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ECO
DELLE VALLI VALDESI
vite ^‘■^vro
16132■ GbSoÌÌ“
Settimanale
della Chiesa Valdese
ABBONAMENTI { L. 3.000 per l’inlerno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/70 1 TORRE PELLICE 5 Marzo 1D71
L. 4.000 per Testerò Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/'33o94
Anno 108 - Num. 10
Una copia Lire 70
Verso un nuovo paganesimo?
« Ciò che mi si agita dentro senza
posa è il problema di sapere che cosa
sia propriamente il cristianesimo e anche chi sia Cristo per noi oggi. È finito
il tempo in cui si poteva dire tutto agli
uomini tramite parole, teologiche o religiose che fossero; così pure è finito
il tempo dell'interiorità e della coscienza, cioè il tempo della religione tout
court. Noi andiamo incontro a un’epoca
totalmente irreligiosa: gli uomini, così
come sono ora, semplicemente non possono più essere religiosi... Sono 1900 anni che la nostra predicazione e la teologia cristiana costruiscono suW'apriori religioso" dell’uomo. Ma se un giorno
diventerà chiaro che questo “apriori"
[cioè: presupposto] non esiste affatto,
ma è stato una espressione umana storicamente condizionata e transitoria, se
quindi gli uomini diverranno davvero
radicalmente non-religiosi ■— e io credo
che più o meno siamo già a questo
punto... — che cosa significa questo per
il “cristianesimo”?... Le domande a cui
bisognerebbe rispondere sarebbero allora: che cosa significano una chiesa,
una comunità, una predica, una liturgia, una vita cristiana in un mondo non
religioso? Come parlare di Dio senza
religione, cioè senza i presupposti, storicamente condizionati, della metafisica, dell’interiorità ecc. ecc.? Come parlare (o forse non se ne può più “parlare" come finora) — come parlare “mondanamente” di “Dio", come essere noi
stessi dei cristiani “senza religione”.
“ mondani’’...? ».
Non è diffìcile indovinare chi è l’autore di queste righe: D. Bonhoeffer, pastore e teologo, martire della Chiesa
confessante sotto il nazismo. È lui che
prima e meglio di ogni altro ha individuato il fondo secolarizzato, laicizzato,
non più religioso dell’animo moderno;
è lui che ha intravisto e preannunciato
la prossima, ineluttabile fine dell’era religiosa deH’umanità e rinizio di un’era
nuova in cui Dio non sarà più un pre.supposto, una realtà che si possa dare
per scontata; è lui, infine, che per primo
si è avventurato in una ricerca estremamente ardua perché del tutto nuova nella pur lunga storia del pensiero
cristiano: tentare di interpretare ed
esprimere l’Evangelo non più con termini e concetti religiosi ma con termini e concetti laici, mondani.
La diagnosi e il progetto di Bonhoeffer, pur non essendo molto elaborati
(o forse proprio per questo!), hanno
esercitato una grande influenza sulla
Chiesa e sulla teologia contemporanee
e godono di una autorità quasi indiscussa. In particolare è stata accolta
dai più la tesi secondo cui il tempo
della religione è finito perché lo spirito
umano è governato dal principio scientifico che esclude il principio religioso:
un mondo e un uomo dominati dalla
scienza e dalla tecnica possono soltanto essere un mondo e un uomo non
religiosi, secolarizzati, refrattari a qualsiasi tipo di trascendenza, desacralizzati, demitizzati.
Non mancano però, nei confronti di
questa interpretazione del nostro tempo, alcune prese di posizione critiche,
che è bene non ignorare. Eccone un
paio.
Uno dei maggiori pensatori protestanti del nostro secolo, Paul Tillich,
dichiara in proposito: « La fine dell’era
religiosa — già si parla della fine dell’era cristiana o dell’era protestante —
è una concezione che non sta in piedi.
Il principio religioso non può venir meno, perché la questione del significato
ultimo della vita non si lascia ridurre
al silenzio, finché degli uomini vivono.
La religione in quanto tale non può
venir meno... ». Secondo Bonhoeffer, è
proprio la religione in quanto tale che
sta venendo meno. Per Tillich invece il
tempo della religione non solo non è
finito ma non finirà. Essendo una dimensione dello spirito umano, la religione dura fin tanto che dura l’uomo.
La coscienza religiosa può per un tempo appannarsi, ma non svanire del
tutto.
Una posizione in parte affine a quella
di Tillich si trova nell’articolo di Jacques Ellul intitolato « Le religioni secolari » apparso in questi giorni sulla
rivista teologica protestante francese
« Eoi et Vie ». Ellul sostiene che, contrariamente a quanto predetto da
Bonhoeffer e da allora ripetuto da innumerevoli persone, il mondo moderno « non è né laico, né secolarizzato, né
laicizzato: è anzitutto (lo sottolineo:
anzitutto) un mondo religioso. L'uomo
moderno non è né adulto né irreligioso,
è anzitutto un credente. Certo però crede in cose diverse dal cristianesimo e
si riferisce a un Dio che non è quello
di Gesù Cristo ». Lungi dall’essere entrati nell’era post-religiosa o non-religiosa dell’umanità, ci troviamo al contrario in presenza, proprio oggi, di una
« esuberanza religiosa », di una « enorme ondata religiosa » che può sommer
gere il cristianesimo. Non si tratta tanto delle religioni tradizionali classificate come tali, quanto di « religioni secolari », cioè di religioni senza Dio, in
cui il posto di Dio è occupato da realtà (persone o cose) terrene. Gli esempi
abbondano e vanno daH’incredibrle diffusione delle arti magiche e chiromantiche proprio nel nostro tempo alla ricerca dei "paradisi" (un termine tipicamente religioso!) artificiali della droga;
dalla divinizzazione dell’« oggetto tecnico » all’avanzata delle religioni politiche. In tutti i settori dell’attività dell’uomo si riscontrano oggi atteggiamenti e comportamenti inequivocabilmente religiosi. Non è vero, quindi, che
l'uomo moderno non è più religioso;
al contrario, è di nuovo e più che mai
religioso.
Se tale è la situazione, eccone le conseguenze sul piano delia testimonianza e della predicazione cristiana: « non
si tratta di annunciare il Messaggio a
un uomo scientifico e che non crede in
nulla, ma a un uomo religioso che crede in altro, che ha messo la sua fede,
la sua speranza, la sua verità altrove,
con un procedimento di tipo religioso...
Si tratta non di demitizzare il cristianesimo ma le nuove religioni dell’uomo
moderno, non di creare un cristianesimo non-religioso ma di combattere le
religioni secolari: è combattendo queste religioni che il cristianesimo è esso
stesso non-religioso ».
Cosa pensare di tutto ciò? E degna
di fede la visione dell’uomo moderno
come di un essere fondamentalmente
non-religioso? O invece bisogna ricono
scere in lui il seguace di una delle tante religioni secolari che nel nostro tempo si sono sostituite alla fede cristiana?
A noi pare che bisogna tener conto
delle due posizioni perché ciascuna illustra un aspetto della odierna condizione spirituale dell’uomo, assai complessa e diversificata.
C’è effettivamente molta religione in
non pochi atteggiamenti e comportamenti deH’uomo d’oggi. Lo si può riscontrare a tutti i livelli: a quelli popolari — poniamo — del divismo televisivo, canzonettistico, sportivo, cinematografico, a quelli medi — poniamo
— della religione piccolo-borghese del
proprio benessere personale e familiare, a quelli alti — poniamo — di una
passione politica che diventa assoluta
e sconfina nella mistica, quindi nella
religione.
C’è però anche, innegabilmente, una
coscienza secolaii/.zata dell’uomo moderno che rifiuta la narcosi pseudo- religiosa ed è lucidamente consapevole
del proprio destino di uomo che può
vivere come se Dio non ci fosse. Questa sensibilità secolarizzata non si trova soltanto fuori della chiesa ma anche
dentro. La diagnosi di Bonhoeffer può
esser giudicata parziale ma resta fondamentalmente vera.
In conclusione i cristiani sono oggi
chiamati a testimc niare su due fronti:
su quello del t u o paganesimo secolare
e su quello delle, coscienza laica; il primo è essenzialmcnie religione; la seconda è essenzialmente razionalità.
Paolo Ricca
a GUARDATEVI DAGL'IDOLI»
Segnaliamo la violenza
iiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiniMiMiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim'iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Ogni tanto ripasso da Ponte a Santa
Trinità. Allora guardo quel palazzaccio
che affonda nel fiume, mi soffermo su
quelle due finestre all’ultimo piano: là
era la mia classe, nel ’37. Un pomeriggio l’insegnante di italiano ci ordinò di
alzarci per ascoltare un bollettino di
vittoria fascista in Spagna. Ma qualcosa dentro di me disse di no, e protestai contro questa guerra, tutte le guerre e le violenze; forse pensavo solo con
la testa contadina di mio padre che
« tutte le guerre le paga sempre la povera gente » e che « la violenza è la
ragione dei signori sui poveri ». Comunque ne ricavai un “rapporto" e
uno scontro in famiglia, dove s’era anche convinti che i poveri fanno bene a
stare zitti, intanto ne toccano sempre.
Ma da allora, con le incertezze e la
mancanza di discussione che i tempi
fornivano, il problema non mi ha più
lasciato; anzi, si è approfondito per
esperienze e riflessioni e letture. Ogni
ricorso alla violenza fa risorgere in me
il ragazzo povero che dice di no, disposto a essere maltrattato da quelli di
fuori e da quelli di casa. (Una delle più
grandi soddisfazioni me la sono levata,
in certo senso, quando ebbi l’occasione di protestare in una piazza di Firenze contro la violenza che s’abbatteva sul Viet Nam: anche allora ne ho
cavato un certo numero di malumori
e rimbrotti da quelli di casa, i miei fratelli nella fede...).
Oggi il ricorso alla violenza è pane
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Intervista con il Moderatore Neri Giampiccoli
In quali termini è aifvertita attuaimente,
nelle nostre chiese, l’esigenza evangelistica ?
Dal 20 al 23 febbraio la Tavola Valdese ha tenuto a Torre Pellice una delle sue periodiche sessioni;
in essa sono stati rilevanti gli incontri con gli organi
responsabili di alcuni settori di attività, concentrati nelle Valli Valdesi e a Torino: il Comitato del
Collegio Valdese, la Commissione Istituti Ospitalieri Valdesi, il Comitato della Casa delle Diacones
se (Centro diaconale), il Comitato della Claudiana;
simpatici e vivi pure gli incontri con alcuni Conci:-tori, su questioni di interesse comune. Al termine
delle sedute, che hanno visto la Tavola riunita al
completo, abbiamo posto al Moderatore Neri Giamriiccoli alcune domande e gli siamo grati delle ri•sposte che ci ha date.
Su quali temi si è soffermata in modo particolare la Tavola nelle sue recenti sedute?
Purtroppo la Tavola è quasi sempre costretta a soffermarsi molto a
lungo su temi di carattere finanziario
e edilizio; ma questa volta abbiamo
potuto dedicare non poco del nostro
tempo a incontri con concistori e comitati vari, per studiare con loro problemi di immediato e vivo interesse.
Così ci siamo incontrati con la CIOV,
con il comitato per il Collegio Valdese, con la Commissione del I distretto e i concistori della valle di Angrogna e di Prarostino, con i comitati della Casa delle Diaconesse e della Claudiana, con le commissioni per le biblioteche e archivi di Torre Pellice e
degli stabili di Torino. Questi incontri
sono stati facilitati dal fatto che la
Tavola, come sempre in febbraio, si è
riunita a Torre Pellice, al completo:
si lavora molto meglio a Torre Pellice,
sia per la serena tranquillità ambientale, sia per l’ottima ospitalità della
Foresteria. Quest’anno poi la Casa Valdese è agibile anche d’inverno, perché
è stato installato l’impianto di riscaldamento.
Abbiamo potuto discutere così problemi di interesse primario nella vita
della Chiesa, con coloro che li vivono
giorno per giorno. La Tavola può allora esercitare meglio la sua funzione,
che non è quella di amministrare direttamente gli enti locali, ma di controllare per conto del Sinodo e di aiutare l’andamento delle singole opere o
Chiese. Sono stati discussi con la CIQV
i problemi ospedalieri, con particolare
riferimento a Torre Pellice; con il Comitato del Collegio il progetto di uno
statuto da proporre all'esame del Sinodo; con la Claudiana la ristrutturazione del comitato editoriale, nel quadro del piano di sviluppo approvato
dal Sinodo; con i Concistori interessati il problema della vai d’Angrogna
nella situazione determinatasi per lo
spopolamento dell’alta valle. E così
con gli altri comitati i problemi relativi allo sviluppo e alle prospettive del
loro lavoro.
La Tavola segue poi con particolare
interesse gli esperimenti che vanno
svolgendosi quest’anno in due situa
zioni tra loro molto diverse: la media
vai Germanasca e Riesi. Due esperimenti di lavoro che tendono a rendere
più duttile e caratterizzato il ministero
pastorale e al tempo stesso a rivalutare i ministeri « laici ». Abbiamo appreso con piacere che i due esperimenti
vanno avanti in modo promettente.
Si parla con crescente insistenza
deirampUamento del concetto di ministero e della riscoperta e valorizzazione di ministeri « laici » : che sta accadendo, di fatto, nelle chiese?
Avremmo voluto avere notizie più
esatte su quanto si va facendo a questo proposito. Infatti nella circolare
della Tavola del 20 gennaio si chiedevano alle Chiese notizie circa le iniziative da loro prese in ottemperanza a
quanto disposto dall’atto sinodale
n. 10; ma a un mese di distanza non
era arrivata alcuna risposta. La cosa
non ci ha stupito, perché è un’esperienza ormai scontata che i ciclostilati
fanno una triste fine!
Dai giornali e dalle circolari delle
singole chiese si viene a sapere però
che qua e là si organizzano corsi di
preparazione; ma non c’è ancora una
risposta diretta alle domande che avevamo posto. Ci sembra importante ripetere che occorre mettere in comune i materiali di studio che vengono
prodotti, specialmente quelli predisposti dai professori della Facoltà di teologia per il corso da loro organizzato
e che possono servire anche ad altri.
Una questione nuova è l’accentuarsi
delle difficoltà che le chiese autonome
incontrano nelTaffrontare il problema
della loro vacanza: che ne pensa?
È accaduto infatti, ed accade, che in
anni recenti qualche chiesa autonoma,
non tutte, abbia trovato difficoltà a
formare una rosa di candidati da proporre alla designazione delle assemblee. Possono esserci diverse ragioni
e differenti situazioni locali che determinano questi fatti. Certo non si può
accusare i pastori di carrierismo, pensando che essi ambiscano alle sedi
maggiori! Caso mai si potrebbe parlare di una fuga dalle responsabilità
più pesanti, ma sarebbe ingiusto generalizzare. Può darsi anche che siano i
concistori a trattare il problema troppo burocraticamente; spesso si contentano di mandare una specie di lettera circolare a un certo numero di
pastori con un invito molto generico
ad accettare una candidatura. Occorrerebbe invece, mi pare, che un contatto diretto e personale si stabilisse tra
concistori e pastori, se si vuole che
una chiamata sia veramente un appello a rendere un servizio e che i motivi della richiesta a questo o quel pastore siano insieme esaminati.
Il problema delle Chiese autonome
e del servizio pastorale si pone poi in
modo del tutto nuovo in certe parrocchie delle Valli. Il ben noto fenomeno
dello spostamento della popolazione
ha creato e sta vieppiù creando necessità nuove, determinate dal concentrarsi della popolazione nelle basse
valli a scapito delle parrocchie di alta
montagna. Queste ultime però, lo si è
visto bene nel caso di Angrogna, hanno più che mai bisogno di una assistenza pastorale, anche se il vecchio
quadro parrocchiale va lentamente disfacendosi. Di qui la necessità di ministeri pastorali a più voci, dotati di
maggiore mobilità, liberati da incombenze del tutto secondarie rispetto a
quelle essenziali della predicazione,
dell’insegnamento e della cura d’anime. Di qui anche la necessità delTintensificarsi della collaborazione di ministeri ausiliari (monitori, catechisti,
assistenti sociali, assistenti di chiesa,
visitatori, ecc.) e l’urgenza di rompere l’isolamento parrocchiale, la chiesetta all’ombra del campanile e coincidente con i limiti comunali, per una
integrazione del lavoro tra chiese vicine. E quel che si sta facendo in modo
assai interessante nella bassa vai Pellice e Angrogna.
Poiché la Tavola si è soffermata, in
queste sedute, sull’attività dei convitti, può dirci qual’è la situazione in
questo settore e quali sono le linee secondo le quali questi istituti orientano il loro servizio?
Ci siamo soffermati in modo parti(continua a pag. 5)
quotidiano: blocchi e barricate, distruzione di beni, spedizioni di stupidi e
feroci manganellatori, ferimenti, assassini. Che dire? quale apprezzamento
dare di questi fatti? Ritengo che il problema non inquieti solo la mia animuccia ipersensibile, ma tocchi tutti;
il ricorso alla violenza si impone come
problema di coscienza per ogni cittadino, e in particolare per coloro che
non si vergognano di credere in Cristo
e nel suo messaggio.
Due tipi di violenza
Si dice che oggi alla violenza ricorrono i fascisti e i gruppi politici di estrema sinistra detti genericamente "extraparlamentari”. Si dice anche che si
tratta di due tipi di violenza diversi,
che vanno distinti, per cui la violenza
degli uni è da condannarsi, mentre
quella degli altri va considerata.
Il discorso nasce però a monte di
queste distinzioni, nasce dal riconoscimento di una situazione di violenza implicita nella nostra società: violenza
che si esercita sugli sfruttati, sui discriminati, sull’uomo costretto a scelte
che distruggono la sua libertà, chiudono le sue possibilità. Tutto questo provoca naturalmente la ricerca di organizzazioni sociali che riducano la violenza indiretta e diretta esercitata sull’uomo: così sono nate e nascono le
« utopìe », queste intuizioni straordinariamente feconde che troviamo sempre
alla base di ogni autentico progresso.
