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Anno 119 - n. 36
16 settembre 1983
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delle valli yaldesì
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
Punti
di vista
LTl settembre scorso è stato il
decimo anniversario del « golpe »
del generale Augusto Pinochet,
che aveva tragicamente concluso l’esperienza del governo di
TJnidad Popolar di Salvador Allende in Cile. Dieci anni fa questo golpe aveva profondamente
impressionato Topinione pubblica mondiale e ovunque i democratici si erano mobilitati manifestando nelie piazze.
Di fronte al dramma del popolo cileno, la nostra solidarietà è
stata grande, abbiamo accolto
centinaia di esuli politici, esiliati dopo aver subito torture e violenze nelle carceri e nelle caserme cilene.
Anche le nostre comunità, i nostri centri ed in primo luogo il
centro Lombardini di Cinisello,
sono stati impegnati per più di
un anno nell’assistenza agli esiliati. Siamo venuti così in contatto diretto con molti quadri politici cileni, con la generazione che
ancor oggi vive nell’esilio in molti paesi europei. Una generazione che ha saputo mantenere viva l’attenzione su quanto è avvenuto in Cile in questi ultimi
dieci anni, che ha saputo prendere l’iniziativa in molte' azioni
di solidarietà con le lotte democratiche aH’intemo del Cile. Una
generazione che però è esclusa
dai meccanismi decisionali dell’opposizione cilena: di qui i molti contrasti e le incomprensioni
dolorose tra le due componenti
della battaglia per la democratizzazione.
Il golpe di Pinochet non è stato solo brutalità e repressione,
ma ha anche rappresentato la
vittoria (forzata) dell’eccnomia
liberista su quella pianificata. In
reazione alla polìtica socialista
di Allende i militari hanno creato una vera e propria mistica
dell’economia di mercato (lezioni
alla televisione, nei centri di incontro, sui giornali popolari) nel
tentativo di ottenere i consensi
dei ceti medi.
Oggi a dieci anni dal golpe la
economia è in grave crisi ed i
ceti medi hanno ormai abbandonato Pinochet che è costretto a
qualche concessione come l’abolizione dello stato di assedio (ma
non delle altre leggi repressive).
L’opnosizione — nonostante le
leggi repressive — è in piena
attività e fa perno su due organismi: il «Proden » (un progetto
di sviluppo nazionale nel quale
si rivalutano alcune idee di Allende) e la «Alleanza democratica » (un raggruppamento interpartitico che comprende democristiani, socialisti, socialdemocratici e nazionali). Due organismi che escludono forze importanti quali i comunisti e la
sinistra marxista, ma che sono
importanti per il processo di
transizione alla democrazia in
Cile. C’è poi il sindacato che sì è
dimostrato capace di mobilitare
ingenti masse e dì sfidare i militari. A livello internazionale Pinochet appare isolato e lo stesso
governo USA comincia a prendere le distanze e a ricercare una
soluzione di ricambio.
Il decennale del golpe può essere una data importante per il
ritorno della democrazia in Cile.
Oggi come dieci anni fa non può
e non deve mancare la nostra solidarietà coi democratici cileni.
Giorgio Gardiol
RIFLETTENDO SULLA CONVERSIONE ALL’ISLAM DI ROGER GARAUDY
Fede o costruzione culturale?
Affrontata dagli uni con le risposte più diverse e smarrita dagli altri nella delusione, la ricerca
di un senso per l’esistenza singola e per la storia è la domanda centrale del nostro tempo
Una delle cose che più mi hanno colpito quest’estate è un articolo di Roger Garaudyi — y
filosofo francese che ha annunciato quest’anno la sua conversione aH’islamismo — in cui egli
traccia la sua traiettoria spiritual-culturale e, appunto, lo sbocco finale.
A 20 anni, nel ’33, Garaudy diventa cristiano e comunista. Si
decide per il cristianesimo nel
momento in cui trionfa « il mondo dell’assurdo e dell’orrore » e
per il marxismo nel momento
in cui è al suo culmine la crisi
economica dell’occidente: ciò
che ricerca è un senso per la
propria vita e per la storia. Più
tardi, dopo aver dovuto constatare che « rURSS non è il socialismo » e che « la Chiesa non realizzava l’aggiornamento del profetico papa Giovanni XXIlr»,
prosegue nel suo lungo sforzo
di dialogo cristiano-marxista. Il
passo ulteriore è quello di constatare la ristrettezza di questo
dialogo limitato al solo occidente. E’ allora che, a partire dal
1974, propugna un incontro delle diverse culture per un dialogo delle civiltà in una comprensione sernpre più approfondita
delle culture non occidentali. Lo
sbocco di questo cammino è la
scelta musulmana che per Garaudy si fonda su tre elementi:
— L’Islam rappresenta per il
mondo « la dimensione trascendente nell’unità della grande tradizione ebraica, cristiana e musulmana ».
— L’Islam non separa ma anzi collega tra di loro scienza,
saggezza e rivelazione, consentendo lo sviluppo dell’essere
umano anziché produrre la sua
distruzione.
— L’Islam permette di colle;
gare tra di loro due dimensioni
fondamentali dell’essere umano,
la fede e la politica.
Che un Islam così idealizzato
non esista nella realfSHnon '~Tb
preoccupa minimamente, così
come non ha importanza per lui
che non esista né un cristianesimo né un socialismo realizzato: sono tutti « fermenti », « prin
cipi regolatori sull’orizzonte sempre, sfuggente della storia», l’ultimo dei quali, l’Islam, sembra
avergli consentito di raggiungere ciò che ha sempre cercato: il
punto in cui « l’atto della creazione artistica, l’azione politica e
la fede sono una cosa sola ».
Il senso della vita
Quello che mi ha colpito in
questo itinerario è la inèsaurihile sete di significato dell’esistenza. Dare im senso alla vita
e alla storia è stata la ricerca costante di quest’uomo dalla fortissima carica spirituale, un senso che riunisse le contraddizioni esistenti in una unità, una sintesi, un'armonia dell’essere. In
questo Garaudy mi sembra il
simbolo della domanda centrale
del nostro tempo: la domanda
del senso della vita. Gli uni tentano di afferrarla dando le risposte più divèrse e spesso inconsuete; gli altri se la lasciano
scivolare tra le dita come la sab
DAI CULTI MATTUTINI DEL SINODO
Uutopia del Regno
Marco 1: 14-20
Sempre mi sono chiesto come
mai dopo l’arresto di Giovanni
Battista Gesù non si sia ritirato
nel deserto per fuggire alla persecuzione, ma si sia messo a
predicare il medesimo messaggio
di Giovanni in Galilea, territorio
ai margini della Palestina e considerata a quel tempo come una
zona dalla quale « nulla di buono può venire » se non terrorismo, sicari e rivoluzionari.
Il nostro testo sembra sottolineare questo particolare: dopo
che Giovanni fu messo in prigione... Gesù...
Il fatto che Gesù predichi e
non fugga fa parte di quei tanti
suoi atteggiamenti che ci lasciano sempre un po’ sbalorditi, come quando prende dei bambini
quali immagine del giusto modo per enti are nel Regno o come quando di fronte alla donna
adultera non ha parole di condanna o di rimprovero, solo pietà e perdono.
Gesù dunque predica in una
situazione di pericolosità e afferma alcune cose importanti. Egli
dice: Sappiate che il regnare di
Dio è vicino e voi tutti dovete
ravvedervi e dovete credere nell'Evangelo. Egli ci parla di una
nuova situazione (Dio ha conquistato il potere e regna!) e ci
chiama a due azioni: cambiare
mentalità e avere fede.
Queste due azioni hanno sempre suscitato in noi un particolare effetto: ravvedimento e fede
sono il cuore della costruzione
della nuova vita indirizzata verso Dio e non mù verso gli idoli
del mondo. Ravvedimento: l’atto
di cambiamento di indirizzo di
vita religiosa: non più seguire le
madonne e i santi, ma Gesù Cristo nostro Signore. Credere: l’alternativa alla via della salvezza
tramite opere meritorie e quindi accettazione della grazia gratuita di Dio per l’opera di Gesù
Cristo nostro Salvatore.
Cercando di rendere questi due
termini in linguaggio meno ecclesiastico, potrei dire che ravvedersi è impostare la propria
vita per una nuova esistenza nei
rapporti con l’altro e nei rapporti con Dio. Cercare di essere il
primo che si volge verso l’altro
senza attendere ricompense, cercare di costruire il bene altrui e
non il proprio benessere, tendere al raggiungimento di una società nella quale tutti siano dei
protagonisti del benessere e non
più oggetti del bene di pochi.
È potrei dire che credere stia
ad indicare una forza che ci permetta di lottare, di soffrire e di
rallegrarci in questa battaglia.
Credere nella verità e nella vita,
anzi nella pienezza di una vita
spesa non per il godimento di
alcuni beni di consumo quanto
per l’altro, il diverso, il distante. Credere che la vera decisione
di questa vita non spetti a me
o a noi, ma a Dio, ad un Dio vicino che ama e che si fa arnare
perché non si nasconde dietro
religiosità umane o dietro mediazioni di sacri istituti.
Però anche traducendo le due
azioni che Gesù ci chiede in un
linguaggio diverso dall’ usuale,
mi sembra ugualmente di udire
la protesta di alcuni miei amici
che un giorno mi dissero: ma come è possibile! Come si può cam
biare mentalità e credere nella
verità e nel tuo Dio d'amore?
Come può l’uomo, la donna e
l’umanità fare questo passo? Il
tuo è un discorso per chi già crede, già ha compiuto questa scelta, già è membro della tua chiesa! L’uomo di oggi e la sua storia non può cambiare. Egli è
contento e angosciato della sua
mentalità. Egli è felice di correre a piedi nudi nella pioggia
per raggiungere il santuario della Madonna e alla sera usare violenza sulla sua donna o su sua
figlia. Egli non può cambiare
mentalità perché è felice d’essere sfruttato sapendo che può a
sua volta sfruttare!
Personalmente sono convinto
che la realtà è questa: l'uomo
non può ravvedersi e credere alVEvangelo! Però Gesù non ci
chiama a queste due azioni stando ben radicati nella nostra
realtà, ma chiamandoci a vivere
la nuova realtà che è vicina: il
Regno di Dio è vicino.
Non si comprenderebbe Vagire
di Gesù, né si comprenderebbero le sue parole, se dimenticassimo anche solo per un momento questa nuova realtà: il Regno
di Dio. Óra, con Gesù, nelle trame del tessuto della nostra realtà si è inserita una nuova realtà, opposta e in lotta con la vecchia. Da una parte la vita dell’uomo, dall’altra parte la vita
del Regno. L’una e l’altra sembrano convivere, pacificamente
percorrere le loro vie aggregando uomini, donne e le loro storie.
Ma in effetti sono due realtà che
Giovanni Anziani
(continua d pag. 12)
bia del mare nella delusione di
una ricerca abortita o stroncata. Ma gli uni e gli altri, in positivo o in negativo, ne testimoniano la centralità.
E d’altra parte la risposta di
Garaudy mi è sembrata per contrasto così modesta e deludente. Non perché l’Islam non sia
rispettabile o che sia subordinato alle interpretazioni che ne
danno oggi diverse società arabe. Ma perché si tratta di una
risposta volta verso il passato
e di una costruzione culturale,
di una nostalgia e di un’invenzione.
L’armonia che Garaudy insegue ha avuto probabilmente tracce di realizzazione nel passato
musulmano (ma non solo in questo: pensiamo a certi_ aspetti
della società civil-religiosa del
Medio Evo cristiano), ma la storia non va indietro, non ritorna,
non può ignorare le lacerazioni
del tempo moderno, di questo
secolo, che non vengono sanate
dall’idealizzazione di un’armonia
passata.
E questa stessa armonia appare come una costruzione culturale « inventata », realizzata con
i più diversi materiali di una vastissima cultura, ma sempre^ entro il raggio limitato deH’azione
e della comprensione che ha l'uomo al suo centro, nell’ambito
perciò delle cose penultime mentre il senso dell’esistenza ha il
suono delle domande assolute, il
marchio delle cose ultime, delle
cose che appartengono a Dio...
Nuovo Testamento
Cosa dicé il Nuovo Testamento a proposito del senso dell’esistenza? Invano si cercherebbe
qualche passo che dia una risposta alla domanda fondamentale in questi termini. Eppure
innum-^revoli sono i passi che
ne parlano usando i termini cui;
turali del 1” secolo: la sete di
salvezza, intesa come realizzazione cosmica (non ridotta ad
una egocentrica dimensione individualistica).
E della salvezza-senso della vita il N.T. mi pare dica almeno
tre cose essenziali.
1. Anzitutto non dà risposte
facili, da manuale. La chiesa
spesso lo ha fatto, tentando di
tradurre, di sistematizzare, di
rendere più comprensibile o accettabile. Ma il N.T. ne parla
con grande cautela. In I Pietro
1: 3-9, per esempio, se ne parla
con un’immagine. Il senso della
vita è un’eredità che ci aspetta.
E Questo dà subito un orientamento dominante, una tensione
verso il futuro. Ma non molto
più di questo: il, contenuto di
questa eredità è espresso in termini solo negativi: è incorruttibile, a differenza di tutto ciò che
appartiene al mondo fisico e che
si consuma: è incontaminata a
differenza di tutto ciò che appartiene alla sfera umana e che è
spiritualmente impuro; ed è perFrando Glampiccoli
^ « Pourquoi je suis musulman »,
et Le Monde », 30.7.83
(continua a pag. 2}
2
2 fede e cultura
16 settembre 1983
UNA BIOGRAFIA DI LUIGI ROSADONI
La fede di un prete laico
« Essere profeta oggi » è un
saggio che Bruno D’Avanzo dedica alla vita, all’impegno ed alla
fede di Luigi Rosadoni, prete
cattolico. E’ una biografia ragionata, che si basa soprattutto sulla attività pubblica di don Rosadoni, sm suoi rapporti con la
comunità di base, con la chiesa
cattolica e con le istituzioni.
L’autore identifica la figura del
parroco di Nave, in provincia di
Firenze, con quella di un profeta all’indomani del Concilio
Vaticano IL Infatti il Rosadoni,
in una delle sue lettere dell’adolescenza, preoccupato di non riuscire ad identificare il Dio che i
preti presentavano, esclamò:
« lessi la Bibbia ed allora vidi il
sole ». Le sue scelte furono determinate dalla intima e personale riflessione della Scrittura.
Ma tale suo impegno e studio,
dapprima individuale, divenne
in un secondo tempo comunitario e collettivo. In primo piano
le sue valutazioni ideologiche, attualizzate in seguito con chiare
scelte di vita. Per il parroco Rosadoni Dio si trovava nell’altro,
nel fratello, o anche in noi stessi, e non poteva essere limitato
ad una pura visione immanentistica. Per lui la visione di Cristo era quella della croce in cui
si plasma la comunità che non
ha nulla a che fare con la organizzazione ecclesiastica. Era presente in lui l’idea che la chiesa cristiana non doveva dare vita ad
ima forma qualsiasi di organizzazione o di struttura, perchè
ciò l’avrebbe portata a scadere
dalla sua funzione peculiare di
oggetto che anmmcia il Risorto.
Fede o costruzione?
(segue da pag. 1)
ciò imperitura, destinata a non
finire mai.
Questi aggettivi negativi servono a sottolineare l'appartenenza di questa eredità a Dio e non
a noi. Il senso della vita non è
cosa che ci appartiene e di cui
disponiamo o che costruiamo
con le grandi impalcature della
fUosofia o con i modesti supporti del buon senso comune.
2. Il senso della vita può essere avvicinato solo per mezzo
della fede. Anche Garaudy parla
di fede. Ma di che fede si tratta?
« La fede, egli dice, è una ragione senza frontiere »: si ha l’impressione che sia come un sesto
senso dell’Homo, una sua possibilità supplementare, una sua riserva nascosta da scoprire e
mettere in campo nel gigantesco
sforzo di costruire il senso della vita.
Il testo neotestamentario citato dice invece che siamo custoditi in vista del senso della vita
mediante la fede. Ecco subito un
verbo al passivo. Perché qui, nell’ambito delle cose ultime, non
siamo noi che agiamo e costruiamo il senso della vita con tutti
i pezzi disponibili: è Dio che agisce per noi e noi siamo prima
di tutto passivi. Tra le mille cose^ dette e lette su Lutero quest’anno la più vera mi è parsa
questa: la fede « trasferisce l’uomo più in un atteggiamento passivo (cioè ricettivo) che in un
atteggiamento attivo » (Hans
Mayer, cit. da Paolo Ricca). La
fede è prima di tutto ricevere
l'azione di Dio per noi, è essere
prima aH’ascolto che all'azione,
come aveva capito Maria meglio
di Marta. Più ancora: è essere
aiferrati da Dio, magari per recalcitrare davanti a tali stimoli,
come Paolo; o per esser portati
dove non si vorrebbe, come Pietro; o per tentar di fuggire lontano, come Giona; o per sentirsi talmente « incastrati » da maledire il giorno della propria nascita, come Geremia. Perché la
fede, l’essere afferrati da Dio è
Cosa scomoda, è un essere messi in questione fino in fondo, un
essere spogliati delle proprie difese, un essere come rovesciati
dall’alto in basso, tanto che invece di salvezza si sperimenta
il più grande pericolo e invece di
senso della vita si sperimenta
l’assurdo. Senza queste angosce
e oneste tentazioni e prove non
si è portati verso il Senso della
vita. E d'altra parte, proprio in
questa « esposizione a] grande
pericolo », proprio perché si tratta dell’azione di Dio e non della
nostra, l’essere afferrati da Dio
diventa un’esperienza di straordinaria sicurezza e perciò di
gioia indicibile.
.3. In terzo luogo il N.T, ci annuncia che il senso della vita è
connesso con Cristo. Anzi, che
il senso della vita è il Cristo.
« Voi moriste e la vita vostra è
nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, la vita nostra, sarà
manifestato... » (Col. 3: 3^). Il
senso della vita è con Cristo, è
Cristo il senso della vita. Il passo allude alla risurrezione ed è
questo il centro misterioso dell’eredità che ci attende. E la fede che ci avvicina a questo centro non è una fede generica, una
credenza indistinta, ma fede nel
Cristo risorto. E’ questo fatto
creduto che costituisce lo spartiacque delle risposte alla domanda del senso della vita. Al
di qua di esso stanno tutte le
risposte penultime, le costruzioni (anche religiose) che così
spesso noi elaboriamo per ridurre alla nostra portata la grande
domanda fondamentale. La fede
nel Cristo risorto è invece l’impossibile (per noi) possibilità
che ci è proméssa: quella di essere portati al di là della frontiera delle nostre risposte penultime e di esser fatti partecipi delle cose ultime, le cose di Dio.
Questa dunque mi pare la sfida
che il messaggio evangelico ci
rivolge in questo tempo. Accanto a chi si impegna nella costruzione culturale del senso della
vita e a chi nella delusione ha
perso ogni fiducia nell’esistenza
di un senso della vita, vivere
con sobrietà l’avventura della fede che è l’essere portati da Dio
verso il senso ultimo della vita,
il Cristo risorto.
Franco Giampiccoli
In questo senso era molto lonttmo sia dalla chiesa cattolica
che dalla riforma del XVI secolo.
Secondo il Rosadoni il pericolo
per la comunità di base era
quello di dimenticare la fluida
azione dello spirito e di lasciarsi imbrigliare neU’idea della religione di_ stato per detenere il potere spirituale con evidenti ripercussioni sul piano politico e
temporale. La sua era la ricerca
della solidarietà, della fratellanza, del servizio in nome di una
fraternità che non ammette gerarchie.
La stia interpretazione dell’eucarestia, pranzo sereno e comunitario, tendeva a desacramentalizzare il momento stesso, vedendo nei sacramenti dei segni
e nel ministerio un servizio.
Nasceva quindi con lui una
chiesa che leggeva la Bibbia, che
faceva autocritica, che vedeva
la confessione come scambio di
opinioni su se stessi, come esame di coscienza pubblico da parte di tutta la comunità. Ed insieme ai fratelli della comunità
della Resurrezione rinunciò al
battesimo dei bambini ed accettò il sacerdozio universale di
tutti i credenti. Tutto questo
finì per avvicinarlo a Lutero e
alle tesi della riforma protestante.
Il Rosadoni cercò anche di non
confondere fede e politica, perchè certo ohe il lievito della fede
non poteva identificarsi con i
metodi delle lotte sociali. Scelse
comunque i poveri e gli umili
come imitazione di un Cristo
che si annullò per Tumanità. Ripeteva spesso che lottare con loro significava inserirsi nell’opera
divina.
Secondo l’autore Brimo D’Avanzo il parroco di Nave era
quindi un laico che leggeva la
Bibbia, che si preoccupava di
tradurla in un linguaggio adatto
all’uomo moderno, con una fede
che rifiutava le strutture, le costrizioni, gli intrallazzi che finivano per impedire alla chiesa di
seguire^ Cristo. In queste scelte
è visibile la sua figura di profeta, di un uomo che riuscì a
capire la volontà di Dio in un
mondo già secolarizzato.
Timoteo Nori
Bruno D’Avanzo : Essere profeta oggi.
Vita, impegno e fede di Luigi Rosadoni - DidaChè 'Ed., Firenze - pagg.
242 - lire 10.000.
SANTA SEVERA
Contro ogni barriera
(nev) — Il problema dell’omosessualità è stato affrontato al
centro evangelico di Santa Severa (Roma) nel corso di un convegno (28.6-12.7) che ha proposto
all’attenzione dei credenti alcuni
elementi di riflessione sull’argomento.
Nel documento approvato a
conclusione dei lavori viene sottolineata l’emarginazione di questa particolare forma di sessualità da parte della cultura dominante.
« Finora — si afferma nel documento — pregiudizi, paure e disinformazione, congiunte a condizionamenti di ordine sociale,
culturale, psicologico e religioso
hanno portato ad una visione limitata e non chiara dell’omosessualità e dei suoi più profondi
aspetti ». « Il ministero di Cri
sto — prosegue il documento
è stato contrassegnato dall’abbattimento di barriere di natura
religioso-sacrale, razziale, nazionalista, sessuale, politica e culturale oresenti al suo tempo. Que
sto lo ha portato a scontrarsi
con le autorità religiose e perfino
con i suoi discepoli. Una chiesa
che ancora oggi vive operando
divisioni e consolidando discriminazioni è in conteaddizione
con l’evanplo di Gesù Cristo ».
