1
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Sogucn<io la vcritk wWn carili
Kv^s. IV. li.
Si distribuisce ogni Venerdì. — l’er cadun Numero cenlesimi iO. — Per caduna linea d’inserzione cenlesimi 20.
Coiifliixioiii d[*A(i»8oriazione :
^PerToRLNO — Un Anno L. 5. — A domicilio L. 6 • — Pr.oviNCiK L G tO.
Sei mesi - 3. — > 3 50 — > 3 95.
Tre mesi • *. — . « t5 _ , » io.
Por Francia e STizzera franco a destinazione, e per ringliillerra franvo al confine lire » 3fi
per un anno, e lire & per sei mesi.
Le Aa^oHazioni si ricevono: in Tonno alt'I'IIlKlo ilrl 4»lorni»l(*,via Val*<ntino, cimi
HcUoi'tt, ìN- ri, 3" plano; e dai Frullili Piiiiini librai, viu lì. \. degli Angeli, tu«» Punil>a.
— X (ionovs, ulla «'nppolln Val«lcMe. nitiru di S. Cliiura.
»Ile provincie, prcHS4> tulli gli L’Ifini ¡tostali per niczzodi Vafjlidf che dovranno enscre inviuti
franco al Diretlore dclU H» N(»vkli..\ o iinj» allrinifiili.
AireniPro, ai «cgiicnii indirizzi: L(t>nuA,dai sigtf. Nit»iil»ctt c librai, ‘il Hcritcrt-KtrcM;
P.viiiiii. dallalibreriaC. .Mcyrin ifi, ruo Trnni lict, 'i; Nimks, dui «Ig. Poyrot-Tincl libraio; I.ikuc;
dai Ptgg. Denis et P<*lit Pierre libmi, rne Neuve, 18; Gi.M.vnA,daÌ nig. K. Heiund liiuuiu
Lusxssa, dal big. Delafontaine libraio.
IL DOTTORE GILLY.
(Vedi Buona Novella num. 43, 46, 47 e 48).
V.
Le anime generoso mirano a nobilitare ciò
che amano, e provano nn [irepolnnle l)isognodi
legittimare col pensiero e lo studio, il loro parziale aiTetto agli occhi proprii. Dapprima zelanti
seguaci d’un’idea, ne diventano poi apologisti
e talvolta storici. La loro genesi spirituale o
naturale, le loro sinipatio, gli studii, li fanno
rappresentanti venerandi di una tendenza nella
storia. Chi dirà l’antica ed ignota sorgente
donde scaturiscono ootali simpatie? La loia dell’esser nostro, è misterioso tessuto di atli liberi
di cui siamo autori, e di afTetti tradizionali, di
cui siamo eredi. Non sarà disagevol cosa accennar la discendenza spirituale del dottor Gilly.
Vorremmo poter fare altrettanto per la genealogia, riconoscere nel nome Gilly una modificazione del nome di Gilles, nelle armi di lui
che portano in campo quattro gigli, col motto
'(alide et non gelide, una non dubbia origine
italiana. Comunque sia di tali ipotesi, il caldo
suo alletto per la Chiesa valdese, nobilmente
confermò il motto feodale calide et no» gelide.
La Chiesa ch’ei dapprima amava con entusiasmo giovanile, indi con affetto di fratello
unito a tutti i membri del corpo di Cristo, gli
divenne ognor più cara, quando lo studio
gliela mostrò, non già come fatto accidentale,
accessorio, nel complesso della storia del regno
di Dio, ma come sunto e antica rap|iresentazione del movimento protesl.mte.
Non gli rimprovereremo già che_ sia stata
APPENDICE
CENNI STORICI
DELLA RIFORMA IN ITALIA
NEL SECOLO XVI.
XVII,
I progressi della Riforma in Germ.mra, Svizzera, Inghilterra ed anche in lliili.i,erano argomenti di gioia e di speranza pe’ Valdesi, i quali
vedevano iniziato il trionfo di quella fede stala
loro tramandata dagli antenati, e per la quale
avevano sofferlo con mirabilecost.mza ogni sorta
di mali. Vedendo propizi i tempi, ripresero animo
e si diedero a dilTondere nelle città c nelle borgate vicine i semi del Va'igelo. I loro primi tcn
talvolta la sua critica ispirata dal suo cuore, nè
cho il fondamento da lui posto, 1’«/iììc/iì7'( apnstolicn dei Valdesi lo abbia indotto ad innalzar
un edificio non saldo abbastanza.
Colali argomenti di alta critica storica tuttora
pendono fra i dotti: snbjudice iis est. Un fatto
però, fuori d’ogni contrasto, si è che la Chiesa
valdese appare come anteriore ad ogni altra
chiesa protestante, un anello maestro di quella
lunga catena di cristiani, che in ogni tenj|io
protestarono contro gli errori tli Homa, e divennero ognor più la Chiesa, quando la cliie.sa
divenne il inondo. Il dottor Gilly [irovando |)cr
quella imponenle .serie di antenati spirituali
un affetto di famiglia, vi consecrò lo sue fatiche, ne dilucido la sloria, ne rivendicò i diritti,
ne illustrò i titoli incontrastabili.
La parola che riassume la contesa tra Uoma
ed il protestantesimo, diceva egli con molta sagacità, è la parola successione. Come cadde la
(Chiesa del iv, v, vi secolo in cos^ enormi orrori e ributtanti abusi? Con successione di corruzione e graduale separazione dalla semplicità
del vangelo.
