2
.....
3
Asso X — N. 1.
II SEHiÉ
15 Gennajo 1801
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZTONK ITALIANA
Seguendo la verità nella cariti. — Efes. VI. 16.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE l LE ASSOCIAZIONI SI KICEVONO
Per lo Stato [franco a destinazione]____ £. 3 00 > In Torino all’Uffizio del Giornale, via del Principe
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25 j Tommaso dietro II Tempio Valdese.
Per r Inghilterra, id................... „ 6 50 > Nelle Proyikcib per nvezfX) di franco-bolli po
Per la Germania id................... „ 5 50 ^ stai*, che dovranno essere inyiatj franco al Di
Non si ricevono associazioni per meno di un anno, r rettore della Buona Novella.
All’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C. Meynieis, rue Rìvoli;
Ginevra, dal signor E, Beroud libraio; Inghilterra, dal signor G. F. Muller.
General Merchant, 26, Leadenhall Street. E. C.
SOMMARIO
Aiiualiià : Un passo avanti — Libertà reliffiosa: Un documento da conservarsi — JS'ea olooia'■ H
Barone di Bunsen — JV'otizie reliffiose : Torino, Firenze, Livorno, Pisa, Stati-Uniti — Annunzio.
ATTCitlilTA
UN PASSO AVANTI
Lento è il progresso morale ma securo, e lento e securo per la
medesima cagione, perchè morale. Così è del progresso’ religioso.
Numerose sono le potenze della religione, ma numerosi altresì i nemici di Lei ; possente è il grido della pubblica coscienza, ma potentissimo il male che lo soffoca. La lotta non è di ieri, ma perpetua ;
la Storia è là che lo attesta ; In tutti i secoli sorge, cade, rinasce e
rigiace la verità ognora oggetto a tutti i sospiri, ma ad un tempo
bersaglio a tutte le invidie. — Pur nondimeno il trionfo del vero
imito a quello del bene, sarà l’ultimo passo della storia ; l’ultimo
grido fia vittoria !
Questa e speranza, è credenza per noi, imjierciocchè gli eventi
4
come pur le idee, fatte le necessarie periodiche soste, riprendono
ognor più vigore, ad ogni tratto del volo meglio impennano l’ali, e
vieppiiì veloci seguitano il loro cammino.
Tale si è l’andazzo del mondo morale e religioso. E siccome in
oggi tutte le cose par che improntino del vapore e del fluido la velocità, così
Mercè il breve andar del tempo
d’un’anno all’altro più non ci vien dato di riconoscere la fisionomia
d’un popolo.
Vera quella osservazione per l’Italia, dal lato politico, che ?ia
pur vera dal lato religioso ? A prima vista par che nò, ma noi, a lischio d’incorrere nel rimprovero d’esagerazione, diremo che sì. Ad
appoggiare il nostro dire, ci sia lecito di rivolgere rapido sguardo
sull’anno appena chiuso e di notare i passi che fece in Italia, in quel
lasso di tempo, la verità religiosa.....Vastissimo è l’argomento
Ma fien le tue parole conte !
II
E dapprima in seno alla società in genere, tu scorgi, se osservi,
mirabile progresso nel concetto della capitale questione dei due
poteri; dico capitale, perchè essa sta come baso al grave problema
del nostro risorgimento. Con che incertezza, con che timore, anno,
t’inoltravi a rifletterci sopra; ti pareva persino commettere un’imprudenza discorrendone con altri, come se alla discussione di tali
soggetti fosse legato perenne maleficio ; ed ora, guarda con che
libertà e franchezza sen vanno agitandone le varie attinenze, e con
che sagacità s’indagano i documenti del passato e del presente, e
s’interrogano in proposito i segni dell’avvenire !
E poi, con che ignoranza, anno, se ne discorreva anche fra i liberali, molti dei quali accoglievano l’idea della separazione dei duo
poteri per l’amore che portavano alla causa nazionale, ma non già
per convinzione, anzi convinti sempre della necessità del potere
temporale per la cosidetta indipendenza della Chiesa e l’onore del
Pontefice ; ed ora, miracolile ciò che era solo presentimento diventò
principio, con quale nettezza si distingue ora tra l’elemento sociale
e l’elemento religioso, e come l’indipendenza stessa della Chiesa sia
posta, anziché nella confusione, nella assoluta separazione dei due
campi ! E infine ti rammenti di quegli utopisti che sognavano la
5
coabitazione in Roma dei due principH e dei due principi, e volevano inaugurare, un nuovo genere di Concordato, a favor del quale
già scorgevano in liorua l’unità vivente del cristiane.simo colla
civiltà, ed in quella unificazione l’apice del mondiale perfezionamento ? Che disinganno per loro ! ora che da un lato Roma ripete
piiì alto che mai il suo famoso “ Non possnmm ”, e che dall’altro il
Governo va attuando la religiosa libertà e tolleranza dei culti, ed
ammettendo, nella promulgazione delle nuove Leggi, le pratiche
conseguenze della separazione dei due poteri. In somma, non solo la
riflessione fattasi popolare ed universale cerca anelante al gravissimo
problema conveniente soluzione, ma tutti accennano alla separazione
del civile e del religioso, coma alla sola soluzione possibile, tutti,
tranne i figli postumi del medio-evo, ne parlano con senno, e tutti,
mentre bramano il compimento della nazionale unità, bramano pure
l’attuazione della reciproca e perfetta indipendenza della Chiesa e
dello Stato. Non più servi, non più padroni in queste cose ! Non
piiì teocrazia politica, non più religiosa burocrazia.. ! Non più ne
re-papa, ne papa-re, ma libertà, ma autonomia, ma separazione del
temporale e dello spirituale e ognuno se ne stia a casa sua. Talché
nè il programma dei Papi; “ Far servire la cosa civile d’istrumento
alla propagazione della Fede ne quello dei filosofi, capo Gioberti;
“ Far servire la religione d’istrumento al progresso della civiltà ”,
non sono più di stagione. Il programma d’oggi è quello di Cristo ;
“ A Cesare quello che è di Cesare, a Dio quello che è di Dio. ” E
se da tutti non è ancora professato apertamente, tanta è la potenza
dell’idea cristiana, che se le cose vanno di questo passo, fra breve
produrrà l’eiFetto
« Di scintilla che al soilfjar de' venti
Partorisce l’incendio ».
