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Anno 122 - n. 3
17 gennaio 1986
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a: casella postale - 10066 Torre PeUice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
USA: E' IN CORSO IL PROCESSO AL MOVIMENTO DEI SANTUARI
Tappeti persiani e chiese cristiane
Con una grave decisione il giudice ha delineato un quadro che impedisce qualsiasi rilievo
alla politica del governo e condanna in partenza gli accusati - La Bibbia ci dice cosa aspettarci
I giornali hanno riportato la
notizia del curioso manifesto
con cui alcuni parroci della Marsica hanno inteso protestare contro l’escalation dei prezzi di
messe, battesimi, matrimoni, funerali. Lo hanno fatto annunciando, in epoca di saidi, la svendita di « articoli » ecclesiastici
con riduzioni fino al 100»/o.
II linguaggio di questa protesta mi sembra indicativo. In una
economia del contratto, la protesta contro abusi o ingiustizie
non esce dal linguaggio negoziale; lo esaspera, ma lo conferma. In questa economia la
libera offerta non riesce ancora
a penetrare, a scardinare la logica commerciale. Non che non
esista, almeno nelle intenzioni
di vescovi e parroci; ma non
sembra avere molte possibilità
di prender piede, non essendo
accettata dalla gente che non
rivendica la libertà nel dare
bensì — sempre nell’economia
di mercato — un calmiere e tariffe fisse uguali per tutti. La
protesta contro gli eccessi e il
rialzo dei prezzi può quindi sfiorare il nocciolo della questione
parlando di simonia, di commercio del sacro; ma il quadro
generale in cui si situa è talmente condizionato dall’economia
del contratto che essa rischia di
ridursi a rivendicare un commercio onesto e a prezzi fissi.
Noi protestanti guardiamo a
questa economia del contratto
dall’alto della nostra economìa
del dono. Ci fa rabbrividire il
parlare di orezzi delle prestazioni ecclesiastiche e quando diamo un’offerta in occasione di
un determinato avvenimento
questa offerta si situa nel contesto generale dell’economia del
dono che caratterizza tutte le
nostre contribuzioni e di cui la
libertà è connotazione essenziale e ineliminabile.
Come spesso avviene, abbiamo
una gran bella teoria. Ma che
accade in pratica? Che in gran
parte viviamo in una economia
del simbolo. Ciò che diamo, in
generale, ha un valore puramente simbolico che serve a esprimere il tipo di finanziamento
ecclesiastico che vige da noi,
senza alcun punto di riferimento certo e obiettivo. Se cioè abbiamo saputo sganciare la misura della nostra offerta dall’entità delle prestazioni ecclesiastiche ricevute, non sappiamo
agganciarla stabilmente ad altri
ancoraggi e la nostra offerta
fluttua nelle acque tranquille dei
valori simbolici. Da anni il Sinodo delle nostre chiese ci offre un riferimento sicuro che
consiste nell’agganciare la nostra offerta al nostro reddito,
nella misura indicativa del 3“/o.
Ma molti si sentono scandalizzati da questo attentato alla libertà del dono.
Cosi la libertà si manifesta
non meno pericolosa del legalismo. Non ci avverte forse l’apostolo che essa può diventare
un’occasione per la carne? Se
dunque in campo cattolico attraverso il legalismo non riesce
a farsi strada la libertà del dono, in campo protestante attraverso la libertà non riesce a farsi strada la disciplina del dono.
Ce n’è di strada da fare; per
gli uni e per gli altri.
Franco Giampiccoli
« Due sole cose aumentano di
valore quando le calpestate: i
tappeti persiani e le chiese cristiane ».
Questa dichiarazione, sorprendente a prima vista, è stata fatta
dal past. John Fife, della Chiesa
Presibiteriana di Southside in
Tucson, Arizona (USA), in un’intervista alla CBS News, rilasciata nel corso di quello che viene
ormai definito il « Sanctuary
Trial », cioè il processo ad un
gruppo di 11 persone (tra cui due
preti e una monaca) che hanno
offerto aiuto e rifugio — « santuario », appunto — a molti
clandestini fuggiti dalTAmerica
centrale.
Il movimento dei santuari è in
continua crescita negli Stati Uniti. E questo giusitifica l’affermazione iniziale del nast. Fife. Il
nostro giornale, riportando interviste e notizie, se ne è occupato
a più riprese. In un anno il numero delle chiese-santuario è salito da 150 a 270. E sei città americane si sono ultimamente dichiarate città-santuario.
Ma l’attenzione dei mass-media
americani è ora focalizzata sul
processo in questione, in quanto
dal suo esito molto dipenderanno non tanto il futuro (e la legalità o meno) del movimento
stesso, quanto la sopravvivenza
e la vita di migliaia di immigrati clandestini negli Stati Uniti. Il
processo agli 11, iniziatosi a fine
ottobre, suona dunoue come processo-bandiera per tutto il movimento dei santuari;^_____________
Il past. John Fife, il principale
accusato, fondò il movimento nel
1982 quando — nel 2° anniversario delTassassinio delTarcivescovo cattolico del Salvador Oscar
Romero — vennero accolti dalla
Southside Church di Tucson i
primi stranieri fuggiti dalTAmerica centrale. La base su cui le
chiese-santuario fondano la legittimità biblica delTaiuto ai rifugiati è il passo di Levitico 19: 34:
« Il forestiero che soggiorna tra
voi, lo tratterete come colui che
è nato fra voi; tu l’amerai come
te stesso, poiché anche voi foste
forestieri nel paese d’Egitto ».
Legalmente invece, l’aiuto è
giustificato in forza del « Refugee
Act » (o legge sui rifugiati) del
1980, in cui si dichiara che le
persone « che hanno una fondata
paura di persecuzione » dovrebIjero vedersi garantito lo status
di rifugiati negli USA.
Nella fase istruttoria del processo, vi sono stati momenti di
alta tensione, specie quando —
per raccogliere dati precisi — de
II pastore presbiteriano John Fife, iniziatore del movimento dei
santuari, con alcuni bambini salvadoregni.
gli « informatori governativi »
muniti di registratore si sono infiltrati in studi biblici e riunioni
di chiesa.
« E’ la prima volta nella
storia della nostra nazione — ha
detto il past. Fife nel corso di
un’intervista al settimanale Ti
GIOSUE’ 1: 1-8
Con la forza del Signore
Or avvenne, dopo la morte di Mosè, servo deU’Etemo, che
l’Eterno parlò a Giosuè, figliolo di Nun, ministro di Mosè, e gli
disse: « Mosè, mio servo, è morto; or dunque lèvati, passa questo
Giordano, tu con tutto questo popolo, per entrare nel paese che io
do ai figlioli di Israele. Ogni luogo che la pianta del vostro piede
calcherà, io ve 1|0 do, come ho detto a Mosè, dal deserto, e dal
Libano che vedi là, sino al gran fiume, il fiume Eufrate, tutto il
paese degli Hittei sino al mar grande, verso occidente: quello sarà il vostro territorio. Nessuno ti potrà stare a fronte tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, cosi sarò teco; io
non ti lascerò e non ti abbandonerò. Sii forte e fatti animo, perché
tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro
padri di dare ad essi. Solo sii forte e fatti risolutamente animo,
avendo cura di mettere in pratica tutta la legge che Mosè, mio servo, t’ha data; non te ne sviare né a destra né a sinistra, affinché tu
prosperi dovunque tu andrai. Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, avendo
cura di mettere in pratica tutto ciò che v’è scritto; poiché allora
riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai ».
Il popolo israelita è in cammino verso la Terra promessa dove
Dio lo ha chiamato liberandolo
dalla schiavitù d’Egitto, affinché
— come è scritto nella Bibbia —
Dio sia adorato in spirito e verità.
La marcia è lunga e faticosa
attraverso il deserto, i paesi da
conquistare sono potenti, le città che dovranno essere espugnate sono ben fortificate, gli eserciti da combattere sono fortemente armati, gli avversari da
affrontare sono giganti.
L'impresa che sta di fronte
agli israeliti è diventata ancor
più ardua da quando Mosè è
morto. Il popolo, ora privo del
suo valoroso condottiero, è scoraggiato e timoroso.
Ma il Signore non abbandona
il suo popolo. Eccolo infatti a
chiamare Giosuè quale nuovo
condottiero ed a spingerlo alla
temeraria impresa sostenuto dalla sua parola e dalla potenza
della sua grazia: « Levati, passa
questo Giordano, tu con tutto
questo popolo ».
Così ordina il Signore a Giosuè.
In realtà, a vista umana, è un
ordine che ha dell’assurdo: il fiume Giordano è in piena e il popolo che, con Giosuè, lo deve attraversare è immenso. Un’impresa quindi irragionevole, temeraria, addirittura pazzesca. Così
appaiono agli uomini, ed anche
a noi spesse volte, gli ordini di
Dio o i piani di Dio nei nostri
riguardi. Ordini o piani che vanno al di là dei nostri progetti,
che vanno oltre la logica umana,
che molto sovente hanno dell’assurdo e dell’imprevedibile. Ma
è proprio qui, è pronrio nell’accettare l’imprevedibile di Dio che
si manifesta la realtà della nostra fede: fede nella potenza del
nostro Dio e nella forza del .suo
amore pel suo popolo.
Questo particolare della storia
dell’antico popolo d’Israele, questo drammatico episodio di Giosuè e del suo popolo impegnati
in una difficile ed ardimentosa
impresa, ci fa riflettere e ci fa
pensare alle nostre esperienze di
vita cristiana.
Come credenti in Gesù Cristo,
siamo anche noi — similmente a
quegli antichi israeliti — sollecitati dal nostro Signore a camminare, a procedere, ad andare
avanti nel corso della nostra vita
di testimoni di Gesù Cristo.
Soltanto che, a differenza degli
antichi israeliti i quali marciavano verso la « Terra promessa »
in senso politico oltre che religioso, noi cristiani nrarciamo verso
quella meta che John Wesley
chiamava la « perfezione cristia
Giuseppe Anziani
[continua a pag. 12)
me ■— che il Governo ha riconosciuto sotto giuramento queste
infiltrazioni effettuate con poliziotti pagati ».
Il processo è stato, fin dalle
prime battute, ricco di colpi di
scena.
Il primo giorno il pubblico ministero Donald M. Reno ha dichiarato che i nastri delle registrazioni di cui sonra non sarebbero stati utilizzati come prove
dalTaccusa. La difesa, che si era
accuratamente preparata per
controbattere le accuse derivanti
dalle loro audizioni, ne è rimasta così spiazzata.
Quindi il giudice distrettuale
Earl H. Carroll ha escluso che gli
accusati potessero portare nel
processo testimonianze concernenti convinzioni o motivazioni
religiose, oppure condizioni di vita o situazione politica in America centrale.
Inoltre non è stato dichiarato
pertinente il richiamo del Refugee Act del 1980, in quanto legge
intemazionale; per cui i rifugiati
verranno “derubricati” alla stregua di comuni « stranieri illegali ».
« E’ ovvio ormai — ha dichiarato il past. Fife al mensile "Sojourners” — che il giudice Carroll ha già abbandonato ogni pretesa di processo equo. NelTaula
non sarà permesso dire la verità.
D’altra parte la Bibbia non ci
ha mai ingannato su quanto dobbiamo aspettarci. I cristiani non
hanno mai cercato successo di
volta in volta contro i principi e
le potenze. Piuttosto è nostro dovere vivere per fede, nella nostra debolezza, sotto il regno di
Dio ». Morale e fede possono
dunque oscurare Taspetto politico che il processo ha assunto.
« D’altra parte — dice in un’intervista al Time Garv Cook, pastore aggiunto alla Chiesa presbiteriana di Massilon, Qhio, anch’egli membro del movimento
dei santuari — noi siamo politicamente un gruppo di conservaRoberto Giacone
(continua a pag. 12)
2
2 fede e cultura
17 gennaio 1986
SCELTA PER LA PACE E CONFESSIONE DELLA FEDE - 2 CHIESA E SOCIETÀ’ NEL RIO DE LA PLATA
Status confessionis
L assemblea di Dar es Salaam: l'apartheia dichiarato incompatibile
con la fede cristiana - La chiesa confessante e il « paragrafo ariano »
La responsabilità
politica dei cristiani
Il termine « status confessionis » non è stato usato solo nella tematica della pace, ma si ritrova in altri casi, in cui insegnamenti o atti minacciano la
chiesa e la predicazione dell’Evangelo. Il primo che ha parlato di im « casus confessionis »
è stato il teologo della Riforma
Matthias Flacius, in polemica
con Melantone. L’oggetto della polemica era il mantenimento delle pratiche religiose e degli ordinamenti cattohci, che Melantone
considerava indifferenti rispetto
al nucleo della fede. Per Flacius
invece, queste pratiche, che creaVMO lotte, dissidi ed ambiguità,
diventavano in caso di persecuzione e di scandalo, significative,
e im mezzo per affermare o negare l’autentica fede.
La presa di posizione che rappresenta il precedente più recente della dichiarazione dello status confessionis a proposito della pace è quella che si riferisce
al problema dell’apartheid in
Sudafrica. A Dar es Salaam, in
Tanzania, l’assemblea della Federazione luterana mondiale
(LWB), riunitasi nel 1977, vista
rinefficacia dei ripetuti appelli,
sia nei riguardi delle chiese bianche ohe nei riguardi delle autorità, ha individuato nella situazione
di separazione fra bianchi e neri
nella chiesa e nella società in
Sudafrica uno status confessionis:
Ci appelliamo in modo particolare alle nostre Chiese
membro bianche , in Sudafrica, che riconoscano che la
situazione in Sudafrica rappresenta uno status confessionis. Ciò sisnifica che la
chiesa, sulla base della fede
e per manifestare l’unità della chiesa, pubblicamente e in
modo non ambiguo rifiuti il
sistema di apartheid esistente. '
In Sudafrica ci sono chiese
che. pur appartenendo alla medesima denominazione e nur
avendo sottoscritto la stessa confessione di fede, sono separate a
FONDAMENTALISMO
Caro Direttore,
certamente gli argomenti trattati dal
I assemblea della FCEI a Palermo sono molto più pressanti ed incisivi di
un argomento come il « fondamentalismo », che interessa un aspetto peculiare della vita del credente evangelico.
Ho sempre avuto II desiderio di
lanciare una pietra nel laghetto di
casa nostra (evangelismo Italiano) per
comprendere, attraverso le reazioni, se
II fondamentalismo (corrente portatrice
di radicalismo spirituale) sia un fenomeno circoscritto ed innocuo nelle comunità. Incitamento a scrivere ho ricevuto da fratelli e dalla lettura su
una rivista del vocabolo « fondamentalista », a cui l’autore nel contesto
della sua trattazione ha attribuito larvatamente una qualificazione negativa.
Ritengo che l'elaborazione di una
definizione, quasi filtro, sarebbe utile
per comprendere ove inizia il non-fondamentalismo o dove passa la linea di
demarcazione. Forse il « Sola Scriptura » (da non confondere con II letteralismo biblico asfittico) nelle nostre
comunità può aprire le porte ad una
condotta cristiana fondamentalista. Il
vocabolo ha superato ormai il binario
della terminologia ecclesiale, viene.
Infatti, usato per Indicare determinati
gruppi islamici e gruppi di politici letteralmente legati ad aspetti singoli di
una ideologia,
In definitiva la questione investe in
tutta la sua ampiezza ogni evangelico
attivo. Il quale nelle assemblee, nelle
conferenze o in riunioni statutarie interviene con la parola o col voto per
seconda della razza, al punto da
vietare la partecipazione comune
ai culti e alla S. Cena. Inoltre
alcuni teologi bianchi sudafricani hanno cercato di giustificare
teologicamente la segregazione
razziale.
Lo status confessionis rispetto
al razzismo nella chiesa non è
una novità, infatti già la Chiesa
confessante tedesca, all’epoca del
nazismo, aveva individuato nella minaccia costituita dal paragrafo ariano un motivo per elevare la protesta e ridefinire la
confessione di fede. Escludere
gli ebrei battezzati cristiani dalla
comxmione ecclesiale era un atto
in contrasto con l’Evangelo. La
terza tesi di Barmen in particolare mette in risalto la necessità
della coerenza fra messaggio
predicato e forma dell’organizzazione della chiesa.
Il fatto nuovo che troviamo
nella dichiarazione di Dar es Salaam è che lo status confessionis
riguarda non solo la chiesa, ma
anche l’insieme della società. Ciò
che non ha fatto la Dichiarazione di Barmen, cioè di prendere
posizione anche risnetto a ciò
che avveniva aH’esterno della
chiesa con la persecuzione degli
ebrei, lo ha fatto in modo molto
chiaro la Federazione luterana
mondiale. Con la sua presa di
posizione lo LWB introduce un
elemento che verrà ripreso dal
Moderamen delle chiese riformate rispetto al problema della pace e degli armamenti atomici:
anche un problema esterno alla
chiesa può porre uno status confessionis. Non niù solo l’adesione o la non adesione verbale ad
una confessione di fede, ma anche la conformità o la non conformità ad essa dell’agire dei credenti può porre un problema di
confessione.
La dichiarazione dello LWB dimostra di avere assimilato alcuni elementi fondamentali:
1 - Il cristiano, membro di
chiesa, è anche un cittadino responsabile, con le sue scelte, del
la politica dello Stato di cui fa
parte.
2 - Si può esprimere un giudizio, ohe appare politico, anche
sulla base della fede.
3 - Non solo la parola, l’espressione verbale di ima confessione
di fede, ma anche l’azione, il
« mettere in pratica » di Matteo
7: 21, sono il contrassegno del
cristiano.
La presa di posizione dello
LWB ha suscitato molte reazioni positive e negative. L’Alleanza
riformata mondiale, di cui fa parte anche la Chiesa valdese, ad
Ottawa nel 1982, ha fatto proprio, seppure senza usare la stessa terminologia, lo spirito della
dichiarazione di Dar es Salaam,
quando ha deciso di escludere
le due chiese riformate bianche
sudafricane dalle attività dell’Alleanza, fino a che esse non prendano le distanze verbalmente e
nei fatti dal regime di apartheid. ^
Nel corso di questi ultimi mesi abbiamo preso conoscenza dei
gravi conflitti scoppiati in Sudafrica fra la maggioranza di colore e la minoranza bianca al
potere. Non ci deve però sfogare, oltre alla dimensione politica e sociale del conflitto, anche
quella di fede. Per noi il regime
di segregazione razziale è inaccettabile innanzitutto perché nega l’unità fra gli esseri umani,
perché legalizza l’odio di razza e
la separazione, mentre per i credenti vale la promessa e il comandamento dell’amore del pro.ssimo e della riconciliazione.
Lucilla Peyrot
^ « Südliches Afrika ; konfessionelle
Integrität- Erklärung der VI Vollversammlung des Lutherischen Weltbundes in Daressalam 1977 », in Politik
als Glaubenssache?. Erlangen, 1983,
p. 12.
^ <c Razzismo e apartheid », in Chiamati ad essere testimoni delVEvangelo oggi, Torino, Claudiana. 1984, 33-54.
(or. Called to Witness the Gospel
Today, WCC, Genève. 1983).
Nel 1983 torna alla democrazia rArgentina, con la presidenza di Alfonsìn, nel 1985 l’Uruguay, con le elezioni che portano
al potere Sanguinetti.
Con molta tempestività le edizioni « La Aurora » di Buenos
Aires, nel 1984, pubblicano un
opuscolo di Wilfrido Artus, il decano dei pastori valdesi del Rio
della Piata in attività di servizio,
più volte Moderatore, intitolato
« La responsabilidad polìtica de
la comunidad cristiana ».
Un opuscolo di 94 pagine, se
vogliamo un poco il corrispondente di quello che, nel 1971, la
Claudiana pubblicava col titolo
« Chiesa e tabù politico », di
Franco Giampiccoli, più volte ripreso dall’Artus, ma certo in un
contesto più drammatico e con
urgenze per noi difficilmente immaginabili.
