiesa vi partecipi (e siamo una delle comunità dove la
frequenza è migliore!). Esso rimane sostanzialmente imperniato intorno alla figura del pastore,
anche se vi è il coinvolgimento di
altre voci; a questo proposito si
ritengono graditi i « culti di
gruppo » e sarebbe auspicabile
un certo rinnovamento liturgico
con una maggiore animazione,
tuttavia il « vestito tradizionale »
rimane il più gradito dalla maggioranza. E’ emersa anche la riluttanza da parte di alcuni a partecipare (per motivi igienici) alla
Santa Cena col calice imico; sarà importante affrontare al più
presto questo problema, onde
nessuno si senta escluso.
b) l’assemblea di chiesa. Essa
dovrebbe essere uno dei punti
qualificanti del nostro essere
chiesa protestante: ogni decisione è presa insieme dal basso e
mai imposta daU’alto. Tuttavia
, le assemblee sono poco frequentate, specie se messe al di fuori
del culto. Si è osservato che vi è
uno « scollamento » fra la maggioranza che non parla e i « soliti » parlatori; a questo si aggiunge la difficoltà acustica dei
nostri locali; c’è anche chi trova
troppo numerose le assemblee e
soprattutto quelle in cui si parla
ma non si decide nulla.
c) riunioni quartierali. Sono
in genere molto gradite ed apprezzate, perché più « familiari »,
per questo si insiste perché tutte
le zone della nostra comunità
trovino almeno un punto di incontro.
d) visite. Da molti è lamentata la scarsità del numero delle
visite pastorali, ritenute essenziali come « tessuto connettivo » della comimità; si sottolinea come
la visita pastorale debba essere
centrata sui problemi della fede
e non su altro; è importante che
vengano segnalate tempestivamente le persone che gradiscono
una visita; infine si è sottolineata l’importanza delle visite di sorelle e fratelli della corpunità (anziani e altri membri di chiesa),
che rendano più evidente una
reale comunione fraterna.
Ma cosa siamo chiamati a predicare? Evidentemente non noi
stessi e neppure la nostra teologia o la nostra tradizione, ma
Tevangelo di Gesù Cristo. Per fare questo è però indispensabile
conoscere questo evangelo. Da
qui la centralità del riferimento
biblico costante e della preghiera. Senza questo nutrimento la
chiesa si isterilisce e muore. C’è
il giTOsso rischio di perdere la nostra identità, se dimentichiamo
questo nutrimento. Deve diventare prioritario rincontro con la
parola di Dio, sia a livello personale che a livello di gruppo e comunitario. Questa impressione è
condivisa ampiamente dagli interventi uditi nelle riunioni quartierali, in cui si è sottolineata la
importanza del nuovo progetto
di studio biblico, che si sta sperimentando ormai da due anni; si
è anché detto che molti membri
della comunità hanno forse più
una coscienza di « popolo valdese » che una coscienza « evangelica-protestante ».
Destinatari deila
predicazione
La nostra predicazione si esprime a vari livelli:
a) il culto. Resta ancora il
momento centrale della vita della
chiesa (almeno così viene affermato da tutti); ci si domanda allora perché solo il 20% dei mem
II Tempio valdese di
Pinerolo, costruito
nel 1860, esprimeva la
volontà di una presenza
evangelizzatrice nella
città.
Aggregazione
La predicazione è diretta sia all’interno che all’esterno della comunità: tuttavia è difficile dire
dove finisca « l’interno » e dove
cominci « l’esterno ». Infatti non
possiamo escludere i fratelli e le
sorelle che non vediamo partecipare e ovviamente non siamo
chiamati a giudicare la loro fede.
Tuttavia non possiamo neppure
non prendere in considerazione
il fatto che alcuni partecipano alle varie attività e molti altri non
li vediamo.
a) educazione in vista della
fede. 1 primi destinatari della
predicazione sono i nostri figli;
da qui l’importanza di scuola domenicale e catechismo. Abbiamo
istituito da alcuni anni dei corsi
di pre-catechismo e adottato i
nuovi strumenti didattici. Un
grosso problema rimane il coinvolgimento delle famiglie, senza
il quale il lavoro rischia di rimanere molto parziale e facilmente
improduttivo. Un’altra difficoltà
è la poca conoscenza fra i bambini e i ragazzi, data la situazione
di diaspora in cui vive la nostra
comunità.
b) giovani. Dopo i giovanissimi, accenniamo ad alcune considerazioni sui giovani. Da una parte si fa rilevare 1’« emorragia »
dei giovani dopo la confermazione, d’altra parte, a ben guardare,
I frutti della
predicazione
non è meno assente la fascia fra
i 30 e 50 anni. E’ comunque rallegrante che, dop>o alcuni anni, si sia formato un nuovo gruppo giovanile, che ha visto
ultimamente un buon rilancio sia
nel numero che nell’attività. Buona sembra essere l’iniziativa di
invitare periodicamente i confermati degli ultimi anni ad incontri
preparati per loro. Si vorrebbe
una presenza più costante e più
numerosa dei giovani al culto;
ma non è vero che in questo dovrebbe servire l’esempio dei genitori?
c) esterno. 11 nostro impatto
verso l’esterno sembra essere
piuttosto scarso: poche o nulle
le iniziative di carattere evangelistico; molto scarsa la partecipazione agli incontri ecumenici; saltuario e lasciato soprattutto ai
singoli il rapporto con la cultura
e la politica locale. In assemblea
di chiesa è stato fatto notare
come la zona di Pinerolo offra
grandi possibilità di aperture, ma
come la nostra voce stenti a farsi sentire anche su temi di vitale
importanza come' la giustizia, la
questione morale, ecc.
anche fra la chiesa locale e il resto della chiesa.
Alcuni ritengono che « il potere » gestionale della comunità
sia nelle mani di poche persone,
ma sulla causa di questo ci sono
due pareri opposti: alcuni sostengono che poche persone fanno
tutto perché troppe altre trovano
comodo e meno impegnativo questo sistema; altri, viceversa, sostengono che quelli che fanno
tutto non lasciano spazio agli altri. I primi dicono che sono state
scelte delle persone proprio perché dirigano la vita della chiesa e
prendano le decisioni, senza bisogno di troppe assemblee e di
troppi discorsi; gli altri sostengono l’opposto.
Un’osservazione ricorrente è di
carattere « storico^ambientale »:
una volta non c’erano tante
distrazioni, non c’era la televisione, i ragazzi non avevano tante esigenze di tipo scolastico, i
problemi di lavoro sembravano
E’ -vero che sodo il Signore sa
quali sono i frutti che la predicazione della Parola porterà, tuttavia alcune conseguenze dovrebbero essere visibili. Fra queste segnaliamo la diaconia, le contribuzioni, uno stile di lavoro e di vita
improntato a sobrietà ed impegno.
a) diaconia. Su questo tema
vi è stato durante l’anno un giro
di riunioni quartierali e nella comunità se n’è più volte parlato,
compresa un’assemblea di quest’inverno. E’ chiaro a tutti che è
necessario non solo chiamarci
« fratelli » ma vivere la comunione fraterna. Ci sarebbero diversi
settori, oltre all’assistenza ai malati che viene fatta regolarmente, in cui svolgere un’attività diaconale (immigrati, droga...), ma
mancano gli strumenti adeguati,
sia come persone che come mezzi. Per una risposta concreta ed
efficace manca un progetto globale a livello distrettuale.
b) contribuzioni. Anche l’aspetto finanziario della vita della
chiesa è stato più volte dibattuto
nella comunità. Si è cercato di diffondere le informazioni e di creare una maggiore coscienza contributiva. Resta aperto il problema
delle troppe assenze fra i contribuenti. Tuttavia, non sempre chi
contribuisce poco finanziariamente è da considerarsi un cattivo membro di chiesa, perché
può dare molto sotto altre forme
(es. lavoro manuale, diaconia,
ecc.). Fra le osservazioni emerse
nelle riunioni ne citiamo du e se
e come rendere note le contubuzioni dei membri di chiesa; se è
meglio la contribuzione singola o
del nucleo familiare, anonima o
palese. Una cosa è certa: l’importante è che si contribuisca in
proporzione alle proprie
possibilità.
reali
PALERMO - VIA SPEZIO
Una chiesa in cammino
Per una predicazione efficace
verso l’esterno è necessario ritrovare una maggiore compattezza
della vita comunitaria; non possiamo tranquillamente fare a meno del contributo di molti dei
membri di chiesa iscritti nel registro, ma che di fatto vivono « ai
margini » della comunità. E’ necessaria un’opera di aggregazione. La diagnosi fatta nelle riunioni ha sottolineato fortemente
questo problema, senza peraltro
saper dare delle indicazioni su
come ovviare a questa realtà.
