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Anno 118 - n. 52
24 dicembre 1982
L. 400
Sped. abbonamento postale
I gruppo bis/70
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
• Punti
di vista
È stato un anno di occasioni
aperte per la nostra testimonianza; dall’udienza eccezionale che
ha avuto il nostro sinodo all’avvio della fase più impegnativa
del lavoro nel sud, dalla crescita
delle possibilità offerte dai massmedia affo sviluppo di iniziative
evangelistiche comunitarie e individuali. Quali sono da parte
nostra le condizioni perché queste occasioni non vengano sprecate? Si potrebbe rispondere
semplicemente: la fede nel Signore Gesù Cristo. Ma perché questa
risposta non resti una formula,
vorrei indicare, senza alcuna pretesa di completezza, tre lineamenti che possono dare un volto alla nostra fede nella situazione in cui viviamo.
La libertà. Non dovrebbe far
problema in un paese che si dice libero e democratico. Ma sappiamo bene che così non è e che
la libertà è minacciata non tanto da un pericolo esterno quanto da una malattia interna, fatta
di costume e mentalità di dipendenze clientelari e di meccanismi politici. Non pensiamo di illuderci che il nostro essere evangelici ci renda esenti dai pericoli di una libertà malata. Abbiamo
bisogno che la nostra fede si traduca in una possibilità di agire
nell’indipendenza, nel rifiuto di
schieramenti predeterminati, all’interno come all’esterno. Altrimenti come daremo un volto alla
nostra fede in colui che fa ogni
cosa nuova?
La fiducia. È un legame che
comunemente si basa su una
identità di vedute e di finalità.
Eppure anche così oggi si è sernpre meno disposti a dare fiducia
all’altro. Ma nell’ambito della fede evangelica siamo chiamati ad
avere reciproca fiducia non perché ci somigliamo, ma perché
malgrado differenze anche rilevanti di impostazioni e prospettive il nostro impegno è unificato nella comune risposta che abbiamo dato alla vocazione rivoltaci. Altrimenti come daremo un
volto alla nostra fede in colui
che chiama membra disperse a
formare un unico corpo?
La responsabilità. È il contrario della gerarchia che è avocare
a sé decisioni che si pensa altri
non siano in grado di prendere
e, dall’altra parte, scaricare su
altri decisioni il cui peso non si
vuole assumere. Pur a livelli diversi abbiamo bisogno di una comune assunzione di responsabilità. Né dobbiamo temere di diventare così un corpo disarticolato,
perché ciò che lo tiene insieme
non è un centralismo gerarchico
bensì una capacità di rispondere
con serenità gli uni agli altri
del nostro operare nell’accettazione reciproca della nostra fallibilità. Altrimenti come daremo
Un volto alla nostra fede in colui
che giustifica e fa vivere per sola grazia?
Libertà, fiducia, responsabilità.
Non ne abbiamo certo la pienezza, ma grazie a Dio ne abbiamo
una dose sufficiente a stimolare
la nostra riconoscenza al Signore. Teniamole strette come fragili doni. Perché il giorno che venissero a mancare, l’atmosfera
della nostra chiesa diventerebbe
aria di sagrestia irrespirabile.
Franco Giamniccoli
MESSAGGIO DI NATALE DEL SEGRETARIO DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
Anelito e promessa della vita
11 nostro sospiro, il nostro grido, la nostra disperazione, il nostro alzare le spalle, ricevono tutti lo stesso messaggio: la Parola è diventata carne per darci la vita in tutta la sua grazia e venta
« Che vita! », sospiriamo spesso quando ci sentiamo stanchi,
non sappiamo affrontare l’esistenza, le cose vanno male, ci
sentiamo persi nelle complessità del mondo, avanziamo a tastoni neH’oscurità, incapaci di
distinguere un avvenire per la
nostra vita e per quella degli altri,
« Che vita! », gridano centinaia
di milioni di esseri umani indifesi, che vedono morir di fame
coloro che amano, che non traggono nulla dal loro lavoro, che
sono deboli e malati, respinti,
ridotti allo stato di rifugiati che
non sanno più dove andare o che
vengono scacciati quando hanno
trovato un rifugio,
« Che vita! », esclamano i milioni di esseri umani che protestano contro lo spreco delle risorse umane e materiali, l’inquinamento deU’atmosfera e della
terra, la manipolazione biologica della vita, lo sfruttampto dei
corpi in nome di soddisfazioni
egoistiche e passeggere, la perdita di senso dei valori in un
mondo in cui nessuno sembra
preoccuparsi delle minacce che
pesano sulla vita.
« Che vita! », dicono ogni giorno coloro che, sprofondati in una
nera dispei azione, si vedono rifluì are il diritto ad una vita di
gnitosa a causa del loro sesso,
della loro razza o della loro classe o perché mettono in questione le forze del rifiuto della vita
e sono ridetti al silenzio, gettati
in prigione, torturati, trattati come se non fossero mai esistiti,
per finire nell’oscurità della morte voluta dai loro persecutori.
« Che vita! », mormorano con
un’alzata di spalle quelli che cospirano contro di essa per preservare ad ogni costo il loro modo di vivere o la loro sicurezza
nazionale, calcolando freddamente i mezzi per sopravvivere in
quanto mercanti di morte, grazie alla guerra militare o terroristica condotta con le armi o
alla guerra economica che si conduce senz’armi.
« Che vita? ». La domanda è
stata affrontata molto tempo fa
da Giacomo nella lettera che indirizzava ai credenti che x’ivevano nella dispersione. A qujlli che
domandavano « che cos’è la vita
nostra? », Giacomo rispondeva
con queste parole: « Siete un vapore che appare per un po’ di
tempo e poi svanisce! Dovreste
dire: "Se piace al Signore, saremo in vita e faremo questo o
quest’altro” » (Giac. 4: 14-15).
« Se piace al Signore ». In questo tempo di Natale il nostro sospiro, il nostro grido, la nostra
« ...coloro che
si vedono
rifiutare il
diritto ad una
vita dignitosa a
causa del loro
sesso, della loro
razza o della
loro classe... ».
Nella foto:
famiglie nere
cacciate dalla
polizia
in operazioni
conseguenti alla
politica di
apartheid
del governo del
Sud Africa
cupa disperazione, il nostro cinico alzar le spalle, ricevono tutti
lo stesso messaggio: il Signore
ha voluto la nostra vita; la sua
volontà è la sua Parola. « Nel
principio era la Parola — dice
l’evangelo di Giovanni — e la Parola era con Dio, e la Parola era
Dio... In Lui era la vita e la vita
era la luce degli uomini » (Giov.
MATTEO 2: 1-12 — LUCA 2: 1-20
Il Natale vero è il più nascosto
Vogliamo soffermarci sui due
testi tradizionali, quelli che vengono normalmente letti in occasione del Natale. Un racconto è
molto diverso dall'altro, ma messi insieme hanno una particolarità: ci dicono tutto quello che
è possibile sapere sulla nascita
di Gesù, non c'è nient'altro nella Bibbia; tutte le altre cose (il
nome dei magi, il bue, I asino,
ecc.) sono invenzioni posteriori,
magari belle, ma non bibliche!
Abbiamo scelto questi testi
notissimi per evidenziare un elemento: fin da quando compare
su questa terra Gesù viene a contatto con persone molto diverse,
che si comportano nei suoi_ confronti in modi ben disparati, vogliamo ora fare un’indagine su
queste persone.
I primi che si incontrano sono
ovviamente Giuseppe e Maria,
la loro immagine è diversa da
quella che è rappresentata nei
presepi che vediamo in giro m
questi giorni, dove essi sono in
primo piano con Gesù. Nel testo
essi sono in realtà un po' in disparte, pronti nel servizio e nell'amore, ma non centrali, qui
tutta l’importanza infatti è centrata su Gesù.
Ci sono poi i magi, che non
erano dei re, ma dei sapienti venuti dall’oriente, probabilmente
degli astronomi, non erano dei
connazionali di Gesù ed erano
pagani, gente dunque compietamente « al di fuori », ma che
nonostante tutto capisce che la
nascita di Gesù è un fatto importante. Mi sembra centrale
qui il significato di questo incontro dei magi con Gesù: essi
accolgono il neonato come un re,
anche se essi non sanno quale
sia il suo regno e gli offrono i
doni tipicamente destinati ai sovrani.
Questi sapienti pagani e stranieri esprimono un fatto che sarà centrale per il cristianesimo
posteriore: Gesù è importante
per chiunque e di fronte a lui si
cessa di essere degli estranei.
Proprio quetiti sapienti diventano anche coloro che per primi
accettano di non tradire Gesù,
non tornando da Erode a riferirgli il luogo della nascita. Di
questi "magi" ricordiamo questo: proprio loro che sono i più
lontani, i più “fuori dal giro"
hanno il compito di riconoscere
Gesù come re.
C’è poi il re Erode con tutto
ciò che rappresenta, sete di potere, avidità ecc. Quando i sapienti, i magi, chiedono a lui dove sia nato il nuovo re. Erode
non si interroga su chi possa essere, ma ha subito paura, sente
il trono vacillare, teme la concorrenza. Agisce quindi secondo
la sua logica, inganna i magi per
poter sopprimere Gesù, ed in seguito ordinerà una strage. Vorrei ricoidare questo del re Erode: lui che ha il potere, ha subito paura di Gesù, perché capisce che questo Gesù può essere
un ostacolo al potere che si regge sulla avidità e sulla morte.
Poi troviamo i pastori, persone che sono da principio spaventate e stupite, ma che dopo
l'incontro con Gesù capiscono
che Egli sarebbe divenuto importante per loro. Bisogna ricordare questo: proprio a queste
persone semplici e che contano
poco viene rivolto l'annuncio
della nascita di Gesù, proprio a
loro viene dato un segno di speranza.
Andando avanti nella nostra
indagine troviamo la religione
ufficiale, con i suoi .sacerdoti e
i suoi dottori, essi sapevano tutto di come e dove il Messia
avrebbe dovuto nascere, quando
Erode li interroga essi rispondono esattamente: il Messia deve
nascere a Betlemme. Ma quando il Messia nasce davvero la religione ufficiale non si muove, a
Betlemme essa è assente. E’ talmente presa dalla legge, dal potere, da altri compiti che quando si compiono le promesse che
Claudio Pasque!
(continua a pag. 6)
1: 1-4). Per la volontà di Dio la
sua Parola è diventata carne
prendendo la nostra forma umana affinché avessimo la vita e
che noi l’avessimo in tutta la
sua grazia e verità, nella libertà
di darci agli altri, nella luce sfolgorante di un’esistenza autentica. Non si tratta di una grazia a
buon mercato o di una verità
facile, e Giovanni constata: « la
luce splende nelle tenebre, e le
tenebre non l’hanno ricevuta »
(Giov. 1: 5).
« Che vita! ». Questo sospiro,
questo grido, lo emettiamo nelle
tenebre che minacciano di in
Phllip Potter
Segretario Generale
del Consiglio Ecumenico
delle Chiese
(continua a pag. 2)
SOMMARIO
Q Anni di prete, di A. Sonelli, p. 2
I I Croce, storia di una
coerenza, di G. Long,
p. 3
□ Un regalo per Alessandro, racconto di
Natale, di G. Platone, p. 7
Q Cronaca delle valli,
pp. 9-11
□ Lo Stato « assicura »
una religione confessionale, di B. Natali,
p. 12
A tutti i lettori l'augurio di
un Natale benedetto dal Signore e un arrivederci al primo numero del nuovo anno
con dat i 7 gennaio 1983.
2
2 fede e cultura
24 dicembre 1982
TRA I LIBRI
Anni di prete
Il Cardinale Poletti, vicario
del papa per la diocesi di Roma,
ha emesso qualche tempo fa una
ordinanza che impone ai preti
l'uso dell’abito ecclesiastico: è
uno dei tanti segni di una precisa volontà di restaurazione della quale questo pontificato è la
più dinamica espressione. Il
provvedimento ha occupato per
un giorno le pagine interne dei
quotidiani e poi è caduto nel silenzio, come ogni cosa che riguardi la vita ordinaria del basso
clero.
A dir il vero, il clima di diplomazia ecumenica fa sì che neppure in campo protestante ci si
interessi del prete; si parla di
« ministeri » e se ne auspica il
reciproco riconoscimento, ma ci
si guarda bene dall’esaminare
concretamente i problemi.
In questo contesto ha notevole importanza il libro di Angelo
Casadei ^ perché apre per molti
uno spiraglio di luce sulla reale
situazione di una categoria sulla
quale — al di là di una esaltazione accademica — si vorrebbe
mantenere il più assoluto silenzio.
Casadei è la tipica figura del
prete del dopoguerra, profondamente convinto della propria scelta, fermamente deciso a realizzare la propria vocazione a stretto contatto col popolo, con la
classe più emarginata, condividendone le condizioni difficili di
vita. E’ prete in una delle diocesi
più difficili d’Italia, quella di
Ravenna, con una popolazione
tradizionalmente « rossa » e anticlericale. Il Casadei non nasconde la sua umanità: è un uomo
debole di salute e di carattere
introverso. E’ fin dal principio in
crisi, ma è sostenuto da alcuni
moventi fondamentali: la ferma
convinzione della sublime dignità del suo sacerdozio e dei poteri sacramentali che gli conferisce,
la devozione a Maria, l’impegno
di realizzare una maggiore giustizia contro « l’ateismo militante » comunista.
Attivismo
Gli anni ’50 sono gli anni della esaltazione mistica del papato
di Pio XII, gli anni dell’assoluto
potere democristiano, del trionfo anche finanziario del clericalismo. E Casadei si impegna su
questo settore con una abilità
quale non si immaginerebbe, leggendo certe pagine del suo diario: crea l’asilo, restaura la chiesa e la canonica, apre il laboratorio e — iniziativa tipica dell’epoca — costruisce il cinema
parrocchiale: la Chiesa può of
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frire al popolo più di quanto non
possa il partito comunista!
Ma quanto più crescono le opere, tanto più il suo « ideale » di
prete entra in conflitto con la
realtà; egli si accorge che nel
concreto non sui « valori » esaltati durante gli anni di seminario si fonda il potere della chiesa, ma su un attivismo concorrenziale che ha ben poco di evangelico; il suo stesso celibato gli
appare in tutta la sua inutile pesantezza: strumento di isolamento e di crisi e non mezzo di
più impegnativa dedizione.
Ma si arriva agli anni '60: c’è
il clima di Giovanni XXIII, del
centro-sinistra, del dialogo estovest, del Concilio: c’è la speranza di un cambiamento che non
arriva mai, se non in aspetti secondari; specialmente per il prete, manca del tutto un discorso
serio. Avvicinandosi al 68, il clero assume atteggiamenti diversi,
più estroversi e — per certi
aspetti — mondani. Il Casadei
non è un uomo di compromessi,
non riesce ad accettare tacitamente una realtà, vivendone una
diversa. Non riesce neppure a
creare attorno a sé una « comunità di base », come altri negli
anni del post-Concilio: cerca una
soluzione precisa e coerente. Per
un momento cerca un dialogo col
mondo evangelico italiano e avvicina gli avventisti, ma i linguaggi sono troppo diversi e non
c’è possibilità di intesa: a lui
non interessa una sistemazione
economica, ma una chiarificazione nella fede.
Il suo diario si chiude nel ’68;
il seguito delle sue vicende lo
conosciamo in appendice, nella
intervi.sta concessa a Ileana Montini che chiude il libro. E’ un atto di accusa doloroso contro la
gerarchia cattolica, contro un
comportamento nei riguardi del
clero che si avvicina al cinismo.
E siamo nel 1982!
Strategia del silenzio
« Che la Chiesa mi secolarizzi
o non mi secolarizzi non mi importa proprio niente. Solo che a
un certo punto mi sono accorto
di questo. Che cioè il nostro ritirarci senza chiedere la secolarizzazione è proprio quello che
vuole la Chiesa gerarchica. La
Chiesa gerarchica vuol mettere
una pietra su quello che è successo, vuole non parlarne, non
trattarne. Ciò che la gerarchia
desidera più di ogni altra cosa è
che si stia zitti e che la cosa passi sotto silenzio. Ed è dietro questa convinzione che mi sono deciso a presentare a Roma il mio
caso. Non mi interessa che mi secolarizzino o no, ma vorrei che
non si dimentichino delle cose,
e che prendano in esame il problema. Noi siamo usciti. Ma c’è
una parte che rimane dentro per
gli stessi motivi per cui io stesso
sono rimasto dentro dieci e più
anni dal 1968 almeno fino al 1978
convinto di dover uscire, con la
chiara visione che appena possibile avrei preso questa decisione. Quanti altri ce ne sono
dentro che fremono, ma non hanno alternativa ».
Potremmo fare tante altre citazioni di estrema drammaticità,
anche per quanto riguarda la
realtà del celibato ecclesiastico,
ma preferiamo suggerire la lettura del libro, specialmente a
coloro ai quali interessa veramente il confronto ecumenico e
non la retorica della diplomazia
ecclesiastica.
Il nostro compito
Un pensiero vorrei esprimere:
cosa possono fare le nostre comunità per rendere testimonianza della « sola grazia » a persone
che si trovano in simili condizioni? Il Casadei chiude con una cer
ta amarezza il suo libro: «Confesso di non aver vissuto », il che è
evidentemente errato se si tiene
presente ciò che è detto nel libro
e gli echi che esso può avere, ma
appare che un uomo il quale voleva impegnare tutta la sua vita
per l’Evangelo, non ha trovato
attorno a sé chi gliene rendesse
chiara e coerente testimonianza.
Noi non ci siamo né per lui, né
per tanti altri che desidererebbero sentire vissuta l’esclamazione
di Paolo: « Cristo ci ha affrancati perché fossimo liberi »! (Calati 5: 1). Le nostre chiese hanno dimostrato una grande apertura verso coloro che chiedevano ad esse la comunione di fede e di impegno, ma possiamo
proprio dire che il problema è
sentito come uno degli aspetti
particolari della nostra presenza
in Italia? Le chiese sorelle dell’estero aiutano molte opere, ma
si è mai pensato ad una « strategia » — come oggi si usa dire —
per essere di aiuto a persone di
una così particolare sensibilità e
necessità?
Certamente i problemi sono
complessi e spesso ogni persona
ne presenta uno speciale. C’è il
problema della sistemazione economica di persone che spesso
non sono più giovani, ma c’è anche il problema di creare un ambiente di calore umano là dove
si profilano paurose solitudini:
c’è il problema della confessione
di fede, ma anche quello del poter cogliere la propria esperienza passata non come un fallimento, ma in positivo come una
vicenda che porta il segno della
grazia liberatrice di Dio.
Si dovrebbe forse pensare che
il clima ecumenico impedisce oggi di prendere in seria considerazione questo tipo di problemi?
Il dramma del Casadei — libero,
ma senza una positiva prospettiva — pone un serio interrogativo al quale noi non dovremmo
reagire con un « ecumenico » silenzio.
Alfredo Sonelli
il regno
QUINDICINALE DI
ATTUALITÀ' E DOCUMENTI
UNA RIVISTA
INFORMATA
E AGGIORNATA
il regno/attualità
Informa sulla attualità mondiale della vita della chiesa, offrendo in ogni
fascicolo una messa a punto sui problemi più vivi del momento, panorami e studi di situazioni, interviste originali e un intero settore di
notizie che lo caratterizzano in modo inconfondibile fra tutta la stampa cattolica.
il regno/documenti
Offre documenti ben selezionati che
SUGLI ARSENALI
Una chiara premessa: non sono un
militarista. In guerra ho visto la morte
da vicino più volte. Sono stato prigioniero ed ho tentato la fuga con drammatiche e quanto mai penose conseguenze.
Ho perduto un figlio di 6 anni sotto
un bombardamento, con la mia consorte
e mia madre gravemente ferite.
Ho scritto anche a più riprese sui
giornali proponendo la proibizione di
fabbricare comunque armi-giocattolo per
i ragazzi.
Ho seguito e seguo le iniziative del
« Movimento Nonviolento » e particolarmente quella specie di polemica con il
Presidente Pettini la cui posizione (secondo la mia opinione) non può paragonarsi a quella dei oasi esposti nella lettera che il Movimento ha indirizzato al
Presidente stesso.
Lo stato di necessità di cui trattano
quelli del Movimento si ricollega a concetti idealistici che non tengono conto
delle crude situazioni reali e contingenti nelle quali il mondo si dibatte con
gravissime difficoltà.