I partecipanti al convegno ritengono quindi necessario superare le comuni definizioni dell’omosessualità come devianza, malattia o peccato, per inquadrarla « nel tema più generale della
sessualità umana che trova piena realizzazione nell’amore inteso come dono reciproco o scambio e fedeltà, con l’esclusione di
violenza, prevaricazione, mercificazione e sfruttamento ». « Rifuggendo quindi da ogni forma
di discriminazione e condanna
precostituita — conclude il documento — la chiesa è chiamata
ad accogliere senza distinzione
tutti coloro per i quali Cristo è
morto, anche omosessuali, che
rispondono all’armuncio dell’evangelo, ponendosi così come segno anticipatore della nuova realtà inaugurata da Gesù Cristo ».
MALAFEDE
PRESUNTA
L'orrendo massacro dei 269 passeggeri dell'aereo di linea sud-coreano cinicamente abbattuto dai militari russi, ha dimostrato a tutto il mondo, ancora una volta, e nel modo più orrendo,
quanto sia mostruosa e pericolosa la
follìa distruttrice sovietica. L'incoerenza dei loro contraddittori comunicati ha
evidenziato la loro malafede.
Oggi dunque è ancora più tristemente evidente che i fautori del disarmo
unilaterale chiedono all'Europa l'incoscienza di rassegnarsi alla minaccia atomica del Paese più tirannico e criminale dei mondo.
Ai di là delle ingenue utopie, appare
sempre più necessario per l'occidente
garantire la pace con adeguate e convincenti controminacce, l'unico linguaggio che i sovietici sembra comprendano. È triste, io so, ma paradossalmente
l'unica possibilità per scongiurare una
eventuale aggressione sovietica è di
convincere Andropov & Compagni che
anche la Russia verrebbe sicuramente
distrutta. Cosa non matematicamente
certa nelle attuali condizioni, visto e
considerato che gli SS 20 finora installati possono distruggere in soli 10 minuti l'intero dispositivo 'NATO in Europa,
nonché le nostre principali città.
I comitati per la pace auspicati dal
Sinodo sapranno fornire informazioni
obiettive, anziché le solite false notizie antiamericane? Sapranno dire che
se fossero lanciati i terribili SS 20
l'Europa avrebbe solo 30 secondi d'allarme? Diranno francamente che dei
sovietici non ci si può fidare molto,
dato che sono capaci di usare la guerra batteriologica e le bombe giocattolo
contro la popolazione afghana?
Dopo simili fatti, anche i ciechi hanno visto la triste realtà. Mi sento dunque autorizzato a non credere più alla
buona fede di coloro che oseranno
continuare a strumentalizzare Comiso
con le loro deliranti ipotesi politicamente a senso unico. Ritengo che l'immagine della Chiesa Evangelica sia
danneggiata da quegli evangelici che
manifestano per la pace insieme ad
elementi notoriamente violenti di Autonomia Operaia. Ciò costituisce un
ulteriore elemento di incoerenza da
parte di chi pretende di predicare la
non violenza insieme ai violenti. Farò
Che fare
a Guardia P.
A questa giusta domanda la
Conferenza del IV Distretto ha
dato delle risposte concrete (cfr.
« La Luce », nn. 26 e 27 del 24/6
e 1/7), che è bene sottolineare
perchè l’inaugurazione del Centro Giovan Luigi Pascale coinciderà con il secondo turno del
gemellaggio tra Guardia e Torre
Pellice. Giustamente viene posto
l’accento sulla necessità di non
fare del « proselitismo trionfalistico », e tanto meno dei « sogni di riconquista quanto mai
fuori luogo e fuori tempo »,
ma ciò non toglie che, se oggi
Guardia e i siti viciniori sono
mete di nellegrinaggi storici ed
occasioni di gemellaggi, lo si
deve soltanto al fatto che gli abitanti di quei luoghi furono massacrati quattro secoli fa unicamente perché vollero restare fedeli a Cristo e al suo vangelo!
In quanto alle iniziative progettate per la fine di settembre,
ben vengano incontri di studio e
di confronto a tutti i livelli. A
mio modo di vedere, basta e avanza un solo Comitato, quello
promotore. Una buona base di
partenza sarà la Biblioteca, per
la fondazione della quale suggerisco che chiunaue ha doppioni di libri e di opuscoli d’interesse valdese o protestante li
mandi al nastore Vincenzo Sciclone: al quale vada fin da ora
la nostra fraterna riconoscenza
per quanto ha operato e opera
ai fini di una sempre viva presenza evangelica in Calabria.
Giovanni Gönnet
mio l'appello della giunta comunale di
Comiso, affinché « tali pseudopacifisti
vengano isolati ».
In nome della giustizia e della sicurezza devo concludere dicendo SI’ alla installazione dei Cruise a Comiso.
Luigi Maria Nicolai, Terni
PREGO, PRIMA LORO
Mi riferisco a ■■ Punti di vista » de
” La Luce ■> n. 34 del 2 settembre. Mentre sono d'accordo sui contenuti ideali
degli argomenti, non sono rimasto persuasa circa le conclusioni.
C’è infatti un abisso fra le due
parti, poiché ad Ovest sono i popoli ohe
vogliono la pace mentre all’Est i popoli non possono volere nulla perché hanno il cerotto sulla bocca e le penne...
senza inchiostro, dato che tutto è nell'arbitrio di potenti gruppi di potere assoluto, autori, fra l'altro, di quella vergogna internazionale che si chiama «muro di Berlino ». E come i predetti non
hanno esitato a sparare sul Jumbo sudcoreano assassinando proditoriamente
269 creature innocenti [con un supposto
futile pretesto) così non esiterebbero
certo ad approfittare della loro incontrastabile strapotenza (conseguente ad un
disarmo unilaterale) per invadere il
mondo inerme onde imporre le loro ideologie come hanno fatto e fanno noi
disgraziati Paesi dell’Est.
Poiché in occidente non esistono intenzioni né « disegni » del genere, è altrettanto chiaro che se fosse invece
l’Est a procedere al disarmo unilaterale, da parte dell'Ovest non si farebbe
altro che imitare immediatamente e con
entusiasmo collettivo generale.
Questa sarebbe con matematica certezza la strada della vera pace e i
gerarchi russi lo sanno, ma si guardano bene dal solo pensarci.
Il disarmo unilaterale dell’Ovest si
risolverebbe invece in un conflitto difensivo disperato (forse peggiore di
una guerra) per salvaguardare il sacrosanto ideale della « libertà ».
È proprio questa la pace che cerchiamo? Ferruccio Giovannini, Pisa
DOPO LA PARENTESI
Caro Direttore,
ho letto con piacere il tuo « Punto di
vista » (n. 34 del 2.9.83), non solo perché mi ha aiutato a conoscere un poco
la testimonianza di Gustavo Comba, ma
anche perché mi offre l'occasione di
ritornare sul tema della pace e del disarmo, sul quale in Sinodo non abbiamo
potuto 0 saputo dire una parola più
chiara, starei per dire più evangelica di
quella che abbiamo detto nella lettera a
Craxi.
Forse, la preoccupazione di farci ascoltare ci ha preso la mano, e abbiamo inclinato più verso il 'realistico che
verso il profetico. Ma era questo che
dovevamo fare?
lo spero che si sia trattato di una
parentesi, e che sappiamo riprendere la
via di un cammino più conforme alla
sensibilità ohe siamo andati maturando
negli ultimi anni.
So bene che la proposta del disarmo
unilaterale sembra irrealistica, impraticabile e suicida. Ma fino a quando le
superpotenze giocheranno a « potenziare la propria difesa contro un possibile
attacco nemico », la pace diventerà —
essa sì — sempre più irraggiungibile.
lo penso che qualcuno dovrà pur trovare la forza morale e politica di spezzare questa spirale maledetta del giocare a « difendersi ». E d’altra parte ho
I Impressione (ohe può derivare dalla
mia ignoranza politica e dal mio scarso
senso di realismo) che, data l’attuale
quantità e qualità del potenziale distruttivo di cui ciascuno dei contendenti
dispone, l'ipotesi del disarmo unilaterale non sia, tutto sommato, più suicida
della continua corsa alla « difesa » cui
assistiamo impotenti e impauriti. È stato detto — da chi se ne intende — che
in caso di conflitto i vincitori avrebbero poco da invidiare ai vinti... e anche
poco tempo per farlo.
Mi sembra dunque opportuno che
continuiamo a riflettere, nelle chiese
come sulle colonne del giornale, perché non abbiano a cadere « la tensione e l'attenzione » nei riguardi di questo problema, per usare l'espressione
dell'ultima Conferenza del IV Distretto.
Ciao e buon lavoro.
Salvatore Ricciardi, Taranto
3
16 settembre 1983
fede e cultura 3
UN GIUDIZIO SUL SECONDO VOLUME DELL’IMPONENTE OPERA DI GASTALDI
Contraddizioni dell'anabattismo
sti comunque averli soltanto richiamati.
Infine, a parte la bellezza di alcuni capitoli quali quello sull’anabattismo olandese e italiano, si sarebbe preferito da parte del Gastaldi una maggiore attenzione ai problemi e alle condizioni economiche, politiche.
La lunga odissea dell’anabattismo europeo - La sconfitta politica avvia l’involuzione religiosa Da rivoluzionario a movimento religioso di scarso rilievo salvo che nel suo impegno pacifista
Pur con notevole ritardo — scusandoci per questo con
l’autore e i lettori — pubblichiamo questa recensione della
seconda parte dell’imponente opera di Ugo Gastaldi sull'Anabattismo.
Ne! secondo volume della sua
« Storia dell’anabattismo » — da
Münster ai giorni nostri —, Ugo
Gastaldi traccia il quadro delle
vicende e degli avvenimenti del
movimento anabattistico nelle
varie regioni e nei vari stati europei ed extraeuropei. La ricostruzione dei fatti è minuziosa,
precisa, con un ricco apparato
di note esplicative e integrative,
nonché di documenti iconografici e cartine storiche, che testimoniano da un lato la vastità e
completezza delle ricerche effettuate dall’Autore, dall’altro il
modello storiografico prescelto,
che ci sembra essere quello della storiografia positivistica affermatosi neH’800.
Assistiamo così all’odissea, alle peregrinazioni, alle scissioni
dei vari gruppi anabattistici vaganti per l'Europa, alle persecuzioni c repressioni cui vengono sottoposti di volta in volta,
o dal potere politico o dall’azione congiunta di questo e delle
altre confessioni religiose (riformate e non) all’emarginazione e
all'intolleranza cui vengono costretti o di cui vengono fatti oggetto, dal momento che non intendono rinunciare ad alcuni loro principi quali il giuramento
civico, il rifiuto del servizio militare, ecc. Nel contempo, all’interno del movimento anabatti; stico, e ad opera soprattutto di
' Menno Simons, avviene la liquidazione e l’espulsione delle ultime frange estremistiche e rivo. luzionarie, ancora sensibili al fascino e al mito di Müntzer e delle idee che stavano dietro quella
realtà e quel mito. Al Gastaldi,
tutto ciò sembra un bene. E certamente, se sul piano storico
possiamo convenire con tale giudizio, nel senso che ormai le
istanze sociali rivoluzionarie erano uscite sconfitte nello scontro
di classe in atto già durante la
Riforma, con il fallimento e la
violenta repressione della rivolta
dei contadini capeggiata da Th.
Müntzer, e che quindi ripropori le era quanto meno inattuale,
ciò non toglie tuttavia che la
. posizione di Menno Simons e di
^quanti si ispiravano alle sue
idee, su un punto essenziale si
poneva oggettivamente e soggettivamente in posizione più arretrata e moderata rispetto a Münt- zer e a quanti si rifacevano ancora alle sue idee e alla sua
prassi: l’aver ridotto « ...Vesca
co concreto, dal momento che
non ci si propone più di modificare i rapporti politici tra le
classi sociali in lotta, il movimento anabattistico si ripiega
quindi su se stesso, disinteressandosi di ciò che avviene nel
mondo circostante. La sconfitta
del movimento dei contadini e
la vittoria e l'ascesa delle classi
borghesi (principi, mercanti, ecc.)
segna e ci spiega, pertanto, il
passaggio della leadership del
movimento anabattistico nelle
mani di piccolo-borghesi, con i
conseguenti processi di secola-.
rizzazione, mondanizzazione, imborghesimento, già rilevati da
E. Troeltsch5 e sottolineati, mi
pare, dallo stesso Gastaldi, che
non mi sembra tuttavia ne tragga tutte le dovute conseguenze
e i rischi impliciti in una tale
svolta.
Se è vero infatti che nell’anabattismo posteriore a Münster:
« non ritroviamo più il dinamismo, lo zelo proselitisticó, la capacità di aggregazione che distinsero l’anabattismo anteriore a
Münster... né vi riconosciamo
l’anelito di libertà, la creatività
geniale, la speranza di giustizia
e di rinnovamento universale che
in così larga misura alimentarono gli entusiasmi della prima generazione » resta da vedere se
la scelta operata, che fa di questo nuovo anabattismo qualcosa
di « ...sempre meno Schwärmer
e molto più vicino alla sobrietà
ed alla razionalità protestante » ^
sia tutta da condividere, come
sembra faccia il Gastaldi, o non
vada riconsiderata in una luce
più critica. Perché dietro quella
sobrietà e razionalità protestante si nasconde il più delle volte
una precisa scelta di classe, a
favore della borghesia in ascesa
e contro le classi lavoratrici
subalterne, che nelle società capitalistiche affermantesi in Europa vengono sottoposte a uno
sfruttamento intenso, brutale e
disumano, oltre che eseluse dal
potere politico, sul cui trattamento e sulle cui condizioni di
vita poco incidono i valori etici
cristiani delle chiese riformate.
Non va dimenticato, infatti, che
già dalla seconda metà del '500
in poi è in atto anche nelle altre
correnti riformate (luteranesimo, calvinismo, ecc.), un processo involutivo, di arretramento su
posizioni più moderate e conservatrici: partite ugualmente da
tologismo alla pura e semplice posizioni rivoluzionarie e di rotndo avvento di tura con l’ordine politico-sociale
attesa del secondo
Gesù Cristo, eliminando o^ni pretesa di instaurare o anticipare il
regno di Dio in terra mediante
la forza delle armi » b
L’involuzione
»
Ora, è proprio questa concezione del Regno di Dio come puramente trascendente, da realizzare nelTal di là più che neH’al di
qua, che costituisce l’elemento e
il momento involutivo, moderato dell’anqbattismo dopo Münster, e di cui Menno Simons si
fa assertore. E’ qui che si consuma ed avviene, a mio avviso,
il divorzio tra teologia e rivoluT zione, nel non considerare più
il Regno di Dio come qualcòsa
da realizzare su questa terra, hic
et nunc, come invece riteneva
Müntzer e le frange rivoluzionarie che a quella impostazione e
a quella lotta si rifacevano Di
' qui anche il tipo di messaggio
. proposto, fortemente « disincarnato », interiorizzato, rivolto
quindi a individui singoli, e lion
più a un referente sociale stori
mana e il criterio finale del successo... rappresenta la negazione
di qualsiasi sistema di pensiero
o di morale che possa dirsi cristiano ».
religioso esistente, finiscono anch’esse con un compromesso col
mondo e col proporre una « ascesi intramondana » che, lungi dal
permeare di valori cristiani, pro'pri dell’etica protestante, la società del 'SOft-’éOO (e oltre), viene
invece, e forse, in parte inconsapevolmente, fagocitata dal nascente capitalismo. Per cui l’etica protestante, come è stato giustamente notato', anziché ottenere il suo trionfo nel mondo,
viene da questi aggirata, mani"'polata, sconfitta, dal momento
che l’influenza dei rapporti di
produzione, della struttura economica. cioè, sulla reli^one è
quella di svuotarla all’intemo,
utilizzandone al contempo l’involucro dottrinario come paravento ideologico. Per cui si pone il
problema se non sia il caso, come suggerisce il Tawney, di contro le tesi di M. Weber, di divorziare l’etica protestante dallo
spirito del capitalismo, dal momento che quest’ultimo con l’asserire « ...che il raggiungimento
della ricchezza materiche sia l'obiettivo supremo dell’.attività u
La contraddizione
Ora, di fronte a questa secolarizzazione di fatto, a questa perdita di valori etici cristiani ad
opera del capitalismo che si verifica aU’intemo stesso delle religioni riformate, che molto spesso diventano altresì e svolgono
un ruolo e una funzione di « instrumentum regni ». l’anabattismo post-miinsterita assume
spesso una posizione ambigua e
contraddittoria. Da una parte,
con l’abbandono del messaggio
rivoluzionario di liberazione_ del
cristianesimo in favore degli oppressi, degli sfruttati, degli emarginati, dei minimi di questa terra, che vengono così abbandonati a se stessi e alla spietatezza
del capitalismo sfruttatore, e
con l’assumere una posizione
i< neutrale » nei confronti dello
Stato e del potere politico, si
schierano anche loro di fatto su
posizioni conservatrici e moderate, come le altre correnti riformate, legittimando lo « status
quo », quando addirittura non inserendosi anch’essi attraverso un
processo di secolarizzazione nell’ordine politico-sociale esistente.
Dall’altra, il voler mantenere fede ad alcuni principi (la nonvi(>
lenza, il rifiuto del servizio militare, ecc.) con quell’ordine incompatibili, li espone sistematicamente alla repressione, persecuzione, ecc., anche perché si trattava ormai di proteste di singoli
individui o piccoli gruppi, che
non riuscivano più a coinvolgere su questi singoli problemi vasti strati della popolazione, avendo perso ormai il messaggio cristiano la sua carica rivoluzionaria e dirompente. Di qui il calvario delle sette e dei gruppi anabattistici per l’Europa e fuori,
e la loro apparente inspiegabilità, inutilità e sterilità rilevata
dal Gastaldi in chiusura del libro, ma che trova, a mio avviso,
un principio di spiegazione nelle
considerazioni fin qui svolte.
Su questi temi (rapporto teologia-rivoluzione, protestantesimo-capitalismo, ecc.), che sono
quelli che più immediatamente
sono ricorsi alla memoria nella
lettura del volume del Gastaldi,
data la loro sempre e attuale irnportanza, occorrerebbe un discorso più approfondito: qui ba
culturali del periodo trattato, onde permettere al lettore di orientarsi meglio nella sterminata
massa di fatti, personaggi e avvenimenti trattati nel corso dell’opera. Ma data la vastità e accuratezza della ricerca, forse è
chiedere troppo all’autore. Tuttavia, non sarebbe forse male
(è solo un modesto suggeriinento!) che egli presentasse i risultati di questa sua fondamentale
e importante ricerca sull’anabattismo in una sintesi più a^le e
con un inquadramento politicoeconomico-culturale più ampio,
che agevoli la lettura al grosso
pubblico.
Arturo Cericela
Ugo Gastaldi : Storia dell’anabattismo/2 - da Münster ai giorni nostri.
Ed. Claudiana (To) - Die. 1981 pp. 855. L. 35.000.
1 U. Gastaldi: op. cit., pag. 32.
2 Cfr. a questo proposito : Engels :
La lotta dei contadini, in Germania Ed. Riuniti - Roma; M.M. Smirin:
La riforma popolare di Th. Müntzer e
la grande guerra dei contadini - parzialmente riprodotto in: A. Saitta:
Antologia di critica storica, Laterza
' E. Troeltsch: Le dottrine sociali delle chiese e dei gruppi cristiani voi. II, pp. 487 - La Nuova Italia (Fi).
* e ' U. Gastaldi: op. cit. Introduzione - pag. IV.
' R.H. Tawnet: La religione e la
genesi del capitalismo. Feltrinelli (Mi).
UN LIBRO PER I BAMBINI CHE FA BENE ANCHE AGLI ADULTI
“ Buon viaggio, Aizl”
Da sempre le persone « per
bene », felicemente inserite nella
società, diffidano di chi non la
pensa come loro e si comporta
in maniera diversa; per secoli
le minoranze etniche, religiose
e politiche, i dissidenti d’ogni
tipo, hanno sperimentato smia
propria pelle persecuzioni, sfruttamento, emarginazione, lottando per conservare intatti i loro
ideali e la loro libertà.
Ci piace credere che al giorno
d’oggi certe situazioni siano migliorate, ma spesso non è così:
questo simpatico libro di due
donne ci parla degli zingari, che
sono tuttora vittime di un rifiuto
sociale quasi assoluto, e cerca di
sfatare calunnie e vecchi tabù*.
Sin dai tempi antichi ivsedentari, che trascorrono la propria
vita spostandosi il meno possibile, hanno demonizzato gli zingari, come se questo popolo libero, senza governo nè programmi, rappresentasse una minaccia
alla loro tranquillità: si è diffuso così il mito negativo dello
zingaro scansafatiche, ladro, stregone, sporco, rapitore di bambini, condiviso tuttora dai più.
Quest’opera, illustrata da disegni veramente originali e grazio
si, si rivolge soprattutto ai bambini: « Il nostro-lavoro — dichiarano le Autrici — vorrebbe impedire che i pregiudizi degli
adulti si trasmettessero ancora
ai piccoli, facendo loro dimenticare che tutti i bambini sono
uguali nonostante abbiano diverso il colore della pelle, parlino
lingue differenti, abitino in un
palazzo, in una capanna o in una
carovana ».
Il linguaggio usato è vivace,
scorrevole, chiaro; il racconto
deriva da un’approfondita conoscenza del mondo gitano, e gli
episodi narrati (riunioni, partenze, nascite, funerali, matrimoni) sono tratti dalla vita vera che
si svolge nei campi dei nomadi.
Apprendiamo, per esempio, che
agli zingari non piace essere
chiamati così, si definiscono sinti, o zigani, o rom, a seconda
della tribù a cui appartengono.
Le Autrici sottolineano molti
risvolti poco conosciuti dell’animo zigano: il profondo rispetto
che tutti i sinti nutrono per ogni
forma di vita, l’attaccamento per
la famiglia, la solidarietà di
gruppo, l’entusiasmo che li spinge verso terre sempre nuove, la
fede religiosa tenace, semplice e
viva:
come
ECUMENE
Critica biblica e 6ola scriptura
Il principio della « Sola Scriptura » affermato dai Riformatori
protestanti del XVI secolo sarà saggiato e confrontato con i problemi che emergono dalla moderna critica biblica nel tradizionale
« Campo biblico » che si terrà ad Ecumene tra il 19 e il 24 settembre. Il dibattito sarà introdotto da;
— prof. Bruno Corsanl, past. Domenico Cappella : La critica
biblica ;
— prof. Sergio Rostagno: Autorità della Scrittura sotto il profilo dogmatico;
— past. Gian Maria Grimaldi: «Sola Scriptura» a partire dal
problema ermeneutico.
