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Anno 114 - N. 42
20 ottobre 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1“ Gruppo bis/70
BIBLIOTECA VALDS3S
10066 TOHRE PEI LICE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
______________29 OTTOBRE ■ DOMENICA DELLA RIFORMA
Autorità della Scrittura
o autorità della Chiesa?
Il posto riconosciuto alla Scrittura nella Chiesa è per cattolici e protestanti ciò che determina la capacità o meno di riformare la Chiesa
« Riguardo alla domanda di
quelle canaglie, da che cosa e
come saremmo noi persuasi
che la Scrittura è proceduta
da Dio se non ci valiamo della
decisione della Chiesa, è come se qualcuno ci chiedesse
come facciamo a discerneré
la luce dalle tenebre, il bianco dal nero, il dolce dall’amaro. Infatti la Scrittura è in
grado di farsi riconoscere per
virtù propria e infallibile, così come le cose bianche o colorate mostrano il loro colore
e le cose dolci o amare il loro
sapore » (Giovanni Calvino,
Istituzione, I/VII/2).
Da questa frase del Riformatore di Ginevra emerge in modo
semplice e chiaro come la Riforma ha riconosciuto l'autorità
della Scrittura: un’autorità che
non ha bisogno di alcuna convalida e la cui provenienza divina
(attestata dalla testimonianza interiore dello Spirito Santo, precisa altrove Calvino) si impone
alla Chiesa con la forza dell’evidenza. In altre parole la Riforma ha riconosciuto alla Parola
di Dio un’autorità diretta e assoluta: non un’autorità che passa
attraverso qualche mediazione o
un’autorità relativa rispetto a
qualche istanza superiore, ma
un’autorità primaria e totale.
Nella teologia come nella vita
ecclesiastica questa Chiesa ha
perciò sottoposto ogni cosa alla
Scrittura: ha posto sotto il suo
criterio e la sua critica ogni dottrina ricevuta dal passato, ogni
tradizione e abitudine, ogni realtà per quanto- consacrata dai secoli.
E d’altra parte in questa stessa frase di Calvino si accenna ad
un’altra concezione della Scrittura — e della Chiesa —, quella
delle « canaglie » (non staremo a
formalizzarci per il linguaggio
colorito del tempo) di Roma: è
impossibile sapere che la Scrittura procede da Dio « se non ci
valiamo della decisione della
Chiesa ». Vi è quindi un’altra
concezione dell’ autorità della
Scrittura che fa dipendere la garanzia del suo procedere da Dio
da un’altra autorità che si sovrappone ad essa: è l’autorità
della Chiesa che è posta sopra
l’autorità della Scrittura come
sopra ogni altra autorità. L’autorità della Scrittura non è certo rifiutata ed è tenuta nel massimo conto, ma è e resta una autorità indiretta e relativa rispetto a quella della Chiesa che costituisce la garanzia della propria stabilità.
Una pagina di storia di Karl
Barth ci aiuta a rintracciare
l’origine e lo sviluppo di questa
concezione.
La Chiesa
sopra la Parola
Per quanto la nascita di questa concezione risalga più indietro, si può dire che essa acquisti tutta la sua chiarezza con
Vincenzo da Cerino, nel V secolo: egli non si limita a parlare
come altri prima di lui di due
vie per giungete alla verità della
fede cattolica — quella della legge divina e quella della tradizione cattolica — ma spiega perché
la seconda debba e.s'sere aggiunta alla prima. La Sacra Scrittura, egli dice, viene interpretata
in modi diversi a causa della sua
altezza sublime. E’ quindi necessario un criterio universale
che la interpreti: Vincenzo da
Cerino vede questo criterio nella
tradizione della Chiesa che unanimemente esprime ciò che da
sempre e ovunque è stato creduto nella Chiesa.
La storia della Chiesa cattolica non è che uno sviluppo e
una precisazione di questa linea.
Il Concilio di Trento (XVI sec.)
parlerà di due fonti della rivelazione: la Tradizione (passata in
testa) e la Scrittura, facendo
emergere in primo piano l’autorità viva e presente della Chiesa
che ha il potere di dare l’interpretazione autentica della Scrittura. Il Concilio Vaticano I
(1870) non farà che concentrare
e localizzare il potere e l’autorità
infallibile della Chiesa in un punto unico: la persona del papa. Si
compie così per la Chiesa il processo di garanzia della propria
stabilità sottratta a qualsiasi
istanza o controllo superiore o
circostante e riassunta nel fui- ' .
ero papale. La Chiesa è quindi ^
arbitra della Parola di Dio e di Bibbia al centro della stanza di Lutero è simbolo del posto che
fatto si pone sopra ogni altra Parola di Dio ha avuto nella Chiesa della Riforma.
realtà con la sua autorità diretta e assoluta. ______________________________________
L’individuo
sopra la Parola
Ma questa deviazione non è
una malattia soltanto cattolica.
Anche il protestantesimo ha il
suo Vincenzo da Lerino, il suo
iniziatore di una tendenza a subordinare la Scrittura ad una
istanza superiore. Sebastiano CaSTELLION — umanista e uomo
della Riforma ginevrina che dopo una collaborazione di alcuni
anni venne in urto con Calvino —
fu colpito, egli dice, dal fatto che
le Scritture, nelle parti controverse sono oscure e il loro significato può essere girato da una
parte o dall'altra. Come ovviare
a questo inconveniente? Una tesi che riposi sulla Scrittura ma
anche «u un’istanza che non pos
sa essere piega'a da una parte e
daU’altra, dice Castellion, sarà
certo più forte di una tesi che
riposi solo sulla Scrittura. Ma
mentre Vincenzo da Lerino 'aveva trovato nella tradizione della
Chiesa la penna per trascrivere
in modo leggibile l’autorità di
una Scrittura troppo sublime,
Castellion trovava nel senso e
nell'intelletto umano la stampella per sorreggere l’autorità di
una Scrittura troppo oscura e
contradditoria. Con Castellion si
apre quindi nel protestantesimo
la tentazione del sovrapporre alla Parola di Dio non la Chiesa
ma l’uomo, non la tradizione ma
un’esigenza umana assolutizzata.
Di volta in volta sarà la ragione
o il senso del religioso, l’esperienza emozionale o la scelta di
classe. Là dove si soggiace a que
sta tentazione.V dove avviene che
la Parola si debba piegare e adattare ad una di queste esigenze,
anche nell’ambito del protestantesimo la Chiesa — o meglio l’individuo — diventa arbitro della
Parola.
Per Barth addirittura è la norma nel protestantesimo dal ’700
in poi, tanto che egli parla di un
« neo-protestantesimo » e cioè di
un nuovo protestantesimo ben
diverso da quello antico della
Riforma, e aiTerma: « Per il neoprotestantesimo l’ultima parola
sta all’uomo, dal momento che
prende coscienza di se stesso e
della storia: è a partire da questa ’’tradizione” che egli giudica
— con una sicurezza che non ha
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 4)
Se la Riforma del XVI secolo è stata il risultato
di una decisione presa per la Sacra Scrittura, bisogna
dire, inversamente, che ogni decisione per la Sacra
Scrittura significa in ogni epoca una decisione per
la riforma della Chiesa: per la sua riforma da parte
del Signore stesso che utilizza per questo la testimonianza profetico-apostolica che ha istituito, il cui
potere riformatore può manifestarsi continuamente
, a causa del suo carattere scritturale;
La Chiesa morta
Che la Chiesa si allontani dunque quanto vuole
dalla Scrittura! Che la sostituisca con le sue tradizioni, con le sue intuizioni più o meno oscure, con
la fede immediata che crede di possedere in Gesù
Cristo e nello Spirito Santo; che sostituisca alla Bibbia le sue spiegazioni e applicazioni particolari della
parola dei profeti e degli apostoli! Così facendo avrà
colmato l’unica breccia attraverso cui la salvezza e
la vita potevano fare irruzione; in una parola si sarà,
privata della potenza della Parola di Dio e si sarà
definitivamente chiusa ad ogni possibilità di riforma.
Certo la « vita », in tutte le sue manifestazioni evolutive e rivoluzionarie può continuare ad esistere nel
quadro della ' Chiesa. La Chiesa può diventare una
specie di campo cintato in cui si contrappongono e
si neutralizzano volta a volta le reazioni conservatrici e i sogni progressisti.
(...) Le lotte e divisioni intestine della Chiesa
non sono, in definitiva, che una manifestazione delle divergenze molto profane che esistono tra diversi principi e interessi puramente umani. La prova
consiste nel fatto che è sempre possibile ricondurle sotto questa o quella etichetta filosofica. Non fanno quindi che riflettere il profondo disaccordo del
Per una decisione
evangelica
l’uomo con se stesso. In altre parole, accettandole,
la Chiesa comincia un dialogo in cui è lei il solo interlocutore. Si intrattiene, discute, disputa con se
stessa. (...)
Diciamo, riassumendo, che ogni dialogo di questo tipo si svolge in assenza del Signore. Ma si può
davvero dire che si svolge nella Chiesa? Quest’ultima non ha cessato di essere nel momento stesso in
cui ha cominciato a voler essere sola con se stessa?
E non vuole essere sola con se stessa quando rifiuta di riferirsi e di sottomettere la sua autorità alla
Parola di Dio nel senso concreto del termine e cioè
alla Sacra Scrittura?
La Chiesa liberata
Questo ci permette di misurare fino alle sue ultime conseguenze la portata positiva della decisione evangelica: questa decisione implica il riconoscimento gioioso del fatto che la Chiesa non è sola,
non è abbandonata ai suoi monologhi, né abbandonata a se stessa.
Lo sarebbe immediatamente nel momento in cui
sparisse il confronto della sua autorità con l’autorità divina. In questo caso essa dovrebbe rivestirsi
di un potere soprannaturale che le darebbe Tillu
sione di non dipendere che da se stessa: in altre
parole, prenderebbe il posto di Dio. E supponendo
che vi riuscisse, ciò si risolverebbe solo in un mettere in evidenza la distretta fondamentale della
creatura separata da Dio, il suo peccato, la sua
morte.
Da questa distretta di creatura solitaria, abbandonata a se stessa — e dioè al peccato e alla morte
— la Chiesa si trova liberata perché Dio si fa per
lei presente e misericordioso in Gesù Cristo sotto
forma di una autorità concreta, diversa e superiore.
La Parola di Dio in quanto Sacra Scrittura è il segreto di questa liberazione.
Per il fatto che la Sacra Scrittura è l’autorità di
Gesù Cristo sulla sua Chiesa, questa non ha più da
preoccuparsi di ricercare essa stessa la soluzione
dei problemi che la tormentano; non ha più da
prendere su di sé l’impossibile responsabilità di governare se stessa. Le è sufficiente ubbidire, ænza
preoccuparsi dei risultati della sua ubbidienza.
Per il fatto che la Sacra Scrittura è per lei l’autorità suprema, la Chiesa possiede una missione che
non ha nulla a che vedere con le lotte di tendenza
e di partito che la imprigionano : la missione di confessare la fede, che consiste nel riconoscere che il
Signore si trova presente in mezzo a lei nella testimonianza che gli è resa.
È sotto l’autorità della Parola di Dio, e cioè della Sacra Scrittura, che la Chiesa può realmente vivere: quando essa si pone al di sopra o accanto a
questa Parola, non può che morire. È quindi proprio la gioia di essere liberata dalla morte che essa
attesta e confessa quando oppone la decisione evangelica alle scelte cattolico-romane e neo-protestanti.
^ Karl Barth
(Dogmatique 5/126-128)
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20 ottobre 1978
- ; TORRE RELUCE: XVII CONGRESSO NAZIONALE DELL’UCDG
Donne maggiorenni e soiidaii
Nel pomeriggio di venerdì 6
ottobre si è aperto a Torre Pellice, nei locali dell’accogliente
Foresteria, il XVII Congresso
Nazionale dell’YWCA-UCDG. Una
quarantina di delegate, rappresentanti tutti i Centri, si sono
ritrcwate per analizzare l’opera
svolta nell’ultimo quadriennio e
per decidere ed interrogarsi sulle scelte future dell’Associazione.
Il tema centrale del Congresso
« Per una vita degna dei nostri
tempi: donne maggiorenni, donne solidali » è stato svolto da
Elena iPontpt, nel pomeriggio di
sabato e ha richiamato un folto
pubblico. L’aspetto nuovo della
« questione femminile » di questi ultimi anni è stato individuato nell’« impegno col quale le
donne, almeno quelle più responsabilizzate, dimostrano di volersi interessare ai grossi e piccoli
problemi legati alla loro condizione e alla loro presenza nella
società » e il compito che attende oggi le donne « maggiorenni »
è quello di trasformare la « questione femminile » in « questio-'
ne sociale». Anche se è difficile
materialmente raggiungere e contattare le persone, è però oggi
prioritario cercare di impegnarsi in un lavoro di sensibilizzazione affinché' le donne possano
imparare a conoscersi e a scoprire di avere gli stessi problemi:
è ciò che le fémministe hanno
cercato di dire con il loro slogan
« il personale è politico ».
Una possibilità per l’immediato futuro deU’UCDG è stata
di conseguehza individuata, da
parte di alcune intervenute, in
ima funzione di « cerniera » tra
le posizioni dei gruppi femministi e la mancanza di presa di coscienza di ancora larghissime fascie di donne rispetto alle problematiche della donna d’oggi.
Un’associazione di vecchia data
come l’YWCA può presentarsi a
questa base con maggiori « chances » di credibilità e di ascolto.
Questa posizione è stata espressa nella mozione (A).
E’ stato anche dibattuto il problema se un’associazione, come
l’YWCA, ecumenica ed apartiti
ca, e la rivista « Impegno » che
ne è l’espressione possano avere
o meno una linea precisa, se cioè
non debbano evitare posizioni
troppo nette su problemi scottanti e di attualità.
Non pare a molte Congressiste
che sia accettabile una pregiudiziale di neutralità, purché resti
sempre aperto il dialogo e sia
fatta una approfondita ricerca
critica sulle varie posizioni.
Sempre nel pomeriggio di sabato, ha avuto luogo una Tavola rotonda sul valore politico e
tecnico delle Consulte femminili.
Vi hanno preso parte: Liliana
Richetta, già Presidente della
Consulta . Regionale del Piemonte, Liana Berg, della Consulta
provinciale di Genova, Jolanda
Valerio de Carli, Presidente della sezione piemontese dell’AIDM
e rappresentante delTYWCA nelTa Consulta regionale del Piemonte, Alba Rocco, Segretaria
nazionale dell’YWCA; moderava
rincontro Mirella Bein. Tutte le
oratrici sono state dell’opinione
che, attraverso le Consulte femminili, le Associazioni entrano a
far parte del tessuto sociale e
politico e che è necessario un
collegamento con gli enti locali
e le forze sociali .La Signora Richetta, facendo la storia della
Consulta del Piemonte, ha ricordato che essa ha potuto costituirsi la prima in Italia perché
favorita dall’esisitenza del CAFT
(Comitato Associazioni Femm.
Torinesi), creato da tre donne, di
cui una dell’YWCA: Frida Malan.