Ili
Onde per contraccolpo s’en risentì la Chiesa, parlo della Chiesa
cattolica, in grembo alla quale ferve la lotta ed incontra il concetto
cristiano i più accaniti avversari.
Non tali però che la loro opposizione non giovi anziché nuocere al
progresso, stantechè la feracità del male sia spesso il rimedio più
efficace a combatterlo, nella stessa guisa che certi veleni assorbiti in
eccedente dose sono antidoti a se medesimi. Così nella Romana
Chiesa non pochi sono i fedeli, non pochi gli Ecclesiastici che, a
6
cagione della papale ostinazione, propendono per idee di riforma che
oltrepassano i limiti della questione dei due poteri. Quindi ingigantisce la lotta già da secoli allumata tra la Curia romana, che vuole
stazionaria e morta la Chiesa e la coscienza italiana, che richiede
libertà, progresso e vita per la società religiosa come per la società
civile. Quindi s'allarga e s’inasprisce ciò che Eoma appellò la piaga
della riforma, e dai preti meno istruiti e dai prelati più restii vien
fatto di confessare : “ abbisognare la Chiesa cattolica di radicale
trasformazione; ” se non che molti, non so se più mi dica per vergogna 0 per odium teólogicum, ripudiano ogni affratellamento colla
Riforma così detta protestante, iniziata dal gagliardo decimosesto
secolo, e madre dell’attuale evangelico movimento. Poveri schiavi
delia lettera! lasciateli: si chiamino Protestanti o Cattolici, dicano:
riformare, trasformare,, o riorga.nare, che importa? purché lasciata
l’idolatria di Roma, facciano ritorno alle pure sorgenti del Vangelo.
E se il Clero geloso sempre delle sue prerogative esclama come è
solito : “ Si riformi pure, ma non si tocchi al domma”, siffatto modo
d’agire, se proviene da ipocrisia, non procederà molto oltre, perocché
la fede alla infallibilità della Chiesa non ha più radici nei cuori; e
se è frutto della indecisione, non lascerà gli animi sospesi a lungo,
non permetterà neppure al clero d’essere coerente a se stesso, lo spingerà nella contraddizione, come non ha guari un sacerdote toscano
elio stampava: “ La Chiesa fu grande, riverita e benedetta finché si
tenne sulle orme del divino modello ; ma come se ne scartò, trasmutossi in peggio, non mica nel domma, Dio aiutante, ma nello spirito
che pur oggi la informa. Dacché si levò a Casta e volle esser uno
Stato nello Stato, la bella Religione di Cristo sconciossi; ipredicanti
ne smarrirono il verbo, e Roma ..... si fabbricò un Dio d’oro e
d’argento. Quindi non contenta del pastorale, cinse la spada; e sopra
la sconsigliata pianse amaramente il Signore ; lei prevaricata vide
in visione il rapito Evangelista di Patmo ; lei crudele e tiranna
accusarono popoli e re ; e in lei finalmente si volsero crucciosi e
irati, dal fiero poeta fiorentino al celebre Nicolini, quanti più grandi
passarono ad illustrar la terra. ” (1)
Ed aggiungeva più oltre : “ Convien tornare la Cristianità ai
“ principii, ed anzitutto raddirizzare il concetto cristiano di alcuni
“ prindipali dommi, svisati nella mente del popolo, per virtù della
“ barbarie del medio-evo, ed anche di qualche capzioso ” (2).
(1) Opui3c. Italia e Cliiesa p. 7.
(2) Opusc. Italia e Chiesa p. 12.
7
Oh si! che s’è fatto im bel progresso anche in ciò! Ed il 1800
marcherà im passo non breve verso la riforma dei dommi, perciocché
appunto avrà dato il crollo a un domma fra i più importanti, quantunque non si chiami tale, il domma del giorno, il solo che per ora
difenda la romana Curia, quello del potere temporale stesso. Dopo
quello verranno gli altri, e la Chiosa non fermerassi, che non abbia
tutto riformato, che oggi più che mai Italia risente la potenza di
quel grido d’uno dei suoi figli :
“ JScclcsia Dei indiget refomiatione e restauratioue ” (1).
