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evangelica in rete
E CHIESE E
Spedizione in a. p. 45% - art 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiale di Torino
In caso di mancato recapito restituire al mittente presso l'Ufficio PT Torino CMP Nord
Anno Vili - numero 29-21 luglio 2000
Lire 2000 - Euro 1,03
NOTIZIARIO FDE
gli attri e se stesii
GIUDICI
ISINODOHHBHHI ■■■■■¡EDITORIAL
Candidati al pastorato e diaconato La montagna è crollata
di M. ABBÀ, S. MERCURIO e P. REGGIANI
di LUCIANO DEODATO
■■■
lECO DELLE VALLH
Le chiese e le Olimpiadi
di DAVIDE ROSSO
BIBBIA E ATTUALITÀ I
DOV È CRISTO?
«Se qualcuno vi dice: “Il Cristo è
qui”, oppure: “È là”, non lo credete. Se
30 luglio: gli stati europei devono esprimersi su una direttiva che fa discutere
Il vivente si può brevettare?
vi dicono: “Eccolo, è nel deserto”, non
vi andate, “Eccolo è nelle stanze interne”, non lo credete»
Matteo 24, 23. 26
Nel suo volume «Abramo contro Ulisse» (Claudiana, 1984),
Filippo Gentiioni riporta un.a parabola di A. Flew: «Una volta due
esploratori giunsero in una radura
nella giungla. (...) Uno degli esploratori dice: “Ci deve essere un giardiniere che ha cura di questa radura”.
L’altro dissente; “Non c’è nessun
giardiniere”. Allora alzano le tende e
organizzano turni di sorveglianza.
Non si vede mai nessun giardiniere.
“Ma forse si tratta di un giardiniere
invisibile”. Drizzano allora un recinto di filo spinato, vi fanno passare la
corrente elettrica, perlustrano il recinto con i segugi. Ma nessuno grida
mai per avere ricevuto la scarica elettrica. Nessun movimento del reticolato rivela qualcuno che tenie di oltrepassarlo. I segugi non abbaiano
mai. Eppure il credente non è ancora
convinto. “C'è un giardiniere invisibile, impalpabile, insensibile alle scariche elettriche, un giardiniere che
non ha odore e non fa rumore, un
giardiniere che viene di nascosto per
aver cura del giardino che ama”. Lo
scettico alla fine dispera; “Ma che
cosa rimane della tua as.serzione ori
ginaria? Vuoi dirmi in che cosa il tuo
giardiniere invisibile, impalpabile,
eternamente .sfuggente differisce da
un giardiniere immaginario o anche
da un giardiniere inesistente?”»
DOVÈ Dio? Dove qualcosa o
qualcuno che possa dar senso
alla nostra vita, giustificare resistenza del creato, rispondere alle domande ultime che ognuno si pone? La
Scrittura afferma che Dio si è manifestato pienamente in Cristo, e Gesù
diceva: «Chi ha visto me, ha visto il
Padre». Incontrare il Cristo significa
dunque conoscere Dio. E allora spostiamo la domanda: Gesù, il Cristo
dov’è? Oggi non si nega più la stori
cità di Gesù, il racconto degli evan
gelisti regge alla critica degli storici,
la testimonianza delle sue parole e
azioni, fostilità contro di lui e la sua
drammatica morte rendono la sua
vicenda umana credibilissima. Ma il
resto: il Risorto, il Signore, Colui che
deve tornare, dov’è? Dov’è colui che
ha in mano la storia dell’umanità?
UN Cristo sarebbe il benvenuto!
Per questo molti salvatori si sono proposti nei secoli, molti falsi cristi. Gesù lo aveva previsto: molti, in
nome della filosofia e della religione,
della scienza e della ricchezza, dell’arte e della forza proporranno la
soluzione dei vostri dubbi esistenzia
li, diranno di aver la risposta alle vo
sire domande, alla vostra sete di pace
e benessere, di equità e amore, di vi
ta. Non credete in loro, non lasciate
vi ingannare da segni e prodigi. Il
Cristo, il senso dell’esistenza, la Vita
non è nelle «stanze interne», nel palazzo (nei palazzi), dove risiede il potere (i poteri), ma non è neppure nel
«deserto», lontano dai luoghi di co
niando, dove nasce la riflessione, si
intessono l.e rivoluzioni, si affinano
gli strumenti per far sorgere una so
cietà nuova, diversa, giusta. Dov’è al
lora il Cristo? Ne parleremo la prossima settimana
Emmanuele Paschetto
Dopo 25 anni di vicende istituzionali la società civile, e al suo internó le chiese
europee, chiede di non approvare ancora un provvedimento dai risvolti inquietanti
ANNA ROUIER
IL 30 luglio 2000 scade il termine
per il recepimento nelle legislazioni dei paesi membri dell’Unione europea della Direttiva del Parlamento europeo 98144/CE relativa alla
«protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche». Questa direttiva, che stabilisce che la materia
biologica (geni, cellule, tessuti, organi), isolata dal suo contesto naturale, possa essere considerata una
invenzione e come tale sia brevettabile, fornisce la base legale alla brevettazione del vivente, vegetale,
animale o umano. Per ciò che riguarda la materia biologica di origine umana, l’articolo 5 della direttiva
sancisce che «un elemento isolato
dal corpo umano o altrimenti pro
dotto mediante un procedimento
tecnico, compresa la sequenza di
un gene, può costituire un’invenzione brevettabile, anche se la struttura di questo elemento è identica a
quella di un elemento naturale».
Le vicende istituzionali che hanno
condotto all’adozione (nel maggio
’98) da parte dell’Ue della direttiva
attualmente in vigore si svolgono
nell’arco di 25 anni e sono riassumibili in poche date: nel 1973 viene
adottata la Convenzione europea sul
brevetto che sancisce la brevettabilità delle sole invenzioni che presentano degli aspetti radicalmente innovativi e precedentemente ignorati
rispetto allo stato dello sviluppo delle tecniche correnti; nel 1995 il Parlamento europeo boccia la proposta
di direttiva sulla brevettabilità della
materia vivente e delle sequenze geniche, proposta che, con qualche
emendamento e con la «spinta» di
pesanti pressioni da parte delle multinazionali farmaceutiche e biotecnologiche, dopo due anni viene però
adottata e ratificata dal Consiglio dei
ministri (con il voto contrario della
Danimarca e l’astensione di Italia e
Belgio). In seguito alla sua approvazione definitiva nel 1998, la direttiva
viene impugnata dall’Olanda, dall’Italia e dalla Norvegia e la Corte europea di giustizia dovrebbe decidere
se accogliere il ricorso di queste tre
nazioni entro breve tempo.
Come era già successo in occasione delle precedenti scadenze istituzionali, nei mesi che hanno precedu
Segue a pag. 15
i Ex primate anglicano
Morto a Londra
Robert Runde
L’il luglio, all’età di 78 anni, è
morto a causa di un tumore Robert
Runcie: fu il 102° arcivescovo di
Canterbury dal 1980 al 1991, durante il periodo del governo di Margaret
Thatcher. 1 due avevano poco in comune: quando nel 1985 la Commissione Runcie sulle zone urbane prioritarie pubblicò il famoso rapporto
«Faith in thè City» (La fede nella
città), il governo lo tacciò di «marxista» perché aveva osato criticare una
politica che aveva costretto milioni
di persone alla disoccupazione. Ma
il più grande «peccato» di Runcie fu
di rovinare la festa organizzata per
celebrare la fine della guerra delle
Malvine del 1982: Runcie ottenne di
celebrare un servizio in memoria di
tutti coloro che erano morti nel conflitto, da ambo le parti. (erti)
-■ %' Nuove schiavitù
La tratta di
esseri umani
Tratta di merce umana; parole che
pensavamo archiviate si ripropongono oggi nel nostro paese come univoci termini per riferirsi a un fenomeno
le cui dimensioni e dinamiche minacciano la vita di migliaia di persone, soprattutto donne e bambini. Lo
rivela con disarmante chiarezza il
rapporto «L’Italia nel sistema internazionale del traffico di persone»,
preparato su incarico della Commissione per le politiche di integrazione
degli immigrati, istituita presso il Dipartimento per gli Affari sociali. Sia il
favoreggiamento di immigrazione
clandestina sia il traffico finalizzato
allo sfruttamento successivo delle
persone trafficate configurano una
vera e propria nuova schiavitù.
Valli valdesi
Fondi europei
per il Piemonte
AIUTATE
L'ERITREA
Marta D'Auria a pag. 6
I prossimi fondi europei, di cui si
gioverà anche la Regione Piemonte
saranno destinati a interventi nei settori ambientale, forestale e agricolo
C’è perplessità tuttavia sui criteri di
attribuzione di questi fondi poiché, a
fronte di un’area di 800.000 abitanti
possibili destinatari degli interventi,
fondi potranno essere erogati solo
per un bacino pari a 300.000 persone;
si stabilisce dunque una concorrenzialità interna alla Regione stesa, che
renderà necessarie delle alleanze lo
cali, per esempio fra le singole Comunità montane. Infrastrutture, pascoli alpini, sviluppo di attività eco
nomiche e dotazione di strumenti
informativi dovrebbero essere i settori a cui verranno destinati i fondi.
