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'ANNO LJtXIV
Torre PelUce.y 15 Ottobre 1943
M
N. 42
L’ECO DE!
7*^
Nulla sia più forte della vostra fede?!^^^ ^ ^ *"*
(Gianavellc ” ^ A L E DELLA
VALDESI
ABBONAMENTO
Italia e Impero . Anno L. 20 —
Estero . . . . , . 30 —
Ogni cambiamento d’indirizzo costa una lira —
Semestre L. 10
» » 15
La copia Cent. 40
CHIESA VALDESE
Riguardate alla roccia onde foste tagliati
(Isaia LI ; 1)
Dir«ller«i Prof. QINO COSTABEL
AMMINISTRAZIONE e REDAZIONE:
Via Carlo Alberto, 1 bis — TORRE PELLICE
V)
•g
Q. '
Comunicato
Notifichiamo che dal 1 ottobre il Mo^
derastore pastore Virffilio Sommarli, ed il ■
Cassiere pastore Guido Comba hanno
fatto ritorno a Roma, Via IV Novembre
107.
Nel caso si verificastsero interrwzioni
di servizio postale con Roma, le corrispondenze dirette alla Tavola Valdese
potranno essere inviate al Vice-Moderastore pastore Luigi Marauda, Via dei
Mille, 1 - Pinerolo (Prov. di Torino), ed
al Vice-Cassiere pastore Roberto Nisbet
- Convitto Valdese, Torre PélUce (Prov.
di Torino).
LE CONSEGUENZE DELLA GUERRA
SCENDI!
La Bibbia non ha una sola corda. Alcuni
dei suoi registri, ai quali si ricorre di rado, risuonano stranamente ai nostri orecchi abituati agli excelsior ed ai sursum corda. Perciò l’ordine divino provoca un disordine nello spirito.
* Ma un istante di riflessione basta per
apprezzare tutto il valore di questo comandamento.
Tutto ciò che è buono discende dal cielo: lo scintillio delle stelle, lo splendore
del sole, la rargiada del mattino, la 'orgente idei ghiacciaio. Se il creato disubbidisse a questa legge, che cosa diventerebbero le creature ? Si vede spesso dei
ruscelli di alta montagna esitare prima
di scendere a Valle. Le nevi eterne si
rispecchiano nelle loro onde. Bisognerà
forse che quest’acqua pura si contamini
con ogni sorta di sozzura? Sì. Ed è per
' quasi« -chj&lasciiagidot-la-chaei esaa-rumoreggia mormora. Le riesce cosa dura dover scendere.
« Scendi ! »
La stessa chiamata è rivolta ai servitori di Dio. Dopo 40 anni d’isolamento
sugli altipiani madianiti, dopo 40 giorni
di silenzio sul Sìnai, Mosè l’ode. Lassù
sotto i suoi piedi c’era come un pavimento la.vorato in trasparente zaffiro, e
simile, per limpidezza, al cielo stesso »
(Esodo 24: 10). Giù, a valle, era l’opposizione, la lotta, la missione sovrumana.
A sua volta, dopo aver udito il vento
dolce e sottile dell’Horeb, Elia deve fare
ben altro che coprirsi il volto col suo
mantello di profeta; egli dovrà affrontare il re Achab, trasgressore della legge, e Gesabele, corruttrice del popwlo di
Dio.
E divenuto patetico, quest’ordine,
quando si rivolge all’Unigenito Figliuolo: « Scendi ». Il Padre che dice al suo
Diletto; « Abbandona la tua celeste dimora, irradia sur im moindo di tenebre;
sotto la rugiada della tua parola rifiorisca la terra e fiumi d’acqua viva sgorghino dal tuo seno ».
— Scendere, fin dove, Padre mio ? —
— Fin sulla paglia in una stalla; in
mezzo a dei concittadini che ti perseguitano, dei discepoli che ti abbandonano,
dei capi religiosi che ti crocifiggeranno.
Va Figliuol mio. *— E Gesù non ha considerato come una rapina di essere pari
a Dio. Egli s’è spogliato, ha preso la forma di un servitore; lui, il Figlio di im
Dio che s’inchina, che si è compiutamente abbassato.
• « •
Scendere così è certo ben altra cosa
che cadere. Impresa difficile, eroica,
gloriosa, bisogna saperla pnospettare,
accettare e bene realizzarla.
Anzitutto saper scendere, nel c&po
fisico. Invece delle lamentazioni quando
sopravvengono i primi accdaochì, delle
lodi all’Eterno per tutte le benedizioni
accordate^ La vista diventa debole; gra
zie oh Dio, per tutto ciò che i miei occhi han potuto vedere. L’udito diventa
grosso; grazie, oh Dio, per tutto ciò che
i miei orecchi han potuto ascoltare. Il
camminare diventa faticoso; grazie, oh
Dio, per i sentieri percorsi, per le cime
conquistate. Se l’uom,o esteriore si distrugge, l’uomo interiore si rinnova;
consente cioè a questa distruzione che
permette una ricostruzione, a questa discesa che favorisce un’ascensione.
Poi saper scendere nel campo morale.
La sciagura rassomiglia all’abisso. Vi
aspetta ad una svolta. Ad una comoda
esistenza si era fatta l’abitudine. Dì una assicurazione sulla vita eravamo forniti. E’ stato giocoforza scontare. Beato
allora colui che la prova non abbatte.
Egli rassomiglia al tuffatore che accetta
di scendere negli abissi dell’oceano per
'- portarne alla luce Ja perla preziosa.
Ed infine saper scendere nel campo
spirituale. Vi è una grotta che troppo
poco ancora esplorammo: quella dell’anima nostra. Pochi sono quelli che ardiscono scendervi: è un introspezione da
cui essi rifuggono per non dover conoscere sé stessi.
