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Inorasi impegna a
il diritto di resa.
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
^^8 LUGLIO 1994
ANNO 2 - NUMERO 27
VERTICE DEL «G7>
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Che cosa partorirà la riunione dei «Sette grandi»
che nei prossimi giorni si
svolgerà a Napoli, questa
pande città, estrema propag|ino meridionale del Nord,
ftontìera ideale con il Sud povero e sottosviluppato?
¿mondo finanziario guarda
con il fiato sospeso alla riunione dei «Grandi»; il mercato è in trepida attesa, come le
folle descritte nel capitolo 13
dell’Apocalisse, e attende il
segno, il miracolo che rimetta
in moto la locomotiva della
ripresa economica. Dai comunicati della vigilia si sa
che, tra gli altri, due saranno
gli argomenti: il rafforzamento del dollaro e la remissione
ptóale del debito ai paesi in
via di sviluppo.
Una parola in particolare
meritala questione del debito.
Pare che il Giappone abbia
proposto una sua riduzione
del 66% e che il Regno Unito
abbia addirittura parlato delT80%. Tradotte in denaro,
tanto Runa come l’altra percentuale corrispondono a miliardi di miliardi. I «Sette
gi^di» sembrerebbero dun^lie accogliere una serie di
appelli lanciati in questi ultimi anni con sempre maggiore
frequenza dalle chiese, da tutte le chiese del mondo; quelle
chi si riuniscono nel Consiglio ecumenico e quelle che
fanno capo al vescovo di Roma, Potrebbe essere un grande anno sabbatico, o un giubileo, simile a quelli di cui parla
la Bibbia, preoccupata di staWlire meccanismi di ridistrihazione periodica del reddito,
che fatalmente finisce per accumularsi nelle mani di pochi.
Se così dovesse essere, sare®o i primi a rallegrarcene.
Sia lecito tuttavia fare alcuue osservazioni: l’accumulatone e l’entità inimmaginamle del debito dei paesi in via
m sviluppo è dovuta, non in
mtimo, a meccanismi perverper non dire diabolici, dei
Puesi industrializzati. Si tratta
J*on solo dei prezzi delle ma
nessun paese sottosviluppato
ci ringrazierà.
Ma c’è di più. La remissione dei debiti avrà comunque
delle conseguenze nei paesi
in via di sviluppo perché libererà risorse ed energie. Come
avverrà questo processo?
Quali altri meccanismi distorti si metteranno in moto? La
Svizzera, senza far suonare
troppe trombe, ha già provveduto a rimettere quote del
proprio credito, ma ha contestualmente impegnato i governi locali (coinvolgendo in
questo anche le chiese) ad
adoperare le somme liberate
per progetti concreti di sviluppo, come per esempio nello Zambia dove si è dato il
via alla riapertura del canale
Nyengo di circa 100 chilometri per collegare la parte occidentale al resto del paese. Intorno al canale poi sorgono
numerose iniziative per lo
sviluppo agricolo, medico-sanitario e sociale in genere.
Non sarà tutt’oro quel che
luccica, ma è una pista possibile, per cui varie agenzie ecclesiastiche hanno dato il loro appoggio. Dunque la remissione del debito in sé e
per sé non significa nulla; anzi può essere solo una manovra propagandistica e servire
in ultima analisi al rilancio
del mercato dei paesi occidentali. Sarà questo il risultato del «G 7» di Napoli? Speriamo proprio di no.
Alto Karabak
Piccoli segni
di pace
Occorre capovolgere la visione che colloca noi e non Dio al centro dell'esistenza
La preghiera: ricerca della volontà di Dio
VITTORIO SUBILIA
prime (si pensi al cacao.
«Padre, ogni cosa ti è possibile... Ma
pure non quello che io voglio, ma quello
che tu vuoi»
(Marco 14, 36)
pillile pensi ai eacau,
te caffè) stabiliti non dai pro*^bori ma dai compratori;
P®t cui si finisce per avere
“no scambio ineguale, anche
““gli stessi aiuti allo sviluptanto che un po’ di tempo
“ rnolti paesi chiesero una
^oratoria degli aiuti. Ci spiegarono poi i responsabili deln chiese facenti parte della
evaa che questi aiuti allo
UPPO finivano in pratica
-rpy iiiiiviuiu 111 pianga
Pn,'" arricchire alcuni pochi
Pnviiegia{j^ avevano un imPatto distruttivo sull’am
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-nte e la società, si risolvefm compiere opere perarnente inutili e servivano
—munii e servivano
. n armare la mano dei picco.‘•Opratirli _________: i____c;
¿ ° Sbandi dittatori locali. Si
di debiti indotti
^ occidentali, per cui
dovremo meravigliarci se
Noi credenti, come concepiamo la
preghiera? Perché preghiamo? Che
cosa diciamo nella preghiera? Non e forse vero che molte volte la preghiera rappresenta la funzione suprema del nostro
egoismo? Che molte volte la concepiamo come un mezzo per ottenere la realizzazione della nostra volontà, quasi come uno strumento nelle nostre mani pe
convincere Dio a mettersi dalla nostra
parte, ad aiutarci con la sua potenza a
vincere quelle cose che da soli, nella nostra debolezza, non potremmo vincere ne
da soli raggiungere? Se è così, la ^eghiera non è qualche cosa di supremamente anticristiano, non rappresenta mzi
il nostro peccato? Perché il peccato fondamentale è volere fare la nostra volontà, voler seguire una legge nostra, voler essere noi Dio a noi stessi e in questo
modo vivere senza Dio. Allora le nostre
preghiere, nella varietà infinita delle loro
espressioni e richieste, si riducono in
fondo a dire: che la nostra volontà sia
fatta anche in cielo come in terra. Si r
ducono a voler piegare Dio alla nostra
volontà, alla nostra legge, forse al nostro
peccato, a chiedergli di essere nostro alleato per poter raggiungere più facilmente e sicuramente ciò che desideriamo.
Non si tratta di modificare, correggere
0 spiritualizzare la nostra preghiera: si
tratta di capovolgere il suo orientamento.
Conoscete la parola pronunciata da Gesù
nel Getsemani prima di salire la croce:
«Padre, ogni cosa ti è possibile». Io non
credo che dobbiamo limitare la nostra
preghiera alle cose spirituali. Credo che
non ci sia un limite nel campo della preghiera. Se siamo illuminati dalla luce
dell’Evangelo e governati dalla Parola
del Signore, credo che possiamo chiedergli ogni cosa. Possiamo chiederlo con
fiducia infinita, perché nulla gli è impossibile. Gesù un giorno ha detto: «Se dimorate in me e le mie parole dimorano
in voi, domandate quel che volete e vi
sarà fatto» (Giovanni 15, 7). Le cose più
impensabili, le cose più impossibili a occhi e a giudizio umano, possono essere
realizzate da lui. Non abbiate timore di
pregare per ogni cosa con infinita fiducia: egli può ogni cosa. Pregate!
«Padre, ogni cosa ti è possibile... ma
pure, non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi». È qui che dobbiamo, come dicevo, capovolgere l’orientamento
e cambiare lo spirito della nostra preghiera. La preghiera non sta nel chiedere, non sta nelTattendere da Dio Tesaudimento di quello che gli abbiamo chiesto, la preghiera, cioè, non deve essere
fatta nell’interesse nostro. Certo, siamo
umani e anche nella preghiera mettiamo
la nostra umanità e i nostri egoismi. Ma,
se la preghiera ha da essere veramente
preghiera, deve risolversi in preghiera
fatta nell’interesse di Dio. Pregare, in
una parola, significa confessare che Dio
regna, significa volere che Dio regni, significa chiedergli di far prevalere non la
nostra volontà, ma la sua. Forse pensiamo che questo è vero se noi chiedessimo cose cattive o ingiuste ma se chiediamo cose buone, giuste, cose che ci
sembrano conformi alla sua volontà,
pensiamo che Dio vorrebbe concederle;
ma non era forse giusta e buona la preghiera di Gesù nel Getsemani? Le vie di
Dio non sono le nostre vie; «Non quello
che io voglio, ma quello che tu vuoi».
Questo spirito deve compenetrare le nostre preghiere, deve essere la sostanza
delle nostre preghiere. Allora la preghiera si trasformerà nell’atto fondamentale
della nostra vita, la morte a noi stessi
per vivere in Dio.
(da La parola che brucia,
Claudiana, 1991, pp 9-11)
Il governo armeno ha accettato l’appello del Consiglio ecumenico delle chiese
per lo scambio di prigionieri
di guerra con l’Azerbaigian e
ha commutato la pena a due
prigionieri condannati a rnorte. «Questo primo gesto simbolico - ha dichiarato Elisabeth Salter, della Commissione per gli affari internazionali
del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) - serve a ristabilire la fiducia reciproca».
L’Azerbaigian e l’Armenia
si disputano la regione dell’
Alto Karabak, popolato in
maggioranza da armeni. Migliaia di persone sono già
morte per questa guerra che si
è estesa anche in altre zone
dell’Azerbaigian, oggi occupate delle forze armene. Nel
marzo scorso una delegazione
del Cec si era incontrata con
il vicepresidente armeno, Gagik Harutiunian, che però
aveva scartato ogni ipotesi di
scambio di prigionieri. Da più
di un anno il Cec aveva chiesto gesti di pace come il rilascio dei prigionieri. L’Azerbaigian aveva per primo rilasciato prigionieri armeni. Oggi giunge la notizia che anche
il governo armeno ha fatto altrettanto.
Il Cec aveva organizzato a
Montreux, nel mese di febbraio del 1993, un incontro
con il patriarca ortodosso Vasken primo, «católicos» della
Chiesa armena, e lo sceicco
Ul-Islam Pashazade, responsabile spirituale della comunità musulmana dell’Azerbaigian. Dall’incontro era scaturita una dichiarazione comune che èra stata assunta dalla
Conferenza delle chiese europee (Kek) e dal Cec come base di mediazione per il conflitto. Le proposte delle chiese sono stata in parte accettate dei governi e dal mese
scorso sta operando nell’alto
Karabak una forza militare di
interposizione formata da militari della Comunità degli
stati indipendenti.
Ecumene
60 anni
dalla Dichiarazione
di Barmen
pagina 3
T.'\
Delle Chiese
/ membri laici
dell’esecutivo battista
pagina 4
Cultura
Croce e la Riforma
pagina 8
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
^SSSiiUiGuoto,
Si è svolto a Sommières il XXI incontro dei cappellani ospedalieri di lingua francese
Limiti^ rischi e peculiarità del volontariato
VITO CARDIOL
A pochi chilometri da Nîmes, a Sommières, si è
svolto daH’8 alni maggio il
XXI incontro dei cappellani
ospedalieri di lingua francese;
numerosi i partecipanti, 110
circa tra pastori, diaconi e volontari impegnati nell’assistenza ai malati in strutture
ospedaliere e case di riposo
per anziani. Nutrita anche la
delegazione italiana (5 persone), segno di un interesse che
cresce anche da noi. Il tema,
«Il volontariato; limiti, rischi,
peculiarità», ha permesso uno
scambio arricchente con
quanti, volontari occasionali
o inseriti in associazioni specifiche, dedicano parte del loro tempo all’assistenza e
all’accompagnamento della
persona malata.
Diverse sono le esperienze
che in questo ambito possono
essere vissute; una diversità
che in gran parte dipende dal
modo in cui si è stati preparati
oltre che dalle situazioni differenti in cui si svolge l’attività; numerose infatti sono
state le voci di coloro che
hanno sottolineato quanto importante sia una buona formazione personale per svolgere
tale compito, permettendo che
alla buona volontà e al desiderio di rendersi utili si affianchino buona conoscenza
di se stessi (delle proprie paure e dei propri limiti, per evitare che i problemi personali
vengano riversati sulla persona che si assiste), capacità di
ascolto, di comprensione, di
simpatia verso l’altro.
Due interventi in particolare hanno destato l’attenzione
e l’apprezzamento dei partecipanti, indirizzando la riflessione in gruppi. Il primo, per
opera di G. Vincent, professore di Filosofia e di religione
alla Facoltà protestante di
Strasburgo, aveva per titolo
«Esercizio professionale e
volontario fra dono e compe
L’ospedale evangelico «Villa Betania» di Portici (Napoli)
tenza». Vincent ha messo in
evidenza come spesso il volontario sia visto come colui
che sta dalla parte del dono e
il professionista dalla parte
della competenza, creando
una vera e propria separazione fra le due categorie di persone. Una tendenza, questa,
che si è via via accentuata a
partire dagli anni ’60-70,
quando con l’evoluzione della società si è potuto disporre
di mezzi maggiori per affrontare le questioni sanitario-sociali, privilegiando sempre
più l’aspetto della competenza professionale e della preparazione tecnica. Un riflesso
di questo modo di affrontare
l’assistenza al malato, quindi,
si è avuto anche nell’ambito
dell’attività volontaria, considerando importante non tanto
il modo quanto il tempo che
si dedica all’assistito.
Nel considerare che la maggior parte dei servizi che funzionano debbono il loro successo al fatto che volontari e
professionisti svolgono la loro
attività non ignorandosi ma
cercando il dialogo per offrire
un’assistenza il più possibile
adeguata alla persona che seguono, il prof. Vincent ha ribadito la necessità che gli uni
e gli altri svolgano il loro ser
Unione delle chiese battiste di Germania
Il seminario teologico
sposta verso l'Est
SI
L’Unione delle chiese evangeliche libere di Germania (i battisti tedeschi) creerà
nella regione del Brandeburgo un centro teologico in sostituzione dei due istituti teologici che si trovano attualmente ad Amburgo (per l’ex
Repubblica federale) e a Berlino (per l’ex Ddr). I costi per
tale operazione, che dovrebbe essere conclusa entro il
1997, sono calcolati in circa
trenta miliardi di lire. La decisione è stata presa a grande
maggioranza dal Consiglio
federale delle chiese battiste
tedesche che si è riunito a
Rostock (ex Germania orientale) il 13 maggio.
Il nuovo complesso teologico sorgerà nella valle
dell’Els su una proprietà di 4
ettari che ospitava le truppe
di occupazione sovietiche e
comprenderà il seminario vero e proprio per 85 studenti
(ma che in seguito dovrebbe
allargare la capienza per accogliere studenti provenienti
da paesi dell’Europa orientale), un centro giovanile, una
scuola biblica e un centro di
formazione per i collaboratori delle chiese. Sulla proprietà si trovano 19 case di
abitazione che serviranno per
e gli
alloggiare il personale
studenti.
L’Unione battista tedesca è
la più numerosa chiesa libera
in Germania; conta 88.000
membri battezzati (16.000
nell’ex Ddr); nel 1993 vi sono stati più di 2.500 battesimi
e i membri di chiesa (tenendo
conto dei morti e di quanti
hanno lasciato le comunità)
sono aumentati di 979 unità.
Il presidente dell’Unione,
Walter Zeschky, ha invitato
recentemente le comunità
battiste a impegnarsi a fondo
nell’aiuto verso gli immigrati, non solo mettendo a loro
disposizione locali ecclesiastici ma assistendoli praticamente nei rapporti con le autorità e nella ricerca di abitazioni e di posti di lavoro. Il
12 maggio, durante la riunione del Consiglio a Rostock,
Zeschky ha richiamato alla
vigilanza contro il nazionalismo, l’antisemitismo e il razzismo invitando le chiese a
essere fattivamente accanto
agli ebrei e agli stranieri presenti nel paese. Il Consiglio
ha proposto alle chiese come
tema da dibattere e attuare
praticamente, nel 1995, «Il
superamento creativo dei
conflitti». (Epd)
vizio tenendo presente questa
insopprimibile polarità fra dono e competenza.
L’intervento di J. Touchon,
presidente della Commissione della cappellania ospedaliera di Montpellier, era centrato sulle motivazioni e la
supervisione del volontario.
Touchon, cercando di analizzare come questa parola
(bénévole) si sia sviluppata
nella storia, ha sottolineato
come agli inizi (XIII sec.) essa significasse solo una persona che aveva un atteggiamento favorevole nei confronti di qualcuno. Solo nel
XIX secolo, con l’inizio
dell’attività economica moderna, il termine definisce
un’attività che si fa a titolo
gratuito, senza obblighi, non
sostenuta da un salario.
Un servizio compiuto gratuitamente, senza alcun obbligo è dunque un servizio reso.
Il fatto che si parli sempre di
servizio reso e non dato lascia
supporre che un servizio reso
interviene dopo un servizio
ricevuto, ma l’interessante è
questo concetto di gratuità;
può un lavoro, un servizio essere gratuito? Secondo il giurista, ha detto Touchon, un lavoro, un servizio gratuito è da
prendere con estrema precauzione e J. Ellul, riflettendo
sulla questione, afferma «il
dono è l’atto più sospetto sul
piano giuridico».
In effetti una delle funzioni
del notaio è precisamente
quella di assicurarsi che la
persona che sta per dare qualcosa sia in grado di darla,
cioè di valutare se abbia i requisiti intellettuali e psicologici per poter dare. Un’operazione questa certamente non
facile; a partire da quale momento è ragionevole dare e a
partire da quale è folle? Il
Talmud, che non lascia nulla
al caso, ha risolto bene il problema: si deve dare la decima
ma attenzione: se si dà meno
del 10% è furto, se si dà di
più è pazzia: questo ci permette di capire perché i giuristi dimostrino tanta diffidenza
nei confronti del dono. Solo
con il lavoro di certi filosofi,
antropologi e etnologi di inizio secolo ci è possibile riconoscere i paradossi del dono e
del lavoro gratuito.
Spiccano i nomi di Mauss e
Malinowskij, che hanno lavorato sulla struttura dell’atto
gratuito, del dono fra la tribù
dei maori, in Polinesia, e in
una tribù della costa NordOvest dell’America. In particolare Mauss ha messo in
evidenza come fra queste
tribù degli Usa vi sia, in materia di scambio, l’obbligo di
dare e di rendere. Ciò fa sì
che il dono stabilisca una gerarchia sociale dove ogni dono diventa dunque una sfida
all’altro: «Ti dono, e poiché
sei obbligato a rendermelo, se
non mi rendi più di quanto ti
ho dato sarai umiliato e sarò
io a esserti superiore». Questo significa che nel dono vi è
aggressività e questo esempio
paradossale ci invita a porci il
problema di ciò che in un dono costituisca una sfida all’altro e al limite un’occasione di
dominio.
Tra i maori tutto funziona
sull’obbligo del dare e del ricevere, e quando si dà qualcosa a qualcuno si dà sempre
qualcosa di sé all’altro. Per
questo per i maori è indispensabile rendere il dono,
altrimenti esso stesso potrebbe rivelarsi mortale; infatti
nella misura in cui si accetta
qualcosa, si accetta anche
qualcosa dell’altro e si è
«abitati» dall’altro con il rischio di perdere il proprio libero arbitrio. Ogni azione sociale è correlata a ciò che
permette la mediazione: il
denaro nelle azioni più semplici, ma certo non c’è solo il
denaro che paga. Siamo pagati quando abbiamo un ritorno dalla nostra azione,
quando ne ricaviamo riconoscenza: e questa va intesa nel
senso del ringraziamento o
nel riconoscimento della mia
persona. Questo salario in ritorno è quello dello sguardo
positivo dell’altro che è coinvolto nell’azione detta gratuita, colui al quale rendiamo o
doniamo un servizio.
La domanda che, secondo
Touchon, dobbiamo quindi
porci, è se esista un’azione
gratuita, volontaria, senza lo
sguardo dell’altro. Se si è
credenti si può dire, anzi sperare, che anche nell’assenza
dell’altro c’è un altro che mi
guarda, e questi è Dio, colui
che mi permette di svolgere
un’azione gratuita relativamente libera dallo sguardo
degli altri.
Nell’opera di Shakespeare
Timone d’Atene il protagonista, uomo molto ricco e potente, dimostra una generosità
fuori dal comune ma esclude
la reciprocità. C’è in Timone
la gratuità assoluta perché
non vuole nulla di ritorno
creando così, in chi riceve,
una situazione di debito assoluto. Il protagonista si pone in
questo modo al di fuori della
legge, al di fuori dell’umano.
Quando poi i suoi beni finiscono, Timone si rende conto
che la reazione di coloro a cui
aveva largamente donato le
sue ricchezze è del tutto contraria a quella che si sarebbe
aspettato. Quelle persone, impossibilitate a rendere il dono, si dichiarano indifferenti,
ingrate e perfino aggressive;
l’amore assoluto che Timone
aveva dell’uomo si trasforma
in odio assoluto.
È un brano che evidenzia
quanto può accadere nella
realtà nel momento in cui conosciamo l’ingratitudine dell’altro e la sua non riconoscenza. Questo avviene in
particolare quando, come Timone, ci poniamo al di fuori
deH’uomo; in un cammino
prometeico che suona come
una sfida a Dio: in fondo, ricorda Touchon, non potremmo forse dire che il dono veramente gratuito solo Dio lo
può fare?
Se dunque si è impegnati in
un’azione di volontariato che
va al di fuori della legge, cioè
se prendiamo a Dio ciò che
gli appartiene, possiamo essere stupiti ma non dovremmo
meravigliarci che l’altro abbia un comportamento che si
pone anche al di fuori della
legge e che risponda dunque
al nostro dono, come nel caso
di Timone, con indifferenza,
ingratitudine, aggressività.
Un’azione volontaria quindi
non può funzionare se si
esclude la reciprocità, se non
vi è ricompensa, se non si è
realmente ben pagati.
I manoscritti del Mar Morto
per la prima volta in Europa
^ROMA — Per la prima^volta dopo la loro scoperta nel 194]
i famosi manoscritti del Mar Morto verranno presentati 1
blico europeo a partire dal 30 giugno in una mostra* ^
presso la Biblioteca vaticana. Tale mostra è un risultato
to dell’instaurarsi di rapporti diplomatici tra la Santa
Israele, dopo gli accordi dello scorso dicembre. I mano^*^'*
scoperti da un giovane pastore in una grotta di Qumran s
Mar Morto, contengono vari tesi dell’Antico Testamentofl^*
vano parte di una biblioteca della setta giudaica degli Ess
datano del primo o secondo secolo dopo Cristo.
Otto miliardi di marchi
alla Chiesa evangelica tedesca
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cittadino tedesco iscritto alla Chiesa cattolica 0 evangelica”!
ve pagare ha fatto affluire nelle casse delle chiese evangelici«
territoriali della Germania 8 miliardi 390 milioni di marchi (d
tre ottomila miliardi di lire). Rispetto all’anno precedentci
gettito è diminuito dello 0,5%: in particolare nella Germani
occidentale c’è stato un calo dell’1,7%, mentre i Land#
dell’ex Repubblica democratica hanno avuto un aumento dd
28,7%. Nonostante questo fortissimo incremento le entrai
della Germania orientale (20% di abitanti) rappresentano so)
il 5% del totale: ciò è dovuto in parte alla situazione economi^
ca difficile della ex Ddr ma soprattutto al fatto che la maggin
parte della popolazione, al 90% di tradizione protestante, n»
vuole essere iscritta a nessuna chiesa. Nell’ex Repubblica fc
derale, invece, dove protestanti e cattolici sono all’incirca del
la stessa forza numerica, si assiste ogni anno all’esodo di deci
ne di migliaia di persone dalle chiese; se la tendenza alla dimi
nozione delle entrate continuerà nei prossimi anni, molti prc
getti di intervento diaconale, anche nel Terzo Mondo, dovri
no essere ridimensionati.
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di Bannen
Russia; appello comune
delle chiese contro l'aborto
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MOSCA — Responsabili religiosi ortodossi e cattolici i
Russia lanciano un appello per una lotta comune contro Tabi
to. In occasione di un colloquio svoltosi a Mosca sul teii
«Amore, vita, famiglia», il patriarca Alessio II ha rilevatoli'
per la prima volta lo scorso anno le statistiche indicano pii
Russia un numero più elevato di aborti rispetto alle nascite,!
numero reale di aborti è probabilmente ancora più elevato, 1
regime sovietico, che ha legalizzato l’interruzione di gravid»
za 74 anni or sono, è uno dei responsabili di questa situazionei
della distruzione dei valori morali, ha aggiunto il patriara
Alessio. L’arcivescovo cattolico Tadeusz Kondrusiewics, ai
ministratore apostolico di Mosca, ha lamentato da parte sua ii
«cultura di morte» che predomina nel mondo attuale.
sa accant
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Riforma. I
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nuove dot
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re: lo si
Perù: i movimenti evangelica!!
fondano un partito politico
LIMA — Vari movimenti peruviani di tendenza «evangeli
cale» hanno fondato un partito politico denominato «Presens
cristiana» con l’intento di partecipare alle elezioni politidi'
dell’aprile 1995. Fra i fondatori si trova l’ex vicepresidente®
Perù Carlos Garda e l’ex deputato Victor Arroyo Cuyubambi
Ambedue facevano parte nel 1992 del primo governo del presidente Fujimori.
Ritiro del generale capo
dell'Esercito della Salvezza
LONDRA — Il generale Bramwell H. Tillsley, capo
diale dell’Esercito della Salvezza, ha chiesto la pensione anWi
pata per motivi di salute. Avendo subito due anni fa un
intervento chirurgico al cuore, Tillsley non era più in gf .
compiere i numerosi viaggi inerenti le sue funzioni. Il pross®*
generale sarà eletto dall’Alto Consiglio che si riunirà a SuH'i
bury (periferia di Londra) a partire dal 19 luglio.
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Tre nuove chiese
nell'Unione battista di Spagna
GRANADA — 400 fra delegati e osservatori hanno ,
parte alla 42“ Assemblea dell’Unione evangelica battista
Spagna (Uebe) che si è svolta a Granada dal 25 al 27 mari ^
che ha confermato come segretario generale Manuel S^a _
battisti in Spagna stanno crescendo: nonostante la crisi eco
mica le chie.se hanno aumentato notevolmente i loro cont®
al piano di cooperazione e tre chiese sono state
nell’Unione: le nuove comunità di Torrente e Granada e la
munità cinese di Barcellona. Durante l’Assemblea è stata
tena
ta anche una riunione pubblica di evangelizzazione che ha
to risonanza nella città: ha predicato per l’occasione l’evanR
sta Roberto Valert.
Nigeria: in crescita i metodisti
LAGOS — Il vescovo metodista di Lagos, in Nigeria. ‘
Kabale, riferisce in una relazione che i membri di chics ^
paese sono passati da 26.000 nel 1988 a 95.000 nel l™^,’
Chiesa metodista della Nigeria lavora in comunità che
ben 250 fra lingue e dialetti diversi.
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IIJGUO 1994
PAG. 3 RIFORMA
Ijpariflessione valida non solo per la Chiesa evangelica tedesca ma per tutte le chiese
K60 anni dalia «Dichiarazione di Barmen»
bmmo qbenpìek
r^un miracolo»: così
nel 194, commentava un croJJl-evento di Barmen già
7,934 In due settimane,
Ldata sostanzialmente dal
^%izzero Karl Barth,
;va corpo una «Dichia1 teologica sulla situale attuale della Chiesa
Jgelica tedesca» che, acZta unanimemente dal
nodo confessante» radula Barmen, fu e rimane
Ivento significativo nella
^deUachiesa-Lasua lirica non sta solo nel con, I L,o della «Dichiarazione
ica che op| fn^gn», come subito fu
? " liS. arlicolata in sei te
mtati al
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deEa resistenza contto un regime sulle cui intenzioni assassine i contemporanei più
attenti non avevano dubbi.
La storia della Chiesa luterana dopo la guerra non sarebbe comprensibile senza la
«Dichiarazione di Barmen»
che si è guadagnata un posto
negli ordinamenti della chiesa accanto alle confessioni
della chiesa antica e della
Riforma. Nonostante la situazione odierna non sia compalaìnle con quella di allora essa ci offre un contributo sostanziale per affrontare le
situazione! "“«domande e le nuove riil natriaro dobbiamo dipana
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Nella sua prima tesi la dichiarazione inizia con una affermazione netta: «Gesù Cristo... è Tunica Parola di
Dio». Chi, riflettendo oggi su
i)uesta affermazione, trova
Ovvio che il nome di Gesù
Cristo sia così fortemente accentuato, deve provare a imffledesimarsi in un epoca in
cui in Germania un altro no®e era esaltato, quello di
Adolf Hitler: questa dichiaratone era una contrapposiziooeinequivocabile all’altro
ootne. «Barmen» dunque ri^ermava cbn forza chi è il
j^ntro della predicazione delchiesa e questa puntualizzazione sul centro delTan""ncio è e rimane attuale,
perché mette in guardia la
Oftiesa verso quella che allora
?! definiva la «allotria», cioè
"pencolo di perdersi dietro a
cose che la allontanano da
*l"esta centralità esclusiva.