Sono venuti fuori molti « bisognerebbe »: sfruttare maggiormente il momento fuori del culto per conoscerci meglio; andare
incontro alle persone nuove e
non aspettare che esse si presentino; partecipare a riunioni quartierali anche fuori dalla ipropria
zona; segnalare con maggiore
tempestività gli spostamenti di
singoli o di famiglie sia all’interno del territorio comunitario
che provenienti da fuori; dare
maggiori informazioni sulle possibilità di impegno nella chiesa;
ognuno dovrebbe incaricarsi di
coinvolgere almeno un fratello
o sorella nella partecipazione alle attività...
Si è anche rilevato un certo
scollamento fra chi è impegnato
nell’attività della chiesa e chi si
vede meno: ma lo scollamento è
Una chiesa in crescita, capace di far sentire la propria, voce
nel contesto del tessuto cittadino, di vivere un’originale esperienza di fede in sintonia con le
altre minoranze evangeliche e in
fattivo dialogo con la Chiesa cattolica. Così la testimonianza dei
valdesi di via Spezio vuole essere rivolta ad un reale processo
ecumenico, nel segno della comune fede in Cristo.
Le iniziative si susseguono durante tutta la settimana: incontri
con i giovani, lo studio biblico
del gio\'edì, riunioni quartierali
nelle famiglie, incontri ecumenici di approfondimento sulla Parola di Dio, il concreto spirito
di carità e di fratellanza. La
chiesa è oggi frequentata da
tanti fratelli di colore, immigrati a Palermo in diffìcili condizioni: qui essi trovano solidarietà
non episodica, aiuti e motivazioni rinnovate.
so comune di crescita. Servono
anche le piccole cose, come il
bazar recentemente allestito nei
locali della chiesa di via Spezio: l’obiettivo (centrato) della
beneficenza è stato largamente
superato dal momento di aggregazione collettiva. Così gli incontri giovanili di via Spezio e
talvolta alla Noce, e gli scambi di
riunioni quartierali. Anche il servizio sociale, come la donazione del sangue all’emoteca dell’AVIS parcheggiata dinanzi alla
chiesa, si è rivelato momento
di apertura alla città.
Periodicamente ricorrono culti
in comune con i metodisti e vaidesi della Noce, in perfetta unità di intenti.
Fino a pochi anni addietro la
maggior parte dei palermitani
ignorava persino resistenza di
una comunità valdese. Oggi molto è cambiato e l’attenzione si
va ampliando. Ma si può far
molto ancora in questo proces
Tuttavia, c’è ancora tanto da
fare. I locali della foresteria, ad
esempio, potrebbero utilmente
essere impiegati come aula-convegni, un luogo privilegiato di
scambi culturali. E’ un’opportunità da non perdere e da attuare
con intelligenza e discrezione,
rifuggendo da qualsiasi tentazione confessionale. Un centro culturale, fondato dalla comunità
valdese di via Spezio, potrebbe
promuovere non solo degli incontri ecumenici, ma ben oltre
dovrebbe stimolare un dibattito su temi e problemi che coinvolgono la cultura, la vita, le
esperienze della città e della società tutta.
Gabriella Bartolozzi
9
r
15 aprile 1988
vita delle chiese
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
L’apertura del “Decennio”
INCONTRI-DIBATTITO DEL SAE
Spirito e Paroia
VILLASECCA — In occasione
dell’inizio del « decennio ecumenico: le chiese nella solidarietà con le donne », la liturgia
del culto di Pasqua è stata interamente condotta da un gruppo di tre donne, di cui una ha
partecipato anche alla distribuzione degli elementi della Cena
del Signore. La predicazione sulla risurrezione di Cristo è stata
riservata al pastore.
Prima dell’inizio del culto vi è
stata la presentazione, da parte
di una quarta donna, delle motivazioni del « decennio » e delle
sue differenziazioni di fondo rispetto al cosiddetto femminismo.
• Nei colloqui finali, avvenuti sabato 2 aprile, tutti i catecumeni del I biennio e quelli del
III anno hanno dimostrato come lo studio del catechismo sia
vissuto più a livello di formazione e chiarificazione di fede e
meno a livello puramente intellettuale.
• Il Concistoro è convocato
per sabato 30 aprile, ore 20, nella saletta.
• Domenica 1° maggio, ore 10,
avrà luogo l’Assemblea di chiesa di fine anno ecclesiastico.
Odg; 1) Relazione morale 19871988; 2) Impegno finanziario per
la cassa centrale 1989; 3) Elezione del deputato al Sinodo; 4)
Varie eventuali.
® Durante il culto di domeni
Ciovedì 14 aprile
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Presso la sede della
Ck)rmjnltà di S. Domenico in viale Savorgnan d'Osoppo, a partire dalle ore
20.45 ha luogo un incontro che prevede una testimonianza sul tema: « Il
carcere nella città: paure dentro... paure fuori » a cura dei prof. Giorgio D’Aleo.
Sabato 30 aprile
□ FORMAZIONE
MUSICALE
VfLLAR PELLICE — Organizzato dall’assemblea delle corali, ha iuogo un
corso di formazione per direttori di
corsie con la partecipazione dei maestro Sebastian Korn: inizio alie ore 15
di sabato 30, chiusura alie ore 17 di
domenica.
Iscrizioni presso il Castagneto (Gisela Lazier, tei. 0121/930779).
CERCASI
Il Museo di Frali e della Val
Germanasca cerca persone maggiorenni disponibili per la custodia del Museo durante i mesi di
luglio ed agosto. Si tratta di lavoro volontario; alloggio in Frali, offerto (4 posti letto). Per informazioni telefonare a Erika
Tomassone (0121/807519).
ca 10 aprile è stata battezzata
Manuela Giacomino di Bruno
ed Anna Bertiero.
Nello stesso culto è stata insediata I4na Menusan, quale
nuovo membro del Concistoro.
Concerto
FRALI — La sera di venerdì
1° aprile, il Coro polifonico «Turba Ccncinens » di Pinerolo ha
presentato un repertorio di canti sacri e profani del 1500 e
1600. Questa serata si presentava
come una incognita dal punto di
vista della partecipazione, non
certo dell’esecuzione, perché non
sempre siamo attirati da una
produzione musicale « colta » e
da una esecuzione diversa dalla
musica popolare delle nostre vallate.
All’esecuzione eccellente diretta dal maestro Aldo Sacco ed
accompagnata per il pubblico
dai testi scritti dei canti, ha corrisposto un certo interesse del
pubblico, fattosi più vivo nella
seconda parte, dedicata a canti
profani. La colletta raccolta è
stata devoluta all’opera deH’Uliveto, in cui tra l’altro lavorano
due cor alisti.
La serata si è conclusa con
un rinfresco seguito ancora da
canti spontanei. Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato
all’accoglienza del coro, in particolare la corale di Frali ed il
suo direttore.
• Domenica 17 aprile, a partire dalle ore 10, culto seguito
dall’assemblea di chiesa. AlTordine del giorno reiezione di due
deputati alla conferenza distrettuale e di un deputato al Sinodo.