Il campo è aperto ai pastori e a fratelli e sorelle impegnati
nella vita delle nostre Chiese. Preannunclarsl telefonando ad Ecumene; 06/96.33.310.
la loro indiscussa abilità
fabbri, giocolieri, prestigiatori, falegnami.
Non mancano cenni storici precisi: fin dal 1402 i sinti sono stati perseguitati, marchiati a fuoco, deportati, uccisi; durante la
seconda guerra mondiale Hitler
cercò di sterminarli nei campi
di concentramento e interi nuclei familiari vennero distrutti.
Il libro offre alcuni spunti di
riflessione sulla condizione della
donna zigana: leggiamo che le
bambine devono partecipare fin
da piccole ai lavori domestici, andare a prendere l’acqua e occuparsi degli ultimi nati, mentre i
bambini giocano tra loro; c’è
inoltre il fenomeno dei matrimoni precoci e dell’elevato numero
di maternità. La divisione dei
ruoli e le problematiche familiari del resto gravano anche
sulla società sedentaria, ed è difficile trovare una soluzione.
Personalmente, credo che se si
scrivessero più libri come qu^
sto l’ignoranza e la diffidenza diminuirebbero e si potrebbe davvero parlare di amicizia e collaborazione tra i popoli. Per noi,
che vìviamo in appartamenti minuscoli, schiavi dell’orologio e
della proprietà privata, è difficile
accettare questa popolazione avventurosa, senza leggi, libera da
convenzioni e formalità, ma bisogna aprire un dialogo, con coraggio, con pazienza, con amore
da ambo le parti; spesso le minoranze, represse e calunniate,
corrono il rischio di chiudersi in
se stesse, compromettendo ogni
occasione di scambio e buona
parte del loro patriinonio culturale rimane sconosciuto.
E’ molto bello che il libro si rivolga ai piccoli (dai 6 ai 10 anni, direi): la pace di domani è in
manò ai bambini di oggi, ma leg;
gerlo farà molto bene anche agli
adulti.
Edi Monni
1 Carla Osella e Milli Vai, Buon
viaggio, Aizl - SEI, pp. 121, L. 15.000.
vèt- y.--‘ --'s y
‘‘’fi.’ .. ' ■ ' ;
4
4í vita delle chiese
16 settembre 1983
VISITA A WORMS E SCHOENENBERG
Dal “no” di Lutero all’esilio di Arnaud
Dal 2 al 4 settembre una ventina di nersone delle comunità di
Angrogna e Torre Penice, ospiti
della comunità della Chiesa evangelica di Esslingen-Sulzgries, ha
visitato, sotto la, guida del pastore G. Platone, due località tedesche, Worms e Schönenberg,
molto diverse tra loro, ma accomunate dal fatto di avere ospitato ognuna un personaggio determinante nella storia della chiesa.
Siamo nel 1521. Lutero viene
chiamato a comparire davanti
alla Dieta Imperiale aperta da
Carlo V nel gennaio dello stesso
anno. I principi riuniti intendono fargli revocare i suoi scritti
(del papato; della cattività babilonese nella chiesa; della libertà
del cristiano ecc.). « Non posso e
non voglio ritrattare nulla perché non è giusto né salutare andare contro coscienza. Iddio mi
aiuti. Amen », sono le ultime parole del lungo discorso di Lutero
nel nalazzo episcopale.
Gli abitanti di Worms vogliono
in qualche modo ricordare i dieci giorni di soggiorno nella loro
citta di quelTuomo le cui dichiarazioni hanno dato un nuovo indirizzo alla storia del mondo;
nel 1709 costruiscono la chiesa
della Santa Trinità e nel 1868
inaugurano il famoso monumento a Lutero. Più che di un monumento si tratta di una fotografia
di un momento storico. Su di
una superficie di pochi metri quadrati compaiono personalità della politica imperiale e dell’umanesimo del 16” secolo. Stemmi, medaglioni e rilievi illustrano gli avvenimenti salienti della
Riforma protestante e fanno conoscere i nomi delle città che vi
aderiscono. Il blocco centrale,
quello più conosciuto ed anche
il più imponente, sembra voler
sottolineare che la Riforma tedesca altro non è se non il completamento di una ricerca della
verità evangelica compiuta per
secoli in tutto l’occidente. Lutero è in piedi, ha la Bibbia in mano, il suo sguardo è rivolto là
dove nel 1521 sorgeva la sede
episcopale. Sotto di lui siedono
su delle colonne i quattro pre-riformatori Wyclif, Huss, Savonarola e Valdo.
E’ sulle orme dei seguaci di
quest’ultimo che prosegue il nostro viaggio; da Worms ci spostiamo verso Schönenberg, piccolo paese costituito da una cinquantina di case unifamiliari,
senza negozi; apparentemente
simile a molti altri villaggi della
campagna del Württemberg. Eppure la sua storia lo rende diverso e vi fa accorrere un numero sempre crescente di persone che vogliono visitare il suo
Museo e la sua chiesa e che desiderano conoscere una fetta della storia valdese.
Il Museo è attualmente in fase
di allestimento a cura dei membri del Comitato della Waldenservereinigung. Il Pastore, dr. W.
Eiss e S. Anna Rivoir ci accolgono nella chiesa per illustrarcene
la storia. Schönenberg è stato
fondato alla fine del 1600 da dei
valdesi provenienti dalle valli del
Queyras che insieme a quelli delle valli del Chisone vengono accolti nel Württemberg. Il suo primo pastore è Enrico Arnaud, uomo identificabile con due episodi: l’incisiva predicazione delTevangelo in occasione del glorioso rimpatrio (1689-1690) e la costante e amorevole preoccupazione di dare ai valdesi che giungevano in Germania dopo il secondo esilio, una sistemazione decorosa.
Arnaud abita a Schönenberg
dal 1700 al 1721, anno della sua
morte; secondo le usanze del
tempo viene sepolto nella sua
chiesa che conserva fino a cento anni fa il suo carattere originale.
I pannelli lungo la galleria dell’attuale chiesa raffigurano delle
scene importanti della storia
valdese e delTespandersi del protestantesimo in Europa. Il tavolo della Santa Cena è caratteristico delle chiese della Landeskirche, alla quale le comunità vaidesi (Serres, Perouse, Pinache
ecc.) aderiscono sin dal 1823.
Non ci resta molto tempo per
visitare Esslingen, antica città
imperiale sulle rive del fiume
Neckar; anche se lo avessimo avuto. credo che non identificheremmo questa città con i suoi
conventi, le sue chiese e le sue
fortificazioni, ma con l’incontro
con i membri della comunità di
Sulzgries. Essi ci hanno accolto
nelle loro case, ci hanno accompagnati a Worms e a Schönenberg; l’amore e la cura con cui
questi fratelli hanno preparato
il nostro soggiorno tra loro hanno fatto cadere le eventuali bar
riere linguistiche. Infatti riflettendo su questo incontro, ci si
rende conto che per comunicare
con i pastori, i giovani e le famielie di Esslingen-Sulzgries non
è necessario possedere un vocabolario molto ricco; è sufficiente
Un vocabolo solo: Grazie!
Vera Goisson
Worms: nel monumento del XIX secolo dedicato a Lutero, Pietro
Valdo (nella foto) è raffigurato ai suoi jnedi insieme a Savonarola,
Wyclif e Huss precursori della Riforma protestante.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Corso di animazione
Martedì 20 settembre, ore 1517.30 le responsabili di attività
femminili e le conduttrici del lavoro in gruppo per il corso di
animazione biblica si ritrovano
per un primo incontro preparatorio nei locali della Chiesa valdese di Pinerolo, via dei Mille.
Naturalmente rincontro è aperto
a tutte le sorelle interessate.
Il corso di animazione biblica
si terrà nei seguenti giorni: martedì 18 ottobre, martedì 25 ottobre, mercoledì 2 novembre, martedì 8 novembre tra le ore 14.30
e le ore 18, sempre presso i locali della Chiesa Valdese di Pinerolo.
La Federazione Femminile Evangelica Valdese-Metodista spera in una rappresentanza da ogni
gruppo di attività femminili, e
attira l’attenzione sul corso di
animazione biblica a livello nazionale che si terrà ad Ecumene,
il 1” e il 2 ottobre p.v. il cui programma è pubblicato in questo
giornale.
Dibattito su
Vancouver
PRAROSTINO — Domenica 4
settembre, durante il culto, abbiamo presentato al Battesimo
due fratellini: Matteo e Simone
Avondetto di Renzo e Ivana della Allamanda. Che il Signore
prenda sotto la sua protezione
questi teneri agnelli del suo gregge e diriga tutta la loro vita.
Al culto erano presenti il Moderatore e gli altri membri della
Tavola. Dopo il sermone il Moderatore pastore Giorgio Bouchard
ha rivolto un messaggio alla comunità parlando della Assemblea
Ecumenica che si è tenuta questa
estate a Vancouver. Lo ringraziamo di cuore.
• Domenica 25 settembre avremo i seguenti culti: ore 8.30
al Roc; ore 10.30 a San Bartolomeo; ore 15 a Roccapiatta località Rostagni.
Visita agli anziani
SAN SECONDO DI PINERO
LO — Le sorelle che si sono impegnate per la visita quindicinale agli ospiti della Casa di Riposo di San Germano Chisoné sono convocate nella sala del presbiterio giovedì 22 settembre alle ore 20.30.
L’invito è esteso anche a quante desiderano prendere parte a
quest’opera fraterna di solidarietà nei confronti di chi è avan
ti negli anni e sente talvolta il
peso della solitudine.
Olandesi al lavoro
INVERSO RINASCA — Alla
Cappella del Clot, oltre al lavoro di ritinteggiatura compiuto
dagli olandesi, un gruppo di volontari ha provveduto al cambio
delle grondaie. Mentre gli uomini lavoravano sul tetto, un gruppo di sorelle si preoccupava di
preparare loro il pranzo, il tutto
in uno spirito di fraternità e di
servizio. A tutti, ed in particolare ad Attilio Paolasso, la riconoscenza della comunità.
Ripresa attività
PINEROLO — Abbiamo chiesto al Signore di benedire i piccoli Diego Avondetto e Marco
Ruben Salvai che sono stati battezzati nel nostro tempio.
• Per sabato 17/9 aUe 14.30 è
programmato un incontro di
tutti i responsabili delle attività
giovanili.
• I monitori si ritroveranno
venerdì 23, 9 aUe 20.30. I bambini della Scuola Domenicale avranno un primo incontro do
menica 25/9 alle ore 10 e inizieranno le lezioni domenica 2 ottobre alle ore 10 partecipando al
culto della ripresa delle attività.
• Gli alunni del precatechismo
e del 2° e 3” anno di catechismo
si ritroveranno sabato 1/10 alle
14.30 e quelli del 1” anno, ai quali verrà consegnata la Bibbia,
alle ore 20.30 dello stesso giorno
presenti i genitori e i membri
del Concistoro.
• Per i coralisti la prima riunione è fissata per il 14/9 alle
ore 20.30.
Per il collettivo biblico ecumenico giovedì 15/9 alle 20.45 e
per rU. F. giovedì 13/10 alle 14.30.
Concerto al Serre
ANGROGNA — Sabato 17 alle 20,45, presso il Tempio valdese del Serre si terrà un concerto canoro eseguito dalla corale
svizzera di Lonay « La Vigneronne» e dal Coro Alpino Val Pollice che eseguiranno cantate popolari e di folklore. La colletta
è destinata al fondo stabili. Seguirà un rinfresco presso la Sala Unionista.
# Hanno collaborato a questo
numero: Tati Bouchard,
Dino Gardiol, Vera Long, Katharina Rostagno, Francesca
Spano, Franco Taglierò, Cipriano Tourn.
giovedì 15 settembre
n INCONTRO
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
La riunione dei coilaboratori avrà
luogo a casa Gay via Cittadella 8 Pinerolo, con inizio alle ore 20.30.
n INAUGURAZIONE
ANNO SCOLASTICO
COLLEGIO VALDESE
TORRE POLLICE — Alle ore 15 presso
la Casa Valdese si terrà l'inaugurazione
dell'anno scolastico 83-84 del Collegio
Valdese. Tutti possono assistervi.
n INAUGURAZIONE
ANNO SCOLASTICO
SCUOLA LATINA
POWIARETTO — Alle ore 15 nel salone del Convitto si terrà l'inaugurazione dell'anno scolastico 83-84 della Scuola Latina. Tutti possono assistervi.
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
PINEROLO — Alle ore 20.45 nei locali della chiesa valdese (via dei Mille 1)
si tiene la prima riunione del collettivo
biblico ecumenico di Pinerolo.
Ordine del giorno:
— valutazione del lavoro svolto dal
collettivo;
— proseguire o chiudere;
— quale programma per il 1983-84?
Sabato 17 settembre ~
n RIUNIONE EGEI VALLI
LUSERNA S. GIOVANNI — Tutti i
rappresentanti dei gruppi giovanili e
FGEI del I Circuito sono convocati
nella Sala Albarin alle ore 20 per discutere le modalità della partecipazione alla manifestazione per la pace che
si terrà a Roma il 22 ottobre.
n TELEPINEROLO
CANALE 56 - 36
Alle ore 19 va in onda la trasmissione « Confrontiamoci con l'Evangelo »
(a cura di Marco Ayassot, Attilio Fornerone e Paolo Ribet).
Domenica 18 settembre
□ RADIO KOALA
FM 96.700 - 90300 - 93700
Alle ore 12.30 (circa): Culto Evangelico a cura delle Chiese Valdesi del II
Circuito.
Martedì 20 settembre
n FFEVM:CORSO DI
ANIMAZIONE BIBLICA
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
Chiesa valdese si tiene la riunione
introduttiva al corso di animazione bibiica.
domenica 25 settembre
n INCONTRO SUI
MATRIMONI
INTERCONFESSIONALI
PINEROLO — Alle ore 15 presso la
Parrocchia di San Lazzaro (Via San
Lazzaro 3) riprendono gli incontri sui
matrimoni interconfessionali.
Ordine del Giorno:
1) Valutazione Incontri 82-83;
2) Proposte per 83-84;
3) Come coinvolgere le comunità locali.
□ INCONTRO MONITORI
Il E III CIRCUITO
POMARETTO — Il 2” e il 3” Circuito
organizzano presso il Convitto, un Incontro dei monitori, in vista della ripresa della Scuola Domenicale. Il programma è il seguente:
— La figura di Abramo nell'Antico e
nel Nuovo Testamento;
— Riflessione su esperienze nella presentazione della figura di Abramo
negli anni passati;
— Esperienza di animazione.
L'incontro inizierà alle ore 14.30 e
terminerà per cena.
5
16 settembre 1983
vita delle chiese 5
LA DISCUSSIONE SINODALE SU DIACONIA E CIOV
DAL SINODO
V'
X.:.
Dura prova per le opere Ruolo e fuori ruolo
L’integrazione degli ospedali di Pomaretto, Torre Pellice, Torino - Nasce il ’’Dipartimento diaconale”; progetto per il futuro di questi anni
Nel capitolo intitolato « Diaconia », il Sinodo di quest’anno
si è trovato a dover affrontare
alcuni temi particolarmente impegnativi. Da tempo, infatti, si
avverte sempre più netta la sensazione che le nostre opere —
tutte le nostre opere — non solo
stiano cambiando, ma che debbano cambiare perché la società attorno a noi sta rapidamente mutando. Così vediamo gli asili e
le case per anziani sempre più
spesso convenzionate con la Regione o con la Provincia, gli ospedali inseriti nel piano sanitario,
per cui ogni iniziativa passa al
vaglio del Comitato regionale di
Controllo, e via di seguito. Ogni
volta che si discute di questo
nelle nostre assemblee, c’è qualcuno che solleva la questione:
« Dov’è che queste opere sono
una testimonianza, che cosa le
qualifica come valdesi? ». La domanda non è né oziosa né disfattista, e ben lo sanno coloro che
in questo campo vogliono operare con spirito vocazionale. Anno dopo anno, dunque, si cerca
di procedere nella « riqualificazione vocazionale e funzionale »
delle nostre opere: vocazionale,
perché vogliamo che chi lavora
nei nostri istituti possa portare
la sua testimonianza, e funzionale, perché la Chiesa non può
più permettersi di gestire in modo un po’ amatoriale un complesso di istituti che impiega
circa 600 persone, che spende solo per gli stipendi circa un miliardo al mese e che serve oltre
6.000 utenti all’anno.
Anche quest’anno si volevano
compiere alcuni importanti passi in avanti.
CIOV
La Commissione d’esame sull’operato della Commissione Istituti Ospedalieri Valdesi (CIOV),
nella sua relazione aveva evidenziato tre problemi: innanzitutto
l’integrazione con l’ospedale di
Torino (OEV), in secondo luogo
la l'istrutturazione dell’ospedale
di Torre Pellice ed infine lo scorporo del Rifugio Carlo Alberto
dalla CIOV. Già due anni fa il
Sinodo si era interessato del progetto di fondere in un’unica
struttura l’ospedale di Torino
cor. quelli di Torre Pellice e di
Pomaretto. I vantaggi sono consistenti: un’amministrazione unificata che possa ridurre le spese
ed eliminare i doppioni, una forza contrattuale maggiore che ci
permetta di trattare con la Regione partendo da una posizione più elevata ed infine la possibilità di avere una politica ospe
daliera unificata per i tre ospedali piemontesi. Sull’altro piatto
della bilancia, certo, pesano le
difiicoltà oggettive legate al fatto che bisogna unificare tre ospedali che sono situati in tre comuni diversi e distanti fra di loro. Tali difficoltà, unite al fatto
che nell’anno passato sono venute a mancare nella CIOV due
persone di peso come il direttore amministrativo, dott. Boccassini, e il direttore sanitario,
prof. Lo Bue, hanno fatto sì che
il processo di integrazione segnasse il passo, nonostante la
importante decisione della Chiesa di Torino, che aveva rinunciato alla gestione del suo ospedale, cedendolo alla Tavola. Alla
CIOV, airOEV ed alla Tavola,
il Sinodo ha chiesto che tale processo di integrazione prosegua,
in modo tale che ad essa si possa arrivare in tempi brevi, se
possibile nel 1985.
Secondo tema sul tappeto era,
come detto, la ristrutturazione
dell’ ospedale di Torre Pellice.
Abbandonate il primitivo progetto di riedificare completamente il cosiddetto Padiglione, la
CIOV si va orientando verso una
ristrutturazione che si appoggi
alle strutture esistenti e che le
renda più adeguate alle nuove
mansioni che l’ospedale deve
svolgere per la Valle. Ragioni di carattere economico e di
convenienza, oltre che di immediatezza di intervento poiché entro il 1985 Tospedale deve mettere a disposizione tutti e 80 i
suoi posti letto, stanno alla base
di questa decisione.
Infine il Rifugio. La CIOV ha
presentato in Sinodo il nuovo
regolamento del Rifugio perché
attraverso la sua approvazione
venisse ratificato lo scorporo di
questo istituto dalla CIOV. Dei
problemi di carattere procedurale non ne hanno però permesso l’approvazione, rimandandola
all’anno prossimo. Il futuro del
Rifugio è tuttavia ormai chiaro:
esso sarà staccato dalla CIOV
e vivrà in modo indipendente e,
d’altro lato, la CIOV si specializzerà sempre più nel settore
ospedaliero, liberata com’è dalla
gestione di istituti di altro genere.
Segnaliamo qui che al momento delle elezioni l’ing. Messina, presidente della CIOV, rassegnava le sue dimissioni per motivi di salute, seguito in questo
dal past. Cipriano Tourn. Questo era segno chiaro per tutti di
quanto sia divenuto pesante portare la responsabilità dei nostri
istituti, soprattutto di quelli che
sono in un modo o nell’altro in
Comunicato
Il Convegno nazionale sul problema deH'educazione alla pace, « Parole
e gesti di pace in un mondo armato », già programmato per il 24 e il 25
settembre p.v., non potrà aver luogo per motivi di forza maggiore.
La Commissione BMV per la pace e II disarmo si propone di organizzarlo per altra data; a tempo opportuno darà tempestiva comunicazione in
proposito alle Chiese e ai singoli interessati.
La Commissione ricorda a tutte le Chiese la manifestazione nazionale
per la pace che avrà luogo a Roma il 22 ottobre p.v. Il Sinodo, con un
proprio atto, ha invitato le Chiese a partecipare attivamente a tale giornata.
È dunque opportuno che, nel calendario di attività che in questo periodo ogni Chiesa sta elaborando, sia messa a parte questa giornata, affinché la partecipazione possa essere il più larga possibile.
Le Chiese evangeliche di Roma sono state richieste di predisporre
ogni cosa per l’accoglienza ai gruppi di evangelici. Per quanto riguarda
questioni logistiche e modalità di una nostra partecipazione qualificata alla
manifestazione saranno date opportune e tempestive comunicazioni a mezzo stampa e con circolari interne.
Per la Commissione delle Chiese battiate, metodiste e valdesi
per la pace e il disarmo
Luciano Deodato - v. dei Mille 1 - 10064 Pinerolo - tei. 0121/76084
seriti nella struttura pubblica. Il
Sinodo ha eletto come nuovi
membri il past. Taccia, che lascia così la Tavola, e la signora
Tamietti ed ha riconfermato il
dott. Bosio che scadeva, ma era
rieleggibile. Nello stesso tempo,
però, il Sinodo ha in qualche
modo respinto le dimissioni dell’ing. Messina, eleggendolo quale
membro onorario.
Diaconia
La seconda parte della discussione verteva sulla proposta di
creare una nuova struttura che
permetta un maggior coordinamento tra i vari istituti della
Chiesa. Il Sinodo scorso aveva
richiesto che una commissione
esaminasse il problema e presentasse un progetto. Per bocca
del past. Taccia, la commissione
ha portato davanti all’assemblea
il risultato del suo lavoro. Lo
scopo primo della nuova struttura, ha detto il past. Taccia, è
quello di creare im legame tra
i vari istituti, un collegamento
che permetta loro di sostenersi
a vicenda, fornendo, nello stesso momento, alcuni supporti
quali consulenti fiscali, sindacali 0 amministrativi che ogni istituto da solo non si potrebbe
dare. Questa nuova realtà, che
si potrebbe chiamare Dipartimento diaconale, facendo ruotare attorno a sé i vari istituti faciliterebbe anche una uniformità di indirizzi sia nel lavoro che
nella testimonianza. Per rendere
più operativa la cosa, ogni Distretto potrebbe avere il suo Dipartimento diaconale in cui ogni
istituto sarebbe rappresentato.
