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Anno VII
numero 15
del 9 aprile 1999
L. 2000 ~ Euro 1,03
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LA PACE
DISARMATA DI DIO
«Quelli che prendono la spada periscono per la spada»
(Matteo 26,52)
OGGI è Pasqua, ma abbiamo tutti
il cuore pesante. Siamo in guerra.
Dico «siamo» perché ci siamo veramente, dato che l’Italia fa parte della
Nato. Quelle bombe micidiali è come
se le sganciassimo noi. Anche se non
scoppiano sulle nostre teste, scoppiano però nella nostra anima. Non con
le orecchie ma con il cuore ne sentiamo il fragore mortale. Siamo in guerra. Per questo, anche se è Pasqua, abbiamo tutti il cuore pesante. La guerra
è il più grande tradimento di Pasqua
che si possa immaginare.
Vedevo ieri in televisione il bagliore sinistro delle bombe che
scoppiano, distruggono, annientano
cose e persone. Che contrasto, pensavo, con la luce di Pasqua, quella che le
donne recatesi al sepolcro hanno visto
quando «apparvero dinanzi a loro
due uomini in vesti sfolgoranti» (Luca
24,4): la luce della resurrezione, la luce di Dio. E udendo, con il cuore, il
fragore assordante dei bombardieri o
lo sconquasso delle bombe micidiali
pensavo, per contrasto, al silenzio arcano che avvolge la risurrezione di
Gesù. Nessuno se n'è accorto, nessuno
ha sentito nulla, nessuno è dovuto
scappare. Dio non fa chiasso, non urla, non bombarda. La sua voce che resuscita i morti è come un suono dolce
e sommesso. Ricordate l’esperienza
del profeta Elia: un vento forte, impetuoso, schiantava i monti e spezzava
le rocce, ma il Signore non era nel
vento. Dopo il vento, un terremoto
che fece tremare la terra, ma il Signore non era nel terremoto. E dopo il terremoto, un fuoco grande e tremendo,
ma il Signore non era nel fuoco. E dopo il fuoco, un suono dolce e sommesso. Il Signore era in quel suono, quella
era la voce di Dio, e Elia l’udì.
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE,
Presenti anche gii evangelici alla manifestazione di Roma per la pace nei Balcani
Che la guerra non abbia l'ultima parola
Molte associazioni laiche e cattoliche hanno manifestato contro i massacri del Kosovo e contro
ì bombardamenti delia Nato, ^escalation militare non ferma la feroce «pulizia etnica» serba
GIANNA URIZIO
COSÌ è Pasqua. Nel silenzio arcano
che ravvolge, senza fragore, senza
frastuono, si ode una voce meravigliosamente dolce e sommessa: è la voce di
Dio, la voce della vita, della risurrezio
ne, della pace. Oggi è Pasqua, ma ab
Marno tutti il cuore pesante. Siamo in
guerra e la guerra è il più grande tradimento di Pasqua. Si dice: la guerra è
necessaria per abbattere il tiranno, il
dittatore: ce n’è sempre qualcuno sulla
terra. Sì, qualche volta riesce di abbatterli con la guerra, ma tante volte non
riesce. E anche quando riesce, resta la
domanda: chi paga il prezzo della
guerra? La guerra la decidono i politici, la fanno i militari e la pagano i poveri. Questa è la verità. Si parla anche
di «bombe intelligenti». Sarebbe meglio
che gli uomini fossero intelligenti e capissero quello che non solo la parola di
Dio ma anche la storia umana insegnano, e cioè che, come ha detto Gesù,
«quelli che prendono la spada periscono per la spada» (Matteo 26, 52).
OGGI è Pasqua, ma abbiamo tutti
il cuore pesante. Ma non del tutto
sordo. Possiamo anche oggi e soprattutto oggi udire la voce dolce e sommessa di Dio, più forte del fragore assordante delle bombe. Essa ci porta la
pace disarmata di Dio, che sopravanza rintelligenza delle «bombe intelligenti». Con il cuore pesante ma non
sordo diciamo anche oggi con fede: «Il
Signore è veramente risuscitato. Alleluia!». E aggiungiamo la preghiera:
«Signore, insegnaci a celebrare la Pasqua, non a tradirla».
Paolo Ricca
(intervento pronunciato la sera di Pasqua, domenica 4 aprile, nel corso della
trasmissione «Protestantesimo» in onda
su Raidue)
UNA sirena ci ferma tutti, alcuni cominciano a stendersi per
terra, in breve una marea di gente
è stesa sui sanpietrini vicini di Colosseo a due passi dall’arco di Tito,
dove quasi 2.000 anni fa sono stati
fatti sfilare gli ebrei vinti dai romani. Mi stendo anch’io. Metto solo il
cartellone sandwich che mi sono
preparata per la manifestazione.
Con la vernice verde ho scritto: «Io
non ho deciso questa guerra». Da
qualche parte, persa nella marea di
gente c’è anche Nadia, la volontaria tedesca presso il Servizio migranti della Federazione delle chiesa evangeliche. Lei, sul suo cartellone, ha voluto scrivere; «Trasformiamo le bombe in pane».
Nadia è ospite a casa mia, le ho
parlato della manifestazione, abbiamo parlato della guerra; due cittadine dell’Europa che non vogliono la
guerra, che la trovano assurda, costosa, inutile e feroce. È pomeriggio
del sabato santo, la manifestazione
è contro i massacri del Kosovo e
contro il bombardamento della Nato sul popolo serbo: non si tratta di
una furba equidistanza; sempre più,
via via che passano le ore, questa
guerra che devasta i Balcani si manifesta come la razionale pazzia dei
paesi occidentali. Voluta per difendere il diritto all’identità e all’autodetrminazione dei kosovari, e garantire la loro sicurezza, li ha trasformati in un’orda sbandata di
profughi. Per fermare i diritti di un
popolo se ne distrugge un altro. Per
annichilire un dittatore lo si è
rafforzato, facendo serrare le file dei
serbi intorno a lui. Complimenti. Se
gli obbiettivi erano questi fermiamoci subito, siamo ancora in tempo. Se sono altri vorremmo conoscerli e discuterli.
Intanto si sente parlare sempre
più di escalation. Ogni giorno aumenta il numero dei velivoli impeganti e aumenta il carico di bombe
che vengono scanciate sul Kosovo
e sulla Serbia. Ogni missile emise
costa un milione di dollari; contemporaneamente si stanno racco
gliendo soldi per gli aiuti umanitari.
La manifestazione, voluta da una
marea di associazioni, anzitutto
l’Arci e le Adi, e le varie associazioni di volontariato, laiche e cattoliche, si è colorata di migliaia di bandiere della pace. Ci sono mamme e
papà con bambini, non necessariamente inquadrati dietro un striscione: sfilano con scritte e palloncini. Ci sono donne e uomini anziani, che ricordano altre guerre. Ci
sono i giovani, studenti e giovani
dei centri sociali, gruppi sindacali,
agguerriti gruppi politici. Non
mancano gli immigrati, ci sono i
curdi. Ci sono vari gruppi di donne,
fra i quali le donne in nero. Ci sono
Pax Cristi e gruppi della Caritas, ci
sono anche i gonfaloni di varie
città (tutte piccole, si nota la mancanza delle grandi città «rosse»).
Qua e là c’è qualche sezione della
Sinistra democratica, perfino le
bandiere del Ppi. Si distingue un
grosso gruppo di Verdi, c’è Legambiente, e poi Rifondazione e i Co
munisti italiani. In fondo al corteo,!
gruppi di autonomi, urlanti, ma
non pericolosi.
Si alternano slogan contro la
guerrra, contro la Nato e contro
Milosevic. Spesso sono urlati insieme. È un popolo della pace che rifiuta di esere messo dentro una
guerra che non ha deciso e che sta
precipitando giorno dopo giorno in
una spirale sempre più tragica. Ha
aderito anche la Federazione delle
chiese evangeliche. Ci si trova in
un gruppo sparuto, riunito dietro
lo striscione della Federazione che
ha già visto molte altre manifestazioni per la pace e contro il razzismo. Al centro il moderatore della
Tavola valdese, Gianni Rostan, e il
pastore Valdo Benecchi, presidente
dei metodisti italiani, reggono con
determinazione lo striscione aiutati di volta in volta da alcune donne
che non conosco e da un gruppo di
bambini che gioiosamente si alternano. Nutrito il gruppo dei battisti.
Però siamo troppo pochi: mi di
co che un po’ questo è dovuto alle
partenze, forse anche all’improvvisazione, forse altri sfilano con altre
associazioni o gruppi. Siamo comunque troppo pochi. Avrei scommesso su’almeno un centinaio.
Perché ci siamo trovati in poche
decine? Siamo forse scettici
sull’utilità di manifestazione del
genere? 0 pensiamo che questa
guerra, per quanto dura, sia necessaria? Sarebbe terribile. Non credo
però che nessuno possa pensare
che questa guerra non ci riguardi.
E allora dobbiamo trovare dei modi per parlarne, affinché la guerra
non abbia l’ultima parola. Perché
la nostra azione non si limiti alla
raccolta di fondi ma sia di sostegno
a quanti lavorano per aprire la
strada alla diplomazie, alla trattativa, a una conferenza dei Balcani.
Penso che è sabato santo. Per i disepoli è stato un momento senza
speranze. Con la morte di Gesù
avevano perso tutto. Ma il giorno
dopo è stato Pasqua.
Le organizzazioni internazionali delle chiese chiedono la soluzione negoziata dei conflitti
Appello di Pasqua affinché nel mondo cessino le guerre e le violenze
Il testo di questo appello è
stato sottoscritto dalle seguenti organizzazioni: Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec),
Conferenza delle chiese europee (Kek), Federazione luterana mondiale (Firn), Alleanza
riformata mondiale (Arni),
Consiglio metodista mondiale
(Cmm), Alleanza battista
mondiale (Abm) e Comunione anglicana.
«In questo tempo di Pasqua, i cristiani del mondo
intero condividono il dolore di tutti coloro che sono
coinvolti in tragedie come
quella del Kosovo. Siamo
con tutto il cuore con colo-ro che subiscono le terribili
conseguenze delle violenze
inflitte ai figli di Dio in
quella regione e in molte
altre regioni del mondo.
Deploriamo la mancanza di
immaginazione, di volontà
collettiva e di umanità, evidenziate dalla nostra incapacità a risolvere le cause
del conflitto con mezzi pacifici. Nel momento in cui
commemoriamo ancora
una volta il sacrificio di Gesù Cristo, che i profeti hanno proclamato Messia e
Principe di pace, i nostri
cuori si stringono perché
siamo costretti a riconoscere che, di fronte al dubbio e
alla paura, non abbiamo
ancora imparato a superare
la nostra inclinazione a ricorrere alle armi.
Il Kosovo è solo uno dei
tanti conflitti che stanno
imperversando oggi nel
mondo, in cui gli esseri
umani, per paura, odio, cupidigia 0 disperazione, si
affrontano con le armi in
mano. La maggior parte di
queste guerre si svolgono
ampiamente all’insaputa
del resto del mondo, e alcune hanno provocato perdite ben più pesanti di quelle
che vengono oggi inflitte
nei Balcani. In questo tempo di Pasqua, noi preghiamo dunque per tutti coloro
la cui vita, in Jugoslavia e
altrove, viene spezzata dalla guerra.
I responsabili delle chiese cristiane, in Oriente come in Occidente, e i rappresentanti delle altre religioni, hanno lanciato in
questi ultimi giorni appelli
alla ragione, alla cessazione
di questi atti di violenza e
alla soluzione negoziata dei
conflitti. Purtroppo, le loro
voci non sono ancora riuscite a farsi sentire al di sopra del tumulto degli attac
chi e dei contrattacchi, del
chiasso delle bombe, delle
mine e delle mitragliette.
Uno di questi responsabili, Sua Santità il Patriarca
ecumenico Bartolomeo, ha
riassunto queste riflessioni
nei seguenti termini nel
suo appello del 29 marzo
1999; “in nome di Dio che
ama l’umanità, in nome
della specie umana, in nome della civiltà, in questo
tempo di festa religiosa
musulmana, di Pasque cattoliche romane e protestanti, di Pasqua ebraica e
di Pasqua ortodossa, in ginocchio e dal fondo del
mio cuore tormentato, lancio a tutti i capi di governo,
ai capi militari e a tutti coloro che portano armi nel
mondo, un fervente appello a favore di un cessate il
fuoco immediato e definitivo. Li imploriamo di ricorrere alla comprensione reciproca e alla reciproca
concessione per risolvere
pacificamente le loro controversie regionali, internazionali e mondiali, affinché
il Dio di pace e di misericordia li benedica tutti e
benedica Fumanità”. Nello
stesso spirito, in questi
giorni della settimana santa, noi ci appelliamo ai cristiani di tutto il mondo affinché si uniscano col cuore e con la mente a questa
preghiera perché cessino i
bombardamenti e tacciano
i cannoni. Che lo Spirito del
Cristo scenda fra noi e ci
dia il coraggio di sacrificare
le nostre volontà personali
affinché regni la pace del
Cristo risorto».
2
PAG. 2 RIFORMA
«Partito di là,
Gesù si ritirò nel
territorio di Tiro
e di Sidone.
Ed ecco una
donna cananea
di quei luoghi
venne fuori e si
mise a gridare:
“Abbi pietà di me,
Signore, figlio di
Davide. Mia figlia
è gravemente
tormentata da un
demonio”.
Ma egli non le
rispose parola.
E i suoi discepoli
si avvicinarono
e lo pregavano
dicendo:
“Mandala via,
perché ci grida
dietro”. Ma egli
rispose: “Io non
sono stato
mandato che alle
pecore perdute
della casa
d’Israele”. Ella
però venne e gli si
prostrò davanti,
dicendo: “Signore,
aiutami!”. Gesù
rispose: “Non è
bene prendere
il pane dei figli
per buttarlo
ai cagnolini”.
Ma ella disse:
“Dici bene.
Signore, eppure
anche i cagnolini
mangiano delle
briciole che
cadono dalla
tavola dei loro
padroni”. Allora
Gesù le disse:
“Donna, grande è
la tua fede; ti sia
fatto come vuoi”.
E da quel
momento sua
figlia fu guarita»
(Matteo 15,21-28)
«O uomo, egli ti
ha fatto conoscere
ciò che è bene;
che altro richiede
da te il Signore,
se non che tu
pratichi la
giustizia,
che tu ami la
misericordia
e cammini
umilmente con il
tuo Dio?»
(Michea 6, 8)
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 9 APRILE 1%
GESÙ E LA DONNA CANANEA
Di fronte al grido della cananea Gesù ritrova la parola della vita e della
liberazione. Da allora la causa del Regno si è per sempre unita alla misericordia
LUCIANO DEODATO
SEMBRAVA che tutto andasse
bene. Intorno a Gesù si era
costituito un gruppo di discepoli, fedeli, motivati, affascinati
dalla parola del maestro, entusiasti di partecipare alla grande
avventura dell’annuncio dei
tempi messianici. Anche la gente era galvanizzata dalla sua presenza; ovunque andasse gli venivano incontro, gli portavano i
malati perché li guarisse, bevevano le sue parole. Poi c’era stato l’episodio della moltiplicazione del pane, quando tutti avevano potuto mangiare e per un
giorno si erano tolti la fame. Segno profetico deH’abbondanza
dei regno di Dio. In una notte di
tempesta aveva camminato sul
mare! Sembrava il signore e il
dominatore delle forze scatenate del caos. Da allora i suoi lo
guardavano come se fosse il
messia atteso e avevano cominciato a sognare il regno di Dio.
difesa del proprio piccolo potere.
Lui non era più riuscito a trattenersi ed era sbottato in una dura invettiva, accusandoli, di fronte a tutti, di essere dei fanatici,
capaci di passare sul cadavere
dei propri genitori, pur di osservare le tradizioni. Non gliel’avevano perdonata. Alcuni discepoli
li avevano sentiti, in segreto,
confabulare e spaventati e inorriditi dall’odio che andava maturando contro di lui, erano corsi
ad avvisarlo di fare attenzione e
pregato di moderare il tono. Ma
lui aveva rincarato la dose e in
pubblico li aveva derisi e ianciato
al popolo un appello alla libertà.
«Lasciateli - aveva detto - sono
ciechi, guide di ciechi».
E Dio? Dov’era quel Dio che
aveva parlato dalla nuvola e siglato con la sua potenza di vita
le parole del maestro? Quante
volte ne avevano percepito la
presenza misteriosa e benefica.
Ma ora tutto era silenzio e la
campagna deserta. Un silenzio
e una solitudine duri e pesanti
che li schiacciavano come una
condanna.
fiutandosi di ascoltare quella
preghiera, non rischia di fare del
Regno e del Messia un assoluto,
esattamente come i farisei facevano delle loro tradizioni un imperativo categorico in nome del
quale erano pronti a sacrificare i
loro stessi genitori?
Una cananea
Il grido di una donna
M A queiia donna, allora, chi
ALL’IMPROVVISO il silenzio
La fuga in terra pagana
IL guaio è che avevano il pote
L'incontro con i farisei
M A il brusco risveglio alla
realtà si era avuto poco
tempo dopo nell’incontro-scontro con i farisei e gli scribi venuti
da Gemsalemme. Non per dialogare con lui, ina per rimproverargli la non osservanza delle regole rituali; «Perché i tuoi discepoli non si lavano le mani quando prendono cibo?». Che osservazione assurda! Quale ottusità
di fronte alla novità esaltante del
Regno! Che cecità spirituale di
una classe dirigente arroccata in
Preghiamo
Alleluia!
Lodate o servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
ora e sempre!
Dal sole levante fino al ponente,
sia lodato il nome del Signore.
Il Signore è superiore a tutte le nazioni,
e la sua gloria è al di sopra dei cieli.
Chi è simile al Signore, al nostro Dio
che siede sul trono in alto
che si abbassa a guardare nei deli e sulla terra?
Egli rialza il misero dalla polvere
e solleva il povero dal letame
per farlo sedere con i principi,
i principi del suo popolo.
Fa abitare la sterile in famiglia,
quale madre felice tra i suoi figli.
Alleluia!
(Salmo 113)
re, e lui no. E il potere non bada e mezze misure. Un esempio? Poco tempo prima era caduta la testa di Giovanni il Battista. Cupo presagio di quanto
poteva accadere anche a lui. Per
questo aveva deciso di eclissarsi
per un po’ di tempo, o forse per
sempre, e se n’era andato fuori
dalla Galilea, in terra pagana,
dove non era conosciuto e le autorità di Gerusalemme non
l’avrebbero cercato. Era sceso
verso la costa, incerto se andare
nei porti di Tiro o di Sidone e
quivi confondersi nel viavai delle carovane dell’Oriente e nella
folla multicolore dei mercati.
Eccolo dunque, seguito dai
suoi, per i sentieri dell’antica
Fenicia. Evitano le strade principali, non attraversano i villaggi, cercano di rendersi invisibili.
Se incrociano qualcuno tacciono e girano il volto dall’altra
parte o lo nascondono nei lembi della veste. Potrebbero essere
riconosciuti, o individuati dalla
parlata galilea. D’altronde che
cosa si dovevano dire? Che il sogno si era infranto? Che la grande avventura del regno messianico era finita, naufragata miseramente e che loro si trovavano
adesso senza progetti? Avevano
puntato tutto sul Regno; abbandonato casa, famiglia, amici, lavoro... Anche lui taceva. Lui,
che aveva sempre la parola giusta nelle situazioni più diffìcili,
una parola che scioglieva i dubbi, liberava le coscienze, sanava
le ferite, ridava la vita; proprio
lui cupo, silenzioso e teso non
diceva nulla. Quel silenzio era il
segno più eloquente della sua e
della loro sconfitta.
della campagna è rotto da
un grido acuto, un urlo implorante e disperato che fa loro accapponare la pelle; «Abbi pietà
di me. Signore, figlio di Davide...». Sono stati scoperti e identificati! Dietro a loro una donna
uscita da un grumo di misere case, nascoste in una piega del terreno, corre e cerca di raggiungerli, mentre loro allungano il
passo. Grida ad alta voce, nei
suoi stracci neri, magra, una mano ossuta protesa verso di loro
come una maledizione, mentre
l’altra trattiene lo scialle e le vesti; «...mia figlia è gravemente
tormentata da un demonio!». Lei
stessa sembra un demonio, le
parole concitate nell’affanno
della corsa, l’urlo ripetuto, l’invocazione disperata di aiuto...
«Mandala via» gridano alcuni;
altri, non si sa se per pietà o calcolo, vorrebbero fermarsi per
aiutaria. No! Non ci si può fermare. Questo è il tempo del silenzio e del nascondimento. Se
la si aiuta l’identità di Gesù sarà
irrimediabilmente svelata e tutti
nei villaggi lo verranno a sapere.
E la voce giungerà fino a Gerusalemme. E poi il Messia non si
rivela in terra pagana. I pagani
hanno i loro riti e i loro dei, i loro liberatori e i loro sacerdoti, le
loro tradizioni e le loro credenze. La vocazione del Messia può
essere buttata al vento, bruciata,
per un gesto di pietà verso una
singola creatura e per di più cananea? La causa del Regno ti attende. Ha senso morire per una
pagana? Il regno di Dio ha un
valore infinitamente più grande
della vita di una bambina cananea; è un assoluto.
La donna non si arrende, li insegue, li raggiunge, si butta ai
piedi di Gesù, lo blocca. Implora, scongiura, non per sé, ma
per la sua bambina, una briciola, un frammento sia pur minimo del Regno. Ne ha diritto?
Forse no. Ma forse neppure Gesù ha il diritto di negarglielo. Ri
. è? Una cananea, una paga
na, estranea al Patto. Ma da dove
le viene quel grido disperato, più
volte ripetuto, «Signore, figlio di
Davide», che solo su labbra
ebree ha un senso? No, qui non
c’era la nuvola, o il fragore del
Sinai. Ma attraverso la miseria e
la disperazione di quella donna
(una cananea!) Dio parlava. Ricordava a Gesù la sua vocazione
e lo riportava al centro di essa.
«Non voglio sacrificio, ma misericordia» aveva detto una volta
un profeta. Una parola che Gesù
aveva assunto, facendone la
bandiera deila sua predicazione.
Ma quand’è il tempo della misericordia? Tutte le cose hanno il
loro tempo. L’antico saggio aveva detto che c’è un tempo per
nascere e uno per morire, uno
per ridere e un altro per piangere, uno per parlare e un altro per
tacere, uno per rivelarsi e un altro per nascondersi, ma non
aveva detto nulla sul tempo della
misericordia. Un tempo, dunque, unico, senza alternanze. È
sempre il tempo della misericordia. Può il tempo del Messia essere senza misericordia?
Il tempo della misericordia
COSI Gesù ritrova la parola
d ” .............
(della vita e della liberazione
e le dice; «Donna, grande è la tua
fede; ti sia fatto come vuoi». E da
quel momento sua figlia fu guarita. Come improvvisa era comparsa sulla scena, altrettanto di
colpo la donna svanisce. Nella
campagna silenzio e solitudine.
Tutto è apparentemente come
prima. Gesù e i suoi discepoli riprendono il cammino. Non più,
però, tra i sentieri poco battuti
dell’antica Fenicia. Si girano e
tornano nei villaggi popolosi del
mar di Galilea. Da allora sappiamo che la causa del Regno si è,
per sempre, unita alla misericordia e che il Messia è tale perché
ha dato la sua vita per una povera, miserabile, sconosciuta bambina cananea, demente.
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
Note
omiletiche
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(Menti
L'episodio dell'incoti.
tro tra la dorma cananej
e Gesù è raccontato ij
Marco 7, 24-30 e in Mat.
teo 15, 21-28. Ma tra |¡
due redazioni vi soni)
profonde differenze. |(
Matteo l'episodio avvia
ne all'aperto, mentre in
Marco all'interno di unj
casa dove Gesù si è rifu,
giato. Marco non ha ri,'
portato il detto sulle,,.«pecore perdute». Ha in.|tutto U
vece aggiunto maggio(¡, otopK
dettagli sull'identità del-| cloro'
la donna e sulla guarigio, A Gir
ne della figlia. Ma so.! jilidel
prattutto in Matteo la; |eUe cl
donna si rivolge a Gesùj krazio
con l'appellativo «figlio' |m), c
liese
leiper
di Davide», un titolo!
messianico con il quale
solo una persona di fede
ebraica si sarebbe rivolta
a colui che riconosceva!
come Messia di Israele.
Nel detto, riportato solo da Matteo, sulla missione di Gesù, limitata «alle
pecore perdute della casa
d'Israele» sembra avvertirsi l'eco del dibattito che
ha lacerato la chiesa del
primo secolo, se la missione debba essere estesa
anche ai pagani, oppure
no. Non è chiaro chi siano
le pecore «perdute»; l-'C.
sraele, o solo una categoria di persone al suo interno, per esempio i pubblicani e i peccatori che Gesù
frequenta? La donna si rivolge a Gesù identificandolo come Messia e non
come guaritore o esorcista
e neppure come maestro,
Essa appare qui come prima rappresentante di
quei pagani che riconoscono in Gesù, nel messia
ebraico, una funzione universale e reclamano pertanto una partecipazione
alla salvezza.
Considerando le varie
scansioni in cui è divisibile
l'episodio, ci si rende conto che viene compiuto un
percorso complesso, nel
quale Gesù passa da una
posizione di chiusura a
una accettazione di un
ministero che supera i
confini di Israele. Per questo l'esegesi femminista
legge qui una «conversione» di Gesù e individua
nella figura della cananea
l'agente determinante di
questa svolta radicale.
Il detto sui «figli» e i
«cagnolini» dei vv. 26 e
27 ci mette a disagio ed è
scandaloso perché ci sembra venato di razzismo. Se
però passiamo da una prima impressione sgradevole a una posizione più ragionata e leggiamo questa parola sullo sfondo
dell'ampio dibattito che
lacerò profondamente la
chiesa cristiana primitiva,
reiativo ai rapporti tra cristiani di origine ebraica e
cristiani di origine pagana, attestato dal libro degli Atti e dalla lettera ai
Gelati, rintracciamo qui le
radici del dibattito tra
giudaismo e cristianesimo
oggi più che mai attuale. I
pagani non sono esclusi
dal Regno; ma la loro inclusione non significa
l'esclusione di Israele
quale rimane «figlio»Con altre parole il problema teologico è chiaramente affrontato e discusso nei capitoli 9-H
della lettera ai RomaniIsraele rimane l'eletto e |
«pagani» sono innestati
in quella elezione. La storia successiva delle chiese,
fino ai giorni nostri, mO'
stra come i «cagnolini»
abbiano finito per usurpare il posto dei «figli»!
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Rambc
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il
Per
approfondire
et
- J. Jeremias, Jésus
les païens, Delachaux e
Niestlé, 1956.
- P. Bonnard, L'Évangi'
le selon St. Matthieu, D®
iachaux et Niestlé, t96J
- U. Luz, Die Jesusgeschichte des Matthäus^
Nekirchener Verlag,
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PAG. 3 RIFORMA
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Le prese di posizione delle chiese protestanti, anglicane e ortodosse
«La guerra non è la volontà di Dio»
¡segretari generali del Cec, della Kek, della Firn e dell'Arm hanno inviato una lettera
3 Kofi Annan chiedendo un intervento delFOnu. Anche gli anglicani si mobilitano
ijjientre la Nato sta intensiÌìando i bombardamenti aeI ^per tentare di risolvere la
^i in Jugoslavia, le chiese di
tutto il mondo esprimono le
loto preoccupazioni, e a volte
le loro vive critiche.
A Ginevra i segretari geneali del Consiglio ecumenico
Ielle chiese (Cec), della Feerazione luterana mondiale
^), della Conferenza delle
blese europee (Kek) e del^eanza riformata mondiate (Arm) hanno chiesto la
¡esazione immediata dell’
tèrvento militare Nato e
in’iniziativa dell’Onu affinbé venga trovata una soluIpne politica. «Ogni nuovo
mbardamento fa indiefigiare la soluzione e acerete il rischio di regionalizzaione del conflitto. Accresce
iche il pericolo di vedere
iuropa dividersi di nuovo»,
irivono in una lettera indizzata al segretario generale
Ilell’Onu, Kofi Annan. Secondo la lettera, resa nota a Ginejvrail29 marzo, «l’intervento
ideila Nato nella Repubblica
flderale di Jugoslavia evidenzia il fallimento della comunità internazionale nel giungere a una soluzione negoziata credibile». «Progressi deci' sivi sono stati realizzati a
^ ttambouillet in vista di una
) soluzione politica duratura I prosegue la lettera -. Oggi,
j però, crediamo che soltanto
j l’Onu possa offrire un quadro
' áJantío di una nuova iniziaI livafche‘permetta di uscire
B^ttuale vicolo cieco».
0aa delle reazioni più forti
i tóTOtro l’intervento della Nato
TOunta da Mosca dove il paprca Alessio II, primate del' la Chiesa ortodossa russa, ha
Iffidannato «l’ipocrisia occifentale». In una dichiarazioneresa nota il 25 marzo, il
patriarca ha definito l’intertento della Nato «peccato datanti a Dio e crimine dal
punto di vista del diritto internazionale». Ha però lanciato un appello ai serbi e agli
albanesi del Kosovo affinché
«pongano fine alla violenza e
comincino senza indugio a
i Manifestazione ecumenica a Napoli
Fermate la guerra nei Balcani!
MARTA VAURIA
Una colonna di profughi in fuga daiie zone di guerra
della pace per mezzo del negoziato». Il vescovo Griswold
si è detto «personalmente lacerato dalla decisione della
Nato. Infatti, mentre il suo
dislocate non sono più tollerabili oggi di quanto lo fossero all’inizio della crisi dei Balcani». Ma ha ammonito: «Il
ricorso alla forza a nome della comunità internazionale
non può essere intrapreso alla leggera e, in questo senso,
deve sempre essere considerato come deplorevole. La
forza non può essere un fine
in sé, ci devono essere obiettivi chiari e limiti hen definiti.
Se si tiene conto di questo,
l’unica via di uscita accettabile alla crisi è una pace durevole e giusta ottenuta tramite
il negoziato in buona fede».
A New York Frank T. Griswold, vescovo presidente e
primate della Chiesa episcopale (anglicana) degli Usa, ha
chiesto d presidente Milosevic di «riconsiderare le sue
opzioni e di perseguire la via
obiettivo è nobile, i suoi mezzi,sono violenti. Ora, il Cristo
ci chiama a stabilire rapporti
con gli altri e la situazione attuale ci porta all’allontanamento. Eppure non possiamo accettare e permettere
che il genocidio vada avanti. Indipendentemente da
quello che la nostra coscienza può dettarci, la decisione
di intraprendere i massicci
bombardamenti, l’impotenza
a risolvere questo problema
tramite il negoziato, rivela un
profondo fallimento della volontà e dello spirito umani».