Il richiamarsi a questa cen
diverso? La questione dovette
essere affrontata con grande
energia quando lo stato totalitario volle annettersi la chiesa. In un momento di autentica presenza dello Spirito la
chiesa ha riconosciuto che il
suo Signore non è il «fiihrer»,
ma è Dio, e tutto il resto è venuto di conseguenza: se, come dice la tesi I, il centro della fede e della chiesa è Gesù
Cristo, allora la chiesa deve
vivere su questo centro «con
la sua fede e con la sua obbedienza, con il suo messaggio
e con i suoi ordinamenti»
(Tesi III). Se quindi veniva
chiesto alla chiesa di fondarsi
sui concetti di razza, nazione,
duce e popolo. Tunica risposta non poteva che essere:
«Noi respingiamo il falso insegnamento...».
Non possiamo negare che
oggi ci troviamo in un’epoca
di cambiamenti intorno e nella chiesa, che non sono giunti
ancora al termine. La chiesa
si rimpicciolisce, il denaro diminuisce, il suo contributo allo sviluppo della società è più
debole; anch’essa stenta a
trovare risposte per 1 nuovi
problemi. Molti si rammaricano per questo processo di
contrazione e non accettano
che la chiesa perda la sua influenza, altri invece vedono
positivamente questo sviluppo perché ritengono che la
chiesa si liberi di una zavoixa.
La terza tesi di Barmen potrebbe aiutarci a essere obiettivi. Qui si tratta di Cristo, e
solo dopo della chiesa: e questo è importante in un’epoca
in cui non solo la società si
emancipa dalla chiesa, ma la
chiesa cristiana stessa deve
trovare la sua voce nel concerto delle varie religioni in
cui, almeno si spera, i confini
fra le varie confessioni non
saranno più così rigidi e il
dialogo con Israele, dopo un
passato così tragico, comincia
a fare dei passi avanti incoraggianti.
Insomma, per secoli la
chiesa cristiana ha vissuto
con l’autorità di turno in un
rapporto di compromesso, se
non di quasi dipendenza. La
chiesa aveva bisogno dello
stato per poter vivere in pace
e lo stato si serviva della
chiesa perché i sudditi vivessero nel retto timor di Dio
che comprendeva anche il timore del principe, tale «per
grazia di Dio» e il timore
dello stato. Le conseguenze
furono fatali: lo stato, l’autorità, riteneva ovvio che il suo
volere fosse in pieno accordo
con il volere di Dio, mentre
la chiesa si era dimenticata
che il regno di Dio «non è di
questo mondo».
La «Dichiarazione di Barmen» afferma che lo stato
«ha il compito, secondo
quanto Dio ha disposto... di
garantire il diritto e la pace»
ma sottolinea che la chiesa
deve richiamare lo stato a
questo suo compito in linea
con «il regno di Dio, i suoi
comandamenti e la sua giustizia» e ha la responsabilità
di verificare che le «disposizioni di Dio» vengano attuate. Lo stato non deve abdicare a questo incarico che gli è
affidato ma la chiesa per parte sua non può assolutamente, facendo leva sull’incarico
affidatole da Dio, assumersi
compiti che spettano allo stato, ricevere onori né tanto
meno divenire un organo
dello stato. La storia di questi ultimi anni, dopo la guerra, si è svolta in modo diverso nelle due parti della Germania: alla chiesa nella Ddr
la chiarezza su questo nuovo
tipo di rapporto ha consentito
di trovare il suo posto nello
stato e, quando è stato necessario, di far riferimento al regno di Dio. Oggi i critici dicono che la chiesa è stata
troppo poco incisiva verso lo
stato; nella Repubblica federale questo messaggio è stato
utile per mettere in guardia
verso una facile accettazione
delle offerte del nuovo stato
democratico e oggi i critici
dicono che la chiesa è stata
troppo accondiscendente verso lo stato.
Bisogna dire che con la
«Dichiarazione di Barmen»,
per quanto riguarda questo
problema, sono state introdotte nuove categorie dalle quali
in futuro non si potrà più prescindere. Il rapporto di tipo
quasi matrimoniale del passato è finito, e ciò è un bene per
lo stato che non potrà più
confondersi con Dio ed è un
bene per la chiesa che è e deve rimanere libera. «Barmen»
è stato un atto di liberazione,
che ancora oggi non riusciamo ad afferrare in tutta la sua
portata: la «Dichiarazione» è
divenuta una «Confessione»,
pronunciata da uomini che
erano cresciuti con una mentalità diversa; la confessione
fu una rottura con il passato.
l’entrata in una nuova terra,
nella quale la chiesa ha riscoperto la sua indipendenza, ha
trovato la strada del ritorno
alla sua vocazione, ha saputo
dire «Gesù Cristo» e non
«Gesù Cristo e...».
Naturalmente ci sono stati
errori e dimenticanze, già allora (perché non si disse niente sugli ebrei?), ma fu un beneficio inestimabile per la
chiesa. Altre chiese nell’ecumene hanno tratto grande
profitto da questa confessione
in epoche posteriori: si pensi
alla Corea del Sud e al Sud
Africa. Chiedersi che cosa significhi «Barmen» per la
chiesa e per i cristiani di oggi
significa chiedersi qual è il
centro del messaggio cristiano in una situazione sociale
diversa, di fronte a problenii
differenti, in condizioni storiche mutate.
Non si può semplicemente
citare «Barmen» o ricalcarla:
«Barmen» lancia un appello
alla libertà che non possiamo
lasciar cadere: raccoglierlo è
utile alla chiesa e ai suoi
membri, è utile a tutta la società.
(da Rkz, maggio 1994)
Le chiese di Germania e Francia
«Apparteniamo solo
al corpo di Cristo
Nel corso del 60° anniversario del Sinodo confessante
di Barmen si è svolto a Parigi
un incontro tra una delegazione della Chiesa evangelica in
Germania (Ekd) e i rappresentanti della Federazione protestante di Francia (Fpf). Le due
delegazioni hanno sottoscritto
una dichiarazione comune di
cui riprendiamo alcune parti;
«Di fronte alle sfide rappresentate dai conflitti etnici nel
cuore stesso dell’Europa, e al
riemergere di tendenze nazionalistiche e xenofobe, ci ricordiamo con riconoscenza
della Dichiarazione di Barmen del 31 maggio 1934. Essa rappresentava sia per la
Chiesa confessante in Germania sia per il protestantesimo
francese un orientamento
chiaro per la loro fede, la loro
parola e i loro atti. Nel confessare “Gesù Cristo come
Tunica Parola di Dio, alla
quale dobbiamo fiducia e ubbidienza, nella vita e nella
morte”, il Sinodo confessante
di Barmen si opponeva all’
»
idolatria di uno stato assoluto,
ma anche della nazione, del
popolo e della razza.
(...) Vogliamo resistere alla
tentazione di confondere la
nostra appartenenza nazionale, culturale e religiosa con il
nostro legame alla Parola di
Dio. Ci impegniamo a rendere
testimonianza della “potente
interpellazione di Dio che rivendica la nostra vita tutta intera”, in modo tale che manifestiamo chiaramente la nostra appartenenza all’unico
corpo del Cristo.
(...) Speriamo che le nostre
chiese, corresponsabili del futuro del volto dell’Europa, si
ricordino, nell’ascolto della
Parola di Dio, che i comandamenti di Dio hanno la precedenza sulle leggi del mercato
e su ogni altro tentativo di
giustificare l’egoismo umano.
“La missione della chiesa,
nella quale risiede la sua libertà, sta nel comunicare a
tutto il popolo il messaggio
della grazia di Dio che libera
da ogni costrizione”».
Si è svolto a Edimburgo il Sinodo della «Church of Scotland»
Dal rapporto tra chiesa e carcere
alla questione dell'omosessualitá
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Scultura in bronzo realizzata da Ulle Hees per la '"'’Ìfa
tal-Barmen, ispirata alla «Dichiarazione di Barmen» del 1934
______GREGORIO PLESCAH______
Tra il 21 e il 27 maggio, a
Edimburgo, si è riunito il
Sinodo della «Church of Scotland», la Chiesa riformata di
Scozia che conta, almeno nominalmente, un numero di
membri pari alla metà degli
abitanti di questa parte del
Regno Unito, cioè due milioni
di persone. Anche il Sinodo
ha dimensioni adeguate: più
di 1.200 partecipanti fra pastori e deputati dei 49 presbiteri, corrispondenti grosso
modo ai nostri distretti.
Sul tappeto sono stati posti
numerosi argomenti, alcuni
dei quali stimolanti anche per
noi, benché certe posizioni
della kirk (il nome scozzese
con cui viene comunemente
chiamata la Church of Scotland) siano diverse dalle nostre. Per quanto riguarda la religione e la scuola, non sono
mancate le sorprese per un
ascoltatore evangelico italiano; il dibattito è stato provocato da una presa di posizione
di un organo scolastico (equivalente di un Provveditorato)
della regione di Lothian, dove
si trova Edimburgo, in cui si
invitano le scuole a tenere un
atteggiamento tollerante e
aperto nei confronti di tutte le
religioni e denominazioni cristiane. Il punto però è che fino a oggi è stata la Chiesa
protestante ad avere le maggiori responsabilità riguardo
all’educazione religiosa, in
quanto la Church of Scotland
è la chiesa nazionale; in poche parole il dibattito verteva
sia sul rapporto tra Chiesa
protestante, altre denominazioni (principalmente la cattolica romana) e altre religioni
(Islam, in primo luogo), sia
sul problema della secol^izzazione ormai diffusissima
(un professore di religione
raccontava che il 96% dei
giovani scozzesi non ha assolutamente alcun rapporto con
il cristianesimo in generale); è
possibile che la religione sia
in qualche modo imposta a
studenti che non hanno nessun interesse al riguardo?
Altrettanto interessante è
stato il modo in cui si è affrontato il problema del rapporto tra chiesa, carcere e carcerati. Una commissione aveva preparato un documento
molto interessante sulla questione del crimine e delle pene, nel Regno Unito in generale e in Scozia in particolare,
sottolineando come il «tipo»
di criminale, al giorno d’oggi,
faccia principalmente parte di
tre gruppi sociali; i maschi
sotto i 25 anni, i disadattati e
gli impiegati (spesso coinvolti
in frodi e corruzioni). Quali
pene sono accettabili da parte
di una chiesa cristiana? Il carcere (che in Gran Bretagna è
solitamente sovraffollato e in
via di privatizzazione) è Tunica soluzione possibile? Che
funzione possono avere i pastori nelle carceri? E se si
esprime la propria solidarietà
cristiana ai carcerati, corne si
può esprimere solidarietà anche alle vittime dei criminali?
Un cappellano ricordava il
suo disagio nell’andare a trovare sia il ragazzo che aveva
assassinato un ventenne in
una rissa al bar, cercando di
aiutarlo a superare il suo crimine, sia la madre della vittima, che soffriva nel sapere
che l’assassino era in buone
condizioni in galera mentre
suo figlio era morto. Mantenere T equilibrio nel rapporto
con la vittima e con il colpevole non è facile, ma allo
stesso tempo non è una questione che possa essere elusa
in poche parole, magari condannando senza appello chi
infrange la legge o trovando
per lui delle giustificazioni
semplicistiche.
Altro argomento degno di
rilievo è stato il dibattito su
sessualità, matrimonio e omosessualità; il clima del dibattito era molto diverso da quello
a cui siamo abituati noi: la discussione, che partiva da due
documenti elaborati dalla
«commissione dogmatica», si
è svolta tra folle di giornalisti
spettatori (le maggiori testate
del Regno Unito) mentre
all’entrata dell’aula i membri
venivano accolti da gruppi
fondamentalisti contrapposti a
gruppi gay, che protestavano
le loro ragioni.
I due documenti sono realmente stimolanti per qualunque chiesa evangelica del
mondo occidentale; prendendo avvio da una serie di studi
biblici molto seri che pongono dei problemi non indifferenti quali il criterio con cui
guardiamo a brani biblici che
danno delle indicazioni morali, sviluppano il rapporto fra
etica biblica e mondo contemporaneo (pensiamo alle «liste
dei vizi» contenute in alcuni
brano neotestamentari come
Galati 5, 20-21, in cui il disordine sessuale è messo di fianco al disordine nella comunità
o alTalcolismo). Di fatto la
chiesa, indicando come peccato alcuni atteggiamenti e
non altri, fa già la sua scelta
di mettere in primo piano alcuni giudizi dell’apostolo
Paolo e di mettere in secondo
piano altri giudizi dello stesso
apostolo. Per affrontare il tema dell’omosessualità a partire dalla Scrittura si possono
usare argomenti simili: i giudizi biblici (tutti negativi, sia
nell’Antico come nel Nuovo
Testamento) su questo modo
di vivere la sessualità sono
«puri», oppure sono stati determinati anche dalla mentalità di chi le ha pronunciate?
Come guardiamo noi ai giudizi e alle proposte etiche che
vengono dalla tradizione
scritturale? Chi decide quali
parti della Bibbia sono da tenere e difendere sempre e comunque, e quali sono orqj;ai
state superate dai tempi? Chi
accetta alcuni aspetti negativi
dell’etica biblica (per esempio
quando essa condanna Tomosessualità), è poi disposto a tirare le conseguenze positive
della stessa etica, cioè a dare
la decima parte delle sue entrate alla chiesa?
4
PAG. 4 RIFORMA
— Vita
VENERDÌ 8
luguo■
Intervista con i «non pastori» nuovi eletti nel Comitato esecutivo delTUcebi Aosta: morte improvvisa del pastore
Un servizio comune per la testimonianza Roberto Romussi
Il Comitato esecutivo usci- — Ounli imnrpwinnl hni \ r. •_ . _ J_1 . I ^ t
Il Comitato esecutivo uscito dall’Assemblea è stato
rinnovato quasi totalmente:
solo il pastore Domenico
Tomasetto è rimasto, passando alla vicepresidenza.
Nuovi sono anche i tre membri «non pastori», che abbiamo intervistato.
Ernesto Chiarenzi
- A quale comunità appartieni? Da quanto tempo sei
attivo in ambito evangelico?
«Sono nato in famiglia mista, dove era convertita solo
mia madre; la mia conversione personale è avvenuta intorno ai vent’anni. La mia
esperienza di fede è poi maturata insieme ad altri giovani nella comunità di via Pinamonte a Milano che, in seguito al precisarsi del nostro
impegno, ci vide uscire dal
suo seno per fondare un’altra
comunità, subito accolta nelrUcebi. All’interno di questa
comunità, sempre in Milano
in via Iacopino da Tradate,
sono stato molto attivo, anche per il fatto che per circa
20 anni non abbiamo avuto
un pastore e siamo quindi
stati costretti ad autogestirci. Soltanto da un anno, su
nostra richiesta ci è stata assegnata una pastora. Lidia
Maggi, che opera anche per
la Chiesa battista di Bollate».
- Prima di questa elezione
nel Comitato esecutivo hai
ricoperto altre cariche negli
organismi dell’Ucebi?
«Ho una lunga esperienza
in questo tipo di servizio: negli anni ’80 ho contribuito insieme ad altri all’istituzione
della Commissione elezioni,
della quale ho poi fatto parte,
quindi per sei anni sono stato
nel collegio dei revisori e fino ad oggi ero inserito nel
collegio degli anziani».
- Questa tua lunga esperienza all’interno degli organi dell’Unione quale opinione
ha formato in te rispetto al
problema delle conflittualità
interne emerse nell’ultimo
biennio tra Ce da una parte e
dipartimenti dall’altra?
«In primo luogo voglio dire che personalmente non ho
mai pensato che il Ce sia stato accentratore; al contrario,
ritengo che questa sia stata
più un’impressione di parte, a
mio avviso non corrispondente alla realtà. Sono convinto che, anche se talvolta
possono crearsi contrapposizioni, un’opportuna opera di
mediazione (come quella attuata dal collegio degli anziani) può ricondurre tutti a lavorare armonicamente insieme per il raggiungimento degli obiettivi comuni».
Regala
«
un abbonamento
a
RIFORMA
Quali impressioni hai ri
cevuto dal clima instauratosi
nell’Assemblea in corso?
«Questa Assemblea ha visto finalmente instaurarsi un
dialogo e non uno scontro,
per la disponibilità all’ascolto
dimostrata da più parti. È stata superata quella dura contrapposizione tra posizioni
diverse che ha negativamente
contraddistinto qualche Assemblea passata e si è iniziato a capire che la pluralità di
opinioni è una premessa indispensabile per il dialogo, non
un tema su cui continuare a
discutere».
- Quale contributo pensi di
poter offrire al lavoro del
Comitato esecutivo ?
«Penso che il mio contributo personale sarà quello della
mediazione tra le diverse posizioni nella ricerca di quelle
soluzioni che devono andare
a tutto beneficio delle chiese.
Anche se non ho timore di
avere scontri e di difendere le
mie opinioni personali. Certo,
l’impegno richiesto in questo
servizio mi costringerà a rinunciare a molti fine settimana, ma non mi lamento».
Erica Naselli
- Vuoi presentarti brevemente per i lettori che non ti
conoscono?
«Sono nata a Grosseto nel
1959 e sono membro della
Chiesa battista di Chiavari,
città in cui lavoro come impiegata dell’Usl. Sono di famiglia evangelica da più generazioni: mio padre Aroldo
era pastore, a Grosseto prima
poi a Chiavari, ed è mancato
ancora giovane. Vivo attualmente con mio nonno materno, Paolo Sanfilippo, che con
i suoi 91 anni (ovviamente in
emeritazione) è il decano dei
pastori battisti in Italia».
- Hai già avuto qualche incarico di responsabilità nell’Ucebi?
«Più che nell’Unione sono
stata impegnata, e lo sono tuttora, in campo interdenominazionale. Ovviamente ho cominciato nella mia chiesa
(.scuola domenicale, giovani.
Consiglio di chiesa); nell’
Ucebi ero, fino a questa Assemblea, la presidente della
Commissione elezioni. Sono
stata presidente della Federazione ligure che comprende
le chiese battiste, luterane,
metodiste e valdesi della regione più la chiesa autonoma
di Finale Ligure. Da .sei anni
sono nel Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia».
- Che apporto particolare
pensi di poter dare nel Comitato esecutivo?
«Spero di poter dare un
buon contributo soprattutto
per quel che riguarda i rapporti con gli altri evangelici,
in particolare nelle relazioni
bmv dove vorrei che lo spirito
di collaborazione crescesse e
si approfondisse. Penso che
questa sia una strada che le
chiese battiste devono percorrere con maggiore impegno.
So che lavorare nel Ce
comporta sacrifici: praticamente ti giochi la maggior I
parte delle ferie, ma del resto
per me è così già da diversi
anni: ritengo che anche questo faccia parte della consacrazione della propria vita, da
viversi non come un peso ma
come una gioia».
- Quali sono, secondo te,
le cose più importanti emerse
da quest’Assemblea?
«A me pare molto positiva
la mozione conclusiva approvata dopo il dibattito sulla relazione del Comitato esecutivo: credo che ci si sia avviati
al superamento definitivo
delle contrapposizioni verso
una reale collaborazione all’interno deirUcebi. Il piano
di cooperazione, che è basilare per l’Unione, sta cominciando a dare i suoi frutti e
può e deve essere potenziato:
un grosso problema che l’Assemblea ha toccato e che dovrà essere risolto è quello
della mobilità dei pastori,
della disponibilità ai trasferimenti, per venire incontro alle chiese che sono senza cura
pastorale. Solo con la risistemazione delle sedi pastorali e
l’incremento del piano di
cooperazione potremo avviare un serio progetto di missione interna».
Avernino Di Croce
- Vuoi presentarti brevemente?
«Ho 48 anni, sono nato a
Gissi, in Abruzzo, da famiglia evangelica; sono sposato, ho tre figli e da molti anni
sono impegnato in politica.
Attualmente sono assessore
al Comune di Rivoli, vicino a
Torino».
- Che contributo pensi di
poter dare nell’ambito dell’Unione?
«Spero di mettere a disposizione dell’Unione il patrimonio di conoscenze acquisito nell’attività politica; un
impegno di testimonianza
evangelica deve entrare nel
merito dei problemi; le nostre
chiese devono essere attente
ai fatti sociali ed economici.
E nostro dovere fare una sostanziale opposizione nei
confronti di chi mortifica
l’opzione per i deboli e i
marginali, siamo contro chi
mortifica l’idea militante di
solidarietà. In Italia oggi predomina una destra liberista e
reazionaria, dobbiamo organizzare una re.sistenza etica e
politica».
- Come vedi i nostri progetti di diaconia ed evangelizzazione?
«E necessario manifestare
una scelta di campo, va elaborata una concezione economica che rispetti i deboli e
i marginali; manca nel protestantesimo italiano una
teologia che affronti i nodi
dell’economia».
- Diciamo piuttosto che
c 'è ma non ha sufficiente diffusione. ..
«Io penso che prima di tutto c’è una carenza di riflessione: certamente poi bisogna
trovare i canali affinché la
teologia si traduca in evangelizzazione e diaconia».
- Tu vivi nell’area torinese, ma provieni dall ’Abruzzo,
una regione meridionale...
«Le nostre chiese sono accomunate dall’identità battista. Nel Sud però le nostre
comunità si caratterizzano,
sono visibili, proprio perché
l’identità protestante risalta di
più: il protestante meridionale
in un certo senso è costretto a
distinguersi, ad essere diverso, per affermare la sua identità; nel Nord sei accettato come protestante, i fratelli meridionali, invece, devono conquistarsi questo diritto giorno
per giorno, e questo certamente non è sempre facile ma
ti rende più forte».
- Che ne pensi della missione interna che V Ucebi sta
varando?
«Innanzitutto una preghiera
fiduciosa che il Signore susciti vocazioni: l’obiettivo è
stimolare i pastori, i diaconi,
l’insieme delle nostre chiese
a pensare a una chiesa che
esca dai nostri edifici; voglio
dire che dobbiamo vivere la
testimonianza dell’evento
chiesa in mezzo a chi è escluso, a chi è emarginato, a
quanti soffrono ma la loro
sofferenza è calpestata dalle
dure leggi deH’economia: in
questa scelta ridiventiamo
chiesa. Un’altra strada ci porterebbe a un chiusura che sarebbe la nostra morte; noi invece vogliamo diventare
chiesa aprendoci al nostro
prossimo».
credente entusiasta
(liies
pai
(Interviste a cura di
Claudia Angeletti, Emmanuele
Paschetto, Mimmo Guaragua)
Aosta, 21 giugno. Oggi abbiamo accompagnato, dopo il
culto durante il quale è stato
dato l’annuncio della resurrezione, la salma del pastore
Roberto Romussi alla sua ultima dimora terrena. Un ictus,
che lo aveva colto nel pieno
del lavoro mentre partecipava
alla Conferenza distrettuale a
Vallecrosia, lo ha stroncato in
pochi giorni, durante i quali
ha manifestato sempre la sua
consueta serenità e una grande voglia di comunicare, finché gli è stato possibile.
La liturgia, guidata dal neopresidente del II distretto, pastore Benecchi, e la predicazione del pastore Miìaneschi
sono state seguite da un gran
numero di persone (evangelici e valdesi di Aosta, di Pinerolo, di Torino, ecc., cattolici
della città e soprattutto di St.Etienne) molte delle quali,
non potendo presenziare al
culto aH’interno del piccolo
tempio di via Croix de Ville,
hanno potuto seguirlo nel
cortile interno in cui era stato
installato un piccolo impianto
di amplificazione.
Alla fine del culto abbiamo
seguito con grande attenzione
tre testimonianze: quella del
vescovo di Aosta che ha inviato una fraterna lettera improntata a quello spirito ecumenico che è stata una delle
caratteristiche del ministerio
di Roberto Romussi
quella
del parroco di St.-Etienn^«
ìli
ii».®‘
D
CO!
ann, mtessuto un rappo?tol
fede intorno al collettivo kJ
bhco ecumenico; quella infi
ne, breve e cordiale, deU
store Etienne Muret del ,'
chiesa di Chamonix, seme
unita a Aosta e Martigny ^
mite il «Triangle de l’amitié,,
Il pa.store Romussi eramol
to stimato in città e in valle
d’Aosta per il suo impegno
entusiasta, per lo spirito ecu.
menico e per la sua umanità,
Tutti conoscevamo la sua vocazione che da impiegato lo
aveva portato alla predicazione e poi al pastorato. Da Cuneo, ancora impiegato, si recava la domenica a predicare
nelle Langhe; eccolo poi all’isola d’Elba, responsabile
della casa di Rio Marina e a
Forano Sabina, da cui parti
per venire a Aosta nel 1985,
La chiesa di Aosta e della
diaspora della Valle si è stretta attorno alla moglie Laura,
al figlio Alberto e agli altri
parenti, memore del messaggio che Roberto Romussi instancabilmente le rivolgeva:
il messaggio della speranza
nella Resurrezione. Ringraziamo i due pastori che hanno
guidato il culto e tutti coloro
che hanno voluto dare con la
iio.tfe
Ij Frani
hfodnll
(jiglion
asinate
1191'
(ilpiim
doveva
viverla,
dato ai
dalle fei
calima
non soli
loro presenza una testimonianza di fede e di affetto.
.'4
Festa per nove battesimi alla Chiesa battista di Napoli-via Fona
L^annuncio della fede si rinnova
Domenica 29 maggio la
chiesa battista di Napoli-via
Foria ha raccolto, commossa,
la testimonianza battesimale
di Damaris Baglio, Giuseppe
Barbati, Lello Bruno, Pa-olo
Capone, Deborah D’Auria,
Mina D’Auria, Nunzia D’Auria, Luca Manuppelli e Chiara
Pailadino. È stata veramente
una giornata indimenticabile.
Sin dai giorni precedenti si
era creata un’atmosfera di attesa quando molti della comunità si erano mobilitati per dare accoglienza ai tanti invitati
per l’occasione: sono stati rinfrescati i locali sottostanti, sono stati preparati lunghi tavoli
per l’agape, è stato risistemato il giardino, sono stati preparati dalla corale dei canti
coinvolgenti. L’attesa non è
andata delusa: sono venuti
davvero in tanti, forse 250
persone, molte delle quali
giovani amici dei battezzandi
che per la prima volta varcavano la soglia di una chiesa
evangelica.
La liturgia prevedeva il
momento delle testimonianze: ognuno dei catecumeni
aveva condiviso nell’ultimo
incontro di preparazione al
battesimo come ciascuno era
pervenuto alla fede e un breve resoconto di questi singolari racconti è stato stampato
sul foglio della liturgia distribuito poi a tutti i presenti al
culto battesimale. Ciascuno,
poi, aveva scelto un piccolo
oggetto quale simbolo del
proprio desiderio di consacrazione a Dio, e questi sono stati sistemati in un cesto davanti al tavolo della Cena del Signore e al momento opportuno illustrati a tutti. Una chitarra, come impegno di donare al Signore il proprio talento per la musica, una foto con
due mani intrecciate segno di
voler vivere offrendo agli al
La comunità di via Foria
tri il calore dell’amicizia, dei
libri, per intendere l’utilizzo
dei propri studi al servizio del
Signore, una giovane piantina
che chiede di crescere per dare sempre gloria a Dio, una
spiga i cui piccoli semi parlavano di una fede che vuole
germogliare e rimanere stabile per tutta la vita, un orologio, simbolo del maggior
tempo che si intende dedicare
al Signore, alcuni frutti per
esprimere la preghiera di portare a Dio dei frutti in vista
del suo Regno e infine un
quaderno bianco col desiderio
che sia il Signore stesso a
scrivere di sua mano la sua
volontà per la vita di colui
che l’ha offerto.
Segni, preghiere, che sono
state offerte insieme
pria confessione di if
commossa e sincera pr"i^
dell’ immersione nelle acqu
battesimali. Il testo sulle )'
cende del profeta Eliseo di
Re 4, 8-37 e Tinvito a nseo
vare nella propria vita «u
stanza» per il Signore, a
miglianza della shunami'
dell’antica storia
dato a tutto l’incontro i
pore della testimonianza <
fede a fede» e
sempre rinnovato della g
zia e dell’amore di Dio
PROTESTANTESIMO IN TV
Domenica 17 luglio ore 23,30 circo - Raidue
Replica: lunedì 25 luglio ore 9,30 circa - Raidue
Attualità evangelica
in questo numero:
• Marcia per Gesù - Napoli 25 giugno «Un giorno per cambiare il mun ®
ri protestanti europei a confronto
• Evangelizzazione in xml di Susa
• Protagonisti della Riforma: Pier Martire Vermigli ___
tenberi
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Chiesa
valdese di Guglionesi
limolo F. Carunchìo
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HO ereditato da mio
padre la fierezza di
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non come svantaggio
arricchimento». Chi
- è Francesco Carun
a Feria
ova
j,iD trentenne, figlio di Pao
Sanklin Carunchio memL della Chiesa valdese di
JJlionesi (Cb) deceduto di
Franklin Carunchio
^nato nel paese molisano
Lna famiglia evangelica,
J1917. Il padre, tipografo
Lrimo nel basso Molise),
oveva essere un uomo che
j^va la libertà e cercava di
viverla. Un segno era il nome
dato ai figli, non imposto
daEe ferree tradizioni patriarcali ma programma di vita:
lon solo Paolo Franklin, ma
anche Pietro Stephenson Gutenberg! I figli, insieme a
deOe sorelle, impararono, innanàtutto, la libertà nella loro casa dove si tenevano le
riunioni evangeliche. Poi, in
nnasala in affitto, uno predicava e l’altro accompagnava
gliinni all’armonium. Quando Stephenson non poteva
predicare, Franklin lo sostituiva sul pulpito.