A loro volta i vari Dipartimenti
si darebbero un coordinamento
nazionale per permettere un vasto scambio di esperienze e di
supporti.
Come si vede, non si tratta
qui soltanto di creare « un comitato in più », quanto piuttosto di operare una svolta nel lavoro diaconale della Chiesa, riconoscendo T intervento degli
istituti non come l’iniziativa di
pochi, lasciati alla loro capacità
imorenditoriale, ma come responsabilità di tutta la Chiesa, la
quale si prende carico della propria diaconia, la indirizza e la
sorregge.
Il Sinodo, dopo una breve discussione, ha approvato le linee
di lavoro della commissione e
l’ha invitata a presentare per il
prossimo anno un progetto che
possa diventare operativo.
Paolo Rlbet
Durante tutti i lavori del Sinodo è stato consultato, letto, sottolineato. Alludo al nuovissimo
volume, di oltre quattrocento pagine, che raccoglie le discipline
vigenti neH’ordinamento valdese,
egregiamente curato dalla nostra
Commissione dei regolamenti ecclesiastici. Il volume è stato, anche nelle battute finali del Sinodo, al centro dell’attenzione
quando la Tavola ha rilanciato
il problema dell’articolo 27 del
regolamento sui ministeri che
concerne le modalità per l’invio
dei pastori e dei diaconi in missione.
In particolare il fatto che il
pastore Renzo Bertalot, in missione presso la Società Biblica
di Roma, avesse superato il periodo massimo di quindici anni
poneva un problema non più eludibile. Il Sinodo, com’era prevedibile, non si è sentito di rimuovere il termine massimo consentito dei quindici anni per la ’’missione” e, pur riconoscendo la validità di taluni ministeri che si
sviluppano fuori sia dal tradizionale campo di lavoro sia dai termini massimi consentiti, ha varato una nuova norma che colloca in ’’fuori ruolo” determinati
casi su cui si esprimerà, di volta
in volta, il Sinodo. Più che di aggiramento deH’ostacolo — come
qualche voce maligna ha suggerito — si è trattato di far chiarezza onde evitare personalismi
o situazioni privilegiate ingiustificabili: il primo ad esser posto
’’fuori ruolo” è stato così lo stes
so pastore Bertalot a cui tutta la
chiesa riconosce non solo la validità del suo impegno presso la
Società Biblica ma anche, con
l’atto formale del Sinodo, resistenza di un effettivo legame di
reciproca comunione. E’ probabile che nel prossimo futuro altri casi verranno ad affiancarvisi.
L’altro caso discusso è stato
quello di Lucilla Tron che è stata inserita nei ruoli diaconali subito dopo il suo invio in missione
in Africa tramite la CEvAA. Su
questo punto la discussione sinodale ha sottolineato l’eccessiva fretta, giustificata in parte
dall’urgenza della partenza, con
cui la Tavola aveva regolamentato la posizione della Tron scavalcando il Sinodo. Ma gli argomenti addotti in sede di dibattito — per esempio il moderatore
Bouchard ha sottolineato l’importanza del riconoscimento di
appartenenza alla chiesa nel momento in cui si è inviati in missione — hanno permesso, con
ampia maggioranza, la votazione
deH’ordine del giorno che ratifica l’invio in missione di Lucilla
Tron.
Diverso ancora il caso del pastore Franco Davite, dimissionario dalla chiesa di San Secondo,
che pur essendo stato richiesto in
un primo tempo dalla CEvAA
non è mai stato inviato in missione dalla nostra chiesa né la
Tavola si è sentita di approvare
la sua nuova scelta di campo.
G. Platone
IN VISTA DEL 10 NOVEMBRE
Manifesto su Lutero
In vista del 10 novembre, anniversario della nascita di Lutero, verrà stampato a Roma, a
cura della Federazione delle
Chiese Evangeliche in Italia, un
manifesto luterano messo a disposizione delle chiese per sottolineare in forma unitaria il messaggio del Riformatore del ’500
che le chiese evangeliche in Italia hanno già riproposto con
una notevole serie di manifestazioni.
Nel darne l’annuncio con una
circolare ai pastori delle chiese
valdesi e metodiste e ai sovrintendenti di circuito, il Moderatore Giorgio Bouchard comunica anche i costi di stampa :
L. 200 circa a copia per i manifesti e L. 40 circa a copia per i
volantini che riprodurranno il
manifesto.
Il manifesto comprenderà uno
spazio disponibile per una aggiunta, a stampa o a mano, indicante un’iniziativa locale o, come è stato suggerito, la trasmissione di « Protestantesimo » dedicata a Lutero (la cui data sarà
comunicata quanto prima) comprendente un originale televisivo
girato in collaborazione col
Gruppo Teatro Angrogna.
Le chiese dovranno far pervenire le ordinazioni ai sovrintendenti di circuito entro domenica
25 settembre.
S. FEDELE D’INTELVI (Como) — Nei
giorni 17-18 settembre si tiene nel Centro Andreetti di S. Fedele un Convegno
monitori delle Scuole domenicali del 6“
circuito. Partecipano per il SIE Rita Gay
e Franco Girardet. Problemi e programmi delle Scuole domenicali e un intervento sul tema « Bambini di genitori
divisi 0 divorziati ».
BERNA (CH) — Nei giorni 24 e 25
settembre avrà luogo nella capitale elvetica, presso la chiesa francese, l'assemblea dell'Associazione Chiese Evangeliche di Lingua Italiana (ACELIS) e
del periodico « Voce Evangelica ».
CAMBIO INDIRIZZO
Il past. Saverlo Guarna, segretario del
dipartimento per l'evangelizzazione delle Chiese battiste comunica il suo nuovo indirizzo: via A. Gramsci 44, 00030
S. Cesareo (Roma).
2» CONVEGNO NAZIONALE PER LA
COSTITUZIONE DELL’ASSOCIAZIONE
EVANGELICA DI VOLONTARIATO
La commissione diaconale della Tavola Valdese con l'adesione della
FCEI e della FGEI organizza presso il Centro Giovanile Protestante (via dei
Serragli 49 - Firenze) il 2" convegno nazionale per la costituzione della Associazione Evangelica di Volontariato col seguente programma;
8 OTTOBRE
ore 15 : Arrivo dei partecipanti;
ore 16 : Introduzione - Perché una associazione evangelica di volonta
riato? »;
Dibattito sulla proposta di statuto e di regolamento:
ore 20,30; cena (a carico e spesa dei partecipanti)
9 OTTOBRE
ore 8.30: Culto;
ore 9.30. Assemblea con l'intervento di un notaio per la costituzione della
Associazione Evangelica di Volontariato:
ore 12 : Chiusura dell’incontro.
I partecipanti che desiderano essere soci costituenti dell’associazione
sono pregati di portare con sé un documento di identità e il codice fiscale.
Costo del pernottamento: L. 6.000 (circa).
Per informazioni e richiesta di copie della proposta di statuto rivolgersi a Adriano Longo, Foresteria Valdese, 10066 Torre Pellice (To) - telef.
0121/91801 - 91550.
Per iscrizioni: Centro Giovanile Protestante - Via dei Serragli, 49 50124 Firenze - tei. 055/212576.
6
6 obiettivo aperto
16 settembre
A TORRE PELLICE, A CONCLUSIONE DELLA GIORNATA ? i
A QUARANT ANNI I
Per la tavola rotonda della «Giornata dell’Eco
delle Valli valdesi» (posta a conclusione della settimana sinodale e quindi con un certo anticipo suU’S
settembre) abbiamo Invitato uno storico e tre testimoni che nel settembre del ’43 erano attivi In campi
molto diversi: un giudice (Alessandro Galante Garrone), un ufficiale (Ettore Serafino) e un pastore (Carlo
Gay); e che durante la Resistenza furono rispettivamente: rappresentante del Piartlto d’Azlone nel CLN
piemontese, comandante di una formazione autonoma della Val Chlsone e pastore valdese In Istria.
Dopo l’Introduzione dello storico, abbiamo chiesto
a questi tre testimoni di rievocare per prima cosa la
situazione particolare In cui l’8 settembre 11 aveva
Colti e In un secondo Intervento di cercare di gettare
m ponte tra fi resistere di allora e quello di oggi,
inteso come necessità di partecipare all’impegno di
rottura nei confronti della degradazione politicomorale.
. Rtograziando gli oratori, pubblichiamo gli stralci
più importanti dei loro interventi in una redazione
non rivista dagli autori. Dal primo intervento del pastore Gay è stato tolto fi ricordo del Sinodo valdese
svoltosi a cavallo dell’8 settembre che, ampliato, costituirà 1’« obiettivo aperto » della prossima settimana.
La crisi di un paese tradito
G. ROCHAT — L’8 settembre 1943
la radio annunciò la firma dell’armistizio che ^neva termine alla guerra dell’Italia contro Gran Bretagna,
Stati Uniti, Unione Sovietica. L’Italia fascista era entrata nella guerra
mondiale nel giugno 1940, a fianco
della Germania nazista, ma in tre
anni aveva subito ima serie di disa; strose sconfitte: nell’estate 1943 non
c’erano più risorse economiche né
armi moderne, il malcontento interno cresceva (nel marzo centomUa
operai erano scesi in sciopero a Torino e centomila a Milano), gli anglo-americani erano ormai padroni
incontrastati del Mediterraneo e dei
cieli e il 10 luglio sbarcarono in Sicilia. Poiché Mussolini, duce infallibile del fascismo e capo incontrastato del governo da vent’annl, costituiva il simbolo dell’alleanza con
la Germania e il maggiore ostacolo
ad una pace con gli anglo-americani,
il re i militari (con il cauto appoggio del potere economico e del
Vaticano) lo liquidarono il 25 luglio
1943, sostituendolo a capo del governo con l’anziano maresciallo Badoglio. Costui non aveva certo un
compito facile, perché doveva raggiungere un armistizio con i vincitori (ed in fondo era la cosa più
facile, perché l’Italia doveva accettare una resa senza condizioni), ma
anche fare i conti con i tedeschi, i
quali erano decisi a non permettere
l’uscita dell’Italia dalla guerra ed a
trasformare la penisola in un campo di battaglia per prolungare il
conflitto e tenere lontano gli angloamericani dalle loro frontiere. Perciò subito dopo la caduta di Mussolini i tedeschi inviarono in Italia
forze rilevanti per presidiare i punti più importanti del paese (valichi
montani, nodi ferroviari, zone industriali), con piani accurati per sopraffare le truppe italiane. L’Italia
non avrebbe avuto un armistizio indolore: era il prezzo da pagare per
la guerra fascista, per le tante aggressioni e distruzioni, toccava ora
all’Italia essere invasa e devastata.
La situazione era grave, ma il governo Badoglio, il re, i capi militari
non si preoccuparono di preparare
la resistenza contro i tedeschi, cercando in tutti i modi di non irritarli, per tenerli buoni fino all’ultimo.
A Badoglio ed ai suoi interessava
soltanto firmare l’armistizio con i
vincitori (che avrebbero dominato
11 dopoguerra), per garantire la continuità della monarchia, dell’esercito, delle istituzioni statali, per passare dal fascismo ad un dopofascismo col minimo di cambiamenti (e
infatti nell’estate 1943 l’organizzazione dei partiti antifascisti fu ostacolata e le manifestazioni di piazza represse nel sangue). Questo obiettivo fu rap-^iunto, l’armistizio fu
firmato, l’Italia rimase monarchica
fino al referendum del 1946 e la
struttura dello stato invariata (ancora oggi sono in vigore i codici di
leggi fasciste). Il resto contava poco agli occhi di Badoglio, del re dei
capi militari, che nulla fecero’per
orientare il paese e per difendere il
salvabile dalla sicura aggressione
nazista.
L’8 settembre la maggioranza degli italiani sognava la pace, ma non
aveva alcuna idea di come arrivarci; solo pochi si rendevano conto
che si sarebbe dovuto combattere
contro i tedeschi, i più speravano
in una soluzione indolore (e certo
rompere duramente con i tedeschi
non era facile, dopo tre anni di alleanza, anche se i tedeschi erano
poco amati). L’annuncio deH’armistizio fu accolto con gioia, ma anche con perplessità, perché non era
accompagnato da indicazioni concrete. Un re e un capo del governo
più consai)evoli della loro altissima
responsabilità avrebbero dovuto dare ordini pesanti, ma chiari: combattere i tedeschi fino all’ultima cartuccia e morire per costruire un futuro migliore, oppure arrendersi per
non spargere san^e inutile. Badoglio e il re si limitarono a dire di
respingere attacchi e provocazioni
da qualsiasi carte provenissero.
Il paese, l’esercito furono lasciati
nel dubbio, i generali attesero ordini, 1 tedeschi invece si mossero rapidamente e con forze inferiori, ma
manovrate con decisione, circondarono le caserme italiane, disarmarono i nostri soldati quasi sempre
senza colpo ferire, ne avviarono una
parte ai campi di prigionia, lasciarono che altri si sbandassero e tornassero a casa. Episodi di resistenza isolati, gloriosi e sanguinosi, non
cambiano il quadro: in pochissimi
giorni Tesercito italiano fu sfasciato e seicentomila militari deportati in Germania (dove cinquantamila
sarebbero morti di stenti e malattie, rifiutando di tornare in Italia in
divisa nazifascista), l’Italia settentrionale e centrale occupate, Roma
ceduta senza resistenza (malgrado
la presenza di forze italiane consistenti). La gioia per l’armistizio si
tramutava in preoccupazione per
un futuro incerto e cupo.
L’8 settembre è il fallimento morale di una classe dirigente attenta
solo a garantire la continuità del
suo potere, è la crisi di un paese
buttato in una situazione difficilissima senza punti di riferimento, senza direttive né programmi. Da questa crisi, attraverso travagli personali e dure prove, grazie all’esempio di pochi antifascisti consapevoli, sarebbe nata nelle settimane seguenti la resistenza armata al nazifascismo con la sua volontà di conquistare un futuro migliore per il
paese.
DalUngenuità all'azione
A. GALANTE GARRONE — Ricordo
che il 26 luglio, all’indomani deUa
caduta di Mussolini, con un ufficiale giudiziario, Aldo Guerraz, e un
giovanissimo magistrato, Carlo Ricci, io che allora ero un austero giudice di tribunale, me ne andai in giro per Torino con un pentolino di
colla ad appiccicare dei manifestini
in cui dicevamo la nostra esultanza.
Questo può dare la sensazione del
clima di improvvisa e ingenua euforia in cui improvvisamente ci trovammo. Certo non c’era solo questo. Lo stesso giorno Duccio Galimberti dal suo balcone a Cuneo riprendendo in un discorso la malaugurata frase del proclama di Badoglio « La guerra continua », ebbe a
dire: « La guerra continua sì, ma
contro i tedeschi». Ci fece così subito sentire, e noi facemmo nostra
questa parola d’ordine, che lo sbocco fatale, ineluttabile, verso il quale ci dovevamo tutti preparare era
quello della resistenza e della lotta
al tedesco.
I giorni che seguirono furono
giorni confusi e difficili. Il Comitato
dei partiti antifascisti, nato già prima della caduta di Mussolini, che
in seguito sarebbe stato chiamato
Fronte Nazionale di Liberazione,
non esprimeva una linea chiara,
era diviso nel suo interno. Tra le
forze che ne facevano parte, noi del
Partito d’Azione e i comunisti eravamo sulle posizioni più combattive.
Noi un po’ scavezzacolli, un po’ avveniristi e spericolati. I comunisti
più realisti e più cauti. Un segno
della nostra ingenuità e impreparazione è dato da im’iniziativa del cui
pericolo non ci rendevamo conto.
Volevamo dar vita ad una specie di
guardia nazionale, un corpo di « volontari della nazione armata » per
il fronte italiano della resistenza.
Così nella casa di Ada Gobetti si
ammonticchiarono le schede dei
molti, specialmente giovani, che si
offrivano. Di lì a poco, dopo l’8 settembre, il primo problema sarebbe
stato quello di bruciare in gran
fretta quelle centinaia e centinaia
di schede...
Giorni confusi e difficili, quelli che
precedettero l’8 settembre. Ci furono scioperi, ci fu anche un morto,
ci furono spari davanti alla Fiat Miraflori e ci furono parecchi arresti
in quei 45 giorni.
Poi, T8 settembre, il bruciante
annuncio dell’arrivo imminente dei
tedeschi ci mise di colpo di fronte
ad una situazione estremamente grave. Mentre i tedeschi si avvicinavano per occupare Torino vi furono
dei tentativi per indurre le autorità
militari a darci le armi, a consentirci una forma di collaborazione per
combattere i tedeschi. Caddero ridicolmente nel nulla. Prevalse la visione realistica che non si potesse,
non si dovesse impostare una resistenza militare a Torino; fuori invece, se mai nelle valli. Ma non tutti, neppure tra i comunisti, erano
d’accordo. Bicordo la bellissima figura di un caro amico nostro. Luigi
Capriolo, che meno di un anno dopo sarebbe stato barbaramente fucilato: d’istinto, pur contro le direttive più realistiche — devo oggi
riconoscerlo — del suo partito, venne con me nel suo Borgo S. Paolo;
insieme salimmo su un carretto —
era il 9 settembre pomeriggio — per
incitare i torinesi ad armarsi, a resistere anche in Torino contro i te
deschi. ^ quello l’ultimo momento in cui vidi il caro Luigi Capriolo.
Il 10 purtroppo i tedeschi arrivavano a Torino e l’ultimo ricordo
preciso di quel momento è la preoccupazione che ebbi con altri di scarcerare i detenuti politici che nei 45
giorni erano stati associati alle carceri per scioperi e altre ragioni politiche. Ricordo che proprio mentre
stavano per arrivare i tedeschi a
Torino, in bicicletta — avevo l’amico Vincenzo Ciaffi sulla canna — io
che come giudice ero conosciuto da
alcuni ufficiali di polizia, mi precipitai in Questura. Non dimenticherò mai lo spettacolo del questore e
dei commissari di polizia già allineati sullo scalone della Questura
di Corso Vinzaglio, pronti a ricevere da un momento all’altro i tedeschi; Con tutta l’energia possibile
in quel momento reclamai la necessaria autorizzazione per l’immediata scarcerazione dei detenuti politici. La ottenni, mi precipitai alle
carceri e i politici poterono uscire
appena in tempo, proprio mentre i
tedeschi stavano entrando in Torino.
Quei giorni, quelle ore, furono
momenti drammatici e profonda
mente tristi legati allo sfasciarsi
totale di tutto Tapparato statale e
dell’esercito. Sarebbe cominciata alTindomani la Resistenza, ma -tuesta
è un’altra storia.
Privilegio di una libera scelta
E. SERAFINO — Ci si chiede di
rendere una testimonianza ma è necessario intendersi sui termine che
è bivalente. Si può essere testimoni così come lo si è in un processo, nel raccontare dei fatti a cui si
è partecipato e questo significa
semplicemente raccontare, cercando di essere serenamente obiettivi.
Ma il vero significato è un altro: testimoniare vuol dire essere capaci
successivamente di vivere quello
che si è imparato allora, di vivere
in tempi successivi nello spirito nel
quale allora si è creduto. Naturalmente è molto più facile attenersi,
in questo primo intervento, al primo significato, e raccontare.’
L’8 settembre io ero, in modo del
tutto accidentale, ad Aosta, alla
scuola militare di alpinismo. Ero
tenente degli alpini ed avevo 25 anni, ma mi sentivo già vecchio perché ero partito 5 anni prima e si
matura presto quando si passa dal
fronte occidentale a quello grecoalbanese e ancora a quello balcanico. Il fatto che mi sia trovato accidentalmente ad Aosta mi ha dato
il privilegio che non a tutti fu dato
— così è la volontà di Dio che guida i passi degli uomini e li destina
or qua or là a renderli suoi testimoni nei modi più disparati — di
vivere quei giorni in libertà preparando la scelta della Resistenza.
Non posso perciò cominciare senza ricordare le migliaia di soldati
italiani che non noterono operare
questa scelta a Cefalonia o a Corfú
perché vi furono sterminati o che
catturati ovunque subito dopo T8
settembre furono trasportati nei
campi di concentramento e là maturarono altre esperienze e là operarono altre scelte nella macerante
prigionia, rifiutando dignitosamente di cedere alle lusinghe di coloro
che li volevano far rientrare in Italia asserviti al nazismo.
Ad Aosta, nei giorni successivi alT8 settembre giungevano attenuate
le notizie degli arresti operati dai
tedeschi. Noi aspettammo fino al
14 sera, quando il col. Boffa Valaran, che era stato mio comandante
del Battaglione sciatori Mónterosa
sul fronte greco-albanese (battaglione del quale io comandai un plotone comnosto esclusivamente di sciatori valdesi con ì quali incontrai il
leggendario gen. Giulio Martinat
che ci prese un po’ sotto la sua tutela), ci annunciò la sua partenza
per la Svizzera per organizzarsi e
lasciò ognuno libero di fare le proprie scelte. Che fare?
Avevo la fortuna di avere con me
una splendida figura di alpino. Giovarmi Melli, alpino di Bobbio che
mi aveva già seguito su tutti i fronti e che ero riuscito a far venire
con me alla Scuola alpina. Bobbio
non era molto vicina alla Vali: d’Aosta, era però in patria ed era una
valle che conoscevo per averla scarpinata da ragazzo. Così, dopo esserci impadroniti di un mulo, di oiada,
armi, vettovaglie, carte topografiche, iniziammo una splendida ay-ventura, quella che oggi si chiama'
una G.T.A., una Grande Traversata
delle Alpi, sempre sulle testate delle valli per non essere beccati, attraverso la Val Savaranche, il Nivolet, il Colle della Crocetta, il Colle del Trione Forno Alpi Graie, il
Colle delle Finestre, Albergian, Balziglia. Roccabianca, fino ad arrivare
al Colle Giulian. Senza farmene un
vanto, credo fermamente che il 25
sera sul Col Giulian, mentre salutavo dalTalto la Val Pellice, prima
di scendervi e di smettere la divisa
per ovvie ragioni, ero forse — ip
ufficiale in perfetta divisa col binocolo e la carta topografica, dotato di salmerie, il mulo, e di trup
pa, l’attendente — l’ultima unità
dell’esercito regio in patria.
