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Anno 115 - N. 17
27 aprile 1979 - L. 250
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
ARCHIVIO TAVOlsA VALDESE
10066 TORRE FELLICE
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA FEDE TRA SUPERFICIALITÀ' E CERTEZZA
ili
e speranza
appartenere a Cristo
La convenzionalità del nostro linguaggio ecclesiastico serve a coprire il vuoto dei contenuti evangelici? - I pastori mantengono in vita
una realtà di per sé ormai morta?
Costretti
a riconoscere
■
■ Ogni anno cerco nelle cronache delle confermazioni o in
,>-Sl quelle che riferiscono delle « con:;ÿ, fessioni di fede » dei pastori alrutto della consacrazione, un’eco,
una verifica, nelle parole pubbli■'iÿ che degli altri, di quella che è
stuta la mia confessione di fede.
Faccio questo perché mi sembra
fondamentale, per la mia soprav■ .i‘‘*„_yivenza come credente, sentire,
A' - sia pure attraverso le pagine di
■' un giornale, se altri hanno avu
ché sono persone superficiali, ma
perché sono persone serie, e qui
vengo al titolo dell’articolo: « Il
tuo Dio sarà il mio Dio ». Perché
mai uno di questi ragazzi dovrebbe dire a qualcuno di noi
« Il tuo Dio sarà il mio Dio? ».
Perché mai 15 o 20 catecumeni
dovrebbero dire (magari implicitamente, inconsciamente) al loro pastore di aver recepito dalle
sue parole, dal suo atteggiamento, che per lui, almeno (se non
tuttavia penso che non sia più
giusto continuare a tacere. Non
posso fare a meno di pensare
con senso di profondo disagio
alla mia partecipazione alle assemblee di circuito, in particolare a quelle in cui si discutono le
relazioni delle chiese. Mi sembra
che da queste relazioni traspaia
tutto eccetto che rincontro con
Cristo di chi le ha redatte. Si
enumerano delle attività, ci si
lamenta che alcune non funzio
Le 4 pagine interne che presentano ii protestantesimo hanno un taglio che senza essere trionfalistico è pur sempre, come è ovvio, positivo.
Ma proprio per evitare il rischio di illudere noi stessi guardandoci in uno
specchio compiacente, abbiamo voluto dare rilievo a guesto contributo
di Graziella Tron Lami dai toni fortemente critici e autocritici. Ad alcuni
sembrerà forse rappresentare una posizione esasperata o riflettente una
situazione particolare. A noi sembra comunque un utile richiamo a riflettere sugli aspetti più negativi della nostra realtà.
to, e continuano ad avere, il sen' SO della tragedia e della speranì; che « l’appartenenza a Cristo »
comporta. È quindi con interesse prioritario che ho letto l’articolo di Marcella Gay « Il tuo Dio
sarà il mio Dio » (Eco-Luce n. 15
del 13 aprile) sulle confermazioni a Pinerolo. Questa lettura ha
stimolato in me alcune riflessioni che ritengo utile discutere
pubblicamente.
Io non credo che per tutti i
catecumeni quella della conferniazione sia soltanto una vuota
cerimonia d’obbligo. Per me era
; : stato il momento in cui ammetdinnanzi alla comunità di
^^^conoscere che nella mia vita
successo la cosa più grossa
r'iL e più determinante: rincontro
per i loro genitori o per loro
stessi), questo incontro con Cristo è una realtà? Forse perché
ha insegnato loro che ci deve essere un rapporto fra chiesa e società? Forse perché lui lavora a
tempo pieno nella chiesa? Forse
perché ha rinnovato in parte i
metodi di insegnamento del catechismo? Oppure perché essi
leggono suH’Èco le cronache in
cui ci si « rallegra nel Signore »
che ha permesso incontri di corali e bazar come « importante
momento di comunione fraterna? »
So che il mio può sembrare un
discorso molto presuntuoso, e
nano, si prende atto della scarsa frequenza ai culti e del calo
degli alunni della scuola domenicale dopo Natale, si accenna a
visite, a stabili, a contribuzioni.
Si potrebbe pensare che l’approfondimento dei problemi riguardanti la predicazione (come farla, a chi, perché farla, dove farla ecc.) avvenga nella discussione dell’assemblea, magari con
qualche spunto di riflessione illustrato e sottoposto ad essa da
parte di qualcuno dei pastori
presenti, e invece niente. Io ho
Graziella Tron Lami
(continua a pag. 8)
Dalla esclamazione di quei soldati dell'esercito imperiale romano i quali, ai piedi delia croce
sulla quale moriva Gesù, furono
costretti a riconoscere in lui il Figlio di Dio, possiamo figuratamente trarre una testimonianza
di fede che è espressa non da
credenti ufficialmente cristiani,
bensì da gente comune, e che
spesso viene classificata atea o
pagana, come infatti erano quei
soldati.
Ho detto « costretti a riconoscere », perché non è affatto facile arrivare ad affermare che Gesù di Nazaret è Figlio di Dio. Alcuni forse arrivano a riconoscere
in Gesù il potente operatore di
miracolo, il grande taumaturgo,
una specie di santone. Oppure, altri, vedono in Gesù un buon uomo, un poveraccio maltrattato
dai violenti, forse un primo socialista o qualcosa del genere. Per
non dire di quegli altri per i quali Gesù è soltanto un oggetto sacro, un idolo da adorare in maniera superstiziosa; oppure, peggio ancora, un nome da strumentalizzare al servizio dei po_ tenti. Ma arrivare a riconoscere
nel mite, nel povero figlio di falegname, nello sconfitto e crocifisso Gesù di Nazaret nientemeno
che il Figlio di Dio, cioè colui
che è « la Via, la Verità e la Vita » colui che libera e salva il
mondo... Questo non è possibile!
Se Gesù fosse stato diverso, ad
esempio un abile capo politico,
un astuto finanziere oppure un
riverito e altolocato capo ecclesiastico... forse sì! Ma in questo
Gesù il quale — secondo i vangeli — rinuncia ai regni della terra, che rifiuta il potere politico,
che non vuole essere fatto re
e nemmeno pontefice, che non
ha dove posare il capo, che
non vuole essere servito e preferisce servire lui gli altri...
Cristo. Ancora adesso, come
^^lura, sento che le parole che
Ì al-'- - trovare sono inadeguate
esprimere il senso che quefatto aveva per me. Dovetti
r ^^^-rivere alcune volte il « testo »
fi - della mia « promessa » perché il
pastore continuava, a ragione, a
Considerarla piena di retorica.
"4? Comunque adoperavo gli strumenti che avevo spesso sentito
A' adoperare in chiesa da alcuni
pastori, o altrove, quando si par!? cioè: la ridondanza del
la retorica, i termini
vàghi e sentimentali. Il mio coin
INTERVISTA A TULLIO VINAY
Una marcia per la
finita in Vaticano...
pace
Volgimento era totale, non avevi) nessun dubbio, nessuna incertezza nella mia fede. Tuttavia
non trovavo le parole per dirlo.
Forse la parola, fra tutti i linguaggi possibili, non è quello più
adatto ad esprimere agli altri
un'esperienza così totalizzante.
Si suppone però che, siccome
sei circondato di credenti, anche
gli altri abbiano fatto la tua
stessa esperienza, e quindi siano
in grado di sentirsi in « comunione » con te.
Non è questo il significato delia « prima comunione » o quello
della preghiera in comune? (A
proposito di linguaggi, mi pare
che dobbiamo della gratitudine
agli ignoti i quali hanno ritenu
tto che nella liturgia non fosse
disdicevole per un protestante
.. inginocchiarsi almeno in occa®ione della confermazione).
^redo dunque che se molfissimi catecumeni oggi non sanno esprimere altro che l’incertezza della loro fede, non è per
m
1 .-.Kj*.
— Vorrei che tu ci parlassi della marcia che ha avuto luogo a
Roma a Pasqua all’insegna della vita, della pace e del disarmo. Chi erano gli organizzatori?
— È importante chiarire che
non si è trattato di un’iniziativa
di Pannello o del Partito radicale. La stampa d’informazione
ha presentato in questo senso
l’iniziativa, ma non è vero: tutti
i partiti erano rappresentati in
quella iniziativa, salvo la DC.
— Comunque si è trattato di
un’iniziativa che è seguita al digiuno di Pannella.
— Ecco: Pannella ha acceso
la prima scintilla col suo digiuno; ma dopo ci siamo radunati
dai vari partiti per questo. Alla
presidenza del Comitato che si
è costituito c’è infatti Terracini,
Aldo Bozzi, Gianni Baget Bozzo,
Bucalossi, Nenni, Livio Labor,
oltre a Pannella. La localizzazione dell’attenzione su Pannella
dipende dal fatto che la cosa è
stata originata dal suo digiuno,
ma anche perché è piaciuto
mettere Pannella, l’anticlericale
per eccellenza, accanto a Wojtyla, in questa specie di incontro
tra sacro e profano...
— Ma non ti sembra un po’
strano che questo Comitato, che
ha un’impronta laica, senta il
bisogno ^ appellarsi al papa e
di richiedere che sia il megafono papale ad ampliare e sorreggere la propria voce, quasi
fosse inadatta...
— Certo, questa è stata ima
obiezione che io ho fatto nel
Comitato. In un primo tempo
ho pensato di non partecipare
al corteo; poi mi sono detto:
non è giusto, ci vado; però non
vado a S. Pietro. E infatti ho
seguito il corteo per tutte le varie tappe, ma dopo Palazzo Chigi ho lasciato il corteo e sono
andato al culto nella chiesa valdese. Del resto l’ho detto chiaramente, quando la Bonino mi
chiedeva di far propaganda tra
gli evangelici: se si tratta di andare a S. Pietro non ne pesco
neppure uno! E questa è anche
la mia posizione proprio perché
non voglio dare alla Chiesa un
potere che non deve avere.
Però dopo, essendo nel corteo,
vedendo questi gruppi, sentendo
questi slogan, questi canti, questo impegno per la pace, per difendere la vita, dicevo: questo
sarebbe il posto e il compito
della chiesa, di essere qui in
mezzo a questo corteo, no?
— Dì essere in mezzo, sì, ma
non di essere il punto di arrivo
e l’interprete di un’esigenza di
questo genere, soprattutto dal
momento che conosciamo la sua
posizione che è sempre stata
quella dell’assistenzialismo lontano da ogni effettivo cambiamento sostanziale.
— Anche a me questo non andava. Oltre a tutto non è stato
neanche uno sbocco positivo perché la stampa ha dato un grande peso alla cosa, ma in realtà
il papa ha deluso (gli altri, non
me che non ho di queste illusio
a cura di Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
(Matteo 27: 54)
In questo Gesù che esalta gli
umili, i poveri, gli incolti, gli
emarginati e si dissocia dai superbi, i ricchi e gli intellettuali
presuntuosi... in questo Gesù che
non maledice i suoi carnefici ma
chiede per loro perdono a Dio...
in questo Gesù che non scende
dalla croce (pur potendolo) per
salvare se stesso e preferisce morire impiccato su di essa per salvare gli altri... in questo eccezionale Gesù, non è facile anzi possiamo dire che è umanamente
impossibile riconoscere il Figlio
di Dio, ovvero, il Signore del cielo e della terra.
Ma poi viene il momento in
cui l’uomo è « costretto » a riconoscere dov'è la vera forza., dov'è
la vera vita, dov’è il vero Dio.
Il racconto della crocifissione
riferisce che Gesù è finalmente
riconosciuto dagli uomini quale
Figlio di Dio quando « muore gridando forte sulla croce e quando
la terra trema». Purtroppo sono
quasi venti secoli che Gesù continua a morire gridando sulle innumerevoli croci rizzate in ogni
parte della terra dalla malvagità
urn^nq!, E sono quasi .v§ntÌ.,.secoli
che la terra continua a tremare
non tanto pei fenomeni sismici,
ma sotto la minaccia di immani
catastrofi provocate dall’ incoscienza degli uomini potenti.
Giorno dopo giorno Gesù grida dall’alto della sua croce per
le offese, per le infedeltà, per le
ipocrisie dei troppi sedicenti cristiani sparsi sulla terra! E, gridando, Gesù muore. Muore Gesù
nei cuori umani, e manca l’amore degli uni verso gli altri! Muore Gesù nelle famiglie e manca
la concordia nelle case. Muore Gesù nelle nazioni, e le guerre
ed il terrorismo dilagano in modo spaventoso!
E non trema oggi l’umanità disorientata, impaurita, depredata
dei suoi valori fondamentali a
causa degli intrighi politici, delle
disgregazioni sociali, delle minacce di nuovi conflitti armati?
E così, proprio quando al grido di Gesù che muore, sentiamo
tremare la terra, ovvero ci accorgiamo che le rocce dei nostri programmi umani si stanno frantumando; quando ci rendiamo conto finalmente che tutto il modo
di vivere della società umana deve essere cambiato, deve essere
capovolto come la terra sotto
l’azione del terremoto... allora è
giunto il momento per tutti di
inchinarci umiliati e pentiti di
fronte alla croce di Gesù e sinceramente affermare: « Sì, quest’uomo era davvero il Figlio di
Dio »!
Giuseppe Anziani
SOMMARIO
□ p. 2 - Presenza evangelica in Sicilia
□ p.3-6 - Chi sono i protestanti? - nostro inserto speciale
□ p. 7 - Cronaca delle
Valli
□ p. 8 - Nell’anno internazioncde del fanciullo un impegno programmatico per la difesa della vita
2
27 aprile 1979
PRESENZA EVANGELICA IN SICILIA
Due colossi e una baracca
Impressioni e interrogativi dopo un recente viaggio in alcuni gruppi
giovanili e comunità della Sicilia
« Si deve riconoscere che senza
il lavoro svolto nei campi cadetti ad Adelfia questi gruppetti di
giovani in Sicilia non esisterebbero ». È il pastore Luciano Deodato a confermare Timportanza
che Adelfia ha svolto in questi
ultimi anni soprattutto per i cadetti di Scicli, Riesi, Catania.
Questa realtà giovanile si è
espressa nel convegno regionale
FGEI che ha avuto luogo presso
l’ospitale comunità metodista di
Scicli: 45 giovani provenienti da
Riesi, Catania, Pachino, Scicli,
Palermo, due giovani pentecostali di Modica, assente invece il
gruppo di Marsala dove è in atto un interessante confronto tra
valdesi e pentecostali.
Potersi incontrare, in ima realtà di forte dispersione come è
l’evangelismo in Sicilia, vuol dire vivere momenti intensi di comunione fraterna, gioia, riconoscenza, raccontare delle esperienze, confrontarsi con dei fratelli
che vivono la stessa fede in un
contesto in cui tutto questo è
spesso impossibile ed irreale. Di
qui rimportanza di questi convegni, dei campi di Adelfia che
permettono riflessione e studio,
conoscenza reciproca.
Se oggi esiste questa realtà è
perché c’è stato chi ha seminato
con pazienza e perseveranza, in
mezzo a grosse difficoltà, diffidenza, talvolta ostilità anche all’interno di alcuni ambienti
evangelici. Ma a ben guardare è
proprio da questa piccola realtà
che sembra emergere una promessa per il futuro della presenza evangelica in Sicilia, proprio
da questo umile lavoro, così poco conosciuto rispetto alle grandi piramidi di Riesi e di Palermo
che hanno calamitato sproporzionate forze umane e ancor più
sproporzionato denaro.