L’impegno del Congresso a potenziare la sua partecipazione a
tali organismi è stato espresso
nella mozione (B).
Nella consapevolezza che l’Associazione, pur se molto modesta come forza a livello nazionale, è parte integrante di un
movimento di notevole peso sul
piano mondiale (e pertanto può
avere incidenza su decisioni anche di considerevole importanza) è stata votata a larga maggioranza la mozione (C). Durante i lavori è stato approvato
il nuovo statuto dopo una appro
fondita e vivace discussione sui
vari emendamenti proposti dai
Centri.
La meditazione per il Congresso è stata preparata da Ketty
Comba, che ha ribadito il carattere ’’cristiano” dell’associazione:
« Io alzo gli occhi ai monti...
Donde mi verrà l’aiuto? Il mio
aiuto vien dall’Eterno ».
Al termine dei lavori, che hanr
no impegnato le delegate fino alla domenica 8, è stata nominata
la nuova Commissione Esecutiva
Nazionale nelle persone di: Gabriella Titta Dreher (Presidente),
Elsa Abate Revel (Vice-presidente) Elena Corsani Ravazzini, Frida Malan, Elena Pontet, Fabiola
Ferrari Ammenti, Tina Lunati
Chierici (membri).
Un gruppo di delegate
Le mozioni
Il XVII Congresso Nazionale
dell’YWCA-UCDG, riunito a
Torre Pellice il 6-7-8 ottobre
sul tema «per una Vita degna
dei nostri tempi: donne maggiorenni, donne solidali», udita la
relazione di Elena Pontet, auspica che l’Associazione trovi — in
armonia con i principi che la
informano — nuove iniziative
rivolte a quelle donne che, per
diversi motivi, non hanno ancora preso coscienza della problematica inerente alla condizione
femminile, così prepotentemente esplosa negli ultimi anni.
Il XVII Congresso Nazionale
deil’YWCA-UCDG, riunito a
Torre Pellice il 6-7-8 ottobre
1978, dopo quanto è emerso dalla Tavola rotonda sul valore politico e tecnico delle Consulte
femminili, auspica che, nell’attuale momento storico, l’Associazione potenzi la sua responsabile partecipazione a tali organismi.
L’YWCA-UCDG in Italia
1894 - L’Associazione nasce
a Torino con il nome di Unione cristiana delle giovani per
opera di E. Schalck e di E.
Meynier.
1898 - Si apre a Torino la
prima « Casa per studentesse
e lavoratrici ». (Altri Foyer si
apriranno, dopo la I guerra
mondiale, in vari centri: Genova, Firenze, Milano, Roma,
Napoli, Torre Pellice ed anche
alcune Case estive).
1900 - Inizia la 'pubblicazione della rivista intitolata prima L’Alba, successivamente
La Giovane, Ali ed oggi Impegno.
1903 - Entra a far parte del
CNDI (Consiglio Naz.; Donne
Italiane).
1908 - È presente al I Congresso storico femminile.
1923 - Partecipa al Congresso internazionale indetto dall’Associazione « Pro suffragio
femminile ».
1945 - Si riorganizzano i Foyer e si riprende in generale
l’attività, che però non era
stata del tutto interrotta du1 ante la tragedia della guerra.
1948 - Aderisce senza riserve al progetto di legge Merlin.
1951 - Organizza a Napoli
un « Centro assistenziale per
bambine e giovinette » con
refezione, doposcuola ecc.
1952 - Apre un altro Centro
a Donisi prima, poi a Mirto
e Siderno (Calabria) per le
bambine della zona, opera
sociale che durerà 20 anni.
1957 - Entra a far parte del
Comitato di Consultazione
per la partecipazione della
donna alla vita pubblica.
1958 - Inizia un altro lavoro
sociale aprendo a Torre Pellice il laboratorio « Artivalli ».
1967 - Apre a Torino «Casa
nostra » con 17 mini-appartamenti per donne anziane.
1973 - Istituisce un doposcuola per gli alunni delle
scuole elementari e medie a
S. Giovanni Lipioni
— Nel quartiere popolare
del Lingotto (Torino) organizza un centro per i ragazzi
immigrati con attività ricreative ed educative.
1974 - Ha inizio la trasformazione del Foyer di Milano
in casa di riposo per persone
anziane.
1975 - Anno internazionale
della donna; promuove iniziative in collaborazione con
altre associazioni femminili.
1978 - È presente nelle Consulte Regionali del Piemonte, Lazio, Lombardia e in
quelle provinciali e comunali
anche in altre regioni.
— È in relazione, come già
da molti anni, attraverso la
Alleanza Mondiale, con organismi internazionali come
l’ONU, l’UNESCO, l’UNICEP
e la PAG ecc.
— L’opera tradizionale di
solidarietà sociale (si punta
oggi soprattutto su quella in
favore degli anziani, dei carcerati e sui Foyer) è affiancata dall’attività culturale (seminari, conferenze, dibattiti,
ecc.).
— Partecipa a molte iniziative, anche in collaborazione
con il CNDI, in vista dell’Anno Internazionale del fanciullo e delle prime elezioni per
il Parlamento Europeo (’79).
Il X'VII Congresso nazionale
tìell’YWCA-UCDG, riunito a
Torre Pellice il 6-7-8 ottobre
1978, esprime la propria indignazione per la sistematica violazione dei diritti umani attuata
in molti paesi, anche attraverso
aberranti torture, in particolare
nell’America Latina (vedi Argen
tina, Cile, Uruguay, Salvador,
Guatemala). Invita le YWCA
operanti nei paesi suddetti a
prendere posizione e ad adoperarsi fattivamente per la difesa
dei diritti calpestati. Chiede che
il problema in questione sia pósto all’attenzione del prossimo
Consìglio Mondiale del 1979 ad
Atene.
_______________________CONTATTI INTERNAZIONALI PER I GIOVANI APULO-LUCANI E ROMANI
Visita a Esseri Incontro franco-italiano a Orsara
Quando nella settimana santa
del 1977 una cinquantina di giovani della Jugendkantorei della
chiesa della Resurrezione di Essen tenne un bellissimo concerto
nella chiesa di Piazza Cavour a
Roma, non pensavamo certo che
i nostri giovani avrebbero potuto rendere la visita recandosi ad
Essen. Ma questa idea cominciò
a farsi strada in un incontro a'vuto dopo il concerto: l’impegno
della sig.na Ursula von den
Busch, direttrice della corale, e
l’aiuto delle Chiese evangeliche
di Essen l’ha resa possibile. Cos;, circa 25 giovani delle nostre
chiese hanno passato una intera
settimana a Essen, ospiti nelle
famiglie. È stata per molti dei
nostri giovani una esperienza
notevolissima.
Il programma era molto ricco
e ben articolato: è stato possibile conoscere alcune caratteristiche fondamentali dell’industria della zona (fonderie e miniere di carbone), ma abbiamo
anche visto l’attuazione pratica
ed efficiente di uno sforzo ecologico per cui la città fortemente industrializzata può mostrare
un volto, non solo pulito, ma addirittura ridente per la ricchezza di parchi e giardini. C’è stata la possibilità di conoscere
problemi umani come la vita
emarginata dei marinai fiuviali
del Reno verso i quali la chiesa
sta compiendo uno sforzo notevole di presenza e di fraternità
fattiva. Abbiamo potuto prendere visiona, sia pure superficialmente, della grande opera di
Bethel che si rivolge agli handicappati e agli emarginati della
società: abbiamo visto questi
grandi e angoscianti problemi
che anche le società avanzate
non riescono a risolvere.
La chiesa della Resurrezione di
Essen.
Nello stesso tempo il programma prevedeva ampi spazi
liberi nel corso dei quali è stato
possibile stabilire maggiore amicizia sia con le famiglie ospitanti che con i giovani della
Jugendkantorei.
Un’ultima annotazione fra le
tante che potremmo fare: l’ultimo giorno i nostri giovani sono
andati... a scuola! Proprio così:
le scuole tedesche ricevono facilmente e con gradimento la
visita di giovani stranieri amici
degli studenti.
Vorremmo ancora una volta
ringraziare la sig.na Ursula von
den Busch promotrice di questo bellissimo ed utilissimo incontro e la chiesa di Essen che
in altissima percentuale ha finanziato il nostro viaggio.
Franco Sommani
Per undici giorni, quest’estate,
. si è svolto ad Orsara, nel Centro
Sociale Evangelico « Befania »,
un incontro tra giovani pugliesi
e lucani e giovani francesi.
Per l’occasione il pastore JeanPierre Molina e la sua famiglia
sono scesi fino a noi dalla lontana Montbéliard, con una quindicina di giovani ventenni, operai
e disoccupati, desiderosi di confrontarsi con una realtà diversa
dalla loro, vivendo un tempo di
vacanza veramente alternativo.
Innanzi tutto è stato importante il confronto tra realtà francese ed italiana. Ogni mattina, a
giorni alterni, i giovani parlavano delle loro esperienze, lotte e
speranze nelle loro zone a forte
concentrazione industriale del
nord Europa, o di sottosviluppo
e stasi del meridione. Qualcuno
parlava, altri interrompevano
per spiegare meglio, aggiungere
o porre delle domande. Così gli
uni e gli altri venivano a conoscenza dei diversi problemi.
I francesi sono sembrati più
impegnati nella lotta contro le
ingiustizie subite dalla gioventù,
in una società industriale spesso
alienante, ma anche contro il
problerna dell’inquinamento e
del pericolo rappresentato dagli
usi pacifici dell’energia nucleare.
Situazioni di emarginazione o di
vera e propria persecuzione sono state denunciate, come l’esistenza a Marsiglia di un vero
Lager poliziesco, dove sono rinchiusi in attesa di rimpatrio i
nord africani, che per qualsiasi
motivo, diventano indesiderabili
in Francia.
Gli italiani, forse più impegnati ideologicamente, hanno parlato del sottosviluppo del sud, della crisi dei giovani che, per man
canza di sbocchi e di prospettive, conoscono una vera e propria frustrazione, anche per la
perdita di fiducia nei partiti democratici e popolari, che non
sanno risolvere con vero impegno di lotta i problemi eterni del
sud: agricoltura, democratizzazione, sviluppo, problema giovanile.
Spesso nel pomeriggio il confronto continuava analizzando e
discutendo alcune pagine della
Bibbia senza preconcetti o idealizzazioni. Gran parte dei giovani che si sono impegnati in quest’analisi erano al loro primo
impatto con la Parola. Tanto più
sorprendente è stato dunque
l’impegno serio ed i commenti
pieni di attualità esegetica di
questi giovani.
Ci è apparso chiaro che, chiese come la nostra, possono diventare dei luoghi dove si socializzano i problemi che spesso
ognuno affronta individualmente come può. Il fatto poi di essere evangelici può porci come un
punto di riferimento alternativo
nella ricerca d’una coscienza
critica nei confronti della cultura dominante.
E interessante rilevare che l’aiuto per organizzare praticamente questo incontro è venuto proprio da quel settore giovanile
che per vari motivi vive ormai
fuori dalla comunità. Ma più importante ancora è il fatto che,
nella nostra particolare realtà,
altri giovani orsaresi « di fuori »
sono stati coinvolti. Non era facile infatti preparare un campo
per più di quaranta persone, con
strutture oltremodo limitate. Ma
quanto fervore c'è stato per preparare docce e lavabi all’esterno
dello chalet o semplicemente
per organizzare i pasti nella no
stra nuova Sala Comunitaria o
per rallegrare i momenti di libertà e le serate!
La stessa FGEI Regionale, s’è
impegnata stimolando la partecipazione di giovani o gruppi anche lontani come Grottaglie, Matera e Cerignola. Così un incontro giovanile di vacanza s’è rivelato un tempo di educazione alla responsabilità e alla cooperazione.
La predicazione stessa, come
momento di confronto con l’esigenza della Parola di Dio, è stata intesa e resa possibile al di
fuori di ogni schema istituzionale o tradizionale col vantaggio
che, almeno, quella Parola è stata udita in modo nuovo.
Infine, ma non meno importante, è stato il fatto che questi
giovani siano usciti da un isolamento ed anche malgrado alcune difficoltà dovute alla lingua,
s’è realizzata amicizia e simpatia. Un giovane francese, che recentemente mi ha mandato una
lettera, ha scritto: ...Semmai avremo un altro incontr» ad Orsara non dovrà essere per due, ma
almeno per tre settimane...
Odoardo Lupi
Hanno collaborato a questo
numero: Mirella Bein Argentieri - Dino Gardiol - Franco
Girardet - Vera Long - Luigi
' Marchetti - Anna Marnilo Elena Pontet - Aldo Rostain Cipriano Tourn - Giorgio
Tourn - Renzo Turinetto.
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20 ottobre 1978
I RAPPORTI TRA STATO E CHIESE IN UN ARTICOLO PEL SEGRETARIO DEL PSl
Socialisti, concordato ed intesa
L’on.le Craxi collega la nostra Intesa con una possibile soluzione della revisione del Concordato - Si tratta tuttavia di un breve inciso che necessita di ulteriori precisazioni
È noto che la tesi che il PSI
ha sostenuto circa la revisione
del Concordato del 1929, sia in
Parlamento sia nei contatti con
la delegazione governativa, è
quella di trasformare la disciplina delle relazioni tra società civiie e società religiosa pervenendo ad un accordo quadro
sulle grandi linee da seguire, che
imposti dette relazioni fuori dall’angusta e vieta ottica concordataria, lasciando poi uno spazio notevole per disciplinare sul
piano tecnico le singole questioni mediante intese che si pongano nel quadro interno deli’ordinamento italiano.
Il segretario del PSI, on.le
Craxi, prendendo lo spunto da
un intervento operato nel novembre 1977 dell’allora patriarca di Venezia cardinale Luciani,
precisava sull’Avanti del 20.IX.
scorso che « se papa Giovanni
Paolo I imposterà la politica
concordataria nei confronti dell’Italia sulle linee tracciate meno di un anno fa dal cardinal
Luciani, i socialisti italiani sono
pronti a collaborare sostanzialmente ad una pronta e felice
conclusione del negoziato ».
Tra l’altro, sottolineava Craxi,
« i nodi sostanzialmente irrisolti (fra gli altri soprattutto in
materia di enti e beni della Chiesa, di effetti civili dei matrimoni religiosi e delle sentenze ecclesiastiche di nullità, di insegnamento della religione nelle
scuole) dimostrano la bontà della strada indicata dal PSI nel
proporre di ’stralciare’ dall’accordo concordatario le materie
più tecniche affidandone la regolamentazione a successive intese con la Chiesa italiana da porre a base di leggi dello Stato
(come si sta già verificando per
i rapporti tra Stato e Chiese
valdesi e metodiste) ».
È doveroso riconoscere che
tra le molte voci di consenso
che si sono levate nei più diversi ambienti italiani a proposito
dell’Intesa siglata il 4 febbraio
scorso, è questa la prima volta
che il responsabile di uno dei
maggiori partiti politici si esprime, sia pure in modo indiretto,
nei' confronti della trattativa
condotta dalle nostre chiese.
Che intende dire il Segretario
del PSI con il suo inciso? A nostro avviso egli tocca implicitamente due aspetti del problema
della nuova regolamentazione
da dare alle relazioni tra Stato
e Chiese.