Come ritornò essa nel secolo xvi a dottrina
e vita più pura? per nobile successione di eroi
della fede. Il romanismo non spiccò armato
dal seme d’ùn dente del drago, nò la Riforma
dal cervello d’un uomo, come Minerva dal capo
di Giove. Essa fu il portato di fatiche e lotte
successive. Vigilanzio d’Aquitania, Claudio di
Torino, Valdo di Lione, LuterooCraminer maggiori nostri protestanti, allro non sono che
anelli nella catena d’oro che il presente ai tempi
primitivi ricongiunge. Le più antiche lìroteste
lativi ebbero luogo nella ciltàe provincia di Saluzzo. Ed ivi, come altrove, non lanlarono a
trovare, nelle classi più elevale, dapprima protettori, e poscia credenti. La famiglia di MonIroux, una delle più illuslri di quella provincia,
apri il suo castello alle riunioni evangeliche dei
nuovi riformali, eia famiglia de’ Villanova-Solaro
vide parecchi de’suoi membri associarsi al cullo
evangelico. 11 duca di Savoia fece di tulio per disloglierli,ma le sue istanze non fecero che viepiù
fortificarli nelle nuove credenze; il numero dei
riformati crebbe si che dimandarono alla Chiesa
valdese de’ pastori, e prima d’otlenerli recavansi,
per udir le prediche, sino alla valle di Luserna.
l clericali ne fecero consapevole il governo,
sollecitandolo ad impedire, con formale divido
a’ tulli i sudditi, nati cattolici, d’assistere al rito
valdese; e spalleggiati com’erano dal ducaFiliberlo, si diedero a reprimere, con Uitli i moni,
furono dirette contro gli errori naturali al cuore
umano, coniro l’attaccamenlo «Ile reliquie di
santi uomini, contro l’idea natunilissiina d’invocare le anime de’ morii, e coiilrt) gli altri
abusi naturali chc sono il frullo deiroblìo della
(larola di Dio. 11 iv secolo infatti ò l'eporn in
cui un sistema ()agano fu iuiicstaln sul erislianesinio, ed in cui fu sacrificata la si'tniilicilù
evangelica a pii sofismi, e .s’introdiisse il panleone nel santuario di Cristo.
Confessiamolo schietto, la ileferenza esagerata pei dotti di tutte le età, la trasruranza della
pietà umile, del senso comune (commou sensepiety), fu tremendamente vcndif-ala dalla misera sorte delle chiese teologiche. In tutte le
capitali dell’Africa o dell'Asia ove fioriva la
scienza, non una chiesa cho abbia cnuservabt
qualche vestigio di cristianesimo : pcOla bocca
dei fanciulli il Signore ha fondala la sua lode :
e mentre Ambrogio, Girolamo, Agostino stesso
sanciscono errori, per cui in altri tempi avrebbero gridato lo pietre stesse, il giovane ed
o.scuro Vigilanzio d’.Vquitania innalzava la voce
per condannare quelle maliche divole cbe alla
creatura tributavano i cincrarri c gi'idololnlri.
Vediamo il dottor Gilly in posto eminente in
una Chiesa che la sua gerarchia eredò da Roma,
manifestare aperta simpatia pel cristianesimo
umile, i)opolaro del medio evo, Ei conosce,
rispetta i corifei della scienza cristiana al quarto
0 quinto secolo, Agostino, Ambrogio, Gerolamo, Martino, ma nessuna riverenza ei mostra
al velo misterioso e sacro deH’anlichilà, dietrt»
il quale, il cattolicismo ed un protestantesimo
bastardo, tentano di celare l’origine delle ceri
la nascente Riforma. Siffatti espedienti ebbero,
è vero, il loro eflelto, nel senso di togliere, come
dicevasi, il pubblico scandalo ; ma non riuscirono a disperdere i semi della Hiforma, i quali
sebbene in segreto, continuavano a germogliarvi.
Nello spazio che corre fra la citlà di Torino
e le colline de’ Valdesi, non v’è forse cilt.i in cui
la Riforma religiosa del secolo .VVl non trovò
aderenti e simpatie. Il catlolicismo era caduto
in uno stato d’abbiezione, di cui è impossibile
formarsi un’idea. In’inquisitore di Raccofligi
scrivendo al Sant’Ufficio di Roma, confessava il
deperimento che notavasi allora nelle cose religiose; * le chiese in rovina, gli altari s.pojjl'iati, le
vestimenta dei sacerdoti lacere, i preti ignoranti,
e ogni altra cosa sprezzala ». Queslo brcvo en
eloquente quadro del cattolicismo iu l'icmonte.
basta a far comprendere quanto disposto fosse il
2
inonie pagane dolla Chiosa romana. Deride quel
santo prestigio innanzi a cui si prostrano i devoti illusi, che veduto dappresso, si riduco all’impostura degli uni, all’ignoranza degli altri.
Con umore del tutto protestante egli insegue la
superstizione insino alla culla, e le strappa le
iascie dorate in cui la filosofia, la scienza, una
l’alsa divozione la teneano involta.