Proseguendo da Reggio e Messina dopo un simpatico incontro
col past. Tron e la sua famiglia,
mi aspettano a Catania alcuni
catecumeni del pastore Berutti
e, più tardi, un gruppo di giovani battisti con i quali abbiamo
una lunga ed interessante discussione. Di qui, in pullman, a
Riesi, con il geometra Daniele
Rostan venuto apposta per vedere il centro di Adelfia di cui dovrà rimettere in pulito il progetto di ristrutturazione. Con lui,
prima di proseguire per Adelfia,
accompagnati da Deodato, visitiamo il centro cristiano di Riesi,
la meccanica Riesi, il consultorio, la cantina sociale, il piccolo
locale fungente da centro di incontro-doposcuola per bambini
e ragazze del quartiere di S. Croce, sulla collina.
Impressioni? Le stesse avute
quando visitai il centro la prima
volta: un magnifico insieme immerso nel verde degli ulivi, della
vigna; una specie di giardino di
Eden in cui scorre ogni bene.
Dall’altra parte, a distanza, la
città con tutti i suoi problemi irrisolti.
Rocco ci fa visitare l’immenso
pollaio (3.000 ovaiole con una
produzione di uova che si aggira
tra le 2.600-2.800 al giorno), entriamo poi nella scuola materna,
sicuramente la costruzione più
bella e funzionale, in cui i bambini vivono in uno spazio di libertà e di armonia (purtroppo
una élite rispetto alle numerose
richieste), quindi visitiamo la
scuola meccanica dove dei ragazzi sono impegnati nel contatto
con le macchine e negli esperimenti di lavoro. Anche qui una
atmosfera serena e libera. All’esterno un immenso vigneto ed
un altrettanto grande uliveto
scendono lungo il pendio. In uno
spazio del giardino si notano dei
grandi pannelli solari per la produzione di energia.
La città ha un volto ben diverso: disoccupazione crescente,
mancanza di strutture sociali,
rientro di molti emigrati, ecc. E
qui che il pastore Pachoud è intervenuto col suo centro di assistenza per chi parte e chi rientra
per cercare lavoro: un lavoro
utilissimo che si è concretizzato
con la creazione di una cooperativa agricola. Ma sembra che egli
sia ormai intenzionato a ritornare in Svizzera: che ne sarà di
questa iniziativa?
Infine c’è la comunità valdese,
una comunità ohe, da quanto ho
potuto capire da alcune discussioni avute, guarda con occhio
critico il lavoro del servizio cristiano che vede sempre più lontano dai problemi reali della gente
di Riesi. Il « servizio » è una cosa che non li riguarda, resta straniero. Insomma: l’apporto che
il centro di Riesi oggi offre alla
comunità civile è ridottissimo, si
limita praticamente alla gestione (utilissima) del consultorio.
Ma il grosso del lavoro, delle iniziative, avviene lontano dalla città, sulla collina degli ulivi, in
uno spazio che tende sempre più
all’autarchia, al mantenimento e
al funzionamento di ciò che esiste, senza avere le forze e la prospettiva di trapiantare delle iniziative alla portata dei riesini.
Certo, la partenza di Vinay pesa, ma non è solo questo il problema. Il grosso interrogativo
che sta dietro ad ogni singola domanda mi sembra essere, come
per ogni nostra opera: in che cosa e come si esprime la nostra
testimonianza a Gesù Cristo?
Non sta succedendo anche a Riesi ciò che è successo in molte altre opere, cioè che il peso delle
costruzioni, della gestione dell’opera, si affermano come prioritarie rispetto alle esigenze reali della gente che noi vogliamo
evangelizzare?
Adelfia, Riesi e Palermo, due
realtà della nostra presenza evangelica in Sicilia. Una baracca costruita sulla sabbia che deve ora
essere ristrutturata, un punto di
riferimento su cui è aperta una
scommessa; due colossi in cemento armato che rischiqpo nel
prossimo futuro, di non èssere
più gestibili nel quadro della nostra realtà di chiesa. Cominciare
a preoccuparsi e a far partecipi
i donatori di queste preoccupazioni è il meno che si possa fare.
( continua )
Ermanno Genre
Un gruppo
di
partecipanti
al convegno
di Scicli
PROTESTANTESIMO IN TV
Domenica di Pasqua, dopo la lettura dell’oroscopo settimanale, è
andata in onda sul secondo canale la trasmissione di Protestantesimo.
Il pastore Tullio Vinay è stato
l’intervistato della trasmissione televisiva.
Succintamente riassumerò il suo
discorso fatto sulla Pasqua e sulla
speranza nella resurrezione. Insiste Vinay nell’asserire che già nella croce è implicita la resurrezio
credenti, ma per Vinay anche i non
credenti partecipano a questa volontà di Cristo, infatti ha ricordato
che solo di Cristo è l’intervento
definitivo nella storia e per questo
il credente dovrebbe sempre ricordarsi le parole di Cristo che dicono:
« Quando avete fatto tutto, dite noi
siamo servitori inutili -.
Il discorso di Vinay dovrebbe essere conosciuto molto bene dagli
evangelici italiani, a mio parere
ciò che è da apprezzare maggior
Nuova mentalità
ne ad un mondo nuovo, all'agape
nel suo significato più completo di
amore e ricerca verso l'altro.
Il discorso della Pasqua attualizzato ha portato Vinay a parlare della fame nel mondo; egli sostiene
ohe questo problema potrà essere
risolto soltanto se impareremo ad
avere un nuovo modo di vedere la
società; ha accennato inoltre allo
spreco per gli armamenti il cui valore potrebbe essere impiegato invece per lavori a beneficio di tutti; ha infine ricordato che nella
nostra società attuale, più che mai,
vige il sistema di spostare le ricchezze ad esclusivo beneficio di
pochi. La resurrezione è quindi speranza in un cambiamento radicale
nel‘ modo di concepire i rapporti
con gli altri. Quindi Vinay parlando di politica dell'agape intende
una politica volta alla salvezza dell'uomo e quindi nelia resurrezione
è implicita questa speranza. Questo nuovo modo di concepire la
realtà deve essere ricercata dai
mente di questo messaggio è la
sua capacità di risultare sempre
stimolante perché sempre attualizzato.
Penso che la trasmissione sarebbe riuscita meglio se insieme all'intervistatore ci fosse stato un
gruppetto di giovani che avrebbe
contribuito ad animare la trasmissione, infatti nonostante si sia ricorso al dialogo fuori studio televisivo, si è percepita una sensazione di isolamento e quindi di
astrazione.
Tuttavia nel caso specifico di
questa trasmissione la critica maggiore deve essere fatta ai programmatori della seconda rete televisiva, perché nel giorno di Pasqua
ancor più delle altre volte, si è
compreso che per questi programmatori Protestantesimo non deve
giungere al grosso pubblico ma
deve restare una trasmissione per
una esigua minoranza come la nostra.
Carla Negri
NAPOLI
Le donne valdesi e metodiste
della chiesa del Vomere in Napoli, dopo aver riflettuto insieme sui problemi dell’infanzia, in
particolare nell’Italia meridionale, ritenendo che gli innumerevoli convegni che si tengono
ovunque quest’anno su tale doloroso argomento, si riducano a
una serie di denuncie che non
avranno seguito, o a una abbondanza di tenere deamicisiane paròle, pensando a tutti i bambini
che il card. Ursi e i medici obiettori di coscienza vogliono far
nascere — benché sia ormai certo che molti di loro vivranno solo pochi anni, tra gli stenti e le
malattie per morire come i bimbi di Napoli o, se riusciranno a
divenire adulti saranno emarginati e devieranno verso la droga e la delinquenza —, fanno appello a tutta la popolazione e
specialmente alle donne, affinché
si adoperino a sviluppare nella
coppia il senso di una maternità
e paternità responsabili e pretendano dai partiti per cui votano, che tutte le loro battaglie
(aborto, consultori, igiene, asili
nido, scuole, case, disoccupazione e perfino la diminuzione delle spese di riarmo) siano misurate e programmate sulle esigenze dei bambini.
FORANO
Dalle chiese
VIERING
• Con la ripresa delle varie attività, il Consiglio di chiesa ha
stabilito, per quest’anno, che i
vari studi proposti dal Sinodo
vengano trattati direttamente in
chiesa dopo un breve culto onde coinvolgere la maggior parte
dei membri di chiesa e non soltanto il solito gruppetto di volenterosi.
• Gli studenti in teologia Gianni Genre e Vito Gardiol, prima
di dare inizio allo studio di alcuni testi biblici in vista della predicazione, hanno voluto prendere contatto con il Consiglio di
chiesa. È emersa cosi; la necessità di avere degli incontri di
studi biblici con la partecipazione del pastore, degli studenti in
teologia, dei catecumeni e di
quanti sono interessati a questo
tipo di lavoro. Possiamo dire che
un buon numero di persone ha
aderito a questa iniziativa che si
ripete quindicinalmente.
• Anche quest’anno abbiamo
fatto fronte all’impegno finanziario per la cassa centrale grazie all’impegno di una buona parte dei membri di chiesa che, pur
non disponendo di particolari
risorse economiche — dato il
contesto sociale di Forano —
contribuiscono con responsabilità e costanza.
• In occasione del 17 Febbraio,
una settantina di membri di
chiesa, dopo l’accensione del falò e del canto del « giuro di Sibaud» nel giardino della chiesa,
si sono ritrovati nel salone delle
attività per un’agape fraterna. Il
past. Cappella ha messo in evidenza la necessità per noi oggi
di vivere la libertà che Dio concede alla sua chiesa, non in funzione di noi stessi, ma della predicazione dell’Evangelo di Gesù
Cristo. Il canto di vari spirituals
da parte del gruppo dei catecumeni è stato ben apprezzato dai
presenti.
• Domenica 4 marzo abbiamo
avuto la gradita visita del Prof.
Gönnet e della sua Signora. Lo
ringraziamo per il messaggio
che ci ha rivolto ed esprimiamo
la nostra gioia per averlo avuto
in mezzo a noi.
COAZZE
Ultimamente al di fuori delle
normali "attività ecclesiastiche’’
(culti, studi biblici, catechismi e
scuole domenicali) si è avuto un
incontro con il gruppo del IV
anno di catechismo della Chiesa
di Pinerolo 'guidato dal pastore
Ayasisot in occasione di domenica 18 febbraio. Inoltre, per il 5/6
maggio, è stata organizzata una
gita alle Valli Valdesi con i ragazzi del catechismo e i giovani
di Coazze e della zona di Piossasco. È prevista la visita della
Val Pellice e della Valle di Angrogna; con questa comunità il
gruppo avrà un incontro nella
giornata di domenica 6 maggio.
È stato ristrutturato con lavoro volontario il centro di Viering e questo renderà possibile
una sua ampia utilizzazione. Ultimamente il centro ha ospitato
gruppi di catecumeni e giovani
delle Valli Valdesi. Per Pasqua
i giovani di Aoista ed Ivrea vi
hanno organizzato un campo. Il
centro, dichiarando la propria
disponibilità ad offrire ospitalità
a gruppi e famiglie, segnala che
per informazioni occorre telefonare ai seguenti n. 0165/44345
(Del Priore) 0165/31845 (Monaya).
bili e alla loro utilizzazione ai
fini della testimonianza.
SUSA
AOSTA
La comunità è numericamente ristretta e disseminata su un
territorio piuttosto vasto, ma
la comunione fraterna instauratasi minimizza questi problemi.
Dall’estate dello scorso anno si è
trasferito a Susa il Pastore A.
Vetta che già seguiva la comunità pur risiedendo a Torino. Nel
campo delle attività da segnalare due giornate comunitarie: una
la domenica dopo il 17 febbraio
e l’altra il lunedì di Pasqua presso il Centro Battista M.L. King
di Meana. In vista di una collaborazione nell’opera di testimo
nianza nella Valle di Susa ci sono stati due incontri con i Battisti. Si è poi esaminata la possibilità di mettere in funzione
una radio locale evangelica o di
inserirsi nella rete di una radio
della zona.
CAREMA
La predicazione domenicale ha
visto impegnati il 20% dei membri il che per una piccola comunità è significativo; la sperimentazione di' affidare alcuni culti
alla responsabilità delle comunità locali è stata positiva e accolta e valutata da tutti così da dimostrare che non si è trattato
di una soluzione di ripiego.
Per i prossimi mesi sono previsti: un incontro cori la comunità di Ginevra in maggio (12-13)
e in giugno (10) la visita dell’Unione Femminile di Angrogna.
Nel mese di aprile il Consiglio
di Chiesa si è incontrato con il
Pastore Colucci delegato della
Tavola Valdese per discutere di
alcuni problemi, relativi agli sta
Viveva a Carema (diaspora della
chiesa di Ivrea) dove l'ho conosciuto
durante il mio ministero pastorale.
Aveva 79 anni quando terminò la sua
esistenza terrena all'ospedale di Pinerolo, dove ho presieduto il suo fune
rale.
Era un credente, sensibile alla voce
della Parola di Dio con indubbi accenti
di tipo evangelistico e di testimonianza cristiana.
La Parola di Dio, per lui, non si discuteva; la si leggeva e la si possedeva sul serio nei tempi della prosperità come in quelli della prova. Amava
parlarne e ne parlava ad alta voce:
una voce robusta, che non concedeva
neppure un respiro alla fine di ogni
strofa degli inni cantati. Anche lui aveva i suoi difetti, come ogni credente
li ha; ma in lui la fede in Dio non
era inoperosa o nascosta. Sobrio nella
sua vita, lovoratore nei campi e nel
le vigne di Carema, fu anche sindaco
e vice sindaco del paese; in quella
funzione portò la sua nota di credente
e di uomo onesto, formato alla scuola
della Bibbia. Non lo vedremo più giungere al culto domenicale, camminando
ed appoggiandosi a due semplici bastoni tagliati da un tronco d’albero.
Fu piegato dalla malattia; sul suo
letto di morte mi diceva continuamente: « faccia una lunga preghiera ».
QuelTuomo si chiamava: Beniamino
Fabioie. Molti si ricorderanno di lui.
e. r.
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3
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
COSI’ SONO CHIAMATI, DA 450 ANNI, I CREDENTI CHE SI RICHIAMANO ALLA RIFORMA DEL XVI SECOLO
^Protestanti ieri e oggi
:Nel corso dei secoli questo movimento ha conosciuto irrigidimenti
istituzionali e rilanci pieni di vita, periodi di crisi e momenti di creatività teologica ed ecumenica - Alcune proposte per l’oggi
« Noi dichiariamo solennemente dinnanzi a Dio, nostro
unico creatore, rendentore, salvatore, il quale un giorno ci
, chiamerà in giudizio, e davanti a tutti gli uomini, che non
siamo in alcun modo disposti ad accettare una imposizione
contraria a Dio, alla sua Parola, alla nostra coscienza e alla
salvezza delle anime nostre ».
-l'Sì
Questa frase è stata letta a Spira, il 19 aprile 1529, davanti al
Parlamento imperiale tedesco;
l’avevano firmata 14 città e 5
stati regionali decisi ad appoggiare la riforma luterana. Di
fronte a loro stava la grande
maggioranza delle città, dei principi, dei vescovi, ben decisi a
bloccare ogni ulteriore avanzata
del movimento luterano, e spalleggiati dalla macchina militare e
diplomatica dell’impero intema, zionale di Carlo V. Minacciati di
•' repressione, i « luterani » pro^ nunciarono dunque questa « di’ chiarazione solenne », in cui precisavano di non essere disposti a
¿cedere sulla riforma della chiesa. In latino, « dichiarare solennemente » si diceva « protestari »: e così, per dileggio, essi furono chiamati « quelli della pro' testa », i « protestanti ».