Svuotiamo gli arsenali? È veramente
una proposta sensata, coi tempi che
corrono? Ma è proprio ciò che vogliono
(e forse che aspettano) coloro che si affannano continuamente e segretamente
a saturarli di armamenti.
« Svuotare » è facile e bello ma prima dovremmo realizzare di fatto la vera fratellanza mondiale, altrimenti lo
svuotamento diverrebbe un facile allettamento per coloro che non intendono
e non intenderanno mai disarmare. E
così gli svuotati diverrebbero non altro
che facili bocconi... prelibati per gli
invasori, con contorno di saccheggi, di
stragi, di dure conquiste e di dittature
con tutto quel che segue.
Svuotare, magari unilateralmente, si
insiste. Perché? Per dare candidamente il buon esempio? Ma ciò sarebbe
certamente valido ove si vivesse in un
mondo in cui almeno due terzi dei popoli si dichiarassero e fossero veramente " fratelli ». Invece siamo una totalità di acerrimi nemici, gli uni contro
gli altri, in quanto dominati dall'egoismo, dall'orgoglio e dall'odio di razza,
dai contrasti sociali, economici, politici,
militari, morali, culturali ecc.
Ogni stato sta costantemente in agguato per conoscere e misurare la potenza economica e militare dei probabili
e possibili avversari, cosicché di fronte ad un panorama di questo genere come si può pensare alla ingenua idea di
convincerli a svuotare gli arsenali?
Queste sono delle realtà contingenti
che non possono ammettere alcuna utopistica filosofia carica di fisime e di effimere illusioni.
La situazione politica e militare mondiale è quella che è (non quella ohe
ovviamente si vorrebbe), essa si regge,
scongiurando per ora grossi conflitti
(perché i « piccoli » ci sono già e da
lungo tempo) per paura... della paura
che hanno reciprocamente gli uni degli
altri.
Ma il giorno in cui gli uni o gli altri
dovessero avere la certezza della vulnerabilità avversaria ne approfitterebbero subito per sgominarli senza pietà
e dominare il mondo: le scuse per le
« guerre sante » non mancano mai!
Sia altrettanto ben chiaro (in aggiunta alla mìa premessa) che non intendo
con questo elevare un inno agli armamenti (il Signore mi può giudicare),
dico soltanto che prima bisogna preparare il cuore, la mente e lo spirito dell'umanità (evangelizzare il mondo) onde convincerla ad una azione globale
mondiale che può scaturire soltanto con
l'abbandono totale alle leggi, alla Parola
ed all'amore di Dio. A questo punto si
potrebbe ingaggiare una gara per essere i primi a « svuotare gli arsenali ».
Ora, credo di no.
Ferruccio Giovannini, Livorno
DELEGATI STRANIERI
Mi permetta precisare che il Convegno organizzato a Torino sull'attualità
del Museo, di cui all'Eco-Luce del 19
novembre e 3 dicembre, non ha potuto
contare solo su oratori qualificati e pubblico italiani, ma ha avuto ripercussioni
all'estero in quanto sono stati presenti assiduamente due delegati stranieri,
il vice-presidente della Ligue, prof. Antoine Roosen, dell'Università di Liegi, ed
il vice-presidente onorario M. Pierre Lamarque, da Parigi.
Ringraziando.
Liliana Ribet, Torino
* Angelo Ca.sadei. Anni rii prete.
BonhoefTer edizioni. Reggio Emilia
1982. pp. 206, L. 10.000.
Anelito e promessa
(segue da pag. 1}
ghiottirci e di soffocare la nostra
vita. Il messaggio di colui che è
diventato la nostra vita, Gesù
Cristo, è che la sua vita, la sua
libertà di amare e di donare, di
aprirsi a noi e di illuminare la
nostra esistenza, risplende nelle
tenebre del rifiuto e della morte.
Egli, il nostro Signore risuscitato, brilla nelle tenebre del mondo: « In verità, in verità vi dico:
chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato,
ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte
alla vita » (Giov. 5: 24).
« Che vita? ». Una vita in « Gesù Cristo, luce del mondo ». Ecco ciò che siamo chiamati ad affermare nella nostra vita in questo tempo di Natale, mentre prepariamo la VI Assemblea del
Consiglio Ecumenico delle Chiese che avrà luogo l’anno prossimo. Coloro che dicono « che vita! », lo fanno in un mondo pie
no delle tenebre della morte e
non della luce della vita. Ma, in
Gesù Cristo, noi fondiamo la nostra vita sulla convinzione che la
vita è un dono di Dio, che il dono divino della vita in Cristo ci
permette, per mezzo della fede,
di vincere le forze della morte,
che la vita in Cristo ci appartiene in tutta la sua pienezza, e che
ci unisce tutti nell’amore.
Questa convinzione è una vocazione, questa vocazione è una
promessa: colui che è la nostra
vita risplende nelle tenebre e le
tenebre non possono inghiottirci; colui che è la vita risplende
nell’amore. Che il Signore ci dia
in questo tempo di Natale di
aprire il nostro cuore alla venuta di questa vita nell’amore per
il mondo intero. Che la nostra
risposta al grido di « Che vita! »
sia questa: « noi sappiamo che
siamo passati dalla morte alla
vita perché amiamo i fratelli »
(1 Giov. 3: 14).
Philip Potter
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3
24 dicembre 1982
fede e cultura 3
A TRENT’ANNI DALLA MORTE DEL FILOSOFO LIBERALE
Croce: storia di una coerenza
Il prezzo che il grande filosofo napoletano pagò, a causa dei propri chiari principi di severa laicità, dairitalia fascista a quella conformista del dopoguerra che vuole l'art. 7 nella Costituzione
E’ notissima la vicenda dell’opposizione di Benedetto Croce ai
Patti lateranensi allorché nel
1929 essi vennero presentati al
Senato per la ratifica. In quell’assemblea prontissima ad acclamare in Mussolini 1’« uomo
della provvidenza », Croce si oppose, pressoché isolato, ai Patti
per come erano stati stipulati e
presentati al Parlamento e sostenne la perdurante validità dei
principi della libertà di coscienza e della laicità dello Stato. « Come che sia — concluse Croce —
accanto o di fronte agli uomini
che stimano Parigi valer bene
una messa, sono altri pei quali
l’ascoltare o no una messa è cosa
che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza.
Guai alla società, alla storia umana, se uomini che così diversamente sentono, le fossero mancati o le mancassero ».
Un ’’imboscato
della storia”
Quel discorso valse a Croce da
parte di Mussolini la qualifica di
« imboscato della storia »; ma ne
fece anche il punto di riferimento dell’opposizione al regime fascista ( « Non siete un imboscato
della storia... » diceva una famosa lettera di un gruppo di studenti e intellettuali torinesi) e_di
ciò che restava del pensiero laico
italiano. Ne fece anche, naturalmente il bersaglio prediletto delle polemiche clericali durante il
regime, ma soprattutto dopo. Al
momento della fine del fascismo,
tra il 1943 al sud e il 1945 al
nord, il cattolicesimo italiano registra un momento di compattamento massimo. Per recuperare
l’unità dei cattolici e farne una
determinante forza politica, dai
pulpiti di tutta Italia si levano
vibranti polemiche verso tutti
coloro che possono sbarrare il
passo al partito cattolico, dagli
« anticristi » comunisti e socialisti ai « mangiapreti » azionisti,
liberali o repubblicani. E chi se
non Croce, da tempo campione
del pensiero laico, poteva offrire
un migliore spunto? « Da più parti mi si riporta — scrive Croce
nell’autunno 1945 — che i predicatori delle care chiese della mia
cara Napoli abbiano preso a tuo
Il testimonio
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Il Testimonio piazza in Lucina, 35 - 00186 Roma.
nare dai loro pulpiti, innanzi alle a me non meno care pinzochere napoletane, contro il ’’diabolico” mio filosofare e contro la
mia indegnità del nome e cognome che porto ».
Era veramente il caso, per i
preti napoletani, di prendersela
tanto con il filosofo liberale? Il
suo comportamento in quegli anni appare assai moderato nei
confronti dei cattolici: ben altri
sono i campioni dell’anticlericalismo nazionale. A differenza di
molti altri liberali dell’epoca Croce non teme troppo che la propaganda cattolica possa togliere
voti al PLI, che egli non aspira
affatto a trasformare in un partito di massa. Ma ha due preoccupazioni: che un atteggiamento
troppo marcatamente « laico » in
un paese a grande prevalenza
cattolica possa essere illiberale,
finendo per coartare la libertà
altrui; e che immiserirsi in meschine polemiche tra clericali e
anticlericali lo coinvolgerebbe in
piccole beghe di carattere elettorale. Di qui una polemica con
Salvemini, che lo accusa di aver
« abbandonato il principio laico »
per non aver adeguatamente controbattuto alle arroganti interfe
renze dei vescovi nella politica.
Ma Croce risponde sdegnosamente che, se questi rimproveri si
ispirano alla « caritatevole intenzione che io passi i miei ultimi
anni in baruffe di clericali e anticlericali », egli ritiene queste
baruffe « oltrepassate e superflue,
e, anche quando si tengano di
nuovo necessarie, da lasciare ad
altri che vi sono più adatti per
temperamento ».
Contro l’articolo 7
Un altro punto importante, nel
pensiero del Croce degli anni
dell’ Immediato dopoguerra, è
quello relativo alla revisione
ideologica subita dalla Chiesa
cattolica. E’ questo un tema che
va adeguatamente valutato nel
quadro della storia di quegli anni: certe prese di posizione di Pio
XII contro le dittature e a favore
della libertà avevano lasciato il
segno anche in ambienti tradizionalmente laici. E proprio nel
partito liberale era presente una
componente che sosteneva che
ormai il papa era... diventato liberale e che quindi non aveva
più senso la tradizionale carica
laica e anticlericale di quel par
BERNA
Walter Liithi
Una grande comunità in lutto
ha dato l’ultimo addio al pastore dott. h. c. Walter Lùthi, morto nel suo 82esimo anno di età.
Vi sono stati momenti intensi di
ringraziamento per una vita e
un’onera dalle quali innumerevoli 'persone hanno ricevuto impulsi decisivi e benedizioni. Nato il 5 gennaio 1901 in campagna,
in campagna è cresciuto. Aveva
appena quattro anni, quando suo
padre, formaggiaio del paese,
morì. Sua madre, per poter nutrire se stessa e i suoi sei barnbini dovette andare a lavorare in
una fabbrica di orologi. Quando Walter Lùthi aveva 16 anni
un’appendicite acuta lo tenne per
settimane tra vita e morte nell’ospedale. Fu salvato. La campagna, la fabbrica e l’ospedale tre’ mondi e tre temi, che dovevano diventare delle costanti che
si ritrovano durante tutta la sua
vita, . . „
Dopo gli studi teologici a Berna e a Tubinga, a Zurigo e alla
Facoltà Valdese di Roma Walter Lùthi divenne pastore in uri
villaggio di contadini sul lago di
Bienne. Dal 1931 al 1946 lavoro
come pastore più che altro tra
operai nei sobborghi di Basilea.
In quei terribili anni di disoccupazione iniziò a spiegare il pro■ feta Amos e la sua richiesta di
giustizia sociale. Dopo la lettura
del « Mein Kampf » di Hitler
nredicò dall’estate ’34 in poi il
profeta Daniele. Nel 1942 si mise con la sua predicazione scottante contro il governo svizzero
che aveva chiuso le porte ai profughi ebrei. Nell’anno 1946 venne la chiamata alla cattedrale di
Berna: un tìglio di un’operaia e
per di più cresciuto in campagna diventava pastore nella cattedrale di Berna, un posto molto ambito ! Per più di 22 anni la
sua grande comunità ricevette
sempre da lui una interpretazione dei tempi ed un indirizzo verso una responsabilità comune
che prendevano la loro acutezza
profetica e la forza delle loro visioni dalla Bibbia. Raccolte m
libri queste prediche giunsero a
-tutto il mondo, in Europa come
in America, Africa e in Giappone, tradotte in molte lingue. Al
suo lavoro nella comunità cittadina si aggiunsero molti viaggi
di conferenze e molte settimane
di meditazione in tutta la Svizzera e all’estero. E per di più
c’era sempre di nuovo la lotta;
Lùthi si preoccupava fortemente per l’irrigidimento della chiesa e ne sofferse profondamente.
La accusò di mancare di fiducia
e di ubbidienza. Lùthi si impegnò attivamente contro un armamento atomico in Isvizzera.
Dall’epoca dei suoi studi alla
Facoltà Valdese era in relazione
con molti valdesi e nel 1954 divenne uno dei fondatori del comitato bernese per l’aiuto ai vaidesi. Walter Lùthi non perdeva
un’occasione per ricordare i fratelli e le sorelle nella fede in Italia. Dal suo pensionamento nell’anno 1968, nonostante la morte
subitanea di sua moglie, che gli
aveva dato sette tìgli, Walter Lùthi visse la sera della sua vita
molto attivamente. Ora anche
lui ha potuto tornare a casa, dalla fede durata una vita alla contemplazione eterna. Ci inchiniamo nel dolore, ma anche nella
consolazione di fronte al segreto di questa vita e di questa
morte : « Per me infatti il vivere
è Cristo e il morire un guadagno» (Fil. 1: 21).
A. Kiihnrich
tito. Anche Croce condivide, almeno in parte, questa analisi,
pur ammonendo che la nuova posizione della Chiesa ha probabilmente fini tattici: da sempre essa favorisce o meno la libertà
politica a seconda del giovamento che ciò può arrecare ai fini
della Chiesa stessa. Proprio per
questo Croce non può accettare
la posizione dei liberali filocattolici: la libertà della Chiesa è fuori discussione, ma non si può
chiedere che, in nome della libertà dei cattolici, lo Stato diventi confessionale. Su questo
Croce è chiarissimo.
Il suo atteggiamento è quindi
inevitabilmente contrario all’articolo 7 della Costituzione, quando esso viene discusso all’Assemblea Costituente. Egli dichiara di
non essere pregiudizialmente
contrario ad una conciliazione
tra Stato e Chiesa; ma non può
accettare che, includendo quei
Patti nella nuova Costituzione, lo
Stato rinunci in pratica alla sua
autonomia e si precluda la possibilità di modificare in futuro i
suoi rapporti con il Vaticano e di
sopprimere almeno gli aspetti più
illiberali del Concordato. In un
suo diario, pubblicato molti anni
dopo la morte. Croce giudica
« enormi e antigiuridiche » le richieste dei democristiani; egli intende difendere « il concetto liberale di una costituzione, che
non può accontentare Richieste
di singoli partiti, ma deve proteggerli tutti ».
L’Italia sotto i preti
Il discorso davanti all’Assemblea è abbastanza chiaro; ma
manca in essq la passione, l’intransigenza nella difesa dei principi che aveva caratterizzato
l’altro discorso, quello del 1929.
Forse gli anni non sono passati
senza lasciare il segno; forse il
fatto di non trovarsi davanti ad
un dittatore lo induce a moderare i toni. Sta di fatto che l’intervento di Croce è tranquillo e
« normale », basato soprattutto
su considerazioni di tipo giuridico, non su grandi temi ideali.
Altri personaggi illustri del prefascismo, da Vittorio Emanuele
Orlando a Nitti e a Bonomi
esprimono perplessità simili alle
sue; ma quegli stessi personaggi
finiranno poi per votare a favore
dell’articolo 7, come gran parte
dei deputati liberali. Croce invece non è presente alla votazione.
E’ d’accordo con i liberali che
hanno votato no (Crispo, Villabruna, Fusco e Bellavista), oppure con coloro che si sono pronunciati a favore? Alcuni giornali riportano la notizia (falsa) che
anch’egli abbia votato s): Croce
smentisce tutto con una lettera
al Corriere della Sera: « Io parlai alla Costituente nel modo più
netto contro l’inserzione dei Patti Lateranensi nella Costituzione,
che stimai e stimo una mostruosità giuridica. Il mio voto era già
incluso in questo giudizio, e perciò di necessità negativo. Purtroppo non mi fu possibile di
pronunziare il no quando si venne alla votazione, perché impedimenti di carattere personale (e
dovrei dire, più determinatamente, fisici) mi tolsero di compiere
il viaggio a Roma ».
Con quella lettera. Croce si
dissociava nettamente da quella
parte del suo partito che aveva
accettato,, per timore di chissà
quali conseguenze elettorali, di
rinunciare ai tradizionali principi
di separazione tra Chiesa e Stato.
E la sua amarezza per questa
vicenda ben traspare dalle note
del suo diario: « Così l’Italia,
calpestata dalle potenze europee
che le hanno tolto confini, arrni,
colonie, ne hanno distrutto ricchezze materiali e spirituali, 1 Italia tornata schiava di stranieri,
riceve anche il giogo pretesco:
stranieri e preti, i due diversi nemici della sua dolorosa e pure,
nonostante tutto, luminosa storia.
Con quegli articoli il Papa si dichiara superiore, temporalmente,
allo Stato italiano, e gli vieta anche di legiferare in questo o quello dei suoi istituti ».
Gianni Long
UNA PAROLA PER TE
Pensieri
e preghiere
Dedicato ai fratelli e alle sorelle che rischiano di perdere la
speranza, che lottano contro lo
scoraggiamento e l’angoscia, che
cercano un aiuto per pregare.
Preghiera del mattino
O Dio, vorrei pregare: raccogli le
mie preghiere attorno a te. /
Ti chiedo di aiutarmi, perché da
solo non ce la faccio. /
O Dio, vorrei vedere, ma c’è tanta oscurità in me. /
O Dio, vorrei ascoltare, ma sono
solo e lontano da te. /
Vorrei ascoltarti, ma sono lontano da te. /
O Dio, vorrei la pace, ma angoscia e inquietudine sono in me./
Io vorrei la pace, essa è presso
di te. /
O Dio, vorrei la fede, e non so
dove mi conduci, o Signore, /
ma mi basta sapere che sei tu
che mi conduci. /
O Dio, vorrei pregare, raccogli i
miei pensieri attorno a te. /
Ti domando di aiutarmi, perché
da solo non riesco.
Dietrich Bonhoeffer
Nelle sue mani
Lascia dunque andare tutte le
tue preoccupazioni ed aspetta.
Dio conosce l’ora del soccorso
perché ti ha amato prima di
crearti; non vuole lasciarti cadere, tu sei nelle sue mani; la liberazione verrà com’è vero che
Dio è Dio! Finalmente non potrai più che ringraziare per tutto
ciò che ti è successo.
da « Si je n’ai pas l’amour »
di Bonhoeffer
Tre preghiere
Signore nostro Dio, tu conosci
la nostra tristezza meglio di noi.
Tu sai con quanta facilità la nostra anima timorosa si crea delle
preoccupazioni senza necessità;
ti chiediamo o Dio di rivelarcene
l’inutilità; ma la tristezza che ci
affligge, dacci di riceverla con
umiltà e di portarla col tuo aiuto. Amen.
O Dio ridammi il coraggio di
sperare. E quando talora tu non
sembri ascoltare il mio lamento
e i miei sospiri, voglio allora continuare a pregarti finché non mi
esaudisci. Amen.
Padre celeste! Tu ci hai amati
il primo, fa’ che non lo dimentichiamo mai e che questa convinzione trionfi nei nostri cuori sull’angoscia per l’avvenire, sullo
spavento del passato e la distretta del presente. Amen.