Apag. Il
Siamo consapevoli e riconoscenti
del flusso imponente di aiuti che vengono inviati nel Corno d’Africa, per
via aerea e per mare, in soccorso della
gente che rischia di morire a causa
della perdurante siccità. Ma che dire
della situazione crudele causata dall’invasione di un paese la cui gente è
in grado ed è solita provvedere a se
stessa e ad altri? È ciò che accade in
Eritrea a centinaia di migliaia di donne e uomini, di bambini e adulti, cacciati dalle proprie case e profughi nel
proprio paese, o in Sudan, nello Yemen, o ancora a Gibuti. Queste persone hanno dovuto abbandonare quello
che avevano a Tessenei, Barentù, a
Agordat, a Senafé, a Adi Quala e in altre località. Hanno camminato a lungo; i più fortunati hanno caricato
qualche cosa sugli asini o sui cammelli. Quelli che hanno attraversato il
Mar Rosso lo hanno fatto su piccoli
pescherecci che avrebbero dovuto da
tempo essere in rottamazione.
Non voglio entrare nei dettagli del
recente conflitto fra Etiopia ed Eritrea.
Per molti di noi che hanno il cuore e le
comunità di fede in ambedue i paesi,
questo conflitto è terribilmente doloroso. Tuttavia una cosa mi sembra sicura:
la comunità internazionale ha riconosciuto che la maggior parte dei profughi eritrei non proviene dai territori
contesi sul confine. Se la maggior parte
di questa gente potesse tornare ai suoi
villaggi prima che cominci la stagione
delle piogge, sarebbe in grado di garantire almeno una parte del raccolto annuale. E invece c’è il rischio che la tattica dilatoria dell’esercito invasore vanifichi questa speranza, ritardando il ritiro dai territori eritrei occupati.
Ciò non può sfuggire alle autorità
etiopiche, che solo alcuni mesi fa gridavano ai quattro venti la catastrofe
degli etiopi affamati e frustavano le
nazioni ricche per la loro indifferenza.
Non vuole dire nulla che ora altri siano stati cacciati dalle loro terre, dove
avevano bestiame, campi e possibilità
di lavoro? Può il mondo, soprattutto le
chiese, tacere di fronte a questa catastrofe incombente?
In un articolo da Debaròa (Eritrea),
il primo giugno, un giornalista della
Reuter scriveva: «Ciò che è più preoccupante è che molti degli eritrei cacciati dalle loro terre provengano dalle
zone più fertili del paese, che di solito
producono granaglie in quantità tale
da coprire il fabbisogno anche del territori semidesertici del Nord del paese». Aggiunge Linsey Davies, del programma dell’Onu per l’alimentazione:
«Molto del miglior terreno agricolo
dell’Eritrea è occupato dalle truppe
etiopiche; il tempo della semina è
adesso e i contadini dovrebbero già essere al lavoro nei campi». Paesi che nel
passato hanno lasciato, nel bene e nel
male, profonde tracce nelle vite degli
eritrei, non dovrebbero avvertire, come storica eredità, l’obbligo morale di
intervenire ora che l’Eritrea si trova in
questa situazione angosciosa? Lo chiedo insieme a molti altri, lo chiedo soprattutto alle chiese: venite in aiuto
all’Eritrea, è urgente.
Ezra Ghebremedhen
(pastore di origine eritrea, nato e cresciuto in Etiopia, attualmente professore
all’Università di Uppsala, Svezia. Questo
articolo è apparso sul n. 27 del 29 giugno
2000 di «Budbararen» settimanale della
Missione evangelica svedese Efs con la
quale la Chiesa valdese ha collaborato in
Eritrea per 65 anni, dal 1889 al ¡954).
Traduzione di Bruno Tron
2
PAC. 2 RIFORMA
All’A;
Della Pai
VENERDÌ 21
luglio 2(KK)
VENEI
«Beatigli
ajflitti, perché
saranno
consolati»
(Matteo 5,4)
«'Poi vidi un
nuovo cielo e
una nuova
terra, poiché il
primo cielo e la
prima terra
erano
scomparsi,
e il mare
non c'era più.
vidi la santa
città, la nuova
Gerusalemme,
scender giù dal
cielo da presso
Dio, pronta
come una sposa
adorna per il
suo sposo.
''Udii una gran
voce dal trono,
che diceva: Ecco
il tabernacolo di
Dio con gli
uòmini! Egli
abiterà con loro,
essi saranno
suoi popoli e Dio
stesso sarà con
loro e sarà il
loro Dio.
"'Egli asciugherà
ogni lacrima dai
loro occhi e non
ci sarà più la
morte, né
cordoglio, né
grido, né dolore,
perché le cose di
prima sono
passate.
^E colui che siede
sul trono disse:
Ecco, io faccio
nuove tutte le
cose. Poi mi
disse: Scrivi,
perché queste
parole sono
fedeli e veritiere,
e aggiunse:
^ Ogni cosa è
compiuta.
10 sono l'alfa
e l'omega,
11 principio
e la fine. A chi
ha sete io darò
gratuitamente
della fonte
dell'acqua
della vita»
(Apocalisse 21,1-6)
«BEATI GLI AFFLITTI...»
Per Gesù lo «consolazione» si colloco nell'annnnissione dello debolezza umano
dello dipendenza, del bisogno di trovare qualcosa fuori di noi, nello Spirito Santo
GREGORIO PLESCAN
PER capire questa beatitudine dobbiamo fare una premessa: nell’antichità il pianto
era più un’azione pubbUca che
privata.
Pianto e afflizione
nell'antichità
I personaggi descritti nella letteratura biblica non sono molto dettagliati per quanto riguarda la psicologia e raramente abbiamo la possibilità di conoscere
i loro sentimenti o di sapere
quanto questi fossero considerati importanti (per esempio la parola «amore» appare nella Bibbia
110 volte, ma 97 volte è riferita a
Dio e solo 13 volte è usata in senso profano, 5 delle quali nel Cantico dei Cantici). D’altro canto i
sentimenti sono spesso descritti
dagli antichi attraverso degli stereotipi («eroismo», «coraggio»,
«fedeltà») che non corrispondono sempre ai nostri. Ad esempio
sappiamo che parole come «lutto» o «dolore» non hanno avuto
lo stesso significato nei millenni,
sia per il variare estremo della
vita (in Israele a 12 anni un maschio era maggiorenne e la vita
media si aggirava sui 30-35 anni...), sia per la diversità di comprensione della morte. In sostanza per gli antichi (quantomeno pagani) questa era molto
più strettamente collegata alla
ciclicità dell’esistenza di quanto
lo sia oggi.
Sappiamo anche che nel passato esisteva un’«industria del
lutto»: il mantenimento di confraternite che si occupavano
della manutenzione delle tombe o di culti di suffragio ne era
no parte integrante. Per esempio in Egitto la «vita eterna» era
garantita da cerimonie che ricordavano il defunto. Una parte
importante di tutto ciò era il
«pianto rituale». «Voi siete figli
per il Signore vostro Dio; non vi
fate incisioni addosso e non vi
radete tra gli occhi per un morto, poiché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Il Signore ti ha scelto, perché tu sia
il suo popolo prediletto fra tutti
i popoli che sono sulla faccia
della terra...» (Deuteronomio
14, 1-2): la Bibbia ci offre alcuni
esempi di questo atteggiamento
luttuoso, mentre tenta di limitarlo per evitare che assuma un
significato magico. Ma, nonostante ciò, le «piagnone» erano
componenti frequenti del panorama di Gesù, se per parlare del
rapporto con lui e con Giovanni
Battista usa questa breve parabola: «Ma a chi paragonerò questa generazione? E simile ai
bambini seduti nelle piazze che
gridano ai loro compagni e dicono: “Vi abbiamo sonato il flauto
e non avete ballato; abbiamo
cantato dei lamenti e non avete
pianto’’» (Matteo 11,16-17).
La lingua del Nuovo Testamento esprimere il dolore usando spesso parole come «piangere» e «compiangere». In questa
beatitudine Gesù afferma; che
sono «felici» coloro che piangono per qualcosa e qualcuno, per
«consapevolezza di qualcosa».
La consolazione: evento
privato 0 pubblico?
IL termine che Gesù usa per
dire «consolare» è parakaleo:
consolare, incoraggiare, aiutare,
confortare. Una parola che ha
un significato così vasto indica
nel tempo e nelle diverse sensibilità differenti tipi di «consolazione»: da quella umana a quella
che compie Dio per Israele
(Isaia 40, 1: «consolate, consolate il mio popolo...»). Ma come
per il termine «piangere» è una
parola che ha anche significato
collettivo.
Gli antichi identificavano la
«consolazione» con un modo di
pensare e di comportarsi «virtuoso»: dalla morte di Socrate
(che viene ucciso con la cicuta a
causa della sua virtù) a quella di
Boezio (romano cristiano che
cerca di fondere latinità e cristianesimo per i barbari di Teodorico, senza riuscirci, e scrive
in carcere la Consolazione della
Preghiamo
Quando i nazisti sono venuti a prelevare
i comunisti, non ho detto niente,
non ero comunista.
Quando sono venuti a prelevare i sindacalisti
non ho detto niente,
non ero sindacalista.
Quando sono venuti a prelevare gli ebrei
non ho detto niente,
non ero ebreo.
Quando sono venuti a prelevare i cattolici
non ho detto niente,
non ero cattolico.
Poi sono venuti a prelevare me,
ma non rimaneva più nessuno
per dire qualche cosa.
Martin Niemòller -1942
filosofia) la «consolazione» è un
modo di leggere il mondo, mantenendosi «impermeabili» a ciò
che ci accade intorno. La consolazione degli antichi consiste
nell’adeguarsi a modelli di comportamento «virtuoso» della
propria società e classe. Generalmente la «consolazione» va di
pari passo con la consapevolezza di essere superiori: il «consolato» è il filosofo, colui che ha
trovato la maniera di placare
l’ansia per quello che avviene.