■ ' Come è accaduto tante altre
volte nella storia, un nomignolo
ha finito per diventare un nome:
e così, d’allora in poi milioni di
credenti che operano sulla scia
dei Riformatori del secolo XVI,
hanno accettato volentieri di vedersi chiamati « Protestanti ».
Che cosa significa, storicamente, questo nome? Nel secolo XVI,
esso ha indicato un grande movimento di ricostruzione della chiesa su nuove basi: la Bibbia messa nelle mani del popolo, il ridimensionamento dell’autorità eci* clesiastica, l’esaltazione della re' sponsabilità morale del singolo
e della collettività, la distinzione
tra « religione » e politica. Questo movimento è diventato fatto di maggioranza nella Germaì^nia settentrionale, in Svizzera,
¿ nei paesi scandinavi e in Gran
• Bretagna. In tutto il resto d’Eu? ropa ha disseminato delle minoranze combattive, talvolta più
avanzate delle grosse chiese
^ maggioritarie, ormai impegnate
■'a consolidare i risultati raggiùnti. e a mantenere le alleanze sociali stabilite.
Un inatteso rilancio
Nel secolo XVII il movimento
. « Protestante » sperimenta però
ta inatteso rilancio. Questa volta
U suo teatro d’azione è il mondo
di lingua inglese. Migliaia di protestanti inglesi abbandonano il
loro paese, e si recano in America a creare una « nuova Inghilterra », fondata su di un protestantesimo rigoroso, ma anche
democratico e pluralista. Quelli
rimasti in patria danno luogo
alla prima rivoluzione moderna:
la rivoluzione inglese del 1640:
un avvenimento che nessuna restaurazione riuscirà più a cancellare. Nel secolo XVIII questo
stesso mondo anglosassone, dalle due parti dell’Atlantico, sarà
il teatro del primo grande Risveglio evangelico, che conquista le
masse (bianche e nere) e crea
nuove grandi denominazioni protestanti, pronte a diffondersi anche nel « terzo mondo » (secolo
XIX).
Come si presenta il protestan^ tesirno nel 1829, tre secoli dopo
' la dieta di Spira? È una chiesa
pluralista: le organizzazioni ecclesiastiche sono molte, e diverse tra di loro; anche le correnti
di pensiero e i modi di vivere la
fede 'sono diversi. Per i « protestanti » la libertà conta più: dell'autorità: meglio essere divisi
che essere servi.
È una chiesa democratica: i vescovi non ci sono, o contano ben
poco; le comunità controllano i
pastori, e non viceversa; in ultima analisi, ciascuno è responsabile dinnanzi a Dio della propria
vita. Quando occorre assumere
decisioni generali, non si fa appello a un capo: si convoca un
sinodo, fatto di laici e di pastori.
Questa chiesa, in tutto il mondo, dà un’enorme importanza al
lavoro, alla responsabilità civica: si è dunque beni,,integrata
nello sviluppo della società moderna, guidato dalla borghesia
anglosassone. È anche una chiesa in cui è vivo l’amore per la ricerca scientifica, il gusto, talvolta spericolato, del dialogo con la
grande cultura « laica »: la filosofia classica tedesca porterà il
marchio della sua originaria ispirazione protestante (Kant, Hegel!). L’antico rifiuto delle immagini si esprime in una singolare
fioritura di musica religiosa
( Bach, Haendel, i « negro spirituals »), in romanzi enigmatici e
avvincenti (Melville), e in una
notevole aridità negli altri campi dell’arte. A questo punto, i
« protestanti » sono ancora e
sempre una minoranza, ma si
può dire che abbiano vinto la
loro battaglia. Lo sanno e lo dicono (anche troppo).
Partecipe della crisi
Ma se diamo un’occhiata al
« mondo protestante » come si
presenta nel 1929, ci accorgiamo
subito che la situazione è profondamente cambiata: dopo la prima guerra mondiale e la rivoluzione russa, il protestantesimo
entra in crisi; o, per meglio dire,
partecipa fino in fondo alla crisi di quel mondo « moderno »
che aveva contribuito a costruire. Le chiese si svuotano, i pastori si intristiscono, i teologi si
inaspriscono. Come reagisce il
protestantesimo a questa crisi?
« Se i credenti hanno bisogno di un simbolo di unità, questo
simbolo sarà un sinodo, non un vescovo ».
Il Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste a Torre Pellice (Torino)
Anzitutto con un doloroso esame di coscienza; che cosa è successo, nei secoli delle vittorie, da
modificare così profondamente
lo spirito della Protesta, da rendere i figli dei Riformatori così
legati ai risultati d’una civiltà
effimera? In secondo luogo, il
protestantesimo del Novecento
dimostra una creatività teologica mai vista dai tempi della Riforma; proprio sulla base di
quell’esame di coscienza, la Germania dona alla chiesa universale tutta una serie di moderni
« Padri della Chiesa », che vanno dalla teologia della Parola di
Dio (Barth) alla filosofia religiosa (Tillich) alla penetrante ana
_____PERSISTONO IN ITALIA DISINFORMAZIONE E PREGIUDIZI
Luoghi comuni sui protestanti
È probabilmente, almeno in
parte, colpa nostra, ma l’atteggiamento più corrente nella
stampa italiana nei confronti del
protestantesimo è l’ignoranza più
completa non solo della sostanza, ma anche della stessa esistenza del protestantesimo. La sola
eccezione, a livello stampa quotidiana di informazione, a mia
conoscenza è quella di Giancarlo Zizola sul Giorno. Per il resto
si parla, quando raramente se
ne parla, di protestantesimo in
base a tre o quattro luoghi comuni che sono assunti a base
di qualsiasi dissertazione senza
neppur tentare di verificarne il
fondamento.
Il primo, e più diffuso, è quello per il quale sono protestanti tutti coloro che, richiamandosi al cristianesimo, non sono
né cattolici né ortodossi. Avviene così che tutte le sette che
agitano il panorama religioso,
specialmente nordamericano,
vengono genericamente classificate come « protestanti »; dai rispettabili Testimoni di Geova o
Mormoni ai meno rispettabili
Tempio del Popolo di Padre Jones (con le sue vicende guyanesi) o ai numerosi Padri bianchi
0 di colore che lanciano le loro
sette per raccogliere denari di
cui non si sa poi bene (ma si
immagina benissimo) cosa avvenga.
Che il protestantesimo sia una fede che ha il pregio (che
talvolta può essere un difetto)
di avere una solida struttura
teologica (ben più solida e rigida di quella cattolica con tutti
1 suoi dogmi) per la quale e dalla quale esclude, direi per definizione, i movimenti irrazionali
di ogni tipo, è un fatto che vie
ne normalmente ignorato.
E causa e conseguenza di questo primo luogo comune è l’altro, secondo cui ricade sul protestantesimo la colpa delle divisioni che affliggono il cristianesimo. Anche qui storia e teologia sono ignorati e si dimentica
la importanza dirompente del
Concilio di Trento, il quale sì rese effettiva una frattura fra cristiani espellendo dal seno della
Chiesa, che voleva ritenersi la
sola cristiana, coloro che tentavano di riformarla, non di distruggerla. È di lì che ha origine storica la frattura di cui ancor oggi soffre la Chiesa di Cristo; e bisogna riconoscere che
solo coloro fra i fratelli cattolici che con maggior serietà si
avvicinano al dialogo ecumenico
queste cose sanno e dicono (anche sui loro giornali) più o meno apertamente.
Altro luogo comune è quello
secondo cui il protestantesimo è
all’origine del capitalismo, secondo una orecchiabile interpretazione delle note tesi del Weber.
Che non solo il calvinismo quando rafforzava la ribellione ginevrina ai Duchi di Savoia, ma anche il luteranesimo rompendo
la crosta di una società morente, abbiano dato uno scossone
formidabile alla società feudoartigianale liberando con ciò lo
spirito imprenditoriale, che scioglieva la società dai suoi vincoli e permetteva il realizzarsi di
una nuova società industriale e
mercantile, è certamente vero.
Ma se essa si realizzò poi in
forme individuali di tipo capitalista non dipese certo dalla
teologia o dallo spirito protestante, come ben dimostra il metodismo, che dell’area protestan
te fa certamente parte e che, incontrando sul cammino della
sua predicazione sociale il riformismo marxista dei coniugi
Webb, finì col dar vita e slancio
al partito laburista inglese, che
certo non si può qualificare di
capitalista.
Ma altri luoghi comuni circolano ampiamente nella stampa e
fuori; quante volte abbiamo sentito accusare i protestanti di
« non credere alla madonna »,
che non si sa cosa voglia dire;
o abbiamo sentito Lutero accusato di aver dato vita alla Riforma per poter sposare una monaca; e non parliamo di Enrico
Vili che diede vita alla Chiesa
Anglicana, non per ribellarsi alla autorità temporale del papato, ma per prendere otto mogli
in fila (la più parte delle quali,
stranamente, col consenso del
papa); o della opinione in auge
ai tempi fascisti, ma non anco
ra del tutto scomparsa, secondo
la quale l’essere protestanti in
Italia rompe l’unità morale di
un paese che cattolico è e cattolico deve rimanere; o ancora
infine la non sfatata opinione
che il proselitismo protestante
è il risultato di sussidi in denaro; luogo comune questo che
ignora evidentemente lo stato
lamentevole delle nostre finanze.
Ognuno di noi si imbatte continuamente in questi ed altri luoghi comuni che deformano la nostra essenza di protestanti; dovremo convincerci che spetta a
noi verificarli e ritradurli in nozioni più esatte, combattendo
insieme, là dove la vita ci ha
posto, la battaglia « culturale »
che non abbiamo saputo o potuto sviluppare fino ad ora.
Niso De Michelis
lisi biblica (Bultmann, Kaesemann), fino ad affrontare il martirio in nome d’una solidarietà
umana cristianamente vissuta
(Bonhoeffer). Francamente non
si vede come la chiesa del futuro possa essere progettata senza
tener conto dell’opera di questi
maestri.
Infine, il protestantesimo lancia il movimento ecumenico
(1910); prima incompreso e poi
accettato dalle altre confessioni
cristiane: la missione è una sola,
in un mondo unificato e non più
dominato dalla cultura « cristiana ».
Alcune linee
programmatiche
Questo protestantesimo critico,
biblico ed ecumenico, quale contributo può dare alla testimonianza cristiana nel mondo di
oggi? Non siamo profeti, ma vorremmo azzardare alcune linee
programmatiche.
• Il protestantesimo non può
essere che un cristianesimo biblico. Senza la centralità assoluta della Bibbia non ci può essere
fede: al massimo una religione
fra le tante.
• Di fronte alla Bibbia, la chiesa passa in seconda linea: è l’assemblea dei credenti, non è la
Mediatrice tra Dio e il mondo.
Dunque la chiesa è il luogo della
libertà, non un centro di autorità. Se i credenti hanno bisogno
di un simbolo di unità, questo
simbolo sarà un sinodo, non un
vescovo.
• Una chiesa della libertà darà grande importanza alla responsabilità morale dei credenti:
il vero protestante non riceve
ordini da nessuno, ma si deve
impegnare sulla via della coerenza. Questo concetto della libera
responsabilità morale dovrà essere molto sottolineato nei prossimi anni. L’uomo contemporaneo oscilla infatti tra la completa disintegrazione morale (droga!) e l'abdicazione di fronte a
poteri autoritari, religiosi o laici.
Ma conte si può affrontare, ad
esempio, la necessaria austerità
dei prossimi anni, se non sulla
base d’una libera convinzione?
• Questo senso di responsabilità non nuò essere vissuto semplicemente a livello individuale:
deve assumere una dimensione
sociale. NeH’impegno sociale e
politico, il protestante si guarda
però dalla tentazione del « fronte unito cristiano », perché non
ci sono « soluzioni cristiane » ai
problemi sociali del nostro secolo: ci sono solo soluzioni più
o meno giuste, o più o meno sba
Giorgio Bouchard
(continua a pag. 4)
4
27 aprile 1979
______ITALIA DEL *500: DALLA RIFORMA ALLA REPRESSIONE
Un paese soffocato
La Riforma in Italia non attecchì: non per mancanza di germogli, ma
per il fatto che fu estirpata con un’azione di forza che non lasciò quasi
traccia del seme riformato
Ben prima che la Riforma protestante comparisse nell’ Europa
del Cinquecento, in Italia esistevano già i Valdesi. Detti così dal
loro primo maestro, Valdo, nato
a Lione nella Francia nel secolo
XII, i Valdesi predicavano il ritorno al cristianesimo degli Apostoli, esortavano il popolo a riappropriarsi della Parola di Dio, davano l’esempio di comunità umili e
povere, in antagonismo al potere
autoritario della Chiesa di Roma.
Per questo i Valdesi furono detti
anche Poveri di Lombardia e furono perseguitati accanitamente
dalla Chiesa ufficiale e dai potenti del Medio Evo. Ma sopravvissero con tenacia eroica nella clandestinità: i loro discendenti sono
ancora oggi la maggioranza della
popolazione di alcune valli alpine
del Piemonte.
La Riforma protestante trovò
largo numero di seguaci anche
nell’Italia del Cinquecento. Talora si trattò di cerehie intellettuali, come quelle facenti capo a Giovanni di Valdés a Napoli, da cui
fu influenzato anche Michelangelo, appassionato studioso egli
stesso della Scrittura e credente
nella dottrina della salvezza per la
sola grazia di Cristo crocifisso. Altrove si trattò della diffusione di
quell’ala della Riforma, guidata
da Giovanni Calvino, che era forte in particolare nella Francia e
nella Svizzera: alla Riforma franco-svizzera aderirono i Valdesi
delle Valli alpine e della Calabria, parte consistente della popolazione del Piemonte, nuclei di
cittadini delle colte e industriose
città della Toscana, come Lucca e
Siena, o dell’alta Italia, come Cremona e Ferrara,. e gruppi sparsi
un po’ dovunque, dalla Sicilia al
Veneto. Pure nel Veneto ebbe
una certa diffusione nelle classi
più umili anche T anabattismo,
cioè l’ala più radicale della Riforma protestante che alimentava
idee di rinnovamento delle strutture della società e di integrale
pacifismo anticipatrici in certo
modo di quelle che dovevano essere più tardi le istanze socialiste.
La Riforma italiana del Cinquecento, fu altresì anticipatrice delle idee moderne di libertà religiosa, in un secolo di feroce intolleranza, ad opera di arditi pensatori, che non temettero di entrare
in polemica per’ questo con lo
stesso Calvino.
Ma il secolo della Riforma fu
anche l’età in cui sull’Italia calò
il dominio soffocatore della Spagna, i cui monarchi operarono
come braccio armato della Con
Protestanti
ieri e oggi
(segue da pag. 3)
gliate. Benedire un partito politico, dargli l’etichetta di « cristiano » è 'bestemmia, non testimonianza.
• Il protestante darà invece
un giudizio sobrio e positivo sulle grandi forze storiche che operano nel nostro secolo: i loro limitati successi non possono esaltare un credente, e le loro tremende contraddizioni non lo possono scoraggiare: il Dio creatore a cui si appellavano i « protestanti » di Spira è all’opera nel
1979 come nel 1529. Questa assoluta certezza potrà rendere le
chiese protestanti capaci di dare
coraggio a milioni di uomini nel
crepuscolo di un secolo che si
annuncia gravido di cocenti delusioni. e attraversato da cupi
lampi di 'violenze.