In ogni utopia v’è un avvenire, una ragione di lottare per edificare, sperimentare un tipo di società nuovo per uomini nuovi.
Nell’ultimo decennio l’Occidente ha
sofferto il crollo del mito di un modello che pareva nato dall’utopìa: il mòdello rn.s.so. E. stato sufficiente uscire
dai roveti della polemica reazionaria
per considerare oggettivamente lo Stato sovietico, l’uso e le risultanze del
suo potere all’interno del paese e nei
confronti degli Stati che controlla, per
aprire un dibattito su scala mondiale.
La generosa, grande “utopia” del socialismo ha riacquistato vigore, ha sprigionato in molte direzioni delle forze
nuove, smascherando l’imperialismo e
e il neocolonialismo intrisi di violenza
che il mito sovietico troppo a lungo
aveva mimetizzato sotto la tesi dello
“stato guida".
E così che, analogamente a quanto
avviene in molti paesi, anche in Italia
sono nati movimenti, gruppi di pressione, che hanno cercato e cercano di
creare uno spazio politico per affermare delle visioni germinate sempre
dalla matrice socialista.
Il comunismo stesso è stato costretto ad aprire un dibattito interno, nonostante le messe in guardia contro il revisionismo, il frazionismo, ecc.; le vie
nazionali al socialismo sono da un lato
una risposta coerente alla richiesta della base popolare, dall’altro un tentativo per imbrigliare le forze protestatarie e centrifughe.
E in questo tessuto fitto e non coordinato che si disegna anche la situazione
italiana. Indubbiamente gruppi e movimenti non hanno saputo resistere alla
tentazione del ricorso alla violenza
fisica, magari in protesta contro una situazione di violenza che giudicavano
intollerabile. Non è difficile addirittura reperire scritti, dichiarazioni dalle
quali si ricava una sorta di teorizzazione della necessità di sfociare nella violenza. Però non possiamo tacere il fatto che questo moto, essenzialmente di
giovani, si è trovato davanti il muro
dell’immobilismo sostanziale dello Stato, rafforzato dalla volonterosa collaborazione di una polizia portata alla repressione in una precisata direzione; si
è trovato contro gli apparati dei partiti, certo non disposti a lasciarsi scalzare dai posti che controllano. Ma la cosa
peggiore è che questi gruppi hanno
provocato ovunque una reazione negativa nell’opinione pubblica, che non
considera le motivazioni, ma i fatti:
distruzione inconsiderata di beni, vagabondaggio di torme di ragazzi che giocano a fare la rivoluzione (ma vogliono
il diploma, la laurea e il posto di lavoro), umiliazione della vita civile a perpetua rissa di fazioni violente.
Tutto questo ha enormemente favorito una ripresa del fascismo, di un fascismo stupidamente mitizzato anche
da chi Tha conosciuto: nostalgia di un
"ordine” pacifico (!), sogno di un “governo forte” che "metta a posto” gli
scalmanati, richiamo a quei “valori"
che le nuove generazioni tengono in
gran dispregio. Di uno stato d’animo
diffuso, acutizzato dalle bravate dei
Luigi Santini
(continua a pag. 6)
2
pag. i
N. 10 — 5 ni''rzo 1971
L’ATTUALITÀ’ TEOLOGICA
Hans Küng con*-?srato dai vescovi
y conveqno teologico al Centro P. Andreetti di S. Fedele Intelvi
Chi mene in dubbio i'infaiiibiiità è ancora cattoiico?
I vescovi cattolici tedeschi e italiani, tramite le rispettive conferenze
episcopali o loro organi, si sono pronunciati quasi simultaneamente e in
termini molto simili sulle tesi del noto teologo cattolico Hans Kiing (« l'inquieto, tenace e provocante teologo di
Tubinga » lo ha chiamato « L’Espresso») a proposito deirinfallibihtà pontificia. Nel suo libro Infallibile? - Una
domanda (che in realtà non è solo una
domanda ma anche una risposta, ben
precisa e ben fondata, per cui malgrado il sabotaggio delle librerie cattoliche e i ripetuti tentativi della gerarchia di impedirne la diffusione il libro
è già giunto in Italia alla terza edizione). Kiing sottopone a una critica radicale il concetto stesso di infallibilità,
dimostrandone l’inconsistenza biblica
ed evangelica: solo Dio è infallibile!
Bisogna quindi prevedere l’eventualità
che il dogma del Vaticano I sull’infallibilità pontificia debba essere « corretto alla luce delVevangelo ». Si noti:
non alla luce del Vaticano II, ma dell’Evangelo! Qui si tocca con mano la
novità della posizione di Kiing anche
rispetto a quelle del cattolicesimo progressista. Qui si comprende che quel
che è in gioco nel suo libro suH’infallibilità non è solo il dogma del 1870 ma
molto più di questo: è in gioco l’intera dottrina della Chiesa e, più ancora,
l’impostazione stessa del discorso teologico. Kùng riconosce alla Scrittura
il valore di criterio determinante, se
non esclusivo, della predicazione e della teologia cristiana. « La Scrittura è
e resta la cristallizzazione, riconosciuta dalla Chiesa, della testimonianza originaria. Essa ha come tale una permanente autorità e un permanente significato normativo, che nessuna testimonianza posteriore può sostituire; essa
resta il criterio, su cui tutta la predicazione e la teologia posteriore della
Chiesa va misurata ». Quando la Parola di Dio attestata nella Scrittura diventa realmente normativa e viene udita e ubbidita come l’autorità superiore e quindi decisiva, allora tutto viene
rimesso in questione nella Chiesa e
nella teologia, anche i dogmi indiscussi e ritenuti indiscutibili, e diventa irresistibile l’esigenza della riforma. Allora le cose cambiano. A proposito del
papato, Kùng dichiara apertamente di
far parte del gruppo di co'oro che
« richiedono una radicale riforma del
papato secondo Vevangelo di Gesù
Cristo ».
Posizioni di questo tenore non potevano certo passare inosservate e tanto
meno restare incensurate da parte della gerarchia cattolica.
I vescovi tedeschi, in una dichiarazione diffusa da « L’Qsservatore Romano » del 13 febbraio scorso, manifestano anzitutto l’impressione che nel
libro di Hans Kùng « elementi fondamentali della concezione cattolica della fede e della Chiesa... non siano stati
mantenuti ». I vescovi indicano poi 5
principi « negati i quali la teologia non
può più essere chiamata cattolica ».
Fra questi « principi irrinunciabili » vi
è la dottrina deH’infallibilità della
Chiesa e il dogma dell’infallibilità del
pontefice romano — proprio quella che
Kùng avversa e contesta. In pratica la
conferenza episcopale tedesca pone.
con molto tatto ma con chiara determinazione, un punto interrogativo non
suH’infallibilità pontificia ma sul cattolicesimo di Kùng. Questi si è chiesto se il papa è davvero infallibile. I
vescovi si chiedono se Kùng è davvero
cattolico.
L’episcopato italiano è stato ancora
più esplicito. Una nota preparata dalla Commissione per la Dottrina della
Fede e la Catechesi, e diffusa dalla Segreteria della Conferenza Episcopale
italiana, afferma che il libro di Kùng
« contiene, nelle sue linee fondamentali, opinioni e tesi palesemente difformi
dalla dottrina cattolica, talora anche
su punti di fede definita ». Fra le tesi
che la Commissione giudica « erronee »
e per le quali essa esprime la sua
« pubblica deplorazione » viere espressamente menzionata quella che nega
al corpo episcopale, ai concili e al pontefice « l'infallibilità nel senso proprio
del terrnine » e la riduce e « mera indefettibilità ». La conclusione della Nota
è categorica: « Questa Commissione
ritiene che non si possa consapevolmente aderire a siffatte opinioni e tesi,
sostenerle e diffonderle, senza separarsi dalla piena comunione della
Chiesa ». Con il suo libro, Hans Kùng
si sarebbe separato dalla piena comunione della Chiesa cattolica.
L’opinione dei vescovi tedeschi e italiani che concordemente tendono a
screditare Kùng come teologo cattolico va registrata ma resta al di qua del
vero problema. Può anche darsi che
certe posizioni di Kùng non siano conformi all’ortodossia cattolica attuale e
quindi non possano oggi essere considerate cattoliche. Ma il problema vero
non è sapere se si tratta o no di posizioni cattoliche ma se si tratta o no di
posizioni cristiane. I vescovi contestano Kùng in nome dell’ortodossia cattolica. Ma questo interessa fino a un
certo punto. Avrebbe interessato di più
una contestazione di Kùng fatta in nome dell’Evangelo. Importa poco, in
fondo, che Kùng sia o non sia un teologo cattolico; importa molto, invece,
sapere se è un teologo fedele o infedele alla Parola di Dio. Kùng ha posto
una domanda in base all’Evangelo. I
vescovi rispondono in base al loro cattolicesimo. Invece dovevano rispondere in base all’Evangelo. Il fatto è che
in base all’Evangelo, forse, non potevano rispondere.
Paolo Ricca
la
Come in Cristo, cosi nella Scrittura
Parola è stala fatta carne: umile, debole,
contradittorla, storica
Vivaci discussioni su una serie di lezioni tenute dal prof.
Vittorio Subilia su: « “Sola Scriptura" e canone biblico »
Il 5“ « Convegno teologico » ha trovato riunite dal 21 al 23 febbraio una quarantina di persone al centro evangelico
di S. Fedele per ascoltare cinque lezioni del prof. Vittorio Subilia sull’argomento «‘‘Sola Scriptura" e canone»
e per riscuotere assieme l’argomento
di primaria importanza per la vita della Chiesa.
Pastori e membri di chiesa impegnati, di varie Chiese e confessioni del
nord Italia e della Svizzera hanno meditato e dibattuto l’argomento che era
stato scelto nel convegno dell’anno
scorso su Dio e la storia.
Nella prima lezione veniva messo a
fuoco come il « Sola Scriptura » della
Riforma non era l’assenso ad un libro
infallibile, ma significava l’ubbidienza
al solo Signore della fede, al solo Cristo. Cristo — come, in un certo senso.
........................................................................
Diretta dal^ prpf Enea Balmas dell’Università di Padova
La Claudiana inizia la Collana “Storici Valdesi,,
Attuando una delle « linee di azione » indicate dal Si
nodo, l’editrice Claudiana sta compiendo un grosso sfor
zo, in questi mesi, in particolare in campo storico. È sti .
ta appena lanciata la collana sulla storia del movimento
evangelico in Italia, e già se ne annuncia un’altra dedl
cata agli « Storici Valdesi ». Questa iniziativa, e le altre
in programma — in particolare la nuova « Storia del Valdis.mo », in tre parti curate rispettivamente da Amedeo
Mclnar-Giovanni Gönnet, Augusto Armand Hugon e Vaico Vinay — si inseriscono nel quadro delle celebrazioni
previste per l’ottavo centenario del sorgere del movimento valdese (1974).
Un vasto movimento storiografico
accompagna, in tutti i suoi momenti
e in tutte le sue manifestazioni, il sorgere e Io svilupnarsi del Valdismo.
Questo insieme di testimonianze, che
abbraccia un periodo di circa otto secoli, costituisce un patrimonio di una
ricchezza inestimabile che la Claudiana, con iniziativa coraggiosa e di vasto respiro, si accinge a far meglio
conoscere al pubblico italiano e straniero.
Non essendo mai stato riunito in un
corpus, né sistemati-'amente fatto conoscere, questo patrimonio di testimonianze si presenta oggi, in pratica, co
me una vastissima congerie di materiale sostanzialmente inedito, ed in
ogni caso affatto sconosciuto ed inac''essibile per il lettore non specialista.
La circostanza vale non soltanto per i
testi del periodo medievale, tutti scritti in latino e sovente rimasti manoscritti, ma anche per quelli del periodo moderno, scritti in volgare (italiano, francese, inglese). Anche quando
siano state edite, queste opere non
hanno mai più rivisto la luce, in genere, dalla data ormai lontana della loro
prima ed unica pubblicazione (spesso
risalente al XVI o al XVII secolo), e
sono oggi di diffìcile accesso anche per
gli studiosi, in quanto conservati in un
n cui vive il Valinsorgere e nelle
litiche. Si tratta
il Valdismo al
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Nel prossimo colloquio pastorelle delle Valli Valdesi
Il problema del battesimo secoodo Karl Barth
Il prossimo colloquio pastorale delle
Valli Valdesi, convocato per lunedi 8
marzo, si terrà nella Foresteria di Torre Penice (e non a Pinerolo), secondo
il programma concordato in precedenza. Poiché sarà discussa, fra l'altro, la
questione del battesimo, sono state preparate e diffuse, quale base di lavoro,
queste tesi tratte dal "frammento" sul
battesimo, dal voi. IV della Dogmatica
di K. Barth.
1. « La potenza della conversione divina, che suscita l’evento Che sta alla
base della vita cristiana di determinati uomini, è la potenza del battesimo di Spirito Santo di cui essi sono
l’oggetto» (p. 32).
« Il battesimo cristiano è la forma
prima, per ciò che concerne il fondamento della vita cristiana, della decisione umana corrispondente alla conversione divina» (p. 46).
2. Quale è la ragion d’essere del battesimo? È il battesimo di Gesù che è
raccontato negli evangeli. Chi credeva
in Cristo non poteva non inserirsi come primo passo della vita cristiana,
nella stessa via di Cristo, via di sottomissione a Dio e di servizio agli uomini.
3. Quale è lo scopo del battesimo?
La comunità che battezza e i candidati che sono battezzati mirano a
qualcosa che è al di là dell’atto stesso
del battesimo e cioè a Cristo. Il battesimo non è nel nome di Cristo (in nomine) nel senso che attesta l’autorità
in base alla quale si battezza (sarebbe stato necessario?), ma è in vista di
Cristo (in nomen); « eis » indica una
marcia in avanti, una decisione etica
a partire da un punto di partenza e
non una acquisizione sacramentale.
« Il battesimo è il primo passo sulla
via di una vita umana marcata e determinata dallo sguardo verso Cristo » (p. 156).
4. Quale è il senso del battesimo? In
quanto azione umana che risponde all’azione di Dio (battesimo di Spirito
Santo), il battesimo d’acqua non è
portatore, strumento o mezzo di grazia. Dal Nuovo Testamento non risulta essere in sé stesso « mistero » o
« sacramento ». « Il suo senso deve
perciò essere cercato nel suo carattere di azione umana in risposta al fare
e al dire di Dio» (p. 134). II senso di
questa azione sta nel ravvedimento
che essa esprime.
5. Critica della dottrina pedobattista dei Riformatori. Si tratta di una
dottrina che:
a) risulta aggiunta rispetto alla
dottrina generale sul battesimo;
b) è affermata con l’irritazione di
chi non è ben sicuro di sé su questo
punto ;
c) rivela incoerenza tra le premesse generali e la trattazione del problema .specifico;
d) non dà una dimostrazione.
Ogni dimostrazione non dimostra che
il battesimo dei fanciulli sia ordinato
e permesso alla comunità, ma dimostra qualche altra cosa <( a latere » (Il
pedobattismo è una dimostrazione
della sovrana grazia di Dio che non
dipende da noi. Barth dice ; se il pedobattissmo fosse ordinato e permesso
alla comunità — da dimostrare — sarebbe una dimostrazione ecc.).
Per ciò che riguarda le argomentazioni esegetiche di Barth si era deciso che tutti leggessero la sezione esegetica relativa al carattere non sacramentale del battesimo (pp. 117-132).
ridottissimo numero di esemplari,
spesso solo presso biblioteche straniere. Comune a tut ce queste testimonianze, comunque, è la caratteristica di
non essere mai siate pubblicate con il
corredo indispensabile a farle veramente conoscere e comprendere, di
adeguate informazioni quanto alla loro genesi, l’autore, il carattere e il valore del contenuto, e via dicendo.
Se l’individuazione di questa carenza oggettiva fornisce dunque una prima fondamentale j/ustificazione all’iniziativa che ora prende l’avvio, non andrà al tempo stesso taciuta un’altra
considerazione. Il ''proporre un di•scorso « globale » pc quanto concerne il movimento vai. . se ha un significato ed un A'alore ¡turale sui quali
non è possibile eq nvocare. Si tratta
infatti, superando t uizzazioni tradizionali, invecchiate e p o meno inficiate
di provhicialismo (i storia delle vicende di un mimi olo gruppo umano, confinato in loi... ità eccentrica in
poche Valli delle A ' Cozie), di ritrovare il vasto anelit di internaz'oualità di cui si nutre e<:
dismo nel suo prirr-:
sue istanze più au
altresì di ricolloca
posto che iegittimaiìicnte gli compete
nel più vasto discor- 'i culturale di cui
esso è parte integr.uite e non marginale. Discorso europeo, e non valligiano; discorso pienaiirmte calato nella
niù autentica e pri siigiosa problematica della storia del!;. Chiesa, in quanto riconnettendosi, per mille rami, al
travaglio secolare della Chiesa d’Qccidente espresso in maniera privilegiata, per l’appunto, dalia dialettica ereticale, e non solo « riformato » o « separato »; discorso, insomma, di speranza e di carità, e non so'o di persecuzioni e di roghi. Al tempo stesso storia vera, e non più e non soltanto storia locale.
Mentre la Serie Medievale attualmente è ancora allo studio (ma sia
consentito ricordare alcune realizzazioni della Claudiana in questa prospettiva, già portate a termine negli ultimi
anni” quali VEnchiridion fontium valdensium [1958] e Le confessioni di fede valdesi prima della Riforma [1967],
entrambi a cura di G. Gönnet), la collana prende le mosse dal XVI secolo,
iniziando con la pubblicazione di quattro testi di fonte valdese (o riformata): il primo, in corso avanzato di pubblicazione, è VHistoria breve e vera de
gl'affari de Valdesi delle Valli (1587), di
Gerolamo Miolo; il secondo, inedito,
Histoire memorable de la guerre fatte
nar te due de Savoye Ent'inuel Philebcrt contre ses subjectz des Vallées...