Soeren Kierkegaard
4
4 vita delle chiese
24 dicembre 1982
QUARANTA ANNI FA
ALLE VALLI VALDESI
Un Natale di guerra In 250 digiunano per la pace
Natale del 1942, a Montenegro,
nella valle del fiume Lim, il battaglione Pinerolo occupa xm settore sulla destra orografica del
fiume. Del battaglione fanno parte la 25*, 26*, 27* Compagnia e la
Compagnia Comando. Più di un
terzo del battaglione, composto
da 1200 uomini, è formato da
valdesi. L’ufficiale più anziano è
Ettore Serafino, oggi avvocato a
Pinerolo. Si organizza un culto in
cui predica il Cappellano Rostain
che doveva tragicamente morire
in Montenegro pochi giorni dopo
l’8 di settembre 1943. La cronaca
di quel giorno di Natale, che rinveniamo in una lettera dello stesso Serafino del 26-12-1942, racconta: « Ieri pomeriggio abbiamo
avuto il culto, eravamo almeno
120-130, un po’ pigiati nel locale
non troppo vasto, ma c'era posto anche per l’albero, che abbiamo acceso alla fine. Rostain
ha parlato veramente bene dicendo che tutti i vuoti e le lontananze possono essere colmati
dalla presenza del Signore e così
anche chi è perfettamente solo
in realtà non è mai solo perché
il Signore gli è accanto. Abbiamo anche cantato ”La tua presenza bramo”, "Notte benigna",
"Sotto splendido, stellato del” e
"Mon beau sapin...". Alla vigilia
di Natale, in occasione del giro
notturno alle postazioni. Serafino consegna un messaggio natalizio ai suoi alpini, in cui tra l’altro afferma:
« Questo terzo Natale di guerra può essere veramente un invitò che Dio rivolge più intenso
che mai a tutti gli uomini, ai loro sentimenti di carità e di amore, alla loro buona volontà; e può
darsi se l’appello è da tutti raccolto che questo sia veramente
l’ultimo Natale di guerra. Ma è
certo un invito ad essere forti e
fidenti anche nelle ore della prova più dura, poiché la grandezza
di una vita si misura solo dalla
grandezza del sacrifìcio di cui si
è alimentata; e allora chi avrà
più forza e più fede, chi meglio
raccoglierà e risponderà all’appello, avrà il segno della vittoria: voi potete, dovete esserne
anche in questo senso degli artefici e degli strumenti ».
Non fu purtroppo l’ultimo Natale di guerra. Ci auguriamo che
mai più un Natale venga celebrato nell'orrore della violenza
e del sangue: è sperare troppo?
G. P.
PRIMO CIRCUITO
«Sinodo» dei catecumeni
LUSERNA S. GIOVANNI —
Il secondo dei convegni di catecumeni, organizzati dal Circuito
su indicazione deH’Assemblea,
ha avuto luogo a S. Giovanni ed
ha riunito i giovani del I anno.
Il tema loro proposto da C. Pasquet, M. Pons e P. Taglierò era
l’organizzazione della nostra
chiesa. I ragazzi hanno dato vita
ad un « Sinodo » ( esemplare per
ordine e rapidità dei lavori!) in
cui hanno dibattuto la possibilità di ridurre gli anni di catechismo. Decisione finale: 4 anni
vanno bene ed ai catecumeni va
chiesto di partecipare ad almeno un culto al mese... senza far
loro pesare troppo l’obbligo di
tale presenza. Vista la realtà delle nostre chiese questa « decisione » potrebbe sembrare per lo
meno poco seria, certamente
sorprendente, ma tant’è...!
Una nota sulla partecipazione
è d’obbligo. Ai due convegni fin
qui svolti (I e II anno) ha partecipato, in media, meno di un
quarto degli iscritti nelle sei
chiese del Circuito: è certamente poco, tanto più che da molte
parti, dalle famiglie stesse soprattutto, si chiede che ai giovani vengano proposte occasioni' di incontro e di attività parallele al catechismo. E’ anche
vero che manca ancora una certa abitudine a queste iniziative:
esse verranno ripetute, con qualche speranza in un incremento
numerico, specialmente da parte delle grandi comunità di fondo valle, che hanno mandato ai
convegni veramente un numero
irrisorio di giovani. Non per
creare graduatorie di merito, ma
per pura informazione: da Bobbio si sono mossi 12 catecumeni su 20, da Villar nessuno, da
Torre 18 su 60, da Luserna San
Giovanni 9 su 50, 3 su 10 da Angrogna e l’unico catecumeno di
Rorà ha avuto problemi di trasporto.
Calendario delle
prossime ^iniziative
27-28 dicembre: seminario per
giovani animatori a Bobbio Pellice; 8 gennaio (sabato): conferenza a Terre Pellice (ore 21)
sulla Federazione delle chiese
evangeliche italiane; 9 gennaio,
a Luserna San Giovanni, ore
14.30: assemblea Unioni femminili; 10 gennaio, a Torre Pellice,
ore 21 : inizia il corso per predicatori locali aperto a tutti; 14
gennaio, a Torre Pellice, ore
20.30; assemblea dei responsabili gruppi giovanili ; 16 gennaio
(domenica); convegno a Torre
Pellice di tutti i catecumeni del
3' anno del Circuito.
Comitato per la
laicità della scuola
PINEROLO — Il Comitato è convocato per lunedì 3 gennaio alle ore 21
nei locali della Chiesa Valdese. Si discuteranno le iniziative da prendere nel
prossimi mesi.
Chiesa Evangelica Valdese di Luserna S. Giovanni
TEMPIO DEI BELLONATTI
GIOVEDÌ’ 30 DICEMBRE 1982 - ore 21
CONCERTO DI FINE ANNO
dell’orchestra « ARCHI ITALIANI » di Alessandria
Direttore: Mario Lamberto
Musiche di Vivaldi - Albtnoni - Bach
Ingresso libero Organizzazione; Gruppo Corale Valdese
PINEROLO — « Le chiese sono avanti ai rappresentanti dei
popoli nella ricerca sulla pace »:
è questa una profonda convinzione di Giuseppe Reburdo, consigliere regionale piemontese della
sinistra indipendente, che è stata comunicata ai circa 200 presenti al digiuno per la pace che
si è svolto al Cinema Roma. Digiuno che si è svolto anche a Torre Pellice (con una trentina di
partecipanti) e a Perosa (con una
ventina di partecipanti) e che
aveva, lo scopo di cominciare una
riflessione ecumenica sul tema
della pace e della lotta per il disarmo oggi. Il past. Luciano Deodato ha ricordato come oggi la
pace significhi innanzitutto disarmo e lotta contro la militarizzazione della società occidentale
e che per noi quindi la opposizione contro l’installazione dei
missili a Comiso sia una priorità
ed un simbolo.
Per padre Testa invece la pace
significa anche autodeterminazione dei popoli e impegno per la
giustizia sociale. Poi il discorso
si è spostato sui gesti concreti
da compiere: il vescovo di Pinerolo ha proposto una iniziativa
sulla obiezione di coscienza e
sulla obiezione fiscale alle spese
militari; la Fgei valli ha proposto l’impegno per il disarmo unilaterale come impegno dei credenti per l’oggi; Reburdo ha
sottolineato la necessità dell’obiezione sindacale contro la
produzione di armi, posizione poi
ripresa anche da Deodato che ha
sottolineato che anche nella nostra zona vi sono industrie che
lavorano per l’industria nucleare.
Paolo Gay della comunità valdese di Pinerolo ha ricordato la
necessità — già affermata dal
nostro Sinodo — della opposizione al nucleare sia civile che militare, la comunità di San Lazzaro
con una serie di efficaci diapositive ha evidenziato il rapporto
della lotta per la pace con quello
della lotta contro la fame nel
mondo. E poi ancora approfondimenti del tema violenza - nonviolenza in diversi contesti del
mondo e della vita delle persone.
Insomma un caleidoscopio di
proposte e di valutazioni che
fanno la ricchezza del movimento per la pace a Pinerolo e nelle
valli. Al digiuno hanno parlato
essenzialmente i credenti, ma
ad ascoltarli c’erano anche alcuni esponenti politici (notati DC,
PCI, PdUP, DP) che speriamo
siano in grado di tradurre in gesti concreti di pace, la volontà
che si è espressa col digiuno.
« Ma se le chiese oggi .sono all'avanguardia — ha ricordato
quasi in conclusione Aldo Ferrerò, valdese ed obiettore di coscienza quando questa non era
ancora riconosciuta per legge —
bisogna ricordarsi che non sempre lo sono state. Ancora oggi le
chiese hanno difficoltà a capire la
lotta per la giustizia. Per essere
credibili con la gente occorre
che questo aspetto della lotta per
la pace venga assunto in pieno ».
Ed il riferimento era alla situazione sociale e politica del nostro paese. Una posizione quella
dei credenti non facile, ma che
esce rafforzata da questo dibattito e che ha già un primo appuntamento per venerdì 24 dicembre alla Fiaccolata che partirà da via Marro (Giardini della
Stazione) alle ore 17,30.
Animazione biblica
BOBBIO PELLICE — Domenica 19 i bambini della Scuola
domenicale ed i ragazzi del precatechismo hanno presieduto il
culto «di Natale»; i canti dei
bambini, le loro parabole drammatizzate, i pezzi suonati col
flauto ci hanno fatto capire che
un culto può essere diverso e
gioioso senza essere poco serio.
Ben frequentato è stato anche
il pranzo comunitario preparato
dall’Unione femminile per i ragazzi, i loro genitori e tutta la
comunità.
• Ringraziamo la Corale di
Villar-Bobbio per il concerto tenuto nella nostra chiesa la sera
di sabato 18, concerto di ottimo
livello che è stato apprezzato dal
pubblico intervenuto.
• Domenica 5 dicembre è stato battezzato Datiiele Melli, ai
genitori Elie e Paola gli auguri
di tutta la comunità.
Matrimonio
FRALI — La nostra simpatia
va a Donatella e Fulvio Rostan,
unitisi in matrimonio sabato 11
dicembre a Ferrerò, ed il nostro
augurio affinché il Signore sia
sempre al loro fianco con quella
gioia, quella serenità e quella
speranza che in Lui solo dobbiamo ricercare.
A Donatella il benvenuto della comunità, augurandoci che la
sua presenza in mezzo a noi porti nuove forze e nuova collaborazione.
• L’Unione femminile, incontratasi giovedì 16 dicembre, ha
avuto un buon pomeriggio di
comunione e di scambio di idee,
in vista dell’organizzazione di
momenti comunitari che avremo
nei prossimi mesi.
Tutte le sorelle sono invitate
a prendere parte al prossimo incontro, che si terrà il 13 gennaio prossimo, sempre alle ore
13,30.
Studio biblico
ecumenico
PINEROLO — Secondo incontro di studio biblico a Pinerolo
sui temi proposti dal Consiglio
Ecumenico delle Chiese (CEO
in vista dell’assemblea di Vancouver; il 16 dicembre un frate
della Comunità francescana di
Pinerolo ha introdotto lo studio
sulla « nascita ».
Per animare la discussione il
Collettivo ecumenico di Torre
Pellice (cui era affidata l’organizzazione di questa serata) ha
disposto che i presenti si dividessero in gruppi, e ciascuno di
questi ultimi ha dovuto impersonare una piccola realtà umana, o comunità, che si pone di
fronte al problema della nascita.
Così, un gruppo si è immedesimato nel ruolo di una « coppia
benestante », un altro del « personable ospedaliero », gli altri di
una « coppia non benestante »,
di « donne », di una « comunità
cristiana ».
Giocando su questi ruoli, si è
impostata una discussione sul
come si può vivere in modi diversi il fenomeno della « nascita » rispetto aH’immagine della
speranza che essa suscita, e in
contrapposizione a quella del dolore, della sofferenza, della
morte.
Sono risultate cose interessanti, anche grazie alla perizia di
chi ha condotto la serata, che
ha saputo con vivacità ed intelligenza far superare i momenti
di difficoltà che bene o male ancora si provano nelle nostre comunità di fronte a questi metodi di animazione che solo oggi
noi sperimentiamo, ma che, soprattutto all’estero, hanno già
una notevole tradizione.
Appuntamenti
di Natale
SAN GERMANO — ECCO gli
appuntamenti natalizi : giovedì
23, ore 20,30: culto serale d’avvento con intervento delle varie
attività. Sabato 25, ore 10; culto
di Natale con Santa Cena. Domenica 26, ore 10,30; culto; ore
14,30: festa di Natale.
• Con martedì 14 dicembre è
terminata la prima serie di studi su « diritti dell’uomo e difitti
di Dio ». Riprenderemo martedì
11 gennaio, ore 20,30, al presbiterio.
• Domenica 12 dicembre, nel
pomeriggio, abbiamo avuto una
assemblea di chiesa discretamente frequentata ma soprattutto, per la prima volta da molto
tempo, in cui abbiamo potuto
discutere in modo costruttivo dei
problemi di vita comunitaria che
incontriamo a S. Germano. E’
anche stato presentato ed approvato il preventivo di spesa
per il 1983. La mattina, al culto,
erano state presentate le manifestazioni previste nel pinerolese per la pace e il disarmo.
• Il Comitato del Museo ha
pubblicato il terzo opuscolo su
fatti ed avventure di abitanti di
San Germano e Pramollo. Sarà
presto disponibile per tutti; ci
auguriamo che riscuota lo stesso successo di quelli precedenti.
• Molti fratelli ci hanno lasciati in questo periodo; Franca Sappé, Amalia Long ved. Gardiol, Ettore Sappé, Giovanni
Paolo Martinat (Pralarossa),
Guido Boccassini. Alle famiglie
in lutto diciamo ancora la nostra viva partecipazione al loro
dolore ed alla loro speranza cristiana.
• La casa di Gianni e Nella
Long è stata recentemente allietata dalla nascita della piccola
Federica. Ci rallegriamo con i
genitori e chiediamo al Signore
di vegliare sulla bimba.
SAN SECONDO — Il culto di
Natale avrà inizio alle ore 10.
• La Scuola Domenicale invia
le sue collette alla Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar (Unione delle chiese evangeliche) che
è stata recentemente colpita da
vari tornadi disastrosi. Le collette domenicali della S.D. saranno integrate con quella della
festa dell’albero. I ragazzi chiedono a tutti di aiutarli a inviare
una somma significativa.
Natale al Serre
e a Pradeltorno
ANGROGNA — Durante il
culto di domenica 19 è stato impartito il battesimo ai piccoli
Pagetto Samantha e Miegge
Alex. Tra i presenti c’erano anche i familiari di Emma e Stefano Malan (Serre) che hanno voluto festeggiare il 5(T del loro matrimonio partecipando al culto
di Avvento. A tutti l’augurio di
un tempo benedetto dal Signore.
• Appuntamenti di Natale: venerdì 24, ore 14,30, festa dei catecumeni ; Natale ; culto nel tempio del Serre, ore 10, con grandi e piccini, Santa Cena e Corale. Alla sera, ore 20,30, nel tempio di Pradeltorno ; « Per un Natale di pace », testimonianze e
canti della nostra Corale con un
messaggio biblico,
• Il Concistoro si incontra domenica 26 alle ore 14 per la chiusura dei conti.
• Venerdì 31 nel tempio del
Serre: culto di Santa Cena.
Decessi
MASSELLO — Nello spazio di
pochi giorni, due, fratelli ci hanno lasciato : dapprima Micci
Adelina Neily, di anni 85, il cui
funerale si è tenuto il 4 dicembre, poi Ghigo Augusto, di anni
89, il cui funerale si è tenuto il
12 dicembre. Rinnoviamo alle
famiglie colpite dal dolore l’esortazione a ricercare la vera
consolazione in Gesù Cristo.
5
24 dicembre 1982
vita delle chiese 5
VENEZIA: APPUNTI SPARSI SU UN ANNO DI LAVORO
DALLA CIRCOLARE DEL MODERATORE
Per uscire dairisolamento Solidarietà concreta
Un anno di lavoro pastorale in
una comunità non è certo sufficiente per avere una buona visione della situazione, tuttavia
dopo un anno le ’impressioni’
iniziali si correggono e l’analisi
può prendere una certa consistenza e aderenza alla realtà.
Venezia è la meno piccola comunità del Veneto, 147 membri
comunicanti (statistica ’81). Dalla revisione in corso dei ’comunicanti’ ne sortirà probabilmente una riduzione sensibile, forse
dell’ordine di almeno 10-12 persone. La ragione è semplice: sono persone che da molti anni
non danno alcun segno di ’vita’,
nè di presenza né di impegno
contributivo, neppure in risposta
alle sollecitazioni del Consiglio
di chiesa. Un problema comune
a molte comunità. La frequenza
ai culti e alle attività di studio
è percentualmente alta. Quasi il
45% per il culto, circa il 25% per
gli studi. Anche questo è un dato che può trovarsi spesso in
chiese della ’diaspora evangelica’.
C’è un gruppo giovanile vivace, anche se numericamente esiguo. I gruppi di incontro da
quattro sono diventati sei, 1 Lido, 2 Venezia, 1 Mestre, 1 Treviso, 1 rappresentato dai momenti di incontro con l’ecumenismo
parrocchiale, SAE, e Com-Nuovi Tempi. Novità nella catechesi
è l’istituzione di un gruppo di
precatechismo : storia valdometodista e della Riforma, coordinato e diretto da uno studente
universitario di storia. Le assemblee, tre-quattro per anno, sono
poco frequentate. C’è più gente
agli studi, in totale, che alle assemblee. Ora abbiamo scelto di
tenere le assemblee di domenica dopo il culto e l’agape. Forse
la scarsità della frequenza è dovuta anche al carattere di isole
scollegate dei gruppi componenti
la comunità distribuiti tra Lido,
Venezia centro, Mogliano, Treviso e altri paesi della provincia
di Venezia, e anche dalla difficoltà e lentezza delle comunicazioni tra le isole e con la terraferma. Per queste ragioni gli incontri, anche di consiglio (uno
al mese circa) avvengono non
dopo cena ma nel tardo pomeriggio, con difficoltà per chi la
vora sin oltre le 18 e tempi brevi di incontro per la necessità
del rientro.
Una variazione del lavoro rispetto al passato è l’invio bimensile della circolare che si
cerca di arricchire con notizie di
attività ’religiose’ nella città, con
note bibliografiche e varie informazioni. Oltre alle attività interne, i momenti di presenza esterna sono molto rari. Prosegue
l’incontro con gruppi ecumenici,
lavoro che ha alle spalle decenni di sperimentazione, più stentato è il lavoro con il ’dissenso’.
Per altro questo dissenso è una
realtà variegata, non vi sono
gruppi che possiamo definire
’comunità di base’. Vorremmo
approfondire e diversificare l’ecumenismo, lavorando di più anche con il cattolicesimo ’critico’. C’è un progetto di comune
dibattito proprio sul tema ecumenismo e un progetto più ambizioso di costituzione di una
’scuola teologica’ o, potremmo
chiamarlo, ’collettivo teologico’. Ci pare che una domanda
in tal senso sia presente sia in
isola che in terraferma, ma, almeno per ora, ancora non è chiaro come risolvere la questione
dei quadri necessari a tale lavoro, né ancora è definita la metodologia.
Occasione d’incontro
Qualcosa si riesce a fare a Venezia con un collettivo teologico
che fa capo alla Federazione, per
ora l’iniziativa riguarda la problematica omiletica. Con la comunità luterana di Venezia gli incontri sono a livello di due culti
insieme all’anno. Quest’anno si
lavora insieme anche sul tema
« omiletica ». Ma c’è una sollecitazione da parte del pastore
Kleemann ad avere alcuni incontri tra i consigli di chiesa.
Con i battisti di Marghera, pentecostaleggianti, e con la chiesa
di Cristo, non si riesce ad avere
rapporti. Forse non si è fatto abbastanza. L’evangelizzazione, in
una struttura fragile come la
nostra e povera di persone disponibili, per capacità o età, non
è azione facile.
Si tenterà quest’anno una ’mo
stra del libro protestante’ e una
iniziativa di pubblico confronto
sulla figura di Lutero. Quest’ultima iniziativa vedremo di coricordarla con la locale comunità
luterana. Anche noi come varie
comunità, abbiamo molti fratelli (percentualmente) che non
contribuiscono affatto. E’ curioso che la nostra amministrazione non abbia una voce ’evangelizzazione’. Non è casuale, ma bisognerà forse, oltre al suggerimento di qualche iniziativa, prevedere anche il relativo finanziamento. Ci si sta pensando.
Quanto ai predicatori locali possiamo contare su quattro collaboratori ’fissi’. Ancora non siamo
riusciti a coagulare un gruppo
di predicatori che lavorino assieme.
I rapporti con le altre comunità non sono intensi, se si eccettuano gli incontri istituzionali, circuito, distretto, dobbiamo
dire che sono eventi rari. L’attività pastorale, rispetto al corpo
pastorale del Triveneto, si svolge in un quasi totale isolamento.