« Come »: riferimento
alle procedure?
Da un lato quel « còme » sembra fare riferimento preciso al
momento procedurale. Indubbiamente, ove il Parlamento e la
delegazione governativa convenissero che il modo migliore di
regolare i rapporti tra Stato e
Chiesa romana per conformarli
alle esigenze di armonizzazione
costituzionale, all’evoluzione dei
tempi ed allo sviluppo della vita democratica del paese, sia
quelio di pervenire ad un accordo quadro, il ricorso all’istituto
dell’Intesa per risolvere, sul piano tecnico, con apposite leggi
statali i singoli problemi determinati dai « nodi » potrebbe essere suadente. Oramai l’esemplificazione di quelle che sono
la portata e le possibilità operative dell’Intesa prevista dall’art. 8 della Costituzione repubblicana, è sotto gli occhi di tutti. 'V’è il testo dell’accordo raggiunto tra la delegazione governativa (la stessa che conduce la
trattativa col 'Vaticano) e quella valdese da cui possono ovviamente trarsi elementi di chiaro
conforto per indursi ad adoperare tale strumento anche per
l’altra' maggiore trattativa. E si
tenga presente che il ricorso ad
intese per risolvere i diversi
« nodi », di cui Craxi non fa mistero, è perfettamente compatibile con il disposto del secondo
comma dell’art. 7 della Costituzione, in quanto tale norma prevede che le modifiche all’attuale
Concordato siano « accettate »,
non già « concordate », tra le
parti. In definitiva questo della
accettazione dell’una parte delle
proposte avanzate dall’altra, attuate con legge dello Stato, è il
metodo seguito per tutte le modifiche sino ad ora apportate ai
Patti lateranensi, compresa quella concernente le festività, regolata da una legge del 1977 mentre già pendeva ia trattativa in
corso per una revisione generale. Anche il concetto di « stralcio » pertanto ha un suo valido
precedente.
€< Come »: riferimento
al merito?
Se, per quanto attiene alle
procedure quindi, il rinvio alla
Intesa, « come si sta già verificando per i rapporti tra Stato
e Chiese valdesi e metodiste»,
può essere sostenuto come esperimento foriero di apportare
frutto; sotto il profilo del merito invece un tale rinvio lascia
molto perplessi, al punto da dubitare della stessa possibilità di
prenderlo in considerazione.
Il Segretario del PSI non ha
certo azzardato un riferimento
casuale. Egli indubbiamente conosce il contenuto dell’Intesa
raggiunta, ne ha valutata la portata, la normativa contenuta, le
implicazioni consequenziali, tanto da stimarne possibile una
estensione. Un punto probabilmente gli è tuttavia sfuggito ed
è che dopo 30 anni di attesa solo ora l’istituto dell’Intesa ha
preso forma concreta uscendo
dall’Olimpo dei teoricismi formulati dalia dottrina e delle
astrazioni politiche. Oggi per
l’appunto v’è un esempio concreto a cui potersi rifare per valutare con esattezza la resa dell’operazione condotta sul metro
proposto dall’art. 8 della Costituzione.
Il « come » dell’on.le Craxi può
lasciar quindi intravvedere di
fare riferimento non solo allo
strumento procedurale dell’intesa, ma anche alle soluzioni raggiunte nell’accordo tra Stato e
Chiese valdesi e metodiste circa
i « nodi » tuttora irrisolti nell’altra trattativa.
Occorre però tener conto che
se l’Intesa ha avuto la portata,
il significato, il contenuto che
essa ha assunto oggi, è perché
l’interlocutore con cui lo Stato
italiano ha dovuto trattare è una
confessione religiosa molto, ma
molto diversa da quella Cattolico-romana.
Se l’Intesa è oggi quello che
è, il risultato è dovuto ai principi che informano il diritto
pubblico ecclesiastico in seno all’ordinamento delle Chiese vaidesi e metodiste ; e cioè ai criteri secondo i quali dette Chiese
impostano, ed hanno nel tempo
impostato, i loro rapporti con
la società civile.
Il risultato non è casuale, o
legato al solo strumento dell’intesa, ma consequenziale a determinate premesse di fede proprie
di certe Chiese riformate, che
si riflettono anche sul terreno
dei rapporti giuridici. Tali risultati possono validamente apparire agli ambienti politici italiani, PSI incluso, come rispecchianti aspetti del tutto laici
della disciplina delle, relazioni
tra società civile e società religiosa. Ma nella realtà si tratta
LE ANALISI DI UN CRITICO ITALIANO
Mariologia popolare
Giovanni Testori, titolare per
la Critica d'Arte Figurativa del
Corriere della Sera, è noto scrittore, che si affermò una ventina
d’anni fa pubblicando romanzi
ed opere di teatro (rArialda suscitò particolari echi in sede di
rappresentazione teatrale.) di. impronta cattolico^populista assai
energicamente caratterizzata. Ciò
gli diede e, a giudicare dagli
scritti che il Corriere gli ospita,
gli dà tuttora, una particolare
autorità quale interprete di' un
filone del pensiero cattolico che,
se da un lato è sinceramente intriso di sentita partecipazione
alle vicende degli umili e degli
emarginati, dall’altro è un esempio di integralismo paleocattolico oltre il quale sembra difficile
andare.
Già nel numero del 24 agósto
scorso scrivendo della sindone,
il Testori, pur riconoscendo che
essa « non è argomento di Fede », sviluppa un suo ragionamento nel corso del quale la sindone è assimilata alle immagini,
considerate come aiuto e supporto della fede, arrivando ad
esaltarla come « continuazione
della sacra placenta di Maria in
cui Cristo ha voluto sostare, come ognuno di noi ha sostato in
quella di nostra madre », sicché
« fattesi ormai tutte e due, grembo e sudario, pura luce esse seguono Cristo nel balzo senza
fine » verso la Risurrezione. Dove, a parte il barocchismo delle
metafore, una sola cosa appare
chiara e cioè una « mariologia »
che tende ad assorbire e comprendere ogni « cristologia ». E
che questo sia il fondo del pensiero del Testori è largamente
riconfermato da un secondo articolo pubblicato dal Corriere il
14 settembre il cui titolo è « La
Madonna è entrata nella Trinità ».
Lo spunto gli è offerto dalla
dichiarazione del « buon » papa
Giovanni Paolo secondo cui « Dio
non è più solo Padre, ma anche
Madre ».
Chi qui scrive non si sente autorizzato a discutere degli aspetti teologici e pastorali della dichiarazione papale. In fondo Dio,
creatore unico, in quanto tale, è
al tempo stesso Padre e Madre
dell’uomo e l’accentuazione dell’uno o delTaltro aspetto tiene
solo ad una distinzione tra la posizione del Padre e quella della
Madre, che attribuisce all’uno e
all’altro caratteristiche di tipo
convenzionale che vanno dalTautorità del primo alla affettuosità
dell’altra.
Ma da tale analisi e distinzione dell’amore di Dio il Testori
trae argomento per scrivere che
« esiste un ruolo che dentro la
Trinità la figura della Madre, e
quindi di Maria, ha assunto ». E
ancora che « se Maria è figurativamente fuori della Trinità, ne
è per quanto riguarda Tamore
completamente dentro ». O infine che Tasserzione papale, riferita alla famiglia, conferma « il
senso di essere (questa) Fumile piccola Trinità (padre, madre,
figlio o figli) della storia umana;
nella quale comincia già a riflèttersi l’infinito, sublime cristallo
della Trinità celeste ».
E’ probabile, come dice il Testori, che sarebbe fare un torto
a papa Giovanni Paolo credere
che la sua dichiarazione sia un
omaggio ai vari movimenti femministi che « agitano in questi
tempi la vita sociale ». Papa Pio
XII, dichiarando il dogma dell’assunzione di Maria non intese
certo rendere omaggio a nessun
tipo di femminismo. Ed è piuttosto su tale linea che la interpretazione del Testori pone la dichiarazione papale. E con ciò finisce con il rappresentarla come
un atto pesantemente antiecumenico.
Questi articoli comunque sono
una nuova manifestazione violenta, quasi brutale, di una cultura cattolica, sotto questi aspetti non accettabile. Non si manca
certo di rispetto a Maria, se si
tiene presente che vi è un solo
mediatore in Cristo e se dalTamore di Dio verso le sue creature si sottolinea la traduzione
in termini umani nell’amore di
ognuno verso i suoi fratelli. Le
si manca piuttosto di rispetto
quando si stravolge la sua partecipazione al miracolo della incarnazione, facendone addirittura
una integrazione della Trinità.
Il « buon » Papa voleva forse
solo dire che Dio ci ama non
unicamente con il severo affetto
di un Padre, ma anche con il
dolce amore di una Madre. Il
Testori, non riconoscendoGli
questa seconda capacità di amare, la assegna a Maria.
Ma è serio tutto questo?
Niso De Michelis
ROMA: il nuovo Papa
Dopo 465 anni la Chiesa cattolica ha nominato, attraverso un
conclave di 111 cardinali, un papa non italiano; Karol 'Wojtyla,
58 anni, è infatti polacco ed è
stato cardinale di Cracovia. Assumendo il nome pontificale di
Giovanni Paolo II si ritiene che
egli voglia proseguire la linea.
appena abbozzata, di papa Luciani. Wojtyla proviene dal mondo del comunismo « reale » e
c’è quindi molta attesa nel sapere come egli intenda affrontare, qui in Italia, il rapporto
stato-chiesa. Da questo punto di
vista potranno esserci grosse
novità.
SPAGNA: impegno evangelistico
Dal mese di settembre a Barcellona (Spagna), oltre trenta
Chiese Evangeliche di ogni denominazione sono impegnate in
un importante sforzo comune di
evangelizzazione.
È stato distribuito un milione
di copie di un opuscolo che invita chiunque desideri approfondire la sua conoscenza dell’Evangelo a mettersi in contatto telefonico con un gruppo di
credenti, attraverso i quali pos
sono stabilire o un contatto personale, o un incontro con una
comunità. Lo sforzo sarà particolarmente intensificato nel corso delle due ultime settimane di
ottobre durante le quali si terranno riunioni giornaliere in
due chiese della città.
L’impegno finanziario, assunto in proprio dalle Chiese, ammonta a ben un milione e duecentomila pesetas.
Rassegna: “La Scuola Domenicale"
Come utilizzare gli strumenti
per la lettura della Bibbia (Commentari, dizionari, sinossi, chiave biblica) in una vivace esposizione^i Bruno Córsani; la storia
di Lutero raccontata ai bambini; una riflessione sul problema
educazione e fede, tale è il sommario del n. 2 di ottobre della
Rivista « La Scuola domenicale ».
Un’ampia parte della Rivista è
poi dedicata alle note bibliche e
didattiche sulla sequenza « Davide ». Seguono, come al solito,
le recensioni per adulti e bambini e le schede per il canto.
Il numero contiene poi un inserto: un poster sulla formazione dell’Antico Testamento con
riferimenti alla storia di Israele
con un fascicolo di commento.
Maggiori informazioni presso:
SIE, Via della Signora 6, 20122
Milano.
del risultato scaturito da un
preciso quadro confessionale del
tutto diverso da quello in cui i
politici italiani sono per secolare consuetudine obbligati a fare
i loro conti in materia ecclesiastica e religiosa.
in che modo?
Questo punto ci pare determinante per valutare in tutta la
sua portata l’espressione con
cui, sia pure di sfuggita, il Segretario del PSI ha voluto considerare quanto è avvenuto di
diverso in tema di rapporti Stato-Chiese per via dell’intrusione
dei valdesi nel quadro della politica ecclesiastica attiva che
viene condotta in Italia. Si è
aperto un piccolo spiraglio che
porta sul quadro dei rapporti
Stato-Chiese una luce nuova e
diversa da quella abituale. L’on.
Craxi deve essersene accorto.
Non ci resta che augurargli
di poter rinvenire nei precedenti del nuovo papa, Giovanni
Paolo II, eletto quale successore di Luciani, spunti adeguati
per poter rilanciare con un nuovo richiamo la collaborazione
socialista per la conclusione della trattativa concordataria. Comunque egli avrà certamente occasione di precisare, in termini
di maggiore evidenza in che modo l’Intesa con i valdesi e metodisti possa giovare alla migliore
e più rispondente soluzione della trattativa con la S. Sede. È
quanto francamente ci aùguriamo anche noi possa avvenire.
Giorgio Peyrot
________________RIVISTE
Gioventù
Evangelica
Conserva tutta la sua attualità, rispetto alla situazione che si
è venuta determinando nel Paese, il numero estivo (51) di G. E.
con il testo del documento del
consiglio FGEI su: « terrorismi,
stato, democrazia e socialismo ».
Segnaliamo, nello stesso nume^
ro un interessante studio sui
ministeri nella chiesa, in particolare sul sacerdozio universale,
ispirato ad un'analisi del 1949
dell’esegeta Kaesemann. Particolarmente adatto per gruppi di
studio si rivela il contributo di
Aldo Ferrerò che presenta, commentati e sullo sfondo del « mancato incontro tra Riforma protestante e movimento operaio », i
dati di un’inchiesta al Sinodo
■Valdese. 'Volutamente priva di
conclusioni ma stimolante la
breve analisi di Mauro Pons sulla crisi d’identità dello studente
in teologia sino alla discussione
del ministero pastorale. Infine,
l’articolo « scientifico » del giurista A. Pignatelli sul ruolo della
magistratura può aiutare a capire l’attpale crisi di un istituzione
pilastro dello stato.
Il numero doppio 52/53 di G.E.
che sta arrivando, in questi giorni, agli abbonati presenta essenzialmente due grossi contributi.
Il primo concerne la situazione
della Cecoslovacchia nell’anniversario dell’invasione delle truppe del patto di Varsavia, nell’agosto del 1968. L'articolo non sottolinea tanto la ricorrenza Quanto piuttosto esamina il cammino
cecoslovacco al socialismo; una
riflessione quindi sui fatti cecoslovacchi del 1968 nella prospettiva della lotta per la democrazia e la libertà.
Un ampio studio — tutto da
discutere — di Giorgio Girardet
(direttore del settimanale CcmNuovi Tempi) costituisce il secondo contributo principale del
numero: Uno studio sullo scorso
decennio visto attraverso le chiese protestanti, accompagnato da
dati statistici e riflessioni originali sulle vicende del più recente passato della minoranza protestante italiana. Segue un intervento sulla scuola ’79 di Claudio
Tron ed un articolo sui rinnovi
contrattuali movendo dalla condizione operaia. Tutto il numero
si apre con una riflessione biblica sul ’’nuovo cielo e la nuova
terra” di Apocalisse 21 (un invito ad un’operosa attività in vista di quel Regno che non ci appartiene ma che ci responsabilizza) e l’editoriale di Marco Rostan sul preoccupante rilancio
della religione come ’’sublimazione” del ’’buon senso” più o
meno popolare.