(1561), anonimo, sarà realizzato entro
il 1971; i due volumi seguenti, già in
avanzato stato di approntamento, vedranno la luce quanto prima.
Una seconda sezione della collana
comprenderà i testi fondamentali del
XVH secolo (il Perrin, il Gilles, il Morland, il Léger ecc.) oltre ad alcuni inediti assoluti.
Nel programma della collana rientra
pure la pubblicazione di testi di fonte
non liformata ma di preminente valore per la storia valdese (Rorengo).
In un prosieguo di tempo, è prevista
la ristampa di alcuni « classici » della
storiografia valdese dell’Qttocento o
più vicini a noi (Muston, dalla ecc.).
Le opere in lingua straniera saranno
pubblicate nella versione originale con
traduzione in italiano.
Caratteristiche formali
I ovlumi, riccamente illustrati (con
carte geografiche, schizzi, riproduzioni di stampe dell’epoca, luoghi storici)
e numerati, sono presentati in due edizioni: normale (copertina cartonata e
sovracoperta plasticata a colori) e lusso (rilegata in similpelle con sovracoperta plasticata a colori).
Piano iniziale di pubblicazione;
Prima sezione (XVI secolo)
1. (A.nomimo) Histoire memorable de
la guerre faite par le due de Savoye
Emauel Philebert contre ses subjectz des Vallées [...], s. 1., 1561 (pubblicazione prevista entro il 1971).
2. (Ano.mmo) Histoire des persecutions
et guerres faites depuis Van 1555
jusques en l'an 1561 contre le peuple appelé Validais, qui est aux Vallées d'Angrogne, Luserne, Sainct
Martin, la Pérouse et autres du pays
du Piémont, s. 1. (Ginevra), 156L
3. G. Miolo, H istoria breve e vera de
gl'affari de Valdesi delle Valli (1587),
a cura di Enea Balmas (in corso di
pubblicazione).
4. S. Lf.ntolo, Historia delle grandi e
crudeli perseciiiioni [...] (1595).
Seccnda sezione (XVII secolo)
1. J. P. Pr.RRiN, Histoire des Vaudois et
des Albigeois, Ginevra, 1618.
2. P. Gilles, Histoire eccésiastique des
églises autrefois appelées vaudoises
[...], Ginevra, 1644.
3. S. Morland, The History of the evangelical churches of the Valleys of
Piedmont, Londra, 1658.
4. J. Léger, Histoire générale des églises évangéliques des Vallées du Piémont, Leida, 1669.
5. (Anonimo) Bref discours des persecutions du Marquisat de Saluces, Ginevra, 1620.
6. P. Allix, Some remarks upon [...]
the Antient Churches of Piedmont,
Londra, 1690.
EDITRICE CLAUDIANA
Via Principe Tommaso, 1
10125 Torino - c.c.p. 2/21641
e nelle migliori librerie.
Novi tà
VITTORIO SUBILIA
L’Evangelo
della contestazione
pp. 94, L. 600
Ediz. Paideia - Brescia 1971
Dal sommario: Conformismo e
anticonformismo; Il fondamento nuovo; 11 secondo Adamo;
Il paradosso della risurrezione;
La presenza del mondo vecchio; Ne utopia né conservazione; L’economia della fede nella storia.
la Scrittura — si è rivelato occultandosi, mantenendo il carattere equivoco
del servo (Isaia 53), il carattere non
glorioso, non evidente. La ispirazione
della Bibbia non ha perciò un carattere
evidente, ovvio, ma è nascosta nella storicità e umanità del testo.
Questo appariva in modo chiaro, dall’esposizione della seconda e terza lezione, che vertevano sulla « critica biblica », la quale ha in qualche modo
sconsacrato e riportato alle sue dimensioni umane il Libro, divinizzato dalla
teologia dell’ispirazione verbale e letterale. La critica biblica ha così liberato la teologia e la Scrittura da un docetismo astorico e mitico e, fondata
sulla teologia della croce, ha re.so ragione alla Parola fatta carne umile e
debole, contradittoria. Certo, Subilia
non si nasconde i rischi della critica
biblica e ne individua due pericoli;
quello laicista-liberale (in senso teologico), che rischia sempre di nuovo di
far dire al testo ciò che già si sa, senza
una effettiva sottomissione ad esso; ed
il pericolo cattolico, che fa della chiesa
la norma, per cui invece di « sola scriptura » si potrebbe dire: « sola ecclesia ».
Dalle ultime due lezioni sono apparse chiare le conseguenze degli studi più
recenti del Käsemann e di H. Kiing, i
quali vedono nei libri del canone del
Nuovo Testamento già le origini, i germi del Cattolicesimo. Perciò, secondo i
due suddetti teologi, rispettivamente
protestante e cattolico, oggi non si può
più contrapporre la Scrittura al cattolicesimo in quanto che la stessa Scrittura rappreseci erebbe ed assommerebbe in sé tutta quella varietà di confessioni che oggi noi troviamo nelle diverse chiese. Per esempio, come conciliare le posizioni di un Paolo di Tarso
con quelle di un Giacomo? Così leggiamo che Kùng, con una presentazione estremamente brillante, sostiene
che, oggi, appellarsi al « sola scriptura » significa per il protestantesimo tornare al cattolicesimo, l’unico vero e
qualificato sostenitore del principio
« sola scriptura », perché è in grado di
accogliere nel suo capace grembo tutte le più opposte posizioni e tendenze.
La tesi del Kùng, esposta nel suo libro
Strutture della Chiesa, è scomoda ed
obbliga le chiese della Riforma a ripensare tutta il problema del canone.
Il problema tuttavia, come ha notato il
Subilia, non deve essere affrontato legalisticamente, come sembra fare il
Kùng. Il canone non è un principio oggettivo che in qualche rnodo blocca ed
incamera la Parola di Dio: questa non
è mai possesso a disposizione dell’uomo. Occorre invece avere una guida che
conduca attraverso il Nuovo Testamento e che distingua i margini dalla
linea centrale. Occorre scoprire il canone nel canone, che è Cristo, l’unico
centro della Scrittura. La Scrittura non
va interpretata legalisticamente, ma
alla luce dell’Evangelo, del messaggio
(kèrygma). È Cristo, l’Autore della
Scrittura, che deve regnare. Come afferma il Kùmmel, tutto il nuovo Testamento contiene, pur nella diversità,
un’ unità convergente nell annuncio
evangelico di Cristo. Egli è il canone vivente cui ogni altra regola è sottoposta.
Qgni lezione è stata discussa e commentata dai presenti almeno per un’altra ora, talvolta con momenti più accesi talvolta con momenti più contenuti 11 pastore Franco Ronchi aveva
provveduto a leggere, riassumere per
iscritto e diffondere l’ultimo libro sul
canone, del Käsemann.
Alla fine del convegno si è cercato
assieme l’argomento per il convegno
dell’anno prossimo e, come logica conseguenza di quello di quest’anno, .si è
indicato: il messaggio della resurrezione di Cristo per l'uomo d'oggi.
Il « gruppo di servizio », composto
dalle signore T. Bongardo, S. Briante e
M. Soggin, ha preparato cibi succulenti
e abbondanti per l’assemblea stimolata
nel suo appetito dalla frizzante aria
di montagna e dalle splendide giornate.
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Una scella felice e inlelligenle delle ])aj{inc
TTii^liori c più annali di Lrncsio Buonaiuli. da
lui pulildieale su (( Hicerche Uelijiiose » (poi
Ci Religio»), « Il Risveglio», ecc. c in cui si
ritrovano tulli i temi fondamentali della sua
fede. Gli .scritti ahbracciano un ampio periodo,
dal 1929 al 1943. Ecco alcuni temi; (( C.ristiane.simo e comuniSmo ». « Valdo e i valdesi »,
(( Calvino ». (( Le ha.si deirecumenismo », « Lo
stupore nel di del giudizio ». ecc. Sono pagine
brevi in cui si ritrova la straordinaria acutezza di Buonaiuti. per nulla olTuscata dal passare degli anni.
3
pag. 4
N. 10 — 5 marzo 1971
Notiziario Evangelico Italiano
Gli Avventisti del
imo Giorno
II
«Vivono in una stessa speranza, lavorano in vista di uno
stesso scopo: affrettare la venuta del giorno di Dio»
La nostra collaboralrlce continua, alternandole con un a notiziario » piu vario sulla vita delle Chiese evangeliche in Italia, la serie
delle sue interviste centrate su di una Chiesa
particolare; dopo VUnione Battista e VEsercito
della Salvezza, è ora la volta degli Avventisti.
Siamo molto grati per questo servizio curato
con intelligente ¡raternità, rispettando ed evL
deliziando Valtro nelle caratteristiche della sua
risposta alla vocazione evangelica, senza per
altro stingere in un generico « evangelismo »
inionne e appiattito. red.
Un culto
La cappella, presso il Tevere, è una
grande sala bianca, semplice, senza attribuii di sacralità: le due file di banchi avanzano fin sotto un palco rientrante su cui c’è un piccolo pulpito rallegrato da due piante verdi. Su un tendone rosso che fa da sfondo grandeggia, in bianco, il molto che la Chiesa
ha scelto per questo nuovo anno: « Più
battesimi nel ¡971 ».
La sala è piena: circa novanta delle
centocinquanta che compongono la comunità.
Il pastore sale sul palco accompagnalo da due laici e cominciamo il culto
con un inno conosciuto: « O mio Gesù
m’hai detto... ».
Poi il pastore fa gli annunci e chiede
trenta volontari per distribuire (ma
non alla gente della Chiesa) gli inviti
ncr una conferenza.
Dopo un intermezzo musicale cantiamo tin altro inno: « Celebriamo il Sig.iore... ». Mi offrono gentilmente un
innario, ma io posso cantare a memoria perché questi camici sono anche i
nostri.
Segue la lettura, fatta dall’anziano,
di un Salmo che invita al pentimento e
la frase a noi nota: « Benedica il Signore la lettura della Sua parola: preghiamo ».
La preghiera è fatta dal pastore che,
con i due laici, sta in ginocchio. È una
preghiera lunga, detta rapidamente e in
tono confidenziale diverso dal tono solenne, sacerdotale, che sentiamo nelle
nostre chiese; sembra che l'uomo affronti Dio faccia a faccia con l’urgenza
delle sue richieste.
Dopo la colletta si canta un inno:
« Sien santi Signore... ». Segue la lettura biblica e quindi il sermone che ci
richiama sulla settimana di risveglio
che comincia.
L’appello è rivolto ai laici a cui il
Signore chiede di agire, di raccogliere
anime per il Regno dei Cieli. Per questo bisogna cominciare col purificare sé
stessi, col dissodare il proprio cuore,
come sembra dire Osea nel capitolo 10.
Terminiamo il culto con un inno;
questo non è dei nostri; è un bell’inno
vivace, in cui echeggia un dialogo tra
Dio che chiama per la sua opera e ritorno che risponde di essere pronto.
Terminiamo con la preghiera.
È sabato mattina e siamo nella chiesa Cristiana Avveri!ista di Lungotevere
Michelangelo 7, a Roma.
L’atmosfera è lieta, fraterna. Tutti
hanno lasciato il lavoro per prendere
parte al cullo, per santificare il settimo
giorno, come è ordinato nel quarto comandamento.
Un po’ di storia
Come sono sorti, che cosa credono,
che cosa fanno gli Avventisti del 7°
giorno?
Gli Avventisti fanno risalire la loro
storia alla Pentecoste, quando la chiesa primitiva attendeva da un giorno all’altro il ritorno di Cristo, celebrava il
sabato, battezzava gli adulti per immersione.
La speranza del ritorno de! Signore
accompagnò sempre i cristiani attraverso i secoli, quando più, quando meno. Ma nella prima metà del secolo
questa speranza divenne particolarmente di attualità nel mondo evangelico
per opera di alcuni teologi. Negli Stati
Uniti W. Miller organizzò un movimento, propagatosi poi in seno alle varie
chiese evangeliche, che proclamava imminente il secondo avvento di Gesù.
Miller ne precisò anche la data: il 1844.
Passato queU’ànno senza che nulla
accadesse, un gruppo di evangelici, tra
la delusione generale, rifiutò di rinunziare all’attesa e, guidato da Joseph Bates c dai coniugi James ed Ellen White,
continuò a credere e predicare, con la
parola e con gli scritti, che la Chiesa
doveva «vivere nell’attesa del Signore
che stava per tornare ». La Chiesa doveva prepararsi pura ad accogliere il
secondo avvento. La Riforma aveva
compiuto, SI, grandi cose ma la sua
opera era rimasta incompleta perché i
riformatori non avevano abbastanza seguito la Bibbia. Occorreva quindi tornare alle Scritture come a una regola
di fede c di condotta.
Si chiamarono Avventisti, perché attendevano vivamente l’avvento di Cristo. E poiché, secondo l’ordine della
Legge adottarono il sabato come giorno del riposo, si chiamarono « Avventisti del settimo giorno ».
Il settimo giorno
Per gli Avventisti le ore fra il venerdì sera e la sera del sabato sono, come
per gli Ebrei, un giorno da consacrare
a Dio. E consacrano le ore della mattinata alla scuola del sabato^ e al culto,
il pomeriggio all’opera missionaria o
al riposo, e sono fedeli a questo senso
di consacrazione del giorno assai più
che gli altri cristiani.
Ligi al quarto comandamento e consci che l’istituzione della domenica non
fu introdotta dalla chiesa primitiva ma
dall’imperatore Costantino nel 312, non
vogliono saperne della domenica, che
per loro è il primo giorno della settimana e ricorda sì la resurrezione di
Gesù, ma non è il giorno del riposo
« sacro alTEterno ».
Così la Scuola del sabato vede riuniti
i membri di chiesa, (distinti in tre gruppi: bambini, adolescenti, adulti) per
studiare la Bibbia.
Per osservare il riposo i ragazzi sono
esentati dalle lezioni scolastiche, gli impiegati, gli operai chiedono il giorno libero sottraendolo alle ferie estive.
Questa del sabato, che a noi non
sembra una differenza tanto grande
con le altre confessioni, è invece per
gli Avventisti di somma importanza.
Infatti noi tutti, secondo loro, viviamo
in flagrante violazione del quarto comandamento.
Che cosa credono
Gli Avventisti sostengono la libertà
di coscienza e non hanno un credo formale. La base della loro fede è la Bibbia, parola ispirata da Dio. Dio è il
creatore dell’universo; Cristo suo figlio
si incarnò, fu crocifisso e intercede per
noi. Il peccatore è giustificato per la
grazia divina, mediante la fede in Gesù. Credono nello Spirito Santo, praticano il battesimo come testimonianza
di fede, la santa cena come memoriale
della morte di Cristo. L’immortalità appartiene solo a Dio e sarà data all’uomo in dono dopo la seconda venuta del
Signore. Il corpo umano è il tempio dello Spirito Santo: questo non resta per
loro un concetto astratto, ma lo concretizzano cercando di evitare qualunque abitudine che possa nuocere al corpo, che è consacrato a Dio. Il corpo deve essere sano, puro, per albergare uno
spirito sano. Per esempio non bevono,
non fumano, sforzandosi di evitare qualunque cosa insana.
Quanti sono
Il movimento Avventista comprendeva nel 1863, in U.S.A. tremila cinquecento persone. Ora sono settecentomila
e il loro movimento è mondiale. L’opera Avventista è svolta in 196 paesi, con
sessantaduemila tra predicatori, medici e insegnanti. Hanno 44 case editrici,
130 scuole bibliche per corrispondenza,
303 ospedali, più di 5000 scuole, trasmettono programmi religiosi per radio e
televisione. La loro opera missionaria
raggiunge tutte le parti del mondo,
dalle Americhe all’Africa, daH’Asia ail’Australia, e naturalmente tutti i paesi
europei.
In Italia le Chiese Avventiste sono
numerose, circa sessantacinque, e si
trovano in tutte le città principali, in
varie piccole e numerose in Sicilia.
L’insieme delle chiese di un paese come l’Italia, forma un’« Unione ».
L’organo ufficiale dell’Unione Italiana
della Chiesa Avventista è il « Messaggero Avventista ». C’è poi la rivista mensile « Segni dei tempi ».
Il loro innario, intitolato « Cantate all’Eterno » è una raccolta di 404 inni,
in parte comuni a noi Evangelici, quelli che sono loro particolari sono imii
di appello, di risveglio.
Per le Bibbie si servono dalla Soc.
Biblica Britannica. A Firenze hanno
una casa editrice: « L’Araldo ».
Nella stessa città c’è il collegio « Villa Aurora », dove i giovani che vogliono
diventare pastori fanno i primi tre anni di corso biblico. Il resto degli studi
lo fanno all’estero.
Vita di una comunità
Nella chiesa, accanto al Pastore, che
non è eletto dalla comunità, c’è il Co*
mitato di chiesa, di cui la persona più
importante è l’anziano, eletto ogni anno. Inoltre ci sono i « segretari di dipartimento » e i diaconi.
I bambini vengono presentati; in età
scolastica frequentano la scuola del sabato le cui lezioni sono preparate da
specialisti e appaiono ogni trimestre
sotto forma di un libretto che segue un
piano di studio adatto a ogni età.
Anche gli adulti seguono la scuola
del sabato, guidati dal pastore o dall’anziano, ed hanno un libretto da seguire.
I ragazzi, tra i 14 c i 18 anni, che si
sono maturati alla scuola del sabato,
chiedono il battesimo e devono sostenere un esame davanti al Comitato di
chiesa e un secondo davanti a tutta la
comunità: è un esame di fede.