Un grido d’angoscia quello dell’apostolo dopo il riconoiscimeinto del suo
stato reale : Miserabile, chi mi libererà?, seguito da un inno di liberazione:
« Grazie sieno rese a Cristo Gesù! » La
constatazione della propria miseria può
diventare una benedetta discesa: invece
di portare con sè la disperazione e la
morte, essa facilita rincontro personale
con Colui che ci attende là, al termine
del pendio, per restituirci la vita, la sua
vita!
N< « *
Scendi!
Un ordine più benefico ancora, quando gli altri ne' sono beneficati: Esso è
un monito all’idealista perduto nei suoi
sogni e che si contenta di attaccare il suo
carro a una steila per volare lontano
dagli uomini... come Orazio il poeta:
Odi profanum vulgus et aroeo; mi è odioso tutto ciò che è profano e volgare,
e lo tengo a distanza. Quanto numerosi
coloro che adottano questa filosofìa di
vili, che praticamo questa pietà di disertori. Finite le vacanze; e si scende senza
gioia, senza gratitudine, come se queste
scappate dovessero trasformarsi in scappatoie. Una battuta d’arresto è dunque
uno scopo o un mezzo? una « riparazione » 0 una preparazione?
Ogni ritirata seguita da laitóìtudine
costituisce una disfatta. Ritornare in famiglia, alle occupazioni domestiche, all’ufficio, malcontento, nervoso, sospettoso, è un triste ritorno.
Non così Mosè ridiscese verso il suo
popolo, col viso raggiante pmdiè aveva
parlato con l’Eterno; dhè al contrario egU riportava del sole, il sole di Dio, del
quale, come una grazia, aveva ricevuto
la luce.
Non di questa guerra, ma della guerra
if' in generale, di tutte le guerre.
{ Se vi è a'wenimento che produce in
|ìj,. ogni camipo trasformazioni profonde è
proprio la guerra. Nel campo politico,
r, mutamenti di governi; nel campo sociale le, inasprimento delle divisioni fra le
varie classi; nel campo annonario, res strìzioni alimentari e carestie; nel camN, po clinico, abbassamento del livello deli ^ la salute e miaggior dif fusione di malat^ tie contagiose, nel campo economico,
^ rovine di beni immoibiliari e di patrimoI I ni, dirninuzione del potere d’acquisto
I ’* del denaro.
i|i Ma ciò che interessa noi valdesi, noi
['f giovani, in questa sede, sono le ripercussioni della guerra suH’animo e sui
I * costumi dei popoli. Vi sono delle rij>eri (Teussioni lontane e delle ripercussioni
^immediate. Limitiamoci a queste, per I ora.
fe
|’|tA depressione degli ANIMI.
I I Dovuta alTenorme complicarsi della
vita. Anche le persone più spirituali che
f non hanno mai perso molto tempo per
j I le cose materiali, devono ora sprem.ersi
j il cervello e passare ore insonni per riI solvere il problema del vitto, delTabbi^ gliamento, dell’alloggio, del riscaldamento, il che spesse volte equivale a voler trovare la quadratura dei cerchio.
Chi ha avuto la casa sinistrata, chi ha
perduto in guerra ó nei bombardamenti
persotne care, vive ora nel più profondo
abbattimento. Ma si soffre anche per la
sofferenza degli altri, per lo stato della
Patria, per le prove che hanno colpito
la nostra Chiesa. E qual’è la famiglia
che non è in ansia per qualche caro lontano, qual’è il giovane che non abbia
un motivo di preoccupazione circa la
sua sorte, il suo avvenire la sua carriera
interrotta? E che sarà di noi domani?
«A
Come guida per questo ritorno noi
abbiamo più che Mosè. E’ quanto vengono di confermare a modo loro, deL
montanari dalla fede sicura. Sotto la cima del Cervino, dopo il difficile passaggio delle Rocce Rosse, essi hanno eretto
una croce: essa significa qualcosa di più
che un richiamo per le cordate.
Ecco il suo richiamo: Amico’ tu hai il
privilegio di ritornare sano e salvo. Possa tu scendere in altro modo e con disposizioni diverse da quelle che avevi
salendo. Per compiere i compiti che il
Padre ti ha preparato, fissa gli occhi su
Gesù Cristo e non Ìi distogliere da Lui.
Questo crocifisso, nel seno del precipizio, commenta in modo impressionante la scena finale della trasfigurazione. I
suoi discepoli avrebbero voluto piantare
le tende, lassù, e fare un lungo campeggio. Il Maestro non lo concede. Essi hanno avuto il privilegio di salire verso Dio;
scendano ora essi, senza tardare nftlln
Valle dell’ombra, da parte di Dio.
Con la loro ubbidienza essi hanno
realizzato, senza saperlo, la bella visione di una nuova Gerusalemme che scende sur orna nuova terra.
Quelli che, oggi ancora, come essi si
abbasseranno, saranno sovranamente elevati. E. Christen.
(Tr. da La Vie Protestante).
Chi è sicuro di scampare al grande flagello?
A questa depressione dobbiamo assolutamente apporci con un risoluto atto
di fede e con un filiale abbandono nelle
braccia del Padre.
Non siate con ansietà solleciti del domani. Quest’esortazione di Gesù, valida
per tutti i tempi, va oggi rimeditata, accolta senza indugio. Ciò non implica
che dobbiamo vivere come le cicale imprevidenti, che dobbiamo venir meno a
quelle misure di prudenza che Dio stesso può ispirarci e che appartengono al
buon senso comune, che è ¡pure un dono
di Dio. Non voler prendere per la propria famiglia e per sè quelle misure di
sicurezza che, in determinate circostanze, s’imponigono, è voler tentare Iddio o
essere dei fatalisti come i Maomettani;
come pure non è il caso di ostentare
falso coraggio o vuota sicurezza di sè,
ma ciò che bisogna fare è di non crucciarsi, non rodersi Tanimo, non lasciarsi
prendere dal panico, non perdere la testa, non ridursi a vivere soltanto per le
cose di questa terra, bensì mettere con
un gesto risoluto della nostra anima il
nòstro avvenire e tutto ciò ohe ci è caro
nelle mani del Padre Celeste, sapendo
Ch’Egli è tanto misericordioso e^ tanto
potente dà ^^ìòùfarci rinìdispehsabile
per la vita di <^i giorno.