IV
Se in ultimo consideri l’opera di quelle Chiese Evangeliche, le
quali memori delle lezioni del tempo, assunsero l’ardua impresa di
preparare le vie alla Eiforma, evangelizzando Italia, nou dovrai tu
pure accennare a qualche progresso. Sì davvero ! checché ne dicano
gli avversarj dell’una e dell’altra parte, un passo benché piccolo,
benché mimimo lo si è fatto, così^nella materiale estensione dell’opera, come nel suo spirituale sviluppo. L’occupazione della Toscana
e la fondazione colà di tre principali stazioni nonché di tre scuole
evangeliche; il trasferte dell’istituto teologico Valdese in Firenze,
nell’Atene d’Italia; l'apertura di numerosi depositi di Bibbie e libri
religiosi, in tutte le provincie libere; la predicazione del Vangelo
bandita ad un tratto nelle precipue città, Milano, Bologna, Firenze,
Pisa, Livorno e Napoli, e la copiosissima disseminazione delle sacre
Scritture in tutta Italia, persino in Roma;.... e poi, l’accrescersi in
numero dei confessori dell’Evangelio, il radicarsi fra loro dei principj
cristiani, lo scemarsi dello spirito settario e di rimbalzo l’allargarsi
della fraterna carità; l’accoglienza gentile fatta dal pubblico agli
evangelici chiamati a posti onorifici, come il signor Mazzarella, e la
strada che han fatta le idee d’ordine e di libertà in seno alle chiese
nascenti......tutte queste cose riunite in fascio non segnano esse un
qualche avanzamento nella posizione che tende a prendere la Chiesa
Evangelica in Italia? avvanzamento minimo, di certo, a fronte di
quanto dovrebb’essere, ma ingente, riguardo alla debolezza degli
strumenti che vi concorrono, imperciocché se gli amici della causa
confessano d’aver fatto poco, la gloria ne ritorna a Dio e ciò fornisce
pegno di vero successo e duraturo, a chi col grande apostolo con
fede esclama: Se Iddio é per noi,
Chi contr’a noi sarà ?......
(1) Savonarola.
8
Concludiamo; L’anno decorso, adunque, mercè lo svolgersi delle
patrie vicende, vide progredire di pari passo coll’idea nazio'»ale, il
concetto religióso cristiano, nel triplice campo della società, della
Chiesa cattolica e dell’opera evangelica! Or sappiasi: l’Evangeloèun
conquistatore ; fatto il primo passo, invade tutto e tutto signoreggia
per tutto migliorare, simile a quel fiume d’Oriente che, straripando, i
deserti lidi feconda. Sì, per la virtiì del principio cristiano padrone
ormai dello spirito pubblico, la società risolverà felice la magnanima
impresa e porrà fine con senno e tolleranza al gran mister io d’iniquità, se più che ai diplomatici imbrogli appoggèrassi all’eterno
diritto della coscienza ed all’Evangelo. La Cliiesa cattolica si riformerà secondo la profezia del Savonarola “ reformahitur atque renovahitur ”, e da se purgherà il tempio del Signore della turba dei
venditori e compratori, intendi delle impurità, eresie ed abusi, che
lo fecero
Fontana di dolor, albergo d’ira, (1)
se più che al braccio secolare ed all’armi carnali, ricorrerà a] diritto
divino della libertà ecclesiastica ed all’Evangelo. Infine prospererà
l’opera evangelica e sarà possente molla alla riforma stessa ed all’italica rigenerazione, se più che agli umani strumeati affiderassi
aU’increata sapienza dello Spirito creatore ed al suo Evangelo.
E se vi sono ostacoli, il cristianesimo ne trionferà ! Si trionferà
della incredulità e ghiacciata indifferenza del secolo, eccitando in lui
l’imperitura sete della giustizia; dell’astuta malvagità di Eoma,
atterrando il suo orgoglio colle proprie sue armi; della dapochezza
dei suoi apostoli aprendo da se i cuori alla benefica sua influenza.
Ormai è fatta la prova: il 1860 è per noi, per la Chiesa, per la
nazione, pegno indubitato di vittoria.
E chi sa se Italia, dopo essere stata madre all’altre nazioni nell’idolatria, nella confusione dei due poteri, e nella corruzione della
Chiesa, non sarà chiamata ad esserlo un dì nella vera conoscenza ed
attuazione del principio cristiano?—Ohi sa se, nella nostra penisola,
non dovrà sorgere quella Chiesa che debba essere poi modello all’altre
Chiese persino a quelle che da secoli ebbero agio di riformarsi? Chi
sa se quel primato, che la patria ebbe nelle scienze, le lettere e le arti
(1) Petraica.
9
non lo potrà, non lo dovrà conquistare eziandio in religione? Eispouderò: Se dimostreranno gli Italiani nella ricerca del vero religioso,
il medesimo senno, la stessa perseveranza, lo stesso amore di che
diedero sì belle prove nella conquista della loro civile e politica indipendenza, sì, credo che davvero potremo, giovando il tempo, arrivare a quel punto !......
Ma lasciamo l’avvenire nelle mani di Chi ne è padrone, e senza
troppo inoltrarci nelle previsioni, atteniamoci aH'insegnamento dei
fatti.
Or, il fatto ohe risulta evidentissimo per noi, dietro il surriferito
esame, il gran fatto che ci ricolma di speranza e di gioja, si è che
nel periodo del defimto anno, per la \irtù deH’alito divino che soffiò
sulle campagne italiche soffio di vita nuova, la nazione, la Chiesa,
la famiglia, Italia tutta fu riscossa dal sonno per il tuono che rimbombò dall’uno all’altro mare
Voce dairoriente — Voce dairoccideute —
^’'oce dal norte, voce dai diserti—Voce dall’eco dei sepolcri aperti —
Eiforma! (1)
(1) 'Nicolini, Arnaldo da Brcecia.
UN DOCUMENTO DA CONSERVAESl
Abbiamo accennato, nell’ultimo numero dell’anno scorso, all’inchiesta, per mezzo di notaro, ordinata dal consiglio di famiglia, presieduto dal Prefetto di Firenze, onde accertarsi dalla propria bocca
del moribondo Dante Orselli, giovane appena trilustre, se di propria
^'olontà 0 indotto a ciò con violenze dalla madre, egli intendesse di
morire nella professione della fede evangelica. Oggi siamo in grado
di porre sott’occhio al lettore il testo del processo verhale di detto
interrogatorio. Quando, in tempi non lontani, si farà la storia del
movimento evangelico italiano, si stenterà a credere che un fatto t^lc
abbia potuto succedere, in Firenze, sotto un reggimento politico che
ammette la piena libertà di coscienza, ed alla fine dell’anno di grazia 1860; se nonché coloro, che ai neo-evangelici pretendono di ncr
10
gare le forti convinzioni, vi dureranno fatica, a fronte di questo documento che stabilisce in modo così inconfutabile la tesi opposta.