Il primo protestante perseguitato, Vigilanzio
attrasse la sua attenzione; oi gli consecrò un’opera importante. Nc accenna i natali in Calagorris appiè doi Pirenei, le suo relazioni col
dotto Sulpizio Severo, lo storico leggendario,
l’architetta delle basiliche, l’ammiratore di san
Martino; cc lo mostra iniziato a poco a poco,
alle pratiche, agli errori della Chiesa, accompagnando Sulpizio presso san Martino di Tours,
<ìd ivi maravigliato dello strano culto che quel
santo rende a Dio. Per via non sente altro che
di maraviglie da lui operate; ha scacciato il
diavolo da una giovenca; ha fatto canmiinaro
uno zoppo ; ad un terzo, paralitico, basta passare nella sua ombra per esser guarito.
Cresce la maraviglia nell’accostarsi de’ viaggiatori alla dimora di Martin. Credo Vigilanzio
di veder qualche ampio monastero in mezzo
iilla popolosa cittii di Tours, e stupisce, straliilia quando è all’ingrosso della cella del cenobita. Lo mira assorto nella preghiera , in
atto di fascino e di allucinazione, tremante da
capo a piedi coi capelli ed il viso cosparsi di
cenere, grondanti di sudore, in estatico colloquio con santa Tecla, Agnese e Maria. Giungono al sommo lo stu[iore e la ripugnanza del
giovin protestante, quando nelle frattuosità
della ròcca « Egli sciiopre monaci prostrati, in
ginocchione stringendosi febbrilmente una reliquia al petto, e che in una spelonca s’imbalte
in un eremita, il quale sorretto dal ginocchio
sinistro,coll’altra gamba protesa, equilibrando
il corpo , poggia la sinistra mano sopra un teschio, colla destra armata di tagliente sasso lacerarsi il petto, e fiso lo sguardo al crocifisso,
irriga di sangue le membra, esclamando convulsivamente mea culpay mea maxima culpa! »
Lo storico indaga la impressione destata
sull’anima schietta di Vigilanzio , da pratiche
cosi contrarie olio spirito della cristiana libertà
evangelica, e como a poco a poco giunse alla ge
terreno per la Hiforma, e gli aposloli di essa non
lardarono a profittarne. Gii abusi e la corruzione
della Chiesa cattolica erano cosi palesi, che i più
abili partigiani di Uoma proclamavano la nccessilà di riformarli. La quale confessione non poteva che agevolare la propaganda evangelica.
Domenico Uaronio, noto per le sue convinzioni cattoliche, parlando nel suo libro Delle IsUtuù oni umane, delle alterazioni introdotte dal
papato nella celebrazione della cena, esclamava:
« Piangete, querelatevi per la sacrilega profanazione di queslo mistero! Vorrei fermare la mia
penna, ma Dio! Lo zelo della tua casa mi consuma. L’empietà, l’idolatria, l’ambizione, la venalità, circondano il tuo altare ». E frattanto il
Baronio non aveva il coraggio d’abbandonare
una religione cosi deformata e corrotta!—Egli
era un abate.
Celso Martinengo, italiano e pastore della
nerosa impresa di protestare in nome dolla coscienza e dolla parola di vita , contro lutti gli
errori e le novità del suo secolo, cho tendevano
ad assoggettare il vangelo ad una legge più
grave assai di quella stessa di Mosò. Ei mostra il
giovane sacerdote nel primo suo abboccamento
con Girolamo, trattato dall’anacoreta di llettolemmo come fratello, tenuto degno della sua
amicizia e del suo carteggio. QuiuJi le due diverso tendendo di cui erano essi rappresentanti,
vioppiìi dolirioatc negli stessi loro rapporti,
condncondo ad aperta rottura ed accanito odio,
onde il santo è patrocinatore del monacismo;
giunge persino a chiamare il suo aulico caro
fratello un mostro, un bruto, un matto, uu
vile guatterino, insomma un indiavolato. —
Nel corso di questa biografia l’autore passa a
rassegna gli uomini più distinti doll’epoca, e
caratterizza tutto il movimento cattolico del secolo IV, dipingendo a lungo il principal rappresentante Girolamo, grande erudito, che ha
il merito dubbio di aver dato alla Chiosa la
Vulgata. San Paolino, san Martino di Tours,
Sant’Ambrogio, Sulpizio Severo, successivamente passano sotto gli occhio del lettore interessato, e servono di campo animato e vario
al personaggio principale.
Un punto al qualo l’autore dà speciale attenzione, si è di mostrare la filiazione storica tra
Vigilanzio ed i testimoni biblici dol medio-evo.
Dungall 0 Jona di Orléans, i due antagonisti
di Claudio di Torino, di già gli rimproveravano
che i suoi errori sempre ebbero fautori e seguaci in Piemonte; e lo stesso Girolamo, in
una lettera a Uipario , dice di Vigilanzio: «Io
già vidi il mostro, tentai di atterrarlo colle testimonianze della Scrittura, ma scappò via , e
comincia a declamare contro di me in mezzo ai
fiotti dell’Adriatico e nelle nevi delle alpi Cozzici. L’autore ne duduco con evidenza un po’
contrastabile che Vigilanzio trovasse in queste
parti uomini della sua fede.