Anche se i Carunchio, insieme ad altri, facevano parte
di una minoranza «eretica»,
in paese non mancava loro il
rispetto. Comunque non si
sono mai sentiti delle vittime
e tenevano stretta la loro fede
con dignità e fermezza.
La bufera bellica portò
Franklin sul fronte d’Albania
e, dopo avventurose e tristi
vicende, prigioniero dei tedesebi; dal campo nel quale era
rinchiuso (lavorava in una
mieta di cromo), riuscì a
scappare unendosi in Jugo
slavia ai partigiani del maresciallo Tito. Ritornato in Italia formò la sua famiglia e
assunse la responsabilità della piccola azienda paterna: fu
il primo a Guglionesi ad automatizzare i macchinari. Accanto a questa valorizzazione
della professione riprese anche la predicazione della Parola con una certa continuità,
alternandosi ai pastori che
venivano da fuori. Nel ’79,
con l’integrazione tra la
Chiesa valdese e quella metodista, entrò nel ruolo dei predicatori locali: fino a qualche
anno fa si alternava ancora,
oltre a suonare l’armonium,
con un giovane predicatore
locale e con lo scrivente nella
conduzione dei culti; poi la
salute malferma lo costrinse
quasi a sospendere tale attività anche se il desiderio rimaneva sempre molto forte.
Era presidente del nostro
Consiglio di chiesa.
Che cosa è che «vale» nella vita di questo nostro fratello? La fiducia in quel Signore che lo guidava attraverso
l’intricata vicenda umana,
come ebbe a scrivere alla
chiesa, pochi giorni prima
della morte: «Non ti nascondo che ho molta nostalgia di
voi tutti e non vedo l’ora di
ritrovarmi in comunità per
lodare e magnificare il nostro
Signore, il quale sembra dirmi “le mie vie non sono le
tue vie e i miei pensieri non
sono i tuoi pensieri”. Mi dia
lui la forza per superare questa distretta».
Paolo Franklin Carunchio
ha lasciato questa testimonianza al suoi figli. Michele e
Francesco, a tutti quelli che
ramavano, e a noi che come
lui cerchiamo di capire le
«vie» e i «pensieri» di Dio.
Chiese vanesi della vai Germanasca
Lo spopolamento
riduce la attività
di colui
nionio*
LILIANA VIGLIELMO
LO spopolamento della vai
fiermanasca che riduce
Ulcero delle persone di^iinibili a lavorare nelle
®ese e una mancanza di ri'^bio soprattutto nell’atti2*^jtelle scuole domenicali
dato alla discussione
si è svolta nell’assemblea
®13° circuito, a Pomaretto,
Ila nota di comprensibile
l’inoccupazione.
Non si sa più su chi contare
Pnt un lavoro seguito con i
ambini (Pomaretto), i pochi
onitori che si trovano sono
Spegnati un po’ in tutte le
^v«à (Ferrerò e Villasecca);
cb nronitori sembra ansint * Parlare a vuoto, nel diift a s®e più o meno marcai “nrie famiglie. Sarà utile
ontrarsi e discutere di que®®fricoltà? Sperando di sì.
Circuito organizzerà nel
gennaio dell’anno
ssiijjQ un incontro tra i
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gli interessati,
le corali delle varie
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- Vita
Chiesa battista di Torino-via Rassalacqua i La coerenza della testimonianza
Quattro battesimi Niso De Michelis
RIFORMA
EDOUARD KIBONGUI
A volte si esce dal culto
domenicale senza avere
sentito battere il cuore in modo particolare ma quesjo non
si può certo dire del culto battesimale di domenica 12 giugno nella chiesa battista di via
Passalacqua a Torino. Avere
quattro battesimi nella stessa
giornata, e ricevere due nuovi
membri nella comunità, non è
certo cosa abituale.
Quale emozione sentire la
gioia con cui Antonella Bongiovanni, Francesca Jolanda
Bongiovanni, Adèle Sian e
Cristopher Adebobola Oba
hanno testimoniato la loro volontà di fare di Gesù il loro
salvatore e sentire la comunità
cantare dopo ogni battesimo il
ritornello «sii fedele fino alla
morte e la corona di vita ti
darò». È certamente meraviglioso, viste le prove che hanno dovuto superare, il percorso che ha portato le sorelle
Bongiovanni al battesimo insieme ma che dire di Adèle
Sian, proveniente dalla Costa
d’Avorio e di Cristopher Adebobola Oba, della Nigeria,
due stranieri in Italia, che
hanno chiesto di condividere
la comunione con gli italiani e
versa preparazione ed esperienza. Anche in questo caso,
prevedendo che non mancheranno ancora richieste di esecuzioni, si è deciso di organizzare un incontro di programmazione all’inizio delle
attività. Come per i monitori,
la speranza è che ci siano
nuovi apporti, perché lo scoraggiamento è inevitabile
quando si è sempre in pochi.
Oltre alle normali attività di
chiesa, altre iniziative richiedono presenza e impegno:
una di queste è la sala nell’ex
Convitto dove sono esposti i
modellini creati da Carlo e
Enrichetta Ferrerò, che illustrano i lavori manuali di un
tempo. Un’esposizione veramente preziosa, che però richiede di essere tenuta in ordine ed esposta al pubblico.
Anche se è maggiormente interessata la comunità di Pomaretto, tutti sono invitati a
dare una mano per valorizzare un’opportunità di contatti
culturali con i visitatori.
Sempre a Pomaretto esiste
l’edificio conosciuto come
Scuola latina, che va lentamente deteriorandosi, dopo
essere stato a servizio di tutta
la popolazione della valle nel
campo educativo. È possibile
utilizzarlo ancora per scopi
socialmente utili, oppure si
dovrà ipotizzarne la vendita?
È anche questo un gran punto
interrogativo che le chiese del
circuito si trovano davanti.
di far parte della comunità
battista italiana? Due fratelli
in Cristo con culture e tradizioni diverse.
Le chiese italiane sono forse pronte a recepire le diversità portate da questi fratelli e
sorelle venuti da lontano? La
presenza degli stranieri nelle
chiese evangeliche italiane
può essere una grande benedizione ma può anche essere
una grande occasione persa:
dipenderà dalla capacità di
apertura della chiesa, perché
accogliere i fratelli venuti da
lontano può dover significare
la rinuncia a qualche nostro
modo di fare e vedere il mondo, ma forse ne vale la pena.
Forse in questa domenica il
pastore Franco Casanova ha
voluto farci proprio capire
questo, quando ha fatto fare ai
Lo Monaco, padre e figlio, la
presentazione dei battezzandi
e la lettura dei versetti biblici
a ciascuno di loro dedicati, e
ha fatto gestire a Walter Chavez (Perù) e altri immigrati la
Santa Cena, creando anche
uno spazio musicale che ci ha
permesso di ascoltare le meravigliose note che uscivano dal
sassofono di Blaise King, camerunese, in una sua improvvisazione.
CLAUDIO CERVI
C
Chiesa battista di via Passalacqua: durante il culto battesimale
Chiese battiste di Ariccia e Slovacchia
Gemellaggio inatteso
BRUNO COLOMBU
Domenica 29 maggio abbiamo vissuto una giornata particolarmente felice:
erano invitati nella nostra comunità due pastori e uno studente in teologia provenienti dal convegno europeo che
si stava svolgendo al Centro
di Santa Severa, Alexander
Barkoci della Chiesa battista
di Komarno (Slovacchia), Dalibor Smolnik, slovacco studente in teologia, e Finn Basnov, pastore della Chiesa
battista di Praest.
Il sermone è stato tenuto dal
giovane studente in teologia,
Smolnik; i nostri ospiti sono
rimasti a pranzo con tutta la
comunità ed abbiamo colto
l’occasione per conoscerci un
po’ più profondamente, oltre i
soliti fraterni convenevoli.
Dopo l’agape fraterna il nostro pastore ha esposto la breve e difficile storia della comunità ariccina: anche i nostri
fratelli ci hanno parlato delle
loro comunità, delle difficoltà
che incontrano nell’opera di
evangelizzazione, dei gravi
problemi economici e politici
della Slovacchia ma anche
della situazione della Danimarca, una situazione completamente diversa, almeno
dal punto di vista politico ed
economico. Quello che ci ha
interessato particolarmente è
stato il metodo usato attualmente per r evangelizzazione
della chiesa di Komarno e abbiamo scoperto un’affinità,
non tanto sul piano dell’impegno evangelistico che anche
noi stiamo intraprendendo,
quanto sui metodi che il nostro pastore ci sta proponendo
per sbloccare la nostra difficile situazione nell’evangelizzazione nel contesto di una cittadina in cui vige la cultura
cattolica fortemente tradizionalista e conservatrice, fatta
di forme di religiosità che non
esitiamo a definire di puro
stampo paganeggiante e dove,
periodicamente, i nostri sforzi
per la ricerca e l’attuazione di
un sano ecumenismo vengono
vanificati. Anche il pastore
Basnov ci ha parlato della comunità in cui svolge il suo
ministero: abbiamo sentito un
forte rapporto nella comune
fede in Cristo, un comune impegno nell’annunzio del Vangelo alle donne e agli uomini
e tanti altri elementi comuni
che ci uniscono più di quanto
avessimo mai pensato prima.
Ci siamo sentiti uniti in una
vera comunione, in un comune impegno, in una responsabilità forte nell’annunzio di
Gesù Cristo come Signore e
Salvatore e, su proposta di un
fratello della nostra comunità,
abbiamo deciso di creare un
gemellaggio tra le nostre tre
comunità.
La Chiesa battista di Ariccia non era gemellata con alcuna chiesa; ora possiamo dire, con gioia, che la nostra
comunità è gemellata con le
chiese battiste di Komarno e
di Praest. Ora speriamo di
poter andare presto a Komarno e a Praest e stringere più
solidi rapporti fraterni e
scambi di visite.
La Chiesa metodista di
Milano piange la perdita
del caro fratello e amico Niso
De Michelis, avvenuta il 25
giugno. Una perdita grave
non solo per la comunità ma
anche per il metodismo italiano per quanto Niso De Michelis, il Niso, come lo chiamavano semplicemente tutti
coloro che gli volevano bene
con una familiarità che cedeva solo alla stima e all’affetto,
ha rappresentato nella sua storia. Ricordarlo non significa
cedere ai sentimenti, molto
belli ma non sempre durevoli,
ma riaffermare che cosa significa per un laico metodista dare una testimonianza concreta.
Niso, nel corso della sua
lunga esistenza, si è impegnato per la chiesa con intelligenza e generosità; non è facile ricordare tutti i momenti
che lo hanno visto protagonista, ma ricordiamo che erano
sempre momenti alti e di
grande fervore cristiano. Niso
sapeva scegliere il meglio sia
se gli venivano affidate iniziative di carattere culturale
(raccolta e stampa delle meditazioni di Giovanni Ferretti,
servizi sulla stampa evangelica, studi e dibattiti su temi di
particolare rilievo per il mondo protestante, la rassegna
della stampa italiana che in
qualche misura potesse interessare la nostra realtà evangelica e che dedicava settimanalmente alla comunità di
Milano) come pure consulenze nel campo economico e finanziario dove prestava la
sua qualificata competenza.
La sua assidua partecipazione
alle conferenze metodiste,
spesso come componente di
commissioni economiche, ha
dato in passato positivi indirizzi per la conduzione della
Chiesa metodista.
La realizzazione del complesso immobiliare di via
Porro Lambertenghi a Milano, che contempera le esigenze di culto e di attività sociale
della comunità con le pressanti necessità deU’opera metodista in Italia, ha visto Niso
De Michelis impegnato con
intelligenza e capacità nella
positiva realizzazione di questo impegnativo progetto. Per
decenni è stato membro del
Consiglio di chiesa della comunità di via Correnti e quindi, per un breve periodo, in
quello di via Porro Lambertenghi. Anche dopo la sua
uscita dal Consiglio di chiesa
Niso è sempre stato un punto
di riferimento per la comunità, un fratello su cui si poteva sempre contare; i suoi consigli sono stati per la comu
mtà un dono prezioso. La sua
partecipazione ai problemi
della chiesa è sempre stata
ricca di contenuti, le sue analisi acute andavano al fondo
del problema. Il suo equilibrio gli impediva di andare
allo scontro, il suo dissenso si
esprimeva con battute argute
di cui era maestro e la fraternità non veniva mai meno.
La sua assidua presenza ai
culti è continuata fino a poche settimane prima della
scomparsa, sempre in prima
fila nel sostenere iniziative
evangeliche come pure ogni
qual volta la comunità si trovava in difficoltà. Un itinerario lungo e impegnativo che
solo una fede autentica poteva sostenere senza mai deflettere con una visione ottimistica della vita, allegro nella
speranza potendo contare sulla fedeltà del suo Signore.
In questo momento di vuoto
e di dolore per la perdita di
Niso a pochi mesi di distanza
da un’altra grave perdita,
quella del carissimo amico
fraterno Sergio De Ambrosi,
per la comunità di Milano si
presenta un impegnativo quesito. Che cosa si è disposti a
fare per continuare e consolidare il lavoro che pastori e
laici hanno prestato con la
predicazione, la testimonianza
e lo spirito di servizio? Non
basta ringraziare il Signore
per il dono che ci ha fatto. Fin
qui il Signore ci ha aiutati ma
il cammino è ancora lungo e
si fa sempre più difficile.
La strada è quella indicata
da Niso De Michelis. Quel
che conta è una testimonianza
concreta sempre sostenuta da
queir ottimismo che solo un
credente che confida nel Signore può avere: Niso lo ha
sempre avuto e con questo
spirito ha formato la sua vita,
ma la sua lezione non finisce
qui: in questi ultimi mesi in
cui le forze lentamente cedevano, egli era pronto all’incontro con il suo Signore. E
in questo momento di dolore
e di sgomento che Niso dice
di stare di buon airimo: Gesù
ha vinto la morte.
Questa serenità e fiducia ha
testimoniato in questi giorni
la sua famiglia. Un bellissimo
esempio di una lunga vita vissuta nell’armonia degli affetti
e nella stima reciproca. La
comunità si congeda solo fisicamente da Niso, ricordando
le parole di Apocalisse 14,13:
«Beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore.
Sì, dice lo Spirito, essendo
che si riposano dalle loro fatiche, poiché le loro opere li
seguono». Il Signore aiuti la
comunità a continuare il suo
lavoro.
RONACHE
POMARETTO — Domenica 26 giugno erano presenti al culto il fratello Aldo Chambon e la signora Vittorina. Benché
membri della chiesa di Villar Perosa hanno voluto celebrare
i loro 50 anni di matrimonio nella stessa chiesa che li ha
uniti all’epoca. A loro vanno gli auguri della comunità tutta.
BOBBIO PELLICE — È nato Stefano Poèt, primogenito di
Marco e di Renata Negrin. Ci rallegriamo nel Signore per la
costituzione di questa nuova famiglia. Sia la parola del Signore l’unico punto di riferimento per il processo dell’educazione dei figli alla fede.
SAN SECONDO — Ringraziamo i predicatori locali Rino
Cardon e Attilio Fornerone, il gruppo Fgei di Pìnerolo e il
pastore Ruben Vinti, che hanno predicato in queste ultime
settimane in assenza della candidata Costabel.
• Rivolgiamo molti auguri per una vita benedetta dal Signore a Marco GardioI delle Conche e a Cristina Ciardosin
di Villar Perosa, che si sono uniti in matrimonio il 4 giugno
nel tempio di Prarostino.
ZURIGO — Parteciperanno al Sinodo delle Chiese valdesi e
metodiste che si terrà a Torre Pellice dal 21 al 26 agosto il
pastore Emidio Campi e il deputato Maurice Bodmer.
6
PAG. 6 RIFORMA
— All’Ascolto Della Pa
VENERDÌ 8 11 ir'i
E FACILE 0 DIFFICILE
CONOSCERE DIO?
VALDO BENECCHI
Non tenterò di costruire
un discorso complessivo su Dio, non mi sforzerò di
esporre delle argomentazioni
per dimostrare che Dio c’è:
oltre che una cosa noiosa per
voi, sarebbe un tentativo impossibile dal punto di vista
biblico. La Bibbia non alimenta le nostre fantasie religiose, né fornisce spunti per
le nostre speculazioni filosofiche, ma ci parla di un Signore vivente, in azione; non
ci descrive Dio, ma ciò che
fa. Prenderò, invece, alcuni
spunti da I Corinzi 8, 1-6.
Si può conoscere Dio? Certo, rispondono gli gnostici di
Corinto. Gnosi significa appunto conoscenza: questa
corrente religiosa che raccoglie molti proseliti, anche fra
i membri della chiesa, sostiene che grazie ad una illuminazione interiore, percorrendo certi itinerari spirituali
quali l’ascesi, la meditazione,
la preghiera, il nostro spirito
più giungere a conoscere
Dio. Più riesco ad elevarmi
pietà, con la nostra cultura,
con la nostra spiritualità, insomma con i nostri mezzi anche i più elevati, possiamo al
massimo costruire un’immagine deformata di Dio, cioè
un idolo. Un duro colpo per
le nostre ambizioni.
Il rischio dell'idolatria
Questi nostri idoli talvolta
sono di facile individuazione, altre volte meno: sanno presentarsi sotto mentite
spoglie. A cose, ideologie,
beni, successo, mercato, produzione, potere, nazionalismo, paura, superstizione, attribuiamo in qualche modo
un valore sacro, un valore
salvifico e sul loro altare non
esitiamo a sacrificare affetti,
rapporti, amore.
«L’idolo non è nulla al
mondo» (v. 4). Nulla, impotente a salvarci, nebbia: idoli
illusori e inerti su cui dobbiamo esercitare la spregiudicata
e libera ironia della fede: un
dio che dorme o che è in solitaria meditazione (I Re 18,
«Quanto alle carni sacrificate agli idoli,
noi sappiamo che tutti abbiamo conoscenza.
La conoscenza gonfia, ma l’amore edifica.
Se qualcuno pensa di conoscere qualcosa,
non sa ancora come si deve conoscere; ma
se qualcuno ama Dio, è conosciuto da lui.
Quanto dunque al mangiar carni sacrificate
agli idoli, noi sappiamo che l’idolo non è
nulla nel mondo, e che non c’è che un Dio
solo. Poiché, sebbene vi siano cosiddetti dèi,
sia in cielo sia in terra, come infatti ci sono
molti dèi e signori, tuttavia, per noi c’è un
Dio solo, il Padre, dal quale sono tutte le cose e anche noi per la sua gloria, e un solo
Signore, Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale anche
noi siamo»
(I Corinzi 8, 1-6)
spiritualmente e più riesco a
delineare i connotati di Dio;
più riesco a investire le mie
risorse spirituali e più riesco
a conoscere la natura di Dio;
conosco tutto su Dio, il problema della salvezza è risolto: ho raggiunto certezze incrollabili.
È possibile
conoscere Dio?
CJ è chi sostiene che si
può giungere a conoscere Dio seguendo altri percorsi: contemplando le stelle,
i fiori della campagna, i mari,
ecc. C’è chi sostiene che si
può conoscere Dio sviluppando complesse argomentazioni filosofiche e religiose:
potremmo continuare a descrivere altri meccanismi che
mettiamo in movimento per
raggiungere quel fine. Sorpresa! Secondo Paolo e, prima di lui, secondo i profeti,
dopo aver dato fondo ad ogni
nostra capacità investigativa,
a un certo momento ci ritroviamo in mano solo degli
idoli inerti e impotenti: .scopriamo che con la nostra
27); un dio la cui immagine
per metà costituisce un oggetto sacro davanti al quale ci
si prostra, per l’altra metà costitui.sce un utile combustibile per cuocere l’arrosto o per
riscaldarci (Isaia 44, 9 ss.).
Idoli impotenti a salvarci e
anzi nocivi: se fossero soltanto delle zavorre innocue faremmo presto a liberarcene.
A un certo momento Paolo
irrompe in quell’ambiente
idolatrico con questa bella e
vigorosa confessione di fede:
«Non c ’è alcun Dio fuori di
uno solo» (v. 4). Così Isaia
aveva confessato la propria
fede: «Io, io sono l'Eterno e
fuori di me non v’è salvatore» (Isaia 43, 11). Sembra il
grido di vittoria di chi si sente finalmente libero, di chi
scopre che la vita propria e
dei propri figli non dipende
dalla borsa, dal mercato ma
che non è neppure sospesa
nel vuoto perché è profondamente ancorata nell’amore di
Dio: è saldamente nelle mani
di Dio.
Allora la nostra fede è
chiamata in ogni momento a
e.sercitarsi nella critica demo
litrice in vista della destituzione degli dei. Nessuna sudditanza, nessuna concessione
alle loro seduzioni; nessun
cedimento alle loro lusinghe,
la fede nel Signore e la sconfessione degli idoli vanno di
pari passo. La fede, come è
stato detto, è iconoclasta.
Quando la fede avanza deve iniziare il crepuscolo degli
dei, la relativizzazione dei valori della vita, la sconsacrazione dei miti, delle ideologie, delle religioni, dei santuari, dei salvatori, degli uomini della provvidenza che
nella storia ogni tanto tornano ad affacciarsi con conseguenze funeste. Attenzione
perché l’idolatria può assumere la forma di insospettate
e sofisticate suggestioni teologiche. «Non c’è Dio fuori
di uno solo».
Vi è un solo Dio
In mezzo a questo ecumenismo religioso mondiale
che sta dilagando (un novello gnosticismo?) e che si traduce nel tentativo di trapiantare in Gesù requisiti e valori
non biblici, che cerca di allargare, di dilatare il Gesù
degli Evangeli visto come
ostacolo al dialogo con le altre religioni o alla nostra ricerca di risposte a certe sfide
del nostro tempo, che tenta di
inquadrare Gesù in un contesto più ampio trovandogli, di
fatto, una sistemazione, anche se di rilievo, in una fitta
selva di idoli, dovremmo fare
irruzione con quella confessione di Paolo: «Non c’è Dio
fuori di uno solo».
Ne abbiamo il coraggio? E
Paolo non si limita a una affermazione generica ma continua: «Per noi c’è un Dio
solo, il Padre, dal quale sono
tutte le cose, e noi per la gloria sua, e un solo Signore,
Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose, e mediante il quale siamo noi» (v.
6). Ora tentiamo di dare una
risposta alla domanda iniziale: possiamo conoscere Dio?
«Se alcuno si pensa di conoscere qualcosa, egli non conosce ancora come si deve
conoscere: ma se alcuno ama
Dio, esso è conosciuto da
lui» (v. 2).
È facile 0 difficile
conoscere Dio?
Anche qui un’altra so^resa per le nostre ambizioni e per la nostra arroganza
spirituale: con i nostri mezzi
noi non arriviamo a conoscere Dio, ma è lui che ci incontra e ci conosce; lo conosciamo quando siamo da lui conosciuti. Il soggetto del conoscere non siamo noi, ma Dio:
è lui che prende l’iniziativa di
entrare in intimità con me, di
iniziare con me una storia di
amore e di comunione; è lui
che prende l’iniziativa di avviare con me un’avventura di
libertà. Mi raggiunge con il
suo amore, come sono e dove
sono, mi strappa al mio isolamento, alla mia emarginazione, ma anche alla mia autosufficienza. Un amore che
non mi aliena come persona,
come fanno gli idoli, ma che
la rende più ricco; mi strappa
alla paura e pianta ben in
profondità nella mia vita il
seme della speranza e della
vita nuova. Mentre gli idoli
sono cinici e distaccati, Dio
patisce per noi, il suo cuore
batte per noi; questo evento si
riassume nella persona e
nell’opera del Signore Gesù
Cristo, nel Gesù degli Evangeli e non in un altro.
Conoscere Dio è facile
Sì, credere in Dio, conoscere Dio è dunque facile: conosciamo Dio quando
lui ci conosce. È facile e
umano anche perché è alla
portata di tutti: è alla portata
della gente colta ma anche
della gente semplice, è alla
portata delle menti speculative, ma anche delle menti pratiche, dei cosiddetti «normali», ma anche dei cosiddetti
«diversi», anche se molte lettere a Riforma sembrano sollevare dei dubbi o escludere
questa opportunità...
E facile e umano perché è
iniziativa di Dio. «lo non ti
cercherei se tu non mi avessi
trovato», soleva ripetere
Sant’Agostino: conosciamo
Dio nella misura in cui ci lasciamo conoscere da lui, ci
lasciamo raggiungere, accogliamo la sua tenera dichiarazione d’amore, rispondiamo
con gioia all’offerta della sua
comunione. Conoscere Dio è
facile.
Il Dio di Gesù Cristo
Come è diverso il Dio di
Gesù Cristo dagli idoli!
Il Dio di Gesù Cristo non ci
sacrifica a sé, alle proprie esigenze, non ci vuole forti, intelligenti, belli, non ci immola sull’altare della propria sacralità ma si dona fino in fondo alla nostra umanità perché
essa possa vivere una vita veramente nuova. E il Dio per
noi al punto che «annichilì se
stesso, prendendo forma di
.servo e divenendo simile agli
uomini» (Filippesi 2, 7).
A un certo punto nel nostro
brano Paolo esprime questa
sua esperienza di fede con
l’invocazione: Padre. Come
Gesù, con Gesù. Padre: l’essere da Dio conosciuti ci restituisce pienamente la nostra
dignità di suoi figli e ci asso
cia al suo progetto di amore.
Questa partecipazione ci impegna in primo luogo a profanare 1 santuari dove gli idoli vengono incensati e adorati, ci impegna a rendere inoffensivi gli idoli, ma soprattutto ci impegna a edificare
nell’amore perché solo l’amore può essere il tessuto costitutivo di una società veramente nuova.
Amore: rispetto, incontro,
dialogo, libertà, verità, comunione, fiducia, sollecitudine,
dono, condivisione, perdono,
dignità, accoglienza, pace. E
l’elenco non si esaurisce qui,
è puramente indicativo del tipo di materiali utili per mettere le fondamenta di una nuova umanità: materiali che gli
dei, gli idoli mandano alla de
molizione o svendono perclri
in realtà, rappresentano um
costante minaccia nei con- |
fronti del loro progetto che è,
come sempre, cinico e calcolatore, anche se travestito da
macchina del benessere, della
felicità, del successo. E pensare che molti credenti contribuiscono a lubrificare questa
macchina piuttosto che cercare di farla inceppare... L’amore è il frutto sociale della conoscenza di Dio, il Padre.
E facile conoscere Dio? Sì,
è facile perché si tratta semplicemente di accogliere un
dono per viverne, si tratta
semplicemente di lasciarci
trovare e fecondare con il
suo amore che ci dischiude
davanti un futuro di libertà e
di pace.
Padre nostro, siamo tanti, ma siamo soli. Viviamo, viaggiamo, lavoriamo, preghiamo insieme, ma non comunichiamo fra di noi, non ci conosciamo, Moltitudini di dei e di idoli cercano
di sedurci, ma se cediamo ci sentiamo ingannali
e affondati in nuove schiavitù. Usiamo molto la
parola amore, ma poi nei nostri rapporti prevale il calcolo e il cinismo perché non sappiamo,
in realtà, che cosa sia l’amore. Signore, che cosa ci sta succedendo?
Aiutaci a farci fecondare dal tuo amore. Semina, o Dio, nel nostro cuore la capacità di amare, di commuoverci, di piangere, di usare tenerezza, di provare la gioia di fare delle cose per
gli altri. Aiutaci a non rinunciare ai nostri sogni.
Se tu ci conosci, noi ti conosciamo; se tu ci
conosci, noi ci conosciamo; se tu ci conosci, noi
conosciamo gli altri. Continua ad essere il
stro Signore. Nel nome di Gesù Cristo.