Potrà, vorrà il Protestantesimo affrontare le battaglie del nostro secolo senza rinnegare la
sua vocazione? Non possiamo
dirlo con assoluta certezza: certo, è in questa battaglia che sono impegnate le nostre chiese e
le nostre vite. G. Bouchard
troriforma cattolica contro il dissenso protestante. Anche i governanti degli stati italiani rimasti
Indipendenti si associarono alla
persecuzione, parte per timore
della Spagna e parte per difendere gli enormi lucri che le classi
dominanti di allora traevano dallo sfruttamento delle alte cariche
ecclesiastiche e dalla propria connessione con la Santa Sede. Talvolta, la persecuzione divenne genocidio addirittura, come nel
massacro dei Valdesi di Calabria
da parte degli spagnoli. Più spesso fu caccia all’uomo, implacabile
e sistematica, da parte dell’Inquisizione, che mandò al patibolo,
chiuse in carcere o costrinse all’esilio gli aderenti alla Riforma a
migliaia. Insieme agli uomini, fu
data la caccia sistematicamente ai
libri, che potevano essere veicolo
di idee del dissenso, sulla base
deìVIndice dei libri proibiti redatto dalla Santa Sede.
La ’’cortina di ferro”
Occorsero decenni interi avanti
che la macchina della persecuzione e del terrore raggiungesse il suo
scopo, cioè la distruzione della
Riforma in Italia e l’isolamento
del nostro paese dietro una sorta
di « cortina di ferro » rispetto al
resto dell’Europa e a ogni corrente di progresso spirituale e civile.
Persino allora, tuttavia, restò un
esile filo di continuità nel dissenso evangelico in Italia. La minuscola popolazione delle Valli Vaidesi resistette ai tentativi ripetuti
di sterminio che i Savoia compirono nel Cinquecento e nel Seicento. E si mantenne inflessibile
nel Settecento e nella prima metà
dell’Ottocento malgrado il giogo
di dure limitazioni nei propri diritti civili, sino a che spuntò l’età
del Risorgimento italiano.
Parte degli evangelici che sono
nell’Italia di oggi discendono appunto dai Valdesi antichi. Un’altra parte degli evangelici italiani
trae invece le sue origini da movimenti protestanti destatisi durante il Risorgimento, specie nell’ambito della sinistra democratica, mazziniana e garibaldina, ad
opera di uomini i quali ritenevano che il rinnovamento dell’Italia,
in senso liberale e nazionale, dovesse essere una cosa sola con un
« ...l’isolamento del nostro paese dietro una sorta di “cortina di
ferro” rispetto al resto dell’Europa e a ogni corrente di progresso
spirituale e civile ».
Il Concilio di Trento, che organizzò la Controriforma, in una
stampa dell’epoca.
rinnovamento delle coscienze nel
senso dell’Evangelo. Un’altra parte soprattutto nel Mezzogiorno e
in Sicilia, trae origine dalle grandi migrazioni di masse di lavoratori italiani, specie agli inizi del
Novecento: contadini e operai
che avevano incontrato l’Evangelo nel loro duro cammino di emigrati all’estero, portarono anche
ai loro compaesani quel messaggio rinnovatore. Un’altra parte ancora deriva dal lungo, oscuro, ingrato lavoro di seminagione che
le comunità evangeliche hanno
compiuto nel nostro paese dal Risorgimento in poi e continuano
tuttora a fare.
L’opera evangelica in Italia non
ha mai avuto vita facile, ora per
l’altrui intolleranza, anche nell’età
liberale prefascista, ora per le vessazioni più o meno dure dei governanti, come nell’età del fascismo e purtroppo anche dopo il fascismo, negli anni di più tracotante dominio democristiano. Ma non
si è mai interrotta e continua ancora oggi. E questa piccola e travagliata minoranza evangelica,
con la sua battaglia per la libertà
religiosa di generazione in generazione, ha dato un contributo
ben superiore alla sua stessa entità, alla battaglia per le libertà civili di tutti gli italiani.
Giorgio Spini
LA FEDERAZIONE DELLE CHIESE EVANGELICHE IN ITALIA
Ricerca di comunione fraterna
Alcuni anni fa, nel 1965, gli
Evangelici italiani tennero un
congresso nazionale (il secondo
della storia) a Roma, avente per
motto: «UNITI PER L’EVANGELO ». Con questa affermazione così bella gli evangelici italiani volevano dichiarare che al
di là delle loro divisioni organizzative esiste un profondo vincolo unitario, rappresentato dal comune impegno di annunziare
rEvangelo al popolo italiano.
Da quel Congresso è nata la
Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (costituitasi istituzionalmente due anni dopo)
formata non da tutte le Chiese
presenti al Congresso del ’65, ma
da: Battisti, Luterani, Metodisti,
Valdesi e (aderente) l’Esercito
della Salvezza.
La Federazione non è una realtà statica o burocratica, bensì
un movimento, ima ricerca costante di collaborazione e di comunione fraterna. Ovviamente,
per motivi organizzativi, la Federazione ha un suo presidente, un
consiglio, un’assemblea, un ufficio a Roma: strumenti indispensabili per compiere il suo lavoro. Ma vorrei che fos'se ben chiaro che la Federazione non è il
consiglio o l’ufficio romano, anche se qui talvolta vengono prese decisioni di una certa rilevanza. La Federazione è essenzialmente un luogo d’incontro e
di confronto, è il terreno sul
quale vogliamo trovarci, noi
chiese di tradizioni e di formazione spesso diverse, per confrontare i nostri punti di vista e
vedere in che modo possiamo
collaborare e fare insieme quelle cose che potremmo anche fare separatamente, ma meno bene; il lavoro più valido della Federazione è perciò quello che
si svolge attraverso le federazioni regionali ed i « servizi ».
Le federazioni regionali (ne abbiamo attualmente cinque) permettono incontri costanti fra comunità locali di una certa zona
d’Italia. È più facile quindi avere larga partecipazione di fratelli e 'sorelle che abitano in città
non troppo distanti fra loro e
possono portare il loro contributo di pensiero, manifestando
cosi veramente qual è il desiderio e l’opinione delle comunità, della base. È attraverso le federazioni regionali che si constata come la Federazione non sia
per nulla (grazie a Dio!) un’organizzazione di’ vertici ecclesiastici, bensì proprio un incontro
di chiese locali.
Un altro aspetto interessante
della vita della Federazione sono
i « servizi ». I servizi sono formati da gruppi di credenti che
per mandato dell’ Asisemblea e
del Consiglio della Federazione
si occupano di particolari settori
della nostra testimonianza, che
le chiese hanno deciso di portare avanti insieme.
Il servizio più noto è certamente quello della « Stampa-radio-televisione », che è anche il
servizio che occupa ovviamente
il maggior numero di persone.
Oltre ad una agenzia di stampa
in via di organizzazione, il servizio è responsabile per le trasmissioni del culto evangelico alla radio la domenica mattina e per la
rubrica televisiva « Protestantesimo » che viene trasmessa a lunedì alterni sul secondo canale.
Le persone che lavorano in questo settore così importante dei
« mass-media » si sono andate
progressivamente specializzando
in questo ramo, in modo da rendere sempre più ascoltabili e visibili le nostre trasmissioni radiofoniche e televisive. Non vogliamo usare questi mezzi per
mettere in mostra noi 'stessi e le
nostre istituzioni, bensì per annunziare a chi vuole ascoltare
l’Evangelo di Gesù Cristo, unico
Signore dell’uomo.
Gli autori
Piero Sensi, pastore battista, presidente deila Federazione deiie Chiese
Ev. in Italia e dell'Unione Chiese Ev.
Battiste in Italia.
Giorgio Bouchard, pastore valdese, direttore della Scuola e del Centro Jacopo LombardinI di Cinisello (Nolano).
Aldo Comba, pastore valdese, segretario del Servizio stampa-radio-televisione della Federazione.
Fernanda Comba, valdese, membro del
Comitato Centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Niso De Micheiis, metodista, membro
della redazione deH’Eco delle Valli
valdesi - La Luce.
Carlo Rapini, valdese, direttore della
Casa Editrice Claudiana.
Paolo Ricca, pastore valdese, professore di teologia pratica e storia alla
'Facoltà valdese di teologia di Roma.
Giorgio Spini, metodista, professore di
Storia moderna all'Università di Firenze.
Hanno inoltre collaborato Riccardo
Sensi, Enrico Mariotti, Sergio Rossi,
Giorgio Tourn.
L’altro servizio ohe è andato
acquistando sempre maggior rilevanza nel corso di questi ultimi anni è quello che si dedica alla istruzione religiosa dei ragazzi e dei bambini. Le chiese evangeliche ritengono che questa
istruzione sia responsabilità particolare delle chiese stesse e non
della scuola statale. Perciò questo servizio offre alle comunità
il materiale necessario per un
insegnamento vivace, moderno.
attuale della Bibbia, ai vari livelli di crescita del ragazzo.
Inoltre il servizio pubblica una
rivista « La Scuola Domenicale »
che contiene interessanti studi di
ordine biblico, pedagogico, familiare e 'sociale. Un lavoro destinato a lasciare una traccia profonda nelle nostre comunità.
Concludendo direi che la Federazione è uno strumento prezioso offertoci per in’segnarci a
camminare e lavorare insieme.
Come per ogni strumento, la sua
validità ed efficacia dipendono
dal modo e dalla perseveranza
con cui saprà essere usato dalle
chiese.
Piero Bensì
CASA EDITRICE CLAUDIANA
Un “ponte” di libri
Da oltre cent’anni la Casa editrice Claudiana di Torino, rappresenta la « voce del protestantesimo italiano » nel settore editoriale.
Fondata nel 1855, prese nome
da una bella figura di vescovo
cattolico di Torino, vissuto ai
tempi di Carlomagno (sec. IX),
che lottò per un ritorno alla Sacra Scrittura, contro l’introduzione delle immagini nelle chiese, ha svolto nell’ultimo secolo
un lavoro imponente di divulgazione culturale, di elevazione e
di istruzione delle classi popolari, rimanendo fedele ad alcune
precise linee direttrici:
• favorire in ogni modo una
conoscenza diretta in lingua
parlata della Bibbia, testo
fondamentale sia per i cattolici che per i protestanti,
pubblicandola in edizione
economica e fornendo ogni
tipo di' sassidio per una sua
esatta comprensione (Commentario, Dizionario, Concordanza, ecc.).
• costituire un « ponte » tra il
vasto e avanzato mondo culturale protestante e la cultura nazionale, fortemente
condizionata dalla matrice
cattolica.
Come è stato riconosciuto di
recente da molti organi di stampa, in occasione della mostra
storica « 125 anni di stampa
evangelica: la Claudiana », questa svolge ancor oggi una funzione insostituibile, immettendo nel corpo della cultura nazionale stimoli critici di un
universo etico-religioso e culturale che ha dato la sua impronta all’Europa moderna, ma
dal quale l'Italia è stata tenu
ta lontana dalla « cortina » della Controriforma.
In campo biblico e teologico
prosegue l’impegno di far conoscere al pubblico italiano
quanto di più stimolante, ori
ginale e profondo si pubblica
all’estero, senza inseguire le ultime mode, ma cercando di
compiere un’utile funzione di
surroga rispetto alle altre case
editrici. La Claudiana è stata
perciò la prima a presentare in
Italia autori quali H. Gollwitzer, G. Bornkamm, E. Kàsemann, P. Belo, G. Theissen ecc.,
senza dimenticare, ovviamente,
la produzione originale del
piccolo mondo evangelico italiano, con nomi quali G. Miegge, 'V. Subilia, V. Itinay, P. Ricca, B. Corsani ecc.
In campo storico, la Claudiana è specializzata nel settore
delle origini cristiane, dei movimenti ereticali medievali —
in particolare quello valdese —,
della storia della Riforma e dei
movimenti religiosi degli ultimi due secoli.
In campo sociale e politico ha
fornito contributi di rilievo
analizzando tematiche e problemi che pongono pressanti interrogativi alla coscienza cristiana attuale (antimilitarismo,
■Vietnam, Israele, Irlanda, Libano, Concordato, insegnamento
religioso nelle scuole ecc.); ha
offerto spazio e dialogo alle comunità di base cattoliche nel
momento più acuto della repressione da parte della gerarchia cattolica; non ha avuto timore ad affrontare problemi
anche spinosi quali l’omosessualità, il divorzio e l’aborto.
Carlo Papini
5
27 aprile 1979
SANTIFICARE IL NOME DI DIO E COSTRUIRE UN MONDO UMANO
I lineamenti della fede evangelica
Per gli italiani, condizionati da quattro secoli di Controriforma, il protestante è un’anima inquieta e insoddisfatta con
una religiosità negativa - in realtà essere o diventare protestante significa imparare a vivere per fede
Alla radice del protestantesimo c’è un’esperienza di fede.
Naturalmente, come ogni fenomeno storico di grandi proporzioni, il protestantesimo è anche tante altre cose: c’è un mondo, un’era e persino una civiltà
protestante. C’è una cultura, una
mentalità e un’etica protestante.
C’è una chiesa, una teologia, una
pietà, una spiritualità protestante. C’è un uomo protestante. C’è
un principio protestante e una
rivoluzione protestante. Dire protestantesimo significa dire tutte
queste cose ma nessuna di esse,
per quanto importante, è fondamentale. Fondamentale, nel protestantesimo, è la fede. È lei
l’anima profonda, il « cuore »
del protestantesimo.
L’italiano non è abituato a vedere il protestantesimo come
manifestazione di fede. Quattro
secoli di Controriforma hanno
inculcato nella sua coscienza una
immagine deformata e tutta negativa del protestantesimo; il
protestante (lo dice la parola
stessa) sarebbe un’anima inquieta e insoddisfatta con una religione essenzialmente polemica
e quindi negativa; Il Vaticano
II ha cominciato a correggere
questa immagine, ma quanti secoli di ecumenismo ci vorranno
per dare agli italiani, per la prima volta nella storia, un’immagine verace del protestantesimo?
Quand’è che l’italiano saprà che
il protestantesimo è stato ed è
un’affermazione della fede e che
essere o diventare protestanti
significa imparare a vivere per
fede?
Per comprendere la fede protestante occorre rifarsi all’esperienza storica della Riforma.
Il felice scambio tra
Cristo e il credente
1) Il grande problema religioso dell’uomo del XVI secolo
era: « Come posso essere salvato? ». La chiesa del tempo rispondeva: « Devi fare molte cose: ricevere i sacramenti e con
essi la grazia di Dio, osservare
i precetti, fare opere buone,
ecc. ». La Riforma ha detto:
« Per essere salvato non devi fap nulla, perché Cristo ha fatto
tutto. Non ti devi salvare, sei
salvato. Credi in Cristo, e basta.
Questo è l’evangelo ». La Riforma
e tutta qui. La fede protestante
non è che una conoscenza viva di
Cristo e una comunione personale con lui. Come nel nostro tempo certi gruppi sociali o anche
popoli tendono a riappropriarsi
di realtà di cui sono stati defraudati, cosi la Riforma è stata un
movimento di riappropriazione
uel Cristo da parte del credente.
A questa appropriazione del Cristo (in particolare della sua giustizia) da parte del credente si
accompagna una espropriazione
del credente (in particolare dei
simi peccati) da parte di Cristo.