Con prodilezione a quei luoghi l’autore procura di stabilire che fin dai più remoti tempi
erano l’asilo dei cristiani perseguitati. San Secondo confinante a Prarostino , deriva da un
martire della legione tebana, e sullo alture di
Crusolo presso Rorata, riparò CiaiTrodo , altro
confessore della fede noi 297. — Il dott. Gilly
Chiesa italiana di Ginevra, consigliava il Uaronio, per via di lettera, a seguire una via più
franca e più evangelica. .Ma il più grande sforzo
che quest’ultimo fece, sì fu quello d’introdurre
alcune modificazioni nel modo di celebrare la
messa. Egli avrebbe voluto ravvicinare le due
parti, cattolici e protestanti, con misure conciliative; il che era.nel \oto di molli, i quali desideravano la Uiforma, senza però rinunziare al
papato, 0 a dir meglio una Uiforma fatta sotto
gli auspici e col concorso del papa: cosa difficilissima e diremo quasi impossibile. L’esitazione
del Uaronio a seguire francamente le dotlrine
evangeliche, nocque non jioco alla Uiforma, scoraggiando moltissimi ch’erano in via d’abbracciarla.
La Uiforma penetrò, oltre a’luoghi sinora indicati, in altre parli del Piemonte, non che a
Genova, a Verona, a Cittadella, nella città del
intese che la miglior maniera di polemica sì
era di risalire ai fatti, e colla storia in mano,
di contendere alla Chiesa di Roma l’infondata
sua pretensione all’antichità primitiva. Col senso
della realtà, distintivo agl’inglesi, ei risale, con
esatte e perseveranti indagini, ai tempi della
nascente corruzione della Chiesa, e con ragione linvondica la successione apostolica per
coloro che nelle diverse età la dottrina e lo
spirito apostolico serbarono, e sonza tale amore
a quella Chiesa che di apostolico altro non ha
che il nome, ripudiandone in un tempo la fede
ed i principii di vita.
L4 QÜESTIONE RELIGIOSA IN ITALIA.
I.
Sotto questo titolo il signor Rianchi-Giovini
pubblicava nell’í/?itor¡e del 47 novembre un
articolo, che ci dispiace sommamente non 'ci
sia caduto sott’occbio che pochi giorni or sono,
per fare prima d’oggi ciò che intendiamo di
fare |)resentomento, darne cioè un sunto ai
nostri lettori, accompagnandolo di alcune nostre
riflessioni in proposito.
Il Giovini dunque, prendendo lo mosse dalla
statistica da noi riportata delle Ribbie smerciate,
l’anno scorso in Italia dagli agenti della Società
biblica, cosi prosiegue:
« Con tutto questo però è falsa l’illazione che
8 ne cavano i fogli protestanti, che quosto
« smercio di Ribbie equivalga a progresso del
« protestantismo in Italia. Ci fanno compas« siono quei missionari quakeri, puritani, preÍ sbiteriani o comunque si voglia chiamarli, ì
« quali ridondanti di effusione di fede e pren« dendo la guerra che si fa al papismo per una
« vocazione al protestantismo, credono di tro« vare in Italia un semenzaio di proseliti e
« non vi trovano che degli indifferenti, e che
« la parola di Dio, com’essi dicono, non è più
« efficaco sulle loro labbra di quello che lo sia
« sulle labbra de’nostri cherici.
Í L’odio coniro il papa, generale in tutta
« l’Italia, e la guerra che si fa alla venale sua
«*Chiosa, non è per gli Italiani una questione
« religiosa, sibbene politica, e che prende
« seinpfe più estensione e vigore a misura che
l'riuli, in Ancona, in diverse altre citlà dello
Sialo pontificio e per fino nella stessa Roma. E
avremo occasione di parlarne più diffusamente
allorché ci toccherà discorrere de’ feroci espedienti con cui ia corte romana riusci ad arrestare
in Italia il movimento religioso.
È lempo adesso di dir qualche cosa sull’origine, su’ progressi e sulTindole della Riforma in
Germania, non che sulle divergenze dommatiche
surte fra’ principali riformatori, che tanto male
fecero alla Cliiesa alemanna e per fatale ioHuenza a quella, appena nascente, della nostra
penisola.
(continua.)
3
« rinvigorisce il sentimento della fiignità nazio« naie e il desiderio di una vita politica e degna
« di una nazione. Il papato presento essendo
« manifestamente contrario allo sviluppo di
« quesli sentimenti, ed avendo preso fatto e
« causa pei nemici dell'Italia , è naturale la
« conseguenza che sopra di lui debba ricadere
« lo stesso odio cho da ciascuno si nutre contro
« i nostri oppressori. Ma operate il miracolo di
« un papa e di una corte di Roma che spieghino
t altra bandiera, e tulta l’Italia diventa papit: stica, come la si vide nel 1847 ».
Una prova di questa sua asserzione la cava
il Giovini dalla sorte toccata alla riforma religiosa del secolo decimosesto in Italia, ove sebbene « abbia cominciata in un’epoca ove l’Italia
« era divisa in moltissimi Stati, li uni ordinati
« a repubblica, li altri a principato, e vi fosso
« una libertà di pensare che non esisteva altrove;
« sebbene vi fosso stata abbracciata da varie
« cospicue individualità e trovasse eziandio fa
« vore presso alcuni principi.....pure non
« trovò la minima predisposizione nel popolo »,
e ciò per « niente altro che por l’avversione
< popolare ai cangiamenti di religione.