Non abbiamo incontri comuni
di studio, e neppure incontri informali di amicizia e scambio
esperienze. Qualcosa andrebbe
tentato. Perché non programmare almeno un incontro annuale
tra pastori? Ma anche i vari
consigli di chiesa sarebbe bene
che almeno ogni due anni si incontrassero. Gli incontri istituzionali non bastano, si dovrebbe
aggiungere qualcosa, ma il territorio è enorme, il tempo disponibile sempre poco. Padova e
Venezia, a pochi Km. di distanza, potrebbero trovare e inventare momenti di collaborazione
più fitti. Dentro questi dati e
queste poche riflessioni andrebbe posta anche la questione della preparazione dei ’quadri’ della comunità : monitori, catechisti, visitatori. Ma pure la questione dell’ancora vigente figura
del pastore ’tuttologo’, cui vengono le richieste più disparate,
e che magari ha poco tempo per
fare bene ciò che dovrebbe, ’teologia’. Sì, perché una comunità
senza una linea teologica, o cori
una identità confusa, è priva di
spina dorsale.
Alfredo Berlendis
Visitatori ecumenici
La circolare del moderatore —
da cui abbiamo sintetizzato nel
numero scorso la valutazione dell’Assemblea di Vico Equense —
riporta anche un giudizio favorevole da parte del team ecumenico che in novembre ha visitato
le chiese in Italia. I 4 membri
del gruppo « si sono sentiti accolti, stimolati, incoraggiati; hanno
avuto l'impressione di incontrare comunità bene informate sul
movimento ecumenico, sulla sua
evoluzione (che taluno considera
involuzione) teologica, sui suoi
impegni, sui suoi problemi. Essi
hanno anche vivamente apprezzato l’opportunità loro offerta
(specie nel sud) di dialogare
con le Comunità di Base e con
chiese evangeliche che non fanno
parte del Consiglio Ecumenico
(Fratelli, Avventisti, Pentecostali) ».
Finanze
Dopo aver fatto risuonare un
campanello d’allarme per i ritardi nei versamenti delle contribuzioni, la Tavola, commentando l’atto 15/SI/82 che sollecita
ancora una volta contributi dai
membri di chiesa in proporzione
alle proprie entrate, osserva:
« E’ chiaro che la situazione
economica nazionale incide negativamente sulla capacità contributiva dei nostri membri di chiesa, per la maggior parte dipendenti a reddito fisso: ed è anche probabile che questa situazione andrà aggravandosi nel
prossimo anno (si pensi alla crisi
del Piemonte, dove vive oltre
metà dei membri della nostra
chiesa). Tuttavia nessuno di noi
vuole che la crisi sia pagata dai
più deboli: perciò proprio l’emergenza economica può essere una
occasione per manifestare le
grandi risorse di solidarietà e di
impegno che esistono nelle nostre chiese. Lo si è visto quarant’anni fa durante la guerra, lo si
potrà vedere anche domani ».
La Tavola raccomanda inoltre alle chiese e ai singoli il fondo emeritazione destinato a « perequare la condizione degli emeriti a quella dei pastori in servizio »
Pronti per l’oggi
Sulla base dell’atto 24/SI/82,
che invita la Tavola a costituire
un fondo per l’aggiornamento
teologico, la Tavola annuncia la
costituzione di questo fondo, importante perché « molti pastori,
seri e profondamente consacrati,
non trovano il tempo per studiare e riflettere, e quindi sanno
rispondere più alle domande di
ieri che a quelle di oggi ». Il fondo dì aggiornamento servirà per
promuovere soggiorni di studio
alla Facoltà di Roma, all’estero,
partecipazione a campi teologici
nei centri giovanili.
Protestantesimo
in TV
lunedì, 27 dicembre
II rete - ore 22.45
I SEGNI
DELLA PROMESSA
predicazione di Piero Bensì
CORRISPONDENZE
Visita alle chiese di Aosta e Ivrea
Sabato e domenica 4 e 5/12 la
Commissione Esecutiva del II
Distretto, nelle persone del suo
Presidente past. Paolo Sbaffi e
dei membri Franca Barriera e
Bruno Mathieu, ha visitato le
chiese di Aosta e Ivrea. Un incontro congiunto dei consigli di
chiesa si è svolto nel pomeriggio di sabato ad Aosta. La domenica ad Ivrea, dopo il culto,
presieduto dal past. Sbaffi, ha
avuto luogo una numerosa agape
fraterna organizzata in occasione della domenica della solidarietà. Nel pomeriggio è stato presentato alla comunità un audiovisivo della FGEI Sicilia su pace
e disarmo ed è stata ascoltata
la registrazione di un’intervista
fatta dalla RAI a Marco Regali,
della comunità di Ivrea, attualmente in servizio civile a Ruvo
del Monte, sull’obiezione di coscienza.
AOSTA — Dopo le quattro
conferenze pubbliche di maggiogiugno su : « Costruire libertà »,
« Scuola e Religione », « Lutero »
e « Ecumenismo », la Chiesa Valdese e la Comunità cristiana di
Base di Aosta proseguono nel
lavoro di riflessione comune che,
fino a tutto gennaio, prevede:
ogni venerdì sera studio dei seguenti argomenti: La Parola di
Dio, I ministeri nella chiesa,
L’ecumenismo, Chiesa e mondo.
Chiesa e Regno di Dio. Inoltre,
la quarta domenica di ogni niese un culto viene condotto insieme a partire dal testo biblico di
Giovanni 14: 6 : « Io sono la via »
(28/11); «la verità» (26/12);
«la vita» (23/1). La partecipazione è buona e rallegrante.
Il 14 11 si è proceduto all’elezione del Consiglio di Chiesa,
ora composto da Silvia Rocca
Resburgo, Guido Azzoni, Letizia Marzone Fugini e Oriana
Henriet. A Valdo Barmasse, che
ha chiesto di non essere rieletto, e all’Anziano Carlo Monaya,
non più rieleggibile dopo 41 anni consecutivi nel Consiglio, la
comunità ha espresso pensieri
di riconoscenza per il valido apporto di lavoro svolto con perseveranza e fraternità in questo
importante servizio.
IVREA — Sabato e domenica
13 e 14 11 il past. Eugenio Rivoir ha trascorso il week-end
con noi : nel pomeriggio di sabato, nel corso di un ben riuscito
incontro, egli ci ha informati
sulle condizioni di vita dell’America latina (Uruguay e Argentina in particolare) raccontando
la sua esperienza di vita e di lavoro in quei paesi. La domenica
mattina egli ha presieduto il
culto.
Il past. Renzo Bertalot ha presieduto il culto di domenica 21
novembre, facendoci entrare nel
vivo dei problemi di traduzione
della Bibbia in lingua corrente.
Chiese svizzere
MILANO — Nell’ambito degli
scambi culturali e del gemellaggio Milano-Francoforte M la
Chiesa Protestante svizzera ha
offerto ad un numeroso pubblico, nello scorso ottobre, una serata artistico-musicale. E’ intervenuto il M° Herbert Hoflmann,
organista e direttore di musica
sacra presso la chiesa evangelica Emmaus. Altro successo con
musica di Max Reger, Oreste
Ravanello, Léon Ravanello ed altri autori. In novembre nei locali della Chiesa Protestante di via
de Marchi, in vista del periodo
dell’Avvento, una serie di concerti con musiche d’organo con
FCEI SICILIA
Martha Schuster e in dicembre
un concerto natalizio con Hans
Gebhart.
GENOVA — Finalmente sono
stati portati a termine i lavori
di rinnovo del tetto della chiesa,
e così i culti potranno essere ripresi regolarmente. Mancano al
tempio altri ritocchi ma col
prossimo febbraio 1983 si avranno i festeggiamenti per l’inaugurazione ufficiale.
Bazar
CATANIA — Come sempre,
anche quest’anno il bazar di beneficenza ha costituito per la
Chiesa valdese di Catania un’occasione di incontro superiore a
qualunque altra. Sabato 4 dicembre un centinaio di persone
hanno affollato i locali di via
Cantarella, passando in rassegna la merce sapientemente
esposta da un gruppo di sorelle
della Comunità e gustando torte al « buffet ».
Il ricavato — superiore al milione di lire — sarà devoluto parte all’Asilo infantile di Scicli,
parte ad altre opere evangeliche.
Assemblea
straordinaria
La questione della base missilistica di Comiso e della pace è stata ancora una volta al centro della discussione tra le chiese evangeliche siciliane, riunite in assemblea straordinaria T8 dicembre a
Catania, nei locali della Chiesa
valdese. Vi hanno preso parte
una trentina di fratelli, in rappresentanza delle Chiese battiate
di Catania, di Lentini e di Siracusa; della Chiesa metodista di Scicli; delle Chiese valdesi di Messina, di Pachino, di Biesi, di Vittoria; della Chiesa valdo-metodista
di Palermo/La Noce; della FDEI
(Federazione Donne Evangeliche); della FGEI (Federazione
Giovanile Evangelica).
Buona parte dell’incontro è stata spesa per chiarire una contraddizione (forse solo apparente) fra il mandato sinodale della
Commissione valdese-metodista
pace e disarmo (arricchita dall’ingresso di quattro membri battisti) e la decisione del Comitato
promotore del Convegno ecumenico di Comiso/Pentecoste ’82 di
rimettere nelle mani della FCESC
(Federazione delle Chiese Evangeliche di Sicilia e di Calabria)
l’eredità di quella iniziativa. La
Commissione pace e disarmo ha
infatti fra i suoi compiti quello
di « proseguire il lavoro iniziato
col Convegno di Comiso ».
Si è ritenuto alla fine che le due
istanze — trattandosi di livelli di
lavoro differenti: nazionale il primo, interregionale il secondo —
potessero coesistere con reciproco vantaggio. La Assemblea della
FCESC ha perciò nominato a sua
volta una commissione — composta da Bruno Gabrielli di Catania, da Claudio Passeri di Messina, da Giovanbattista Scuderi di
Palermo e dal Consiglio della
FCESC: Ettore Panasela, Salvo
Rapisarda, Edy Smith — con l’incarico di ricevere le consegne, diciamo così, materiali da parte del
Comitato promotore del Convegno di Comiso/Pentecoste ’82 e
di rappresentare la Federazione
interregionale nel movimenio per
la pace.
6
6 prospettive bibliche
24 dicembre 1982
META OBBLIGATA O CONSEGUENZA DI UNA SCELTA?
La croce, via della vita
Da qualche settimana, a Pachino, stiamo studiando il documento « Vancouver ’83: Immagini di vita ».
Tra l’altro, ci siamo soffermati sulla frase: « Gesù stesso cammina sulla via che conduce alla
croce e nel medesimo tempo Egli
è la via. L'accento posto sulla
croce — punto di arrivo della
via di Gesù — può aiutarci a
comprendere perché nessuno viene al Padre se non per lui. Soltanto la croce dà questa caratteristica unica alla sua via » (pp.
6-7).
Sono emerse le due note posizioni: a) Cristo non poteva scegliere, perché Dio aveva già stabilito da tempo la sua ffne. Il suo
compito era solo quello di obbedire. La croce viene quindi vista
come meta obbligata, perché con
questo sacrificio Dio potesse salvare l’uomo peccatore; b) la vita
di Cristo è stata una continua
scelta in stretto rapporto col Padre. La croce non è punto obbligato, ma conseguenza della scelta fatta.
Personalmente, credo che la
seconda posizione sia più giusta
e vorrei dire il perché, basandomi anche su un’interessantissima intervista fatta a René Girard da « Azione Nonviolenta »
,(nov. die. '81, pp. 8-9).
■ Spesso, volendo rispondere alle domande che ci poniamo sul
ienso della croce come mezzo di
salvezza, affermiamo astrattamente c — in verità — non molto convinti, parafrasando l’epistola agli Ebrei: così come i sacrifici antichi tendevano a soddisfare Dio per accordarci la sua
benevolenza, così il sacrificio di
Cristo è stato talmente grande
che — per mezzo di questo solo
•— ogni peccato è stato da lui assunto in vece nostra.
Tale spiegazione non mi ha
mai convinto, finché ho letto l’intervista di Girard che mi ha illuminato, chiarendo le mie perplessità.
Vorrei quindi dire sintetica
mente alcune tra le cose più significative da lui sostenute, con
qualche mia aggiunta.
Tutte le religioni hanno fatto
sacrifici per propiziarsi il favore
degli dei. Il sacrificio è cioè un
rito pagano, accettato dall’ebraismo.
Il motivo psicologico e sociale
del sacrificio va riscontrato nella necessità di avere un capro
espiatorio, che venga condannato per le colpe di tutti, in modo
che la violenza collettiva si scarichi su di una vittima, favorendo la purificazione di tutta la comunità.
« Il sacrificio, anche se è una
violenza, non serve dunque a
coltivare la violenza, ma a liberarsene ».
La motivazione religiosa è venuta a posteriori, dopo che si è
attribuito tutto alla divinità e
dopo aver notato che delle crisi
e delle discordie venivano placate da una comune vittima: se
Dio che causa pure il male ci fa
calmare dopo un sacrificio, vuol
dire che i sacrifici li vuole...
Il sacrificio però ha una grave
lacuna (oltre alla violenza in sé):
quello dell’irresponsabilità dei
sacrificatori.
Essi continuano nella loro vita
di sempre (non c’è conversione),
contenti di scaricare la propria
coscienza su una vittima innocente che paghi per loro.
Da qui, l’ammonimento dei
profeti che esortano a sacrificare di meno e ad obbedire di più
a Dio (« Io amo la pietà e non i
sacrifici » - Osea 6: 6).
Per quanto riguarda le contraddizioni tra violenza e rispetto della vita riscontrabili nell’A.T., Girard afferma: «L’ispirazione biblica prende il via dalla concezione universale di un
Dio artefice del male e del bene
(simile agli dei pagani), ma in
seguito va in tutt’aitro senso.
Ñon bisogna distinguere tra il
Dio dell’A.T. e del Nuovo, ma tra
il punto di partenza delTA.T, e
il suo punto di arrivo che è il
Nuovo ».
E il punto di arrivo è l’incarnazione di Cristo, che indica una
strada nuova e rivoluzionaria: la
strada dell’amore nella lesponsabilità e della responsabilità
nell’amore; la strada del perdono e quindi della nonviolenza.
Il sacrificio di Cristo non giustifica la pratica sacrificale, ma
la condanna ulteriormente: « Il
racconto della Passione è il primo testo che rivela questa tendenza degli uomini a gettare il
biasimo su una vittima innocente, suggestionandosi gli uni
gli altri.
Essa mostra come una folla si
rivolge assurdamente contro una
vittima innocente. Ma una folla
che non sa quello che fa!
Ecco, l'espressione 'Signore
perdona loro perché non sanno
quello che fanno’ vuol dire; essi
uccidono il Cristo come prima
hanno ucciso tutte le vittime senza sapere il significato del loro
gesto.
Ma questa volta la verità su
questo assassinio sarà detta:
non è Dio il responsabile, sono
gli uomini i responsabili!
...Cristo aveva da scegliere tra
tre atteggiamenti: 1) o rispondere ai suoi avversari con la
stessa violenza; ma sarebbe ricaduto nella vendetta e avrebbe
mentito perché sarebbe stato in
contraddizione con le sue parole di nonviolenza; 2) o fuggire,
alla maniera di un saggio orientale, ma non ci sarebbe stata la
rivelazione della verità della religione e dell’assassinio; 3) oppure sottomettersi: 'Sia fatta la
volontà del Padre mio’ e — con
questo gesto — costringere gli
uomini a comprendere cosa era
stata fino ad allora la loro religione.
In un certo senso. Cristo si
’sacrifica’ perché la funzione del
sacrificio non serva mai più.
Il gesto di Cristo è un gesto
di vita c d’amore compiuto per
salvare gli uomini.
Non c’è affatto fascino morboso della morte. E, soprattutto,
non c’è l’ordine assurdo di un
padre che esigerebbe il sacrificio del figlio ».
Di fronte a questa spiegazione che ritengo chiara e convincente, si possono comprendere
anche le parole di Gesù, quando
ha affermato: « E’ necessario
che il Figlio dell’Uomo soffra »
(Me. 8: 31).
Non è la necessità di un ordine assurdo e immotivato, ma la
conseguenza logica di una scelta
coerente e indicativa, di un metodo che supera la mentalità
egoistica e calcolatrice del mondo. Non è però una scelta solo
sua: è la scelta di chi crede alla
sua via, di chi crede in Lui.
Nel commentare la richiesta
del Padre Nostro « Perdona a noi
i nostri debiti come anche noi
perdoniamo ai nostri debitori »
e la parabola del servitore spietato, giustamente, nella rivista
del SIE 1982/n. 1 è scritto: « Noi
viviamo nel perdono solo se perdoniamo. Se non perdoniamo, il
perdono ci viene tolto... Noi possiamo sussistere dinanzi a Dio
soltanto come peccatori perdo
nati che perdonano i fratelli »
(pp. 75, 77).
Gesù ci esorta cioè a percorrere la strada dell’amore che anche lui ha percorso, che non è
la strada necessariamente della
croce, ma è la strada della coerenza responsabile e della verità
che — proprio perché rivoluzionaria e anticonformista — può
portarci alla derisione e alla croce, in quanto non accettata né
capita.
Se Gesù non avesse accettato
la croce, ma avesse chiamato 12
'legioni di. angeli’ in sua difesa
(Mt. 26: 53), avrebbe accettato
il metodo di questo mondo, basato sulla vendetta e sulla violenza, e non avrebbe indicato
nessuna via innovatrice (a noi,
suoi discepoli), né avrebbe potuto salvare l’umanità.
L’umanità infatti non è stata
salvata per la bontà di alcuni uomini, ma unicamente per la Grazia e l’Amore di Dio, che ne ha
avuto pietà.
Se Dio avesse usato lo stesso
metodo e lo stesso metro, la stessa mentalità retributiva dell’uomo, chi mai si sarebbe potuto
salvare dalla sua ira?
Nino Gullotta
Il Natale vero
(segue da pag. 1)
essa conosce, quando i fatti avvengono, la religione ufficiale
non li vede e non li comprende.
Come si traducono nel nostro_
Natale questi incontri avvenuti
nel primo Natale?
Oggi non c’è più Erode, ma
c’è il Natale di Erode, quello del
potere, del privilegio e del lusso,
il Natale che si vede di più: le
vetrine, gli addobbi, i regali ricchi, gli sprechi enormi.
Ma il Natale più appariscente
non è il Natale di Gesù.
C’è anche un Natale della.religione ufficiale, quella religione
che dice di sapere tutto, che pretende di conoscere in ogni campo ciò che è meglio per l’uomo.
Una religione che parla, ma che
non ascolta, che propone riti e
che dimentica la fede.
Anche questo Natale spesso
non è il Natale di Gesù.
Rimane l’ultimo Natale, quello di chi ascolta umilmente e risponde con fede (come i pastori); di chi è fuori dal giro, ma
intuisce che Gesù è importante;
di chi non capisce tutto bene ma
che comunque è contento che Gesù sia venuto in mezzo agli uomini. Il Natale della gioia che
scaturisce dalla fede: questo è il
Natale di Gesù.
Inutile cercare altre conclusioni, celebriamo pure questa festa
sapendo però che è facile tradirne il senso, perché il Natale vero
è quello più nascosto; gli altri
Natali si vedono di più in ogni
strada, in ogni vetrina; ma in.
fondo anche allora il re Erode si
notava di più che degli uniili pastori, però è a questi ultimi che
l’angelo ha detto: « ...vi porto
una bella notizia... oggi è nato il
vostro Salvatore ».
Claudio Pasquet
CONCEPITO DI
SPIRITO SANTO - 3
Si sa che i capp. t e 2 di Luca sono costruiti secondo il modello delle vite parallele; e nel parallelo fra Giovanni e Gesù non si perde occasione per sottolineare
la superiorità di Gesù. Nell’annuncio dato
a Zaccaria dal medesimo angelo Gabriele
(1: 5-25) si dice di Giovanni: «Sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né
bevanda fermentata [cioè si caratterizzerà come un nazir dell’Antico Testamento,
cfr. Numeri 6: 3-4]; e sarà riempito del
soffio divino fin dal seno di sua madre »
(1: 15), cioè sarà un profeta per eccellenza, animato dal soffio di Dio fin dal suo
concepimento.
a cura di Gino Conte
Nei numeri scorsi, condensando alcune pagine dell'opera di M.-A. Chevallier,
« Soufflé de Dieu », riflettevamo sul ruolo che la testimonianza dei Sinottici attribuisce al « soffio di Dio », lo Spirito santo, nei racconti della Natività. Matteo ci pone
deliberatamente di fronte al mistero dell’azione di Dio, che è alTorigine della vita
di Gesù Cristo. Luca sviluppa lo stesso messaggio, nel contesto del racconto dell’Annunciazione, come abbiamo visto, e in quello delTampio parallelo che traccia fra
il Battista e Gesù, come oggi vediamo.