A Hannover Manfred Kock,
responsabile della Chiesa
evangelica della Germania
(Ekd), ha detto che dopo il
fallimento dei negoziati di
pace «la forza militare è l’ultimo mezzo che ci rimane per
porre fine ai crimini contro
l’umanità e salvare la vita di
persone minacciate. Non
possiamo garantire che l’intervento militare sfocerà su
una soluzione a lungo termine. Non fare nulla però significherebbe essere colpevoli
per altre ragioni». Manfred
Kock ha riconosciuto di condividere l’incertezza dei dirigenti politici della Germania
circa misure «necessarie e
appropriate per porre fine
all’ingiustizia e alla violenza»
e ha parlato della sua preoccupazione per la sorte della
popolazione civile nella zona.
«Rimaniamo convinti che la
guerra non è la volontà di
Dio», ha concluso. (eni)
I infica
3, il
0».
bleI radiai
A Belgrado il patriarca Pavle, responsabile della Chiesa
Ortodossa serba, ha esortato «i
governi di tutti i paesi del
mondo a intraprendere un’
Orione affinché cessino i
bombardamenti e affinché si
bovi una soluzione giusta alla
orisi attuale tramite negoziati,
ba Chiesa ortodossa serba si
appella alle autorità civili e
militari della Serbia e della Ju^slavia per fare tutto il possibile per ristabilire la pace».
, A Parigi il pastore Jean Tarber, presidente uscente della
federazione protestante di
fr^cia, ha reso nota una diOfliarazione nella quale sotto®ea: «In questi tempi di ceUebrazioni della Settimana
I ^®rita, non possiamo dimeni*care che il nostro paese è
ontrato in una guerra che non
mche aggiungere orrore ad
®rtore e che acuisce ancora di
piu risentimenti e disgusti,
iiszionalismo e chiusure, nel
■Uomento in cui l’Europa cerdi essere più solidale e fra®tna. Il fine giustifica i mezLa lotta contro i dittatori al
potere autorizza tutti questi
^^sacri e questi spostamen
dire
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■vangi■u, Oe1963.
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1993.
popolazione che la guer
8 nei Balcani non fa che in
onsificare? Bisogna al più
Pfosto tornare ad altri mezzi e
cercare di nuovo soluzioni
i ®8oziate per il bene di tutti
^rbia e in Kosovo».
Londra l’arcivescovo di
^terbury, George Carey, ha
u ’jP'urato che «i mali della
rjo^a etnica e la drammati**tuazione delle persone
Presa dì posizione del Gruppo di lavoro rifugiati di Bari
Fermamente contrari all'intervento della Nato
Il Gruppo lavoro rifugiati
di Bari si oppone fermamente all’intervento militare della Nato in Kosovo, deciso
unilateralmente, scavalcando
l’Onu, che ha ancora una volta dimostrato la sua incapacità di porsi come protagonista nella risoluzione delle
controversie internazionali.
Riteniamo che gli attacchi
non solo non porranno fine
agli scontri in Kosovo, ma rischiano di aggravare la situazione, destabilizzando ulteriormente tutta l’area dei Balcani e chiudendo definitivamente la via dei negoziati. I
raid partono da basi militari
situate sul territorio italiano,
coinvolgendo direttamente il
nostro paese, nonostante il
divieto sancito dall’articolo
11 della Costituzione.
Non riteniamo in alcun caso l’opzione militare risolutiva delle controversie, anche
se mascherata dietro presunti
fini umanitari: gli stessi massacri e le stesse violazioni dei
diritti umani a danno di popolazioni civili sono ignorati
in altre regioni del pianeta.
L’annunciato arrivo massiccio dei profughi troverà il
nostro paese, e in particolare
la Puglia, del tutto impreparati. E sarà di nuovo emergenza! In assenza di una organica politica dell’accoglienza, saranno nuovamente utilizzate strutture di cui
da tempo chiediamo la chiusura. Paradossalmente i profughi in fuga dalla guerra saranno ospitati in un’area
«obiettivo militare», l’aeroporto di Bari-Palese, mentre
l’adiacente aeroporto civile è
stato chiuso per motivi di sicurezza.
Chiediamo: - che gli attacchi militari delle forze Nato
cessino immediatamente; che l’Italia prenda le distanze
dall’intervento militare; - che
venga consentito l’accesso
legale sul territorio italiano ai
profughi, per salvaguardare
vite umane e mettere fine al
traffico di uomini e donne
gestito da organizzazioni criminali; - che venga assicurato un reale diritto di asilo,
con strutture di accoglienza
rispettose dei fondamentali
diritti umani e che accolgano
i profughi anche per l’intera
durata della procedura di asilo, con adeguati servizi di
informazione, tutela giuridica, assistenza e integrazione.
Il Gruppo lavoro rifugiati è
costituito da organizzazioni
(Federazione chiese evangeliche Puglia e Lucania; Anolf,
Bari; Servizio civile internazionale, Bari; Associazione
Azad, Bari; Associazione Finis Terrae, Bari; Associazione Saro-Wiwa, Bari; Cassandra Onlus, Adelfia; Csoa
Coppola rossa, Adelfia) e
singoli volontari attivi sulle
tematiche concernenti il diritto di asilo di cittadini stranieri in Italia. Il Gruppo lavoro rifugiati è aperto alla
adesione di tutti i soggetti
(enti locali, organizzazioni
non governative, sindacati,
associazioni di volontariato.
singoli volontari) impegnati
nel settore dell’immigrazione e dell’asilo in particolare.
Per informazioni; Tommaso
Gelao (tel.-fax: 080-5012008),
Innocent Kabera (tei.-fax:
080-5540769), Erminia Rizzi
(tei.-fax: 080-5588713); email: togelao@iol.it.
AL fine di dare conti\\./\nuità all’iniziativa ecumenica di questa sera e
con lo scopo di offrire una
informazione che tenti di
sottrarsi alla diffusa propaganda di guerra e alle solite
logiche politiche interne di
sconfortante cinismo, consapevoli della vocazione che il
Signore crocifisso e risorto
continua a rivolgerci per un
discepolato di pace (...) noi,
come pastori e responsabili
di diverse chiese evangeUche
e cattoliche della città, e rappresentanti di associazioni
cristiane di varie estrazioni,
invitiamo i nostri fratelli e
sorelle in fede a impegnarsi
per un digiuno ecumenico di
pace. Nello specifico chiediamo che un gruppo costituito
di 4-5 persone appartenenti
a diverse chiese, ogni giorno,
a turno, si alterni, in una sede da individuare a breve nel
centro della città, in un digiuno a oltranza che esprima
penitenza e preghiera di intercessione per tutte le vittime della guerra».
Con questo appello del pastore Massimo Aprile si è
concluso l’incontro ecumenico di preghiera che un cospicuo numero di chiese e organizzazioni protestanti e cattoliche di Napoli hanno tenuto nella centrale piazza del
Gesù Nuovo la sera di martedì 30 marzo. La manifestazione, che ha coinvolto qualche centinaio di credenti di
diversa estrazione fra cui anche l’archimandrita e altri
rappresentanti della comunità ortodossa, ha avuto come motto lo stesso versetto
del salmo 44 che la Federazione delle chiese evangeliche scelse nell’ottobre del
1983 nel promuovere la partecipazione degli evangelici
alla grande manifestazione
nazionale contro i missili a
Comiso: «Non è nel mio arco
che io confido, non è la mia
spada che mi salverà».
L’incontro, a cui ha anche
partecipato il coro «Ipharadisi», si è svolto in un clima di
profonda commozione e
preoccupazione. «Dobbiamo
renderci conto - ha detto la
prof. Gabriella Lavina, profonda conoscitrice di Martin
Luther King - che noi siamo
in guerra anche se tutto intorno a noi sembra svolgersi
come al solito. Come è potuto accadere che un caposaldo
della nostra Costituzione, il
ripudio della guerra, che aveva per noi un significato rasserenante e protettivo, sia
stato così totalmente con
traddetto dagli eventi a cui
stiamo assistendo?».
La riflessione sul corpo lacerato di Gesù sulla croce,
strumento di riconciliazione
scelto da Dio, che le attuali
azioni di guerra contribuiscono a violare ancora di
nuovo, è stato invece il centro dell’intervento del padre
gesuita Paolo Gamberini, segretario del Gruppo interconfessionale attività ecumeniche di Napoli. Un accorato
appello che pacifisti kossovari diffusero già nel 1993 per
far sì che la loro azione nonviolenta di resistenza all’intolleranza serba fosse sostenuta dai popoli d’Europa, e
che è invece drammaticamente caduto nel vuoto del
disinteresse fino ad oggi, è
stato letto dal rappresentante
della scuola di pace a ricordare quanta responsabilità
portiamo tutti per ciò che sta
accadendo. Gerard O’Flaerty,
missionario battista irlandese
ha invece portato la sua testimonianza del lacerante conflitto nordirlandese. «Ci sono
cose di cui non si parla nella
grande stampa. Ci sono cose
che stanno cambiando in Irlanda, come è avvenuto nella
mia famiglia che, coinvolta
per tre generazioni nelle attività terroristiche dell’Ira, si è
convertita all’evangelo della
pace. Quando Gesù opera, le
armi tacciono: i cristiani e il
messaggio che essi portano
devono essere la soluzione e
non la causa dei conflitti».
La pastora Anna Maffei ha
concluso gli interventi con
una memoria dei genocidi efferati tentati e compiuti nel
secolo che sta per chiudersi,
fra i quali quello contro gli
armeni, gli ebrei, i curdi, i
musulmani bosniaci, i tutzi,
gli hutu e oggi contro gli albanesi del Kosovo. «Espressioni agghiaccianti come
“pulizia etnica” - ha detto
Maffei - continuano ad essere coniate perché il vocabolario non conosce parole adatte per esprimere compiutamente ciò che sta avvenendo.
Ci troviamo davanti al pianto
di Gesù che davanti a Gerusalemme disse: “Oh se tu sapessi almeno oggi ciò che occorre alla tua pace!”. Non solo agli occhi di Gerusalemme,
ma anche a quelli di Belgrado, Washington, Roma e
Londra è ancora nascosto
quel che serve alla pace: non
eserciti potenti di occupazione, non nazionalisti armati
ma una vera parola di conversione e riconciliazione, e
uomini e donne disarmati
che siano disposti a pronunciarla e a viverla».
La guerra vista dai battisti che vivono nei Balcani
Essere testimoni del Principe della pace
Mentre si affronta la distruzione provocata dalle bombe,
e mentre ondate di profughi
lasciano il Kosovo per trovare
salvezza nei paesi vicini, i
battisti presenti nei Balcani
stanno vivendo la realtà della
crisi, continuando ad essere
fedeli testimoni dell’Evangelo e attivandosi in specifiche
azioni di solidarietà.
«Quando le sirene dei raid
aerei cominciano a suonare
pazzamente - ha detto Dane
Vidovic, membro della prima
chiesa battista a Belgrado noi ci ritroviamo nei ricoveri
e negli scantinati con coloro
che non conoscono Dio. Essi
notano la pace che trapela
dai nostri comportamenti e
cominciano a farci delle domande che non avrebbero
mai pensato di fare. È difficile
partecipare ai culti negli orari
e luoghi abituali, ma ora abbiamo delle nuove chiese: i
nostri ricoveri».
Jonathan Steeper, direttore
del Centro battista in Tirana il
30 marzo ha dichiarato che
circa 60.000 rifugiati provenienti dal Kosovo hanno attraversato i confini dell’Albania, ma che i numeri oscillano
date le condizioni in cui i profughi arrivano. Coloro che riescono ad attraversare i confini
riportano strazianti testimonianze di uccisioni, saccheggi
ed evacuazioni forzate. «Prima avevamo dei rifugiati, ma
adesso assistiamo a una vera
e propria inondazione - ha
detto Steeper -. Siamo di
fronte a una crisi concreta: le
strade che portano a Tirana
sono state chiuse ai rifugiati,
molti dei quali si sono ammassati intorno all’area cittadina e alla zona di Dürres».
In questa situazione di
grande emergenza c’è bisogno di acquistare materie
prime come latte, cibo, pannolini, coperte, e materiali
igienico-sanitari per rifornire
i tre centri d’accoglienza per
rifugiati che sono stati predisposti a Tirana. A un incontro
avvenuto il 30 marzo è stato
chiesto all’Alleanza evangelica in Albania di coordinare i
tre centri. I membri delle
chiese lavoreranno presso i
suddetti centri per distribuire
i beni di prima necessità e registrare i rifugiati.
Denton Lotz, segretario generale dell’Alleanza battista
mondiale (Bwa) usando l’esempio biblico di Barabba,
leader rivoluzionario che il
popolo preferì a Gesù Cristo,
che fu crocifisso, ha detto:
«Da quel giorno, uomini e
donne continuano a scegliere
Barabba e a rifiutare il Principe della pace. Noi invitiamo i
nostri fratelli, in qualunque
luogo essi siano, a pregare
con fervore per la pace».
(Servizio stampa della Federazione battista europea)
4
PAG. 4 RIFORMA
Ecumene
È stato eletto durante l'Assemblea della Federazione protestante di Francia
Il nuovo presidente dei protestanti francesi
JEAN-JACQUES PEYRONEL
IL pastore riformato JeanArnold de Clermont è il
nuovo presidente della Federazione protestante di Francia (Fpf). È stato eletto il 20
marzo scorso, nel corso della
Assemblea generale della Fpf
che si è svolta a Parigi il 20 e
21 marzo. Eletto dal nuovo
Consiglio della Federazione,
de Clermont inizierà il suo
mandato il 1" luglio prossimo, subentrando al pastore
luterano Jean Tarder che era
stato eletto presidente nel dicembre 1996.
È stata un’elezione molto
controversa. Jean-Arnold de
Clermont, già candidato due
anni fa, era l’unico candidato
proposto dalla Commissione
delle nomine istituita un mese prima dell’Assemblea, dopo la pubblicazione, il 22 febbraio scorso, di uno scarno
comunicato della Fpf che annunciava che il past. Tarder
non intendeva sollecitare un
secondo mandato. Questo
comunicato aveva sollevato
un’ondata di interrogadvi sia
sulla stampa protestante sia
su quella laica. Secondo il
quoddiano Le Monde àe\ 21 e
22 marzo «vari commentatori
hanno parlato di divergenze
di opinioni tra il presidente e
il Consiglio della Federazione... Fin dall’Assemblea generale del marzo 1998, riunita a Nantes per commemorare l’editto del 1598, Jean Tarder aveva fatto parte della
sua "perplessità” circa le sue
capacità di portare a buon fine i compiti che lo attendevano». Il settimanale protestante «Réforme» del 18 marzo scorso riferiva un’affermazione polemica di Erica Tartier, moglie del presidente
uscente: «Jean Tartier non ha
beneficiato dell’aiuto che era
in diritto di aspettarsi nel bel
mezzo del quarto centenario
dell’editto di Nantes. Mi piacerebbe sapere quale presidente avrebbe fatto meglio in
queste condizioni».
Jean Tartier, pastore della
chiesa luterana di Montbéliard, ha avuto però l’appoggio deciso di un gruppo di
riformati guidati dal sociologo Jean Baubérot. 11 settimanale «Le Christianisme au XX
siècle» del 14 marzo scorso
dedicava il paginone centrale
a un appello dello stesso
Baubérot intitolato; «Rimanga, signor Presidente!». In
un’intervista pubblicata sullo
stesso numero, Baubérot affermava; «Jean Tartier ha delle qualità di ascolto e di dialogo che sono del tutto benefiche alle differenti componenti della Federazione». E aggiungeva: «Jean Tartier non è
certo un uomo di potere. Ma
abbiamo bisogno di un uomo
di potere a capo della Fpf?».
Per la maggioranza del
Consiglio uscente, la risposta
era senz’altro «sì». Secondo il
vicepresidente, il past. Alfred
Sarg, «il presidente deve essere un trascinatore di uomini,
una personalità dotata di un
carisma sufficiente per rappresentare all’esterno il protestantesimo francese nella
sua diversità» {Réforme). Ovviamente, oltre alle questioni
di persone, vi era un problema di rapporti tra le varie denominazioni protestanti rappresentate nella Fpf in cui la
Chiesa riformata di Francia
(Erf) è nettamente maggioritaria e dove ha sempre avuto
un po’ tendenza a rivendicare
il diritto di primogenitura
L’Assemblea di Parigi è stata molto travagliata. La petizione del gruppo Baubérot
circolava sotto banco e il futuro presidente è stato ad un
Il pastore Jean-Arnold de Clermont
(Foto Réforme)
passo dalla rinuncia. Lo dice
lui stesso in un’intervista
pubblicata su Réforme del 25
marzo: «Certo, ho provato
uno shock quando il mio nome sulla lista dei membri proposti per il nuovo Consiglio
ha ottenuto 47 voti mentre
tutti gli altri erano sui 70».
Ma dietro questa questione
di potere e di personalismi, si
nasconde una crisi di identità
e di prospettive della stessa
Federazione. Nel suo rapporto introduttivo all’Assemblea,
Jean Tartier lo ha espresso in
questi termini: «A volte ho la
forte sensazione che le nostre
paralisi o la nostra mancanza
di mezzi provengano in buona parte dal ritorno all’autarchia, all’autosufficienza di
ciascuno dei nostri membri.
L’istinto di sopravvivenza e di
affermazione identitaria prevale a volte sulla scommessa
del vivere insieme». Ha quindi parlato dei difetti di comunicazione all’esterno, della
mancanza di un discorso teologico articolato e di una
scarsa visibilità della Federazione a livello locale. Un bilancio probabilmente giusto
ma tardivo e comunque poco
incoraggiante. Ma qual è il
programma del nuovo presidente? Nella sua intervista a
Réforme, Jean-Arnold de
Clermont afferma: «Bisogna
ad ogni costo impegnare gli
uni e gli altri in quello che è la
specificità della vita federativa, cioè la testimonianza comune e la parola comune.
Siamo capaci di produrre una
parola comune sull’Europa,
ma manca una testimonianza
comune sulla vita quotidiana
nella nostra società».
Jean-Arnold de Clermont
ha iniziato il suo ministero
pastorale come pastore della
Chiesa del Cristo Re a Bangui,
nella Repubblica centrafricana, dal 1966 al 1971. Da questi
sei anni in Africa ha conservato la convinzione che le chiese devono avere rapporti privilegiati con i paesi del Sud.
«La mia chiesa - dice - non è
la chiesa se non è in relazione
con le altre chiese del mondo
e in particolare con le chiese
del Sud». In questi ultimi anni, Jean-Arnold de Clermont è
stato pastore della chiesa del
Santo Spirito a Parigi. È inoltre presidente della Società
editrice delTEif, «Les Bergers
et les Mages», vicepresidente
della Fondazione John Bost,
membro del Consiglio della
Fpf dal 1984 e responsabile
del servizio informazione-comunicazione della Fpf dal
1978. Dopo questa elezione
tutt’altro che plebiscitaria, il
neopresidente del Consiglio
della Fpf ha davanti a sé una
strada tutta in salita.
Un'interessante iniziativa ecumenica in corso a Roma
Stampata un'edizione plurilingue del Vangelo
di Luca in traduzione interconfessionale
«Mentre ci avviciniamo
alTiqizio del terzo millennio
della storia che prende nome
dalla nascita di Gesù Cristo,
noi cristiani in Italia offriamo
questo testo a quanti vivono
nel nostro paese o lo visitano». 1 cristiani in questione
sono la Conferenza episcopale italiana (Cei), la Federazione delle chiese evangeliche in
Italia (Fcei) e la Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia (grecoortodossa, Patriarcato ecumenico): il testo è una splendida edizione plurilingue del
Vangelo di Luca in traduzione
ecumenica in lingua corrente,
che l’Alleanza biblica univer
sale (Abu, rappresentata in
Italia dalla Società biblica in
Italia) ha stampato, per ora in
una prima tiratura di 100.000
copie, per conto dei tre organismi promotori dell’iniziativa. 11 Vangelo di Luca in italiano, tedesco, inglese, spagnolo, francese, giapponese e
arabo sarà diffuso gratuitamente negli alberghi romani
sin dalla prossima Pasqua.
L’iniziativa è opera dell’Abu e
della Società del Vangelo
(Antoniano di Bologna), con
la collaborazione dell’Associazione provinciale romana
albergatori (Apra).
11 Vangelo di Luca inter
confessionale e plurilingue è
stato presentato a Roma nel
corso di una conferenza
stampa che ha avuto luogo il
30 marzo scorso all’Hòtel Cicerone. Sono intervenuti, fra
gli altri, il vicepresidente della Cei, mons. Alberto Abiondi, e il presidente della Fcei,
pastore Domenico Tomasetto. Assente per motivi di salute il vicario generale delTArcidiocesi ortodossa, archimandrita Policarpo Stavropoulos. Presiedevano Valdo
Bertalot, segretario generale
della Società biblica in Italia,
e padre Ernesto Caroli della
Società del Vangelo. fneej
Assumerà l'incarico a partire dal prossimo T settembre
Affidata al vescovo canadese John Baycroft
la direzione del Centro anglicano di Roma
Per la prima volta un vescovo assumerà la direzione
del prestigioso Centro anglicano di Roma, recentemente
ampliato e ristrutturato; si
tratta di John Baycroft, vescovo di Ottawa, 65 anni, che
assumerà l’incarico di direttore del centro a partire dal
prossimo 1" settembre.
11 Centro anglicano di Roma, con sede nel palazzo rinascimentale Doria Pamphili, gioca un importante ruolo
nella collaborazione e nel
dialogo fra la Chiesa anglicana e quella cattolica. Il vescovo Baycroft lavora da più di
trenta anni in ambito ecumenico: dal 1981 è membro della Commissione di dialogo
internazionale anglicano
cattolica (Arcic), nata trent’
anni fa allo scopo di affrontare le differenze teologiche
che dividono le due confessioni. «Amo la città di Roma ha dichiarato Baycroft all’
agenzia ecumenica Eni -. Mi
piace entrare in dialogo con i
cattolici, anche quando non
c’è accordo su qualche tema.
Sento davvero che siamo parte della stessa famiglia».
La presenza a Roma del vescovo di Ottawa si articolerà
su due piani; come rappresentante al Vaticano dell’Arcivescovo di Canterbury lavorerà a stretto contatto con il
Pontificio Consiglio per la
promozione dell’unità dei
cristiani. «Un ecumenismo
dell’amore, della giustizia e
del servizio sarà parte delle
mie preoccupazioni almeno
quanto il lavoro teologico», ha
affermato a questo proposito
Baycroft. «L’altro aspetto - ha
ancora dichiarato Baycroft,
che succede nel suo incarico
al canonico Bruce Ruddock riguarderà il servizio come direttore del Centro anglicano,
che si è recentemente rinnovato ed esteso e possiede attualmente la maggiore biblioteca di teologia anglicana in
Europa continentale». John
Baycroft ha inoltre accennato
alla prossima pubblicazione
(12 maggio prossimo) di un
documento Arcic sull’autorità
nella chiesa, un testo che il
vescovo ha definito «un eccitante nuovo accordo», inen)
VENERDÌ 9 APRILE 1%
Dopo la rinuncia del presidente uscente Jean Tartier a sollecitare un secondo
mandato, il nuovo Consiglio ha scelto il pastore riformato Jean-Arnold de Clermont
Germania: sondaggio sull'appartenenza
religiosa dei membri del Bundestag
Cti
BONN — L’agenzia stampa tedesca «Idea» ha svolto un
rioso sondaggio tra i membri del Bundestag, il Parlarne
della Germania, classificando i deputati secondo la loro ¡¡
partenenza confessionale. Ne è risultato che su 669 depur
il 70,1% è credente (3% in meno rispetto alla precedente ú
slatura): 254 sono protestanti (38%, meno 1,3): 215 cattofe
(32,1%, meno 1,3): 86 sono credenti ma non iscritti neti
elenchi ecclesiastici (12,9%): 1 è musulmano (eletto tra i v®
di): 109 hanno preferito non rispondere. (nev/a¡¡¡
yENEF
N<
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La storia dei mormoni giunge su web
SALT LAKE CITY — Dal quartier generale della Chiesa mot.
mone, la Chiesa di Gesù Cristo e degli Apostoli, è arrivato un annuncio atteso da fedeli e storici da molto tempo, ovvero la pu])!
blicazione su Internet della storia della famiglia mormone. Una
parte dei materiali è già stata resa pubblica sul sito della Chiesa,
Negli scorsi mesi i vertici della Chiesa avevano spiegato che era
no stati archiviati i nomi di 13 miliardi di persone da 110 paesi
diversi: «Ci sono milioni e milioni di dati nell’Indice genealogico
internazionale e molti milioni di più nei documenti più antichi
ora entrambi fanno parte di documenti elettronici organizzati
in database». Secondo la Chiesa mormone l’operazione di pubblicazione è un servizio che consentirà alla gente di rintracciare
la storia della propria famiglia. Ci vorranno però ancora alcuni
rtiesi di lavoro per portare in rete i risultati di un lavoro genealogico che affonda le radici in una storia di 170 anni. Ragione
principale di questo lavoro è la necessità di registrare i nomi per
il cosiddetto «battesimo dei morti», che consente ai defunti di
raggiungere la Chiesa mormone dopo la morte. (JàJ
Igra
Quasi 21 milioni di copie della Bibbia
distribuite nel mondo nel 1998
LONDRA — Nel 1998 le Società bibliche nazionali hanno distribuito nel mondo 20 milioni e 751.515 copie della Bibbia, secondo un comunicato delTAlleanza biblica universale; un aumento di oltre mezzo milione rispetto al ’97. L’incremento
maggiore è stato registrato in America Latina (Messico più
40%, E1 Salvador più 33%) e negli Stati Uniti (600.000 copie).
Aggiungendo alle copie della Bibbia anche gli estratti dal Nuovo Testamento, si raggiunge per il ’98 l’astronomica cifra di
585 milioni di diffusione delle Scritture nel mondo. (nev/ak)
Italia: incontro dell'Associazione
e di accademie e centri laici in Europa
REGGELLO — Dal 12 ed 16 marzo il Centro evangelico di Casa Cares, a Reggello (Firenze), ha ospitato l’incontro primave- ^
rile dell’Associazione ecumenica di accademie e centri laici in,
Europa, organizzazione che riunisce oltre 90 centri di incontro
protestanti, cattolici e ortodossi in dieci paesi europei. Al cen- '
tro dell’incontro il contatto e il dialogo fra le chiese e le società
in cui operano. Per l’Italia fanno parte dell’Associazione il
Centro ecumenico di Agape, il Villaggio evangelico di Monteforte e Casa Cares, mentre il Villaggio battista di Santa Severa ha presentato quest’anno la richiesta di adesione. (nev)
Germania: verso la grande Expo 2000
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HANNOVER — Dal 1“ giugno al 31 ottobre del 2000 sarà possibile visitare ad Hannover, in Germania, la grande Expo 2000:
una kermesse mondiale per celebrare il nuovo millennio voluta congiuntamente dalle chiese protestanti e cattolica della
Germania che, secondo le previsioni, verrà visitata da circa 40
milioni di persone. Parteciperanno 170 nazioni, organizzazioni
non governative e movimenti, sotto il tema generale «Urna"
nità, natura, tecnologia». Un’anticipazione virtuale di quanto è
stato finora pianificato può essere osservata sul sito web
vvww.expo-kirche.de, attivato dalle chiese tedesche, (nev/enil
Argentina: luterani e desaparecidos
BUENOS AIRES — Il 22 marzo nel corso della sua vdsita ufficiale in Argentina il presidente della Germania, Roman Het;
zog, ha incontrato una delegazione di parenti di cittadini di
origine tedesca, scomparsi durante la dittatura militare del
periodo 1976-1983. Nell’occasione, parlando a nome dei familiari dei desaparecidos, il presidente della chiesa luterana
del Rio de la Piata (lerp), pastore Juan Pedro Schaad, ha chiesto al presidente tedesco di adoperarsi «per rendere accessibili a tutti gli archivi ufficiali dell’epoca in vista di un processo giusto e trasparente, giacché solo la verità porta la libertà e
la civile convivenza». La lerp, che fa parte della Federazione
luterana mondiale (Firn) riunisce oltre 47.000 luterani delfAr;
gentina, Uruguay e Paraguay. (nev/lWV
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Italia: «Noi siamo chiesa» su Internet
ROMA — Ai più di mille siti che offrono informazioni sul
mondo cattolico si è aggiunto quello del movimento «Noi siamo chiesa»: www.rcl.it/jp/noisiamochiesa/. «Noi siamo chie
sa» è il ramo italiano del movimento internazionale che pto
pone la riforma della Chiesa cattolica in una prospettiva ecu
menica nello spirito del Concilio Vaticano 11.11 sito pubblic'Z
za i più importanti documenti prodotti dal 1995 e diffonde pe
riodicamente proposte e critiche sulle posizioni assunte d
Vaticano e dalla Conferenza episcopale italiana.
(nevi
Brasile: proposto un corso universitario
centrato sulla teologia ecumenica
BRASILIA — In Brasile ha preso vita un’interessante iniziu|j
va ecumenica. L’Università cattolica La Salle e la Scuola teow^
gica della Chiesa luterana del Brasile hanno elaborato insie"^
un corso di perfezionamento postuniversitario centrato
sull®
teologia ecumenica. Il progetto è stato presentato
rizzazione al ministero dell’Educazione di Brasilia, fnei
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Mondadori ha pubblicato una nuova edizione della sua famosa traduzione del Seicento
Giovanni Diodati^ appassionato traduttore della Bibbia
Nato a Ginevra in una famiglia che aveva dovuto abbandonare Lucca per sfuggire all'Inquisizione
professore di ebraico e di teologia all'Accademia fondata da Calvino, dedicò la sua vita alla Scrittura
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È grande la nostra riconoscenza nei confronti del
godati per la sua opera, come oggi giunge a noi in questa edizione* al tempo stesso
così fedele ai testi originari e
così chiara e comprensibile,
due caratteristiche difficili da
coniugare insieme in un’opeñi¿ traduzione.
Giovanni Diodati, nato a
glnevra il 1° giugno 1576,
Inava la terra d’origine della
^ famiglia, tanto da firmarsi, nel frontespizio delle edi,|ioni sia del 1607 sia del
1641, «di nation lucchese». In
úna delle sue numerose lettere scrive di avere compiuto la
sua traduzione «dans le but
^'ouvrir la porte aux italiens
|cmr connaître la vérité célea indicare la preoccupandone che lo accompagna per
, levita degli italiani. Era il padre, Carlo, che aveva dovuto
abbandonare Lucca a causa
della nefanda opera dell’Inquisizione che in pochi anni,
apartire dal 1555, era riuscita
a dissolvere quel bel cenacoloprotestante che aveva visto
l'opera di Celio Secondo Culione, Pier Martire Vermigli,
ïêrnardino Ochino e Aonio
Ptìeario. Ginevra aveva accolto la maggior parte degli
esuli che l’avevano ricambiata con la propria attività e il
proprio ingegno.