« I buoni missionari protestanti, prosiegue
« il Giovini, non pensano [mnto a queslo cose,
« nè si curano punto di studiare il paese, il
« carattere degli abitanti e la loro storia; ma
« scorgendo che furono vendute tante migliaia
H di Biblie, ne conchiudono che di tanto ha
« fatto progresso la parola di Dio.
« Ma che cosa è mai per gl’italiani la Riblia,
« questo libro che i protestanti non aprono mai
« se non se con un profondo raccoglimento che
« sa talvolta o di fanatismo o d’ipocrisia? Esso
« è un libro come tutti li altri ».
Roma, a parer del Giovini, avrebbe dovuto
essa stessa fare quesla dichiarazione, dal momento che vide il vantaggio che della Ribbia
traevano i suoi avversarii. Ma non lo fece; solo
cercò di renderne meno diffusa la lettura, col
proibirne i volgarizzamenti, c tranne che non
« fossero fatti alla sua maniera e corredati di
« note che ne smentissero il testo e ne aggra« vassero il volume e la spesa.
< In onta di ciò, prosiegue il Giovini, era
« tanta la curiosità di sapere ciò che vi fosse
« in quel Codice, di cui tanto si parlava e che
« era aH’incontro così poco conosciuto, chc la
t piultoslo cattiva traduzione del Martini, ese« guita quasi por intiero sulla traduzione frante ceso del Sacy, ebbe un immenso succes.so, in
« onta alla moltitudine de’suoi volumi. Quando
« poi la Società biblica cominciò a spargere le
« sue edizioni del Diodati o del Martini, stam« pale con eleganza, in volume portatile, ben
« legate e che si vendevano a poco prezzo,
« tutti vollero averne alcuna, c tanto piìi desili doravano di averla quanto piii i preti gridali vano per impedirne la circolazione, ritirarlo o
« proscriverle. Ma che nc avvenne? I lettori
« d’Italia invece di essere rapiti di un sanlo
< entusiasmo, non vi trovano che un libro vario,
« dilellevole, istruttivo, poco pili poco meno
« di un romanzo. I ministri della parola evan« gelica ci |)ordonino quesla profana espres« sione; ma è l'espressione della verità. Il po« sitivismo italiano vi trova delle cose o singo« lari 0 incredibili, vo ne trova delle allre che
« contradicono a q\ianto egli credeva mezzana« monte prima, .senza sostituire un’altra fede a
« quella che va via disirulla ».
La conseguenza che di queslo suo raziocinio
trae il sig. Giovini è la seguente :
« 11 protestantismo, egli conchiude, non dove
i dunque nutrire molte lusinghe di far con« quiste in Italia, ove il suo sistema è anche
« contrario ai gusti ed abitudini dol paese.
« L’Italid è il paese ove il crislianesimo si in« trodusse più tardi e con maggiore stento che
« altrove; e per introdursi dovette capiloiare
t colla religione degli avi ed adottare tut(o ciò
« che il paganesimo aveva d’esteriore e di se« ducente; quindi i templi sontuosi, le statue,
« i quadri, la musica, il canto, la pompa dei
* riti e lutti li ornamenti che fornir possono le
« belle arti e che hanno tanta azione sul .senso
« materiale dei popoli. Il caltolicismo, che ha
« portalo queste decorazioni al |)ih alto punto
« di perfezionamenlo, è per gl’italiani una re( ligione di consuetudine e di gusto, non di
« ascetiche meditazioni ; purché piaccia e di
« lelli, poco importa del resto..... Ma il pro
« leslanlismo vorrebbe introdurre un nuovo
« essere, ossia un essere al tulio impossibile».
In quanto al papa, ai cherici ed in genere
aH’edifizio che hanno eretto, il sig. Giovini nou
nasconde punlo il suo pensiero in proposito;
egli Io vorrebbe soppresso per la ragione sem])licissima che * quell’edifizio rappresenta una
« idea politica in contraddizione colle tendenze
« nazionali, ed ò d’ostacolo al loro svolgimento,
« e che il papa ed i suoi accoliti sono i nemici
« d'Italia e gli alleali dei suoi tiranni ».
Ma se l’Italia, come è opinione dello stesso
Giovini, dovrà seguitare ad essere cattolica,
como lo è stata fino ad ora, è naturale che si
faccia l’obbiezione; « Ma come si può essere
cattolico senza papa? » Il Giovini prima coi
fatti, poi coi canoni mostra che la cosa, anziché
strana ed impossibile, è semplicissima, agevolissima, e chiama con tutli i voti questa soluzione « che è quella, egli dice, che si desidera
< in Ilaliaeche produrrebbe un bene immenso
« in tutla r Europa, perchò renderebbe più
« agevolo la riunione delle chiese acattoliche ;
« riunione impossibile fin Unto che vi sia un
« papa ».
Ora, prescindendo daU'uUima parie di queslo articolo, siccome quella che è per noi di
secondario interesse, ecco il nostro modo di
vedere sullo scritto del signor Rianchi Giovini,
e in genere sull’argomenlo ch’egli ha preso a
trattare. (continua).
Il viaggio del nostro Re
IN INGHILTERRA.