S- le cose stanno così, si vede quale
ricchezza di significato sarebbe nascosta
in questo riferimento al « soffio santo »;
ma si vede pure come questa terza prosnettiva esegetica (Adamo-Gesù) ci porta
alla stessa conclusione che le prime due
(quella dell’Annunciazione e quella del parallelo in crescendo con Giovanni), cioè a
questa proclamazione semplice e netta; il
soffio divino suscita il Messia, Figlio di
Dio; è Gesù. Non è una spiegazione, è un
modo di confessare la fede.
Una confessione di fede
Vite parallele, ma diverse
Che dice in parallelo di Gesù, il nostro
testo? Due rivelazioni successive dell’angelo, separate dal « come? » di Maria, sono presentate in crescendo; la prima (v.
32) dice di Gesù « sarà grande » — non più
« davanti al Signore », come il Battista,
ma in assoluto — « e sarà chiamato figlio
dell’Altissimo », il titolo del re davidico
(cfr. 2 Samuele 7: 14); questo titolo regale è il corrispettivo della designazione di
Giovanni quale nazir. Ma questa prima
rivelazione si conclude con un’esposizione
sulla qualità davidica del neonato-Messia
e, in contrasto con ciò che ci aspetteremmo, non contiene nulla di simile alla promessa che Giovanni sarà riempito dal soffio di Dio fin dal seno di sua madre. C’è
come una suspense, che renderà tanto
più impressionante la seconda rivelazione.
Questa comincia, infatti, con le parole
pneuma haghion, « il soffio santo ». Siamo al punto culminante del messaggio
angelico; non soltanto Gesù è, come Giovanni, riempito dal soffio di Dio sin dal
seno di sua madre, ma il soffio di Dio è
alTorigine della sua vita. Ed eccone le
conseguenze: « a causa di questo » le due
qualifiche già date al v. 32 possono essere
riprese e portate all’ennesima potenza.
Non soltanto Gesù sarà « grande », ma
sarà « santo » com’è santo il soffio di Dio;
e non soltanto « sarà chiamato figlio dell’Altissimo », ma « sarà chiamato Figlio di
Dio ». L’interpretazione che Luca dà del
ruolo del soffio divino nella nascita di
Gesù si arricchisce così di un elemento
nuovo: con questa origine Gesù è situato
in un ordine che supera quello dei profeti e di tutti gli eroi dell’Antico Testamento. « Santo » è infatti un appellativo cristologico arcaico che Piace a Luca: Atti
3: 14, cfr. 2: 27 e 13: 35. Perfino l’ordine
dei ré davidici, dei quali eredita il trono
(v. 32), è superato; «figlio dell’Altissimo»
non basta, bisogna dire « Figlio di Dio »,
a causa dell’opera del soffio.
Le due linee sagacemente utilizzate da
Luca, quella delle profezie messianiche e
quella del parallelo con Giovanni, si fondono dunque nel proclamare che Gesù è
Figlio di Dio in quanto è generato dalla
potenza del soffio. Ci si può domandare,
del resto, se Luca non ha scelto qui la
parola « generare » come un riferimento
discreto ma pur chiaro al Salmo 2: 7:
« Tu sei mio Figlio, oggi io ti ho generato »; è questa anche la versione più probabile della « voce » risuonata al battesimo di Gesù, secondo Luca: nei due casi,
chiara attestazione messianica.
Un nuovo diverso Adamo
Possiamo scavare ancora. Nella sua genealogia ( che risale più alle origini di quella di Matteo!) e nell’episodio della tentazione Luca presenta Gesù come il nuovo
Adamo, il nuovo « figlio di Dio ». È troppo
audace pensare che, evocandone la nascita, Luca voglia metterla in parallelo con
la creazione di Adamo? In Genesi 2: 7
questa è così descritta: « Jahvé Dio formò
l’uomo con della terra che prese dal suolo, soffiò nelle sue narici un soffio di vita
e l’uomo divenne un essere vivente ». Certo, la parola usata sia in ebraico, sia nella
versione greca, non è qui la parola abituale per designare il soffio di Dio (ruach, e
pneuma); ma è una parola di significato
assai prossimo, che si alterna spesso a
ruach (o pneuma); nechamah (in greco,
pnoé). Luca, che ben conosce la versione
veterotestamentaria dei Settanta, potrebbe aver pensato a questo ruolo del soffio
di Dio che comunica la vita e suscita un
« figlio », quando ha scritto il messaggio
dell’angelo Gabriele. Tanto più che era il
modo per mostrare la superiorità della
nascita di Gesù su tutte le nascite miracolose dell’Antico Testamento (Isacco
ecc.) e infine sulla nascita di Giovanni Battista: la nascita di Gesù è per così dire del
’’tipo” di quella di Adamo, che supera il
’’tipo” di quella di Isacco.
Ed ecco che in un altro settore del
Nuovo Testamento troviamo una conferma indiretta. È la confessione di fede
che Paolo pone proprio aH’inizio della
Lettera ai Romani (1: 3-4):
...nato dalla stirpe di Davide secondo
la carne, costituito Figlio di Dio con
potenza secondo il soffio di santità
(o: santo).
Ritroviamo esattamente la trama del racconto di Luca con il duplice riferimento
all’eredità davidica (1: 32; cfr. 1: 27 e
3: 31) e alla promozione quale Figlio di
Dio per opera di un intervento miracoloso del « soffio santo ». In Rom. 1: 4 Paolo
aggiunge, è vero, che la ’’promozione”
filiale per opera del « soffio » ha avuto
luogo alla resurrezione. Ma pare chiaro
che la tradizione cristiana antica conosceva una confessione di fede bipartita
di questo tipo, e questa deve aver contribuito a strutturare il racconto di Luca e
a indirizzarlo a questa interpretazione.
Naturalmente possiamo domandarci
perché Matteo non attesta anche lui questa confessione di fede in due parti. In
lui, infatti, il riferimento al ruolo decisivo del « soffio » contribuisce piuttosto a
fare accettare da Giuseppe l’integrazione
del nascituro nella discendenza davidica.
Verosimilmente Matteo ignorava la corrente cristologica rappresentata da Paolo (in Rom. 1: 3-4) e da Luca.
(nel prossimo numero: Soffio
divino e nascita verginale)
7
24 dicembre 1982
obiettivo aperto 7
UN RACCONTO DI NATALE PER GRANDI E PICCOLI
UN REGALO
PER ALESSANDRO
« ..cosa regala
la mia
generazione di
sessantenni ai
bambini come
Alessandro?
Se guardiamo
al terzo mondo,
un’umanità
sempre più ' affamata e
depredata delle ^
ultime risorse...»
Il garage Tavevano ricavato da
un vecchio fienile. Saputa la
cosa il tecnico del Comune
aveva storto il naso, voleva
dare una multa e poi si sa
come vanno a finire queste
cose, soprattutto nei paesi, e alla fine s’era chiuso un occhio.
Ricordava questo episodio mentre, prudentemente, tirava fuori
la sua vecchia Fiat per andare
in città. Chiudendo la portiera
le era venuto in mente suo marito che, anni prima, faceva sempre lui quella manovra perché
una volta lei aveva rigato... c’era
stata una piccola discussione.
Adesso era sola. Vedova come
tante. Ma oggi non era una giornata triste. Doveva acquistare un
regalo di Natale per il nipotino
Alessandro. Da poco tempo suo
figlio s’era trasferito con la giovane moglie nel quartiere del
villaggio dove abitavano da generazioni. Ultimamente poi era
venuta a sapere di altre coppie,
sembrava almeno di due, che
l’anno venturo sarebbero ritornate in montagna, perché in città
non si può più vivere, non si può
respirare eccetera e avrebbero
ristrutturato un vecchio stabile.
Insomma dopo tanto spopolamento delle campagne e della
montagna ci sarebbe stato un
lento e progressivo ritorno alle
origini.
Questi pensieri, questi progetti,
anche se erano di altri, le davano una certa allegria e sicurezza.
Ma era meglio non divagare e
affrontare l’unico vero problema:
che regalo fare ad Alessandro?
Ci voleva un regalo che avesse un
senso. Un libro no, tanto c’era
senz’altro il pastore che glielo
avrebbe dato. « Quello — pensava — più che libri in testa non
ha e speriamo che almeno quest’anno abbia il buon gusto di
non travestirsi, come ha fatto all’ultima festa dell’albero, da Babbo Natale: è una mancanza di
serietà per uno che predica l’Evangelo... Se ci fosse mio marito
— rifletteva — mi sgriderebbe a
pensare queste cose ».
Il libro quindi niente e poi avrebbe avuto modo di leggerne
un sacco a scuola. «Vorrei
pensava, continuando a guidare
lentamente — che riuscisse bene
a scuola: in fondo suo nonno bene o male la licenza liceale era
riuscito a strapparla ». Dunque
il regalo.
Scartata l’idea dei grandi magazzini che le davano rimpressione di cose tutte uguali, fatte in
serie, in plastica, puntava ormai
su qualche negozietto, carino, per
bambini. Aveva già persino in
mente il posteggio e considerando l’ora aveva tutto il tempo di
fare una scelta accurata. Accidenti, di colpo le era venuto in mente che per Natale ci voleva qualcosa anche per suo figlio e per
Teresa, la nuora. Ma cosa? La
vorano tutti e due, hanno tutto.
Vestiti, lavastoviglie, orologi a
tutte le pareti (questa fissazione
di sua nuora francamente non l’aveva mai capita) e poi tutte le
volte che suo figlio tornava da
un viaggio della Ditta non mancava mai di portare un regalo.
« Adesso a casa loro — ripeteva
a sé stessa — si parla persino
della pelliccia: io però, e non lo
penso per invidia, avessi anche i
soldi la pelliccia non me la comprerei. Ma cos’è questa ostentazione? Uccidere questi poveri animali per poi pavoneggiarsi ».
No, la pelliccia non le piaceva
proprio, non era il suo stile. A lei
piaceva un bel loden, con la sciarpa e una bella gonna scozzese: insomma lo stile classico di buona
famiglia. « Ma il punto principale
— si ripeteva — è lui, il piccolo
Alessandro, il quale però ha una
stanza piena zeppa di giochi, la
bici in cortile, vestiti a profusione ». « Insomma anche a lui — diciamo la verità (e lo diceva a se
stessa) — non manca proprio
nulla, altro che terzo o quarto
mondo. Se ne parla giusto un
po’ nella Scuola domenicale»...
Riflettendo ulteriomente
cominciò a chiedersi:
«Ma cosa regala veramente la mia generazione di sessantenni ai
bambini come Alessandro? Se guardiamo al terzo mondo, gli regaliamo un’umanità
sempre più affamata e depredata
delle ultime risorse, se guardiamo a casa nostra, il cosiddetto
mondo occidentale, sembra che
un errore tecnologico potrebbe
far partire i missili atomici capaci di cancellare dalla terra il
genere umano ». Cercò di cacciare via questi pensieri ma non vi
riusciva... Continuando così a riflettere su questi problemi la cosa che la infastidiva maggiormente era stato il comportamento di
Matilde, anche lei vedova, quando davanti al televisore acceso
(la sera che l’aveva invitata a
cena) s'era messa a sghignazzare
__sì era proprio stato uno sghignazzare — risi sentire 1 intervista che un giornalista stava facendo ad alcuni giovani partecipanti alla marcia contro i missili di Comiso. Non che lei alla
sua età intendesse partecipare a
qualche manifestazione politica o
altro (si ricordava ancora che
negli anni della contestazione del
’68 a Ferrara, da suo fratello,
aveva guardato una manifestazione dalla finestra, poi era intervenuta la polizia, c’erano state bombe molotov, urla, fumo... msomma da allora nutriva una fifa
pazzesca per tutte le manifestazioni) però quel riso sardonico
di Matilde, quel prendere in giro.
quel sentirsi superiore a tutto e a
tutti le dava incredibilmente sui
nervi. Tutto sommato, pensava,
questa battaglia contro i missili
atomici è sacrosanta. L’idea che
miliardi e miliardi venivano spesi in questa corsa assurda verso
il genocidio dell’intero pianeta
le faceva apparire, di colpo, tutto secondario. Aveva vissuto gli
anni della guerra. Si ricordava
ancora quando i tedeschi, guidati da due fascisti del paese, erano
venuti fin dentro casa a cercare
suo fratello e volevano bruciare
tutto. Quella volta s’erano accontentati di mitragliare il pianoforte (chissà poi perché). Ricordava tante cose tristi. Mentre la
macchina si fermava al primo semaforo della città l’occhio le cadde su un’edicola e allora pensò
ai titoli del giornale che aveva
portato a casa suo marito, durante la guerra, e che annunziava la
distruzione atomica di Hiroshima e Nagasaki. Trecentomila
morti, poi la pioggia radioattiva
e le malformazioni ai neonati negli anni successivi. « Ecco —
pensava — sono contraria alla
politica dei partiti ma se esistesse un partito della pace mi iscriverei subito: invece i parlamentari si dichiarano per la pace e poi
votano per i missili atomici. A
questo punto — rifletteva così
mentre manovrava per entrare
nel posteggio — che senso ha
fare un regalo o dieci regali di
Natale? Sono soltanto una breve
parentesi, uno stordimento, un
rinviare l’appuntamento con la
realtà di morte che ci minaccia.
Ma fin che minaccia me — pensava — poco male, ma il fatto
è che minaccia le giovani generazioni, quelle che hanno tutta
una vita davanti. Non sarebbe
meglio parlare di queste cose
anche a scuola per creare una
nuova coscienza? Parlare di queste cose, informarsi del pericolo
reale che incombe sull’umanità:
non sarebbe il modo più serio
per ricordare la venuta di Cristo, principe della pace, invece
di spendere un patrimonio in
pacchetti e pacchettini con dentro tante cose graziose ma inutili e che non aggiungono nulla
alla vita (quella vera s’intende)? ».
re per scongiurare l’ecatombe
dell’umanità?
« Ecco — si diceva — se ci fosse Alberto mi direbbe che vedo
tutto in bianco e nero, senza
sfumature. E anche sa non c’è
più continua ad avere ragione. È
vero, non posso punire il mio nipotino e il giorno di Natale dirgli:
senti Alessandro forse non lo sai
e se non lo sai te lo dico io; ci
sono i missili atomici quindi regalo i soldi del regalo che avrei
voluto farti al comitato regionale
per la pace. È pazzesco.
No, forse, pedagogicamente è
anche giusto — pensava tra sé
— ma Alessandro sentirebbe tutto questo problema della pace
come qualcosa di odioso, di antipatico. Invece gli farò — continuava a ragionare — un regalino, non molto impegnativo e
poi la sera della vigilia di Natale
invito tutti quelli del mio quartiere (tanto non sono molti). E
speriamo che venga anche il pastore con moglie e figli. Poi in
mezzo alla festa dirò che per
questo Natale 1982 non ho preparato regali per nessuno, salvo
che per il piccolo Alessandro. Ma
vorrei regalare a me stessa e a
tutti'voi — qui ormai immaginava il discorso — una nuova mentalità di pace. Quale modo migliore di celebrare il Natale se
non questo? ». Pensava al suo discorso.
Pensava di rileggersi certi articoli ritagliati sui problemi della
pace. Pensava a tutte queste cose
mentre, in fretta, scivolava tra i
passanti che gremivano i portici
decorati da alberelli natalizi e
addobbi luccicanti. « Bisogna
muoversi, anche nel nostro piccolo paese — continuava a pensare — purché inizi una nuova
mentalità generale per la sopravvivenza.... se poi nel quartiere arriveranno anche due coppie giovani, forse avranno figli, e allora
capiranno ancor meglio il problema ».
Tra questi pensieri e queste domande si sentiva
combattuta. Il suo dilemma era questo: faccio anche quest’anno l’albero di
Natale, i regali e recito la
parte della nonnetta simpatica,
dinamica, indipendente (anche
economicamente) oppure prendo
i miei di petto e dico loro: basta
con regali, candeline e nenie, parliamo piuttosto di noi, del futuro
di Alessandro, di cosa si può fa
Nel frattempo aveva trovato il negozio di giocattoli. Dichiarò subito
alla commessa — un
po’ sbalordita — che
voleva un regalo per
un bambino di cinque anni che
non fosse una pistola, un fucile o
soldatini. Finì così per comperare una « lavagna magica » di
quelle che ci scrivi e cancelli
sollevando un foglio adesivo.
« Così Alessandro — calcolò —
potrà pasticciarci su fin che vuole e quando si sarà stufato i suoi
genitori potranno usarla come
pro-memoria per la spesa del sabato ». Il regalo dunque le piaceva. Ma la cosa che le piaceva di
più era questa idea di fare una
festa, nel suo quartiere, per la
pace. Però non una cosa così all’acqua di rosa, sentimentale, il
« volemose bene » e poi ognuno
si fa gli affaracci suoi, voleva
una festa impegnata magari leggendo anche qualche pagina di
quel bel libro di un certo Jonathan (e poi non si ricordava più
il cognome) intitolato « Il destino della terra » che ti spiega cosa
succederebbe se questi missili
partissero veramente e ti spiega
anche quanto sia assurdo illudersi di farla franca con il rifugio
antiatomico. Per una volta insomma voleva uscire dalla sua
consueta riservatezza e invitare
tutti. « Non dovrebbero — pensava — essere più di venti. Bisogna che telefoni al pastore per
un bel brano biblico, di quelli veramente profetici, che parli di
pace e amore per l’umanità e
poi, alla fine della cena, bisognerebbe vedere cosa concretamente
possiamo fare per sconfìggere la
fine nucleare. Ah, se ci fosse ancora mio marito! Ma accetteranno? Sì — pensava — se non altro
per la novità. A meno che i due
vicini non preferiscano la messa
di mezzanotte, ma se viene il pastore può fare una bella preghiera e la preghiera di un pastore
vai bene una messa! ». E rise. Sola in mezzo alla gente le piaceva
«trottare» (come le diceva suo
marito) in quell’aria pungente e
piena di rumori e di puzza di
automobili.
Improvvisamente si sentì come tirare per un braccio. Ma
chi era, cosa voleva? E questo qualcuno, di cui vedeva
il volto come attraverso un
vetro appannato, cominciò
a prenderla a schiaffi. Non riusciva a muoversi. Si sentiva come
impietrita, paralizzata. Un dolore vasto, al basso ventre, cominciava a darle la nausea. « Ma cosa succede? — pensò — Come
faccio a fermare questo individuo che mi sta schiaffeggiando? ».
— Sveglia, sveglia, è andato
tutto bene.
Aprì gli occhi e vide il dottor
Lanzardi che le sorrideva.
— Tutto a posto, signora, una
operazione semplice. È stata bravissima. Per Natale sarà a casa.
Si sentiva la bocca impastata
ma riuscì a dire grazie. E vide,
subito, Alessandro lì accanto,
con suo figlio e sua nuora.
— Nonna, ti hanno fatto male?
Sorridendo e a fatica rispose;
— Vedrai che a Natale saremo
insieme.
— Bellissimo — disse Alessandro — e che regalo mi fai?
Giuseppe Platone
8
8 ecumenismo
24 dicembre 1982
CHIESA CRISTIANA AVVENTISTA DEL 7® GIORNO
Bancarotta finanziaria
e crisi dottrinaie
“4- Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Ooisson
Riprendiamo questo articolo da « Credere e comprendere »,
mensile edito da alcuni membri delle Assemblee dei Fratelli.
La Chiesa Cristiana Avventista
del Settimo Giorno, che conta
circa 3.800.000, fedeli sparsi in
tutto il mondo, sta attraversando un periodo di profonda crisi:
negli Stati Uniti, dove sono ancora concentrate le principali
istituzioni di questa chiesa, sono
scoppiati due grossi scandali,
uno finanziario ed uno dottrinale,
di cui si è occupata recentemente anche la stampa americana
(vedi, ad esempio, l’articolo di
Richard N. Ostling, The Church
of Liberal Borrowings, in «Time », 15 agosto 1982, p. 49).
Il primo è nato dalla bancarotta di un imprenditore avventista
di Los Angeles, Donald J. Davenport, che sembra abbia causato
alle istituzioni della chiesa una
perdita di 21 milioni di dollari,
mentre singoli avventisti avrebbero rimesso altri 20 milioni L
Alcuni dirigenti della chiesa sono stati denunciati ad un tribunale deirOregon per frode e
truffe.