G. P.
4
20 ottobre 1978
—------INTERVISTA AD UNO DEI MAGGIORI TEOLOGI EVANGELICI CONTEMPORANEI
Pierre Bonnard, una vita per
l’esegesi del Nuovo Testamento
ausiliario della linguistica, dell’analisi marxista, del metodo psicanalitico - Una diversa tendenza tra gli studenti in teologia di Losanna rispetto al ’68 - La fede dà anche la libertà
di impegnarsi nelle battaglie di questo mondo
Conosciuto soprattutto per
alcuni commentari biblici, ormai
dei «classici » in materia, è uno
dei più brillanti studiosi di Nuovo Testamento del nostro tempo. Appartiene alla generazione del << metodo storico-critico »
alla schiera degli, esegeti aperti
alle ultime novità in fatto di ricerca biblica. Ma la cattedra di
esegesi neotestamentaria, che
ha occupato per anni all’università di Losanna, da quest’anno
verrà occupata da un altro docente. Pierre Bonnard entra infatti in «pensione anticipata»
per dedicarsi a pieno tempo al
lavoro teologico di ricerca in vista della realizzazione di un ampio commentario sulle lettere
giovanniche e ad un aggiornamento dei suoi due commentari
più riusciti; la lettera ai Calati
e l’Evangelo di Matteo.
Mesi fa ho avuto modo d’incontrare Bonnar'd in Francia e
di ascoltare un suo studio presentato al Sinodo di Viviers. In
quell’occasione gli rivolsi alcune domande alle quali rispose
più che volentieri interessandosi, a sua volta, della situazione
italiana. Debbo dire che molte
sue affermazioni le ho ritrovate
su un recente numero de « La
Vie Protestante » j il che evidentemente mi permette di ampliare
gli appunti di quell’intervista.
L’interpretazione
dei testo
Il primo interrogativo riguarda ia situazione dell’esegesi, delTanalisl biblica, oggi in Europa.
« Il grande periodo dell’esegesi classica — mi dice Bonnard —
può considerarsi concluso. E qui
penso all’opera monumentale
del Kittei (grande lessico del
Nuovo Testamento fondato, negli anni ’30, da Gerhard Kittei,
ndr) che rimane uno strumento
insostituibile nella vastità della
sua ricerca. L’esegesi attuale è
diversa. Intanto è più analitica
e sintetica; si tratta di un lavoro molto dettagliato in cui spesso Si fa largo uso della linguistica (analisi strutturale). Inoltre
rispetto a ieri l’esegesi non è
più un nostro esclusivo appannaggio. Oggi l’esegesi cattolica
raggiunge spesso i livelli protestanti dando vita ad un aspetto
interconfessionale della ricerca,
particolarmente in Germania
ed in America, che ha già dato
interessanti risultati ».
Questo a livello accademico.
Ma nélla pratica delia comunità
quali sono i nuovi strumenti, alla portata di tutti, utili per una
lettura biblica? In questi anni
si è molto parlato di analisi
strutturalista o' di analisi psicoanalitica sino a quella marxista...
« Sì,, prima , accennavo alla linguistica perché penso che questo metodo, anche se lontano
dai comuni orizizonti ecclesiastici, ha permesso ad atei ed agnostici di avvicinarsi alla Bibbia;
questo metodo ci ha insegnato
a guardare un testo biblico anche per quello che è, non solo
per quello che dice. L’analisi
marxista, che ricerca ovunque
il condizionamento socio-economico, c’insegna per esempio a
ricostruire l’ambiente dove operò Gesù, non solo dal pimto di
vista religioso; la ricostruzione
sociale dell’ambiente può gettare una luce nuova su molti testi. Il metodo psicoanalitico, che
oggi sta concentrando i suoi
sforzi sulla figura dell’apostolo
Paolo, tenta di corhprendere le
tensioni che si trovano dietro
ad un testo. Così, in un brano,
una frase può esser stata detta
per nascondere qualcosa oppure
avere un significato diverso da
quello che solitamente si crede.
Tutti questi metodi, e altri che
verranno, non vanno rifiutati
a priori perché possono aiutarci
nella comprensione dei testi biblici. Penso però che questi metodi sono metodi ausiliari rispetto all’esegesi storico-critica,
a mio avviso fondamentale. Si
tratta cioè di comprendere cosa
Gesù, Paolo o altri testimoni
hanno voluto, in specifiche circostanze, veramente affermare ;
e il metodo storico-critico, esaminando il testo nel suo contesto naturale, c’invita all’ascolto
delle intenzioni dell’auj;ore.
Questo metodo non deve però contrastare rincontro che i
membri di chiesa, o qualsiasi
altra persona, hanno con il Nuovo Testamento. Il metodo storico-critico (non per nulla si chiama critico) vuole verificare l’impressione ricevuta dal testo ;
un’impressione che può essere
buona, incompleta o errata ».
Studenti di ieri
e di oggi
Spostiamo l’asse del discorso.
Ad un professore non può mancare una domanda sugli studenti: 1968-1978, lo studente in teologia è cambiato?
« Negli ultimi dieci anni le cose sono molto cambiate. Oggi
nella facoltà di Losanna la metà degli studenti in teologia proviene da comunità fondamentaliste ; darbysti, dissidenti e altri.
Abbiamo quindi un considerevole numero di studenti che arriva
in facoltà con convinzioni estremamente dogmatiche e con una
posizione letteralista e conservatrice nei riguardi della Bibbia.
Per questi studenti l’approccio
alle Scritture risulta spesso difficile e poco interessante.
Essi giungono in facoltà con
un grande amore per la Bibbia
insieme a radicate convinzioni
cristiane che hanno mutuato dall’ambiente e dalla famiglia in
cui hanno vissuto. Ora il metodo storico-critico mette in discussione la lettura che loro
fanno delle Scritture. Ad una
lettura ’’semplice” si contrappone una verifica ed una ricerca
che va dalla data di redazione
di un testo sino agli autori biblici. E tutto ciò che è ricerca
e messa in discussione inquieta
il nuovo tipo di studente; non a
caso i ’’seminari” faticosamente introdotti nel ’68 ■ sulla base
di una esigenza studentesca che
voleva uno studio più comunitario della teologia vengono disertati. Si assiste cos', al ritorno
delle lezioni ’’ex-cattedra”, allo
studio individuale. Un ritorno
al passato. Aggiungo che noi
affrontiamo subito a partire dal
primo anno le questioni di metodo e per gli studenti provenienti da ambienti fondamentalisti il primo anno è un anno
duro. Non era così per lo studente del 1968, in generale, più
aperto alla critica e agli stimoli
sociali ».
Sta quindi scomparendo la
figura dello studente in teologia
politicizzato?
Oggi, per quel che ne so io,
la maggioranza degli studenti in
teologia è pietista; solo una minoranza è aperta ai problemi
intervista a cura di
Giuseppe Platone
(continua a pag. 1 )
-------IL CRISTIANESIMO NELLA PROSPETTIVA DELLA STORIA DELLE RELIGIONI
Il posto del protestantesimo
Altre 800 pagine dedicate alla
Storia del Cristianesimo (1). Ho
fra le mani il terzo volume di
una grossa opera di Storia delle
Religioni, tradotta dal francese,
curata da Henri-Charles Puech.
Vedere il Cristianesimo partendo da un punto di vista così
ampio comporta un giudizio,
una valutazione diversa?
Sfoglio il volume. Mi accorgo
subito che, pur essendo di origini francesi, porta la serietà
scientifica tedesca. Ogni capitolo è seguito da un’ampia bibliografia; « per una prima informazione » e « per uno studio più
approfondito ». Le ultime 130
pagine sono dedicate a indici;
dei nomi di persona, dei luoghi,
dei titoli. E qui si vede che l’opera, nel suo schema generale,
è ideata per una « storia delle
religioni »; c’è infatti un « indice delle divinità ». Ma, dal mornento che il Cristianesimo di
divinità ne ha veramente poche,
sono state elencate sotto questo
paragrafo le varie scuole e correnti teologiche, i nomi delle
varie Chiese, confessioni e denominazioni, le varie associazioni e società che — tutte quante
— mi sembra non abbiano molto da spartire con alcuna « divinità ».
Ma la mia curiosità è un’altra; che cosa dice, questo grosso libro, di noi, di noi protestanti?
Trovo subito un capitolo intitolato; « Riforma e protestantesimi ». L’autore — ogni capitolo
è curato da un autore diverso —
Richard Stauffer, si sente innanzitutto in dovere di giustificare
il titolo stesso; usa il plurale
« protestantesimi » per indicare
le diverse ramificazioni della
grande famiglia religiosa sorta
dal messaggio dei Riformatori.
Ma, di tutte queste ramificazioni della « cattolicità evangelica », come si esprime l’autore,
non trovo che il « nucleo storico » del protestantesimo e cioè
il ramo luterano, quello riformato e l’anglicano.
Noto che, pur sinteticamente
e sobriamente, i Riformatori sono presentati con obiettività e
spirito ecumenico, e che l’autore tiene conto delle recenti ricerche storiche sulla Riforma e
soprattutto su Lutero. Mi rallegro nel vedere che il capitolo
termina con alcune pagine dedicate alla teologia protestante
moderna, a Karl Barth, a Bultmann e Bonhoeffer.
E gli altri « protestantesimi »?
Trovo i Valdesi nel capitolo
« Non-conformismi religiosi di
Occidente ». Infatti è detto che
« fra tutti i movimenti non-conformisti del Medioevo, il movimento valdese è il più noto, probabilmente perché la sua storia
si è protratta — non senza scosse — fino ai nostri giorni ».
Ma più avanti, i Valdesi che
dopo tante persecuzioni « hanno
continuato a sussistere in Italia
e hanno fondato ’colonie’ in America settentrionale e méridionale », sono definiti « cristiani
riformati poco dissimili dai riformati europei o dai presbiteriani anglosassoni ». Ed è vero;
perciò il nostro posto attuale
non è fra i « non-conformismi »
ma fra i « protestantesimi » del
« nucleo storico ».
Nel capitolo dedicato al Medioevo d'Occidente, ci sono dieci splendide righe dedicate a Pietro Valdo; e l’autore dei « non
conformismi », Jean Séguy, loda
la scelta della povertà di Pietro
Valdo, comune a tanti altri laici
del suo tempo e condivisa —
dice — da cattolici come Francesco d’Assisi e, tre secoli e mezzo più tardi, Sant’Ignazio di
Loyola. « Se occorresse ricercare a Pietro Valdo una continuazione successiva — conclude l’au— la si troverebbe indubbiamente in san Francesco e nei
suoi compagni, la cui vita errabonda, la cui predicazione laica
Itinerante e l’assoluta povertà
ricordarono per un attimo alla
Chiesa che il messaggio di Pietro Valdo era degno di un cristiano cattolico» (II).
Sempre nello stesso capitolo
sui « Non-conformismi religiosi
d'Occidente », nel paragrafo « le
sette del XVII secolo », i miei
occhi cadono su questa frase;
«In quel periodo (1600) il nonconformismo inglese si era arricchito di una nuova gemma, il
tattismo ». Il congregazionalismo, che « pone al di sopra di
tutto la ’libertà di profetizzare’
cioè la libertà di riunirsi, di pregare insieme senza intervento
esterno e al di fuori delle interferenze gerarchiche », mantiene
tutt ora il suo posto fra i nonconformisini d’Occidente e largo posto è dedicato alla Società
Missionaria Battista nel capitolo dedicato a « Le Missioni Protestanti ».
Trovo anche i Metodisti nel
capitolo dei « non-conformismi »,
nello stesso paragrafo sulle sette del XVII secolo. « Ma ___ si
chiede l’autore — il metodismo
è una Chiesa o una setta? » Secondo l’autore « il Metodismo si
colloca al puntò d’incontro di
un tentativo di evangelizzazione
delle masse lavoratrici preindustriali, trascurate dalla Chiesa
anglicana, e quindi di una critica nei confronti della sua iniziativa e dei suoi quadri, con una
ispirazione d’origine morava...
Per il fondatore del metodismo,
la conversione è immediata,
istantanea, in genere drammatica, in, ogni caso afferrabile. Non
basta rinunciare al peccato, occorre sapersi e sentirsi perdonato, il che implica sempre
manifestazioni vicine all’isteria »(II).
È messa comunque in grande
risalto l’influenza del Metodismo
sui successivi non-conformismi
americani, sui fenomeni di risveglio ed i rnovimenti di santità.
Infatti la lista dei « non-conformismi religiosi d’Occidente »
continua con quacqueri e millenaristi, darbisti ed apocalittici,
pentecostali e mistico-esoterici.
Ma niente paura; per gli esoterici veri e propri, per i cabbalisti, i Rosacroce, per Jakob
Böhme e i suoi discepoli e per
tutte le scuole teosofiche di ispirazione cristiana è riservato un
capitolo distinto. Distinto anche
dallo Spiritismo, dalle Società
Teosofiche e dalla Framassoneria, cui sono riservati gli ultimi
capitoli del volume.
Ma tutto questo può essere ancora considerato « Cristianesimo »? Da un punto di vista della « storia delle religioni » sembrerebbe di sì!
Lietta Pascal
Autorità
della Scrittura
(segue da pag. 1)
nulla da invidiare a quella che
emana dal magistero romano —
in che misura la Bibbia ha autorità o meno... La sola differenza
tra il neo-protestantesimo e il
cattolicesimo è che per il primo
la tradizione è una grandezza interiore e mal definita, mentre
per il secondo riveste l’aspetto
di una autorità concreta e oggettiva » h
Riforma oggi
Questo avvertimento così serio ci impedisce di assumere
l'odioso atteggiamento di chi si
considera termine di paragone
per l’altrui fedeltà all’Evangelo.
Si tratta piuttosto di operare un
esame auto-critico e relativo all’autorità della Scrittura nella
nostra Chiesa e nella nostra vita,
di controllare cioè se, dove e come il nostro è diventato un neoprotestantesimo che di fatto ha
respinto Tautorità della Scrittura in secondo piano rispetto ad
istanze che sono diventate preminenti. Non credo sia superfluo
ricordare che questo esame e
questo controllo costituiscono il
segno distintivo di una chiesa
che sia riformata non soltanto
nel nome.
La Riforma ha avuto infatti un
principio che derivava direttamente dalla centralità della Parola di Dio nella sua vita; la
Chiesa che si è sottoposta alla
Scrittura e ne è stata riformata
deve sempre di nuovo essere riformata. L’adeguamento della
Chiesa al messaggio evangelico
non è cioè qualcosa di storico, di
iniziale, avvenuto nel passato di
una Chiesa (come di un individuo) che garantirebbe così il
suo presente. E’ invece una esigenza continua resa necessaria
dalla fallibilità della Chiesa che
non è mai esente dal rischio e
dalla tentazione di sottrarsi all’autorità della Scrittura per presupporre altre autorità o erigersi ad autorità di se stessa.
La capacità di lasciarsi riformare è quindi per la chiesa (come per l’individuo) il segno di
un effettivo riconoscimento dell’autorità assoluta e diretta della Scrittura. Al contrario, una
Chiesa che ha cessato di avere
nella Scrittura il proprio punto
di confronto autorevole non è
più capace di riformarsi. In questo senso l’esempio più vistoso è
di nuovo la Chiesa cattolica in
cui la non-riforma diventa un
principio agghiacciante, là dove
le definizioni dogmatiche e morali del papa — che riassume e
concentra in sé l’autorità della
Chiesa — essendo infallibili sono « giustamente dette irreformabili per se stesse » (Vaticano
II, Costituzione dogmatica sulla
Chiesa 25). Ma può darsi che un
esempio certo meno vistoso ma
non mqno reale sia dato da un
protestantesimo sclerotizzato, capace di adeguarsi solo a se stesso, alla propria storia, al proprio
passato.