Scompare uno
degli ultimi artigiani
ANGROGNA — L’Assemblea
di chiesa è convocata per domenica 17 aprile al Capoluogo,
alle ore 10, nel tempio. Dopo il
culto si procederà, tra l’altro,
all’elezione dei deputati al Sinodo e alla Conferenza Distrettuale e alla lettura della relazione annua.
• Il 5 aprile la comunità si è
stretta intorno ai familiari di
Stefano Coisson, deceduto improvvisamente all’età di 76 anni.
Con « ’Thienne d’i Ricca » scompare uno degli ultimi artigiani
del legno, la cui esperienza, insieme a quella del fratello Levi
anch’egli deceduto pochi mesi
prima, era stata documentata
nel libro della Claudiana « La
mano e il ricordo ». Giunga alla
famiglia in lutto la affettuosa
solidarietà della chiesa.
Deputati al Sinodo
FOMARE’TTO — Nell’assemblea di chiesa tenutasi il 10
aprile scorso sono stati eletti per
la Conferenza Distrettuale i delegati: Lorena Meytre, Ada Richard, Lisa Costabel (supplenti
Elsa Rostan, Ebe Balma); e per
il Sinodo i deputati: Silvana Marchetti, Anna Celli Di Gennaro
(supplente: Laura Zanella).
• Sono stati presentati al bat
tesimo Cinzia e Matteo Lanzavecchia, di Lorenzo e di Ivonne
Marchetti. Auguri da parte della comunità.
• L’Evangelo della resurrezione e della speranza è stato
annunciato in occasione del funerale del nostro fratello Melchiorre Rostagno di Inverso Pinasca (Clot). Ai familiari nel dolore la simpatia cristiana della
comunità tutta.
Assemblea
SAN SECONDO — L’Assemblea di chiesa è convocata per
domenica 17 aprile dopo il culto,
che per l’occasione avrà inizio
alle ore 10. In programma: presentazione relazione morale-finanziaria 1987; elezione deputati
Conferenza distrettuale e Sinodo; varie e eventuali.
Ringraziamento
FRAMOLLO — Ringraziamo il
pastore Mario Beruttì per il
messaggio rivoltoci nel corso del
culto da lui presieduto domenica 10 aprile, sostituendo il pastore Noffke, a sua volta impegnato a Pinerolo.
• Domenica 17 aprile si terrà
l’assemblea di chiesa per eleggere i delegati alla conferenza distrettuale e il deputato al Sinodo.
Nomina dei delegati
LUSERNA SAN GIOVANNI
— L’Assemblea di chiesa, riunita domenica scorsa dopo il culto, ha eletto Daniela Boldrin ed
Enrico Fratini deputati al Sinodo; Daniele Varese, Daniele Gardiol, Bruna Feyrot deputati alla
Conferenza Distrettuale. Supplenti per il Sinodo, Paolo Gay
e Giovanni Belli; per la Conferenza Distrettuale, Ferdinando
Girardon e Alberto Bellora.
'• La signora Alda Boldrin è
stata eletta nuovo membro del
Concistoro in qualità di anziano.
'• Domenica prossima, 17 aprile, alle ore 21 nel tempio avrà
luogo un concerto organizzato
da Radio Beckwith. Tutti sono
cordialmente invitati.
In un mare di verde, in un’oasi di pace
Hôtel du Parc
RESTAURANT
Casa tranquilla aperta tutto l’anno
Facilitazioni per lunghi periodi di permanenza
Saloni per banchetti nozze
Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
GENOVA — Si sta concludendo l’edizione di primavera della
Fiera del libro, in Galleria Mazzini, con Formai consueta presenza del banco delle Scritture
e della stampa evangelica, curato per due settimane da membri delle diverse chiese evangeliche cittadine, con turni continuati dalle 9 alle 19.30.
Non a Pasqua, ma il 13 marzo il culto con la cena del Signore, in via \Assarotti, è stato condotto interamente da un gruppo
di sorelle: si è così partecipato
all’avvio del « Decennio ecumenico »; la domenica precedente
erano stati alcuni giovani del
gruppo giovanile a condurlo, per
la « domenica FGEI ». Due culti
molto apprezzati, cui la comunità
ha partecipato con gioia. La sera del giovedì santo, poi, è stata specialmente numerosa la partecipazione di membri delle varie chiese evangeliche cittadine,
che si sono assunte anche la responsabilità dei vari aspetti del
culto, come sempre avviene, a
turno: la liturgia è stata condotta dal past. Letizia Tomassone,
la predicazione data dal fratello
battista Tonino Barbieri, la cena
del Signore servita da membri
di altre comimità (e il pane azzimo — di regola, per gli avventisti — preparato da una sorella avventista), il canto condotto
all’organo da Carlo Corsani e
sostenuto dalla Corale evangelica (mterdenominazionale, anche
se a forte maggioranza e a direzione battista), che ha pure cantato due inni; la colletta generosa va, come sempre in queste
occasioni, alle attività evangelistiche comuni.
Il 18 marzo il nostro luogo di
culto ha accolto un discreto pubblico, per metà cattolico (« di
base ») per ascoltare e discutere vivacemente una relazione del
past. Erminio Podestà, della
chiesa battista di Sampierdarena, su « Le comunità di base in
Italia contro il Concordato ».
L’oratore ha condensato con efficacia la sua lunga ricerca, sfociata in una ponderosa tesi di
licenza presso la nostra Facoltà
di teologia. Purtroppo, sappiamo quanto siamo tutti ancora
infognati nella questione.
Abbiamo ospitato e ospiteremo due volte, nella nostra sede,
incontri-dibattito organizzati dal
SAE genovese. Dopo cicli su «La
Parola di Dio », « Quale Dio? »,
« Quale Cristo? » con confronti
ricchi d’interesse e molto ampi
pure con israeliti, sporadicamente con islamici e agnostici, quest’anno gli incontri mensili vertono su « Lo Spirito nell’esperienza religiosa »; gli ultimi, in febbraio, in vìa Assarotti, « Lo Spirito e la Parola » (Carlo Ghidelli
e Gino Conte), un tema classico
del confronto confessionale; in
marzo, al Quadrivium, con im
pubblico particolarmente numeroso, l’ortodosso Traian Valdman e il cattolico Bruno Forte
hanno affrontato, anche in vivace colloquio con gl’intervenuti,
l’ardua e affascinante questione
trinitaria: « Lo Spirito nella comunione divina ». Ora attendiamo, di nuovo in via Assarotti,
per il pomeriggio di domenica
17 aprile, il past. Piero Bensì
che presenterà un tema tipicamente paolinico: « La Legge e
lo Spirito, lo Spirito e la carne ».
G. C.
UN « FACITORE DELLA PAROLA »
Enzo Purpura
GENOVA — Giovedì 21 aprile, nella
Chiesa valdese (v. Assarotti, 21), ore
18, si tiene un concerto d'organo e canto con la partecipazione di Monique
Chaurand. In programma musiche di
Bach, Walther, Vierne, Messiaen, Glgout, e negro-spirituals.
TORINO — Mercoledì 27 aprile, presso la sala di v. Pio V, 15 (1° piano),
alle ore 20.45, si tiene un dibattito
su Martin Luther King, attualità di un
sogno (1968-1988), con Diana Holly
Jones e Angela Mangiola, del centro
« J. Lombardinl » di CInIsello Balsamo,
e Paolo Naso, della redazione di « Gioventù evangelica ».
La predicazione della Resurrezione era stata appena pronunciata, con gioia, nella giornata di Pasqua. Il giorno dopo ci
siamo ritrovati nel tempio di
Pomaretto per udire la stessa
predicazione, ma questa volta
per un funerale, in apparente
contraddizione con il messaggio appena ricevuto.
Ma il versetto biblico predicato ci ha richiamato subito a
superare la contraddizione: « Io
so in chi ho creduto» (2* Tim.
1: 12). La parola dell’apostolo
era stata fatta propria dal fratello Enzo Furpura, nel corso di
una vita combattuta nel « buon
combattimento » della fede, come ha ricordato il pastore Renato Coisson nel corso del culto.