Amen
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mancato recapito rispedire a:
postale 10066 - Torre Pellice
^ore si impegna a corrispondere
Ì#»o
Fondato nel 1848
di resa
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Da Villanova al Pra
Il vecchio sentiero
dei contrabbandieri
,.** r
Se ne era parlato fin da quando il progetto di pista agroFgilvo-pastorale per il Pra era stato approvato; se si farà la
*ltrada, ripristineremo il vecchio sentiero nell’Inverso della
j valle del Pellice dal Pra a Villanova. La pista è stata aperta;
tiperto non tutti possono percorrerla in auto ma è sufficiente
Bavere alla conca un appezzamento di terreno o una casa, pur
t^non essendo agricoltori, per transitarvi; poi ci sono le «navette» e anche gli amanti delle mountain-bike che a volte in
liscesa diventano quasi più pericolose di un mezzo motorizzato... Ecco che l’idea di riaprire il «sentiero dei
licontrabbandieri», per chi vuole salire al Pra rigorosamente a
spiedi e senza rischio di incontrare veicoli di alcun genere,
(ha ripreso vigore e si è concretizzata: grazie all’impegno di
auinerosi volontari, soprattutto del Cai, che nelle scorse setnane hanno lavorato sodo per ripulire la zona da una veetazione divenuta esagerata, l’accesso alla conca per gli
nanti delle passeggiate è ora una realtà.
FI 1 A
aIa.
venerdì 8 LUGLIO 1994
Nel ’91 i lavoratori occupati (nella provincia di
Torino) che non avevano la
licenza della scuola dell’obbligo erano il 22%. I dati (per
l’inizio del ’94) sulla situazione scolastica dei disoccupati nel Pinerolese ci dicono
che sono quasi il 15% i soggetti in cerca di occupazione
che non hanno raggiunto la
licenza media. A loro, ma
non solo, sono indirizzati i
corsi di scuola media per
adulti delle 150 ore organizzati dal distretto scolastico di
Pinerolo; finora sono solo 5
gli iscritti, e questo conferma
la tendenza già in atto anche
negli anni passati quando il
numero degli iscritti si era
andato sempre più riducendo
arrivando alla sezione unica
ANNO 130 - N. 27
ISCRIZIONI IN CALO
150 ORE
LIRE 1300
DAVIDE ROSSO
dell’anno scorso. Tra gli
iscritti vi erano (e vi sono)
disoccupati, persone in mobilità, casalinghe ecc., persone
che per motivi di lavoro hanno l’esigenza di conseguire la
licenza media.
Come spiegare questa tendenza in negativo delle iscrizioni? Una spiegazione potrebbe essere semplicemente
l’aumento di persone che le
scuole dell’obbligo le hanno
comunque finite e che quindi
ci si troverebbe di fronte a un
calo naturale della richiesta,
ma un altra spiegazione che
sembra emergere è invece il
calo di interesse nel titolo puro e semplice. Sembra esserci
invece più interesse verso tipi
di corsi che diano in qualche
modo un orientamento di tipo
professionale, cosa che appare sentita anche dai lavoratori
in mobilità. Questa esigenza
sembra essere stata recepita
da parte di chi organizza i
corsi delle «150 ore» e sono
infatti previsti quest’anno, a
fianco dei corsi tradizionali,
corsi speciali di orientamento
professionale con finanziamenti della Comunità europea, anche se è da notare la
non eccessiva pubblicizzazione delTiniziativa.
In un momento in cui l’importanza della formazione
professionale sta diventando
sempre maggiore, ma in cui
anche la ricerca del posto di
lavoro sembra diventare sempre più un rebus, appare importante che vengano dati
strumenti di orientamento
professionale alle persone affinché possano servirsene
nella ricerca del lavoro
ìli. Viinsieci co
iTcono
annoti
olio lo
prevoìiomo,
heco
Semiarnotenesepcf
fri soni ci
:i, noi
Uno
Amen
Luserna
Nuova crisi
nuovo accordo
0 elezioni?
Ennesima crisi al Comune
di Luserna San Giovanni. Un
po’ a sorpresa la giunta si è
trovata senza appoggio nel
corso del Consiglio comunale
convocato per mercoledì scorso quando, praticamente in
apertura di seduta, l’assessore
Danilo Colomba ha comunicato che insieme alla collega
Maria Grazia Marinaro avrebbe dato vita ad un gruppo
consiliare del Centro cristiano
democratico uscendo dalla
maggioranza.
Il Consiglio era convocato
per discutere di un lungo ordine del giorno ricco di argomenti abbastanza tecnici
(molti regolamenti da approvare) e il consigliere verde
Gardiol proponeva di andare
avanti sull’esame dei punti in
discussione salvo poi tornare
sulle dimissioni. Così accadeva, ma il sindaco non poteva che trarre le logiche conseguenze della decisione dei
Gcd già da alcune settimane
in fibrillazione. Si apre dun<lue l’ennesima crisi estiva: o
Si trova una volta ancora un
accordo raffazzonato fra alcune forze politiche o si va alle elezioni anticipate e probabilmente proprio su questo
puntano quanti sono usciti
dalla maggioranza: il successo di Forza Italia, più che della Lega Nord, alle politiche e
tele europee potrebbe far presagire a qualcuno facili suc'^essi anche a livello di ammitestrazione locale. Altre ipotesi? Un accordo fra il cartello
progressista, a Luserna fortemente carente di uomini se
non di idee, e i popolari in cui
Si riconosce la maggioranza
uell’ex De, sarebbe possibile;
se ne parla fra gli uomini del
*^ds ma anche fra Verdi e soteulisti, a loro volta però mol0 frammentati, ma in questo
'■nso un accordo di giunta immediato dovrebbe essere scatto da un successivo accor0 elettórale di cartello.
Molte preoccupazioni dopo che il Consiglio regionale ha deliberato l'accorpamento
Una sola UssI per tutto ¡1 Pinerolese
PIERVALDO ROSTAN
La sanità piemontese ha un
nuovo volto. Dopo che la
legge voluta dall’allora ministro De Lorenzo aveva demandato alle Regioni il compito di ridisegnare la mappa
delle Ussl introducendo inoltre il concetto di azienda
ospedaliera per gli ospedali
più importanti, toccava ai singoli Consigli regionali ripensare la mappa della sanità. Per
il Pinerolese e le sue valli si
individuò subito un ambito
«omogeneo» nel territorio
delle Ussl 42 (valli Chisone e
Germanasca), 43 (vai Pellice)
e 44 (Pinerolo). Furono sollevate non poche obiezioni,
ritenendo in molti che con
una Ussl grande sarebbe stata
messa in discussione quella
rete di servizi socio-assistenziali e sanitari che gli enti
montani avevano saputo costruire in vent’anni di attività
politica. Tanto più che, nel
caso delle Ussl 42 e 43 vi era
pure la coincidenza territoriale fra Ussl e Comunità
montane. Anche la Chiesa
valdese aveva più volte preso
posizione contro l’accor
L’ospedale civile «Agnelli» di Pinerolo
pamento, nelle Conferenze distrettuali e nel Sinodo. Tutto è
risultato vano, salvo l’aver
evitato di finire in una mega
Ussl con Orbassano come si
ipotizzava un anno fa.
Il Consiglio della regione
Piemonte si è trovato a decidere sulla proposta di legge
presentata dal neoassessore
alla Sanità, Enzo Cucco, antiproibizionista: le Ussl in Piemonte passano da 63 a 23 e
all’Ussl 10, quella del Pinerolese, spetta anche il bilancio
dell’ospedale Agnelli di Pinerolo non identificato come
azienda ospedaliera autonoma; le ultime proposte di
emendamento tendenti ad ottenere una Ussl «valdese»,
somma cioè della 42 e della
43, sono state bocciate per pochi voti.
Molte delle preoccupazioni
degli amministratori delle
Valli sono incentrate sul ruolo
di grande fagocitatore di risorse che potrebbe avere
l’ospedale Civile di Pinerolo;
se il budget sarà bloccato non
accadrà che vengano messe
avanti a tutto le esigenze
dell’ospedale?
Numerosi sono stati gli incontri fra Regione, amministratori locali, rappresentanti
degli ospedali valdesi, anche
negli ultimi giorni. «Dall’
esterno sembra sempre più
difficile - dice il presidente
della Comunità montana valli
Chisone e Germanasca, Erminio Ribet - capire le particolarità così forti delle nostre
zone e dei servizi che abbiamo saputo costruire in questi
anni. Nell’ambito di una Ussl
unica per tutto il comprensorio occorre puntare molto su
distretti che abbiano però
una loro reale possibilità di
autonomia, il che vuol dire
anzitutto risorse. Se verrà riconosciuta la spesa storica
delle singole Ussl allora i
servizi potrebbero rimanere,
in caso contrario la vedo
molto male».
Quale ruolo ha giocato la
Ciov? «Abbiamo partecipato
a numerosissimi incontri - dice il direttore amministrativo
degli ospedali, Silvio Vola ponendo con forza l’esigenza
di .salvaguardare il ruolo dei
due ospedali e i servizi sociosanitari attivati sul territorio
delle valli».
Ci rimettemmo in cammino; entrammo in Pra del Torno. Par veramente
d’entrare fra le mura d’una immensa
fortezza. Ai primi passi mi ricordai di
quel terribile défilé de la Hache, dove il
Flaubert fa morir di fame i ventimila
barbari nel suo romanzo Salammbô. Le
rocce altissime presentan delle forme
strane di torri, di facciate di cattedrali, di
grandi archi di gallerie; alcune, di palazzi aerei, ritti lassù nella regione delle nuvole, intorno ai quali volan degli avvoltoi e delle aquile. Qua e là, a grande altezza, si vedono ancora dei piccoli tappeti verdi, dove pascolan delle capre,
che a guardarle, dan le vertigini; e piccole case, che par che stian su per miracolo, o che siano appiccicate alle rocce
come nidi d’uccelli. Più in basso, altri
gruppi di casette rozze e nere, appollaiate sui fianchi dei monti, sotto la perpetua
minaccia delle valanghe e dei franamenti dei macigni, che qualche volta le seppelliscono e le sbriciolano come gingilli
IL FILO DEI GIORNI
PRADELTORNO
EDMONDO DE AMICIS
di vetro. Anche là non vedemmo quasi
nessuno, benché Pra del Torno sia abitato da circa cinquecento persone, tra vaidesi e cattolici: qualche pescatore di trote giù tra i sassi del torrente, un crocchio
di bimbi all’ombra d’un agrifoglio, una
donna che sfornava il pan nero in un
cortiletto. Il torrente non faceva quasi
più rumore.
Dopo mezz’ora di cammino, in silenzio, arrivammo sopra una rocca, dov’è
un tempietto nuovo d’uno stile misto di
gotico e d’arabesco, e dipinto di bianco
e di rosso, come un padiglione di giardino. Ai piedi della roccia ci son poche ca
se, e una chiesetta cattolica. La valle pareva chiusa da tutte le parti, a sinistra dai
monti che forman la stretta di Baifero, a
destra dai monti di Soiran e dall’Infernet, ripidissimi, nudi, grigi, tutti roccia,
che fendevan l’azzurro.
Eravamo come caduti in un agguato
della montagna, imprigionati, segregati
dal mondo, in fondo a un enorme sepolcro concavo, spalancato verso il cielo. E
tutt’intorno, né un rumore, né una forma, né una voce umana. Non c’era che
una ragazza di dodici o tredici anni, una
piccola vaccaia, scalza, con un cenciuccio di vestito, seduta in terra davanti al
tempio, che leggeva un libro. Guardai il
titolo: era una Histoire de l’église vaudoise; un volume di formato grande e
elegante, stampato a Parigi. Ne presi appunto con piacere sul mio taccuino. Era
la prima contadinella italiana che vedevo leggere.
(E. De Amicis, Alle Porte d'Italia,
2a ed., Roma, 1884, p. 244.)
In Questo
Numero
Lavori pubblici
Saranno impiegati in
opere pubbliche i fondi
avanzati da vari capitoli di
spesa del Comune di Torre
Pellice. Ne ha discusso il
Consiglio comunale nella
seduta che ha approvato il
consuntivo della gestione
della prima metà del corrente anno.
Pagina II
Tariffe care
Ha rischiato di essere
rinviato il Consiglio comunale di Ferrerò. In merito al regolamento per
l’occupazione degli spazi
e aree pubbliche un consigliere, ritenendo troppo
elevate le tariffe, ha abbandonato l’aula. Altri
consiglieri hanno consentito di proseguire la seduta.
Pagina II
Scuole di borgata
Alla fine di questo anno
scolastico è stata definitivamente chiusa la scuola
di Chiotti, a Penero. Era
T ultima scuola di borgata.
Ora per questa e per altre
scuolette della zona si
pensa a tutti i possibili utilizzi per gruppi, giovani,
manifestazioni e riunioni
pubbliche.
Pagina III
Piemontesi
Prende il via, sabato 9,
una serie di manifestazioni
dedicate ai «Piemontesi
nel mondo» che si svolge
ranno a San Pietro Val Lemina. In programma mo
stre, dibattiti, concerti e un
premio letterario.
Pagina III
Gvve di pietra
L’attività estrattiva della
pietra di Luserna pone il
problema dell’utilizzo degli scarti. Se ne è parlato
in un convegno a Bagnolo.
Pagina IV
8
PAG. Il
SI
VENERDÌ 8
luglio
TORNA LA LOCOMOTIVA A VAPORE — A circa un an
no dalla prima positiva esperienza, tornerà domenica 10 luglio in vai Penice la locomotiva a vapore che guiderà un
treno turistico. Organizzata dall’associazione «Turismo e
treno in Piemonte», in collaborazione con i Comuni e le Pro
Loco della valle, la carovana partirà da Torino Porta Susa
alle 9,15 per arrivare a Torre Pellice alle 10,55; il treno ripartirà alle 18,10 del pomeriggio. Il gruppo di turisti potrà
scegliere in vai Pellice fra differenti itinerari: da una gita in
vai d’Angrogna a passeggiate naturalistiche fra Torre Pellice e Lusema San Giovanni e ancora visita guidata alle cave
di pietra di Rorà.
SALTA ANCORA IL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ
MONTANA — Non si era potuto svolgere due settimane
fa per mancanza del numero legale il Consiglio della Comunità montana valli Chisone e Germanasca, ma anche venerdì scorso nella sala di Perosa Argentina non si è raggiunto il numero minimo di consiglieri per poter dichiarare
valida la seduta. Complice il fatto che mancano ancora i tre
rappresentanti del neoeletto Consiglio di Fenestrelle, il
presidente Ribet ha dovuto per la seconda volta rimandare
a casa i presenti con la speranza che martedì 12 luglio,
quando il Consiglio sarà riconvocato, si possa finalmente
deliberare.
CAMPERISTI OSPITI DELLA VAL PELLICE — I Co
muni di Torre Pellice e Lusema San Giovanni hanno ospitato nel primo fine settimana di luglio un raduno di camperisti organizzato dalla sezione torinese del camper club «La
Granda», sorto a Cuneo alcuni anni or sono. Lo scopo dei
raduni è quello di far conoscere a coloro che fanno turismo
itinerante delle realtà sociali, culturali ed economiche o, come nel caso della vai Pellice, di fede, segnalando percorsi,
iniziative o luoghi da visitare e persone da incontrare. Tutto
questo viene proposto sul giornale dell’associazione e successivamente su riviste specializzate; altro scopo nell’incontrare realtà diverse è quello di sensibilizzare le amministrazioni perché istituiscano aree attrezzate per la sosta dei
camper, con punti acqua. Infine l’associazione si sta attivamente adoperando come supporto alle famiglie con figli
portatori di handicap offrendo loro possibilità di uscite da
un isolamento spesso determinato da una situazione particolarmente difficile.
RADUNO PARTIGIANO AL MONTOSO — Come ogni
anno, presso il monumento che ricorda i 287 caduti partigiani e civili della zona, domenica 10 luglio al Montoso si
riuniranno migliaia di cittadini per confermare il patto di
unità e di lotta per la libertà, la pace, la democrazia e la giustizia sociale stretto durante la lotta di Liberazione. Sono
previsti vari momenti, a partire da sabato 9, con il raduno
presso la lapide ai Caduti a Bagnolo alle 20 e il successivo
concerto di «Bandamania» alle 21,30 sul piazzale del Montoso a cui seguirà una fiaccolata. Domenica altri appuntamenti, a partire dalle 9,30; alle 11,20 orazione ufficiale della presidente della Regione, Carla Spagnuolo. Nel pomeriggio, alle 15, «L’Estorio drólo» presenterà musiche e danze
popolari Decitane e canti della Resistenza.
PIANO DELLA COLLINA — Nei prossimi giorni sarà presentato da parte dei progettisti e degli amministratori comunali di Pinerolo il piano particolareggiato della collina di Pinerolo. Sono previste due serate pubbliche, la prima al Centro sociale Fornaci in via Podgora, martedì 12 luglio, e la
seconda alla trattoria Costagrande, giovedì 14; entrambi gli
appuntamenti sono previsti per le 21.
APPROVATO IL REGOLAMENTO DEL CONSIGLIO
COMUNALE — Il Consiglio comunale di Pinerolo ha approvato il nuovo regolamento del Consiglio stesso, stilato
da un’apposita commissione che si è riunita nei mesi di
aprile, maggio e giugno. Il regolamento si situa nelle linee
individuate dallo Statuto e permetterà un più regolare e
omogeneo funzionamento del Consiglio.
ANGROGNA PER IL METANO — Il Consiglio comunale
di Angrogna ha, nella sua ultima seduta, approvato il piano
finanziario, con relativa richiesta di mutuo per l’estensione
della metanizzazione dalla zona Baussan al Martel. Nella
stessa seduta è stato preso atto che l’avanzo di amministrazione sarà di circa 25 milioni. Rispetto alle varianti al piano
regolatore, sono state accolte le osservazioni della Legambiente circa l’edificabilità della zona Giovo-Ciabas, cancellando questa possibilità mentre è stata confermata la volontà di snellire le procedure di licenze edilizie per le ristrutturazioni nelle borgate.
Consiglio comunale di Torre Pellice
Lavori pubblici con
davanzo del bilancio
ADIRANO LONGO
La locomotiva a vapore del treno turistico che domenica 10 luglio
porterà i viaggiartori in vai Pellice partendo da Torino Porta Susa
Con la fine del mese di
giugno, normalmente, le
amministrazioni comunali approvano i consuntivi della gestione della prima metà dell’anno e forniscono le indicazioni di utilizzo degli eventuali residui. Così ha fatto anche il Consiglio comunale di
Torre Pellice, nella seduta del
30 giugno, che si è trovato a
determinare l’utilizzo di oltre
300 milioni risultati avanzati
da vari capitoli su cui si è risparmiato oppure da entrate
non previste.
La nuova ripartizione, in oltre 30 capitoli, dovrebbe permettere, secondo quanto illustrato dal sindaco. Marco Armand Hugon, di contribuire a
portare a compimento alcuni
piccoli progetti la cui utilità è
stata più volte rilevata. Fra i
più importanti si segnalano
contributi complessivi per 45
milioni per tre consorzi idrici:
ai Bescheis si tratta di costruire una rete di irrigazione che
potrebbe inoltre avere anche
una vasca da utilizzarsi in caso di emergenza incendi;
all’Inverso Rolandi si prevede
il rifacimento della rete di adduzione dell’acqua al sistema
di irrigazione e per la zona
Rossenghi si prevedono due
interventi: uno per una nuova
captazione e uno per rifare la
vecchia tubatura in coincidenza con i lavori di asfaltatura
della strada (è stato chiesto il
mutuo di 120 milioni).
Altri interventi significativi
si effettueranno ancora sul palazzo del ghiaccio e in particolare sulla messa a norma
dell’impianto elettrico con
una spesa di circa 87 milioni;
lavori di una certa consistenza
verranno effettuati ancora per
risistemare la palestra comunale di via D’Àzeglio e sugli
impianti sportivi di viale Dante. A questo proposito è stata
messa a bilancio una cifra di
10 milioni per interventi a favore dei giovani nel settore
sportivo: si prevedono cioè
interventi mirati all’avviamento allo sport dei ragazzi
delle scuole utilizzando il
campo sportivo. Spese consistenti sono anche previste per
la ridefinizione di tutte le pratiche di prevenzione antincendio degli stabili comunali.
Il Consiglio ha poi ampia-,
mente esaminato le controdeduzioni ai rilievi presentati
dalla Regione Piemonte alle
varianti del piano regolatore;
si tratta per lo più di aspetti
formali ma in aìcuni casi anche sostanziali; in ogni caso è
un iter burocratico di incredibile lunghezza. In chiusura il
Consiglio è tornato ad occuparsi di ferrovia dopo la segnalazione che la tratta Pinerolo-Torre Pellice potrebbe
essere gestita dal Genio ferrovieri. L’ordine del giorno approvato all’unanimità ha
comunque voluto affrontare il
tema dei trasporti ferroviari
locali in una luce più ampia,
chiedendo un incontro a Regione, Provincia ed ente Ferrovie per rilanciare alcune esigenze (passante di Pinerolo,
raddoppio della tratta Pinerolo-Torino, gestione delle aree
delle stazioni) in funzione di
un sistema di trasporto metropolitano regionale.
Comunità montana vai Pellice
Un centro di vendita
dei prodotti agricoli
Sospeso la settimana precedente dopo aver esaminato
una parte dell’ordine del
giorni proposto, il Consiglio
della Comunità montana vai
Pellice si è ritrovato martedì
scorso per concludere la lunga serie di deliberazioni proposte. L’illustrazione del
conto consuntivo e dell’avanzo di amministrazione ha
impegnato una buona parte
della serata; fra gli altri argomenti ha suscitato una certa
discussione il rinnovo del
fondo di .solidarietà per il patrimonio bovino, a cui aderisce solo una parte minima
delle aziende ma, è stato ricordato, sono proprio quelle
di montagna, più piccole, ad
avere bisogno di queste tutele. Poca discussione sulla
ripartizione delle spese per
l’ente fra i vari Comuni e su
un argomento di un certo interesse: la creazione di una
rete di punti di vendita di
prodotti agricoli di cooperative di valle. Il progetto prevede la creazione di un centro di vendita di valle nei locali che fino a qualche mese
fa erano utilizzati dalla cooperativa agricola nel centro
di Lusema che ora, dopo il
fallimento di quell’esperienza, sono inutilizzati. La Comunità montana ha preso in
affitto i locali e prevede un
investimento, in accordo con
le principali realtà cooperativistiche di valle, sia sul
centro vero e proprio che per
la creazione di un marchio,
per la sua diffusione e pubblicizzazione, per la partecipazione a fiere e per l’incentivazione di un’agricoltura di qualità, promuovendo
determinate produzioni che
possono dare un senso anche
all’agricoltura nelle zone
montane. Il totale dell’intervento raggiunge i 150 milioni, dei quali 30 vanno per
l’affitto del locale e altrettanti per interventi sul centro.
Il Consiglio ha poi approvato un ordine del giorno sul
futuro delle gestione della
ferrovia Pinerolo-Torre Pellice, esprimendo preoccupazione dopo la proposta di utilizzare il personale del Genio
ferrovieri (ricordiamo che alcuni mesi fa il personale militare aveva visto concludersi
l’esperienza della gestione
della linea Chivasso-Aosta).
Tuttavia l’ampio dibattito ha
permesso di puntualizzare
una serie di problemi sul rapporto fra ente Fs ed enti locali che faticano a ritrovare nelle Fs Spa un interlocutore
concreto.
In chiusura è stata varata la
consulta per la sicurezza sociale, prevista dallo Statuto e
destinata a coinvolgere, onde
promuovere il benessere dei
cittadini della valle, associazioni, mondo del volontariato, istituti di assistenza, chiese e operatori economici.
A Lusema la tradizionale festa
La Croce Rossa
incontra i cittadini
PIERVALDO ROSTAN
Anche quest’anno, com’è
ormai consuetudine, i
volontari e i pionieri del soccorso della Croce Rossa di
Torre Pellice incontreranno la
popolazione della valle nella
tradizionale festa che si terrà
dall’8 al 10 luglio nell’area
del mercato coperto di Luserna San Giovanni. La Cri di
Torre Pellice (1.603 interventi effettuati nel 1993 per complessivi 57.555 km percorsi)
vuole, con questa manifestazione, portare ulteriormente all’attenzione della popolazione l’attività di volontariato prestata con il soccorso urgente e ordinario e
con altre iniziative quali i
corsi di educazione sanitaria,
protezione civile, assistenza
alle manifestazioni sportive e
ai concerti, interventi socioassistenziali.
Non si può dimenticare che
il sottocomitato di Torre Pellice è stato fondato nel 1884:
«Nel corso di questi 110 anni, con fatica, sacrificio, ma
anche entusiasmo - dice il
presidente, Arnaldo Bracchi sono stati fatti passi estremamente significativi che hanno
portato a disporre di sei ambulanze (una con rianimazione, una predisposta per la
rianimazione, un fuoristrada
per raggiungere le zone più
impervie del territorio della
valle, due Ducato e un 'ambulanza Bedford midi, più piccola ma assai maneggevole),
170 tra volontari e pionieri,
compresi cinque medici, tre
obiettori di coscienza che assicurano 24 ore su 24 il ser
vizio di soccorso. // 799..
anche un anno da ricord '
perché con le elezioni Z
nuovo Consiglio femminZ
dopo 63 anni di infaticabÌ
attività, la presidente a1
Theiler Gardiol lascia il si
incarico e viene sostituì
dalla signora Arlette Ricca-l
Consiglio passa anche da C
11 membri». ^
La festa inizierà venerdì 8
luglio con la quinta edizione
della «Corrida» e proseguirà
sabato con una dimostrazio.
ne di arti marziali e una serata danzante insieme a Marina
e Flavio; conclusione domenica 10 con la «pedalacri»
biciclettata non competitiva
fra Torre e Lusema al mattino e, al pomeriggio, esibizione di danze col Panda club di
Bricherasio; in serata appuntamento col liscio di Enzoc
Massimo. Sarà naturalmente
possibile consumare i pasti al
ristorante della festa, ma anche altri momenti interessanti sono in programma: dall’osservazione delle stelle
grazie alla collaborazione
dell’Associazione astrofili
Urania, all’esibizione del
gruppo cinofilo di protezione
civile Ucis-lupi, ai giochi per
i bambini e le mostre fotografiche.
«La Cri di Torre Pelliceconclude il presidente Bracci»
- ha attualmente due obiettivi
molto importanti: la ristrutturazione della sede di via Arnaud e l'acquisto di un mew
speciale per il trasporto ài
non barellati; i proventi dà
festa andranno proprio a jt
vore della realizzazione i
questi due progetti».
rti è chiù!
HdeU’anno
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d'anni, anch
Perrero: una seduta concitata
Il Consìglio approva
il consuntivo '93
Non
fisciar
la lesti
Anche il Consiglio comunale di Perrero ha corso il rischio di non poter deliberare
durante la seduta di mercoledì 29 giugno. Aperto con il
numero minimo richiesto (8
consiglieri su 15), si è subito
arenato sul punto riguardante
il regolamento per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e della relativa tassa, oltre che delle tariffe, già trattato nella seduta del 28 aprile
scorso. Il consigliere di minoranza Raimondo Genre si è
infatti dichiarato contrario
aH’applicazione della tassa,
definita troppo onerosa, e ha
dichiarato la sua intenzione di
abbandonare la seduta.
Sconcertato, il sindaco Leger ha parlato di «ricatto»,
osservando che la delibera
era ripresentata, dopo che il
Consiglio si era pronunciato a
favore globalmente, a causa
di una precisazione richiesta
dal Coreco. La tassa riguardava soltanto l’uso del suolo e
non il sottosuolo o gli allacciamenti aerei, come si era ritenuto in un primo tempo. Il
consigliere Genre ribadiva la
propria opposizione e si allontanava dalla sala consiliare, facendo così mancare il
numero legale.
Dopo una serie di telefonate, l’arrivo di due consiglieri
ripescati altrove permetteva
di proseguire nella seduta;
ovviamente l’approvazione
non è più mancata per gli altri
punti all’ordine del giorno nguardanti l’imposta comunale
sulla pubblicità e la tassa sui
rifiuti solidi urbani. In quest’ultimo caso è prevista una
riduzione per chi abita in case
sparse lontane dai punri ni
raccolta ed anche per chi dichiara di abitare nel Comune
soltanto per pochi mes*
all’anno.
L’argomento più sostanzioso è stato però l'esame e 1 ap
provazione del conto consun
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Gli alloggi per gli insegnanti sono stati dati in affitto, le
aè lasciate come centri aperti a servizio della popolazione
in Ènne situazioni favorevoli; si potevano infatti ottenere
contributi per questo scopo e
la popolazione era ancora abbastanza numerosa. Oggi soltanto la scuola di Maniglia risponde ancora in parte alle
primitive intenzioni, perché
viene utilizzata per incontri,
ccEe pranzi comunitari, elezioni, riunioni di ogni tipo.