Colle medesime unanimi ed entusiastiche acclamazioni con cui veniva accolto al suo arrivo
in Francia e specialmente a Parigi, il nostro
amatissimo re Vittorio Emanuele II fu salutato
alla sua partenza. Il giorno 29 novembre, alle
ore 7 di sera, lasciò le Tuiileries e lungo la rtie
de la Paix, i houlctards e lino alla stazione della
ferrovia di Calais immensa era la moltitudine,
splendida la luminaria, fragorosi gli evviva re
Vittorio Emanuele. Giunto a Calais egli trovò J
lord Ryron , il generale Grey cd il colonnello
Ilood, venuti ad incontrarlo a nome della regina
Vittoria, nonché il marchese d’Azeglio , di lui
ministro a Londra, col personale della Ic^'azione.
Il di ;J0 S. M. parti da Calais alle ore 5 del
mattino sul battello a vapore Virici, uno de’più
celeri della marina britannica; arrivò a Londra
al mezzodì, dove fu ricevuto da .S. A. U. il principe Alberto, e alle due e mezzo al castello di
Windsor, in mezzo alle festevoli grida della popolazione.
1,'accoglienza avuta dalla regina d’Inghilterra
e dalla fiimiglia reale tu oltremodo graziosa; e
tutta la stampa inglese è unanime nel salutare
il noslro re colle più fervide e sincere ftdicitazioni. Il Timet, a ciigion d'esempio, dopo d’aver
ricordato la sua noliile condotta come sovrano e
come soldato, termina così: « Tale il principe
« che viene oggi fra noi; intrepido in guerra,
« saggio ne’consigli, costante negli infortunii,
« provato, più ch'altro uomo, uelle domestiche
'< sventure e ne’putihiici affari, egli <• degno cer» Inniente, al di sopra di chiunque, dell'; no»tro
« più cordiali simpatie ». Il suddetto giornale
aveva già dotto , ancor prima che re V'ittorio
jiartisse da Torino, essere la di lui vila necesscria
al consolidamento della nuova Ara di libertà costituzionale e di emancipazione religiosa in Piemonte, vale a dire di emancipazione dal dispotismo clericale.
Il Mominy-J^ott ci fa conoscere l'indirizzo proposto nel Consiglio comunale della città di Londra
dall’alderman Kennedy , onde congratular.si col
nostro re del suo arrivo nella tiran-Rrettagna.
In questo indirizzo brilla principalmente la lealtà
e la costanza del nostro re nel difendere le libertà politiche e religiose, nel largo senso italico,
dalla duplice tirannide della curia romana e della
corte austriaca.
11 ricevimento ch'ebbe Vittorio Emanuele alla
City fu splendido: egli vi si recò insieme al
princi])e Alberto e al duca di Cambridge, ed accompagnato dall'entusiasmo d una folla considerevole; all indirizzo in francese del lord Mayor,
il re noslro rispose in italiano col discorso che
per intero riportiamo alla fine dell'articolo; discorso altamente dignitoso, franco e patriottico.
Anche l'Associazione crittiana di Londra presentò il suo indirizzo al re , esternandogli la di
lei ammirazione e simpatia; cd il re lo accolsedicendo: « ch'era tocco delle testimonianze di
« simpatia che gli venivano esternate, e faceva
c voti sinceri per i buoni successi deli'associa« zione medesima ».
Come poi sieno sentite dalla clerocrazia tutte
queste dimostrazioni d'ossequio, di stima e d’affetto che Vittorio Emanuele II riceve dalla città
di Londra, dal governo e dal popolo britannico,
r.lrmoni'n, fra gli altri, ce lo fa stupendamente
conoscere. Questo giornale, ch’è il più ardito
propugnatore deU’alleanza austro-papale, il più
insolente denigratore del nostro governo e il più
sfacciato apostata della nazionalità, non solo
italiana, ma eziandio piemontese, fa ogni sforzo
onde provare che il modo con cui è festeggiatoil nostro re in Inghilterra è un continuo insulto.
Bisogna confessare che il detto giornale serve
assai bene i suoi padroni, ai quali per quanto
sembra, fece gran senso, specialmente la risposla
data dal nostro re alla Associazione cristiana,
quasi che egli avesse pronunciata una bestemmia augurando ad essa buoni successi.
Ma pur troppo! il nome di Cristo o cristiano è
una bestemmia agli orecchi dei farisei e dei pagani, e ben disse in proposito la Gazzetta del
popolo : « Il papismo ha paura del cristianesimo »,
siccom’ebbero paura i dottori del giudaismo e i
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sacerdoti del geatilismo; eppure con tutti i loro
sforzi e le iniquità commesse per soffocarlo, rimasero soffocati eglino stessi; e perché? perchè
tutte quante le potenze maligne unite non potranno mai prevalere sulla potenza di Gesù Cristo. L’.lrìnoma finisce il suo articolo, dove parla
a sproposito sopra i due termini cristiane e catloliche in fatto di associazioni, coH’esclamare
che il nostro re anzi tutto è Principe leale e He
galantuomo. Sì, o uomini di sacrestia; è appunto
per questo ch’egli è amato e venerato in patria
e fuori ; e s’egli è leale e galantuomo, a ehe mostrate cotanta paura? Dunque non amate, e te<mete quella lealtà e quel galantomismo che fanno
l'ammirazione e destano l'affetto della universalità? Dunque per lealtà e galantomismo voi intendete altra cosa? E uoi non diremo che cosa
intendiate; lo sappiamo, lo sa abbastanza ognuno
che vi conosca, ed ormai vi siete affaticati anche
troppo onde farvi conoscere da voi stessi.