In parte questo modo di pensare è penetrato anche nel cristianesimo; ascesi, eremiti, monacheSimo e celibato dei preti
hanno questa origine, e fa pensare che l’ideale della vita sia di affrontare l’esistenza sulla base di
una consolazione che permette
di mantenere la distanza dalle
bassezze del mondo. L’Antico
Testamento mette in discussione
questo abbinamento «consolazione-virtù». Opere come Giobbe, Ecclesiaste, alcuni salmi e alcuni proverbi mettono in discussione un rapporto di causa-effetto tra virtù e consolazione. Giobbe è virtuoso ma sconsolato;
TEcclesiaste si rende conto che
molto di quello che definiamo
«consolazione» può essere anche
chiamato «vanità», senza essere
cinici quanto disincantati.
Gesù, nella sua riflessione,
propone un’interpretazione ancora più radicale di questa diversa sensibilità. Prima di approfondire la frase di Gesù che
affianca le immagini di «felicitàpianto-consolazione» dedichiamo un attimo all’ascolto delle
immagini che vengono evocate;
parakaleo (consolare) rimanda a
paracleto (consolatore), allo Spirito Santo. Una prima constatazione, dunque, è che per Gesù la
«consolazione» è esattamente il
contrario di quella che intendevano i suoi contemporanei e i
saggi dell’epoca. Se per loro
questa consisteva nella capacità
di trovare in se stessi e nella filosofia la ragione del mondo, per
Gesù essa si colloca nell’ammissione della debolezza, della dipendenza, del bisogno di trovare qualcosa fuori di noi nello
Spirito Santo.
Anche questa beatitudine va
nella medesima direzione, di ribaltamento dei valori abituali,
perché può essere parafrasato
così: felice chi piange per gli altri,
perché è attraverso ciò che troverà una spiegazione alla vita.
Ribaltamento
dei valori abituali
Questa affermazione delle
beatitudini è coerente con
la visione globale di Gesù del legame tra condizione umana e
preoccupazione per il prossimo. Questo approccio ha naturalmente origini veterotestamentarie e, come tutte le grandi
visioni teologiche di Gesù, non
può essere nettamente separato
dallo stesso. «Coloro che seminano con le lacrime, mieteranno con canti di gioia...» (Salmo
126, 5): ecco la chiave della beatitudine.
In questo salmo il vocabolario e le immagini usate precedono la beatitudine e la spiegano: perché semina e raccolto
sono eventi solo apparentemente privati (in realtà il salmo
usa una parabola per parlare
della reazione all’esilio babilonese e al ritorno in Palestina)
che presentano le medesime dinamiche. Quindi in questa beatitudine Gesù presenta, usando
un linguaggio noto ai suoi ascoltatori, sia nelle sfumature
delle parole, sia nelle immagini
che queste evocano, una delle
idee chiave delTEvangelo: «La
felicità è nella condivisione dei
drammi del prossimo».
Questa felicità della condivisione inizia oggi e si proietta nel
futuro. È importante mantenere aperto questo spiraglio verso
il futuro «oltre la vita», per mantenere il respiro globale della
parola di Gesù. Non tutti i pianti solidali sono completamente
sinceri, né tutte le lacrime possono essere asciugate oggi: questa è la realtà che conosciamo e
la verità che vediamo nella vicenda umana di Gesù. Ma la
sua indicazione per la felicità ci
invita anche (non solo) a guardare oltre: aH’Apocalisse nel
suo significato originario di rivelazione di Dio. Che sarà rivelazione di compassione, convivenza definitiva con il consolatore-Spirito Santo.
La felicità come presa di coscienza della sofferenza inizia
oggi, aprendo gli occhi al mondo, si confronta con il limite
(non possiamo risolvere tutto, e
spesso neppure lo vogliamo) e si
compie definitivamente nel Regno, dove il pianto non avrà più
ragion d’essere.
(seconda di una serie
di otto meditazioni)
Note
omiletiche
Questa beatitudine s
pre prospettive quasi ¡||;
mitate per una predica
zione. Ci limitiamo a unt
spunto: la felicità è rico
noscere la sofferenza
condividerla. «C'è pers/oj
chi riesce a inventarsi
amore infinito per le nj
ne lontane di chi sta sof
frendo, le sue braccia so
no troppo corte per sfio.
rare un amico ma abbi,
stanza lunghe per abbracciare il mondo...»,
cuni anni fa il cantautore
Giorgio Gaber, nella canzone L'alibi, presentava
quello che è un modo di
pensare a un dio. È vero
dire «dio» in maniera
astratta può portarea
questo, anzi, spesso è stato proprio così.
Le società riscoprono
ciclicamente la «consolazione» data dalla capacità di essere superiori alle sofferenze altrui. Ciò
avviene nel mondo degli
affari ma anche nel lin
guaggio comune: quante
volte la contrapposizione
tra «vincenti» e «perdenti» viene presentata come
l'unico valore positivo? il
mondo della religione
non è da meno: non d sarebbe da stupirsi se si scoprisse che la ragione ultima della scoperta nostrana delle religioni orientali
o del «new age» non è altro che una lettura religiosa di questo modo di
pensare. Gesù, affermando beati gli afflitti, mette
invece in discussione, radicalmente, questo modo
di pensare: il coinvolgimento è un valore positivo, da incentivare e da
contrapporre polemicamente a chi pensa che essere «religiosi» significhi
astrarsi. Lo ha fatto nella
sua vita e ci invita a farlo.
Senza aver paura di usare
parole e categorie culturali del suo tempo (le
«piagnone»). Ma anche
senza invitarci a pensare
a noi stessi come onnipotenti. Noi possiamo dare
il nostro contributo alla
consolazione del mondo,
e da questo traiamo anche la nostra propria consolazione. Ma non dobbiamo dimenticare che!
verbo è al futuro: il pwcorso inizia oggi ma non
finisce qui, si slancia verso
l'Apocalisse.
Non dobbiamo né metterci a sorridere, né scrollare le spalle nei confronti di questo riferimento a
un aldilà fuori dalla nostra portata: esso none
infatti cedimento all'irrazionale o ricerca affannosa di un miracolo come
ultimo salvagente delle
fede. È esattamente il
contrario: l'impegno senza regno di Dio che verrà
sarebbe solo trionfo della
frustrazione umana, oal
massimo sforzo destinato
fin dal principio a fallir®:
come di chi intraprende
un cammino sapendo gì®
che non porterà da nesso;
na parte. Ma non è cosi
nella visione di Dio che ri
viene rivelata dalla Bibbia: credere nella consolazione definitiva nasce
dal guardare e condividere la sofferenza presente
Per
approfondire
evi
ut
tratto
ti scr
(«Ler,
noma
punta
Semir
se bai
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Serafi
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bit.
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Per una panoramici
sulle «arti e mestieri» d®
passato vedi S. Moscati;
Vita di ieri, vita di og9^
Milano, Mondadori,
Interessante è anche, d'
E. De Martino, Morte®
pianto rituale, 1975, Jon
no. Bollati Boringhiect
Per una carrellata sull
comprensione della mo
te e del lutto, vedi il mi
Inferno, Purgatorio, F^ra
diso, Claudiana,
2000. Anche per quest®
beatitudine è utile tiioo
si al già citato II serivoo
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Miegge, Torino, Claudia
na, 1970.
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Le vicende di un colportore piemontese nel regno di Sardegna a metà dell'800
Le memorie del nonno
Duronte una fiera a Lanzo, un paese vicino a Torino, un banchetto di Bibbie e opuscoli
evangelici diventa occasione di incontro e testimonianza, finché giungono due carabinieri...
SI«
jl brano che presentiamo è
tratto da un volumetto di racconti scritto da Serafino Beruatto
(«Le memorie del nonno», 3« ed.
Roma, 1907). Il libretto apparve a
»untate, per la prima volta su «Il
^minatore», periodico delle chie(P battiste di origine americana
edito a Roma dal 1875 al 1882. Il
colportore Carlo, di cui si parla,
era Lorenzo Beruatto, padre di
Serafino.
«Era un giorno di fiera per
Lanzo, il 12 settembre 185...
ed una moltitudine immensa
si riversava sulla piazza maggiore del paese.
Eran contadini di dieci,
venti, ed anche trenta miglia
distanti che vi venivano a
vendere e a comprare, secondo le circostanze ed i bisogni
loro. Eran negozianti d’ogni
genere che avevano posto in
negozi ambulanti le loro
mercerie in vendita. Eran
borghesi e villeggianti dei
paesi vicini e di Torino stesso, poiché Lanzo dista poche
miglia da questa città, che
v’erano venuti attratti da
quelle mille seduzioni che
sempre offre una fiera.
Prima di entrare nel paese
vedevi il mercato boario collo
stuolo immenso di animali
bovini, equini, caprini, suini e
via dicendo. Qui, proprio in
mezzo alla piazza, trovasi una
giostra ove centinaia di bambini attendevano, montati su
Elefanti, su Leoni, su Sirene, il
momento di girare al suon
d’organetto. Là era un vociare
disordinato e curioso di giornali, libri, giocattoli, frutta,
erbaggi con certe cantilene da
sbellicare dalle risa. Più in giù
un giocator di bussolotti faceva uscir da una chioccia di
stracci dozzine di ova; ed una
sonnambula, molto chiaroveggente, indovinava il numero di reggimento cui appartenevano alcuni militari in
permesso. Una giornata stupenda sorrideva su quell’andare e venire di persone, su
quel chiasso indiavolato, e
pareva invitarti a prendervi
parte in qualche maniera.