Scorriamo i cinque capitoli:
« Il messaggio del regno di Dio
concerne la vita umana nella sua
totalità », contro i dualismi di
stampo greco che ricorrono nella mentalità di chiese e credenti, in favore di un uomo indivisibile, che nella sua totalità è oggetto del messaggio, diretto a tutte le creature in ogni loro manifestazione, per una signoria di
Gesù su tutti e su tutto. Il secondo capitolo è un breve schizzo del messaggio biblico, visto
attraverso l’Antico ed il Nuovo
Testamento: la vocazione di
Abramo, la liberazione dall’Egitto, i comandamenti, la cuestione
del potere, le indicazioni profetiche; e, nel Nuovo Patto, il ministero di Gesù, la sua predicazione nella sinagoga, i trabocchetti
postigli dai politici del suo tempo, l’invito a farsi re, il significato della povertà e della ricchezza, la cacciata dei mercanti
dal tempio, la croce. Romani 13
e Apocalisse 13. Il capitolo successivo, « La comunità cristiana
oggi», si concentra sulla missione
specifica della chiesa, vista nella evangelizzazione, che si produce in un quadro di rapporti tra
chiesa e mondo dove si devono
superare visioni dualiste e pregiudizi del tipo: « la politica è
l'adozione di decisioni e di orientamenti, che investono anche l’evangelizzazione con l'azione della predicazione cultuale, compresa quella domenicale trasmessa dalla RAI.
Si può forse assimilare il fondamentalismo alla venatura tracciata con un
colore forte e carico sull’abito, che
caratterizza l’evangelico nei suo manifestarsi con gli altri e riconoscerlo
perché quella venatura non si armonizza pienamente con il colore deH’abito
stesso. E’ il fondamentalismo un fanatismo, un separatismo di cui non
vale la pena parlare, quantunque sonnecchi in ogni evangelico. E' un aspetto che molti vorrebbero assumere, ma
non professare cioè esteriorizzare per
evitare catalogazioni. Il pietismo trasmigrato nel fondamentalismo ha causato il sorgere di una latente conflittualità tra conservatori (?) non rigidi
e innovatori (I) un po’ intolleranti,
mentre nell’alveo scorre un fiume di
non impegnati, vera forza che concilia. In un periodo di ecumenismo ancora semiorizzontale, in cui le comunità ecclesiali, cattoliche ed evangeliche, collaborano fraternamente, instaurando soddisfacenti dialoghi multlconfessionali, e la Federazione Evangelica si afferma nella cultura cristiana
italiana, è auspicabile tracciare le dimensioni terminologiche del fondamentalismo.
SOSTITUZIONI
Quando nel n. 36 del 20.9.85 di questo giornale manifestavo a caldo le mie
prime impressioni sulla TILC — il volume l’avevo debitamente comprato
sulla bancarella della Claudiana alla
Festa del XV agosto a Bobbio Peilice
— prevedevo che sarebbe sorto un
dibattito almeno su tre punti: l’imprimatur, l’omissione del nomi dei traduttori delle singole porzioni della Bibbia, l’attuazione concreta del metodo
delle equivalenze dinamiche. Finora le
reazioni si sono concentrate soprattutto
sull’Imprimatur. Che l’apposizione di esso su una traduzione volutamente interconfessionale faccia scandalo non c’è
dubbio, malgrado le giustificazioni di
Renzo Bertalot in parte condivise da
Ninfa Quartino Raggi, ma, se un disdoro c’è, esso ricade tutto sulla parte che lo ha voluto. Ma mi aspettavo
delle risposte sugli altri due punti,
in sé meno clamorosi anche se altrettanto seri e pertinenti.
G. Cirino, Roma
Se Paolo Ricca mette giustamente in
rilievo le due ragioni (ecumenica e politica) che per lui rendono l’imprimatur
un " intruso inaccettabile », lo ne aggiungerei una terza, di ordine squisitamente esegetico e teologico. Strano
è che sia proprio un • laico » ad Insistervi sopra, ma per me II vero scandalo sta appunto nella comparsa nei
testi tradotti di parafrasi indebite o.
peggio, di vocaboli o periodi nuovi
sostituiti a quelli che si trovano negli originali. Non si tratta qui di versioni diversificate per » rendere il testo
ebraico e greco con parole e forme
della lingua italiana di tutti i giorni »
(uno scopo sicuramente plausibilissimo), ma di arbitrarie sostituzioni, che
non si possono giustificare nemmeno
spingendo al massimo il metodo delle
equivalenze dinamiche. Oltre agli esempi già segnalati in precedenza —
la giustizia nelle Beatitudini sostituita
con la volontà di Dio, la giustificazione paolina resa quasi « sinergisticamente » (l’unione indebita della grazia
divina con l’opera dell’uomo) con il
giusto rapporto con Dio, l’espressione
così pregna di significato spirituale
« Getta II tuo pane sulle acque » con
l’utilitario « Investi i tuoi beni nel
commercio marittimo » — mi limiterò
per oggi a citare due passi ben noti dei
primi tre cap. della «Genesi»: Io spirito
di Dio (1: 2) trasformato in un «vento
impetuoso », e la conoscenza del bene e del male (2: 9 e 17, 3: 4) allargata chissà perché alla conoscenza
del tutto. Mi si dice che in tutti questi casi si tratta, se non di una traduzione letterale dei testi, almeno di
una spiegazione esegetica, anch’essa...
dinamica.
Ovviamente non sono d’accordo, anche se apprezzo la buona volontà.
una cosa sporca », « crea divisioni », « complica i rapporti con le
autorità ».
Nel IV capitolo si esaminano
« Funzioni e limiti dello Stato »,
secondo la visione classica — e
in particolare calvinista — dello
Stato come sottoposto anch’esso
alla sovranità di Dio, e che non
può in ultima analisi sopravvivere senza la partecipazione consapevole del popolo.
Nell’ultimo capitolo si affronta il tema dell'« Apporto politico
della comunità cristiana », ravvisandolo essenzialmente come un
apporto in :favore della libertà,
della giustizia, dell’ uguaglianza,
della pace, dell’unità di tutti gli
esseri umani.
In appendice alcuni studi biblici: su Amos, su « Gli emarginati
e Gesù» (Matteo 11: 1-6 e parallelo in Luca 7: 18-23), e sulla narabola del Samaritano.
Un testo di facile lettura, ma
frutto di una lunga esperienza
pastorale, al corrente dei grossi
dibattiti teologici e politici, affrontati tuttavia senza sfoggio di
erudizione, portando alla portata
di tutti anche i temi più ardui.
Un bel dono che il pastore Artus offre ai credenti e, in genere,
agli uomini che vivono nella sua
regione. E, certamente, anche
uno stimolo alla nostra riflessione e alla nostra pratica di vita,
perché nel nostro relativo benessere non dimentichiamo un messaggio evangelico che non è fatto per chi è sano, sazio, giusto,
ma per peccatori che hanno bisogno di redenzione. Sergio Ribet
Stato-chiese
La Federazione delle Chiese Evange
liche in itaiia sta organizzando un
Convegno sui rapporti Stato-Chiese
che si terrà a Ecumene dal 28.2 ai 2.3
p.v. La funzione delio Stato, il ruolo
della chiesa, i sistemi di finanziamento
ecclesiastico, sono alcuni dei punti saiienti di un programma che pubblicheremo appena possibile. Valdesi e metodisti regoieranno la loro partecipazione attraverso le Commissioni distrettuali.
Ma traduzione non è esegesi: trasformare lo spirito di Dio in un « vento impetuoso » può anche giustificarsi
al lume dell’esegesi ebraica più spinta, ma ridurre i due termini precisi di
bene e male ad un tutto, indistinto e
di evidente sapore gnostico, è ignorare tutta la tensione dialettica esistente fin dalla Creazione tra le due potenze del Bene e del Male, tra Dio e Satana. Infine, eliminare i termini giustizia
e giustificazione celerebbe forse delle
preoccupazioni di ordine socio-politico? Sarei curioso di saperne un po’
di più.
Giovanni Gönnet, Roma
PADOVA — Per il Collettivo Assistenza Pastorale Omosessuali, sabato
25 gennaio, ore 16, presso la sede
della Comunità Metodista in Corso Milano 6 incontro con il pastore Ermanno
Genre, direttore di « Agape » e con
l’on.Ie Vera Squarcialupi, sugli aspetti
religiosi dell’accoglienza, sui diritti civili, le legislazioni europee sull’omosessualità nonché sull’impegno della Comunità Europea nella ricerca sull’AIDS.
Il pastore Genre presiederà il culto del
giorno successivo.
TORINO — Il gruppo SAE di Torino
si incontrerà sabato 18 gennaio alle
ore 15.30 presso la chiesa di S, Antonio da Padova nell’omonima via. n. 7.
3
17 gennaio 1986
fede e cttltura 3
UN CONVEGNO SU GIUSEPPE GANGALE
Tra nuovo
e Albanesi
Protestantesimo
di Calabria
La Calabria ospita da centinaia
di anni nel suo territorio varie
minoranze etnolinguistiche: Grecanici, di cultura e lingua prebizantina, in provincia di Reggio;
Occitani nel comune di Guardia
Piemontese; Albanesi nelle provincie di Catanzaro e di Cosenza;
zingari (Romi) sparsi un po’
ovunque e, adesso, anche accampati alle periferie dei grossi centri urbani della regione. Si tratta di persone il cui patrimonio
linguistico è ormai pesantemente minacciato e che attendono,
comunque, sostanziali ed efficaci
provvedimenti che le tutelino dall'estinzione socio-culturale.
Di questo e di altro si è parlato il 5 e 6 dicembre a Catanzaro
al convegno « Giusepne Ganzale
tra nuovo protestantesimo e albanesi di Calabria » organizzato
dal Centro Studi « G. Gangale »
che nel mese di ottobre aveva
promosso il primo convegno regionale su « Valdismo e Valdesi
di Calabria », di fronte ad un
numeroso pubblico di studiosi,
operatori culturali, curiosi, amministratori regionali, provinciali e comunali.
Giuseppe Gangale, protestante, filosofo, poeta, glottologo, fu
uomo di cultura di respiro mitteleuropeo. Tradusse i grandi del
pensiero contemporaneo protestante, per primo in Italia, fu sostenitore e redattore della rivista
« Conscientia », tanto invisa al fascismo da subire ben otto sequestri, fondò la collana editoriale
« BOXA », collana di prestigio,
che chiuse i battenti dopo aver
pubblicato una trentina di volumi.
Dal 1952 cominciò ad interessarsi degli Albanesi di Calabria,
effettuando una serie di viaggi di
ricerca che lo portarono a conoscere una enorme ouantità di dati utilizzati e veicolati efficacemente con la fondazione nel 1968
in Catanzaro di un centro glottologico per lo studio dell'Albanese,
trasferito poi a Crotone, dove
funzionò egregiamente fino al
1978, anno della sua morte.
Cinque i relatori al Convegno:
Gioriiio Bonchard, moderatore
della Tavola Valdese, con «Gangale visto da un Valdese », Sergio Rihet, pastore valdese, con
« L’opera giovanile di Gangale, 1922-34 », Daniele Gambarara, docente aH’Università della
Calabria, con « Gangale linguista », Mario Brunetti, presidente
della lega per la protezione dell’etnia albanese, con « Gangale e
gli Arberesh », Vito Barresi, pubblicista, con « Giuseppe Gangale,
il tramonto di un intellettuale
solitario ».
Bonchard ha posto in luce
Tenorme valenza ed attualità del
pensiero di Gangale protestante,
capace di grosse sintesi culturali,
unico tra i filosofi dell’area meridionale in grado di conciliare
hegelismo e calvinismo, l'unico
che abbia tentato la via della ricerca di una religione « antimistica, antiintuitiva in grado di risolvere il travaglio secolare tra
razionalismo miscredente e misticismo insipiente ». Grande il
debito della comunità protestante italiana nei confronti di Gangale: pionieristicamente cal
vinista in un momento di prudenza « storica » delle Chiese protestanti, che coincideva coll’avvento ed il dispiegarsi del Fascismo, ha mutato, forse senza saperlo, la fede, la cultura e la storia di almeno tre generazioni di
protestanti.
Rihet ha dato spazio alla disamina di quanto — negli ultimi
quindici anni — si è scritto su
Gangale, da parte di storici evangelici da un lato, e di « laici » dall’altro, sia in opere generali sia
in scritti dedicati specificamente al Gangale.
Due spunti interessanti sono
emersi: l’antifascismo del Gangale, specialmente a partire dal
delitto Matteotti, che lo portò a
firmare il manifesto di Croce
negli anni '20 e, già emigrato dall’Italia in Germania, a pronunciarsi contro 1 « Deutsche Christen », i cristiani che seguivano
Hitler, in un convegno internazionale tenutosi in Olanda. E
l’amicizia che seppe avere con
figure importanti nella cultura
di allora: Piero Gobetti, Tommaso Fiore, Lelio Basso, Camillo
Bellieni, Calogero Bonavia, Adriano Tilgher ecc.
Gambarara ha rilevato come il
glottologo si sia servito delia descrizione come di uno strumento
non neutrale di « intervento linguistico », allo scopo di disegnare una strada alle lingue nella
loro crescita. Gangale, più che
linguista da laboratorio era maestro di lingua. Egli non credeva
alla necessità dell’ imposizione
dello Schipetaro, TAlbanese lette
rario, come unica soluzione ai
problemi etnolinguistici delle comunità Arberesh di Calabria.
Propugnava, piuttosto, maggiori
scambi culturali nella vita di tutti i giorni, attraverso i quali, gradualmente, approdare ad una comunanza di lingua più rispondente alle esigenze delle comunità
albanesi locali, senza interferenze extranazionali.
Brunetti, ha evidenziato la insostituibilità del lavoro di ricerca linguistica svolto dal Gangale,
« talpa operosa » nella direzione
della ricerca e catalogazione di
materiali documentari. Il relatore ha invitato da un lato a sorvegliare attentamente la situazione che vede giacere da ben 8 mesi in Parlamento un disegno di
legge sulla protezione e la tutela
delle undici minoranze etniche
disseminate sul territorio della
penisola, dall’altro lato a spingere gli Enti Pubblici a reperire gli
scritti superstiti di Gangale per
una riproposizione organica dei
medesimi a mezzo stampa.
Barresi fa la storia di un incontro, protrattosi per mesi, tra
uno studioso agli inizi della sua
formazione e un grande intellet
tuale al termine di una vita feconda e operosa. Barresi incontra Gangale agli inizi del 1977 e
rimane affascinato dal suo carisma, tanto da partecipare periodicamente ad una serie di incontri promossi dal professore e da
offrirgli i microfoni di una radio
« libera » per la creazione di una
sorta di tribuna della libertà.
Da quella radio, il professore,
per parecchio tempo, parlerà di
etnie, di Albanesi, di problemi
linguistici e sociologici rivolgendosi ad un pubblico di giovani,
più catturati dalla magneticità
dell’uomo che compresi del suo
difficile messaggio. A distanza di
anni. Barresi ha riproposto la
storia di un rapporto intellettuale non convenzionale tra un
« grande » vecchio e un gruppo
di giovani alla ricerca delle proprie radici.
Corrado Tannino
Liberazione storica
(nev) — Organizzato dall’IDOC e dalla Facoltà di teologia,
si è svolto a Roma il 29-30/11 un
seminario sul tema « Evangelici
e cattolici di fronte alla liberazione storica come problema
teologico. A vent’anni dal Concilio Vaticano II ». José Miguez
Bonino e José M. Castillo hanno affrontato il tema « Unità
nella fede, conflittualità storica e
pluralismo teologico ».
Il tema « Liberazione della
donna e rinnovamento della teologia » è stato affrontato da Erika Tomassone e da Kari Borresen. La Tomassone ha sostenuto la necessità di sottolineare la differenza nel rapporto
’uomo-donna’, non tentando di
risolvere la contraddizione in
complementarità. La Borresen
ha rilevato come la teologia patriarcale consideri incompatibile
il divino e il femminile, mentre
la teologia contemporanea definisce l’imago Dei in senso pie
no: uomo e donna sono ugualmente teomorfi.
Alla tavola rotonda conclusiva del seminario, su «Regno di
Dio e liberazione storica », hanno partecipato Rinaldo Pabris,
Armido Rizzi e Mario Miegge.
Per Pabris il regno di Dio si
manifesta nella storia umana,
anche se la liberazione totale sta oltre le sue concretizzazioni storiche. Miegge ha rilevato come paradossalmente il
termine liberazione storica sia
entrato a far parte del lessico
cristiano. Oggi sono i cristiani
che rialzano la bandiera della
liberazione storica, abbandonata dalle forze rivoluzionarie.
Ma che significato ha il
termine di liberazione nel nostro emisfero? Porse quello di
liberarsi da un eccesso di beni?
Rizzi, parafrasando Ireneo, ha
detto che la gloria di Dio è che
il povero viva. Ogni volta che
un bisogno è colmato, là s’instaura la signoria di Dio.
INTERVISTA AL PRESIDENTE DELLA LEGA DI DIFESA DELLA MINORANZA ALBANESE
Arberesh, un radicamento profondo
— Doti. Brunetti, chi sono gli
arberesh, e da cosa nasce il forte risveglio della iniziativa per
la riaffermazione della identità
storico-culturale di questo gruppo?
— Col termine arberesh vengono genericamente indicati gli
italo-albanesi, che vivono soprattutto nell’Itailia Meridionale, provenienti dall’Albania a partire
dal basso Medio Evo, anche se
le fonti storiche esistenti collegano la loro presenza più significativa alla fine del tredicesimo
secolo, quando, nella lotta tra
Angioini e Aragonesi, gli Albanesi accorsero ad aiutare Alfonso
I d’Aragona per domare una ribellione dei baroni locali. Da
questo momento e ad ondate migratorie successive è riconducibile la presenza nel Sud del nostro Paese (Calabria, Basilicata,
Puglia, Molise, Sicilia) di cinquanta insediamenti di origine
albanese ove vivono più di centomila residenti e parlanti, mentre in altre trenta comunità
(comprese due in provincia di
Piacenza), pur essendosi persa
la parlata, permane una marcata
eredità storico-culturale arbéreshe.
Purtroppo, non esistono fonti
di verifica ufficiali sulla entità
numerica di questa presenza perché lo Stato italiano non include
nelle schede di censimento l’indicazione delle parlate minoritarie. Tutte le fonti di ricerca, però, indicano in più di 200.000 gli
italo-albanesi esistenti nel nostro
Paese e in molte diecine di migliaia quelli sparsi al Nord d’Italia o al centro Europa (senza
parlare delTemigrazione transoceanica) in cerca di lavoro; cosa
questa che ha svuotato le comunità italo-albanesi, collocate prevalentemente nelle zone interne,
e, quindi, più colpite dai morsi
dell’emigrazione.
— Quali sono le ragioni che
hanno permesso a questa presenza di giungere intatta ai nostri giorni?
— Alcuni han tentato di ricer
care queste ragioni nel fatto che
gli italo-albanesi sono rimasti
tali nel corso di questi secoli
anche grazi® al sopravvivere di
condizioni di isolamento: hanno
potuto, cioè, conservare una identità etnico-linguistica perché
costretti a vivere in una economia di sussistenza, in uno stato
di analfabetismo e con una tradizione culturale prevalentemente orale. Questo in parte è
vero. Ma siamo in presenza di
motivazioni più profonde, altrimenti non ci spiegheremmo pienamente come oggi, rotto l’isolamento e cancellato il’analfabetismo per la scolarizzazione di
massa, non solo questa presenza culturale rimane viva, ma nella minoranza arbèreshe si registra una forte volontà di « resistenza » alla omeflogazione e un
rilancio nella ricerca e difesa
della propria « diversità ». Questa « resistenza » c riappropriazione del modo di essere e dell’uso della propria lingua, sono
riconducibili al fallimento dell’idea, costantemente perseguita dal'i’unità d’Italia ad oggi, di
monoculturalizzare in maniera
coatta le parlate minoritarie all’unico codice linguistico italiano
ritenuto « superiore ». E si è, del
pari, rivelata sbagliata l’idea
che con l’evolversi dei processi
economici moderni, le lingue minori si sarebbero, di per sé, estinte. Non è stato così, né poteva
essefilo, giacché gli arberesh (e le
altre minoranze linguistiche)
hanno un radicamento storico
profondo, non sono un semplice
fatto folkloristico da guardare,
al più, con curiosità intellettuale. Gli arberesh costituiscono una
realtà viva e si muovono, attraverso mille iniziative, coscienti
che la difesa della propria lingua non è più soltanto una necessità oggettiva, ma diventa una impellente volontà soggettiva
di esprimere propri valori sociali e culturali, mai estinti nel
corso di un processo storico
pluricentenario nel quale continuano orgogliosamente ad identificarsi.
— Ma quali strumenti sono
serviti per il mantenimento dì
questa identità?