Attorno alla moglie, la corona
dì figlie, nipoti, parenti, amici,
rattristati ma attenti alla Parola che Enzo aveva tante volte ascoltato e predicato. Ma non
soltanto ascoltata e predicata;
Enzo aveva vissuto l’esortazione di Giacomo (1: 22): «Siate
facitori della Parola e non soltanto uditori ». Il pastore di Torino che cura in particolare la
comimità del Lingotto, Luciano
Deodato, ha citato questo versetto ricordando l’azione paziente e fiduciosa di Enzo Purpura per creare un senso comunitario vìvo ed evangelico in questo gruppo vario e composito,
dove s’incontrano valdesi delle
Valli e del sud, evangelici di nascita e persone convertite a Cristo attraverso la predicazione di
testimoni di tante denominazioni diverse.
Molti fratelli e sorelle del Lingotto e di Torino erano al culto, per dire con la loro presenza la riconoscenza e l’affetto
che provavano.
Enzo Purpura era diventato
evangelico e credente nella sua
prima giovinezza, in quella Sicilia di cui sapeva essere orgoglioso e critico, militando per
anni in quella Cliiesa Valdese
che allo stesso modo amava generosamente e di cui sapeva vedere i difetti e le infedeltà.
Convinto della necessità dell’evangelizzazione, della testimonianza non muta ma esplicita, sapeva cogliere il nuovo anche quando si manifestava in
termini diversi da quelli che gli
erano congeniali. Diffidente verso un ecumenismo di maniera,
sapeva buttarsi con entusiasmo
nelle esperienze concrete di ecumenismo di base. Evangelico in
teologia, sapeva superare con
coraggio le secche del fondamentalismo. Tendenzialmente portato a cogliere l’aspetto più spirituale del messaggio cristiano,
non aveva nessun timore di buttarsi nell’impegno politico, che
era per lui un prolungamento
necessario, inevitabile, della vita di fede intensa che conduceva. Sicuro di sé, aveva tuttavia
l’umiltà profonda del credente
che sa di essere giudicato dallo
stesso evangelo che lo salva.
Non è solo un amico che perdiamo ma, soprattutto, un testimone, e di quella serie di testimoni che si va assottigliando e
che, avendo conosciuto tempi duri per revangelo e per la società
civile, sapeva cogliere con riconoscenza i cambiamenti ma sapeva ricordare e trasmettere alle nuove generazioni il senso
delle esperienze del passate e la
voglia di mantenere speranze per
il futuro. Ne siamo grati a lui,
e al Signore che gli ha concesso
una bella fede, con la quale egli
ha saputo contagiare chi gli stava intorno.
Sergio Ribet
10
10
valli valdesi
15 aprile 1988
1
ALLE VALLI OGGI
PEROSA ARGENTINA
Il giorno di Pasqua Donne e potere
Sarebbe interessante sapere
quale seguito è stato dato, in
tutte le chiese italiane, alle raccomandazioni del moderatore
comparse sul giornale a proposito delle deliberazioni del Sinodo '87, sul decennio di solidarietà delle chiese con le donne.
Stando a quel che è successo
in alcune sedute di Concistoro
0 incontri pastorali nel 1° Distretto in occasione dell’inizio
« ufficiale », il giorno di Pasqua,
sembra delinearsi una promettente possibilità di riaprire, all’interno di questa nostra tranquilla e sonnolenta vita ecclesiastica, qualche nuovo spazio di
sana conflittualità, che potrebbe
essere foriero di sviluppi positivi.
Nelle chiese dove si è tentato
di organizzarsi perché le donne
si prendessero la responsabilità
di preparare e condurre per intero il culto del giorno di Pasqua, o almeno di salire sul pulpito per la lettura della liturgia,
la cosa si è rivelata impossibile.
Non ce la sentivamo.
C’è chi dice che i tempi erano troppo ristretti per organizzarsi, ed è vero. C’è chi critica
a fondo i testi della liturgia forniti dal CEC, da leggersi quel
giorno. C’è chi afferma di non
credere nelle occasioni « istituzionalizzate », vedendo in esse solo una fonte di adempimenti burocratici, che non incidono sulla prassi e sulla mentalità delle
persone.
Sono tutte obiezioni legittime
e forse anche valide. Rimane aperto il problema di fondo: perché c’è stata una così forte resistenza, da parte degli uomini
e da parte nostra, ad avere un
culto svolto dalle donne il giorno di Pasqua? {Naturalmente il
problema non si poneva per le
donne pastori, ma per le altre).
Credo che si trattasse di paura. La paura profonda di fare
una cosa che non sarebbe stata
accettata, che avrebbe, in un certo senso, costituito uno scandalo.
Questa paura è da intendersi
come un fatto soggettivo, o è
da intendersi come un fatto che
interpella la nostra teologia e la
nostra ecclesiologia?
Benché, come donne, siamo
molto presenti, in stragrande
maggioranza rispetto agli uomini, in tutte le attività ordinarie
della chiesa, continuiamo ad avere un grosso timore di avvicinarci al pulpito. Significa forse
che bisognerebbe abolire i pulpiti? Temiamo, molto più degli
uomini, di far brutta figura perché non ci sentiamo preparate.
Significa forse che non è vero
che i protestanti abbiano delle
forti convinzioni sul sacerdozio
universale? Ci piace la condivisione e il ritrovarci insieme in
un culto in modo familiare, ma
ci commuovono e ci riempiono
di emozione le cerimonie religiose. Significa forse che anche noi
protestanti sentiamo il « bisogno » di un sacerdote (almeno
nelle «grandi occasioni»)?
Pensiamo che ci sia una scarsa sensibilità all’interno delle
strutture ecclesiastiche, nei confronti delle problematiche femminili, ma non siamo del tutto
sicure di doverci battere perché
vengano assunti, nella predicazione e nell’insegnamento, anche
1 contributi portati dalla riflessione sull’etica e dalla lettura
biblica fatte in un’ottica femminile. Significa forse che abbiamo
paura di pagare i costi di una
trasformazione che potrebbe
comportare per noi responsabilità ancora maggiori; che non ci
sentiamo abbastanza « forti » per
imporla; che senza « alleati » nel
mondo maschile non ci sentiamo
di muoverci?
Un dato sicuro è che la progressiva « femminilizzazione » della chiesa viene sentita come un
pericolo, un segno di dequalificazione. Da parte maschile, il
coinvolgimento, il confronto con
le donne e con le idee e le istanze che esse esprimono, vengono
evitati. Si dà per scontato che
la questione « donna » sia ormai,
all’interno delle nostre chiese
protestanti, un fatto pressoché
risolto, o comunque un fatto aggiuntivo, non centrale.
Ci voleva il culto di Pasqua per
cominciare a mettere in dubbio
questa visione ottimistica.
Graziella Tron Lami
Negli ultimi vent’anni la parola « potere » ci è risuonata
spesso agli orecchi accompagnata da aggettivi che la qualificavano: « pK>tere operaio », « potere nero », « potere sindacale ».
Associarla al termine « donne »
può dar luogo a molte i^rplessità: le donne nella società di
oggi non hanno potere? Rivendicano qualcosa che viene ancora in parte negato? Oppure hanno una buona fetta di potere
sommerso, non evidente, ma non
per questo meno reale?
Il dibattito che si è svolto nella Sala Lombardini di Perosa
AGRICOLTURA BIOLOGICA
Se la mela è bacata
L’agricoltura biologica (cioè
quella pratica di coltivazione che
ha abbandonato l’uso di prodotti
chimici, siano essi antiparassitari o concimi) cerca da tempo
una sua definizione ufficiale, una
sua collocazione legislativa; ed
infatti sia a livello regionale che
nazionale esistono da tempo alcune proposte di legge che però, essendo il frutto di piccoli
partiti o grupp«, hanno fin qui
avuto scarso seguito.