E poi dabbiamo persuadberci che nulla
a accadrà di male, che Dio non lo permetta, e che se DOo lo permette, è per il
nostro vero bene. Abbiamo bisogno della scuola del dolore. Nei tempi della
prosperità avevamo messo radici troppo profonde in questa terra, ci eravamo
assuefatti all’ideá che il conforto della
vita terrena fosse il sommo bene e che
tutta la nostra esistenza si esaurisse
quaggiù.
Questi tempi di tribolazione, di prova,
di continua incertezza possono diventare per noi, se sappiamo vederli sotto U
punto di guardatura della Parola di Dio,
tempi di grazia, occasioni straordinarie
che Dio ci offre onde facciamo delle
scoperte e delle conquiste, ci impossessiamo per tutta l’eternità dei beni che
nessun disastro ci potrà mai rapire.
Questo atto di fiducia in Dio, questo
nuovo apprezzamento dei beni temporali ed eterni, specialmente in noi giovani,
deve tradursi in una reazione aU’vmor
nero, al uiso arcigno, allo sguardo tenebroso e sconfitto. Nonostante i mille
motivi per piangere (vi è un luogo e un
tempo per ogni cosa, anche per piangere) dobbiamo irradiare intorno a noi
buon umore, serenità, cercare di vedere
in ogni cosa il lato comico e farci, quando ci capita, un’oncia di buon sangue,
anche se non siamo per natura degli
spiriti faceti, per impedire che la casa
diventi un mortorio, che la costante ir-r
ritazione provochi attriti e dissensi, che
noi giovani invecchiamo innanzi tempoi
e, negli spiriti deboli, il p^o della vita
spinga alla .pazzia e al suicidio.
Essere facitori di gioia e non di pena.
Tirar sw il morale,, anziché deprimerlo.
Ecco un magnifico programma per la
gioventù valdese in questi tempi tristissimi!
IL RINCRUDIMENTO
DELL’EGOISMO.
L’amore di sè, l’avarizia, la cupidigia,
la rapacità, sono in maggior o ibinor
■'ili
2
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V*
L’ECO DELLE
VALU VAIÌDÉSI V*
Wpi
misura retaggio di tutti gli uosmiai; e se
ne vedono già .chiari segni nei piccoli
fanciulli.
^ I
Nei tempi calmi e prosperi il fondo
d’egoisano che è in ogni cuore si ricopre
di buone usanze, di atti gentili. Scoppia
la guerra, sale dall’abisso lo spettro .ddla distruzione e della fame ed ecco il
cuore limano riapparire quale esso è in
realtà. Ciasctmo per sè, ai saìlm chi può.
al saccheggio, perisca U rnmdo, pimchè
stia bene io, ecco le parole d’ordine che
sorgono dal profondo ddla nostra natura decaduta. L’episodio della galleria
■ della Madonna delle Grazie a Genova e
mille altri tragici casi in questa guerra e
in altre calamità insegnino.
Caduta la vernice di civiltà, salta fuori la belva. Le disgrazie pubbliche mettono a nudo l’anima dei popoli e degli
individui. E non si creda che nelle nostre Valli sia inimmaginabile un rincrudimento dell’egoismo in tempi di prova!
Lo storico Giovanni Jalla narra che durante la peste del 1630 i malati non erano curati nè ricevevano rimedi. I sani
ci astenevano dal visitarli e per paura
del contagio si verificavano atroci scene di egoismo e di durezza di cuore.
Anche oggi son possibili gesti di feroce egoismo e più i tempi diventeranno
duri e più saranno evidenti, se l’amor
fraterno non prevarrà.
Vi è oggi nel mondo gente che si satolla più di prima mentre v’è il poveretto die non ha un bicchiere di latt*^.
Vi sono fanciulli ipemutriti ed altri che
illanguidiscono. Vi è ohi nuota nel grasse e chi non può più condire le poche
vivande. Vi è chi amimassa e fa lauti
guadagni e vi è chi spende le sue ultime
economie per tirare innanzi.
Non siamo più stati educati ai valore
dell’amore cristiano nelle sue manifestazioni di carità, di generosità, di aiuto
disintèressaio. . *
Secondo che ne abbiamo l’opportunità, faccìam del bene a ivstti; ma specialmente a quei della famiglia dei credenti,
esorta S. Paolo in Galati VI: 10.
La Solidarietà valdese che dobbiamo
fortemente sentire in questi tempi,
spinga tutti noi e specialmente i giovani che hanno energie vive, freschezza di
sentimento e prontezza di azione, a chiedersi: che posso fare per aiuta^-e chi sta
peggio di me? Quando ci si pone con coscienza questa domanda si vede subito
chiaramente qual’è il piccolo o grande
aiuto che si può dare al prossimo.
L’AGGRAVARSI
DEL DISORDINE MORALE.
Due ne sono principalmente le cause.
Il gran numero di giovani in condizioni anormali di vita, cioè lontani dalla
loro casa, dal loro ambiente, dal loro lavoro e 'dalle loro responsabilità. Le città
dove vi sono quartieri militari son note
per la loro depravazione. Gli accantonamenti di soldati in località insolite^ nei
piccoli centri e nelle campagne hanno
già prodotto nei molti mesi di guerra
nelle nostre parrocchie gravi e spiacevoli conseguenze. Siccome la guerra non
è finita, il pericolo non è scomparso e
potrebbe anzi diventare da un momento
all’altro molto più temibile che nel passato.