Il secondo scandalo potrebbe
costare alla chiesa molto di più
di questi milioni di dollari, perché coinvolge la madre spirituale e la profetessa della chiesa,
Ellen G. White (1827-1915). Come
è noto^ le origini della chiesa
cristiana avventista sono legate
al movimento creato dall’attesa
del ritorno di Cristo che il predicatore William Miller (1782-1849)
aveva fissato prima per l’anno
1843 e poi, dopo nuovi calcoli,
per il 22 ottobre 1844. La mancata realizzazione di questa previsione sembrò segnare la fine
del movimento miilerita, tanto
grande fu la delusione fra le
migliaia di credenti che avevano
atteso il ritorno di Cristo. Nel
1845 lo stesso William Miller e il
suo stretto collaboratore, Jashua
V. Himes, ripudiarono pubblicamente le loro idee, ma alcuni loro seguaci non riuscirono ad assorbire il trauma di quella grande delusione e credere che l’intensa esperienza religiosa che
avevano vissuto fosse stata ingannevole. Costoro trovarono in
una giovane donna, Ellen Gould
Harmon (che nel 1846 sposerà il
pastore James White) la loro
ispiratrice ed organizzatrice. Nel
dicembre del 1844, infatti, la giovane affermò di aver avuto una
visione nella quale le era stato
rivelato che il 22 ottobre Cristo
era entrato nel « Santuario celeste » per dare inizio al « giudizio
investigativo » sulle vite e le
opere dei credenti. Le visioni e i
messaggi profetici che la signora
White ricevette negli anni seguenti trovarono espressione in
numerosi scritti che gli avventisti hanno sempre come testi divinamente ispirati (anche se non
sullo stesso piano dei libri della
Bibbia) e come una guida in
ogni aspetto della vita. Recentemente, però, dall'interno della
chiesa sono state avanzate riserve sull’autorità e l’integrità della White e dei .suoi scritti.
Problemi di dottrina
I semi di questo dissenso interno, conosciuto ora come « Avventismo evangelico », furono
posti con la pubblicazione del libro Problemi di dottrina nel
1957 e attraverso il ministerio
di uomini come R. A. Anderson,
H.M.S. Richards Sr., Edward
Heppenstall, Robert D. Brinsmead, Desmond Ford e Smuts
van Rooyen. Il movimento assunse caratteristiche precise verso la fine degli anni Settanta
quando Desmond Ford, un importante teologo australiano che
si era laureato a Manchester con
F. F. Bruce (noto studioso appartenente alle Chiese dei Fratelli inglesi) che allora insegnava in un seminario avventista in
California, sostenne pubblicamente che la spiegazione della
White relativa all’ingresso di Cristo nel santuario celeste era insostenibile alla luce delle Scritture ed un altro australiano, il
teologo anglicano Geoffrey Paxton, pubblicò The Shaking of
Adventism (L’Avventismo è scosso). Tutto questo ha portato alla
nascita di una rivista, « Evangelica », che definisce la sua posizione come « evangelica indipendente » e dichiara di fondarsi su
dottrine come « la trinità, il sacrificio sostitutivo per mezzo del
sangue di Cristo, la giustificazione per la sola fede, la Saera
Scrittura come l’unico ed infallibile criterio di verità, la comunione basata sul perdono dei
peccati, la condivisione dei doni
spirituali del corpo di Cristo, il
discepolato rivolto ad uno stile
di vita cristiano e l’imminente e
letterale secondo ritorno di Cristo per giudicare il mondo e dare l’immortalità a coloro che sono stati redenti dal suo sangue ».
L’imbroglio White
Ma nulla è paragonabile al libro pubblicato recentemente dal
pastore avventista Walter T. Rea
e intitolato The White Lie (L’imbroglio White). Già altre volte nel
passato la White era stata accusata di plagio (come la fondatrice della Scienza Cristiana, Mary
Baker Eddy), ma Rea è stato il
primo a documentare, parola
per parola e riga per riga, l’opera di plagio compiuta dalla White nei confronti di 75 libri diversi. Le sue conclusioni sembrano
essere un attacco definitivo alla
ispirazione divina e all’integrità
della White e dei suoi scritti.
Scossa da queste accuse, la
chiesa sta cercando di reagire.
Nel luglio scorso, l’autorevole
rivista « Ministry » ha ammes.so
che la White utilizzò « fonti esterne » molto più di quanto gli avventisti abbiano mai pensato;
« A volte usò materiale quasi parola per parola senza indicare la
fonte... Utilizzò le parole di autori precedenti per descrivere
parole che aveva udito in una visione. In alcuni casi, nel citare
le parole di Cristo e di una gui;
da angelica ha usato gli scritti
di una fonte del secolo XIX ».
Nonostante queste ammissioni,
l’attuale pi'esidente, il pastore
Neal C. Wilson, continua a sostenere che i pensieri di un profeta possono essere divinamente
ispirati anche se non sono originali. Altri avventisti hanno cercato di difendere la White sostenendo che anche alcune parti
della Bibbia furono compilate da
fonti preesistenti. La Conferenza
Generale di Dallas del 1980 ha
confermato la White come profetessa e ha ribadito che i suoi
scritti sono « una continua ed
autorevole fonte di verità ».
Nel 1983, due pubblicazioni dovrebbero chiarire o inasprire
questa polemica: il rapporto delle commissioni istituite dalla
chiesa per studiare le fonti della
White e la seconda edizione del
libro di Rea in cui l’autore, oltre
a ribadire le proprie tesi, sosterrà anche che gli ultimi scritti
della White furono in realtà opera dei suoi collaboratori. Comunque vadano le cose, ha scritto il direttore di « Spectrum »
(una rivista avventista indipendente) una cosa pare ormai certa: gli avventisti non potranno
più considerare la White come
« l’autorità ultima su un insieme di problemi, inclusa l’interpretazione biblica e teologica e
lo stile di vita ».
Come evangelici non possiamo essere indifferenti a quanto
sta succedendo in casa avventista, considerate- le dimensioni
della polemica che ha portato al
distacco o all'espulsione^ di centinaia di credenti e al loro avvicinamento a diverse chiese ev.angeliche. Molti avventisti amci'icani stanno attraversando momenti di profonda crisi spirituale e dobbiamo sperare che tutto
cooperi ad un rinnovamento
evangelico in seno alla Chiesa
Cristiana Avventista del Settimo
Giorno.
Non sappiamo che eco abbiano avuto tra gli avventisti italiani gli scandali che stanno scuotendo quelli americani, ma possiamo supporre che anche molti
avventisti italiani stiano vivendo ore di travaglio spirituale.
Quale sarà il loro atteggiamento
nei confronti degli scritti della
White o della dottrina del « ministero di Cristo nel santuario
celeste »? *.
Massimo Rubboli
* Cfr. Tom Dybdahl, The Davenport
Bankrupcy and Recent Litigation. in
« Spectrum », XII (1982), n. 3, pp.
49-54.
^ Giuseppe De Meo. « Grane! di
sale ». Un secolo di storia della Chiesa
Cristiana Avventista del 7«> giorno in
Italia. 1864-1964, Torino Claudiana,
1980, pp. 17-19.
Giorgio Spini, Gli Avventisti in Italia. in « Bollettino della Società di
Studi Valdesi », dicembre 1981, n. 150,
pp. 59-65.
® De Meo. p. 38 : « Se tuttavia un
membro di chiesa perde fiducia in questi consigli e provoca inimicizie tra i
fedeli, ci riserviamo il diritto di
espellerlo dalla Chiesa. Questa decisione non sarà comunque presa per il
fatto che uno perde fiducia in questi
scritti, ma piuttosto perché insoddisfatto. provoca conflitto tra i credenti ».
* Ibid.. Appendice II : « Principi
fondamentali della Chiesa Avventista
del 7o giorno », n. 23, p. 236.
Australia: la cura
dei disseminati
(SPR) — 14 pastori itineranti
della Chiesa in via di unione dell’Australia, si sono ritrovati per
la prima volta per una conferenza organizzata dalla Missione
nazionale. La popolazione australiana è concentrata sulle coste orientali e meridionali, lasciando pressoché disabitato il
resto del paese. I 14 pastori itineranti si occupano dei disseminati ricoprendo da soli quasi i
due terzi di tutto il continente.
La Missione nazionale ha come scopo quello di occuparsi di
queste persone senza tener conto della loro origine ecclesiastica e di amministrare ospedali,
centri di incontro, programmi
educativi e comunitari.
I pastori sono chiamati a celebrare battesimi là dove è impossibile avere un’assemblea del
popolo di Dio, a parte i parenti
stretti. Ma le distanze non devono essere un impedimento a
far parte del corpo di Cristo. Come rendere coscienti i disseminati della dimensione comunitaria è un problema non solo loro
ma anche della chiesa nel suo
insieme. A causa delle circostanze sono cresciuti indipendenti ed
autosufficienti. Non si tratta da
parte della chiesa di ricuperarli
imponendo loro una comunità,
ma di accompagnarli in questa
comunità di isolati.
I pastori sono arrivati alla
conferenza al volante di leggeri
aeroplani c fuoristrada, mezzi
indispensabili per il loro lavoro.
Donne scozzesi e
prodotti sudafricani
(SPR) — L’Associazione delle
donne della chiesa di Scozia invita i propri membri a boicottare i prodotti provenienti dal
Sud Africa, come forma di pressione contro l’apartheid.
Qùesta iniziativa è stata presa dal comitato centrale in seguito ad una conferenza sul tema « crescere nella preghiera e
lottare per la giustizia ». E’ stato preparato un dépliant che invita le donne scozzesi ad « accordare il proprio sostegno alla lotta per la giustizia in Africa del
Sud, astenendosi dal comprare
frutta fresca o in scatola e qualsiasi altro prodotto proveniente
dal Sud Africa ».
Il dépliant ricorda inoltre che
il Consiglio delle Chiese Sudafricane ha rivolto un appello a tutti i cristiani del mondo intero
perché esercitino una pressione
economica sul loro paese, citando quanto dichiarato dal vescovo Desmond Tutu « il boicottaggio rimane uno dei rari mezzi a
nostra disposizione per giungere in modo pacifico ad un cambiamento ».
Cuba: nuova liturgia
per la Santa Cena
(SPR) — Un gruppo,di giovani appartenenti ad una chiesa
presbiteriana del centro dell’isola di Cuba, ha preparato una liturgia per la santa cena che molti chiamano già una « Misa Criolla cubana ». Assieme ad altri giovani della città, aperti all’ecumenismo, essi hanno cantato arie
adattate a ritmi cubani, con accompagnamento di strumenti tipici. Il testo teologico è stato
preparato dal past. Carlos M.
Camps.
Recentemente è stata inau^rata la prima chiesa presbiteriana dall’avvento del socialismo,
a Placetas, una cittadina di 180
mila abitanti. E’ stata costruita
grazie a fondi provenienti dagli
Stati Uniti. All’inaugurazione
hanno assistito circa 400 persone.
Un edificio destinato alle varie
attività educative è ora in costruzione con soldi raccolti nella comunità locale.
I PROTESTANTI NELLA STAMPA ITALIANA
Francesco e Valdo
I contatti ecumenici ai più vari
livelli tra cattolici e protestanti,
in Italia e altrove, proseguono
con varia fortuna e trovano frequenti echi nella stampa cattolica. Così le celebrazioni di San
Francesco, con l’inevitabile confronto con Pietro Valdo e i diversi destini dei due uomini e
della loro opera, si sono svolte
In varie sedi con l’intervento di
autorevoli persone del nostro
mondo. Nel tormentato Ecuador
si è raggiunto un accordo operativo nelle attività sociali ed educative tra esponenti cattolici ed
evangelici. A Rocca di Papa un
Convegno ha visto riuniti vescovi
cattolici, anglicani, evangelici ed
ortodossi, ricevendo un saluto
del papa.
A Ginevra il CEC ha ricevuto
Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolarini, esprimendo apprezzamento per la sua opera caratterizzata da un forte spirito ecumenico. Negli Stati Uniti
il Segr. cattolico per l’Unione dei
cristiani ha riunito rappresentanti dei movimenti pentecostali
(cattolici e protestanti) dando
particolare attenzione ai « ministeri nella chiesa ». In Belgio, informa il n. 18 di Regno-Attualità,
una riunione tra luterani e cat
tolici ha discusso sulla validità,
ai fini ecumenici, di dialoghi bilaterali o multilaterali, concludendo che la chiesa cattolica dovrebbe « accettare la distinzione conciliare fra fede, dottrina e teologia; riformare il proprio esercizio del primato e della collegialità; insistere sulla autonomia
delle chiese locali », Ed ecumenico, a suo modo, è anche l’ampio
articolo che sull’Avvenire G. Martinelli dedica alla rievocazione,
non priva di un tentativo di appropriazione cattolica, di D. Bonhoeffer.
I problemi della pace, con diretto riferimento alla installazione dei missili, sono dibattuti in
diversi giornali. La marcia Milano-Comiso occupa la maggior
parte dello spazio; con l’osservazione di qualcuno che la marcia
avrebbe meglio scelto la sua meta in Ginevra, dove il problema
viene discusso al massimo liveL
lo politico, con qualche possibilità di successo. Ma anche i vari
Comitati per la pace che operano
in diversi paesi, con larga presenza protestante, o le decisioni delle Chiese americane per un arresto immediato della produzione
di armi atomiche, sono oggetto
di vari interventi. E c’è anche chi
si chiede come si può applicare
il comandamento dell’amore per
il prossimo, quando costui si
chiama Hitler o come qualsiasi
più attuale e simile personaggio.
Da segnalare infine le affermazioni del Superiore dei francescani
in America, il quale, oltre a visitare i digiunatori di Comiso, riprende le affermazioni sinodali
sul « peccato » insito nel solo
possesso delle armi atomiche ed
invita il papa a più esplicite e
concrete manifestazioni di condanna.
La visita trionfalistica del papa
a Palermo ha provocato, come
già a suo tempo a Padova, una
presa di posizione dei protestanti locali, concretatasi in un ampio
volantinaggio e in un fermo articolo del pastore Panasela sul
giornale locale.
L’inaugurazione dell’anno accademico alla Facoltà di Teologia
trova nel Manifesto, a cura di
F. Gentiioni, un ampio resoconto
della prolusione tenuta da Mario
Miegge.
Paese Sera illustra le proposte
presentate dalla Comunità di base deU’Isolotto, per un insegnamento della religione nelle scuole che non sia legato a particolari confessioni.
II Gallo recensisce il libro della Castiglioni, edito dalla Claudiana, sui « Testimoni di Geova ».
Niso De Michelis
9
F
24 dicembre 1982
cronaca delle Valli 9
UNA CRISI CHE SI ALLARGA
Metadone
integrazione alla RIV
Duro colpo alle possibilità occupazionali nella nostra zona. I dati della
difficile situazione
Tempo addietro, passando nella corsia di un ospedale pinerolese, incontro un medico che non
vedevo da tempo. Mentre lo saluto viene chiamato al telefono.
E’ dall’accettazione: « E’ giunta
in questo momento una ragazza
in piena crisi di astinenza. Non
sappiamo cosa fare di lei ». « Portatela in corsia — risponde il
medico — la ricoveriamo immediatamente ».
Chiusa la comunicazione, il medico mi si rivolge: «Vedi, adesso
le daremo per alcuni giorni delle
dosi decrescenti di metadone per
toglierla dalla crisi acuta, ma il
problema non è medico. Il metadone è solo lo strumento attraverso il quale possiamo alleviare
le sue sofferenze per poi cercare
di instaurare un dialogo con lei,
darle fiducia, insomma... Certo,
ci vuole tempo ma è a questo livello che si gioca la nostra possibilità di intervenire ». Questo
fatto mi ha colpito: mi sembra
che il punto focale evidenziato
dall'episodio sia nel rapporto tra
chi, per i più svariati motivi, si
trova ad essere in uno stato di
necessità e di cure, e chi, operatore sanitario a qualsiasi livello,
è delegato dalla società ad intervenire.
Ormai è risaputo, in quella
« fabbrica della salute » che sono
gli ospedali, purtroppo aumenta
sempre più il numero dei ricoverati che .si sentono oggetto della terapia e non soggetti di una
proposta di riconquista della salute. Paul Tournier, medico pro-^
testante svizzero, scriveva anni
addietro alcuni libri molto inte-^
ressanti sugli aspetti non medici
della malattia, dando al rapporto
col paziente ed al suo coinvolgimento nell’opera di ricupero della salute, uno spazio molto grande.
Anche i nostri ospedali di vallata, nati come case a disposizione di chi era sofferente, avevano
questa caratteristica di priorità
del rapporto umano sui farmaci.
Adesso, dopo oltre un secolo,
siamo entrati, e giustamente, in
una programmazione in cui sono
richiesti dei livelli di professio-_
nalità ed esistono strumenti di
diagnosi e di cura sofisticati: sull’altro piatto della bilancia, vi sono maggiori garanzie di occupa-^
zione, si sono ridotti gli orari di
lavoro, ma si è ridotto anche il
tempo da dedicare al -rapporto
umano.
Ho anche appreso che le generazioni di operatori più anziani,
abituate ad una possibilità maggiore di rapporto col paziente sono disorientate in questo momento in cui prevale l’aspetto
tecnico, efficientistico — fare più
esami, più punture, dare più medicine e la gerarchizzazione è più
marcata.
Questo problema ci interpella
tutti a partire dalle nostre comunità che sono state l’humus
nel quale nell’ottocento sono state create queste opere.
Cosa facciamo per essere solidali con coloro che sono operatori sanitari e cosa fanno gli operatori sanitari per contribuire
alla soluzione di questo problema?
Come il medico che prima citavo, forse anche noi dobbiamo
cercare il nostro « metadone »,
cioè lo strumento, il pretesto,
tramite il quale riflettere e puntare a valorizzare quell’uomo che
è in tutti noi e che dall’Evangelo
apprendiamo essere così importante.
Adriano Longo
VILLAR PERO SA — La RIVSKF richiederà l’applicazione
della legge 675 per la « crisi aziendale » e ricorrerà alla cassa integrazione straordinaria per circa 4.000 lavoratori del gruppo e
ridurrà la propria produzione
nel 1983 del 25%.
Questa notizia che in pratica
significa la richiesta della azienda di ridurre di un quarto i
suoi effettivi, si è diffusa in valle tra l’incredulità della gente.
« Ma come — si dice — anche la
RIV? Allora quale sarà il nostro
futuro? ». In effetti la gente era
abituata a pensare che si c’era
la crisi, ma che questa fosse solo congiunturale e che con qualche settimana di cassa integrazione ordinaria si poteva adattare la produzione alle richieste
del mercato, e proprio non pensava alla possibilità di una crisi
aziendale : in fondo in alcuni reparti si facevano gli straordinari.
La nota con la quale la RIVSKF annuncia i provvedimenti è
invece molto chiara ; « La RIVSKF si è venuta a trovare in
condizioni di grave difficoltà della domanda e le previsioni per
il 1983 fanno ormai ritenere che
il volume globale delle vendite
sarà pari a circa il 75% della capacità produttiva ».
L’azienda giustifica questa previsione con il crollo di tutti i settori industriali che erano i maggiori acquirenti di cuscinetti :
ferrovie, aviazione, elettrodome
stici, motori elettrici, autoveicoli
sia sul piano nazionale che internazionale.
Perciò vengono assunte misure drastiche di cassa integrazione che riguardano sia gli operai
che gli impiegati :
-- a Villar Perosa : dei 1200 occupati circa 250 resteranno a casa una settimana al mese e 850
due settimane al trimestre per
tutto il 1983 ;
— ad Airasca; su 1200 addetti,
250 resteranno a casa per una
settimana al mese e 850 per due
settimane al trimestre per tutto
il 1983;
— a Pinerolo; tutti i 500 operai resteranno a casa una settimana al mese per tutto il 1983;
— a Massa: 430 operai su 580
occupati resteranno a casa una
settimana al mese per tutto il
1983.
Inoltre sono bloccate tutte le
assunzioni e non si rimpiazzerà
in alcun modo chi va in pensione e si cercherà di approfittare
della legge sui prepensionamenti
per collocare a riposo quante piu
persone possibili.