« Quel che Cristo ha, è proprio
dell’anima credente; quel che
1 anima ha, diviene proprio di
Cristo. Se Cristo ha tutti i beni
e la beatitudine, questi son propri dell’anima. Se l’anima ha in
se ogni difetto e peccato, questi
diventano propri di Cristo. Qui
si compie il felice scambio, la
lieta contesa» (Lutero) (1).Riappropriandosi di Cristo, la fede ne
scopre tutti i tesori e quindi la
piena sufficienza. La chiesa attorniava Cristo con Santi e Madonne; le fede trova tutto in
Cristo, perciò non se la sente
più di invocare altri nomi. Come
le stelle della notte impallidiscono e poi scompaiono quando
spunta e si diffonde la luce del
sole, così Maria e i Santi sono
scomparsi dal firmamento della
fede evangelica quando la luce
di Cristo ha cominciato a brillare in tutto il suo splendore.
La fede, unica risposta
adeguata alla grazia
2) Ma cosa significa conoscere Cristo ed appropriarsene?
Significa conoscere ed appropriarsi della sua misericordia. La
essenza dell’evangelo è il perdono dei peccati. Questo perdono
è gratuito, totale e incondizionato. Perciò revangelo si configura come annuncio di grazia li
tale. Da un lato infatti Cristo è
l’unico mediatore, quindi è mediatore anche di se stesso. Dall’altro la fede è una specie di
investitura regale e sacerdotale
per ogni cristiano. « Chi può ora
immaginare la dignità e l’altezza
di un uomo cristiano? Per la sua
regalità egli è padrone di ogni
cosa; per il suo sacerdozio egli
ha potere sopra Dio » (Lutero).
Qui conviene fermarsi un istante perché mai nella storia del
cristianesimo «la dignità e l’altezza » del laico cristiano era
stata illustrata e proclamata
con tanto vigore, con tanta convinzione e su base così solida.
Sono tre le affermazioni fondamentali che qui vengono fatte:
1) ogni cristiano è re e signore,
cioè sovrano e non suddito, libero e non sottoposto, autonomo e non dipendente: in questo
senso è giusto dire che il pro
« li protestante nella storia, pur appartenendo alla chiesa, non
vive per la chiesa ma per gli uomini, così come la chiesa esiste per
il mondo e non il mondo per la chiesa ».
Il Centro giovanile di Agape - Frali (Torino) - è uno dei luoghi
in cui maggiormente si esprime nel nostro paese l'esistenza della
chiesa in funzione del mondo.
bera e sovrana: pur non essendo
amabili, siamo amati. È per
questo che nel protestantesimo
si insiste tanto sulla fede: perché essa è l’unica risposta adeguata alla grazia. Un annuncio
di grazia immotivato e immeritato può solo essere creduto:
non c’è altro modo di riceverlo.
« Se credi, hai; se non credi, non
hai» (Lutero). Se il cristianesimo fosse una legge, si diventerebbe cristiani p>er ubbidienza.
Se fosse tm mistero, si diventerebbe cristiani per conoscenza.
Siccome è grazia, si diventa cristiani per fede. Perciò Dio cerca
nell'uomo soprattutto la fede.
Ci vuole più fede a credere nella
grazia che a credere nel mistero.
La fede evangelica ha dunque
un contenuto preciso: è fede
nella grazia, e il protestantesimo non è solo un’affermazione
di fede ma un’affermazione di
fede nella grazia.
Dignità e aitezza
dei iaico cristiano
3) Ma se credendo in Cristo
il cristiano riceve ogni grazia
e benedizione, che bisogno c’è
ancora del sacerdote? Il cristiano stesso è un sacerdote! Come
è superflua la mediazione di
Maria e dei Santi, così< è superflua la mediazione sacerdo
testantesimo è (ed è sempre di
nuovo chiamato ad essere) la religione della libertà cristiana;
2) ogni cristiano è sacerdote e
papa, cioè titolare, insieme ai
suoi fratelli e sotto l’autorità
sovrana della parola di Dio, di
ogni potere e funzione nella chiesa: in questo senso è giusto dire che il protestantesimo è (ed
è sempre di nuovo chiamato a
essere) la religione della laicità
cristiana; 3) ogni cristiano è un
« altro Cristo » (alter Christus)
in quanto vivere cristianamente
significa « essere verso il mio
prossimo un cristiano come Cristo è stato per me» (Lutero);
in questo senso è giusto dire che
il protestantesimo è (ed è sempre di nuovo chiamato ad essere) la religione della responsabilità cristiana personale, senza
deleghe di alcun genere. Con
queste affermazioni nasce inevitabilmente un nuovo tipo di chiesa — nuovo rispetto alla tradizione cattolica, ma non rispetto
alla situazione del cristianesimo
nascente.
Nella chiesa riformata non c’è
più un clero diverso « per essenza, e non solo per grado » dal
laicato (come ancora ha ribadito il Concilio Vaticano II), e
quindi cade ogni gerarchia tra
cristiani: non ci sono più né
« padri » né ^(flgli» ma solo «fratelli ». I rapporti tra « laici » e
ministri nella chiesa non sono
di subordinazione dei primi ai
secondi ma di reciprocità; cade
anche ogni gerarchia tra i vari
ministeri: non c’è un ministero
al servizio di un altro ma tutti
sono al servizio della comunità;
non c’è quindi una distribuzione differenziata e gerarchizzata
dei poteri ministeriali. Così la
chiesa torna ad essere quello
che era all’inizio; una comunità
di fratelli, raccolti dall’amore di
Dio, cementati dalla presenza
di Cristo, guidati dalla sua Parola, animati dal suo Spirito. Nella comunità ci sono dei servizi
(« ministeri ») che vengono esercitati da alcuni in favore di tutti, ma questi servizi non creano
posizioni di potere né possono
essere gestiti in maniera esclusiva. La comunità cristiana è
adulta e quindi pienamente e
collegialmente responsabile della
sua vita e della sua missione.
Il protestantesimo ha così declericalizzato la chiesa, togliendo
al clero i poteri che aveva usurpato e restituendoli da un lato
al Signore e dall’altro al laicato
cristiano. Nel protestantesimo,
il cosiddetto « semplice laico »
diventa il protagonista del cristianesimo, il personaggio più
importante della chiesa. La Riforma protestante è stata, sì,
una riscoperta dell’evangelo e
in particolare della libera grazia di Dio (libera soprattutto
dalla mediazione sacramentale
dei sacerdoti), ma è stata anche
una riscoperta del laicato cristiano, della sua « dignità e altezza» (come dice Lutero), del
suo ruolo primario nella chiesa.
Certo, è molto più faciie avere
dei sacerdoti che essere tutti
sacerdoti come prescrive la Scrittura (I Pietro 2: 9), è più facile
delegare ad altri le proprie responsabilità piuttosto che assumersene il peso. Il protestantesimo, con la sua dottrina del sacerdozio universale dei credenti, ha smantellato il potere clericale ed ha emancipato il laicato — fermo restando che il clericalismo minaccia sempre di
nuovo ogni chiesa e confessione, per cui la lotta contro lo
spirito clericale non è mai finita
(neppure nel protestantesimo).
Una vita per servire
liberamente
il prossimo
4) Così la chiesa cambia fisionomia: non è più imperniata
sui sacerdoti ma sui laici, non
più sili sacramenti ma sulla vocazione. Al centro della vita ecclesiale non c’è più il sacerdote
che distribuisce la grazia mediante i sacramenti, c’è la comunità cristiana che, ascoltando la parola di Dio, prende coscienza della propria vocazione.
Quindi, oltre alla fisionomia,
cambia anche la funzione della
chiesa: il suo compito non è
di salvare gli uomini (questo è
il compito di Cristo, che lo ha
già eseguito!) ma di servirli e
di renderli coscienti della loro
vocazione. Illustriamo brevemente queste due affermazioni;
1) il compito della chiesa non è
di salvare ma di servire. La
chiesa, fondamentalmente, non è
un istituto di salvezza ma una
comimità di servizio. Perché?
Perché la salvezza non ha bisogno di mediatori, essendo data
insieme alla fede. Siccome, nella
fede, il cristiano ricevè‘ tutta la
salvezza, non ha più bisogno di
far nulla per sé e «gli restano
tutte le opere e la vita per servire con esse per libero amore
il prossimo » (Lutero). La vita
cristiana è tutta qui: credere in
Dio ( e così ricevere la salvezza)
e servire il prossimo (e così viverla nell’amore). Quindi non
« fede nell’uomo » e « opere per
Dio» (come sovente dice — anche Se a mezza voce — un certo cattolicesimo) ma, al contrario, « fede in Dio » e « opere per
l’uomo». Le opere buone sono
quelle buone per il prossimo.
Così Dio è veramente glorificato e l’uomo è veramente servito.
«Da tutto ciò segue la conclusione che un cristiano vive non
più in se stesso, ma in Cristo
e nel suo prossimo: in Cristo
per la fede; nel prossimo per
l’amore » (Lutero). 2) Il compito della chiesa è di rendere gli
uomini consapevoli della loro
vocazione. La cosa più importante della vita umana è la vocazione. Dio ci chiama a fare
qualcosa. Tu non vivi per salvarti ma per costndre qualcosa
in Cristo tra gli uomini, nella
trama dei rapporti umani, nella grande storia di tutti e nella
piccola storia di ciascxmo. È
questa la vocazione, percepita e
alimentata nella chiesa, vissuta
nel mondo, nella storia.
Vivere non per
la chiesa
ma per gli uomini
Come? Cosa fa il protestante nella storia? Essenzialmente due cose: a) cerca di santificare il nome di Dio, opponendosi a ogni forma di sacralizzazione o divinizzazione dell’uomo
e dei sistemi umani, sia laici
che ecclesiastici, sia religiosi
che politici; b) cerca di costruire, insieme agli altri uomini, un
mondo umano, da un lato promuovendo la sua laicità contro
ogni manomissione o strumentalizzazione clericale, e dall’altro
proponendo apertamente l’evangelo di Cristo come verità ultima di Dio e dell’uomo e come
la più grande forza di umanizzazione del mondo. Così facendo il protestante invita gli uomini alla fede, non mettendo in
primo piano la chiesa ma Dio
e l’uomo stesso. La chiesa non
è mediatrice tra i due ma al
servizio di entrambi. Perciò nel
protestantesimo le strutture di
médiazione (tipica quella del papato) sono state abolite e non
dovranno risorgere. Il protestante nella storia, pur appartenendo alla chiesa, non vive per la
chiesa ma per gli uomini, così come la chiesa esiste per il mondo e non il mondo per la chiesa.
Nella storia il protestante vive
il cristianesimo come fatto costruttivo più che contemplativo,
e nello stesso tempo, mentre costruisce insieme agli altri, la
città dell’uomo, ne aspetta una
«migliore» (Ebrei 11: 16).
Concludendo potremmo forse
dire che il protestantesimo non
vuol essere altro che cristianesimo nella sua espressione più
semplice ed essenziale.
Paolo Ricca
(1) Questa e le successive citazioni
sono tratte da: Lutero, Libertà del
cristiano, introduzione, versione e note a cura di Giovanni Miegge, Claudiana, 1970 ^ L. 700.
Il
Protestantesimo " in TV
« Intendiamo presentare al paese una forma alternativa
di cristianesimo ». Per questo programma la prima trasmissione di ■< Protestantesimo » (4 gennaio 1973) subì una
censura: si voleva che I protestanti parlassero a se stessi
e non agli italiani. Negli anni successivi con pazienza ed
equilibrio si riuscì comunque a far passare un messaggio
rivolto direttamente agli ascoltatori.
Oltre a presentare un punto di vista evangelico su
un'ampia gamma di argomenti, « Protestantesimo » in questi anni ha portato sul video la vita e la testimonianza
di una trentina di comunità di diverse denominazioni sparse
in varie regioni d'Italia.
«PROTESTANTESIMO»: A LUNEDI' ALTERNI
PRIMA DEL TG2 DELLA NODE (ORE 22.40 CIRCA)
Culto evangelico alle radio
Malgrado un orario nettamente sfavorevole, ogni domenica mattina, secondo i dati ufficiali della RAI, in media
900.000 persone ascoltano il Culto evangelico, una delle
più « anziane » fra le rubriche della radio nazionale. La
trasmissione sì articola in una meditazione tenuta da pastori di tutte le denominazioni evangeliche, seguita da un
notiziario con informazioni sul mondo protestante, appuntamenti, e I opinione di evangelici su avvenimenti del
giorno.
Le meditazioni stampate quindicinalmente sono inviate
su richiesta o per abbonamento. Rivolgersi alia sede della
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6
27 aprile 1979
UNO SGUARDO D’INSIEME
I Protestanti nel
mondo: chi sono
li protestantesimo è unitario nei comune riconoscimento dell’autorità
biblica - Al suo interno presenta diverse sfumature - Vediamo quali
Quanti sono
Uno dei pregiudizi più comuni
sui protestanti sta nel dire che
sono divisi in mille sètte mentre
i cattolici son tutti uniti. In realtà la differenza fra un protestante luterano e uno battista non è
più grande di quella che separa
certe correnti di teologia o di
spiritualità del cattolicesimo. È
vero che i cattolici, al di là delle loro differenze, riconoscono
tutti l’autorità del pontefice romano, ma è altrettanto vero che
i protestanti, al di là delle loro
differenze, riconoscono tutti l’autorità della Sacra Scrittura. Invece di dire che i cattolici sono
uniti e i protestanti divisi, è più
giusto considerare che i protestanti hanno un’autorità biblica
e i cattolici un’autorità gerarchica. All’intemo della sua unità
il protestantesimo presenta diverse sfumature chiamate comunemente « confessioni » o « denominazioni ». Le principali sono le seguenti:
La Riforma
Luterani (diffusi specialmente
in Germania, Scandinavia, Stati
Uniti; presenti anche in Italia).
La loro autorità di fede, come
per tutti i protestanti, è la Bibbia (Antico e Nuovo Testamento): le loro particolari caratteristiche dottrinali sono espresse
dalla « Confessione di Augusta »,
pubblicata in Germania nel 1530.
Si ricollegano particolarmente
all’insegnamento di Lutero. Un
punto di dottrina comime a tutti i protestanti, ma specialmente sottolineato dai luterani, è
la giustificazione per grazia mediante la fede: Dio, cioè, salva
il peccatore per pura misericordia, mentre le buone opere sono
una conseguenza della salvezza
ricevuta, e non una sua condizione.
Il culto è generalmente basato sulla messa medievale da cui
sono stati eliminati gli elementi
contrari alla dottrina evangelica. Ha grande importanza la
predica (o sermone) e il canto
comunitario. I pastori, di solito
dotati di un’elevata preparazione teologica, hanno avuto in genere il predominio nella vita
della chiesa; solo in tempi recenti è stato fatto posto ai laici. Il ministero pastorale è riconosciuto anche alle donne. In
Svezia c’è da qualche tenipo una
donna vescovo. I vescovi (chiamati talora « ispettori ecclesiastici ») sono nominati per rm
tempo determinato o a vita; non
hanno la cosiddetta « successione
apostolica ». Pastori e vescovi
sono solitamente sposati. Esiste
dal 1968 una « Federazione Lut^
rana Mondiale » con sede a Ginevra.