Va altresì rilevato che se è
vero che molti agricoltori, singoli od associati in cooperative,
si sono impegnati a lavorare secondo sistemi « naturali », la forte richiesta di mercato di questi prodotti ha fatto nascere equivoci ed anche vere e proprie
truffe causando danno, oltre che
ai consumatori, anche all’immagine di chi lavora seriamente nel
settore.
Nello scorso gennaio una circolare del Ministero dell’agricoltura e foreste mise a subbuglio
l’ambiente in quanto con quel
documento si riteneva improprio,
e quindi da non consentire, Ì’uso
del termine biologico per definire i prodotti ottenuti con coltivazioni controllate a mezzo di
lotta integrata, ovvero senza utilizzo di molecole di sintesi, « in
quanto per effetto della conta
minazione ambientale, tracce di
inquinanti possono per via indiretta residuare in tali prodotti
a causa del possibile inquinamento del terreno, dell’aria e dell’acqua ».
Questa circolare, sicuramente
originale nella sua motivazione
di fondo, ha avuto come effetto
quasi immediato, con tempestività tutt'altro che italica, una
serie di verbali emessi dal Ser\dzio repressione frodi in varie parti d’Italia, con sequestri cautelari di prodotti in talimi casi noti
e diffusi anche in altri Stati del
Mercato Comune.
Una successiva precisazione ministeriale annuncia che il delicato compito affidato agli organi
di controllo non è quello di contrastare le produzioni naturali
ma di intervenire quando « taluni prodotti, presentati al pubblico con false denominazioni, in
realtà costituiscono chiaramente
un effettivo rischio o una frode
a danno dei consumatori ».
Al di là del ballo di circolari,
la vicenda ha contribuito a sollevare un problema latente che
necessita di soluzioni urgenti per
cui si battono sia i produttori
che le associazioni dei consumatori: l’importante è riuscire a
trovare una soluzione chiara a
livello politico. P.V.R.
RADIO BECKWITH
Incontrare gli ascoltatori
« Incontrarsi con gli ascoltatori »: questo è lo slogan scelto per
presentare la seconda edizione
della giornata di Radio Beckwith
che si svolgerà domenica 17 aprile presso la Foresteria.
Nel pomeriggio apertura alle
ore 14.30 con l’intervento del
gruppo flauti e, a seguire, un
incontro dibattito sul tema « Di
che segno sei ? » (stelle ed oroscopo nel mondo di oggi), a cui
parteciperanno Erica Olivetti,
studiosa di astrologia, ed il pastore Giorgio Tourn.
Nel corso del pomeriggio, che
vedrà funzionare un servizio di
huffet, verranno estratti i premi fra le persone che hanno par
tecipato alla sottoscrizione in favore della radio.
In serata, alle ore 21, nel tempio di San Giovanni avrà luogo
un concerto del gruppo corale
polifonico « Turba concinens »
di Pinerolo, che presenterà il suo
repertorio di brani polifonici sacri e profani.
Si ricorda altresì che in questo periodo la radio non emette
la normale programmeLzione a
causa dei lavori di trasloco in
corso dalla sede dell’ex convitto di Torre Pellice alla nuova
sede di via Repubblica 6, sempre a Torre Pellice; in sostituzione viene trasmessa una colonna musicale.
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Liliana Viglielmo
Argentina il 9 aprile non è ¡stato certO’ una esauriente trattazione del tema, infatti ad alcuni
uditori è parso un po’ dispersivo. Si è trattato più che altro di
testimonianze personali e di riflessioni basate sulTesperienza.
Mirella Bein Argentieri (ex preside di scuola media). Franca
Cdisson (sindaco e amministratore di Comunità Montana), Patrizia Santoro (insegnante di
scuola media), Erika Tomassone (paistore) hanno parlato a
turno, mentre Piera Egidi (giornalista) ha moderato la discussione.
La tesi ampiamente sostenuta
(anzi, già solidamente affermata
anche nelTopinione comune) è
che le maggiori possibilità offerte oggi alle donne siano in realtà soltanto il risultato della fuga degli uomini dalle responsabilità. Lo si vede nell’aumento
delle donne nei concistori, nelle
deputazioni sinodali o distrettuali, ora che la chiesa ha perso
l’alone di prestigio di un tempo.
Appare nelTambito scolastico,
con il progressivo aumento del
personale maschile, quasi nullo
nella scuola materna, molto consistente nelle scuole superiori,
totale nelle università.
Anche nella politica amministrativa può capitare (opinione
di Franca CoYsson) che si affidino incarichi imfjortanti ad ima
donna con la motivazione che
non si trova nessun altro disposto a farlo.
Un altro elemento apparso qua
e là nelle esposizioni e nella discussione, e che forse non ha
avuto il tempo necessario per
essere ben capito, è stato il rapporto tra potere e servizio.
Tutti, chi più chi meno, desideriamo avere una parte di potere, sia in un campo, sia in un
altro. Secondo la definizione che
ne è stata data, il potere è la
capacità, o la possibilità, di influire sul prossimo e di condizionarne resistenza.
Ma il potere può anche essere visto come servizio, come rinunzia a ricercare interesse o
prestigio per dedicarsi agli altri.
Alle donne da tutti i tempi è
stata chiesta questa disponibilità a servire, non è certo una novità; le condizioni sociali mutate richiedono però nuovi orientamenti. Ma il servizio è una
caratteristica soltanto femminile oppure è il compito di ogni
persona responsabile, indipendentemente dal proprio sesso?
In questo caso non è un dibattito, ma l’azione pratica che dà
una risposta.
Discutiamo
delTautostrada!
PINEROLO — E’ sorto recentemente il Comitato per il miglioramento della viabilità e dei
trasporti del pinerolese. Ad esso fanno capo alcuni partiti (DP,
PCI, PLI, Sinistra Indipendente)
e associazioni (Lega ambiente,
WWF, Comitato pendolari. Comitato difesa ferrovia PineroloTorre, circolo « Rinnovamento »
di Bricherasio) e i sindacati
CGIL e CISL.
Nella piattaforma programmatica, il comitato chiede di discutere il problema dell’autostrada Torino-fPinerolo inserito
nel quadro più vasto dello
sviluppo del pinerolese. « Non
si tratta di vedere solo il problema del collegamento veloce
con Torino — dicono gli esponenti del comitato — ma di verificare in primo luogo la situazione esistente, di garantire la
fluidità del traffico su tutte le
strade, e di ricercare la soluzio
ne ottimale ».
Del comitato fanno parte anche alcuni agricoltori, che sottolineano come la scelta dell’autostrada sia molto negativa:
« Quando si toglie la terra, per
farne una strada, non si torna
più indietro ».
Tra le prime iniziative del comitato vi è una raccolta di firme
perché il consiglio comunale discuta finalmente la questione.
Elezioni
amministrative
Il 29 e 30 maggio si voterà
in due comuni del pinerolese:’
Massello, in Val Germanasca, e
Gumiana. I consigli comunali di
questi due comuni saranno sciolti alla mezzanotte di lunedì 18,
pér permettere lo svolgimento della campagna elettorale.
Amnesty: raccolta
di firme
TORRE PELLICE — Domenica 17 aprile, ore 15-18, alla Foresteria Valdese, in occasione della ’’Giornata di Radio Beckwith”
e per suo cortese invito, sarà allestito un tavolino per la raccolta delle firme alTappello « Diritti umani, subito » lanciato dal
Segretariato Internazionale di
Amnesty per il 40° anniversario
della Dichiarazione universale
dei diritti delTuomo.
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Noi te ne diamo due
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11
15 aprile 1988
valli valdesi 11
LA FORESTERIA VALDESE DI TORRE RELUCE
Trentanni dopo...
Necessità del dialogo e gioia deH’incontro all’origine della « Foresteria », un luogo utile per
i rapporti con l’ecumene cristiana - La testimonianza del past. Deodato e la sfida del 1989.