Sotto i portici della piazza e
precisamente rimpetto al farmacista, un uomo dal simpatico aspetto e dalla barba intera e brizzolata stava accomodando su un tavolo preso
a nolo dal caffè vicino, dei libri. Noi conosciamo quel1 l’uomo. È Carlo, il marito delI la Ghita. Egli ha dato addio
alla sua professione e si è dedicato con tutto il cuore
all’opera del colportore. Egli
sente che i suoi compaesani
hanno bisogno di conoscere
la Bibbia, da tanti anni proibita, eppur la sola che possa
renderli buoni e felici, epperò
salutata la moglie ed i figli, ha
voluto fare un giro per il Piemonte a seminarvi la parola
del Signore.
- La Sacra Bibbia - VAmico
di Casa, dice Carlo, stendendo i libri sul banco. Diverse
persone si erano fermate e
eh’ sfogliava un libro, chi ne
gu rdava un altro.
- È la Bibbia, Signori (continuava Carlo), proibita dai
preti, ma comandata da Dio.
È la parola di vita eterna!».
In quella passa un Signorino elegantemente vestito e di
fresco uscito dal seminario;
sbircia i libri e si ferma. Per
un moto istintivo tutti i presenti gli lascian posto ed egli
s’awicina al tavolo, vi prende una Bibbia, ne guarda il
frontispizio e gettandola,
quasi fosse fuoco; «Questa è
falsa - esclama - È la Bibbia
del Diodati!
- Del Diodati, precisamente, ma non falsa.
- E come no, se il Diodati
fu un eretico?
- Eretico quanto vuole, ma
non falsario. Eccole qui la
Bibbia del Martini, arcivescovo di Firenze (Carlo ne avea
sempre una edizione per suo
uso e consumo), ed io la sfido
a trovarvi differenze che il
Martini stesso non riconosca
erronee».
Il Signorino si fa di brace, e
l’uditorio, aumentato, ascolta
con un interesse sempre crescente.
- «Guardi Signore - continua Carlo - eccole il Capitolo
XX dell’Esodo, prenda lei la
Bibbia del Martini, io leggerò
in questa del Diodati e vedrà
che non v’è differenza alcuna
nel senso».
Il Signorino, attorniato dalla folla, non può, senza tema
di scomparire, abbandonare
Vagone, prende con visibile
imbarazzo la Bibbia in mano,
mentre Carlo ad alta voce
legge:
- «Allora il Signore Iddio
pronunziò tutte queste parole dicendo;..:».
- Sono i dieci comandamenti della legge di Dio, questi che leggo - dice a mo’ di
parentesi Carlo, e prosegue;
«Io sono il Signore Iddio tuo
che ti ho tratto dal paese
d’Egitto, dalla Casa di schiavitù. Non avere altri Dii nel
mio cospetto. Non farti immagine alcuna, né scoltura
alcuna di cosa che sia in cielo
di sopra, né di cosa....»
- «Basta, basta così; - prorompe il giovane seminarista
- voi vorreste ingannare questa buona gente, dando loro
a credere che le due Bibbie
sono eguali, ma questa del
idire
la strada che porta al municipio al limitare della città vecchia
Diodati è una Bibbia protestante, una Bibbia stampata
a Londra, una Bibbia scomunicata che si vende a buon
prezzo per protestantizzare il
popolo!».
E sì dicendo si era aperta
coi gomiti un’uscita e se l’era
prestamente svignata.
La moltitudine restò in asso, guardando chi il Signorino che fuggiva, chi il nostro
colportore che con un sorriso
di compassione sulle labbra
porgeva ad un artigiano il libro abbandonato dal seminarista dicendogli dolcemente: «Favorisca lei di leggere in
luogo del reverendo».
E colui a cui era fatto l’invito leggeva nella Bibbia del
Martini: «Non avere altri Dii
nel mio cospetto. Non farti
immagine alcuna, né scoltura
di cosa che sia in Cielo...».
- Questo, Signori, che è stato letto - prese a dire Carlo - è
il secondo comandamento
della legge di Dio della Bibbia
di Mons. Martini, arcivescovo
di Firenze. Come vedono non
v’ha alcuna differenza tra lui
ed il preteso eretico Diodati;
ma sanno lor Signori perché
quel Signore se n’è andato?
Perché questo comandamento proibisce di farsi statue ed
immagini, proibisce di adorarle e di servirle siccome comandano i preti.
Un ah! di meraviglia uscì
dai petti degli ascoltanti.
- E questo comandamento
- continuò Carlo - è nella
Bibbia dell’Arcivescovo Martini, ma non è nel catechismo
delta Chiesa di Roma. Difatti
il secondo comandamento
che ci hanno insegnato i preti
dice: «Non nominare il nome
di Dio invano», precisamente
come qui sta scritto nel terzo.
La meraviglia qui si cambiò
in curiosità e parecchi dei
presenti vollero prendere in
mano la Bibbia e confrontare
il fatto.
Carlo proseguiva intanto:
«E sanno lor Signori, come
han fatto i preti a far dieci comandamenti togliendo il secondo?».
- Come, come? - chiesero
parecchie voci.
- Del decimo facendone
due.
Quand’ecco avvicinarsi al
banco di Carlo un prete ed
un bambino, il prete vestito
di abiti ufficiali, camus, stola,
ecc., Vasperges in una mano,
il breviario nell’altra; il bambino con un secchiolino d’acqua santa.
Giunto a tre passi dal banco il prete tuffa nel secchiolino l'asperges e spruzzando
Carlo ed i libri comincia:
«Ego te exorcizo in nomine
Patris, Fila et Spiritus...».
- È inutile, reverendo, non
s’incomodi più oltre - dice
Carlo asciugandosi col fazzoletto le gocce d’acqua cadutegli in viso. - «Io maledirò le
vostre benedizioni, dice il Signore».
In quella ecco udirsi un frastuono immenso, un suonar
di campane a stormo e tutti,
chi temendo un incendio, chi
la comparsa di briganti, si affrettano a recarsi davanti al
palazzo comunale.
Due carabinieri intanto si
presentano al nostro bravo
colportore.
- Avete i vostri papè in regola?
- Eccoli! Il passaporto per
l’interno e il permesso di fare
il librajo ambulante.
- Bisogna che veniate con
noi.
-Oh, come!
- Una cosa da nulla, semplicemente dal Sindaco.
- Ma il Sindaco stamane mi
ha firmato il permesso di vendita, siccome loro vedono.
- Non importa. Egli vuole
vedervi.
- Quand’è così, permettano ch’io lasci il mio banco in
consegna.
- Non v’inquietate, ci starà
uno di noi e non sarà mai che
nessuno si arrischi di toccarvi
nulla.
- Allora vengo subito, e
Carlo s’incamminò difatti
con l’altro carabiniere alla
volta del Comune.
Per spiegarci questo fatto
dobbiamo tornare un passo
indietro.
Il seminarista che abbiam
veduto fuggire sbertucciato
dal banco di Carlo era corso
diffilato dal parroco, il quale
non contento di aver mandato ad esorcizzare i diavoli di
Carlo, avea infilato in fretta
ed in furia sottana e tricorno,
ed imprecando al ’48, allo
Statuto ed alla Libertà, si era
presentato al Sindaco e:
- Neh! amico - gli disse colla bava alla bocca - qual’è la
religione dello Stato?
- La cattolica, prevosto, ma
cos’hai?
- E come mai permetti che
in questa fedele Lanzo si vendano sulla piazza pubblica libri scomunicati, eretici, facinorosi, atti a distruggere la
nostra santa religione?».
- Ma io non ne so niente!
- E come niente! Bisogna
adunare il consiglio, bisogna
provvedere, bisogna mandare in galera quell’eretico!
E detto fatto, il Sindaco, un
buon contadino che vedeva
con gli occhi del parroco,
manda a chiamare l’inserviente comunale per far adunare il consiglio.
- Ma che, ma che - grida
furibondo il parroco - prima
che quella tartaruga li abbia
trovati i consiglieri, quell’altro ha venduto tutti i suoi libri. A voi, - disse al seminarista che l’aveva accompagnato fino al palazzo, - andate
subito dal mio campanaro
qui di rimpetto e ditegli, a
nome mio, che suoni le campane a stormo. Fra cinque
minuti saranno tutti qui.
E difatti in men d’un quarto
d’ora tutto il paese era raunato sotto le finestre del palazzo
municipale, domandandosi a
vicenda gli uni agli altri che
cos’era avvenuto, mentre che
i consiglieri salivano le scale
con un’aria d’importanza come se la patria fosse realmente in pericolo.
Ed ecco il carabiniere che
accompagnava Carlo aprirsi
a stento il passo tra il pigia
pigia della folla.
- Eccolo il brigante! - urlano gli uni.
-11 capo brigante del Canavese! - gridano gli altri.
- È Motino!
- Ma com’è che non è ammanettato? - osservano i meno creduli.
- È un mazziniano!
- Un carbonaro!
-Una spia!
Carlo finalmente entra nel
portone, sale le scale e si trova in una vasta sala davanti
ad una dozzina di persone,
tra contadini e preti che stavano seduti sotto un busto di
Vittorio Emanuele.
Zitti! Sono i consiglieri del
Comune!
- Chi siete?
- Carlo X...