II battesimo si fa per immersione. I
giovani diventano così « missionari volontari ».
« Andate in tutto il mondo e predicate la buona novella ad ogni creatura ».
Gli Avventisti prendono sul serio questo ordine e sono all’opera in tutto il
mondo. Anche nelle nostre città si svolge il loro lavoro: i missionari volonta
ri, i pastori, scelgono una zona della
città e vanno, a coppie, di casa in casa.
« Bussiamo, e non sempre va bene:
delle volte ci chiudono la porta in faccia, delle volte però ci fanno entrare e
avviene che si parla, si discute e qualcuno si interessa, vuole la Bibbia.
Il colportaggio è molto praticato:
« L’abbiamo imparato dai Valdesi —
dicono — che lo facevano tanti secoli
fa... ».
Presso ogni chiesa locale esiste una
società, la Dorcas, i cui membri si occupano di visitare malati, carcerati,
soccorrere i poveri, portare aiuto dove
avvengono dei disastri o cooperare nelle campagne contro piaghe sociali.
Per quanto riguarda gli avvenimenti
politici, gli Avventisti non si turbano
facilmente: li guardano come « segni
dei tempi », come avvertimenti che la
venuta di Cristo è vicina. Sono rispettosi della legge e dell’ordine pubblico,
di norma sostengono il governo perché
l’osservanza dei comandamenti di Dio
induce anche all’osservanza dei decreti
umani, se sono giusti.
Sul piano ecumenico, in Italia, quelli
con cui gli Avventisti hanno più rapporti sono 1 Battali, i Metodisti, i Valdesi.
Hanno simpatia per noi Valdesi.
« Noi — dicono — vorremmo tanto
che la Chiesa Valdese fosse quella di
tanti secoli fa... E non so se alludono
al sabato, che : primi Valdesi pare osservassero, o a (.¡iialche cosa che allora
facevano e ade,s-:o no...
« Ogni sabato —• dice il pastore ■— casa per casa sono state visitate centinaia
di famiglie, nella zona di San Giovanni. Ma cosa .no in confronto con la
città? Resta un ; ran paese da conquistare... ».
■r * *
«Vivono in una stessa speranza, lavorano in vis!;.i di uno stesso scopo:
affrettare la v .,)ota del giorno di Dio »
(da Vos antis : ■ Adventistes di A.Matton).
Inda Ade
Ringrazio co:damente il Pastore Puglisi, da pochi mesi successo al Past.
Visigalli nella guida della Chiesa Avventista di Roma-Tevere. Con le sue parole e con gli ottimi stampati mi ha fatto conoscere l’opera Avventista e gliene
sono grata. Nell’accomiatarci abbiamo
espresso il desiderio, non credo retorico, di avere in avvenire dei contatti
tra Avventisti e Valdesi.
I. A.
iiiimcMmiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiMii
Federazione delle Chiese
evangeliclie in Italia
OFFERTE A FAVORE DEGLI AIUTI
PER LE VITTIME DEL MAREMOTO
NEL PAKISTAN
(Secondo elenco)
imporlo elenco precedente: L. 2.961.075
CniESti METODIS TE : Bologna (2^ oiTer
fa) L. 10.000. alunni j>iù grandi Scuola dome
nicaìe rinunciando al dono natalizio 14.000
Scicli 4.700; Portici (2' offerta) 34.460; Parma 33.000; Luino 2.000; Domodossola 4.600;
Omegna 5.000; Intra 12.200; La Spezia
85.000; Palermo 10.000: Genova Sestri
40.000; Milano 42.000.
CHIESE VALDESI : Susa (Scuola Domenicale) L. 30.010; Ivrea 62.800; Cosenza
8.800; DipignaiJO 4.750; Napoli (Vomere)
16.715: Campobasso 5.000; Frali (Alunni
Scuola domenicale rinunciando dono natalizio)
50.000; Reggio Calabria 10.000, Attività Femminile 20.000: Pramollo 10.000; Napoli (Via
dei Cimbri). 50.000; Forano Sabino (Scuola
domenicale 5.000; Aosta 57.500; Pinerolo
(Scuola domenicale) 50.000; Diaspora Ligure
3.000; Caivano 8.600; Villa.secca 45.200; Trapani 9.500; Torre Pellice 166.815: Grotlaglie
15.000; Taranto 5,000.
VARIE: Italia Slaubel (Bordighera) 5.000;
Lidia Gay (Torre Pellice) 2.000; Fantini (Torino) 5.000; Garzia Salvatore (Marsala) 6.000;
Avenia Giuseppe (Sesto Cilento) 2.000. Collette in occasione Settimana di preghiera per
l unità: Genova (nelle Chiese evangeliche)
11.200 (presso la Società delle Missioni Africane) 42.500: Venezia (nella Chiesa valdese)
57.320 (nella Basilica di S. Marco) 83.300
(nella Chiesa ortodossa) 30.100; Bianca Meisenholder 1.000.
Totale: L. 4.137.335.
L'offerta della Chie.sa valdese di Roma,
Piazza Cavour, apparsa nel primo elenco, doveva iiilendorsi di L. 70.000 e non L. 20.000.
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importo elenco precedente: L. 419.815.
CHIESE METODISTE: Vercelli L. 10.000.
CHIESE VALDESI: Trieste L. 10.000;
Torre Pellice 108.505; Venezia 10.000; Pinerolo 40.000; Caltanissclta 5.000; Milano
63.440; Frali 10.000.
Totale: L. 676.760.
Riinane ancora ana grandissima
dei paese da conqnistare... "
Riunito a Rivoli il 2“ congresso regionale organizzato dalla « Crociata deU’Evangelo per ogni casa »
parte
Sabato 27 febbraio si è tenuto, presso iTstituto Filadelfia di Rivoli (Torino), il 2” Congresso Regionale organizzato dalla « Crociata
deH’Evangelo per ogni casa », Forganizzazione
interdenominazionale che cura la diffusione
del messaggio evangelico nel nostro paese. 11
pastore Domenico Torio, instancabile animatore di questa iniziativa missionaria, è venuto
appositamente da Roma per poter presenziare
a tale riunione cristiana e rendersi personalmente conto dei continui progressi compiuti
dalla « Crociata » in tutto il Piemonte.
II tema del convegno era proposto dal versetto 1 di Giosuè 13: « ...Rimane ancora una
grandissima parte del paese da conquistare... »,
e partendo appunto da questo passo delle Sacre Scritture, tanto adatto in questo caso, si
è potuto ribadire Piinpegno a continuare con
Paiuto dello Spirito Santo, questo validissimo
tipo di testimonianza cristiana che consiste
appunto neH’annunziare a nuove anime la
salvezza nel nome di Gesù Cristo,
Si è poi parlato dì un nuovo corso biblico
per corrispondenza, più impegnativo ed approfondito deli’ormaì sperimentato « La Via
della Vita », che da tempo si rivela efficacissimo strumento dì evangelizzazione.
A conclusione del convegno il pastore Torio ha annuncialo imminenti riunioni di questo tipo anche in altre regioni dTlalia, in modo da organizzare meglio questa grande famiglia che conta già oltre 750 collaboratori,
sparsi lungo la penisola ed appartenenti a
quasi tutte le chiese evangeliche.
La presenza valdese è, purtroppo, pressoché
in.signìficante e ciò con gran rammarico da
parte degli altri aderenti alla « Crociata », ì
quali desidererebbero contare su una maggiore collaborazione da parte nostra. Allo scopo
di assicurare una seria ed attiva partecipazione a questa iniziativa si è costituito a Torino,
presso la segreteria delia Chiesa Valdese di
Via Madama Crisiina 1 l, un centro di coordinamento avente il preciso compilo di raccogliere nominativi ed indirizzi di tulli quei
nostri fratelli interessati a ciò, fornendo loro
gratuitamente materiale utile alPopera di evangelizzazione.
Scrìvete pure a questo indirizzo chiedendo
ulteriori informazioni oppure assicurando la
vo.stra quanto mai gradila adesione.
Ale.ssandko Foriero
Doni Eco-Luce
Da Coazze: Elvidio Mattone L. 200; Lidia
Rosa Brusin 500: Andrea Ostorero 300; Ambrogio Rosa Brusin 300; Nella Boero Alloa
300; Emilia Boero 300.
Da Torino: Giorgio Bertetto L. 1.000; Ettore Beux 500; Enrico Mariolti 500; Guido
Vinay 2.000; Giorgio Vidossich 1.000; Maria
Jori Scotta 1.000; Guido Botturi 2.000; Federico Balmas 1.000; Speranza Puy 500; Emilio
Rostagno 500; Vittorio Travers 500; Evelina
Taccia 1.000; Arturo Grill 1.000.
Da Torre Pellice: Enrico Gerire L. 500;
Mimi Tron Bernoulli 500; Erica Cavazzani
2.000; Emilia Pcyrot Allrarin 500: Cecilia
Besozzi 1.000; Ernesto Di Francesco 2.000:
Mary Jahier 2.000.
Ernesto Long, Abbadia Alpina L. 200; Giulia Bertoli, Prarostiiio 500; Vittorio Laurora,
Bari 2.000; Luigi Galmari, Taranto 500; Giuseppe Falciglia, Belgio 500; Carlo Neidharl.
Svizzera 500.
Grazie! (coniinua)
I lettori ci scrivono
Sono inoltre pervenute alla Federazione le
seguenti ulteriori offerte a favore dei sinistrati del Perù e Romania:
CHIESE VALDESI: Taranto L. 8.000;
Grottaglie 5.000: Milano 185.550; Venezia
15.000; Roma (Piazza Cavour), 30.000.
Lettera aperta a Gian Paolo Ricco,
segretario nazionale della F.G.E.I.
Un lettore, da Torre Pellice:
Leggo suU'Eco-Luce del 26 febbraio un
riassunto della circolare inviata a tutti i
gruppi giovanili, e sono stato colpito dall'invito espresso nel punto b), rivolto a
« leggere e discutere... la prima parte del
libro di M. Miegge, il Protestante nella
storia, (Peificacia della parola) e la relativa
recensione di G. Bouchard su "Gioventù
Evangelica” n. 4/1970 ».
Colpito, ripeto, non tanto dal livello
della problematica offerta in meditazione
ai gruppi giovanili, nei quali ritengo si
trovino pure elementi che troveranno molta diflicoltà ad inserirsi con profitto in
una discussione del genere, quanto piuttosto dalPunilateralità delPinformazione
che si intende sottomettere ai giovani. Penso infatti che le conclusioni a cui arriva
Miegge nel suo volume possano essere
confrontate utilmente non solo con tutto
il bene che ne dice Giorgio Bouchard, ma
anche con le riserve che su di esse esprime Valdo Vinay in « Protestantesimo »
n. 4/1970.
Quanto sopra perché ritengo che sia
bene che i nostri giovani, in questo come in tanti altri problemi, siano abituali
aH'apertura critica ed alla disponibilità di
ogni fonte di informazione.
La critica unidirezionale non è mai stata altro che addottrinamento.
Augusto Armano Hugon
Pericoloso, forse no;
grave, sì.
Una lettrice, da Bergamo:
Caro direttore,
mi ha molto stupito vedere sul n. 8 di
(( Eco-Luce », nella rubrica cc Echi della
settimana », il trafiletto che riporta un articolo di (( Le Monde » relativo alla politica demografica giapponese senza alcun
commento, e col complice titolo Un grave problema demografico: quasi che
runico gravissimo problema non fosse
quello della sovrapopolazione nel mondo,
ma quello, fantascientifico, di un ipotetico declino demografico!
Senza entrare nei (lettagli, vorrei sottolineare che, a parte il tono chiaramente
tendenzioso dell’articolo riportato, come al
solito non si vuol distìnguere fra la diminuzione deirincreineiUo annuo e la diminuzione della popolazione (per approfittare dcll'ignoranza deU'opiiiione pubblica in materia e creare la sensazione che
le cose siano molto camliiatc). È vero che.
grazie ad una saggia politica dì freno demografico, rincremenlo medio annuo della
popolazione giapponese è passato dal 14%o
del 1940 al 12,2%o del 1960, c punta verso il 5%o nel 1980 — ma la popolazione
è jias.sala dai 72,5 milioni del 1940 ai 93,4
milioni del 1960 per prospettarsi di 105
milioni nel 1980. E se questo può oggi
considerarsi un incremento relativamente
modesto, di fronte alle spaventose prospettive globali, cè solo da congratularsi con
la esemplare politica demografica giapponese, poiché gli altri paesi asiatici, tranne
da qualche tempo la Cina, non sembrano
ancora volersi avviare sulla stessa strada.
Non voglio pensare che il Redattore
della rubrica sia d'accordo con lo spirilo
e il tono deirarlicolo. ma mi permetto di
esortare ad una presentazione crìtica più
evidente quando vengono citati articoli
cosi poco onesti, poco intelligenti e tanto
grettamente oscurantisti.
Cordiali saluti.
Rita Gay
L'artìcolo su « Le Monde » del 9 c., da
me in parte trascritto, portava il titolo
« Pericoloso successo della politica malthusiana in Giappone ». Tale titolo mi sembrava (come dire?) un po’ azzardato e, in
ogni caso, effettivamente bisognoso di spiegazioni. «. Pericoloso » perché? In che senso? Nell’ambito della politica, o forse in
uno più ampio: sociologico, o morale, o
magari religioso? L’articolista non si pronunciava in argomento, e neanch’io volli
farlo. E' probabile che si tratti effettivamente d'un (( successo pericoloso », ma devo sinceramente confessare che in me stes,so il problema non è del tutto chiaro, e
che mi riuscirebbe difficile analizzarmi fino
in fondo. E. se anche fossi capace di farlo e volessi farlo, mi occorrerebbe molto
spazio per riuscirci in modo soddisfacente,
spazio che mi sembrerebbe un abuso chiedere a « L’Eco-Luce ». Questo periodico settimanale. al quale do con amore tanta parte di me stesso, non può diffondersi su
argomenti troppo specializzati.
Ma dal momento che la lettrice, nella
sua lettera, mi chiama direttamente in causa. cercherò di dire in poche parole come
io veda il problema e perché io abbia preferito il titolo: « Un grave problema demografico ». La lettrice chiama l'articolo
« poco onesto, poco intelligente e grettamente oscurantista ». A me non sembra
che nell’articolo vi siano cenni di biasimo
per un eccessivo « progressismo » della politica demografica giapponese: vi sono riportati dei dati statistici, che francamente
non so come non si possano qualificare impressionanti. Quando, nel giro di pochi
anni (dal 1948 al 1952), le norme legislative sulVaborto passano dall'ammissione
per casi gravi di malattia (provvedimento
giustissimo). all'ammissione senza piìi alcun controllo (provvedimento che non mi
sento di approvare), e quando (dal 1945
al 1956) il numero delle donne sterilizzale passa da 5.617 a 42.700, ecc., io mi domando se questo non è un « problema
grave » (non dico « pericoloso ». ma <( gra
l'C » ).
A questo punto, la gentile lettrice mi
chiederà: « come dovrebbero fare i poveri
giapponesi che crepano nello spazio ristretto delle loro isole? ». Io mi guardo bene
dal rispondere ad una simile domanda,
perché non ho una cultura specializzata
suU'argomento per poterlo fare con competenza. Osseri'o soltanto che il mondo
in cui viviamo dev'essere fallo male, dai'vero molto male. se. a poche centinaia di
chilometri dal Giappone, si aprono sterminate regioni (leggi: Siberia) che soffrono di sottopopolazione e che in tali condizioni vengono mantenute, piaccia o non
piaccia.
Quello che mi fa antipatia, è il valutare codesti problemi come risolvibili col progresso organizzativo: non .saranno certo le
magnifiche sorti e progressive a risolverli
a furia di ritrovati tecnici. Sono problemi
abissali, che toccano le fonti della vita
(l'ainore. la paternità, Tequilibrio affettivo deìVuomo. il rispetto della vita). Come
credente, pur essendo favorevole ad un’analisi razionale di tali problemi, ho scar.sa
fiducia nella loro a pianificazione ».
Per questo, appunto, tali problemi mi
sembrano « gravi ».
Tullid Viola
4
5 marzo 1971 — N. 10
pag. 3
Le Chiese a confronto con le religioni’: il BUDDISMO
Incentrato sul Élore, non sul peccato
Il buddismo è la religione che, rispelto ad ogni altra, ha avuto per un
più lungo periodo di tempo (oltre dieci secoli, forse quindici) il maggior numero di fedeli. È probabile che tale
numero abbia raggiunto i 5/600 milioni, e ciò a seguito di un’attività missionaria intensa, svoltasi in particolare
nel primo millennio del cristianesimo.
E' da notare, a questo proposito, che,
mentre il cristianesimo si estese soprattutto a spese di un paganesimo in
genere spiritualmente povero, il buddismo dovette affrontare invece religioni largamente affermate e aventi
contenuti mistici ed ètici di ben altra
levatura.
Il buddismo nasce infatti al principio dèi 6" sec. a. C. in India, dove era
professata da secoli la religione braminica. I primi scritti di quest’ultima
risalgono al 13« sec. a. C. Si tratta dei
Veda, seguiti poi dai commenti contenuti nei testi hrahmana (1000 a. C.) e
nelle Upanisad (800 a. .C), tutti comparsi prima della nascita del Budda.
Dopo d’aver in gran parte soppiantato
il bramanesimo in India, il buddismo
si estese a tutta l’Asia, all’Indonesia,
alle Filippine raggiungendo anche le
isole Hawaii. In Cina trovò sulla sua
strada il Confucianesimo e il Taoismo,
in Giappone lo Scintoismo, tutte religioni di notevole contenuto etico.