Per questo la capacità o incapacità di riforma, nella Chiesa
come negli individui, mi sembra
essere lo spartiacque tra il porsi
sotto l’autorità della Parola di
Dio in una linea di ubbidienza
all’Evangelo e il porsi in qualche
modo sopra la Scrittura in una
situazione di infedeltà. E allora
chiediamoci; Da quale parte
stiamo rispetto a questo spartiacque? Stiamo forse facendo come chi in montagna si trova in cresta e, colto dalla nebbia,
perde l’orientamento e si avvia
per il versante sbagliato convinto
di scendere dalla parte giusta?
Che cosa nelle nostre chiese è in
contrasto con la Parola di Dio?
Che cosa richiede una riforma,
un mutamento per adeguare la
nostra prassi al messaggio dell’Evangelo nel nostro tempo?
Il solo modo per dare una risposta concreta (e non semplicemente sul piano della teoria)
all’ alternativa « autorità della
Scrittura o autorità della Chiesa » consiste nel non eludere
queste domande, mettendole al
contrario al centro della nostra
ricerca.
Franco Giampiccoli
(1) « Il Cristianesimo da Costantino
a Giovanni XXIII v. Storia delle Religioni, a cura di Henri Charles
Peuch, voi. III. Roma-Bari, Laterza,
1977. 799 pp. L. 13.000.
1 Karl Barth: Dogmatique 5/102. Fa
da sfondo alle riflessioni di questo articolo la sezione della Dogmatica di Barth
intitolata « L’autorità della Parola »
(5/81-128) di cui in prima pagina è riportata la forte pagina conclusiva.
5
20 ottobre 1978
STUDIATO ALLA FACOLTA’ DI TEOLOGIA UN TESTO DELLA CHIESA PRESBITERIANA - RIFORMATA IN CUBA
Con la prolusione e il culto inaugurale che si terranno sabato
e domenica 28 e 29 ottobre, la Facoltà Valdese di Teologia di Roma riprende il suo lavoro.
Di che cosa si occupa una Facoltà protestante di teologia che
ha come scopo la preparazione dei pastori protestanti? Di lontani
probleim teorici o della nostra realtà quotidiana? Del cielo o della
terra. Diciamo di tutt’e due e del loro legame; di un Dio che si
e tatto uomo e di uomini che nella loro vita vivono l’ansia di «nuoVI cieh e nuova terra» e conoscono fin d’ora il rinnovamento radicale dell umanità di cui Cristo è segno e portatore.
La teologa è quindi un discorso su Dio nel mezzo della realtà
umana: ne e perciò esemplo l’articolo che pubblichiamo in questa pagina che ha come sfondo un seminario tenuto dal prof Sergio Rostagno con gli studenti durante lo scorso anno
Cuba: una nuova
confessione dì fede
Una chiesa che vive nel processo rivoluzionario e nella speranza del
Regno che viene - Alcune domande critiche e autocritiche
La Chiesa Presbiteriana - Riformata di Cuba ha formulato e pubblicato nel 1977
una nuova confessione di
fede che è oggi ufficialmente riconosciuta e confessata da tutti i
fratelli riformati cubani.
Abbiamo avuto la possibilità
di leggerla e di studiarla approfonditamente grazie al viaggio di
un nostro fratello valdese che si
è recato a Cuba lo scorso autunno e che ha avuto diversi contatti con membri di chiesa e pastori della chiesa Presbiteriana-Riformata di Cuba.
La vogliamo quindi presentare
ai lettori dell’Eco-Luce, avvertendo che questa presentazione sarà
necessariamente frammentaria in
quanto la confessione di fede
cubana è lunga circa quindici cartelle dattiloscritte.
In essa è indispensabile tener
sempre presente come dato essenziale la situazione storica e politica di Cuba, come è esplicitamente detto nella prefazione:
il fatto stesso di farlo (conlessare la fede) in quest’ora
e luogo è parte essenziale
della sua fede nel Dio Padre
Creatore, della ragione della
sua speranza nel Figlio Incarnato Riconciliatore, e deli’azione del suo amore nello
Spirito Santo Redentore.
(0.02)
II processo rivoluzionario cubano impone alla chiesa di riformulare la sua confessione di fede, di
ricomprendere la sua fede alla luce dei fatti storici che vive e di
viverli e valutarli con la fede che
la fonda e la sostiene. Va sottolineato innanzi tutto, a nostro avviso, che questa situazione e questa fede sono vissute dalla chiesa
con gioia:
Questa testimonianza costituisce Paflermazione della
gioia che nell’Evangelo, la
chiesa di Gesù Cristo sperimenta nel vivere questo momento storico dell’umanità e
specialmente nel proclamare
il sentimento che ha per mezzo della fede in mezzo al processo rivoluzionarlo cubano.
(0.03)
È particolarmente importante
mettere l’accento sulla gioia con
cui si apre la confessione di fede,
soprattutto se si tiene conto che
questa positività e questa gioia
non sono l’espressione di una posizione ingenua che non tiene
conto delle difficoltà reali della
situazione, delle contraddizioni a
cui sono continuamente soggette
la chiesa e la società anche se rivoluzionarie come a Cuba, del
peccato che disintegra l’uomo; sono af contrario il frutto di una
posizione molto consapevole.
Concludendo questa dichiarazione di fede, la Chiesa
Presbiteriana Riformata in
Cuba riconosce che solo può
essere certa della sua fede dichiarata, quando viva fiduciosamente le verità implicite in essa. (5.01)
Essa sa che c’è un cammino da
fare, che il processo rivoluzionario non è ancora compiuto ma in
atto, e sa anche, e questo è molto
importante, che non tutto si risolve nel processo rivoluzionario.
Il socialismo non è il Regno di
Dio, ma nella sua costruzione si
esprime l’azione profetica di una
chiesa che vive nella certezza che
lo Spirito agisce e nella speranza
del Regno che viene; di una chiesa che, fondandosi sulle Scritture
(così è detto nella confessione di
fede), prega per il Regno, predica
la sua imminenza, insegna la sua
speranza, vive le sue norme.
La chiesa parla di Dio proclamando la sua realtà, insegnando la sua Verità, vivendo la sua Volontà. (4.C.01)
È una prassi vissuta, un cammino descritto, ma è anche un
programma e una speranza che
vengono affermati.
Basandosi su questa chiara consapevolezza, e assumendo in pieno questa dialettica, la chiesa di
Cuba è perfettamente cosciente
dei rischi che corre una chiesa
che vuole essere compromessa
con la storia, solidale fino in fondo con gli uomini, ma è anche
certa che questa è pure l’unica
via che può prendere perché in
essa riconosce la via indicata da
Gesù. Ed è appunto questa consapevolezza che esprime con molta
lucidità un’affermazione della
conclusione:
La Chiesa Presbiterlana-Rlformata in Cuba è cosciente
del fatto che... si avvicina pericolosamente ■ alla secolarizzazione radicale assunta da
Dio in Gesù Cristo, e corre
glL stessi rischi che lui affrontò di incomprensione, di
sofferenze, di crocifissione.
Ci pare questa l’affermazione
in cui si comprende meglio il punto di vista su cui è costruita questa confessione di fede e che ne
è in una certa misura la forza.
La chiesa di Cuba sceglie di
dare un tagliò preciso alla sua
confessione di fede quando afferma che
Crede in Dio perché crede
nell’essere umano, e crede
nell’essere umano perché crede in Gesù Cristo, Figlio di
Dio, Nostro fratello maggiore. (1.01)
Viene così posto tutto l’accento sull’uomo che è visto come
centro del « nostro » interesse,
dell’interesse della chiesa, dell’interesse di Dio.
È un taglio in cui niente è lasciato nel vago e nel generico, e
che riesce sempre a declinare, ad
esemplificare, a rendere comprensibili e rispondenti alla realtà che
esprime e che vive, tutte le affermazioni che fa: questo ci sembra
un grosso risultato per la confessione di fede cubana, e ben riuscito.
È importante, per esempio, parlando di peccato non lasciarne genericamente libera l’interpretazione, ma darne invece una serie di
definizioni, per cui il peccato diventa ciò che rende il lavoro un
compito maledetto su cui si reggono le società caratterizzate dalla competitività e dalla discriminazione; che trasforma la vita
socio-politica in un campo di battaglia per gli odii, le invidie, gli
intefessir le lòtte ' ffatficidè; che
trasforma la libertà in schiavitù
che afferma gli interessi particolari della nostra individualità,
razza, nazionalità. Ed è altrettanto importante tradurre il concetto di libertà in quello di responsabilità, o vedere l’uomo come
amministratore del Creato. Così
pure affermare che il progetto di
salvezza di Dio per l’uomo non è
solo spirituale ma passa attraverso la ricostruzione sociale, economica ed ecologica; affermare che
l’essere umano è un essere sociale perché creato « ad immagine e
somiglianza di Dio ».
Eppure tutta questa positività
così costante dall’inizio alla fine
della confessione cubana colpisce
Un incontro biblico ecumenico
coltà di teologia
e internazionale tenutosi alla Fadi Matanzas, Cuba.
e lascia un po’ stupiti.
L’unica nota critica espressa
dalla confessione nei confronti
dello stato, e anche qui non come
punto a se stante ma inserito in
un periodo positivo, è l’inciso al
paragrafo 3.C.07:
« tenendo conto delle sue
( dello stato ) necessarie ambiguità ».
Così pure stupisce un po’ che
a sostegno di un’affermazione importante si citi un testo biblico
dandone una traduzione abbastanza particolare:
Il segreto della vita sociopolitica piena... viene rivelato in Gesù Cristo che è venuto non per essere servito
ma' per servire e dare la sua
vita in riscatto del popolo.
(2.B.93)
SCHEDA
Lo schema della confessione
La confessione è divisa in diverse parti: dopo la prefazione, il testo è diviso in quattro sezioni; ogni sezione ha un titolo che enuncia
l’argomento trattato al suo interno : segue una
introduzione che riassume il contenuto della
sezione, che viene poi esplicitato in vari paragrafi divisi in sottopunti.
Nella prefazione troviamo la spiegazione
della ragione che ha spinto la chiesa di Cuba
a confessare la sua fede ; dare testimonianza
di che cosa significa oggi per lei il Vangelo di
Cristo nel mezzo del processo rivoluzionario
cubano.
La prima sezione tratta dell’importanza centrale che assume l’uomo in Gesù Cristo: nei
tre paragrafi che la compongono viene spiegato
come Cristo sia il centro dell’interesse della
chiesa, come l’essere umano sia il centro dell’interesse di Dio e come attraverso Cristo la
chiesa individui il centro del suo interesse nell’essere umano.
La seconda sezione parla dell’uomo come
« economo », amministratore delle cose che Dio
gli ha dato, dunque come amministratore del
Creato. Nei paragrafi che seguono vengono evidenziati alcuni aspetti fondamentali della vita
dell’uomo: il lavoro, il suo essere soggetto sociale e comunitario, la libertà, ecc. ecc.
La terza sezione tratta dell’uomo come essere «disintegrato» dai peccato (che qui viene
inteso come male in senso generale), e spiega
come Dio, attraverso il suo progettò di salvezza, ricostruisce l’uomo disintegrato; la ricostruzione di cui si parla e in cui si spera non
è solo spirituale, ma anche socio-economica ed
ecologica.
La quarta sezione fa partire il discorso da
considerazioni sulla storia e lo incentra sul
problema del Regno di Dio e sulla speranza
della sua venuta. Mentre le altre sezioni trattano
argomenti contingenti e si propongono un miglioramento della vita dell’uomo su questa terra, quest’ultima sezione ha una prospettiva
maggiormente orientata verso gli ultimi
tempi.
La conclusione ripercorre le tappe di tutta
la confessione di fede: la chiesa di Cuba potrà
essere certa della fede che ha dichiarato soltanto quando e se riuscirà a vivere « fiduciosamente» (confiadamente) le verità che sono
implicite nella confessione stessa, avvicinandosi alla secolarizzazione radicale assunta da Dio
stesso in Cristo e correndo gli stessi rischi di
incomprensione, sofferenza e crocifissione che
Cristo ha affrontato.
La traduzione in Marco 10: 45
di antì pollon (per molti) con del
popolo mi pare porti a riflettere.
Dobbiamo porci credo qualche
domanda.
1È la nostra mentalità e for■ mazione di credenti riformati e la nostra (di alcuni almeno) scelta per il socialismo, in un
paese cattolico e capitalista che
ci porta ad ascoltare e a leggere
tutto criticamente? A farci restare un po’ dubbiosi di fronte ad
una confessione di fede che sa attualizzare tutto, che sa vedere in
tutto quello che la propria chiesa
proclama, insegna, vive, l’esatta
rispondenza di quanto è contenuto nelle Scritture?
2 Era lecito aspettarsi che la
m confessióne sottolineasse
maggiormente la distanza tra l’azione di grazia di Dio in Gesù
Cristo, e l’azione della chiesa che
di questa grazia vive, aspettarsi
che la chiesa Presbiteriana-Riformata di Cuba, pur nell’adesione
e nell’appoggio totale al processo
rivoluzionario e al socialismo cubano, e proprio per questi, esplicitasse un po’ di più le domande
e le riserve contenute in quell’unico inciso?
3 Oppure è soltanto il fatto
■ che noi siamo abituati a discutere e a parlare di socialismo
come di una realtà che magari vogliamo, per cui lavoriamo, ma che
non ci pone problemi di gestione
allo stesso livello dei fratelli cubani, perché nei fatti non ce l’abbiamo?
Credo sia utile, leggendo questa bella confessione di fede, porci delle domande su di noi e su
di loro: ci aiuta ad essere attenti
e responsabili nei confronti della
nostra situazione e della nostra
testimonianza, ci rende partecipi
e solidali fino in fondo con questi fratelli che oggi, nella loro
realtà, confessano la loro fede nel
Signore vivente. Con loro ci sentiamo in comunione.
pagina a cura di Maria
Bonafede
6
20 ottobre 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Avanguardia
senza esercito?
Ogni volta che bisogna convocare la gente per l’assemblea
di chiesa della ripresa delle attività, sento una sorta di vuoto.
Ho ancora nelle orecchie le critiche delle assemblee precedenti; sono noiose, sono vuote, si
discute per ore per non approdare mai a niente. Il guaio di
queste critiche è che sono giuste.
Si ascolta la relazione del delegato al Sinodo che ripete cose che si sanno già, si annunciano le attività che impegneranno i già impegnati: Scuola
Domenicale e catechismi. Unione Femminile, Corale, Unione
Giovanile se si riesce a trascinare qualche ragazzo nei locali
della chiesa.
Certo non è questo che può
fare accorrere folle entusiaste
alle nostre assemblee.