- Quanti anni?
- Cinquanta.
- Domicilio?
- Torino.
- Professione?
- Libraio ambulante.
- Cosa vendete?
- Libri.
- Quali libri?
- Sacre Bibbie e Nuovi Testamenti!
- False! False, - esclama il
La piazza di Lanzo dove un tempo
parroco dal suo seggio di
consigliere. - Bibbie protestanti, falsificate dall’eretico
Diodati e condannate dalla
Santa Madre Chiesa!
- No, reverendo, le mie
Bibbie sono eguali a quelle
dell’Arcivescovo Martini!
- Non è vero, - urla il prete,
- non si deve permettere ad
un mascalzone di turbare la
pace del paese!
- E noi, - esclama il Sindaco, - in virtù dei poteri che ci
sono stati conferiti, vi ordiniamo di levar tosto il vostro
banco e andarvene dal paese.
- Non basta, non basta, bisogna imprigionarlo. Egli è
un perturbatore, un rivoluzionario!
- Ma io, signor Sindaco, ho
il permesso del Prefetto di
Torino di vendere i miei libri
per tutto lo Stato Sardo!
-Ma che Prefetto é che permesso di Egitto! Voi avete
sollevato il popolo, voi lo avete aizzato contro la nostra
Santa Religione, ch’è la religione del 1° articolo dello
Statuto. Voi avete turbato la
nostra fiera, e voi andrete in
prigione. Signor maresciallo,
arrestatemi quell’individuo!
- Posso aver il permesso di
dir quattro parole a Sua Signoria?, domanda il bravo
soldato al Sindaco.
- Parlate pure!
- Signori, - dice il carabi
si svolgevano le fiere
niere,- sotto che governo viviamo noi? Sotto quello di
Vittorio Emanuele nostro augusto Re, o sotto quello del
papa? Il Re ha proclamato la
libertà per tutti, e fintanto
che voi non proviate che i libri venduti da quest’uomo
sono proibiti dalla legge, finché vi contentate di dire che
sono scomunicati dalla Chiesa, io non ho il potere di arrestarlo! Egli è in piena regola
colle sue carte, esercita la sua
professione, vende libri che
non sono né immorali, né
osceni, si difende quando è
calunniato dai preti, e voi
non avete il diritto di porlo
in prigione. Pensate bene a
quello che fate!
I consiglieri, gente buona a
tutto fuorché a discutere articoli di legge, ammutolirono, il parroco vistosi mancare il braccio forte della legge,
rode il freno, ma tace. Il Sindaco scioglie la seduta raccomandando al colportore la
prudenza e il silenzio.
E Carlo vistosi quasi per
miracolo libero dalle zanne
del lupo, ritorna al banco ove
non ha libri sufficienti per
appagare la curiosità e il desiderio di tutti. Dovè partirsene colla promessa di ritornare dopo pochi giorni.
Serafino Beruatto - (da: Yanek; Le memorie del nonno, Roma, 1907)
Un testimone della fede
Vita di Serafino Beruatto
Serafino Bematto nacque a
Torino il 12 ottobre 1845, da
Lorenzo e Carlotta Caviglione
i quali si erano convertiti prima del 1854, cominciò ancora ragazzo a lavorare come
colportore a fianco del padre
negli anni 1859-60. Nel 1860,
ascoltando la predicazione
dell’evangelista Tealdo a Bologna, decise di dedicarsi al
ministero evangelico. Grazie
a una borsa di studio potè seguire i corsi del De Sanctis e
del Mazzarella a Genova. Nel
settembre 1862 accompagnò
di nuovo il padre a fare opera
di colportaggio e di evangelizzazione nell’Abruzzo. A
Guardiagrele, Lorenzo Beruatto fu arrestato, nonostante facesse appello alle libertà statutarie, e tradotto in
prigione, a Chieti. Quivi fu liberato dopo tre giorni di carcere, ma ebbe scontri così
violenti con i clericali che rischiò di essere assassinato.
A Chieti si stava formando
già un nucleo di una ventina
di proseliti, allorché il prefetto fece sfrattare i Beruatto
dalla città, suscitando le proteste dei democratici locali,
fra cui un francescano, Francesco Sciarelli, che nel 1860
aveva combattuto con Garibaldi contro i Borbone. A detta dello stesso Sciarelli, quest’ultimo fu deciso proprio
dalla predicazione dei Beruatto a lasciare definitivamente il convento e a diventare anch’egli ministro evangelico. Rientrato a Torino il
giovane Serafino si mise a
vendere ortaggi in piazza,
sinché non venne chiamato
ad Alessandria come maestro
evangelista di quella chiesa
libera e poi a Genova. Pub
blicò vari opuscoli e trattati
fra cui un «Compendio di
Storia Sacra» che fu adottato
come libro di testo per le
scuole del Canton Grigione.
Nel 1868-70 pubblicò anche
un periodico religioso «Il risveglio».
Nel 1870, partecipò alla
fondazione della Chiesa cristiana libera in Italia ma non
fu seguito su questa via dalla
sua comunità di Genova. In
seguito divenne insegnante
nella Scuola normale annessa alla Scuola teologica della
Chiesa libera, a Roma, poi fu
evangelista a Brescia e a Venezia dove creò una fiorente
comunità e con aiuto inglese
fondò anche un collegio per
la formazione di operai specializzati. Pubblicò il periodico religioso «Fra Paolo Sarpi»
dove fra le altre cose inserì
una serie di biografie dei padri del metodismo e di altri
«revivalisti» inglesi e americani. Nel 1895 lasciò la Chiesa libera per la Chiesa metodista episcopale. Lavorò come pastore metodista dal
1897 al 1901 fra gli emigrati
italiani negli Stati Uniti. Poi
resse le chiese di Milano, Roma e Firenze. Si ritirò nel
1911 a Pegli dove morì il 16
giugno 1914.
Fra i suoi scritti ricordiamo:
«Arnaldo da Brescia», Venezia, 1890; «La messa protestante», Roma, 1902; «Sermoni e conferenze», Venezia,
1891; «Le prediche del venerdì: vademecum del cristiano evangelico universale», Firenze 1910; un «Catechismo
evangelico», Venezia 1909.
(da L’Evangelo e il berretto frigio, Giorgio Spini, Claudiana Editrice, Torino, 1971, pp. 21-22)
4
PAG. 4 RIFORMA
venerdì 21 LUGLIO 2(Kv,
VENE
Si è svolto a Sào Paulo, in Brasile, l'ultimo incontro della prima fase di dialogo
Riformati e pentecostali a confronto
Dopo una serie di cinque incontrisi è giunti o un documento finale che presenta i vari modi
di intendere i rapporti tra Spirito e Parola, Spirito e chiesa, Spirito e missione. Spirito e Regno
SALVATORE RICCIARDI
Dal 17 al 24 maggio scorsi
si è svolto a Sào Paulo, in
Brasile, ospite della Chiesa
presbiteriana indipendente,
il quinto e ultimo incontro
della prima fase di un «Dialogo teologico tra riformati e
pentecostali». Già la XXII Assemblea dell’Alleanza riformata mondiale (Arm) a Seoul
(1989), aveva ipotizzato la
possibilità di dar vita a questo dialogo, ma solo nel 1995
una commissione, a ciò incaricata dal Comitato esecutivo, aveva potuto incontrare
un gruppo di studiosi pentecostali e decidere di avviare
un dialogo. Si decise subito,
concordemente, di tenere
cinque sedute nell’arco di
cinque anni, per poi produrre un documento da inviare
sia al Comitato esecutivo
dell’Arm, sia ad alcune chiese
pentecostali, per una valutazione del già fatto e per progettare una eventuale continuazione.
I cinque incontri si sono
svolti a Torre Pellice (1996),
Chicago (’97), Kappel (1998),
Seoul (1999) e poi Sào Paulo
(2000), con la partecipazione
di una decina di rappresentanti per parte, molti dei quali
impegnati durante tutto il
percorso. Il documento conclusivo, approvato da tutti
nella seduta di maggio, è ora
sottoposto al necessario lavoro di sistemazione redazionale. Dovrebbe essere pronto
per la fine di agosto. Non appena lo sarà, penso di farne
una traduzione italiana affinché possa circolare fra di noi.
Come anticipazione, posso
dire che si tratta di un documento suddiviso in quattro
capitoli: lo Spirito e la Parola,
lo Spirito e la chiesa, lo Spirito e la missione, lo Spirito e il
regno di Dio. Ciascuno dei
capitoli è (almeno tendenzialmente) composto di paragrafi che esprimono; a) ciò
che le due delegazioni hanno
condiviso: b) ciò che è stato
recepito come posizione
pentecostale; c) ciò che è stato recepito come posizione
riformata.
Scendendo velocemente
nei dettagli, qualche «flash»
sulle tematiche toccate nei
vari capitoli.
Lo Spirito e la Parola
In Cristo è la rivelazione ultima di Dio, e a Cristo la Scrittura rende testimonianza. Lo
Spirito che ha presieduto alla
formazione della testimonianza biblica fa di essa la parola viva e vivificante di Dio.
Diversi sono i metodi di
approccio alla Parola scritta.
Per i pentecostali è importante una lettura che non
metta in discussione la natura miracolosa delle opere di
Dio e non alieni il lettore dal
testo. Per i riformati è aperta
la possibilità di approccio alla Scrittura con metodi scientifici di lettura, nella consapevolezza che nessun metodo sostituisce lo Spirito.