Nella seconda metà del primo millennio ci fu un risveglio del bramanesimo che ritolse gran parte dell’India
al Buddismo. Poi intorno al 1000
l’Islam si affacciò al nord, nell’attuale
Pakistan e anche lì e successivamente
in Indonesia il Buddismo fu soppiantato. Infine ci fu la cattolicizzazione
delle Filippine e recentemente la rivoluzione cinese, i cui effetti non sono
facili da valutare. Oggi penso che, in
via molto approssimativa, il numero
dei buddisti può essere valutato intorno ai 250 milioni.
II fondatore di questa religione, di
nome Siddarta, nato al principio del 6«
sec. a. C., era figlio di un personaggio
importante, e non di un re, come vorrebbe una leggenda posteriore. Diversi episodi della sua vita richiamano alla mente analoghi eventi della vita di
Gesù e anche tardivi dogmi cattolici.
Sotto questo profilo si possono citare
la sua nascita, seguita a un concepimento sovranaturale e avvenuta sotto
il segno di una stella luminosa, l’omaggio ricevuto appena nato da parte di
un savio vegliardo in circostanze simili a quelle dell’incontro di Simeone
con Gesù, la santità attribuita alla madre Maya, morta sette giorni dopo la
nascita di Siddarta e assunta direttamente in un particolare cielo; poi l’abbandono della casa paterna e della famiglia (Siddarta aveva moglie e la lasciò al momento della nascita dell’unico figlio) all’età di circa 30 anni, attuato per dedicarsi alla vita ascetica. Durante questo periodo, durato circa sette anni, fu lungamente tentato dallo
spirito del male, e infine raggiunse
l’illwuinazione e divenne Budda. Da
ciuel momento, e per circa 50 anni, fino
alla morte, si dedicò alla predicazione che ebbe inizio col famoso discorso
di Benares.
* * *
A causa della sua durata nel tempo
e della sua estensione in diversi paesi,
anche il buddismo, come tutte le grandi religioni, subì molte trasformazioni,
deformazioni e riforme. Così nella
chiesa tibetana esiste una gerarchia e
un ritualismo che qualcuno ha paragonato a quello della chiesa romana. Capo della chiesa è il Dalai Lama, considerato Budda vivente, che alla sua
morte subito si reincarna, per cui fra
i bambini appena nati viene designato
il nuovo Dalai Lama, All’estremo opposto si possono menzionare le comunità
importate alle Hawaii dai Giapponesi.
Qui il culto è molto semplificato ed ha
accolto anche elementi del rituale protestante (peraltro in queste ultime assai coreografico). I templi danno l’impressione del raccoglimento. Vi sono
numerose effigi del Budda, sempre nella ben nota posizione estatica, con fisionomie singolarmente espressive prò
poste all’attenzione dei fedeli per indurre alla meditazione, senza essere
oggetto di culto. Su lunghe scansie sono ordinate numerosissime urne, tutte
eguali, contenenti le ceneri dei fedeli
defunti, che vengono ivi conservate
per anni e poi, a richiesta, restituite
ai parenti.
Fio notato in uno di questi templi
un antico mulino a preghiere. Molto
usato nel Tibet, qui appariva abbandonato. Forse l’avrà ancora adoperato
qualcuno pensando di affidarsi ad esso
come da noi c’è chi si a’fida all’ebolli
zione del sangue di S. Gennaro.
Non è pertanto possibile dare, in
breve spazio, un’idea di tutte le credenze, spesso contraddittorie, e delle
diverse correnti e sette. Si posson )
soltanto menzionare alcuni fra gli elementi fondamentali del buddismo primitivo, tenendo presente che non è
facile esprimerli nel nostro linguaggio
.se non in forma approssimativa.
* * *
Nella parola « Dharma » il buddismo comprende la legge universale c
anche molti aspetti dettagliati di questa legge. Essa esprime una concezione deli’universo secondo la quale l’ente supremo è la legge: legge cosmica,
né buona né cattiva, e anche legge morale che non solo regola Funiver-so, ma
domina c determina anche l’individuo
Questo per sé, come persona, non esi
,?te, ma è un insieme di fattori fisici
intellettuali, sensoriali, spirituali c mo
rali ognuno dei quali è un dharma.
cioè una legge il cui concorso varia da
individuo a individuo e forma la personalità, Il divenire della personalità,
nel corso della vita, determina il kharma, cioè la legge di causa ed effetto
che si trasferisce nella vita successiva
e la condiziona. Attraverso una serie
di reincarnazioni, che possono avvenire a livello superiore o a livello inferiore a seconda delle conseguenze
(kharma) della vita precedente, si attua il divenire. Se la serie delle vite si
porta a livelli sempre più elevati, si
raggiunge una vita senza dolore, cioè
il Nirvana.
Siddarta, secondo la leggenda, aveva
attraversato 574 esistenze, e nell’ultima
divenne Budda, rilluminato, il Perfetto. Ciò gli consentì di entrare nel Nirvana prima di morire. Nella sua prima
predicazione, il discorso di Benares, il
Budda indicò la via da seguire: « E la
« via sacra che si chiama fede pura,
« volontà pura, linguaggio puro, mezzi
« di esistenza puri, applicazione pura,
« memoria pura, meditazione pura, Es« sa deriva da tre verità. La prima è
« che tutto è dolore, la nascita, la mor« te, la malattia, la vecchiaia, l’insod« disfazione dei desideri ecc. La secon« da è che l’origine del dolore sta nel« la sete dell’esistenza, del piacere, dell’inesistenza. La terza è che la soppres« sione del dolore si ha con l’annienta« mento del desiderio ».
Com’è chiaro, il buddismo è incentrato sul dolore, non sul peccato. Il
peccato, il male esistono e determinano una degradazione, attraverso il
kharma nelle vite successive, mentre
la virtù e il bene determinano una elevazione. Si deve rilevare poi che il desiderio di cui si parla nella terza verità è una sete di beni terreni, non già
il desiderio di quei beni che costituiscono la via sacra del Nirvana. Questi
sono beni che l’uomo deve conquistare da .sé attraverso successive reincarnazioni realizzate per mezzo del kharma. 11 punto d’arrivo è la conquista
deH’illuminazione che rende beati; il
Nirvana. Nirvana quindi non vuol dire
annullamento, come comunemente si
ritiene, ma piuttosto perfetta sintonia
con la legge universale.
Avendo presente che il concetto di
persona come io distinto non appartiene al buddismo, per il quale l’indivi
duo è un insieme di Dharma, di leggi
(tantoché le reincarnazioni avvengono
soltanto per mezzo del Kharma, cioè
della legge causale), è logico concepire il Nirvana come una esistenza beata, senza personalità. Ma non perché
questa si annulla, bensì perché non è
mai esistita se non in un costrutto
umano, e il Nirvana è al di là. « Vincere la pervicacia dell’io è la suprema
beatitudine »: con queste parole il
Budda indica che la suprema beatitudine non sta nella distruzione dell’io,
ma nella vittoria sulla sua volontà di
prevalere. Molto si è disputato anche
nel buddismo circa la sopravvivenza
dell’io; ma il Budda al riguardo ha
sempre rifiutato di pronunciarsi e il
pensiero ortodosso dell’antica comunità è che non ha senso voler descrivere con parole umane una realtà che
trascende l’uomo: una realtà non irreale ma impensabile.
Le similitudini che si possono ravvisare fra l’attesa, la nascita, la vita, le
tentazioni, i comandamenti ed altri
eventi relativi al Budda e analoghi
eventi relativi a Gesù sono tante che
c'è anche chi si è dato la pena di scrivere un libro al riguardo. Ma si tratta
per lo più di eventi fattuali, in un certo senso inevitabili: là dove una personalità si presenta sulla scena del
mondo, s’instaura invariabilmente un
culto della personalità permeato di
fatti e attribuzioni soprannaturali e almeno in parte leggendari. Così anche
l’etica delle varie religioni si rassomiglia, e il non uccidere, non rubare, non
commettere adulterio, non mentire si
trova anche nel buddismo. Ma nelle
concezioni più profonde appaiono differenze che sembrano incolmabili. Così il non uccidere è qui un comandamento radicale, che comporta un rispetto sacro della vi la anche degli animali. E anche qui l’iiiterpretazione letterale può avere conseguenze incredibili, come nel caso dell’individuo che,
avendo bisogno di un otre, tolse la pelle a una capra lascianco’a poi morire
per non ucciderla. Ma queste deviazioni si trovano anche in altre religioni:
ho incontrato degli ebrei che al sabato si facevano accendere il fuoco in
cucina da una donna cristiana, a loro
essendo vietato accendere il fuoco, ma
lecito cucinare se il fuoco c’è. Ho conosciuto dei musulmani che mi chiedevano di stipulare sui loro beni una
assicurazione a mio nome, a loro essendo vietato di fare assicurazioni, ma
lecito incassare il denaro che avrei loro versato in caso d’incendio. E che
dire del cristiano dedito alla concussione che faceva aprire la corrispondenza dalla segretaria onde questa potesse prendere con le sue mani gli
eventuali assegni versandoli in banca
di modo ch’egli potesse sempre affermare di non aver toccato denaro da
nessuno?
La radicalità del non uccidere, il rispetto sacro della vita insieme col concetto della legge suprema impersonale
e indifferente rende l’idea del sacrificio del lutto aliena alla mentalità buddista e il sacrificio cruento del Cristo,
accettato da un Dio buono, assolutamente inconcepibile. Per contro il Dio
che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, che è spirito, che è totalmente altro sono concetti di cui si può trovare
un’eco nella legge suprema che distribuisce indifferentemente il bene e il
male, nella indescrivibilità dell’aldilà.
Certo la salvezza per grazia,, da una
parte, e la conquista della perfezione
attraverso rinnovate reincarnazioni,
daH’altra, sono diametralmente contrastanti, salvo nel punto finale di una
perfetta comunione. Ma può questo
consentire un dialogo là dove si ha di
fronte più una filosofia che una religione? e quale dialogo?
A tal fine è bene aver presente che
il buddismo respinse, in aperto contrasto con il concetto braminico delle caste, ogni differenza fra gli uomini, non
costituì (all’origine) una chiesa, non
ebbe gerarchie e i monaci missionari
delle comunità differivano dai laici soltanto perché i primi avevano già rag
giunto una illuminazione, e pertanto
conducevano una vita più pura (astinenza sessuale, povertà, divieto di avere un letto largo e alto, ecc.), ma non
erano sacerdoti bensì solo futuri Budda, mentre i laici avrebbero raggiunto
quella medesima condizione più in là
attraverso future vite. Questa eguaglianza fra tutti gli uomini e la necessità di una vita in totale povertà per
poter raggiungere la beatitudine gettano sul buddismo una luce su cui merita di meditare.
G. A. Comba
miiiiniiiiiiimiiiiiiüimiiiiiii'.iiiiiiiiimniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiMiiiiMiiiiiiiiinimiimiiimiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiiiiiiiiiiiiiniiiimiiiiiiiiiiiiiii
Fondo di solidarietà contro il sottosviluppo
Che cosa facciamo per il Terzo Mondo e per le missioni?
L’ordine del giorno votato nell'ultimo Sinodo è operante? - Le nostre responsabilità di singoli credenti
Annunciamo ai lettori ed ai fedeli
sottoscrittori di aver provveduto ad
inviare 7.000 franchi svizzeri all’EPER,
con destinazione al Centro di sviluppo
comunitario del Congo Kinshasa. L'importo è pari a L. 1.023.022 (compresa
la piccola tassa). Si tratta del secondo versamento effettuato a questo scopo. Come abbiamo già illustrato varie
volte, questo Centro assiste sotto tutti gli aspetti (medico, sociale, educativo) le migliaia di profughi angolani
che si sono appunto rifugiati nel Congo Kinshasa per sottrarsi alle persecuzioni religiose e razziali dell’Angola
portoghese. Con questo versamento, la
nostra iniziativa ha così potuto inviare globalmente sette milioni di lire, di
cui, oltre ai suddetti due, uno per il
Biafra, uno per la scuola agricola di
Linea Cuchilla in Argentina e tre per
il Centre évangéliqiie familial del Gabon. Ci rimane ora una piccola « base » di ca. 60 mila lire (come da elenco sotto pubblicato) dalla quale partiamo per proseguire l’ini/.iativa: la
prossima cifra di un milione — come
già preannunciato in precedenza — sarà nuovamente destinata al Centre del
Gabon, sia per rispettare il desiderio
di vari sottoscrittori e sia perché questo Centre si dibatte sempre in notevoli difficoltà economiche.
Com’è noto, questa nostra iniziativa, partita in un primo tempo come
« contro la afme degli altri », si è inserita molto volentieri, allo scopo di concentrare al massimo gli sforzi, nell’iniziativa votata all’unanimità nell’ultimo
sinodo, che forse non sarà male qui
ricordare ancora una volta a noi stessi, ai lettori, a tutte le comunità ed
ai responsabili, quali i pastori, i consigli di chiesa, i monitori, ecc. L’ordine del giorno votato impegna le chiese
a dare il proprio contributo di solidarietà sia nel campo delle nostre missioni c sia verso il Terzo Mondo. Quest’ordine del giorno chiede che vengano chiarite alle chiese le cause del sottosviluppo (e da parte nostra abbiamo
provveduto e provvediamo ad ogni occasione, con pubblicazione di articoli,
con recensioni di libri e con altre corrispondenze sul settimanale ad agitare
continuamente questo problema, per
stimolare i singoli credenti e le comunità a prenderne sempre più coscienza) e che, in base all’impegno unanime
assunto dai loro delegati al sinodo con
tribuiscano regolarmente e fedelmente
in modo che la Chiesa valdese possa a
sua volta contribuire con offerte regolari alla lotta contro il sottosviluppo e
le sue conseguenze tramite il Consiglio ecumenico delle Chiese e sostenga
inoltre in tutti i modi l'i^pera dei missionari valdesi.
Per quanto riguarda la prima di queste due direzioni, non si può non tener
presente anche la lotta contro il razzismo intrapresa dal Cec nell’Africa australe ed in altre regioni. A questo
proposito, anzi, la comunità di Verona
ha votato un ordine del giorno col
quale ha deciso di sostenere questa
azione del Cec con sottoscrizioni mensili. Sapranno e vorranno anche le altre comunità soffermarsi nella dovuta
maniera su questi problemi ed impegnarsi conseguentemente?
Se infatti ognuno di noi è convinto
che il mondo debba diventare più giusto, è necessario che ognuno di noi si
impegni responsabilmente per combattere, con la fame e il sottosviluppo, le
sue cause vicine e remote.
Da Torino: G. Serafino L. .5.000; fam. Caruso 1.000; parte della colletta del 24/1 di
via Nomaglio 18.900.
Da Bergamo: un lettore 50.000.
Da Roma: G. Conti 10.000.
Da Venezia: fam. Viti 1.000: fam. Zecchili
3.000; C. Bocu.s 1.000; G. l.spodamia 2.500;
D. Ispodamia 2.500.
Da Como: L. Malacrida 10.000.
Da Condove: F. Miletto 2.000.
Da S. Germano Chisone: V. Vinçon Viti
2.000.
Da Livorno: G. e E. Giorgiolè 1.000.
Da Napoli: C. Lingria 10.000.
Da Campobasso: P. Corho 2.000.
Totale L. 121.900; prec. 905.907; versam.
per Centro Congo K. L. 1.023.022; in cassa
L. 64.785.
Inviale le vo.stre sottoscrizioni al conto corr.
postale n. 2/39878 intestalo a Roberto Peyrol.
corso Moncalieri 70, 10133 Torino.
Illlllllllllllllllllll IIIIIIIIIIIIIIIIIIMIimilllMIIIIIIIIIIIIIIIIIII
Il parlamento sndalricano
e il C.E.C.
Città del Capo (soepi) — H parlamento della repubblica del Sudafrica
ha condannato il sostegno morale e finanziario accordalo dal Cec ai movimenti di liberazione. In un dibattito
sul tema « Violenza e guerra rivoluzionaria », che ha avuto luogo nei giorni
scorsi, il ministro della difesa ha par
lato di « giorno felice nella storia del
paese » dato che i partiti governativi
e dell’opposizione erano d’accordo sulla questione.
Il ministro ha aggiunto: « Basta paragonare il sostegno accordato dal
Consiglio ecumenico delle Chiese a
persone desiderose di commettere degli assassina (n.d.r.: questa definizione dell’impegno del Cec contro il razzismo ci indigna meno di quanto ci
riempie di tristezza perché ci fa ulteriormente comprendere quale abisso
vi sia fra le due mentalità)_ coffe deboli proteste elevate a proposito degli avvenimenti della Guinea, per capire la
necessità di far sapere al mondo che
quello che capita oggi non ha nulla
che fare coi diritti dell’uomo, ina si
riferisce ben di più alla insaziabile fame di potenza dell’URSS ».
Quanto al portavoce dell’opposizione, egli ha dichiarato — facendo chiaramente allusione ai pastori c ai missionari — che certe nersone, giunte in
Sudafrica animate da un ideale cristiano e da un autentico spirito riformatore, diventavano sovente a loro insaputa degli strumenti della rivoluzione. Per contro altre persone — ha proseguito — giungono nel paese con dei
pregiudizi. Queste persone devono
prendere chiara coscienza che non può
esservi che una sola specie di riforma
e cioè quella che viene fatta nel quadro della legislazione sudafricana. E ai
sudafricani che compete risolvere i
propri problemi, {n.d.r.: siamo perfettamente d’accordo con quesl’ultnno
pensiero, ma sarà bene chiarire che,
in questo caso, per "sudafric ;ni” si intende, per loro, solo ed esclusivamente la minoranza bianca).
Notiziario
Rioplatense
a cura di Aja Soggin
Sinodo 1971, Sessione sudamericana
La data tradizionale per la Sessione
rioplatense del Sinodo Valdese è la
prima settimana di marzo. Aspettiamo
le notizie per poterle comunicare ai
lettori.