— Sono stati rilevanti sia il
rito greco-ortodosso che il Collegio italo-albanese. Il primo,
perché in un contesto certamente
non favorevole e spesso ostile agli arberesh, la Chiesa greco- ortodossa, affermatasi tra ostilità
e conflitti con il clero cattolico,
fini per costituire uno strumento di affermazione di identità,
sia perché i sacerdoti erano tra
i pochi ad avere strumenti culturali di valutazione deilla realtà,
sia perché il culto era « diverso ».
Il Collegio Sant’Adriano (istituito con il nome di « Corsini »
a San Benedetto Ullano con la
bolla papale « Inter multíplices »
di Clemente undicesimo, di origine albanese, trasferitosi nel
1794 nell’abbazia basiliana di San
Demetrio Corone), ha caratterizzato la storia e il ruolo degli
italo-albanesi negli ultimi due
secoli e mezzo, esaltandone il
protagonismo nelle vicende politiche e sociali che hanno caratterizzato il movimento democratico e progressista in questo
arco di tempo. A queste vicende è collegato, in gran parte, il
collegio, indicato dal regime borbonico come « fucina del diavolo » perché in esso si erano formati gli uomini più rappresentativi del Risorgimento, nella lotta al regime borbonico e per l’unità d’Italia.
— E quali strumenti possono
essere validi oggi per la difesa
delle autonomie etniche, ling^uistiche e culturali?
— A fronte di questa storia
straordinaria, sono inspiegabili,
da parte delle classi di governo, timidezze, preoccupazioni,
tentennamenti neH’andare rapidamente alla formalizzazione di
strumenti giuridici per il riconoscimento della tutela della minoranza arbèreshe, congiuntamente alle altre minoranze che
vivono aH’interno del nostro
Paese. A circa 40 anni dall’entra
ta in vigore della Carta Costituzionale lo Stato ItaJliano non ha
ancora emanato le « norme di
attuazione » dell’art. 6 della Costituzione.
E questo nonostante che, da
ben otto mesi, dopo anni di ritardi e mediazioni, la Prima
Commissione Affari Costituzionali abbia licenziato positivamente in sede referente la proposta di legge sulle « norme in
materia di tutela delle minoranze linguistiche ».
Per sconfiggere le posizioni delle forze ritardatrici che si muovono in totale continuità con le
grette ideologie nazionalistiche
del passato è indispensabile una
forte mobilitazione delle comunità e delle popoilazioni interessate.
Vedo, altresì, importante una
forma di coordinamento tra le
varie minoranze interne, per studiare forme comuni di intervento onde imporre una rapida conclusione dell’iter parlamentare
della legge medesima.
— In questo quadro, che ruolo
ha la associazione da lei presieduta?
— La « Lega Italiana di difesa
della Minoranza Albanese », sorta nel 1981 per dare risposte unificanti alla complessità dei problemi che pone la minoranza etnico linguistica arbèreshe, intende fare, anche in questo caso,
la sua parte con la convinzione
che, oggi, sia indispensabile lavorare perché si giunga alla tutela delle identità culturali minoritarie, e per riaffermare che
questa identità può essere efficacemente difesa se si pongono i
problemi delle condizioni materiali di vita, del rapporto con il
lavoro e l’economia. Questa vasta gamma di questioni può essere risolta solo attraverso una
rottura delle radici della ineguaglianza e dell’emarginazione, dentro un profondo e netto rinnovamento della società.
a cura dì
Samuele Giambarresi
4
4 vita deile chiese
17 gennaio 1986
LE NUOVE PROSPETTIVE DELLA DIACONIA EVANGELICA
Un ponte verso la solitudine delle opere
« Per diaconia si deve intendere quell’attività che ha come
obiettivo primario la risposta
ai bisogni fondamentali dell’uomo; una risposta animata dal1 attesa del Regno di Dio, che
non considera quindi le persone
come semplice oggetto di assistenza, ma come soggetti attivi,
aperti al rapporto umano ». Sulla carta, la formulazione della
diaconia, prodotta daUa commissione d’esame al Sinodo
1985, è affascinante. Come affascinante e coinvolgente è stato il lungo dibattito sinodale
sfociato nell’ordine del giorno
in cui si invitano le chiese « a rispondere con gioia e generosità
alla vocazione che il Signore rivolge loro, individuando, in base ai doni ricevuti, quali sono i
bisogni a cui esse sono chiamate a venire incontro più urgentemente ». Ma in pratica le cose
come vanno?
La tendenza della nostra chiesa sembra essere quella di allargare, anziché restringere, il
fronte diaconale. Alle Valli si
stanno radicalmente riqualificando alcune opere-pilastro come l’Ospedale Valdese di Torre
Penice, l’Asilo dei vecchi di San
Germano e il Rifugio Carlo Alberto. Opere onerosissime di
fronte alle quaU oggi non ci si
chiede più se vale la pena di sal
varle, ma ci Si chiede se economicamente ce la faremo a ricostruirle. E se, grazie anche agli
amici stranieri, ce la faremo
economicamente, ci si chiede se
ce la faremo ancora sul fronte
delle persone evangelicamente e
tecnicamente preparate che vi
lavoreranno dentro. Con la disoccupazione che c’è, gente ne
trovi fin che vuoi. I concorsi
sono frequentatissimi, si tratta
di vedere però quali persone,
quale preparazione e quale vocazione. Se conta, in sostanza,
solo la lira, oppure oltre alla lira interessa anche e soprattutto
il discorso della testimonianza
e del servizio in una prospettiva
protestante. In Italia — affermava recentemente il presidente della CIOV, pastore Alberto
Taccia — abbiamo un’opera ogni
due chiese. Essendo, come siamo, centoventi chiese, abbiamo
da gestire sessanta opere. Questo dato, intanto, dimostra che
la chiesa ha evidentemente bisogno non solo di sviluppare la
predicazione orale ma di svolgere un’azione sociale, sanitaria,
diaconale. E’ un fatto storicamente incontrovertibile.
Spesso però quest’azione sociale o diaconale, che si svolge
nell’ambito delle nostre chiese,
è sganciata sia da una riflessione teologica approfondita sia da
un «progetto globale della diaconia » a cui riferirsi. Su questi interrogativi è di grande utilità la lettura del recente opuscolo, edito dall’AIP, su « Le
nuove prospettive della diaconia evangelica». Si tratta di un
tentativo di mettere insieme le
relazioni più significative di questi anni sulla diaconia e allo
stesso tempo tentare una lettura complessiva, non più settoriale, dell’arcipelago delle nostre opere. Coordinare teologia
e diaconia, predicazione e servizio, è chiaramente un discorso diffìcile non solo perché è
nuovo ma difiicile anche per le
diverse concezioni del ’servizio
cristiano’ che coesistono nelle
nostre chiese. Eppure, per quanto difficile possa essere il discorso — anche sulla spinta delle
indicazioni sinodali — esso va
affrontato non foss’altro per il
fatto che le opere diaconali sono l’espressione più immediata
della nostra testimonianza.
Quindi è molto importante la
giornata dei Comitati degli Istituti, aperta a tutti, che si svolgerà ad Angrogna domenica 19
gennaio sotto gli auspici del nostro Dipartimento Diaconale. E
importanti sono tutte le occasioni in cui nelle riunioni o nelle assemblee si riflette sulla diaconia della chiesa partendo dai
documenti prodotti sinora. Tuttavia alle riflessioni teologiche
e di fondo, essenziali per evitare l’appiattimento della diaconia sui modelli sociologici attualmente di moda, bisognerà
affiancare i dati oggettivi della
situazione in cui vivono le nostre opere.
Infatti in tutta questa operazione di riflessione sulla diaconia si corre il rischio di far calare dall’alto la nostra ideologia
del servizio sulle istituzioni diaconali della chiesa. Credo che
nel dibattito sulla diaconia non
dovremo mai dimenticare le cifre, le situazioni realli in cui versano oggi i nostri Istituti. Inoltre, tutti sappiamo che la realtà di molte opere diaconali della chiesa è spesso lontana dalla
comunità locale ; non di rado
entrambi, opera diaconale e
chiesa locale, vivono in uno
splendido isolamento o al massimo si conoscono solo attraverso documenti, ignorandosi
però nella realtà quotidiana. La
riflessione sulla diaconia che sta
partendo nelle nostre chiese non
può fare a meno di gettare nuovamente un ponte tra comunità
locale e opera diaconale, pena
la solitudine e la sconfìtta di
entrambe.
Giuseppe Platone
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Posti vacanti in Concistoro
TORRE PELLICE — Una relativamente affollata Assemblea di
chiesa ha nominato, domenica
12 gennaio, i deputati al Sinodo
e alla Conferenza Distrettuale.
Le elezioni si sono prolungate
oltremodo perché la necessità di
scegliere anche dei supplenti ha
provocato dispersione di voti. Sono risultati eletti per il Sinodo
i fratelli Roberto Peyrot e Maria Tamietti (Gianfranco Mathieu e Daniele Rochat supplenti) e per la Conferenza Mirella
Beili, Alice Jouve e Jole Tommasini (Naivo Ratsimba e Paolo
Fiorio supplenti). La stessa Assemblea doveva anche nominare
tre anziani per i quartieri di Villa II, S. Margherita II e Chabriols. L’imico candidato dichiaratosi disponibile è stato eletto,
nella persona di Eldina Bellion;
mentre per gli altri posti vacanti
l’Assemblea, su indicazione del
Concistoro, ha deciso di soprassedere per consentire una riflessione più approfondita sia da
parte della chiesa che dei possibili candidati.
Una ultima elezione ha permesso di nominare nelle persone
di Romano Puy, Bruno Cesan e
Luciano Panero i revisori dei
conti per l’anno 1986.
A tutte queste persone chiamate ad un incarico di responsabilità nella chiesa, giungano
gli auguri di un lavoro benedetto dal Signore.
fello e di questa sorella ha indotto molti ad altro tipo di riflessione. Si tratta di due persone,
molto diverse fra loro, a cui resistenza terrena ha riservato prove
estremamente difficili. Il tema
della giustizia di Dio e del modo
in cui l’uomo risponde ad una
mano che sembra colpirlo crudelmente è certo uno di quelli
con cui è necessario confrontarsi
sempre di nuovo. E forse un ulteriore invito alla meditazione
viene dal contrasto tra queste
dolorose riflessioni e l’ambiente
delle feste di fine anno che abbiamo appena trascorso in cui
tutti sembrano sentire soprattutto il bisogno di non pensare e
di non pensare agli altri.
litico di Capernaum a cura dei
ragazzi della scuola domenicale,
il culto di Natale all'Asilo.
• La comunità dà il benvenuto a Ingrid Frank e Martin Dorner, volontari tedeschi presso
l’Asilo per vecchi che si sono ottimamente inseriti sia nel lavoro
dell’Asilo (ricordiamo piacevolmente la loro partecipazione alla
festa di Natale dell’istituto) che
nella comunità.
Incidente d’auto
Passaggio
del Giordano
SAN SECONDO — Molto ben
frequentato il culto di Natale,
durante il quale il coro ha eseguito alcuni corali di Bach e
Stefania Bertolino ha suonato
col flauto dritto variazioni su
musiche inglesi.
• Le prossime riunioni quartierali avranno luogo secondo il
seguente calendario:
Gennaio: giovedì 16: Garossini; martedì 28: Chiabrandi; mercoledì 29: Balmas; giovedì 30:
Gianassoni.
Febbraio: venerdì 7: Costabella; martedì 11: Gondini; mercoledì 12: Villa.
Le riunioni quartierali hanno
tutte inizio alle ore 20,30.
• E’ deceduto Enrico Balmas.
Alla moglie, ai figli ed ai parenti
tutti la comunità rinnova l’espressione della sua viva e fraterna
simpatia cristiana.
Religione e scuola
• Il 26 dicembre la scuola
domenicale si è riunita per una
« festa » dove i ragazzi hanno
presentato una drammatizzazione sul passaggio del Giordano
e la caduta di Gerico. Ringraziamo ragazzi e monitori per la
testimonianza che hanno recato.
Incontro bilaterale
POMARETTO — Si sono svolti i funerali di Emilia Lantaret,
deceduta presso l’asilo anziani
di Luserna San Giovanni, e di
Guido Collet, deceduto in seguito ad un incidente automobilistico all’età di anni 55. Il
messaggio della resurrezione e
della speranza possa recare consolazione ai familiari nel dolore. La comunità porge sentite
condoglianze.
• La famiglia di Otto Peyronel e Franca Giacomino è stata allietata dalla nascita del piccolo Roberto. Al neonato ed ai
genitori gli auguri della comunità.
• Dario Long e Claudia Collet
hanno voluto unirsi in matrimonio nel tempio di Pomaretto sabato 11 gennaio 1986. La comunità, mentre augura agli sposi
tanta felicità, chiede a Dio di
essere costante guida di questa
nuova famiglia.
PINEROLO — Domenica 19
gennaio si terrà un’assemblea di
chiesa sul tema « La religione
cattolica nella scuola pubblica
dopo l’approvazione del nuovo
Concordato ». Tutti i genitori con
figli in età scolastica sono particolarmente invitati a partecipare.
• Due funerali si sono svolti
ultimamente: quello di Vittoria
Lasina ved. Balmas e quello di
Dino Bleynat.
Come sempre si è trattato di
occasioni per meditare l’Evangelo della grazia e della resurrezione. Ma la dipartita di questo fra
• Il 5 gennaio è deceduto il
fratello Alfredo Griglio. Il past.
Arnaldo Genre ha annunziato
nel tempio gremito l’Evangelo
della resurrezione.
Ai familiari la nostra simpatia cristiana.
VILLAR PEROSA — L’Unione Femminile dell’Inverso si incontrerà domenica 19 gennaio,
alle ore 14.30, mentre le sorelle
del Centro avranno un incontro
con le sorelle dell’Unione Femminile di Rorà, nel corso del
quale Marianne Hintermueller
farà con noi diverse attività di
bricolage, mercoledì 22 gennaio
al Convitto. ’Tutte le sorelle della comunità sono invitate!
Emma Martinat
Prossima assemblea
Guarigione
del paralitico
SAN GERMANO — Intensa attività della chiesa nel neriodo natalizio: l’unione femminile ha incontrato quella di Pramollo, il
culto comunitario del 22 dicembre centrato sulla drammatizzazione della guarigione del para
PRALI — Domenica 19 gennaio, assemblea di chiesa per
l’esame del bilancio consuntivo
e approvazione del bilancio preventivo. Culto con S. Cena a
partire dalle ore 10, presieduto
dal pastore Ermanno Genre.
• La comunità di Frali rinnova la sua simpatia cristiana ai
familiari di Emanuele Barus
scomparso alla fine dell’anno.
S.A.T.
Tel. 0121/91463
Servizio
Assistenza Tecnica
ELUTRODOMESTIGI
Ricarica e
modifica frigoriferi
Via Guardia Piemontese, 8
TORRE PELLICE
In questa rubrica pubblichiamo le
scadenze che interessano più chiese
valdesi delle valli. Gli avvisi vanno fatti
pervenire entro le ore 9 del lunedi
precedente la data di pubblicazione
del giornale
Giovedì 16 gennaio
□ BIBLIOTECHINCONTRI
TORRE PELLICE — Alle ore 17, presso
la Biblioteca Valdese (via Beckwith, 2)
il prof. F. Corsani presenta il libro di
Gianni Long su J. S. Bach, recenterttente edito dalla Claudiana.
Venerdì 17 gennaio
□ LA BIBBIA
IN LINGUA CORRENTE
PINEROLO — Alle ore 21 presso
la parrocchia cattolica della Tabona
si tiene la presentazione della traduzione della Bibbia in lingua corrente.
Partecipano il past. Renzo Bertalot, don
Mario Galizi e l'attore Frarroo Giacobini leggerà alcuni brani dell’Antico e
del Nuovo Testamento.
Intervengono il past. Bruno Rostagno.
presidente della Commissione esecutiva
del 1“ distretto e Pietro Giachetti, vescovo di Pinerolo.
Sabato 18 gennaio
• Il pastore sarà assente, per
motivi di salute, dal 15.1 al 15.2.
Per ogni urgenza ci si può rivolgere al pastore Ermanno
Genre (tei. 841514).
In ogni famiglia è stato distribuito un foglio informativo circa il proseguimento delle varie
attività.
□ INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
TORRE PELLICE — Alle ore 17 presso la Casa Unionista ha inizio un convegno per collaboratori dell'Eco delle
Valli. Relazioni di Paolo Fiorio (« la
cronaca delle valli nel contesto di un
periodico a diffusione nazionale »), e di
Giorgio GardioI (« programmi di lavoro
per il 1986 »). Cena offerta dalla redazione presso la Foresteria. Conclusione entro le 22.
n LA BIBBIA
IN LINGUA GORRENTE
VILLAR PEROSA — Alle ore 21 nell?
sala del Convitto, via Assietta 4,
si tiene la presentazione della traduzione della Bibbia in lingua corrente
Partecipano il past. Renzo Bertalot, don
Mario Galizi e l’attore Franco Giacobini leggerà alcuni brani deH'Antico e
del Nuovo Testamento,
Domenica 19 gennaio
FERRERÒ - MANIGLIA
La comunità esprime tutta la
sua partecipazione ai parenti di
Emma Martinat, mancata alla
età di 83 anni, grata al Signore
per ciò che questa sorella ha
rappresentato per la comunità.
n MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
Casa della Giovane, via Silvio Pellico
40, si tiene l’incontro delle coppie interconfessionali. Tema di studio: « La
celebrazione del battesimo in forma
interconfessionale ».
□ GIORNATA
DEI COMITATI
DEGLI ISTITUTI
ANGROGNA — Alle ore 10.30 presso la sala delle attività si tiene la giornata comunitaria degli istituti delle valli,
col seguente programma:
ore 10.30: Culto con la comunità di
Angrogna, Tempio del Capoluogo;
ore 12: Colazione al sacco (la comunità ospitante offrirà un primo piatto
caldo, portarsi II secondo):
ore 14: Introduzione sul tema: Ruolo
dei comitati delle opere in una situazione che cambia; discussione In piccoli
gruppi; valutazioni e conclusione.
Data l'importanza e l'attualità dell'argomento tutti i membri dei comitati
ed i direttori sono caldamente Invitati
ad intervenire.
□ CONVEGNO
CATEGUMENI
TORRE PELLICE — Alle ore 10 presso il Tempio Valdese si tiene II Convegno dei catecumeni del 3" e 4° anno
del r distretto.
n LA BIBBIA
IN LINGUA CORRENTE
LUSERNA — Alle ore 20.30 presso
l’Auditorlum dell'lst. Buniva, via Roma,
si tiene la presentazione della traduzione della Bibbia in lingua corrente.
Partecipano il past. Renzo Bertalot, don
Mario Galizi e l’attore Franco Giacobini leggerà alcuni brani dell'Antico e
del Nuovo Testamento.
f
5
17 gennaio 1986
vita delle chiese 5
LA CIRCOLARE ATTUATIVA DELL’INTESA FALCUCCI - CEI LUTTO PER LA CHIESA DI PALOMBARO
Inaccettabile
AH’intesa Falcucci-CEI ha fatto
rapidamente seguito, nonostante
le proteste di un ampio fronte di
organismi religiosi, culturali, politici, oltre che dell’opinione pubblica, la circolare attuatila che
abbiamo commentato sul numero scorso.
Raramente ministri italiani furono prima d'ora così solleciti:
ma questa dimostrazione di « efficienza » non ha attenuato le
critiche rivolte al pateracchio
combinato dalla Falcucci. Anzi.
In particolare, il Moderatore della Tavola valdese, Giorgio Bouchard, ha inviato una lettera ai
Presidenti dei gruppi parlamentari della Camera e del Senato,
nella quale si nota che la circolare « si presenta come emanata
in attuazione dell'art. 9 della legge 449/1984 (l’Intesa fra Stato e
Tavola valdese, n.d.r.): cosa del
tutto inaccettabile sia sotto un
profilo formale sia dal punto di
vista del contenuto ». La circolare, infatti, da un lato è stata
emanata senza che la Tavola fosse in alcun modo interpellata;
e dall’altro, pur facendo riferimento anche all’Intesa, è, nella
sua impostazione, incompatibile
con quest’ultima. A tale proposito, la lettera di Bouchard continua ribadendo che « L’attuazione della legge 449 non può in
alcun modo essere riassorbita
nel quadro delle norme di attuazione del Concordato ».