Lo Spirito e la chiesa
La chiesa è concordemente
definita creatura della Parola
e dello Spirito, arricchita dei
suoi doni per il servizio nel
mondo, chiamata a non essere del mondo. La chiesa rende il culto, vive e cresce nella
fraternità, si alimenta dei doni dello Spirito, deve essere
anticipazione e promessa del
Regno. Da parte pentecostale, si sottolinea in modo particolare che Dio, attraverso i
suoi doni (tra i quali le guarigioni, le profezie, la glossolalia), manifesta di essere col
suo popolo; mentre da parte
•igMirì B
Mi. » « »:
ite*'-« • «I
»fVg.-'lliim.... * * «
Una veduta di Sào Paulo
riformata si ritiene che nessun blocco di «carismi» vada
considerato normativo o esaustivo: lo Spirito è all’opera
là dove si opera alla riconciliazione e si è impegnati, anche come comunità e non solo come singoli, al bene degli
esseri umani. La sottolineatura della conversione individuale e quella delTimpegno
anche comunitario nel quadro del Patto distinguono un
po’ le due posizioni.
Lo Spirito e la missione
La missione coinvolge la
chiesa nell’opera di Dio, e la
conduce a porsi il problema
del rapporto con le varie culture e religioni. Lo Spirito
precede la chiesa nel suo
compito missionario e prepara la via perché sia ricevuta la Parola. La missione si
colloca, inoltre, nella prospettiva del Regno. Se tutti
condividono che l’opera dello Spirito abbia un raggio più
vasto di quelli che sono i
confini della chiesa, qualche
differenza di impostazione si
nota fra chi intende la missione come proposta (esclusiva) del Cristo come via, verità, vita e chi, senza dissentire da questa impostazione,
lascia aperto lo spazio alla libertà di Dio. Tutti concordano che queste vadano ridisegnate secondo la Parola.
Lo Spirito e il Regno
Condividiamo che l’escatologia non guarda al nostro benessere dopo la morte: guarda
piuttosto alla risurrezione,
che produce nuovi cieli e
nuova terra. Generata dallo
Spirito, la chiesa proclama il
Regno che Cristo ha inaugurato. Per i pentecostali, guardare al futuro non genera una
mentalità esclusivamente interessata a un «altro» mondo,
con atteggiamento passivoindifferente verso il mondo
presente, ma è vero che lo
Spirito anche qui e ora contrasta i principati e le potestà
negative. Per i riformati, l’attesa di colui che ci viene incontro come giudice e come
salvatore ci rende responsabili verso la creatura e verso il
mondo nel suo insieme.
Sono brevi appunti, come
dicevo. Il documento metterà
maggiormente in luce convergenze e differenze. Spesso
si tratta di sfumature o di accentuazioni. Questo non significa che la strada sia già
percorsa, ma mi sembra che
tutti insieme abbiamo riconosciuto che è percorribile.
Sono doppiamente perseguitati pervia della loro fede
La dura sorte degli evangelici del Chiapas
Fra i maya del Chiapas (Messico) ci sono
anche evangelici, ed essendo tali sono doppiamente perseguitati. Ne riferisce Fulvio
Gioanetto in un articolo apparso sulla rivista
«Volontari per lo sviluppo» (maggio 2000). Si
tratta degli indigeni chamulas che vivono
nell’Alto Chiapas e che sono quasi tutti protestanti, e per questo subiscono sistematiche
persecuzioni da parte degli indigeni tzoltzil,
che invece sono cattolici tradizionalisti.
Negli ultimi vent’anni, nella cittadina di
San Juan Chamula, 35.000 indigeni chamulas
sono stati costretti a fuggire verso la capitale
del Chiapas, San Cristobai, abbandonando le
loro terre e le loro case. Scrive Gioanetto; «Famiglie intere hanno voluto sfidare il monolitismo culturale del sincretismo cattolico, considerato inamovibile, ma il problema è che la
dissidenza religiosa è una rottura che mette
in discussione il sistema. Un sistema tradizionalista, di sicuro affascinante per gli etnologi,
i turisti e gli osservatori esterni, ma che si fonda su pratiche coercitive (dalle “faenas" di lavoro collettivo alla cooperazione monetaria
obbligatoria per le feste patronali) e su concezioni cosmologiche che escludono altre possibili visioni del mondo». L’anno scorso, questi indigeni evangelici sequestrarono il sindaco di Chamula e lo portarono alla direzione
statale dei problemi indigeni perché venisse
giudicato per la morte di tre uomini. Dopo
questi fatti, la Commissione interamericana
dei diritti umani emise una nota di protesta
per le violazioni alla libertà di culto, e la stampa regionale e nazionale messicana incominciò a parlare di quello che succede «fra i fratelli indigeni maya».
Alla fine dell’articolo, Fulvio Gioanetto ci
informa che, secondo un recente studio pubblicato sul New York Times, i protestanti in
Messico sarebbero oltre 18 milioni, suddivisi
in una cinquantina di chiese evangeliche diverse. Questa realtà, termina Gioanetto, crea
non pochi fastidi sia alle istituzioni federali
laiche sia alla gerarchia cattolica che teme di
vedere rimesso in discussione il monopolio
dei rapporti tra stato e chiesa (cattolica), garantito dall’art. 130 della costituzione. (jjp)
Rivolto a credenti in Dio che non accettano il Gesù messia
Il suggerimento di un vescovo anglicano
Un vescovo della Chiesa d’Inghilterra (anglicana) ha suggerito che quelli che credono
in Dio ma non possono accettare i principi
del cristianesimo potrebbero trovare una «casa spirituale» nell’ebraismo.
Richard Harries, vescovo di Oxford, dice;
«Quando si osservano i bisogni spirituali della gente, si può notare una categoria di persone che sono monoteiste e che non possono
accettare le dichiarazioni cristiane su Gesù,
ma che tuttavia vorrebbero avere una casa
spirituale. Mentre le religioni del New Age
portano idee spirituali, l’ebraismo offre una
tradizione, un modo di credere e un modo di
comportarsi che sono stati sperimentati per
circa 4.000 anni».
Il vescovo Harries, che presiede il Consiglio
dei cristiani e degli ebrei, si è espresso così
sulla rivista «Manna», pubblicata dal Centro
Sternberg per l’ebraismo, sede dell’ebraismo
riformato a Londra. In una recente intervista
il vescovo Harries ha sottolineato che Gesù è
essenziale per la sua fede e che «senza crede
re nell’incarnazione, forse non potrei neanche credere in Dio». Ma l’ebraismo, ha aggiunto, ha offerto «una notevole testimonianza a Dio» durante la Shoà e lungo la storia.
L’articolo pubblicato sulla rivista «Manna»
spiega che, in passato, dei monoteisti che dubitavano del cristianesimo avevano potuto trovare una casa spirituale in quanto unitariani,
ma che oggi nel Regno Unito, l’unitarismo è
praticamente scomparso. 1 quaccheri (Società
degli amici) potrebbero offrire una casa spirituale ma, «anche se sono ammirevoli, hanno
un approccio particolare che attrae alcuni ma
non molti». Il vescovo Harries ha inoltre
espresso la propria simpatia per gli appelli a
un ebraismo maggiormente orientato verso la
missione. A chi gli chiedeva se l’incoraggiamento alla missione ebraica era in conflitto
con l’evangelizzazione cristiana ha risposto: «Il
cristianesimo non è l’unica religione missionaria. Viviamo in una società pluralista, una società di consumi. Non vedo perché l’ebraismo
non dovrebbe offrire quello che ha». (eni)
DAL MONDO CRISTIANO
! Campagna «Jubilee 2000»
Per la coordinatrice Ann Pettifor
il traguardo è ancora lontano
LONDRA — È ancora lontano il traguardo per la campagna Jubilee 2000 per Tabbattimento del debito internazionale delle nazioni più povere. Secondo una dichiarazione
rilasciata al settimanale inglese «Baptist Times» da Ann Pettifor, coordinatrice della campagna, degli oltre 100 miliardi
di dollari di debito da cancellare promessi dai governi del
G7 a Colonia lo scorso agosto, sono stati effettivamente rimessi debiti solo per 13 miliardi di dollari. «Una somma
troppo esigua - ha commentato Pettifor - per affrontare
con fiducia il nuovo millennio». (nev/ht)
M La chiesa conta oggi 720.000 membri
175 anni della Chiesa unita del Canada
TORONTO — Grandi festeggiamenti si sono svolti in Canada per celebrare i 75 anni di vita della Chiesa unita del
Canada (Ucc). Nata ufficialmente il 10 giugno 1925
dall’unione delle chiese congregazionaliste, presbiteriane e
metodiste sparse su tutto il territorio canadese, la Ucc conta
oggi circa 720.000 fedeli e ha adottato l’ordinazione pastorale delle donne nel lontano 1936. (nev/eni)
^ Argentina: Assemblea della Chiesa luterana
Dura condanna della globalizzazione
BUENOS AIRES — Dura condanna della globalizzazione e
del neoliberismo dall’Assemblea annuale della Chiesa luterana unita dell’Argentina (lelu). Un documento diffuso alla
stampa definisce la politica economica neoliberista «incompatibile con la nostra vocazione cristiana» e l’insicurezza sociale che ne deriva «una fonte di violenza che porterà alla
creazione di regimi autoritari e polizieschi». (nev/alc)
• Sri Lanka
Giornata di preghiera per la pace
SRI LANKA — Tutte le chiese protestanti dello Sri Lanka
hanno dedicato la giornata del 16 giugno alla preghiera per
la pacificazione del paese, sconvolto da una guerra civile
che si protrae da oltre 16 anni e che ha causato oltre
100.000 morti. Nell’isola il 69% della popolazione è di religione buddista, il 15% hindú, l’8% musulmano e T8% cristiano (circa un milione e mezzo di credenti). (neu/enij
I Stati Uniti
Gustav Niebuhr scelto dal presbiteriani
come «giornalista dell'anno»
NEW YORK — Sarà premiato a settembre nel corso
dell’Assemblea generale della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti il giornalista Gustav Niebuhr, responsabile del settore religioso del New York Times, scelto dai presbiteriani come «giornalista dell’anno». Niebuhr, che si è sempre espresso per una netta separazione tra chiesa e stato «ma ncm per
una divisione tra esperienza religiosa e cultura», è il nipote
del teologo Richard Niebuhr. (nev/eni)
Cile: Commissione per il dialogo
Mal più violazioni del diritti umani
SANTIAGO — Mai più violenza politica né violazioni dei
diritti umani in Cile e forte impegno per chiarire e superare il
problema dei «desaparecidos» durante il regime militare. E
la sintesi di un documento reso noto il mese scorso al termine di un lavoro di dieci mesi della «Commissione per il dialogo», formata dal governo per indagare sugli avvenimenti degli Anni 70 che sconvolsero la vita del popolo cileno. Della
Commissione, oltre ad esponenti militari e politici, fanno
parte il vescovo cattolico Francisco Errazuriz e il vescovo
metodista Francisco Anabalon, moderatore del Comitato
delle organizzazioni evangeliche del Cile. (nev/epì
Argentina
Quale cittadinanza per le comunità
mennonlte di La Pampa?