Centenario del tempio di San Carlos
Nel settembre del 1970 è stato celebrato il centenario della chiesa di San
Carlos. Questa colonia agricola fondata nel 1858 da Svizzeri, ai quali si aggiunsero più tardi Valdesi, Francesi e
Piemontesi cattolici, si trova nel centro della provincia argentina di Santa
Fe. La comunità evangelica è piccola
e viene curata dal pastore di Colonia
Belgrano, attualmente il pastore Néstor Tourn.
Convegni di studio comunitario
Come abbiamo riferito sul n. 39
1970, in settembre si sono organizzati
in tre località dei convegni di studio,
ai quali sogliono partecipare tutti i
membri di chiesa della rispettiva zona; il nord dell’Argentina e dell’Uruguay a San Gustavo (provincia Entre
Ríos, Argentina), il centro uruguayano
nel « Parco 17 febbraio » a Colonia Vaidense, e il sud dell’Argentina a Jacinto
Araiiz (provincia La Pampa). I temi
studiati e preparati da due comunità
erano il battesimo e la testimonianza.
A Iacinto Arauz i catecumeni hanno
presentato uno studio su « Il catechismo, la confermazione ed io », esponendo il loro punto di vista, e le unioni femminili si sono incaricate di uno
studio collaterale sulla testimonianza.
La partecipazione delle comunità ospitanti a questi convegni è spesso molto
elevata (era la terza volta che questo
convegno veniva organizzato in tre località anziché in una sola), mentre dalle chiese più distanti della zona intervengono soltanto i più disponibili ed
interessati a questi studi.
Facoltà Evangelica di Teologia
a Buenos Aires
Il Consiglio della Facoltà ha nominato il pastore Norberto Bertón titolare di teologia pratica. La nomina deve essere ancora approvata dal Sinodo
che si riunirà nel prossimo mese di
marzo. Il pastore Bertón, attualmente
a Tarariras in Uruguay, sarà il secondo professore valdese accanto al prof.
Alberto Ricciardi che occupa la cattedra di Antico Testamento.
E stato eletto come nuovo rettore il
prof. Juan Litwilller, presbiteriano di
nazionalità argentina.
Il prof. dr. Rudolf Obermüller, titolare della cattedra di Nuovo Testamento, ha visitato la nostra Facoltà a Roma dal 7 all’ll gennaio e ha tenuto
una lezione sull’Ermeneutica dell’Epistola di Giacomo, vivamente apprezzata da studenti, docenti e pastori di Roma. Abbiamo avuto pure le visite del
prof. Luis Farré, ordinario di filosofia
all’Università di La Piata (Argentina) c
docente alla Facoltà teologica di Buenos Aires, e del p.'o'^. José Miguez-Bonino, reduce dalla seduta del Comitato centrale del Consiglio Ecumenico
ad Addis-Abeba. Il prof. Miguez è stato eletto presidente della commissione per la nomina dei nuovo segretario
generale del Consiglio Ecumenico.
* * *
A queste informazioni che ci riguardano più direttamente, aggiungiamo
altre due notizie.
Il pastore Emilio Castro, presidente
della Chiesa Metodista dell’Uruguay,
era stato fermato, nell’agosto scorso,
dalla polizia di Montevideo per accertamenti, perché trovato insieme ad un
suo amico sacerdote cattolico. Questo
ultimo era accusato di essere in rapporto con l’organizzazione clandestina
« Tupamaros », responsabile del sequestro di tre funzionari esteri e dell’omicidio di uno di essi. La notizia del fermo, presentata come arresto, del pastore Castro causò molto scalpore durante il nostro ultimo Sinodo a Torre
Penice. Siamo lieti di comunicare che
i due teologi sono stati rilasciati dopo
poche ore di detenzione.
Incontro di vescovi anglicani
e cattolici a Bogotá
Nella prima metà di febbraio si sono riuniti a Bogotá (Colombia) dicci
vescovi anglicani residenti nell’America latina (due dei quali in Argentina e
cinque nelle Antille) con dieci vescovi
cattolici romani. Lo scopo della riunione era la mutua conoscenza e la
prospettiva di un lavoro in comune
nei vasti territori affidati alle loro
cure.
NOVITÀ CLAUDIANA
DENIS P. BARRITE, ARTHUR BQQTH
Irlanda inquieta, una guerra di reiiginne?
Prefazione di Tullio "Viuay
pp. 128, L. 1.400
(<' Nostro tempo », 9)
__ Un rapporto di rara obiettività del « Comitato quacchero per la pace »
che risale alle cause dell’attuale conllitto, correggendo le false interpretazioni dei mezzi di comunicazione.
ED. CLAUDIANA - Via S. Pio V, 18 bis - 10125 - TQRINQ - c.c.p. 2/21641
5
5 marzo 1971
N. 10
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
Intervista con il Moderatore Neri Giampiccoli l'assemblea di chiesa di Sanremo si pronuncia
sull'ingresso della Chiesa di Roma nel C. E. C.
(segue da pag. 1 )
colare sulla situazione dei cinque convitti delle Valli (Pomaretto, Pinerolo
e Torre Pellice), specialmente per
quanto riguarda i due convitti femminili di Torre Pellice (via Angrogna e
casa Gay). Nei colloqui avuti con la
CIOV e con il comitato della Casa delle Diaconesse si è abbozzato un progetto di fusione dei due istituti: se lo
studio in proposito darà risultati positivi, il problema verrà portato alla
attenzione del Sinodo.
Lo studio della funzione di questi
istituti continuerà nei prossimi mesi.
Si è osservato tra l'altro che i convitti
delle Valli, salvo quello di Pinerolo il
cui compito a favore della popolazione locale è ben chiaro, sono meno necessari che per il passato per le alte
parrocchie. Il moltiplicarsi delle scuole medie statali, l’istituzione di numerosi servizi di autobus, lo spostamento della popolazione, rendono meno
numerosa la popolazione valligiana dei
convitti. Aumenta invece la popolazione che viene da fuori e non soltanto
dai nostri ambienti.
Un esempio caratteristico a questo
proposito è quello offerto da casa Gay,
sia pure su scala molto limitata; insieme a ragazze delle Valli essa accoglie ragazze che le vengono affidate da
enti sociali della provincia, casi difficili, ma non patologici, di ragazze disadattate o caratteriali, che immesse in
un ambiente familiare e spiritualmente vivo come casa Gay ritrovano un
equilibrio ed una serenità che difficilmente avrebbero potuto trovare altrove. Questo fatto ci indica una linea di
azione e di testimonianza di alto valore nella quale i nostri convitti possono portare un contributo anticipatore
e già riscuotono la fiducia di enti e
organizzazioni provinciali.
A cura del Centro Diaconale di Torre Pellice ci si preoccupa inoltre, con
l’aiuto di enti specializzati a questo
scopo, di offrire agli educatori che lavorano nei nostri convitti un approfondimento della loro specifica preparazione nel campo educativo. Anche
questa attività ci è parsa assai promettente.
Ci si va avvicinando alla conclusione dell’anno ecclesiastico; quale risulta la situazione finanziaria e quali
previsioni si possono fare sulla ch’usura dell’anno amministrativo?
Qui siamo alle solite dolenti note;
le previsioni sono tutt’altro che rosee
■e ne siamo seriamente preoccupati.
Purtroppo la Tavola ha dovuto prendere ancora altre decisioni concernenti la riduzione delle spese: ne verrà
data comunicazione ai concistori e ai
consigli di chiesa. Fatta eccezione per
qualche distretto, il gettito delle contribuzioni appare essere in leggero aumento, ma i costi generali dell’opera
sono anch’essi in aumento e non sempre leggero. Stiamo facendo ogni sforzo per concludere l’anno ecclesiastico
senza passività, vista anche la difficoltà per le Chiese di coprire i deficit. Ma
per questo è necessario che le Chiese
comprendano la serietà della situazione e facciano ogni sforzo per raggiungere l’obiettivo prefissato e se possibile migliorare ancora le loro posizioni.
Purtroppo accade spesso che il venir
meno di qualche Chiesa comprometta
la situazione di un intero distretto e
ciò vada a scapito di altre Chiese che
invece hanno fatto fronte ai loro impegni; ciò evidentemente non è giusto,
ma vi è anche una solidarietà di tutti
che deve essere mantenuta e compresa senza giudizi severi verso gli altri
che forse hanno incontrato difficoltà
maggiori dovute a situazioni locali
particolari.
Ora si tratta di fare lo sforzo finale
e quindi la Tavola rivolge il suo fraterno appello a tutti perché tutti sappiano impegnarsi e non permettano
che questioni di soldi abbiano a paralizzare la vita della Chiesa.
Una grossa responsabTità finanziaria è quella relativa agli stabili; come
si presenta il panorama da questo
punto di vista?
Dobbiamo spendere ogni volta molto tempo sui problemi relativi agli stabili: c’è sempre qualche guaio da qualche parte!
Il programma di rivalutazione del
patrimonio immobiliare non è stato
certo accantonato in questi ultimi anni. Possiamo segnalare che lo stabile
di Firenze, via Manzoni, da alcuni mesi ha ripreso servizio e vi trovano alloggio i due pastori, mentre la chiesa
ha ora a sua disposizione, al pian terreno, locali molto belli e adatti allo
sviluppo della vita comunitaria e dei
vari servizi: oltre alla sala per conferenze e riunioni varie, vi sono locali
per la segreteria, per il centro vendite
della Claudiana, per le riunioni minori, poi' il centro evangelico di solidarietà. Ma la Chie.sa di Firenze .si è trovata indebitata con la Tavola di una
sorhma non indifferente; essa affronta
coraggiosamente questo carico, che
verrà distribuito nel corso degli anni
secondo un apposito piano di ammortamento; la Chiesa è consapevole di
avere ora a disposizione uno strumento di servizio di prim’ordine, mentre
la Tavola potrà nuovamente contare
sul reddito che lo stahile precedentemente forniva.
La ricostruzione dello stabile di Torino, via Pio V, procede e il nuovo edificio si delinca molto funzionale. Do
vrebbe esser pronto alla fine di agosto
e siamo grati a tutti quelli che collaborano per questo fine, progettisti, ufficio tecnico, impresa costruttrice,
commissione stabili del concistoro, per
l’impegno che dimostrano nel portare
avanti un’opera che sarà di grande utilità in avvenire. Anche la chiesa di Torino si addossa un onere gravoso ma
avrà anch’essa a disposizione uno strumento di lavoro assai efficiente.
Quali sono le forme attuali di presenza evangelica nel paese e in quali
termini è sentita l’esigenza delTevangeUzzazione?
Se la Tavola è l’erede dell’antico Comitato di Evangelizzazione, uno dei
suoi compiti maggiori dovrebbe essere proprio questo problema. Ma anche
qui Taffastellarsi di problemi di altra
natura, specialmente amministrativi,
non ci consente mai molto tempo per
dibattere questi interrogativi, anche se
COMUNICATO
Vacanza della Chiesa
di Bergamo
La Tavola, avendo aderito alla
richiesta della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia di
mettere a sua disposizione il pastore Aldo Comba quale segretario a pieno tempo, udito il Consiglio di Chiesa interessato a norma delTart. 21 RR.QQ., proclama
la vacanza della Chiesa autonoma di Bergamo.
Roma, 1 marzo 1971
per la Tavola Valdese
Neri Giampiccoli
Moderatore.
in ogni seduta una visione panoramica
della situazione dell’opera dei vari distretti ci viene offerta dai delegati della Tavola per ogni distretto. ,
Certo se si dovesse commisurare la
vitalità evangelistica delle nostre chiese dalle manifestazioni pubbliche che
esse promuovono, si dovrebbe concluderne che si è perso del tutto lo slancio di una volta. Ma è difficile invece
valutare quella testimonianza quotidiana, minuta, personale o di gruppo, che
in molti luoghi si va facendo silenziosamente, con i mezzi e le parole più
idonee, e che difficilmente si può valutare statisticamente o registrare in relazioni annue. Eppure tutto questo esiste e insieme al lavoro pubblico della
casa editrice, della radio, dei giornali,
della presenza a dibattiti o iniziative,
qualifica molto spesso la nostra presenza, forse più reale e incidente di
quando si facevano molte conferenze,
oggi sempre meno seguite da un pubblico distratto e saturo di parole!
Gran parte dell’attività esterna delle nostre chiese, o di piccoli gruppi in
esse, sembra oggi rivolta al dialogo
con il cattolicesimo. Il che è cosa assai raccomandabile, anzi raccomandata dal Sinodo in riferimento a quei settori più avanzati e aperti del cattolicesimo nostrano, con i quali è possibile
non solo un dialogo, ma una ricerca,
una meditazione, una preghiera in comune. Ma, al limite, ci si può chiedere se questo discorso non è per caso
un dialogo della Chiesa con se stessa:
è più facile parlare con dei cattolici
detti del dissenso che con la gente di
fuori che sta attenta alla televisione e
alle partite di calcio, o è impegnata
nelle lotte politiche e sociali. Con i
cattolici c’è pur sempre una base di
partenza comune, la fede in Cristo Signore della vita. Ma con gli atei? con
i distratti? con il vasto mondo che si
definisce secolarizzato e che costituisce forse la gran maggioranza della
popolazione italiana? Il discorso si fa
assai più difficile; la gente è vaccinata
contro le chiese o si contenta di servirsene in qualche particolare momento solenne; oppure ci chiede conto del
nostro cristianesimo nei confronti con
le zone sottosviluppate del nostro e
del terzo mondo; oppure ci accusa di
essere buon sostegno della società moderna, che si pavoneggia di parole cristiane. Qui evangelizzare significa ben
altro che rivolgere generici appelli alla conversione o accorati richiami all’amore e alla riconciliazione; qui evangelizzare significa richiamare gli uomini all’essenziale, che è Cristo Signore
di tutta la vita: ma come farlo se abbiamo altre nreoecupazioni e altri interessi che sono sueciaimente la nostra
tranquillità e li nostro benessere? Qui
si tratta di comi);iriecipare all’inquietudine ed alla soirerenza di milioni di
uomini, o dei po; ii con i quali siamo
in contatto g o 1 istenza per
ché al Regno di Dio ci si crede veramente: ma com,.- tarlo se impegnandoci nell’eq lu z o le del tempo si rischi 1 e gab fiati per dei
politici fanatici che hanno barattato
l’Evangelo per qviaiche ideologia del
tempo?
Ma a questo junto la Tavola, che
viene chiamata anche comunemente
« Tamministrazione », può soltanto
porre degli interrogativi alle Chiese.
Perché la loro fede e la loro obbedienza alla richiesta indicale delTEvangelo
può rispondere là dove esse si trovano a vivere e a render quella testimonianza che è la ragion d’essere della
loro esistenza.
Neri Giampiccoli
Una conferenza del Pastore Alberto
Ribet su « Nuove prospettive nei rapporti fra Cattolicesimo e Protestantesimo » ha avuto luogo a Sanremo il 23
febbraio, nel nostro salone. L’oratore
ha presentato la storia del recente movimento ecumenico, rilevando poi che
l’unità delle Chiese non può essere intesa come il semplice confluire di una
confessione religiosa nell’altra, ma come il progredire insieme nell’obbedienza alla Sacra Scrittura.
I presenti, di cui una buona parte
non appartenenti alla nostra comunità, hanno seguito l’esposizione con una
attenzione sempre più sostenuta, e
hanno poi rivolto varie domande all’oratore.
In merito all’eventuale ingresso della Chiesa Romana nel Consiglio Ecumenico il 28 febbraio l’Assemblea ha
votato il seguente ordine del giorno:
L’Assemblea di chiesa, esaminato
il problema dell’eventuale ingresso
della Chiesa Romana nel Consiglio
Ecumenico delle Chiese,
— si rallegra che i contatti sempre più frequenti con la Chiesa Romana abbiano portato a una maggiore comprensione dei diversi punti di vista e a una collaborazione
particolarmente preziosa nelle traduzioni e nella divulgazione della
Sacra Scrittura;
— concorda con quanto rilevato
dallo stesso pontefice che l’ostacolo più grat^é sulla via dell’Ecumenismo, è rappresentato dal Papato
(Discórso di Paolo VI al Segretarjato per l’unione dei cristiani, 28
aprile 1967);
— osserva che l’ingresso della
Chiesa Romana nel Consiglio Ecumenico non potrebbe non suscitare gravi perplessità in quei fratelli
che per motivi di coscienza, e sovente dopo dolorosi conflitti, si sono separati da quella Chiesa per far
parte di una comunità evangelica;
— auspica che l’ingresso della
Chiesa Romana nel Consiglio Ecumenico delle Chiese sia preceduto
da una vera unità spirituale, maturata nell’ascolto comune della voce dello Spirito e nello studio della
Sacra Scrittura;
— afferma infine che la Chiesa
Valdese, nell’ambito e nella libertà
del Consiglio Ecumenico delle Chiese, deve conservare la sua piena au
iiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiHimmiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimm
Una serie di lezioni del past. Renzo Bertalot, a Torre Pellice
L'etica protestante ieri e oggi
Promosse dal Comitato del Collegio,
sono state tenute a Torre Pellice cinque lezioni del pastore Renzo Bertalot
sull’etica protestante, e cioè sul modo
di intendere e vivere la vita cristiana.
Partendo dalle interpretazioni di Lutero e di Calvino, l’oratore ha illustrato schematicamente come nei secoli
successivi si sia concretata la sensibilità religiosa della Riforma, sottolineando in particolare le tesi del Weber sull’attivismo protestante e sul capitalismo, le implicazioni di natura sociologica e pedagogica che ne sono seguite, per finire con l’illustrazione del
pensiero di Paul Tillich nell’interpretazione della storia umana in relazione al messaggio evangelico.
Tutta Lina serie di argomenti vivamente interessanti e presentati con efficacia e chiarezza. Il pubblico ha seguito numeroso ed attento, e gli incontri sono stati completati da chiarimenti e discussioni. H.