PllOCESSO VERBALE
bei.l'ixteiieooa'xokio fatto al giovine dante orselli
« L'auno 1860, e questo di 14 dicembre in Firenze. — Al seguito ed iu
coereuza dell' incarico affidato ai sottoscritti con la deliberazione del consiglio di famiglia assistente alla tutela del pupillo sig. Dante Orselli, del fu
signor dott. Giuseppe Orselli, del dì 13 dicembre 1860, ed a richiesta dei
signori prof. Carlo Gbinozzi e dott. Pecchioli mi son trasferito, fra le ore 12
morid, e le ore una pom. di questo giorno, alla casa d’abitazione del ricordato sig. Dante Orselli, posta nel Corso dei Tintori n° 8006, ed ivi giunti
siamo stati introdotti nella camera ove attualmente giace infermo il rammentato sig. Dante Orselli.
« Dopoché il sig. prof Ghinozzi ha visitato l'infermo che ha trovato in
via di miglioramento o pienamente libero neU’esereizio delle facoltà intellettuali, ha mosso discorso in fatto di Religione richiedendo al malato se pròfessava la Religione cattolica, apostolica, romana nella quale era nato ed
era stato educato. A tale interpellazione è stato francamente dall’infermo
replicato che nò ; appartenere esso alla Religione evangelica già abbracciata dal di lui padre dott. Giuseppe Orselli e nella quale esso era morto.
« Sulla osservazione fattagli che quella Religione era quella osservata e
seguita dai suoi avi, e che perciò male si addiceva lo abbandonarla, ha replicato ritenere migliore quella da esso attualmente professata.
(( Richiesto poi del contegno che avrebbe tenuto verso chi gli avesse fatto
sentire non esser vera la Religione da esso abbracciata, ma essere all’ incontro vera la Cattolica, Apostolica, Romana, ha replicato che avrebbe dovuto sostenere in proposito una discus.sione che l’attuale di lui stato di salute non gli permetteva di sviluppare ; ma intendeva persistere nella religione da esso attualmente professata.
« Sulla osservazione se fosse stato coartato ad abbracciare questa nuova
credenza da insinuazioni dei proprii genitori, ha risposto decisivamente
che nò.
« Se infine occorrendo conforti di religione avrebbe preferiti i conforti
della Religione cattolica o della evangelica, ha detto che non avrebbe mai
accettati se non che quelli di quest'ultima.
« Dopo di che io notaro infrascritto ho immediatamente di quanto sopra
redatto il presente proces.so verbale, che dopo lettura fattane è stato pienamente ratificato dai precitati signori prof. Carlo Ghinozzi medico fisico e
11
dott. Cosare Pecchioli legale, ambedue domiciliati in Firenze, con giuramento dii ciascuno di essi preso separatamente a mia delazione nelle legali
forme ; e quindi è stato dai medesimi insieme con me notaro sottoscritto
di proprio pugno e carattere, questo dì 14 dicembre 18tì0 ».
(seguono le firme)
XECROIiOei.l
IL BARONE DI BUNSEN
L’uomo illustre di cui abbiamo iscritto il nome a capo di quest’articolo,
se non era nostro nè per nascita, nò per cittadinanza, nostro tuttavia potea
dirsi per titoli a questi assai superiori, e che sono : 1° La lunga dimora ch’egli
fece in Italia, essendo vissuto a Roma per ben 22 anni, prima come studioso
della storia e dell’arte antica; posteriormente come segretario dell’Ambasciata prussiana allora coperta dal famoso Niebuhr; ed infine come rappresentante, alla sua volta, del proprio sovrano, presso la romana Corte, quando
Niebuhr ebbe scambiata queU'alta carica, con quella più umile, ma a lui più
consentanea, di professore nell'università di Bonn; 2° Per la parte grandissima che l’Italia, le antichità italiane, quelle di Roma cristiana specialmente
ebbero nelle sue dotte e profonde investigazioni; 3° Per l’impulso potente che
egli seppe imprimere ad una delle istituzioni più benemerite della nostra
patria, VIstituto archeologico di Roma, di cui sino alla sua morte egli fu segretario generale. 4° Infine e sopratutto, per il vivo e prepotente affetto che
ci portava e che fino ai supremi istanti della sua vita lo facea tener dietro col
massimo interesse alle vicende politiche della nostra patria, i cui generosi
sforzi allo scopo di conquistare la propria indipendenza venivano da lui non
solo consentiti od incoraggiati, ma altamente e francamejite patrocinati
presso quei sovrani della Germania che spesso lo richiedevano del suo parere
su quella questione italiana cagione a loro, come a noi, sebbene in senso
diverso, di così ansiosa sollecitudine.
H lasciare adunque che chi ci amò di così caldo affetto e così disinteressato, e tanto lustro aggiunse, colle sue dotte veglie, alle nostre patrie glorio,
seompaja da questo mondo senza che una lagrima, un fiore spargasi sulla
di lui tomba ad attestare il nostro dolore per l’infausto avvenimento, sarebbe tale ingratitudine, che, por parto nostra, non potremmo perdonarci di
avervi in guisa alcuna partecipato.