Altra causa dell’aggravarsi del disordine morale è da ravvisare nell’rmminenza del pericolo e nella, paura della
morte che producono in molti una sete
smisurata di godimento.
Axel Munthe, l’ormai celebre e sfor
tunato autore di « S. Michele » (i giornali ne hanno parlato recentemente a
proposito deRa sua villa a Capri) racÍ conta che a Napoli nell’ultima epidemia
di colèra, è' stato testimone di scene di
" impressionant© frenesia di piaceri sen, suali. E la stessa osservazione è stata
fatta da altri in circostanze analoghe.
Nell’incertezza del domani, dinanzi
alla morte l’anima sensibile e credente
si raccoglie, rientra in sè, fa un bilancio
delle sue azioni, cerca in Dio il perdono
e l’aiuto, s’aggrapipa a ciò che non passa,
ma la maggioranza degli uomini vuol
strappare alla vita, in extremis, nel breve tempo che ancora le resta i piaceri
più forti: l'ebbrezza del vino e delle
gioie dei sensi.
Se ogni casa valdese fosse un santuario, se ogni giovane valdese avesse un
carattere cristiano, se ogni giovinetta
considerasse la purezza come il suo bene più prezioso da custodire, la lussuria
scatenata dalla guerra sfiorerebbe le nostre Valli senza insudiciarle. Ma purtroppo così non è, coma tutti sanno.
Come nei tempi torbidi è necessario
lo stato d’iassedio e il coprifuoco, cosi
son necessarie misure severe per la salvaguardia della salute morale delle nostre popolazioni valdesi, misure che ogni padre e ogrd madre deve' aver già
prese verso i propri figli: casa e lavoro,
ordine e disciplina, fare la propria stra, da, non star fuori di notte, guardarsi dal
hallo e dal vino, non allacciare relazioni anche solo platoniche con persone di
cui non si conosce la famiglia, l’ordine e
la condizione, essere, insomma, vigilanti
per sè e per gli altri.
E là dove manca la tutela dei genitori e dove i giovani sono responsabili
delle loro azioni, i seguenti principi
3
crudi .che vanno enunciati chiaramente
in questi tempi crudi, debbono essere la
salvaguardia della nostra gioventù:
il giovane non agisca verso una qualsiasi donna come non vorrebbe che si
agisse verso la propria sorella;
vi è una sola morale per il -dovane e
per la giovane. Cioè, come una, giovane
deve serbarsi pura, così anche il giovane
deve serbarsi puro;
ogni rapporto sessuale con chicchessia, fuori diel vìncolo sarito del matrimonio è fomkazione e adulterio, perciò
peccato e maledizione.
Anche i migliori fra i giovani, in questi tempi di- disordine debbono essere
vigilanti « perchè ben è lo spirito pronto ma la carnè è debole ». Per tutti vale
resortazione apostolica: « Camminate
per lo spirito e non adempirete i desideri della carne ».
Se la nostra gioventù uscirà moralmente sana dalla guerra e se quest’epoca tristissima non segnerà per le nostre
parrocchie un decadimento morale, potremo dire che la prova tremenda si è
trasformata in benedizione e che nella
gioventù nostra vi saranno le premesse
di un luminoso rinnovamento della nor*
stra Chiesa, e perciò anche, nei limiti
della nostra influenza, della Patria diletta. Gustavo Bertin,
Nota. Per ragioni dipendenti dalla
necessità dell’impaginazione questo articolo che doveva far parte della Pagina della Gioveritù, è pubblicato fuori
di essa. Red.
Lfl FflQINfl bCLLfl QlOVCNTCl VilLDtSC
yì tuffi i J/lembrì delle Unioni I
L’estate è passata senza che potessimo
riunirci in Convegni Genera,li. E’ la prima volta che ciò accade da quando è
sorto il nostro movimento.
In occasione di gite in montagna abbiamo rivisto nei mesi scorsi i luoghi dove una volta centinaia di giovami erano
riuniti per i campi o per i grandi raduni. Quanto bene ci facevano quegli studi
all’aperto, quei canti possenti, quelle discussioni e quelle conversazioni fraterne, e quei contatti colle nostre parrocchie nei culti serali d’appello in cui si
fondevano l’ardore e lo zelo dei giovani
dell’Evangelizzazione con la fede sicura e serena dei nostri montanari!
Dovranno tornare quei tempi! Ne sentiamo una nostalgia profonda. Cercheremo di approfittare maggiormente di questa grazia del Signore e ci sforzeremo di
essere, nella, vita di ogni giorno, all’altezza delle sante impressioni delle indimenticabili giornate unUmiste! A tutti i
giovani e a tutte le giovani che hanno
vissuto quelle manifestazioni, ai membri
viventi delle Unioni che hanno sempre
desiderato di parteciparvi, ovunque siete dispersi, per quanto sia critica l’ora
che attraversate, fosco sia l’orizzonte g
dura la prova che vi ha colpiti, coltivate
nel vostro cuo e fatene oggetto di preghiera all’Altisdmo, la speranza di giorni
nuovi nei quali le nostre Unioni giovanili
- strette le file dopo la grande burrasca^,
purificate dalla sofferenza, con volontà
nuova saranno veramente l’avanguardia
della nostra diletta Chiesa Valdese, e,
superando vecchie polemiche, avendo
dinanzi agli occhi il bene della nostra
gioventù, la p'-opagazione dell’Evangelo
mediante il rafforzamento della Chiesa
la ripresa dei legami fraterni con quella
gioventù evangelica dalla' quale oggi ci
separano i conflitti e le incomprensioni
della guerra - potranno svolgere appieno le loro attività particolari e generali
e comunicare alla gioventù indifferente
un fuoco che consumi il gelo dell’anima
è i vizi del cuore, e comunichi a tutto il
corpo della Chiesa un travolgente slancio giovanile per le più grandi conquiste dello spirito.