Tuttavia, dopo una trentina
i'anni, anche il degrado co
Un viaggio per partecipare alla festa della «Gustav Adolf Werk)
Gli studenti del Collegio valdese
incontrano ì giovani tedeschi
La scuoletta di Maniglia
mincia a farsi notare, nel cattivo funzionamento deirimpianto di riscaldamento, nell’incuria in cui versano muri e
infissi e soprattutto nella mancanza di qualcuno che se ne
occupi in modo continuativo.
I residenti della zona di Chiabrano e Maniglia non sono
numerosi in inverno, ma nei
fine settimana e ancor più in
estate il paese si ripopola di
persone che in gran parte hanno mantenuto la vecchia casa
in ordine e ci ritornano con
affetto. Si è costituita così
un’associazione molto informale con lo scopo di evitare
una possibile vendita dell’immobile da parte del Comune,
garantendo quel tanto di manutenzione che può essere fatta con lavoro volontario, magari richiedendo una piccola
quota di partecipazione alle
spese ai gruppi che intendano
utilizzare i locali per riunioni
o soggiorni. C’è infatti una richiesta da parte di gruppi parrocchiali o di scout, che cercano un posto tranquillo in
montagna per trascorrere insieme alcuni giorni di vacanza
senza spendere troppo: si tratta perciò di sistemare il locali
in modo un po’ meno rudimentale per utilizzarli a questo scopo, che giustifica anche la presenza di un responsabile della manutenzione e
della vigilanza sull’uso corretto delle strutture.
Nella scuola si svolgeranno
anche alcune iniziative previste per l’estate: il primo appuntamento è invece nel tempio di Maniglia, il 17 luglio
alle ore 21, con il coro «Eiminal», che presenterà una nuova serie di canti tradizionali.
_________ELIO CANALE_________
Una parte degli studenti
del Collegio valdese ha
chiuso l’anno scolastico con
un viaggio in Germania di
quattro giorni per partecipare
alla festa della «Gustav Adolf
Werk» del Baden. Insieme a
loro ha viaggiato il Coretto di
Torre Pellice, composto in
buona parte da allievi o ex allievi del Collegio stesso: quattro giorni passati tra le comunità dei dintorni di Ladenburg
(vicino a Mannheim), a conoscere da vicino i giovani
evangelici tedeschi e mostrare
la buona qualità di esecuzione
raggiunta dal gruppo diretto
da Cristina Pretto.
Si spera che l’occasione abbia permesso a qualcuno di
apprezzare l’attività canora
nel tempo libero e di decidersi a entrare a far parte di questa organizzazione giovanile.
Ad attendere il gruppo di
45 persone (ragazzi, adulti e
insegnanti evangelici e non)
c’era Susanne Labsch, che ricopre un incarico importante
nella «Gustav Adolf Werk»
del Baden. La sera di sabato
18 giugno, intorno al fuoco, i
giovani italiani e tedeschi
hanno potuto riflettere sul tema dell’«incontro» seguendo
un programma preparato dai
boy-scout evangelici locali;
alla fine i responsabili hanno
chiesto di poter essere ospitati a Torre Pellice nel 1995,
quando è loro intenzione ve
nire a visitare le valli valdesi.
Sarà l’occasione per incontrare e dare impulso alla nostra
organizzazione scoutistica?
Naturalmente la visita ha
avuto anche un risvolto turistico: Heidelberg, Spira e il
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“all eredità del Pei e
dalle conseguenze dell’antidemocratico e rigido sistema
maggioritario. Politici e politologi perentori, fra cui spiccano accademici che bisogna
sperare siano solo ignoranti,
si sono distinti per gli autogol: molti non hanno capito
sufficientemente il sentimento
di liberazione con cui tanti
hanno votato contro tutto ciò
che ritenevano invecchiato.
Troppi cittadini mostrano di
aspirare a un nuovo purchessia, ciechi al rischio di
cadere dalla padella nella brace, un po’ come chi incespicando nel salire le scale trova
come soluzione di buttarsi giù
nella tromba delle stesse. Già
i risultati delle ultime amministrative mostrano un riflessivo dubbio prima che una disaffezione, ma anche un accentrarsi del blocco contro
blocco, anche all’interno dei
diversi schieramenti. I rischi e
le prime manifestazioni di una
gestione autoritaria non vanno
sottovalutati: non si deve demonizzare (e, insisto, non si
deve interpretare male la rivolta di una parte dell’elettorato che ha creduto di liberarsi da una politica troppo professionalizzata o comunque
non più adeguata) ma tallonare senza lasciarsi ingannare
dai belati d’agnello che si alternano a misure reazionarie e
a minacce penali. E dove i governanti dicano o facciano cose giuste, non concedergliele
ma considerarle anche nostre:
ma quali sono?
C’è chi accusa queste valli
di essere un’isola felice. Fos,se vero! L’accusa di consociativismo è fra le più correnti,
come se si trattasse di qualcosa di repellente: c’è consociativismo e consociativismo,
come ci sono compromessi e
compromessi, quelli costruttivi 0 il mercato delle vacche
(usando un’espressione assai
discutibile). Ci può essere anche un consociativismo di alto
profilo; fare insieme. Proviamo, in quanto Valli, a fare insieme, senza compromessi di
basso profilo ma nel rispetto
delle diverse esperienze, senza sfotterci o insultarci e far
ridere i terzi. Se si provasse a
farlo, nuovi, nuovissimi e
vecchi, leghisti, socialisti, pidiessini e altri compresi? Mi
pare che da qui possa venire
un’alternativa, non una meccanica alternanza. E non c’è
bisogno di andare d’accordo
su tutto per collaborare. Avrete capito che questo è un appello all’autonomia, premessa
di un federalismo.
Gustavo Malati
Torre Pellice
Potenzialità
inespresse
Scriviamo queste poche righe per tentare di esprimere
la nostra modesta opinione in
merito alle questioni sollevate
da Andrea Salasso nella sua
lettera sul n. 25. Siamo un
gruppo di ragazzi tutti cresciuti in quei maledetti anni
’80, decennio particolarmente
colpito dal «disagio» in quanto tale e cioè, a nostro avviso,
un malessere senza particolari
motivazioni che acuisce noia
e disinteressi già presenti, a
differenza di quanto avvenuto
per i nostri genitori, disagiati
in seguito ai dolori e alle privazioni di una guerra.
Ciò che per noi è grande
rammarico è che Torre Pellice, pur essendo duramente
colpita da questo fenomeno,
ha un potenziale inespresso
altissimo rispetto, per esem
castello di Schwetzingen la
cui comunità, guidata dal decano Werner Schellenberg,
ha voluto ospitare anche a cena i ragazzi del Collegio, secondo quella che è ormai diventata una tradizione.
Una settimana di manifestazioni
Tutti i piemontesi a
San Pietro Val Lemina
ERICA BONANSEA
pio, alle periferie cittadine,
che racchiudono in se stesse
un certo malessere: questo è
dovuto a motivi quali la natura del territorio relativamente
intonsa e indubbiamente bella, e alle innegabili radici storico-culturali che arricchiscono tutti noi, uniti a una ricchezza economica buona
checché ne dica la gente stessa; ci rammarica che nonostante questi vantaggi rispetto
a paesi più sfortunati del nostro, in generale si faccia veramente poco.
Invitiamo quindi i partiti e
le comunità religiose a Torre
tanto potenti (specialmente
quella valdese) ad abbandonare la retorica e i proselitismi, e a tirare fuori il materiale umano affinché vi sia
vera unità d’intenti che muova tutte le iniziative, ed esse
non siano come sempre riservate solo ai propri rispettivi
«adepti» ma al contrario siano aperte anche a quel famoso «terzo» generalmente escluso dai giochi. Infine, poiché pensiamo che per risolvere qualsiasi problema si debba partire dall’educazione e
formazione dei bambini e ragazzi che costituiranno il futuro, notiamo che a Torre
Pellice, con due campi di calcio, due palestre, uno stadio
del ghiaccio e ancora altro,
essi non sanno dove praticare
lo sport, alla loro età necessario e indispensabile.
Non vorremmo certamente
vedere i nostri figli afflitti da
vere devastazioni quali abbiamo vissuto noi, ma neanche
pieni di fobie e o paure, né li
vorremmo vedere rincitrulliti
davanti a un computer o video; partiamo da loro per risolvere i nostri problemi.
Lettera firmata
Torre Pellice
Sabato 9 luglio inizieranno
a San Pietro Val Lemina
le celebrazioni per il ventesimo anniversario dell’associazione «Piemontesi nel mondo». Fino a domenica 17 diverse manifestazioni permetteranno a piemontesi giunti
qui da numerosi paesi di tutto
il mondo (soprattutto da stati
dell’America Latina) di riavvicinarsi alla cultura delle loro origini e a chi non è emigrato di scoprire qualcosa su
terre lontane.
Tra le varie iniziative della
settimana è di particolare interesse la mostra internazionale
d’arte «Piemontesi nel mondo» che per tutta la settimana
rimarrà aperta al pubblico nella sede del seminario vescovile (via Trieste 44, dalle 17 alle 22). Questa mostra vuol dar
modo di far conoscere artisti
abitanti in Argentina, Australia, Italia, Principato di Monaco, Stati Uniti, Taiwan e Uruguay, e di sottolineare come
le diverse condizioni culturali
e geografiche abbiano influito
sulla loro arte, ma anche come essi siano legati alla comune origine piemontese. Durante la settimana verrà anche
inaugurato a San Pietro Val
Lemina il monumento ai piemontesi nel mondo.
Lunedì 11 luglio, alle ore
21 al teatro Tenda del campo
sportivo di San Pietro si terrà
un dibattito organizzato dalla
Federazione italiana della
caccia per conciliare l’arte
venatoria con le normative
per la protezione della fauna
selvatica e con i criteri di gestione ambientale. Mercoledì
sera invece, stessa ora e stesso luogo, alcuni autori partecipanti al premio letterario
«Scrittori in emigrazione»,
che verrà conferito domenica,
presenteranno i loro libri che
trattano della storia e dei problemi dell’emigrazione.
Il venerdì sera si terrà una
tavola rotonda con i sindaci
dei paesi gemellati con il Brasile e con l’Argentina per discutere del significato culturale che il gemellaggio deve
avere e quindi della necessità
di rinnovare continuamente i
contatti con le città alle quali
si è legati.
Per finire, domenica 17, in
piazza Piemonte alle ore 12
verranno conferiti da parte
della Regione i premi intemazionali «Piemontesi nel mondo» a personaggi della nostra
regione che si sono particolarmente distinti all’estero.
Seguirà un intervento del ministro per gli italiani nel mondo, Berlinguer. Durante la
settimana sarà possibile assistere a numerosi spettacoli
musicali, teatrali e di intrattenimento da parte di gruppi
piemontesi e stranieri.
VISUS
dì Luca Regoli & C. s.n c.
OTTICA - via Arnaud 5
10066 TORRE PELLICE (TO)
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L’OTTICO DI LUSERNA
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10
PAG. IV
A Bagnolo un convegno sul l'argomento
La pietra di Luserna
e il problema scarti
Cave di Luserna (1898)
Uno dei problemi dell’attività estrattiva e di la-vorazione delle pietre di Luserna è
quello dello smaltimento degli scarti di lavorazione. Nel
corso della fiera regionale
della pietra di Luserna, tenutasi a Bagnolo Piemonte l’ultima settimana di giugno, si è
svolto un convegno dove rappresentanti della Regione Piemonte, della Provincia di Cuneo, dell’amministrazione di
Bagnolo e operatori del settore hanno affrontato il problema dello smaltimento dei cosiddetti fanghi di lavorazione
e degli scarti in genere. Ne è
emerso che se da un lato questi scarti pongono dei problemi di ordine ambientale
d’altra parte si pone il problema del loro smaltimento
nelle discariche «comuni» o
«speciali»; ma sussistono problemi anche per quanto riguarda il loro riutilizzo, cosa che
spesso comporta spese che
difficilmente la singola azien
da può permettersi di affrontare.
Sono state comunque proposte varie forme di recupero
di fanghi di lavorazione come
il loro impiego (una volta disidratati) per il recupero ambientale delle cave, per sottofondi stradali, come ghiaia
da cortile ecc. Spesso però
uno dei freni a questi riutilizzi di materiale di scarto è il
costo non competitivo rispetto a materiali analoghi che arrivano da cave di ghiaia della
pianura e questo è dovuto soprattutto alle minore spese di
produzione necessarie per
queste ultime.
All’attenzione dei ministeri
competenti sono ora sottoposte alcune proposte di legge riguardo la definizione e
regolamentazione delle attività estrattive; dovrebbe essere questa l’occasione per un
ripensamento della classificazione dei materiali di
scarto. Trovare una soluzione
al problema degli scarti di
lavorazione è una priorità sia
dal punto di vista ambientale
che per lo sviluppo dell’attività estrattiva.
E importante comunque
che alla soluzione partecipino
sia gli enti pubblici che il privato e questo soprattutto per
superare i problemi inerenti i
costi e ovviamente la pianificazione degli interventi; da
quanto detto al convegno
sembra comunque emergere
una certa disponibilità e un
certo impegno già in atto in
questo senso; speriamo che si
possa dimostrare produttiva.
Asilo dei vecchi
via C. A. Tron, 13, tei. 0121-58855
10065 San Germano Chisone (TO)
Concorso nazionale fotografico
per i cento anni dell’Asilo dei vecchi
Tema; L’anziano
Tema: Parchi e giardini: aspetti sociali
e naturali
Termine presentazione: 15 agosto 1994
Premiazione: 11 settembre 1994 ore 15
Il regolamento è disponibile presso l’Asilo o telefonando al numero 0121-58855
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
Torre Pellice: IV rassegna di cori
Il canto popolare
non conosce confini
MARCO FRASCHIA
Sabato 2 luglio, presso il
cinema Trento di Torre
Pellice, si è svolta con il patrocinio del Comune la IV
Rassegna di canto popolare.
Sotto il dipinto del pittore
Guy Rivoir (il Forte S. Maria
sullo sfondo di Castelluzzo e
Vandalino), creato per l’occasione quattro anni fa e diventato ormai il simbolo della
manifestazione, si sono alternati sul palco tre cori ospiti,
oltre al Coro alpino Valpellice, impeccabile organizzatore
della rassegna, che ha introdotto la serata con tre brani.
La Corale Sette Torri di
Settimo Torinese era un coro
a voci miste, mentre gli altri
invitati, il Gruppo corale Eco
d’ia Tor di Savigliano e il coro Stella alpina di Rho (Mi)
erano esclusivamente maschili. Un folto e accaldato pubblico (circa 450 persone,’ malgrado le partite del mondiale
di calcio) ha seguito con attenzione e partecipazione un
programma ricco e vario, con
esecuzioni formalmente curate e tecnicamente ricercate.
Accanto a un repertorio più
tradizionale e conosciuto
(Bella ciao, Belle rose du
printemps. Maria Gallina),
sono stati presentati brani che
hanno allargato i confini della
musica popolare non solo a
livello regionale, con canti di
tradizione molisano-pugliese
(Cie belle ’u prim’ammore) e
ladina (Adia a l’Engadina,
Ciani de jagher), ma anche a
livello internazionale, con
musiche di origine scandinava (Aflonen) e inglese (O
Waly Waly).
Particolarmente apprezzato
è stato il Ciani de jagher
(canto del cacciatore): più
che una celebrazione della
caccia e un vero e proprio inno alla natura, con l’introduzione nel ritornello di alcuni
versi di uccelli. Non è mancato infine neppure un gradito omaggio alla storia locale con La ballaglia di Ponlevecchio che, lenta e malinconica, ha raccontato la triste
vicenda del partigiano Ulisse. Ha chiuso la serata l’esecuzione, improvvisata, della
Fanfara degli alpini, come
ringraziamento e saluto al
tempo stesso da parte dei cori intervenuti.
iPORT
PALLAVOLO — Il complesso sportivo Alpi Cozie di
Luserna S. Giovanni ha ospitato la terza e ultima tappa
del torneo Cariplo di pallavolo a coppie. 42 squadre si sono affrontate sui campi in erba messi a disposizione
dell’amministrazione comunale, in una serie di incontri
che hanno visto la conferma
di Scali-Ricchiardi (Nuova
Volley Pinerolo) nella categoria atleti, davanti a De Pasqua-Bernabino; di Fabi-Vignetta (Pablo Neruda) su
Giordan-Tassone nella categoria amatori, la vittoria di
Tesio-Bruno (Publiesse) a
sorpresa sulle vincitrici delle
tappe precedenti ArbinoloScotta e di Caracciolo-Serra
(Pablo Neruda) su MensaResiale. Il prossimo appuntamento per i pallavolisti pinerolesi sarà per il torneo misto
del 24 luglio che si disputerà
nella Conca del Pra (1732
m). L’organizzazione sarà
ancora del 3S Nova Siria con
il patrocinio dell’Azienda di
promozione turistica del Pinerolese, della Comunità
montana vai Pellice e del Comune di Bobbio Pellice. Il ritrovo è previsto per le ore
10,30, le partite inizieranno
alle 11. Iscrizioni entro il 21
luglio presso Olympic Shop,
via Fonte Blancio 10 Luserna
San Giovanni (tei. 012190852). Per prenotazioni al
rifugio W. Jervis per pernottamento, tei. 0121-932755.
Classifiche 3” tappa: cat.
Atleti maschile 1) Scali-Ricchiardi 2) De Pa,squa-Bernabino 3) Challier-Bauducco;
cat. amatori 1) Fabi-Vignetta
2) Tassone-Giordan 3) CaonSquecco; cat. ariete 1) Bruno-Tesio 2)Arbinolo L.-Scotta 3) Arbinolo A.-Rosin; cat.
amatori femm. 1) Caracciolo-Serra 2) Mensa-Resiale 3)
Bourne-Bernard. Classifica
finale trofeo Cariplo; cat.
atleti 1) Scali-Ricchiardi 2)
De Pasqua-Bernabino 3)
Challier-Bauducco; cat. amatori 1 ) Fabi-Vignetta 2) Giordan-Tassone 3) Gardiol-Rivoire; cat. ariete 1) Arbinolo
L.-Scotta 2) Tesio-Bruno 3)
Arbinolo A.-Rosin; cat. amatori femm. 1) CaraccioloSerra 2) Mensa-Resiale 3)
Griotti-Pavia.
PALLAMANO — La
squadra giovanile della pallamano lusernese dell’associazione 3S ha rappresentato il
Piemonte al IV Trofeo Topolino di pallamano tenutosi a
Misano Adriatico dal 25 al
28 giugno. I ragazzi guidati
da Silvio Perissero e Andrea
Comoglio hanno ben figurato
nel settore Propaganda, riservato ai nati nel 1981-82. Delle quattro partite disputate ne
hanno vinte tre e pareggiata
una, ma questo è stato solo
un lato delle attività svolte a
Mlsano. Il programma comprendeva infatti altre gare di
abilità, giochi divertenti e
spettacoli, manifestazioni,
sfilate. Il personaggio di Walt
Disney, a cui la squadra lusernese era abbinata, unitamente a altre otto provenienti
da ogni parte d’Italia, era
Orazio: poiché la manifestazione non aveva scopo agonistico, i punti totalizzati da
tutte le squadre del gruppo
hanno portato il personaggio
Orazio all’ottavo posto della
graduatoria nazionale. La
squadra era composta da Andrea Bonetto, Valentina Galliana, Giorgia Fausone, Davide Meina, Maurizio Larotonda, Davide Riviezzo, Alberto
Pissia, Alessandro Draetta.
La rappresentativa era accompagnata da Giampaolo
Comoglio, responsabile dei
centri avviamento allo sport
per il Piemonte.
INFORMAGIOVANI
VAL PELLICE
Via Roma 45
Luserna S. Giovanni
0121/900245
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sport, scuola, lavoro,
musica, viaggi,
tempo libero
Lunedì e venerdì
ore 14' 17
8 luglio, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Prende il via la festa annuale
della Croce Rossa che proseguirà fino a domenica con
concerti, stand, giochi.
8 luglio, venerdì — PINEROLO: Alle 21,15, presso il
cortile di palazzo Vittone,
Pier Carlo Pazé presenterà il
libro «I professionisti della
salute» (monopolio professionale e nascita dell’Ordine dei
medici) di Ada Lonni. Paolo
Ghigo, insegnante e poeta, interpreterà anche alcune poesie di sua composizione.
8 luglio, venerdì — TORINO: Avrà luogo una marcia di solidarietà ai paesi colpiti dalla guerra civile; partenza alle ore 16 da piazza
Palazzo di città.
9 luglio, sabato — PRAMOLLO: Nel prossimo fine
settimana, a Pomeano, si
svolgeranno festeggiamenti
organizzati dalla Pro Loco.
10 luglio, domenica —
MASSELLO: La Pro Loco
di Massello, in collaborazione col Gruppo sportivo di Pomaretto, organizza in località
Molino una gara sociale di
pesca alla trota riservata ai
soci delle due associazioni;
per iscrizioni (£ 14.000) telefonare ai numeri 808779,
808732, 82270.
10 luglio, domenica —
PERRERO: La Pro Loco organizza una gita all’Albarea,
con polentata.
10 luglio, domenica —
POM ARETTO: A cura del
gruppo sportivo è organizzata una corsa in montagna valevole come prova Fidai regionale giovanile. In contemporanea saranno esposte mostre sulle miniere e sugli antichi mestieri.
11 luglio, lunedì — PINEROLO: Nel il cortile di palazzo Vittone, alle 21,15, la
compagnia Santi&Briganti
presenta l’opera di Alfred
Jarry «Ubu».
14 luglio, giovedì — PINEROLO: Alle 21,15, nel
cortile di palazzo Vittone,
Bandamania presenta il proprio spettacolo di rithme and
blues & soul music.
14 luglio, giovedì — ANGROGNA: Alle 21, presso il
museo degli Odin, Giorgio
Tourn parlerà su «Le valli
valdesi viste dagli inglesi
all’inizio dell’ottocento».
14 luglio, giovedì —
TORRE PELLICE: Presso
il circolo Nautilus, alle 21,
proposta di teatro comico
con «Gli omologati» nello
spettacolo Un uomo chiamato pistola.
15 luglio, venerdì — LUSERNA SAN GIOVANNI:
Dal 1“ luglio al 15, presso
1 incubatoio ittico sono disponibili le troierie da seminare nei corsi d’acqua del bacino del Pellice. Possono essere ritirate tutti i giorni dalle
6,30 alle 7,30 e dalle 16,30
alle 18,30.
Nelle
Chiese
Valdesi
torre pellice —
Domenica 10 luglio, dalle
15, si svolgerà una riunione
quartierale all’aperto all’
Inverso Rolandi.
perrero-mani
GLIA — Domenica 10 luglio, alle 15, si svolgerà
una riunione all’aperto a
Lorenzo.
POMARETTO — Domenica 10 luglio, ore 15,
riunione all’aperto ai Paure.
’ USSL42
CHISONE. QERMAtó
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festìv».
Ospedale valdese, Pomarp»
tei. 81154.
il 8
UI
Costi
®WT!
Guardia farmaceutica:
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dalle ore 8 alle 17, presso i distretti.
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PINEROLO — La multisala Italia propone alla sala
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21,15 Trappola d’amore.
BARGE — Il cinema Comunale nel mese di luglio resterà chiuso per ferie.
FROSSASCO — Nel giar
dino della scuola materna,
mercoledì 6, con inizio alle
21,30 sarà posto in visione
Sister Act II; venerdì 8, ore
21,30, Il figlio della pantera
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PAG. 7 RIFORMA
umanitario delle chiese italiane all'ex Jugoslavia
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*^ioni molto belle per apLdire i legami di comu■¡le fraterna che ci hanno
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Abbiamo cantato, pregato,
lettoinsieme la parola di Dio,
dopo aver avuto un ricco rin(usco preparato con amore
dalle sorelle di Fiume. Ci sialo molto rallegrati nel constare il consolidarsi di quella comunità che oggi vede
regolarmente riuniti per il
culto oltre 40 persone. Negli
olmi due anni, grazie al paiiente lavoro portato avanti
dal pastore Lubiana, sono stali ricostraiti i legami con diverse persone di origine
mentre nuovi frahanno chiesto il
battesimo. La comunità di
Fiume è così oggi una bella
realtà che guarda al futuro
collii desiderio di essere
sempre più una presenza viva
nella città. Interessante il fatto che, appena arrivati, assieme al pastore Bernardini di
Torino che era con noi per
l'occasione, siamo stati invii a parlare, in diretta, in un
programma musicale di Radio ftjeka.
La comunità si riunisce oggi nei vecchi locali della massoneria, ricevuti come indenni® dell’esproprio dei locali
slibattuti per fare posto a nuove costruzioni abitative. La
sria si trova in uno scantinato, due piani sotto il livello
stradale, e riservava una piamole frescura in una giornatiip^colarmente afosa. Gli
stessi locali servono anche a
•na comunità pentecostale,
mentre la comunità battista,
«pure lì si riuniva fino a
■ “eroi anni fa, si è costruita
t® centro più moderno. An« la comunità evangelica
vorrebbe «uscire allo scoper0» ed è in corso la pratica
peravere dal Comune altri lo0 Un terreno su cui co1®^ una nuova chiesa.
>u dall’inizio della guerra,
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rito forte la responsabilità
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libi ^***f®*^zn verso i profuj^^'^^ainiglie bisognose. Il
™ SI è, poco alla volta,
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¡'S’TOdito tanto che oggi ol
Truppe croate a Mostar
all’altro rischia di precipitare
anche se, come succede sempre in realtà simili, c’è chi
specula sulla guerra e si arricchisce all’ombra dell’industria dell’aiuto umanitario. Il
fossato fra ricchi e poveri, anche qui, si allarga, ed è facile
imbattersi nei «nuovi ricchi»
con auto di grossa cilindrata,
mentre ai margini del mercato di Rijeka una coda sempre
più lunga di poveretti cerca
disperatamente di vendere alcuni vecchi ricordi di famiglia o oggetti di poco valore,
vestiti, scarpe già usate,
aspettando per ore al sole improbabili clienti.
Malgrado tutto lo stato
croato si organizza, manifestando sempre più una propria identità; è di queste ultime settimane il varo della
nuova moneta, la cuna, al posto del dinaro: nuove banconote stampate in Germania.
Se da un lato, comunque, il
nostro aiuto deve continuare,
abbiamo pensato con il pastore Lubiana che fosse necessario costruire dei ponti di fra
ternità come segno di quell’
amore di Dio, che ci fa vivere, che non conosce frontiere
o divisioni etniche.
In questa prospettiva si situano dunque questi nostri incontri, e nella stessa prospettiva vogliamo operare con il
campo giovani che viene organizzato, grazie alla sensibilità della Chiesa valdese di
Vallecrosia, nel prossimo mese di agosto in cui giovani
provenienti da Rijeka (fra cui
diversi profughi bosniaci) e
giovani italiani avranno modo
di incontrarsi sotto la guida
dei pastori Lubiana e Müller.
Anche per l’aiuto alle famiglie cerchiamo dei contatti diretti in cui comunità o gruppi
italiani si impegnano a seguire un caso particolarmente bisognoso; diversi «affidi» sono già in corso.
Cerchiamo così di costruire, a nome delle chiese evangeliche italiane, dei piccoli
«segni di speranza» che affidiamo al Signore perché li accompagni con la sua benedizione.
Treviso: conferenze di evangelizzazione
Parola di Dio,
parole degli uomini
Intervista a Guido Celentano, organizzatore del «controvertice>
Sette grandi e sette poveri
(più uno) al «vertice» di Napoli
' persone vengono se
we regolarmente con pac«1!*''?".- «Distribuì amo
da dare». Ul®tite hanno ricevuto un
Agente da parte delle
Iti sociali a favore di
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te a-■ ^portante rimane,
tiia8it,,„°r^’ questo aiuto, in
carica di incerte da un momento
LIDIA CASONATO BUSETTO
A Treviso, presso la sala
comunale di palazzo
Onigo, proseguono le conferenze di evangelizzazione iniziate con profitto già da qualche anno dal pastore Eugenio
Stretti. Sabato 11 giugno, per
l’organizzazione della Federazione delle chiese evangeliche del Nord-Est, il pastore
Pasquale Castelluccio, della
comunità battista di Pordenone, ha parlato sul tema: «La
parola di Dio e le parole degli
uomini». Erano presenti la
stampa (il Gazzettino di Treviso) e la televisione locale
Antenna 3 che ha trasmesso
un servizio centrando il commento, oltre che sul contenuto della conferenza, anche
sulle chiese evangeliche del
Veneto e sul messaggio della
Parola che esse propongono.