Il creare una struttura per ospitare dei forestieri può essere una
avventura: può venire in mente di
chiamarla «foresteria», un vocabolo usuale nel medioevo per indicare la zona di parcheggio in attesa di accedere al feudo, o al convento. In questo secolo, e in Italia. battezzare « foresteria » una
struttura di quel tipo significa trovarsi impantanati in pastoie ministeriali che vanno a far capo, di
ritorno, alla Guardia forestale. E’
successo, giusto trent’anni fa, all’allora moderatore Achille Deodato. che ha speso alcuni mesi per
far capire allo stato che foresteria
non è forestazione. Il problema fu
comunque risolto: fatela pure, ma
dovrà essere una « casa per ferie ».
Deodato lo ricorda oggi, divertito, mentre racconta le peripezie
di allora, nel 1957, quando recepì
la necessità di accogliere in Torre
Peli ice i visitatori che sempre più
numerosi giungevano, dall’estero,
per conoscere quel mondo valdese. quella roccaforte protestante
nell'Italia papista, ultima spiaggia
di una battaglia (persa o vinta?
Lo dirà questa generazione, lo di
l’apostolo Paolo che dice: ’’Non
dimenticatevi dell’ospitalità, potreste ospitare un angelo senza saperlo”. Il solo fatto di mettere assieme persone con la stessa fede
è una gratificazione comune ».
Parole vecchie, giovani di trent’anni. Sono la linea ideale in cui
la Foresteria di Torre Pellice vuole proseguire il cammino. Oggi
la capienza è di oltre 70 posti
letto, in camere limpide e ariose,
quasi tutte con servizi; le cucine
modernissime sono in grado di sfamare 250 persone. Il 1987 ha visto
più di 8.000 presenze, è in progetto un adeguamento degli spazi ricettivi accorpando nel prossimo futuro l’attuale sede del Museo Valdese e permettendo così di ricuperare i posti letto che contemporaneamente si vanno perdendo
con il trasferimento del Museo
stesso nello stabile dell’ex Convitto.
E domani? L’attuale responsabile della Casa (che noi continueremo a chiamare Foresteria),
Adriano Longo, afferma: « Non
siamo, né mai saremo, un albergo.
C’è il turismo di massa, c’è il
gruppo di studio, c’è la ricerca, c’è
rà chi nasce oggi) teologica ma sociale, viva e vitale. Il pastore Deodato racconta, rivive, dice: « Mi
ricordo Edimburgo, mi ricordo la
California e altri paesi ancora dove ho avuto occasione di andare;
ovunque ero accolto, io piccolo
esponente di un mondo più grande di me, con un’attenzione inimmaginabile; continuamente mi
chiedevo: ma è possibile che noi,
in casa nostra, non possiamo accogliere, o raccoglierci? ». In quegli anni si viveva la nuova esperienza di Agape, a Prali, di tipo
internazionale. A Villar Pellice
il pastore Enrico Geymet, inimicandosi tre quarti dei parrocchiani, era riuscito a rimettere in piedi
una vecchia pensione, Miramonti,
che ospitava i fratelli tedeschi. A
Torre Pellice non c’era altro che
uno stabile abbandonato, la vecchia scuola di Villa. Ecco la soluzione: in breve tempo, grazie a
varie sottoscrizioni e all’opera dell’ing. Vittorio Ravazzini, gli antichi muri ripresero vigore, si ospitarono i primi gruppi (importanti
come la conferenza dell’Alleanza
Riformata Mondiale, importanti
come i due avventisti americani,
importanti come I’« unión des mères » locale). Oggi Deodato si
chiede: « Che cosa abbiamo dato
a questi gruppi? ». E si risponde:
« Abbiamo dato la maggior informazione possibile e non abbiamo
dimenticato l’insegnamento del
II dibattito alla Foresteria: da sinistra Adriano Longo, Franco Taglierò, Achille Deodato, Bruna Peyrot.
la curiosità; il nostro compito è
quello di permettere di guardarci
in faccia, così come siamo, nelle
nostre diverse espressioni. Dobbiamo permettere ai nostri ospiti di
dialogare con la gente: con la nostra gente. Dobbiamo avere un
mosaico di risposte, così come è
un mosaico il popolo dei credenti
che qui ha vissuto e vive. Il nostro impegno è sì quello di ospitare materialmente, ma è soprattutto uno sforzo a fare partecipare e ad animare; dev’essere tempo
che possiamo dedicare ».
Se eterogenea è la domanda, dinamica deve essere la risposta. Bi
sogna essere in grado di accompagnare i tedeschi a Chanforan, gli
americani al « Coulege di barba »
a Pradeltorno, gli spagnoli alla
« Ghieisa d’ia tana ». Bisogna seguire gli studenti nelle loro ricerche storiche, bisogna saper rispondere anche a Pinco Pallino che
chiede (è successo): « Ma voi credete in Dio? ».
Un compito certamente impegnativo, forse ostico, riassunto da Longo con una sola frase:
« Dobbiamo essere servitori, comunitariamente insieme davanti
al Signore, mettendoci a disposizione in modo sereno, tranquillo e
disponibile ».
Un appuntamento incombe,
quello della celebrazione del Rimpatrio per cui si sta ampliando
l’aspettativa, come dimostrano i dibattiti in corso nelle comunità e sul
piombo di questo giornale. Quel
che è certo è che in Europa e in
America (Rio de la Piata, New
York, ecc.) già oggi si stanno programmando viaggi alle valli per
l’estate dell’89. Inoltre è altrettanto certo che non sarà la sola Foresteria, benché collegata con la
Rocciaglia, con la Gianavella, con
Agape e con tutto l’esistente, a poter assorbire il flusso di visitatori.
Il convegno del 10 aprile non ha
dato risposte a questo quesito,
che non pare di facile soluzione.
Parlare di accoglienza, però, implica ancora altri aspetti; se ne
preoccupa Bruna Peyrot, ricercatrice presso la Società di Studi Vaidesi. Dopo una carrellata storica
sugli aspetti tradizionali dell’ospitalità, degli scambi culturali dei
valdesi con il resto d’Europa, il
turismo ecclesiastico che unificava
i credenti in tempi «illeciti», ricordando ancora che la Casa Valdese
(attuale sede dell’assemblea sinodale) fu costruita nel 1889 come
« simbolo dell’unità della famiglia
valdese e per riconoscenza ai nostri
antenati che hanno saputo accogliere la fede di Dio e trasmetterla di generazione in generazione »,
la Peyrot sottolinea l’importanza
dell’immagine; « Dobbiamo sapere come presentarci, è fondamentale la testimonianza; la gente fa
visita a noi, parla di noi, racconta
di noi. E noi dobbiamo presentar■ci con tutta la nostra specificità,
una specificità che costituisce e
rappresenta, per la gente, le immagini del termine valdese ».
Dovremmo quindi vestirci con
un « look » rinnovato per presentarci al mondo? Se così dev’essere, ancora una volta i saloni della
Foresteria saranno i locali adatti
per ospitarne la messa a punto.
Stello Armand-Hugon
Riunioni
Cinema
Segnalazioni
RINGRAZIAMENTO
« Io so in chi ho creduto »
(II Timoteo 1: 12)
E’ mancato
Enzo Purpura
di anni 81
Lo annunciano, fidenti nella Parola
del Signore : la moglie Evangelina
Grill, le figlie Claudia Raimas e Federico; Paola Coucourde con Romano, Gabriella con Furio, Fausto con Luisella;
Giovanna Calvetti con Franco e Elena;
parenti' ed amici.
Nell’impossibilità di farlo personalmente, la famiglia ringrazia tutti
coloro che le sono stati vicino nel suo
dolore ed in particolare il personale
medico e paramedico dell’Ospedale Valdese di Pomaretto; la signora Viola
Co'isson; i pastori Coìsson, Taccia e
Deodato e i fratelli in fede della comunità valdese di Torino-Lingotto.
Pomaretto, 4 aprile 1988.