Giovane brillante, Giovanni Dlodati a vent’anni ha già
, tenifnào i suoi studi di teo\tm e l’anno seguente riceve
ipcarico di occuparsi della
Ïtedra di ebraico all’Accamia fondata da Calvino, e
e anni dopo viene anche
fominato professore di teologia, incarico che coprirà
ferben 46 anni fino al 1645.
hsieme a Teodoro Tronchin,
suo coetaneo, porta così a
vanti per mezzo secolo l’eredità di Calvino e di Teodoro di Beza in tempi particolarmente difficili sia sul piano
politico, per le continue minacce che vengono dal Sud,
dove i Savoia non nascondono i loro propositi di conquistare la città, sia soprattutto
sul piano teologico, dove la
difesa dell’ortodossia riformata porta ad assumere posizioni di estrema rigidità.
Basti pensare al Sinodo di
Dordrecht in Olanda, dove i
due giovani professori ginevrini contribuirono non poco
alla vittoria degli arminiani
assumendo delle posizioni di
estrema durezza che oggi ci
lasciano stupiti.
Ma nella vita e nell’opera
del Diodati l’elemento che ci
interessa mettere più in evidenza è la sua «passione» per
la traduzione della Bibbia.
Giovanissimo, ancora studente, deve avere lavorato alla traduzione dei testi sacri
perché già nel 1603 ha pronta
una traduzione in italiano di
tutta la Bibbia. Esistevano sì
altre traduzioni italiane, in
particolare quella del Brucioli
(del 1532) o la revisione di
questa traduzione fatta dal
Rustici nel 1562, ma tutte
presentavano dei grossi limiti
sia nella traduzione sia nel
linguaggio. Erano le Bibbie
usate dalla chiesa italiana di
Ginevra, frequentata dal Diodati e dagli altri esuli. E Diodati si mette al lavoro perché
la parola di Dio possa essere
letta e capita bene. L’occasione per dare alle stampe l’opera si presenta nel 1607; La
Bibbia, cioè i libri del Vecchio
e del Nuovo Testamento nuovamente tradotti in lingua
italiana da Giovanni Diodati,
di nation lucchese. 1607 Genève - Jean de Tournes. È
una bella edizione in 4°.
Tetti e campanili di Lucca
Dopo che l’Inquisizione era
riuscita a spegnere in quasi
tutta l’Italia i fermenti di
riforma suscitati dal diffondersi delle idee dei riformatori, ecco che sembra aprirsi a
Venezia una porta per l’Evangelo. Un violento conflitto di
potere oppone il doge al papa
Paolo V, tanto che quest’ultimo lancia sulla città un interdetto. A Venezia l’ambasciatore inglese Henry Wotton,
convinto protestante, illudendosi sulla collaborazione
di fra Paolo Sarpi, sollecita
dal mondo riformato aiuti
concreti. La Bibbia inviata dal
Diodati piace ma viene richiesto uno strumento più
maneggevole e Diodati procede alla stampa di un Nuovo
Testamento nel 1608, rivedendo tutta la traduzione,
edizione che porterà di persona a Venezia in quel viaggio
intrapreso con grande entusiasmo, malgrado i pericoli, ma terminato anche con
grande delusione: la Venezia
del 1608 non è più quella di
due anni prima, fra papa e
doge si sta cercando un modus vivendi e Paolo Sarpi si
sta ritirando nell’ombra.
Ma perché Diodati nel dare
alle stampe il Nuovo Testamento del 1608 ha sentito il
bisogno di rivedere, in pratica
di rifare, la traduzione? E qui
troviamo la «passione» per la
ricerca di una sempre migliore traduzione di questa Parola così essenziale per la fede
dei credenti. Diodati continuerà per tutta la vita a tradurre e ritradurre in italiano e
in francese la Bibbia o parti
della Bibbia. Nel 1631 pubblicherà una versione dei Salmi
in versi, versione che si raccomanderà sul suo letto di morte che venga stampata con la
musica, desiderio che il figlio
esaudirà nel 1664. Nel 1641
poi stampa a proprie spese la
seconda edizione della Bibbia
in italiano: La Sacra Bibbia
tradotta in lingua italiana e
commentata da Giovanni
Diodati di nation lucchese.
Seconda editione migliorata
ed accresciuta, con l’aggiunta
dei Sacri Salmi messi in rime
per lo medesimo. Per Pietro
Chovet. MDCXLI. in folio. È la
traduzione che è poi stata ristampata fino al 1924.
Più travagliato e più patetico l’iter della sua traduzione
in francese. A più riprese
Diodati chiede l’autorizzazione alla Compagnie des Pasteurs, nel 1618, nel 1627, nel
1634 accompagnando queste
richieste con la pubblicazione di Giobbe nel 1627, degli
Agiografi nel 1638, ma sempre invano. Per finire, anche
questa volta a sue spese, fa
uscire la sua traduzione; La
Sainte Bible, interprétée par
Jean Diodati. Imprimée à
Genève chez Pierre Albert
1644. In folio. La famiglia
Diodati ne esce economicamente rovinata, gli ultimi anni del traduttore vengono
rattristati dai debiti e dalle
incomprensioni con i colleghi ma Diodati rimane battagliero fino all’ultimo tanto da
raccomandare sul letto di
morte al Léger, che lo viene a
trovare a nome dei colleghi,
di vegliare sulle prossime
elezioni per una corretta
scelta dei candidati. Diodati
morirà il 3 ottobre 1649
all’età di 73 anni. Ci lascia
dunque in eredità questa
«passione»per la Bibbia, non
come oggetto sacro, ma come oggetto di una ricerca e
di uno studio che non si devono mai fermare.
(*) La Sacra Bibbia tradotta in
lingua italiana e commentata da
Giovanni Diodati. A cura di Michele Ranchetti e Milka Ventura
Avanzinelli, con un saggio di Sergio Bozzola e una cronologia a
cura di Emidio Campi. Milano,
Mondadori, 1999, pp. CCXXXV1.429; 1.200; 1.491, £ 85.000 ciascun volume.
L'edizione Mondadori della Bibbia Diodati del 1641 è corredata da note e saggi introduttivi
La cultura italiana riscopre il più grande prosatore in italiano del Seicento
DOMENICO NASELLI
PER un lettore evangelico,
la recente edizione Montodori della Bibbia Diodati è
un avvenimento eccezionale.
È come se l’Italia si accorgesse improvvisamente del valore di un testo biblico che ha
spiritualmente formato intere
generazioni di evangelici e
che è stato sottoposto a molte
tevisioni, anche da parte di
personalità notevoli del proiestantesimo italiano come
Teodoro Pietrocola Rossetti,
ha cultura italiana, per la vedtà, non scopre oggi il Diodah' Michele Ranchetti nel suo
*^ggio cita D’Annunzio ma
àpcanto a lui, come estimatofj del grande traduttore, dobhìamo porre Francesco Flora
e Benedetto Croce,
T’opera consta di tre volui"'- n primo ha 235 pagine di
•htroduzione e 1.429 dedicate
Allibri storici dell’Antico Testamento. Il secondo contiene
testanti libri dell’Antico Tosamento. Il terzo riguarda il
“Uovo Testamento e i libri
Apocrifi o deuterocanonici
ell’Antico Testamento, posta
Í uppendice secondo la trautzione riformata. Il testo è
guello dell’edizione del 1641,
P'.cui recentemente la Società
'hlica italiana aveva fatto
jl'a splendida ristampa anautica. È stato inoltre correato dalle referenze bibliche
L clalTautore e da una sejv?*°tie dei commenti del
j 1 saggi introduttivi
ho quattro più una nota
"“a grafia e i criteri di edizio
ne, di 12 pagine, e costituiscono un apparato di notevoli
proporzioni che permette al
lettore di accostarsi al testo
con un’informazione precisa.
La scelta degli autori è veramente felice. Vi è una introduzione generale di Michele
Ranchetti, noto studioso del
modernismo e esperto di edizioni. Cattolico critico, ha dedicato molti studi alla Riforma protestante; il suo lavoro
inserisce la traduzione del
Diodati e la stessa figura del
traduttore nella storia della
Ginevra dopo la morte di Calvino, e in particolare nell’ambiente dei lucchesi di Ginevra, vedendone poi Timportansa nel mondo protestante
europeo con i forti contatti
con l’Olanda, la Francia ugonotta, l’Inghilterra. Ripercorre gli eventi della sua attività
sottolineando le principali
missioni del Diodati a partire
da quella, ben nota e fallita, a
Venezia, nel tentativo di spin
Emidio Campi
gere quella Repubblica, colpita da interdetti papali, a fare
una scelta per la Riforma, alla
partecipazione al Sinodo di
Dordrecht, fino all’ultima
predica pubblica contro la
condanna a morte di Carlo I
re d’Inghilterra, pochi giorni
prima di morire.
Ranchetti mette in luce il
grande rigore morale del Diodati e il valore della sua attività di studioso delle Sacre
Scritture. Qua e là riaffiora
una certa tradizione storiografica ginevrina soprattutto
del secolo scorso che tentava
di mettere in cattiva luce soprattutto i primi anni di insegnamento del nostro autore,
reo, come Benedetto Turrettini, di appartenere a quell’aristocrazia lucchese di Ginevra
che aveva a lungo monopolizzato l’attività commerciale e
influito suila vita politica e
culturale della città. Si tratta
comunque di una introduzione molto bella, a cui mi sento
di fare un solo vero appunto.
Anche Ranchetti, pur così
vicino alla nostra sensibilità,
laddove parla della fortuna
della Bibbia del Diodati, nota
la condanna papale e commenta che in tal modo il popolo italiano, a cui la traduzione era diretta, non l’aveva
potuta conoscere e si limita a
notare che è divenuta la Bibbia delle comunità protestanti italiane. Manca del tutto in
questa introduzione, e in generale in tutta la pur pregevole opera di Mondadori, una
breve storia delle edizioni soprattutto ottocentesche della
Bibbia Diodati, che sarebbe
stato possibile fare utilizzando la raccolta di Bibbie presente nel fondo Guicciardini
della Biblioteca nazionale
centrale di Firenze. Quelle
Bibbie, adoperate nelle numerose scuole evangeliche e
vendute dai colportori, hanno
raggiunto nel secolo scorso
proprio quelle popolazioni a
cui si rivolgeva il Diodati e
hanno avuto un impatto indubbiamente importante nella sua istruzione religiosa.
Splendido è a parer mio il
lunghissimo saggio, che potrebbe essere pubblicato anche autonomamente come
volume, di Milka Ventura
Avanzinelli. Questa cara amica, che ricordiamo preziosa
bibliotecaria della Biblioteca
americana donata all’Università di Firenze, e arricchita dal
prof. Pietro Russo, aggiunge,
con questa opera sul Diodati,
un tassello prezioso alla sua
attività di studiosa delle traduzioni della Bibbia. A distanza di anni dalla sua tesi di
laurea, che già si cimentava
sulla traduzione Diodati, si
scorge un accresciuto amore
per il traduttore ginevrino, di
cui sono chiarite le fonti, l’autonomia anche di fronte alla
traduzione ginevrina e allo
stesso Calvino, il rapporto
con la cultura ebraica e la differenza fra le varie edizioni di
cui la Ventura dimostra come
il Diodati sia stato tutta la vita
impegnato a limare e correggere il suo testo e produce
un’analisi molto accurata
non solo delle differenze tra
le due edizioni italiane, ma
anche con quella francese.
Non vi è nulla di definitivo
nella ricerca scientifica, ma
ritengo che questo saggio sia
da ritenersi fondamentale per
la conoscenza del Diodati come traduttore.
Al ben noto professore e
pastore valdese Emidio Campi, che già si era misurato
con Carla Sodini sulle vicende della «Cabale Italique» di
Ginevra, è stata affidata una
cronologia che sarebbe più
opportuno definire biografia
di Giovanni Diodati e che
sottolinea l’importanza del
nostro traduttore non solo
nella chiesa di Ginevra ma in
tutto il mondo protestante
dell’epoca, in cui egli è il più
noto conservatore dell’eredità
di Calvino. Ne emerge una
notevole figura degna di essere ricordata come quella
dell’ultimo dei grandi riformatori. Pregevole è pure il
saggio di Sergio Bozzola sulla
lingua e lo stile, che si chiude
con un elogio del Diodati: «11
rigore e l’esattezza della costruzione adombrano un consapevole progetto architettonico, dietro al quale ci sono le
letture di un traduttore che ha
la tempra e l’attrezzatura di
un consumato prosatore».
Si tratta dunque di un’opera importante che restituisce
alla cultura italiana quello che
è stato definito il più grande
prosatore in italiano del secolo XVII. Rincresce solo che il
prezzo elevato sia il solo vero
ostacolo per una larga diffusione di quest’opera.
® Il testo del '500
Impressioni
di un lettore
qualunque
ALBERTO CORSANI
FORTUNATAMENTE nelle
nostre chiese nessuno ha
mai pensato che la redazione
di una nuova edizione della
Bibbia dovesse soppiantare le
precedenti e, anzi, è costume
affiancare la lettura della Tile
alla «Nuova Riveduta», confrontarle negli studi biblici
con la Riveduta del 1924, magari cercare esempi in altre
traduzioni, come la versione
ecumenica francese Tob. Né
si esclude il ricorso alla lettura della Diodati. Così il lettore
«qualunque» della Bibbia dovrebbe trovare gioia nella
pubblicazione di Mondadori:
un pozzo senza fine di scoperte e di affascinante confronto con la Parola, nei modi
di una lingua che un toscano
del ’600, residente a Ginevra,
traeva da una lingua ancor
più vecchia. L’opera del Diodati, come giunge a chi oggi la
legga senza particolari competenze di biblista o di teologo, reca con sé un paradosso:
redatta con il proponimento
della massima chiarezza e
leggibilità, ricorre a costruzioni, lessico, sintassi per noi
certamente desueti, ma che
in parte dovevano esserlo anche nel primo Seicento. Lo attestano, molto analiticamente, gli scritti introduttivi di
Milka Ventura Avanzinelli e
soprattutto di Sergio Bozzola
(«La lingua e lo stile», pp.
CXLVU-CLXXXIV), con dovizia di esempi; Diodati intanto
prende a modello una lingua
più scritta che non parlata,
contrariamente a quanto ci si
aspetterebbe e, sempre contrariamente alle idee correnti,
si rifà a una sintassi modellata
più su quella latina che su
quella volgare (una sintassi,
cioè, più verbale che nominale) per tendere alla concretezza del verbo piuttosto che
all’astrattezza concettuale dei
sostantivi.
Allora l’intento era quello
della trasparenza. Ma per noi
oggi la potenza della versione
del Diodati sta altrove. Se
sintassi e lessico paiono di
primo acchito poco familiari,
la capacità evocativa sia dei
termini prescelti sia dell’articolazione di frasi e periodi è
tale da costringere certo alla
massima attenzione, e spesso
a un vero e proprio sforzo interpretativo, ma porta con sé
una potenza della rappresentazione che a volte sfugge a
testi più moderni. A tratti forse enfatica, la lingua di Diodati ci fa imbattere in parole
che ai nostri giorni dovrebbero essere protette dal Wwf
come specie animali a rischio
d’estinzione. Ma la colpa è
della cultura massificante, in
particolare giornalistica e televisiva, ma anche della nostra pigrizia. Ci sono espressioni che non impieghiamo,
ripiegandoci spesso nella
piattezza del discorso (per
fortuna ci sono giornalisti come Montanelli o Igor Man
che ancora ci ammanniscono
vocaboli fuori dal comune,
che si parli di sistemi elettorali piuttosto che di guerre o
di carestie, a loro volta quanto frequenti nell’Antico Testamento).
La nostra eventuale fatica è
dunque premiata dalla soddisfazione di penetrare il testo
nella sua coloritura; poi, per
chi si addentri nell’esegesi, il
lavoro proseguirà e porterà
altre soddisfazioni. Certo è
che, fermandosi al carattere
poetico e solenne del testo, al
carattere fluente del suo respiro, alla capacità di collegare fatti e descrizioni alla nostra esperienza della fede, la
Bibbia dimostra una volta di
più di essere la migliore interprete di se stessa.
6
PAG. 6 RIFORMA
La ricerca di David Flusser è fondamentale per conoscere il Gesù storico
La moderna ricerca ebraica su Gesù
Il maestro di Nazaret era un ebreo di alta cultura talmudica. Con i suoi
contemporanei discuteva animatamente e, qualche volta, anche polemicamente
SERGIO N. TURTULICI
Nel 1953 il più influente
studioso del Nuovo Testamento in questo secolo,
Rudolf Bultmann, nella prima pagina della sua Teologia
uscì con una dichiarazione
ardita, esplicitata nelle pagine e negli apporti successivi:
«La predicazione di Gesù non
è una parte della teologia del
Nuovo Testamento ma ne
costituisce il presupposto
Solo con il kérygma AeWa.
comunità primitiva comincia
il pensiero teologico, la teologia del Nuovo Testamento».
11 contributo di Bultmann al
rinnovamento dell’esegesi
nel segno della demitizzazione, inteso a liberare il testo
biblico dal rivestimento mitico con cui si era espresso per
ricondurlo al contenuto di rivelazione, fece entrare in un
cono d’ombra il «Gesù storico». Sembrò non esserci più
spazio di ricerca biblica e
teologica sul Gesù della storia. Le cose da lui fatte nel
corso della sua missione, i
suoi «loghìa» (le cose che
aveva dette), le parabole, la
predicazione, gli insegnamenti, le dispute, i miracoli,
il racconto della risurrezione
di Pasqua parvero da allora
doversi ricondurre al mito o
meglio al kérygma, l’annuncio di salvezza che aveva
compattato nella fede e nella
speranza la comunità postpasquale.
La decisione di fede, era il
pensiero di Bultmann, non
può che essere suscitata che
dall’approccio e appiglio esistenzialistico (Bultmann aveva intrecciato un rapporto
importante con il filosofo esistenzialista Heidegger) al
kérygma, alla fede elaborata
nella chiesa sul Cristo risorto.
Non tutti i teologi accettarono senza criticarlo il discorso
demitizzante dell’esegeta di
Marburgo. Espressero critiche gli stessi bultmanniani
Kàsemann, Ebeling, Euchs.
Ma fu solo dopo qualche
tempo che la ricerca e la teologia a partire da Gesù storico ripresero slancio. E l’impulso venne ora anche da
straordinarie scoperte documentarie e archeologiche che
intanto si erano fatte: gli
pseudo-epigrafi dell’Antico
Testamento, i rotoli del Mar
Morto (Qumran), i codici di
Nag Hammadi, ritrovamenti
archeologici in Palestina. Di
colpo nuovi potenti fasci di
luce vennero gettati sul Gesù
della storia. Una ricostruzione affascinante di queste
nuove scoperte e nuovi studi
ce l’ha data nel 1988 James
Charlesworth in Gesù storico
nel giudaismo del suo tempo,
ed. it. Claudiana.
Quello che viene fuori, dice Charlesworth, è che il Gesù della storia era un ebreo,
un credente perfettamente
inserito nella contemporaneità giudaica. E questo ha
enormi implicazioni per la
fede cristiana. Gli studiosi
del Nuovo Testamento non
vanno più alla ricerca delle
orme di Gesù nei Vangeli, si
confrontano con un Gesù dal
dito
'¡^adìo
abbonamenti 1999
interno
estero
sostenitore
L. 10.000
L. 20.000
L. 20,000
Versamenti sul conto corrente
postale n, 466110(X) intestato
a: «CULTO RADIO», via Firenze 38, 00184 Rome.
volto storico concreto. Tra gli
studiosi che hanno fatto
emergere dati di conoscenza
nuova su Gesù, come ricorda
Charlesworth, uno dei più
importanti è un ebreo, David
Flusser. I Vangeli per Flusser
furono sì scritti per soddisfare le necessità delle comunità cristiane, si fondano e
sono confermati da tradizioni più antiche, alcune delle
quali derivano in ultima
istanza da Gesù stesso. Docente a Gerusalemme di Storia del Secondo Tempio e
Nuovo Testamento, Flusser
ha scritto un libro che è una
pietra miliare nella moderna
ricerca ebraica su Gesù di
Nazareth: Jesus.*
Flusser è rappresentante di
un ebraismo che non ha voltato le spalle al mondo europeo cristiano pur dopo gli orrori della Shoah ma a questo
mondo rimane fedele. «La radice prima del mio interesse
per il cristianesimo - dice - è
la mia stessa fede ebraica».
L’ebreo Gesù deve fare ritorno nel cuore del cristianesimo per guarirlo e portarlo alla pienezza, questa convinzione ispira il lavoro scientifico sul Nuovo Testamento
dello studioso ebreo. «Il mio
libro è nato soprattutto per
mostrare come sia possibile
scrivere una storia della vita
di Gesù»: e quello che viene
fuori dai Vangeli sinottici che
hanno maggiore attendibilità, dice Flusser rispetto a
Giovanni, «è il Gesù storico,
non il Cristo kerygmatico».
Con un linguaggio piano,
semplicemente discorsivo e
insieme con rigore scientifico, Flusser ripercorre le vicende della vita di Gesù dalle
origini al battesimo e alla predicazione missionaria fino alla morte, mette a fuoco gli
elementi della sua concezione della legge, dell’amore,
della morale. Un Gesù che
non era affatto «l’ingenuo,
amabile, semplice artigiano
di una certa tradizione idilliaca», un giovane talmudista «la
cui formazione ebraica era
incomparabilmente più alta
di quella di Paolo», radicato
neli’ebraismo comune del
suo tempo. Un Gesù che non
era affatto un oppositore per
principio dei farisei, ma anzi
diceva che bisognava seguire
il loro insegnamento nella vita. Attaccava polemicamente
solo quei farisei che si mostravano «osservanti bacchettoni»: «Tutto quanto vi dico
no (i farisei) fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le
loro opere, perché dicono e
non fanno» (Mt. 23,2-3).
L’interpretazione della Torah che viene proposta da
Gesù nel sermone sul monte
di Mt. 5, nota Flusser, è sostanzialmente giudeo-rabbinica; le Beatitudini hanno un
evidente parallelo nei Testamenti dei Patriarchi, opera
ebraica alla periferia dell’essenismo; il Padre Nostro è affine a preghiere rabbiniche;
il doppio comandamento
dell’amore di Matteo 22, 3540 che Gesù presenta come
«summa» della legge mosaica di Dt. 6, 5 era presente
nell’ebraismo già prima e al
tempo di Gesù (comm. Sidre
a Dt. 6, 5 - Midrash Taussaim); le parabole hanno
molti riscontri nella letteratura protogiudaica. In definitiva per Flusser la salvezza cristiana non è solo l’annuncio
di un avvenimento fuori della
storia, è la verità storica di
Gesù di Nazareth a cui è possibile accedere, alla quale fare riferimento se la verità cristiana non vuole ridursi a pia
suggestione.
(*) David Flusser: Jesus. Marcelliana, 1997, pp. 178, £ 22.000.
Fra gli «Studi storici» pubblicati dalla Claudiana
Concilio e papato, conflitto del Rinascimento
EMANUELE FIUME
La collana «Studi storici»
della Claudiana si arricchisce di un volume. Concilio
e papato nel Rinascimento
(1559-1516)* che mette in luce un periodo poco conosciuto della storia della chiesa occidentale, ma che racchiude una delle grandi tematiche che via via riaffiorano nel dialogo ecumenico: il
rapporto tra l’autorità conciliare e l’autorità papale. Il testo di Landi mette a fuoco il
problema nel momento storico in cui la discussione sulla supremazia del Concilio
sul papa è stata più viva: dalla brevissima stagione conciliarista (1409-1449) alla riscossa del potere papale fino
al V Concilio lateranense,
concluso nel 1517, che sancì
il divieto di appellarsi al Con
cilio contro il papa. Nello
stesso anno ebbe inizio una
Riforma che non cercò più legittimazione né presso il papa, né presso il Concilio, ma
soltanto nella parola di Dio.
Il tentativo di imporre l’assolutismo papale alla cristianità occidentale non fu cosa
facile: quasi tutti i papi promettevano la convocazione di
un Concilio al momento della
loro elezione per poi rimangiarsi la promessa una volta
ascesi al soglio pontificio. Alcuni stati (in primis la Francia) mantennero un atteggiamento critico (ove non ostile)
nei confronti dell’accresciuta
potenza papale e favorirono
la ragioni conciliariste espresse da parte dei loro teologi e
del loro clero. E proprio alcuni cardinali e vescovi porteranno un deciso attacco alla
supremazia pontificia nel
Un convegno a Torino
Le minoranze religiose
alle soglie del Duemila
FEDERICA TOURN
A Torino, il 24 febbraio
scorso, il Cesnur (Centro
studi sulle nuove religioni)
ha organizzato un convegno
su «Minoranze cristiane alle
soglie del Duemila» per presentare due libri della casa
editrice Elle Di Ci, I protestanti, di Massimo Introvigne
e La Christian Science di Régis Dericquebourg, usciti di
recente nella collana «Religioni e movimenti», diretta
dallo stesso Introvigne, direttore del Cesnur. «E un libro
divulgativo semplice ma
profondo, corredato da un’
utile bibliografia - ha detto il
pastore Giorgio Bouchard
parlando dell’opera di Introvigne - anche se non sono citate diverse figure portanti
del protestantesimo, come
Giovanni Miegge e Giuseppe
Gangale, Dietrich Bonhoeffer
e Martin Luther King». Inoltre il pastore Bouchard ha
avanzato delle riserve sulla
tesi, avanzata da Introvigne,
sull’accertata crisi del protestantesimo storico.
II pastore pentecostale Ernesto D. Bretscher invece,
prendendo spunto dalla frammentazione del mondo evangelico così come emerge dal
testo, ha ribadito l’urgenza
della riconciliazione sulla base della comune fede in Cristo. A proposito della Christian Science, gruppo evangelico fondato in America più di
un secolo fa, Dericquebourg,
sociologo francese, ha sostenuto che si tratta di una tipica
«religione di guarigione», per
la rilevanza attribuita al trattamento spirituale delle malattie come parte integrante
del messaggio cristiano.
1511, tentando di convocare
un Concilio che riprendesse
in mano le redini della chiesa
togliendole perciò al papato,
che proprio in quegli anni
toccava il punto più basso
della parabola della propria
credibilità. Il Concilio antipapale non andò in porto, ma
costrinse il papa a convocare
il V Concilio lateranense, che
liquidò definitivamente ogni
istanza di tipo conciliarista in
seno alla Chiesa cattolica. Subito dopo si accese il fuoco
della Riforma, e i problemi da
affrontare furono altri.
Il testo di Landi presenta
dunque alcuni indiscussi pregi che lo rendono degno di attenzione non solo da parte
degli studiosi ma anche da
coloro che sono interessati alla storia della chiesa, pur in
modo non professionale. Innanzitutto Landi affronta il
problema del cattolicesimo
medievale in chiave europea,
non legata cioè alle sole vicende di Roma e dintorni, ma
curiosando su ciò che veniva
detto e scritto nelle corti, nei
palazzi vescovili e nelle università dall’altra parte delle
Alpi. Poi, il problema affrontato da Landi (conciliarismo e
papismo) non costituisce una
riesumazione storica, ma è
uno di quei nodi che sovente
riaffiorano in superficie per
poi essere ricacciato nel sottosuolo, come un fiume carsico. Ancora il Concilio Vaticano II tocca questo problema
indicando un percorso nella
«collegialità». Altro pregio del
volume è il serio lavoro condotto dall’autore sulle fonti
inedite e l’accuratissima bibliografia allegata. La divisione in numerosi capitoli e in
ancor più numerosi paragrafi
facilita la lettura, assieme al
linguaggio preciso ma mai
contorto o lezioso. Infine non
va dimenticata un’ottima raccolta iconografica che culmina in una quartina a colori
che impreziosisce il volume,
ma ne alza anche il prezzo.
(*) A. Landi: Concilio e papato
nel Rinascimento (1449-1516).
Torino, Claudiana, 1997, pp. 472,
£ 62.000.
Lavori tradizionali nello Sri Lanka
L'ultimo libro di Giampiero Comolli
Cedilo Metodio tra avventure
e interrogazioni della fede
FULVIO FERRARIO
CEGILIO è milanese, evangelico, di sinistra, nato
nella prima metà degli Anni
Cinquanta, pittore di scarso
successo: benché non sia metodista, alcuni burloni gli affibbiano l’ironico soprannome di Metodio. Egli se ne appropria e firma i suoi quadri
«Cecilio Metodio», quasi a rivendicare polemicamente,
egli che polemico non è affatto, un’identità e un’appartenenza. Cecilio Metodio è il
protagonista de II Picco d’
Adamo*, l’ultimo romanzo di
Giampiero Comolli. La storia
si dipana tra Milano, Cipro e
lo Sri Lanka, seguendo le avventure di un uomo alla ricerca della propria vocazione.
Cecilio è un personaggio
per molti aspetti stravagante,
poco dotato di senso della
realtà, secondo molti predestinato a combinare poco o
nulla nella vita. Anche l’amica che narra la vicenda è
combattuta tra l’affetto e la
nostalgia per quello che
avrebbe anche potuto diventare un amore e l’irritazione
di fronte all’inafferrabilità del
personaggio e alle sue contraddizioni. Partito da Milano, Cecilio sposa a Cipro una
donna notevolmente più anziana di lui, con cui poi va a
vivere a Ceylon, senza cessare di meditare l’Evangelo mediante i suoi dipinti (il che
non è usuale per un protestante), ma anche annunciandolo come predicatore
locale. Sullo sfondo le vicende della Storia con la maiuscola, dal Sessantotto milanese ai conflitti che hanno
squassato Cipro e la grande
isola nell’Oceano Indiano»
Il dipanarsi della narrazione porta in primo piano una
serie di temi carichi di fascino, che la penna di Comolli
tratteggia con garbo, senza
alcuna saccenteria. Intanto,
attraverso l’eterna e sempre
nuova metafora del viaggio,
l’autore ci parla della ricerca
di Dio: il Picco d’Adamo,
montagna di Ceylon carica di
riferimenti simbolici per diverse tradizioni religiose, è
luogo di dialogo e confronto
e ancor più promessa di incontro e di riconoscimento.
Le riflessioni di Cecilio, tuttavia, non hanno carattere sincretistico, ma restano ben radicate in un solido impianto
evangelico.
Il luogo dell’incontro tra i
diversi linguaggi religiosi, che
nella storia tendono fatalmente a escludersi, è infatti
nell’orizzonte del Regno, della nuova creazione di Dio. E il
Regno è anche il luogo in cui
il bene e il vero che potevano
essere e non sono stati vengono recuperati nel sì eterno
del Padre di Gesù Cristo. Il
racconto incontra qui le
grandi domande della fede e
le piccole risposte della teologia in un clima di accesa
passione per il messaggio
della Scrittura. I quadri di Cecilio (e la narrazione dell’autore) ci parlano con responsabile audacia del senso
dell’escatologia cristiana, che
poi è il senso della fede stessa. E ancora l’interrogazione,
ora entusiasta ora frustrata,
dell’amica che racconta sull’identità di Cecilio, accompagna chi legge in una riflessione sull’altro/a e sul nostro
rapporto con lui/lei, dove
l’inevitabile ambiguità di
ogni relazione è al tempo
stesso spazio di minaccia e di
possibile pienezza.