BUENOS AIRES — Curiosa situazione per le comunità
mennonite della provincia argentina di La Pampa, che hanno sottoscritto un accordo con le autorità locali che prevede
l’insegnamento della lingua spagnola per i bambini delle comunità, insegnamento però che sarà svolto dai genitori o dai
familiari. I mennoniti argentini parlano il tedesco, rifiutano i
contatti con il mondo moderno e raramente escono dalla
propria comunità. Resta ancora aperto il contenzioso sul
concetto di cittadinanza, perché per loro «non c’è patria se
non quella che si raggiunge con la vita eterna». (nev/p^ì
Grecia; pubblicato «M all'ennesima potenza»
Fa scandalo II libro della scrittrice
Mlmls Androulakls
ATENE — Subbuglio nel mondo editoriale greco per il li'
bro della scrittrice Mimis Androulakis «M all’ennesima pO"
tenza» che avanza l’ipotesi di una relazione amorosa tra Gesù e Maria Maddalena. 90.000 le copie vendute in tre mesi,
nonostante la condanna (testo blasfemo) della Chiesa grecoortodossa e la richiesta al tribunale ateniese di una condanna «esemplare» per l’autrice e l’editore Kastaniotis. (nev/lm)
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venerdì 21 LUGLIO 2000
PAG. 5 RIFORMA
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I La storia del movimento antimafia in un libro di Umberto Santino
La lunga lotta contro la mafia
Perché nonostante iniziative, manifestazioni di popolo, denunce, processi, sacrifici di membri
delle forze dell'ordine, di magistrati, di cittadini onesti, la mafia non è ancora stata distrutta?
PIETRO VALDO PANASCIA
HO preso a leggere la Storia del movimento antimafia* di Umberto Santino
senza alcuna pretesa di speciale competenza in materia
e ne sono rimasto affascinato
perché la ricchezza di contenuto, l’accertamento scrupoloso deH’informazione, il livello scientifico dell’opera
sono tutti pregi che si armonizzano con la semplicità e la
chiarezza del linguaggio.
L’opera è il risultato di lunghi
anni di studio e di ricerche
che vanno dai Fasci siciliani
(1891-1894), ai nostri giorni e
il libro è il prodotto di un laboratorio prestigioso quale
notoriamente è il Centro «G.
Impastato» che a Palermo
per tanti anni è stato fonte
inesauribile di indagini, di
chiare e coraggiose prese di
posizione.
Perciò si ha l’impressione
che la pubblicazione sia simile a un fiume in cui confluiscono come tanti piccoli ruscelli, molti pregressi scritti e
pubblicazioni rielaborati
dell’autore. E anche Anna
Puglisi, moglie di Santino, è
stata non solo collaboratrice
ma, come egli stesso dice,
«coautrice» e ritengo che abbia contribuito alla riuscita e
al successo dell’opera. L’autore peraltro non manca di
mettere in rilievo il ruolo importante che le donne hanno
nella lotta contro Cosa Nostra, soprattutto quelle spose,
quelle madri a cui la mafia ha
fatto pagare un così alto
prezzo di vite umane. Associate in un Comitato contro
la mafia, nel marzo del 1982,
hanno pubblicato un documento programmatico deciso e impegnativo che fa loro
tanto onore (vedi riquadro).
L’autore sottolinea anche il
fatto che le donne si costituiscono parte civile in processi
mafiosi, organizzano pubbliche manifestazioni a cui partecipano migliaia di donne,
che nelle amministrazioni
comunali ricoprono la carica
di sindaco e alcune di esse in
situazioni molto rischiose.
D’altro canto occorre ricordare anche il dramma delle
donne tragicamente coinvolte negli atti criminosi dei loro
uomini, e per conseguenza in
La reazione delle donne
«Noi donne che non ci siamo rassegnate a un destino che
sembrava immutabile, perché antico, di subordinazione, di
disuguaglianza e di emarginazione oggi non siamo disposte a
cedere di fronte a coloro che vogliono imporre un nuovo dominio sulla società, sulle istituzioni, sulla vita di ognuno di
noi attraverso la potenza finanziaria acquisita col traffico
della droga, mediante l’esercizio sistematico della violenza,
della sopraffazione, del ricatto, dell’illegalità»._____
casa terrorizzate dalle incursioni della polizia, da minacce di vendetta e di ritorsioni,
esposte anch’esse a rischi e
pericoli d’ogni genere. Teresa
Principato, magistrato alla
direzione antimafia di Palermo, ha detto che «le donne
dei boss sono un esempio di
fedeltà assoluta ai loro uomini, che accettano di farsi strumento di cultura mañosa».
Tuttavia anche se Cosa Nostra spesso si radica profondamente nella famiglia e diventa un’eredità che passa di
padre in figlio, non so se e fino a che punto si possa dire
che la mafia si trasmetta, si
riproduca, si irrobustisca nella famiglia con il suo patrimonio genetico, con il suo
carico di odio e di sanguinarie vendette. In ogni caso la
società e soprattutto la chiesa
dovrebbero farsi carico anche di queste famiglie, onde
evitare che siano esposte
all’emarginazione, al disprezzo, allo sbaraglio, e i figli siano quasi costretti a delinquere come i loro padri e, in una
prospettiva cristiana, provvedere, nel modo e coi mezzi
più opportuni, alla salvezza e
alla redenzione di ciò che rimane di queste famiglie.
Santino dedica alcune pagine agli interventi dei valdesi, all’inizio degli Anni 60,
nella vita cittadina. A fine
giugno 1963, i valdesi pubblicano un manifesto per esprimere il loro cordoglio per la
strage di Ciaculli e per rivolgere un appello alle autorità
civili e religiose cittadine per
una iniziativa del rispetto
della vita umana. In città fervono i preparativi per il festino di Santa Rosaba e l’appello cade nel vuoto. Lo storico
F. M. Stabile, 26 anni dopo,
pubblica dei documenti da
cui risulta che il manifesto è
stato apprezzato dalla Santa
Sede e segnalato al cardinale
Ruffini che però non ne fa
nulla. A Pasqua del 1964 Ruffini scrive una Pastorale per
esaltare la Sicilia per la sua
civiltà millenaria, i tradizionali vaiori civili e religiosi che
la contraddistinguono e per
smentire quelli che, con il
pretesto della mafia, fanno di
tutto per denigrarla. I valdesi,
in data 10 aprile, pubblicano
sulla stampa «Una lettera al
Cardinale» in cui esprimono
il loro dissenso e sollevano il
velo sullo stato di disagio e di
sofferenza in cui vive a Palermo la popolazione, denunciano lo squallore dei quartieri più disagiati come Cortile Cascino, lo stato di abbandono dei fanciulli, la diffusa
disoccupazione, il predominio della mafia che spara in
pieno giorno per le "vie cittadine, lo stato di secolare sottosviluppo della Sicilia. Ruffini scrive al pastore Panasela
una lettera personale indirizzandola all’«Egregio signore»,
attestandogli la qualifica di
«persona onesta e amante
della verità», ringraziandolo
perché «a differenza di altri
cronisti... i quali hanno usato
termini offensivi e calunniosi, Vostra Signoria è stata per
lo meno gentile», ma riconfermando tutto quello che ha
scritto e raccomandandogli
di rileggere più attentamente
la Pastorale di cui gli invia copia. Santino commenta così:
«Tra Sua Eminenza il cardinale Ruffini, principe della
Chiesa e l’Egregio signore (...)
rappresentante della piccola
comunità valdese il dialogo,
se pure dialogo c’è stato, finisce qui».
Perché nonostante iniziative, manifestazioni di popolo,
denuncie, processi, di cui la
pubblicazione fa una registrazione così esauriente,
perché nonostante il sacrificio di uomini come Falcone
e Borsellino, perché dopo
tanti anni di lotta, la mafia
non è ancora stata distrutta?