RINGRAZIAMENTO
« ...di una cosa sola fa bisogno a
(Luca^ 10^ 4]^,
«...ciò che vale è la‘fefié òp«f
rante per mezzo dell’amóre
(GalatL 5
Per la grazia di Dio ,
llda ReveI
di anni 93
ha raggiunto il porto desiderato.
La nipote, nell’impossibilità di farlo
personalmente, ringrazia di cuore tutti
coloro ohe si sono uniti al suo dolore e
che in vario modo hanno espresso profonda stima e sincèro affetto per là
diletta scomparsa.
Un grazie particolare al pastore Paolo Ribet, ai medici doti. Broue e dott.
Della Penna, al Direttore ed al personale tutto (volontari compresi}, dell’Asilo dei Vecchi di S. Germano per la
solerte, affettuosa e fraterna assistenza.
S. Germano Chisone, 5 aprile 1988.
RINGRAZIAMENTO
« Il giorno della morte vai più
¿lei giorno della nascita »
(Eccl. 7: 1)
Il Signore ha richiamato a sé
Stefano Coìsson
di anni 76
La famiglia, riconoscente al Signore
che dirige i passi dell’uomo (Prov.
16: 9), ringrazia tutti coloro ohe hanno partecipato al suo dolore ed esprime un pensiero di particolare gratitudine a Franco Taglierò per il messaggio
rivolto nel momento della separazione
dal proprio caro.
« La mia grazia ti basta »
(II Corinzi 12; 9)
Angrogna, 9 aprile 1988.
PEROSA ARGENTINA — 11 consiglio
della Comunità Montana Valli Chisone
e Germanasca si riunirà venerdì 15 aprile, alle ore 21, presso la sede; in discussione, tra l'altro, il bilancio di previsione 1988.
TORRE PELLICE — Nel prossimo fine
settimana al, Cinema Trento verranno
proiettati « Mak TT 100 » (sab. 16 dalle ore 20) e « Balle spaziali », domenica 17 dalle ore 16.
Comitato ferrovia ~~
TORRE PELLICE — Il comitato di difesa della ferrovia Pinerolo-Torre Pellice
si riunirà martedì 19 aprile, alle ore
21, presso la sala consiliare.
PINEROLO — E’ nata l’idea di organizzare un gruppo di « amici della
bicicletta » per organizzare gite, visite 0 semplicemente per stare insieme : chi è interessato può rivolgersi
alla sede ARCI fra le 16.30 e le 19 di
tutti I giorni, dal lunedì al venerdì.
PINEROLO — L’ARCì pone. in vendita, presso la sede territoriale di corso Torino, i bollini Agis che uniti alle
tessere Arci permettono l’accesso a
prezzi ridotti a spettacoli nel cinema e stadi.
RINGRAZIAMENTO
« L’Eterno muta l’ombra di
morte in aurora »
(Amos 5: 8)
Il marito ed i familiari tutti della
cara
Silvia Jahier in Jahier
ringraziano tutti coloro che sono stati
loro vicini nel momento del lutto.
Un grazie particolare al pastore Paolo Ribet, al dott. Valter Broue, ai vicini di casa di via 1® Maggio ed ai
medici e personale dell’Ospedale Valdese di Pomaretto.
San Germano Chisone, 14 aprile 1988.
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12
12 fatti e problemi
15 aprile 1988
'I
DIRITTI UMANI NELLE FILIPPINE
Cambia il governo
restano i «metodi»
Gli « squadroni della morte ».braccio armato della repressione contro
i più deboli - Contrastanti prese di posizione da parte delle chiese
« Violenza e sopraffazione non
sono morte, nelle Filippine, dopo la sconfìtta elettorale di Marcos e la sua fuga ad Honolulu.
Il dittatore è caduto ma i suoi
metodi sono rimasti in vigore... ».
Queste allarmanti conclusioni
a,prono un ampio articolo su un
numero di « Avvenire » dello
scorso gennaio, in cui si racconta la vicenda di padre Eligio
Bianchi, arrestato dal governo di
Manila con l’accusa di sovversione. Il caso è tutt’altro che
isolato, anzi, da quando è alla
presidenza della nazione Corazon Aquino, gli episodi di repressione e di vera e propria
brutalità non sono mai cessati.
Gli « squadroni della morte » esistono ed agiscono come e forse più di prima.
Il « Gruppo ecumenico di solidarietà con il popolo filippino »,
organismo con sede-in Firenze,
ha recentemente diffuso un dossier in cui sono analizzate le violazioni dei diritti umani in questi ultimi anni e mesi.
ti, distruzione di case e raccolti,
stupri sono purtroppo avvenimenti quotidiani (...) e sono per
lo più opera di militari e di gruppi di civili armati. Il presidente
Aquino (...) ha ribadito il proprio sostegno alla formazione e
all’attività di questi gruppi, detti “vigilantes" ».
Gruppi del genere, del tutto
simili a quelli famigerati dell’America Latina, pane siano, secondo 1’« Associazione degli avvocati per i diritti umani », più
di 200 nelle varie province filippine. Essi non si limitano a funzioni di polizia, ma cercano di
reprimere le forze sociali e le
persone fisiche che potrebbero
costituire la « base » per l’attività dei ribelli.
dei gruppi di vigilantes; la presidente Aquino, rispondendo ad
una interrogazione del GATT-Fly
(progetto delle chiese canadesi
p>er la giustizia economica), ammette che l’organizzazione di alcuni di questi gruppi « è stata sostenuta », anche se « per ragioni
di autodifesa da parte di pacifici cittadini ».
Non ci sarà pace
senza giustizia
Promesse
non mahtenute
La politica della
« guerra totale »
«L'amministrazione Aquino —
si legge — ha adottato la politica della "guerra totale" contro
l’insurrezione da quando sono
fallite le trattative di pace con
il Fronte democratico nazionale. La scelta della soluzione militare fu annunciata da Cor/
Aquino stessa VII febbraio 1987
(...) ».
« Il risultato più preoccupante — prosegue un primo articolo introduttivo — è che il maggior numero delle vittime (...) sono contadini e lavoratori inermi
e membri di legittime organizzazioni popolari che rivendicano
un cambiamento della situazione socio-economica. Esecuzioni
sommarie, massacri di civili innocenti (...), trasferimenti coat
Per la verità Cory Aquino aveva iniziato il suo mandato con
promesse importanti in vista della pacificazione sociale (« rendere giustizia alle numerose vittime della violazione dei diritti
umani », registratesi sotto Marcos), e iniziò con il far scarcerare numerosi prigionieri politici. In relazione a tali delitti,
però, malgrado le prove fomite
dalla Commissione presidenziale per i diritti umani, nessuno
è stato condannato.
E poi le stesse cifre parlano
da sé: nel solo periodo gennaionovembre ’87 si registrano 7.170
arresti o detenzioni, ma solo
6.502 rilasci: dunque più di 600
persone sono in carcere per motivi politici. Si rilevano poi 512
casi di tortura, 208 esecuzioni
extragiudiziarie, 15 morti per operazioni militari, 132 casi di
trasferimento coatto che hanno
coinvolto 18.502 famiglie. In tutto ciò l'elemento che più preoccupa è forse l’og^ttiva collaborazione governativa all’azione
Le chiese sono state duramente colpite e, con esse, molti dei
tentativi di occultarsi di azione
e giustizia sociale: di fronte ad
arresti, attentati e assassini di
religiosi, la posizione delle autorità ecclesiastiche non è però
univoca: se il Consiglio nazionale delle chiese delle Filippine
affermava in un documento (aprile ’87) che « la giustizia è l’unica base per una durevole e
sincera pace », e considerava « la
formazione di gruppi di vigilantes armati una negazione degli
sforzi per costruire la giustizia
e la pace », la Conferenza episcopale ha ima posizione meno
chiara, e sembra non esprimersi ufficialmente. Qualcuno, come
il cardinale Sin, arcivescovo di
Manila, è passato dalla condanna
dei violantes alla loro approvazione, e ora sostiene inspiegabilmente che tali gmppi devono
essere incoraggiati, « a condizione — secondo il dossier del
gmppo di Firenze — che seguano gli insegnamenti della Chiesa sulla salvaguardia dei diritti
umani »: come questa conciliazione di intenti e di pratica della repressione sia pKtssibile è difficile capire, dal momento che,
come ha invece sostenuto il vescovo Julio Labayen, tali gruppi sono « contrari ai dettami costituzionali ». Figurarsi rispetto
agli insegnamenti della Chiesa.