Riformati (diffusi specialmente in Svizzera, Francia, Scozia,
Stati Uniti, Olanda, Ungheria,
ècc., sono chiamati anche «presbiteriani » nel mondo di lingua
inglese; in Italia, la Chiesa valdese, pur avendo origine in im
movimento religioso anteriore alla Riforma, è oggi una chiesa
riformata). Le caratteristiche
dottrinali, derivate dagli insegnamenti di Zwingli e Calvino, sono
espresse in diverse « Confessioni
di fede » (Elvetica 1536 e 1566,
de la Rochelle 1559, Scozzese
1560, Valdese 1655, ecc.). I riformati si sentono vincolati più alla Bibbia che ai teologi del passato o alle Confessioni di fede;
sono pronti ad accettare opinioni estranee alla loro tradizione
purché biblicamente fondate. Il
culto è centrato sulla predicazione a cui sono chiamati anche i
laici. La liturgia è semplice, talo
ra scarna. Il ministero pastorale
è aperto a uomini e donne.
I riformati si caratterizzano
per la forma di governo della
chiesa, detta « presbiteriano-sinodale »: ogni comunità locale è
diretta da un consiglio di « anziani» (è la traduzione del termine greco « presbyteros », ma
non ha riferimento all’età); le
chiese di una regione eleggono i
loro deputati a im « sinodo regionale » formato da pastori e
laici in ugual numero. Diverse
regioni si uniscono in un « Sinodo (o Assemblea) generale ». La
convinzione di essere salvati e
chiamati a trasformare il mondo alla gloria di Dio ha reso i
riformati particolarmente attivi
sul piano sociale. Esiste dal 1875
una « Alleanza Riformata Mondiale » con sede a Ginevra.
Battisti (diffusi specialmente
negli Stati Uniti, Inghilterra,
Unione Sovietica; presenti anche
in Italia). Sorti in Inghilterra
all’inizio del ’600 sono assai simili ai riformati, dai quali si
differenziano su due pxmti. Ritengono la chiesa formata dai
soli credenti consapevoli, perciò
ammettono il battesimo solo per
gli adulti; lo praticano per immersione. Ogni chiesa locale è
autonoma, perciò le decisióni delle Assemblee generali (simili ai
sinodi riformati) non hanno valore automatico, ma solo in
quanto siano accettate dalle singole chiese locali. Le chiese battiste si distinguono per il loro
impegno a favore dell’evangelizzazione. Esiste una « Alleanza
Battista Mondiale » dal 1905.
Dove sono
PROTESTANTI ORTODOSSI CATTOLICI ANGLICANI
L’Eco delle Valli - La Luce
può portare ogni settimana nella vostra casa
□ un tentativo di leggere i fatti del giorno alla luce
della fede evangelica;
□ strumenti di formazione biblica, teologica, storica, culturale;
I I informazioni sul protestantesimo e l’ecumenismo
in Italia e nel mondo.
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SEMESTRALE (2° semestre ’79) » 4.000
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Ai nominativi che ci vengono segnalati per un saggio
inviamo due numeri gratuitamente e una proposta di
abbonamento.
Il mondo di oggi ha un po’
più di 4 miliardi di abitanti.
Di questi, circa 1.320.000.000 si
possono considerare come
« cristiani » (cioè si dichiarano come tali nei censimenti,
o nelle inchieste d’opinione
pubblica, o cercano di fare
educare i loro figli in ima coiifessione cristiana: con termine moderno diremo che appartengono aU’area culturale
cristiana). Di loro, circa 180
milioni fanno riferimento a
qualche chiesa di tipo ortodosso, 730.000.000 sono membri battezzati della chiesa cattolica romana, circa 410 milioni appartengono all’ area
culturale protestante. Si lieve
però notare che questa cifra
comprende, secondo le stime
correnti, anche i 70.000.000 di
anglicani e circa 40.000.000 di
aderenti alle chiese « nuove »
(americane, africane) spesso
sorte in connessione con movimenti evangelici.
La distribuzione geografica
dei protestanti nelle varie
parti del mondo è grosso modo la seguente:
Africa 70.000.000
America « anglosassone » 160.000.000
America latina 12.000.000
Asia 26.000.000
Australia e Oceania 14.000.000
Europa 128.000.000
tot. 410.000.000
Protesta e risveglio ^
Metodisti (diffusi specialmente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti; presenti anche in Italia). Sorgono nel ’700 per opera
di John Wesley come movimento di protesta contro il ritualismo della chiesa anglicana e di
evangelizzazione delle masse
proletarie della prima rivoluzione industriale. La dottrina si caratterizza per l’importanza attribuita all’esperienza interiore della conversione personale a Cristo. Nell’organizzazione pratica,
le chiese locali sono spesso affidate a « predicatori laici » mentre i pastori curano specialmente i «circuiti» o gruppi di comunità limitrofe.
Pentecostali (diffusi specialmente negli Stati Uniti, in America Latina, in Africa; presenti
anche in Italia). È un movimento di risveglio religioso sorto
all’inizio di questo secolo, che
ha una forma organizzativa ancora in evoluzione, nella quale
si distinguono alcuni raggruppamenti, tra cui il maggiore sono le Assemblee di Dio. Sono
letteralisti nella lettura della
Bibbia, accettano la dottrina luterana della salvezza per grazia
e la prassi battista del battesimo degli adulti. Sottolineano la
esperienza spirituale di tipo estatico chiamata « battesimo dello
Spirito», hanno casi di «glossolalia» (parlare in altre lingue
come certi credenti dell’epoca
apostolica), credono nella possibilità di guarigioni per fede e
nell’imminente ritorno di Cristo.
Sono diffusi specialmente in
ambienti popolari dove spesso
la conversione rappresenta anche un riscatto culturale e sociale. In Italia costituiscono il gruppo protestante numericamente
più forte. Furono seriamente
perseguitati dal fascismo e ancora osteggiati per parecchi anni nel dopoguerra.
Questi sono, per così dire, i
rami principali dell’albero protestante. Esistono numerosi altri gruppi che si richiamano all’uno o all’altro elemento di
quelli già indicati, spesso aggiungendo note di intimismo,
svalutazione del ministero pastorale, separazione dal mondo,
ma anche di impegno sociale.
Sorti spesso a seguito di qualche « risveglio » religioso, conservano certe caratteristiche del
tempo e dell’ambiente in cui sono nati. I più noti in Italia sono la Chiesa dei Fratelli, gli Avventisti, l’Esercito della Salvezza.
Un caso a sé sono gli Anglicani (in America detti «episcopali»
o «episcopaliani»): una chiesa
con una struttura gerarchica di
tipo cattolico e una teologia molto influenzata dal protestantesimo.
Per comprendere il protestantesimo occorre tenere presentì,
accanto agli elementi di distinzione, gli elementi di unità. Ciò
risulta particóiarmente difficile
per chi — vivendo in un paese
di tradizione cattolica — tende a
pensare che non vi sia unità se
non sotto la gerarchia.
L’Ecumenismo
L’impegno ecumenico. Si suole indicare come data iniziale
del movimento ecumenico moderno la Conferenza Missionaria di Edimburgo del 1910. In
realtà l’atmosfera di dialogo, di
riavvicinamento e di impegno
comune tra cristiani di diverse
confessioni e denominazioni era
già stata favorita da una serie
di movimenti laici o ecclesiastici della seconda metà dell’800,
tutti sorti in ambiente protestante. Le grandi conferenze
mondiali del Cristianesimo Pratico (1925) e del movimento Fede e Costituzione (1927) diedero forte impulso alla formazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese (1948). In questo movimento le chiese protestanti,
come pure gli anglicani e gli ortodossi, haimo creato un terreno di incontro, di studio dei problemi teologici e sociali, e di
impegno pratico comune. Solo
in anni molto più recenti il cattolicesimo si è avvicinato all’ecumenismo. Le centinaia di incontri, colloqui e conferenze
ecumeniche che si sono svolte
in questi anni a vari livelli hanno creato la consapevolezza della comune appartenenza a Gesù
Cristo, al di fuori di strutture
gerarchiche e al di là degli stretti limiti delle rispettive tradizioni.
La formazione del consenso.
Esiste in campo protestante un
vasto consenso sui punti essenziali della fede: su Cristo, la
salvezza, la centralità della Bibbia, la chiesa non gerarchica,
ecc. Ma esiste anche — ed è
molto caratteristico — un processo continuo di formazione del
consenso, di cui il sistema di
comitati e conferenze del Consiglio Ecumenico delle Chiese è
un’illustrazione. In altre parole,
le posizioni protestanti su temi
di dottrina e di morale non discendono dai pronunciamenti
di un’autorità ecclesiastica, ma
si formano nello scambio continuo di informazioni, di riflessioni, di documenti a cui prendono
parte non solo i teologi e i sinodi, ma le chiese locali e i semplici fedeli. Il consenso diventa
impegnativo non tanto per le
sanzioni ufficiali che riceve, quanto per la sua propria capacità
di esprimere in termini attuali
la fede di tutti. In sostanza l’atteggiamento che caratterizza i
protestanti, sia nel governo della chiesa come nel processo di
formazione del consenso, non è
l’obbedienza ma la partecipazione.
La volontà riformatrice. L’idea
che la chiesa cristiana vada sempre di nuovo riformata, cioè richiamata alla fedeltà rigorosa ai
suoi fondamenti biblici, è un elemento basilare e costitutivo del
protestantesimo. È chiaro che
molte delle cosiddette « divisioni » o « sètte » sono nate proprio dalla volontà di riformare
la chiesa, così come la Riforma
stessa fu un appello — lanciato
a tutta la chiesa ma ascoltato
solo da una parte — a ritornare
ai fondamenti biblici. Sulla questione stessa della necessità di
una riforma permanente, cioè
di un permanente richiamo alle
basi bibliche, i protestanti sono
tutti unanimi.
Aldo e Fernanda Comba
Comitato di Redazione: Sergio
Aquilante, Dino Ciesch, Marco Davite, Niso De Mlchelis, Giuliana
Gandolfo Pascal, Marcella Gay,
Ermanno Genre, Giuseppe Platone,
Ornella Sbaffi, Liliana Viglielmo.
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FRANCO GIAMPICCOLI
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La Luce ».
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Cambio di indirizzo L. 200.
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- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot • Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
La Luce; Autor. Tribunale di Pinerolo N. 176, 25 marzo 1960.
L'Eco delle Valli Valdesi Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175, 8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
7
27 aprile 1979
CRONACA DELLE VALLI
ALLE VALLI OGGI
COMUNITÀ’ MONTANA CHISONE E GERMANASCA
ANGROGNA
Bibbia Per una nuova qualità della vita
per
ruRss
Con l’impegno di ritrovarci
tutti Vanno prossimo e con una
colletta destinata alla Società Biblica per l’invio di Bibbie ai cristiani dell’Unione Sovietica, sono terminati gli incontri ecumenici a Perrero. Sono terminati
in modo soddisfacente, non c’è
dubbio, anche se l’epistola di
Giacomo, presa in esame durante l’inverno, non è precisamente
la lettura più vivace ed entusiasmante. Ai partecipanti è piaciuta ugualmente, tanto meglio così.
Ma al di là di questa impressione favorevole, una cosa dobbiamo pure dire con la massima
sincerità: quanto poco, tutti,
cattolici e valdesi, conosciamo
la Bibbia! Fa persino sorridere,
ma è un sorriso amaro, la nostra
preoccupazione di inviare Bibbie
ai fratelli dell’Unione Sovietica.
Là, dove un governo ateo esercita una meschina censura sui
testi religiosi, la gente rischia la
propria sicurezza per leggerli,
qui in Italia, dopo trent’anni di
governo cristiano (o meglio democristiano) l’analfabetismo biblico è una triste realtà. Soprattutto per noi valdesi, che negli
ultimi centotrent’anni, abbiamo
avuto la libertà che volevamo e
nemmeno le limitazioni imposte
da una gerarchia tutto sommato
non molto più aperta del regime
di Breznev, la lettura biblica si
è risolta in un « hobby » di pochi fìssati, non certo nell’impegno
di tutti i membri di chiesa.
Ma, detto questo, è necessario
anche esaminare il metodo di
studio usato a Perrero.
Dell’epistola di Giacomo i partecipanti hanno avuto una visione per così dire panoramica, come quando si sorvola una zona
in elicottero: si intravvedono i
villaggi, i corsi d’acqua, le coltivazioni; terminato il giro se ne
ricava una bella impressione, ma
il paese rimane sconosciuto, visitandolo a piedi non si saprebbe ritrovare la strada. Occorre
qualcosa di più nello studio della Bibbia, sorvolare sì il paesaggio, ma anche fotografarlo, rilevare una mappa con i nomi dei
fiumi e dei villaggi, avere in mano qualche cosa che resti e serva
per altre occasioni. Se nella pianura brumosa dell’epistola si vedono emergere alcuni nomi di
rilievo come Giobbe o Abramo o
Elia, è ingenuo presupporre che
tutti sappiano situarli esattamente nella loro giusta prospettiva.
Così si cade in un altro errore,
cioè nell’ attualizzazione troppo
veloce, che si risolve poi in un
moralismo spicciolo.
Questa è perciò la conclusione:
la Bibbia va studiata come a
scuola: pochi versetti per volta,
ma ben approfonditi e con tutti
i riferimenti a posto. Preparazione accurata, lettura di commenti
(anche le case editrici cattoliche
ne hanno di eccellenti), alzi la
mano chi non ha capito bene.
Ecco il solito intellettualismo
valdese, dirà qualcuno: va bene
per chi ha studiato, ma gli altri
come se la cavano? E come la
mettiamo con i milioni di credenti che hanno letto la Bibbia
senza tante storie, ricavandone
il messaggio spirituale e impostando su di esso la propria vita?
Prima di tutto, non si tratta
di fare sfoggio di cultura, ma d},
riconoscere là nostra ignoranza: '
davanti ai testi biblici siamo cóme dei bambini che hanno tutto
da imparare. Prima di discutere
sulle nostre divergenze teologiche
in materia di salvezza e di neccato dobbiamo sapere che cosa
significavano questi termini per
gli uomini dell’Antico e del Muovo Testamento, altrimenti costruiamo sul vuoto. Questo non
impedisce a nessuno, cattolico o
valdese che sia, di leggere spontaneamente la Bibbia per conto
suo, ma se ci mettiamo tutti insieme è per fare qualche cosa di
più e qualcosa di meglio.
Un teologo protestante disse
una volta ad un amico: — Vorrei
imparare a credere. Forse è vero
che la fede non si insegna, ma
certamente, sperimentandola con
altri fratelli, la possiamo imparare. Liliana Viglielmo
Tre gli argomenti principali
che hanno impegnato il Consiglio della Comunità Montana nella sua ultima seduta di venerdì
20 aprile ’79. Il primo: Costituzione di una Consulta femminile del Consultorio in ottemperanza alle leggi che prevedono
forme associate in rappresentanza degli utenti e per garantire
uno spazio ai problemi specifici
della donna.
Il dibattito ha da una parte
rilevato l’importanza che vi siano dei gruppi che operano per
una presa di coscienza fra la
popolazione; dall’altra ha evidenziato alcuni limti in questa proposta:
a) dicendo consulta femminile sembra che si voglia escludere la possibilità di avere in futuro anche rappresentanti maschili, nella prospettiva in cui
il Consultorio si occuperà anche
dei problemi della coppia, e della procreazione responsabile;
b) un secondo limite sta nella caratteristica della consulta
di essere solamente un organo
consultivo e ristretto ad un settore specifico, proprio in un momento in cui la costituzione delru.L.S.S. dovrà per forza allargare il dibattito su tutti i settori
Torino: Incontro
Federazione
Donne Evangeliche
Domenica 6 maggio avrà luogo a Torino, presso la Chiesa
Battista di via Viterbo 119, l’Incontro Regionale deUa Federazione delle Donne Evangeliche in
Italia.