.Anche dalla FCEI è venuta una
presa di posizione, il cui testo
è il seguente:
« La Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia, preso atto
delle gravi implicazioni dell’Intesa stipulata il 14 dicembre 1985
tra il Governo italiano e la Conferenza Episcopale Italiana; preso atto della circolare n. 368 del
20 dicembre 1985 emanata dal
Ministro della Pubblica Istruzione;
— ribadisce che tale insegnamento, CO.SÌ come si è venuto
configurando nella suddetta Intesa e nella relativa circolare ministeriale applicativa, appare discriminatorio e penalizzante nei
confronti degli studenti che non
se ne avvarranno ed in un profondo contrasto con l’art. 9 del
la legge 449/1984;
— contesta che tale insegnamento, impartito da insegnanti
autorizzati dalla gerarchia cattolica e su libri di testo muniti di
visto deH’ordinario diocesano e
quindi caratterizzato da un chiaro indirizzo confessionale, possa
considerarsi come un adeguato
contributo alla formazione culturale dei giovani, nel quadro
del più generale ruolo della scuola pubblica;
— chiede ai Gruppi Parlamentari dei partiti democratici di
impegnarsi, in occasione del
prossimo dibattito parlamentare,
affinché la circolare emanata dal
Ministro della Pubblica Istruzione venga revocata e sostituita:
a) da indirizzi applicativi generali che prevedano Topzionalità
dell’insegnamento sostitutivo e
la collocazione e concentrazione
delle ore di insegnamento religioso, particolarmente nella scuola
materna ed elementare, al di fuori delTorario scolastico oppure
alla prima o all’ultima ora;
b) da indirizzi applicativi dell’art. 9 della legge 449/1984 che
vengano debitamente concordati
con la Tavola Valdese e siano
rispettosi della piena autonomia
di tale legge nei confronti delTapplicazione del Concordato;
— chiede ai genitori ohe credono nella laicità dello Stato e
della scuola e nell’esclusivo diritto-dovere delle famiglie e delle
chiese di trasmettere la fede alle giovani generazioni, di manifestare concretamente il proprio
dissenso dalle scelte operate dal
Ministro della Pubblica Istruzione e dalla Conferenza Episcopale Italiana, in particolare attraverso la dichiarazione di non volersi avvalere dell’insegnamento
religioso ».
Sulla collocazione dell’insegnamento religioso all’interno dell’orario delle lezioni è intervenuto anche, con un’interpellanza, il
deputato Valdo Spini. Il parlamentare socialista cita a questo
proposito l’art. 9 dell’Intesa Stato-Tavola valdese, che stabilisce
che Tinsegnamento e ogni eventuale pratica religiosa « non abbiano luogo secondo orari che
abbiano effetti comunque discriminanti », e il par. 2.2 delTaccordo FalcuccLCEI, secondo il quale l’ora di religione ha luogo
« secondo il normale criterio di
equilibrata distribuzione delle diverse discipline ». Il contrasto è
evidente, e Spini attende chiarimenti dal ministro.
Sempre dalla Tavola viene infine la notizia che la « Settimana
della libertà » di quest’anno sarà dedicata al tema della religione a scuola.
P.F.
La scomparsa
di zia Undicina
CASA BALNEARE VALDESE - BORGIO VEREZZI
C.so Italia 110 - 17027 PIETRA LIGURE (SV)
tei. 019/611907
Direzione A. E. Morelato
Sono aperte le prenotazioni per l’anno 1986 per soggiorni di singoli,
famiglie o gruppi.
Apertura della « Casa » 1“ febbraio1986
periodo febbraio - marzo
periodo aprile - maggio
periodo giugno
periodo luglio - 15 settembre
periodo 16 settembre - ottobre
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sconti: per i bambini fino a
8 anni: 50%; da tre a otto
unni: 20%; riduzione per famiglie in base al numero
dei figli.
La commissione e la direzione sono a disposizione per ogni ulteriore informazione e per esaminare eventuali richieste di agevolazioni per famiglie e/o gruppi in bassa stagione.
Margherita D’Angelo, zia Undicina per noi, della chiesa di
Palombaro, riposa insieme agli
altri che da una fede chiara
e salda trassero la convinzione
che fòsse necessario gettarsi nella mischia, per lottare, per rischiare, per sbagliare, affinché
l’Evangelo del Regno non restasse chiuso nelle assemblee
dei credenti, ma divenisse lievito per un mondo migliore. E i
suoi passi non furono passi di
pace.
Ma non perché zia Undicina
non amasse la pace. Anzi! Proprio perché i tempi erano nemici della pace, fu posta davanti
alla scelta se lottare soltanto a
parole o lottare con ogni mezzo
possibile; e verso la pace orientando i suoi passi, anche lei come gli altri, andò incontro a divisioni, odi e rancori pagando
osmi volta di persona duramente
una militanza appassionata per
la giustizia e la pace.
Nel fascismo, nella resistenza,
nella guerra fredda, nel dopoguerra, quando illusioni e delusioni sommandosi assieme laceravano la coscienza dei più forti, zia Undicina non ebbe sbandamenti. Fece una scelta di campo robusta, a volte fanatica. Ma
fu una scelta condivisa da molti.
Una scelta non casuale, non episodica, non istintiva e non irrazionale. Una scelta di fede. Che
implicava contraddizioni e debolezze, sempre presenti e dolorose. Abbandonarsi a Dio nel
momento in cui tutto congiura
per sviarci da Lui.
Maturò nella coscienza di molti, a Palombaro, una simile scelta, dagli inizi del secolo in poi.
L’ Evangelo, dinamite dentro
tante coscienze, squarciò secoli
di rassegnate umiliazioni, illuminò passato e presente e a Palombaro, come altrove, divenne
inarrestabile tensione verso il
Mondo Nuovo.
E chi si ribella in modo definitivo contro gli idoli della terra e del cielo, mal sopporta titubanze e ritardi, compromessi e
pigrizie. Mal sopporta moderate
CORRISPONDENZE
Pace, obiezione... e riscaidamento
PADOVA — La chiesa metodista ha visto quest’anno un
nuovo avvicendamento nella cura pastorale. Infatti il pastore
A. Adamo, già destinato alla
cura delle chiese di Padova e
Vicenza, è stato costretto a rifiutare il nuovo incarico. Al suo
posto è stato nominato il pastore B. Costabel, che si è insediato nelle due comunità nell’ottobre scorso. Accolto con gioia e
fraternità, egli si è messo subito al lavoro con impegno, pur
dovendo superare il comprensibile disorientamento iniziale
causato dal trasferimento.
Dopo l’insediamento, le attività a Padova sono proseguite
normalmente, sia quelle tradizionali, quali lo studio biblico,
il corso di catechismo e la scuola domenicale, sia quelle più
specifiche e peculiari, quali il
collettivo di assistenza per gli
omosessuali credenti e un gruppo di studio biblico ecumenico.
Menzione particolare merita il
gruppo di attività femminile,
coordinato quest’anno da Maddalena Costabel, che finora si è
rivelato il gruppo più « attivo »,
alternando momenti di riflessione teologica e culturale alTor
ganizzazione di vari incontri comunitari.
Un consiglio di chiesa parzialmente rinnovato con l’entrata
della signora Costabel e della
signora Febe Rossi, da poco divenuta prédicatrice locale, affianca il pastore, che si interessa attivamente alle manifestazioni cittadine per la pace e per
il diritto all’obiezione di coscienza e partecipa ad incontri
ecumenici organizzati da centri
culturali locali. Sempre a proposito di obiezione di coscienza, la comunità di Padova ha
espresso la sua solidarietà a
due obiettori che si sono fatti
arrestare per protesta contro le
discriminazioni ancora esistenti
nella durata della ferma tra militari di leva e obiettori in servizio civile.
Nel complesso si può dire che
Tanno ecclesiastico è iniziato bene per la comunità di Padova,
dopo un periodo in cui, a causa di vari contrattempi, vi erano stati un po’ di confusione e di
disorientamento. Ma certamente la ciliegina sulla torta è rappresentata dal nuovo impianto
di riscaldamento installato nei
locali della chiesa, che è anche
testimonianza di grande volontà e fede di tutti i membri e
amici.
Flauti, balletti
e una tarantelia
a « Viila Betania »
NAPOLI — In un clima gioioso, il 20 dicembre 1985 all’Ospedale evangelico « Villa Betania »
di Ponticelli si è svolta la consueta festa di Natale organizzata
da tutto il personale, appoggiato
da alcuni membri delle Comunità
evangeliche napoletane. Il programma ha avuto inizio con l’esecuzione di musiche per flauti
eseguite dal Direttore del Goethe
Institut Sig. Wolf e signora, dalla signora ddl Console tedesco
e dalla Direttrice delTOspedale
evangelico Ingrid Schade.
E’ stata poi la volta del dialogo « Il miracolo delTorgano » recitato da Marion, Verena, Gianni, Gino e Salvatore e la cui regìa è stata curata da Maria De
Bonis. Ed ancora Marion ha
istruito i bambini del centro
sociale « Casa Mia », portandoli
ad eseguire tre balletti ed una
tarantella che ha galvanizzato
tutti i presenti. E’ stato un lavoro delicato, quello di Marion,
poiché ha accostato i bambini
della zona più diseredata di Napoli alla disciplina più ricercata, da élite: la danza classica.
Il pastore Carcò è stato chiaro
ed incisivo nel suo breve messaggio ed il presidente Nitti ha
avuto parole di sereno ricordo
per il caro Teofllo Santi, il quale « avrebbe certamente ’ gustato
nel suo giusto valore ogni momento della festa » e che certamente era « presente fra di noi
in spirito »...
Anche quest’anno il ricavato
del bazar e del buffet sarà devoluto a favore della Comunità
«Il Villaggio» di Santa Paolina
(Av) contro le tossicodipendenze. Si tratta di 1.515.000 lire per
mettere su ima lavanderia onde
permettere ai giovani ospiti del
« Villaggio » di dedicarsi ad un
lavoro che li metta in condizione di svolgere una vita attiva.
Anche la Chiesa valdese di Via
dei Cimbri 8 ha tenuto un bazar a favore del « Villaggio » raccogliendo circa 300.000 lire.
illusioni ed ipocriti appelli. Chi
si ribella, sia pure nel nome del
Signore, ha una strada « di scontento », e i suoi passi non son
passi di pace; zia Undicina ebbe
quindi una strada nienl’affatto
contenta.
Visse fino in fondo le contraddizioni legate alla sua debolezza
di donna sola. Non poteva altrimenti una donna nata in un paese del Sud; e la sua natura fiera
e decisa, ebbe risvolti di un candore e di una fragilità disarmanti e impensabili. Ma nei lunghissimi anni trascorsi lontano da
Palombaro, quando ptureva mille miglia distante da una realtà
ormai remota, portò nei suoi
passi la memoria maturata e
mai rinnegata di una rivolta globale. Maldisposta a compromessi o a ripiegamenti, condusse
nella chiesa e nel Partito Comunista tutta la forza polemica di
cui un palombarese è capace.
Ed anche questa foga polemica,
a volte implacabile e manichea,
è una eredità che ha condiviso,
nel bene e nel male, con quelli
che dormono con lei e con molti che, lottando, attendono di
raggiungerla ai piedi della collina.
Gianfranco Santoleri
TARANTO
Niente
missili
in
L’assemblea della chiesa valdese di Taranto, riunita il 22 dicembre scorso, ha approvato una
mozione che dichiara « zona denuclearizzata » i locali di culto.
La motivazione della decisione
prende spunto dal rapidissimo
sviluppo delle capacità distruttive delTuomo; « Quando la tecnologia è sul punto di sfuggire
al controllo — vi si afferma —
riteniamo importante ricordare
che l’universo appartiene a Dio
e che nessun essere umano è libero di turbare il delicato equilibrio della creazione. (...) L’umanità è arrivata al punto di
dover decidere tra la vita e la
morte. Come cristiani riteniamo che il segno distintivo della
vita sia l’amore ed è quindi
l’amore il criterio che i cristiani devono usare per progettare
il futuro: un futuro fatto per gli
esseri umani, in cui la qualità
della vita non si misura in termini di dominio, di potere e di
morte, ma di fratellanza e di
pace ».
In questa prospettiva il problema della pace non può essere
delegato ai politici, ma diventa
motivo di impegno per tutti, uomini e donne di ogni paese: infatti — afferma la mozione —
« Dio ha affidato a ognuno di
noi la responsabilità della creazione ».
Consapevole che la « denuclearizzazione in sé e per sé, al di fuori di un impegno coerente, rimane una parola vana », il testo
della chiesa di Taranto si conclude poi con un appello a tutti
i suoi membri « a farsi promotori di una cultura di pace », e
« invita tutte le comunità cattoliche e evangeliche del territorio
a rendere i propri locali zone denuclearizzate »: un’analoga proposta viene più avanti nel testo
rivolta ag'li enti locali tarantini.
6
6 prospettive bibliche
17 gennaio 1986
Contro ogni dualismo
e ogni confusione
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Ginria di Dio e pace in terra - 3
LUCA 2: 1-14
O In quel tempo uscì un decreto da
^ parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero.
2 Questo censimento fu il primo fatto
mentre Quirinio governava la Siria.
3 Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città.
4 Dalla Galilea, dalla città di Nazaret,
anche Giuseppe si recò in Giudea, alla
città di Davide, chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide,
5 per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta.
6 Mentre erano là, si compì per lei il
tempo del parto;
7 ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una
mangiatoia, perché non c’era posto per
loro nell’albergo.
6.1. Tentazione fondamentale di
ogni religione è il contrapporre ed
ergere l’un contro l’altro il mondo
invisibile di Dio (con il credente che
si differenzia dai non credenti) e il
mondo visibile degli uomini.
Anche la fede cristiana ha ceduto
a questo rischio e talvolta lascia trasparire un dualismo fra l’alto e il
basso, il visibile e l’invisibile, il divino e l’umano, l’eterno e il temporale \
Per evitare un tale rischio, la creazione deve davvero diventare parte
integrante della teologia e della liturgia della chiesa.
L’altra forma assunta da questa
tentazione è il mescolare e confondere il presente e l’avvenire, TefEmero e il duraturo, l’accessibile e l’inaccessibile. Anche a questo rischio la
fede cristiana è esposta ^
Né dualismo né confusione
6.2. L’angelo non cede né all’uno
né all’altro di questi rischi, nel celebrare le lodi della mangiatoia di
Betleem: non separa il cielo dalla
terra, il mondo di Dio dal mondo
degli uomini (c’è fra l’uno e l’altro
un « e » gravido di significato); ma
nemmeno li mescola e confonde:
istituisce fra loro una netta distinzione, chiara. « Gloria a Dio nei cieli altissimi e pace sulla terra! ».
Tutti i commentatori concordano
nel ritenere che non si tratta di un
ottativo: « cosi sia! ». Nel loro can
La^ gloria di Dio nei luoghi altissimi e la pace sulla terra sono due
aspetti di un’unica e medesima realtà: questo è il senso del canto-annunzio angelico, e questo evidentemente vuol essere il senso del tema della
prossima assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee
(KEK), che come annunciato si terrà in Scozia nel settembre prossimo.
Continuando la pubblicazione, in versione italiana, degli studi biblici riferiti al « tema », contenuti nei documenti preparatori all’ assemblea, ricordiamo che è stato in precedenza sottolineato che il mondo è il luogo
dell’azione di Dio, è qui che avviene l’incarnazione, che si manifesta la
presenza di colui che è il Salvatore, il Signore, il Cristo.
a cura di GINO CONTE
to di lode gli angeli non formulano
dei voti, ma dichiarano dei fatti.
Constatano il mutamento e il rinnovamento suscitati dall’irruzione della gloria di Dio nel mondo degli uomini. Appunto, « pace sulla terra »
per coloro ai quali Dio sceglie di offrirla (i suoi diletti). Dovremo meditare lungamente su questa scelta di
Dio che ci vieta di pensare alla proclamazione di una pace generale e
totale grazie alla nascita di Gesù
Cristo; e che ci vieta pure di attribuire il senso di pace generale alla
dossologia (espressione, formula di
lode, da doxa = gloria] degli angeli.
Ce lo vieta non soltanto perché l’esperienza ci mostra quanto poco
probabile apparisse un’epoca di pace generale, ma anche dal punto di
vista della concezione che il Nuovo
Testamento ha della pace.
Anche in questo caso, non conviene spiegare il senso del vocabolo utilizzato riferendosi all’uso greco, che
nella pace non vedeva che la sospensione di uno stato di guerra permanente.
E’ uscito in libreria nella Collana di narrativa/1
ALDO BODRATO
NOVITÀ’
Le opere della notte
Dodici racconti
LE ORME DI UNA FEDE CONTROCORRENTE:
DA GIACOBBE A BONHOEFFER
S”, pp. 190, con 16 ilLni fuori testo, L. 14.000
Questo libro di Aldo Bodrato, un cristiano impegnato del gruppo de « Il
foglio » di Torino, intende ricostruire, attraverso una lettura narrativa e teologica insieme, il cammino compiuto dalla fede biblico cristiana dai patriarchi
ai nostri giorni.
Si tratta di una « fede controcorrente » che non si adagia sulle comode vie
dell’ Istituzione trionfante, ma batte vie nuove e ardue per riscoprire una funzione « profetica ». E’ ovviamente un’interpretazione che viene così proposta
e di cui il lettore potrà giudicare la legittimità.
Il volume è arricchito da una serie di 16 acqueforti e xilografìe quasi tutte
di soggetto biblico o religioso. Sono anch’esse un tentativo di « raccontare »
con l’immagine che in*^egra — senza sovrapporsi — i tentativi dei dodici
« racconti ».
CLAUDIANA — Via Principe Tommaso, 1 — 10125 TORINO
Nel Nuovo Testamento la pace,
come lo shalom dell’Antico Testamento, è la ricapitolazione, la somma di tutti i doni benefici che l’uomo riceve da Dio (incluso quello della riconciliazione con Dio!); concerne l’intera situazione dell’essere
umano e delle sue condizioni di vita,
nella loro globalità. Com’è stato detto un giorno, essa rappresenta « una
tale sovrabbondanza di speranza di
salvezza » da renderci impossibile
sperare di vederla realizzarsi in tutta la sua pienezza nel nostro tempo.
Speriamo, ciò che già è
6.3. Eppure l’oggetto della nostra
speranza, ciò che ancora deve accadere, lo vediamo già presente in ciò
che, in realtà, è avvenire. Così è perché Dio ha manifestato nel suo Figlio, in tutta la sua pienezza, la sua
gloria che gli uomini già potevano
percepire nella creazione.
La gloria di Dio è ciò che Dio mostra proveniente da Dio e non dall’uomo, è la sua sovranità buona e
benigna, è il suo amore per l'umanità, è l’elemento che rende possibile che si attuino le condizioni necessarie al rispetto dei diritti dell’uomo.
Questa gloria di Dio ha preso forma nel bambino coricato nella mangiatoia; è nel mondo una realtà attiva, che ha stabilito la pace mediante il sangue di Cristo sulla croce
(Colossesi 1: 20). Percorre la via che
va dal Padre ai credenti passando
per il Figlio (Giovanni 17: 22); i credenti possono attenderla come lo
stato di pace perfetta per l’avvenire
(Romani 8: 17; Filippesi 3: 21; 1 Pietro 5: 4); già oggi, però, essi ne sono
afferrati, vi hanno parte.
Dono,e dovere
Tale partecipazione è un dono,
ma anche un dovere. Ora, ora soltanto, ma con una urgenza che si
8 In quella stessa regione c’erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge.
9 E un angelo del Signore si presentò a
loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e temettero di gran timore.
10 L’angelo disse loro : Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una
grande allegrezza che tutto il popolo
avrà:
11 Oggi, nella città di Davide, vi è nato
un Salvatore, che è il Cristo, il Signore.
12 E questo vi servirà di segno: troverete un bambino fasciato e coricato in
una mangiatoia.
13 Ad un tratto vi fu con l’angelo una
moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
14 Gloria a Dio nei luoghi altissimi, pace in terra fra gli uomini ch’egli gradisce!
presenta ineluttabile, si afferma che
i cristiani, al seguito di colui che ha
stabilito la pace con il suo sangue
(Colossesi 1:20), devono e possono
essere a loro volta artefici della
pace.
Non sono sicuramente i soli a poterlo fare, ma hanno una responsabilità particolare nel senso che hanno parte alla gloria di Dio. I cristiani devono sapere che la pace da stabilire sulla terra non è che un riflesso dello shalom voluto da Dio.