Lungo la traversata, a contatto
con la gente che ai margini dei paesi ci aiutava e ci dava indicazioni,
era maturata la scelta. Ma pure, !
già prima si era delineata. Tra le
carte che mia madre mi diede in seguito ho trovato una lettera datata *
9 settembre 1943 in cui scrivevo:
« Carissimo papà, ieri notte ci à
giunta la notizia tìelTarmistizio.
Puoi immaginare con quanta profonda tristezza si è accolto il fatto,
senoure gli avvenimenti degli ultimi mesi potevano farlo prevedere
imminente. Si ha la sensazione di
aver vissuto inutilmente questi diffìcili anni; si ha la sensazione dell’inutilità di tanti sacrifici in vita,
in privazioni sopportate dalla nazione. Pure, se ormai era inutile continuare, comprendiamo come sia
stato saggio il non provocare altri lutti, altre rovine. Speriamo solo che le sofferenze, non solo nostre ma dell’umanità tutta, conducano questa ad una pace fatta di
comprensione e non ad una pace
che ponga i germi di nuove future
lotte. Mi auguro che l’occupazione
della nostra patria non sia simile a
quella vista in altri paesi dove ho
passato gli ultimi due anni ».
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La scelta fu pertanto quella dettata non da grandi conoscenze politiche — che sono maturate dopo
non da grandi travagli di coscienza,
ma semplicemente dall’ intuizione
che comunque c’era una sola strada sulla quale si poteva camminare, una strada che cominciava un
po’ spensieratamente come una
scampagnata di colle in colle e che
poi si sarebbe fatta più dura, più
de:
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16 settembre 1983
obiettivo aperto 7
rA DELL’ECO DELLE VALLI VALDESI, UNA TAVOLA ROTONDA SULLA GRANDE CRISI CHE PRECEDETTE LA RESISTENZA
DALL'8 SETTEMBRE
Unguinosa; ma pure una strada
xche rimaneva quella della speraniza espressa in quella lettera, la sper^anza di costruire qualcosa che
al nostro domani la possibifdità di una vita più serena, più giu•^ta, più umana.
nia e in altri paesi europei resisteva al nazismo. Ricordo un pastore
tedesco da me invitato a parlare
alla comunità di Abbazia che sbalordì e impaurì l’uditorio per la
forza straordinaria con cui predi
cò affermando la dignità e il rispetto dovuto ad ogni uomo. In
quelle situazioni, nella preghiera di
intercessione, avvertimmo l’unità
delle chiese nonostante le distanze
e le separazioni politiche.
C
l-’incontro
icon la chiesa
^confessante
:sta i
. ^7^
C.' GAY — Dopo aver partecipato al Sinodo a Torre Pellìce, tornai alle comunità dì Fiume e Abbazia di cui ero pastore, il 10 settem^ bre. In quella zona fummo spettatori dello sfacelo: soldati italiani
che venivano dalla Jugoslavia e da
:tìtre parti, fuggivano affamati in
una situazione disastrosa diretti
verso l’Italia. Noi non potevamo
che avvertirli del blocco tedesco
che avrebbero incoiitrato al Carso
e dar loro qualcosa prima che riipartissero.
i Ricordo l’entrata dei tedeschi in
Piume pochi giorni dopo. Eravamo
.. per strada, arrivarono i carri ar
mati con i cannoni puntati sulla
popolazione, tra il silenzio della
foUa interrotto solo da qualche miserabile applauso di chi aveva più
paura.
Piume era come un’isola circondata .da croati e da sloveni e nella" chiesa evangelica confluivano
membri provenienti da 17 naziona. 11&, di origine e tendenze politiche, sociali e culturali molto diverse.
A Piume gli ungheresi erano il
gruppo più numeroso, mentre ad
Abbazia predominavano gli austriaci. I culti — nel periodo in cui queste comunità furono affidate alla
Chiesa valdese, tra il 1919 e il 1947
~ erano tenuti in italiano e in tedesco. La diversità di estrazione
etnica dava spazio all’incontro tra
culture e nazioni diverse, non necessariamente a scontri nazionalistici.
In questa situazione molto particolare questa comunità si esprimeva con le parole di una sorella
m orieine ungherese: « soltanto
l’Evangelo poteva unirci in modo
così profondo ». Ed effettivamente
Una profonda solidarietà legò in quel
tempo gente così diversa. Di volta
m volta si manifestava la solidarietà verso il gruppo etnico che in
quel momento era particolarmente
Colpito.
Negli anni dell’occupazione tedesca il lavoro pastorale assunse
Sspetti particolari, offrendo occasioni di incontri e di comunione
impensati. In particolare alcuni
contatti con pastori tedeschi, ufficiali dell’esercito, ci rivelavano la
Wta travagliata della Chiesa confessante evangelica che in Germa
“Aria, luce e pulizia!
fi
A. GALANTE GARRONE — Quan
te volte si è detto che la Resistenza
qui in Piemonte è nata da gruppi
della IV Armata. Non è vero. La
IV Armata era anch’essa in totale
dissoluzione e la Resistenza fu iniziata da piccoli gruppi che raccolsero le armi che erano state buttate via da questa IV Armata per
l’insipienza o peggio di chi la comandava. Una vergogna. La Resistenza è nata appunto come una
reazione a questa vergogna, come
l’impulso a riconquistare in qualche modo, come una cosa propria,
questo stato andato così miseramente alla deriva.
Penso ai primi che in quei giorni
che ricordavo prima cominciarono
a riunirsi, Geymonat e Bassanini a
Barge, i Malan e altri a Torre Pellice, Duccio Galimberti, Livio Bianco e altri alla Madonna del Colletto. Penso a un militare come il ten.
Ignazio Vian a Boves, e così via.
Cosi è cominciata la Resistenza:
prima ancora che azione militare e
politica come una reazione morale.
E questa è la lezione che noi dobbiamo trarre anche per oggi dalTesperienza che abbiamo vissuto
allora.
Riporto pochissime parole che
furono scritte nell’ottobre del ’43
da un giovane di 24 anni, Giaime
Pintor, un mese prima di morire.
« L’Italia uscirà da questa crisi
attraverso una prova durissima, la
distruzione delle sue città, la deportazione dei suoi giovani, le sofferenze, la fame. Questa prova può essere il principio di un risorgimento
soltanto se si ha il coraggio di accettarla come impulso ad una rigenerazione totale, se ci si persuade
che un popolo portato alla rovina
da una fìnta rivoluzione può essere
salvato e riscattato soltanto da una
vera rivoluzione ».
Rigenerazione totale, cioè rivoluzione non sanguinosa, non violenta,
ma prima di tutto e soprattutto
una rivoluzione morale, una rigenerazione morale. Questo mi pare
sia il lascito più alto della Resistenza: la questione morale. Da una
recente inchiesta tra giovani e giovanissimi tra i 14 e i 18 anni è
emerso che proprio i giovani — e
la cosa mi ha stupito e rallegrato — hanno posto in primo piano
questa esigenza.
I fucilati del Martinetto di Torino — che secondo i verbali dell’esecuzione prima di morire gridarono « Vhra l’Italia libera! » — nelle
loro ultime iettere-testamento ripetono con insistenza martellante
questa invocazione ad una Italia finalmente onesta. Sono morti perché volevano un’Italia non soltanto
libera, ma « un’Italia onesta e pulita ».
La stessa esigenza era espressa
ad un certo punto da un giornale
partigiano con questo bellissimo
motto: « aria, luce e pulizia ».
E concludo con le ultime parole
che Guglielmo Jervis scrisse, pochi
istanti prima di essere fucilato, con
la punta di uno spillo sulla copertina di una Bibbia che aveva con
sé: « Non piangetemi, non chiamatemi povero. Muoio per aver servito un’idea ». Ricordando queste
parole io dico che dobbiamo tutti
cercare di vivere per servire non
un partito o l’altro, non interessi
più o meno puliti, ma per servire
delle idee, come diceva Jervis, delle idee che siano alte e severe come quelle che da secoli spirano da
queste Valli.
L'eredità spirituale
E. SERAFINO — Ho sotto gli occhi un piccolo libro, « Héritage spiritual de la résistance » di Alain
Viste!, che 10 anni dopo si poneva
l’interrogativo che fu anche nostro
dopo la Resistenza.
« Scritto il pesante capitolo consentiamo al sopraggiungere dell’autunno guardando cadere le ultime
illusioni, o continueremo senza fine
a dolerci delle nostre speranze mutilate, ruminando fino all’ultimo
giorno le nostre amarezze? Continueremo a sgranare i ricordi, a frugare nelle nostre ceneri e a rifugiarci nelle nostre chiesuole e a
chiuderne le porte o più prosaicamente a soddisfarci coi cortei negli anniversari inarcando il petto in
ridicole parate, compiacendoci di
periodici banchetti, di cordiali bevute? Andremo noi a passare inutilmente i nostri giorni in recriminazioni perché non si è realizzato
quel che avevamo sperato, o a erigerci come dei perenni censori credendo che ciò che abbiamo fatto ci
dispensi ormai dall’agire? O, sia
pur dignitosamente, finiremo per
essere solo i ofl pellegrini dei calvari delle nostre città, dei nostri
villaggi, dei nostri luoghi sacri, sui
quali vibra un raggio che vien di
lontano o veglia ancora la parte
eterna di coloro ai quali ci lega
ancora il giuramento di fede? Comprenderemo la terribile ingiunzione
dell’Evangelo ’’lasciate i morti seppellire i morti”? Terribile, solo
nella misura in cui fustiga le nostre abitudini. Crudele, solo nella
misura in cui sorprende le nostre
debolezze, le nostre ignoranze ».
Questo era ed è il pericolo che ci
tormenta, se siamo onesti e sinceri
e se siamo capaci di guardare noi
stessi con quella umiltà che ogni
uomo deve portare verso il proprio
io. Ma se vogliamo che tutto questo significhi ancora qualcosa per
noi, ma soprattutto per quelli che
ci seguono, se vogliamo che viva
ancora quella speranza che allora
inondò di sole, di luce e di gioia le
piazze d’It..lia all’epoca della liberazione, allora dobbiamo rifarci non
alla morte di coloro che ci hanno
lasciati ma a quanto di stupendamente vivo essi ci hanno trasmes
so. Per questo desidero ricordare,
tra tante, due lettere, una di una
martire greca e l’altra — per andare dal sole dell’Egeo alle brume
del nord — di uno studente in teologia danese.
Dimitra Tzazu di anni 23, pettinatrice,
nata a Larissa, Tessaglia, nel 1920. Fucilata per rappresaglia il 12 marzo 1943 sulla
pubblica via all'incrocio delle strade di
Aghia e Larissa con altri patrioti di numero non precisato.
« lo fui presa e sicuramente oggi o domani mi giustizieranno. Così indicano le
cose, eppure voglio nascondervi, mammina e sorelline che saremo separate per
sempre. Voglio, finché sono viva, che voi
speriate, anche se io non spero per
me stessa. Amiche mie care compagne
nella lotta per la libertà, muoio degnamente con onore, come una greca e perdete una compagna fedele. Però non vi
addolorate: altre germoglieranno dopo la
mia morte, migliaia.Mammina, perdi una
figlia che non ti apparteneva perché apparteneva prima di tutto alla Grecia. Con
la mia morte diventano figlie tue tutte
le figlie di Grecia e tu diventi mamma
del mondo intero, di tutti I popoli che
combattono per la libertà, la giustizia e
l’umanità. Sono orgogliosa, mal avrei
aspettato simile onore di morire io, una
povera ragazza del popolo, per ideali'così
belli e alti. Sono certa che non sentirò
paura dinanzi al plotone e che starò inflessibile come lo sono stata nella vita.
Vorrei che la mia esecuzione avesse luogo aH'aria aperta per volgere il mio ultimo sguardo all'Olimpo e ai monti ove soggiorna il valore e la speranza della Grecia. Alla mia tomba portate quando potete fiori rossi, null’altro e battete con
ogni mezzo la barbarie ».
Christian Ulrich Hansen di anni 23 - studente in teologia nato nello Jütland nel
1921 e fucilato il 23 giugno 1944.
» Questa è dunque, cari tutti, la mia ultima lettera, fra tre ore non sarò più. Perciò deve essere insieme il mio ultimo saluto. e il mio ultimo ringraziamento a
voi. Innanzitutto promettetemi di non disperarvi; non c'è di che disperarsi. Avrei
voluto dirvi addio prima ma ciò è evidentemente impossibile. Con questa mia devo perciò tentare di unire tutto. Innanzitutto mamma e papà grazie per ciò che
siete stati per me; il vostro sacrificio è
stato grande. Nella mia vita ho cercato
di essere degno di questo vostro sacrificio. Voi mi conoscete e sapete perché ho
lottato e perché morirò. Ciò deve restare
vivo in voi; fortificate la nostra casa contro le tempeste dei tempi. Resta dunque
la fede, la speranza e l'amore ma tra questi tre il più grande è l’amore. Fate crescere l'amore In voi, fatelo crescere con
Lui che venne su questa terra per espiare la nostra colpa. Anche la ntla colpa si è
addossata ed è con la fede in ciò e la speranza che Egli nel suo Immenso amore mi
prenderà per mano che muoio, perciò la
mia morte non è vana anzi ha gno scopo grande e profondo. La vita e’là'morte
non sono agli antipodi, si plèi^;^onano
reciprocamente. Perciò miei cari * muoio.
Quando riceverete questa lette^' sarò
morto da molto ma permettetemi Qualmente di vivere tra di voi, Lasciatemi camminare tra di voi in casa. Ogni tanto inviate un pensiero là dove mi trovo e pregate per me. Tra due ore il sotó'iorge, si
udiranno gli spari, l'erba piange ma II sole sorge e bacia l’erba. A casa. In giardino, i fiori aprono i petali profumati. La rosa
è vivida. Guardate, 11 sole sorge, tutti voi
a casa inginocchiatevi all’alba e pregate
Colui che non esitò a dare la vita perché noi potessimo vivere. Vedete 11 magnifico
sole di Dio che sorge. Non piangete perché Dio vive e benedice; presto sostituirà
la severità del suo amore con la clemenza: a guerra terminata vi esprimo il mio
ultimo desiderio: dovete prendere un orfano tedesco al mio posto. Ciò è quanto
desidera Dio da noi; dobbiamo essere
suoi strumenti ».
Se coloro che si battono oggi su
tutti i fronti e in tutti i campi predicano la libertà e la giustizia fossero capaci — di fronte a situazioni meno tragiche seppur impegnative —di scrivere a se stessi e agli
altri dei messaggi di questo genere, lo spirito della Resistenza sarebbe veramente ancora vivo tra
di noi e sarebbe la guida sicura per
consentirci di vedere sorgere l’alba
di un’ùmanità più giusta e più buona. Dio voglia che la luce di quell’alba inondi la vita nostra, del nostro paese e del mondo intero, allontanando i terrori e le minacce
della guerra e riuscendo per la sua
grazia ad affratellare gli uomini.
Restare in piedi oggi
C. GAY —• Un ex-partigiano mi
diceva: «Quel po’ di fede, che ho
conservata, la devo a Jacopo Lombardini ». Perché? Perché la resistenza di Lombardini nel campo
di concentramento di Mauthausen
divenne l’esempio di un credente,
annunziatore verso i compagni del
carneo, di una speranza, espressa
nelle Beatitudini del Sermone sul
Monte e, per lui toscano, nella Divina Commedia, una speranza che
non muore: un mondo nuovo fatto
di pace, giustizia, libertà; un mondo segnato dall’attesa del Regno di
Dio.
La Resistenza non può rimanere
un fenomeno del passato. La Resistenza fu un movimento di « popoli » oppressi e non solo di un popolo, im movimento di credenti e
di sostenitori di ideali, speranze,
mutamenti. Come tutti i movimenti, non è intangibile, può e deve diventare per le nuove generazioni
oggetto di analisi culturali, di riflessioni. Non si può fermare il tempo,
anche se il tempo o gli uomini
portano con sé nuove problematiche, nuovi contrasti, nuove ricerche, nuovi peccati. E non è possibile vivere come singoli e come popoli senza vivere in uno spirito di
resistenza dell’uomo per Tuomò.
Di fronte a questo mondo, fatto
di violenza, non vi è soltanto lo
scetticismo, ma vi è la speranza e
la pazienza di molti uomini. Non
siamo rimasti fermi, incapsulati nel
passato. Chi non ricorda come nacque Agape? Sorse dalla testimonianza del « mondo nuovo di Cristo » e vi posero mano credenti e
non credenti, giovani della Resistenza e non, italiani, tedeschi, in
glesi, australiani, francesi ecc. Fu
ed è un segno di riconciliazione
dei popoli.
I giovani evangelici italiani non
hanno dormito. Nella loro rivista
« Gioventù Evangelica » manifestano ima viva attenzione sugli eventi
religiosi e politici. Le loro analisi
sulla realtà della politica, del lavoro, degli studi, non sono né scettiche, né romantiche, cercano di essere uno specchio fedele della realtà, non accettata in tanti suoi aspetti inaccettabili per uomini che non
possono assuefarsi alle tecniche di
morte, alTinevitabilità del male in
tutte le sue forme.
Le Assemblee Ecumeniche da
■ Amsterdam a Vancouver hanno
raccolto i deputati di 300 chiese
davanti ai problemi del giorno. I
grandi tenji detta vita deU’uomo di
oggi diventano domande insopprimibili: da Vancouver la condanna
delle armi nucleari, le vie della nonviolenza, esaminate alla luce di
Martin Luther King, di Gandhi e
di movimenti non conformisti, appaiono come testimonianze di un
mondo che si sta svegliando con
nuove prospettive, nuove speranze.
« Pace Con giustizia » diventa il
motto delle chiese, che annunziano
« Gesù Cristo, vita del mondo ».
Terminiamo ricevendo oggi il messaggio di alcuni passi classici
del Nuovo Testamento che ci invitano ad una resistenza che dura:
« Sii fedele fino alla morte e io ti
darò la corona della vita » (Apocalisse 2: 10); «Prendete la completa
armatura di Dìo. affinché possiate
resistere nel giorno malvagio e dopo aver compiuto tutto il dover vostro, restare in pié » (Efesini 6: 13).
8
8 ecumenismo
16 settembre 1983
ADELFIA: «CONSIGLIO ECUMENICO DELLA GIOVENTÙ’ IN EUROPA» Un simbolo
Comiso: una sfida
aila pace e aila giustizia
« Comiso: una sfida alla pace
e alla giustizia»: su questo tema
di bruciante attualità si sono
confrontati una cinquantina di
giovani credenti provenienti da
tutta Europa, in un campo-studio
organizzato dal CEGE {Consiglio
Ecumenico della Gioventù in Europa) nel Centro Giovanile di
Adelfia, dal 30 luglio all’S agosto.
Per la prima volta nella storia
di Adelfia, erano rappresentati
ben 8 paesi europei, di cui 2 dell’Est, DDR e Ungheria, cioè proprio i due paesi del blocco orientale dove si stanno affermando,
in mezzo a iftille difficoltà, movimenti per la pace indipendenti da quelli ufficiali.
Al centro dell’area
La scelta di Adelfia per questo
primo campo internazionale del
CEGE in Italia non era certo casuale: Adelfia infatti si trova ad
appena 20 km. da Comiso, a nord,
e, a sud, imo sguardo sul Mediterraneo che si stende ai piedi
del Centro dà la sensazione della
vicinanza delle coste nord-africane e della non lontananza delle
coste del Medio Oriente, vale a
dire il cuore di quest’area mediterranea che è diventata l’asse
della nuova strategia della NATO,
strategia alla qu^e la costmenda base missilistica di Comiso
non è affatto estranea. D’altra
parte la scelta era determinata
dal fatto che Adelfia è situata in
quel lembo di terra siciliana dove vi è ima fiorente economia
che contrasta con l’aridità, Tarretratezza della maggior parte
del restante entroterra isolano.
Per questo la base di Comiso, oltre ad essere una sfida alla pace,
costituisce una sfida alla giustizia, evidenziando così, in modo
lampante, quanto la corsa agli
armamenti nucleari tra i due
blocchi, niù che un problema
Est/Ovest, è un problema Nord/
Sud.
E’ quanto ha affermato Raniero La Valle nella relazione introduttiva del campo, dicendo:
« E’ nel Sud del mondo che si
gioca la partita in cui si vince o
si perde la terza fase della terza
guerra mondiale », dopo aver
spiegato le due prime fasi di
questa terza guerra mondiale:
la guerra fredda e la distensione. La sfida, ideologica e militare,
tra i due imperi, USA e URSS,
che si contendono l’egemonia sul
mondo, ha come risvolto concreto il mantenimento del terzo
mondo nello sfruttamento e nella miseria: «Il sottosviluppo del
terzo mondo non è una conseguenza inevitabile e non voluta,
bensì il risultato voluto della corsa al riarmo », ha ancora detto
La Valle, rilevando come, per
difendere l’abbondanza e la democrazia del mondo ricco (il
Nord) si esportano povertà e fascismo (al Sud).
Carlo Prescuittini, ricercatore
presso l’Archivio per il disarmo,
di Roma, ha spièga to il rapporto
esistente tra economia occidentale e industria bellica, facendo
vedere come il cosiddetto complesso militare - industriale dei
paesi occidentali (USA in testa)
costituisce una forza trainante
dell’intera' economia, con una
precisa funzione politica nei confronti dell’Est e del Sud. Roland
Biewald, pastore luterano della
DDR, ha affrontato lo stesso tema dal punto di vista dell’economia dei paesi dell’Est, rilevando
le analogie con l’Occidente (imperialismo del centro (URSS)
sulla periferia (Europa dell’Est),
militarizzazione del territorio e
della società), ma anche le differenze (mentre l’industria bellica
è funzionale alla logica capitalistica dello sviluppo occidentale, nei paesi dell’Est, ad economia pianificata essa costituisce
invece una sottrazione di risorse
che va a scapito dello sviluppo
economico e sociale).