Il libro di Comolli è anche
un tributo d’affetto per il protestantesimo italiano, con le
sue debolezze, le sue fissazioni e la sua carica alternativa,
che nel racconto è presentata
come ben più consistente di
quanto le statistiche dei
membri di chiesa lascino intendere. La ricerca di CeciliOi
a tratti ansiosa ma in radice
serena, è impensabile seriza
la tradizione teologica e spiri'
tuale del mondo evangelico
italiano: essa però non si
esaurisce in tale tradizione,
ma si incammina per sentieri
inesplorati, lungo i quali anche il Picco d’Adamo può
sere solo tappa, portatrice
promessa.
(*) Giampiero Comoli.i: Il Fioco
d’Adamo. Milano, Baldini&ua
stoldi, 1999, pp. 265, £ 26.000.
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VENERDÌ 9 APRILE 1999
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p, SOLIDARIETÀ CON I PROFUGHI — Per cercare di
’collaborare in qualche modo all’accoglienza dei profughi
kosovari, le Unioni femminili di diverse chiese locali organizzano una raccolta di indumenti in ottimo stato (non intimi e non scarpe usate) che saranno spediti ita Puglia a un
Centro avventista che provvederà a smistarli. Si raccolgono
anche soldi per la spedizione dei vestiti (rivolgersi a Rosanna Revel di San Secondo). Inoltre si richiedono volontari
disposti a lavorare nei centri di accoglienza; infine chi avesse anche un solo alloggio libero e volesse metterlo a disposizione in caso di necessità, è pregato di segnalarlo a una responsabile delle Unioni femminili. Intanto, anche a seguito
di un invito diramato dalla Prefettura di Torino, in alcuni
paesi si stanno coordinando comitati e gruppi in vista
dell’accoglienza di famiglie di profughi.
Recentemente è comparso
alle Valli un manifesto
che è uno dei frutti dell’elaborazione culturale di un ben
definito partito politico di peso nazionale. Avrei preferito
anch’io associarmi al biasimo
silenzioso che esso ha suscitato in molti, ma l’avere preso visione dei lavori e della
riflessione che alcuni bambini della scuola di Lusernetta
hanno fatto sul tema dello
straniero, mi stimola a ricordare a questi bambini che il
mondo degli adulti non è fatto solo di persone che scrivono: «Fratello immigrato torna
al tuo paese! Questa è casa
nostra» ma anche di altre che
sanno prendere sul serio le
loro ricerche sugli africani e
le belle foto colorate che im
GLI IMMIGRATI E NOI
AL TUO PAESE!
STEFANO MERCURIO
preziosiscono la loro aula.
Andate avanti perché ci sono
anche tanti adulti che credono che il pluralismo non è
una minaccia per «l’identità
sociale», quanto piuttosto una
fonte di ricchezza: l’amicizia
più bella è quella che coinvolge i diversi.
Dopo avere esplicitato in
chiare lettere quello che dovrebbe fare secondo loro il
«fratello immigrato» (senza
distinguere, come fa giustamente la legge italiana, tra
«clandestino» e «regolare»)
gli ideatori del manifesto sentono poi il bisogno di giustificare questo loro grido di allarme e spiegano quindi garbatamente i motivi per cui deve ritornare a casa sua: «Se vieni
qui, aiuti i banchieri Usa ad
impadronirsi dell’economia
degli altri con la globalizzazione che trasforma i popoli
in poltiglia». Parlando direttamente al fratello immigrato si
preferisce dare al succo del
discorso un tono colloquiale
che non disturbi eccessivamente. Vorrei rassicurare gli
ideatori del manifesto che i
banchieri italiani sono abbastanza guardinghi da sapere
vigilare più che dignitosamente sulla sopravvivenza di
un capitalismo dall’identità
nazionale. Francamente mettere sullo stesso piano globalizzazione-alta finanza-fratello immigrato non mi è dato
capire. Forse non avrò lo stesso acume politico-economico
degli ideatori del manifesto!
La verità a me sembra tuttavia
un’altra: il fratello immigrato
non è causa della globalizzazione ma vittima.
Regione Piemonte
Un aiuto
jVcommercio
montagna
1 L’assessore al Commercio
Fdella Regione, Gilberto Pichetto, ha presentato il nuovo
^programma di investimenti
.per infrastrutture commerciali
! varato dalla giunta, che preve, de interventi nelle realtà periferiche e nei piccoli Comuni.
. Dei 304 Comuni interessati
compaiono anche Massello,
Salza, Angrogna, Lusernetta,
Prarostino e Pramollo. Gli investimenti saranno attorno ai
167 miliardi di lire: da parte
regionale «vengono messi a
disposizione - ha detto Pichetto-, 12 miliardi e 362 milioni
di lire. Il programma però è
tale da indurre una spesa ulteriore da parte di Comuni e
Provincie di circa 80 miliardi
e una compartecipazione dei
privati di oltre 75 miliardi».
Gli interventi mireranno a dare sostegno a Comuni e Provincie per lo sviluppo e il
mantenimento del sistema distributivo e commerciale e parallelamente a fornire fondi alle imprese commerciali per la
riqualificazione dei servizi oltre che a dare contributi per la
formazione professionale e
imprenditoriale. In concreto i
Comuni e le Province potranno proporre progetti di potenziamento della rete viaria
mentre i soli Comuni potranno
ottenere fondi per la predisposizione di locali alle nuove attività, per incrementare i ser''izi (ambulatori, uffici postali,
telefoni pubblici). Per loro la
Regione prevede contributi a
fondo perduto dal 40 all’80%
della spesa; per i commercianti che potranno usufruire di
contributi per l’insediamento
0 l’ampliamento di negozi,
Completati eventualmente da
attività paracommerciali e di
servizio, il contributo a fondo
perduto andrà dal 10 al 30%
con premi aggiuntivi di 5 milioni per nuovi negozi in Coijtuni che ne fossero privi e di
z milioni per la promozione di
nuova occupazione.
Le Alpi sono un grande serbatoio; occorre un'attenta gestione
Inacqua è l'oro della montagna
PIERVALDO ROSTAN
Un recente studio condotto sulle aree alpine dell’Austria ha individuato in
135 litri al giorno il consumo
medio di acqua per abitante;
si tratta per altro di dati abbondantemente comparabili
con altre regioni alpine, tenendo conto che in genere la
città consuma di più della zona montana. Ma attenzione:
di quei 135 litri appena 3-4 litri vengono utilizzati per bere
0 cucinare; ben 40 litri se ne
vanno nel wc, altrettanti in
bagno o doccia, il resto nella
pulizia della casa (bucato e
stoviglie). C’è dunque un forte utilizzo di acqua da parte
dell’uomo e di un’acqua
«buona», di qualità, anche
per destinazioni non particolarmente «nobili». Fino a
qualche anno fa non ci si sarebbe neppure posto il problema dell’acqua, tanto meno
in una zona alpina; c’era, sì,
dal 1968, la prima «Carta europea dell’acqua», ma i più
pensavano si trattasse delle
solite idee strampalate dei soliti ambientalisti.
In effetti le Alpi rappresentano un’area di grandissima
importanza per tutta l’Europa, per quanto riguarda la
quantità e la qualità dell’acqua: le montagne fanno confluire in un bacino di 143.000
km quadrati e da lì scorrono
verso la periferia di questo
massiccio, ben 200 miliardi
di metri cubi d’acqua. E si
tratta di acqua di grande qualità, anche se, ben presto,
scendendo lungo i torrenti e
incontrando varie fonti di inquinamento questo vero e
proprio «oro blu» perde la
sua iniziale naturalezza.
«Perché usare sempre e solo acqua potabile nelle nostre
case?» si è chiesto nell’ultimo Consiglio comunale il
sindaco di Bobbio Pellice,
Aldo Charbonnier, che ha ricordato come in alcune zone
della Germania ormai l’acqua
potabile sia distribuita in bottiglia mentre per gli altri usi
si utilizza acqua di minore
qualità. E infatti a Bobbio,
come già è accaduto con l’intervento di ditte private in altri Comuni della vai Pellice, è
da tempo allo studio il progetto di realizzare uno stabilimento di imbottigliamento
delle acque sorgive pur senza
arrivare, crediamo, al caso di
Evian, in Francia, dove le
sorgenti sono completamente
imbottigliate e il rifornimento
delle case è affidato al lago...
È una ricchezza su cui molti Comuni temono di perdere
il controllo; l’entrata in vigore della cosiddetta «legge
Galli» ne affida la gestione ad
enti molto più grandi non solo dei nostri piccoli Comuni
montani, ma dello stesso consorzio Acca che raggruppa
tutti i Comuni del Pinerolese.
Ma è un bene di cui stiamo
cominciando a sentire la carenza; il livello bassissimo di
precipitazioni degli ultimi tre
anni, i forti prelievi, soprattutto dell’industria e dell’agricoltura (in entrambi i casi
soprattutto in pianura), l’assenza di una vera e propria
politica di tutela del patrimonio idrico (oggi l’acqua è un
businnes per chi la imbottiglia come per chi costruisce
centraline lungo i corsi d’acqua) e di controllo, hanno fatto emergere in modo allarmante il problema acqua.
E che dire del livello dei
nevai e dei ghiacciai il cui
volume si è ridotto della metà
rispetto al 1850? In presenza
di un aumento della tempera
tura media del nostro pianeta
(da 2 a 4 gradi in più nel
2.100), tra i molti sconvolgimenti ipotizzabili uno dei più
probabili riguarda proprio il
ciclo dell’acqua: fusione dei
ghiacciai da un lato, precipitazioni irregolari e intensissime dall’altro. L’erosione dei
suoli e il degrado delle riserve sotterranee non sono che
alcune delle conseguenze previste. Se dunque l’acqua pare
diminuire, come disponibilità
e come qualità, che fare? Nelle scorse settimane il Comune
di Pragelato è stato costretto,
a causa della carenza idrica e
Le persone partecipano alla vita della
chiesa con varia responsabilità, secondo i capp. Il c IH della Di.sciplina, anche se nessuno occupa un posto gerarchicamente subordinato rispetto agli altri.
La diversa responsabilità si riflette, innanzitutto, nella distinzione seguente,
giovani non ancora membri di chiesa,
membri comunicanti (cioè «confermati»
o battezzati in età adulta), membri elettori (cioè disposti a partecipare con diritto
di voto alle assemblee di chiesa). Per diventare membri comunicanti e membri
elettori è necessario farne domanda al
Concistoro. Nelle chiese metodiste tutti i
membri comunicanti sono metnbri elettori, mentre diventano eleggibili coloro
che sono da tre anni membri cornunicanti. Sono, inoltre, considerate simpatizzanti le persone adulte che partecipano in
qualche modo alla vita della chiesa locale, .senza esserne membri.
In secondo luogo una responsabilità
IL FILO DEI GIORNI
DISCEPOLI
_________a cura di CLAUDIO TRON______
particolare è portata dalle persone che
esercitano un ministero, cioè un servizio
particolare. Nella Chiesa valdese abbiamo tre ministeri regolamentati, sull’
esempio delle Epistole a Timoteo e a Tito: il pastore, l’anziano e il diacono. La
chiesa primitiva ha organizzato a volte i
suoi ministeri in modo diverso da questo. Tenendo conto di questo fatto i regolamenti prevedono che le chiese possano darsi e riconoscere tutti i ministeri
che siano considerati utili in un dato momento: (animatori giovanili, direttori di
canto, monitori di scuola domenicale.
catechisti, responsabili amministrativi e
tecnici, responsabili di comunicazione
con i mass media, visitatori ecc.). Di
questi ministeri, che possono a volte
coincidere con uno di quelli regolamentati, si riconosce la necessaria elasticità e
libertà, perciò non si danno norme particolari a loro riguardo.
I ministeri regolamentati hanno la funzione di assicurare la continuità dell’opera della chiesa; quelli non regolamentati
devono dare possibilità di rinnovamento
e di creatività. Un tipo particolare di ministero che può essere ricompreso in
quello dell’anziano, è quello dei predicatori locali, che assicurano il servizio della predicazione pur avendo un lavoro
«laico» e ai quali, in condizioni particolari, può essere chiesto di assicurare
provvisoriamente il servizio pa,storale in
una chiesa locale. Ultimamente ha assunto un grosso peso nella chiesa la figura
dei diaconi a tempo pieno.
del freddo che aveva gelato le
sorgenti sotterranee, a deviare
nell’acquedotto una parte del
Chisone: si sono attivati i
controlli a monte della captazione temporanea e sono stati
installati dei sistemi di potabilizzazione. È anche questo
un segnale del pericoloso mix
fra scarse precipitazioni ed
elevato consumo nelle zone
turistiche proprio nei periodi
invernali normalmente caratterizzati da magre.
In più di un caso il consorzio pinerolese che gestisce gli
acquedotti ha dovuto cercare
la falda idrica più in basso rispetto alle precedenti; tutta
colpa dei consumi elevati e
della riduzione delle piogge?
Non solo. Malgrado il fenomeno venga denunciato da
tempo, le perdite di acqua sono assai elevate: si va dal
mondo agricolo dove si perde
circa il 50% delle acque, alla
situazione spesso vetusta di
molti acquedotti. Anche nel
Pinerolese si sono registrate
nel tempo perdite legate a una
rete di distribuzione vecchia e
poco efficiente; il consorzio
Acca ha investito, per il solo
settore acqua, quasi 7,8 miliardi nel 1996 e 6,7 miliardi
l’anno dopo: anche in questo
caso un tentativo di razionalizzare gli impianti e di ammodernare le captazioni. Un
primo, necessario passo verso
una gestione più attenta che
in passato verso una ricchezza non più illimitata.
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PAG. Il
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A colloquio con l'assessore alla Cultura, Bruna Peyrot
Nuova Cmmière, al via la fase due
PIERVALDO ROSTAN
La cantina sociale di Bricherasio
TRE UFFICI TURISTICI IN VAL PELLICE? - Spesso le
agenzie di informazione turistica hanno il difetto di puntare
troppo su quelle aree già forti: «dovremmo essere capaci di
propoire noi delle iniziative, dei percorsi tali da essere attrattori di turismo», si commenta in vai Pellice. C’è un’ipotesi di ristrutturazione degli uffici turistici della valle: dovrebbe essere realizzata una «porta di valle» a Bricherasio,
presso la Cantina sociale, dove inizia la valle, uno alla testa,
e cioè a Bobbio Pellice, e uno a Torre Pellice, per il ruolo
che gioca dal punto di vista della minoranza valdese. E proprio a Torre Pellice si discute della possibilità di trasferire
l’ufficio turistico nei locali della stazione; il Comune sta
realizzando nuovi parcheggi intermodali, c’è il polo sportivo del palaghiaccio e della palestra e l’ufficio turistico potrebbe rappresentare uno strumento di rivitalizzazione
dell area offrendo uno spazio e un servizio di accoglienza.
FLAUTO E CHITARRA ALL’UNITRÈ — Un duo particol^e, flauto e chitarra, al concerto per l’Unitrè di Torre Pellice, il 25 marzo scorso: i due strumenti sono stati suonati
con estrema destrezza e sensibilità dalla flautista Valeria
Astolfi e dalla chitarrista Maria Silvia Massimi. Il programma prevedeva musiche di Rossini («Barbiere di Siviglia», «tarantella»), Paganini («Sonata»), Carulli («Notturno» op. 190), Villa Lobos («Bachiana», «Brasiliera»), Machado (musica popolare brasiliana).
BRASS QUINTET IN CONCERTO A PORTE — Un singolare ensemble di ottoni sarà ospite della chiesa di San Michele Arcangelo a Porte venerdì 9 alle 21: con l’esibizione
del «Brass quintet» prende avvio la stagione culturale primaverile organizzata dalla Comunità montana. Il gruppo ha
alle sua spalle diversi concerti e propone un repertorio che
spazia dalla musica antica, rinascimentale e barocca fino alle musiche dei nostri giorni. La prima parte della serata sarà
dedicata alla musica rinascimentale barocca; la seconda presenterà un programma più libero con adattamenti e brani
originali, dalla musica leggera alle colonne sonore dei film.
LA CONSULTA DELLE DONNE ELETTE CONTRO LA
GUERRA — La Consulta delle donne elette del Piemonte
ha diffuso un appello in cui condanna la guerra in Kosovo e
si impegna a raccogliere la richiesta d’aiuto dei profughi.
Perché «la politica si sostituisca alla guerra», la Consulta
propone a tutte le amministratrici e cittadine di aderire subito e concretamente alle iniziative di solidarietà nelle città
del Piemonte, coordinando e aderendo alle proposte che
emergono da prefetture, istituzioni, associazioni sociali.
PINEROLO: INCONTRO SUL GIUBILEO — «Il grande
rilievo dato al tema del Giubileo indetto per il 2000 ci chiama a riflettere su questa provocazione biblica (Levitico
25): purificazione del singolo o pacificazione dei popoli?».
Sarà questo interrogativo il punto di partenza dell’incontro
pubblico, organizzato dalla Chie.sa valdese di Pinerolo, che
si terrà in via dei Mille 1, venerdì 9 aprile, alle 20,45, a cui
interverranno il pastore Giuseppe Platone, vicepresidente
della Federazione delle chie.se evangeliche in Italia, e Guido Bonino, sacerdote cattolico di Ciriè.
LE OPPOSIZIONI DELLA PROVINCIA INCONTRANO
GLI ENTI LOCALI — I compiti tradizionali della Provincia, dalla viabilità ai trasporti, dall’assistenza all’istruzione, all’ambiente e al Piano territoriale di coordinamento
saranno al centro di un incontro, venerdì 9 aprile alle ore
20,30, nella sede del circondario di Pinerolo in via dei Rochis 12. La serata è organizzata dall’opposizione in Provincia per un confronto con gli enti locali e le rappresentanze
del circondario di Pinerolo: partecipano i capigruppo di
Forza Italia, Alleanza nazionale, Cdu Polo, Ccd e Lega.
COMUNITÀ MONTANA VAL PELLICE
Corso Lombardini 2
1006 - Torre Pellice (TO)
Tel. 0121 9524211-207- Fax 0121 932625
Avviso pubblico
La Comunità montana vai Pellice intende bandire una gara di
appalto per la gestione de! Rifugio Escursionistico Barant, situato in loc. Colle Barant, Comune di Bobbio Pellice.
La gara è riservata a ditte iscritte, società, associazioni e
cooperative che dimostrino, con curriculum, esperienze in
campo di educazione ambientale, gestione di strutture ricettive (preferibilmente rifugio) e la conoscenza del territorio.
Chi fosse interessato alla gara di appalto, potrà richiedere la
lettera dettagliata per le modalità di partecipazione presso la
Comunità montana vai Pellice - Corso Lombardini, 2 - 10066
Torre Pellice - Tel. 0121 9524211-207 Fax 0121 932625 entro e non oltre le ore 12.00 di lunedì 19 aprile 1999.
Torre Pellice, li 30 marzo 1999
Il responsabile del Servizio Turismo
(Gianclaudio Magra)
Se c’è un settore su cui la
vai Pellice si è mossa proponendo molti progetti (troppi
secondo alcuni) è indubbiamente il turismo; gli interventi
promossi, ed in parte realizzati, sono di notevole spessore.
Dai fondi europei sono arrivate importanti risorse, altre ne
sono state trovate o andranno
reperite nell’ambito locale. Indubbiamente l’intervento più
suggestivo è la ristrutturazione della parte più antica del
feltrificio Crumière di Villar
Pellice: il primo lotto di lavori
è stato inaugurato in autunno,
ma il museo che doveva essere realizzato non è ancora partito e dovrebbe essere aperto
alla fine di aprile; col secondo
lotto si dovrebbero realizzare
tra l’altro, un ristorante con 80
coperti ed una foresteria da 60
posti letto. Per il secondo lotto, da quasi 6 miliardi, è però
il momento di tirare le somme: a giugno scadranno i termini indicati dalla Regione e
gli enti locali, in primis la Comunità montana dovrebbero
trovare più di 1 miliardo.
«Per il secondo lotto della
Crumière dall’Unione europea arriveranno 4 miliardi precisa l’assessore al Turismo, Bruna Peyrot -; la cooperativa Nuova Crumière che
gestisce oggi il feltrificio interverrà per circa mezzo miliardo e con 200 milioni ciascuno la Comunità montana,
il Comune di Villar Pellice e
la Provincia di Torino. Sono
da definire gli interventi di
banche, del Cipe e della Firn
Piemonte: chiaramente se non
riusciremo a trovare la coper
tura finanziaria dovremo rinunciare all’intervento».
Come si pensa di gestire la
Crumière con i suoi spazi e le
sue attività? «Noi pensiamo di
realizzare una società a capitale a maggioranza pùbblico con
l’intervento anche dei privati
- puntualizza Peyrot -; questa
società avrà la gestione totale
di tutto il progetto Crumière. I
settori su cui la Crumière si
potrà articolare sono quattro:
cultura e turismo, a partire dal
museo e dalla sala polivalente;
formazione come luogo capace di ospitare corsi aziendali;
sito sperimentale di telelavoro
anche come sperimentazione
di lavori nel settore artigianale
e commerciale; turistico e ricettivo, a partire dal bar per
arrivare alla foresteria e al ristorante. Pensiamo poi di valorizzare il ruolo della Chambra d’Oc per creare un’agenzia di viaggi “incoming”, cioè
con il proponimento di portare
i turisti qui piuttosto che portarli altrove».
A giugno si dovrebbero iniziare i lavori (trovati i fondi)
ed entro due anni il cantiere
dovrà essere chiuso: una grande occasione dunque, ma anche un impegno notevolissimo sia a livello economico
che di risorse umane. Nel frattempo ha subito una battuta
d’arresto un altra «scommessa» della Comunità montana,
quell’agenzia di valle il cui
finanziamento da parte della
Regione Piemonte è stato ritirato. «La revoca dei 300 milioni promessi dalla Regione
ci ha indubbiamente messi in
difficoltà - lamenta Bruna
Peyrot -; la regione ha cambiato le regole quando tutta la
documentazione era ormai
definita: mi è parso di cogliere una mancata comunicazione fra classe dirigente politica
e dirigenza tecnica nella Regione Piemonte. Questo ha
avuto ripercussioni sul lavoro
svolto. Il dibattito sull’agenzia di valle ha però permesso
di aprire in valle un dibattito
sul turismo e sul suo ruolo
nell’economia locale e proprio quanto di buono è emerso in questo confronto fra
operatori di vario livello abbiamo voluto conservare: abbiamo pertanto proposto a tutti quelli che avevano lavorato
al progetto dell’agenzia di
prendere delle azioni Crumière e di far rilevare alla società
di gestione della Crumière
tutte le finalità contenute
nell’agenzia di valle».
Perosa Argentina
La cultura
del cibo
Consiglio comunale a San Secondo
Si discute di viabilità
Il Consiglio comunale di
San Secondo della .settimana
scorsa ha approvato il bilancio di previsione per l’anno in
corso. Il documento, che prevede la chiusura del bilancio
delle casse comunali intorno
ai 5 miliardi e 400 milioni di
lire, non prevede investimenti
di particolare entità salvo la
realizzazione della rete fognaria in compartecipazione
con i Comuni di Prarostino e
O.S3.SCO per la quale il ministero dell’Ambiente ha già
garantito l’intervento di un
miliardo sui circa tre di spesa
che dovranno essere reperiti
dai tre Comuni. Tra gli altri
interventi comunque previsti
dall’amministrazione e messi
in bilancio compaiono la sistemazione deH’edificio della
scuola media e la vendita
deH’immobile della scuola di
Miradolo. Dal bilancio giun
gono poi notizie positive sul
versante degli oneri a carico
dei cittadini; infatti Pici rimane ferma al 5,5 per mille
mentre non è prevista l’introduzione dell’addizionale Irpef come è capitato in molti
altri Comuni delle Valli. Nel
corso della stessa seduta il
Consiglio si è occupato anche
del nuovo piano viario recentemente presentato dalla Provincia esprimendo in merito
un parere sostanzialmente favorevole ma anche la necessità di sollevare presso la Provincia la questione dell’urgenza della costruzione di
una rotonda sulla provinciale
della vai Pellice all’altezza
della strada diretta ad Osasco
e di una circonvallazione che
sposti il traffico, che ora attraversa il paese in direzione
e proveniente dalla vai Pellice, fuori dall’abitato.
LILIANA VIGLIELMO
TORRE PELLICE
zona PRACASTELLO
privato vende - da ristrutturare
tei 0335-5476347 - 0121-321006
fabbricato a 3 piani circa 550 mq
terreno pianeggiante di 2000 mq
alberi secolari e torre belvedere di 20 m
Può sembrare un’esagerazione parlare di cultura a
proposito del cibo, quando
per molti mangiare significa
soltanto mandar giù quello
che basta per tenersi in piedi;
invece, riflettendoci su, si
possono scorgere collegamenti sostanziali tra il modo
di nutrirsi e l'evoluzione di
una civiltà o di una popolazione. Di questo si è parlato
durante rincontro tenutosi a
Perosa Argentina il 27 marzo
e organizzato dalla Comunità
montana valli Chisone e Germanasca e dal Centro culturale valdese di Torre Pellice.
Maura Bertin e Marina
Brondino hanno presentato
una loro ricerca su che cosa e
come si mangiava in vai
d’Angrogna al tempo dei
nonni e dei bisnonni, raccogliendo ricette e commenti in
un quaderno del Centro di documentazione angrognino dal
titolo Vin coech e poutìa. La
cultura è tutta lì, nelle conoscenze derivate da antiche
tradizioni, nella ricerca sapiente delle cose buone che
l’ambiente poteva offrire, nel
modo puntiglioso con cui si
cercava di utilizzare tutto e di
conservare le derrate per i
mesi più duri. Da questo modo di vivere spartano si usciva nelle occasioni di festa,
con un pranzo o una cena più
ricchi del solito, che rimanevano a lungo nella memoria.
E stato inevitabile il confronto con la vita di oggi, la
scarsa disponibilità di tempo
che contrasta con l’impensabile varietà dei prodotti a disposizione, la facilità con la
quale si riempie il carrello del
supermercato. Si può dire che
il quaderno di Maura e Marina sia una raccolta di memorie; sfogliarlo è molto interessante, sia per chi ha vissuto
così, sia per chi non ne ha mai
neppure .sentito parlare.
£
Nelle
Chiese
Valdesi
SCOUT — Incontro del
gruppo di Pomaretto sabatt
10 aprile alle 16,30. Lo stes.
so giorno il gruppo di Pine!
rolo si troverà, dalle 16,3j
alle 18, nei locali della clìie. *
sa in via dei Mille.
COLLETTIVO TEOLa
GICO MIEGGE — Appuj.
tamento del collettivo teoio.
gico Miegge domenica H
aprile, alle 17, nel tempio,
San Secondo, con lettura,
discussione di «Protestanti
italiani e religiosità contemporanea» di Pasquale Jacobi.
no, in Gioventù evangelica
autunno 1998.
ANGROGNA — Domenica 11 aprile ci sarà l’ultinio
culto in francese della stagione. Domenica 18 gita di pre.
catechsimo e scuola domenicale a Prali in pullman; prenotazione presso le monitrici,
BOBBIO PELLICEDomenica 11 aprile, alle ore
14,30, nella sala delle attività, incontro dell’Unione
femminile con i nuovi membri di chiesa e con i loro genitori. Giovedì 15 aprile alle
ore 15,30 incontro dell’Unione femminile e della comunità di Bobbio con la Miramonti di Villar.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Domenica 11, nel
tempio, culto dei giovani;
ospite la scuola domenicale
di Alessandria Bassignana.
Martedì 13, ore 20,30, riunione alla Cantera; venerdì 16,
ore 20,30, riunione a Airali.
MASSELLO — Domenica 18 aprile assemblea di
chiesa alle 11,15 con relazione finanziaria e morale ed
elezione del deputato alla
Conferenza distrettuale. Riunione quartierale a Porte gio- ^
vedi 8 aprile alle 14.
FERRERÒ — Martedì 13
aprile, alle 20,30, riunione
quartierale all’Eiras.sa.
PINEROLO — Domeni
ca 11 aprile alle 10 culto con
i ragazzi del catechismo e
precatechismo.
POMARETTO — Culto
al Centro anziani di Perosa
venerdì 9 aprile. Riunione
quartierale mercoledì 14, ore
20.30, alla Lausa.
PRAROSTINO — Domenica 11 aprile la corale si
reca in visita alla chiesa di
Savona. Domenica 18, alle
10, assemblea di chiesa con
elezione dei deputati alla
Conferenza distrettuale e al
Sinodo. Alle 14,30 incontro
dell’Unione femminile.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 11, alle 10
culto con la partecipazione
della corale di Villasecca.
RORÀ — Giovedì 8, alle
20.30, riunione alle Fucine.
TORRE PELLICE
Riunione quartierale alla Ravadera venerdì 9 aprile. Domenica 11 aprile, alle 15, alla
Casa unionista, si incontra
l’Unione femminile: Maddalena Giovenale Costabel prosegue l’itinerario attraverso
l’Esodo; Marylou Gai parlerà
di alcune opere evangeliche
in Sicilia con proiezione di
diapositive.
VILLAR PELLICE
Sabato 10 aprile, alle 15 nella sala di piazza Jervis,
l’Unione femminile offrirà
un ricevimento ai catecumeni
confermati e ai loro genitori
e amici. Un gruppo di giovani animerà il pomeriggioDomenica 11 aprile, alle IOil culto in francese sarà trasmes.so in diretta radiofonica
da Radio Suisse Romande; o
stesso culto verrà ripreso la
domenica successiva da Ra'
dio France Culture.
VILLASECCA — Rj“
nioni quartierali: lunedì Uore 14,30 ai Trossieri e alle
20 a Serre Marco; mercoledì
14 aprile alle 20 alla Rocciagiovedì 15 aprile alle 20
Villasecca.
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^uel che sta accadendo
l^nei Balcani, così a noi
geograficamente vicini, rischia purtroppo di vedere nel
nostro paese contrapposte due
Ifazioni, Luna schierata contro
l’intervento militare in Serbia
e Kosovo, ritenuto solo manifestazione di arroganza e violenza di ispirazione americana con l’adesione attiva dei
paesi europei occidentali,
l’altra intesa a giustificare
l’intervento per la necessità
d salvare un popolo di cui altri ha deciso lo sterminio o
juanto meno la cacciata dal
tao paese. Non è la prima
folta che ciò accade: e Luna
[el’altra fazione ricorrono
pmpre ad argomenti ispirati
propria simpatia politica, perché solo di questo in
èfinitiva si tratta.