Anche così, però, questa pace è infinitamente preferibile alla guerra
permanente e alla costante minaccia di guerra. E questa pace è possibile, già oggi.
Là dove dei cristiani si riuniscono, specialmente quando questa riunione assume la forma solenne di
una grande conferenza o assemblea,
dovrebbero preoccuparsi pure della
« pace sulla terra ». Perché « l’astro
sorgente venuto dall’alto è apparso
a coloro che si trovavano nelle tenebre e nell'ombra della morte, per
guidare [conservare, dice l’originale
francese del documento] i loro passi sulla via della pace » (Luca 1: 79).
(N.d.t.: questi studi biblici continueranno, le prossime settimane, centrando, dialetticamente,
questi due temi di teologia biblica: la gloria di Dio e la gloria
dell’uomo, la pace di Dio e la
pace sulla terra).
’ Una riprova alla portata di tutti si
ha sfogliando un libro di pietà, una raccolta di meditazioni o di preghiere, un
innario; soprattutto di ieri, ma non soltanto. E magari riflettendo criticamente
al gergo dei nostri culti, delle nostre preghiere (N.d.t.).
2 Nelle oscillazioni ampie, talora estreme che la sensibilità, la fede, la pietà
(l’impegno, amiamo dire oggi) dei cristiani subiscono, ricorrenti, attraverso
le epoche, il rischio di confondere o di
non ben distinguere fra l’ora e il Regno,
che caratterizza pesantemente tutti i movimenti millenaristi o apocalittici, si presenta però anche in molte forme apparentemente più pacate: quando le chiese, nella loro realtà istituzionale, sacramentale, dogmatica oppure nel loro impegno socio-politico pretendono ’anticipare’ sul Regno ; e anche schietti pietisti hanno parlato e parlano discutibilmente di « affrettare l’avvento del Regno
di Dio », di farlo venire con le proprie
parole e con il proprio agire. Ma una
cosa è la chiesa, un’altra è il Regno, una
cosa è ciò che Dio fa, un’altra ciò che
facciamo noi. Correlate — ma, in alcun
modo e misura, confuse. Dio non dà la
sua gloria ad altri (N.d.t.).
7
17 gennaio 1986
obiettivo aperto 7
UN RICORDO DEL GRANDE SCRITTORE AD ALCUNI MESI DALLA SUA SCOMPARSA
Italo Calvino; un'etica
religiosa senza religione
Il dramma di uno scrittore internazionale, laico e ’’parigino” nel ’’brodo manzoniano” della cultura italiana - Il suo singolare non-funerale
Personaggio scomodo e autore di bravura indiscussa, Italo
Calvino è stato liquidato in fretta dalla stampa italiana, che di
fatto ben poco di interessante
e originale ha trovato da dire.
Unica eccezione, forse, il commosso commiato di Franco Fortini sull’Espresso.
Per il resto, ovvi ricordi, commenti sciatti, viete interpretazioni e infine la beffa finale della fotografia del funerale.
Per una volta che un personaggio famoso — e degno di tale fama — è stato sepolto senza
preti, benedizioni, saluti, in un
modo che più « laico » e meno
retorico non si può, ecco che almeno due quotidiani, che io sappia, non affini (L’Unità e La
Stampa), e forse altri, pubblicano una foto, la stessa, dalla quale .sembra che la bara stia entrando in una chiesa. In realtà
l’ospedale di Siena è posto davanti al duomo in modo che da
una certa angolatura chiunque
ne esca sembra diretto verso
di esso. Il fatto che tra le tante
possibili sia stata scelta proprio
ouella foto, unito all'imbarazzo
con cui il telegiornale mostrava
strane sfocate immagini di quel
non-funerale poco ufficiale e per
nulla ortodosso, nonostante la
presenza di Cossiga, mi lascia
dubbi seri sull’accidentalità della « gaffe ».
Ecco il primo insulto post
mortem di questa Italietta che
forse ha amato Calvino, ma di
certo non l’ha capito né sarà in
grado di apprezzarlo per il prossimo trentennio...
Di lui Parise ha detto che non
è stato « uno scrittore italianocattolico-romano. E’ stato, invece, internazionale, laico e semmai parigino ». Aggiungendo che
tutti in Italia vivono nel « brodo del Manzoni » da cui Calvino
era fuori, ha concluso che con
la sua morte la cultura italiana
« I ipiomberà in pieno nel brodo
manzoniano » ( Il Corriere della Sera, 20.9.’85)...
Certo Calvino è uno dei pochi autori italiani — a parte
quelli di origine ebraica incluso Svevo, anche se tanto italiano non è — che non dica Chiesa per indicare quella di Roma,
che conosca il significato della
parola pluralismo e che non trascini in sé e nelle sue opere, viscerali terrori delle fiamme dell’inferno, masochistici desideri
di espiazioni corporali e cordoni ombelicali mal recisi con l’opprimente cupolone di S. Pietro.
Nato in una famiglia di liberi
pensatori — il padre, liberalmassone vantava ascendenze ugonotte — da bambino frequentò
l’asilo inglese al St. George College e le elementari alle Scuole
Valdesi di S. Remo. Questa sua
infanzia « protestante » certamente è il sostrato che lo rende
particolare nel piatto grigiore
di chi crebbe e si formò nel famigerato ventennio.
Ma lui, Calvino, persona, davvero, chi era?
Ammiravo i suoi libri su cui
mi sono formata da bambina,
ho con lui avuto tra i 12 e i 14
anni una vivace corrispondenza
(di cui, mi disse qualche anno
fa, gelosamente conservava ogni
pagina nel suo archivio), ma
quando in età adulta avrei potuto trasformare la conoscenz.a
in amicizia, qualcosa mi ha sempre bloccata o allontanata. Oggi
ovviamente ne provo rimpianto
e rimorso.
Calvino era amico di mio pa
dre. Pavese gli aveva presentato
l’allora timido e giovanissimo
cronista dell’Unità, che semprc
tanto tenne alla sua stima e ai
suoi giudizi. Come altri intellettuali torinesi aveva letto parecchie opere non ancora pubblicate su cui l’insicuro futuro
scrittore chiedeva critiche assai
più che elogi. Nei giorni in cui
il mondo civile trepidava per
la sua sorte, i miei genitori ricordavano quando neíl’immediato dopoguerra il giovane magro
e taciturno era salito nella soffitta di Corso S. Maurizio a portar loro una copia de « Il sentiero dei nidi di ragno », fresca di
stampa.
La mia amicizia data, ovviamente, a più tardi, agli inizi degli anni ’60. Era l’estate della
II media, eravamo in vacanza a
Subiasc e io, che nell'inverno
avevo letto tutti i libri di Calvino, continuavo a chiedere a
mia madre notizie su di lui. Lei
disse: « Perché non gli scrivi? ».
L’unica cosa che ora ricordo di
quello scambio epistolare è una
accusa che gli rivolgevo.
Verso la fine del Barone Rampante, Viola, ex amante di Cosimo, sposatasi con un lord inglese se ne va in India, ma pure
di là lo rimpiange e spesso spera di vederselo balzare davanti,
facendosi largo tra le foglie.
« Ma era l’ombra di una scimmia o di un giaguaro ». Il giaguaro, gli facevo notare, vive solo nelle Americhe, quindi l’inesattezza è grossa. Nella sua prima lettera, lui rispondeva entusiasta e prometteva che nelle
successive edizioni avrebbe provveduto a correggere. « Leopardo
va bene? » mi chiedeva.
Quando il Barone Rampante
venne ristampato e Calvino iniziò a essere divulgato nelle scuole (prima, i miei genitori che
mi lasciavano simili sconcezze
in mano venivano giudicati
aberranti dalle famiglie-bene)
corsi a vedere se il giaguaro fosse stato corretto.
C’era ancora e ora ci sarà per
sempre. E’ davvero un errore
vistoso, come mettere l’elefante in America o la tigre in Africa, che mi lasciò molto delusa
allora e mi fa sorridere ora
quando i critici pontificano sulla sua meticolosità scientifica.
Forse fu proprio quell’inadempimento a una promessa che mi
staccò da lui, o la volubilità dell’adolescenza prima e la «contestazione » dei padri, delle madri e dei loro amici, poi.
A una conferenza nel ’64, credo, ebbi modo di conoscerlo di
persona; decisi che i suoi libri
erano meglio di lui; lo rividi,
sempre con mio padre o mia
madre, un altro paio di volte...
E’ solo sul finire degli anni ’70,
il ’78 se non vado errata, che ormai adulta, rividi Calvino e in
più occasioni mi ritrassi come
spaventata di fronte alla sua affabile disponibilità, tanto più inconsueta data la ritrosia del
personaggio...
* * *
Ho riletto tutte le sue opere
nell’arco di un mese, per un
omaggio a Italo Calvino in cinque puntate su Radio Beckwith.
Dal mostruoso bambino Pin
allo strambo signor Palomar (che
altri non è che Calvino stesso
nei minimi dettagli) un filo autobiografico ininterrotto e serrato nasconde lo stesso problema esistenziale che è anche letterario. Sotto il suo sottile umorismo, con gentile sarcasmo.
Calvino cova una disperazione
devastante, che maschera abilmente, ma che era angosciante
per chi, a tu per tu, ne captasse
la profondità.
La sensazione rimastami alla
fine di questa recente intensiva
lettura è quella di un grandissimo scrittore senza veri contenuti, o meglio, che non riuscisse a scrivere qualcosa di davvero grandissimo, ma che volesse
e ci soffrisse. Forse solo ne « 11
sentiero dei nidi di ragno » ha
tentato di dire qualcosa. Dopo
ha fatto lo struzzo nascondendo
la testa sotto la sabbia dei virtuosismi della forma e dello
scherzo, in cui era egregio. Neppure in un modello di impegno
civile umano e politico quale
« La giornata di uno scrutatore » egli riesce autenticamente
positivo e propositivo. Cosa questa che non sempre è necessaria,
anzi; ma dato che è lo scrittore
ad averne l’esigenza, l’attento
lettore ne capta l’angoscia impotente.
Nel mio dubbio è lo stesso
Calvino ad aiutarmi, nella prefazione del '64 alla riedizione de
« Il sentiero... » a pag. 22. « Questo romanzo è il primo che ho
scritto. Che cosa ne posso dire
oggi? Dirò questo: il primo libro sarebbe meglio non averlo
mai scritto ». E a pag. 24 c’è la
sintesi del problema che si intuisce quando ci si diverte sulle sonatine per clavicembalo di
« Se una notte d’inverno un viaggiatore » o di « Palomar », ma
che dopo le illustri sonate del
ciclo neorealistico e della trilogia prima e delle Cosmicomiche
poi, ci si aspettava sfociassero
in una grandiosa sinfonia. Inve
ce ci fu un arroccarsi nello stile
del suo secolo preferito in divertissements squisiti ma che
credo non lo soddisfacessero.
« Un libro scritto non mi consolerà mai di ciò che ho distrutto scrivendolo: quell’esperienza
che custodita per gli anni della
vita mi sarebbe forse servita a
scrivere l’ultimo libro, e non mi
è bastata che a scrivere il primo... ».
La Resistenza, quindi, come
esperienza non solo personale
sprecata, forse perché considerata troppo elevata e dall’altra
parte un problema più generale
e particolare insieme: la fede.
Come i suoi ugonotti ne'. Visconte dimezzato, Calvino ha la
morale, è un uomo retto, m.a
gli manca qualcosa che regga e
illumini la sua onestà.
Alla stupenda immagine del
coro dei lebbrosi raffigurante
« L’edonismo, la felice decadenza, il nesso estetismo-malattia...
il decadimento artistico e letterario contemporaneo, ma anche
di sempre... » si contrappone
quello degli ugonotti. Essi sono
« il dimidiamento opposto, il
moralismo, ma come immagine
sono qualcosa di più complesso
ancora perché c’entra una specie di esoteria familiare... una
illustrazione (satirica e ammirativa al tempo stesso) delle_ origini protestanti del capitalismo
secondo Max Weber, e, per analogia, d’ogni altra società basata Su un moralismo fattivo; e
una evocazione — più simpatetica che satirica questa — di
un’etica religiosa senza religione ».
Come i suoi ugonotti, che,
avendo nella fuga perso le Bibbie, gli innari, i pastori, i dotti,
non pregavano, non cantavano.
Quasi non parlavano per tema
di commettere scorrettezze teologiche, ma erano rigidissimi
nella loro morale, onesti fino all’ossessione e molto calvinisti,
Calvino è uomo molto religioso
in cerca o in attesa di una fede.
Purtroppo non posseggo elementi che provino se l’abbia trovata.
Non mi resta che concludere,
quindi, e mi piace farlo con le
parole di una delle più belle
canzoni sulla Resistenza, scritta
da Calvino e musicata da Liberovici, « Oltre il ponte »:
« Non è detto che fossimo santi,
l’eroismo non è sovrumano
corri abbassati, dai balza avanti,
ogni passo che fai non è vano.
Vedevamo a portata di mano
dietro il tronco il cespuglio il canneto
l’avvenire di un mondo più umano
e più giusto più libero e lieto.
Avevamo vent’anni e oltre il ponte,
oltre il ponte ch'è in mano nemica,
vedevam l’altra riva, la vita,
tutto il bene del mondo oltre il ponte... ».
Forse è una delle poche testimonianze « in positivo » di Italo
Calvino. Di certo è la più fresca
semplice e immediata. Forse è
la sintesi di ciò che avrebbe
scritto in quell’ultimo libro, se
non lo avesse « sprecato » scrivendo il primo.
La vita e le opere
Il padre di Italo Calvino era un agronomo di S.
Remo che aveva passato molti anni studiando nei
paesi tropicali. La madre, assai più giovane, era
una botanica. Italo nacque a L’Avana il 15 ottobre
1923, alla vigilia del definitivo rimpatrio dei genitori.
Crebbe a S. Remo, negli stupendi giardini dell’orto botanico di cui la madre era direttrice. Si
iscrisse ad Agraria a Torino (dove il padre insegnava), ma interrotti gli studi per via della guerra, passò poi a Lettere e si laureò con una tesi su
Conrad.
I genitori non g'ii diedero alcuna istruzione religiosa. Dopo le elementari alle Scuole valdesi frequentò il ginnasio-liceo.
Durante l’occupazione tedesca, renitente alla
leva della Repubblica di Salò, si trovò, come molti giovani della sua generazione, coinvolto nell’attività partigiana. Con il fratello appena sedicenne
combatte nelle Brigate Garibaldi nella zona delle
Alpi Marittime. I loro genitori furono per alcuni
mesi trattenuti come ostaggi dai tedeschi.
Dopo la liberazione. Calvino, che si era iscritto al PCI durante la Resistenza, fa politica in Liguria e a Torino.
Inizia a scrivere i primi racconti che mostra
a Vittorini, a Pavese, alla Ginzburg. Collabora a
« L’Unità » di Genova e di Torino e nel '47 pubblica il suo primo romanzo, « Il sentiero dei nidi di
ragno », presso Einaudi, che sarà il suo editore fino
al 1983. Nella stessa casa editrice troverà un impiego che manterrà per più di trent’anni.
Nel 1957, in seguito ai fatti di Ungheria, lascia
il PCI. Sempre di più, dopo la pubblicazione de
« Il visconte dimezzato » e altri racconti, si dedica alla letteratura. Pur rimanendo « torinese »,
verso la fine degli anni ’50 vive di più a Roma.
Oltre a scrivere altri romanzi porta a compimento l’arduo lavoro affidatogli da Giulio Einaudi
di raccogliere le fiabe italiane in un libro.
Non rimane tuttavia estraneo al dibattito intellettuaile delle varie riviste: collabora a « Il Con
temporaneo » e diviene, per insistenza di Vittorini,
condirettore con lui de « Il Menabò ».
Nel ’64 sposa un’argentina d’origine ebreo-russa che lavora per l’Unesco, a Parigi. Quivi dimora fino alla fine degli anni '70, pur continuando il
suo lavoro editoriale da Einaudi.
In quel periodo collabora pure a « Il Corriere
della Sera ». Nel 1979 ritorna a Roma con la famiglia (nel 1965 gli è nata la figlia Giovanna) e
nel 1980 imzia la sua collaborazione a « La Repubblica ».
A lui si deve buona parte dèlie scelte editoriali
della sezione narrativa dell’Einaudi; in particolare
furono suoi gli Struzzi e la collana Centopagirie,
che tra l’altro riportò giustamente in auge « Amore e ginnastica » di De Amicis e « Fosca » di Tarchetti.
Opere principali
Il sentiero dei nidi di ragno (1947); Ultimo
viene il corvo (1949); Il visconte dimezzato (1961);
L’entrata in guerra (1954); Il barone rampante
(1957) ; La speculazione edilizia (1957); I racconti
(1958) ; Il cavaliere inesistente (1959); La giornata
di uno scrutatore (1963); Marcovaldo (1963); Le
Cosmicomiche (1965); Ti con zero (1967); Le città invisibili (1972); Il castello dei destini incrociati (1973); Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979); Palomar (1983). Una pietra sopra
(1980) e Collezione di sabbia (1984) raccolgono
molti dei suoi innumerevoli articoli e saggi.
Da segnalare, infine, come attività assai meno conosciute, la versione in prosa e commentoscelta dell’Orlando Furioso in « L’Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino » e la sceneggiatura di un poeticissimo film per ragazzi: « Ti
Koyo e il suo pescecane », storia di un bambino
negli azzurri felici mari della Polinesia.
Pagina a cura di Erica Scroppo
8
8 ecumenismo
17 gennaio 1986
UN SINGOLARE MOVIMENTO DI DONNE CREDENTI LA SETTIMANA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI
Comunità della monetina Quale ecumenismo?
Le partecipanti offrono le più piccole monete dei loro paesi per finanziare progetti a favore di donne e bambini di ogni parte del mondo
Un movimento ecumenico pochissimo noto in Europa è la
« comunità della monetina » (thè
Fellowship of thè Least Coin), un
movimento di preghiera per la
pace, la giustizia e la riconciliazione diffuso essenzialmente fra
le donne protestanti.
Nato trent’anni fa dalla visione di una donna riformata indiana, Shanti Salomon, questo movimento è unico nel suo genere
e unisce nella comunione della
preghiera donne di ogni razza,
colore, cultura, denominazione
che dimostrano la loro solidarietà le une con le altre partecipando alla costituzione di un fondo che finanzia progetti in tutto
il mondo destinati a migliorare
la condizione di donne e bambini. Questo fondo è alimentato
dall’offerta della più piccola moneta di ogni paese: ricche o povere, colte o analfabete, cittadine
0 contadine le donne offrono
tutte la stessa monetina. L’intenzione è di dare a tutte la possibilità di offrire lo stesso dono, perché quello che conta non è tanto
il dono in sé quanto lo spirito di
preghiera con cui viene offerto:
per le ricche è spesso un’importante lezione di umiltà. Ogni volta ohe in gruppo o nrivatamente
1 membri della comrmità della
monetina pregano per la pace,
la giustizia e la riconciliazione,
mettono nel salvadanaio, in segno di solidarietà, la moneta di
Io lire o di 5 centesimi. Una volta l’anno, in culti o cerimonie diverse secondo i paesi, tutte le
monetine sono raccolte e la somma inviata a Ginevra, al Consiglio ecumenico delle Chiese, che
ne assiema gratuitamente la gestione.
Le somme raccolte così sono
molto notevoli: ho partecipato
alla ritmione del Comitato internazionale che provvedeva alla distribuzione per il 1986 di questo
denaro. E’ stata un’esperienza
unica e straordinaria: in poche
ore, senza diverbi o contrasti,
una decina di donne provenienti
dai quattro angoli della terra e
rappresentanti diverse organizzazioni ecumeniche di donne hanno
assegnato sussidi e doni ad una
ventina di progetti in tutto il
mondo (progetti quasi sempre a
favore delle donne e spesso gestiti da donne) per la cospicua
somma di un quarto di milione
di dollari americani (circa 450 milioni di lire).
Il movimento è molto noto soprattutto in Asia e nel Nord
America, ma si sta diffondendo
anche in America latina e comincia ad essere conosciuto in Europa. Affine al movimento della
Giornata Mondiale di Preghiera,
con cui ha stretti vincoli, nei
suoi trent’anni di esistenza ha
dato molto spesso alle donne
cristiane in varie parti del mondo i mezzi per organizzare i loro propri incontri a livello internazionale o per partecipare ad
altri incontri ecumenici in cui
altrimenti avrebbero avuto scarse possibilità di essere presenti.