Il programma prevede;
Ore 10.30: partecipazione al
culto con la comunità battista;
ore 11.30: scambio di informa
zione e di esperienze; ore 13;
pranzo (il primo sarà offerto
dalle sorelle battiste di Torino,
il secondo « al sacco ») ; ore
14.30: «Il Bambino pella Bibbia
e nelle nostre comunità » - « La
situazione del minorenne in Italia » ; raflìdamento familiare.
Per il trasporto è previsto un
servizio di pullman con partenza da Frali alle ore 8; Ferrerò
8,20 ; Chiotti 8,25 ; Pomaretto
(Convitto) 8,35; Villar Porosa
(Chiesa Valdese) 8.40; San Germano (Ponte) 8,45; Pinerolo
(Chiesa Valdese) 9.
Dalla Val Pellice fino a Pinerolo trasporto in macchine private. Iscriversi presso la responsabile déirUnione locale. Per ulteriori informazioni rivolgersi a
Katherina Rostagno, Frali - tei.
85.19 - per le Valli; per la zona
di Torino a Angela Fracchia,
tei. 011/343.382.
dell’assistenza socio-sanitaria visti nel loro insieme.
La Consulta femminile al momento avrà 3 membri per ciascuno dei 4 gruppi femminili attualmente operanti in zona:
gruppo donne di Perosa; gruppo
donne di Villar; FDEI; UCDG. È
previsto l’allargamento ad altri
gruppi che ne facciano richiesta.
Secondo argomento. Sono state approvate le norme per la costituzione del Comitato di Partecipazione della Unità Locale dei
Servizi Socio-Sanitari (ULSS)
n. 42 che corrisponde all’attuale
Com. Montana. Anche questo sarà un organismo consultivo. Esso si occuperà di dibattere e di
fare proposte su tutti i temi
dell’assistenza (ospedaliera, sul
territorio, del lavoro, per l’infanzia, per la vecchiaia, centri d’incontro, istituzioni e servizi per
i minori e gli anziani). Inoltre
deve verificare i risultati ottenuti. Sarà qunidi una sede pubblica per im dibattito sulla
« qualità della vita » all’interno
delle nostre vallate. Di questo
Comitato faranno parte rappresentanti dei sindacati, dei medici ospedalieri e mutualistici,
della Consulta femminile, dei delegati ospedalieri, e 7 rappresentanti degli utenti di cui 1 della
bassa vafie; 1 di Villar; 1 di Pinasca e inverso; 2 di Perosa-Pomaretto; 1 della Val Germanasca; 1 della Val Chisone. Per la
nomina di questi ultimi verranno fatte assemblee pubbliche di
cui si darà notizie anche da queste pagine. Visto che non tutti
gli amministratori avevano ben
chiaro i compiti di questo Comitato ed avevano timore di non
essere sufficientemente rappresentati, è stato precisato che l’organo che amministrerà la futura Unità Locale sarà il Consiglio
della C. Montana con la sua
Giunta e il suo Presidente.
Al Comitato di Partecipazione
spetterà il grosso compito che
è proprio di qualsiasi commissione fi .cioè ..di ipreparare la documentazione.
Terzo tema. Sempre nel settore dei Servizi Sociali è stato letto dagli Assessori un progetto
di intervento per il 1979 «per
la tutela materna e infantile e
assistenza aH’infanzia ». Questo
piano anziché partire dalla realtà della Scuola (come in precedenza con la medicina scolastica) parte a monte, prima della
nascita, prevedendo interventi
per:
a) la tutela della salute della donna;
b) la tutela del momento del
concepimento, della gravidanza
e del parto;
c) la tutela della prima infanzia e l’assistenza ai minori;
Sotto lo tendo
A Famolasco, frazione di Bibiana, vive una piccola comunità cattolica formata da appena
sette persone: cinque adulti (di
cui due coppie) e due bambini,
che si sono proposte di vivere
insieme nello spirito dell’Evangelo. Essi mettono in comune
tutto ciò che possiedono, vivono
nella vecchia canonica di Famolasco, da tempo abbandonata,
che essi stessi hanno risistemato. Ognuno di essi ha la sua professione e la sera si ritrovano,
soli o con altri, a leggere e studiare la Bibbia: In occasione della settimana santa hanno organizzato un incontro più vasto a
cui, alcuni di noi della Comunità valdese di Luserna San Giovanni, sono stati invitati.
Il giorno di venerdì santo, sotto una grande tenda appositamente montata, ci siamo riuniti in una quarantina di persone,
per io più giovani provenienti
da diverse parti della provincia
torinese e anche dall’estero. Alla
estremità della tenda era stata
collocata una piccola croce di
legno bianco, circondata da candele e fiori. La riunione esprimeva una atmosfera molto significativa perché rappresentava
pienamente lo spirito di quella
comunità così semplice e nello
stesso tempo così ricca di cose
da dare agli altri.
Il pastore Taccia ha fatto la
meditazione sul capitolo I della
prima lettera ai Corinzi, centrandola soprattutto sul versetto:
« Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo e pazzia ». Su questo tema vi è stata una discussione per gruppi, molto ricca e
viva soprattutto per lo scambio
e il confronto di posizioni e
esperienze diverse.
Dopo il pranzo, gentilmente
offerto dalla comunità (polenta
e sogliole) nel vecchio castello
di Famolasco, siamo ritornati
nella tenda per la relazione dei
vari gruppi, da cui sono emersi
molti problemi nuovi e interessanti. Questa esperienza ecumenica ci è stata molto utile, perché ci ha fatto conoscere questa
piccola, ma attiva comunità, alla ricerca continua di Dio attraverso il Vangelo e, attraverso di
essa, tanti altri giovani che, da
posizioni diverse, si pongono il
problema della fedeltà e della
coerenza evangelica.
La piccola comunità di Famolasco ci è di esempio; pur professandosi cattolici, li sentiamo
però molto vicini a noi per il loro amore per l’Evangelo. Essi si
sforzano di fare qualcosa di concreto e sanno testimoniare la loro fede. Speriamo di poter tornare ancora a Famolasco, nella
tenda che ci ha resi più uniti,
per trascorrere altri momenti
come quelli del venerdì santo di
quest’anno.
Erica Correnti
d) l’educazione sanitaria e
sociale;
e) la formazione del personale che opererà in quei settori.
Dal dibattito ci si è resi conto come i problemi della qualità della vita esigano risposte
nuove; ed è proprio questa novità che spesso disorienta gli
amministratori che hanno l’impressione di non essere abbastanza « tecnici » per sapere cosa dire o cosa fare.
Questo momento difficile deve
essere assolutamente superato;
la documentazione di cosa si sta
già facendo in altre zone è possibile trovarla presso la C. Montana, presso le Commissioni Servizi Sociali, presso i Comuni e
tramite le responsabili delle Unioni Femminili.
È quindi urgente premere sulle Amministrazioni affinché anche loro compiano lo sforzo necessario per mettersi al passo e
non lascino in disparte quegli
strumenti che già possono essere efficacemente utilizzati.
Adriano Longo
VILLASECCA
Ricordiamo due date importanti per la nostra comunità.
Domenica 29 corr. vi sarà l’assemblea di chiesa per discutere
la relazione annuale del Concistoro, eleggere i deputati alla
Conferenza distrettuale e al Sinodo, approvare la richiesta della contribuzione da parte della
Tavola per il 1980.
E domenica 6 maggio alle ore
14,30 vi sarà il Bazar. Siete tutti
pregati di far pervenire le vostre offerte in natura, danaro e
oggetti.
TORRE PELLICE
• Il battesimo è stato impartito domenica 22 scorsa a Nadia
Rostagnol della Ravadera; il Signore le dia di incontrare la fede nel suo cammino di giovane
valdese.
• Esprimiamo la nostra fraterna simpatia alle famiglie della
nostra comunità provate dal lutto per la dipartenza di Gino
Marcante, di Fanny Long ved.
Plavan e Rosina Pizzardi ved.
Pagliai.
• L’incontro delle Unioni Femminili del I Circuito che ha avuto luogo domenica 22 ha raccolto
un gran numero di sorelle da
tutte le chiese della Valle; la
sig.ra Rostagno ha illustrato in
modo ampio e con molte diapositive la situazione delle nostre
chiese in America Latina; una
tazza di thè offerta dalle sorelle
di Torre ha chiuso la giornata.
• L’assemblea di chiesa tenutasi durante il culto ha discusso
l’Ordine del Giorno del Sinodo
sull’interruzione della gravidanza; un gruppo di lavoro aveva
predisposto una relazione introduttiva. Al termine della discussione è stato approvato questo
Ordine del Giorno:
« L’Assemblea della chiesa di
T. P. nella sua seduta del 22/4/
1979, dopo aver dibattuto il problema morale e sociale dell’interruzione della gravidanza sulla traccia di una relazione presentata da un gruppo di lavoro
costituitosi per approfondire il
problema si dichiara d’accordo
con il documento approvato dalla sessione sinodale 1978. Si propone di proseguire la discussione ed un’opera di informazione
a livello di giovani, di- coppie .
(cdh particòlare attenzione ai
problemi della donna) appoggiando in questo campo l’azione
degli organismi pubblici già operanti nella zona.
Auspica che i nostri ospedali
che ne hanno giuridicamente la
possibilità mettano a disposizione le loro strutture per rispondere alle esigenze evidenziate
dalla legge in questione».
• Sabato e domenica avremo
la visita della corale di Montbéliard; chi abbia offerto ospitalità ad uno di questi ospiti è
pregato presentarsi domenica
mattina alle 9,30 al tempio. I nostri ospiti parteciperanno al culto, che sarà in francese, domenica mattina.
• Per ragioni di spazio ci vediamo costretti a rinviare al
prossimo numero alcuni interventi e cronache di chiese.
SOLIDARIETÀ’
Il Collettivo di Angrogna, ha
deciso di farsi promotore di una
colletta di solidarietà in favore
della famiglia Miegge Lorenzo,
dei Marchetti, il cui fienile è andato distrutto da un incendio alcune settimane fa.
Alcuni componenti del Collettivo passeranno nelle famiglie,
che potranno cosi dare direttamente il loro contributo, oppure
farlo pervenire presso la signora
Nelly Monnet (Municipio).
per il Collettivo Angrogna
Jean Louis Sappè
SAN SECONDO
• Domenica 22 è stata battezzata Manuela Rostan, la secondogenita di Walter e Paola Griglio (Centro). Il nostro augurio
alla bimba, ai genitori ed al fratello maggiore.
• Sabato 28 il Gruppo Teatro
Angrogna presenterà nella sala
delle attività il lavoro « Pralafera 1920». Siamo certi che questo lavoro, ormai ben conosciuto anche al di fuori delle Valli,
riscuoterà interesse anche a San
Secondo.
AVVISI ECONOMICI
L’ISTITUTO Gould di Firenze ricerca, dal prossimo settembre, per l’attività di convitto, educatori-educatrici con esperienza e conoscenza
psico-pedagogica per lavoro con ragazzi. Offresi : retribuzione, vittoaUoggio, assicurazioni di legge. Scrivere dettagliatamente indicando anche eventuali precedenti esperienze
di lavoro a: Gould, via Serragli 49,
50124 Firenze. Data la particolare
natura del lavoro e del contesto in
cui esso si svolge, ‘ si propone, alle
persone interessate ed in possesso
dei requisiti richiesti, un periodo di
osservazione presso l’istituto durante
il presente anno scolastico con date
da concordare. Durante tale periodo
si offre : vitto-alloggio e rimborso
spese di viaggio.
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi destinazione, preventivi a richiesta : Sala Giulio, via Belfiore, 83 Nichelino, tei. (011) 62.70.463.
Il 16 aprile a Neuchâtel (Svizzera)
è mancata
Aldina Bastia in Terret
lo annunciano: il marito, le sorelle
Esterina in Bellion e Mariuccia in
Pontet, le cognate, i cognati, i nipoti
ed i parenti tutti.
I funerali sono avvenuti il 18 aprile
a Neuchâtel.
Luserna S. Giovanni, 20 aprile 1979
RINGRAZIAMENTO
« Sì — dice il Signore — io
t’amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà »
(Ger. 31: 3)
II marito Carlo e il piccolo Stefano
della compianta
Milena Grill in Massel
di anni 40
ringraziano di cuore tutte le persone
che con parole di conforto e con scritti hanno preso parte al lóro grande
dolore.
Esprimono ringraziamento particolare al prof. Fasano, ai medici ed infermieri del Reparto neurochirurgico
delle Molinette ed ai Pastori C. Gay,
A. Rutigliano, P. Rìbet, B. Rostagno.
Perrero, 12 aprile 1979________
SERVIZIO MEDICO
Comuni dì ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
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Dal 28 aprile al 4 maggio
Dott. PIERO SCAROGNINA
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Luserna S. Giovanni
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Via della Repubblica, 25 - 91.328
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Torre Pellice ;'Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
8
8
27 aprile 1979
5*^ '
^4
_____________pace, disarmo, sviluppo dei popoli Tragedia e speranza
Costruire l'ngiftì«« dellappartenere a cristo
un nuovo mondo
Nell’aimbìto della mostra intemazionale del
fanciullo presentata al salone esposizioni
di Torino, venerdì 20 aprile, il pastore Tullio Vinay e Reburdo delle Adi, hanno presentato in una conferenza stampa, questo
« progetto comune per la pace » che qui
pubblichiamo. Questo programma, che ha
già ottenuto l’adesione di molte personalità
laiche, evangeliche e cattoliche, prevede
varie manifestazioni pubbliche. Segnaliamo
qui il convegno sul tema « quale energia per
quale futuro » ohe si terrà a Chivasso il 29.4.
Come cittadini impegnati in
un campo culturale, scientifico,
sociale, religioso, riteniamo di
doverci esprimere ed impegnare
di fronte ai drammatici problemi che investono le prospettive
dell’uomo, anche tenendo conto
delle elezioni del parlamento europeo, struttura sovranazionale
che condizionerà inevitabilmente le scelte del nostro paese.
Sono presenti gravi pericoli di
distruzione dell’umanità.
Da una parte si tende a porre
degli argini a questa corsa verso la catastrofe, si lotta contro
l’aumento degli armamenti, contro il dissennato e ingiusto consumo delle limitate risorse naturali che obbliga alla fame cosi
vaste aree del mondo, contro
l’incontrollato uso dell’energia
nucleare, contro i guasti recati
alla natura, nostro ambiente vitàie ; daU’altra parte si alimenta
^'passività e la indifferenza delI^^ggioranza come se il pericjilg^ non esistesse e la società
^óyèéSe naturalmente continuare
li' cammino iniziato, vivendo
^orno per giorno, senza preoccupazioni di quel che incombe
su tutti.
Si verifica cosìj la graduale
perdita della speranza verso un
futuro diverso e la conseguente
mancanza di volontà di reagire
al dissennato accomodamento all’attuale stile di vita. Si cerca il
proprio particolare ed è tutto.
Una parte di giovani poi, vivendo coscientemente o incoscientemente tale atmosfera, cerca rifugio nella droga o affoga
ogni pensiero nell’evasione consumistica. Peggio ancora vi è un
allarmante estendersi del crimine e del terrorismo.