Il Christian Time, parlando del viaggio del
nostro re in Inghilterra e delle attinenze esistenti
fra i due governi, avverte che non è questa la
prima volta che ciò accade ; vi ebbero strette
relazioni nel medio evo e specialmente nel secolo XYII, quando il governo britannico s’interpose a favore delle popolazioni abitanti le Valli
piemontesi, perseguitate, ad istigazione della
corte papale, per la causa evangelica. Un ricordo
pubblico incontrasi a Londra, riguardo alla conoscenza antica fra i ilue Stati, ed è il nome
Savoia, di un quartiere.
In seguito il suddetto giornale esprimesi a
questo modo :
« La visita che ci fa il re di Piemonte sarà
troppo corta perch’egli possa riceverne una forte
impressione; tuttavia gli sarà dato conoscere di
certo cosa della più alla importanza : vedrà quale
potere distruttivo hanno le maledizioni papali
sovra una nazione che no ripudiò 1 autorità. La
uostra regina è un’eretica; ogni annoi Lordi ed i
Comuni sono dannati a tutti i malidiquesto mondo
e dell’avvenire, nelle imprecazioni pronunciate
il giovedì santo. Tuttavia il cielo non ascolta,
nè esaudisce i voti benevoli di colui che vorrebb’essere suo vicario. Egli risponde alle di lui
preghiere pel male, spandendo benedizioni. Il
re vedrà che la regina ò madre onesta, donna
pia e virtuosa, egualmente ammirata dal suo popolo e dalla sua corte. Vedrà i nobili non solo
avanzare la medesima casta del continente in
ricchezze, ma eziandio in moralità e patriotismo.
Vedrà i Comuni gareggiare coll'antica aristocrazia in magnificenza e in eleganza di maniere.
Vedrà migliaia e migliaia d’artigiani che per la
forzaloro corporale si mostrano ampiamente provveduti del necessario alla vita, ed oltrepassano
di molto i paesani degli altri paesi. Vedrà soprattutto che colla più grande libertà personale,
l’ordine perfetto regna fra noi. Laonde il re non
può che conchiudere essere le maledizioni papali
gli sforzi inutili di un povero vecchio. Egli sarà
incoraggiato a camminare di un passo fermo nel
cammino nel quale entrò, e le generazioni future
saranno testimoni de’ progressi del Piemonte
nella libertà, nelle arti e in ogui cosa di prosperità materiale d’una nazione ».
Dispaccio diretto dal marchese d’Azeglio, inviato
straordinario e ministro plenipotenziario di S. M.
a Londra, al sig. cav. Cibrario, ministro degli affari esteri.
Ecco il discorso pronunciato in italiano da
S. M. il re Vittorio Vmanuele, in risposta all'indirizzo del municipio di Londra il 1 corrente ;
Milord Mayor ;
tIo ringrazio caldamenlo il lord-mayor, gli
aldermen ed i comuni della città di Londra por
le cortesi felicitazioni che mi presentano in occasionc della mia visita a S. M. la regina ed
alla nazione inglese. L’accoglienza che io trovo
in questa antica pairia della libertà costituzionale, come l’indirizzo che ne è una conforma,
mi è prova dolla simpatia che inspira la politica da me seguita sinora e nella quale intendo
costantemente perseverare.
« L’alleanza stretta fra le due nazioni le piìi
polenti dfljla terra che ora visito, onora la sapienza dei sovrani che lo reggono, non mono
che il carattere dei loro popoli ; esse compresero quanto ora da preferirsi un’amicizia profittevole, ad antiche rivalità.
« Quest’alleanza , fatto nuovo nella storia , è
il trionfo della civiltà. Malgrado le sventure
che pesarono sull’esordire del mio regno, io
sono entrato in quest’alleanza jìerchè la Casa
di Savoia credette sempre suo debito sguainar
la spada quando si combatte la causa della
giustizia e dell’indipondenza. Se io porto ai
miei alleali lo forze d’im regno non vasto, porto
però con me la potenza d’una lealtà della quale
nessuno ha mai dubitato, appoggiata sul valore d’un esercito che segni ovunque fedele la
bandiera de’ suoi re. Non possiamo depor le
armi prima di aver ottenuto una pace onorata
e quindi durevole , ed a questa giugneremo ,
coll’aiuto deirOnnipotente, cercando concordi
il trionfo dei veri diritti e dei giusti desiderii
d’ogni nazione. Vi ringrazio degli augurii che
in questo giorno mi presentate per l’avvenir
mio e dol mio regno. Mentre voi parlate dell’avvenire, mi è caro di poter invece parlarvi
del presente, e felicitarvi dell'alto grado uel
quale si è collocala l’Inghilterra, dovuto alnobile e libero carattere della nazione, quanto
alle virtìi della vostra regina ».
IVOTIZIE RELIGIOSE.
Torino. — Sappiamo da fonte sicura, che
per cura del Comitato della Società testé instituita dai Trattati religiosi per l’Italia, verrà
aperto fin dalla settimana ventura, sullo stradale dol Re, porta n» 6, non lungi dal tempio Valdese, un de|»osito di libri religiosi, dovo
oltre un’ottima scelta delle migliori opero evangeliche, così italiane come francesi, verrà offerto agli avventori un cospicuo assortimento
di Bibbie e Tinovi Testamenti in ogni lingua e
formato, ed a prezzi discretissimi.