Il Comitato di Gruppo ora solito, prima della ripresa autunnale delle attività, di comvilare un programma dd studi,
di Convegni e di visite a tutte le Unioni. Le attuali circostanze non consentono
alcuna delle consuete attività giovanili.
Che faranno j nost~i Unionisti e le nostre Unioniste? Si disperderanno?
Se per un po’ di tempo son sospesi i
Convegrti e le riunioni serali che sono la
regolare attività delle nostre Unioni, ai
nostri giovani rimangono tre cose fondamentali.
1 - Il culto pubblico domenicale. E’
giunto il momento di strìngerci attorno
alla nostra grande Madre, la Chiesa, che
ci ha nutriti col latte della Parola sin
dalla nostra infanzia; è giunto il momento di andar fieri della nostra Chieda,
la cui dignità, il cui onore, la, cui missione non son venuti meno in un mondo in
cui tutto crolla. Trascurare il culto domenicale significa lasciare che le passioni, i dubbi, gli errori, l’ozio invadano l’anirrva nostra, e significa altresì dare a se
stessi e al mondo la dimostrazione che la
Chiesa Valdese è un organésmo vecchio,
decrepito, che non ha più la, sua funzione
nel momento attuale e non potrà più overla nell’avvenire, quando vi sarà là.
fase della ricostruzione, Significa prepararne la rovima a breve scad,enza. Perchè
la Chiesa vive della Parola, e se la Parola non è ascoltata, essa non sarà più
predica.ta per la legge inesorabile che regola tutti gli organismi anche quelli spirituali: quando la loro necessità non è
più sentita o quando, in un determinato
perìodo storico sono stati inferiori alla
loro missione, deperiscono lentamente o
cadono subitamente.
Adunque, gioventù valdese, ogni domenica al culto! Il tempio è aperto, l’Evangelo è liberamente predicato! Raccoglietevi tutti assiduamente, ai piedi del
pulpito!
Là dove la cosa è possibile, e speriamo in ogni parrocchia, ì membri delle Unioni si riuniranno ima volta al mese in
Chiesa per un culto dedicato alla gioventù. Sotto la presidenza del Pastore i giovani potranno meditare su argoménti
che li interessano in modo particolare.
Segnaliamo ad esempio i dine studi poligrafati a cura del Comitaito Nazionàle e
distribuiti alle Unioni pella scorsa primavera, troppo tardi per includerli nel
programma del passato anno di attività:
Il servizio nella Chiesa del pastore C.
Gay e Resistere (la donna nella lotta per
la fede) (1). AUrì soggetti che saranno
trattati in questi culti potranno trovare
un’eco nella pagina della gioventù.
2 - La Sacra Scrittiira. E’ giunto il
momento di spolverare Ict vecchia Bibhki di torla dal vano della finestra dove
sta sepolta sotto un mvxxhio di libri e di
carte, dall’armadio o dalla libreria e di
rimetterla al posto d’onore.
Tutta la Bibbia ha per la gioventù
valdese un messaggio di una attualità
sorprendente. Ogni anno consigliavamo
lo studio di qualche libro, specialmente
del Nuovo Testamento. Vi vogliamo ora
proporre la lettu 'a e la meditazione dei
Salmi, dei profeti Isaia e Geremia e dell’Apocalisse. AUa Ime delVEvarigelo
che conoscete, sentirete straotré^nariamente viventi quelle pagirte e ne trarre
te consiglio, luce e forza. Non leggete a
caso, e non rinviate a domani. Cominciate subito la. lettura regolare personale o in famiglia di questi libri della
Scrittma.
Possibilmente ogni giorno leggete un
brano della Parola di Dio.
3 - La preghiera. Tutto ci distacca
da Dio, tutto ci allontana gli uni dagli
altri, solo la. preghiera ci permette di
percepire la p-esenza di Dio in noi e di
sapere qual’è la suo, volontà a nostro riguardo. Solo la preghiera stabilisce un
contatto fraterno fra la gioventù credente e rimane spesso il solo mezzo a
nostra disposizione per aiutarci vicendevolmente.
Implorino le giovani la benedizione e
la protezione di Dio sui giovani lontani
dalle loro case ed esposti al perìcolo.
Sia l’intercessone fraterna il profumo
che sale a. Dio dal cuore della immerosa
falange della gioventù femminile della
nostra chiesa.
I giovani forti cerchino in Dio la loro
forza, i giovani turbati cerchino in Dio
la calma, la guida per sè e per i loro
compagni. Sia la preghiera il respiro
continuo della vostra anima, o Unionisti
Valdesi. E ricordatevi .che se il respiro
cessa, la vostra anima versa in gravp
pericolo!.
Con queste tre armi: il culto domenicale, la lettura della Pa,ola di Dio, la
preghiera, la gioventù valdese può sfidare ogni avversario della sua anima, e
Satana stesso; può <ittra.versare senza
alcun spavento ì tempi più critici e più ’
tristi, può prepararsi agli immani e pur
lieti compiti di domani!
Il Gruppo Valli
della Federazione delle Unioni Valdesi.
(1) Berta Subilia, Elsa Rostan, Anna
Marullo^
3
’ - -V,!!'« - ' T’
&
"JÜÍ'
L’ECO DELLE VALLI VALDESI
>
I AL SIGNOR PAOLO MAMAUDA, pastore a Pramollo, che ha redatto per un
anno, con zelo e con soddisfazione ge¡^-’-nerale la Pagina della Gioventù, rivol'.^amo un vivo ringraziamento, anche a
.;^no(me della gioventù che legge.