Un Esercito
per la pace
(nev) — L’Esercito della Salvezza ha recentemente espresso
la sua preoccupazione per gli
eventi mondiali con una dichiarazione del proprio leader Jarl
Wahlstrom, che si unisce alTappello generale per la cessazione
della corsa agli armamenti, e
perché i fondi destinati ad essi
siano utilizzati «per incrementare lo sviluppo socio-economico,
riducendo il crescente numero
dei disoccupati ». Disarmo, pace,
e sviluppo — afferma il documento — sono strettamente collegati.
« Con i suoi membri, sparsi in
ottantacinque Paesi, uniti nella
medesima confessione di fede, e
di conseguenza consci della paternità di Dio e della fratellanza universale, l’Esercito della Salvezza
— dice il documento — è profondamente sensibile ai timori, le
ansietà e la sfiducia che incombono su tutti i popoli. L’esperienza,
maturata nell’aiutare le necessità spirituali e sociali della gente
di culture completamente diverse e situazioni opposte, ha insegnato che la primaria esigenza
fisica dell’umanità è la liberazio
Infine, Bernard Ravenel, responsabile per le questioni internazionali del PSU francese, si è
soffermato sull’evoluzione del
ruolo strategico del Mediterraneo e della Sicilia in particolare nei piani attuali della Nato.
L’asse strategico della Nato si
è progressivamente spostato dagli anni 50 agli anni 80, dall’Atlantico Nord al Mediterraneo, perché il fianco Sud della
NA’TO risulta il più debole, sia a
livello interno (governi di sinistra in Spagna, Francia, Grecia)
sia soprattutto a livello esterno
(instabilità politica del NordAfrica (Egitto, Libia) e del Medio Oriente (paesi arabi), tutti
produttori di materie prime (petrolio in particolare) indispensabili allo sviluppo dell’economia
occidentale). Occorre dunque potenziare Tapparato difensivo-offensivo in questa parte del mondo, specie nei paesi che offrono —
come l’Italia — una posizione
geopolitica ideale. Ora, la Sicilia
costituisce una portaerei naturale nel cuore stesso del Mediterraneo, da cui si può agevolmente controllare la parte meridionale e orientale dello stesso mare. Da qui la scelta di Comiso
come più grande base missilistica d’Europa.
Forti di queste informazioni,
presentate da relatori particolarmente competenti, i partecipanti al campo — per lo più militanti dei movimenti per la pace
nei rispettivi paesi — hanno potuto capire l’importanza decisiva
della questione Comiso, quale
simbolo delle contraddizioni tra
Est/Ovest e Nord/Sud del mondo. Tre visite a Comiso hanno
poi permesso di prendere contatto direttamente con la realtà
sociale ed economica della città,
con la costruenda base missilistica, con i movimenti pacifisti di
opposizione alla base (CUDIP,
IMAC). I 2/3 del campo ha tenuto a partecipare al primo blocco
della base, sabato 6 agosto, dalle
6 alle 9 di mattina. La cosa si è
poi ripetuta due giorni dopo, in
quel famoso lunedì 8 agosto,
quando la polizia ha caricato violentemente i pacifisti (diversi di
noi si sono prese le manganellate, senza subire — per fortuna —
ferimenti gravi). Per noi, giovani cristiani di tuttàvEuropa, si è
trattato non solo di un'azione
politica significativa ma soprattutto di un’esperienza di fede in
cui ognuno di noi era consapevole di testimoniare, in quel momento, un Dio che si oppone ad
ogni logica dì morte e di ingiusti
Dal documento
finale del campo
Al termine del campo, i partecipanti hanno discusso e approvato all’unanimità un documento finale di cui riprendiamo alcuni passi:
« Alla vigilia di due giornate
di lotta alle quali contribuiremo
in modi diversi, noi affermiamo
che:
’— i missili di Comiso non
sono stati pensati tanto per colpire i paesi dell’Europa orientale, ma soprattutto per difendere
gli interessi economici e politici
dei paesi della NATO e in particolare degli USA, tenendo il Medio Oriente e i paesi del Nord
Africa sotto la minaccia costante
della distruzione nucleare.
— il processo di militarizzazione della società trova un alleato formidabile nei mezzi di comunicazione di massa governativi, quasi ovunque colpevoli di
scarsa o distorta informazione
sulle questioni. militari, soprattutto nei paesi dell’Est (...).
Dio ci ha posto dinanzi la vita e la morte, e ci ha chiesto di
scegliere la vita. Noi scegliamo^
la vita e quindi lottiamo contro'
ogni logica di morte presente
nella nostra società. E’ una scelta che ci porta a lottare anche
per il disarmo unilaterale, in
quanto poniamo la nostra fiducia
non nella sicurezza delle armi
ma nella certezza che Dio, il
quale ci ha amati unilateralmente, vuole la pace di questo mondo. In Cristo sappiamo che non
solo è possibile ma che è già in
divenire un mondo senza armi
(né nucleari né convenzionali),
senza ingiustizia, senza sfruttamento, senza razzismo, senza nemici. Questo nuovo mondo, la
Bibbia lo chiama Regno di Dio,
e Gesù, nel Sermone sul Monte,
ci ha indicato la via perché questo nuovo mondo possa manifestarsi. E’ una via difficile ed
esigente, di lotta, di conquista,
che pone al primo piano la ricerca della giustizia e della pace ».
Jean-Jacques Peyronel
Echi dal mondo
cristiano
a cura di Renato Coisson
UN APPELLO ALLE NAZIONI
ne dalla duplice tensione della
crescente ingiustizia economica,
e della continua « escalation » di
armamenti di terrificante potenza distruttrice ».
L’Esercito della Salvezza chiede agli stati delle Nazioni Unite
di far fronte con serietà agli impegni assunti con la campagna
per il disarmo lanciata il 7 giugno 1982, sostenendo l’appello del
30 novembre 1982 dell’Assemblea
generale delle Nazioni Unite
« perché il 1986 possa essere un
anno in cui confiuiscano tutti gli
sforzi per stabilire l’armonia fra
i popoli, rendendolo effettlVamgnte Tanno internazionale della pace ».
Nel documento si esortano inoltre i governi e gli stati che
posseggono armi nucleari a raggiungere un accordo per cessare
simultaneamente la loro produzione, e i capi di governo ad agire concretamente per eliminare
dal mondo la minaccia di una
guerra nucleare, destinando le
risorse ricavate dalla limitazione
degli armamenti soprattutto alla
necessità di alleviare la fame e
la povertà.
Africa francofona:
dottorato in teologia
(Soepi) — Ha avuto luogo a
Ginevra, sotto gli auspici del
CEO, un colloquio per definire
un programma di studi in vista
del dottorato in teologia nelle
facoltà dì teologia dell’Africa
francofona. Erano presenti i decani delle Facoltà protestanti di
Yaoundé (Camerún), Kinshasa
(Zaire), e della facoltà kimbanguista, assieme ai rappresentanti delle 5 facoltà di teologia europee.
E’ stato deciso di lanciare il
programma per l’ottobre 1984,
incoraggiando le chiese e le istituzioni regionali ad iscrivervi i
loro candidati al dottorato, ed
è stato proposto di accordare a
questi candidati la priorità nell’assegnazione delle borse di studio. Le facoltà di teologia europee sono state invitate a partecipare a questa nuova esperienza con uno scambio di professori, studenti, giornali, documentazione e con la partecipazione alle consultazioni teologiche.
Viene sottolineata l’urgenza di
questo programma alla luce della crescita dinamica delle chiese
africane, dell’aumento di candid;àti .africani al dottorato che
non possono essere inviati in
Europa, la cui preparazione è indispensabile avvenga a contatto
con la realtà africana così segnata dalla realtà di sofferenza
e di aspirazione ad un mondo
diverso.
Pastori coreani:
minimo salariale
(Soepi) — Nel 1984 la Chiesa
Presbiteriana della repubblica di
Corea festeggerà il suo 30° anni
versario. Per l’occasione verrà
introdotto ii sistema del minimo
salariale per i pastori per equilibrare le differenze dì trattamento fra regioni ricche e povere. La crescita di questa chiesa
si è sviluppata soprattutto nelle
regioni economicamente più floride, mentre i distretti più poveri, che non potevano finanziare il trattamento dei loro pastori, sono stati trascurati. I pastori presbiteriani, in futuro, metteranno dunque una parte del loro salario a disposizione dei loro colleghi delle regioni più povere.
Nel suo rapporto sui 30 anni
di vita della chiesa, che conta
230.000 membri, il segretario generale Kim Sang Keun, si pronuncia fortemente per una giustizia sociale che venga incontro
ai poveri ed agli emarginati. Egli
considera « la riunificazione democratica » della Corea come
uno dei compiti prioritari e ritiene che la Corea è lungi dall’essere una democrazia essendo dominata da un sistema totalitario
che rifiuta l’autodeterminazione
dei popoli.
Formazione pastorale
in America Ljajtina
(Soepi) — La Commissione di
Cooperazione delle Chiese della
Federazione Mondiale Luterana
ha richiesto uno studio sulla formazione teologica dei luterani in
America Latina. In un colloquio
in Argentina sono emerse forti
preoccupazioni riguardo al fatto
che i pastori luterani formati,
come è il caso per la maggioranza di loro, nei seminari ecumenici, rischiano di essere troppo
influenzati dalla teologia della liberazione, ad esclusione di altri
punti di vista. Altri partecipanti
hanno tuttavia espresso la preoc
cupazione che l’accento posto
sulla formazione teologica luterana venga ad ostacolare la cooperazione ecumenica.
Mancano i pastori
in Svizzera
(SPP) — 2.100 pastori lavorano al servizio delle 20 chiese protestanti svizzere. Secondo uno
studio della Federazione delle
Chiese Protestanti svizzere risultano oggi scoperti 200 posti
pastorali. Si prevede che nei
prossimi 5 anni circa 400 pastori andranno in pensione, nello
stesso periodo una media di 50
giovani teologi prenderanno servizio ogni anno, lasciando scoperti annualmente altri 40 posti.
Questo malgrado che il numero degli studenti in teologia continui ad aumentare. Molti di loro infatti si impegnano in lavori
extraparrocchiali. Soprattutto
fra le donne si verifica questa
scelta diversa : soltanto una su
quattro entra nel ministero pastorale classico.
Svìzzera: la barca
non è piena
iSPP) — Il Consiglio della Federazione delle Chiese Protestanti Svizzere, nella sua presa
di posizione contro il progetto
di revisione della legge federale
sul diritto di asilo, afferma che
« la barca non è piena : la Svizzera può ancora accogliere dei
rifugiati ».
«Tuttavia Tafflusso dei rifugiati, così come avviene oggi,,
ppnèt gravi problemi sociali di
difficile soluzione a causa delle
lungaggini burocratiche. Le modifiche proposte alla legge rischiano di ridurre i diritti dei rifugiati, in particolare dei più deboli ed indifesi, contraddicendo
le intenzioni liberali della legge
e l’impegno umanitario della
Svizzera ».
In conclusione il Consiglio della Federazione «chiede alle autorità competenti di mettere a
disposizione altri collaboratori
per accelerare l’esame delle domande d’asilo scartando le domande abusive ».
9
16 settembre 1983
cronaca delle Valli 9
CONVEGNO STORICO A TORRE PELLICE
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Al
raduno
del
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"Il mio 8 settembre"
Le testimonianze dei protagonisti di uno dei momenti decisivi nella
storia del nostro Paese negli ultimi 40 anni - Scarsa presenza giovanile
Soltanto nelle battute finali di
qiicslo complesso intreccio di
manifestazioni per il quarantennale della Resistenza in Val PelItcc é successo quello che in fondo tutti volevano: la partecipazione dei giovani. E non a caso,
per coinvolgerli, ci son voluti un
complesso rock e dei testimoni
della resistenza di oggi: dal Cile
a Solidarnosc. Se non ci fosse
stata questa importante giornata al Bagnau, in Val d'Angrogtia, intorno alla casa che fu sede della banda partigiana cui
partecipò il predicatore metodista nonviolento Jacopo Lombardini, sarebbe mancato un importante momento di attualità.
Per carità, andava benissimo
rievocare in tutti gli accenti e i
dettagli possibili la nuova presa
di coscienza nata all'indomani
dell’& settembre 1943. E, su questo punto, occorre dire che si sono ascoltate molte informazioni
inedile. Ma la rievocazione storica fate a se stessa non è più
sufficiente poiché occorre capire dove oggi si indirizza la nostra capacità di reagire. Perciò
la testimonianza commossa e
so fi erta di Antonio Silva di Unidad Popular, che cadeva esattamente Z’il settembre a dieci anni dal "golpe” che ha sotterrato
Aììcnde e la democrazia in Cile,
e quella di Oscar Mochi dell’Associazione "Desaparecidos" del•I Argentina hanno colto nel segno.
Era vitale,_ al termine di questa grande riflessione storica sulla resistenza al regime fascista
in Italia, voltare a un certo punto pagina per iniziare a riflettere .su quale giustizia e quale libertà siano oggi necessarie. In
questo senso ha parlato anche
Aldo Ferrerò per il comitato per
la pace ricordando che la fesisicnza di oggi è schierata per un
no risoluto contro l'installazione dei missili a Comiso e contro
ogni logica di violenza e di sopraffazione. Lo stesso Pier Carlo
Longo, assessore della provincia
di Torino, ha concluso la sua
rievocazione della figura di Parri
sostenendo che dopo aver reso
omaggio a chi, nel 1943, aveva
■combattuto per la libertà e dopo aver reso giustizia alla Resistenza, evitando cioè le mitizzazioni o i toni retorici, era arrivato^ il momento di dire che la
Resistenza non è -finita. Infatti.
Il discorso vero che tocca tutti
da vicino inizia proprio là dove
quell’antica sete di libertà e giustizia — come ha espresso nei
suoi canti il Gruppo Teatro Angrogna — entra nel vivo dei problemi sociali e politici del nostro tempo. « Di fronte al rischio
di crollare, di cedere le armi alla confusione politica e alla violenza del nostro tempo — diceva Franca Cdisson, sindaco di
Angrogna e presidente della Comunità Montana Val Pellice —■
occorre saper reagire allargando
gli spazi della partecipazione democratica ».
Certo l'Italia di oggi non è
quella che progettavano i partigiani di ieri. Ma il miglior omaggio che possiamo offrire alla memoria del loro sacrifìcio è quello
di tener vivo, nel nostro tempo,
l’ideale di giustizia e di pace.
'Con grande fiducia nelle giovani
generazioni.
Giuseppe Platone
« Il mio 8 settembre »; xm convegno storico per ricordare quarant’anni fa, quando la Resistenza al regime fascista è diventata
una decisione, un atto di lotta,
un’offerta di vita.
E’ molto difficile sintetizzare
cosa è successo in questi due
giorni in cui ognuno si avvicendava al microfono a raccontare
le sue esperienze, mescolando
l’aneddoto alla politica, mentre
altri, al fondo del salone comunale, si ritrovavano, si riconoscevano, avevano desiderio di parlarsi e ricordarsi. Difficile soprattutto per me, trentenne nata
sui ricordi di questa guerra, educata ai valori deU’antifascismo,
e che, in questa assemblea, si è
sentita molto « figlia », ascoltatrice attenta di chi « c’era », senza
tuttavia poter diventare interlocutrice effettiva.
I ricordi
L’intento degli organizzatori
(Assessorato cultura provincia
di Torino, Comunità montana,
AMPI, FIAP, ANEI, Gruppo Teatro Angrogna, comuni di Bobbio,
Bricherasio, Luserna e Torre) era
quello di riunire più testimonianze possibili, libere e non programmate su una giornata che
ha rappresentato una cesura. E
questo attimo di sospensione del
corso della storia, in cui ogni direzione può essere possibile,
emerge da tutti 'di interventi, al
di là delle differenze. Il puzzle
prende allora lentamente forma,
come le consanevolezze: « / nemici non son "gli altri", ma i tedeschi" » (E. Serafino); « la disponibilità diffusa del popolo si
manifestava in atti spontanei di
solidarietà » (Petralia); « in fabbrica, alla Cogne, mi sentivo non
militare ma militarizzato » (C.
Monnaia - V. Aosta); « All’8 settembre avevo opinioni vergini »
(G. Nicoletta - Sangone).
Il 25 luglio, caduta di Mussolini, è l’altra data ricorrente in coppia con T8 settembre. « Il 26 luglio eravamo impreparati e l’organizzazione delle iniziative è
riuscita bene, l'8 settembre eravamo preparati e ci sono state
difficoltà iniziali », ricorda Giocosa, compagno, a Cuneo, di Duccio Galimberti e aggiunge: « non
c’era alcun programma per andare a governare. Volevamo far
funzionare bene le istituzioni democratiche, il resto... siamo stati
costretti dalla situazione ».
I più impreparati probabilmente erano gli ufficiali e i sottufficiali, i graduati in servizio nell’esercito italiano, i quali hanno
visto crollare i loro nunti di riferimento, vivendo ima profonda
lacerazione fra la resistenza al
regime, « ai prepotenti che vogliono rappresentare gli altri a
forza » (Pautasso - V. Aosta) e
il rispetto dello spirito dello stato. Per alcuni le organizzazioni
partigiane sono state così « la
continuazione ideale dell’esercito
italiano » (M. Bogliolo).
Alcuni potevano scegliere, per
altri l’essere antifascisti e resistenti era una condizione di vita,
come in Toscana dove era particolarmente evidente la connotazione di classe, « un contadino
era antifascista... i ferrovieri
hanno dato un p.rande contributo » (E. E. Agnoletti).
Il contributo
degli operai
La stessa emblematica storia
di S. Parisini ne è un esempio:
muratore, scuola serale all’osteria per conseguire la quinta elementare, arrestato, cinque anni
di confino... « V8 settembre capitarono responsabilità più grandi di quanto si pensava ».
« / lavoratori hanno portato
un grosso contributo alla lotta
di Resistenza — afferma A. Del
Pero, col consueto tono appassionato_ — in iin momentó in cui i
partiti politici erano stati cancellati dal regime per negare il
protagonismo delle classi lavoratrici e quando era facile incontrare in luoghi pubblici il cartello "non si discute di politica" ».
L’ossatura operaia fu determinante nel portare elementi di
comprensione della realtà e nel
ricercare l’unità con gli studenti.
L. Geymonat ricorda il profondo
rapporto avuto con l’operaio Capriolo negli anni 1938-39. L’8 settembre è dunque un passaggio,
un ponte oltre il quale « tutte le
speranze sono permesse » (G. Malan), in cui si mescolano le utopie di chi scriveva sul muro
« Dateci pane e pasta del duce ne
abbiamo basta » (S. Gracchini Aosta), dei militanti comunisti
inviati dalla clandestinità ad organizzare la Resistenza in Italia,
delle cellule antifasciste sui luoghi di lavoro, degli antifascisti
d’opinione, dei resistenti che già
Unità Socio Sanitaria Locale n. 43
Torre Pellice
Sono indetti pubblici concorsi, per titoli ed esami, a:
— due posti di medico prima qualifica professionale;
— due posti di infermiere generico;
— un posto di ostetrica;
— un posto di aggiunto;
— un posto di archivista dattilografo.
Il termine per la presentazione delle domande, redatte su carta legale e corredate dei documenti prescritti, scade alle ore 12 del giorno 8 ottobre 1983.
Per ulteriori informazioni rivolgersi al servizio
personale dell’U.S.S.L. in Torre Pellice - Telefono
0121/91514 - 91836.
avevano pagato il prezzo dei tribunali speciali, degli incerti e dei
dubbiosi, tirati pesantemente in
ballo dalle loro coscienze.
Le donne
nella Resistenza
Anche le donne per la prima
volta dopo trent’anni partecipavano alla vita politica. E non
solo « porgendo aiuto ai "povri
fieui”, ma col desiderio di sapere,
conoscere, contribuire concretamente alte azioni » (M. 'Diena).
Possiamo così tracciare un
punto fermo sulla carta: « V8
settembre viene da lontano e va
molto lontano, può arrivare fino
ai giovani d’oggi perché parta
della conquista e della costruzione della democrazia » (P. Cola j anni-Barbato ).
Poco presenti, tuttavia, le nuove generazioni, non credo tanto
per cattiva volontà o disinteresse, quanto piuttosto per la difficoltà, riscontrabile anche in altri ambienti, di trovare strumenti di comunicazione giusti.
(Questo mancato incontro è una
ferita aperta: dovremmo trovare il filo che unisce, in momenti
storici diversi, la voglia, l’impegno, la capacità creativa di molte persone di generazioni differenti Pct il cambiamento, per
una società più giusta, più in pace e più libera. DaH’8 settembre
a Comiso c’è un percorso, non
certo casuale e ieri come oggi è
pericoloso dire « non mi riguarda ». L. Geymonat ha ben detto
come per non compromettersi si
generi invece uno spirito di compromesso ambiguo con le ingiustizie. Anche le azioni apparentemente più inutili, lette nel segno del futuro, acquistano un
senso, sia individuale che collettivo.
Le due facce dell’8 settembre,
10 « sfascio » e la possibilità di
essere responsabili e costruire
qualcosa, pur nelle nostre parzialità, si ritrovano sempre, anche se con minor (apparente) urgenza di quei tempi.
Pur nelle diverse motivazioni
alla lotta l’8 settembre ’43 ha
fatto sperare un mondo diverso
a livello nazionale ed internazionale, dice V. Eoa intervenuto nonostante il malore temporaneo,
e anche un diverso rapporto fra
le classi. « Cera bisogno di identità italiana. Il fascismo aveva,
dopo averla esaltata, cancellato
11 valore della nazione, portandola allo sfacelo ». Per P. Favout,
resistente conosciuto nelle nostre valli, « è stato facile scegliere », in un’area geografica in cui
si sentiva parlare di democrazia, di libertà, dove c'erano esempi di antifascismo militante:
« l’8 settembre si è raccolta della frutta che era molto matura »,
Accorate, ancora, le testimonianze di chi ha vissuto T8 settembre fuori Italia, nei Balcani,
in Corsica, a Cefalonia e Corfú,
teatri di durissime e disperate
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resistenze. « / partigiani all’estero sono sovente dimenticati » (E.
Armand-Ugon), e pure furono
falcidiati dai cannoni e dal tifo
petecchiale. E infine i campi di
concentramento: « catalogati....
un numero 6174, una medaglietta,
fotografati. non si sapeva cosa
era successo in Italia. Le prime
notizie ricevute furono quelle
del febbraio ’44» (G. Cotta Morandini).
Una ricchezza di stimoli, provocazioni, idee sono il risultato
di questo convegno, anche se il
campione dei testimoni era ristretto, pochi, infatti gli operai,
i contadini, le donne e molti gli
intellettuali e i professionisti.