Il dono della parola umana,
ha detto Castelluccio, è importantissimo nelle nostre relazioni ma bisogna farne un
buon uso perché siamo responsabili di quanto diciamo;
le parole non devono essere
uno strumento di potere, non
devono essere usate per parlare di pace per poi costruire
armi per le guerre. Molto diversa è la parola di Dio, che è
la Parola per eccellenza, che
richiede un uomo silenzioso,
disposto all’ascolto, alla riflessione. La parola di Dio è
una parola che forma, che costruisce (Genesi), è una Parola che dura in eterno e non
torna a vuoto. Dio si è fatto
conoscere perché ha parlato e
l’uomo ha avuto in dono questa Parola e, se l’uomo è credente, con il dono della fede
questa Parola lo sostiene e gli
dà forza nelle incertezze della vita.
E nei rapporti umani come
dovrebbe allora il credente
utilizzare la Parola di Dio? E
un interrogativo al quale ciascuno è chiamato a rispondere e con cui il pastore Castelluccio ha concluso la conferenza. I presenti, evangelici
(valdesi, metodisti e avventisti) e non, sono intervenuti
con richieste interessanti
coordinate dal prof. Adamo
Donini che ha colto l’occasione per sottolineare la necessità, da parte di tutti, di
una sempre migliore e maggiore conoscenza della parola
di Dio contenuta nella Bibbia,
affinché questa Parola possa
essere utilizzata nei rapporti
umani e ispirare giuste azioni
di guida, di rispetto e di amore verso i nostri simili.
ANNA MAFFEI
________LUISA NITTI________
Òuali associazioni fanno
capo al Cerchio dei popoli e da quanto tempo state
preparando il vostro «controvertice» ?
«Lavoriamo dal settembre
dello scorso anno, insieme ad
associazioni operanti a Napoli
nell’ambito del pacifismo,
deU’ecologia, dell’impegno
sociale, del volontariato, a
piccole organizzazioni non
governative. Dopo alcuni mesi di scambio si è pensato di
allargare questa esperienza a
livello nazionale anche perché, nel momento in cui abbiamo cominciato a definire
meglio il nostro progetto, ci
siamo aperti a un ambito più
vasto promuovendo sia un
percorso formativo aH’interno
di università e scuole sia organizzando un convegno che
potesse essere, in parallelo al
vertice, un momento di grande incontro fra persone di varie parti del mondo. Abbiamo
allora preso contatti a livello
internazionale con altre organizzazioni non governative e
gruppi vari, espressione di
realtà antagoniste nel mondo;
a questo punto si poneva il
problema di coprire spese di
organizzazione, di viaggi ecc.,
ragione per cui un sostegno a
livello nazionale era per noi
indispensabile. È nato quindi
il Cerchio dei popoli, organismo all’interno del quale sono
confluite esperienze come
quella di Mani tese, dell’Associazione per la pace, del
Comitato Golfo per la verità
sulla guerra, della Legambiente, ed è questa struttura
che ha lavorato da febbraio fino ad oggi organizzando un
convegno di economia (presso l’Osservatorio astronomico
di Capodimonte) dal 5 al 7 luglio, al quale seguirà un incontro fra movimenti, in programma per il 7 e l’8 luglio».
- Parliamo dei «rischi» del
controvertice: forse il rischio
più grosso è quello della banalizzazione dei problemi,
ovvero di una contrapposizione fin troppo facile tra i «ricchi» della terra da un lato, a
cui dobbiamo opporci, e
dall’altro i «poveri», che
dobbiamo comunque appoggiare. Come è stato affrontato questo tema nel Cerchio
dei popoli?
«Su questo argomento c’è
stato un dibattito interno molto profondo e sereno, anche
se non sono mancati momenti
di non comprensione. Di fatto
si è assunta una valenza antagonista chiara, perché ci pareva che quello che rappresentano i G7 fosse una cosa sulla
quale non può esserci che opposizione ma al tempo stesso
abbiamo fatto un lavoro (nelle scuole, nei Consigli di fabbrica, nella piazze, nelle università) che voleva essere formativo: non quindi una rivendicazione velleitaria in contrapposizione ai G7, come
mera opposizione di forze.
Siamo coscienti di ciò che loro rappresentano ma noi vogliamo proporre qualcosa di
diverso: ad esempio, che ven
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gano ascoltate le voci di associazioni e movimenti espressione del Sud del mondo, che
oggi sono schiacciate da questo sistema intensamente globalizzato all’interno del quale
sono pochi a dominare l’economia, l’informazione, il
mercato del lavoro; il definirsi controvertice significa
prendere atto di questo tipo di
contrapposizione, che rimane
pur sempre dialettica, non
prefigurando alcuna violenza
o contestazione di tipo non
dialogato».
- li sindaco di Napoli, Antonio Bassolino, è di fatto
nella posizione di «ospite»
dei G7. Eppure, ci sembra,
ha ricevuto alcuni rappresentanti del Cerchio dei popoli...
«È vero. Bassolino ci ha ricevuti manifestando il suo sostegno e la sua simpatia; lo
stesso si è verificato con alcuni membri della giunta e del
Consiglio comunale, che hanno aderito personalmente al
nostro cartello. Abbiamo avuto un incontro (non facile ma
significativo) con il prefetto
e, più di recente, con il ministro Maroni che, in qualità di
responsabile dell’Interno, ha
ricevuto da parte nostra una
formale richiesta di autorizzazione a una manifestazione
prevista per il giorno 9 luglio,
a piazza Mercato. In quell’occasione avremo concerti, proposte musicali varie e, soprattutto, si prevede l’intervento
di 7 persone provenienti da
paesi particolarmente disagiati del mondo: Sud Africa, Colombia, Brasile, Somalia, In
dia... assieme a loro ci sara
un disoccupato napoletano,
portatore delle contraddizioni
e delle sofferenze di cui partecipano anche le aree più ricche del mondo. I “sette poveri più uno” saranno ricevuti
dal sindaco al quale consegneranno il loro messaggio
per il G7».
- E dopo il G7?
«Dopo il Gl si spera di avere tanto entusiasmo per continuare. Sicuramente l’esperienza del Cerchio dei popoli
ha rappresentato qualcosa, a
Napoli, di completamente
nuovo: uno scambio fra gruppi e persone che, magari impegnate da anni nel proprio
campo specifico, non avevano
mai avuto la possibilità di comunicare le rispettive esperienze. Primo passo sarà sicuramente di tornare a chiedere
alla giunta comunale la possibilità di attivare quella “Casa
della pace” per la quale Bassolino aveva assunto impegni
specifici già in periodo preelettorale: finora è rimasta
un’assunzione di intenti non
realizzata. Se continueremo a
restare in dialogo e a collaborare (così come è avvenuto in
questi mesi) con l’amministrazione comunale, con le
università, con l’Istituto italiano per gli studi filosofici e
con molte altre realtà che hanno guardato con estrema simpatia alle nostre iniziative, a
Napoli si potrà finalmente
parlare di pace, di movimenti,
di volontariato in termini più
fattivi rispetto a quanto non si
sia fatto fino ad oggi».
Controvertice a Napoli
«Il cerchio dei popoli»
Il movimento «Il cerchio dei popoli», coordinamento di
movimenti e associazioni a carattere locale e nazionale, in
vista del vertice dei sette paesi più industrializzati, i Gl,
hanno programmato in parallelo e in controtendenza una
serie di iniziative e attività per favorire la presa di coscienza e la riflessione sui problemi degli equilibri mondiali e delle crisi attuali. L’angolo visuale scelto non sarà
quello dei grandi della terra, bensì dei piccoli: dunque le
iniziative di cui diamo notizia attraverso il seguente calendario saranno un’occasione di ascolto di voci provenienti da popoli e paesi che sulla loro pelle pagano il
prezzo del modello di sviluppo occidentale e le analisi
proposte offriranno un quadro diverso da quello dominante in questi giorni su tutti i mass media.
2-3 luglio — presso «Esperimento 20» in corso Vittorio Emanuele 87, Napoli; convegno nazionale sul rapporto fra genere e potere: «Tempi della vita, progetti di civiltà: punti di vista e voci di donne».
5-7 luglio — presso r«Auditorium dell’Osservatorio
Astronomico di Capodimonte» salita Moiariello, Napoli:
convegno intemazionale sul tema «Lavoro democrazia e
disuguaglianze neH’economia mondiale». Sessioni; la
mondializzazione e i suoi effetti; critica dello sviluppo e
riconversione ecologica; tempi di lavoro, tempi di vita e
occupazione; squilibri regionali e questione energetica; le
forme di potere; economia, militarizzazione, comunicazione; ordine economico internazionale e istituzioni;
mondializzazione, garanzie democratiche, diritti sociali.
7-9 luglio — presso «Uva, sala mensa dell’ex Italsider». Bagnoli; Convention dei movimenti: «I soggetti
della trasformazione: le strategie dei movimenti per il
futuro del pianeta». Sessioni; sviluppo; ambiente; lavoro; ordine e disordine mondiale; nazionalismo e nuovi
conflitti; razzismo.
9 luglio — Manifestazione nazionale
mattina: circa 80 artisti proporranno musiche e teatro
per strade e piazze del centro antico
pomeriggio-sera: grande manifestazione popolare in
una piazza significativa del centro storico (ancorada definire) con 7 testimoni dell’altra faccia dello sviluppo capitalistico, controvertice simbolico in cui i «sette poveri»
lanceranno il loro messaggio al mondo.
Non è possibile elencare qui tutti i nomi degli studiosi e
delle personalità di rilievo nazionale e intemazionale
coinvolti nelle iniziative su riportate. Per ulteriori inforniiazioni o richiesta di ospitalità per i giorni del vertice rivolgersi al«Cerchio dei popoli» 081-2395231; fax 0817662106 oppure alla redazione meridionale di Riforma:
tei. 081-291185; fax 081-291175.
12
PAG. 8 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 8
LUGUO’
PUBBLICITÀ CHE FA SCANDALO
ASPIRAZIONI
FRUSTRATE
ALBERTO COREANI
Ha cominciato a comparire fra un tempo e l’altro
delle partite dei mondiali di
calcio di Usa ’94, ed è stato
subito chiaro che avrebbe fatto discutere. Lo spot realizzato dalla Peugeot Italia, che reclamizza la versione «cabrio»
dell’ultima nata 306, ha suscitato reazioni indignate da una
parte, di appoggio dall’altro.
L’oggetto del contendere?
Il personaggio (in gergo si
chiama testimonial) chiamato
a dare garanzia di autenticità
al prodotto, a testimoniare
(appunto) della serietà del costruttore e dei venditori, a
fornire autorevolezza al filmato. Alla guida della «306
cabrio» è infatti Ray Charles,
grande e celebrato cantante di
blues e soul music, pianista e
showman. Notoriamente cieco dall’infanzia.
La reazione indignata del
presidente dell’Unione italiana ciechi dà un giudizio che
sul piano morale è condivisibile (questa pubblicità sfrutta
un handicap, in buona sostanza, per fare affari) ma che non
è sufficiente a chiarire di che
cosa si tratti. E lo stesso si
può dire per la reazione opposta (da parte del responsabile
romano della Uic stessa), che
ritiene possibile e anzi auspica gare di auto per non vedenti, ritenendo lo spot positivo
perché accenna alla possibile
integrazione del non vedente
nella società.
Perché queste due prese di
posizione, che presentano (e
lo ripetiamo a scanso di equivoci) indubitabili motivazioni
morali e civili, non soddisfano completamente? La mia
personale impressione è che
entrambe sfiorino, per così
dire, il cuore del problema,
ma non lo approfondiscano
abbastanza; è inoltre facilmente prevedibile che il dibattito si protrarrà, e che si
radicalizzerà, come altre volte
è già successo, proprio nelle
secche degli opposti moralismi, senza che vengano mes
se in crisi le convinzioni più
profonde dell’opinione pubblica. Già, perché l’oggetto
della pubblicità, oltre che il
suo destinatario, è proprio
l’opinione pubblica, la massa
indistinta e indifferenziata degli italiani che ancora una
volta si trovano di fronte a
una proposta che pare allettante. L’auto (manco a dirlo)
è incarnazione di successo, di
vita positiva, di affermazione
di sé; lo scenario (il Lago Salato, nello Utah) è un paesaggio incantevole, sul quale la
vettura può spaziare libera tra
colori da favola.
Ma qui c’è il primo scoglio.
L’auto in questione «doveva»
essere libera; un non vedente
non avrebbe potuto condurla
altrove che su una distesa deserta e relativamente piana (e
tutto questo con l’ausilio fornito via radio dall’assistenza).
Ma il possibile acquirente dove mai potrà pensare di guidare così? Dove troverà questi spazi? Nelle nostre città?
Sulle autostrade del «popolo
delle ferie»? Sul Lago Salato? Sulla Luna?
È da qui, non nel fatto che
alla guida sia un non vedente,
che si può cominciare a mettere in discussione lo spot. È
nello scarto tra le suggestioni
del filmato (in cui il cantante,
sulle note della sua stessa voce in una celebre canzone, vive l’ebbrezza della velocità,
della musica, della natura che
fa da contorno e, ovviamente,
del prodotto in questione), tra
l’attrattiva dell’oggetto pubblicizzato e la praticabilità di
questi sentimenti (praticabilità che ben difficilmente potrà essere nostro appannaggio) che casca l’asino, che la
pubblicità, dopo alcuni istanti
di sogno accattivante, può lasciare l’amaro in bocca. Ma
allora, se risulta che anche
chi potrà comprarsi quest’auto non potrà vivere quelle
emozioni, non dovremmo essere un po’ più sospettosi in
genere?
Un'importante antologia di testi storici
Per studiare il
Nuovo Testamento
Grazie aH’editrice Paideia
ora è disponibile in traduzione italiana un’imponente miscellanea di testi «per lo studio del Nuovo Testamento»*.
Sono interessanti le comparazioni, i parallelismi, le analogie e le differenze fra il dato biblico e i testi coevi, molti dei quali testimoni di altre
culture che hanno influito direttamente o indirettamente,
in positivo o per reazione, al
cristianesimo. Nel volume
vengono riportati passi di
opere precedenti di alcuni secoli il sorgere sul ceppo
ebraico della diramazione cristiana: pertanto troviamo brani di opere di autori come
Platone, Aristotele, Senofonte, e poi (cronologicamente
paralleli) Filone, Flavio Giuseppe e altri di poco successivi. Non solo testi pagani, ma
anche il Targum, i Padri apostolici, apocrifi e tanti altri.
«La comparazione storico
religiosa non esaurisce tutta
l’esegesi ma ne è parte necessaria, indispensabile. Grazie
ad essa il testo biblico viene
riscattato dal suo isolamento
e messo in relazione con testi
non canonici del suo stesso
ambiente. Ciò facendo l’esegeta ricostruisce il dialogo
(...) del quale fa parte a suo
tempo il testo biblico» (p.
13). Questa antologia si affianca a un altro prezioso
strumento di ausilio per lo
studio del Nuovo Testamento: il volume di H. G. Kippenberg-G. A. Wewers, Testi
giudaici per lo studio del
Nuovo Testamento, Paideia,
1987, e ora attendiamo, nella
stessa collana Comprendere il
Nuovo Testamento, di P.
Stiihlmacher.
(*) Klaus Berger-Carsten
Colpe (a cura di): Testi religiosi
per lo studio del Nuovo Testamento. Brescia, Paideia, 1993,
pp 353, £ 55.000.
Ristampata pochi mesi fa, dalTeditrice Adelphi, la «Storia dell'età barocca in \[^\\^^
Come Benedetto Croce seppe interpretare
le trasformazioni dovute alla Riforma
IÌ81
SALVATORE CAPONETTO
La lettura della bella recensione di Paolo Alatri
alla ristampa della Storia
dell’età barocca in Italia, curata da Giuseppe Galasso per
i tipi di Adelphi («Corriere
della sera, 22 dicembre ’93),
mi ha spinto a rileggere il capolavoro crociano e a ripensare ai miei studi giovanili.
Anch’io rimasi sconcertato
alla prima lettura nell’edizione laterziana del 1957, come
adesso il recensore, per «una
certa rivalutazione» della
Controriforma. Ho voluto rileggere le reazioni di Walter
Maturi e di Federico Chabod
i quali, pur notando un «provvidenzialismo storicistico» in
contraddizione con la concezione generale crociana della
storia come storia della libertà, riconobbero che le osservazioni sulle conseguenze
politiche della Controriforma,
la quale avrebbe contribuito a
salvare l’Italia dalle guerre di
religione, non sminuivano il
giudizio globale, fortemente
negativo sulla vita religiosa,
morale e politica italiana di
quel periodo.
Come è accaduto per molti
altri argomenti Croce, grande
educatore e guida alla riflessione degli studiosi, amava
ritornare sui suoi concetti per
chiarire, correggere, distinguere, rispondere alle deformazioni dei critici. Una risposta a chi gli rimproverava
di avere rivalutato la Controriforma, fu la pubblicazione
nel 1933, cinque anni dopo la
prima apparizione sulla «Critica» della Storia dell’età barocca in Italia, della biografia di Galeazzo Caracciolo,
marchese di Vico («Critica,
1933), ristampata poi in Vite
di avventura, di fede e di
passione.
Come ebbe a scrivere Delio
Cantimori, «era una chiara
risposta e una correzione offerta, come lezione delle cose,
ai confusionari; non era una
revisione del proprio giudizio
generale, tant’è vero che il
Croce non si allontanò dalla
.storia della vita e della cultura napoletana del Cinquecento, e si tenne al calvinismo
conservatore, criticando duramente le correnti protestanti radicali, precorritrici, secondo le epigrafi ottocentesche, del democratismo massonico, dell’egualitarismo e
via dicendo» («Terzo programma», n. 2, 1966, ristampato in D. Cantimori, Storici e
storia, Torino, 1971).
Nella biografia di Galeazzo
Caracciolo, giudicata da Federico Chabod «un gioiello,
che è da annoverare fra le cose più perfette del Croce storico» (Croce storico, in «Rivista storica italiana», LXIV,
1952), il lettore ammira ancora oggi la straordinaria finezza dell’analisi della conversione al calvinismo di un nobile napoletano, caro all’imperatore Carlo V, imparentato
per tramite materno con il
cardinale Gian Pietro Carafa,
il futuro Paolo IV, del quale è
indimenticabile lo scatto d’ira
dinanzi all’ambasciatore veneziano al ricordo della fuga a
Ginevra del pronipote.
Una conversione profonda,
dopo aver ascoltato le prediche di Pietro Martire Vermigli, alle quali lo aveva accompagnato Gian Francesco
Alois, seguace di Giovanni
Valdés, che non lo seguirà
nell’esilio e finirà sul patibolo il 4 marzo 1564 come «luterano relapso», ma in realtà
Napoli: le cappelle arciconfraternili di viale Poggio Reale
per avere avversato con altri
nobili il rinnovato tentativo di
introdurre a Napoli il tribunale dell’Inquisizione di tipo
spagnolo. Il marchese, come
tutti lo chiamavano a Ginevra, resterà saldo nella nuova
fede superando la sofferenza
e il tormento al richiamo della moglie, dei genitori, dei sei
figli per farlo tornare in patria
con la promessa del papa di
non farlo inquisire.
Dal travaglio di un uomo,
che aveva rotto i legami con
il suo passato. Croce si volge
a considerare le vicende europee. Nel raffronto fra la Napoli spagnola, abbandonata
dall’esule, e la Cité-refuge di
Calvino, viene descritta con
mano maestra la trasformazione profonda creata dalla
Riforma, dove ha messo radici, nella vita religiosa e sociale dell’Europa del Cinquecento. «Non si sarebbe potuto
facilmente immaginare contrasto più grande di quello
fra la città a cui Galeazzo
Caracciolo rinunziava e questa in cui veniva ad abitare:
tra Napoli, che allora in Europa era superata per popolazione solo da Parigi, che
era piena di fastosa nobiltà,
con palagi magnifici (...) tutta spettacoli e feste e suoni e
colori, col tepore dei suoi inverni e il fulgore delle sue
estati, aliare dal venticello
marino; e la piccola Ginevra,
con poche migliaia di abitanti, con modeste e povere case, circondata, a distanza di
una lega o di una mezza lega,
da territori di diverso dominio o addirittura nemici come quelli dei duchi di Savoia,
vigile e tesa contro attacchi
sempre minaccianti (...)».
«Ma dall'esterno penetrando
nell’interno, in quella piccola, agitata e compres.sa città
si .sarebbe osservato un rigoglio interiore, un impeto di
profondo rinnovamento, attuoso nel presente e ancora
più ferace nelTavvenire, una
ricchezza spirituale, che scopriva al paragone la povertà
nascosta nelle sembianze
splendenti dell’altra città, e
segnava il divario tra la
realtà e la parvenza, tra la
vitalità genuina e la maschera della vitalità».
La riflessione del Croce
sulla penetrazione in Italia
della protesta luterana contro
la chiesa di Roma non si ferma alla biografia del Carac
ciolo. Nel 1938, riprendendo
il tema del valdesianesimo a
Napoli, dava la prima edizione moderna dell’Alfabeto Cristiano di Giovanni Valdés,
che è da considerare una pietra miliare nella conoscenza
del grande riformatore spagnolo e della sua influenza
nella vita religiosa napoletana
e italiana del Cinquecento.
L’introduzione ci offre un
ritratto affascinante di Giulia
Gonzaga, finora insuperato, e
delinea con estrema chiarezza
alcuni aspetti della dottrina
valdesiana e della posizione
dei suoi seguaci. Si veda per
esempio la definizione della
giustificazione del credente
secondo Valdés: «Una forza
sorgente dal profondo del
cuore, dalla fede viva in Cristo, la quale, informando di
sé tutta la vita, la governa nel
suo corso, la corregge quando tentenna, la rialza quando
cade, e da cui solamente
prendono bontà le opere
esterne» (p. XVIII). Si legga
la tagliente risposta ¡
domandava
fossero o^no ereticfT^^JJ'
stioni fu ben posta e rkni
fin dal secolo deciniosÌ
dalla chiesa di Roma
"uegli uà—' ■
e li bru
quegli uomini avvertì]
(vai
iella
FULVIO
P'''mo storio di q
Croce fu il
italiaiio a occuparsi di jJaDzi, costi:
de Valdés (seguito daE.CkStódelf®®^
ne a distanza di pochi mesi Su^della sui
e anche se il suo interes^ielachiesa s
preminente fu di carattere IL il cinqi
losohco ed etico, il suo ij Lrio della
portante contributo diej«limone c
1 avvio a una letteratura ci ¡¡cono in tra
dopo mezzo secolo, contini Jcuni volumi
a arricchirsi di studi pregevtjjoinmodo
li, come il recente libroigttere poh®'
Massimo Firpo, Ta alumbn Hsonalita.
dos e «spirituali». Studi i Aito ed essi
Juan de Valdés e il vatóej« pone presei
nesiino nella crisi rdigioj, mli 24 anni
del ’500 italiano (Firenze'anno succe:
Olschki, 1990). jBonhöffer
Nel 1940 uscì sulla «Orili «co, che dii
ca» (XXXVili, fase. Il, p|«icompetei
114-125) il saggio II Ben^m&àt de
do di Cristo, che è il caposS psficolare qi
pile dei numerosi studi app» jet (nel 192'
si in Italia sul famoso libreHijiiiiipo, che B
il circa 50 anni di ricerca si| ma già nel titi
testo e sul suo autore, don Bei io), e la poss
nedetto da Mantova. Nonèizarlein teolc
caso di far citazioni perii'; in modo serri
strare l’intelligenza dell’aniitenendo coni
si, la quale, nonostante il k- teologico-filo
dizione catt
èpOssib:
go proficuo lavoro filologico
per accertare le fonti, e i tei
tarivi di chiarire il significalo
dell’opera, rimane ancora ni; riamente, l’a
passaggio obbligato perogi' irgomentazic
ulteriore riflessione. ffiricordiam
Nei miei anni verdi dagne- essasfociain
sto saggio trassi ispirazionee lineatura de
guida per le mie riceickj ecclesiale del
sull’argomento, culminate! Dadiiesaè
nell’edizione critica dell’ope- Cristo stess
ra per il Corpus reforimlii- quanto comu
rum italicorum (Benedetto il sa,cioè, Cris
Mantova, Il Beneficio di Cri- mepeisona, i
sto , Firenze- Chicago, M può essere
e nelle due edizioni minoii globale»; la
per la Claudiana con una bi- consistenza
bliografia aggiornata (Torino, Dio sono ga
1991), che sta a indicareil cbelafede
grande interesse suscitai»
nella storiografia italiana,»
non solo italiana, dalla letti®
di questo capolavoro delli
letteratura religiosa del Cinquecento.
Un libro sulle relazioni ebraico-cristiane
La fede nei dialoghi
di Gesù Cristo
® atto indiv
e dall
Wsmgolo, a
quell
«àbile. Que
»ette a I
’•'“S'lere ne
«ione della
"«laconsap
“»adelcred
Il pastore Hans Ucko, segretario esecutivo dell’ufficio
del Consiglio ecumenico delle chiese per le relazioni
ebraico-cristiane, con le nuove religioni e con il mondo ex
marxista, è autore di un volume dal titolo Radici comuni Nuovi orizzonti. Conoscere la
fede cristiana attraverso i
dialoghi di Gesù '.
Il libro è stato .scritto da un
ebreo-cristiano per una nuova
lettura dell’Evangelo sullo
sfondo dell’Antico Testamento, spiegando il concetto
ebraico della Terra Santa e
del popolo eletto in una nuova chiave di lettura della Bibbia. Ucko stesso chiarisce lo
scopo: «La chiesa cristiana
nel suo incontro con il popolo
ebraico non affronta degli
estranei, ma fratelli provenienti dallo stes.so ceppo. Gli
ebrei conoscono il Dio dei
cristiani, colui che essi adorano e del quale testimonia
no; essi .sanno che ij
dre di Gesù Cristo è ir
Abramo, Isacco e Giaco»
Certo ci sono
cercano di costruire
di separazione fra I
dell’Antico e quello “fL.
vo Testamento: perche < f
mo è visto come un u
il secondo come un :
amorevole. Malgrado
tentativi il rapporto fiai
Pubblica
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.sfida teologica
alia sua missione gA
polo ebraico e anche a P
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Si tratta di un’opera^«
di lettura scorrevole
bene"
richieda una conoscen^^^ij
blica di base per i suo* >
riferimenti a si»
fatti storici sia dell A ^
del Nuovo Testamentofrontabile da tutti(*) Hans Ucko:
Roots - New Horizons,
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13
8 luglio 1994
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
sta a chi
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■Clmosest^
orna, che
> nein¡¿
foghi»
mo storii
j^tti in italiano la tesi di abilitazione e un'introduzione alia predicazione
(valore spirituale e intellettuale
pella produzione teologica di Bonhòffer
pi^FEBBARIO
•goere Bonhoffer è semate un’esperienza molto
; sia dal punto di vista
jlettuale che da quello
^rituale: proprio la sintesi
Sda di questi due aspettasi di JuJ^costituisce una delle
3 da E (^i del fascino particolans’ochime&della sua teologia. Men0 interesi Bla chiesa si prepara a cele
earattereSKareil ctatltt^tttesimo anni
- il suo ysisario della morte di questo
duto dieiiestimone dell’Evangelo,
eraturacMiìcoiio in traduzione italiana
lo, contiiiini volutili* che documen‘di pregevLoinmodo esemplare il catte libro Liete poliedrico della sua
a/«»iiXsonaÈtà.
Studi! Atto ed essere, tesi di abiliti va/deji( uione presentata nel 1930 (a
s' re%'os|oli24 anni), e pubblicata
0 (Firena fanno successivo, ci mostra
i Bonhòffer teologo accadesulla «Criii iiico, che discute con estrefasc. ll,paiompetenza le proposte
0 II Ben4Ì^bs del suo tempo, in
è il capti |»ticolare quella di Heidegstudi appai, jet (nel 1927 esce Essere e
toso libre» upo, che Bonhoffer richia
1 ricerca ai ma già nel titolo del suo lavoore, don Bei 4 e la possibilità utilizva. Nonèi tatlein teologia, dialogando
3ni perillBjinniodo serrato con Barth, e
a dell’anali'itenendo conto dell’impianto
fante il Ina. teolopco-filosofico della tra
0 filologi®fiiione cattolico-romana,
mti, e iten| Non è possibile riassumere in
1 significaioi ijuesta sede, sia pure somma; ancora III! riamente, l’andamento dell’
Ito perogai argomentazione bonhòfferiae. Bt ricordiamo comunque che
erdida^e- essa sfocia in una forte sottospirazionee lineatura della dimensione
e riceitk, ecdesiaàe della fede,
culminate! La chiesa è concepita come
cadell’ope- Cristo stesso esistente in
refomalt- (luanto comunità; nella chieenedettoà sa,cioè, Cristo è presente co7cio di Ch- inepersona, e la chiesa stessa
cago, 19721 pnèessere detta «persona
oni minoii, globale»; la concretezza e la
con unah: consistenza del discorso su
ata(Torii»|| Dio sono garantite dal fatto
indicareiljiiielafede non si risolve in
suscitalo in atto individuale, fuori dal
e dallo spazio: la fede
al contrario, si ra"ì®» quella della comunità
lothile. Questa affermazione
tette a Bonhoffer di di|jl''?uere nettamente la quelite della fede da quella
«consapevolezza sogget¡StÌ2fl6 *^1 credente: non si trat
Bonhöffer (a destra) con l’amico E. Bethge
italiana,!
dalla letti»
voto delli
sa del eia
ta, semplicemente, di «decidersi per Cristo», ma di un
«esser colto» da Cristo che
«trascorre nel tempo», appunto come chiesa. Non a caso il
volume si chiude con alcune
pregnanti osservazioni sul tema del bambino come problema teologico, e del battesimo
dei fanciulli.