Dov’è l’errore? È mai possibile che le uniche assemblee frequentate siano quando si deve
eleggere il pastore e quando c’è
da litigare su qualcosa di futile?
Certo che non è per l’ordinaria amministrazione che sono
state inventate le assemblee, per
approvare i bilanci e per ascoltare interminabili relazioni sul
Sinodo.
Ripeto, dov’è l’errore? Forse
esso sta nel fatto che la gente
non si sente chiamata in prima
persona. C’è da litigare? Vengono tutti, anche — forse soprattutto ^ quelli che ai culti non si
vedono mai. E se vengono è
perché sono toccati personalmente perché lì si gioca l’immagine che ognuno di noi ha della
Chiesa.
Allora è lì che dobbiamo guardare; aH’immagine della nostra
Chiesa. E rinimagine della nostra chiesa è grossomodo una
vecchia fotografia datata 1898.
Dopo i primi 50 anni di evangelizzazione ci siamo fermati, incapaci di presentarci al mondo
se non attraverso piccole battaglie condotte da singoli eroi, da
squadre di arditi avventurate in
territorio nemico.
E dietro? Dietro la massa di
fedeli che ti copre le spalle, che
ti dà coraggio, ma che non corre dietro ai suoi eroi.
La Conferenza Metodista in
questo senso ci dà un’indicazione: raccomanda alle chiese di
iniziare ciascuna im esperimento di evangelizzazione. Anzi, lo ritiene indispensabile. Se scopriremo quanto è vera la frase un
po’ retorica che dice: o sarete
missionari o non sarete nulla,
forse non avremo bisogno di
eroi che ci diano l’illusione di
essere vivi e non riconosceremo
mestamente che l’udienza che i
« protestanti » hanno in Italia
non è affatto proporzionata ai
nostri meriti effettivi.
E non rischieremo più di entrare in crisi ogni volta che c’è
da convocare un’assemblea.
Paolo Ribet
Associazione
Amici deiia
Scuoia Latina
di Pomaretto
Domenica 5 novembre
gli amici delle nostre scuole si ritroveranno, a Dio
piacendo, in occasione della « Giornata della Scuola
Latina ».
Il programma della giornata prevede:
Ore 10: Culto nel tempio di Pomaretto.
Ore 12.30: Agape fraterha presso il Ristorante
« Bel Sito ».
( Prenotarsi possibilmente entro il 31 ottobre presso: Prof. Elsa Balma, tei.
(0121) 81.326; Sig. Dario
Pons, tei. 81.202; Sig.ra
Ida Rostan Baret, tei.
81.277; Scuola Latina, tei.
81.498.
Dopo l’àgape, relazione
e comunicazioni varie.
Il Seggio
Chiese aperte e chiese chiuse
Il rimprovero che sovente ci
viene fatto dai cattolici è quello
di lasciare le nostre chiese chiuse durante i giorni della settimana, servono solo per il culto
la domenica ma negli altri giorni non sono utilizzate; se uno
volesse entrarci non può. Noi rispondiamo che la chiesa serve
per il culto, per l’incontro della
comunità e se non c’è culto non
c’è nessun senso a tenerle aperte, se non per i turisti; i cattolici ci rispondono che uno può
benissimo sentire anche durante la settimana il bisogno di pregare, di raccogliersi in meditazione senza che ci sia il culto ed
una chiesa aperta è come un invito a questo raccoglimento.
Questa discussione è stata fatta in passato ed è ancora fatta
oggi in alcuni casi ma sembra
superata da una nuova situazione: fra poco le nostre chiese
valdesi, almeno qui alle Valli,
rischiano di non essere più aperte nemmeno la domenica. Per
una serie di problemi sociologici: la diminuzione dei fedeli, lo
spostamento della popolazione,
per problemi spirituali: la diminuzione della frequenza ai culti,
il disinteresse dei membri della
chiesa, per motivi contingenti e
pratici: l’aumento delle spese di
riscaldamento. In alcune parrocchie si è già passati, dal tempio alla sala, in altre lo si farà
in un tempo non lontano.
Per un verso questo ripiegamento dal tempio alla sala non
deve preoccupare, è giustificato
ed in certi casi l’assemblea ha
acquistato in comunione e partecipazione con im locale più
piccolo e familiare. E resta pur
sempre valido il principio cui
facevamo riferimento sopra e
cioè: gli edifici non sono santuari dove abita Dio ma case
fatte da noi uomini per incontrarci ed ascoltare la sua parola.
È altrettanto vero però che
una chiesa chiusa, nel giorno >
del Signore, è l’immagine di una
mancanza, di un silenzio, di una
sconfitta. Non ci fosse sarebbe
diverso, forse anche meglio perché non lascierebbe questo senso di vuoto. E una chiesa chiusa non è come una chiesa abbandonata, ci sono vecchie chiese in rovina o ridotte a magazzino che non danno questa sensazione: hanno vissuto la loro
vita, hanno servito, ora sono
morte come muoiono le persone; una chiesa tutta in ordine.
ripulita e a posto con la porta
chiusa è diverso.
Di tutto questo ha discusso
una delle nostre ultime assemblee, a Torre Pellice, guardando l’avvenire e dovendo scegliere per il culto domenicale fra
due locali ; il tempio troppo
grande e dispendioso ed una sala sufficientemente ampia per
accogliere tutti i fratelli, ma con
la conseguenza di dover chiudere il tempio per parecchi mesi.
Il problema non è stato risolto e permane la sensazione di
disagio dovendo abbandonare il
locale di culto abituale per ritirarsi nella sala, sembra questo
un ripiegamento, una ritirata
anche di fronte ai fratelli di altre comimità, ospiti estivi o di
passaggio, che hanno invece rivolto up caldo appello a mantenere aperto il tempio.
In fondo non facciamo che
adeguarci alle necessità, alle esigenze pratiche. Ma è proprio
questa la domanda che sotto sotto tormenta : dobbiamo, come
comunità cristiana, fare della
necessità la nostra legge? Dobbiamo adattarci a quello che
succede o dobbiamo reagire e
creare noi delle nuove situazioni?
Il tempio chiuso significa semplicemente prendere atto di
quello che si vede, di quello che
succede attorno a noi; non potrebbe essere nel caso nostro un
segno di reazione mantenerlo
aperto? Non potrebbe cioè essere un segno che intendiamo andare contro corrente? Non potrebbe essere una sfida a quello
che succede attorno a noi ma
anche una sfida a noi stessi alla
nostra pigrizia, alla nostra rassegnazione?
Certo la testimonianza e la
fede cristiana nel mondo sono
qualcosa di più e di più importante che un tempio aperto o
chiuso, ed anche se la comunità
di Torre Pellice si raccoglie nella Sala Unionista per qualche
mese non per questo perde la
fede e la sua testimonianza resta quello ’ che è ma meriterebbe di essere approfondito il
principio che sta dietro, cioè
l’adeguarsi sempre a quello che
succede attorno a sé ; è così,
punto e basta, non c’è altro da
fare che adattarsi e sopravvivere. Forse bisognerebbe dire: è
così ma deve diventare cosà, oggi vediamo la situazione così ma
domani la situazione potrebbe
cambiare ed il cambiamento dipende anche da noi.
In due parole il problema non
è cercare una chiesa più piccola, ma riempire di vita nuova e
di gente quella che hai.
Giorgio Tour"
DISTRETTO SCOLASTICO DI PEROSA: UNO SGUARDO SUI NODI DA SCIOGLIERE
La scuola pubblica è la scuola dei poveri;
si risparmia anche sul “tempo pieno”
Nessuno si sarà illuso di veder
la scuola italiana funzionare soltanto col semplice espediente di
cambiare ministro; o che le promesse di inizio regolare dell’anno scolastico formulate appimto
dall’ultimo titolare del ministero della 'Pubiblica Istruzione potessero mai essere mantenute:
infatti è stato necessario-un mese perché si cominciasse ad intrawedere un segno di sistemazione degli insegnanti con un
orario normale.
Nella zona geograficamente definita come distretto di Perosa
Argentina, la situazione è stata
normale a livello di scuola elementare: le nomine sono state
fatte a tempo e le lezioni sono
state fino ad ora regolari; bisogna però dire che nei due circoli
didattici di Perosa e Villar gli
spostamenti degli insegnanti sono ormai minimi e che le scuole
hanno in gran parte personale
docente locale di ruolo. Questo
assicura una certa stabilità al-'
rinsegnamento e soddisfa le famiglie che apprezzano, come è
giusto, la continuità didattica; è
però anche l’unico settore della
scuola che abbia assunto delle
caratteristiche di stabilità.
I problemi nelle elementari
tuttavia non mancano e sono dovuti non agli insegnanti, ma agli
alunni. Lo spopolamento comincia ad incidere nelle zone alte e
le scuole si chiudono una alla
volta. Al termine dello scorso
anno scolastico, sono stati sop
pressi due posti di ruolo in vai
Germanasca: si prevede che nei
prossimi anni se ne chiudano altri tre e probabilmente altrettanti in vai Chisone. Ma se le autorità scolastiche sono veloci a
chiudere le scuole non. lo sono
altrettanto a concedere nuovi
posti, infatti è stata accolta soltanto una richiesta di classi a
tempo pieno per "Villar Perosa.
È da notare tuttavia che le classi a tempo pieno non risolvono i
problemi dell’occupazione degli
insegnanti, perché rimangono legate alla domanda dei genitori
e alla benevola concessione del
ministero e del provveditorato,
che ogni anno fanno pendere
dall’alto la spada di Damocle
della soppressione. Infatti, come
viene ricordato in un articolo
della « Stampa » di domenica 8
ottobre, il tempo pieno, con mensa, trasporto e insegnamento
qualificato, è la caratteristica
delle scuole private a pagamento. La scuola pubblica è la scuola dei poveri, quindi le sagge autorità si guardano bene dal concedere troppi lussi al popolo
mettendosi in concorrenza con
la scuola privata da cui usciranno i futuri dirigenti.
La tesi è ancora più facile da
verificare per le scuole materne:
tra leggi, disposizioni, modifiche
alle leggi e alle disposizioni, le
scuole statali hanno avuto tutte
un inizio travagliato: cambio
continuo di insegnanti, oppure
una sola persona per trenta
bambini, orario ridotto. Inutile
dire che le scuole private ancora
una volta si sono presentate alTcpinione pùbblica con le carte
in regola; i genitori pagano e
sono contenti di pagare.
Per quanto riguarda le scuole
medie, inizia a Perosa, Perrero e
Fenestrelle il tempo pieno. A Fenestrelle si sono avute- difficoltà
per trovare il numero di alunni
sufficiente a mantenere aperta
la prima classe; è stato quindi
necessario trasportarli dal (Comune vicino. A iPerosa, dopo anni
di inattività, riprendono i lavori
per terminare il nuovo edificio
della scuola media; nuovo per
modo di dire, perché è stato iniziato parecchi anni fa ed è già
ampiamente sorpassato dalle necessità attuali. Con la riforma
della scuola superiore, a Perosa
dovranno anche trovare posto
gli studenti che frequenteranno
il primo anno obbligatorio del
nuovo corso di studi: sono pre
visti in duecento circa. Per ora,
l’unica scuola superiore in valle
è la sezione distaccata deH’ITIS,
che ha soltanto due classi con
sede a Perosa. Gli studenti sono
perciò costretti a frequentare a
Pinerolo tutte le altre scuole e
questo comporta molte difficoltà
. per i trasporti o per il soggiorno
fuori dalla famiglia. A Pinerolo
non esistono convitti pubblici e
un piano organico di trasporti
non è ancora stato fatto. È comprensibile perciò che le famiglie,
a conti fatti, decidano di sistemarsi nell’area più prossima agli istituti 'scolastici che i loro
figli dovranno frequentare. Ma
il trasferimento dei nuclei familiari accentua lo spopolamento
della montagna e provoca la
chiusura delle piccole scuole:
una situazione da anni prevista,
alla quale finora non si è potuto o non si è ritenuto importante mettere riparo.
Liliana Viglielmo
Ricordando Suor Luisa Sta Uè
1“ CIRCUITO
Attività programmate
Nella riunione del Consiglio di
Circuito del 9 ottobre a Villar
Pellice sono state programmate
le seguenti attività :
1® novembre, ore 20.30 a Villar
Pellice incontro dei responsabili delle unioni giovanili in
vista del Convegno Giovanile
a Perrero.
12 novembre, , partecipazione al
Convegno Giovanile a Perrero.
3 dicembre, ore 14.30, a Luserna San Giovanni incontro dei monitori con relazione di ogni scuola domenicale
sul lavoro iniziato e programmazione di una giornata dei
monitori, probabilmente in aprile.
28 gennaio 1979, ore 14.30 a Lu
serna San Giovanni assemblea
di Circuito aperta a tutti per
trattare gli argomenti che il
Sinodo ha demandato ai Cir
cuiti (art. 28 della Conferenza
A A del Sinodo).
22 aprile a Torre Pellice incontro circuitale di tutte le attività femminili sul tema della
educazione cristiana alla fede.
29 aprile, oppure 1« maggio, incontro delle unioni giovanili
sui problemi dei giovani in
luogo e ora da stabilire.
Si è deciso inoltre di visitare
come circuito tutte le attività
settoriali fissando degli incontri
e pertanto si sono suddivise le
responsabilità di mantenere i
contatti con le varie attività settoriali come segue;
Pastore Ayassot: coordinatore; Ethel Bonnet: scuole domenicali ; Ada Tourn Paschetto :
attività femminili; Adolfo Charbonnier: concistori; Marco Pasquet: unioni giovanili.
Per il Consiglio di Circuito:
la segretaria Ethel Bonnet
Poco più d’un mese fa ci siamo separati da suor Ida Beri
ed ora un’altra suora ci ha lasciati.
Suor Luisa Stallò apparteneva
a una famiglia di credenti impegnati nella Chiesa. Suo fratello
Giovanni fu per molti anni membro del Concistoro di Torre
Pellice. Quattro anni prima di
suor Luisa, una sua sorella, Leonia, era entrata a far parte della
famiglia delle diaconesse, e nel
1921 Luisa ne seguiva l’esempio.
Era nata a Torre Pellice TU febbraio 1899 e il suo Pastore, Davide Bosio la raccomandava
persuaso che sarebbe diventata
una fedele e utile serva del Signore. Oggi che ci ha lasciati
possiamo aggiungere che un’altra caratteristica di questa suora fu l’umiltà.
Dopo un anno di noviziato
presso l'Ospedale Evangelico di
Torino, venne inviata a Milano,
dove lavorò per quattro anni,
quindi alTOspedale di Torre
Pellice per 14 anni e infine alla
casa di riposo di San Germano
Chisone per altri 14 anni. Comprendendo altri periodi più brevi. sono circa 35 anni di attività
al servizio degli ammalati e degli anziani. Negli ultimi anni,
alcuni dei quali trascorsi in Francia, a Nîmes, presso dei parenti,
la salute andò declinando, finché
T8 ottobre ha terminato il suo
corso terreno all’ospedale di
Torre Pellice dove era ricoverata. Le sue compagne hanno notato che sua sorella, suor Leonia, aveva risposto alla chiama
ta del Padre esattamente cinque
anni prima, T8 ottobre 1973, ed
era anche una domenica.