Tuttavia non del diplomatico, non del dotto, ma del cristiano solo ci
faremo quivi a ragionare; poiché mentre è questo l’aspetto della sua vita
che meglio si confò all iadole del nostro giornale, egli è altresì (almeno
12
fra noi) il men conosciuto, e quello pel quale un'uomo come il Bunsen potrà
riuscire di utile e prezioso ammaestramento alla scettica generazione degli
Italiani dei nostri dì.
Sì, queir uomo a cui le scienze archeologiche vanno debitrici della
Descrizione di Eoma, delle Basiliche di Roma antica; le ecclesiastiche e
teologiche discipline deWIppolito ; le scienze storiche dell’opera famosa
intitolata: Della parte che toccò all’Egitto nella storia universale ; le &losofiche dell’opera più celebre ancora: Dio nella Storia; quel diplomatico
di prim’ordine, la di cui voce, per tanti anni, quanto autorevole, altrettanto leale ed indipendente vibrò mai sempre nei consigli dei principi,
era in pari tempo un’umile cristiano, che le cose dell’anima, gl'interessi del
regno di Dio anziché di postergarli agli altri, e di considerarli come di
secondaria importanza, dava loro il primo posto, come nei suoi studii, così
nei suoi affetti e nelle sue preoccupazioni, prova ne sia — oltre la parte
grandissima ch’egli ebbe iu tutte le imprese così bibliche, che missionarie
e di cristiana beneficenza, che sursero innumerevoli in tutte le chiese evangeliche, ma specialmente iu Inghilterra ed in Germania, nella prima metà
di questo secolo, — i numerosi scritti ascetici, teologici ecc. ch’egli lascia
compiuti iu parte, in parte no, e più specialmente la sua o^^ero hiblica,
gigantesco lavoro da molti anni progettato, ma impreso solo nel 1857, e che
volgarizzamento della Bibbia, commentario, isagoge, tutto dovea racchiudere in se, toccando iu tal guisa alle questioni più vitali ed in pari tempo
più ardue, come della crìtica e doll’ermopautica, così della dommatica, ed
in genere delle fondamenta della fede cristiani*.
Allo scopo di condurre a buon termine un’impresa tanto colossale, il
Bunsen avea, fin dall’anno scorso, formato la sua stanza iu Bonn, città che
alla bellezza del sito, alla mitezza rel.^tiva del clima, od all’aura tutta
scientifica che vi si respira, associava, per il Buusen, un diverso e maggior
pregio, quello, cioè, di racchiudere, nelle sue mura, le ossa di un'uomo per
il quale egli avea mai sempre professato, in pari tempo che la massima ammirazione, la più viva gratitudine, di Niebuhr, prima suo maestro e poi il suo
mentore nella diplomatica carriera. Ma vana ed ingannevole speranza era
la sua ! La grande opera non era ancora per metà compiuta, quando ad
interromperne afi:atto il corso sopraggiunse la cruda morte, che iu breve
lasso di tempo tolse alle scienze, alle lettere, all’arte uno dei loro più illustri
cultori; alla politica liberalo uno dei suoi più cospicui rappresentanti, c
propugnatori; alla chiesa evangelica un membro che, per pietà non meno che
per dottrina, va annoverato fra i più eminenti; alla numerosa sua famiglia
od agli amici più numerosi ancora uno sposo, un padre, un congiunto,
un’amico, la di cui pai-tonza è una ferita al cuore che non varrà il tempo a
sanarla, tanto è acerba e profonda.
Non però all’impensata lo colse la spietata, chà anzi da anni egli vi si
13
preparava assiduamente, essendo stato dai medici avvertito che poteva
sopraggiungere da un momento all’altro, e quando meno se lo sarebbe
aspettato, atteso la natura del male che lo travagliava.
Una notte poi egli ebbe coscienza aifatto distinta del suo avvicinarsi;
per cui balzando dal seggiolone che da più tempo gli serviva di letto;
« 0 Dio, esclamò egli, io rimetto il mio spirito nelle tue mani. » Chiamati
immantinente i membri tutti della sua famiglia presenti a Bonn; Un gran
cambiamento disse loro si è operato nelle mie idee, non già intorno aU’anima
mia immortale, nè intorno a Cristo mio unico Salvatore, ma riguardo al mio
corpo; Io sento che vo morire. » Dopo aver dato la sua benedizione ai
suoi figli, e testimoniato nei termini più commoventi del suo riconoscente
affetto per la fedele compagna della sua vita, dicendo di avere prediletto in
essa quello che era eterno: « Dio, esclamò, si degni di benedirei miei amici.
Benedetta sia la patria mia e YItalia e la sua libertà! Benedetti la Prussia,
la Germania, l'Inghilterra, il mondo intiero! Io auguro ogni benedizione al
principe ed alla principessa di Prussia ! Gratitudine a Niebuhr ! » Dopo
aver ringraziato con accento di vivo affetto il suo servitore per le cure
assidue che gli prestava, riprese con viso raggiante di celeste espressione ;
« ad onta di tutte le mie debolezze e miserie io ho bramato e cercato ciò
che v’ha di nobile quaggiù ! ila la mia esperienza più bella è stata di aver
conosciuto Gesù Cristo. Io lascio questo mondo senza odio por nissuno —
no nissun odio, maledetto è l'odio. Oh! come conforta il contemplare la vita
da quell’altezza! Si riconosce, giunti là, quale esistenza oscura abbiamo
condotta quaggiù. In alto! in alto! Non cresce l’oscurità, anzi cresce la
luce, cresce la luce ! Io sono ora nel regno di Dio. Finora non era che un
presentimento. 0 Dio ! quanto sono belli i tuoi tabernacoli ! »
Il 29 ottobre come gli si facea ammirare un magnifico tramonto: « Si,
diss’egli in inglese, quest’è bello ! L’amore di Dio splendo in ogni cosa.