Siamo di fronte, come già
queste noticine avranno mostrato, a un testo assai complesso, certo non consigliabile come primo approccio al
nostro autore; ma appunto,
Bonhoffer è anche questo,
uno studioso in grado di dominare le sottigliezze della filosofia e della teologia dogmatica con una sicurezza
sconcertante in un ventenne.
La presente edizione (la seconda in italiano) è dotata
dell’eccellente apparato critico della collana «Opere di
Dietrich Bonhòffer»; va sottolineato che il curatore italiano, Gallas, introduce interessanti precisazioni rispetto
ad alcune scelte testuali e interpretative dell’edizione critica tedesca.
La parola predicata ci trasporta, per certi aspetti, in un
altro mondo: siamo negli anni 1935-39 a Finkenwalde, il
seminario creato dalla Chiesa
confessante per fornire ai
candidati al pastorato quella
preparazione teologico-spirituale che l’università tedesca
non poteva più, a giudizio di
Bonhòffer, garantire; l’obiettivo, dunque, è eminentemente pratico, e la posta in gioco
non è più un titolo accademico o un intervento nel dibattito tra i dotti, ma la vita stessa
della chiesa di Gesù. L’autore, tuttavia, non rinuncia neppure per un attimo al rigore
della teologia dogmatica: anzi, in questo corso sulla predicazione avverte a più riprese i
suoi allievi della necessità di
acquisire una competenza sistematica di alto livello.
Le tappe della preparazione
del sermone vengono descritte in modo breve e chiaro; indimenticabili le pagine dedicate alla spiritualità personale
di chi predica e al suo rapporto con la Scrittura; utilissimi i
consigli pratici, e indicativa la
cura prestata ai dettagli liturgici e all’atteggiamento anche
esteriore, fisico, sul pulpito.
Resta naturalmente vero, come osserva Ermanno Genre
nella prefazione, che si tratta
di un’omiletica «strutturalmente antimodema», animata
da preoccupazioni spesso assai diverse da quelle che percorrono la maggior parte dei
trattati odierni, ma ciò non toglie nulla alla sua attualità e
se mai, anzi, l’accentua.
Opere di questo genere, assai semplici nel loro linguaggio, aiutano parecchio a capire anche le apparenti astrusità di testi come Atto ed essere: data l’importanza del suo
compito, la teologia ha tutto
il diritto di ricorrere a strumenti concettuali anche molto sofisticati e il predicatore
ha, nei limiti delle sue possibilità, il dovere di imparare a
utilizzarli, senza fare della
«semplicità evangelica» un
alibi per la propria pigrizia
mentale; i tecnicismi della
teologia sono, o per lo meno
possono essere, al servizio
dell’esegesi biblica e dell’annuncio; chi si impegna ad affrontarli con serietà sarà anche in grado di usare, dal pulpito, un linguaggio elementare e concreto, ma non banale.
La Parola predicata dovrebbe costituire, a sommesso parere di chi scrive, una lettura
obbligatoria non solo per i
predicatori e le predicatrici,
ma anche per chi frequenta il
culto: ascoltare una predicazione, infatti, non è più facile
che pronunciarla.
Raffinato teologo universitario, maestro di predicazione
e di spiritualità, credente di
straordinario coraggio che in
età matura trova una compagna degna di lui; ma anche
uomo di carne e sangue, in
cui la rigorosa disciplina interiore ed esteriore non soffoca
la spontaneità: in trentanove
anni di vita è stato dato a
Bonhòffer di essere tutto questo, al massimo livello. Certamente egli pensava anche a
questa vita così breve e intensa e di cui vedeva lucidamente approssimarsi la fine,
quando, il 21 luglio 1944
(all’indomani del fallito attentato contro Hitler), scriveva a Bethge: «Questo io chiamo essere al di qua, cioè vivere nella pienezza degli impegni, dei problemi, delle
perplessità; allora ci si getta
completamente nelle braccia
di Dio, allora non si prendono più sul serio le proprie
sofferenze ma le sofferenze di
Dio nel mondo, allora si veglia con Cristo nel Getsemani
e, io credo, questa è fede,
questa è metanoia e così si
diventa uomini, si diventa cristiani» (cfr. Geremia 45).
(*) Atto ed essere. Filosofia
trascendentale ed ontologia nella teologia sistematica. A cura di
H. R. Reuter. «Opere di Dietrich
Bonhòffer», voi. 2, Brescia, Queriniana, 1993, pp 204, £ 35.000.
La parola predicata. Corso di
omiletica a Finkenwalde. A cura
di Ermanno Genre. Torino, Claudiana, 1994, pp 98, £ 15.000.
ttblicate le lettere che Bonhòffer scrisse dal carcere alla fidanzata
Speranze e delusioni nel privato del teologo
^ilDiof'
, è il Dio»
Giacobo»
istiani c»
re un
■ra l’idf
’odelI^<^.
rchéilf\
n despoti
««
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fama di Bonhòffer pres^ S’ande pubblico è legata
■ a Resistenza e resa,
delle lettere inviate
’et
lachieso'
.erse il K
he a por
pera ag'J
e e, bear
^ . prigioniero nel
^fedi Tegel, all’amico
®^lhge, nel periodo
».!!, “ta, e appare ora in
’ ' tiltra corrispon'*d^ carcere di BonhòfiLj, Ila con la fidanzata,
^ von Wedemeyer: sinhdanzamento davvero,
sceiizä
suoi
bi;
molli
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e»
ento. e
^s.Ginc'^
risk.
e tragico.
e Maria si conof, della nonna di
liliig, Kleist Retzow,
“ I ®",Lòffer e sosteni®11 attività di Finkenntf;,’3**®ttdo avviene l’innel • t^ondurrà all’amo1942, Ma''fesau ^""1’ Bonhòffcsto p il doppio;
liiOn ^ fattori determij ed esitazio'®di ^ della ma«si tt®l giro di pochi
*^a perde sul fronte
russo il padre e il fratello; nel
frattempo l’amicizia con Dietrich continua, benché non
senza affanni, e i due si fidanzano nel gennaio 1943, tra
entusiasmo e ansie; la madre
di Maria desidera che i contatti siano ridotti al minimo
per un anno, affinché la figlia
possa riflettere.
Il 5 aprile Bonhòffer viene
arrestato, senza che i due abbiano avuto una sola occasione per incontrarsi da soli; si
scambieranno il primo bacio
in carcere, nel corso di una visita di lei, davanti a una guardia. Le lettere (sono riportate
anche quelle della fidanzata)
permettono di seguire l’alternarsi della speranza e delle
delusioni, la capacità di Dietrich di trovare nella lettura
biblica e nella preghiera energie insospettate, ma anche la
grande maturità di questa giovanissima donna, die non appare affatto fuori posto in una
vicenda storica e umana grandiosa e insieme spaventosa, in
cui solo spiriti di rara tempra
riescono a non venir meno. A
un certo punto l’attesa sembra
dàvvero non dover finire mai.
Maria vacilla e il fidanzato,
dal carcere, cerca di rinsaldare in lei la fiducia e la gioia
d’amare, anche e proprio in
una tale situazione.
Poi la fine: il 20 luglio 1944
fallisce l’attentato a Hitler; il
22 agosto ha luogo Fultimo
colloquio tra i due fidanzati; il
22 settembre la Gestapo trova
i documenti che dimostrano
definitivamente la responsabilità del gruppo di congiurati
di cui fa parte Bonhòffer; l’8
ottobre, egli deve lasciare la
cella 92 di Tegel per raggiungere la prigione sotterranea
dell’Ufficio centrale per la sicurezza del Reich, alla Prinz
Albrecht Strasse; di qui uscirà
ancora una lettera per Maria,
11 19 dicembre: poi il silenzio. Il lettore, che evidentemente bene conosce la fine
della vicenda, quasi si sorprende a sperare in un colpo
di scena; ce ne furono in effetti parecchi, in quei giorni
drammatici, e Dietrich fu a un
passo dalla salvezza, prima
che la macchina infernale
avesse ancora una volta la
meglio. Bonhòffer, com’è noto, verrà impiccato, insieme
ad altri congiurati, l’8 aprile
1945, per ordine diretto di Hitler, nel campo di concentramento di Flossembiirg; Maria
apprenderà la notizia solo mesi dopo.
L’edizione è ben curata; le
notizie sui personaggi del
dramma danno un’idea assai
vivida di questo ambiente,
aristocratico e conservatore,
colto, ben radicato in una solida pietà luterana, nell’insieme assai tempestivo nel cogliere il carattere demoniaco
del nazionalsocialismo.
(*) Dietrich Bonhoffer: Cella 92. Lettera alla fidanzata,
1943-1945. A cura di R. A. von
Bismarck e U. Kabitz. Brescia,
Queriniana, 1994, pp 290, £
35.000.
Cinema
Un appello per Pierrot
Esistono notevoli possibilità di salvare un vivo patrimonio di
energie sociali e culturali che non può andare perso; una ricchezza che appartiene proprio a quell’area della periferia orieritale di Napoli di cui si scrive quasi sempre di degrado e malavita. «Pierrot»; questo è il patrimonio; l’unica sala cinematografica e teatrale di tutta l’area periferica orientale.
Il gruppo dirigente dell’Arci-movie, circolo di cultura cinematografica di Ponticelli, ha promosso una campagna di sottoscrizione nazionale il cui obiettivo è l’acquisizione popolare
della sala. Il Pierrot era diventato un cinema dove le uniche
pellicole proiettate, prima che chiudesse, erano quelle a luci
rosse; quattro anni fa T Arci-movie dette vita a delle rassegne
cinematografiche coinvolgendo subito le scuole della zona e riscuotendo un grande e immediato successo. Così la grande sfida (mai più luci rosse in questa sala) è ora di raccogliere un miliardo e cinquecento milioni attraverso la formula dell’azionariato popolare per ottenere definitivamente il cinema, per non
ritrovarsi un supermercato o l’ennesimo sportello bancario.
Il Centro culturale «E. Nitti» e il Centro sociale «Casa mia»,
opere delle chiese evangeliche, hanno aderito al progetto «Salviamo il Pierrot» partecipando alle diverse iniziative culturali
promosse dall’Arci-movie; la collaborazione tra le opere e
l’Arci è frutto di antichi interessi comuni per un lavoro sociale
che contribuisca a emancipare culturalmente il quartiere di
Ponticelli. Il numero di ccp da intestare a «Progetto Pierrot Arci-movie» è 32969800.
J
Le avventure di un vichingo
Documento di una cultura remota quanto affascinante, la Saga di Oddr l’arciere* racconta la vicenda di uno dei più celebri
e popolari eroi della letteratura islandese in un’ambientazione
dai toni magici e leggendari. Oddr, «il ragazzo più forte e bello
fra tutti quelli che vivono in Norvegia, e anche più lontano»,
sentito il responso di un indovino che gli predice oltre 100 anni
di vita, battaglie, gloria e la morte nel luogo stesso in cui è avvenuta la predizione, cerca di opporsi al suo destino. Partirà
con il fratello di sangue e diventerà un vichingo, anzi uno degli
eroi più temut) e rispettati, per condurre spedizioni in Lapponia, Svezia e Irlanda, combattere contro guerrieri ma anche
contro i giganti e altre creature mitologiche soprannaturali.
La vita tuttavia, proprio perché più lunga di quella degli altri
uomini, è anche fatta di maggiori tristezze: Oddr perde il fratello di sangue, gli amici più cari, vivrà un’esistenza «di deserto».
Continua dunque le sue spedizioni in Ungheria, Germania, Palestina (si convertirà anche al cristianesimo). Tornato in patria
cade poi vittima della profezia. Il genere della saga fiorì in
Islanda a partire dal XII secolo, conosciuto per ora solo in minima parte nel nostro paese.
(*) Saga di Oddr l’arciere. Milano, Iperborea. 1994, pp 168, £
18.000.
Appuntamenti
Sabato 2 - domenica 10 luglio — VENEZIA; Presso la
Chiesa valdese sono visitabili le mostre sui valdesi e sul libro
evangelico (orario 17-19,30).
Venerdì 8 - domenica 10 luglio — MILANO: Presso il
«Teatro i» (via G. Ferrari 11, ing. via Conca del Naviglio), si
tengono le ultime repliche dello spettacolo «La porta del sangue», dal dramma di Angelo Giaccone. Feriali ore 21,15; fe.stivi 18 e 21,15. Per informazioni e prenotazioni (obbligatorie)
tei. 02-8323156 0 58319101.
Sabato 9 luglio — VENEZIA: Alle ore 17,30, presso la
chiesa valdese, il past. Giorgio Tourn parla sul tema: «Professione di fede e tolleranza religiosa; un conflitto?».
14
PAG. 10 RIFORMA
Argomenti
VENERDÌ
Manifestazione contro ia repressione nei Chiapas
Amnesty International,
nel numero di maggio della
sua rivista, invita i lettori a
rivolgere appelli alle autorità del Messico, del Marocco e della Guinea equatoriale, colpevoli di aver
violato i diritti umani, incarcerando, torturando e
uccidendo uomini che volevano soltanto esercitare il
loro diritto alla libertà di
espressione e di organizzazione. Presentiamo qui le
storie di tre vittime di queste persecuzioni.
Abdallah Housby MAROCCO
35 anni, professore di
matematica nelle scuole
superiori, iscritto al sindacato nazionale degli insegnanti, in prigione dal
1985. È stato torturato e tenuto in isolamento in un
centro segreto di detenzione. Dopo essere stato costretto a firmare una confessione sotto tortura, nel
febbraio 1986, è stato processato, insieme con altre
26 persone, e condannato a
10 anni di carcere.
Queste le accuse: distribuzione di volantini senza
autorizzazione, appartenenza a una organizzazione
messa al bando e cospirazione contro lo stato. Durante la detenzione ba partecipato a diversi scioperi
della fame contro le pessime condizioni carcerarie.
Alcuni dei 26 prigionieri
sono stati in seguito rilasciati, anche per un’amnistia concessa nell’agosto
’91, ma Abdallah Hou.sby e
altri 11 prigionieri sono ancora in carcere a Casablanca, alcuni con condanne fino a 20 anni. Amnesty ritiene Abdallah Housby un
prigioniero per motivi di
opinione.
Indirizzo per gli appelli:
Son Excellence le Ministre délégué auprès du
Premier Ministre chargé
des droits de l’homme/
Monsieur Omar Azziman/
Bureau du Premier Ministre/ Palais Rovai. Rabat Marocco.
Jacinto Nculu - GUINEA EQUATORIALE
44 anni, sergente dell’
esercito. È stato arrestato a
Malabo nell’agosto 1993
con molti civili e militari
sospettati di appartenere
all’opposizione. È stato
torturato durante la detenzione e processato da un
tribunale militare insieme
ad altri 5 imputati. Accusato di cospirazione finalizzata a rovesciare il governo, è stato condannato a 24
anni di reclusione, pena poi
ridotta, per un’amnistia, a
8 anni. Nessuna prova di
cospirazione è stata portata
al processo e non è stato
neanche rispettato il diritto
alla difesa.
Nel luglio ’93 gli oppositori del governo hanno minacciato di boicottare le
elezioni, per protestare
contro una legge elettorale
lesiva della libertà dell’
elettore. In seguito a questa
minaccia di boicottaggio si
sono verificati numerosi
arresti arbitrari ed episodi
di tortura. Il Partito democratico della Guinea equatoriale al potere nel novembre ’93 ha vinto le elezioni, così sono continuate
le torture e gli arresti degli
oppositori politici.
Indirizzo per gli appelli:
Su Excelencia General
de Brigada/ Teodoro
Obiang Nguema Mhasogo,
Presidente de la República/ Gabinete del Presidente/ Malabo — Guinea
Equatoriale.
Severiano Santiz Gómez, Sebastian Santiz Lopez, Hermelindo Satiz
Gómez - MESSICO
65 anni i primi due, 40 il
terzo. Essi sono stati uccisi
nella zona di Morelia, nello
stato di Chiapas; i loro corpi sono stati ritrovati. Il
ministero della Difesa ha
negato che i tre uomini siano stati mai detenuti, ma i
delegati di Amnesty International presenti nel villaggio di Morelia tra il 18 e il
22 gennaio ’94, hanno interrogato diversi testimoni,
che avevano visto i tre uomini mentre venivano portati via con un’ambulanza
militare.
Numerose sono le violazioni dei diritti umani avvenute nell’ambito del conflitto tra le forze governative e gli oppositori dell’esercito zapatista di liberazione nazionale. Molte persone sono scomparse in
Messico dal gennaio scorso, Amnesty teme per loro.
Attivisti ed esponenti di organizzazioni per i diritti
umani sono stati perseguitati. Amnesty chiede indagini imparziali.
Indirizzo per gli appelli:
Su Excelencia Lie. Carlos Salinas de Gortari. Presidente de la República/
Palacio Nacional/ 06067
Mexico D. F. - Messico.
Affrancatura via aerea
per le lettere. Guinea equatoriale £ 1.200; Marocco £
1.050; Messico £ 1.250. Si
possono usare anche gli aerogrammi (£ 850) validi
per tutti i paesi del mondo.
Libero!
U Shwe Ohn (Myanmar), prigioniero per motivi di opinione dal 1992, è
stato liberato.
(a cura di
Anna Marnilo Reedtz)
Fin da Zaratustra e Platone: la psicoanalisi
Studiare la psicologia
applicata alla Bibbia
di Giobbe
GIUSEPPE CHRISTIAN GIAMBARRESI
Qual è la situazione psicologica dj Giobbe? Che
cosa può succedere a una persona che venga colpita nei
suoi averi e privata dei suoi
affetti più cari e persino della
sua salute? Se questa persona
si ammalasse di una grave
forma di depressione sarebbe
del tutto ammissibile; la maggior parte delle depressioni
reattive è determinata da
qualche esperienza traumatica. Giobbe è un depresso?
L’esperienza traumatica della
perdita dei beni, dell’amore e
del prestigio può avere un effetto sconvolgente, lo stress
cronico ha ripercussioni biologiche e fisiologiche, la depressione è un’associazione
di tristezza e di pessimismo,
la perdita di qualcuno o di
qualcosa produce tristezza.
Quando si comincia a generalizzare l’esperienza della perdita e si comincia a predire il
futuro in modo pessimistico,
allora si può parlare di depressione.
Il lamento di Giobbe (cap.
3) potrebbe anche essere letto
in questo modo; Giobbe sa di
non poterne uscire da solo e
sa che nulla può contro l’onnipotenza di Dio e arriva pertanto a maledire il giorno della sua nascita. Questo però
non ci permette di etichettare
Giobbe come depresso; è pur
vero, anzi, che un eccesso di
angoscia costringe l’individuo a cercare di superarla.
L’angoscia, infatti, oltre a
rappresentare un fattore di
inibizione nelle sviluppo
dell’individuo, può diventare
anche un fattore importante e
determinante nel favorire lo
sviluppo dell’io e la maturazione dell’individuo.
Nel suo studio su La persona di Satana nell’Antico Testamento'. la Scharf, collaboratrice di Jung, arriva ad attribuire a Satana il merito di
avere aiutato Giobbe a fare
un’esperienza del tutto nuova: lo ha spinto a lottare col
Dio nascosto fino a dilatarsi
per comprendere cose che
prima assolutamente non
avrebbe compreso.
A conclusioni ben diverse è
giunto invece il maestro della
Scharf, Cari Gustav Jung
(1875-1961) che nel 1952
pubblicò Risposta a Giobbe/
Jung era stato profondamente
sconvolto dai disastri della
seconda guerra mondiale e,
nel 1952, si sapeva ormai
quasi tutto sullo sterminio
degli ebrei in Germania e su
quello che faceva più impressione: lo sterminio di bambini che erano innocenti almeno quanto Giobbe.
Jung, pertanto, si identifica
con Giobbe e si pone il problema del male: come può
permettere il male un Dio
perfettamente buono e onnipotente? È possibile che Dio
sia allo stesso tempo buono e
malvagio? Come Giobbe,
Jung si fa accusatore di Dio e
semina continui dubbi. Si domanda, per esempio: che bisogno aveva Dio di scommettere con Satana? Lui, che
tutto sa e tutto può, perché ha
bisogno di ulteriori prove
della fedeltà di Giobbe? Parla
poi di Gesù Cristo e si domanda; perché, nel Padre Nostro, dobbiamo chiedere a
Dio di non indurci in tentazione? Com’è in realtà questo Dio che ha bisogno di essere pregato per non indurci
in tentazione?
La posizione di Jung ha suscitato molte controversie: tra
l’altro, Jung non diede mai
una risposta diretta alla domanda .se egli credesse o meno all’esistenza di Dio; cre
deva sicuramente alla medicina, perché era un medico, e
soleva dire: «Non posso credere in ciò che non conosco e
non ho bisogno di credere in
ciò che conosco». Jung era
figlio di pastore e molti figli
di pastori divennero uomini
illustri, anche se alcuni si ribellarono all’ortodossia religiosa dei padri o, come fece
Niestzche, contro la stessa religione. Il rapporto padre-figlio, in psicologia, è sempre
stato un rapporto conflittuale
e gran parte dei disagi psichici affondano le loro radici in
questo conflitto.
Il rapporto Yahweh-Giobbe potrebbe essere assimilato
a quello di un padre e di un
figlio: Giobbe deve amare
Dio, ma deve anche temerlo;
per superare il suo conflitto,
deve riuscire a conciliare
questi due sentimenti opposti. Giobbe alla fine dice;
«Sono troppo meschino... io
mi metto la mano sulla bocca» (Giobbe 40, 4); noi non
sappiamo quali siano stati i
rapporti di Giobbe con suo
padre però sappiamo che il
rapporto di Jung con suo padre è stato conflittuale e si
potrebbe anche pensare che il
libro «Risposta a Giobbe»,
scritto nell’ultima fase della
sua produzione, all’età di 76
anni, sia non solo il tentativo
di affrontare una volta per
tutte il problema della religione, ma anche l’occasione
per risolvere il suo problema
con il padre.
Tutto sommato, nel libro di
Jung la risposta a Giobbe non
c’è, così come non c’è nel libro della Bibbia. La sua conclusione è che la contraddizione si può risolvere solo
accettandola: «Mi sembra dice - che faccia la volontà
di Dio soltanto colui che cerca di realizzare la sua natura
umana e non colui che fugge
davanti a questo fatto scandaloso che è l’uomo, ritornando al Padre anzitempo o
addirittura non lasciando mai
la casa del Padre». Dunque la
risposta a Giobbe non c’è.
Tutto quello che c’è nel libro
di Jung riguarda lo stesso
Jung, il suo problema con
Dio e il suo problema col
proprio padre.
Jung non è riuscito a trovare il Dio nascosto: è rimasto
con l’immagine del Dio cattivo che deve progressivamente umanizzassi; vede
nell’incarnazione del figlio
di Dio una fase importante di
questo processo di umanizzazione e vede nel dogma dell’assunzione di Maria, proclamato nel 1950, «l’avvenimento religioso più importante dopo la Riforma». Questo perché l’elemento femminile, assunto a rango di divinità, significa il più alto
grado di umanizzazione di
Dio; si profila addirittura una
Quaternità, al posto della
Trinità.
È chiaro che nessun protestante potrebbe seguire Jung
su questa strada: il problema
della sofferenza del giusto
continua a porre dei problemi
anche su Dio e questo tentativo, come si sa, è stato già
fatto al tempo di Zaratustra e
poi di Platone, dai manichei e
dai catari. Altro tentativo è
quello di inventare una Quaternità al posto della Trinità,
come ipotizza lo stesso Jung
nel suo libro Symbolik des
Geistes, pag. 410: «Pater,
Spiritus, Filius, Diabolus»^ o
la Quaternità con Maria assunta in cielo.
Noi non possiamo cambiare
Dio: al massimo possiamo
cambiare noi stessi e la realtà
deve essere accettata per
quello che è, non però in vista
della rassegnazione, ma con
la lotta per giungere a scoprire la verità dell’unico Dio che
si rivela, proprio nella sofferenza, come il Dio nascosto
«sub contraria specie».
Dichiarazi
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( I ) Studio raccolto da Jung in
«Symbolik des Geistes», 1948.
Cfr. E. Michaelis, «Le livre de
Job interpreté par C. G. Jung»,
R. Th. Ph„ III, 1953, p, 183 ss.
(2) Ed. Bollati Boringhieri,
Torino, 1952, seconda edizione
1992.
(3) Da E. Michaelis, op. cit. p.
185.
zione, invece di affronti
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si preoccupa più che pit-diltae sm n
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una linea di garanzia di dii
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Federazione delle eh
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iese evangeliche di Puglia e Lucania
diritti delle donne
Recenti indagini hanno dimostrato che i casi di violenza contro le donne, nella vita
pubblica e privata, sono in
aumento in tutti i paesi del
mondo. Nella maggior parte
dei casi gli autori di questi
crimini ricevono pene minime, quando non vengono addirittura dichiarati non colpevoli a causa di legislazioni
inadeguate o per pregiudizi
culturali.
In Italia la violenza .sessuale sulle donne viene tuttora
considerata un’offesa contro
la morale, e l'inerzia dei governi che si sono sin qui succeduti è una chiara manifestazione dell’indifferenza con
cui vengono considerati nella
nostra nazione i diritti delle
donne. La Conferenza mondiale delle Nazioni Unite,
svoltasi a Vienna nel 1993,
ha stabilito che «i diritti umani delle donne e delle giovani
sono parte inalienabile, integrale e indivisibile dei diritti
umani» e che «la violenza basata sul sesso e le forme di
violenza e sfruttamento sessuale, compresi quelli derivanti da pregiudizi culturali e
da traffici internazionali, sono incompatibili con il valore
e la dignità della persona
umana e devono es.sere eliminate» (art. 18).
Numerose organizzazioni
femminili in tutto il mondo
sono impegnate in una raccolta di firme per presentare
alla IV Conferenza mondiale
sulle donne, che avrà luogo a
Beijing nel settembre 1995,
una petizione nella quale si
chiede che i governi firmatari
del documento di Vienna
mettano in atto nei rispettivi
paesi una legislazione che
soddisfi i principi da loro
enunciati e sottoscritti. La Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e Lucania
ha deciso di aderire a questa
campagna mondiale per i di
ritti delle donne e ha
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I fogli della petizione
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disponibili presso la P
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zie 12, 74100 Taranto. ^
Via Pie
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adire, per chiarezza e riIdei lettori, se con que, considera chiuso anche il
attito sui «rapporti ecumejtraevangelici», sollevato
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I n punto centrale di quel
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nanda, e proprio dalla rista a questa domanda poa dipendere, in gran parte,
risposta da dare al probleideU’omosessualità.
[due dibattiti si sono prima
tacciati, poi fusi, e alla fine
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3ne di eseiti ^^attito sul giornale. Osterò solo che «la carità non^cttailtnale» (gg).
L'Evangelo
a Coazze
Durante l’incontro che i
membri di chiesa pinerolesi
hanno avuto con i fratelli di
Coazze oltre che alla formazione della comunità nel secolo scorso è stato accennato
alle «puntate» che il movimento valdese aveva fatto in
vai Sangone già fin dal XIV
secolo. E andando a rileggere
l’opera di Grado G. Merlo
Eretici e inquisitori nella società piemontese del Trecento, edito dalla Claudiana nel
1977, abbiamo appreso altre
notizie.
Leggiamo infatti che «Nel
1335 nella vai Sangone sono
stanziati alcuni valdesi provenienti dalla vai Chisone» e
queste piccole comunità sono
ripetutamente visitate da predicatori provenienti dalle valli del Pinerolese. Si vede che
i valdesi erano riusciti a installarsi, a predicare e a evangelizzare buona parte della
vai Sangone e in particolare a
Coazze, dove viveva un certo
Pietro di Coazze che, si legge, emigrò in Francia e fu poi
messo al rogo a Avignone.
Per cinque secoli non si
hanno notizie di eretici in
quella valle finché due giovani coazzesi, militari a Pinerolo, non si recarono nel tempio
a ascoltare il pastore «Filippo
Cardon che invitarono a
Coazze a predicare VEvangelo» e in pochi anni si formò
una piccola comunità che è
ancora viva dopo cento anni,
riconoscente di essere visitata
da fratelli e sorelle e insieme
lodare Dio con i canti.