La riunione del comitato
della comunità della monetina ha atmto luogo a Hong
Kong , la città cinese dove si accalcano 5 milioni e mezzo di abitanti, porta aperta della Cina e
verso la Cina.
Il 10% della popolazione è costituito da cristiani, circa metà
protestanti e metà cattolici. I
protestanti (anglicani, metodisti,
battisti, pentecostali. Esercito
della Salvezza e altri) e alcune organizzcizioni come la Società biblica, l’YMCA, l’YWCA, ecc. sono
uniti nel Consiglio cristiano di
Hong Kona.
La città ha accolto e alloaeiato
diverse ondate di rifugiati dalla
Cina (al momento della presa del
potere da parte dei comunisti e
poi della rivoluzione culturale) e
dal Vietnam. Se il primo impatto
con Hong Kong dà un’impressio
ne di ricchezza e, di benessere,
poiché è un grande emporio
franco dove si trova di tutto a
ottimi prezzi, ben presto si scopre che la realtà è diversa e che
la stragrande maggioranza della
popolazione (80%) vive con redditi molto bassi, al limite della
povertà. Moltissime famiglie vivono in una sola stanza, anche se
in edifici relativamente moderni,
0 sulle giunche nel porto.
In questa situazione la chiesa
ha stabilito r>er il suo ministero
negli anni ’80 alcune priorità: attenzione per tutte le Questioni
politiche e sociali che affliggono
la città e per i problemi e le difficoltà dei giovani, l’intensificare
1 rapporti con la chiesa in Cina,
la predicazione dell’Evangelo ai
più poveri, anziani, operai, rifugiati.
Il Consiglio cristiano ha del
personale qualificato che lavora
a pieno tempo per aiutare « i
minimi » a conoscere e difendere
i loro diritti, per migliorare la legislazione a favore degli operai e
dar loro un’istruzione più completa. Il lavoro svolto a favore
delle donne operaie, per es., è
stato molto notevole: in una situazione in cui i salari sono molto bassi, i licenziamenti facili, i
diritti riconosciuti pochi, le chiese si sono battute insieme con
altre organizzazioni per ottenere
migliori condizioni per le donne
incinte, per le madri, per i bambini.
E’ giusto ricordare che Hong
Kong non è soltanto la città dove i grattacieli occidentali si mescolano alle insegne esotiche e
alle giunche cinesi, dove si comprano a buon prezzo sete e apparecchi di alta tecnologia di ogni
tipo, ma è anche un luogo in cui
i cristiani, minoritari, sono impegnati con coraggio e apertura
verso il futuro in una testimonianza profetica dell’Evangelo.
Fernanda Comba
Sotto il motto « Voi mi sarete testimoni » (Atti 1: 8) avrà
luogo dal 18 al 25 gennaio la
« Settimana per l’unità dei cristiani ». Giunta ormai alla diciannovesima edizione (la prima volta nel 1968), organizzata da un
comitato misto composto da esponenti della gerarchia cattolica e da rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese,
essa rappresenta in numerosi
paesi un’importante occasione di
incontro e di riflessione comune
fra cristiani di diverse confessioni.
Peraltro, almeno in Italia, dal
1968 molto è cambiato: le occasioni di dialogo fra evangelici e
cattolici si sono moltiplicate, e
sono nate esperienze di confronto e di fraternità molto meno
ufficiali e formali della « Settimana per l’unità », a cominciare
dall’ormai ricca storia di collaborazione e ricerca comune fra
chiese protestanti e comunità
cattoliche di base. Ed è, in fondo, anche per questo che l’ecumenismo « di vertice » mostra oggi i suoi limiti: alle dichiarazioni
di disponibilità e spirito' fraterno
che si odono nella « Settimana »,
non fa infatti spesso seguito —
da parte cattolica — un analogo atteggiamento verso quei fratelli che nell’ambito dèlia chiesa
cattolica, si trovano in posizione critica. E ciò rende poco credibili certi discorsi a parole
molto « ecumenici ».
La « Settimana per l’unità dei
cristiani » può però, nonostante
tutto, essere ancora un momento significativo nella ricerca, fra
chiese diverse, di una comune
fedeltà al Signore: può esserlo
— e lo sarà — se rappresenterà
un’occasione di dialogo franco
anche su ciò che divide, a cominciare daM’insegnamento della religione a scuola. La chiarezza è
senz’altro più ecumenica dell’ambiguità. Paolo Fiorio
EVANGELICI IN ERITREA
Una chiesa povera
ma vitale
La Chiesa evangelica in Eritrea
è una minoranza povera, ma vitale. Ha i suoi uffici centrali nella
popolare zona « Saba » di Asmara, all’imbocco della strada che
porta a Massawa. Il tempio dai
vetri rotti indica anche al visitatore occasionale la povertà di
questa minoranza evangelica che
vive in un paese in prevalenza
copto e musùlmano.
La Chiesa evangelica manca
anche di personale preparato
culturalmente: due anni fa, quando il monaco cistercense Agostino Keflegzi divenne evangelico,
subito gli fu affidata la direzione della rivista trimestrale della
chiesa. Questa ha solo 18 pastori
per una popolazione evangèlica
di circa 8.000 persone. In alcuni
DDR: scarcerati gli
obiettori di coscienza
(SOEPI) — I giovani di leva
che rifiutano sia il servizio militare che il servizio non armato nell’esercito devono subire
lunghi periodi di prigione in
DDR. Questo paese non ha infatti (come gran parte dei paesi dell’est) alcuna legge in favore dell’obiezione di coscienza.
Il capo di stato Erich Honecker
ha però recentemente liberato
tutti gli obiettori di coscienza
incarcerati nel paese. E questo
è stato interpretato da molti come un cambiamento della politica dello stato verso le chiese
evangeliche. La questione degli
obiettori carcerati era stata infatti recentemente sollevata dal
vescovo Johannes Hempel, presidente della Federazione delle
Chiese evangeliche della D.D.R.
Con questo gesto Honecker (bisogna anche ricordare che è alla vigilia di un viaggio nella
Germania Ovest) intenderebbe
instaurare una politica di comprensione nei confronti della
chiesa.
CEC: prima pietra
di un nuovo stabile
(SOEPI) — Dal 1964, anno
della loro inaugurazione, il Consiglio Ecumenico delle Chiese
occupa tre stabili sulla collina
del villaggio di Grand Saconnex
(periferia di Ginevra). In no
Echi dal mondo
cristiano
a cura di CLAUDIO PASQUET
vembre il segretario generale
del CEC ha posato la prima
pietra della costruzione di un
quarto stabile che conterrà delle nuove sale di riunione e 90
uffici. 50 di questi uffici saranno occupati da organizzazioni
ecclesiastiche che hanno la loro
sede presso il CEC (prima fra
tutte la Federazione Luterana.
Mondiale), ed i restanti 40 saranno affittati ad organizzazioni commerciali per ammortizzare la spesa del nuovo stabile.
GB: la chiesa e
la situazione urbana
(SOEPI) — La pubblicazione,
per conto della chiesa anglicana, di uno studio di 400 pagine
intitolato « Fede nella città » sta
provocando delle vivaci reazioni in tutto il Regno Unito. L’arcivescovo di Canterbury, Runcie, ha dovuto intervenire per
respingere l’accusa di marxismo
lanciata agli estensori del rapporto da parte di vari deputati
del partito conservatore, ed ha
invitato tutti a non esasperare
la polemica invece di prendere
molto sul serio quanto contenuto nello studio.
I 18 membri della commissione che ha redatto il rapporto,
hanno visitato, durante l’inchiesta che è durata 2 anni, ben 41
città britanniche e si sono resi
conto sul posto delle deplorevoli condizioni di vita che spesso regnano in queste città. Il
presidente della commissione
Sir Richard O’ Brien ha dichiarato che lui ed i suoi colleghi
erano stati « profondamente
sconvolti per ciò che hanno visto, sentito e vissuto nei quartieri della povertà». Ma ha anche aggiunto che la commissione non Si è fatta prendere la
mano dall’emozione ed ha razionalmente confrontato la realtà con le statistiche ufficiali. Lo
studio era stato richiesto nel
1983 e dunque prima dei moti
popolari di Londra e Birmingham. Gli autori dello studio,
che rappresentano vari ceti sociali, propongono che il paese
si stacchi dalla politica monetarista della signora Thatcher e
compia degli investimenti per
costruire delle abitazioni, creare dei posti di lavoro, riformare l’insegnamento e la sanità
pubblica e migliorare le prestazioni sociali.
A fianco di 23 raccomandazioni che lo studio sottomette al
governo, ve ne sono 38 indirizzate alla chiesa che dovrebbe
« modificare radicalmente il suo
lavoro nelle grandi città ».
URSS: condanne
a pastori luterani
(SOEPI) — Tiit Padam, un
architetto di 30 anni, è stato liberato dopo 4 mesi di carcere,
e dopo una condanna a due anni con la condizionale, da un
tribunale sovietico. L’architetto,
membro del Concistoro della
chiesa evangelica luterana di
Estonia, è sta% condannato per
reato valutario, essendo stato
sorpreso con dei dollari USA
in tasca. I dollari se li era procurati per comprare per la sua
chiesa una macchina da scrivere, che non si trovava che nei
negozi riservati agli stranieri
dove aopunto si paga in dollari usa".
Sempre in URSS il pastore
luterano Harri Mòsnik è stato
condannato a tre anni di lavori
forzati per « agitazione e propaganda antisovietica ». La figura del pastore Mòsnik è particolarmente interessante poiché
Si tratta di un uomo che ha abbandonato la « sicura » carriera
giuridica per divenire un pastore evangelico.
villaggi prestano servizio anche
dei pastori che hanno oltrepassato da tempo l’età dell’emeritazione. E qualche nuovo pastore,
dopo la chiusura del seminario
teologico, avvenuta qualche anno fa, è stato consacrato al ministero dopo una preparazione
sommaria.
Fondata 120 anni fa da missionari luterani svedesi, la Chiesa
evangelica den’Eritrea, costituita
totalmente da membri eritrei, ha
offerto molti servizi alla popolazione, soprattutto nell’ambito
dell’educazione, come afferma il
pastore Jacob Testai, segretario
deirufflcio di presidenza. In molti villaggi, è stata proprio la
chiesa ad aprire le prime scuole e ad insegnare a leggere, per
poter porre la Bibbia nelle mani della gente. La scuola e la medicina di base sono stati i settori
attraverso i quali « tante persone apprezzano la chiesa per i servizi che ha offerto », secondo la
espressione del pastore Elias
Habtezghi, presidente della chiesa.
Ma, per giungere a questo
apprezzamento, il cammino non
è stato facile. Sorta in un contesto culturale-religioso copto e
islamico, la Chiesa evangelica ai
suoi inizi accentuò soprattutto
la distinzione da quel contesto
e la novità del cristianesimo
evangelico centrato sulla Bibbia.
Oggi si vedono i primi segni
di una convergenza delle chiese
intorno al messaggio biblico, ma
in passato non è stato facile dialogare con la Chiesa copta.
Egli nota però che la nuova generazione dei copti « è molto
preoccupata della presenza della
chiesa nella società, e con questa tendenza anche noi ci sentiamo più in sintonia ». Inoltre,
sebbene con molto ritardo, anche
in Eritrea si è tentato di realizzare qualche incontro ecumenico, sia di carattere spontaneo
che a livello ufficiale, fra evangelici, copti e cattolici.
Nel corso delle conversazioni
col presidente Elias Habtezghi e
col segretario Jacob Testai, è
emerso anche il desiderio di un
rapporto più continuo e più profondo con la Chiesa valdese attraverso scambi di visite ed anche con l’eventualità che qualche candidato al ministero possa
compiere gli studi teologici presso la Facoltà valdese.
Cesare Milaneschi
9
r
17 gennaio 1986
cronaca delle Valli 9
CONGRESSO DELLA CONFCOLTIVATORI
Arrivano
i nostri
Da un lato cori, coretti, corali,
associazioni ricreative, artistiche, culturali, sportive. Dall’altro asili, rifugi, ville, case di riposo.
La miscela diventa esplosiva
sotto le feste. Tutti si sentono in
dovere di visitare tutti; si sviluppano una graduatoria e una
merilocraz.ia tutte particolari:
<. noi» abbiamo « fatto » dodici
istituti e mezzo; «noialtri» undici, ma i più. prestigiosi, e siamo andati proprio il giorno di
Matale...
Direttori, infermieri, personale generico e cavpellani impazziscono, devono preparare il ricordino per l’associazione, il rinfresco per il coro, pregare i giovani trombettieri di venire mezz'ora dopo che se ne saranno
andate le cucitrici, spostare
l'albero perché possano entrare
'.€ madri e spostare l’unione perché si possa rimettere l’albero.
Gli ospiti sono esposti ad alti
rischi, specie se diabetici, per
l'inflazione di dolci, caramelle,
s> uz.z.ichini.
Per fortuna Natale viene una
sala volta l’anno; chi sopravvive
elle feste ha buone probabilità
ili essere lasciato in pace per un
(.lino; forse qualcuno arriverà
addirittura, in agosto, o al tempo della vendemmia, a desiderare una visita, ricordando che
¡'ultima che ha ricevuta è stata
lì diciassette febbraio.
Chi è senza peccato... confesso
di avere anch’io la mia parte di
colpa! Ma non sarebbe possibile
ricordarci dei nostri vecchi, dei
nostri malati, anche negli altri
undici mesi?
Qualcosa, a dire il vero, si sta
già facendo per razionalizzare
un poco il lavoro di assistenza,
per disciplinare l’amore (forse
¡'. termine pare brutto, ma dobmamo essere realistici), per non
c reare eia un lato ingorghi insostenibili, dall’altro lunghi periodi di vuoto, di solitudine. Per
esempio diversi gruppi femminili si organizzano per assicurare visite settimanali al Rifugio,
gruppi di amici degli ospedali
lavorano con intelligenza e dedizione in vari luoghi, qualche forma di coordinamento va prendendo piede, la stessa riflessione sulla diaconia che le nostre
cìiiese hanno avviato sta incominciando a dare i suoi frutti.
Ma molti passi avanti devono
essere fatti, da parte di tutti. Dei
pastori che spesso « corrono » a
fare un breve culto e poi devono « scappare via »: a volte sarebbe meglio non fare nessuno
visita piuttosto che una visita
con l’orologio sotto gli occhi; o,
pernio, che una visita da « pastore della mutua ».
Delle persone che lavorano negli istituti, che a volte non sanno esse stesse se augurarsi o temere le famigerate visite, personali o collettive: non si potrebbe chiedere a questi fratelli e
sorelle di suggerire un calendario, un orario, essi che conoscono esigenze e limiti?
Degli ospiti stessi: si sentano
liberi di ricevere o non ricevere,
di esprimere il loro parere.
Di tutti infine, cercando di avere una grande pazienza, di non
cedere alla tentazione del pettegolezzo, di dividere la gente in
buoni e cattivi, in bravi e in meno bravi: cerchiamo, tutti quanti, di fare il possibile senza esagerare.
Sergio Rlbet
Sviluppo deiragricoltura:
obiettivo primario
Oltre 100 agricoltori si sono confrontati sulla politica agraria - Necessità di sviluppare la zootecnia e la forestazione in Val Pellice
C’è futuro iper l’agricoltura di montagna e di collina?
Ostinatamente gli agricoltori iscritti alla Confcoltivatori
della Val Pellice rispondono di sì a
questa domanda che
è stata al centro del
congresso di zona
della Confcoltivatori
tenutosi a Bobbio
Pellice domenica 12
gennaio.
« C’è un futuro —
ha osservato Marco
Bellion, responsabile
di zona dell’organizzazione — a condizione che cambi in
Italia la politica agraria. In vai Pellice un quarto della
popolazione attiva
lavora nell’agricoltura e si dedica principalmente alla zootecnia. Purtroppo la
politica della CEE
penalizza questo settore e fissa delle
quote per la produzione del latte ».
Si tratta di una politica internazionale che cercando di affrontare il problema delle eccedenze di prodotto, finisce per penalizzare i paesi del Sud Eurona a beneficio di quelli del nord.
Il problema delle eccedenze alimentari e delle contraddizioni
tra produzione alimentare e condizione di fame in cui vivono
più di un terzo delle popolazioni del mondo va risolto, secondo la Confcoltivatori, con un ribaltamento della politica agricola che non deve più essere dipendente per le proprie produzioni dalle necessità di profitto
delle industrie multinazionali
dell’alimentazione e delle tecnologie. E’ perciò necessario che
anche a livello locale gli agricoltori si impegnino in una politica
per la pace e il disarmo che affronti il nodo del rapporto NordSud del mondo. E’ interessante
notare a questo proposito che
molti degli agricoltori presenti
a congresso sono anche quegli
stessi che, membri dei consìgli
comunali delle nostre valli, si
sono impegnati per far sì che il
comune adottasse la delibera di
denuclearizzazione del comune e
per lo sviluppo di una cultura
di pace o che fanno parte dei
vari comitati pace. Una prova
di coerenza.
Ma tornando ai problemi dell’agricoltura in valle, « la nostra
produzione di latte — ha rilevato Enzo Negrin, assessore all’agricoltura del comune di Bobbio — è insufficiente per far
fronte alle necessità. Cosa significherebbe se il sistema delle
quote portasse al ridimensionamento della zootecnia? Con tut
ta probabilità si avrebbe una riduzione netta del reddito degli
agricoltori. Infatti diminuirebbe
l’entrata certa che gli agricoltori hanno dal conferimento del
latte alle varie cooperative sociali. L’allevamento per la carne dipende dalle oscillazioni di mercato e non dà auesta certezza ».
Se la politica agraria non muterà c’è dunque una incertezza
per il futuro. Incertezza che è
legata anche alle condizioni in
cui si svolge il lavoro agricolo,
specie quello femminile. Di qui
la necessità di sviluppare una
azione riformatrice che sviluppi
Tassociazionismo in agricoltura
(non necessariamente nella forma della coooerativa), l’accorpamento dei terreni, un fisco più
equo (bisogna pagare le tasse e
i contributi previdenziali sulla
base del reddito reale).
Per l’agricoltura montana sarà necessario anche sviluppare
forme di reddito integrato. « Sono coltivatori diretti — ha ricordato Enrico Monnet, uno dei
fondatp,ri della Confcoltivatori
— coloro che otténgono 2/3 del
loro reddito dall’agricoltura. Perché non si dà allora la possibilità agli agricoltori di integrare il loro reddito di 1/3 attraverso piccoli lavori di manutenzione delle strade e del territorio?
Per questi lavori i comuni sono
costretti a ricorrere ad appalti
i cui costi sono molto più onerosi per la collettività di quelli
effettuati dai contadini ».
Altra possibilità di integrazione del reddito è l’agriturismo.
« Questo può essere un rischio —
ha osservato Marco Bellion —.
L’agricoltore può trasformarsi in
Mobilificio
GIUSEPPE GRIVA
ARREDAMENTI
FABBRICA • ESPOSIZIONE
Via S. Secondo, 38 • PINEROLO - Tel. (0121) 201712
(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
un albergatore a titolo principale. Ma è un rischio da correre ».
Vi è poi in vai Pellice la necessità di sviluppare iniziative,
dotate di adeguati finanziamenti pubblici per quanto riguarda
l’assetto idrogeologico del territorio e la forestazione. In questi
settori è possibile creare nuovi
posti lavoro stabili. Magari non
molti, ma che comunque rappresentano una inversione di
tendenza nella valle.
La necessità di intervenire in
materia di assetto del territorio
è stata sottolineata anche da
Claudio Bonansea, assessore provinciale all’agricoltura, che ha
rivendicato nuove competenze
istituzionali alle provincie ed in
particolare che le provincie si
occupino dei piani di sviluppo
agricolo e del coordinamento
della pianificazione territoriale.
A questo proposito la Confcoltivatori si è dichiarata contraria
ad una serie di progetti di infrastrutture (autostrada Torino-Pinerolo) che sottraggono fertili
terreni alla agricoltura.
Se queste sono le linee in cui
muoversi, esistono anche dei
problemi produttivi. «7 consumatori oggi chiedono maggiore
qualità dei prodotti; — ha osservato Mauro Gardiol. vicepresidente dell’organizzazione locale
— chiedono prodotti genuini.