Al funerale, dopo la predicazione delTEvangelo fatta dal direttore della Casa, il Vice Moderatore Alberto Taccia ha portato il saluto della Tavola Valdese
e al cimitero il Pastore emerito
Achille Deodato, anche lui uno
degli ex direttori della Casa, ha
terminato con le parole della
speranza cristiana.
Alla memoria di questa donna
cristiana inviamo un riconoscente saluto, e ■ « dimenticando le
cose che stanno dietro e protendendoci verso quelle che stanno
dinanzi, prosegùiamo il corso
verso la meta per ottenere il premio della superna vocazione di
Dio in Cristo Gesù ». (Fil. 3; 13).
Roberto Nisbet
Corali
Domenica 29 ottobre ’78
alle ore 15 nei locali della
Chiesa Valdese di Pinerolo
è convocata l’Assemblea
delie Corali alla quale sono caldamente invitati i
coralisti e quanti nelle comunità si interessano di
attività musicali.
Verrà formulato e discusso il programma delle attività 1978-79.
Il comitato esecutivo
7
20 ottobre 1978
CRONACA DELLE VALLI
TORRE PELLICE
Piano di lavoro dei giovani
Siamo un gruppo di giovani
della comunità di Torre Pellice
che ha proseguito i suoi incontri anche dopo la confermazione ed ora ci proponiamo di portare avanti un quadro di attività di carattere pratico e riflessivo. Il nostro piano di lavoro
prevede incontri settimanali, durante i quali pensiamo di esaminare alternativamente questi
problemi ;
— rivedere le attività generali
nell’ambito della chiesa (es. vendita libri all’uscita del culto) affinché la comunità possa contare sulla preparazione e sull’interessamento di ciascun membro,
da cui dipende la validità della
comunità ;
— studio di carattere di attualità teologica;
— interessamento all’attività
giovanile nell’ambito del gruppo cadetti (organizzazione di
campeggi e gite).
Alternativamente un partecipante del gruppo che abbia la
possibilità e il tempo materiale,
si prepara su un problema da
affrontare, preparando dei punti per poter suscitare la discussione: quindi esposizione all’inizio della seduta. Indichiamo quivi una serie di suddetti argomenti: intese; T.E.V.; cristiani
e marxisti; morale protestante
e morale cattolica; scuola laica
e scuola confessionale ; predestinazione. Questa che potrebbe
essere la più importante attività, perché da essa potrebbero
nascere e dipendere le altre, è
invece quella che ci trova meno
preparati e che proprio per questo non essendoci nessun componente del gruppo capace di
suscitare, con le proprie interpretazioni e spiegazioni, l’interesse, cercheremo di attuarla nel
miglior modo possibile e il più
spesso possibile, ma la abbandoneremo ogni qualvolta la noia
potrebbe minacciare l’integrità
del gruppo.
— Incontro di carattere sociologico con argomenti di questo
genere : la donna in una pw^ospettiva biblica, Vietnam.
— Stesura dell’opuscolo: ’Storia degli incontri al Colle della
Croce’.
— Seguire attività della chiesa: assemblee, convegni, studi,
ecc.
Il gruppo conclude cosi il suo
lavoro, augurandosi e sperando
in un interessamento da parte
della comunità valdese.
Attendiamo una partecipazione
ed un confronto con chi è interessato agli argomenti.
Il gruppo
ANGROGNA
• La comunità si è raccolta nel
tempio, lunedì 16, per salutare
cristianamente Attilio Chiavia,
deceduto improvvisamente alla
età di 64 anni. Per tanti anni è
stato il postino della Valle coadiuvato in questo dalla moglie
Ida. La grande partecipazione
di popolazione al funerale testimonia l’affetto che la gente aveva per il suo ex-postino; tutta
la comunità esprime alla vedova ed ai figli la propria simpatia cristiana.
• La famiglia Bertin dell’alpe
Infernet desidera esprimere la
propria riconoscenza alla comunità montana, al sindaco, al
gruppo di alpini, ai militi della
forestale ed a tutte le persone
che si sono prestate a sgombrare la mulattiera che porta all’alpe al fine di rientrare col proprio bestiame.
• Ricordiamo che la corale si
ritrova giovedì, 26 al Presbiterio.
Tutti quelli interessati a questa
attività sono invitati, alle ore 21.
_____SAN SECONDO
Mentre le varie attività stanno riprendendo secondo il calendario indicato nella lettera
circolare, segnaliamo che domenica 29 ottobre, domenica della
Riforma, sarà celebrata la Santa Cena.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Domenica 23 ottobre
Sala Albarin
ore 14.45
Festa del raccolto
•r- Mostra-vendita di prodotti agricoli della collina di San Giovanni.
>— Esposizione lavori femminili organizzata dalla
Società di Cucito.
— Buffet con dolci vari e
vendita pane casalingo
cotto nel forno a legna.
Tutti sono cordialmente
invitati.
TORRE PELLICE
• Domenica 15 ha avuto luogo
il culto di inizio delle attività
catechetiche con la presenza dei
bambini delle scuole domenicali
(4 quest’anno perché si è aggiunta anche quella dell’Inverso)
ed i catecumeni.
Al termine del culto l’assemblea di chiesa ha udito la relazione della deputazione al Sinodo; è seguito un dibattito che
ha dato alcune indicazioni sulle
attività future: sentita l’esigenza di un gruppo biblico e di culti di informazione.
• Giovedìi ha avuto luogo la
prima seduta del gruppo delle
Missioni dei Coppieri; la sig.na
Laura Nisbet ha illustrato la sua
attività nelle scuole dello Zambia dove ha lavorato negli ultimi 6 anni. Sentita l’esigenza di
una maggiore informazione dell’attività della CEvAA.
• I gruppi giovanili hanno ripreso la loro attività ai Coppieri ed al Centro, quest’ultimo dà
una relazione del suo programma qui accanto.
PRAROSTINO
Il Tempio di Prarostino compie i suoi 150 anni! Il programma delle prossime celebrazioni
comprende tra l’altro un Concerto di musica sacra sabato
sera 28 ottobre, alle ore 20.30; nel
tempio di San Bartolomeo Con
la partecipazione di un gruppolavoro di giovani tedeschi guidati dal pastore Schaerr e famiglia, dei Trombettieri Valdesi,
del Coretto del Collegio di Torre Pellice e dell’organista di
Prarostino sig. E. Morì. Tutti
sono cordialmente invitati.
Errata corrige. Nello scorso
numero dell’Eco n. 41 del 13 ottobre, pag. 7 col. 4, nella cronaca
di Prarostino siamo incorsi in
un errore involontario: la sposa
di Claudio PasChettb della Ruàta Cornerà è Pornerone Marinella e non Aurora. Preghiamo
gli interessati e i lettori dell’Eco
di volerci scusare.
POMARETTO
PINEROLO
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLiCE - LUSERNA S. GiOVANNi
- LUSERNETTA - RORA' ,
Dal 21 al 27 ottobre
Dott. AVANZI LUIGI
Telefono 90614
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Domenica 22 ottobre
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Martedì 24 ottobre
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Torre Pellice ; Tel. 91.365 - 91,300
Luserna S. G. Tel. 90.884 -90.205
Domenica 1<> ottobre ha avuto inizio la Scuola Domenicale,
che seguirà il programma federativo. Il tema che occuperà lo
studio dei bambini in questi primi mesi è « Gesù viene ». Per la
presentazione del programma è
stato indetto un incontro coi
monitori e i genitori dei bambini. Questi ultimi erano scarsamente rappresentati, ma speriamo che questo fatto non sia indice di disinteresse nei confronti di questa importante attività.
Fortunatamente, invece, possiamo contare su un nutrito numero di monitori.
• Nel culto di domenica 1«
ottobre sono stati battezzati :
Luisa, di Andrea Morina e Ester
Mourglia; Stefano, di Angelo
D’Amore e Paola Geymonat ;
Alessia, di Gustavo Fiorillo e
Daniela Becchio; e Maurizio, di
Eddo Rivoiro e Carla Romano.
Ai piccoli e alle loro famiglie
esprimiamo ancora il più fervido augurio.
• Sabato 7 ottobre si è tenuta
una riunione fra i catecumeni
del quarto anno, i loro genitori
ed il pastore, per discutere il
programma da svolgere. Come
già avviene da tre anni, i catecumeni si ritroveranno per alcune domeniche (in media una 'al
mese) e trascorreranno insieme
l’intera giornata in alcune comunità delle Valli e del Piemonte. Analogo incontro fra catecumeni e genitori ha avuto luogo anche sabato 14 ottobre, per
quanto concerne i primi tre corsi di catechismo.
• Domenica 8 ottobre, nel culto del mattino, ha avuto luogo
un’assemblea di chiesa, in cui
sono stati presentati e brevemente discussi due ordini del
giorno della sessione congiunta
del sinodo e della conferenza
metodista, sull’Integrazione fra
le due chiese e sulla Sindone.
A questo proposito l’assem
• Domenica 15 ottobre è stato
battezzato Refourn Manuel di
Attilio e di Giustetto Luisella di
Perosa Argentina — Che lo Spirito del Signore acconipagni
questo bambino ed aiuti i suoi
genitori a mantenere fede alle
promesse fatte.
• Mercoledì 11 ottobre hanno
avuto luogo i funerali di: Marchetti Stefano Enrico di anni 76
morto nella sua abitazione in
Pomaretto borgata Masselli e di
Migliore Margherita Felicita
ved. Ponso deceduta nella sua
abitazione in Perosa Argentina,
Via Genebrera, all’età di anni 88.
Alle famiglie colpite dalla dipartenza dei loro cari giunga tutta
la simpatia cristiana della comunità.
• Agli abbonati Eco-Luce di
Pomaretto, Perosa Argentina e
Inverso Pinasca:
a partire dalla pubblicazione
del presente annuncio sono aperti i rinnovi o i nuovi aibbonamenti al giornale Eco delle Valli Vaidesi — il prezzo è di L. 7.000 annue —. Si ricevono anche abbonamenti sostenitori. Come negli
anni precedenti ci si può rivolgere ai propri anziani o direttamente presso Marchetti Silvana,
Borgata Masselli 6, Pomaretto.
• Domenica 29 ottobre avrà
luogo, nei locali della vecchia
scuola di Pomaretto, il tradizionale Bazar gestito dalFUnione
Femminile. Seguirà un’agape comunitaria alla quale tutti sono
cordialmente invitati. Prenotarsi
presso gli incaricati entro il 26
ottobre.
FRALI
blea è stata unanime nell’affer- mare la validità dell’atteggiamento sinodale nei confronti
dell’« ostensione » : alcuni membri di chiesa hanno tuttavia
manifestato il loro disagio. Le
folle accorse a Torino, certo
non tutte per motivi turìstici, e
la sincera commozione di molti
sembrano dimostrare che la gente non è poi così: refrattaria a
un discorso di fede.
A queste folle Torino ha mostrato una reliquia, e noi abbiamo detto, giustamente, che non
in questo consiste il messaggio
evangelico : e poi? Non possiamo
fermarci a questo punto, magari illudendoci di essere migliori
degli altri. Dobbiamo rispondere alla loro ansia di fede con
qualcosa di. più di una negazione.
In secondo luogo, sentito il parere favorevole della commission;p esecutiva distrettuale, l’assemblea ha accolto la proposta
del concistoro di allargare il numero dei componenti del concistoro stesso da 10 a 13. Infine
l’assemblea ha eletto la commissione dei revisori nelle persone
di Giancarlo Griot, Clelia Bouchard e Remo Long.
• L’attività dell’unione femminile è ripresa giovedì: 12 e avrà anche quest’anno ritmo
quindicinale.
Il concistoro si riunirà martedì 24 ottobre per stabilire, tra
l’altro, il calendario del primo
turno di riunioni quartierali,
che avranno come tema le principali decisioni del sinodo 1978.
• Il ciclo autunnale dello
« studio biblico » inizierà con
domenica 29 ottobre e sarà centrato sul tema dell’etica cristiana. La preparazione settimanàle, che di consueto sarà di martedì, avrà per i due primi incontri serate diverse e, più precisamente, giovedì, 19 e mercoledì
25 ottobre.
• Lunedì 16 ha avuto luogo il
funerale del fratello Eynard Giacomo. Alla famiglia esprimiamo
la più sincera simpatia.
Cari Fratelli e Sorelle,
il nostro periodo di servizio
in Uruguay sta volgendo al termine. Quando siamo partiti, pensavamo di restare fino alla fine
di settembre, ma al nostro arrivo qui abbiamo visto che ci avevano preparato un programma
che comprendeva anche il mese
di ottobre. Dire di no non si poteva: siamo venuti per compiere un servizio verso i fratelli
del Rio de la Piata, e compierlo
integralmente, secondo le loro
richieste e le loro esigenze.
Vi preghiamo quindi di avere,
comprensione per le necessità
della Chiesa Valdese e delle altre Chiese Evangeliche in questa
zona, e di avere pazienza sé ancora per il mese di ottobre non
ci vedrete al lavoro a Frali.
Durante tutti questi mesi abbiamo sempre pensato a voi e
pregato per voi; spesso abbiamo
pensato a come utilizzare nel lavoro a Frali le esperienze che
stiamo facendo qui, soprattutto
nel modo di studiare la Bibbia.
E ci rallegriamo sperando di poter svolgere insieme con voi un
nuovo periodo di attività al servizio del Signore. Contiamo di
essere di ritorno per i primi di
novembre e di riprendere in pieno l’attività il 5, con la scuola domenicale e il culto.
In attesa di potervi di nuovo
stringere la mano, vi salutiamo
tutti con fraterno affetto.
Colonia Vaidense, 7 seti. 1978
Bruno e Caterina Rostagno
In base a questa comunicazione ricevuta dal pastore Rostagno, il calendario della ripresa delle attività è stato predisposto nel seguente modo:
— Domenica 5 novembre, ore 9:
apertura Scuola Domenicale;
ore 10,30: Culto (past. Rostagno);
— Marted 7, ore 20: Corale;
— Venerdì 10, ore 20,30: Unione
giovanile;
— Sabato 11, catechismi: ore 11:
I e II anno; ore 16: III anno;
ore 17: IV anno; ore 18: riunione delle monitrici.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
DONI PERVENUTI
NEL MESE DI SETTEMBRE 1978
L. 20.000: in mem. dì Eugenio Bounous la moglie e la figlia; Bouchard
Samuele (Torino); Carla Canfori (Milano); N.N (Pinerolo).
L. 10.000: Citernesi Paola (To); Maria Luisa Pasqualetti in mem. di Anida
Bertalot; Malan Enrico (Cartera); in
memoria della mamma Georgette Rivoir
Bounous le figlie; Rossi Mirella; Artus
Costanza; Tamburini Rosa Liv.
l. 5.000: Reynaud Ijea (Osp. Asilo)
Visentin Maria in mem. del marito (osp.
Asilo); Lapìsa Giulio e Giovanna in
mem. dei loro cari ; in mem. del cav.
Taccia Enzo, sorelle Bounous.