Vera Long - Pinerolo
Doverosa
correzione
sul «Cupolone»
Egregio direttore,
in riferimento all’articolo di
Franco Campanelli dal titolo
«Il valore simbolico del Cupolone» apparso sul numero
22 di Riforma del 3 giugno,
desidero apportare una corre
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Rifoema
Via Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6 - 10066 Torre Pellice - tei. e fax 0121/932166
!^0RE: Giorgio GardioI
^IRETTORI; Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
JITORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Alberto Bragaglia, Daniele
“Usetto, Luciano CIrlca, Alberto Coreani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Mauntio Girolami, Anna Maffei, Milena Martinat, Carmellna Maurizio, Luca Ne5«i, Luisa Nini, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Gian Paolo RlcGiancarlo Flinaldl, Fulvio Rocco, Pietro Romeo, Marco Rostan, Plen/al® Rostan, Marco Schellenbaum, Federica Tourn, Florence Vinti, Raffaele
: Volpe
Franca Long, Andrea MannuccI, Mario Marziale, Fulvio Rocco, Bru.jj^Rostagno
TRAZIONE: Mitzi Menusan
jteJJA*ÌIENTI: Daniela Actis
Sf.j2°MP0SIZI0NE; Aec s.r.l. - tei. 0174/551919
i- A. La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174/42590
" Edizioni protestanti s.r.l. - via Pio V, 15 bis -10125 Torino
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ABBONAMENT11994
ESTERO
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150.000
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ordinario
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sostenitore
'CUmi *■ '’"’•vuu - sosieimuie
“lativo Riforma + Confronti £ 100.000 (so\o itaiia)
versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato
J ''¡a Pio V15 bis, 10125 Torino.
£ 110.000
£ 170.000
£ 200.000
a Edizioni pro
'ne setMmanale unitaria con L'Eoo Mia Mil valdesi:
PP* “»P™ wncftda a^rarOanmia
inserzioni
pubbiicitarie: a moduio (42,5x40 mm) £ 30.000
''''“'"'etro/colonna £ 1,800
“'J'cb a parola £1.000
98nnalo*iocl*''° ''aHa testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con II n
’""'t'jiianzainH '■asponsabile Franco Giampiccoli. Le modifiche sono state regii
«un data 5 marzo 1993
Sn«to26ueMs
u di Tonno mercoledì 29 giugno 1994.
n. 176
registrate
Pagina Dei Lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
LETTERA
SIMBOLI LITURGICI
Ogni tanto riemerge il
problema dell’uso dei simboli liturgici nella vita delle
nostre comunità: vedi in
particolare l’uso o il non
uso della toga.
Il problema non è mai
stato dibattuto a fondo, forse perché, giustamente,
considerato di non così vitale importanza; questo però
fa sì che ci trasciniamo dietro una mancata chiarificazione che lascia spazio alle
scelte individuali più disparate, dal rifiuto netto della
toga all’adozione di simboli
liturgici nati in altri contesti
e tradizioni. Tutto questo
genera confusione e dà
all’esterno un’immagine
delle nostre chiese un po’
strana.
Credo comunque che almeno non dovremmo dimenticare che un simbolo,
sia esso un oggetto, un gesto liturgico o una parola,
non ha in sé un particolare
valore ma il suo scopo è
quello di trasmettere un
messaggio o rimandare a un
significato preciso. Questo
deve essere chiaro in chi lo
usa, ma soprattutto in chi lo
riceve. Se non c’è questa
chiarezza di significato, il
simbolo diventa pericoloso
perché o genera equivoci e
si trasforma in oggetto sacro (la toga diventa paramento sacerdotale, ecc.).
aprendo la strada a sviluppi
imprevedibili. La religione
è maestra nell’utilizzare
tutto questo per fini che
spesso hanno poco a che fare con TEvangelo, e il contesto in cui vivono le nostre
comunità è purtroppo segnato da una concezione
del «sacro» che porta facilmente verso una suggestione superstiziosa.
Penso che dovremmo perciò essere molto prudenti
nell’usare ogni qual tipo di
simbologia e che, comunque, dovremmo maturare
ogni cosa nel contesto comunitario, evitando scelte e
decisioni personali.
Renato Coisson - Trieste
l'asilo 1^994 è stato consegnato per l’Inoltro postale airUfficio CMC Nord,
zione di immagine: innanzitutto un fraterno invito alla
direzione del giornale ad essere più cauta nel pubblicare
articoli che contengono valutazioni sulla vita di una chiesa locale che qualsiasi membro di chiesa, o presunto tale
dal giornale, potrebbe a briglia sciolta esprimere.
È buona cosa, sempre nei
limiti del possibile, almeno
interpellare il pastore o il presidente del Consiglio di chiesa che sa quale è stato il percorso di vita, di testimonianza, di presenza della chiesa
nel suo insieme. Questo almeno per tre ordini di ragioni: per amore di verità, per
essere riconoscenti verso il
Signore che impegna le sue
creature, per evitare che il
giornale Riforma perda di tono e di importanza.
Vengo al contenuto dell’articolo avendo ben presente alcune parti della relazione annua della locale chiesa evangelica valdese di Cerignola
ove emergono un impegno e
un servizio che contrastano
fortemente con l’immagine
pessimistica e negativa che
ne fa l’articolista. Nel corso
dell’anno, come in altri precedenti, nella città di Cerignola sono stati nel tempo organizzati diversi convegni e
dibattiti: ebbene, ad ognuno
di essi è stata sempre assicurata una nostra presenza, fratelli e sorelle, sebbene in pochi, hanno espresso «una parola diversa e indicata delle
scelte». Quello che l’articolista rimanda a un futuro prossimo è già da tempo un presente che ci impegna e che ci
appassiona.
Con i fratelli e le sorelle
cattolici in diverse sedi, sia
nella diocesi di Cerignola come in quella di Barletta, si è
venuto creando un cammino,
una serie di incontri, di amicizie, di studio biblico, dai quali
è emersa una reciproca stima
ed edificazione. Quando in un
convegno sul volontariato,
sulla pace, sul dialogo ebraico-cristiano, sulla delinquen
lidie
di prima pagina
Uno sguardo al di là della strada, pensando forse
al tempo in cui indossava
l’abito da sposa. Nella Napoli che ospita il vertice
dei sette grandi permangono le contraddizioni economiche, urbanistiche e
sociali che hanno contrassegnato la storia e il presente della città.
za, sulla sanità, nella scuola, il
fratello in Cristo vescovo o
laico di Cerignola, esprime un
fraterno apprezzamento e attenzione nei confronti del ruolo e della presenza della Chiesa evangelica valdese, mi
sembra veramente fuori luogo
affermare che dai cattolici siamo visti con «nonchalance» o
limitarci di nuovo a considerarli acerrimi nemici affrontandoli con vecchie cartucce o
inserendoli e inserendoci in
una società che nel tempo è
profondamente cambiata. Rimanere restii o perplessi di
fronte a ogni possibile dialogo, continuare ad essere miopi sul fronte di una crescita
sociale, di riflessione critica,
di rinnovamento che pur nella
diocesi cerignolana è in atto,
significa condannarsi a rinchiudersi nel proprio orticello.
Per quanto concerne il riferimento alla «solidarietà, alla
giustizia, alla pace, alla delinquenza» non siamo stati certamente un «baluardo» ma
non siamo stati neppure con
le mani in tasca. Attraverso
alcuni membri di chiesa, chi
come consigliere comunale,
chi come dirigente di partito,
chi come pastore, chi come
semplice cittadino abbiamo
espresso, nel corso degli anni,
con fatica e con riconoscenza
al Signore un impegno e una
testimonianza e abbiamo operato «controcorrente».
Per concludere desidero,
anche da questa pagine,
nell’ambito di una relazione
di aiuto, invitare l’articolista
ad essere lui stesso meno
«rintanato in una comoda e
incolore quotidianità» ed essere più riconoscente verso il
Signore che ha creato, che
guida, che sorregge, che impegna una chiesa vivente e
non morta come è quella di
Cerignola. Oggi, domani e
dopodomani, nell’ampia diaspora evangelica che siamo,
nella vigna del Signore, al
Sud come al Centro come al
Nord, abbiamo sempre bisogno di fratelli e sorelle con
più brio, più ottimismo, più
gioia di vivere, più speranza,
più riconoscenza. Evitiamo di
riversare sulla chiesa locale
problemi e situazioni di altro
genere che falsano l’immagine della chiesa e che potrebbero trovare una soluzione
nell’ambito delle rispettive
famiglie dove bisogna continuare a restituire la propria
mente e il proprio cuore al Signore.
Insieme occorre riscoprire
con gioia, con resistenza, con
spirito di riconoscenza un
cammino di libertà che di
nuovo abbia il suo inizio in
Cristo e che non si lasci condizionare da nessuna «cattedrale nel deserto».
Francesco Carri
Cerignola
Dibattiti
feroci
A proposito della pagina
dei lettori, che a parere del
sig. Fezzardini (vedi «Lo
Spirito di Pentecoste», sul
numero del 17 giugno) è
«sempre più palestra per mettere in evidenza il proprio
io», ho la sensazione che
nemmeno Fezzardini disdegni di fare esercizi in questa
palestra di (preteso) egocentrismo, visto il tenore di questo e di un altro suo precedente intervento. Aggiungo
ancora che, a mio parere, la
«mancanza di polemica costruttiva» citata nella lettera,
ha messo i cattolici sicuramente in posizione inadeguata, ma non tanto «verso lo
Spirito Santo», quanto verso
le altre confessioni e in generale verso tutto ciò che cattolico non è.
Se questo stato di cose sta
cambiando, non si può che
esserne lieti, ma ricordiamoci
che gran parte del merito ne
va, guarda caso, proprio ai
«feroci dibattiti» che tanto
accorano il sig. Fezzardini,
prassi costante di confronto e
crescita tra i protestanti, e
pratica solo di recente adottata anche nel mondo cattolico.
Isabella Greco - Milano
L'annuario
dei Comuni
Nel campo dell’editoria esiste uno strumento di informazione delle presenze religiose
nei singoli Comuni d’Italia, là
dove esistono: accanto alla
tradizionale indicazione del
simbolo della Chiesa cattolica, esistono ora indicazioni di
presenze di chiese evangeliche valdesi, Unione battista,
chiese apostoliche, comunità
israelitiche, chiese luterane.
Testimoni di Geova, chiesa
ortodossa russa, ecc.
Si tratta dtWAnnuario generale dei Comuni e delle
frazioni d’Italia del Touring
Club italiano (Tei), uscito di
stampa alla fine del 1993 e
tuttora reperibile nelle migliori librerie, comprese quelle evangeliche di Torino, Torre Pellice, Roma e Milano.
Per ciascuna delle confessioni
viene indicata la presenza di
centri pastorali o di luoghi di
culto in comuni e/o frazioni.
Nella prima pagina di presentazione il presidente del
Tei, Giancarlo Lunati, evidenzia come tale annuario
contenga milioni di dati raccolti, per lo più alla fonte, attraverso una capillare inchiesta inviata agli 8.102 Comuni
d’Italia, e verificati con il
massimo scrupolo. «Mi piace
qui far sapere a tutti - si legge - che il nostro questionario, molto dettagliato e laborioso, ci è stato restituito,
completato con scrupolo, dal
95% dei Comuni coinvolti».
Dobbiamo rallegrarci in
modo particolare che siano
stati recepiti indicazioni e
suggerimenti (tra l’altro provocati oltre 10 anni fa anche
dai membri di alcune nostre
comunità evangeliche) che
potevano contribuire a rendere più preziosa la pubblicazione che ha raggiunto livelli
di riconosciuto prestigio editoriale e si rivela strumento
valido anche per quantificare
e segnalare le presenze di culti alternativi alla tradizionale
Chiesa cattolica, che deteneva quasi in esclusiva i grandi
canali di simili informazioni.
Vogliamo credere che alcune imprecisioni e carenze siano dovute a una non perfetta
informazione più che a logiche di spazio editoriale.
Leonardo Casorio
Castiglioncello (Li)
Fondo di solidarietà: un appello della Cevaa
Medicine per il Benin
Il pastore Samuel Dossou,
della Chiesa metodista del
Benin, è ben conosciuto fra
noi perché è stato per 7 anni
membro dell’«Équipe d’acompagnement» dell’azione
apostolica comune di Roma:
era allora segretario generale
della sua chiesa e membro del
Consiglio e del Comitato esecutivo della Cevaa. Con il
mese di luglio dell’anno scorso è stato nominato responsabile del distretto di Dassa
Zoumé, una regione agricola
in cui la Chiesa metodista
conta 14.000 membri; lavorano con lui un altro pastore e 7
catechisti.
La chiesa è molto impegnata nel campo sociale, favorendo la costituzione di cooperative agricole, miranti al sostegno e alla promozione del lavoro delle donne in particolare. Il Fondo di solidarietà del
nostro giornale ha proposto
recentemente all’attenzione
dei lettori il progetto agricolo
di Kansounkpa, che comprendeva la creazione di vivai per
il rimboschimento di zone a
rischio di desertificazione.
Riceviamo ora una lettera
del pastore Samuel Dossou
con un appello urgente: «Con
la svalutazione del franco Cfa
(del 50%), abbiamo ora una
situazione che diventa .sempre
più drammatica, il potere di
acquisto della popolazione è
drasticamente crollato sia
nelle zone urbane che in quelle rurali: abbiamo bisogno di
essere soccorsi. In particolare
.sollecito, per la regione rurale e povera in cui mi trovo,
l'aiuto di medicinali e occhiali da vista. 1 ) Medicine di prima necessità: vitamine, antibiotici, medicine contro la
malaria e la malnutrizione,
ecc. 2) Occhiali da vista usati
che possano essere offerti alla popolazione».
Segnaliamo quanto sopra
affinché questo appello possa
essere raccolto e possiamo rispondere positivamente a
quanto ci è richiesto.
I necrologi si accettano
entro le ore 9 dei lunedì. Telefono 011655278 e (fax) 657542.
16
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RIFORMA
.
Il dottor Pratesi ha avuto l'opportunità di visitare, per lavoro, diverse strutture sanitarie
Africa: situazione sanitaria ovunque precaria
malgrado la buona volontà del personale
VENERDÌ 8 LUGLin
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MARCO PRATESI
Pochi giorni fa mi è capitato di vedere un aspetto
della sanità africana che mi
era ancora sconosciuto: finora
avevo visto strutture missionarie (cattoliche e protestanti)
ben tenute e strutture governative spesso in condizioni
miserevoli, con tetti sfondati,
finestre sbilenche, intonaci in
parte crollati, mai ritinteggiate da quando erano state costruite. Si trattava in ogni caso di .strutture di tipo moderno, con pareti di mattoni, tetti
di lamiera ondulata, intonacate dentro e fuori, e col pavimento facilmente lavabile
perché in cemento liscio.
Invece, nel quarto giorno
dei miei sopralluoghi alle
strutture sanitari del distretto
dove lavoro, ho avuto occasione di vedere strutture
come quelle del famoso
ospedale Lambaréné del dottor Schweitzer: quel giorno il
primo posto visitato è stato il
dispensario-maternità di Zen;
è una struttura governativa,
quindi particolarmente priva
di manutenzione. Il dispensario dove i malati vengono visitati dagli infermieri che poi
praticano loro la terapia, incluse iniezioni e medicazione
delle ferite, era di questo tipo
moderno; l’edificio era abbastanza ben tenuto, anche se i
pipistrelli che abitano il sottotetto stanno facendo marcire il controsoffitto, mentre vi
erano pochi nidi di vespe appese a travi e armadi (comunque mi hanno assicurato
che «basta non disturbarle»).
La maternità, invece, è ospitata in una grande capanna
rettangolare con il tetto di
paglia, il pavimento in terra
battuta e pareti di fango, nelle quali si aprono piccole finestre senza vetri, con gli
scuri; il tutto costruito dalla
comunità locale.
Per entrare nel locale principale ci si deve chinare per
passare sotto l’orlo del tetto,
si attraversa la porta d’accesso e ci si trova nel «reparto»
dove, quando gli occhi si sono abituati alla semioscurità,
si può vedere che su stuoie di
canne di papiro riposano
donne in attesa del parto, o
che hanno partorito da poco.
Da questo locale un porta interna permette di entrare in
una stanza che fa da ufficio
alle due ostetriche, in realtà
semplici infermiere generiche che hanno avuto appena
tre mesi di addestramento
nell’ospedale governativo distrettuale; qui c’è una scrivania, un tavolo con una vecchia e scrostata bilancia per
neonati e un armadio dove
sono custoditi i pochi strumenti a loro disposizione.
Mentre controllavamo questi locali, in una terza e ancor
più piccola stanzetta, adiacente l’ufficio, stava partorendo una donna; la «sala
parto» era particolarmente
scura perché illuminata solamente da una di quelle finestrelle di cui ho già parlato e
dotata di un vecchio lettino
per le visite mediche, di
quelli stretti e alti, ma la donna preferiva partorire per terra; il parto è stato difficile e
prolungato e, proprio mentre
eravamo lì noi, il neonato ha
finalmente «visto la luce»
(poca...) mostrava gravi segni di asfissia; le due ostetriche-infermiere generiche, in
inappuntabile divisa rosa
(quanta fatica tenerle pulite e
stirate, quando ci sono pochi
soldi per il sapone, l’acqua è
Port Sudan (Sudan): un bambino viene vaccinato presso un dispensario governativo
a mezzo chilometro di distanza, si deve fare la fila e
pomparla a mano e il ferro da
stiro è a carbonella...) hanno
cominciato ad aspirare il muco e il liquido amniotico da
bocca e naso, ma visto che il
neonato non si riprendeva lo
hanno portato nell’ufficio e
messo sul tavolo, vicino a
una finestrella. A quel punto
ho cominciato a dare una
mano anch’io; abbiamo messo il neonato bene in posizione, gli abbiamo fatto la respirazione bocca a bocca, col
sondino e l’aspiratore a pedale (non c’è elettricità) abbiamo continuato ad aspirare liquido da bocca, naso e gola e
dopo qualche minuto, finalmente il bambino ha ripreso
a respirare e si è messo a
piangere, con grande soddisfazione generale.
Purtroppo l’epidemia di
Aids ha imposto anche qui un
minimo di norme preventive;
le ostetriche usavano guanti
chirurgici (che qui però non
si gettano dopo l’uso) e la respirazione bocca a bocca
l’abbiamo fatta attraverso
una benda di garza ripiegata
più volte; dato che io non
avevo fatto in tempo a mettere i guanti, l’infermiere che
dirige la struttura mi ha fatto
subito lavare le mani con il
sapone: non essendoci acqua
corrente siamo usciti sul prato davanti alla capanna e mi
hanno versato l’acqua con un
barile. Mentre andavamo via
le ostetriche mi hanno chiesto se potevo procurare loro
dei grembiuli di incerata, perché ad ogni parto si devono
rilavare l’uniforme. Comunque erano tutti particolarmente contenti perché avevamo
portato loro parte degli stipendi arretrati: erano 18 mesi
che non venivano pagati !
Dopo aver lasciato Zen e i
suoi bravi infermieri, abbiamo raggiunto il dispensario-maternità della missione
cattolica di Agiermach, presso il confine con lo Zaire. Qui
le suore ugandesi che gestiscono la struttura l’avevano
organizzata diversamente da
Zen: la maternità era nell’edificio moderno, ben tenuto e
ben lavabile (evidentemente
riescono ad assicurare anche
la manutenzione) mentre in
piccole capanne rotonde
c’erano i pazienti ricoverati
per varie malattie e i loro parenti; in una, con tre letti, vi
erano altrettanti bambini ammalati di meningite di cui uno
in coma; in un’altra tre malati
di peste bubbonica; in altre
capanne c’erano casi di tubercolosi polmonare e altre
malattie; anche qui dalla porta e dalle finestrelle poca luce
e poca aria, anche qui pavimento di terra e pareti di fango impediscono una qualsiasi
pulizia che superi la spazza
tura superficiale; anche qui,
come a Zen, le persone indossavano i propri abiti, sempre
gli stessi giorno e notte.
Da Agiermach siamo andati a visitare il dispensario anglicano di Nyapea: qui non
c’è maternità e quindi ricoverano solo pochi pazienti,
affetti per lo più da malattie
infettive. Anche qui, come a
Zen, in capanne tradizionali
senza letti ma su stuoie di papiro stese in terra; la missione è evidentemente povera: il
responsabile del dispensario,
un giovane infermiere professionale, indossava una camicia pulita ma consunta e
irreparabilmente strappata in
più punti e il microscopio del
loro laboratorio è uno di quei
vecchi apparecchi neri con
più obiettivi ma con un solo
oculare e con lo specchietto
per riflettere la luce del sole
(anche qui non c’è elettricità). Con me si lamentavano
che a volte non riescono a
mettere bene a fuoco l’immagine; lo credo bene: il tubo
porta-oculare è rotto e l’oculare è collegato al resto dell’apparecchio da un manico
di cerotto! Insomma una situazione un po’ ovunque precaria, malgrado l’evidente
buona volontà del personale,
almeno di queste strutture:
ben altra situazione ho trovato altrove, da quest’ultimo
punto di vista.
vii ' ■
Un appello della Chiesa presbiteriana del Mozambico
Ci serve un trattore
RENATO COISSON
La Chiesa presbiteriana
del Mozambico, membro della Cevaa, pur nella
sua piccolezza e povertà, si
sente impegnata nella ricostruzione del paese e cerca
appoggio per la sua azione.
La lunga guerra che ha portato alla distruzione del tessuto sociale ed economico di
intere regioni con incendi,
saccheggi e la fuga di migliaia di profughi, ha lasciato il posto a una pace incerta
il cui avvenire dipende in
gran parte dalla capacità di
ricostruzione del popolo mozambicano: la volontà c’è
ma le difficoltà sono enormi.
Il pastore Oriente Sibane,
del Comitato esecutivo della
Chiesa presbiteriana, si ri
volge a noi con un appello a
favore di un miniprogetto di
sviluppo agricolo nella regione di Manzir. Così scrive: «Abbiamo constatato
che tutto è stato distrutto
dalla guerra; non c’è più bestiame, le case sono da ricostruire, gli attrezzi non esistono più, i contadini devono ricominciare da zero. I
rifugiati ritornano nelle loro
terre prima che il governo
abbia fatto alcunché».
Nella sua lettera il pastore
Sibane accenna alle grosse
difficoltà e alla dipendenza
che questo paese continua
ad avere nei confronti del
Sud Africa per i rifornimenti dei primari mezzi di sussistenza. Questo per un paese
potenzialmente agricolo,
che prima della guerra era
esportatore di derrate alimentari. «Il nostro progetto
- scrive Sibane - prevede di
aiutare una decina di famiglie raccolte in cooperativa,
fornendo loro un trattore
completo di accessori per
arare la terra perché possano seminare i prodotti agricoli necessari alla sopravvivenza: la spesa prevista è di
27.000 dollari».
Ci rendiamo conto delle
grandi necessità che vengono fuori dalle situazioni
drammatiche lasciate dalle
guerre e della solidarietà che
sola può permettere la ricostruzione e la speranza, ma
come rispondere?
(Per informazioni rivolgersi
al pastore Renato Coisson, via
Monte Peraiha 36, 34149 Trieste; tei. ufficio 040-632770)
I
Il dibattito in atto tra favorevoli e contrari!
Garantire la pace con
le armi della guerra?
ROBERTO PEYROT
NeH’opinione pubblica
mondiale è sempre aperto il dibattito fra i favorevoli e
i contrari a interventi militari
finalizzati a ripristinare la pace nei conflitti locali. Conflitti
che si manifestano sempre più
numerosi e micidiali, giungendo in certi casi a dimensioni genocide.
Gli «interventisti», come
sottolinea in un documentato
servizio il mensile Le monde
diplomatique di giugno, si appellano al concetto della sicurezza collettiva nato nel 1919
con la creazione della Società
delle nazioni che, dopo la fine
della seconda guerra mondiale, divenne poi l’attuale Onu.
Di sicurezza collettiva ci
sarebbe davvero bisogno,
quando si pensi che dal 1945
in poi ci sono stati oltre 130
conflitti con più di 22 milioni
di morti (addirittura 40 milioni secondo stime della Croce
Rossa internazionale) senza
calcolare gli invalidi, i profughi e le immense distruzioni.
In effetti, come ricorda Le
monde diplomatique, nei primi anni la Società delle nazioni registrò alcuni successi evitando nel 1925 una guerra
balcanica a seguito di un incidente greco-bulgaro mentre,
prima e dopo tale data, si adoperò con risultati positivi alla
soluzione di contrasti fra Svezia e Finlandia, fra Germania
e Polonia, fra Ungheria e Jugoslavia. Parallelamente e
successivamente si registrano
anche i primi scacchi, a partire dalla conquista della Manciuria da parte del Giappone,
da quella italiana dell’Etiopia
per arrivare Anschluss
dell’Austria alla Germania,
all’occupazione tedesca della
Cecoslovacchia e a quella italiana dell’Albania alla vigilia
della II guerra mondiale.
In seguito rOnu con i suoi
interventi armati (guerra di
Corea del 1950 e del Golfo
Persico nel 1991) ha dato in
pratica la sua copertura all’intervento degli Stati Uniti per
la difesa dei suoi interessi,
senza riuscire a fare opera di
mediazione. Numerosi poi gli
insuccessi nei conflitti in Angola, Somalia, Haiti, nell’ex
Jugoslavia, nello Yemen, in
Ruanda, ecc. Di fronte a questi scacchi una parte dell’opinione pubblica reclama la costituzione di un vero e proprio
esercito internazionale a di.sposizione dell’Onu che consenta interventi tempestivi e
risolutori. Lo stesso segretario
generale, Boutros Ghali, ha
proposto la creazione di una
forza armata permanente definita «unità di imposizione
della pace», privilegiando co
mcaso<
si prega
»¡a Pio'
l_çditore
cofrispon
sì il concetto di repressione
quello di prevenzione.
Anche il capo del govem,
italiano, Berlusconi, si è
spresso a favore di una «ta*
force» permanente (non ira
porta se sotto l’egida dell’Onii
0 della Nato) e solleverà la
questione al prossimo verti«
di Napoli dei Sette Grandi,
Malgrado tali pressioni appa!
re assai improbabile la costi,
tuzione di una simile forza
militare: se da un lato pernia,
ne radicata la vecchia mentalità secondo cui è necessario
ricorrere alla forza per elimi.
nare la forza altrui, i vari r.
sponsabili di governo (Stati r..
Uniti in testa) sono fortemen- ^
te esitanti a rischiare la vita
dei propri soldati in conflitti
che non minacciano direttamente gli interessi dei propri
paesi; tuttavia il concetto di,
sicurezza collettiva permane
forte, e con esso il mantenimento e il potenziamento qualitativo del complesso politico-militare-industriale.
Il recentissimo Rapporto
sullo sviluppo umano, realizzato dalle Nazioni Unite perii
1994, ci ricorda che la spesa
militare globale annua è ancora pari al reddito totale di una
metà dell’umanità. Nel riferirsi all’Italia, risulta che la percentuale di militari è lapin
elevata di tutto il mondo industrializzato, mentre siamo fa
1 maggiori esportatori mondiali di mine che provocano
stragi fra le popolazioni civili
in vari paesi, anche a distanza
di anni dalla fine dei conM.
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ricono
senza j
toni;
iicand
Il Rapporto non si limif
fornire dei dati ma deni|^
che queste immense ricci - ,
spese in armi «non servi
costruire la sicurezza dele
persone ma, al contrario,
spesso finiscono per minacciarla». Spese doppiamente
immorali dunque, perché
mentre da un lato sono destinate alla distruzione del «nemico», dall’altro sottraggono
enormi risorse che potrebbero
ben più utilmente alleviare, se
non sanare, tutte quelle situazioni di povertà, di esclusione
e di ingiustizia così diffuse.
La pace e la sicurezza non si
possono imporre militarmente, come purtroppo accade
troppe volte: sono un bene
troppo prezioso per essere
realizzate con le armi. Le armi della pace e della sicurezza sono ben altre: sono il r*'
fiuto di accettare la guerra come inevitabile momento forte
dell’azione politica; sono
l’equa partecipazione alle comuni risorse; sono l’eliminazione degli egoismi nazionalistici; sono la comprensione
dei reciproci problemi; so®o
la coscienza che l’umanità^
una sola.
ùtt
lÉtal
sto S€
faites
e dell
sponi
«Qua:
tO?»:
batte:
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chiesi
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, parli
•turgi
mun
:, niuo'
gica
cab
Mogadiscio (Somaiia); un marine americano durante un giro ‘
troiio tra ie macerie deiia capitaie
2^^