Il lavoro
cJelle Socielà bibliche
Alla fine di una settimana di lezioni sulTetica protestante, il pastore Renzo Bertalot,
domenica 28 febbraio, nella Foresteria di Torre Pellice, ha dato una conferenza sul lavoro
delle Società bibliche, di cui egli è direttore
per ITlalia. I numerosi Valdesi presentì, discendenti di quello che fu chiamato il « popolo della Bibbia )), hanno provato un senso
di umiliazione quando il pastore Bertalot, alPinizio del suo discorso, ha rivelato che sul
totale delle vendite della Bibbia in Italia, le
chiese della Federazione evangelica (chiese vaidesi, battisle. metodiste) collaborano soltanto
per il 5%. mentre il 95% della diffusione
iiiblica nel nostro paese è compiuto dalle chiese pentecostali, avventiste. dei fratelli, e da alcune .sètte.
Una data importante nella storia della Bibbia è stata il 2 giugno 1969. quando, nella cristianità. ha avuto termine la discussione sui testi biblici: il testo originale greco ed ebraico
è il medesimo ormai per tutti i cristiani, c i
libri apocrifi sono pubìilicati come appendice
alla Bibbia, per le chiese che desiderano consultarli: per le altre sono omessi
I problemi fondamentali delle Società bibliche sono: la traduzione della Parola di Dio:
la difficoltà d'imparare dialetti che non sono
mai stati scritti; la produzione della Bibbia
che va distribuita al maggior numero di per
sone al prezzo più basso; la diffusione biblica.
Per quanto riguarda lu traduzione si ricorre ora ad un nuovo tipo di traduzione, non
più strettamente letterale, se pur sempre fedele ed esattamente corrispondente al significato del testo, ma in termini più moderni, più
attuali, più comprensibili per il nostro tempo:
sono state diffuse 20 milioni di copie del Nuovo Testamento in inglese, in questa traduzione
moderna, nel linguaggio corrente della nostra
epoca.
In quanto al problema d'imparare dialetti
che non sono mai stati scritti, si può dire che
le Società bibliche fondano realmente alcuni
dialetti: ma ci vogliono anni per trasformare
un dialetto in lingua scritta, e tradurre poi
la Bibbia in questa nuova lingua. Non è sempre possibile creare un dialetto, perché vi
sono per es. miriadi di isole e di popolazioni,
ciascuna con il loro linguaggio particolare. La
Società biblica australiana ha sfruttato quel
po’ d'inglese che è a conoscenza di molte popolazioni della sua zona ad uso commerciale,
ed ha tradotto il Nuovo Testamento in questo
tipo d’inglese con ortografia locale; un inglese che non ha effettivamente quasi più
niente a che fare con il vero inglese, tuttavia
comprensibile a molti.
Quando le Società bibliche producono la
Bibbia, subiscono sempre grosse perdite, perché il prezzo d'acquisto del Libro deve corrispondere a quattro ore di salario minimo del
paese ove si vuole diffondere la Bibbia. In genere le Società liibliche su ogni copia del volume ci rimettono dalle 100 alle 250 lire. In
Italia le spese di produzione sono sostenute
dalle nostre chiese evangeliche, e il pastore
Bertalot riconosce che alle Valli vi è ancora amore per il lavoro della Bibbia, si collabora ancora per ijuesto scopo.
Per quel che riguarda la diffusione biblica
rimane la grave differenza di percentuale da
ta alTinizio su quanto viene fatto dalle chiese
della Federazione in Italia, e dalle altre.
Il problema e e rimane questo: le chiese
sorgono e vìvono intorno alla Bibbia, e quelle chiese che si fondano esclusivamente sulla
Parola di Dio, come per es. la chiesa pentecostale, hanno vitalità e forza e non conoscono il tipo di crisi che c’è da noi. Noi abbiamo
forse dedicalo un interesse sproporzionato al
commento da noi stessi fallo al testo, invece
che al lesto stesso. Vi è un commento della
Bibbia espresso dal pensiero teologico, dalla
stampa; oppure manifestato per mezzo di opere (istituti, scuole, ecc.): questo commento diventa tradizione; i nostri consigli dì chiesa
non dedicano più molto tempo allo studio e
alla diffusione della Scrittura, ma dedicano
molto tempo al eommenlo che noi stessi ne ab
biamo fatto, (teologia, assistenza, idee socialipolitiche, ecc.). La Bibbia è lì per essere continuamente una verifica ai nostri commenti.
Si dice di frequente oggi : « una chiesa per gli
altri », ma si dimentica che è più esatto dire
(( una Bibbia per gli altri », perché bisogna
sempre passare attraverso la Bibbia per un
incontro con il Cristo : non vi è un altro'
luogo 0 un altro modo d’incontro.
In molte chiese e sètte esiste un colpòrtaggio veramente coraggioso; noi siamo più timidi. Cerchiamo di vincere la nostra timidezza, regalando almeno una Bibbia ad un amico,
diffondendola nelle nostre sedi di lavoro, nelle scuole, in mezzo ai villeggianti : nella misura in cui siamo capaci di dare una Bibbia ad
un altro, essa riprende importanza per noi. Un
giorno dovremo rispondere del come abbiamo messo nelle mani degli altri la Bibbia, e
non del nostro commento ad essa; la chiesa,
per uscire dalla crisi che attraversa, deve sempre più imperniarsi sulla Bibbia, e perdere interesse per il commento.
Al termine della conferenza una diecina di
persone sono intervenute ad esporre i loro
punti di vista, i loro problemi, le loro perplessità, le loro esperienze, suscitando un
interessante ed istruttivo dialogo fraterno.
E. R.
illllllllllinililllll
^ Siamo veramente spiacenti di dovere rinviare, per mancanza di spazio,
vari articoli e le cronache di alcune
comunità (Genova, Luserna S. Giovanni, Pramollo, Villar Pellice); ce ne
scusiamo con collaboratori, corrispondenti e lettori. red.
« Beati i puri di cuore
perché vedranno Iddio »
(Matteo 5: 8).
In tutta umiltà come visse è spirata
nella fede
Bice Errera
Lo partecipano la mamma, le sorelle, i cognati, i nipoti che ha amato
tanto.
Il servizio funebre ha avuto luogo
sabato 20 febbraio alle ore 15,15 nella
Chiesa Evangelica di Via Venezian, 3
in Bologna.
tonomia ai fini della testimonianza
che essa è chiamata a rendere ai
principi fóndamentali della Riforma.
...e quella di Veroua
sai prugraauaa ecuaieaica
di lana caatra il raznsaia
Nella sua ultima assemblea la chiesa di Verona ha esaminato l’ordine del
giorno sinodale sul problema del sottosviluppo; al termine della discussione, a grande maggioranza, ha votato
questo ordine del giorno:
L’assemblea della chiesa di Verona, riunita il 14 febbraio 1971, dopo
avere esaminato con attenzione
To.d.g. sinodale sul problema del
sottosviluppo (A.S. art. 18),
esprime il suo parere favorevole
all’azione del Consiglio ecumenico
delle Chiese contro il razzismo
bianco,
propone la costituzione di un fondo di solidarietà, con una sottoscrizione mensile a partire dal mese
prossimo, per sostenere questa azione del Consiglio ecumenico e altre
che debbano seguire sulla stessa
linea,
chiede alla Tavola che l’informazione sull’impiego dei fondi trasmessi al Consiglio ecumenico delle Chiese pervenga regolarmente alle comunità.
L’assemblea ha esplicitamente chiesto che, nel dare comunicazione di
questo o.d.g., si specificasse che i fondi che saranno raccolti nella comunità
e trasmessi alla Tavola Valdese perché li consegni al Consiglio ecumenico, dovranno andare solo in favore di
questo progetto di lotta contro il razzismo bianco e, ir seguito, di altri progetti che dovessero nascere con un
contenuto analogo.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii:;iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il XVII Febbraio
alla RIV-SKF
di Villar Perosa
Secondo una consuetudine in uso oramai da
oltre venti anni, la Festa dell’Emancipazione
Valdese alla RIV-SKF di Villar Perosa si
celebra con una giornata retribuita a tutti gli
effetti e con una sottoscrizione a favore di
chi è nella sofferenza e nel bisogno.
La somma collcttata quest’anno è stata di
lire 665.000 di cui: lire 150.000 pervenuteci
dalia Direzione Generale e lire 515.000 raccolte fra gli operai e gli impiegati.
La distribuzione è avvenuta nel modo seguente :
Rifugio cc Carlo Alberto » L. 70.000
Ospedale Valdese di Pomaretto » 80.000
Ospedale Valdese di Torre Pellice » 80.000
Asilo dei Vecchi di San Germano » 75.000
Asilo dei Vecchi di San Giovanni » 40.000
Convitto maschile di Pomaretto » 50.000
Convitto femminile di Torre P. » 50.000
Scuola materna di Pomaretto » 55.000
Scuola materna di Torre Pellice » 55.000
Scuola materna di San Giovanni » 55.000
Scuola materna di San Germano » 55.000
A nome degli Enti beneficiati desideriamo
esprimere da queste colonne un commosso ringraziamento ai vari collettori ed a quanti, cattolici e valdesi, hanno contribuito a fare in
modo che la Festa del XVII Febbraio fosse celebrata con un così generoso gesto di carità
cristiana.
Ilario Coucourde - Dino Gardiol
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiii;iiiiiiiiiiiiiiin
Pomaretto
Anche quest’anno il popolo ha partecipato
in massa al corteo, all’agape ed alle recite. Col
concorso delle bande e della corale i malati
dell’ospedale sono stati felici <li essere confortati per qualche momento. La delegazione
svizzera era presente alla manifestazione.
Ringraziamo di cuore i collaboratori vari :
per le bande, Arturo Bernard e Arturo Coucourde; per la corale, il Pastore Aime; per
l'agape, il sindaco Olìvero con il gruppo di
servizio del Convitto e la commissione composta da Giosuè Ribet, Ilario Coucourde, Luigi Marchetti; e per le recite Eraldo Bosco.
Il ricavato delle serate è andato a beneficio del
campo verde nei pressi del Convitto.
Abbiamo gradito i saluti delle comunità
madrine di Ginevra, della famiglia Poet di
Marsiglia ed abbiamo ricordato la sig.na Speranza Grill ancora assente dalla nostra parrocchia.
Inviamo un pensiero dì viva simpatia alle
famìglie di Hermon Tron, deceduto immaturamente, e dì Cornelio Gatti della comunità
di Milano.
Ricordiamo le prossime riunioni: Domenica 7. assemblea di chiesa alle 10.30 con presentazione del tema : ingresso eventuale della
Chiesa cattolica nel Consiglio ecumenico e
riesame di decisioni sulle finanze a seguilo di
richieste scrìtte.
Martedì 9; discussione, con tavola roloiuLi,
suirarlicolo 7 della Costituzione, al Circolo
culturale dì Perosa (Sala valdese).
Mercoledì IO: riunione ai Maiirinì.
Giovedì 11: riunione alla Faiola.
Domenica 14 marzo, alle ore 14,30. nella
sala delle attività, conversazione di Paola Ribet Revel suU’infanzia: invito particolare a
tutti i genitori.
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pag. 6
N. 10 — 5 marzo 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
Segnaliamo la violenza
Tu non ruberai...
Sul giornale francese « Le Monde »
del 27 febbraio, accanto ad una cartina
raffigurante i luoghi della guerra araboisraeliana e le pretese territoriali di
Israele, appare una vignetta nella quale
il primo ministro Golda Meir pianta
la bandiera sulla cima di un monte,
rompendo nello stesso tempo una tavola dove sta scritto « tu non ruberai i
beni altrui ».
Come è noto, in questi giorni la questione del Medio Oriente si è di nuovo
particolarmente affacciata alla ribalta
mondiale, specie a seguito della dimostrazione di buona volontà data dal governo egiziano di riconoscere lo stato
di Israele, previo suo ritiro dai territori occupati durante la guerra dei
« sei giorni », come d'altronde richiesto
anche daH'ONU.
Per contro, il governo israeliano rifiuta lo sgombero delle terre occupate,
non solo, ma ha tracciato una nuova
carta geografica che non tiene rninimamente conto neppure delle dichiarazioni di Nixon in occasione del suo recente messaggio su « lo stato del mondo » in cui dice esplicitamente che gli
arabi non accetteranno alcun regolamento che non preveda la restituzione
dei territori occupati nel 1967 ed accenna alla possibilità di eventuali piccole rettifiche di confine.
Tempo fa, e precisamente nel numero del 12 giugno 1970 di questo settimanale, abbiamo avuto l'opportunità di
parlare di un libro del deputato israeliano dell'opposizione (non comunista)
Uri Avnery, dal titolo « Israele senza
sionisti ». Fra le altre cose, Avnery precisava che, nella compagine governativa, neppure un ministro era disposto a
fare la pace senza annessione: i fatti
odierni gli danno pienamente ragione.
La cartina pubblicata su « Le Monde » dà un’idea visiva delle pretese
israeliane. Per quanto riguarda la penisola del Sinai, Israele si è « assegnata »
una fetta nord/sud lunga ca. 400 chilometri e larga 100 km. nel punto di maggior profondità, da Eilat a oltre E1
Thmad. In Cisgiordania, vorrebbe una
zona situata nel centro di detta regione, comprendente la città di Kafar Etzion ed altri villaggi, mentre, secondo
il più « moderato » Dayan, ministro della difesa, basterebbero alcune zone
montagnose di confine. Per quanto riguarda l’altopiano di Golan, in Siria,
vorrebbe la parte nord e in modo particolare il monte Hermon. Circa Gerusalemme, la città, unificata, dovrebbe
rimanere in mano israeliana, però colla creazione di distretti in cui gli arabi
potrebbero eleggere i loro rappresentanti. Gli edifici sacri mussulmani formerebbero un enclave sotto la sovranità della Giordania. Infine, la striscia
di Gaza non dovrebbe essere restituita
all’Egitto, ma data ai palestinesi.
Altro che « guerra di difesa » che mirava unicamente a difendere appunto
lo stato di Israele, senza alcuna mira
annessionistica. E certo che queste pretese vanno a creare nuove gravi difficoltà a queste trattative, già co.sì lunghe e difficili.
Londra e il razzismo
E di questi giorni la notizia che il governo conservatore inglese ha deciso di
vendere sette elicotteri Wasp alla repubblica del Sudafrica se (notate la finezza tutta britannica) la stessa ne farà
richiesta. Per uno strano caso di telepatia, nello stesso momento, a Città
del Capo, il ministro della difesa sudafricano esprimeva il desiderio del suo
governo di ottenere gli apparecchi in
questione. Oltre alle vivaci proteste
dell’opposizione laburista, anche quaranta deputati della maggioranza hanno preso una ferma posizione contro le
vendite di armi al Sudafrica.
Ma la politica discriminatoria e razzista dei conservatori inglesi ha avuto,
sempre in questi giorni, un’altra significativa conferma col nuovo progetto
di legge suH’immigrazione. Il testo introduce nettamente un elemento di discriminazione fra gli immigranti. Esso
concede infatti un diritto automatico di
soggiorno a una categoria di immigranti dal Commonwealth, i cosiddetti patriáis, e cioè coloro che hanno un genitore o un ascendente nato in Gran Bretagna. Essi non verranno sottoposti ad
alcun controllo.
Per contro, tutti gli altri cittadini del
Commonwealth che desiderano venire
in Inghilterra saranno assimilati agli
stranieri e trattati come tali. Vale a
dire che saranno sottoposti a misure
di controllo rafforzate dalla legge.
In sostanza, la nuova legge tende a
favorire gli immigranti del Cominonwealth « bianco », quali gli australiani
e i canadesi, creando una discrirninazione nei riguardi degli indiani, dei pakistani, degli africani ed altri « colorati ». Essi non avranno il diritto automatico di residenza. Dovranno ottenere un permesso di soggiorno dal loro
futuro datore di lavoro e precisare il
posto e la durata del loro impiego; inoltre non potranno prolungare il loro
soggiorno o cambiare genere di lavoro
•senza il benestare del relativo ministero. Avranno però il diritto di voto e
dopo quattro anni potranno stabilirsi
definitivamente nel Regno Unito.
Le persone giudicate colpevoli di
aver favorito l’immigrazione clandestina rischieranno una pena massima di
sette anni di prigione. Verrà anche abolito il diritto di appello delle persone
che il ministro dell’interno desidera
espellere per ragioni politiche. Evidentemente i conservatori non desiderano
vedersi ripetere il processo d’appello
recentemente intentato da Rudi Dutschke, lo studente di sinistra tedesco
espulso dalla Gran Bretagna.
Si tratta in sostanza di misure apertamente razziste che accresceranno ulteriormente la sensazione di insicurezza della gente di coloro che, per motivi
di lavoro, è costretta ad emigrare. Esse
inoltre creeranno fatalmente nuove
gravi tensioni sia colla polizia e sia nei
rapporti fra le « razze ».
Il primo “obiettore,,
non di leva
La rivista di febbraio « Azione nonviolenta » che si batte in modo particolare per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, e cioè per il rispetto e
il sostegno delle convinzioni di una parte sempre più crescente della gioventù
che desidera rifiutare il servizio militare per sostituirlo con un servizio civile,
più costruttivo, più socialmente utile,
dà notizia (già riportata in precedenza da vari quotidiani) del primo caso
italiano di obiezione di coscienza
espressa sotto forma di rifiuto di pagare la parte di tassa destinata al bilancio militare. Pioniere di questa nuova
forma di obiezione è Manrico Mansueti
di Sarzana (La Spezia).
Il Mansueti ha mandato nello scorso
dicembre una lettera aH’ufficio delle imposte, al ministero della difesa ed a
quello delle finanze.
Eccone alcuni brani: « Faccio parte
del movimento nonviolento per la Pace
che ha come primo punto tra le sue
fondamentali direttrici d’azione l’opposizione integrale alla guerra. Non credo che la pace si possa difendere colle
armi, ma credo invece che si debba difendere con l’amore e la reciproca fiducia, costruita coll’esempio e col sacrificio. Intendo quindi oppormi alla guerra ed a tutte le attività che ne possono
essere la premessa... con tutti i mezzi
nonviolenti che mi sono a disposizione.