L. 2.000.: N.N. in mem. di Torino
Giuseppe.
Intervista a
Pierre Bonnard
(segue da pag. 4)
politici. Questo è un dato su
cui occorrerà riflettere. Personalmente ritengo che non sia
possibile far teologia senza far
politica, prescindendo cioè da
un nostro impegno nella società. Un impegno s’intende critico
di fronte alle autorità, capace
di produrre degli interrogativi
e di suggerire dei cambiamenti.
Credo che uno studente dovrebbe mantenere in tensione due
linee : quella biblica e quella
sociale. Ma senza isolare una a
scapito dell’altra ».
Chiesa e Società
Membro del partito socialista
svizzero dal 1945, Bonnard è
persuaso che non si possa leggere l’Evangelo senza sentirsi,
prima o poi, investiti di una
certa responsabilità nei confronti delia società. E quindi della
politica?
« L’amore per il prossimo che
l’Evangelo c’insegna ■— afferma
Bonnard — non esclude un vivo
interesse per l’aspetto politico
poiché quest’ultimo fa parte della nostra vita. Se noi amiamo
l’uomo dobbiamo prendere sul
serio le sue espressioni sociali e
politiche. Ma un cristiano, anche membro di un partito (io
per esempio ho preso la tessera
socialista nel ’45 anche perché
lasciavo il pastorato per la cattedra universitaria; forse se fossi rimasto pastore non l’avrei
fatto) non può rinunciare al suo
spirito di critica vigilanza. Nessun partito corrisponde alle esigenze dell’EVangelo. Questo è
vero. Ma è anche vero che i cristiani liberati per Grazia dalla
schiavitù di una vita religiosamente egocentrica e vana, possono liberamente impegnarsi
nelle battaglie di questo mondo... Amare e servire Ta propria
chiesa è bene, ma amare e servire gli uomini, particolarmente
i più indifesi, è meglio ».
I familiari del Compianto
Enrico Jahier
di anni 82^
Cavaliere di Vittorio Veneto
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di stima e di affetto tributata al loro caro Estinto, nell’impossibilità di farlo singolarmente, sentitamente ringraziano tutti coloro ohe
hanno preso parte, in qualsiasi modo,
al loro grande dolore.
Ciotti di Pramollo, 7-10-1978.
di Uanima mia si acqueta in
Dio solo ». (Salmo 62, 1).
II Signore ha richiamato a sé
Paolina Bert
Insegnante di lingue
Fidueiosi nella promessa di risurrezione in Cristo lo annunziano i fratelli Edoardo e Davide, la sorella Lillina, le cognate, i nipoti e parenti tutti.
I familiari ringraziano tutti coloro
che hanno espresso la loro cristiana
simpatia e particolarmente il pastore
G. Conte; la Direttrice ed il personale dell’Asilo di San Germano che amorevohnenle l’hanno assistita.
San Germano Chisone, 10-10-’78.
Comitato di Redazione; Sergioi
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Da-^
vite, Niso De Michelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Oirett. Responsabile: GINO CONTE
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Moncalierì, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175.
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
8
8
20 ottobre 1978
[
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
ViolaJ
La strage di Beirut
Il « dopo - Camp David »
continua ad essere un profondo
mistero. È impossibile, almeno
entro i limiti del pacchetto d’informazioni di cui, malgrado i
nostri sforzi, possiamo disporre,
capire perché sono avvenuti ed
avvengono certi fatti politici del
tutto inattesi. Perciò riportiamo
con ogni riserva la parte saliente
di un articolo di Bernardo Valli
sull’argomento, apparso ne « La
Repubblica » deH’8-9 c. '
« Da alcuni mesi il comportamento dei soldati di Damasco appare ,a noi cronisti di fatti quotidiani, molto simile a quello dei
carnefici professionisti, che impiccano o ghigliottinano, senza
badare all’identità e alle colpe
dei condannati. Nel 1976, l’esercito del presidente Assad, alleato delle milizie falangiste, massacrò i palestinesi e la sinistra
libanese. Oggi gli stessi artiglieri bombardano il quartiere cristiano di Ashrafieh in cui sono
asserragliati, senza medicinali e
con poca acqua, gli alleati di
ieri.
Con una coerenza implacabile,
l’enigmatico Assad cerca d’“imporre l’ordine" in un Libano agonizzante, e con la sua ferocia è
persino riuscito a creare una legittima solidarietà fra tutti gli
arabi cristiani del Libano: tra i
fanatici guerriglieri di Bachir
Gemayel, gli spietati falangisti
di Camille Chamoun e i moderati, o progressisti, che rifiutavano
la spaccatura netta tra musulmani e cristiani. La comunità
maronita, fino a ieri divisa ideologicamente, adesso sembra unita da una sola e umiliante speranza: conta, quasi unanime, su
un intervento israeliano che faccia tacere i cannoni siriani.
Questa sacra unione, saldata
dal sangue, nasconde la nefanda idea che non si possa essere arabi veri se non si è musulmani. Se
quest’idea dovesse prevalere, la
resistenza palestinese, oggi al
leata o aggiogata al carro siriano, riceverebbe un colpo terribile: il progetto di una futura nazione aperta a cristiani, ebrei e
musulmani, apparirebbe più che
mai impossibile. L’intransigenza
israeliana rischierebbe di diventare legittima.
Ieri Ü massacro dei palestinesi
a Tel-al-Zaatar, oggi quello nel
ghetto cristiano di Ashrafieh,
non suscitano soltanto lo stesso
orrore, ma rischiano di dimostrare che la coesistenza fra ceppi religiosi diversi, sulle sponde
orientali del Mediterraneo, orientale è irrealizzabile. Se questo
dubbio si dovesse trasformare
in dogma, i protagonisti, diretti
e indiretti, della tragedia mediorientale rivelerebbero di non aver imparato nulla dalla storia
ancora recente. Poiché (è bene
ricordarlo) quel che accade in
quelle terre ha le sue origini da
noi, in occidente: Israele^ nasce
dal genocidio perpetrato dai nazisti; il dramma palestinese scaturisce dalla creazione dello Stato ebraico, e adesso la decimazione dei cristiani è dovuta all’incapacità di ridare una patria
a quel popolo arabo rimasto senza terra. L’agonia o la morte del
Libano non è soltanto la fine
d’una nazione artificiale, creata
dalle ex potenze coloniali, ma significa soprattutto il fallimento
di una società in cui, bene o male, convivevano da decenni confessioni diverse.
Chi ha affidato alla Siria il
mandato di “riportare l’ordine"
nel Libano?
Sul piano notarile, l’intervento dei soldati di Damasco è stato legalizzato dal vertice arabo
riunitosi a Ryad nell’ottobre ’76,
al fine di creare “una forza araba di dissuasione". E poiché le
superpotenze, USA e URSS, non
barino rhai contestato quella decisione, si deve credere che esse
l’hanno ritenuta accettabile. Ma
le responsabilità di Mosca e di
Washington sono ben più pesan
ti, anche se ci si limita al passato recente, senza risalire tanto
in là nella storia mediorientale ».
L’articolista continua; «Con la
riuscita operazione di Camp David, che dovrebbe condurre a una pace tra Egitto e Israele, gli
americani hanno dato indirettamente mano libera alla Siria ».
Ma il mistero, a nostro avviso,
è questo: perché la Siria voleva
la « mano libera »? Rispondere
sernplicemente che la Siria è imperialista, o che vuole lo sbocco
al mare, o che vuole difendere i
suoi oleodotti ecc., è, a nostro
parere, del tutto insufficiente.
Scrive ancora l’articolista; « Il
presidente Assad, dopo l’incontro Sadat-Begin, ha ritenuto che
fosse venuto il momento di agire. Impegnato in trattative di
pace vantaggiose, il governo di
Gerusalemme non sarebbe intervenuto con un’azione di guerra,
rischiando di spezzare il dialogo
col Cairo ». E, d’altra parte,
« contraria alla “disonesta pace
separata" tra Egitto e Israele,
l’URSS punta sulla Siria da tempo, da quando è stata cacciata
dalla valle del Nilo, dove aveva
armato l’esercito di Nasser, e
poi di Sadat, fino al 1973. Nei
giorni scorsi, a Mosca, Assad ha
ricevuto la garanzia che il suo
esercito riceverà più consistenti
aiuti militari: cioè più cannoni
con cui sparare sulle rovine di
Beirut ».
Forse (diciamo; forse!) l’ipotesi giusta è questa: l’URSS ha
voluto- attirare Israele in una
trappola (ma Israele non v’è caduta!), col farla intervenire nel
Libano e ostacolare così l’immiriènte e tanto temuta pace separata fra Egitto e Israele. Ciò
sembra confermato da vari punti di vista, soprattutto dalla precipitosa ritirata diplomatica delrURSS nella riunione del Consiglio di Sicurezza (notte sul 7 c.),
ritirata cui subito è infatti seguita l’effettiva sospensione delle ostilità nel Libano.
UN APPELLO DALLA GERMANIA FEDERALE
A tutti i cristiani
In seguito alTappello della V Assemblea ecumenica di
Nairobi (1975), sono nate numerose iniziative contro la corsa agli armamenti. Diamo qui notizia di una iniziativa sorta
nel Württemberg (Germania occ.) e che ha già ottenuto la
solidarietà di diverse organizzazioni e comunità cristiane tedesche. Ricordiamo che anche il Sinodo e la Conferenza, nella loro ultima sessione, hanno votato un o.d.g. che ricorda
alle chiese il loro impegno antimilitarista.
Ci siamo abituati a dire:
Gli armamenti aiutano a mantenere la pace,
— ma, non minacciano la vita
di tutti gli uomini?
Gli armamenti procurano posti
di lavoro,
— ma, non privano milioni di
affamati del loro pane?
Gli armamenti aiutano ad arginare la violenza,
— ma, non sono provocatori
di guerre e terrorismo?
Finora abbiamo messo la nostra
speranza nel disarmo,
— ma, non vengono sviluppati sistemi di armi sempre
più perfetti?
Diciamo oggi ancora: 2,80' marchi su 10 della tassa pagata
allo Stato valgono per noi la
sicurezza,
— ma, questo nostro contributo non aumenta esso
stesso la minaccia della
guerra?
In questa situazione la V. Assemblea Plenaria del Consiglio
Ecumenico delle chiese del 1975
a Nairobi ha invitato le 271 chiese membro al seguente impegno ;
« La chiesa dovrebbe sottolineare la sua disponibilità a vivere senza la protezione delle
armi, e prendere iniziative importanti per premere su un disarmo efficiente ».
Facendo nostra e portando
avanti questa richiesta dichiariamo :
« Io sono pronto a vivere senza la protezione di armamenti
militari. Voglio impegnarmi nella mia nazione per lo sviluppo
della pace senza armi ».
« Se voi non avete fede, certo.
non potrete sussistere» (Is. 7,9).
« Cristo, mediante la sua croce, ha fatto morire l’inimicizia.
E con la sua venuta ha annunziato la buona novella della pace» (Ef. 2, 16-17).
Spiegazione
1. L’auto-impegno corrisponde
alla dichiarazione degli obiettori di coscienza.
2. Esso esprime la decisione, in
solidarietà^ con gli obiettori,
non solo di respingere la partecipazione alla guerra, ma
anche di resistere con forza
alla sua causa e di indebolire
la sua preparazione col rifiuto della collaborazione.
3. Anche chi assume l’auto-impegno è coinvolto nell’armamento militare, sia con il pagare le tasse, sia con lo sfruttamento del suo lavoro.
Attraverso l’impegno dichiara
esplicitamente che questo avviene contro la sua volontà.
4. Solo la coscienza del singolo
determina in quale misura esso può rispondere all’auto-impegno.
La sua decisione di coscienza
non è sottoposta ad alcun controllo o « prova di coscienza »,
come per es. avviene per gli
obiettori di coscienza.
5 L’auto-impegno non comprende il settore della polizia.
6. Chi sottoscrive l’impegno è
pregato di rafforzare la serietà della sua decisione nel sostenere finanziariamente Fazione ( dono o versamento
continuo).
CAMPAGNA ABBONAMENTI L’ECO DELLE VALLI VALDESI - LA LUCE PER IL 1979
Essere informati per partecipare
Dai grafici riprodotti qui accanto si desume che gli abbonati all’Eco-Luce rappresentano
circa il 15% dei membri delle
chiese valdesi e metodiste (con
punte minime inferiori al 10%
nel 1° e 15° circuito e massime
superiori al 20% nel 5° e nel 12»
circ.) e circa il 28“/o dei nuciei familiari (con punte minime inferiori al 20% nel 1°, 11° e 15» circ.
e massime superiori al 40% nel
5° e 12° circ.).
Da queste percentuali (che
oltretutto comprendono anche
gli abbonati esterni, non distinguibili dàii membri delle chiese
valdesi è metodiste) si può vedere quanto sia largo il margine
di espansione del nostro giornale. Molto c’è da fare soprattutto alle Valli (1°, 2°, 3o circ.) e
nei circuiti che conìprendono la
dispersione delle grandi città
(Torino, Milano, Roma: 4°, 6° e
11° circ.), affinché il giornale sia
sempre più uno strumento di
collegamento, di formazione e
di informazione.
« Essere informati per partecipare» non è un facile slogan:
è una delle condizioni perché le
nostre chiese continuino ad esistere e si espandano.
Ci auguriamo perciò che la
campagna abbonamenti per il
1979 — rinnovo dei vecchi abbonamenti e sottoscrizione di nuovi — sia quindi un impegno sentito dai circuiti, dalle chiese e
dai singoli membri. Gli strumenti per una campagna abbonamenti efficiente durante gli ultimi due mesi dell’anno sono già
stati predisposti: ogni chiesa ha
ricevuto una circolare e la lista
aggiornata degli abbonati residenti nella propria zona. Non
resta che mettersi all’opera e...
buon lavoro!
I grafici qui pubblicati danno una visione immediata deil’incidenza percentuale degli abbonati all’Eco-Luce sulla popolazione valdo-metodista rilevata dai dati statistici delia Tavola
Valdese. Il grafico A evidenzia la percentuale abbonati su membri comunicanti, il grafico B quella abbonati su nuclei familiari.
La consistenza numerica delia popolazione, fatta 100, è rappresentata dall’intera circonferenza, mentre ie « fette » in cui
la circonferenza è suddivisa, definiscono, in percentuale, quella di ogni singolo circuito. La parte punteggiata al centro della circonferenza (che, come si nota, ha un andamento irregolare in quanto di ampiezza diversa per ogni settore) rappresenta, sempre in percentuale, l’incidenza degli abbonati sulla
popolazione di ogni singolo circuito.
A: abbonati-membri di chiesa
B: abbonati-nuclei familiari
ANNUALE
Semestrale
ABBONAMENTI
L. 7.000 (Estero L. 10.000)
L. 4.000 Sostenitore L. 15.000
Condizioni particolari alle Chiese:
Annuale
Semestrale
L. 6.000
L. 3.500
per almeno 4 abbonamenti
CHI SOTTOSCRIVERÀ’ UN NUOVO ABBONAMENTO PER IL 1979 RICEVERÀ’ GRATIS IL GIORNALE FINO AL 31-12-1978