Pinerolo. — Collocamento delta prima pietra
d’un tempio evangelico in questa città.
Noi siamo lieti d’anuunziare che un nuovo
tempio, non agli uomini, ma a Gesù Cristo, a
Dio, sorgerà ben presto nella nostra Italia, nel
nostro Piemonte.
Il 3 del corrente mese il potere esecutivo della
Chiesa Evangelico-Italica delle Valli no compiè
la prima cerimonia religiosa: collocando la pietra fondamentale del suddetto tempio cristiano
nella città di Pinerolo.
Il Consiglio municipale diede in tale occasione, come sempre, dacché l’èra novella del
bene sorse in questa contrada, uua prova del suo
liberalismo generoso ed illuminato: egli delegò
i suoi onorevoli Sindaco e Vice-Sindaco affinchè
assistessero airinaugurazione.
dini, e la popolazione Valdese dagli Evangelici
abitanti in Pinerolo e da buon numero de’membri delle più vicine parrocchie; anche l’architetto della città di Toriuo, sig. Gabetti, direttore
de’lavori, trovavasi presente.
Compiuti i consueti preliminari in simili circostanze, il Moderatore della Chiesa evangelica
parlò all’incirca in questi termini alla moltitudine d’amici che circondavano la tribuna, elevata al momento, e sulla quale egli era salito.
« Onorevoli concittadini e carissimi fratelli,
raunati onde posare in questo luogo la pietra
fondamentale d’un editizio che deve essere consécralo al servizio deirOnnipotente. Noi dobbiamo anzi tutto innalzare fervidi rendimenti di
grazia al buon Padre celeste che nelle vie amorose della sua Provvidenza diresse gli avvenimenti e i cuori degli uomini in guisa da metterci
in istato di contemplare questa deliziosa giornata, in cui si palesa la carità dei generosi amici che fanno per noi ciò che noi stessi non
avremmo potuto mai fare.
« Se dalie cause prime indirizziamo i nostri
pensieri alle cause seconde, noi ci sentiremo
spinti con gioia a tributare omaggio di gratitudine e d’amore figliale a Vittorio Emanuele II,
nostro amatissimo sovrano, modello mirabile di
lealtà veramente regale, sotto il cui scettro ogni
concittadino di cuore ben fatto è felicissimo di
vivere ; il qual Principe ha segnato tutti i decreti concernenti l’erezione di questa fabbrica.
Noi desideriamo altresì esprimere viva riconoscenza ai Consiglieri e .Ministri della Corona che
per la saviezza, le vedute larghe e generose e
l’energia loro seppero rendere lo Statuto un fatto
il quale si mostra nel modo forse il più sensibile
in ciò che ci è permesso di fare nell'istante presente: imperciocché gli spiriti che sanno penetrare nel midollo delle cose riconoscono che la
libertà religiosa è la sola base solida su cui tutte
le altre possono elevarsi.
«E VOI, nobili e generosi magistrati di Pinerolo, che foste mai sempre così ben disposti a
nostro riguardo, a riconoscere e a proclamare il
nostro diritto di cittadini , fidate sulla riconoscenza e fedeltà di tutti noi, come vostri connazionali; e voi pure, cari concittadini di questa
graziosa città di Pinerolo. Noi venimmo da prima,
frale vostra mura, dubbiosi e tementi, sotto l’impressione di tristi e dolorose rimembranze ; ma
scorgendovi aprirci le vostre braccia e i vostri
cuori , le braccia e i cuori nostri pur s’apersero
con trasporto onde stringervi quali fratelli: collocati d’ora in poi sul vero terreno della confidenza e dell’amore vicendevole, noi saremo entrambi felici. Oh! non temiate cbe oggi veniamo
a porre in mezzo di voi una pietra d’inciampo e
di discordia! Noi collochiamo il fondamento di
nn edifizio che vi rammenterà sempre la nostra
ferma risoluzione di risguardarvi come amici e
fratelli, figliuoli della stessa famiglia. Noi ve*niamo a dirvi: —vogliamo servire fedelmente il
nostro Dio; e questa prima fedeltà è la sorgente
di tutte le altre. — eniamo a voi con un vessillo conosciuto ed un Libro aperto, affinchè sappiate sempre chi noi siamo e quali principii abbiamo. Nessuna vergogna o paura ci arresta dal
proclamare questi principii, perchè li attingiamo
nella Bibbia, e nostra profonda convinzione si è
ch’eglino sono le più forti colonne dell’ordine
sociale. Mai non avranno il pensiero d’insorgere
contro i poteri costituiti, per far regnare la giustizia, coloro che sono realmente soggetti a Colui
pel quale le potenze souo stabilite *.
Dopo d’aver collocala la pietra ed essersi posto sopra, il Moderatore aggiunse :
« Ed ora possa quest’opera, cominciata in nome
di Dio, tre volte santo. Padre, Figliuolo e Santo
Spirito , continuare e compiersi felicemente ;
possano tutti i lavoranti che vi saranno impiegati essere scevri da pericoli ; possa !a pietra ultima collocarsi cou più gioia ancora di quella
con cui oggi posiamo la prima; e possa specialmente questo tempio di jiietra compiuto diventare mezzo efficace onde costruirne, fra le generazioni presenti e le future , uno vivo ed aggradevole aH’Eterno , nostra Giustizia, e a Cristo ,
nostro Redentore ed unica Speranza ».