Bisogna perciò fare attenzione
all’uso dei pesticidi e fare ricerche e formazione tecnica in materia di lotta biologica ai parassiti ».
Un congresso dunque che pone le premesse per una politica
agraria in Val Pellice che sìa di
svilunno del settore e non di
semplice sussistenza.
Dipenderà dall’attenzione che
enti locali, comunità montane, e
anche la Regione e il governo
daranno a questo problema se i
giovani che ora stanno tornando all’agricoltura avranno un
reddito che permetterà lofio di
vivere tutta la loro vita in questo settore che rimane fondamentale per la vita degli uomini.
La presenza di oltre cento
agricoltori, di forze politiche
(DC, PCI, DP) e di forze sociali
(CGIL) fa ben sperare.
Giorgio Gardiol
Nella foto l’inaugurazione nel
1953 della Cooperativa Sociale
Val Pellice di Bobbio Pellice.
Gemellaggio
Pinerolo-Traunstein
PINEROLO — Alle città di Alba, Beloit
(USA) e Gap (Francia) si aggiunge ora
anche la città di Traunstein (R.F.T.);
sono queste Infatti le città • gemelle »
di PInerolo. il gemellaggio con Traunstein, una cittadina della Baviera, viene dopo una serie di intensi scambi
culturali, scolastici e sportivi durati una
decina di anni tra la città di PInerolo,
quella di Gap e quella di Traunstein.
Traunstein infatti dal 1974 è gemellata
con Gap e in questa sua veste ha
partecipato a numerosi incontri triangolari. Da questo rapporto è nata una
amicizia tra gli abitanti delie tre città
che si è tradotta ora nella delibera ufficiale di gemellaggio.
Per celebrare l'avvenimento sono
previste una serie di manifestazioni
tra cui un triangolare sportivo In maggio, una cerimonia ufficiale in agosto
a PInerolo.
Più agibile il servizio
di peso pubblico
TORRE PELLICE — Dopo
un lungo periodo di difficoltà
per l’utenza, il servizio di peso
pubblico tornerà ad essere utilizzabile da tutta la popolazione.
La situazione era infatti divenuta problematica all’indomani della chiusura del negozio
di alimentari della signora Gamba che per anni aveva effettuato il servizio; da quel momento
anche il peso pubblico era passato di competenza all’ufficio di
polizia urbana che, con i noti
problemi di organico e di orari
non poteva essere sempre puntuale nelle pesature dei carichi
costringendo molti, di fatto, a
recarsi a LuSérna S. G.
Ora con rattìdamento alla ditta « La Tenda » anche gli orari
di apertura - del peso pubblico
torneranno ad essere più adatti
alle esigenze degli utenti.
Scioperò dei medici
EINEROÌiO — Scioperano, si
limitano alle Urgenze, ma bollano comunque la cartolina. Sono
là stragrande, maggioranza dei
medici dell'GISpedale civile delia nòstra città. Rivendicano un
contratto Sèipisrato per la categoria e un» maggiore retribuzione. Finora la singolare modalità con cùi si svolge lo sciopero non ha provocato grossi
inconvenienti ai ricoverati, mentre ihvece si sono allungate le
file di colorò che attendono accertamenti diagnostici e visite
specialìstiché.
Gli avvisi da pubblicarsi in questa rubrica debbono pervenire in tipografia
entro le ore 9 del lunedì precedente
la data di pubblicazione del giornale.
_____________Dibattiti______________
PINEROLO — Venerdì 17 alle ore
21, presso la chiesa valdese (v. dei Mille) si svolgerà una tavola rotonda sul
tema dell'insegnamento religioso nella
scuola pubblica. Parteciperanno il giudice Amos PIgnatelli, Il prof. Marcello Vigli, il pastore Franco Giampiccoli e il prof. Giorgio Peyrot.
Concerti
TORRE PELLICE — Radio Beckwith
in collaborazione con la Pro Loco organizza per domenica 19, alle ore
20.45, presso II Tempio Valdese, un
concerto di Giuseppe Ferrotta, Monica Natali, Sandro TognattI, Musiche di
Beethoven, Chopin, Weber, Schumann,
Honnegger.
10
10 cronaca delle Valli
17 gennaio 1986
CANTI DELLE VALLI VALDESI
INTERVISTA AD ERMANNO CORRIERI
Perchè niente
vada perduto
Flessibile e distribuito:
c’è lavoro (quasi) per tutti
Una ricerca della Società di Studi Valdesi - Un L’istituto della cassa integrazione è diventato ormai inadeguato - Un
patrimonio che altrimenti andrebbe perduto nodo da sciogliere; la standardizzazione del modello lavorativo
Circa quattro anni fa nasceva
alle « Valli » il cosiddetto « asse
culturale», che seguiva le indicazioni del Sinodo per un rilancio
della cultura valdese, rivalutando la nostra storia e le nostre
tradizioni.
In un incontro con i responsabili dei diversi Musei e un gruppo di amici interessati alla salvaguardia del patrimonio culturale, si erano costituiti dei gruppi di lavoro che si sarebbero occupati di musei, canzoni, archivio, fotografie, lingua e tradizioni, ricerche storiche, archeologia e artigianato.
Il grosso patrimonio rappresentato dai nostri Musei ha assorbito la maggior parte delle
energie: è stato ampliato ed arricchito il Museo di Rodoretto;
è sorto addirittura un nuovo
Museo, quello di S. Germano e
Pramollo.
Tra le altre, ha proseguito il
proprio lavoro la Commissione
musicale. Accanto al primo
grupDO che si era dimostrato interessato alla ricerca e alla registrazione di canzoni tipiche del
repertorio valdese, altre persone hanno accettato di collaborare. Nelle riunioni preliminari si
gettano le basi per iniziare con
correttezza un lavoro « nuovo »
per quasi tutti noi.
In un incontro con F. Castelli, ricercatore di cultura popolare nelTalessandrino, si apprende che per svolgere questa ricerca, ci vogliono pazienza, attenzione ma anche un certo metodo e rigore nella scelta dei
canti.
Si compila una mappa degli
’’informatori", cioè delle persone che conoscono canzoni o possiedono dei « librét d’ià chansoun ». Ogni raccoglitore sceslie
quindi la zona che meglio conosce, che gli è più congeniale, dove non dovrebbe avere difficoltà ad ottenere la collaborazione.
La prima zona sottoposta alla
raccolta registrata è Frali, dove
barbo Aldo Richard possiede un
libro magnifico con ben 300 canzoni manoscritte, e ne canta
123. Sono le prime cassette di
Quella che, speriamo, sarà una
ricca nastroteca.
Altri ricercatori operano a Pomaretto, Rodoretto, Massello,
mentre nella Val Pellice il Centro di Documentazione di Angrogna ha un’imponente raccolta di
circa 100 canzoni, registrate su
cassetta.
Da questo materiale il Gruppo Teatro Angrogna attinge per
riproporre alla gente che non le
conosce più, le canzoni dei loro
nonni, della loro terra.
La musica, il canto sono l’anima di un popolo: il popolo valdese, con la sua lunga e sofferta
storia ha un patrimonio ricchissimo di canzoni popolari e religiose.
Molti sono i temi trattati: la
famiglia, il matrimonio, il lavoro, la guerra, la patria, la natura, l’amore.
Gran parte di questo patrimonio è stato tramandato di padre
in figlio, in forma orale; oppure
molte famiglie usavano raccogliere i testi delle canzoni conosciute nei « librét d’ là chansoun ».
La Commissione musicale della Società Studi Valdesi cerca
appunto persone che conoscano
questi canti, che siano disponibili a cantarli, aifinché nulla vada perduto.
Il lavoro di raccolta di questa
Commissione, che lavora sotto
l’egida della Società di Studi Vaidesi, ha lo scopo di conservare
questo materiale. Non sotto una
cappa di vetro, certamente, ma
quando sarà terminato tutto il
lavoro di trascrizione della musica e dei testi, sarà a disposizione di quanti vorranno fame
oggetto di studio o di riproposta.
Paola Revel Ribét
Abbiamo intervistato l’economista Ermanno Corrieri, presidente della commissione che presentò nel settembre scorso alla
Presidenza del Consiglio il « Rapporto sulla povertà in Italia ».
A lui abbiamo chiesto una lettura della Cig alla luce delle "nuove povertà" emergenti nel tessuto sociale italiano.
Dall’analisi compiuta dalla
commissione, che nesso c’è fra
lo status di cassaintegrato ed il
fenomeno della povertà?
E’ indiscutibile che la situazione di cassaintegrato ricada,
sotto molti aspetti, in quella
condizione che oggi viene indicata come « nuova povertà ». La
nostra commissione, p>erò, ha dovuto limitare la sua attenzione
alla sola dimensione economica
della povertà, a quella « vecchia
povertà » che oggi, in Italia, incide in modo grave ancora su
un’ampia fascia di popolazione.
In questi termini la povertà è,
allora, un problema di redistribuzione del reddito, del lavoro e
dei servizi; e sotto tale punto di
vista la Cig è un istituto che non
risponde in alcun modo alle domande poste dall’esistenza della
povertà economica. Essa è, semplicemente, ima « indennità di
disoccupazione » mascherata, un
meccanismo che funge da ammortizzatore sociale a favore di
categorie « forti », canaci di conflittualità e quindi in grado di
esercitare un potere contrattuale nei confronti dello Stato: non
è un caso che quando situazioni di crisi occupazionale investono grandi aziende o si addensano in una zona, sia essa Torino
o Sassuolo, il pubblico potere si
preoccupa e interviene, appunto,
con la Cig, mentre Quando il problema riguarda niccole o medie
imprese sparse sul territorio,
l’unico strumento di copertura
per i lavoratori eccedenti è un
MESTIERI
ALLE VALLI
Signor Ferrerò,
ho letto con stupore e senza comprenderne le motivazioni la Sua lettera all'Eco n. 2 (del 10 gennaio) relativa alla mia recensione a La mano e
il ricordo. Anzi, non capisco perché
l’abbia scritta. Sarei colpevole, a quanto leggo, d’avere affermato:
a) che ■■ alcuni aspetti del lavoro
nelle Valli attendono ancora di essere
approfonditi ». Lei non è d'accordo? E’
convinto che dopo quanto è stato scritto, nessuno possa più prendere la
penna suM'argomento? Nulla di male
in questo. Suggerisca alla Claudiana,
se crede, di non prendere in considerazione la mia proposta di pubblicare
prossimamente in quella Collana (sempre che l’autore lo desideri) un libro sui
lavori femminili, ma mi consenta di
avere anch'io le mie opinioni e di esprimerle:
b) che ne La mano e il ricordo » è
assente il lavoro delle donne ». Dovevo
forse dire che è presente? Che Lei se
ne sia occupato — e io non ho mai
« affermato » il contrario, come invece
Lei pretende — lo so bene, come lo
sa chiunque ha ammirato i Suoi modellini e letto e apprezzato il Suo libro
(e io tra i primi, avendolo letto anco
ra in bozze), ma che c’entra questo
con la constatazione da me fatta a
proposito della recente pubblicazione
della Claudiana?
Mi permetto d’invitarLa, signor Ferrerò, a rileggersi senza prevenzioni il
mio articolo, poiché davvero non comprendo i motivi del Suo intervento, né
tanto meno della Sua animosità nei
miei confronti, particolarmente accentuata nelle parti finali della Sua lettera, dove oppone calli e sudori a
tesi di iaurea (?), e nella conclusione
che rasenta l’insulto (non c’è altro modo di discutere?) e che considero in
ogni caso gratuita dato che non so
come Lei possa dedurre, da quanto
ho detto, una mia mostruosa pretesa
di « sapere tutto e di criticare tutti ».
Se però ii Suo sfogo è occasionato
dalla struttura e dal contenuto dell’intero mio scritto (ma ancora una volta
non vedo come questo possa riguardarLa personalmente). Le ricordo che una
recensione non è un inserto pubblicitario: è una presentazione, accompagnata da un commento, da un giudizio, al quale si richiede solo di essere
motivato, sia esso positivo o negativo 0 entrambe ie cose. Questo doveroso tipo di critica ha non solo riconoscimento universale, ma è difeso come un diritto ed è generalmente richiesto dagli stessi autori, che vi si
sottopongono di proposito sollecitando
ie recensioni. Ma Lei intende eviden
temente ’’critica’’ in un senso diverso, che non trova qui aicuna giustificazione né nei fatti né nelle intenzioni. Mi creda,
Arturo Gerire, Torino
IRMA RIBET
CALVETTI
Cara Irma,
dopo aver molto sofferto sei tornata
alla Casa del Padre, ma il tuo ricordo
rimane vivo: ripenso alle nostre chiacchierate... Eri allegra, piena di interessi, ti entusiasmavi per una gita o
un pranzo di famiglia, amavi la musica, i balli antichi delle nostre valli, le
cose belle. Vivevi volentieri a Pomaretto, ben inserita nella piccola comunità e fiera della tua famiglia, attenta
però a quanto accadeva altrove, al
problemi sociali, pronta a spostarti,
ad allargare il giro delle tue amicizie.
La vita non ti aveva risparmiato lotte
né dispiaceri, ma reagivi sempre con
coraggio aggrappandoti ai valori in
cui credevi con tanta fermezza, alla
tua fede. Arrivederci, Irma: ti ricorderò come ti ho vista così sovente, mentre ti affaccendavi serena in giardino,
in mezzo ai fiori ohe ti piacevano tanto.
»■i - • Edi Merini, Porosa Argentina
sussidio di disoccupazione ordinaria la cui entità è ridicola in
termini assoluti, e ancor più rispetto al trattamento per i cassaintegrati. L’iniquità di queste
disparità mi pare evidente.
Ci spieghi meglio questo punto.
Bene: in una fase di evoluzione tecnologica molto rapida, come l’attuale, i posti di lavoro
non aumenteranno sicuramente
nella misura e con la rapidità
necessarie ad assorbire l’attuale
eccedenza di forza lavoro. Allora bisogna puntare non solo all’aumento della domanda di lavoro complessiva, ma bisogna anche avviare una redistribuzione
dell’occupazione esistente: bisogna dividere meglio il lavoro che
c’è. So bene che non è facile: una
riduzione dell’orario di lavoro a
salario invariato pone problemi
oggettivi di competitività e una
riduzione del salario può portare
seri problemi di impoverimento
per certe fasce di lavoratori, se
mancano meccanismi redistributivi integrativi del reddito familiare insufficiente.
C’è poi un altro nodo da sciogliere: quello della standardizzazione del modello lavorativo. Oggi, come ho detto, si confonde la
difesa dell’occupazione con quella del posto di lavoro fisso, a
tempo indeterminato, il che porta a situazioni paradossali. Oggi,
se un’azienda deve provvedere a
incrementi produttivi per situazioni di mercato favorevoli, essi
vengono ottenuti attribuendo il
lavoro « straordinario » ai già
occupati, con un costo persino
inferiore rispetto al lavoro ordinario!
Credo che Questo ricorso allo
straordinario vada disincentivato; al contrario, va invertita l’attuale politica di scoraggiamento
delle assunzioni temporanee, poiché essa costituisce una barriera
allo sviluppo dell’occupazione.
Queste nuove forme di organizzazione del lavoro sembrano aderire, fra l’altro, a nuovi orientamenti culturali emergenti fra i
giovani, o fra settori di essi.
Esatto: e una maggiore flessibilità ed elasticità deirimpiego
favorirebbe anche altre categorie
di lavoratori... Certo, tutto questo presuppone lo scioglimento
di un altro nodo, quello del rapporto di pubblico impiego, che
rende inamovibili 4 milioni di
impiegati dello Stato!
Se la Cig è un meccanismo
iniquo, il posto pubblico è divenuto un privilegio intollerabile.
Non è immaginabile che problemi di disoccupazione e di povertà scompaiano rapidamente.
Si tratta di distinguere questioni differenti fra loro. Lo strumento della Cig, per esempio, resta valido quando un’azienda in
crisi deve affrontare una ristrutturazione che prevede il reimpiego di tutti i lavoratori cassaintegrati, o nel caso di un periodo di
disoccupazione di breve durata.
Del tutto diversa è la situazione che crea la disoccupazione di
lunga durata; in tale caso si rende necessario un intervento assistenziale, ispirato ai principi di
solidarietà. 'Tale intervento, però,
non è più funzione della perdita
del posto di lavoro, ma di un altro parametro: lo stato di bisogno. E per far fronte allo stato
di bisogno, sia esso dovuto alla
perdita del lavoro che a cause di
altra natura (avere figli o altre
persone a carico, essere inabili,
anziani ecc.) la commissione propone un unico strumento integrativo del reddito familiare:
r« assegno sociale » che, nel caso delle persone abili al lavoro,
verrebbe condizionato solo alla
disponibilità di costoro a prestare attività lavorative di pubblica
utilità, proprio per eliminare ogni
possibilità di ricaduta nel mero
assistenzialismo, che è la logica
cui obbediscono ?li attuali strumenti di intervento, quale la
stessa Cig.
(Da Aspe, n. 24, die. ’85).
# Hanno collaborato a questo
numero: Elisa Baglio - Archimede Bertolino - Alberto Bragaglia - Vera Long - Luigi
Marchetti - Lucilla Peyrot Paolo Ribet - Bruno Rostagno - Piervaldo Rostan - Franco Taglierò - Erika Tomassone.
Il tuo giornale
Nel 1986 gli abbonati riceveranno 50 numeri del giornale (non usciremo infatti il 15 e il 22 agosto) per un totale di
580 pagine.
I tipografi, i redattori e i collaboratori scriveranno 362.500
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Pellice
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Versando subito il tuo abbonamento eviterai la sospensione
dell'invio del giornale e ci faciliterai il lavoro amministrativo.
Grazie.
11
17 gennaio 1986
cronaca delle Valli 11
PINEROLO
Affermare il diritto
al lavoro degli stranieri
Approvato aHunanimità l’o.d.g. di Arione (P.S.l.)
- Previste iniziative culturali su questo problema
E’ stato il consigliere socialista Arione a sollevare il problema della condizione degli stranieri nel nostro paese e tutti i
consiglieri si sono dichiarati favorevoli alla sua proposta di ordine del giorno. Di più il comune, aderendo ad una richiesta in
questo senso di DP e PCI, organizzerà manifestazioni culturali (mostra Adi di Torino sulla
condizione dei lavoratori stranieri in Piemonte) per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento e si impegnerà a cercare
una soluzione ai problemi sociali e sanitari di questi lavoratori
spesso clandestini.
Questo il testo deirordine del
giorno approvato all’unanimità e
che sarà inviato ai Presidenti
della Repubblica e del Consiglio,
ai Ministri e ai Gruppi parlamentari:
« Il Consiglio Comunale di Pinerolo,... in relazione al progetto
di legge usato per combattere
il terrorismo, ma che punisce
in modo generalizzato e indiscriminato buona parte dei lavoratori stranieri in Italia.
Ritiene opportuno che il Parlamento apporti le necessarie
modifiche atte a tutelare chi è
costretto a lavorare nel nostro
Paese, evitando cosi di respingere i lavoratori onesti ed i fuorusciti politici.
Questi ultimi, scampati alle
persecuzioni e alle torture, cercano in Italia la sicurezza e la
libertà che è loro negata nei
paesi d’origine.
Norme troppo restrittive sarebbero in contrasto con i patti
internazionali, infatti le preoccupazioni espresse sia dai gruppi di stranieri residenti in Italia, sia da autorevoli membri di
organizzazioni di solidarietà trovano un obiettivo riscontro.
E’ giusto l’intento del Governo
di isolare e colpire le organizzazioni terroristiche e le eventuali
connivenze, anche se riteniamo
che chi porta bombe e armi continuerà, purtroppo, ad agire indisturbato, e non saranno certo
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto tei. 81228 - 81691.
Guardia Farmaceutica :
DOMENICA 19 GENNAIO 1986
Perrero: FARMACIA VALLETTI - Via
Monte Nero, 27 - Tel. 848827.
San Germano Chisone: FAHMACim
IHON - Telet. 58788.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: tei. 81.000
Croce Verde Porte: tei. 201454
USSL 44 - PINEROLESE
( Distretto di Pineroto )
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva, festiva: telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: 22664.
USSL 43 ■ VAL PELLICE
Guardia Medica :
Notturna, prefestiva e festiva«
tei. 932433 (Ospedale Valdesel
Guardia Farmaceutica ;
DOMENICA 19 GENNAIO 1986
Bricherasio; FARMACIA FERRARIS ■
Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Penice: FARMACIA GAY
Piazza Jervis - Te!. 930705.