Alberto Gorsani
AMNESTY INTERNATIONAL
Per i diritti umani
in Palestina
Indagare sulle uccisioni e garantire i diritti di difesa nei processi
In merito alla rivolta in atto nei territori arabi occupati da Israele, ormai entrata nel suo quinto mese, Amnesty International ha
presentato alla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite un documento, sulla base del quale chiede ai propri aderenti di
sottoscrivere una lettera indirizzata alle autorità israeliane.
Eccellenza,
sono un/a cittadino/a italiano/a profondamente turbato/a
dalle notizie che mi giungono
attraverso i mass media e da
quelle fomite da Amnesty International riguardo alle gravi violazioni dei diritti umani commesse contro i Palestinesi dalle forze
di sicurezza israeliane nel West
Bank ed a Gaza.
febbraio 1988, durante la 44ma
Sessione della Commissione delle Nazioni Unite sui Diritti Umani, ed appoggio anche le richieste esposte dal comunicato
stampa rilasciato dalla Missione
di lAmnesty International a Gerusalemme il 23 febbraio 1988.
Quindi le rivolgo. Eccellenza,
le stesse richieste;
In quanto membro di Amnesty
International, io appoggio le richieste effettuate da questa organizzazione mondiale nella «Dichiarazione su Israele ed i territori occupati » presentata il 5
1) che sia fatta una completa
ed imparziale inchiesta su tutte
le uccisioni di cui si sono resi
responsabili i soldati dell’esercito israeliano a partire dal 9 dicembre 1987;
ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI
Chi ti dà il diritto?
Il trattamento che la società riserva a queste
persone si rivela spesso violento e umiliante
1) Chi ti dà il diritto di darmi del tu e di chiamarmi nonno; di
usare il numero e non il nome per indicare la mia persona; di chiamarmi col nome della mia malattia; di non usare i titoli che mi
spettano.^
2) Chi ti dà il diritto di legarmi al letto; di non accompagnarmi
al bagno quando ne ho bisogno; di decidere tu chi debba incontrare
e chi no; di vestirmi come vuoi tu; di mandarmi via da casa; di
fare pressione perché decìda quello che vuoi tu; di impormi il tuo
medico perché a te fa comodo?
3) Chi ti dà il diritto di non accompagnarmi nel giardino quando ne avrei voglia; di trasferirmi in modo coatto dove « c’è posto »,
lontano dalla mia casa, dai miei parenti, dai miei amici; di tagliarmi corti i capelli; di impormi una divisa da malato; di farmi vivere
solo tra vecchi; di farmi vivere in un ambiente anonimo, squallido,
dove ci si perde perché tutte le stanze sono uguali, dove perdo identità e riferimenti?
forza letale da parte delle truppe israeliane;
3) che il diritto di difesa sia
garantito ad ogni imputato durante il suo processo;
4) Chi ti dà il diritto di farmi dormire in una camerata con dieci,
venti, cinquanta persone che si disturbano a vicenda; di farmi vr
tare come vuoi tu; di non tollerare che io non abbia la tua religio
ne, che ne abbia una mia, o non ne abbia affatto; di disprezzare
qualsiasi cosa dica; di trattarmi come un imbecille anche quando
ho la testa a posto; di non darmi ascolto quando esprimo il mio
parere sulle cose che mi riguardano direttamente?
5) Chi ti dà il diritto di spogliarmi nudo davanti agli altri; dì
dimenticarti che sono una persona anch’io, nonostante sia vecchio;
di considerarmi meno perché sono malato e non produttivo; di itn
pedire ai miei di venirmi a trovare; di non venirmi mai a trovare;
di darmi ciò di cui ho bisogno solo se ti do dei soldi, o solo se ii
faccio erede; di imporre degli orari di visita che sono impossibili
per i miei cari; di fare un regolamento pieno di doveri e senz.a i
miei diritti; di non darmi la possibilità di reclamare, di fare ricorsi,
di contestare la tua decisione; di non informarmi; di rompere ravporti e legami che mi tenevano vivo dentro questo mondo?
6) Chi ti dà il diritto di togliermi il reddito, quel minimo di soi-^
di che mi permetterebbe di soddisfare le piccole voglie che mi^
restano; di manovrare tu i miei soldi e il mio patrimonio; di farmi
pagare anche quando non dovrei; di rimandare, in attesa che muoia,^
la visita per l’assegno di accompagnamento; di far passare anni
prima della concessione dell’assegno; di ritardare le pratiche burocratiche al punto che quando l’assegno arriverà, io sarò già morto;
di trascurare la mia « preferenza » a vivere a casa mia?
7) Chi ti dà il diritto di non considerare che abbandonare la
casa per molti vuol dire morire prima; di non considerare che tornare a casa ed essere curati è spesso un modo per vivere meglio e
di più; di non applicare le leggi sulle barriere architettoniche; di
negarmi gli ausili, la carrozzella, la poltrona, che mi permettereh’-ero di vivere meglio; di progettare solo bagni per sani? ...
8) Chi ti dà il diritto di cacciarmi via dall’ospedale; di fiorii
diventare un cronico, paralizzato, perché non hai iniziato subito ia
riabilitazione; di non curarmi perché sono inguaribile; di non aiutarmi a mantenere lo stato di salute che mi resta; di non farmi
morire con dignità; di trascurarmi in quanto sarei un caso « scientificamente non interessante »; di mandarmi via perché costo tropi,o
al servizio sanitario nazionale, quando ci sono leggi che mi tutelano;
di non. informarmi in modo comprensibile sul mio stato di salute,
sui presìdi esistenti, sulle terapie e le possibilità di cure alternative?
9) Chi ti dà il diritto di farmi usare un servizio sanitario non
adatto a me, solo perché Vi c’è un posto libero; di mandarmi da
una struttura all’altra solo per ridurre la durata media di degenza;^
di rifiutarmi il trattamento sanitario che riservi invece ai giovani
con la mia stessa malattia; di trattarmi come un animale da esperimento senza chiedere il mio consenso; di eliminare dalla rete sanitaria i posti letto per cronici e lungodegenti, pure previsti dalla legge?
10) Chi ti dà il diritto di andare a raccontare agli altri la mia
malattia; di non darmi da mangiare e da bere quando non posso
farlo da solo; di non aiutarmi a muovermi nel letto; di non farmi
alzare per prevenire le piaghe da decubito; di invocare le regole dell’igiene e dell’organizzazione per non farmi incontrare persone, perché non sono un pagante; di non considerare il mio bisogno di affetto e il mio dolore, perché secondo te non è un problema?
11 ) Chi ti dà il diritto di non darmi cure tempestive ed accurate;
di non aiutarmi nell’igiene personale; di usare il catetere più per
ridurre il carico di lavoro che per una reale necessità; di farmi sta-_
re a letto anche quando potrei alzarmi con un po’ di aiuto; di darmi
sonniferi e tranquillanti, più per la tua comodità che per mia necessità?
4) che sia evitata la detenzione amministrativa nei confronti di coloro che svolgono attività politiche non violente;
5) che siano svolte inchieste
complete ed imparziali su tutte
le denunce di tortura fatte dai
detenuti e ne siano rese pubbliche le conclusioni.
Sono flducioso/a che Ella, Eccellenza, vorrà, con la sua grande autorità, soddisfare queste
istanze affinché i principi enunciati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo vengano rispettati d’ora in poi anche
nello Stato d’Israele.
2) che sia evitato l’uso della
Molto cordialmente.
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