^^Consideriamo i cortei che
■aversano in questi giorni
nostre città inneggiando alla pace, ma unilateralmente
Igredendo con gli slogan e i
^lli solo uno dei due proponisti di questa guerra, intendo contro l’America di
pnton e l’Europa della Nato. Non dico che non ci sia,
in chi vi partecipa, anche chi
imosso da un sincero anelito
di pace: ma allora sarebbe
più credibile e più efficace
una silenziosa riunione di accorata preghiera nei templi e
tette ^drali.
P|P non accade mai che vi
Ifi® corteo che gridi il suo
per lo stenninio in at' 'tfià prima dello scoppio
m guerra di popolazioni
in Kosovo solo perché
ranesi, che urli e pianga per
tttacidati, ormai migliaia e
Higliaia, per i villaggi rasi al
Mio, per la disperata fuga di
fitinaia di migliaia di persoinverso un’improbabile salIpzza. Non un cartello, non
tavoce che si levi a condire una così inumana tracia, e che gridi a chi potebbe fermarla di farlo. Porosi, è pur possibile che i
^bardamenti della Nato si
^no, ma è altrettanto possbile che, se chi può farlo
*iiole farlo, le stragi cessino, i
fidati trasformati in assassine stupratori si ritirino.
Ho vissuto la tragedia di
una lunga guerra. Se mi rivolgo col ricordo a quegli anni, rivivo e rivedo sciagure,
dolori, i compagni caduti, e
tra loro mio fratello, le città
sconvolte, le violenze e le
stragi. Ho letto che l’Anpi, la
maggiore delle tre associazioni di ex partigiani (nelle quali
gli «ex» sono sempre di meno
e fra qualche anno non ve ne
saranno più) partecipa alle
manifestazioni di cui ho detto, e spero che sia una partecipazione sincera e non influenzata da ideologie politiche: lo spero perché non ne
sono certo.
Infatti, come non riconoscere nei combattenti per la liberazione del Kosovo dei partigiani come eravamo noi quando in una ineguale battaglia
combattevamo contro i nazifascisti? Come non riconoscere nelle milizie serbe che trucidano gli inermi, incendiano
i villaggi e li radono al suolo
10 stesso volto feroce e spietato delle Brigate nere, delle Ss
naziste che a Boves, a Cumiana, a Marzabotto, a Grugliasco e in tanti altri posti consumavano sulle nostre popolazioni le stesse efferatezze?
Dalla fine della seconda guerra mondiale parte della Resistenza ha, sotto questo profilo, cessato di essere tale: nessun corteo di protesta contro
le invasioni sovietiche in Cecoslovacchia e Ungheria, contro le foibe in Istria, contro lo
sterminio dei tibetani ad opera
dei comunisti cinesi, e gli
esempi potrebbero proseguire.
Chiediamo dunque pace sì
a tutti i costi: ma forse solo
dalla grazia del Signore possiamo aspettarcela. A me dà
sofferenza il pensare alla madre serba che corre nel rifugio
antiaereo per salvarsi, mentre
11 figlio è in guerra, ma altrettanta sofferenza mi dà la madre kosovara che stringe al
petto il suo piccolo mentre la
sua casa brucia, e a far tutto
ciò, ad ammazzarle il marito
e fratello è il figlio di quelr altra madre, per ordine di un
despota che è il degno erede
di tanti tiranni che hanno insanguinato il mondo.
Si preghi, non potendo fare
altro, se conserviamo un barlume di fede, perché tutto ciò
abbia una fine.
Idrogetti delia Regione Piemonte
^iutì per il Senegai
"Con i 28 progetti finora so^^nuti la Regione Piemonte
"Oiigliorando le condizioni
Dentari di 25.000 persone
¡Ijfenti in 325 villaggi. In
"olare, oltre 1.200 donne
li ..appoggiate nelle loro atconnesse alla famiglia e
assistiti oltre 800 bambi.^nutriti e circa 60 famirifugiati mauritani in
• Con queste parole il
jjl ■"■le della giunta regio|,. ' Enzo Ghigo, ha aperto
con i Comuni della
5 tenutosi a Torino il
r
® te linee e gli sviluppi
¡ij™8ctti umanitari sostenuwu ® legione in questi anni
"',«>nadel Sahel
«Con
questi programmi
o' » -wvt pi v./^! Ululili
solo rispondere
umanitario - ha
8uito però Ghigo - di
lono**** quinto della popote mondiale che vive in
Povertà, ma si inten
de anche sviluppare rapporti
di collaborazione tra comunità locali in cui le diverse
componenti della .società civile sono protagoniste dirette».
Nel corso dell’incontro è
stato anche detto che i paesi
del Sahel sono stati scelti perché la nostra Regione con
questa zona ha molteplici
rapporti di collaborazione essendo qui presenti molte organizzazioni ed enti piemontesi e inoltre è luogo di origine di importanti comunità di
immigrati in Piemonte. Questo ha permesso tra l’altro di
individuare più facilmente
enti e modalità di intervento e
soprattutto avviare le prime
relazioni con le autorità locali
quali finanziatori di azioni a
loro già note. «In questo contesto - ha concluso Ghigo grande è il ruolo delle Province e dei Comuni per avviare un processo di rafforzamento delle istituzioni».
Recenti studi sui dialetti accennano anche a Valdo di Lione
La lìngua e le lìngue delle valli
_________ENZO TRON_________
Il nostro linguaggio interessa le valli del Pellice, di
Perosa, della Germanasca, le
valli di Pragelato e Oulx. La
differenza dei dialetti appartenenti ai tre gruppi conosciuti
quali dialetti della «langue
d’Oc», della «langue d’Oil» e
il dialetto franco-provenzale,
si è manifestata come linguaggio preesistente con i
suoi elementi lessicali e fonetici particolari. Elementi linguistici che finirono per alterare il latino popolare o volgare che aveva già acquisito
nelle diverse regioni dell’Impero delle diversità, che si accrebbero e approfondirono
con la caduta dell’impero romano in seguito alle invasioni
barbariche. Del resto le formule lectum, publicatum, vulgarisatum sono una prova evidente che il latino non era più
una lingua popolare dei due
versanti delle Alpi e che quindi doveva essere tradotto in
volgare. È per questo motivo
che alla fine del XII secolo il
ricco mercante di Lione Valdès o Vaudès fece tradurre
parte delle Sacre Scritture (gli
Evangeli, Evangéliaire, che
sembra essere l’unico esemplare fin qui conosciuto) nella
lingua parlata dell’epoca.
Per lungo tempo si è sostenuto che la lingua usata dai
religiosi Bernard Ydros e
Etienne d’Ansa, incaricati
dèlia traduzione, sia stata una
varietà della «lingua d’Oil» e
che i documenti relativi non
siano giunti fino a noi. Marcel
Carrières, della «Société d’études occitanes de Toulouse»,
in un intervento «sur la langue de la Bible de Valdès»,
giunge a una conclusione tutta
diversa: l’apostolo di Lione
fece tradurre parte della Bibbia non nel dialetto lionese,
poco conosciuto nei dintorni
di Lione, ma in un dialetto
della «langue d’Oc», «dont la
littérature rayonnait alors sur
toute VEurope civile et régnait non seulement dans tout
le midi de la France, mais encore dans le nord-est de
lEspagne et le nord-ouest de
VItalie». L’affermazione di
Carrières è suffragata dal confronto con il lessico del patuà
attuale della vai Germanasca
e dal «Trésor de Mistral». Risulta cioè che i dialetti che
hanno il maggior numero di
parole lessicalmente e foneticamente simili a quello della
vai Germanasca sono quelli
del Languedoc e del Limousin, le due regioni che si possono considerare la culla della
lingua e della letteratura dei
«troubadours». Si ritiene pertanto che fu il dialetto preesistente, nato come gli altri dal
latino rurale, che divenne il
nostro dialetto modificato
dall’arrivo sporadico dei settari di Valdès espulsi da Lione e dalla loro dispersione.
Un villaggio di alta valle
per salvare la vita e la fede,
verso il Sud della Francia in
direzione dei due versanti delle Alpi Cozie.
Il linguaggio che ne derivò
diventò la nostra lingua impiegata in campo religioso,
morale e nella poesia popolare: divenne cioè la nostra lingua ufficiale fino alla Riforhia. Ce lo conferma lo storico
Gerolamo Miolo. È la lingua
nella quale ci sono stati trasmessi, per esempio, i poemi
La Sbarca, Lo novel confort,
Lo novel sermon. La Nnobla
leyczon. Lo paire Eternai, Lo
despreczi del mond, L'Evangeli deli quatre Semenez- Ecco i primi tre versi della «Nobla leyczon:»: «O frayres, entende una nobla leyczon:/
Souvent deven velhar e istar
en orezon,/ Car nos veyen
aquest mont esser pres del
chavon». Ed ecco un versetto
del Vangelo di Marco: «L’élo pà lou mibabosc, loufilh de
Mario e fraire de Jaqque, de
Jouzét, de Judas e de Simoun? E sà sore soun-lo pà
eisi òou noù? E li dounavén
pà nun crèddi».
Con la Riforma e i progressi compiuti in Francia e in
Svizzera, forse inconsciamente, accettarono di sostituire la
loro lingua con la lingua francese diventata lingua ufficiale
di tutta la Francia con l’editto
di Villers-Cotteret del 1539,
prendendo il posto del latino,
mentre in Italia la lingua ufficiale si imponeva come lingua ecclesiastica. La preferenza per la lingua d’oltralpe
fu dovuta al fatto di mantenere le relazioni fra le popolazioni in gran parte della stessa fede della Provenza, del
Delfinato, della vai Pragelato
sotto il dominio francese e
non ultimi i contatti commerciali più facili verso la Francia die verso la capitale dello
Stato piemontese.
Con il francese, con l’italiano e il piemontese la nostra
lingua fu ridotta all’umile patuà odierno. Tocca a noi ridare lustro alla nostra lingua.
Come? Tirando le orecchie a
croci ugonotte in oro e argento
tesi
& delmastro
(Ai confermandi
omaggio di una croce
ugonotta in argento
ad ogni acquisto)
via trieste 24, tei. 0121/397550 Pinerolo (To)
quelli che hanno tradotto
«langue d’Oc» in «Linguadoca» e «Chabrièlo Lou Peirìe»
in Perrero! E avendo a portata
di mano il dizionario, secondo
l’invito della poetessa Yvonne Boyer-Herail di Vabre,
morta nel ’92: «Canta, canta
Miègjorn, mas canta dins ta
lenga,/ coma dal temps passât
fasià lo trobador./ La lenga
que savia tant pian cantar
Vamor,/ es nòstra lenga d’Oc
e tal que se mantenga».
Valli Maira-Varaita
Corsi didattici
in occitano
Grazie al finanziamento
della Comunità europea di un
progetto denominato «Occitan
ienga viva», è iniziata l’anno
scorso una sperimentazione in
vai Maira sulla lingua e la
cultura occitana, che ha visto
la creazione di corsi di alfabetizzazione, corsi di aggiornamento, programmi didattici
con uso dell’occitano in varie
materie nelle scuole elementari e medie e programmi di
scambio con scuole dell’Occitania francese. Quest’anno il
programma «Occitan lenga
viva» viene attuato su tre comunità montane: Varaita,
Gesso-Vermenagna-Pesio e
naturalmente vai Maira. Il
programma prevede inoltre,
rispetto all’anno scorso, un
corso di conversazione in occitano, uno di tecniche di animazione in occitano, un corso
per operatori naturalistici e
uno per operatori di beni artistici con visita guidata in occitano, un corso di cucina occitana all’alberghiero di Dronero, senza contare i corsi di
poesia trobadorica. Continuano anche quest’anno gli scambi via Internet e videoconferenza con scuole dell’Occitania francese, per la messa a
punto del lavoro.
Riflessioni dalle chiese
La preghiera e il silenzio
«Jésus, donne la bonne
nuit à tous. Amen». Se si
può chiamare preghiera,
questa è la prima che mi è
stata insegnata da piccola.
Poi venne: «Gesù, mi metto
nelle tue mani, guidami tu,
tienimi stretto fino a domani, mio buon Gesù». Questa
era più lunga, però c’era una
rima a renderla facile da ricordare. Il «Padre Nostro»
fu una conquista successiva,
non essendo per niente orecchiabile; inoltre in prima
elementare scoprii che il
«mio» Padre Nostro era un
po’ più lungo di quello dei
miei compagni cattolici e
sul momento ricordo che mi
sembrò un’ingiustizia nei
miei confronti Taverne dovuto imparare un pezzo in
più. Poi sentii il «Credo» e
lo imparai al catechismo,
ma non è entrato a far parte
delle mie preghiere e tutto
sommato lo sento soltanto ai
funerali, e neanche sempre,
anche se non so perché.
Può sembrare noioso e ripetitivo, ma se e quando si
vuole l’inventiva e la fantasia c’è pur sempre la preghiera spontanea. Dividerei
la preghiera spontanea privata da quella pubblica, la
singolare da quella plurale.
La privata mi piace di più,
è un filo diretto, una specie
di telefonata a senso unico
in cui chi ti ascolta tace ma
non è sordo. Non ti devi
preoccupare se il «tu» che
usi con il Signore è maiuscolo o minuscolo, perché
pensando o parlando non
esistono queste raffinatezze
grammaticali. Puoi anche
saltare i punti e le virgole,
fare frasi mozzafiato oppure
pensierini delle elementari.
E le emozioni? Piangi, ridi,
ti arrabbi, ti disperi, resti
freddo e insensibile, esulti
dalla felicità, prendi le distanze, rinneghi...
Poi c’è il silenzio-preghiera o la preghiera-silenzio, non so che nome usare
perché non ne ho mai sentito parlare, ma sento che esiste. Nella Bibbia, da qualche parte, c’è scritto una co
sa del genere: «Sta in silenzio di fronte alTEtemo». Mi
piace, ma non so se lo interpreto in modo esatto e soprattutto rispettoso. La parola silenzio non è solo il timore, il capo chino di fronte
al Signore, ma è la necessità
di sentirsi, di mettersi in sintonia, di trovare la lunghezza d’onda giusta, senza interferenze, per potersi parlare e capire. Magari con rifiuti, disaccordi, litigate, se
si possono usare questi termini, ma sempre con un sottofondo di silenzio che, come dicevo prima, non significa mai assenza.
Altri silenzi di fronte a
Dio mi sembrano le nostre
umane «latitanze» o le nostre «pause di riflessione».
Penso sia scontato che si attraversino periodi di crisi
più 0 meno intense in materia di fede o chiesa: ci sono i
dubbi, le fughe, l’incredulità, il ritorno sui propri passi e altro ancora. C’è chi vive le sue crisi in modo
profondo, lacerante, e a volte i «ritorni» non ci sono, almeno in apparenza. Per altri
invece tutto è più passeggero, più tranquillo.
Per quanto riguarda la
preghiera pubblica o plurale
sono molto in difficoltà perché sono in tanti a sentire e
purtroppo si ha sempre un
po’ paura del giudizio altrui.
Non conosco la griglia per
la preghiera «doc» e non ho
il manuale della preghiera
perfetta. Se e quando posso
esimermi dal compito di
prepararne una lo faccio volentieri. Quando non posso
farne a meno mi impegno a
fondo, ma il risultato è sempre lo stesso: parlo al singolare, uso spesso un tono poco rispettoso (ma molto liberatorio!), quasi da compagni di scuola, e personalizzo
molto le situazioni invece di
generalizzarle ad uso di chi
ascolto.
(.tratto da «La preghiera,
questa sconosciuta...». Il Vincolo, circolare della chiesa
evangelica valdese di Pinerolo,
Pasqua 1999)
10
PAG. IV
E Ecd Delle Yaui moESi
VENERDÌ 9 APRILE 1999
I pralini
sfiduciati
Spettabile direttore,
a seguito di righe e righe
scritte su questo e altri periodici la preghiamo di pubblicare questa nostra lettera di protesta alle continue accuse imputateci nei confronti della
gravosa situazione in cui versa
la « 13 laghi». I nostri padri e i
nostri nonni, semplici minatori e contadini, assieme alla società Val Chisone a' fine Anni
50 compresero che un progetto di seggiovia avrebbe cambiato il futuro per il paese e
per tutta la valle Germanasca.
Investirono somme non indifferenti per le tasche di allora
in azioni societarie, senza
troppi problemi videro trasformare i loro prati e pascoli in
parcheggi e in piste di sci.
Tutto questo perché credevano nello sviluppo della vallata
e in un avvenire migliore per
essi e per le generazioni future. Lo scopo della «Seggiovia» era quello di dare un lavoro decente ai pralini, che
non fosse solo quello della
miniera e di ripidi e infruttuosi campi. Nacquero così strutture alberghiere, condomini.
botteghe artigiane, imprese
edili, negozi, scuole di sci ecc.
La piccola comunità di Frali si
stava trasformando da contadina a tante piccole imprese;
10 scopo principale della «13
laghi» era stato raggiunto, i
pralini avevano un futuro migliore assicurato.
Anche quando a fine Anni
60 per alcune stagioni consecutive le precipitazioni nevose furono molto carenti, mandando in rosso i bilanci della
società, l’amministrazione di
allora decise di fare dei tagli
alle spese garantendo in ogni
modo il lavoro per la gente
del posto. Cosa che nei giorni
nostri è svanita in quanto la
manodopera locale si è ridotta a un’unica unità. In questa
lettera vogliamo controbattere le continue accuse che ci
vengono imputate; perché il
praline vuole il fallimento
della «13 laghi»? Nessuno di
noi lo vuole, siamo tutti consapevoli che il fallimento della società porterebbe il buio
completo all’intera valle. Purtroppo le cifre parlano da sole, 20-30 milioni raccolti
nell’ultimo aumento di capitale dalla gente del posto hanno un solo significato: la fiducia verso l’attuale amministrazione è venuta meno dopo
gli ultimi avvenimenti. Prima
11 licenziamento di tre residenti e, non ultimo, il rifiuto
dei finanziamenti per l’im
È iniziata l'edizione '99 della tournée
Ritorna il Cantavalli
Dopo l’avvio con i balli popolari, entra nel vivo il programma di Cantavalli ’99; sabato 10 aprile, alla pista coperta di Pinasca, si esibirà il gruppo «Lambaradan» che presenterà canti e
musiche dell’area ligure. Questo quintetto è attivo da un paio di
anni e propone, oltre alla musica tradizionale della Riviera di
Levante, anche un breve viaggio nelle sonorità del Centro
Francia e della Bretagna. La parte finale è dedicata alle danze.
Memorial Aldo Vola e Giacomo Geymet
Torneo dì pìng pong
Aldo Vola e Giacomo Geymet: due persone molto note in vai
Pellice, apprezzate e stimate: in loro ricordo la Polisportiva Valpellice e il Cai organizzano per sabato 10 aprile, nella palestra di
via Filatoio, un grande torneo aperto a tutti. In gioventù ambedue avevano la passione per il ping pong, tanto da esserne promotori in differenti ambiti, dal Cai alPUnione giovanile valdese
o all’Unione sportiva Val Pellice. Ma entrambi amavano anche
la montagna: Aldo nel 1946 fu uno dei coordinatori dei campeggi per i giovani evangelici di tutta Italia, con il prof. Ernesto
Bein; «Giaco» o Nino, come veniva chiamato, ha passato la sua
vita fra i rifugi alpini dopo aver iniziato col mitico Vertù in valle
Stretta, al rifugio 111 Alpini. Sabato dunque, dalle 14,30, si inizierà con un doppio alla baraonda, con pongisti del Cai e della
Valpellice; intorno alle 20, presso l’Hotel Gilly, ci sarà una cena
con parenti e amici, le premiazioni, i ricordi: chi volesse partecipare alla giornata può telefonare allo 0121-930806.
pianto di arroccamento. Dopo
anni e anni di riunioni, parole
per un rilancio turistico di
Frali con una nuova seggiovia biposto da Malzat a Pian
dell’Àlpet in sostituzione
dell’attuale «cadreghin» (dispregiativo usato anni fa
dall’attuale amministratore
delegato verso la vecchia seggiovia), dopo che il Comune
di Frali aveva portato a termine, su richiesta della stessa
società, le procedure per un
finanziamento da due miliardi. Non ultimo una partecipazione dei pralini, con un centinaio di milioni, in caso di
difficoltà da parte della società al pagamento di una rata
d’affitto del mutuo nell’eventualità di una stagione negativa. Tutto è crollato con una
proposta a nostro giudizio insensata di una prioritaria seggiovia quadriposto in sostituzione dell’attuale sciovia del
Bric Rond, lasciando tutti noi
perplessi e sgomenti per l’atteggiamento di accondiscendenza dimostrato dagli attuali
consiglieri della Spa.
Perché dopo anni di discussioni, preventivi, progetti, la
società per mano del suo tecnico ha stilato una relazione
totalmente in contrasto al lavoro portato avanti sino a
quel momento? Tutto questo
ha creato un sacco di confusione tra i pralini, i proprietari di alloggi, il Comune e i
valligiani. Ha fatto in modo
che si perdesse il treno per il
rilancio in un mucchio di carte e in fiumi di parole. I pralini e i villeggianti avrebbero
sicuramente partecipato a un
aumento di capitale per il rifacimento del Bric Rond, se
solamente si fosse continuato
con la linea di sviluppo decisa anni addietro, in pratica
una nuova seggiovia al posto
dell’attuale vetusto impianto.
È ora di finirla di gettare
fango sui nostri «vecchi» che,
più di 40 anni fa si lanciarono
in un progetto avveniristico e
invidiato da molti altri centri
montani. Quindi vorremmo
che queste poche righe pongano fine alle continue e pilotate dicerie contro la gente di
Frali, messe in atto da persone che in questo piccolo paese di montagna vogliono
tutt'altro che il bene e il rilancio economico. A questo punto come si possono appianare
i contrasti che si ripercuotono
sulla serenità dei singoli e
sull’economia della valle?
Ci auguriamo che vi sia
qualche ravvedimento costruttivo da parte della « 13 laghi», affinché si possa porre
fine alle diatribe in corso e
salvare il bel paese di Frali a
cui tutti siamo affezionati.
Emilio Richard - Frali
seguono 141 firme
8 aprile, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30, alla biblioteca della casa
valdese, per l’Unitrè, conferenza su «Gli splendori del Rinascimento a Mantova» a cura della dott.ssa Albani.
PINEROLO: Alle 21,15, all’associazione Stranamore, primo incontro su pensiero critico, filosofie e modernità con Costanzo Preve che parlerà su «Filosofia e verità nell’epoca della
globalizzazione economica mondiale», nel corso della serata
presentazione del libro «I secoli difficili».
PEROSA ARGENTINA: Nella sede della Comunità montana, dalle 20,30 alle 23,30, incontro di formazione professionale
per operatori agricoli su «Nozioni di legislazione apicola».
9 aprile, venerdì
PINEROLO: Alle 15,30, all’auditorium del liceo scientifico,
conferenza su «Gli strumenti di misura nella storia», relazione,
del prof. Paolo Bertalotti del Politecnico di Torino.
ANGROGNA: Alle 21, nel tempio del Serre, dibattito su
«Le cure palliative, queste sconosciute», con il pastore Alberto
Taccia e operatori e volontari dell’associazione «Mai soli»;
modera il pastore Franco Taglierò.
PINEROLO: Nella chiesa di San Giuseppe, alle 21, concerto con il sestetto vocale «L’una e cinque». Ingresso libero.
10 aprile, sabato
SAN SECONDO: Alle 21, nella sala valdese, per l’organizzazione di Radio Beckwith, il Gruppo teatro Angrogna presenta
il suo ultimo spettacolo «Fort Village».
PINEROLO: Dalle 9 alle 13,30, al teatro Incontro, convegno su «Agricoltura, risorsa vitale per la montagna?» con la
partecipazione di agricoltori e allevatori del Pinerolese, esperti
della Comunità montana Pinerolese pedemontano e la facoltà di
Agraria dell’Università di Torino.
ANGROGNA: Alle 21, nel tempio del Serre, l’associazione
La Canaoula organizza una serata dibattito su «dissesto idrogeologico e tutela del territorio».
TORRE PELLICE: Nella biblioteca della Casa valdese,
dalle 15 alle 17, incontro su «Raccontare con la telecamera» a
cura della Doc Video.
TORRE PELLICE: Alle 21,15, al teatro del Forte, la compagnia «I commedianti di Cercenasco» presenta «Giromin a
veul mariesse». Ingresso lire 10.000.
11 aprile, domenica
TORRE PELLICE: In riva al Pellice gara per il campionato
sociale 1999 pesca settore spinning; informazioni ai numeri:
0121-91034 e 0121-932719.
TORINO: Nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele,
alle 17,30, concerto con l’organista Guido Donati; musiche di
Ileborgh, Buchner, Praetorius, Scheidemann, Tunder, Buxtehude, Bòhm, Bruhns. Ingresso lire 15.000.
TORRE PELLICE: Alle 15, nella palestra di via D’Azeglio,
«Quattro salti in allegria» con Vincenzo Caglioti all’organetto.
12 aprile, lunedì
PINEROLO: AH’auditorium di corso Piave, alle 17, incontro
su temi relativi alla pubblica amministrazione e alla sua riforma
con Mario Pepe, presidente della Commissione bicamerale per
gli Affari regionali, Mercedes Bresso, presidente della Provincia
di Torino, e il presidente del Senato, Nicola Mancino.
13 aprile, martedì
PERRERO: Nella sala attività della chiesa valdese, alle
20.30, Giorgio Tourn parla su «Identità della vai Germanasca».
TORINO: Al Circolo della Stampa, ore 9-14, convegno su
«Oltre lo specchio, le donne per una informazione di qualità».
14 aprile, mercoledì
PINEROLO: Alle 21,15, all’associazione Stranamore, incontro di introduzione al pensiero filosofico dell’Ottocento e
del Novecento su «Orizzonti della mutazione. Esaurimento della società industriale, esodo, rete» con Franco Berardi (Bifo).
15 aprile, giovedì
PINEROLO: Alle 21,15, da Stranamore, incontro conclusivo sulla filosofia del Novecento con Costanzo Preve e Franco
Berardi che parleranno su «Critica della modernità».
16 aprile, venerdì
TORRE PELLICE: All’ospedale valdese, dalle 8,30 alle
11.30, prelievo mensile di sangue.
TORRE PELLICE: Alle 20,45, alla biblioteca della Casa
valdese, il prof. Spini parla su «I valdesi tra il 1870 e il 1900».
>ERVIZI
VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 11 APRILE
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58771
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-22)
DOMENICA 11 APRILE
Bobbio Pellice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
Cinema
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille. 1 - 10064 Pinerolo
tei. 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei. 0121-933290; fax 932409
Sped. in abb. post./50
Pubblicazione unitaria con Riforma
non può essere veniJuto separatamente
Reg. Tribunale di Pinerolo n. 175/60
Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa; La Ghisleriana Mondovi
Una copia L. 2.000 - Euro 1,03
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TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 8 aprile, venerdì 9, ore 21,15, La cena
di Ettore Scola con Vittorio
Gassman; sabato 10, ore 20,
e 22,10, domenica il, ore
15,30, 17,45, 20 e 22,\0, lunedì 12, ore 21,15, e martedì
13, ore 21,15 Shakespeare
in love.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì 9,
ore 21,15, Festen; sabato 10,
ore 21,15, Paura e delirio a
Las Vegas; domenica, ore
15,15, 17,15, 19,15, 21,15,
lunedì, martedì, mercoledì e
giovedì, ore 21,15, Shakespeare in love.
Le parole
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Giubileo,
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Il palinsesto dì Radio Beckwith — FM 91200-96550
7.00 Voci in città Voci in città Voci in città Voci in città Voci in città Voci in città
7.45 A tu per tu con la Bibbia Vita nuova Gesù, la via che porla a Dio
8.30 9.00 Notiziario Pensiamo alla nostra salute Notiziario Notiziario Notiziario Anteprima Riforma-Eco Conte e poesìe
9.45 Per l’ora che passa Per l’ora che passa Per l'ora che passa Per l’ora che passa Per l'ora che passa Per l'ora che passa
10.15 Tempi protestanti Tempi protestanti Programmi mensili Actualité de l’Evangile —
10.45 Fra le righe 11.30 L’argomento L’argomento L’argomento L'argomento L’argomento Voce delle chiese Culto evangelico
12.30 Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario
12.45 Un giorno una parola Un giorno una parola Un giorno una parola Un giorno una parola Un giorno una parola Un giorno una parola
13.45 Tempi protestanti A tu oer tu con la Bibbia Tempi protestanti Gesù, la via che porta a Dio Conte e poesìe
14.45 Voci in città Voci in città Voci in città Voci in città Voci in città Voci in città —
15.30 Planet ot music
16.00 16.30 Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario —
Libramento Pensiamo alla nostra salute
17^30^ 1B ^ Actualité de l’Evangile
Fra le righe
18.45 19 00 Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario Notiziario
L'argomento L'argomento L’argomento L’argomento L’argomento
19 30 Proorammi mensili Vita nuova Culto evangelico Anteorima Riforma-Eco Libramento
21 00 Libero emblema Buonanotte birichini Acoustic Distortion Buonanotte birichini
22.00 i Stargate
11
99
venerdì
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9 APRILE 1999
Vita Delle Chiese
PAG. 7 RIFORMA
Era vescovo ausiliare della Chiesa cattolica di Roma
È morto mons. Clemente Riva
Molti evangelici romani al funerale di un amico e fratello
sincero e sensibile con cui si è dialogato senza ambiguità
maria sbaffi girahpet
' A Bibbia aperta sulla bara:
un segno che ha espresso,
ciedo, quella ricerca di feall’Evangelo e quell’ecu. ismo fondato sulla parola
pio che hanno consentito il
¡iscere e il crescere della frasrnità e deH’amicizia con
¡emente Riva, vescovo ausiate della Chiesa cattolica di
®ma, e una nostra sincera
Wmcipazione, come evangeM romani ai suoi funerali, il
¡marzo. Malgrado il fasto
la chiesa barocca dei santi
pbrogio e Carlo, in cui si soasvolti i funerali, e di cui il
¡scovo Riva è stato rettore
p:più di vent’anni; malgra1 l’incenso, le genuflessioni,
sbbondanza di gesti, cose
ganee alla nostra sensibilità
Íestante, era possibile coe quegli elementi di codone che Clemente Riva
|fa promosso e sollecitato
ilunghi anni del suo minilo, in ambito ecumenico e
¡dialogo interreligioso.