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: telefono 91.996.
le misure adottate a fermarlo.
Occorre definire una linea che
tuteli tutti coloro che vivono,
loro malgrado, ima esistenza non
perfettamente legale sotto l’aspetto del lavoro, e coloro che
non hanno nulla da spartire con
chi compie atti terroristici e
attenta alla vita di cittadini inermi ricercando norme di lavoro
conforme e regolare sotto ogni
aspetto.
Si invitano pertanto il Governo
e le forze politiche a compiere
un’analisi attenta della situazione all fine di salvaguardare resistenza e la permanenza in Italia degli stranieri che hanno
scelto il nostro Paese per ragioni politiche e/o per motivi di
sopravvivenza fisica ed economica, ricordando che fino a non
molto tempo fa siamo stati un
popolo di emigranti, costretti a
cercare lavoro e dignità civile
fuori della nostra patria ».
Cara magna Linota,
mio figlio frequenta la IH media e tra pochi giorni dovremo
decidere a quale scuola superiore pre-iscriverlo. Ti confesso che
in famiglia siamo un po’ disorientati. A detta dei professori
attuali mio figlio riesce abbastanza bene a scuoia e potrebbe
anche iscriversi a un liceo. Ma
noi siamo gente semplice e non
vorremmo fare il passo più lungo della gamba. Se non frequenta una scuola professionale, sarà poi costretto ad andare anche all’università?
Per motivi sentimentali e anche perché cresca in un ambiente evangelico mi piacerebbe vederlo frequentare il Collegio di
Torre. Ma ho sentito dire che
bisogna pagare una tassa abbastanza alta.
Tu avrai certamente dei nipoti e ti sarai forse trovata nella
mia stessa situazione. Cosa mi
consigli di fare? Ti ringrazio della risposta, che dovresti darmi
prima del 25 gennaio.
Tuo
R.L.G.
impiegata, subito dopo il liceo,
come interprete ed accompagnatrice nei viaggi organizzati da
un’agenzia.
Per il Collegio di Torre ho chiesto notizie ad un signore che fa
parte degli « Amici del Collegio ».
Mi ha assicurato che. se le tasse sono alte, è anche vero che
nessun allievo è stato rifiutato
perché non era in grado di nagarle. Proprio per questo ci sono delle borse di studio, in modo che tutti quelli che 'tossono
paghino il necessario per i loro
studi, mentre agli altri provvede
la solidarietà dei fratelli.
Mio povero amico,
hai scelto male la persona a
cui rivolgerti per avere informazioni sui vari tipi di scuole superiori. Non so se e quali scuole professionali ci siano dalle nostre parti e che possibilità di lavoro offrano ai ragazzi che le
frequentano. Perciò chiedo alla
redazione di pubblicare questa
tua lettera, perché lettori al corrente della situazione possano risponderti.
Per ora posso solo dirti due
cose: prima di tutto, per ouel
che ne so, un liceo non rende
necessario continuare gli studi
all'università.
Per esempio, la signora che
durante l’estate affitta un alloggio vicino alla mia casetta si è
COLLEGIO VALDESE
TORRE PELLICE
Sono aperte le iscrizioni per Panno scolastico ’86/87
al
LICEO PAREGGIATO
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con studio quinquennale di una lingua straniera
indirizzo linguistico
con studio di tre lingue straniere
• Corsi facoltativi di informatica
• Trasporto da Pinerolo in scuolabus riservato
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Viale Dante, 58 - Tel. (0121) 91367
TORRE PELLICE
RINGRAZIAMENTO
cc Rimetti la tua sorte nelVEterno, confidati in lui, ed egli opererà. Sia’ in silenzio dinanzi
alVEterno e aspettalo »
(Salmo 37: 5, 7)
La famiglia di
Dino Bleynat
ringrazia tutti quanti le sono stati vicino con presenza e scritti. Ringrazia
in modo particolare tutto il personale deirOspedale valdese di Pomaretto.
S. Secondo di Pinerolo, 11 gennaio ’86
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Alfredo Griglio
commossi e riconoscenti per la dimo*
strazione di stima e affetto tributata
al loro caro, ringraziano tutti coloro
che in qualsiasi modo sono stati loro
vicino nella triste circostanza. Un particolare ringraziamento alla casa Maggiorino Turina di S. Secondo, al pastore A. Genre, a tutti i vicini di casa e
agli amici di Via S. Rocco.
S. Secondo, 7 gennaio 1986
RINGRAZIAMENTO
I nipoti ed i pronipoti deUa cara
Emma Martina!
ringraziano tutti coloro ohe le sono
Mi sembra una cosa giusta:
sei d’accordo?
Aspettando notizie più precise
suU’argomento, ti saluto cordialmente e auguro a tuo figlio
di poter scegliere la via più utile
per lui e per gli altri. Intanto
vorrei chiedere alla redazione
del giornale se Tanno prossimo
non sarebbe possibile, qualche
tempo prima della data delle
iscrizioni, pubblicare una serie di
articoli sulle scuole che ci sono
oggi, per aiutare ragazzi e genitori nelle loro scelte.
Tua
magna Linota
stati vicino durante la sua lunga malattia. In modo particolare ringraziano la famiglia Gino Augusto, la Sig.a
Rina Menusan. Un ringraziamento
particolare ai pastori Renato Coisson e
Lucilla Peyrot per il messaggio di
speranza e di conforto.
Baissa, 9 gennaio 1986.
RINGRAZIAMENTO
I familiari del compianto
Riccardo Malati
nelTimpossibilìtà di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che di presenza, con scritti, fiori, parole di conforto, hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare al pastore Zotta, alla C.R.I., all’A.NjPJ., alTassociazione cacciatori, alla Corale, al personale dell’Ospedale Valdese e ai dott.
Avanzi e Maggiorotto.
Torre Pellice, 31 dicembre 1985.
RINGRAZIAMENTO
La moglie ed i figli del compianto
Enrico Balmas
commossi e riconoscenti per la grande
dimostrazione di affetto e simpatia tributata al loro caro, nelTimpossibilìtà
di farlo singolarmente ringraziano tutti coloro che con scrìtti, parole di conforto, partecipazione ai funerali e opere di bene, sono stati loro vicini nella
triste circostanza.
Un ringraziamento particolare al
personale medico e paramedico del reparto Urologia dell’Ospedale Civile
« E. Agnelli » di Pinerolo, al pastore
Paolo Ribet, alla sezione cc Marinai »
di Pinerolo. al gruppo a Anziani »
RIV-SKF di Villar Perosa.
S. Germano Chisone, 17 gennaio 1986.
RINGRAZIAMENTO
« Vegliate perché non sapete
né il giorno, né Vora ».
(Matteo 25 :
I familiari di
13)
Emanuele Barus
ringraziano tutti coloro che li hanno
accompagnati e confortati nella circostanza della scomparsa del loro caro.
Proli, 30 dicembre 1985.
AVVISI ECONOMICI
CERCO in acquisto un locale di 250300 metri quadri per uso artigianale. E’ importante che sia in zona
accessibile, possibilmente in pianura.
Zona Valli Valdesi. Telefonare a
Renato Ribet 0121/58729 oppure
0121/514460 in ore ufficio.
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi
destinazione, nreventìvi a richiesta :
Sala Giulio, via Belfiore 83 - Nichelino. tei. (Oli) 62 70 463.
4
12
12 uomo e società
IMPORTANTE INCONTRO ECUMENICO SUL SUD AFRICA
17 gennaio 198S
Con la forza
Scocca l’ora della verità dei signore
Il fatto che il Sud Africa sia
scomparso dalle prime pagine
dei giornali, non costituisce di
per sè un segno di migtlioramento della sua triste realtà. Al contrario, le notizie che continuano
a pervenirci, tramite le agenzie
internazionali di stampa, registrano un peggioramento della situazione. Abbiamo riferito nel
primo numero deU’armo dell’EcoLuce del coraggioso messaggio di
Tutu alla manifestazione romana « Natale contro l'apartheid »
del 21 dicembre scorso. Da parte cattolica Monsignor Hurley,
presidente della Conferenza episcopale del Sud Africa, ricorda
in una breve intervista che la
Conferenza episcopale ha condannato la continua violenza della polizia durante le manifestazioni anti-apartheid.
Il vescovo bianco sudafricano
alla domanda se ritiene, oggi,
possibile cancellare l’apartheid
senza ricorrere alla violenza armata risponde che per ora la
violenza non sta dalla parte dei
neri ma dalla parte delle forze
di sicurezza. « L’opposizione —
aggiunge il presule — non essendo in grado di costituire un esercito di liberazione non ha prospettive di vittoria sulla strada
dello scontro armato ». Il pastore anglicano Desmond Tutu (a
titolo di cronaca ricordiamo che
il figlio di Tutu, Trevor, ha partecipato, di recente, a Firenze
ad un convegno terzomondista
su « i giovani, lo sviluppo e la
partecipazione dei popoli» rilanciando i temi della lotta non violenta contro il razzismo di Pretoria) e il vescovo cattolico Hurley ritengono — e con loro migliaia di fedeli — che l’unica strada percorribile sia quella della
mobilitazione dell’opinione pubblica mondiale contro il regime
« L'Eco delle Valli Valdesi »; Reg.
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iniquo deiil’apartheid. Ma non
tutti sono d’accordo. C’è chi vorrebbe che anche le chiese passassero dalle risoluzioni alla rivoluzione, dalle riflessioni all’azione armata e dalla preghiera
ad un’analisi politica più approfondita.
Un’eco di questa posizione radicale all’interno delle chiese si è
avuta di recente ad Harare, nello
Zimbabwe nel corso di un’importante riunione del Consiglio Ecumenico delle Chiese proprio sul
tema dell’apartheid. « Basta, dovete smetterla di discutere della
possibilità di riformare l’apartheid o di possibili cambiamenti progressivi; — ha detto Sol
Jacob, che rappresentava il gruppo ecumenico delle chiese nere
sudafricane — dovete prendere
delle decisioni chiare altrimenti
la violenza che si scatenerà
contro i bianchi sarà atroce ». In
realtà il "summit” convocato
dall’attuale segretario del CEC,
EmìUo Castro, che ha visto ad
Harare oltre cento dirigenti ecclesiastici non è stato con le mani in mano. L’assemblea è stata
aperta dalla celebrazione della
Santa Cena durante la quale il
predicatore Makhulu, arcivescovo anglicano deU’Africa centrale
e uno dei sette presidenti del
CEC, ha avvertito i partecipanti
provenienti dall’Europa, dagli
Stati Uniti, dall’Australia e dall’Africa che non si può più perdere tempo nel mettere fine all’apartheid che continua a mietere vittime ogni giorno. « Il male — ha concluso Makhulu —dev’essere stroncato ». Il presidente delio Zimbabwe, Gana-an Banana, pastore metodista, nel sa
Tappeti
e chiese
(segue da pag. 1)
tori. L’accusa di marxismo che ci
è stata lanciata, è del tutto fuori
luogo e falsa. Il fatto è che quando abbiamo visto questi rifugiati
faccia a faccia, non avevamo più
nessuna scusa per non aiutarli ».
Ed il past. William Sloane Coffin,
della Riverside Church di New
York, aggiunge: « Noi non ci scusiamo per l’aspetto politico. Dio
non c’entra solo con i vostri peccati o con i miei, ma con quelli
dell’intera nazione ».
Intanto, mentre il processo va
avanti, si accende negli Stati Uniti il dibattito se le convinzioni
religiose possano giustificare la
disobbedienza civile. Ed i pareri
non sono univoci, anche nell’ambito delle stesse chiese.
Senza contare noi che non tutti sono convinti dell’obiettività
del movimento stesso dei santuari. « Esso non esisterebbe, senza
una previa opposizione alla politica americana in America centrale » afferma su Réiuaiés (mensile dell’ONU) Bruce Nichols,
portaparola del Consiglio per gli
affari religiosi della città di New
York.
E la sua affermazione può
essere corretta. Ma nei fatti è
ininfluente, visto che molte chiese (e quella presbiteriana unita,
in primo luogo) hanno già condannato tale politica come sbagliata e moralmente ingiusta. E
allora dove va collocata 1’« obiettività? ».
Dall’esito del processo dipenderà comunque la sorte della
stragrande maggioranza dei rifugiati centroamericani.
Una sola cosa sembra certa:
se le loro aspettative venissero
calpestate, questa sorte sarebbe
ben diversa da quella dei tappeti
persiani.
Roberto Giaconc
luto ai delegati ha ringraziato
il CEC per il suo lungo impegno
antirazzista.
Dal 1970 il CEC ha distribuito
6,5 milioni di dollari per doni
umanitari, e alla fine degli anni
70 ha finanziato, in parte, le
forze di liberazióne che hanno
rovesciato l’allora governo bianco minoritario della Rhodesia.
« In quel processo di decolonizzazione — ha concluso il presidente dello Zimbabwe — il CEC ha
rappresentato un atollo di speranza in un oceano di scoraggiamento e disperazione. L’amore
,e la compassione testimoniata ai
repressi, agli schiacciati e ai
marginali li aiuta ad affermare e
a legittimare fa loro lotta per la
sopravvivenza ». Emilio Castro,
nel suo intervento, ha ripercorso le tappe del CEC nella lotta
al razzismo e in particolare quella che ha visto la decisione di
interrompere ogni rapporto con
le banche legate a filo doppio
con gli interessi sudafricani. « Fu
una scelta difficile — ha notato
Castro — ma oggi l’opinione
pubblica dei paesi occidentali e
nello stesso ambito delle banche
riconosce che di fronte al sistema dell’apartheid' non sarebbe
stato possibile agire diversamente da come abbiamo fatto ».
Al termine dei tre giorni di
dibattito la mozione votata —
condivisa anche dai rappresentanti dell’Alleanza Riformata
Mondiale (ARM), dalla Federazione luterana mondiale e dalla
Conferenza panafricana delle
chiese — invita le chiese di tutto il mondo ad una giornata di
digiuno e di preghiera per mettere fine al sistema dell’apartheid
contrario alla volontà di Dio. La
giornata fissata è il 16 giugno
1986, un lunedì, decimo anniversario della rivolta di Soweto,
soffocata nel sangue. L’assemblea ha chiesto inoltre alle nazioni di cessare ogni forma di
prestito monetario al regime razzista di Pretoria nei cui confronti si auspica l’applicazione di
sanzioni immediate e globali. Si
è altresì chiesto alle chiese di
sostenere i movimenti di liberazione e la richiesta di scarcerazione del poeta Nèlson Mandela e
di tutti i prigionieri politici. Solo la fine dell’apartheid "moralmente né difendibile né giustificabile” può liberare gli abitanti
bianchi e neri dalla tragedia in
cui vivono. Dall’incontro è stato
lanciato un ultimatum, ai bianchi
del Sud Africa: date il potere
alla maggioranza del popolo. In
altre parole: via libera alle elezioni a suffragio universale.
Già nel 1960 il CEC aveva convocato un analogo summit ecclesiastico a Cottesloe (Johannesburg) per condannare l’apartheid. Sono passati venticinque
anni e la situazione non è sostanzialmente mutata, anzi è
sulle soglie della guerra civile.
L’ora della verità sembra stia
per scoccare per l’Africa del
Sud e per la comunità mondiale. « Il governo di Pretoria —
conclude il documento votato
all’assemblea di Harare — non
ha nessuna credibilità. Noi comprendiamo e sosteniamo pienamente quelli che reclamano le
sue dimissioni. Se il governo si
dimettesse sarebbe la soluzione
meno costosa e costituirebbe
un importante passo avanti sulla
via del cambiamento ». Alla»
Boesak, presidente deU’Alleanza
Riformata Mondiale, rivolgendosi alle chiese dell’ARM, poco dopo essere uscito da un mese di
carcere per "motivi politici”, ha
dichiarato: « Ci sentiamo sostenuti dal vostro amore, protetti
dalla forza di Dio e difesi dalle
vostre preghiere. Le prove che
attraversiamo ci convincono
sempre di più della giustezza
della nostra causa. Per la verità, la pace e la giustizia si può
soffrire; ne vale la pena! ».
Giuseppe Platone
(segue da pag. 1)
na ». Che vuol dire? Vuol dire
che ogni uomo, ogni donna, ogni
giovane o adulto che si professa
cristiano ha incominciato la marcia su una strada indicata dal
Signore; una strada particolare
che conduce ad una vita nuova;
una vita che ci deve distinguere
dal resto della gente comune; un
tipo di vita che osiamo definire
« testimonianza personale ».
Ma questa strada o cammino
che siamo chiamati a percorrere
non è facile, è faticosa e spesso
estenuante. Gesù, diceva che la
vita del credente in lui è un camminare su una strada disagevole
ed un passare per una porta
stretta... Non è affatto facile né
comodo vivere da veri cristiani in questo mondo, perché vivere da autentici seguaci di Gesù
Cristo è un vivere nell’amore e
con amore. E noi sappiamo che
vivere con amore non è nella natura umana. L’amore è dono di
Dio, che è Amore!
Si, vivere da sinceri cristiani
non è cosa facile proprio come
non era facile per gli antichi
israeliti marciare nel deserto del
Sinai verso una lontana Terra
promessa e dovendo affrontare
eserciti agguerriti e uomini giganti.
Anche noi dobbiamo affrontare
forze gigantesche che ci ostacolano il cammino. Forze gigantesche
che si chiamano — ad esempio —
dubbi, incertezze, timori, paure,
scoraggiamenti, umiliazioni, rinunce, ansietà... Tribolazioni, insomma, che fanno parte della nostra vita quotidiana, anzi, che sono provocate dalle situazioni del
nostro affannoso vivere giornaliero.
E qual è il nostro comportamento? Riusciamo a resistere e
vincere? Od invece, estenuati, infiacchiti dalle contraddizioni e
dai contrasti di questo mondo incredulo, con una fede instabile
e che assomiglia più ad un lucignolo fumante che ad una fiamj ma ardente, siamo sopraffatti
. i dalle forze avverse e cadiamo
I inello scoramento e nella sfiducia
' Jjdi noi stessi ed anche nella sfiducia dell’azione di Dio? Ma sempre il Signore non abbandona i
suoi figlioli! E come parlò in
quel lontano giorno a Giosuè, così egli parla ancora oggi a tutti
i credenti, ad ognuno di noi:
« Levati — disse il Signore a Giosuè — passa questo Giordano ».
« Levati! ». Si, dobbiamo levarci, alzarci dal nostro stato di abbattimento e di paure! Ed andare
avanti coraggiosamente anche se
siamo quel che siamo; anche se
siamo dei deboli e dei pavidi;
anche se davanti a noi vi è qualcosa di più difficile che la traversata del fiume Giordano in piena! Avanti, perché Dio è vicino a
noi per sostenerci, per donarci fiducia e speranza, per dirci —
come disse a Giosuè — : « Io non
ti lascerò, né ti abbandonerò! Solo sii forte! ». « Esser forti »... Sì,
ma di quale forza? Oh, non forti delle nostre forze che non abbiamo! Con le presunte nostre
forze morali, con tutte le nostre
buone intenzioni, non ce la facciamo a vivere da autentici cristiani! Esaminiamo fino in fondo la nostra coscienza e riconosciamo che se di fronte alla gente siamo o sembriamo più bravi
degli altri, al cospetto di Dio noi
siamo dei miserabili peccatori!
Ed allora, forti di quale forza?
Forti della forza che viene solo
dallo Spirito di Dio. « 'Voi riceverete forza — disse Gesù insorto — quando lo Spirito verrà su
di voi »... La vera forza, dunque,
viene dalla fede in Dio, dalla piena fiducia nella sua notenza, nella eterna validità della sua parola, nella immensità del suo
amore.
Allorquando nella nostra vita
d’ogni giorno veniamo a trovarci a dover combattere nelle ore
della prova; nei frequenti momenti dei nostri smarrimenti,
quando ci sembra che tutto sia
per noi perduto; auando stiamo
per essere sommersi dalle acque
impetuose delle nostre ansietà...
e ci prende l’angoscia... ricordiamo la parola di Dio che un lontano giorno rivolse a Giosuè e
che sempre ripete a tutti i suoi
figlioli che si rivolgono a lui:
« Sii forte e fatti animo, non ti
spaventare e non ti sgomentare,
perché l'Eterno, il tuo Dio, sarà
con te dovunque tu andrai! ».
Giuseppe Anziani
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