Mancava qualcuno che tirasse le
fila, che, raccogliendo spezzoni
di esperienze, restituisse all’assemblea un embrione di analisi,
di interrogativi, di sollecitazioni.
A me che sentivo parlare personaggi conosciuti, ma non visti vivere allora, venivano in
mente molte domande.
Anche se la loro precisa, minuziosa e sofferta ricostruzione dei
fatti mi è immensamente preziosa per identificare il clima politico di quei giorni, la loro passionalità soggettiva e storica,
avrei desiderato chiedere testimonianze non solo su ieri, ma
sull’ogai, sul loro percorso di cittadini, di militanti, di democratici, di persone che hanno vissuto la politica non come ordinaria amministrazione e « Tengagement » come violenta rottura
di schemi, in ima guerra che li
ha obbligati a prender atto con
tutto il corpo dei pericoli che
minacciano i presupposti di ogni
vita individuale e li ha convinti,
ma non tutti, o forse, non più
ora, che non c’è possibilità di
salvezza nella neutralità e nell’isolamento.
Bruna Peyrot
Val Pellice: piano
regolatore
intercomunale
TORRE PELLICE — Il Piano
Regolatore Generale Intercomunale della Val Pellice è stato approvato dalla Giunta Regionale
cop deliberazione del 14 giugno
1983 n. 24r26093 pubblicata sul
Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte n. 30 del 27 luglio
1983.
La Giunta Regionale approvando il P.R.G.I. ha introdotto
d’ufficio alcune modifiche ed integrazioni di carattere formale
e tecnico, al fine di consentire
una più facile interpretazione
delle prescrizioni di Piano.
Lo strumento urbanistico di
Valle ha valore di Piano Regolatore Generale ed è operante
per 1 Comuni di Angrogpia, Bibiana, Bobbio PeUice, Lusemetta, Rorà, Torre Pellice e Villar
Pellice i quali lo avevano adottato nei tempi stabiliti (per i Comuni di Bricherasio e Luserna
S. Giovanni l’iter per giungere
all’approvazione è ancora in
atto).
Per il momento non è richiesta ai Comuni la stesura dei Programmi di Attuazione (P.P.A.)
in quanto la Regione deve aggiornare l’elenco di quelli tenuti
a farlo, alla luce dei contenuti
del Piano Intercomunale.
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10 cronaca delle Valli
16 settembre 1983
ASSEMBLEA DEGLI ’’AMICI DI AGAPE’
L'animazione ad Agape
L’assemblea degli amici discute
il futuro del centro di Agape: discussione molto ricca; parteci-:
panti non numerosi e provenienti
per lo più dall’area Valli-Torino,
elementi entrambi negativi perché, proprio in sede di progettazione delle linee programmatiche
per il futuro. Agape avrebbe necessitato di proposte e di valutazioni ben più articolate.
Si è partiti con un contributo
molto significativo di Yann Redalié, pastore svizzero, residente
a Bologna, che ha svolto una via
di mezzo tra una comunicazione
introduttiva sulle tecniche di animazione di una riunione e l’animazione stessa deH’incontro in
atto come esemplificazione concreta delle metodologie di lavoro che intendeva indicare.
In effetti già negli ultimi anni,
era andata emergendo la consa- .
pevolezza della necessità di attrezzare il lavoro di Agape di
quelle tecniche di animazione dei
camni che rendono possibile la
partecipazione attiva e il contributo soggettivo di tutti i campisti. Già in nassato, in sostanza,
si era detto: non basta prospettare temi e problematiche su cui
elaborare nei campi; non basta
neanche lavorare sui contatti, nazionali e internazionali, per garantire che ad Agape continuino
ad arrivare relatori ed esperti
interessanti; non è sufficiente
coordinare il lavoro di Agape con
quello degli altri centri evangelici in Italia per evitare sovrapposizioni di temi o concorrenzialità; ma è necessario, oltre a
tutto questo, concentrarsi su un
settore di lavoro nuovo che non
può esser dato per scontato. Vale a dire il reclutamento dei partecipanti, che sono oggi non solo
profondamente diversi da quelli
di 20 o anche solo 10 anni fa, ma
anche estremamente eterogenei
tra loro, quanto ad aspettative
ed atteggiamenti verso l’esperienza di un campo. Rispetto a questa eterogeneità e ai problemi
che essa comporta. Agape è largamente impreparata e si renderà necessaria l’acquisizione di
quelle tecniche di animazione dei
campi che permettano di sfruttare al massimo le potenzialità di
confronto culturale e di esperienza umana offerta dai campi stessi.
Ci è sembrato che, con questa
assemblea, abbiamo superato la
semplice consapevolezza di questa necessità, riuscendo ad entrare un minimo nel merito di questa prospettiva dell’animazione,
anche se il cammino da fare è
ovviamente ancora molto lungo.
Per esigenze di sinteticità, mi
devo limitare a citare solo alcuni titoli dei problemi affrontati:
preparazione degli staffisti, non
più limitata ai « contenuti » dei
diversi campi, ma estesa alle metodologie di lavoro che i diversi
campi richiedono; strumenti e attrezzature di lavoro, non limitate al microfono e alle cuffie di
traduzione, stante la consapevolezza che i canali di comunicazione non possono più limitarsi alle
sole parole e implicano l’uso della manualità, della visualizzazione eoe.; tecniche nuove di animazione biblica (è stato addirittura
proposto un campo specifico proprio per irap,ararle), che permettano la reihtroduzione più organica del lavoro biblico aH’interno
del •'rogramma di ciascun campo, come momento importante
(insieme al culto e alla presentazione del lavoro del centro) della
presenza di Agape rispetto ai diversi campisti e ai diversi filoni
di ricerca. E così via.
La discussione sui contenuti
(anch’essa molto ampia) si è
principalmente concentrata sugli
aspetti più problematici della ri
OCCUPAZIONE NEL PINEROLESE
Regione e sindacato:
no ai piano indesit
cerca agapina (prospettiva del
campo femminista, dei campi
« politici » e sul mondo del lavoro); ci è sembrato meno importante soffermarci su quei filoni
che riconosciamo come attualmente meglio impostati e sui
quali possiamo, con maggiori
margini di tranquillità, continuare il lavoro intrapreso e cioè i
campi teologici, quelli per giovani (cadetti e precadetti), o quelli
più specifici dedicati ai problemi
dtt protestantesimo italiano e
della condizione omosessuale.
L’assemblea degli amici ha riconfermato, riconoscendo la validità del lavoro svolto, i suoi tre
rappresentanti nel Comitato generale che sono Yann Redalié,
Graziella Tron Lami e Mario
Mie^we.
La neo costituita Associazione
degli amici di Agape, jt^a. infine
eletto il proprio consiglio-di Amministrazione (Giorgio Gàrdiol,
Ermanno Genre, Bruna Ricca,
Mario Miegge e Saverio Merlo),
e i revisori dei conti (Aldo Ferrerò, Angelo Cameron, Elke
Hablitzer).
Dopo il profìcuo lavoro svolto
da questa assemblea, i residenti,
i comitati, ma anche tutti coloro
che sono interessati e affezionati
al lavoro del centro hanno ampio materiale per intraprendere
e proseguire il loro lavoro.
F. S.
Sindacato e Regione Piemonte
respingono il piano della Indesit
di ridurre il personale di 3409
addetti alla produzione di elettrodomestici (circa il 45% degli
attuali dipendenti).
Il coordinamento nazionale dei
lavoratori dell’Indesit si è riunito nei giorni scorsi insieme alla
FLM ed ha deciso di controproporre alla azienda un piano di
riduzione dell’orario di lavoro e
di cassa integrazione a rotazione
che dovrebbe permettere il raggiungimento sia degli obiettivi
produttivi deirindesit che quello di non aggravare il bilancio
deiriNPS, che dovrebbe pagare
la cassa integrazione a zero ore
dei 3400 dipendenti.
« C’è una operazione che non
comporterebbe maggiori costi
per ì’Indesit — afferma l’FLM’—
ed è quella di organizzare diversamente gli orari produttivi. C’è
lavoro ner solo metà degli occupati? Allora noi proponiamo nuovi orari di lavoro fatti di 32 ore
per 4 giorni, oppure un orario di
4 ore al giorno per tutti ».
La proposta determinerebbe un
eguale numero di ore lavorate
nelle due ipotesi (32 ore settimanali in media) e avrebbe il pregio di ottenere nei fatti un risultato uguale a quello del ricorso alla Cassa integrazione fatto dairindesit negli ultimi due
anni, senza aumentare il numero delle ore integrate.
« I vecchi strumenti della difesa a qualunoue costo del posto
di lavoro o del lento abbandono
dei cassaintegrati a zero ore non
sono più attuali. Non servono
più ad affrontare i veri problemi dell’industria ».
In sostanza, la Firn vuole escludere la via della Cassa come
preludio alla definitiva uscita
dall’azienda e preferisce intervenire nella crisi Indesit con una
Cèssa integrazione « a rotazione », che nella misura non si discosti da quanto già visto negli
ultimi due anni.
Secondo i calcoli del sindacato, infatti, entrambe le soluzioni
che verranno proposte all’Indesit hanno effetti simili alla Cassa
inte]p"azione pèr circa 2.500 addetti, ovverossia per quella che
la Firn ritiene essere la cifra più
vicina alle reali necessità di « ta
PRIMI RISULTATI NEL PINEROLESE
Referendum suH’installazione dei missili a Cpmiso
Il referendum ha coinvolto finora il 10% circa della popolazione interessata - Questi i primi
risultati: favorevoli ai missili 102 (2,2%) contrari 4.478 (96,70%) bianche e nulle 51 (1,1%)
PRIMA DOMANDA
(Sei favorevole alla installazione
Data Luogo della raccolta (Comune e luogo) dei cH missili 0 H nucleari in 0 c 0 0 Z H Italia?) cu (U “a O --H cu S se •2 o.S PQ HXi popolare mediante referendum?) 0 a cu « « “S Æ -S S S s e/3 H Z H pq 3 « 03 0 > 5 « o o H >
12-13.6.83 Prarostino - S. Germano 2 2 82 82 0 0 82 82 2 2 0 0 0 84 84
19.6.83 Prarost. (pista coperta) 0 2 42 124 1 1 40 122 2 4 1 1 0 43 127
22.6.83 Pinerolo (conc. Battiato) 8 10 314 438 2 3 306 428 14 18 4 5 2 326 453
28.6.83 Pinerolo (tempio vald.) 0 10 9 447 0 3 9 437 0 18 0 ' ■ •5 • 0 9? *;v46?
3.7.83 Perosa Arg. (mercato) 3 13 158 605 0 3 149 586 9 27 3 8 3 164 626
2.7/10.7.83 Pin. (p. Cavour, f. Unità) 14 27 960 1.565 3 6 916 1.502 49 76 12 20 3 980 1.606
10.7.83 Massello (c. la Salza) 0 27 124 1.689 0 6 123 1.625 1 77 0 20 2 126 1.732
17.7.83 Perosa Arg. (mercato) 0 27 116 1.805 0 6 107 1.732 7 84 2 22 0 116 1.848
23.7.83 Pinasca (festa Unità) 0 27 26 1.831 0 6 26 1.758 0 84 0 22 0 26 1.874
24.7.83 Perrero (festa patron.) 15 42 67 1.898 1 7 65 1.823 17 101 1 23 0 83 1.957
25.7.83 Pinerolo (conc. Bosè) 1 43 36 1.934 0 7 35 1.858 2 103 0 23 0 37 1.994
31.7.83 Pomaretto (festa paese) 2 45 121 2.055 0 7 112 1.970 9 112 2 25 0 123 2.117
14.8.83 Prali (n. del paese) 5 50 226 2.281 1 8 215 2.185 12 124 5 30 0 232 2.349
14.8.83 Fenestrelle (mercato) 0 50 142 2.423 1 9 141 2.326 1 125 1 31 0 143 2.492
15.8.83 Pramollo (XV ag. vald.) 1 51 163 2.586 1 10 161 2.487 2 127 2 33 1 166 2.658
21.8.83 Perosa A. (v. Duca d’A.) , 2 53 100 2.686 0 10 94 2.581 . 7 134 1 34 0 102 2.760
Luglio-Ag. Val Pellice (n. 14 racc.) 26 79 962 3.648 7 17 929 3.510 51 185 15 49 0 995 3.755
27.8/4.9.83 Pinerolo (Mostra Artig.) 23 102 830 4.478 7 24 804 4.314 47 232 9 58 16 876 4.631
SECONDA DOMANDA
(Sei favorevole ad una decisione
glio ». La macchinosità dello strumento, inoltre, sarebbe ridimensionata — secondo la Firn — dal
fatto che l’Indesit lavora su un
turno unico in tutti gli stabilimenti.
Anche l’assessore regionale al
Lavoro, Tapparo, è intervenuto
nella questione dell’occupazione
all’Indesit chiedendo: 1) di non
attuare la cassa integrazione a
zero ore; 2) mettere in atto forme di mobilità dei lavoratori Indesit verso le industrie fornitrici della stessa, specie per quelle
produzioni che l’Indesit vuole
sviluppare; 3) che l’Indesit in
qualche modo faciliti la creazione di cooperative tra il personale eventualmente licenziato. L’Indesit in altre parole dovrebbe
dare commesse a propri ex dipendenti ritmiti in cooperativa.
Su queste proposte si svilupperà nei prossimi giorni il confronto tra le parti interessate.
Intanto negli stabilimenti si sono iniziati una serie di scioperi
articolati.
G. G.
Ritirare
i premi
Sono ancora giacenti presso la
Sig.ra Eldina Messina numerosi
premi estratti tra i sottoscrittori
della Giornata dell’Eco delle Valli. Sono giacenti i premi relativi
ai seguenti numeri: 32; 69; 146;
340; 400; 589; 632; 650; 907; 1202;
1233; 1335; 1352; 1388; 1479; 1502;
1537; 1591; 1647; 1663; 1680; 1748;
2322; 2343; 2428; 2641; 2668; 3132;
3357; 3391; 3485; 3674; 3805; 3825;
3826; 3886; 3905.
Ricordiamo che i premi debbono essere ritirati presso la sig.ra
Messina (tei. 0121/91969 tra le 13
e le 15) entro il 30 settembre.
Gli avvisi da pubblicarsi in questa rubrica debbono pervenire in tipografia
entro le ore 9 del lunedi precedente
la data di pubblicazione del giornale.
Concerti
ANGROGNA — Sabato 17 settembre
alle ore 21 presso ¡1 Tempio del Serre
il Coro Alpino Val Pellice e la corale
« La Vigneronne ■> di Lonay terranno un
concerto aperto a tutti.
Comitati per la pace
TORRE PELLICE — Il comitato per
la pace e II disarmo si riunirà lunedi
19 settembre nei locali del Centro di
Incontro di Torre Pellice (sotto I portici del comune) alle ore 21, con il seguente ordine del giorno:
— Situazione del Referendum e prossime votazioni;
— Preparazione della manifestazione di
Roma;
— Programmazione di una mostra o
audiovisivo da elaborare a cura del
comitato.
Manifestazioni
SAN SECONDO — La Comunità Pedemontana organizza tra II 17 settembre e il 2 ottobre un ciclo di manifestazioni dal titolo « Da noste part ». Questo il programma della prossima settimana;
Sabato 17, ore 20.30 al Castello di
Miradolo: mostra fotografica su San
Secondo e giochi sportivi.
Domenica 18 tra le 9 e le 23: mostra
del fungo, mostra d'arte, dibattito su
« ambiente e territorio », festa deli'Uva,,
danze a San Secondo.
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16 settembre 1983
cronaca delle Valli 11
..
RIFLESSIONI DI UN PASTORE OTTANTENNE
Prepararsi al peggio che verrà
La scelta del disarmo unilaterale richiede una coerenza rara - Fino a che punto siamo disposti ad accettarne tutte le conseguenze? - Molti pacifisti fecero i partigiani nella Resistenza
La seduta serale del Sinodo
era stata lunga e travagliata. Con
l’animo diviso fra l’ansia e la
speranza salivo per la strada del
Forte dove era la mia camera
presso una famiglia che gentilmente mi ospitava per la settimana dei lavori sinodali.
Nel piccolo largo davanti alla
entrata del vecchio cimitero alcuni giovani brindavano per festeggiare la fine della guerra.
Avevano già bevuto molto. Fiaschi i]t mano cantavano sguaiatamente con accompagnamento
di grida e parolacce. Per loro
ogni pericolo era finito, potevano tornarsene felici alle loro case. ai loro amori.
Per quanto fossero pessimistiche le mie previsioni non potevo
prevedere ciò che sarebbe accaduto dopo quel giorno, ma ero pieno di tristezza accresciuta ancora
da quella scena.
Scena che doveva ripresentarsi a me di continuo fino alla liberazione. Quando passavano sulla mia testa i bombardieri proA'enienti dall’Inghilterra alla ricei'ca delle vicine officine che alla terza incursione (per fortuna
non prima) furono colpite in
pieno con buona parte della cittadina; la popolazione e gli operai si salvarono tutti nei sicuri
rifugi, anche « Giobia » che si
era nascosto sotto il monumento all’alpino rimasto miracolosamente intatto. Quando rinchiuso
per tre volte come ostaggio per
garantire con la mia vita la vita
dei tedeschi in rastrellamento di
partigiani. Quando dovetti preparare airimpiccagione e alla fucilazione giovani valdesi, e fare funerali di membri della mia comunità, di un ragazzo e di giovani che erano stati miei catecumeni. Quando dal vicino comando la mitragliatrice con pallottole dum-dum (ne conservo un
campione) si mise a sparare contro le finestre del presbiterio lasciandoci incolumi pancia a terra sotto le finestre del pianterreno. Quando ero chiamato a riconoscere cadaveri di giovani uccisi. Quando nella notte comandanti tedeschi e repubblichini venivano a farmi saltar giù dal
letto. Infine, quando messo al
muro della Casa Valdese dinanzi al plotone d’esecuzione mi fu
intimato di andare alla ricerca
del comandante dei partigiani
per avvisarlo che se la loro partenza fosse stata ostacolata,
avrebbero uccìso trenta ostaggi,
missione che avrei comunque
compiuto anche senza quella
messa in scena.
E ogni volta vedevo e sentivo
quei giovani della notte dell’otto
BIELLA - PIEDICAVALLO
Culto in piemontese
PIEDICAVALLO — TI tempio
valdese di Piedicavallo (alta valle
del Cervo, Biella) ha concluso la
serie dei culti estivi domenica 28
agosto con il culto in lingua piemontese, presieduto dal pastore
battista di Valperga Canavese,
Vincenzo Barbio, che ha proposto ai numerosi convenuti
l’ascolto della parola di Dio con
la lettura del sermone della montagna (Matteo 5: 17, 48: Sté nen
a cherde ch’i sia vènti dèsfé la
lege, o ij profeta; i son nen vènti
per anuleje, ma per compije...).
Soffermandosi sul testo con puntuali commenti, egli ha sottolineato come l’impegno del cristiano vada ben oltre le norme della
civile convivenza e le regole tradizionali, per costruire una comunità sull’agàpe. Sono intervenuti alcuni poeti e scrittori in
piemontese: Camillo Brero, autore delle traduzioni degli inni,
ha invitato gli astanti a ripetere
una preghiera popolare a Gesù,
appresa da bambino nella campagna di Druent; e Jaco Calieri
ha invitato a meditare su Giovanni 10: 16 (/ n'heu d’aìtre feje
eh'a son nen de sta bergerta...),
ed in particolare sulla priorità
del Messaggio nei confronti delle divisioni denominazionali. Una
qualificata rappresentanza della
Corale di San Germano Chisone,
che già aveva cantato durante il
culto tenutosi nella chiesa di
Biella alla mattina, diretta da
Riccardo Bertalmio, vice del nuovo direttore Remo Bouchard, ha
cantato unitamente ai presenti
gli inni 14 (Làuda a nòst grand
Signor), 132 (Pare Sant noi it
pregoma / che tò Régn a ven-a
an ter a), 136 (Mach Gesù dia sua
cesa / l'è l’ùnich iondator) e 183
(Glòria al Pare, glòria al Fieul /
Glòria, Glòria a le Sp'irit sant),
per concludere magistralmente
con El siurament èd Sibàud
(Alvé le man al celi A l’é sì che
ij vòstr pare j a l’han giurò ’dnans
a Dé J èd mai tradì soa fé...), accompagnata all’organo da Elena
Bonomi del gruppo giovanile. Il
culto in piemontese è stato una
non comune occasione di incontro ecumenico di base, praticamente spontaneo, vivificato dalla
sincerità delle espressioni della
lingua familiare, così essenziale,
levigata e priva di ogni forma
retorica. I fedeli che gremivano
il tempio, ed i numerosi giovani
presenti.sono stati un conforto
per la comunità valligiana che
l’emigrazione e gli anni hanno
reso ormai esigua, ed un omaggio rinnovato a quegli scalpellini
— i picapere — che novant’anni
or sono vollero erigere con le
proprie mani un tempio per pregare e servire in libertà il Signore.
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settembre ’43. Che sarà stato di
loro? Chi di loro si è salvato?
Quali prove hanno passato? Sarei grato ai sopravvissuti, cattolici o valdesi, di mettersi in contatto con me (tramite il giornale) perché ho tanto pensato a loro, con disapprovazione sì, ma
anche con affetto e trepidazione.
Avrei dovuto fermarmi e ragionare con loro quella notte?
Non erano in grado di ascoltarmi.
Vorrei allora rivolgermi ai giovani di oggi, io che sono sull’ottantina e che perciò ho visto, vissuto, sperimentato, sentito cose
che loro non possono conoscere
e sentire. In modo particolare
vorrei parlare ai giovani che hanno un ideale, alcuni dei quali
hanno scelto la via difficile della
protesta contro le armi nucleari.
Anch’io ho firmato l’appello contro le installazioni di Comiso
perché come cristiano non posso fare altrimenti. No a Comiso, no alle, bombe atomiche, dunque! Ma sia però consentito di
dire ai giovani che fanno manifestazioni con marce, sbarramenti, striscioni, distribuzione
di fogli, quello che nessuno, per
quanto io sappia, ha loro detto.
Siamo in paese di libertà, di democrazia, e a parte qualche pestaggio non hanno nulla da temere, né campi di concentramento. né manicomi. La loro è
e dev’essere dimostrazione pacifica, senza eccessi, ma condotta
con fermezza.