Le parole bibliche che sono
late lette durante il rito rielocavano bene la fede di
pest’uomo aperto, umile e
teice. La parola di Giobbe:
do so che il mio Redentore
ie e che alla fine si alzerà
ia polvere» (19, 25) e quel‘ deU’apostolo Paolo in Ro8: «Sono persuaso che
licose presenti, né cose fu|liite (...) potranno separarci
'amore di Dio che è in
ist|Gesù nostro Signore»,
0 accompagnato añila sua malattia: una
inaiattia iniziata 8 anni
a quale egli era stato
_ lamente discreto e che
1*0 in pochi a conoscere,
pche non gli aveva impedifflo aH’ultimo di essere atSe presente in ogni Oceanie in cui erano in gioco il
fogo ecumenico e quello
il'ebraismo.
l'ultima testimonianza
Ìblica di Riva che ricordo è
ella data in occasione della
fontana di preghiera per
pà dei cristiani, il 22 gen» scorso. Qualche settimaepiima Clemente Riva avealto in un incontro il dito degli evangelici romani
*ta di quella «Settimana»,
^fcnte alla bolla papale per
lubileo, e aveva espresso,
ii meglio di noi stessi rapmtanti delle chiese evan:he romane presènti, le
‘ni di quel disagio, di
chiarandole giuste e fondate.
Personalmente ho conosciuto Riva nei primi Anni
Settanta, quando cercava il
dialogo con le comunità di
base del dissenso cattolico di
quegli anni, e nel suo impegno per il convegno sui «mali
di Roma» del 1974, che esprimeva la sua preoccupazione
sociale. Ricordo poi la gioia
evidente con la quale ha accolto nella basilica di San
Giovanni in Laterano la presenza, per la prima volta, degli evangelici al Sinodo diocesano della Chiesa cattolica
di Roma, non come osservatori ma come delegati fraterni, come insisteva a dire Riva.
Una occasione nella quale
Franco Dupré, di recente
scomparso, aveva dato un
contributo, soprattutto biblico, che Riva giudicava essenziale per i documenti sinoda
li. i,^na lunga e ricca esperienza con Riva è stata quella
vissuta nel lavoro della Commissione per i matrimoni interconfessionali, e ricordo la
soddisfazione di Riva per
aver raggiunto il traguardo
del «Testo comune» sui matrimoni tra valdesi e metodisti e cattoiici.
Certo, Riva era ed è rimasto
sino all’ultimo un vescovo
della Chiesa di Roma, i suoi
funerali sono stati celebrati
con tutta la solennità romana
dal cardinale Ruini, vicario di
Roma, non si sono mai ignorati nei rapporti con lui i fossati che tuttora ci dividono
come chiese e che Riva sentiva come una ferita; ma era
forse proprio questa lucidità
e chiarezza a rendere possibile un dialogo senza ambiguità. In tutto questo, e nonostante tutto questo, si sono
potute vivere occasioni di
prossimità cristiana. La pastora Maria Bonafede, che ha
chiesto e ottenuto dal cardinale Ruini di poter portare
un messaggio durante i funerali (si badi bene, l’unico
messaggio di saluto che c’è
stato in tutto il funerale!), ha
affermato che abbiamo potuto vedere in Clemente Riva
un testimone che ha vissuto
sino in fondo la sua vocazione cristiana. Per questo lo ricordiamo.
Il cordoglio degli evangelici
Signor cardinale, cari fratelli, care sorelle in Cristo,
porto II saluto e il cordoglio delle chiese evangeliche di Roma,
e il mio personale dolore per la scomparsa del fratello e
dell'amico monsignor Clemente Riva, vescovo ausiliare di Roma.
La nostra partecipazione qui oggi, presenza numerosa, vuble
testimoniare l'affetto e la stima che ci hanno legato a monsignor Riva per tanti anni e in ogni occasione di incontro avuta
con lui. Incontri a ogni livello, da quelli ufficiali a quelli meno
strutturati, i molti incontri ecumenici della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani a Roma, la sua presenza altamente significativa alla festa dello scorso anno presso la chiesa valdese di
piazza Cavour a Roma, per ricordare i 150 anni di diritti civili ottenuti da valdési ed ebrei.
Vorrei ricordare però oggi anzitutto il modo della sua presenza e della sua passione ecumenica: monsignor Riva non ha soltanto partecipato a ogni incontro ecumenico, anche i più periferici, con grande umiltà e afflato pastorale, ma lo ha sempre
fatto con grande apertura, con la ricca umanità che lo contraddistingueva, con la sua capacità di dialogare e di essere sempre
propositivo nel dialogo anche nei momenti più delicati e difficili
di questo dialogo.
Con la scomparsa di monsignor Riva non soltanto ia sua chiesa
ma la chiesa cristiana tutta perde un testimone prezioso
dell'Evangelo di Cristo e un pastore attento anche ai più piccoli e
agii ultimi, un ministro umile e tenace della vocazione ecumenica.
Vogliamo salutarlo nel giorno della sua morte e in questo
tempo di Pàsqua con le parole di Gesù che ci ricordano e ci annunziano la risurrezione: «Chi crede in me - dice Gesù -- anche
se muore vivrà e chi vive e crede in me non morrà mai».
' Maria Bonafede
Pronunciamenti degli evangelici
Le guerre non devono
soppiantare la politica
Alle prese di posizione dei
responsabili delle chiese
evangeliche italiane sulla
guerra del Kosovo si sono aggiunte una dichiarazione rilasciata il 26 marzo dal Consiglio della Federazione giovanile evangelica italiana
(Fgei) e una della Federazione delle donne evangeliche
in Italia (Fdei) del 30 marzo. I
giovani evangelici ritengono
che le guerre non siano strumenti politici che favoriscano i processi di pace, che il
dispiegamento delle forze
Nato abbia ignorato il ruolo
dell’Onu e non sia una forza
di interppsizione, che questa
guerra sconvolga gli equilibri
internazionali e non offra
un’alternativa per i diritti della popolazione kosovara.
«Gli avvenimenti nei Balcani - si legge invece nella
dichiarazione della Federazione delle donne evangeliche - ci obbligano ancora
una volta a ricordare come la
violenza rappresenti, per noi
donne, la più grave delle malattie del genere umano: e la
guerra ne è la forma più terribile». Ricordando che «in
guerra le donne subiscono le
sofferenze più gravi e su di
loro, vittime innocenti, ricadono le conseguenze più dolorose in termini di fame, solitudine, freddo, abbandono,
violenze fisiche e abusi sessuali», la Fdei invita «tutte le
donne a mobilitarsi perché
questa tragedia cessi immediatamente».
Anche il presidente dell’Unione italiana delle chiese
cristiane awentiste, pastore
Vincenzo Mazza, è intervenuto oggi con un appello rivolto
a vari responsabili italiani e
internazionali: «La guerra e la
violenza su popolazioni inermi - si legge nel messaggio
del pastore Mazza - non potranno far sorgere la vera pace. Ogni azione militare non
può far altro che inasprire il
conflitto, senza agevolare soluzioni positive». (nev)
Chiesa metodista di Bologna
Concerto per il tempo
della Passione
La Chiesa metodista di Bologna ha organizzato, la sera
di mercoledì 31 marzo, il tradizionale «Concerto per la
passione» nell’ambito del
programma per la settimana
di Pasqua. L’iniziativa quest’anno ha avuto un carattere
tutto particolare: si è voluto
invitare evangelici e altri credenti a un momento di silenzio e di riflessione, un momento anche di preghiera, di
fronte agli eventi internazionali in Kosovo e in Jugoslavia.
I bombardamenti degli aerei
Nato, la «pulizia etnica» da
parte dei serbi e la fuga di
centinaia di migliaia di profughi sono fatti di così grande
tragicità da non poter essere
considerati come eventi lontani da noi.
Il pastore Giovanni Anziani,
prima del concerto, ha ricordato che come la comunità
metodista a suo tempo si era
impegnata per un intervento
di pace a favore delle popolazioni in conflitto in Etiopia e
in Eritrea, oggi si adopera per
nuove iniziative di pace nella
regione dei Balcani. Ha così
invitato 1 molti presenti a par
Per essere giovani a una certa età
‘^vere bene la vita
fa stare meglio”
Quando i miei pazienti mi chiedono consigli
per vivere la loro terza età in modo indipendente io
suggerisco sempre una soluzione residenziale.^
Una villa in una località tranquilla con un
ampio parco dove fare belle passeggiate.^
Una residenza dove si mantengono le proprie
abitudini ma si può contare su assistenza e servizi;
dove ci sono spazi per la vita in comune, _
e dove si possono ricevere visite con la massima libertà.“
Quando i miei pazienti mi chiedono un
indirizzo io non ho dubbi: La Residenza di Malnate perchè so per
esperienza che è la scelta giusta. I|l
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Via P. Lazzari, 25
21046 Malnate (Va)
Fax 0332 86 10 72
numero
cortesia
Tel. 0332 42 61 01
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la serenità è di casa
tecipare al concerto con un
animo disposto alla preghiera
per poi essere capaci di organizzare iniziative a favore della costruzione della pace in
Jugoslavia come affermazione
dei diritti umani.
Il concerto era costituito da
testi musicali di, Gasparini,
Martini, Traetta, con alcuni
brani inediti e trascritti dal
maestro Jolando Scarpa, che
è anche stato organista e direttore, ma non mancava fra
gli autori (e non poteva essere diversamente) Johann Sebastian Bach. La corale bolognese Ensemble femminile
Laura Conti (che vede presente una nostra sorella di
chiesa. Lisa Gelhaus) e il tenore Michel Paumgarten
hanno offerto una stupenda
esecuzione canora. I brani
musicali erano alternati da
letture bibliche eseguite dalla
sorella Carla Toffoloni. Il
pubblico ha risposto con
grande partecipazione a questa serata accogliendo con favore l’iniziativa musicale e lo
spirito di intensa preghiera
che si è voluto dare alla manifestazione.
Mortola
Preghiera
contro
la guerra
NUNZIO LO lUDICE
Mercoledì 24 marzo
1999, alle ore 19, la comunità evangehea battista di
Mortola si è riunita insieme
ad un gruppo di cittadini,
nella piazza principale della
città, in una veglia di preghiera per scongiurare l’intervento armato nei Balcani.
La comunità ha espresso il
proprio rammarico nel vedere il ricorso alla guerra come
il più facile e sbrigativo mezzo per risolvere un conflitto
etnico. È deludente, si è detto, che si continui a credere
che il male possa essere sradicato con un male più grande. Ma la delusione più triste, comunque, è quella di
apprendere che l’unica reazione all’annuncio della
guerra sia stata quella del calo delle borse economiche.
Sbigottiti da questa reazione
e, soprattutto, prendendo atto del generale silenzio e del
clima di indifferenza che vela questa vicenda, la comunità battista ha voluto elevare una voce di denuncia contro coloro che alimentano la
cultura di morte, sottolineando che le vite umane
hanno senz’altro più importanza del calo delle borse
economiche mondiali: le
bombe uccidono le persone
e non i soldi. La vita delle
persone vale di più di alcune
cifre di percentuale in ribasso. Come cristiani, si è voluto
ribadire che la logica del rispondere al male con il male
non ci appartiene; piuttosto
bisogna ricordare, soprattutto in questo periodo del calendario ecclesiastico, che il
male è stato vinto con il bene
e che la croce ne è il suo simbolo. Perciò si è sentita l’esigenza di richiamare la comunità civile e quelle religiose a
uscire dall’anonimato per
spingere i governi a trovare
una soluzione pacifica al
conflitto.
Il gruppo presente in piazza ha pregato per i profughi, i
rifugiati e i senzatetto, che in
queste ore sono carichi del
peso di sofferenza dovuta alla
guerra, invocando su di loro
la protezione del Signore. Il
messaggio si è concluso con
un invito alla speranza e a
non rassegnarsi mai, invito
espresso nel «sogno» di Martin Luther King, citato per
l’occasione a coloro che intendono continuare ad adoperarsi per la pace.
onoro i
APRILE 1999
Kosovo
Un conflitto evitabile
Sviluppo
Il debito diventa di moda
Africa
La guerra dei bambini soldati
Società
Che ne sarà del volontariato?
Islam
La fatica di interpretare la parola di Dio
Confronti: una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Gom Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Roma.
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
(indirizzo Internet: Http://hella,stm.it/market/sct/home.htm)
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 9 APRILE m
Teologia pastorale all'ospedale Villa Betania
Pluralità di rapporti con il paziente
Il problema dell'ascolto del malato in un ambiente
che coniuga la sensibilità umana con le nuove tecnologie
PAWEL GAJEWSKI
Le esercitazioni pratiche di
teologia pastorale presso
l’ospedale evangelico Villa
Betania di Napoli ormai da
diversi anni fanno parte integrale del percorso formativo
degli studenti della Facoltà
valdese di teologia. Lo scopo
principale delle esercitazioni
è quello di conoscere da vicino la realtà ospedaliera intesa come luogo di esercizio
del ministero pastorale e ambiente particolarmente indicato per affrontare la realtà
della sofferenza. Anche quest’anno le due visite a Napoli,
svoltesi il 13 e il 20 marzo
scorsi, ci hanno permesso di
entrare in contatto non soltanto con l’ospedale in quanto tale, ma soprattutto con le
persone che vi lavorano, soffrono e testimoniano il messaggio cristiano.
Se si volesse esprimere con
una sola parola il contenuto
della nostra esperienza napoletana, credo che si dovrebbe
usare la parola «pluralità».
Prima di tutto la pluralità delle voci. Abbiamo incontrato
tutta l’équipe della cappellania evangelica, i medici che
lavorano nei principali reparti dell’ospedale, abbiamo
ascoltato testimonianze di
sofferenze realmente vissute
e raccontate in prima persona. È notevole che questa
pluralità sia diventata una
sorta di coralità ben intonata.
Le parole del pastore Massimo Aprile, cappellano dell’ospedale, entravano in perfetta sintonia con le osservazioni del dottor Giuseppe
Barberis, oncologo e coordinatore della parte clinica delle esercitazioni. Queste due
L'ospedale Villa Betania a Ponticelli
voci guida ci hanno portato
dentro le molteplici storie
che compongono la vita di
un ospedale.
Un’altra pluralità è quella
dei volti. Abbiamo potuto
ammirare il «volto tecnologico» di Villa Betania: il reparto
di terapia intensiva attrezzato con attrezzature all’avanguardia, il reparto di ginecologia strutturato in modo ottimale, data la ristrettezza
degli spazi a disposizione.
Fortunatamente la tecnologia non ha messo nell’ombra
il volto umano di questo luogo di sofferenza e di cura, un
volto a forma di mosaico
composto da volti sorridenti,
stanchi, tesi, rilassati, mai
però volti vuoti, assenti, staccati dalla realtà. 1 nostri volti
inseriti per due giorni nel
volto variopinto di Villa Betania, sono un’immagine che
continuiamo ancora ad elaborare nel contesto accademico della Facoltà.
Infine la pluralità delle nazionalità. Per la prima volta
nella storia delle esercitazio
ni il gruppo di sedici studenti
rappresentava cinque nazionalità diverse: francese, italiana, malgascia, polacca e
tedesca. Questo aspetto si è
accentuato ancora di più durante la nostra seconda visita, nella quale ci ha accompagnato il pastore Francis Rivers. Il pastore Rivers, americano, svolge attualmente il
suo ministero in uno dei più
grandi ospedali pubblici di
Dallas, in Texas, e contemporaneamente lavora come supervisore nell’ambito dell’educazione clinico-pastorale (Clinical pastoral education). La bravura del pastore
Rivers, la sua particolare sensibilità nel guidarci attraverso la testimonianza dei genitori di un bambino gravemente handicappato, la sua
ottima padronanza della lingua italiana, sono state un
eccellente spunto per un
profondo lavoro sul nostro
rapporto con la sofferenza vista e vissuta come un fenomeno profondamente radicato nell’esistenza umana.
Un dibattito ospitato dal Consiglio provinciale di Genovj
Il Giubileo nella chiesa e nella Bibbia
ERMINIO PODESTÀ
Mercoledì n marzo,
nella sala del Consiglio
provinciale, organizzato dalla
Provincia di Genova e dalla
Federazione delle cinese
evangeliche della LiguriàT’si è
svolto il primo dei due incontri in programma come riflessione evangelica sul Giubileo
nella chiesa e nella Bibbia.
L’assessore alla Cultura, Gabriella Airaldi, presentando il
programma, ha detto che
questa serie di incontri, nati
dalla collaborazione fra la
Provincia é la Federazione,
vuole cogliere l’occasione
dell’ormai imminente ricorrenza del Giubileo cattolico
per sottolineare, attraverso la
riflessione di autorevoli rappresentanti delle chiesa riformate, non solo l’attualità ma
anche l’immutata universalità
e spiritualità del messaggio.
Adriano Bertolini, presidente
della Federazione stessa, ha
aggiunto che il Giubileo ha
inciso nella storia pertanto gli
evangelici desiderano proporre una riflessione critica e
offrire la loro presenza e posizione in alternativa alla prassi
della Chiesa cattolica, riscoprendo il significato biblico.
Il pastore e teologo Fulvio
Ferrano, della Chiesa valdese
di Milano, ha tenuto una
dotta e interessante conferenza sul tema: «Giubileo e
papato». Dai tempi del «Levitico 27» - ha detto Ferrano a quelli medievali il significato del termine «giubileo» ha
subito tali trasformazioni da
poter rappresentare in sintesi il cambiamento intercorso
tra il modo di recepire il
messaggio biblico da parte
degli ebrei e dei cristiani: la
realizzazione della giustizia
nel rapporto fra gli uomini e
con la natura (liberare gli
schiavi, restituire i fondi ai
proprietari originari, far riposare i campi per un anno)
Circa 200 partecipanti al convegno nazionale di Venezia del 13 marzo
Omosessualità, società civile e coscienza religiosa
FRANCO CALVETTI
Le relazioni del mattino
(Luigi Malaroda di Torino, Roberto Del Favero di
Milano, Basilio Petrà e Christian Demur) e la tavola rotonda del pomeriggio (Francesco Rivetta di Genova, Paola Dall’Orto dell’Associazione genitori di omosessuali, il
pastore Fulvio Ferrario di
Milano e l’avvocato Ezio
Menzione di Pisa) hanno affrontato senza infingimenti
la tematica omosessuale toccando la dimensione religiosa e quella civile. Tutto è stato interessante e tutto è stato
importante ma sono le due
posizioni, quella cattolica e
quella protestante, che hanno catalizzato l’interesse degli intervenuti: Basilio Petrà,
nonostante la ben nota rigidezza della gerarchia cattolica, ha cercato (sembra senza
riuscirci) di farci percorrere
la strada imboccata dalla
teologia dell’ortodossia della
chiesa romana parlando di
logica del magistero romano,
dove l’oggettività del magistero trova una difficoltà insormontabile nell’affrontare
la soggettività omosessuale.
Petrà ha intravisto un piccolo passo avanti nei successivi documenti cattolici che
trattano della questione:
mentre i documenti della
Congregazione per la dottrina della fede (1975-1986) vedono l’omosessualità come
vizio e idolatria, l’omosessuale come un defectus (eterosessuale mancato), la pastorale dei vescovi uscita ultimamente e rivolta ai geni
Circa 200 persone hanno risposto aU’invito a partecipare al
convegno nazionale «Omosessualità, società civile e coscienza religiosa» svoltosi il 13 marzo in uno dei suggestivi saloni
della prestigiosa Ca’ Dolfin, a Venezia. Il convegno era stato
accuratamente preparato dal Centro culturale Palazzo Cavagnis e aveva già meritato due articoli anticipatori sui quotidiani veneziani; un servizio del Tg3 regionale e un articolo in
prima pagina sul quotidiano più letto a Venezia ci hanno
confermato la risonanza e l’attesa che l’argomento suscitava.
Con l’apprezzamento del ministero della Pubblica istruzione
e del ministero delle Pari opportunità, un saluto riconoscente
da parte di un rappresentante del Provveditorato agli studi di
Venezia, con l’adesione della Rete fede e omosessualità (Refo)
e del 7° circuito delle chiese metodiste e valdesi, la giornata di
studio si è snodata in modo snello e costruttivo tanto da meritare un grosso riconoscimento.
tori di omosessuali declina
parole quali rispetto, passione, sensibilità, cura, amicizia, comprensione e assistenza pastorale. Il teologo
cattolico si spinge, ma più in
là non può andare, a parlare
di amicizia profonda e intima fra persone dello stesso
sesso (con tanto di linguaggio della tenerezza e della
donazione) da praticarsi sotto il segno della castità. Molti
gli interventi, spesso di chiaro taglio anticlericale, che
hanno suscitato risposte pacate ma conclusive del teologo cattolico, che abbiamo
ammirato per l’apertura fraterna che ha manifestato.
Nel dibattito vivace molte
sono state le dichiarazioni di
adesione all’8%o dei valdesi e
metodisti come risposta a favore di una comunità più fraterna e aperta. 11 teologo valdese Fulvio Ferrario ha preso
la parola dopo la drammatica
testimonianza di Christian
Demur (si è presentato con lo
stesso pseudonimo con il
quale aveva scritto nel 1995
L'omosessualità. Un dialogo
teologico tradotto dalla Claudiana). Demur, pastore riformato che esercita attualmente in Svizzera, ha ripercorso
davanti a un pubblico attento
e a volte commosso le tappe
dell’intreccio tra la sua vocazione al ministero e la scoperta della sua identità sessuale:
intravede solo nelle dimissioni dal suo ministero che ama
profondamente la risoluzione
del suo problema personale.
Ferrario, anche per segnalare dopo l’intervento del
collega la disponibilità per la
riflessione e il dialogo delle
chiese valdesi e metodiste
sulla questione «perturbante» (per citare Freud), ha indicato alcune piste di studio
e di prassi assunte dalla chiesa, o meglio da alcuni gruppi
di lavoro. Ha ricordato la risoluzione del Parlamento europeo (1994) secondo cui i
paesi membri sono chiamati
a legiferare in modo da porre
fine a ogni forma di discrimi
per i primi; l’acquisizione
della vita eterna tramite l’indulgenza (remissione delle
pene dovute per il peccato,
anche se perdonato, da
scontare in questa o nella vita futura) per gli altri.
Il primo giubileo cristiano
o «Anno Santo» risale al 1300
e fu indetto da papa Bonifacio Vili. In un momento di
crisi dell’istituzione quel giubileo indicò il concetto che
soltanto il clero ha potestà di
amministrare il patrimonio
di grazie cristiano e che vi è
una sfera nella quale nessun
altro potere può intervenire.
Il papa amministra il tesoro
dei santi e applica questi meriti per alleggerire le pene legate al peccato. Per ricevere
l’indulgenza plenaria, aveva
dichiarato il papa istituendo
il giubileo, che in un primo
tempo era fissato alla distanza di cento anni, poi cinquanta, poi venticinque (e in
altri periodi ci fu anche quello straordinario), occorreva
accedere alle basiliche degli
apostoli Pietro e Paolo per almeno trenta giorni continui o
intercalati se romani, invece
quindici giorni se forestieri.
|ENERI
jpiu
Le
sis
MER
L’interesse e il coinvolgimeli,
to per questa innovazione ^
straordinario.
Il Giubileo del 2000 rientu
in questo quadro e non pm
essere diversamente. Ancln !
se si è tentato di addólcireij*
pillola dicendo che entrai
gioco soprattutto il condoM
del debito che poi risulta %
sere più spirituale che fisi«
tuttavia già nella sua prepjf
razione questo evento è tali
mente coercitivo da invade®«
in modo negativo la vita (
credente. «Per questodetto ancora Ferrario - noi
evangelici dobbiamo neces.
sariamente essere critici ti. ®
spetto a questa forma istitu.
zionale, perché anche
sarà qualche tentativo di li®?
cambiamento, il futuro
bileo continuerà a seguire laP®'^®
linea della mediazione eccle.[p®™^* ‘
siastica come elemento nel
cessarlo per ottenere lafaif
mosa indulgenza plenariail
Hanno preso poi la paròla!
uno in forma critica e raltroi
in maniera altamente provo.1
catoria e realistica, Peppuà|
Coscione, delle Comunità i|
base, e Peppino Orlando, cattolico del dissenso.
nazione riconoscendo alle
coppie omosessuali gli stessi
diritti sociali di cui godono
gli eterosessuali. Ha ricordato l’appoggio per sottoscrizione che un buon numero
di pastori ha dato al documento suscitando un dibattito colorito e spesso aggressivo nel mondo evangelico,
tramite gli organi di stampa.
La pista raccomandata è il
rapporto con la Scrittura visto come ascolto di liberazione di uomini e donne del nostro tempo, indicando nella
loro presenza un’occasione
di elaborazione teologica
nuova e di arricchimento per
le comunità. I partecipanti
alla tavola rotonda hanno
tutti indicato la via del processo collettivo per l’acquisizione istituzionale per la stabilizzazione di protocolli di
democrazia.
Due momenti «alti» nella
giornata; l’accorato appello
di Paola Dall’Orto, presidente dell’Associazione nazionale genitori di omosessuali,
che sta lavorando intensamente con il ministero della
Pubblica istruzione per arginare il fenomeno della solitudine e delle sofferenze (fino
ai ben noti e numerosi suicidi) degli adolescenti in preda
al panico al momento della
scoperta delle loro diversità;
l’intervento di Giovanni L.
Giudici, l’evangelico solitario
samaritano dei malati di Aids
che ha dato notizie confortanti sulla casa Eben-Ezer di
Mestre, priva attualmente di
malati. Giudici ha ricevuto
un applauso lungo e caldo da
chi lo ha ascoltato testimo
Francesco Rivetta e Roberto Del Favero nel corso della tavola
ipab
iscorsc
•ili Vesce
(Öomei
, iPtof. Da
*P,àito vi
Giubi
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e
i^uel
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bii
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iSCO
ientai
imi
ilesa
0 di
«rato;
niare la sua vocazione per
grazia di Cristo.
Alla fine della giornata sfumava in ciascuno dei partecipanti la considerazione secondo cui l'omosessuale per
lo psicoanalista lacques Lacan è la negazione dell’alterità, o per Freud l’omosessualità è immaturità psicoaffettiva; prendeva corpo in
alcuni, già forte e convinta in
altri la convinzione secondo
cui gli omosessuale sono cittadini a pieno titolo per la
società civile, e fratelli e sorelle con dignità di figli di
Dio per le Comunità
se. Come ci ha ticorda
presidente del Centro c
rale Palazzo Cavagnis, [
co Macchi, in apertur Cnst
convegno (riprendendo^gaisio
narrazione di un antic J^tsioi
del D®f.E^erci
9amen
drash a proposito . ¡i
logo) Dio chiede a
dunque agli uomini di
tempi, di scrivere la ,
perché la morale non s®
dal cielo e modifica gli «
ni, ma sono loto che a® J
farsi interpreti della
lasciandosi modellare
lui che è e che sarà.
Errata corrige
Nel n. 14, nelle cronache delle chiese a pag. 8, dalla
'f® del d
’*8iàne]
denza di Campobasso è «saltato» il nome defpastore
rio Saccomani conduttore, come dice più avanti il testo, “ *lo
sabile per le chiese battiste e valdese di Campobasso e . “HVom .
Pescolandano». Ce ne scusiamo con l’interessato e con J ^
13
^NERDÌ
9 APRILE 1999
Vita Delle Chiese
PAG. 9 RIFORMA
¡nova
'Igimei
zionefi
L'Assemblea del Movimento femminile battista
Donne presenti nella società
Le partecipanti, provenienti soprattutto dal Centro-Sud,
si sono scambiate resoconti sulle attività nelle loro città
MERCEDES CAMPENNÌ
ASSEMBLEA del MoviI mento femminile evan
) rienti,
lon
■ Aneli,
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le fisica plico battista (Mfeb) si è
1 prep,|Llta dal 19 al 21 marzo al
to è taipnlro di Rocca di Papa di
nvadèijbii ^ stata apprezzata la rivita ¿¿Otturazione di alcune ca5to - iijpere e, soprattutto, della culo - noi
5 neces'
ritici ri.
la istitu.
he se ci
itivo dii
Jro Giu3guirela|
le eccle-l
mto ne.
re la fa.|
enaria»,
parola,
e l’altiol
e provo.
Peppino
lunitài
ado, cat
completa e rinnovata se¿ndo tutte le disposizioni
jìgenti e le norme richieste
¿He leggi sulla sicurezza. Ha
atterizzato quest’assemdi fine millennio la parlipazione numerosa delle
ine del Sud d’Italia, conlevoli dei problemi attuali,
a molteplici attività,
nne del Sud che vanno
so il 2000 forti nella loro
e sicure nei loro promi.
eccezione della rappre:anza e dell’affettuoso sadi Varese e della delegale della chiesa di Milano,
ta il generale rimpianto sono
assenti le donne del
:d, per cui è mancato l’apdella ricchezza, delle
enze e delle speranze
lejdonne del Nord, il racidei fermenti nuovi che
0 vivendo. Ma anche se
'erto di questa mutilal’assemblea è stata
Ito vivacizzata da tutto
o che hanno testimonialaccontato lé donne della
lia, della Basilicata, della
tia, della Calabria, della
ja, della Sardegna:
e in grado di fare
iStorale, che vivono i
delle loro cittadine
presenza fisica, la solie la testimonianza di
si affermano nella stlnell’affetto degli altri,
cono a portare avanti e
|*l_tìlacciare rapporti per un
menismo vissuto, che
poggia la sua realtà sull’amore di Cristo. Sono state presenti ai lavori assembleari anche le donne della Toscana e,
naturalmente, del Lazio, con
le Unioni femminili di Grosseto, di Ariccia, di Albano, di
Fontana di Papa, di via Urbana, della Lungaretta e della
Garbatella, di cui è membro
la nostra cara Elena Girolami,
assente all’assemblea per
motivi di salute dopo un anno e mezzo di intenso lavoro
per il nostro movimento.
La serata ricreativa di sabato ha visto come sempre le
donne, anziane e giovani,
passare dalla serietà dell’ascolto e del dibattito all’allegria spensierata di un momento di festa, culminata nel
saluto reso a Marilù Moore
che presto si trasferirà negli
Stati Uniti, dopo aver concluso il suo servizio in Italia.
Alla fine dei lavori, la presidente della Fdei è stata invitata a dare il suo saluto. Doriana Giudici, con la chiarezza e la vivacità dell’esposizione, la lucidità del pensiero,
ha tenuto l’uditorio attentissimo al suo rapido excursus
dei molteplici tentativi che la
Fdei ha intrapreso per ritrovare una nuova identità più
consona alle realtà presenti;
per trovare organicità e fusione nel lavoro, pur rispettando le diverse tendenze
delle nostre varie denominazioni (è vivo il desiderio della
Fdei di riuscire a coinvolgerle tutte) e delle donne cattoliche. Ultimo proposito della
Fdei, ma non meno importante, è quello di dare la dovuta libertà a tutte le donne lì
dove manca, anche fuori del
cristianesimo e nel mondo
intero; sforzo comune con le
donne cattoliche che sempre
meglio vanno comprendendo la bontà di un programma
e un lavoro ecumenico.
Ultimo atto dell’incontro il
bel culto di domenica tenuto
dalla pastora Gabriela Lio,
eletta nuova presidente del
Mfeb, e la Santa Cena somministrata in grande raccoglimento e commozione dalla
nostra Marilù Moore a cui,
anche dalle righe di questo
giornale, inviamo l’affettuoso
augurio di serenità e di lunga
vita benedetta dal Signore.