Iddio vi benedica in eterno, soggiuns’egli in francese, — partiamo in Gesù
Cristo — Dio è vita, è amore, l'amore che vuole, la volontà che ama. Per
lui essere è lo stesso che vincere. Non v’ò morte in Dio. Io veggo Cristo, e
veggo Dio attraverso Cristo. Cristo ci vede; Egli è quello che ci crea; Egli
deve diventare ogni cosa iu tutti. — Io non voglio nulla di teatrale, ma voglio
dire qualche parola in mezzo ai miei figli ed ai miei amici. Io sono vicino a
morire, e bramo di moi’ire. Mi raccomando alla memoria di tutti i buoni e li
prego a ricordarsi di me con benivolenza. Io oft'ro la mia benedizione, la
benedizione di un vecchio canuto a chiunque la desideri. Io muojo in pace
con tutti. Coloro che vivono in Cristo, che vivono amandolo, quelli sono suoi.
Coloro che non vivono di sua vita non gli appartengono, qualunque sia il
nome con cui si chiamano, e la professione di fede che hanno sottoscritta.
L’appartenere ad una Chiesa, ad una denominazione non è nulla. Io veggo
con evidenza che siamo tutti peccatori. Noi non abbiamo so non Cristo in
14
Dio ; noi non esistiamo se non nella misura in cui siamo in Dio : siamo tutti
peccatori, ma esistiamo in Dio ed in lui abbiamo vita eterna. Abbiamo
vissuto di questa vita eterna nella proporzione in cui abbiam vissuto in
Dio. Tutto il rimanente non è nulla; Cristo è l’unigenito di Dio, e noi non
siamo i suoi figliuoli, se non quando l’amore che eravi in Cristo, abita
ancora in noi.
« Ecco, soggiunge la Revue CJiréiienne dalla quale togliamo questi particolari, ecco il supremo detto di quella lunga e splendida carriera : « Amare
Iddio in Cristo è tutto : il rimanente non è nulla. » Ecco la teologia del
letto di morte, ecco la scienza dell’agonia cristiana ! »
Commoventissimo riesci il suo funerale. La bara in quercia e ricoperta
di fiori e di fronde, secondo l’usanza del paese, era stata posta nel bel mezzo
della libreria del defunto. Un coro d'amiei, facendo ad essa corona, cantò
prima di lasciare la casa, con accompagnamento d’organo, l’inno favorito
del Bunsen; quindi i tre figli del defunto, presenti a Bonn, il suo genero,
barone d’Ungern Sternberg, ed i due suoi segretarii, toltosi il feretro, lo
portarono fin sulla piazza dove venne consegnato agli studenti, che l’aspettavano con bandiere spiegate, ed in tal guisa accompagnato fino al cimitero,
da quasi l’intiera città, iu mezzo ai soavi concenti di quegl’inni cristiani che
il Bunsen avea tanto amati. La fossa era stata scavata accanto a quella del
Niebuhr. Discesa che vi fu la bara, si cantò un’altro inno; il pastore che
pochi giorni prima, e dietro preghiera avutane dal Bunsen, avea celebrato
secolui la santa Cena, feee udire all’immensa assemblea parole di vita eterna
che vennero ascoltate in mezzo al massimo raccoglimento; quindi il medesimo unitamente ai parenti ed amici più intimi del defunto gittarono sulla
bara la prima manata di terra. L’orazione domenic*ale ed un’ultimo cantico
posero fine alla mesta cerimonia.
Il Bunsen era di età di circa 70 anni, e lascia dietro di se, oltre all’amata
e veneranda sposa, 10 figli: quattro femmine e sei maschi, uno dei quali,
da più anni, abbiamo il bene di possedere fra di noi, quale consigliere della
Legazione prussiana in Torino, ed erede deU’aifetto del padre all’Italia.
NOTIZIE RELIGIOSE
Torino —> La Chiesa nazionale italiana. — I giornali esteri, specialmente evangelici, hanno, in questi ultimi tempi, menato gran rumore della
fondazione nella nostra città di una Chiesa nazionale italiana, la quale sarebbe per l’Italia, come a dire un fac simile della Chiesa episcopale in
Inghilterra. Una ventina di preti, della diocesi di Torino, fatti segno
15
agl’ingiuati rigori di Monsignor Franzoni, sarebbero a capo di questa Chiesa,
che già avrebbe delle ramificazioni in parecchie città dello Stato. Nè devesi
ascrivere a colpa ai Clericali, se la nascente comunità non sia creduta
abbracciare di già nel suo grembo un quarto almeno degl'italiani, tale o
tanto fu lo strombazzare che di essa fecero i giornalisti noi loro fogli, e la
Curia vescovile nelle suo circolari, in cui Mons. Vicario giunge fino a
dichiarare : che « tutti coloro i quali interverranno alle adunanze della
Chiesa nazionale italiana, anche per pura curiosità, incorreranno la scomunica ed il peccato riservato, sì e come trovasi di già stabilito in questa
Diocesi per chi interviene al tempio ed alle adunanze degli eretici. »
Gran peccato che così i fogli esteri, come i nostrali, come la Curia esagerino oltremodo un fatto, che, di tutto cuore, vorremmo fosse quale lo
darebbe a credere il linguaggio sì degli avversarj che degli amici. Noi cho
a qualunque spirito di parte ci sforziamo di anteporre sempre la verità, diremo francamente ai nostri amici, che potò rallegrareja notizia più sopra
accennata, che i venti preti della Diocesi di Torino predicati i fondatori
della Chiesa nazionale italiana sono una meua favola, i fondatori della stessa
non oltrepassando i tre, — uno dei quali è toscano, l'altro della Diocesi di
IMondovì ed un terzo della Dioce.si di Susa, — i quali raccolgono attorno di
sè un numero pur troppo ristrettissimo di aderenti.