La nostra Pagina, in attesa di potersi
»trasformare in picco’a rivista spera di
-poter uscire suU’aocogliente Eco. regolarmente ogni mese. In attesa di nuovi
¿’disposizioni del Comitato Nazionale che
non ha potuto aver la sua seduta postSinodale, tutti gli articoli per la Pagina
come pure i consensi, dissensi e discussioni su iniziative partite dalla Pagina
stessa, debbono essere inviate al pastore Gustavo Bertin. La Pagina è largamente aperta alla collaborazione dei
giovani e a tutte le idee che possono interessare le Unioni e volgere al bene
spirituale e morale della gioventù.
Ufi mfoblema Sociale Valdese
LE NOSTRE GIOVANI
(Tentativo di conclusione)
L’autore di questo studio pubblicato
in una recente Pagina della Gioventù si
era firmato « Vox » sottintendendo
clamantis in deserto », colla rassegnata
certezza che le sue proposte sarebbero
p' cadute nel vuoto come tante altre fatte
in altra sede. L’articolo ha invece susci
2^'tato,un vivace scambio d’idee con spunti
polemici, coraggiose prese di posizione e
Wsl è concretato in suggerimenti pratici
e indicazioni utili sulla via che le giO'
i. vani possono prendere per diventare go.
^ vernanti o infermiere.
’ La ’ discussione sembrandoci
dentiamo di concludere con i
chiusa,
seguenti
i
I' due punti:
I - Ji ministerio della Diaconessa è
insostituibile. Riforme radicali alla Ca
Í sa, alla formazione, agli impegni, alla
missione, alla figura della Diaconesse,
^toglierebbero a questa istituzione il suo
’•'4 carattere, la sua ragion d’essere.
Non può la Diaconessa scendere a patti col mondo, adattarsi al mondo appunto perchè ella non è di questo mondo,
‘ pur vivendo nella sfera più triste, più
dolorosa del mondo e curmdo le piaghe
più-purulenti del mondo. La sua-eoiisnfl- orazione a Dio, la sua rinuncia al mondo
o è assoluta o non esiste. Tertium non
datur. Se la Diaconessa vuol far del be: ne al prossimo, ma al tempo stesso sente dolorosamente la mancanza delie gio., le legittime del matrimonio e della ma^ ternità e non trova nel suo ministerio
. piena soddisfazione e gaudio completo è
segno che ha preso una via che non era
; per lei.
.. Dunque niente laicizzazione della
P;. Diaconessa.
V;’.: ■
II - Vi sono molte giovani animate
dal sincero desiderio di impiegare utilmente la loro vita curando i bimbi e gli
ammalati. Esse vorrebbero svolgere la
loro attività nei nostri istituti o nel no
* stro ambiente e per la loro preparazione
tecnica preferirebbero una scuola dove
regni lo spirito evanigelico ad una scuola
laica, presentendo e conoscendone tutti
^ i pericoli. Nell’assenza di una decisione
I da parte 'della giovane, le famiglie stesse
¿ invierebbero più volentieri le loro fi.* gliuole in una nostra scuola piuttosto
; che in una scuola dove non si dà alcuna
I importanza alla formazione religiosa.
Ma l’istituzione di questa scuola per
infermiere evangeliche presso l’Ospedale Valdese di Torino o l’Istituto del dott.
"iPrizzoni di Bergamo o in un nuovo Ist'ituto non risolverebbe che in parte il
problema sociale valdese così cerne è
stato primitivamente posto. Il numero
delle infermiere per adulti e assistenti
per bimbi non può essere molto elevato
e non sarà mai tale da assorbire tutta o
parte della massa delle giovani valdesi
% che, dopo la guerra, cederanno nelle
j fabbriche e nei campi il posto ai giovaI ni definitivamente congedati. Io prevedo ciò che accadrà; o l’emigrazione con
I tutte le sue incognite: dispersione di
I tante giovani e perdita definitiva di
i molte di esse per la Chiesa e per la fede,
. 0 l’ingrossam.ento del già troppo numeroso esercito delle domestiche, con gli
inconvenienti cui si era già accennato.
La creazione di rma scuola per governanti, guardarobiere, ammirnstrutrìcì, direttrici dì casa, sarebbe quanto mai opportuna. Le giovani valdesi più capaci
che non hanno un’inclinazione speciale
per l’opera dell’infermiera potrebbero
prepararsi per i compiti svariati che certamente si offriranno fra pochi anni alle
giovani in tante famiglie smembrate
dalla guerra.
S’intende che la Chiesa non può essa
stessa fondare queste scuole. Ma può dar
il suo appoggio morale ad un’iniziativa
privata che offra serie garanzie. Se ben
Si osserva, quasi tutte quelle che sono
ora istituzioni ufficiali della Chiesa sono state in origine opere persoinali, dovute aH’iniziativa, airentusiasmo, alle
vedute giudicate utopistiche, ài sacrificio del cuore generoso di un figlio di
Dio.
E’ possibile che la nobile spirituale
schiatta dei fondatori di Asili, Orfanotrofi, Rifugi, Ospedali sia spenta? Che
le Istituzioni della Chiesa Valdese abbiano raggiunto il numero perfetto?
, Germanus.
" Pensieri salia vita „
La vita è un dono. Dono miracoloso e
sublime di Dio. Dono di cui non riusciamo ad afferrare il fine ultimo e il perchè di esso, ma dono di cui dobbiamo
essergli riconoscenti e che dobbiamo
conservare integro e incontaminato,
perchè divino e santo.