Un duro colpo quindi alle possibilità occupazionali nella valle
già duramente colpita da tutte
le crisi industriali degli anni ’60
e '70.
Di fronte a questa situazione
il consiglio di fabbrica non sa
prendere una iniziativa. Per ora
MASSELLO
Il ponte di Pian Bessè
Una delle ragioni che rendono
ogni giorno più grave ed irreversibile lo spopolamento dei piccoli Comuni montani è sicuramente la viabilità.
E' il caso dell’Alta Val Germanasca : strade lunghe e tortuose
collegano minuscole frazioni e
borgate in via di totale abbandono ; è il caso di Massello, poco più di un centinaio di residenti, non più di 20 presenti tutto l’anno, sparsi su 5 borgate fra
i valloni del Comune. E proprio
la viabilità, opere realizzate
anni addietro e non più idonee,
costringono ogni giorno la Provincia di Torino, da cui dipende
la strada, a destinare per manutenzione e nuove opere, notevoli
risorse.
« Questa volta, l’intervento della Provincia va al ponte del Pian
Bessé, sulla strada per Massello » sottolinea il Presidente Maccari • « è un altro sforzo per salvare' almeno ciò che è possibile,
per offrire quei servizi piu indispensabili » e l’impegno non è da
poco; oltre 80 milioni che la
Provincia spende con criteri di
massima economia; i lavori sono eseguiti direttamente dagli
aeenti stradali e la fornitura dei
materiali viene fatta esclusiva
mente da ditte locali. L’intervento tecnico prevede che sul ponte, già costruito nel corso dell’82, sia posata una rete elettrosaldata, al fine di evitare il pericolo di infiltrazioni di acqua
piovana.
sta studiando la situazione per
evitare in primo luogo che la cassa integrazione significhi come è
successo in altre aziende l’allontanamento dalla fabbrica di tutti
gli inabili e di coloro che sono
più attivi sindacalmente. Il sindacato FLM ha convocato il
coordinamento nazionale del
gruppo per valutare concretamente le risposte sindacali da
prendere.
Giorgio Gardiol
24 DICEMBRE
No ai missili
a Comiso
PINEROLO — Aderendo all’appello ecumenico per la pace
e il disarmo, i comitati per la
pace del pinerolese promuovono per la sera del 24 dicembre
una serie di iniziative.
La prima di queste è una fiaccolata che, partendo alle ore
17,30 dal cinema Primavera, si
snoderà per le vie cittadine per
concludersi davanti al comune.
Obiettivo di questa fiaccolata è
quello di manifestare una ferma
opposizione alla corsa al riarmo
che si sta manifestando nel mondo ed in particolare agli armamenti nucleari, e quindi anche
aH’installazione dei missili a Comiso. Bisogna risolvere la contraddizione tra le risorse che
non mancano per le armi e quelle che mancano per lottare contro la fame.
La seconda è una richiesta di
accendere — la sera del 24 —
una candela sul proprio davanzale, per significare la propria
volontà di vivere in modo pacifico.
PEROSA ARGENTINA
La piscina verrà
aperta in primavera
Costerà oltre 600 milioni complessivi la piscina di valle a Perosa Argentina. L’opera, iniziata
fin dal ’78 non ha ancora avuto
termine per le difficoltà finanziarie dello stesso Comune, che
si era impegnato nell’81 a realizzare a proprie spese gli allacciamenti idrici, senza poi riuscire a mantenere questi impegni.
In effetti è stata la Provincia a
stanziare i fondi per la parte finale dei lavori.
Si tratta di 140 milioni, comprensivi della contribuzione della Comunità Montana (25 milioni) e Comune (30 milioni) che
serviranno a completare gli allacciamenti idrici, elettrici, fognari e viari. L’apertura della
piscina è prevista per la primavera prossima. Sono ora in corso contatti con Associazioni
sportive per la gestione della piscina, in quanto per l’Ente pubblico sarebbe troppo onerosa.
Il comprensorio
e l’occupazione
PINEROLO — Era già quasi mezzanotte di martedi 14 dicembre e finaimente
ii comprensorio si è deciso a dar la parola ali'assessore regionale Rivalta per
la discussione — aperta ai pubblico
sul tema dei progetti per l'occupazione
nel pinerolese.
L’assessore dopo aver ricordato la
natura di ente programmatorio dei comprensorio, ha chiesto che si dia efficienza ai meccanismi di spesa degli enti
pubblici. Ciò per due motivi: per evitare che i costi lievitino a causa dell'inflazione e per creare subito ii massimo di occupazione per far fronte alla
grave situazione locale.
Ma quando ha parlato il sindacalista
Tron per la CGIL, il pubblico e buona
parte dei consiglieri se ne erano già
andati e cosi l'illustrazione della piattaforma rivendicativa sindacale è stata
fatta ai soli rappresentanti delle sinistre.
Il presidente Martina si è perciò impegnato a convocare un altra riunione.
Investimenti per
la viabilità
PINEROLO — È stato comunicato al
comprensorio che la Regione ha intenzione di effettuare alcuni investimenti
nell’83 per migliorare la viabilità su
gomma del comprensorio. In particolare questi investimenti riguarderanno lo
svincolo della tangenziale di Torino in
località Drosso e la circonvallazione di
Beinasco.
Cosi chi utilizzerà la statale 589 per
Torino avrà maggiore facilità di accesso. in futuro la stessa statale verrà
allargata nel tratto Piossasco-Pinerolo.
L’agricoltura
non è dimenticata
PINEROLO — Finalmente l'assessore
all'agricoltura Peretti, ha deciso di affrontare il problema dello sviluppo dell'agricoltura ed ha convocato un convegno che ha visto la partecipazione di
tutte le associazioni interessate, della
Regione e di qualche (raro) consigliere
comunale (DC, DP, MSI), della Comunità Montana Va! Pellice, e della Provincia.
Si sono passati in esame tutti i problemi: i piani agricoii e l'urbanistica, i
contributi e i progetti di sviluppo il
ruolo dell'agricoltura montana e le difficoltà strutturali, la formazione professionaie.
Un convegno non fa una politica, ma
può esserne una premessa e i'assessore
ha confermato l’intenzione di marciare
in questo senso (colleghi di giunta permettendo).
Le ambulanze
hanno una rimessa
TORRE PELLICE — Il comune ha costruito tre autorimesse per le ambulanze della CRI ohe finalmente hanno un
ricovero. I barellieri e gli autisti tramite il nostro giornale ringraziano l’amministrazione comunale.
Per ricordare la
Resistenza
ANGROGNA — Il consiglio comunale
ha approvato la proposta della commissione « cultura « per organizzare
in vai d’Angrogna ne! settembre dell 83
una serie di manifestazioni in ricordo
della lotta partigiana iniziata quaranta
anni fa.
La Ditta PASCHETTO BRUNO
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rende noto alla sua affezionata clientela che in
data 31 dicembre 1982 cesserà la sua attività.
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10
10 cronaca delle Valli
24 dicembre 1982
LUSERNA SAN GIOVANNI
Grande successo di uno spaccio
fortemente contestato
Oltre dodicimila persone hanno affollato i locali della cooperativa 2001 nei primi tre giorni
di apertura. E’ ormai nota la battaglia portata avanti dai commercianti che giustamente vedono il futuro abbastanza nero, in
quanto il mega-spaccio farà sicuramente calare gli incassi anche
se, sicuramente dopo il primo impatto le cose si assesteranno. Favorevole è invece ovviamente chi mette in preventivo un
piccolo risparmio sulla spesa settimanale. Due opposte campane
quindi che d'altronde non sorprendono nessuno. La grande distribuzione è arrivata in Italia
negli anni cinquanta ed era inevitabile che approdasse prima o
poi anche nei poli periferici, perlomeno là dove i commercianti
locali non hanno saputo, o volu
to parare il colpo agendo essi
stessi in quella direzione.
Si dice che la cooperativa non
è che un trucco raffinato per eludere alcuni passaggi obbligati tipo licenze e tabelle merceologiche ma questo non sembra vero
quando si pensa che la cooperativa opera da tempo in Nichelino,
esattamente con lo stesso tipo di
organizzazione. E’ ovvio ancora
malignare sulla tessera di iscrizione che sembra voler compensare il piccolo risparmio. Ma anche questo non è vero: la legge
prevede una tassa associativa
per cui stabilisce una cifra minima che è appunto di cinquemila
lire, che non si rinnova ogni anno ma che serve per tutta la vita. Cooperative poi ci sono quasi
in ogni paese anche da noi, il
problema è rappresentato da una
gestione tradizionale o da quella
impostata sulla falsariga del
grande magazzino.
Per la valle l’insediamento non
può che ritenersi positivo: il poter fare la spesa in un colpo solo,
avendo a disposizione ogni tipo
di prodotto, dalle verdure al pane, dal formaggio ai salumi, dalla pasta alle « scatolette » su una
ampiezza di 3.200 mq. di superficie crea un risparmio di energie
oltre che di spese di trasporto.
Ma perché questa cooperativa,
fino a ieri illustre sconosciuta
ha scelto la Valpellice? Risponde il presidente, Giuseppe Reano: « c’è un piccolo fattore personale in quanto da anni frequento la valle e il mondo valdese. Ma naturalmente il commercio non si fa con il sentimen
Stamattina la padrona del negozietto di alimentari dove vado
da quarant’anni mi ha detto che
chiude e che non ha trovato nessuno a cui cederlo. « Che cosa
vuole? Con i supermercati, non
si lavora più abbastanza ».
La notizia mi ha fatto dispiacere, perché mi ero affezionata
al negozio e alla padrona. E’ vero che con i guadagni si è costruita una bella casa nuova,
ma se l’è guadagnata lavorando
sodo ed economizzando in mille
modi: se aveva un momento libero, lo impiegava a pulir la verdura, che così vendeva un po’
più cara, facendo risparmiar
tempo alle persone che tornavano tardi dal lavoro.
Intendiamoci: io non ho nulla
contro i supermercati: una volta
ogni due mesi, quando ritiro la
pensione, vado anch’io là a fare
le provviste grosse. Anzi ho notato che solo sui loro cartellini,
accanto al prezzo della confezione, scritto grosso, c’è anche, piccolino piccolino, il prezzo al chilo. Io mi porto dietro gli occhiali e così almeno posso scegliere
la roba davvero più economica,
mentre, guardando solo il prezzo
della scatola, potrebbe sembrare più cara di altre.
Però mi domando: se tutti i
negozietti fossero costretti a
chiudere, i supermercati, senza
più concorrenti, continuerebbero ad essere così convenienti? E
poi il supermercato mi fa sempre un po’ paura: mi sento più
soia fi dentro che in mezzo al
bosco. C’è una quantità di gente, ma nessuno parla; tutti corrono da un reparto all’altro,
guardando con antipatia i carrelli degli altri, che ingombrano
il passaggio.
Alla cassa poi, con quella coda
lunghissima davanti e alle spalle, uno si sente in gabbia e guarda con ansia la porta, non vedendo l'ora di essei finalmente
fuori.
Decisamente il supermercato
non ci aiuta a voler bene al nostro prossimo. Invece nel negozietto, o ai banchi del mercato,
tutti si conoscono: si fa amicizia ritrovandosi ogni giorno, oppure ogni settimana, e le medesime persone che al supermercato ti ficcavano i gomiti fra le
costole, in silenzio e a muso duro, adesso ti raccontano i loro
guai, ti chiedono consiglio, discutono sul sindaco che non mantiene le sue promesse elettorali
e sulla guardia gentile che aiuta
la gente.
Ai mercato delle « cavagne »
poi, dove ci troviamo a vendere
e comprare direttamente i prodotti dell’orto, ho addirittura
trovato una vecchietta come me
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to ma con iniziative e responsabilità. Attente ricerche di mercato ci hanno dimostrato la possibilità di spazio data dalla carenza di strutture e dal fatto che già
attualmente oltre il 20% della popolazione si reca a Pinerolo per
la spesa settimanale. D’altra parte il supermercato non potrà mai
offrire il servizio e l’attenzione
che offre invece il negoziante tradizionale ». Infatti è un fatto ormai storico che, davanti all'impatto con la grande distribuzione
il negozio tradizionale si è sempre salvato in « corner » con la
specializzazione.
Ritornando al 2001 e alle sue
scelte Reano continua: « la posizione di Bocciardino ci è sembrata ideale perché può raccogliere idealmente tutta la vallata,
una parte del Pinerolese, Cavour
e la zona di Bagnolo. Un altro
vantflggio è quello di tenere il negozio aperto anche la domenica, mettendo così la gente in condizione di fare gli acquisti in tutta tranquillità e non in fretta e
furia ».
Ma perché questo, in una valle
che vuole essere turistica, non
s’era capito prima?
S. A. H.
Concerti
PINEROLO — L’associazione commercianti ed il comune organizzano
una serie di concerti nell’ambito del
programma ■■ Quando viene Natale ».
I prossimi concerti sono:
Mercoledi 29 dicembre ore 21 - Duomo:
Incontro musicale col gruppo polifonico Turba Concinens e la Corale Valdese di Villar-Bobbio Pellice.
Mostre
che si è commossa quando ha
visto che, dopo averle chiesto il
prezzo, tiravo via con un sospiro senza comprare, mi è corsa
dietro e mi ha ficcato nella borsa della spesa il suo cartoccio,
dicendo: « Lo prenda lo stesso;
a lei fa piacere, e io non faccio
la fatica di riportarlo a casa ».
Da allora siamo amiche, mentre
non sono mai riuscita a fare amicizia con una commessa dei
grandi magazzini. Anche la più
gentile ha troppo da fare per
trovare il tempo di guardare in
taccia la gente.
Così spero proprio che i negozietti di una volta, senza specchi e senza tanti neon, non chiudano tutti, anche se dicono che
sono antieconomici e sorpassati.
Per noi sono più utili di una bella tavola rotonda sull’emarginazione degli anziani. Molte persone sole trovano fi gli unici amici
che possono visitare in qualsiasi
momento, le -sole occasioni di fare due chiacchiere; e poi fi
puoi chiedere le cose di cui hai
veramente bisogno, anche se non
sono in vetrina, invece di lasciarti attirare a comprare roba non
necessaria, solo perché è l’occasione della settimana.
Un cordiale saluto a tutti i lettori da
Magna Linola
ABBONAMENTI
1983
Annuo: minimo L. 18.000
Semestrale; minimo » 10.000
Estero » 35.000
Sostenitore » 36.000
PINEROLO — Sabato 18 dicembre ha
avuto inizio, nelle sale Fenulli di esposizione, una mostra collettiva di pittura
che ospiterà le opere dei pittori: ivlario
Cavaliere, Piera Seu, Clivio Paterlini e
Susy Moine.
La mostra resterà aperta al pubblico
per tutto il periodo natalizio, sino a venerdì 31 dicembre.
Le radici
della cooperazione
E’ in libreria un primo saggio
sulla storia locale della cooperazione edito dal Centro di Documentazione di Angrogna. Ne è
autrice Bruna Peyrot. Sull’argomento, che riguarda le vicende
dell’antica società « La porta di
Angrogna », torneremo prossimamente con una nostra recensione.
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11
cronaca delle Valli 11
24 dicembre 1982
PRONTO SOCCORSO
A POMARETTO
sta nuovamente emergendo il problema della guardia medica della USSL 42
e la stampa locale ha accennato in queste ultime settimane ai termini in cui
tale questione è nuovamente emersa,
dopo circa un anno di silenzio.
NeH’ambito di una serie di incontri —■
ancora affatto terminati — tra la CIOV
ed i responsabili tecnici e politici della
Comunità Montana, è nuovamente emersa l'opportunità che la guardia medica abbia la sua sede nell,'Ospedale,
in linea teorica tutti concordano: dirigenti della USSL, CIOV e personale
dell'Ospedale, direttamente coinvolto
in questo servizio. Già l'anno scorso
si era sul punto di partire, ma le cose
erano rimaste insolute in quanto la
scarsità di personale, in servizio notturno presso l'Ospedale, non poteva
garantire e l'assistenza agli ammalati
ed il servizio di centralino. Attualmente pare esistano buone prospettive per
risolvere questa situazione e speriamo di poter dare prossimamente buone notizie al riguardo.
Gli incontri con I responsabili della
Comunità Montana non sono limitati a
questo problema, ma coinvolgono il ruolo che l'Ospedale può e deve avere, essendo presidio ospedaliero di base della
USSL, per la medicina interna. Di notevole importanza è il problema degli
ambulatori che devono essere presenti
sul territorio, in base ad una specifica
normativa regionale, e che devono essere realizzati in un logico equilibrio
tecnico ed economico, tenendo conto
di quanto già esiste sia a livello di
USSL [vedi ambulatorio di Villar Perosai, sia di Ospedale. Terremo ragguagliati i lettori non appena potremo da
re notizie più specifiche sull'argomento, tenendo presente che il tempo tecnico di realizzazione deve essere anche
preceduto dalla soluzione dei problemi
economici che assillano in questi tempi la sanità del nostro paese.
Il corrispondente del nostro giornale,
in relazione al problema di cui sopra
accennava, anche, all'apertura di un sia
pur minimo pronto soccorso. Tale richiesta pare ignorare una realtà di
fatto, ormai operante da anni; l'Ospedale di Pomaretto, sin dai tempi della sua
apertura ha sempre prestato un servizio di pronto soccorso. In quest'anno
le prestazioni di pronto soccorso sono
state 544, cifra che non comprende i
pazienti che sono stati ricoverati d urgenza. Alcune decine sono stati dirottati ad altri Ospedali, provvisti della specialità che il caso richiedeva al fine di
una prestazione più qualificata e garante. I tempi odierni richiedono tale metodologia, in quanto « il pronto soccorso » inteso come servizio deve avere alle spalle una organizzazione plurispecialistica. Non per nulia la Regione Piemonte si è impegnata anni or sono alla
costituzione dei DEA (Dipartimenti di
Emergenza per Acuti) e li ha situati
negli Ospedali Provinciali dove appunto
esistono le possibilità di far fronte a
qualsiasi imprevisto che è di norma
nei casi acuti. A Pomaretto il Pronto
Soccorso è totale per tutti i casi di
medicina interna: per gli altri, dopo una
prima valutazione il paziente viene trasferito, così come vuole la legge.
Questi concetti sono già stati più
volte notificati sui giornali locali, ma
è meglio ripeterli ancora, anche per non
far maturare inutili speranze, e limitare la nostra attenzione ai non pochi problemi reali che ci stanno dinanzi.
Prof. D. Varese
La Croce Verde
e il trasporto malati
Egr. Sig. Direttore,
In riferimento aH'articolo apparso
sul Vostro settimanale del 10 u.s. a
firma di L. V. riguardante le difficoltà
per il trasporto ammalati; con la presente, complimentandomi per l'obiettività
con cui è stato scritto, desidero dare
delucidazioni a quanti mi hanno telefonato ed a chi desidera essere informato sul nostro operato.
La divergenza fondamentale tra la
Croce Verde e l'Assemblea dell USSL,
riguarda unicamente ii costo reale di
esercizio del nostro parco macchine,
che necessita di continua manutenzione
e sostituzione, essendo le stesse vetture guidate da più persone e, pertanto,
maggiormente soggette ad usura.
Vorrei, però, con la presente assicurare tutta la popolazione della Val Chisone e Germanasca, che o con la convenzione 0 senza di essa, il nostro lavoro sarà svolto con lo spirito che ci
ha sempre caratterizzato in 35 anni di
attività.
Con l'augurio che mai abbiate bisogno del nostro intervento, sappiate che
24 ore su 24 siamo sempre a Vostra disposizione.
Aldo Zanellato, Perosa
CRITICHE ’RADICALI’
AL DIGIUNO
PER LA PACE
A proposito del » digiuno per la pace » vorrei brevissimamente porre una
domanda a Luciano Deodato, ai membri
della Caritas e a tutti coloro facenti
parte dei vari comitati per la pace.
Per quale partito avete votato finora?
per chi voterete in futuro? A parte le
ipocrisie dei salvacoscienza delle varie marce, marcette, mostre e « mostrine ” e digiuni di un giorno. Tanto poi
ci sono i pranzi di Natale ed il cenone di Capodanno. I vostri eletti o futuri eletti cosa hanno fatto al Governo
od all'opposizione (fatte poche e rarissime eccezioni) e cosa faranno concretamente per la pace? e contro la fame
nel mondo? In concreto le leggi votate
dal Parlamento saranno contro i Cruise,
contro le Forze Armate, contro gli MX,
contro gli SS 20? Saranno contro le
armi, le guerre e le sopraffazioni in
genere? Penso proprio di no, quindi non
fatemi ridere.