Poiché ho letto su alcuni giornali che
per ogni uomo che vive sulla terra vi
sono a disposizione 38 kg. di tritolo e
non ve ne sono invece altrettanti di
grano, e siccome nel bilancio dello Stato italiano per il 1971 la spesa è aumentata a 1656 miliardi (ca. il 12,5%
dell’intera spesa pubblica) ho sentito
uno scrupolo di coerenza e il dovere
di fare una scelta...
Ho deciso perciò di non contribuire
alle spese militari e di detrarre dall’ultima rata di tasse l’aliquota del 12,5%
che andrebbe alle spese militari, e che
ho invece versato a favore dei bimbi
lebbrosi di padre Aurelio Maschio a
Bombay, di cui allego copia della ricevuta ».
Pare che, dopo la immediata intimazione dell’ufficio imposte di pagare entro 5 giorni, contro minaccia di esecuzione forzata, nessuna azione abbia fatto seguito a tutt’oggi.
E la testimonianza di un padre di tre
figli, che lotta coi mezzi a sua disposizione per assicurare loro un avvenire
di pace. E la lettera di una persona coerente, e coraggiosa.
Roberto Peyrot
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
LA «CONGIURA EBRAICA»
La Grecia dei Colonnelli, come
tutti sanno, è in sostanza una base militare degli USA, una specie d’immensa « portaerei » attrezzata a fronteggiare la crescente potenza navale ed
aerea dell’URSS nel Mediterraneo. Ma
essa è verosimilmente anche un punto
d’appoggio alla politica che la Nato e
gli USA stessi sviluppano nella questione del M. Oriente. Una valutazione superficiale di questo secondo fatto po
trebbe indurre facilmente a ritenere
che i colonnelli abbiano, o facciano
finta di avere, chissà quali vincoli d’amicizia con gli ebrei in generale, e con
Israele in particolare. Una tale induzione sarebbe invece un grande errore!
« Razzismo e antisemitismo si sono
affacciati nel piccolo "reich” di Papadopulos, che tenta d’attribuire l'isolamento del regime all’attività politica
o clandestina degli ebrei "che detengono posti chiave negli organismi internazionali" e che hanno adottato una
posizione ostile nei confronti dei fascisti di Atene.
La stampa greca, uno strumento ormai docile nel pugno della dittatura,
non tralascia occasione per sottolineare il ruolo negativo svolto sulla scena
mondiale da un gruppo di uomini politici... d’origine ebraica.
Per il quotidiano “Estia”, por’avoce
dell’ala intransigente dei militari, l’espulsione del regime dal Consiglio di
Europa, meglio conosciuto fra gli spregiatori della democrazia come il "caffè d’Europa", è il risultato dell’azione
sotterranea di pochi nemici della Grecia.
“4 agosto", organo dei nostalgici del
dittatore fascista Metaxas, che appunto il 4 agosto del 1936 inaugurò la serie
dei colpi di stato, non ha dubbi sulla
responsabilità degli ebrei nella cacciata del fascismo greco da Strasburgo.
“All’epoca" sottolinea documentatissimo: “tredici dei sedici membri della
commissione europea per i diritti dell'uomo erano ebrei".
Questo spiegherebbe, secondo il fogliaccio fascista, l’assurdo risultato
dell’inchiesta (che accertò la violazione di tutte le libertà ed il largo impiego della tortura, in un paese ridotto
ad una sola grande prigione) condotta da una commissione che “non poteva avere un diverso atteggiamento nei
confronti di un governo la cui missione è la salvaguardia della civiltà greco-cristiana".
Anche uomini di cultura e giornalisti servono da bersaglio ai virulenti attacchi antisemiti e razzisti della stampa al soldo dei colonnelli: Rouleau di
“Le Monde" è stato a più riprese definito “antigreco d’origine arabo-ebraica", così lo sceneggiatore Dassin e lo
stesso Servan - Schreiber, chiamato
“V ebreo-tedesco".
Le responsabilità degli ebrei non si
limitano, per la giunta militare, alla
espulsione dal Consiglio d’Europa e all’isolamento internazionale in cui si
trova il regime. Gli ebrei sono la quinta colonna che opera all’interno per
minare il morale dell’esercito: e questo, come ha affermato di recente il
dittatore, è ora un’istituzione che incute rispetto. . . ,
Per realizzare il loro obiettivo, te
nuove “bestie-nere" dei fascisti greci si
sarebbero servite di una setta religiosa, "/ martiri di Jéhova", perseguitata
dal regime, che l’accusa appunto d’es
(segue da pag. I )
gruppi di pressione, hanno largamente
beneficiato i fascisti autentici, quelli
che hanno idee poche, giocano con
“Passo di bastone" e stanno bene a servizio dei gruppi foraggianti dell’industria e del capitalismo mondiale. La
polizia ha ignorato le squadre dei picchiatori, talvolta le ha protette; lo Stato ha tollerato il dispregio della democrazia nata dalla Resistenza, ha permesso esperimenti di sopraffazione violenta che non dovevano essere tollerati. Tutto questo è estremamente più
pericoloso della violenza velleitaria dei
gruppi extraparlamentari, proprio per
la sua natura, per il suo fine: la violenza neofascista non ha motivazioni
ideali, manca di una visione, di un futuro intravisto nella luce di una "utopìa” umana, generosa. E pura reazione
contro tutto, adorazione della violenza
come fine della società, è osceno servilismo tributato alle forze che vogliono
impedire la crescita dell’umanità nell’uomo, il suo libero accesso ai beni
della terra, la sua compartecipazione a
un progresso di tutti.
Oggi, vi sono due tipi di violenza nel
nostro paese, ce ne avvediamo ogni
giorno, ed è comprensibile il risentimento di tutti coloro che osservano la
loro violenza messa in un mazzo generico con la trista violenza fascista.
Alcune questiuni
sere al soldo degli ebrei. Alcune associazioni religiose, particolarmente “La
vita" e “La salvezza", veri e propri covi fascisti nei quali sono cresciuti i
Pattakos, i Ladas ed i loro più stretti
collaboratori, sono in prima fila in
questo rigurgito dello spirito d’intolleranza e del razzismo, che non ha tuttavia impedito la ripresa delle relaziotii diplomatiche con Israele, come l’anticomunismo non è stato d’ostacolo
per stipulare accordi e stringere intese coi paesi dell’est »•
(Articolo pubblicato, con lo stesso
titolo sopraindicato, su « Grecia »,
mensile d’informazione della Resistenza Greca, Anno III, n. 13-14, Gennaio
1971. Si raccomanda vivamente tale
periodico aggiornati^'imo. Chi desileri contribuire alla Resistenza Greca,
può abbonarsi versando la quota annuale di L. 2.000 — b'-'nemerito L. 5.000,
sostenitore L. 10.000 — sul c.c.p. num.
1/56006 intestato a « Grecia, periodico
mensile ». La Direzione, la Redazione
e l’Amministrazione si trovano a Roma, Via del Corso 476, tei. 6778).
CAMPI DI CONCENTRAMENTO
IN INDONESIA
« Chi pensa ancora alle diecine di
migliaia d’indonesiani sfuggiti al gran
massacro degli anni 1965-66, e che subiscono il giogo spietato della dittatura militare? Le informazioni pervenuteci sono d’una crudele sobrietà: quattrocentomila Indonesiani (comunisti,
democratici, membri d’organizzazioni
popolari di giovani e di donne) sono
siati massacrati al tempo della grande repressione. Centomila si trovano
attualmente in prigione, sotto l’accusa
d’appartenenza al partito comunista.
Il procuratore generale Soughiharto
ha dichiarato che, per stabilire gli atti d’accusa, non basterebbero due secoli. Vi si è pertanto rinunciato, e le
disgraziate vittime dell’arbitrio restano in prigione.
Nel 1970, una commissione e stata
creata per studiare i problemi posti
dal grande numero di prigionieri politici. In effetti il suo compito consiste
nel preparare il trasloco dei prigionieri in isole lontane, allo scopo di separarli completamente dalla popolazione.
Sarebbe stata scelta precisamente Itsola di Bourou, dove già 10.000 prigionieri sono stati trasferiti.
Si prevede anche la creazione d un
campo di concentramento gigante nell’Indonesia occidentale, nel'a valle del
fiume Digoul. La tortura vi è praticaio. regolüTvncí^te, piìi puTticolciTìTicfitc
nel campo di Tanganerang, non lontano da Giacarta, dove si fa uso dei rnetodi più raffinati: scariche elettriche,
strappamento di unghie ecc. Gli stupri
sono una cosa corrente nei campi femminili. , . ,
A queste brutalità s aggiungono la
fame e la sete (al riso avaramente servito vien spesso mescolata la sabbia).
La maggioranza dei prigionieri è condannata ai lavori forzati. Alcuni vengono venduti, come schiavi, ai proprietari agricoli ed ai grandi industriali;
ciò è accaduto nei due campi di concentramento dell’isola di Bali: DeriPassar e Klounkoung. Ben pochi di
questi schiavi resistono a lungo: ina t
morti vengono sostituiti da nuovi prigionieri, perché gli arresti continuano
senza fine.
Sono centomila, e nessuno pensa a
La prima domanda che viene in
mente è questa: allora, dobbiamo dare
via libera alla violenza detta d’estrema
sinistra e reprimere quella fascista?
Prima di azzardarci a rispondere, dobbiamo pure chiederci se il nostro criterio di giudizio deve essere essenzialmente "politico” oppure determinato
dall’Evangelo. Non solo, ma abbiamo
due ordini di problemi: 1) la radice
della violenza, le sue cause latenti e
patenti; 2) il fatto, l’azione violenta, il
ricorso ad essa nella vita civile, la teorizzazione della sua necessità.
In grazia di quale .principio una comunità evangelica può giudicare? è
possibile giustificare fatti accaduti solo in virtù dei moventi che li hanno
determinati?
Noi ci troviamo in un groviglio di situazioni, presi in un gioco sottile di
condizionamenti, e saremmo tentati di
disinteressarci di tutto, badando solo
ad aprire l’ombrello personale quando
piove e ad evitare di essere malmenati.
E invece nella mischia ci siamo, non
possiamo non esserci.
La violenza è un idolo,
una drogra
Sappiamo bene che dei beninformati
ci tireranno fuori l’episodio di Gesù che
scaccia i mercanti dal tempio, e non
perdiamo neppure tempo a dimostrare
loro che il fondo del problema posto
da quel fatto non era nella moralizzazione dell’istituzione religiosa, ma nella contestazione totale di un tipo di
rapporto fra Dio e i credenti. E nemmeno crediamo necessario accumulare
citazioni evangeliche per dimostrare
che Gesù era un autentico rivoluzionario, proprio perché smascherava e condannava il ricorso alla violenza come
metodo di lotta per ogni autentica
conquista umana.
Preferisco citare un parere di Marx:
«I principi sociali del cristianesimo
predicano la viltà, il disprezzo di se
stesso, l’abiezione, l’asservimento, la
sottomissione, in breve tutte le qualità
della canaglia... I principi sociali del
cristianesimo sono ipocriti e il proletariato è rivoluzionario ». Marx non era
uno stupido precursore del fascismo,
e non poteva immaginare neppure che
un certo Hitler avrebbe pressappoco
detto le stesse cose della canaglia cristiana. Marx non poteva nemmeno sospettare che un giorno, nei paesi marxistizzati, la viltà, il disprezzo di se
stesso, l’abiezione e l’asservimento sarebbero stati come di casa.
A mio parere, è questo Marx predicatore di violenza, ingenuo apologeta
del ricorso alle virtù belluine dell u(>
mo, che un credente cristiano non può
accettare, soprattutto perché non ci
crede. La rivoluzione è una cosa profondamente seria, inoculata da Cristo
nell’umanità e vanamente esorcizzata
da tutte le parrocchie al servizio aeil’ideologia dei padroni del momento;
ma il corollario della violenza è un
idolo antico e marcio, è la droga iniettata talvolta con cinismo calcolatore
nel corpo dell’umanità, col fine di produrre la sopraffazione e il potere. Il cristiano rifiuta di essere oppiato, riconosce la vita come un diritto inalienabile per ogni creatura, sa che Dio ha
iiiimiiiiMiiiiiiiiiiuniMMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
loro neppure in sogno! Ma l Indonesia
appartiene tuttavici all ONU, il cut staluto implica il rispetto dell’uomo.
Il vecchio deportato che rievoca le
lontane giornate del gennaio 1945, quelle giornate che videro aprirsi le sinistre porte di Auschwitz, stenta ad ammettere che, ventisei anni dopo, il sistema dei campi di concentramento,
col suo corteo d’orrori, sia ancora una
realtà di questo mondo».
(Articolo del sig. Henry Bulawko, su
«Le Monde» del 23.2.’71).
amato il mondo in Cristo, non l’ha
destinato all’autodistruzione.
Detto questo, resta il fatto che il marxismo è il più grosso fatto socio-culturale del nostro tempo, che non possiamo liquidarlo nè accantonarlo; vi
sono dei tipi di analisi dei fatti storici, della società contemporanea che
solo il marxismo oggi aiuta a condurre
con chiarezza. In questo, possiamo
dirci talvolta e cristiani e marxisti;
non nel ricorso alla violenza come
espediente tattico oppure come ultima
ratio per affermare una società più giusta.
In questo rifiuto meditato della violenza sta la ragione di certe opposizioni 2l\Vamericanismo che si abbatte
come un llagello sul mondo occidentale. Gli Stati Uniti hanno fatto della violenza un idolo, e ad esso immolano
popoli interi, aH’interno sono percorsi
da febbri di violenza spaventosa; perfino con i loro film portano nei più sperduti paesi il culto della violenza, l’adorazione della forza che si manifesta in
cazzottate, sparatorie, assassini. In ultima analisi, la loro politica di rapina
verso i poveri è in perfetta coerenza
col sistema capitalistico privato, ma ha
a sostegno la minaccia perpetua di ricorrere alla violenza; i loro alleati sono affascinati dal loro potere di esercitare violenza, di distruggere perfinola natura. A questa America satura di
violenza non possiamo che dire ancora
una volta no.
Profeti disarmati
Certo, i cristiani sono disarmati, sono poveri: non hanno le risorse di chi
maneggia la violenza come un aspersorio, e rifiutano tutte le bischerate che
sono state dette e si dicono sulla forza
genuina, sana, che si sprigiona quando
nell’uomo prende il sopravvento l’antica belva. Se noi crediamo veramente
che Dio è amore, che la Croce è stata
l’inizio di un’epoca rivoluzionaria, se la
fraternità umana non resta solo un
belato domenicale, non abbiamo da
rammaricarci per questo disarmo, enemmeno da lasciarci confondere dalle
accuse che le ideologie ci rivolgono.
Un fatto è preoccupante: noi non siamo più profeti, ma scribi senza visioni;
ci rifugiamo nella conservazione di un
vecchio mondo d’ingiustizie che va a
pezzi, invece di operare col potenziale^
rivoluzionario del Vangelo per costruire con gli altri uomini un mondo migliore. Le nostre comunità assomigliano spesso a gruppi di apolidi che si ritrovano per raccontarsi i vecchi ricordi d’un mondo perduto e lamentarsi su
come vanno le cose. E qui, su questa
situazione di senescenza, implacabile e
meritato è l’atto d’accusa di una umanità che soffre nella gestazione di forme di vita nuove, di situazioni più giuste per tutte le genti, più umane. Spesso nel nostro sordo rifiuto non siamo
neppure zavorra, ma solo polvere della
terra.
Il nostro no deciso, senza mezze misure, al ricorso alla violenza rischia di
dare ragione a Lenin, che avvertiva:
« Oggi, in Europa come in Russia, ogni
difesa, sia pure la più raffinata, la meglio intenzionata, o ogni giustificazione
dell’idea di Dio, conduce a una giustificazione della reazione ».
Per smentire questa accusa bisogna
che non ci facciamo un dio socialdecratico e neppure marxista, ma che ritroviamo nella fede la potenza dei profeti neotestamentari, i quali “immaginavano” un mondo nuovo, credevano
di lottare per nuovi cieli e nuova terra.
Oggi ovunque si lotta per cambiare il
mondo per mezzo dell’azione dell’uomo,
noi non possiamo cambiare l’uomo
sradicandolo dai problemi del suo
tempo, ignorando di impegnarsi nei
problemi del mondo.
La violenza ha radici profonde, sarebbe ingenuo negare ogni consenso
alle sue più pacchiane manifestazioni e
poi ignorare le situazioni che le determinano, sarebbe sciocco non vedere la
violenza che ogni giorno si consuma
contro i poveri, gli oppressi, gli sfruttati. Ricordate il discorso programmatico di Gesù nella sinagoga di Nazareth? Anche lì si parlava di poveri, di
oppressi, di prigionieri, di accecati
(Marco 4: 18). E questo sia ricordato
almeno per mettere a disagio la nostra
buona coscienza.
Luigi Santini
iiiiiimiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiuiimiiiiiiiiiHmiiiniiiiiiiii
Radio Mosca sui principi
socialisti della Bibbia
Mosca (Relazioni Religiose) - Radio Mosca
in una delle sue ultime trasmissioni in lingua
inglese ha risposto ad un « ascoltatore statunitense » che gli chiedeva se* nella Bibbia vi h
qualche passaggio che possa servire da^ appoggio al socialismo. Radio Mosca ha risposto affermando che molte idee della Bibbia
sembrano andare d’accordo con i principi del
comunismo e prendeva ad esempio la fra^
« Chi non lavora non mangerà ». La Radio
sovietica comunque ha precisato che ogni
miglianza tra comunismo e cristianesimo è
« puramente formale ».
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Torino}