Guai a noi, se disprezziamo la vita, se
la bestemmiamo, se la malediciamo. Saremmo degli uomini insensati, degli ingrati che non sanno vedere e che non
sanno vedere e che non sanno capire.
Guai a noi, se sprechiamo la vita se
non la sappiamo vivere degnamente,
perchè non sapremmo approfittarne per
fare del bene e compiere qualcosa di utile, avendone la possibilità. Guai a noi
se sopprimiamo la vita perchè commetteremmo un sacrilegio dinanzi aU’opeira
del Divino Artefice.
Bea,ti noi, se sapremo essere riconoscenti a Dio per tutti i benefizi di cui ci
ha colmati in questa vita e se sapremo
elevare a Lui il nostro inno di gioiosa
gratitudine.
Beati noi, se Sapremo restituirgli questo dono arricchito e abbellito per il
buon uso che ne abbiamo fatto.
Ricondiamoci; la vita è un dono.
Lo vita è lotta. Lotta con le armi della fede, dell’amore, della speranza. Lotta contro le forze negative della vita,
contro le passioni dell’istinto, contro’ le
tentazioni del male. Combattimento
continuo ©d estenuante che avrà il suo
coronamento di gloria nell’altra vita;
anzi in questa per chi, con l’apostolo,
può ripetere: « Ho combattuto il buon
combattimento della fede ».
Lotta incruenta, ma là cui durezza
tante volte fiacca il nostro spirito e abbatte il nostro corpo, ancor più che un
vero comibattimaxto. E cosi come in
tutte le battaglie, vi sono i vincitori ©d
i vinti,..
' Vi sono quelli che trionfano del male, conservando intatta la .loro forza morale, e vi sono quelli che bidono e soggìaciono per sempre sotto il peso della
sconfitta. V ;g.
E vi sono i feriti che ancora sperano
di vincere. E potranno ancora vincere
soltanto se sapranno alzare gli occhi
verso l’alto... si la vita è lotta, dura lotta ma santa.
La vita è sacrifizio. Sacrifizio del’nostro orgoglio, delle nostre ambizioni, dei
noiptri desideri, del nostro utile. Af
^rifizio di ciò che amiamo di più,
di noi stessi...
Quante volte il sacrificare ciò che più
ci è caro, è stato motivo di dolore e di
sconforto e chissà, forse di pianto.
Ma che luce in noi, che armonie celesti abbiamo sentito nei nostri cuori,
quando abbiamo offerto il nostro sacrifizio per il bene del nostro prossimo.
Sacrifizio è dolore e gioia fusi in una
armonia santa; esso è la più alta espressione dell’amore, l’atto più coraggioso
della nostra fede.
Ma saremo capaci di compiere i grandi sacrifici che la vita ci chiede, soltanto se saremo pronti, fino nelle piccole
cose, ad anteporre il bene degli altri al
nostro bene.
Sacrificarsi; rinunciare al nostro piacere ed al nostro utile; annimtare U nostro orgoglio: sacrificarsi per gli altri.
Questa è la vita vera.
Alberto Gabella.
Lezione regale
Un uomo chiese un giorno a un re
d’oriente di indicargli il mezzo di non
soccombere alla tentazione.
Il re ordinò al suo suddito di prendere
un vaso pieno d’olio fino all’orlo e di
portarlo attraverso la città senza lasciarne cadere \ma goccia.
4^ « Se ne lasci c^CÌere una goccia, sarai
decapitato », disse il re.
Due soldati, con la spada nuda, pronti
ad eseguire l’ordine, dovevano accompagnare queM’uomo.
Era un giorno di festa; le piazze erano ornate di baracconi e le strade piene di curiosi. Il nostro uomo portava il
suo vaso d’olio - con quale attenzione! e neppure una goccia cadde.
Al suo ritorno il re gli chiese: « Che
c’è in città? Hai tu visto qualcuno ? »
« No, Maestà, non ho visto nulla, nè
badato a chicchessia; guardavo l’olio e
non ho potuto vedere altro ».
« Ecco, rispose il re, il solo mezzo di
evitare la tentazione. Fissa il tuo sguardo in Dio con la stessa attenzione che tu
mettevi a fissare l’olio e certamente tu
non sarai più tentato ».
(Tradotto dal francese).
ANGROONA (Capoluogo)
Cesarie Bertin, di Barneod, è deceduto, dopo lunga infermità. Sul suo letto
di morte ripeteva: « Ho messo la mia fiducia nel Signore ». Belle parole per un
peccatore che ha fiducia nel perdono
di Dio; per un credente che ha fiducia
nelle promesse di Dio; per un morente
che ha fiducia nella misericordia di
Dio. La sua fine è stata nella pace, con
grande consolazione della sua famiglia.
SAN GERMANO CHISONE
I genitori sono vivamente pregati di
aacompagnare i loro figliuoli al culto
della ripresa della Scuola domenicane,
che avrà luogo domenica proesima alle
ore 10.30.
— Il culto di rendimento di grazie per
il raccolto e d’inizk> alla Settimana diella
Beneficenza isarà tenuto, a Dio piacendo, domenica 24 corrente, alle ore 10.30.
Dipartenze, Nello spazio di nove gior
ni i^iamo accompagnato al cimitero lè
stwglie mortali di quattro nostri frateUil
n 30 settembfe Èeynaud Luigi, di arimi 81, della CcKstabeila. Già Tanno scorso la sua salute aveva destato preoocupazionì, ma si era di poi rimesso, e nulla
faceva presagire la suaNfine.
Il 1 ottobre Bonchard AHo, di anni
30, dei Ronchi superiori. Marinaio del
battaglione S. Marco» in seguito a pleurite contratta durante la .vita militare,
fu colpito da una grave malattia polmonare che, dopo più di due anni di soiferenze negli ospedali e in casa, ebbe ragione della sua aitante persona e deUa
sua fibra robusta. Egli lascià nella desolazione, resa sopportabile didla fede,
la sua giovane moglie e la sua famiglia
già tanto provata dalla morte del figlio
Guido avvenuta otto anni or sono e dalla prigionia in Egitto del figlio Enrico.