La pastora Gabriela Lio
Avventisti
Scalfaro
in visita
a «Casa mia»
Il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, si
è recato il 23 marzo in visita
ufficiale alla Casa di riposo di
Forlì «Casa mia», della Chiesa cristiana awentista del 7°
giorno. Accompagnato dalla
figlia, il presidente è stato accolto dalle autorità locali (il
sindaco e il presidente della
Provincia), dal presidente
delle chiese awentiste, pastore Vincenzo Mazza e dal
direttore della Casa di riposo,
Giovanni Benini. Nella prima
parte della visita, nella cappella della chiesa awentista
di Forlì, Scalfaro ha chiesto
di recitare insieme ai presenti la preghiera comune del
Padre Nostro.
La Casa di riposo «Casa
mia», nata nel 1983, è stata
realizzata su un terreno messo a disposizione dal Comune di Forlì nel quadro delle
opere di urbanizzazione secondaria con comodato gratuito per 99 anni. Di recente
ha potenziato la sua struttura
grazie ai fondi provenienti
dall’otto per mille destinati
all’Unione delle chiese avventiste del 7“ giorno; attualmente «Casa mia» ha una capacità di 74 posti letto.
In un comunicato diffuso
alla vigilia della visita di Scalfaro, la chiesa awentista ha
espresso ringraziamento al
presidente della Repubblica
«per la sensibilità dimostrata
nei confronti delle minoranze
religiose in tutto il periodo del
suo mandato». La visita del
presidente è «un segno di
grande umanità e amicizia»,
ha affermato il pastore Mazza
nel saluto rivolto al presidente. «Mi avete fatto partecipe
dello spezzare del pane e
dell’amore - ha detto Scalfaro
- sento che alla ricchezza che
mi avete dato tante volte se ne
aggiunge un’altra. La carità
non ha qualificazione», (nevj
Chiese bmv nel Basso Molise
In confronto sul Giubileo
STEFANO D’ARCHINO
IP^P^hottoni, il 15 marzo
- »scorso, Giovanni FranzoW vescovo di Termoli-LariBomenico D’Ambrosio e
¿prof. Daniele Garrone hanvita a un «Confronto
lubileo», organizzato
lese battiste di Ripari e Macchia Valfortore
quella valdese di San
[tomo degli Schiavoni,
ambito della collaborabmv nel Basso Molise,
«covo D’Ambrosio ha
titato il Giubileo del
*ome un’occasione per
'lesa cattolica di un itilo di fede, con tre anni
atori, contro l’indiffepresente nella
- ? società. Il vescovo ha
cull«|fttolineato che il primato
grazia, la centralità di
Cristo, il recupero della
¡®Usione ecclesiale e la
'arsione, e non l’aspetto
Marciale, devono essere
®hentali per il Giubileo
L^dicato due elementi di
5 prospettiva ecumequale è stato cona una iniziativa Cei
a -K ^ Eduzione del debito di
Paesi africani, in parstato di povertà,
d ^*^^ozoni, animadissenso cattolico,
,^nel ’96 aveva lanciato
eoncretizzare il Giuesempio con la canoe del debito dei pae*erzo Mondo, ha inilyj^^^tando da chi è che
p® •’talmente il giubicranzoni dalla rifles
la
à religi<^
ordatp
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rtura<i
jendo'!
itico
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MosC', ,,—..c
i di tuttd^aindi,
la
sione sull’antico Israele e sulla «perdonanza» di Celestino
V, da cui si è sviluppata l’istituzione del Giubileo cattolico, si vede che chi convoca il
giubileo è «il grido degli oppressi», ma dopo la venuta di
Gesù Cristo non c’è un momento particolare per rispondere a questo grido, anzi
in tutti i momenti della storia
siamo chiamati a rispondere
alle sofferenze e ingiustizie.
Quindi, ha concluso, si devono approntare strumenti
economici e giuridici internazionali stabili che creino
un fondo per i paesi più
svantaggiati, con una parte
dei proventi di chi sfrutta risorse naturali di tutti.
Per Daniele Garrone il giubileo biblico nasceva da situazioni concrete e serviva a
ristabilire delle condizioni di
equità sociale, e questa idea
ha ancora validità per l’oggi,
dove si vede che i meccanismi economici tendono a
dissolvere la società. Garrone
ha riconosciuto la presenza
di elementi nuovi nel Giubileo cattolico, ma ha sottolineato che il «pacchetto» Giubileo 2000 risulta ecumenicamente molto indigesto dal
momento che coesistono il
tema della grazia e quello
dell’indulgenza, il tema biblico e raccorrete a Roma. Infine ha concluso chiedendosi
se i cristiani non siano troppo sicuri dell’arrivo del terzo
millennio, cioè se di fronte al
«grido degli oppressi» pregare «venga il tuo Regno» sia
fatto solo per abitudine.
Chiesa battista di Casorate Primo
Per l'assistenza ai disabili
RAFFAELE SCAFURO
Nel pomeriggio di domenica 14 marzo, con eccezionale presenza di pubblico
e di personalità politiche e
religiose, si è inaugurato a
Abbiategrasso il nuovo centro dell’Associazione nazionale famiglie di fanciulli e
adulti subnormali (Anffas) «Il
melograno», meglio noto come «Progetto dopo di noi».
Rispetto a questa importante
cerimonia, di rilievo per il
mondo dei disabili per i quali
la nuova struttura rappresenta il fulcro residenziale e
«semiresidenziale» destinato
a accogliere persone con gravi menomazioni fisiche, anche la comunità battista di
Casorate Primo (che era impegnata contemporaneamente all’interno dei locali
di culto per un concerto di
una corale americana), tramite un fax del pastore Colombo al presidente dell’Associazione ha voluto congratularsi per un così importante evento, che accende una
luce di speranza nei cuori di
quelle famiglie che vivono a
contatto giornaliero con i
portatori di handicap. Il pastore e la signora Colombo
hanno avuto l’occasione di
conoscere la realtà del centro
e alcuni suoi rappresentanti
alla recita dell’ultimo Natale,
a cui ha partecipato come attore il fratello Michele Scafuro, disabile (down) che frequenta già da molti anni il
centro diurno Anffas.
La sezione di Abbiategras
so ha superato il 15° anno di
attività e si è distinta per la
mole di lavoro che ha condotto. Avviata nel 1984 da un
ristretto numero di genitori è
ora una realtà riconosciuta
da tutti. Una mattina piovigginosa dell’ottobre 1994 Angelo Verza, presidente della
sezione, posò la prima pietra
del progetto «Dopo di noi».
Da allora sono passati cinque
anni, un percorso faticoso
per il raggiungimento di un
obbiettivo ambizioso. Ma il
direttore del Centro, i genitori dei ragazzi e tutti i volontari e operatori che lavorano
per l’associazione non si sono mai dati per vinti e il «sogno collettivo», tanto accarezzato con desiderio, ha ottenuto il suo successo.
Una comunità alloggio di
dieci posti fissi (più due per
emergenze), un centro socioeducativo per 30 persone e
un centro assistenziale di 15
posti, situato su un’area coperta di 1.700 mq, inserita in
una zona attrezzata a verde
di 1.600 mq: tutto ciò è il risultato ottenuto da uomini e
donne animate da un appassionante spirito laico e religioso di solidarietà. Un rinfresco organizzato sullo sfondo della musica offerta dalla
banda ha coronato l’epilogo
di questa indimenticabile
giornata. Il nostro auspicio
cristiano è quello di invocare
le benedizioni del Signore affinché tutti possano dare il
proprio contributo perché «Il
melograno» persegua gli scopi per i quali è sorto.
Agenda
PALERMO — Alle ore 17,30, al Centro evangelico di cultura «G. Bonelli» (via Spezio 43), per il ciclo di incontri su «Il
Giubileo: occasione o inciampo sul cammino ecumenico?», il pastore Franco Glampiccoli parla sul tema: «Protestantesimo e Giubileo: le ragioni di un dissenso».
10-11 aprile
PRALI — A partire dalle 10,30 di sabato 10, al Centro di
Agape si tiene il week-end politico sul tema: «Cittadinanza:
riprogettare la politica dalle fondamenta». Per ulteriori
informazioni e prenotazioni telefonare allo 0121-807514.
Fax: 0121-807690. E-mail: agape@perosa.alpcom.it
CEFALI! —A partire dalle ore 9,30 di sabato 10, al Centro
ecumenico aconfessionale «La palma» (via Giudecca), si
tiene la IV Settimana cefaludese per l’ecumenismo sul tema: «L’ebraismo: religione-vita-cultura». Relazioni di Luciano Caro, Lia Levi, Luciano Tas. Sono previsti una mostra
sullo stesso tema e, sabato 17, alle ore 17,30, un concerto di
canti della tradizione ebraica di Manuela Sorani.
11 aprile
ROMA — Alle ore 16, presso la sede di via Giusti 12, il
Gruppo Sae, nell’ambito del ciclo «Ritorno al Padre, tappe
di un cammino ecumenico di conversione e riconciliazione», Carmine Di Sante e il past. Eugenio Rivoir intervengono sul tema: «Giustizia, pace, condivisione e comunione».
TORINO — Alle ore 17,30, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele 23, per la stagione organistica Guido Donati esegue musiche di Ilebourgh, Buchner, Praetorius,
Scheidemann, Tunder, Buxtehude, Bòhm, Bruhns.
SUSA—Alle 16, nella chiesa evangelica (Lungodora Abegg
22) il Centro di cultura «Piero Jahier» e il Centro «Paolo e Lodovico Paschetto» di Torino organizzano un concerto di
musica sacra con inni e corali della Riforma protestante del
XVI secolo a cui partecipano il Sestetto evangelico di Torino,
il violoncellista Samuele Monti e l’organista Davide Roato.
12 aprile
TRIESTE—Alle ore 18, alla Casa delle suore di Sion (via Tigor), il Gruppo ecumenico organizza una conferenza della
past. Letizia Tomassone sul tema: «Dio Padre, Dio Madre».
UDINE — Alle ore 18, nella sala della chiesa metodista
(piazzale D’Annunzio 9), il pastore Arrigo Bonnes tiene
una conferenza sul tema: «La Rivoluzione dei santi».
15 aprile
TORINO — Alle ore 16 e alle 20,45, nella sala della Chiesa
valdese di via Pio V15 (1 piano), per il corso di formazione
«La fede interpreta il mondo», il pastore Giorgio Bouchard
parla sul tema: «Dal caos al cosmos (Genesi 1)».
LA SPEZIA — Alle ore 17,30, nella chiesa metodista (via Da
Passano 29), la past. Giovanna Pons parla sul tema: «Alla
ricerca dell’uomo - scienza e etica a confronto».
UDINE — Alle ore 18, nella chiesa del Carmine, si tiene un
incontro ecumenico sul documento cattolico-luterano
«Chiesa e giustificazione» organizzato dall’arcidiocesi e
dalla Chiesa metodista. Introduce il past. Andreas Kohn.
CINISELLO BALSAMO — Alle ore 21, a Villa Ghirlanda (via
Frova), il Centro culturale «Jacopo Lombardini» organizza
un dibattito sul tema: «Eutanasia: limiti e possibilità» con il
prof. Ermanno Genre e il dott. Roberto Labianca.
17 aprile
MILANO — Alle ore 17, nella sala di via Francesco Sforza
12/a, il Centro culturale protestante organizza una conferenza del prof. Ermanno Genre sul tema: «Dare dignità al
morire. Il dibattito sull’eutanasia».
FIRENZE — Alle 16, alla Casa di riposo «Il Gignoro» (via del
Gignoro 40), i dr. Paola Sconfienza e Giacomo Downie parlano su: «"Ho perso le parole...’’: riabilitazione in musica».
SARONNO (Va) — Alle ore 21, nell’aula consiliare della
scuola «Aldo Moro», l’Associazione culturale protestante
organizza un incontro-dibattito sul tema: «Etica e scienza
ai confini della vita», a cui intervengono il pastore Ermanno Genre e il dottor Luciano Orsi.
TORINO — Alle ore 21, nel tempio valdese di corso Vittorio Emanuele 23, si tiene un concerto gospel del gruppo
«Free voices Gospel Choir». Ingresso £ 5.000.
19 aprile
MILANO — Alle ore 18, in piazza San Fedele 4, il prof. Angelo Maffels parla sul tema: «Nel cammino del Consiglio
ecumenico delle chiese» per il ciclo di incontri su «Identità
confessionale e autocoscienza ecumenica».
à c televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico della Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTAN’TESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente. Domenica 18 aprile andrà
in onda: «Il debito estero: il caso Zimbabwe; "Un filo tenace. lettere dal carcere di Willy Jervis; Un’opera della Chiesa awentista a favore degli anziani». La trasmissione andrà
in replica lunedì 26 aprile alle ore 9,30 circa.
14
PAG. 10 RIFORMA
Riforma
La pace subito
Piera Egidi
Orrore. Orrore e vergogna. Non si può nominare con altri sentimenti le notizie che ci vengono dalla Serbia bombardata e dalle popolazioni in fuga dai Kosovo. Nel cuore
dell’Europa, quell’Europa cosiddetta cristiana che speravamo riconciliata tra Occidente e Oriente, scoppia una
camebcina, la più tremenda fra tutte quelle che già si agitano da anni in quelle sventurate regioni e che, in un’insensata e barbara follia di escalation e di catene di alleanze, può portarci dritti dritti allo scoppio di una terza guerra mondiale. La storia non si rimedia aprendo e acuendo
le ferite, e la storia dei Balcani e dell’Est europeo è una
storia intricatissima di semgue, di oppressioni e di dominazioni, in cui c’è sempre un prima e un prima ancora nei
millenni, e in cui ciascun popolo, ciascuna etnia, ciascuna
religione e ciascuna confessione cristiana è al tempo stesso vittima e carnefice. Come nell'Occidente europeo, come nel nostro stesso paese, la storia umana gronda sangue e nessuno è innocente, neanche uno.
Ciascun popolo, ciascuna etnia, ciascuna fede religiosa o
politica, in questa nostra sventurata Europa può risalire
nella sua memoria a anni di persecuzione e di martiri. Questo è il «peccato» della storia, e non possiamo fare altro che
assumercelo, portarcelo sulle spalle e pensare a guardare la
trave nel nostro occhio, invece che voler estirpare ii fuscello in quello del nostro fratello. Croati, serbi, turchi, tedeschi, austriaci, italiani e russi, tanto per parlare dei popoli
più strettamente intrecciati: tutti colpevoli l’uno contro
l’altro nella storia di sangue versato nei secoli. E cattolici,
ortodossi, protestanti altrettanto colpevoli dell’odio seminato e conservato, della memoria come tentazione terribile
di revanche: peggio noi cristiani, infinitamente peggio
(pensiamo alle crociate) degli isiamici e degli arabi.
Questo è il peccato di cui far penitenza, e ancora una
volta le cosiddette potenze cristiane si fanno guerra,
nell’aria, ma presto a terra, se non si fermeranno, se non
li fermeremo gridando sull’orlo dell’abisso. Non ci interessa di chi è la colpa, chi ha cominciato per primo: ci interessa fermarci. Non si può violentare impunemente le
identità, non si può non riconoscere per un popolo le radici sacre e simboliche profonde: per i serbi ortodossi i
monasteri del Kosovo, così come per i cattolici Roma, per
gli ebrei Gerusalemme, per gli isiamici La Mecca, e per i
protestanti di tutto il mondo le valli valdesi, luogo storico
della chiesa «mater Reformationis».
Il problema è semmai un altro: siccome negli intrecci
della storia ogni «pulizia etnica» è fallita, poiché siamo tutti infinitamente mescolati nei secoli, popoli etnie e religioni diverse sugli stessi territori, questi luoghi sacri e simbolici per alcuni accolgono anche altri, e bisogna imparare a
convivere. L’identità stato-etnia-religione-territorio è improponibiie. Alle soglie del terzo millennio, ammaestrati
da tante catene di lutti, dovremmo avere imparato che per
convivere è necessario conoscersi e riconoscersi, aiutare a
sanare le ferite della storia, e non t^ersarci sopra invece
aceto e sale, o le bombe dal cielo. L’anima slava, che amiamo da tanta stupenda fede e poesia, non può essere misconosciuta solo perché oggi il delirio paranoide della guerra
ha bisogno di un nemico. Se no, ricominciamo con gli
ustascia, Staiin e Tito, il riconoscimento incauto della secessione croata e via via accusando e massacrando.
E fatemi dire anche questo: non si può lasciare le sorti
del mondo in mano aile gerarchie maschili che ovunque e
da sempre ci governano o ci distruggono, agghiaccianti
immagini dai teleschermi: miiitari in uniforme, politici di
ogni nazione, clero di ogni genere, tutti rigidamente maschi, mentre i profughi e i bombardati sono i più inermi,
donne, anziani, bambini. Tristemente diciamo ancora una
volta con Virginia Woolf: noi donne non c’entriamo con ie
vostre guerre, con i vostri calcoli di potere, con l’impuiso a
sfidarvi sempre a chi è il più forte. Non sopportiamo questa Pasqua di sangue, vogliamo una Pasqua di tregua e di
silenzio immediati, a cui seguano tanti piccoli grandi passi
di ricostruzione e di riconciiiazione. I credenti possono fare molto per la pace, ma bisogna gridare forte e tutti insieme, donne e uomini di buona volontà, e fare in fretta.
Riforma
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Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Mattinai, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE;Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE; Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondovi - tei, 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
' i'T,
mnpeòmummmktatapmmmmm ^
Tariffe Inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000.
Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pineroio con il n. 176 del 1* gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 14 del 2 aprile 1999 è stato spedito daH’Utficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 31 marzo 1999.
issa
Associato alla
Unione atampa
periodica Italiana
Commenti
venerdì 9 APRILE 1
Alcune riflessioni sul tema dei giovani e del lavoro
«Non conformatevi al mondo»
La tradizione protestante del iavoro come vocazione non
esclude il ripensamento critico delle leggi dell'economia
DAVIDE ROSTAN
Nel numero 12 dì Riforma
(19 marzo ’99) ho letto
un’interessante resoconto del
convegno della Federazione
giovanile evangelica italiana
svoltosi a dicembre sul tema
«Giovani e lavoro» nel quale è
intervenuto Bruno Ricca.
Non avendo potuto prendervi
parte vorrei dare ii mio contributo alla discussione su
questo tema con un riferimento particoiare a quanto
viene detto e attuato all’interno delle nostre chiese.
Le espressioni chiave utilizzate anche da Sandro Bellion sono: «Imparare a imparare», «essere dalla parte della soluzione e non dalla parte
del problema», «essere proattivi», «flessibilità», «formazione», «multiattività», espressioni che si caratterizzano per il loro essere dei requisiti base per coloro che
già lavorano ma ancora di
più per coloro che sono ancora disoccupati. Pur condividendo la necessità di conoscere il più possibile ciò che
ci viene richiesto in quanto
lavoratori, ritengo che bisognerebbe cercare nelle nostre analisi anche uno spazio
per occuparci dell’organizzazione del lavoro, cioè dei
principi che stanno dietro a
quella parola così abusata
che è «globalizzazione».
Dato per assodato che il
problema chiave è quello della disoccupazione, trovo che
sia cieco pensare, in nome di
una globalizzazione che assomiglia sempre più al destino contro il quale nulla si
può fare, di poter analizzare
il problema partendo soltanto da ciò che si può fare per
meglio adeguarci al sistema
economico. Non credo ci sia
qui bisogno di dilungarsi sui
danni ambientali e sulla presunta sostenibilità del progresso, né sulla profonda disparità di accesso alle ricchezze, alle tecnologie e alle
informazioni che questo sistema globalizzato produce
e che anzi ne è costitutiva,
a chi volesse approfondire
consiglio il bell’articolo di
Dunia Astrologo sul numero
166 di Gioventù evangelica
intitolato «Tempo di lavoro o
tempo per il lavoro?».
La questione che vorrei
toccare riguarda il ruolo della
chiesa nel dibattito sul lavoro.
È vero, nella tradizione protestante il lavoro, soprattutto
quello ben fatto, quello dove
ognuno è chiamato a spendere la propria vocazione, occupa un posizione di rilievo. È
altrettanto vero che, come
Questo secolo che sta per
finire, di gran lunga il più
cruento della storia umana,
ha avuto inizio con il massacro di 600.000 armeni da parte dei turchi e termina con le
stragi del Kosovo. Impossibile contare i milioni di uccisi
nelle pulizie etniche della
Cambogia, del Kurdistan,
dell’Algeria, del Sudan, del
Ruanda e di cento altri paesi
che si aggiungono alle vittime dei campi di sterminio.
«Mai più questo!» sta scritto
su un muro di Auschwitz. E
invece siamo da capo. Da un
lato il carnefice Milosevic dà
corpo all’odio secolare dei
serbi contro i musulmani,
scacciando i kosovari di origine albanese. Dall’altro lato
una guerra aerea crudele e irrazionale che, con ogni probabilità, non avrà nessun effetto se non quello di inasprire le tensioni.
La guerra non è mai uno
protestanti, possiamo spendere in questo sistema globalizzato il nostro senso di responsabilità, la nostra capacità di «essere imprenditori di
se stessi» e soprattutto la nostra vocazione che ci porta a
«credere» in un lavoro professionale e ad alta qualità. Ma è
anche vero che una lontana
lettera di Paolo (Romani 12,12) ci chiama a non conformarci al mondo. Probabilmente è solo una questione di
termini o di proporzioni, mi
resta però l’impressione che
la nostra tradizione protestante sia un po’ troppo simile ai criteri di base usati nei
colloqui di lavoro. Informiamoci il più possibile su questo
problema ma lasciamo a chi
ha interesse a formare il personale delle aziende l’onere di
trovare delle valide ragioni a
supporto dell’economia globalizzata; non credo che sia
questo il compito prioritario
di una chiesa.
Ripartendo dal «non con
formatevi» penso invece che
sia utile proporre al nostro
interno una riflessione che si
interessi anche di una soluzione a lungo termine e questo richiede tempo, pensiero,
l’ascolto delle voci fuori dal
coro. Un tentativo potrebbe
essere quello di provare a
slegare la nostra identità dal
lavoro tradizionalmente inteso ed economicamente retribuito. Forse nella creazione di uno spazio dedicato alla produzione di pensiero, ad
attività utili alla società e allo
sviluppo dell’individuo si
può trovare il punto di partenza per una riflessione sulla disoccupazione.
Probabilmente saremo ugualmente costretti a piegarci nel medio termine alla
legge della globalizzazione,
ma almeno avremo uno spazio per progettare, per fare
una riflessione politica (non
solo economica) e forse la
nostra testimonianza sarà
più efficace.
UN PROGRAMMA DI RADIOTRE
Uomini e profeti
Sabato 3 aprile, nella rubrica «Uomini e profeti» diretta da
Gabriella Caramore, in onda su Radio tre alle ore 11,45, è
iniziata una serie di meditazioni in dieci puntate sul Padre
Nostro, curata dal prof. Paolo Ricca.
Nel commentare l’azzei
mento della Commissioi
europea a causa di uno si
dalo in verità ben inferiori
quelli a cui ci aveva abitui
Tangentopoli, Adriana 0
roteili (17 marzo) cita la con
missione di saggi che ha di [In gf
nunciato il «pericoloso svui ^
wrm
Utnéi
■he a
ture».
ilgic
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^01
incuiTc
rdan
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tamento della nozione din[j|]g|US
sponsabilità, che è la manifi
stazione ultima della demi
crazia». «Un pugno di frasi,
commenta Cerretelli -cl
sono un programma di vii
professionale e politica,
pingono un modello di
cietà, istituzioni e compo:
menti che a poco a poco
nirà per diventare ineludibi
per tutti: l’ennesimo pan
metro europeo cui, volente!
nolente, il sistema Italia dj
vrà prima o poi adeguarsi»,
ancora: «...la brutale sconfi
sione della Commissione ei
ropea costituisce un prei
dente prezioso, un saluti
innesto di calvinismo non
co su una cultura cattolica
sempre troppo incline
“perdonismo”, allo svilirne!
to implicito del senso di
sponsabilità individuale. Si
prattutto quando di mez:
c’è la gestione della co
pubblica».
il Grìomale
Atteggiamenti diversi
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Nella pagina dei commenfl
del 17 marzo Livio Caputo i
fronta il tema delle diveti
valutazioni date in ambien 8
cattolici suH’immigrazioi|^
clandestina e sulle strategi
per contrastarla: «...la ferii
presa di posizione del preà
dente della Cei, cardinal
Ruini, contro rimmigrazio|
clandestina, contro nuove«
natorie e soprattutto a favd
di un inasprimento della Id
ge Turco-Napolitano è tanpo quand
più significativa in quanpo in bloi
contraddice addiritturaf
messaggio del papa». E[
avanti: «Nel criticare (..)|
“buonismo” del centro-sis
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dinaie ha infatti detto in sa
stanza che la soluzione fi
qui proposta dal
non è praticabile. Perciò ei
ha cambiato radicalmenti'
messaggio che finora la CW
sa aveva trasmesso al Te«
Mondo. Non è più "veni»
perché comunque otterrà*
accoglienza”, ma un assaiP*
realistico “venite soltanto*
avete le carte in regola”».
tto di Va
®e ora sv
So di gen
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un/un
nostra speranza
i. -t
PIERO BENSÌ
Strumento per risolvere i conflitti. Follie criminali di uomini incapaci a trovare le vie
della pace. E ho usato il termine «uomini» proprio nella
sua accezione maschile, perché le donne sono le vere
eroine di questa guerra. La televisione, con i suoi impietosi
primi piani, ci mostra i volti
di queste straordinarie donne
kosovare che fuggono: volti
che non conoscono più né il
sorriso né le lacrime, volti disfatti dalla fatica, dalle sofferenze, dalle notti insonni, vol
ti che senza parole ci dicono
la disperazione di centinaia
di migliaia di rifugiati, senza
cibo, senz’acqua, senza riparo, senza igiene. Una mamma
ha mantenuto in vita il figlioletto praticandogli per tutta la
notte la respirazione bocca a
bocca, mentre procedevano
su un carro.
Abbiamo oggi la possibilità
di assistere quasi direttamente a queste tragedie e non
possiamo evitare di parteciparvi emotivamente. Questo
ci aiuta forse a capire meglio
la passione di Cristo, che ^
preso su di sé l’immensa i"
ferenza umana quando
sputavano addosso, lo coi*
navano di spine, gli
no i chiodi nelle mani e
piedi. È il nostro peccato
lo ha crocefisso. Ed è il
peccato che continua a Pj5
vocare i drammi spavento*
questi giorni. Ma Cristo e
sorto; ciò significa che il .
ivenf
da qualunque parte pro
non avrà l’ultima parola. ^
speriamo in Clinton, o lO
losevic, o in Primakov^<'j^|j
^ ¡ero«
a.
ha fatto e Signore
quel Gesù che voi [ij)
fisso»; ecco la nostra
speranza.
SNuni
^ ini
'eianza. j .
Ecco la nostra fede; rnViafg
Signor Gesù!
(Rubrica «Un fatto,
‘Urti V
mento» della trasmi^^»('^0
Radiouno «Culto eveins
curata dalla Federazion
chiese evangeliche ao»
onda domenica 4 aprila'’
2|-9(
15
ILE 195 típuDÍ 9 APRILE 1999
PAG. 1 1 RIFORMA
La guerra nei Balcani interroga le nostre coscienze
necessità di una riflessione comune
ista
delle lettere che pubblichiamo in questa pàgina
tate», nel senso che si riferiscono ai primi giorni dei
•fypipnti Nato sulla Serbia. I tempi del nostro setti(e delle Poste Italiane) causano inevitabilmente ima
fa» sulla più stretta attualità, in particolare su una
0^ne in evoluzione quotidiana come quella dei Balca^he chi ci legge dovrebbe tenere conto sempre di queste
patre». Per esempio, lunedì 22 marzo, quando abbiamo
^ il giornale con l’intervista a Valdo Spini in prima pa^pmbrava che ci fosse ancora un qualche spiraglio per
\ttative diplomatiche, soprattutto da parte italiana,
re giovedì 25 marzo, quando i nostri lettori hanno in
hciato a ricevere Riforma, i «pesanti e prolungati»
rdamenti Nato erano già iniziati causando uno «spato» radicale di ogni punto di vista, (e.h.)
ì l’azzei
imissioi
uno Si
inferioi
a abitui
riana Cd
ita la coif”^
:he ha di Un attacco
loso s™
ione diiljnaiusto
lamanifr °
'Ila deinik^0 direttore, leggo con
3 di frasi|l].g ji suo articolo sul n.
~ ’^Riforma, appena ricevu'^mentre ci troviamo di
Dlitica, Éjg a una guerra i cui sviillo disi pj rischiano di essere
comport jjuatici per il paese e per
indo. Attraverso un espeineiudibi jg giornalistico assai noimo pan ^jjjg quello di porre do, de in cui affiora qualche
I Italia di jjg pgj. ottenere risposte
^p^sr^nfp rafforzino l'opinione delc scunie „{yente, si rende nota
ssione et y^ido Spini co
un prea jj-ggidente della Commis^ ^ le Difesa della Camera, e
attoUcai idicome espressione delncline >eagovernativa.
I svilimei Fao’aalmente (e spero
■nso di condividano) non
duale sP"affatto giusto l’attacco
di mezffaNato alla Serbia per
Iella coiW ■ttotivi. L’attacco è stapluto e deciso dalla Nato
(Bn è stato neanche discusiall’Onu che, in questa co¡in altie occasioni, è stata
Italpente scavalcata e
it^ di ogni ruolo; dutrattative tra le parti
ia non è stata trattata
ità dalla segreteria di
(egli Usa, che ha aperte fatto promesse ai
iffisentanti del Kosovo
indo Milosevic nelle
Szioni di opporre un rli;per la prima volta dalla
‘itituzione la Nato, che
come scopo dichiarato
nzione difensiva, ha
ixome un aggressore. Se
Ito non poteva avere un
mie
diversi
comme'
Caputo
le diveri
1 ambienj
dgrazio:
e strale]
...la feri
del prei
cardinal
nigrazioi
) nuove
to a favi
3 della li
no è tari io quando il mondo era
in quani so in blocchi per opporsi
irittura Étto di Varsavia, è evidenpa». E p Èe ora svolge soltanto un
:are (.. ) So di gendarme interna3ntro-siil We che interviene, a dieria, il o*
etto in sa
azione
papa I
Perciò I
lalmentt
ira la Cliif
0 al TerH
ù “veni®
3 otterrei
n assai p*
soltanto »
¡ola”».
screzione degli Usa, là dove
esistono conflitti regionali,
ma non tutti, evidentemente,
solo quelli che per motivi
strategici e/o economici cozzano contro gli interessi della
superpotenza.