È chiaro che i NO (contro gli
armamenti, la fame, il pericolo
nucleare, ecc. ecc.) hanno il loro pieno significato. Guai se di
fronte alle azioni distruttive non
si reagisse con tutte le forze. In
questo senso tutti i comitati a
ciò finalizzati, anche se si moltiplicano e si sovrappongono,
vanno incoraggiati e sostenuti
con impegno, senza alcuna ombra di spirito settario.
TUTTAVIA NON SI VIVE
SOLO DI NO, MA ANCHE DI
SI’ PIENI DI SPERANZA.
È il momento di volgere lo
sguardo ad una società nuova;
ad ima cultura nuova, ad un
nuovo stile di vita. Anche se molto se ne parla, tutto ciò ha ancora bisogno di essere inventato e richiede uno sforzo creativo
di tutti, una speranza viva fonte
non di sogni, ma di fantasia che
produce azioni di impegno coerente. Pensiamo che sia necessario avviarci finalmente ad una
ricerca seria tanto nella teoria,
quanto, ed ancor più, nell’azione Cile verifica il pensiero e lo
rende limpido liberandolo da
vuote astrazioni e da strumentali condizionamenti.
È nella ricerca collettiva —
nella più vasta unità possibile —
di questa nuova cultura che occorre dare tutto il nostro impegno non in giuochi di Sterile dialettica, ma in uno studio gioioso
ed al tempo stesso serio, come
atto di speranza (sia pur contro
visuali scoraggianti) perché non
è scontato che il traguardo verso cui camminiamo sia la morte, bensì la vita e la vita piena
ed esuberante.
In questa linea di ricerca chiediamo l’unità di tutti gli uomini
di buona volontà che operano,
lavorano, lottano per l’emancipazione e la liberazione dell’uomo. In particolare si sottolinea
la potenzialità che può esprimersi attraverso la convergenza
tra credenti e marxisti il cui
messaggio può rappresentare una
vera bussola al cammino della
umanità.
Ognuno può e deve portare il
suo contributo di pensiero e di
azione in una ricerca vera che
parte da orientamenti diversi,
ma mira ad un solo scopo : « la
vita dell’umanità ».
La ricerca e la conquista di
tale società compete in prima
persona alle masse tutte, con le
loro culture specifiche, contadine ed operaie, ed in modo particolare ai giovani ai quali è affidato il futuro immediato e lontano e con loro a noi tutti, anche agli anziani, i quali hanno
conosciuto le carenze ed i tabù
della società passata, ma anche
i suoi troppo trascurati valori.
È il momento di forzare gli
scienziati perché le loro capacità siano dirette non verso strumenti di morte o verso un mercato di oggetti o merci inutili,
comunque superflui, ma verso
un’economia nuova che sia orientata a provvedere il necessario
a tutti i popoli, fondamento di
una società di partecipazione democratica e giusta. Il volano della civiltà attuale è purtroppo la
sopraffazione ed ancora troppo
spesso la guerra: bisogna che
diventi quello della pace nella
giustizia e di una vita qualitativamente diversa.
OLTRE AI MOLTI NO OCCORRE AFFERMARE UN SOLO GRANDE SI’ ALLA VITA.
Noi chiediamo a tutti di non
chiudersi nel proprio particolare, ma di cercare e costruire insieme un mondo nuovo, coinvolgendo contemporaneamente i
problemi: dell’etica, che oggi ha
falle così, profonde, della distensione, del disarmo, della pace,
del controllo della produzione,
della distribuzione dei beni, della giustizia, della salute, dei trasporti, dell’urbanesimo... per arrivare ad un progetto comune in
cui i bisogni dei poveri e dei deboli siano prioritari e che manifesti un nuovo modello di vita
nel nostro vecchio pianeta.
Questo appello si rivolge alle
forze del lavoro, della cultura,
alle chiese, alle istituzioni affinché attorno a questi temi si realizzi un esteso impegno che si
traduca anche in coerenti scelte operative. Sarà questo il servizio migliore che potremo rendere agli uomini del nostro
tempo.
Per dare concreta coerenza alle nostre affermazioni ci proponiamo a partire dai problemi a
noi più vicini nella nostra regione di sviluppare iniziative capaci di risvegliare nelle coscienze
la sensibilità e l’impegno necessario.
Doni « Eco - Luce »
DONI DI L. 3.000
Bouchard Edvico Bartolomeo,' San
Germano Chisone; Bertalot Alberto,
id.; Gay Virgilio, Prarostino; Avondetto Bruno, id.; Avondetto Maddalena,
id.; Rostagno Luigi, id.; Vittone Maria
Rosa, Luserna S. Giovanni; Fattori
Elena, id.; 'Michelin Salomon Maria, id.;
Favatier Paolo, id.; Boero Rol Giovanni,
id.; Turin Riccardo, id.; Ricca Emilio,
Lusernetta; Bertalot Daniele, Prarostino; De Michelis Marisa, Varese; Rostan Gino, Perosa Argentina; Malan
Marcella, Luserna S. Giovanni; Pogliani Mauro, Pinerolo; Marchisio Roberto, id.; Bounous Giacomo, Perosa Argentina; Rollier Matteo, Torino; Fuhrmann Aldo, Verbania; De Ambrosi Sergio, Milano; Giuliani Rocco, Forano
Sabino; Romano Goffredo, Milano; Gui
di Giovanni, Dovadola; Marmi Santo,
Pellestrina; Giacomelli Elio, S. Giuliano Terme; Giacomelli Tommaso, Roma; Nati Marcello, Orbetello Scalo;
Monge Serafino Maria, Torino; Pons
Irma, Inverso Pinasca; Lami Gemina,
Diano Castello; Mossa Rossi Ines, Torino; Ardemagni Pietro, Milano; Griffo
Margherita, Savona; Weber Arnoulet
Roberto, Milano; Bernini Giovanni, Cigliano; Gay Anita, Perosa Argentina;
Chiavia Andreone Eglantine, Luserna
San Giovanni; Battaglia Emilia, Torre
Pellice.
DONI DI L. 5.000
Anita Pons, Francia; Larucci Bartolomeo, Svizzera; Pecoraro Eugenio,
id.; Pistone Giacomo, Pistoia; Poèt
Henri, Francia; Capieu Raymond, id.;
Canal Felix, Pomaretto; Passera Giampiero, Colleferro; Vinay Aldo, Ivrea;
Monnet Ida, Angrogna.
(segue da pag. 1)
sempre avuto la convinzione che
almeno questi problemi venissero affrontati in quell'assemblea
di credenti che è il « colloquio
pastorale », e che prima o poi
un’eco di queste discussioni sarebbe arrivata anche nelle assemblee dei circuiti, ma non ne
sono più tanto sicura, altrimenti qualche proposta, qualche interrogativo, dovrebbe pur trasparire. È lecito domandare di
sapere pubblicamente, anche per
chi non può andarci, che cosa
avviene esattamente durante gli
incontri pastorali? La stessa cosa che nelle assemblee di circuito? (naturalmente parlo di
quelle alle quali io ho assistito).
Non parlo qui delle assemblee
di chiesa, perché il discorso sarebbe troppo lungo.
E lecito comunque nascondersi dietro frasi un poco ipocrite
tipo « vi è stato un ampio scambio di idee per una ricerca comune nel confronto con l’Evangelo »? È questo un linguaggio
ed un concetto degno di rispecchiare il senso di quella che dovrebbe essere la nostra predicazione? Per tornare al problema
dei catecumeni e della loro confessione di fede: se essi dicessero di credere in questo dio che
ci spinge a fare e leggere e fingere di discutere a cuor leggero questo tipo di relazioni, non
dovremmo considerarli degli idolatri? Se dicessero di volersi inserire in questo tipo di chiesa
perché in essa vedono chiaramente quale « servizio », o meglio « attività » fra quelle esistenti va bene per loro, non dovremmo considerarli irrimediabilmente persi ad un possibile incontro con il Signore? Io credo che
manifestare dubbio e insicurezza sul dio che siamo in grado di
presentare noi, sia da parte dei
catecumeni segno di serietà e
l’unica via possibile perché un
giorno la loro ricerca approdi
ad una certezza.
Non dovremmo cercare di ricomprendere insieme, prima
ognuno di noi dentro di sé (anche i pastori) e poi in comunità,
perché ci sembra questione di
vita o di morte che il nostro Signore diventi anche il Signore
degli altri? (e non solo dei catecumeni).
Ho parlato tanto di pastori un
po’ perché essi sono fra le poche persone rimaste nelle chiese delle valli, assieme a qualche
membro di concistoro e qualche
dozzina di monitrici ed un po’
perché mi pare che il compito
affidato loro dalle chiese sia quello di mettere al servizio di tutti
gli studi specifici che hanno fatto (che non sono solo di teologia) e quindi mi sembra peccato
che troppi facciano i preti (nel
senso che tentano di far sembrare in vita una chiesa già morta).
Voglio inoltre precisare di non
aver scritto queste frasi perché
arrogantemente io mi senta « al
di sopra della mischia », o perché intenda fare delle accuse
personali, ma proprio perché esse sono frutto anche di una lunga e dolorosa autocritica.
Graziella Tron Lami
Marcia per la pace
(segue da pag. 1)
ni da perdere): ha parlato del
fanciullo, della fame nel mondo, ma non ha detto quello che
il Comitato gli aveva chiesto di
dire e cioè non ha rivolto un appello e un rimprovero ai governi per la loro inerzia.
— E quali altre iniziative ha
intrapreso il Comitato?
— Già prima della marcia, in
Senato, il sen. Ajello e io abbiamo chiesto che l’Italia — che
attualmente è all’ultimo posto
dei paesi industrializzati per i
fondi devoluti alla lotta contro
la fame — invece dell’attuale
0,1% del proprio bilancio dia
l’l% come è richiesto dalle Nazioni Unite, più un altro 1% in
via eccezionale per salvare il
salvabile. L’ordine del giorno che
sostenevamo è stato anche accolto dal presidente della Commissione esteri che ha riconosciuto questa necessità. Soltanto, in questo momento non si
può far niente perché il governo
può solo condurre l’ordinaria
amministrazione mentre per
questo ci vorrebbe un’apposita
legge. Ma il principio che da ultimi in questo campo dobbiamo
passare ad essere primi è stato
talmente accolto, che sia il presidente della Commissione che
il ministro ci hanno assicurato
l’appoggio non appena ripresenteremo la cosa col nuovo governo.
— E nei confronti dei partiti?
— Tra le altre iniziative è stata mandata una lettera a tutti i
segretari dei partiti chiedendo
che impegnino i rispettivi partiti a parlare di questo problema nella loro campagna elettorale. È davvero una cosa notevole che tutti i partiti abbiano
dato attenzione a questo problema; salvo, come dicevo, la
DC. La sua stampa non ha parlato né della marcia né di altre
iniziative. È inutile: quello che
non vien da loro non ha alcun
valore...
a cura di F. Giampiccoli
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
Violaj
Afghanistan e nuovo islamismo
E ben noto che, col colpo di
Stato del 27.4.’78, ebbe ad instaurarsi a Kabul (capitale dell’AfghaniS'tan) un governo filo-sovietico.
Tale governo (si legge su « La
Repubblica » del 17.4.’79) « riesce
sempre meno a controllare l’insurrezione islamica che va dilagando in più di metà dell’Afghanistan. Mentre da 15 delle 29 province del paese continuano a
giungere testimonianze sull’ insurrezione islamica contro il "regime ateo e comunista" di Kabul, l’attenzione degli osservatori
occidentali viene richiamata, in
questi giorni, dall’agitazione che
regna in seno alla comunità sovietica dell’Afghanistan.
Diverse decine di consiglieri
sovietici, infatti, sarebbero stati
uccisi dai guerriglieri delle tribù
musulmane in rivolta. Già da
qualche mese gli esponenti delV insurrezione islamica avevano
denunciato la partecipazione di
consiglieri sovietici alle operazioni militari lanciate dal governo centrale di Kabul per stroncare quello ch’è stato definito
(per la vicinanza con l’Iran) il
“piccolo risveglio islamico”. (Queste dichiarazioni, tuttavia, erano
sinora state accolte con un note
vole scetticismo, non essendo
possibile verificare cosa stesse
esattamente succedendo in regiorii assai remote e difficilmente
accessibili.
Ora invece il governo di .Mosca
ha ordinato il rimpatrio delle famiglie dei consiglieri, e le diverse migliaia di sovietici giunti in
Afghanistan dopo il 27.4.’78 hanno lasciato gli appartamenti che
abitavano nella capitale, sistemandosi alla meglio nella cerchia
delle mura dell’ambasciata sovietica.
Anche se il governo sembra
avere il controllo delle maggiori
città viene tuttavia riferito da
diplomatici occidentali accreditati a Kabul, che almeno una sessantina di sovietici sarebbero stati massacrati il mese scorso dagli
insorti della città di Herat, 1600
Km. dalla capitale afgana.
Qui gl’incidenti sarebbero cominciati il 15 marzo scorso, e
solo l’arrivo di truppe e di mezzi
corazzati spediti precipitosamente dal governo centrale avrebbe
posto termine agli scontri cinque giorni dopo. Secondo la testimonianza di alcuni occidentali
presenti, man mano che la rivolta si estendeva, gli ufficiali della
guarnigione di Herat hanno di
sertato e il grosso delle truppe
si è unito ai ribelli.
I pochi soldati rimasti fedeli
al governo sono stati inseguiti
dalla folla per le strade, e massacrati. Sono stati presi di mira
anche i membri del “Khalq” (il
partito al potere) e i consiglieri
russi, sia civili che militari. Due
famiglie sovietiche ( riferiscono
gli stessi testimoni) sono state
massacrate insieme ad un loro
servitore afgano. Che solo i sovietici fossero presi di mira dagli insorti è apparso chiaro quando numerosi altri cittadini non
afgani, fermati e identificati, sono stati lasciati andar via incolumi.
Secondo un’altra testimonianza, il cadavere di un sovietico sarebbe stato esposto nel centro di
Herat come "avvertimento" alle
autorità centrali. Il governo di
Kabul nega l’esistenza di una ribellione interna, addossando la
responsabilità di questi incidenti
a "provocatori” spediti dal vicino Iran ».
Ci si potrà chiedere come mai
il governo centrale non sia riuscito, nell’anno trascorso, a tener
sotto sorveglianza le frontiere
dell’Afghanistan, in modo da impedire l’infiltrazione di cui qui
sopra si parla. La risposta è semplice: tali frontiere comprendono tratti di molte centinaia di
Km. che corrono in pieno deserto, tratti dunque lungo i quali è
impossibile impedire l’ingresso
di singoli propagandisti provenienti dairiran. Questi finiscono
poi, alla spicciolata e col passare
dei mesi, per arrivare alle città
(molte delle quali sono poi isolate, al punto di essere praticamente impossibile presidiarle) e
per moltiplicare ivi il numero
dei ribelli.
Se le cose continueranno così,
l’URSS non solo finirà, presto o
tardi, per perdere la sua supremazia sull’Afghanistan, ma dovrà
cominciare a provvedere ai casi
propri, e cioè a difendere le proprie frontiere dai pericoli dell’infiltrazione. Stranamente, a questo proposito, la situazione attuale dell’URSS ricorda quella
dell’Impero Romano che, a un
certo punto della sua storia, lungi dal cercar di occupare altre
regioni limitrofe, dovette fare
sforzi spesso inutili (malgrado
l’immensa potenza, militare ed
economica, di cui Tlmpero disponeva), per difendersi dalle infiltrazioni da parte degli abitanti
di quelle regioni.