Sì sono un radicale e malgrado tutti
i difetti del P. R. lo trovo più evangelicamente coerente di tutti voi.
Attilio Sibille, Torre Pellice
P
E
R
L
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V
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S
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R
A
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Mützenberg Fr. Sv. 500: Pastoressa Wartenweiler Fr.Sv. 500; E. Vinçon D.M. 50;
Luisa e Klaus Coïsson-Müller, Kollmar
id. 100; Pastore Spengler id. 600; Decano Blòchle id. 100; L. Feyler id. 50;
Julie Rostan id. 100; L. Zimmermann id.
50; Erna Wagner id. 20; Suor Maddalena
Schultheis id. 150; Suor Elfriede Ohiert
id. 200; Coniugi Becker id. 50; Enrico
Combe id. 20; Luise Calleo Di 10; N. N.
Fr. Sv. 40.
Pro Asilo dei vecchi di
Luserna San Giovanni
Doni pervenuti nel mese di novembre
L. 6.500: Flectir Kalgi (Basilea).
L. 10.000; Un fiorellino in mem. di
Arturo da Luciana; Mauro Pons, in mem.
della madrina Nicoletta Odin; Tamietti
■Maria (Torre Pellice).
L. 20.000: I. M., in mem. dei nonni;
Mina Signoretti, in mem. di Tinette Bertin; Giampiccoli Giuliana e Luisa, in
mem. di Nancy Morra (Torino).
L. 25.000: Malanot Pellegrin Ernestina, in mem. del marito Cesare (Torre
Pellice); Caffarel Emilia, in mem. del
marito; Martinat Maria, in mem. di Arturo Balma (Torino).
L. 30.000: Elena e Irma Zuccaro « Il
Roseto » Castell'alfero d'Asti; Alda e
Tullio Beux, ricordando i nostri cari.
L. 50.000: Marco e Alma Avondet
(Prarostino) ; Famiglia Canale e Tarditi,
in mem. di Arturo Balma (Torino); Giovanni Giacomino, in mem. del caro amico Arturo Balma (Cuneo); In ricordo di
Guglielmo dalla, la moglie Lelia Gay;
Jeannette Villa, en souvenir de Rose
Chiappuzzi Ladè; Carlo e Zelia Pons, in
mem. di Arturo Balma; In mem. del caro papà e marito, Loris Airola e Ines
Durand; In mem. di Rostan Eugenio, i
familiari: Chiesa dei Fratelli di Torre
Pellice; Odetto Ivonne, in mem. di Edmondo Vola (ospite Asilo); Chiavia Stefano (ospite Asilo); In mem. di Ines
Cornelio, dalle sorelle Silvia e Olga;
Anny Albarin Vasario; Paulette e Arturo
Fenouil, in mem. dei loro genitori.
L. 60.000: In mem. di Malan Isolina
ved. Benecchio, il cognato e cognata
Benecchio.
L. 80.000; I condomini - via Caprilli 1
di Pinerolo - di Paolo Monti per la morte della mamma Emilia Long Monti.
L. 100.000: Mariuccia Grill, in mem. di
Arturo Balma; N. O. per la giornata dell'Asilo; Unione Femminile Valdese di
S. Remo-Alassio; Malan dementa (ospite Asilo); Mina Gonin, in mem. di
Ippolito Ayassot Elena (ospite Asilo).
L. 150.000: Ermanno, Gentile, Silvio e
famiglie, in mem. della mamma Leonilda Morel.
L. 200.000: Marturano Pierina, in mem.
del marito Bruno (Venezia).
L. 300.000: Lascito Emilia Long Monti (già ospite Asilo); In mem. di Elena
Ippolito Ayassot, le sorelle (Roma).
L. GTO.OOO; 1. Faltermann (Basilea).
Hanno collaborato a questo
numero: Domenico Abate,
Stello Armami Hugon, Giovanni Conte, Franco Davite,
Bruno Gabrielli, Paolo Gay,
Claudio Pasquet, Cinzia Regali, Paolo Ribet, Franco Taglierò, Pino Testa.
a Dio è amore »
Il 13 dicembre c.m. presso l’Asilo
per anziani di Luserna S. Giovanni, e
mancata all’affetto dei suoi cari all età
di 83 anni
Hélène Pons
Lo annunciano i nipoti Peyronel
(Francia) e parenti tutti.
Essi ringraziano la direzione e il personale dell’AsUo, amici e conoscerli
che sono stati vicini alla cara zia, la
dottoressa Claudia Peyrot e il pastore
Bruno Bellion per le parole di contorto.
Luserna S. Giovanni, 17 dicembre ’82
« ...io mi confido in Te, o Eterno. io ho detto: Tu sei
mio. I miei giorni sono in Tua
mano... » ,,
(Salmo 31: 14-15)
Nora, Daniela e Milena, Daniele e
Diego ringraziano quanti, parenti, amici e fratelli in Cristo, hanno desiderato manifestare la stima e l’affetto che
portavano a
Guido Boccassini
e partecipare in modo cosi commovente al loro dolore.
Pinerolo, 17 dicembre 1982
Eventuali offerte possono essere indirizzate alla CIOV, a favore dell Credale Valdese di Torre PeUice.
Il Presidente, la Commissione direttiva ed il Direttore amministrativo
dell’Ospedale Evangelico Valdese di
Torino partecipano con profondo cordoglio al dolore della famiglia per ia
scomparsa del
Dt. Guido Boccassini
Direttore Amministrativo degli Istituti
Ospitalieri Valdesi.
Torino, 17 dicembre 1982
Paola. Vanna e Ezio Besson ricordano con simpatia l’amico dott.
Guido Boccassini
e si uniscono al dolore della famiglia.
Torino. 20 dicembre 1982
AVVISI ECONOMICI
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12
12 uomo e società
24 dicembre 1982
L’INSEGNAMENTO RELIGIOSO NELLA SCUOLA SUPERIORE
Lo Stato «assicura» una
religione confessionale
COSTRUIRE LA PACE
Il disegno di legge sulla riforma della scuola superiore approvato dalla Camera del deputati
nel luglio scorso, che ha suscitato discussioni e perplessità per
Tambiguità di alcuni articoli, non
ci consente di fare delle previsioni. Tuttavia, nell’attesa, può
essere interessante fare una rapida panoramica sui programmi
di religione attualmente in vigore ed esaminare, per sommi capi, ì piccoli passi che ci hanno
condotti da un insegnamento
« consentito » nel 1929 dal Concordato ad un insegnamento « assicurato » dall’attuale disegno di
legge, perché riconosciuto dotato
di una propria qualità formativa.
I programmi
Nel testo ministeriale le indicazioni programmatiche vere e proprie sono introdotte da una « premessa » e completate da indicazioni di ordine metodologico e
didattico in vista dei due momenti educativi a cui sono dirette e
dei vari istituti scolastici.
È interessante notare che nella premessa si ribadisce la necessità della prosecuzione dell’insegnamento religioso nella scuola superiore come complemento
di quello precedente e come orientamento « alla formazione
ed alla maturazione cristiana dei
giovani ».
In quanto ai programmi veri
e propri si nota che agli alunni
dèi l" periodo (biennio) si propone come tema generale « Il ministero di Cristo e della sua Chiesa », a quelli del 2' periodo ( triennio) il tema «La vita dell’uomo
in Cristo e nella Chiesa ». In particolare agli alunni dell’ultimo
anno si propone come tema generale « La presenza del cristiano
nel mondo ».
Le linee programmatiche sono
normative per tutti gli istituti,
ma il piano didattico varia in rispondenza alla natura di ciascuno di essi: così negli Istituti Magistrali « in considerazione dei
compiti educativi dei futuri maestri » l’insegnamento religioso ha
uno sviluppo originale.
Gomitata di Redazione; Franco
Becchino, Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Michelis. Giorgio Gardiol. Marcella Gay,
Aurelio Penna, Jean-Jacques Peyronel, Roberto Peyrot, Giuseppe Platone, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Torino.
D'n-ettore Responsabile;
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• La Luce »: Autor. Tribunale di
Pinerolo N. 176 , 25 marzo 1960.
• L'Eco delle Valli Valdesi »; Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
Per la migliore attuazione di
queste indicazioni programmatiche si danno alcuni consigli: far
ricorso ai testi biblici (scelti) e
liturgici; far riferimento alla storia della Chiesa come mistero di
salvezza nel tempo, riferendosi
anche alle vicende attuali (attività del Papa, della S. Sede, dei
■Vescovi e dei laici); favorire la
ricerca personale e stabilire dei
confronti « nei limiti dell’opportunità » con avvenimenti e correnti del pensiero dei nostri giorni. Con gli alunni dell’ultimo anno si consiglia di approfondire
alcuni temi fondamentali: la dignità della persona umana, l’amore, l’amicizia, il matrimonio,
la famiglia...
È molto chiaro che siffatto
programma è strettamente confessionale e altrettanto chiare sono le finalità cui si tende. Tuttavia non sono i programmi in sé
riprovevoli, ma scandaloso è il
fatto di valersi di una struttura
pubblica e del pubblico denaro
per « catechizzare » intere generazioni!
Sarebbe giusto che lo Stato assicurasse a tutti il diritto di essere onestamente informati ed
assicurasse la possibilità di discutere e di ricercare mentre a
chi vuole di più, cioè a chi vuole
uno specifico insegnamento religioso, fosse assicurato il diritto
di riceverlo, ma a parte e a spese sue.
Invece l’insegnamento della religione viene oggi «assicurato» e
la formulazione ambigua, e pertanto aperta a tutte le interpretazioni, dell’articolo 3 (L’insegnamento della religione è assicurato « nel quadro delle finalità della scuola » e l’esercizio del diritto di usufruirne è « regolamentato in forme che garantiscono il
rispetto della libertà di coscienza e non diano luogo a discriminazioni») in pratica mantiene le
soluzioni attuali (insegnamento
per tutti con facoltà di chiedere
l’esonero) e nel contempo apre la
via ad altre, nuove e tortuose.
La posizione
degli insegnanti
Passiamo ora a dati concreti
ripercorrendo, in materia legislativa e normativa, la strada che
dal 1929 ci porta ad oggi.
L’articolo 36 del Concordato,
tra l’altro, sancisce che l’insegnamento della religione sia impartito da maestri e professori, sacerdoti o religiosi approvati dall’autorità ecclesiastica e sussidiariamente da maestri e professori
laici « muniti di certificato di
idoneità da rilasciarsi dall’ordinario diocesano ». La revoca del
certificato da parte dell’ordinario priva senz’altro l’insegnante
« della capacità di insegnare ».
Anche i libri di testo sono soggetti alla medesima approvazione.
La legge esecutiva del succitato articolo 36 del Concordato stabilisce che l’insegnamento della
religione sia impartito « per una
ora settimanale in ogni classe di
ciascun istituto » ad eccezione
del corso superiore dell’Istituto
Magistrale dove « saranno assegnate due ore »; gli incaricati dell’insegnamento religioso non devono superare, normalmente, le
16 ore di lezione e «hanno gli stessi diritti e doveri degli altri docenti, fanno parte del corpo insegnante ed intervengono ad ogni
adunanza collegiale di esso »; infine « agli incaricati di religione
viene corrisposta, in ogni caso, la
retribuzione stabilita ».
Una. circolare del 1930 provvede a chiarire l’importanza dell’insegnamento religioso negli Istitu
ti Magistrali: « per ragioni evidenti » a questi futuri insegnanti elementari « si richiede una
specifica preparazione diretta ad
ammaestrare gli allievi anche intorno ai modi migliori di accostare all’anima dei giovani i principi e i precetti religiosi ».
Per molti anni (una trentina)
si prosegue sui binari tracciati;
in tempi più recenti (dal 1959 in
poi) si hanno diverse Circolari
ministeriali atte a rispondere a
vari quesiti posti al Ministero
della P. I. circa la posizione degli insegnanti di religione nella
scuola secondaria superiore, fermo restando che l’insegnamento
della religione è tuttora regolato
dalla 1. 5.6.1930 esecutiva dell’art.
36 del Concordato.
Una circolare del 1959 tratta
dell’orario, delle assenze e della
concessione ferroviaria: il numero di ore di lezione dell’insegnante di religione non deve superare un massimo di 18 ore settiinanali, in caso di assenza l’incaricato deve essere supplito da
un insegnante della stessa materia già in servizio o tratto da
un’apposita graduatoria annualmente concordata con l’incaricato diocesano; si ha diritto alla
concessione ferroviaria dopo due
anni di ininterrotto servizio «purché l’incarico non sia inferiore
alle sei ore settimanali ».
Ritorna sulla questione dell’orario una circolare del 1978 che
recita così: « le ore di insegnamento di religione disponibili nelle singole scuole possono essere
assegnate ad uno o più docenti
affidando a ciascuno di essi, ove
possibile, fino a 9 ore settimanali », limite minimo che può essere superato fino ad un massimo di 18 ore.
Una circolare successiva (1975)
puntualizza che l’approvazione o
attestato di idoneità rilasciato
dall’ordinario diocesano ha valore giuridico di abilitazione all’insegnamento (chiarito dal Consiglio di Stato) e che gli insegnanti di religione una volta nominati ed assunti in servizio si intendono automaticamente confermati negli anni successivi... sino a
quando non intervenga una nuova intesa fra l’ordinario diocesano ed il preside.
Una delle circolari più recenti
tratta ancora dell’aspetto economico e fa riferimento al D.P.R.
del 2.6.1981 sull’« Inquadramento
insegnanti di religione » che ovviamente sono diventati una categoria ben definita.
Lo Stato si fa pieno carico
(stipendio, assistenza, concessioni speciali, pensione...) di questa
categoria di «lavoratori» che l’ordinario diocesano assume, controlla, licenzia. E non solo: è
disposto anche a subire l’influenza del peso che questa categoria
può esercitare nelle strutture
scolastiche.
Bianca Natali
Antimilitarismo:
bandiera solitaria
« Noi siamo condannati a un
qualche genere di deterrenza e
di equilibrio nucleare » dice l’ex
segretario di Stato USA Kissinger convinto, come è, che « l’umanità non può disimparare il
segreto dell'atomo ».
In effetti, a voler guardare in
faccia la, realtà, lasciando da
parte allarmismo e pessimismo,
è facile dargli ragione. Tutto
sembra portare ad una simile
conclusione; compresa la chiusura dei governanti all’idea del
disarmo unilaterale.
Se sono alla pari loro, le superpotenze, — uno cerca di convincersi — anche la nostra tranquillità europea rimane garantita.
Ma il ragionamento non fila
così linearmente; e questo fatto
già lo si è appurato con l’uscita
della bomba al neutrone. E’ su
per giù in quel periodo che viene liquidato il discorso del « tanto non accadrà, altrimenti sarebbe la fine per tutti ».
I primi ad adeguarsi all’evolversi della situazione verso un
possibile conflitto totale, ma limitato nelle conseguenze, sono stati politici e strateghi; cioè proprio i responsabili del cambiamento di tendenza. La tecnologia ha compiuto passi da gigante e non è immaginabile ritornare ai coltelli o alle frecce, però il
contenuto di certe « intuizioni »
nelle alte sfere resta sempre lo
stesso; uccidiamoci con gli obici nucleari montati su semoventi che, in fondo, con un attento
controllo, distruggono « solo »
pochi chilometri quadrati; usiamo pure sostanze chimiche che
poi si disperdono nell’aria; in
altri termini ritorniamo al buon
vecchio modo di fare la guerra,
ammazzando quanto basta, senza perciò annientare ogni cosa.
In un mosaico del genere bene si inseriscono le notizie che
riceviamo dai quotidiani. Valgano come esempio le richieste dei
generali Nato per nuove armi
convenzionali da usare in vista
di un ipotetico scontro limitato;
oppure le sperimentazioni di antidoti, ultimo il cocktail al Valium per i soldati inglesi, contro
i vari gas tossici, da somministrare alle truppe d’assalto.
A dispetto di tutto ciò ci sono
le marce per la pace, i digiuni,
le proteste di milioni di persone. Il che, intendiamoci, non è
poco. Tuttavia, finché permarrà
lo scollamento, sul tema del disarmo, tra potere politico e masse organizzate, i risultati (almeno in Europa, dove i gruppi di
opinione non hanno un’influenza
rilevante sulla gestione del potere) saranno scarsi.
L’antimilitarismo, fino ad oggi,
non ha avuto successo perché
non è stato la bandiera di nessuna parte politica. In epoca moderna si è preso coscienza dello
sfruttamento economico e della
oppressione statale: il primo ha
rappresentato il bersaglio del socialismo, il secondo dell’anarchia; ma non è nato alcun movimento politico ner combattere il
militarismo. Al massimo quest’ultimo è stato considerato come sovrastruttura del capitalismo privato e accettato come
un momento di una lotta più
vasta. E’ mancata, storicamente,
una coscienza pacifista.
Il compito grandissimo che
sta ora davanti alla nostra generazione è appunto quello di
crearne una.
Marco Borno
RIESI
Nuove
iniziative
a favore
della pace
Il Comitato cittadino per la
pace di Riesi.,ha organizzato per
il 21 dicembre una conferenza a
dibattito invitando a parlare;
Giacomo Cagnes, Presidente del
CUDIP di Comiso, su « Nuove
forme di lotta per la pace in Sicilia »; Bruno Marasà, responsabile del coordinamento regionale dei Comitati Siciliani, su « Lo
stato del movimento in Sicilia e
nel mondo »; Paolo Naso, Segretario Nazionale EGEI, su « I credenti di fronte agli armamenti
nucleari e convenzionali ». 11 Comitato in collaborazione con
l’ARCI intende altresì organizzare, alla vigilia di Natale, una
giornata di sport e spettacoli
musicali a favore della pace. Infine da registrare che, su proposta del gruppo consiliare comunista, il Consiglio comunale nella seduta del 7 u. s. ha votato
all’unanimità il seguente ordine
del giorno; « Il Consiglio comunale di Riesi, esprime solidarietà
agli organizzatori della Marcia
della pace Milano-Comiso, ne condivide lo spirito ideale e la for-_
ma di civile protesta contro la
forsennata corsa al riarmo missilistico ad Est come in Occidente. Auspica che si pervenga ad
un blocco delle nuove installazioni ed alla riduzione delle armi nucleari e convenzionali. Chiede al Sindaco di organizzare una
valida presenza del Consiglio comunale e della cittadinanza a
Comiso nel momento conclusivo
della Marcia, sabato 18/12 ’82».
Contro l’installazione dei missili a Comiso è tutto un fiorire
di iniziative. Se pensiamo ad un
anno fa, quando il movimento
sembrava isolato e perdente,
possiamo dire di aver compiuto
passi da gigante. Davanti a noi
però, resta da percorrere una
strada lunga, e da combattere
una battaglia ancora più dura.
P. T.
Doni Eco-Luce
DI L. 1.000
Carunchio: Caruso Umberto — S.
Secondo: Griglio Elisa,
DI L. 2.000
Laigueglia: Marchiano Mario — La
Spezia: Stretti Eugenio — Luserna: Prochet Arnaldo — Massa Cozzile: Verreschi Rosita — Roma: UCEBI: Allio Ayassot Emilia — Torre Pellice: Meynet Alida — Vasto: Caruso Davide.
DI L. 4.000
Fumel (Francia): Sappè Emile — Ro
ma: Zeni Ugo — Torre Pellice: Cornelio
Falchi Milca.
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Ginevra: Costabel.
DI L, 7.000
Chiavari: Prassuit Camilla — Firenze:
Innocenti Sergio — Torino: Bruno Elodia.
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Roma: Giovannini Gino.
DI L. 12.000
Bassignana: Pallavidini Rachele —
Luserna: Pisani Emilia.
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Firenze: N. N.
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Germania: a mezzo Ginola Cericela.
DI L. 140.000
Buenos Aires: Saracco.
SOSTENITORI (L. 36.000)
Arenzano: Sasso Ennio — Como: Sorelle Barsalino — Firenze: Gay Arnaldo
— Lucca: Erina Ciafrei — Roma: Ugo
Zeni — S. Maria Capua Vetere: Storino
Mario — Torre Pellice: Cornelio Falchi
Milca: Henking Ruggero.