Il 3 ottobre Rostan Cesare, degli Azzeri, nel suo 82 anno. Ancora vegeto ©
«attivo ha terminato il suo pellegrinaggio senza dolori coscienti, in seguitò a
rapida paralisi progressiva. Ad eccezioue della figlia fida che trovasi in Francia tutti i suoi figli colle loro famiglie
, hanno potuto raccogliersi intorno all’amato padre.
L’8 ottobre Genre Eiigenio, a 59 anni,
nella pienezza dell’ietà matura, quando
ancora è bello lavorare, ha lasciatoi suoi
campi e la sua famiglia, preparato a
questo passo supremo dalla gravità del
male che da mesi lo tormentava e dalla
Parola di Dio. Il prof. Emanuele Griset in una bre/e allocuzione prima della
deposizione nella tomba, lo ha paragonato ad una quercia robusta schiantata
dalla furia dei venti ed ha rivolto Ila
vedova e alle figlie, opportune e, cristiane esortazioni.. '
A queste quattro famiglie provate
dal lutto, e specialmente alle famiglie
dei due nostri fratelli cheancora non avevano raggiunto l’età della fine della
carriera terrena, esprimiamo la nostra
profonda simpatia. Se.il P^re Celeste
ha permesso che le tenebre scendessero
sul vostro cuore è perchè vuole inondarvi colla sua luce e guidarvi verso il
Cielo, dove un giorno comprenderemo
la ragione delle nostre tribolazioni e benediremo Colui che non ci abbandona
mai nella distretta.
Queste numerose dipartenze in sì
breve volgere di tempo devono farci
seriamente riflettere sull’incertezza della vita onde ciascuno si prepari, senza
attendere l’ultima ora, a incontrare ü
suo Dio, a impossessarsi dei tesori etemi staccando il cuore dai beni che
periscono, a ubbidire risolutamente alTEvangelo per non do'ver tremare dinanzi al giudizio del Signore!
— E stata distribuita m parrocchia la
Relazione annua. La prima pagina reca
ima bella veduta del nostro campanile,
favoritaci gentilmente dal signor Widemann.
Ad evitare che la forte spesa della
stampa della Relazione gravi tutta sulla cassa della Chiesa, è stata chiesta per
ogni copia la quota minima di Lire una.
Abbiamo notato che è stato dimenticato il totale della Bagna. Gli interessati
sono pregati di segnalane subito gli eventuali errori, in modo Che le rettifiche possano essere pubblicate nella Lettera Pastorale di Dicembre.
Ricordiamo che nella Relazione sono
pubblicate' le offerte dal 1 giugno 1942
a! 31 maggio 1943. Le offerte ricevute
dopo tale data entreranno nella Relazione del prossimo anno ecclesiastico
seguente.
— Il culto di domenica scorsa è sta«to presieduto dal pastore di Messina,
cav. Seiffredo Coluoci che ci ha rivolto
un elevato messaggio. Ringraziamo vivamente il nostro fratello per la sua
graditissima visita e gli auguriamo di
potere presto rivedere la sua Comunità
tanto provata.
TORRE PELLICE
Sabato scorso è stato celebrato il mar
trimonio del signor Emesto Oudry (S.
4
^A-'^'^'J fî'.’''í^'''•'v?‘' ■ ; í I.''"'.- K ■■ ' '
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ECO DELLE VALLI VÀLDESI
7,
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«^5^ S-’’
i.Marffherpa) e della sig.ma Margherita
Olivero.'Invochiamo ancdra sul nuovo
focolare le benedizioni divine.
— Tutti i catecumeni del secondo e
del terzo anno come pure coloro che intendono frequentare la classe preparatoria (ragazzi nati nel ,1930 e le ragazze
nate nel 1931) devono trovarsi nel tem^
pio' di Villa domenica 17 corrente alle
ore 9.
VILLASECCA
Nel mese di settembre ai culti domenicali sono stati presentati al Battesimo
i sedenti bambini:
Vigliélmo Valdo, di Beniamino e Ferraro Rosina, della Chiesa di Roma Peyronel Silvio, di Emilio e Clot Luigia
- Tron Rmo Attilio, di Levi e Peyronel
Albertina - Peyronel Rosina, di Emilio e
dot Alice.
Che il Signore voglia benedire questi
bambini e le loro famiglie.
—■ Ai primi di settem.,bre è deceduta,
dopo breve malattia la nostra sorella
Bounous Virginia moglie di Clot Augusto, del Barneo. Al marito ed ai figli ridiciamo la nostra .simpatia cristiana.
— Domenica 10 corrente il culto in
comune con i bambini della Scuola , domenicale è stato dedicato alla ripresa
delle attività. I bambini più meritevoli
sono stati premiati.
La famiglia del compianto
Cesare Bertia
di Bameod (Giovo d’Angrogna) ringrazia vivamente tutte le persone che le
hanno dimostrato tanto affetto e simpatia nel grave e doloroso lutto che Vha
colpita, ed il pastore Arnaldo Comba
per il conforto dato al suo caro e per le
parole di consolazione a lei rivolte in
questa ctrcosrtanza.
Angrogna (Barneod)
6 ottobre 1943.
La moglie Clelia Balmas e la famiglia
Bouchard, che, nell’immenso dolore per
la dipartitM del loro diletto
ALDO
hanno sentita quant’è preziosa e benefica la simpatia fraterna^, ringraziano
vivamente tutte le persone che hanno
preso parte alle esequie e sono state larghe d’aiuto e di sincero affetto.
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