Intendiamoci, non intendo
né giustificare né tantomeno
approvare Milosevic, osservo
solo che sono innumerevoli
nel mondo situazioni di violazioni, massacri, genocidi e
dittature ma solo per alcune
si interviene usando l’attenzione ai diritti umani surrettiziamente mentre i veri scopi sono altri, e questo è molto
triste. Non mi soffermo sulle
conseguenze che questo conflitto può avere per l’Italia
specie nelle zone più esposte
anche per l’afflusso di profughi in fuga dalla guerra, perché in queste ore tutta l’Italia
si sta interrogando su ciò.
Naturalmente questa è una
mia opinione e non pretendo
che il giornale si faccia portavoce di un’opinione personale, né pretendo che esso non
abbia una sua linea, che peraltro è fondamentalmente
filogovernativa, e che spesso
mi trova d’accordo, anche se
io mi trovo «più a sinistra».
Quello che nel suo articolo
mi sconcerta e non mi trova
d’accordo è che si sia data
voce prima di tutto a un’opinione politica anziché offrire
ai lettori una riflessione sui
dramma della guerra che ancora si ripropone. Ricordo
che ai tempi della guerra del
Golfo noi protestanti sfilammo (almeno a Genova si fece
così), insieme con tutti i sinceri operatori di pace, a cattolici e musulmani, ebrei,
credenti e non credenti, non
perché Saddam Hussein fosse meglio di Milosevic, ma
perché volevamo affermare,
cristianamente, il valore della
UAsilo dei Vecchi
di San Germano Chisone
ricerca
Wi/una infermiere/a professionale
da inserire nel proprio organico
a tempo indeterminato.
piega di inviare curriculum dettagliato entro il 30
ile 1999 al seguente indirizzo:
Asilo dei Vecchi - via C. A. Tron, 13
10065 - San Germano Chisone (To)
Il Rifiugio
Ì^e Carlo Alberto
ricerca
Wuna infermiere/a professionale
inserire nel proprio organico
ede. Vi tiyiarg la domanda con dettagliato
ifMi
curri'
to, vitae a: Rifugio Re Carlo Alberto loc.
ntssi‘’^n^ Usset 1 - 10062 Lusema S. Giovanni - Tel.
'909070
7zionf^¡
nileì
pace, affermare che la pace si
fonda sulla giustizia e che la
pace che noi cristiani evangelici vogliamo non è la «pax
americana» né la pace che si
impone con l’uso delle armi.
Per questo mi aspettavo
che il settimanale delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi richiamasse
il valore cristiano della pace
anziché riferire l’opinione di
un uomo politico, benché
protestante. Aggiungo che
oggi tutto il mondo riferisce
le parole del papa di Roma:
«La guerra è una sconfitta per
l’umanità»; «Tutto è perduto
con la guerra». Vogliamo lasciare che il Vaticano soltanto sia il portavoce del valore
cristiano della pace?
Maria De Barbieri
Genova
" No ai comizi
dal pulpito
Oggi, Domenica delle Palme, durante il culto ho dovuto subire dal pulpito una lezione di politica circa le atrocità dei bombardamenti degli
americani volutamente indicati come Nato, omettendo,
volutamente, le atrocità del
genocidio nazista di Milosevic perpetrate da anni.
Non condivido l’uso strumentale del pulpito per far
passare le idee personali di
politica. È evidente la prevaricazione deU’oratore: il culto
non è una tribuna con libero
dibattito. Non mi risulta che
né la Federazione né la Tavola valdese e tantomeno 0 Sinodo abbiano votato un documento di condanna, unilaterale, contro la Nato. Ammesso e non concesso che
questo avverrà, sicuramente
sarà preceduto da ampio e
democratico dibattito nelle
nostre chiese e riportato su
Riforma. Fino ad allora le
prese di posizione personali
dei pastori devono rimanere tali, anche se, ovviamente,
possono avere idee politiche diverse, dal fascismo al
marxismo.
Tuttavia non è corretto che
le ideologie politiche personali possano o debbano essere propagandate usando il
sermone della predicazione
domenicale. Il pericolo è per
me devastante, ma quello
che più mi preme è denunciare e contestare l’uso improprio del pulpito.
Roberto Mollica
San Mauro Torinese
La preghiera
del mi' babbo
Parliamo spesso di conflitti
generazionali più o meno importanti o problematici, ma
in questi tempi ben altri conflitti ci circondano ed è per
questo che vorrei farvi partecipi della preghiera che il mi’
babbo, come si dice qui, ha
scritto per la comunità ma
soprattutto per chi sta subendo i soprusi della guerra.
«Padre nostro, Dio nostro,
vogliamo ringraziarti questa
mattina perché hai dato a
ciascuno di noi la possibilità
di venire in questo luogo per
lodarti, pregarti e ascoltare
tramite il tuo servitore la tua
parola di vita, di speranza, di
consolazione. Padre celeste,
il nostro cuore oggi è pieno di
tristezza, perché ancora una
volta nella storia gli uomini
hanno preferito dare la parola alle armi anziché alla ragione, ancora una volta hanno scelto la strada della violenza e della follia della guerra, perché quello che sta accadendo a poche centinaia di
chilometri da noi non può
che essere frutto della pazzia
degli uomini che hanno in
mano le sorti del mondo. Il
Léiniziative del Servizio rifugiati e migranti della Fcei
Gli e\^ngelici per i profughi del Kosovo
ANNEMARIE DUPRÉ
IL Servizio rifugiati e migranti (Srm) della
Federazione oeile chiese evangeliche in
Italia (Fcei) si sta adoperando insieme
all’Adra (avventisti), al Gruppo di riflessione
e al Gir (Consiglio italiano per i rifugiati) per
trovare soluzioni corrette a livelli istituzionali (trasporto dei profughi, allestimento di
centri di accoglienza dignitosi, rapido smistamento delle persone in alloggi più adeguati, ecc.). In quest’ottica il 30 marzo ha
preso parte, insieme a numerose organizzazioni umanitarie e non governative, all’incontro convocato dal governo a Palazzo Chigi sull’emergenza proLghi. Tutte le associazioni presenti, e in particolare l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati
(Acnur), hanno contestato l’orientamento
generale del governo (che vorrebbe dare assistenza ai profughi mantenendoli il più possibile vicino alla terra d'origine) ritenendo
che un paese fragile come TAlbania non possa sostenere il peso di migliaia di profughi.
Nel corso dell’incontro è stato deciso che si
creerà un tavolo di coordinamento per gli
aiuti ai profughi sia in Albania che in Italia.
Presso la Federazione delle chiese evangeliche in Italia esiste un conto per i profughi
del Kossovo e «boat people». Le coordinate
bancarie sono; Banca commerciale italiana Ag. 11, largo Santa Susanna 127, 00184 Roma, c/c bancario 92934040177 codice Ahi
02002, codice Cab 03211. Il numero di conto
corrente postale è; 38016002. È necessario
indicare sempre la casuale: «A favore dei
profughi del Kossovo e boat people». Il Servizio assiste già da tempo profughi del Kosovo con programmi regolari. Il flusso è aumentato ultimamente e continuerà sicuramente ad aumentare. La Federazione delle
chiese evangeliche di Puglia e Lucania, in
collaborazione con l’associazione SaroWiwa ha aperto il 1“ aprile a Bari un centro
di orientamento e di assistenza per rifugiati
e profughi. Il responsabile evangelico è
Tommaso Gelao (tei. 080-5012008, e-mail:
togelao@tin.it).
Presso il Servizio esiste un fondo speciale
per coperte, materassi e lenzuola (dono delle chiese americane da utilizzare solo per
questo scopo). 11 Servizio desidera fare un
inventario provvisorio delle disponibilità alloggiative per piccoli gruppi o nuclei familiari. Chi desidera può segnalare al Servizio
le disponibilità e le condizioni.
Probabilmente serviranno volontari per i
centri di prima accoglienza.
Chi desidera segnalare la propria disponibilità può rivolgersi al centro Adra di Bari
(080^5239017) o ai pastore Francò Evangelisti (tei. 080-5741474). Per informazioni in
generale sulla situazione dei profughi e delle vittime di guerra del Kosovo, il Servizio rifugiati e migranti è a disposizione il martedì
e il giovedì porneriggio dalle ore 15 alle 17.
Per questioni urgenti il Servizio può essere
contattato anche in altri orari.
nostro pensiero va alle popolazioni inermi e innocenti
che in questi giorni subiscono morte e distruzioni e il
nostro cuore non può non
essere pieno di amarezza per
tutto questo, perché ci rendiamo conto di essere totalmente impotenti di fronte a
eventi così drammatici.
Ma questa mattina invece.
Padre celeste, questa comunità qui riunita ha deciso di
reagire a questa barbarie con
l’unico strumento di cui dispone, la preghiera, perché
noi sappiamo che le preghiere
che salgono a te silenziosamente da ognuno di noi, possono essere molto più potenti
di tutti i cannoni e di tutte le
bombe di questi giorni, perché tu Signore sei un Dio che
ascolti le preghiere delle tue
figlie e dei tuoi figli fatte con
fede e cuore sincero, e per
questo noi crediamo fermamente che tu interverrai, perché sei un Dio potente e la tua
giustizia, che non è la nostra
giustizia, può cambiare il corso della storia, perché tu sei il
primo a cui stanno a cuore le
nostre angosce e sei il solo
che possa porvi rimedio.
Tu conosci gli errori che ci
hanno portato ancora una
volta al centro di una situazione così grave e preoccupante, ed è per questo che ti
preghiamo di dissipare le
nebbie più spesse nello spirito di quelli che governano il
mondo, di aprire i loro occhi
in modo che si rendano veramente conto della sofferenza
e del dolore che le loro scelte
arrecano all’umanità.
Vogliamo pregarti per tutte
le guerre che in questo momento sono in atto nel nostro
pianeta, anche quelle più
lontane e dimenticate di cui
non sentiamo più parlare, ma
in cui uomini, donne e bambini soffrono e muoiono ogni
giorno. Per tutto questo Signore ti chiediamo di portare
venti di pace, d’amore, di solidarietà nei cuori di tutti gli
uomini che si impegnano affinché questa guerra cessi
quanto prima. Ti preghiamo
anche per i nostri fratelli che
non sono qui insieme a noi,
per gli ammalati, per gli anziani, per quelli che sono soli
e per tutti coloro che per altri
motivi non possono raggiungerci; rimani accanto a ognuno di noi nella settimana che
inizia e guidaci con il tuo spirito in ogni occasione di incontro con il nostro prossimo; tutto questo te lo chiediamo nel nome di Gesù, benedetto in eterno. Amen».
Elisa Capannoli - Siena
C. Al direttore de
«La Repubblica»
Caro direttore, ma com’è
possibile che quasi ogni volta
che qualche squilibrato commette un crimine associato a
gravi turbe psicotiche a sfondo religioso, il Suo giornale
dia spazio a commenti di
«esperti», spesso di estrazione cattolico-romana, che
puntualmente discreditano
genericamente il protestantesimo, e quello nord-americano in particolare?
Ancora una volta questo è
accaduto neH’articolo a firma di Marina Garbesi (Repubblica dei 29/3, pag. 21)
nell’ambito di un servizio
sull’omicidio del piccolo Linsey Hinsan da parte della zia,
definita dal prete della chiesa di Beipasso, secondo la
cronaca di Turi Caggegi, come «donna squilibrata e fortemente fanatizzata». L’articolo di Garbesi, che raccoglie
le opinioni di Massimo Introvigne docente del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum di Roma, parla dell’ossessività apocalittica genericamente come «ossessione
protestante», all’opposto naturalmente della sana e sobria dottrina papale non contaminata da fanatici millenarismi, e cita in una sorta di
coacervo dell’indistinto, come vittime dell’incubo della
fine del mondo, «molto tipico
della cultura americana»,
«mormoni, mennoniti, av
Per la
pubblicità
su
u; I i’i
tei. 011-655278, fax 011-657542
I necrologi si accettano
entro le ore 9 del lunedì.
Telefonare al numero
011-655278 - fax 011657542.
ventisti, battisti e metodisti».
Ogni volta che tali banalizzanti analisi compaiono sul
Suo giornale i protestanti italiani cercano, inascoltati e
ignorati perché mai pubblicati, di far riflettere il Suo
giornale sulla inopportunità
di far passare come informazioni imparziali tali unilaterali e pericolose generalizzazioni. Non disconoscendo la
presenza di fenomeni di fanatismo nel protestantesimo
affermiamo però che purtroppo fondamentalismi e fanatismi, nonché casi di psicosi ossessive a sfondo mistico sono diffusi in tutti i contesti e coinvolgono ovunque
personalità fragili e instabili.
Offrire, a commento di un
grave fatto di cronaca, una
informazione caricaturale del
protestantesimo degli Stati
Uniti non rende un buon servizio a nessuno, tranne naturalmente a chi fosse interessato a perpetuare pregiudizi
sulle confessioni religiose di
minoranza.
Ci pubblicherete questa
volta? In attesta che Repubblica fornisca ai suoi lettori
un’analisi approfondita del
complesso e diversificato panorama confessionale americano e disponibili a offrire il
nostro contributo in questa
direzione, la salutiamo distintamente.
Anna Maffei
vicepresidente dell’Unione
cristiana evangelica
battista d’Italia
Il 31 marzo 1999, all’età di 91
anni, è mancata
Emma Gaydou ved. Gay
Il fratello Relio, i figli Marco e
Sergio con le loro famiglie ringraziano tutti coloro che, nella triste
circostanza, hanno manifestato
solidarietà; in particolare le assistenti, le infermiere, i medici, il
pastore che, in vario modo, con
affetto e professionalità, l’hanno
assistita negli ultimi anni.
Luserna San Giovanni
2 aprile 1999
Se
gioventù evangelica
ABBONAMENTI
normale.............................l. 45.000
sostenitore............................ 90.000
estero.................................. 60.000
«3 copie al prezzo di 2»............... 90.000
cumulativo GE/Confronti................ 90.000
versamenti da effettuare sul ccp n. 35917004 intestato a:
gioventù evangelica - via Porro Lambertenghi, 28 - 20159 Milano
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RIFORMA
VENERDÌ 9 APRILE 190,
Intervista al Primo ministro ungherese, membro della Chiesa riformata
«In Ungheria, le chiese storiche appartengono al futuro»
Il nuovo primo ministro
ungherese, Viktor Orbàn, è
un protestante, membro della Chiesa riformata in Ungheria. Com’è noto in Ungheria
vi è una forte minoranza di
riformati calvinisti (circa 2,5
milioni di membri) e non è la
prima volta che un protestante è chiamato a presiedere il governo del paese. Riprendiamo qui alcuni stralci
di una lunga intervista a Viktor Orbàn realizzata dal pastore Lajos Békefy, caporedattore del servizio stampa
della Chiesa riformata in Ungheria (Reformpress), apparsa sull’ultimo numero del
bollettino dell’agenzia (traduzione dall’inglese di J.-J.
Peyronel).
- Nella storia ungherese,
grazie a Dio, ci sono stati diversi uomini di stato riformati, come Gdbor Bethlen, Bocskai, Tiszas e più recentemente Zoltàn Tildy. Lei ha un
ideale riformato in politica?
«I cattolici a volte ci dicono, scherzando, che il guaio
del nostro paese è di avere,
uno dopo l’altro, primi ministri riformati. (...) È vero che,
a fronte delle varie confessioni presenti nel nostro paese,
la percentuale di riformati
che nel corso della storia ci
hanno rappresentati nella vita pubblica, o come primi
ministri, è sproporzionata rispetto alla nostra consistenza. Potrei menzionare Horthy, che non era primo ministro ma governatore, e era
riformato. O Istvàn Bethlen,
(primo ministro all’inizio del
secolo, ndr), che fu molto apprezzato per aver fermato lo
scompiglio dopo la prima
guerra mondiale, e al quale
dobbiamo la configurazione
attuale dell’Ungheria, che
nonostante le due guerre
mondiali è stata capace di
sopravvivere, sia come stato
sia come nazione...».
- Quando ha incontrato la
fede cristiana la prima volta?
«Quando sono stato battezzato, anche se non lo ricordo
personalmente. Vengo da
una regione dove, quando
sono nato, questo era del tutto normale. Sono nato nella
regione di Alcsùtdoboz, e là
sono stato battezzato: questo
fu il mio primo incontro con
la fede cristiana. Allora vivevamo secondo l’usanza tipica
dell’era di Kádár: i nonni coltivavano la fede mentre i genitori la vivevano in tono minore. Tracce di questa usanza sono rimaste in noi: cer
Una veduta di Budapest: in fondo il palazzo del Parlamento
chiamo di educare i nostri figli dando loro la possibilità di
incontrare la fede cristiana.
Sarebbe bene farlo al più presto possibile, come parte integrante della loro vita».
- Nel dicembre dello scorso
anno e stato raggiunto un accordo significativo: una convenzione di stampo europeo
tra lo stato e le chiese. In
quell'accordo viene espressamente detto che il governo si
sforza di stabilire un rapporto
di partenariato con le chiese.
Quale sarà, secondo lei, il
ruolo delle chiese storiche nel
futuro dell’Ungheria?
«In Ungheria i governi hanno sempre cercato di raggiungere un accordo con la
Chiesa cattolica romana. È
capitato spesso che quando
lo stato cercava una qualche
forma di rapporto con le
chiese, lo faceva prima di tutto con la Chiesa cattolica, dato che era la più forte... lo stato non poteva venir meno a
questo impegno, neanche
durante il regime comunista.
Per questo, negli ultimi quattro anni, il governo precedente cercò prima di tutto di
giungere ad un accordo con
la Santa Sede, cioè con la
Chiesa cattolica ungherese.
Nulla da ridire su questo. Ma
non è venuto in mente a nessuno che ci sono anche altri
nel mondo, ad esempio le
chiese protestanti fra cui la
Chiesa riformata, i cui principi organizzativi sono del tutto diversi da quelli della
Chiesa cattolica. Appena gli
elettori ci hanno dato la possibilità di prendere in mano il
destino del paese, uno dei
nostri primi compiti è stato
di preparare questo accordo
che è senza precedenti nella
storia delle chiese ungheresi.
Io sono convinto che le chiese storiche non appartengono al passato: nonostante i
loro meriti passati, ciò che
più importa è che esse giocano un grande ruolo nella salvaguardia della nostra identità nazionale. Chiaramente,
senza la Riforma, senza i
riformati, questo non sarebbe possibile. Il fatto che possiamo vivere qui, nel bacino
dei Carpazi, in quanto ungheresi, è dovuto in gran parte alla nostra lingua. Ora, le
vicende storiche e culturali
dei riformati hanno avuto un
ruolo notevole nel mantenimento della nostra lingua.
Nonostante le loro indubbie
realizzazioni passate, ritengo
quindi che le chiese storiche
appartengano prima di tutto
al futuro. Penso che le chiese
storiche abbiano una vocazione decisiva per il futuro,
da due punti di vista: da un
lato preservare, fra le varie
tentazioni e attrattive del 21“
secolo, l’integrità delle comunità ungheresi, il che mi
sembra impossibile senza di
loro; d’altra parte, devo dire
che nella vita degli individui
e in particolare nella vita delle famiglie, la speranza e la
fiducia giocano un ruolo importante».
- La chiesa al di là dei con
fini è molto viva. In passato,
ha avuto una parte importante nella salvaguardia della
cultura ungherese, soprattutto se pensiamo alla situazione
attuale dei Balcani. Possiamo
menzionare la Transilvania,
la Sub-Carpazia o la Slovacchia. Quale ruolo, secondo lei,
possono giocare le chiese protestanti o le chiese in generale
al di là dei confini?
«È interessante fare un paragone tra la situazione degli ungheresi in Ungheria e
quella degli ungheresi al di là
dei confini. Questo dimostra
che più è forte l’incertezza,
l’oppressione, il pericolo, più
forte è la tendenza della gente a rivolgersi alle chiese storiche. L’influenza delle chiese
è indicato appunto dal fatto
che quando la gente ha problemi ha un luogo dove rivolgersi e qualcuno da poter incontrare. Se si trova in difficoltà, può contare sullo stato
e sul governo ungherese, ma
questo non basta. Se i problemi sono di natura spirituale, e sono mescolati a questioni di sopravvivenza, di
cultura o di identità, la gente
ha bisogno di qualcos’altro,
di qualcosa in più. E coloro
che non possono contare sullo stato perché la loro oppressione è dovuto al fatto di
essere ungheresi al di là dei
confini, non possono trovare
sostegno altrove che nelle
chiese storiche. In tali regioni
la responsabilità e il compito
delle chiese storiche sono
pertanto molto grandi».
Una testimonianza dalla Iugoslavia di un membro della chiesa avventista
Un sabato nelle cantine sotto le bombe della Nato
Nelle 180 chiese della Jugoslavia gli avventisti si riuniscono ogni sabato per adorare Dio. Ma sabato 27 marzo è stato diverso. Invece di
andare in chiesa, le riunioni
sono state tenute nei rifugi
contro le incursioni aeree o
nelle cantine della chiesa. Invece della musica dell’organo, le sirene accompagnavano il canto delle congregazioni. Ma anche in circostanze così difficili, i membri di
chiesa hanno sperimentato
l’unità e le benedizioni come
mai prima di allora.
Numerose chiese hanno
celebrato la Santa Cena come
se fosse il loro ultimo sabato,
volendo con questo rito rinnovare la loro alleanza con
Dio. Un membro ha detto:
«Ora comprendo meglio il significato del Salmo 121: Alzo
gli occhi verso i monti: chi mi
potrà aiutare?». «Ogni parola
della Sacra Scrittura è ora più
significativa per me», ha detto un altro intervenuto.
«A Novi Sad le bombe hanno danneggiato le case di di
versi nostri membri di chiesa
- riferisce Radivoj Vladisavljevic, presidente della
Conferenza avventista del
Nord della Jugoslavia -. Ho
chiesto ai pastori e agli anziani di visitare i membri di
chiesa e gli amici, per esprimere in questo modo la loro
preoccupazione per le loro
vite. Ho chiesto loro di pregare e di leggere la Bibbia in
piccoli gruppi o nelle cantine
(...), se non era loro possibile
andare in chiesa. Questa tribolazione è un’altra prova
che, secondo la promessa, il
tempo della venuta di Gesù è
vicino, allorché metterà fine
alla sofferenza e al male».
Una lettera pastorale è stata scritta agli avventisti in Jugoslavia dal presidente della
divisione transeuropea, dr.
Bertil Wiklander, ed è stata
letta nelle chiese, nelle cantine e nei rifugi sabato 27 marzo. Ecco alcune frasi tratte da
questa lettera: «La notizia degli attacchi aerei contro la Jugoslavia ha colpito tutti noi e
ha lasciato le nostre anime in
profonda angoscia. 1 nostri
cuori sono rivolti verso di
voi, e vogliamo che sappiate
che, qualunque cosa accada,
vi siamo vicini col pensiero,
con le preghiere, e con il nostro appoggio. La sofferenza,
la paura di quello che accadrà poi, e il sapere di subire
un’ingiustizia terribile, deve
essere un’esperienza tormentosa per tutti voi. Voglio
che sappiate, comunque, che
la Chiesa avventista nella divisione transeuropea vi ricorda tutti nelle preghiere.
Preghiamo per la vostra incolumità e per la vostra prosperità». Parte di questa lettera è stata letta alla televisione nazionale durante il telegiornale serale.
Nell’apprendere la notizia
che l’apparato militare della
Nato ha cominciato gli attacchi aerei sulla Jugoslavia, il
dr. Jan Paulsen, presidente
mondiale della Chiesa avventista, ha telefonato al dr.
Bertil Wiklander profondamente preoccupato per la situazione in Jugoslavia. «Ho
molti ricordi nei 10 anni in
cui ho avuto i più gratificanti
e piacevoli contatti con i nostro fratelli laggiù - ha detto
Paulsen -. È difficile descrivere adeguatamente il loro
calore e la loro amicizia. Perciò condivido anch’io la sofferenza che stanno attraversando in questo momento.
Per favore, assicurali che i loro fratelli e sorelle del mondo
intero non li hanno dimenticati. Il senso di essere una famiglia è più forte che mai».
Secondo il pastore Slavko
Tasic, presidente della Conferenza meridionale della Jugoslavia, un pastore e diversi
membri della chiesa sono stati arruolati nell’esercito iugoslavo e perciò sono bersagli al
fronte per le incursioni aeree
della Nato. Invitiamo tutti gli
avventisti del mondo intero a
pregare per i nostri confratelli
in Jugoslavia, per i molti rifugiati albanesi fuggiti dal Kosovo nei paesi vicini, e per i
grandi capi del mondo affinché trovino una soluzione pacifica a questa crisi. (bia)
Dopo 36 anni di guerra civile
In Guatemala proseguono
le intimidazioni e i delitti
La guerra civile in Guatemala, che è durata 36 anni, si
è conclusa nel 1996 ma, secondo i difensori dei diritti
umani, coloro che indagano
sulla violazione di questi diritti sono tuttora esposti alle
minacce, all’intimidazione e
all’assassinio.
Alcuni membri deH’«Alleanza contro l’impunità», organizzazione guatemalteca
per i diritti umani, sono stati
a Ginevra lo scorso mese per
chiedere alla Commissione
dei diritti umani dell’Onu di
inviare una commissione di
inchiesta speciale in Guatemala per indagare sull’amministrazione della giustizia. La
visita di questa delegazione,
organizzata dal Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec)
e dal Servizio internazionale
dei diritti umani, faceva seguito alla pubblicazione, nel
febbraio scorso, di un rapporto redatto dai tre membri
di una commissione ufficiale,
appoggiata dall’Onu, incaricata di indagare sulle violazioni dei diritti. In quel rapporto, pubblicato il 25 febbraio scorso, è soprattutto
l’esercito guatemalteco ad
essere indicato come responsabile della violenza perpetrata durante la guerra civile.
Il rapporto attribuisce meno
responsabilità agli ex guerriglieri, alle imprese private del
Guatemala, alle autorità e
imprese americane, e a Cuba.
Secondo questo rapporto,
la guerra avrebbe fatto almeno 200.000 vittime, si sarebbero verificati 626 massacri e
sarebbe stata messa in atto
una campagna strategica di
genocidio dei Maya. Il rapporto critica la «debolezza e il
cattivo funzionamento del sistema giudiziario» del Guatemala che avrebbe contribuito
in modo decisivo all’impunità e alla cattiva applicazione del diritto criminale.
Intervistato dall’agenzia
Eni, il vescovo Mario Enrique
Rios Mont, coordinatore dell’Ufficio dei diritti umani
dell’arcivescovado cattolico
del Guatemala, ha dichiarato
che il sistema giudiziario del
paese non è molto cambiato
dopo la fine della guerra civile. «Non basta firmare accordi - ha detto il vescovo -. Occorre attuare cambiamenti
affinché tutti possano vivere
nella dignità in Guatemala».
Il vescovo Rios Mont è subentrato a Juan Gerardi, vescovo ausiliario di Città del
Guatemala, assassinato lo
scorso anno, due giorni dopo
la pubblicazione di un rapporto appoggiato dalla Chiesa cattolica, che anch’esso
accusava l’esercito di esseri
in gran parte responsabi],
della violenza che ha impet
versato durante la guerra ci.
vile. Molti in Guatemala pej.|
sano che il vescovo Gerardi
stato assassinato per la si
azione al servizio dei dirii®
umani. Nessuno è stato in.F
colpato del delitto. Un pretJ
cattolico che abitava insieinf."
a lui è stato liberato nel feb. ‘‘
braio scorso dopo circa sette
mesi di detenzione.
Il vescovo Rios Mont, che
considera il vescovo Gerardi
come un «martire», ha detto
che i risultati di un’esumazione richiesta dalla Chiesa cattolica dimostravano che non
si era trattato «di un delitto
ordinario». «È stato un vero
proprio delitto politico», hj
sottolineato. Maria Estela Lopez, avvocato al servizio dell
Fondazione Rigoberta MenJ
chù e membro del comitato
di coordinamento dell’«Alleanza contro l’impunità», ha
detto all’agenzia Eni chele
inchieste giudiziarie sulle violazioni dei diritti umani erano
segnate da «metodi sistematici» di occultamento delle pro-[j
ve e da minacce nei confronti '
dei giudici e degli avvocati.
Maria Estela Lopez ha in-fe
dagato sul massacro di Xa- ;
man del 5 ottobre 1995 incili
26 soldati in pattuglia uccise
ro 11 rimpatriati indiani irai
quali bambini e anziani. Altri
trenta furono feriti. Ha dichiarato che le inchieste giudiziarie sul massacro erano ■state segnate da minacce«
contro i testimoni e contro
avvocati difensori delle vii
me, nonché dalla falsificazior
ne e l’occultamento delli
prove, in particolare la sosti
tuzione delle cartucce trovati
sul luogo del delitto. Un at
vocato della difesa rappresentante i soldati aveva tentato di «comprare» la testimonianza degli abitanti offrendo loro delle terre.
A causa della sua azionala
Lopez ha ricevuto minacce ,
ed è stata vittima di atti di in- I
timidazione fisica; la sua |
macchina è stata seguitae
hanno perfino cercato di fai;
la sbandare in una zona di
montagna. Secondo la Lopezaltri difensori dei diritti umani si sono trovati nella stessa]^
situazione: ha fatto inoltre
notare che le autorità guatemalteche avevano «offerto di
dare ai membri della Commissione posti nelle ambasciate straniere, perché no®
erano in grado di garantirei!
loro sicurezza». Ricordandoi
delitto del vescovo Gerardi
ha dichiarato che si trattai
di «timori ben fondati».
Un'altra testimonianza avventista
«Preghiamo il Signore perché
cessi questa guerra atroce»
«Negli ultimi tre giorni
quattro persone che hanno
frequentato regolarmente la
chiesa hanno deciso di battezzarsi appena possibile»,
abbiamo saputo da un rapporto via email dalla Jugoslavia. «Venerdì notte membri
avventisti hanno ignorato il
pericolo del bombardamento
nel paese per assistere ai servizi di apertura del sabato
nelle loro chiese». Il rapporto
descrive che dodici persone
hanno camminato per un’ora
mentre suonavano le sirene
che annunciavano incursioni
di raid aerei per recarsi in
chiesa. Hanno ritenuto che la
riunione era importante e
che il Signore li avrebbe protetti. Gli avventisti in Serbia
sono preoccupati per i 1°®“
fratelli che stanno assolve»
do all’obbligo di leva.
«La notte scorsa un accai»
pamento militare in
ca è stato attaccato e non
biamo notizie di un
della chiesa di
sta facendo il servizio rm
re. Il suo nome è Sasha u'
eh. Poiché è membro n .
datJf
Chiesa avventista, serve
bliotecario nella libreria
tare», viene detto nel
to. Preghiamo il Signore
ché questa atroce
sa presto concludersi
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w via Principe Tomaso, '
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Quei
tos a
stra
solo
cola
strui
strie
guer
staci
inte,
poss,
Lì
port,
Stan
lore
ruin
ra n
cem,
riab
esas
mar,
lesp
lanz
sofft
ghi l
«ecc
poss
gom
lesp
negl
prin
riai
bilit
ria»,
gore
ogni
dete