Ai clericali poi, questo solamente diremo; se il terrore di cui vi mostrate
compresi dal sorgere di questa chiesa è finto, come lo credono taluni e non
senza ragione, questo vostro procedere vi ha di già giudicati; se, all'incontro, egli è reale e gemiino, smettetelo pure, ch6 sgraziatamente voi ed i
vostri pari siete riusciti troppo bene nella vostra infernale iiapresa di attutire
le coscienze, perché poco abbiate da temere, por qualche tempo ancora, da
coloro cho alla coscienza ne appellano anzi tutto.
— L'Amico di Casa — \j’Apologista del 21 novembre sfoga in questi
termini la sua bile contro quest'ottima pubblicazione ; « 11 solito almanacco
dei Prote.stanti della Buona Novella, intitolato \'Amico di Casa, venne riprodotto in quest’anno a quaranta mila copie, per inondarne il resto d’Italia, essendo già abba.stanza conosciuto e screditato in Piemonte. »
Quale prova inconfutabile di discredito non porge una pubblicazione, che
dopo aver esordito con 4,000 copie, sci anni sono, salisce l’anno dopo a 6,000,
poi a 12,000, poi a 10,000, l’anno scorso a 26,000 e quest’anno a 40,0001
Dica il vero VAjyoloyista, se alla Strenna pel 1861 ch’egli caldamente raccomanda, invece dell’^1 mica di Casa, fosse data questa medesima prova di
discredito, non sarebbe egli, fin d'adcsso, tutto disposto ad accettarla ed a
congratularsene?
Firenze — Evangelizzazione della Chiesa Valdese. — « Abbiamo dato
I)rincipio in questi ultimi giorni alla nostra piccola scuola della Domenica.
Piccola davvero, poiché la prima domenica non ebbimo che tre bambini, e
16
la seconda 7. Ma noi non ci scoraggiamo tanto facilmente. Di già, per domenica ventura, ce ue sono promessi due di più; inoltre durante la settimana andremo di casa in casa in traccia di quelli che possono venire, e
converrà bene che vengano quando andremo a cercarli. Egli è poi una vera
delizia l’occuparsi di quelli che già vi convengono. Essi sono intelligentissimi e portati di ottima volontà. Due fra loro non sanno leggere, e ciò non
dimeno imparano e recitano i loro versetti in punta delle dita. Sono inoltre
di una grande attenzione, per cui spero che non saranno inutili le nostre
cure a prò di loro.......
« Quale ottima idea si ebbe, quando nel Sinodo dell’anno scorso, fu deciso
il trasferimento della nostra scuola di Teologia in Firenze ! Questo è il vero
suo centro, l’unico luogo ove sia possibile, se dovrà provvedere di operaj il
campo delI’Evangelizzazione italiana. Qui siamo proprio al centro dell’opera; qui impariamo a valutarne le difficoltà, i nemici contro i quali dovrà
combattere, l’indole del popolo italiano, i suoi bisogni, i lati dai quali si
potrà giungere sino a lui. Tutto ciò che, stando nelle Valli, era per noi un
dramma lontano, di cui ci giungevano rade ed imperfette notizie, quivi di
venta un dramma nel quale siamo in certa guisa attori. — Jeri ebbe luogo
la prima celebrazione della Santa Cena a cui io aia intervenuto da che mi
trovo in Firenze; e sono rimasto edificatissimo della serietà colla quale fu
celebrata. Spero che lascerà dietro di sè vere e durature benedizioni. I comunicanti (non compresi gli evangelici di nascita) superavano i quaranta.
Per tutta la settimana il sig. Geymonat avea tenuto delle raunanze allo
scopo di prepararsi a questa santa azione. — La Congregazione è assai più
numerosa, ed il «ulto, la Domenica sera specialmente, è frequentatissimo.
(Da lettera)
Livorno e Pisa- Ostacoli e speranze — « Qui, si combatte un vero duello
fra il papismo e l’evangelo. Il partito clericale, Briareo daUe cento braccia,
ha afferrato rabbiosamente tutte le sue armi, e schermisce, con grande strepito, contro la spada invincibile della Parola di Dio. Egli rugge, minaccia,
e fa piovere sopra di noi una tempesta di colpi di ogni genere, ma, grazie a
Dio tutti ugualmente impotenti. Tra i campioni di Roma, chi stampa libri,
chi predica, chi, spinto da santo ardore, immerge ardimentoso ambe le mani
nel fango e neH’immondizie, onde imbrattarne la porta e le finestre della
nostra cappella.
« Ad onta e forse a cagione di questa opposizione accanita il culto evangelico, già da sei mesi, è frequentato da centinaia di uditori; e, da lungo
tempo, ci si domandava di celebrarlo in una cappella più spaziosa. — L’opportunità d’una simile misura fu riconosciuta dalla Commissione di Evangelizzazione; e son lieto di potervi annunziare che, addì 19 del p.p. dicembre, fu firmato dal sig. dott. Revel, a nome della Chiesa Valdese, e dai
fratelli Gragnani, di questa città, il contratto per l'acquisto d'un terreno.