Vi rendete conto di quello che
fate? Siete preparati nel vostro
spirito ad affrontare tutte le
conseguenze del vostro atteggiamento, della vostra campagna?
'Temo di no. Non possedere armi nucleari efficienti mentre il
nostro paese nei suoi centri vitali è sotto la minaccia di bombardamenti nucleari significa
mettersi in ginocchio dinanzi all’ipotetico invasore, aprirgli le
porte della nostra patria. La rinuncia unilaterale alle armi nucleari, che è esigenza della nostra coscienza cristiana, deve necessariamente comprendere ogni
difesa armata, anche con le armi convenzionali che oggi hanno raggiunto un potere di distruzione tremendo.
Una volta caduti sotto il domìnio dell’occupante, cosa inevitabile, che cosa farete? Non lo
potete prevedere, ma ve lo dico
io sulla base di quanto avvenuto
nell’ultima guerra.
Alcuni pochi si uniranno forse
ai collaborazionisti, un cambiamento di opinione in situazione
diversa dall’attuale è sempre
possibile, non solo per interesse
ma anche per nuovo convincimento. Diventerete così schiavi
SMANTELLARE
GLI ARSENALI
L'abbattimento da parte dei sovietici del Jumbo sudcoreano e la morte di
269 persone non può che trovare condanna e sdegno in ogni uomo amante
della pace.
Limitarsi alla condanna, come da molte parti si è fatto, è però insufficiente:
si deve cercare di capire come si è
potuti giungere a questo grave fatto.
La continua corsa agli armamenti,
l'incombere di una minaccia di guerra
nucleare tra est e ovest ha fatto innalzare la tensione e la diffidenza tra
le superpotenze a livelli non più tollerabili. Questa tensione è la principale
causd del tragico e deprecabile abbattimento del Jumbo sudcoreano.
La costante ricerca sui piano militare di equilibri a livelli sempre più alti,
non solo non esclude la possibilità di
uno scontro nucleare, al contrario ne
aumenta le possibilità. Un semplice errore si può tramutare in una tragedia
per tutta l'umanità.
L’unica via da seguire per ridurre
questo stato di tensione politico-militare è la distruzione di tutti i missili
ad Est e ad Ovest e la non installazione di nuovi missili. L'« equilibrio del
terrore » non potrà mai essere garanzia
di pace ma di paura, di sospetto e di
diffidenza reciproca. Lo smantellamento
di tutti gli arsenali nucleari è invece là
condizione necessaria e indispensabile
per instaurare un dima di fiducia e di
costruttiva collaborazione tra le nazioni.
Comitato per la pece e il disarmo
, della Val Pellice
« Ttel giorno ch’io ti ho invocato ti sei avvicinato; Tu hai
detto; Non temere! »
(Lam. 3: 57)
Ha terminato la sua vita terrena
all’età di 94 anni
di una potenza straniera che per
atavici impulsi e principi dottrinali è portata ad allargare al
Mediterraneo il suo controllo se
non il suo dominio.
Altri per salvare la loro famiglia, il loro lavoro e i loro beni
chineranno la testa, prenderanno atto che i tempi son cambiati e diventeranno ciechi strumenti, senza diritto ad alcuna
protesta.
Altri ricorreranno a quella disubbidienza civile, a quella obiezione di coscienza, a quella resistenza passiva che sono stati gli
ideali dei più begli anni della
loro vita. Finché dura, e non
potrà durare a lungo.
Altri infine, che oggi fanno i
pacifisti, prenderanno le armi e
diventeranno partigiani (il pastore teologo Bonhoeffer insegna). In regime di libertà hanno combattuto le armi, in regime di schiavitù uccideranno, _ faranno sabotaggi, provocando inevitabilmente rappresaglie che
colpiranno popolazioni inermi e
innocenti. Lo istesso Glorioso
Rimpatrio ci dice che quando
si combatte per la libertà, degli
innocenti pagano per i colpevoli.
Essi affretteranno la fine della
occupazione, perché con l’aiuto
di paesi interessati riceveranno
i mezzi per rendere la vita difficile, impossibile agli occupanti
i quali al primo intervento dalrestemo dovranno abbandonare
l’Italia martoriata anche senza
che siano state adoperate armi
nucleari.
Queste cose vi ho detto perché io alla mia età sono al sicuro, nulla possono le armi nucleari contro la casa del Padre,
ma voi e i vostri figli no. Fate
le vostre dimostrazioni contro
Comiso, insieme con tanti altri
uomini di tutto il mondo, potrete creare una corrente dì opinione pubblica in favore del disarmo unilaterale che non potrà
non influenzare i capi delle nazioni dell’Est e dell’Ovest, e preparare nuovi tempi di comprensione e di accordo.
Ma intanto preparatevi al peggio. Che gli eventi non vi trovino sprovveduti. Siate coerenti in
tutti gli aspetti della vostra vita,
non dimenticando che ì tempi a
venire si preparano ora e non
solo con le parole ma con i fatti, e non solo con i fatti, ma con
delle vite vissute per un ideale
di pace e di fraternità dentro il
nostro paese e fra tutti i paesi
del mondo, nreparatì a non cedere davanti a qualunque oppressore nel nome dell’umanità,
e per i credenti, nel nome del
nostro Signore Gesù Cristo che
ci dà la vera pace e la vera liberazione. Germanns
Adele Marauda ved. Rossi
Ne danno l’annunzio i nipoti Paolo
e Rina Marauda, Louisette Marauda,
Luisa Rossi Buglione con Roberto e
Tiziana.
Torre Pellice, 11 settenÆre 1983
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie della compianta
Virginia Ribet ved. Baffico
ringraziano tutti coloro ohe hanno preso parte al loro lutto.
Un ringraziamento particolare alla
signora Giuliana Long, alla signora
Davite e al pastore Cipriano Tourn.
San Secondo, 6 settembre 1983
RINGRAZIAMENTO
« Chi abbiamo amato, non può
morire; Lodovico ci ha lasciato
ma resta tra noi ».
La famiglia Gaietti Scassellati-Sforzolini, con profonda commozione ringrazia gli amici e le moltissime persone che sono state vicine in un momento tanto doloroso.
La Messa di trigesima sarà celebrata
sabato 1 ottobre, alle ore 18, in Torre
Pellice, presso la Parrocchia San Martino.
Torre Pellice, 9 settembre 1983.
RINGRAZIAMENTO
« Tu sei il mìo rifugio e la mia
fortezza, il mio Dìo, in cui
confido » (Salmo 91: 2)
La moglie Maurino Seiina, il cognato Maurino Giovanni, i familiari tutti del compianto
Paul Armand Huber
ringraziano quanti hanno partecipato
al loro dolore. Un particolare ringraziamento al Pastore Bruno Rostagno
e al Pastore Co’isson.
Castelnuovo Pinasca, 26 agosto 1983
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12
12 uomo e società
16 settembre 1983
fe!
CAMPO DI STUDIO-LAVORO A MONTEFORTE IRPINO
Per una scelta di vita
Cresce l’interesse per il volontariato inserito nel quadro socio-politico
Si è appena concluso (10-25
agosto), nel villaggio P.C.E.I. « 23
novembre » di Monteforte Irpino il campo studio-lavoro organizzato con la P.G.E.I. sul tema;
«Volontariato, una scelta di vi«ta?». Vi hanno partecipato campisti provenienti da tutta Italia
(i più numerosi provenienti da
Roma, Cagliari e Pirenze) e dall’estero (Svizzera, Prancia, Germania) per un totale di circa 35
persone. Il campo si è suddiviso
in due momenti: la mattina Isr
voro (costruzione parco giochi
per l’asilo, lavori di pittura e
muratura, manutenzioni varie
etc.), il pomeriggio relazioni e
dibattiti sul tema del campo. A
queste attività si sono aggiunti
momenti di aggregazione, altrettanto importanti, quali serate di
giochi, musica, film nel paese e
nel centro sociale del villaggio.
La partecipazione è stata molto buona: i lavori previsti sono
stati portati a termine ed i momenti assembleari sono stati momenti di crescita comime e di
importante riflessione. Questo
perché è apparso chiaro, immediatamente, il legame tra l’attività pratica-manuale e quella
teorica. L’interesse'verso i temi
trattati (senso del volontariato,
attività P.C.E.I. nelle zone terre
L'utopia del Regno
{segue da pag. Ì)
si escludono a vicenda. Non possono rimanere assieme. Una distruggerà con violenza estrema
l’àltra. Una sarà vittoriosa e l’altra perdente e sparirà.
Gesù è portatore di questo annunciò del Regno; egli stesso lo
ha inaugurato: la sua voce e le
sue opere sono « l’aurora della
salute » come scrisse uno studioso.
Ma anche qui, tante volte atfbiamo inteso il Regno di Dio come qualcosa che sta al di là di
noi e della nostra esperienza.
Qualcosa di bello e di affascinante per cui vai la pena costruire una famiglia ed avere dei figli, ma che è sempre al di là.
Quando pensiamo di averlo afferrato esso è ancora al di là. Al
di là di tutto quello che oggi è
la nostra storia, al di là del mezzogiorno dipendente e non capito, al di là della camorra e della
mafia, al di là dei missili di Comiso e del governo CraxifDe Mita. Questo Regno di Dio fatto di
giustizia, di pace, di amore, di
verità, di speranza è al di là, mai
potrà essere al di qua. Mài potrà
essere nostro come gioia di vivere. Mai potremo vedere uomini e donne del sud protagonisti
della loro vita, capaci di costruire una nuova dernocrazia reale,
senza più dipendenze. Ma è così
veramente? Il futuro di Dio sarà sempre lontano come lontana è la speranza che manca a
tutte le nostre popolazioni meridionali? Io non credo.
Vorrei riportare un brano della relazione del past. Sergio Aquilante al 2° Convegno di Vico E
« L’Eco delle Valli Valdesi »: Reg.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Comitato di Redazione: Franco
Becehino, Mario F. Berutti, Franco
Carri, Dino Ciesch, Niso De Miche
lis, Giorgio Gardiol, Marcella Gay
Adriano Longo, Aurelio Penna, Jean
Jacques Peyronel, Roberto Peyrot
Giuseppe Platone, Marco Rostan
Mirella Scorsonelli, Liliana Vigliai
trio.
Editore: AlP, Associazione Informazione Protestante - Via Pio V, 15
- 10125 Torino.
Direttore Responsabiie:
FRANCO GiAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
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• L'Eco delle Valli - La Luce •.
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Semestrale 10.000; Estero 35.000;
Sostenitore 36.000., GII abbonamenti decorrono dal 1°'gennaio e dal 1°
luglio (semestrale).
Redazione Vaili: Via Arnaud. 25 10066 Torre Pellice.
Pubbiicità: prezzo a modulo (mm
49x49) L. 7.000 (oltre IVA),
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280 - sottoscrizioni 150 - economici
200 e partecipazioni personali 30''
per parola (oltre IVA).
Fondo di solidarietà c.c.p. 112341G1
intestato a « La Luce; fondo di solidarietà ». Via Pio V, 15 - Torino.
Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
qiiense 1981;
« Gesù ha talmente legato il
futuro di Dio al nostro presente
che questo è ormai la possibilità
reale di decisioni e di segni di
novità; la possibilità redle di
osare soluzioni nuove, di inventare esperienze nuove che facciano gustare la libertà dalla minaccia (e che siamo sotto tante
minacce è perfino inutile dirlo),
che abituino a questa libertà al
punto che non se ne possa fare
più a meno, ed in ciascuno esploda la passione permanente di costruirla insieme agli altri. L’utopia di un ordine nuovo, di un
nuovo modo di vivere (adopero
di proposito la parola utopia
con la quale spesso si squalifica
il nostro discorso, la nostra proposta, la nostra stessa fede e
speranza) non appartiene più,
solo ed esclusivamente al futuro, coniugato come tempo che
sta sempre davanti: non è una
Sorta di eterna dirimpettaio,
chiusa nelle stanze della casa di
fronte le cui finestre non s’aprano mai, della quale tutti decantano la bellezza, ma che nessuno
riesce a vedere, e alla quale non
si può che cantare ricorrenti serenate individuali o di gruppo.
Essa si affaccia finalmente alla
finestra. Il presente è per noi il
tempo, lo spazio in cui questa
REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA
Autunno caldo
Malgrado l’acqua sul fuoco
che, in questi giorni, sta affannosamente gettando il cancelliere Kohl sull’« autunno caldo »,
le manifestazioni pacifiste, nella
Repubblica Federale Tedesca, si
stanno allargando a macchia d’olio. Il nuovo calendario è iniziato il primo settembre alle 5,45 —
all’ora in cui 44 anni fa la Germania nazista invadendo la Polonia trascinava l’Europa nella II
guerra mondiale — quando più
di cinquemila persone, quasi tutte giovanissime, si sono date appuntamento a Mutlangen (Svevia) per un « blocco », della durata di tre giorni, contro una
delle prossime possibili basi missilistiche dei « Pershing ». Al
blocco hanno partecipato oltre
150 personalità del mondo culturale, politico e religioso tedesco:
dalla teologa Dorothea Solle all’ex sindaco e pastore protestante di Berlino Albertz {« Gesù è
il pacifista autentico ») sino agli
scrittori Grass e Boll.
« La nostra è stata — ha dichiarato al nostro giornale un
partecipante — una manifestazione assolutamente non- violenta. E cosi dovrebbero essere tutte le altre prossime azioni contro
lo stanziamento dei ’’Pershing”
e dei ’’Cruise” che condurremo
senza soste sino al 22 ottobre,
fine della cosiddetta ’’settimana
della resistenza” ». In quei giorni verrà formata una « catena
umana » lunga oltre 100 chilometri dall’Eucom (Europäische
motate, obiezione di coscienza, lavoro giovanile nel sud, energia
alternativa) è stato messo in evidenza dai dibattiti che ne sono
scaturiti, dibattiti dai quali è risultato un documento finale. Gli
aspetti positivi di maggior rilevanza sono stati essenzialmente:
— la verifica della crescita di
interesse rispetto alla tematica
del volontariato, visto in una
prospettiva articolata che lo inserisce nell’ambito più vasto delle problematiche sociali e politiche ;
— l’aver usufruito di una struttura che, seppure ancora agli
inizi, ha funzionato in modo
egregio proponendosi come un
nuovo polo di aggregazione ed
incontri per il Sud Italia (ma
non solo);
— aver approfondito i rapporti con la popolazione locale (villaggio e paese) suscitando un
interesse reciproco all’incontro
ed alla conoscenza.
Per concludere si può quindi
affermare che è stato, questo
campo, un’occasione importante
ed originale che però presuppone, per le basi che ha posto, un
approfondimento futuro delle
problematiche emerse ed una
maggiore attenzione nei confronti deH’impegno che a Monteforte si porta avanti dal novembre
denso. T. B.
Utopia, nella fede, può essere assaggiata, pregustata; in cui diventa progetto del quale si possono costmire segni concreti, sia
pure nelle sconfitte e nella miseria délld'^Hostra situazióne; nel
confronto, duro e faticoso, con
essa, con le sue componenti e le
forze che vi operano ».
Il futuro del Regno è qui ed
ora. E già nel nostro testo evangelico ne troviamo i segni, segni
umani e deboli: uomini legati al
duro lavoro di questa vita lasciano ogni cosa per seguire Gesù: Andrea e Simone, Giacomo
e Giovanni i quali lasciano lavoro, padre e amici per stare
con Gesù. Lasciano la sicurezza
per la insicurezza, la certezza
per l’utopia di questo Gesù che
annuncia il Regno di Dio come
« vicino »!
La nuova via del ravvedimento e della fede, possibile perché
il Regno è vicino, non rimane
chiusa nell’ambito di un dibattito religioso o nell’ambito di
esperienze mistiche, diviene realtà nuova perché uomini come
noi percorrano la nuova via del
Regno. Il nostro compito è innanzitutto di essere sempre e
ovurique ^Àomini e chiese che
hanno risposto alla chiamata di
Gesù per la via del ravvedimento e della fede, e poi di essere
capaci di vivere la utopia di un
ordine nuovo, l’utopia del Regno
che è vicino. Giovanni Anziani
Kommando - Zentrale der US Streitkrafte) di Stoccarda sino
alle caserme americane di Neu Ulm che dovrebbero far la guardia ai missili Pershing installati
in caso di fallimento dei negoziati di Ginevra.
« Non c’è dubbio — aggiunge
R. Vogel, membro attivo del
’’FriedensBewegung” tedesco —
che il movimento antimissilistico guadagni ogni giorno nuovi
seguaci. Le forze aovernative
stanno per reagire a questa crescente simnatia, che molti strati
della popolazione provano verso
il movimento nacifista, con una
campagna di ’’contro - informazione” in cui si intende ricordare
al popolo tedesco la superiorità
militare del blocco dei Paesi del
Patto di Varsavia. Tutti questi
temi torneranno, a più riprese,
durante ’’l’autunno caldo” tedesco nella speranza che i piccoli
grupjji (^'estremistì non mandino all’aria il lavoro paziente di
persuasione che da mesi sta conducendo il movimento pacifista
attraverso i metodi di lotta che
furono di Gandhi, Martin Luther
King, Danilo Dolci ». Intanto
l’ombra tragica del Boeing abbattuto si profila sinistra sia a
livello di trattative tra super potenze sia all’interno dei movimenti pacifisti che mai come oggi hanno visto così pericolosamente avvicinarsi l’ora della fine
nucleare.
G. P.
DAL DOCUMENTO FINALE
Volontariato
Dal da^Ufinento fincà» risultato
dai dibattiti scaturiti in seguito alle relazioni introduttive presentate
stralciamo alcuni punti significativi :
Anzitutto due tentativi di definizione del volontariato inteso come ;
1) azione accettata e compiuta
liberamente per un tempo definito
e non retribuita;
2) rifiuto soggettivo della mercificazione delle proprie capacità e
del proprio tempo di lavoro.
Etica del lavoro
Oggi il valore del lavoro si misura con gli strumenti deH’economia; non ha importanza se questo
lavoro serve veramente agli uomini,
esso deve soltanto realizzare più
del capitale investito.
E’ questa logica che va ribaltata,
perchè in questo modo hanno maggiore considerazione i « numeri »
dell’economia che non la soluzione
dei problemi che afiliggono le persone. La validità del lavorò, allora,
deve essere misurata nelle possibilità che offre di rendere più umana e vivibile l’esistenza (qualità
della vita) dell’uomo.
Etica del
volontariato
La scelta di mettersi a disposizione per gli altri, di donare le
proprie energie e il proprio tempo,
deve comportare una disponibilità
totale nei confronti della struttura
e del progetto in cui si lavora.
Questo però, non deve autorizzare
a trovare una giustificazione etica
di questo atteggiamento, un fondamento in una « teologia del sacrificio » dovuto e richiesto. D’altronde è vero che finche il lavoro
si assume come merce, il volontariato ha valore etico più che
dimensione sociale e rischia di continuare ad essere un’espressione di
élite e non una pratica di massa.
Il lavoro volontario deve avere
una sua componente di gratificazione che prescinde dal lavoro, dall’atto particolare che si compie in
un dato momento. Ciò a volte,
rende possibile superare l’alienazione che il lavoro stesso può creare.
In definitiva possiamo affermare
che è importante recuperare la dimensione di « gioia » del nostro
operare.
Una prospettiva
evangelica
Ci sembra necessario trovare questo senso in una scelta globale di
vita e non solo in una spinta entusiastica e superficiale, anche se
questo aspetto non è negativo di
per se stesso. Di trovarlo in una
scelta di disponibilità al servizio
per gli altri (diaconia) come espressione concreta della vocazione ricevuta in quanto credenti. Questo
servizio è il frutto e l’espressione
dell’essere stati liberati dal salvare
se stessi con le proprie opere.
Rendere testimonianza nel ser
vizio : riteniamo sia questah^na del-le principali motivazioni del nostro
operare. Diciamo anzi, che il servizio, l’attività spesa in opere di
pubblica utilità e per il miglioramento dei rapporti tra gli uomini
è un momento privilegiato di testimonianza anche perchè, se il servizio è svolto dentro una prospettiva di liberazione, si inserisce in
un tessuto di speranze e di domande. Risulta chiaro che l’atto e la
parola sono strettamente uniti e
che la nostra fede, vissuta in situazioni concrete ci dà la possibilità di esprimerci in modo adeguato al tempo e al luogo.
Vi sono poi delle tentazioni a
cui le opere della chiesa sono soggette e con esse anche il lavoro del
volontario. Nel documento ne sono
enumerate alcune :
1) affidarsi ad un progetto svincolato da un disegno politico più
generale in cui invece deve essere
inserito. Da qui, la necessità di
innestare il nostro impegno di predicazione in un discorso « coerente » di ricostruzione della società, di ricostruzione, di modificazione di situazioni di dolore e di
ingiustizia.
2) operare in modo autoritario
lavorando per gli altri e non con
gli altri.
3) sostituirsi all’azione pubblica
tamponando le inadempienze di
questa, di fatto appoggiando il processo di deresponsabilizzazione dell’ente pubblico che delega ad altri.
Va precisato che pubblico non deve
affatto identificarsi con statalismo.
Gestione pubblica va intesa come
autogestione da parte della comunità interessata.
4) lasciarsi utilizzare e strumentalizzare, più o meno inconsciamente, per coprire le disfunzioni e
le contraddizioni della società e
non per denunciarle.
Il volontariato nella
situazione attuale
Valutando ancora la situazione
attuale:
Ghi è inserito nel mondo del lavoro, allo stato attuale, può optare
per il servizio ohe è una scelta definitiva di vita, non per il volontariato a lungo termine poiché non
è garantito un suo reinserimento
nella precedente attività. Bisognerebbe pertanto conquistare una
normativa di carattere legislativo
ma anche contrattuale, in modo
tale che siano previsti distacchi
temporali dalla occupazione con
garanzia previdenziale e di non
discriminazione al momento del
rientro.
Il volontario infine con il rifiuto
soggettivo di mercificare le proprie
capacità ed il proprio tempo di lavoro se praticato su scala più ampia
ed assunto con valenza politicoculturale propone un modello alternativo alVattuale perché tende a
dimostrare praticamente che il lavoro non necessariamente deve es
sere competitivo, ma può essere
una espressione della solidarietà.
Questo oltre ad avere un senso nel
produrre dei servizi, si pone il fine
di ricreare rapporti umani basati
sullo scambio e sul dono reciproco.