17
situato sugli scali dei santi Pietro e Paolo, diiimpetto alla nostra cappella
attualo, collo scopo di cdficarvi una chiesa. Una costruzione che innalzasi
sopra questo terreno, sarà, fra poco, ridotta a cappella, ed, a Dio piacendo,
potremo alla fine di Febbrajo, celebrarvi il nostro culto. —
« Voglia Iddio benedir l'opera sua in (juesta città, e far sì che sieno numerosi coloro che venendo, in avvenire, ascoltare la Parola divina in questo
tempio di pietra, diventeranno essi stessi dei tempj dell'iddio vivente ! »
— « A Pisa, come a Livorno, si fa sentire il bisogno d’una cappella
più vasta. Quella dove, sino a quest’oggi, celebrammo il nostro culto, 5
situata verso le mura della città, in una via quasi deserta, e sarebbe neces-.
sario, onde agevolare l’opera nostra, di aprirne un’altra più centrale. Speriamo che la Commissione di Evangelizzazione della Chiesa Valdese,
coll’ajuto de’ suoi amici, troverà i mezzi per provvedere anche a questo
bisogno. —
« D’or'innanzi, non sarò più il pastore della giovane chiosa di Pisa. La
mia attività si limiterà, in un modo speciale, a quella di Livorno; nel mentre che il sig. Salomone, che sin dal mese di ottobre scorso fu il mio collaboratore, consacrerà i suoi sforzi a quella di Pisa. Godo di essere in grado
di dirvi che, la settimana prossima, si aprirà in questa città una scuola per
i ragazzi, ed un deposito di libri religiosi.
« Oggi, ora di passaggio a Livorno, il sig. pastore G. Appia; che recasi
nel già regno di Napoli, ov’egli spera visitare i nostri coreligionari, che
trovansi nelle file dell’esercito, e quella parto delle Calabrie, in cui, pochi
secoli addietro, fioriva la fedele colonia valdese, che perì sotto il ferro e sui
roghi dei feroci persecutori romani. » (Da lettera)
Stati—Uniti — Una nazione che si umilia. — Ecco il magnifico e veramente cristiano proclama, col quale il presidente degli Stati- Uniti — a
scongiurare le calamità della presente crisi politica di questa gran repubblica— invitava gli Americani tutti, a mettere in disparte il giorno 4 gennajo onde consecrarlo al digiuno ed alla preghiera.
i Numerosi appelli mi vennero indirizzati, da associazioni di pii e patriottici cittadini, in ciò che concerne la pericolosa o tormentata condizione del
nostro paese, collo scopo di raccomandare che un giorno a parte sia consacrato aU’umiliazione, al digiuno ed alla preghiera in tutta l’Unione. Assentendo alla loro istanza ed al sentimento del mio proprio dovere, designo il
venerdì 4 gennaio 1861 a quest’effetto, e raccomando che il popolo si aduni
il quel giorno, secondo lo sue forme rispettive di culto, per celebrarlo come
un digiuno solenne.
« L Unione degli Stati è attualmente minacciata d’un pericolo allarmante
e immediato; il panico e discordie d’un carattere terribile regnano in tutto
il paese; la nostra popolazione laboriosa è senza impiego, e conseguentemente privata dei mezzi di guadagnare il suo pane. In verità, la speranza
18
pare aver disertato lo spirito degli uomini! Tutte le classi sono in uno stato
di confusione e di spavento, ed i più saggi consigli dei nostri migliori e più
puri concittadini sono affatto misconosciuti.
« In quest’ora di calamità e di pericolo, da chi impetreremo noi soccorso,
se non dal Dio dei nostri padri? H suo braccio onnipotente può solo sai ■
varci dai terribili effetti delle nostre colpe, delle nostre follie, della nostra
ingratitudine e della nostra colpabilità verso il nostro Padre celeste.
« Uniamoci dunque umilmente, con una profonda contrizione ed un dolore
penitente davanti all’Altissimo, confessando i nostri peccati individuali e
nazionali, e riconoscendo la giustizia del nostro castigo. Preghiamolo di
cancellare dal nostro cuore quel falso orgoglio d’opinione che ci spingerebbe
a perseverare nel male per ostinazione piuttostochè cedere con una giusta
sommissione alle imprevedute esigenze da cui ora siamo circondati.
« Imploriamolo, con una venerazione profonda, di ristabilire l’amicizia ed
il buon volere dei varj stati e sopra tutto di salvarci dagli orrori della
guerra civile e dei delitti di sangue (blood guiltness). Che le nostre fervide
preghiere salgano fino al suo trono, affinchè egli non ne abbandoni in que st’ora di estremo pericolo, ma si ricordi di noi come ha fatto dei nostri padri nei giorni più cupi della rivoluzione, e preservi la nostra costituzione
e la nostra unione, opera delle loro mani, ancora per le età avvenire!
« Una Provvidenza onnipotente può sostituire ai mali esistenti un bene
continuo. Essa può costringere il corruccio dell'uomo ad umiliarsi innanzi
a lei, e acquetare codesto corruccio. Lasciate ch’io preghi ciascun individuo,
quale che sia la sfera d’esistenza in cui si trovi collocato, di pensare alla sua
responsabilità personale verso Dio ed il suo paese, affinchè egli .santifichi
quel giorno, e contribuisca con ogni sua possa a far disparire le nostre
attuali calamità e quelle ohe si preparano. »
Washington, 14 dicembre 1860.
James Buoha.'ìan.
Domenico Grosso gerente.
DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI
Via Principe Tommaso in Torino
Grande assortimento di Bibbie e Nuovi Testamenti in ogni lingua
e formato, noncliè delle principali pubblicazioni della Cristiana Letteratura, sì italiana che francese. Associazione a tutti i giornali religiosi sì nazionali che esteri.
Rivolgersi per mezzo di lettera affrancata al sig. TRON G. G-. Agente del Deposito.
TOUTNO “ Tipografia CLAUDIANA, diretta da R. Trombetta.