Santino ricorda che un autorevole storico, Francesco Michele Stabile, si è posto il
problema in un’altra prospettiva: «Come mai - si
chiede - Cosa Nostra ha potuto attecchire in un paese
tradizionalmente cristiano?»
Oserei dire che il ceppo della
mafia ha potuto attecchire,
mettere radici così profonde,
dare frutti così velenosi nel
nostro paese perché esso è
stato, ed è, cristiano solo nominalmente. Ove ci sia veramente il Vangelo la mafia
non può attecchire, né mettere radice, perché il Vangelo
è la negazione più assoluta
della mafia, perché fra Vangelo e mafia c’è un abisso come fra il bene e il male, come
fra la luce e le tenebre, come
fra la vita e la morte.
Santino fa un elenco di alcuni sacerdoti che, impegnati
nella lotta contro la mafia,
hanno dovuto desistere e
chiedere trasferimento non
solo per minacce di morte ricevute, ma soprattutto per
l’isolamento in cui si trovavano in un impresa così rischiosa, per la mancanza di
solidarietà, di sostegno, di
coinvolgimento della loro
stessa parrocchia. Si è visto
invece il caso sconcertante di
padre Frittitta che, arrestato
sotto l’accusa di complicità
mañosa e poi liberato, ritornato nella sua parrocchia
della Kalsa, ha ricevuto una
accoglienza trionfale. L’autore scrive con franchezza che
la discontinuità e l’ambiguità
della Chiesa nella lotta contro la mafia non sono solo
memorie di un lontano passato. Perdurano silenzi, coperture, compromessi, opportunismi, e convenienze
politiche: ci sono fatti che
evidenziano stridenti contraddizioni, che rivelano dolorosamente «una Chiesa che
perdona tutto, perché ha
molto da farsi perdonare».
Così naturalmente si ritarda e
non si favorisce il processo
iniziato di sradicamento di
questo antico ceppo velenoso che continua a dare i suoi
frutti di morte.
(*) Umberto Santino: Storia del
movimento antimafia. Roma,
Editori riuniti, pp. 405, £ 38.000.
I vecchio e il nuovo a Gela
LIBRI
Narrativa
Dopoguerra
in Germania
Appartiene al filone narrativo della Germania del dopoguerra inaugurato alla grande da Heinrich Boll il racconto
lungo (o romanzo breve) di Hans-Ulrich Treichel {Il fratello
perduto, Einaudi, 2000, pp. 93, £ 18.000). Lo
smarrimento delle persone e della nazione
è una costante di questa narrativa, che non
rinuncia ai toni grotteschi o sarcastici per
svelare le ipocrisie di una società che doveva allora fare i conti con le dinamiche sociali che permisero l’avvento del nazismo.
Il fratello a cui accenna il titolo viene dichiarato disperso proprio in guerra, ma
sembra ritornare sotto altre spoglie...
!
RADIO
Culto radio
Ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo canale
radio Rai, predicazione e notizie dal mondo evangelico italiano e estero, appuntamenti e commenti di attualità.
TELEVISIONE
lo
Protestantesimo
Rubrica televisiva di Raidue, a cura della Fede------- razione delle chiese evangeliche in Italia, trasmesse a domeniche alterne e, in replica, il lunedì seguente
alle ore 24 circa e alle ore 9,30 del lunedì successivo. Domenica 23 luglio, ore 23,40 circa, andrà in onda: «Carcere: interviste a Giancarlo Caselli e Adriano Sofri»; «Michelangelo e la
sua arte». La replica sarà trasmessa lunedì 24 luglio alle ore
24,30 circa e lunedì 31 luglio alle 10,30 circa.
Una raccolta, di piccole dimensioni ma densa di contenuti, di Laura Bounous
La parola lotta con il silenzio come la memoria con il sogno
PAOLO RICCA
//IVT entriamo con parole usate/ nelle stanze del silenzio. Deponiamo i
mantelli/ sgualciti dall’abitudine. Si farà giorno/ e la luce
sarà dolce agli occhi che intravidero/ segni non profartati». È la prima delle venti
poesie che Laura Bounous ha
raccolto in un «quaderno»
dal titolo accattivante e rivelatore Di carta un sogno
j bianco* pubblicato dall’editore Alzani di Pinerolo nel
marzo di quest’anno e imPfeziosito da otto tavole del
pittore Walter Naretto.
Il «bianco» del titolo (che è
tl verso iniziale della poesia
tt- 11) è quello del foglio ancora intatto che chi scrive ha
davanti a sé, «fogli muti come
Rmrni non vissuti» (8). Cominceranno a parlare quando l’autrice vi trascriverà il
suo sogno. Sarà un momento
tolice, benedetto: come rivive
lu terra irrorata dall’acqua e
sprigiona i suoi profumi, così
m pagina scritta «esala fraRranza» (17). Ma perché que
sto accada deve sgorgare la
parola tanto attesa, senza la
quale tutto resta enigma, il
mondo non nasce e il sogno
svanisce: «Come petali si
sfanno i miei sogni e migrano
verso le piane del silenzio»
(13). Come all’amore, così alla parola poetica non si comanda. La si può solo attendere in una sorta di muta invocazione «perché la fonte
disgeli e dopo il lungo inverno riprenda a stillare» (5).
Poesia e biografia si intrecciano intimamente, com’è
giusto. L’artista, in fondo,
parla sempre solo di se stesso, in maniera però da parlare a molti e per molti.
I temi centrali della raccolta, esile nelle proporzioni ma
molto ricca di sostanza poetica, sono due coppie di concetti ed esperienze: parola-silenzio è la prima, memoriasogno la seconda. La parola
ricorre continuamente (1, 2,
4, 5, 6, 7, 9,10, IL). Senza parola non c’è poesia, ma quella poetica non è una parola
qualunque. Si fa poesia solo
scartando tante parole e sce
gliendone poche. O sono loro
che scelgono noi? Possono
essere «pietre dure da collezione» ma anche «fondi di
bottiglia», schegge che fanno
male (2). Possono essere «parole di vivo sangue» (5) ma
anche «parola rinserrata»,
bloccata dentro, quasi paralizzata «da tanto bianco vuoto» (11) quello, ancora una
volta, del foglio intatto, che
essa, non sapendosi articolare, non riesce a colmare.
Ed ecco allora avanzare il
silenzio, che è molto di più
che assenza di parola. Non si
sa se sia il silenzio padre della
parola o la parola madre del
silenzio. Laura Bounous ama,
si direbbe, ugualmente uno e
l’altra, ma li vuole entrambi
qualificati: non dunque le
«parole usate» che siamo invitati fin dall’inizio a lasciar
cadere, come «mantelli sgualciti dall’abitudine» (1), e neppure il silenzio vuoto, inerte,
sterile, pura assenza. Il silenzio sembra piuttosto luogo
abitabile, rifugio quasi dell’anima, stanca del caotico
strepito quotidiano intessuto
di «parole impazzite» (3). Se
la parola è vita, il silenzio è
raccoglimento. Se la parola
urge dentro come il bambino
che vuole nascere perché il
suo tempo è compiuto, le
«stanze del silenzio» (1) accolgono il viandante della vita
(2) che volentieri vi indugia,
non per dimenticarsi ma al
contrario per meglio praticare i sentieri della memoria.
Cosi giungiamo alla seconda coppia tematica: memoria-sogno (12, 13, 14, 15, 16,
19, 20). La casa dell’infanzia
occupa qui un posto centrale:
forse non c’è più, ma rivive
nitida nel ricordo che sfuma
nel sogno. Nessun cedimento
nostalgico, piuttosto la viva
restituzione di paesaggi interiori molto amati ma non
rimpianti, anche se si avverte
«la pena del ricordo» (19). La
casa, «nostra madre di pietra»
(16), diventa quasi persona e
mantiene intatta la sua forza
di convocazione e, forse, di
segreta benedizione. Il percorso della memoria, che si
fonde con quello dei sogni, è
sorretto, quasi ritmato, da ca
denze felici che lasciano il segno: la luna che «s’arresta
guardinga sulla soglia» (19); la
biscia col suo «oscuro svirgolare» (12); la stella «piccolo
frutto d’argento» (14); la pioggia «saettata dai pini» (17),
la poesia «materna luna» (6),
e altre ancora. La raccolta
contiene un invito, che è quasi un’invocazione: «Presto/
sbarrate le porte serrate le
finestre/ non lasciate entrare la notte» (15). Quale notte ?
Quella dell’oblio, della perdita di memoria.
Delicato, quasi pudico, è il
tratto di Laura Bounous, che
cerca, trova e offre «parole
leggere» (4), come leggero è il
soffio della vita e della poesia,
«parole intrepide» (7), come
lo sono quelle della creazione
artistica. Nessun lettore, chiudendo il volumetto, si rammaricherà di averlo aperto.
Forse, per il bene ricevutone,
comincerà a leggerlo di nuovo, sostando anche lui, ogni
tanto, tra parola e silenzio.
{*) Laura Bounous: Di carta un
sogno bianco. Pinerolo, Alzani
editore, 2000.
' ' Grande guerra
Soldati e
prigionieri
La grande cesura del Novecento, nella percezione dello
stato, del vivere sociale e del
carattere drammatico del secolo è probabilmente rappresentata dalla prima guerra
mondiale. Ne rende conto la
seconda edizione di un libro
uscito nel 1993 per opera di
Giovanna Procacci {Soldati e
prigionieri italiani nella
Grande guerra, Torino, Bollati Boringhieri, 2000, pp. 528.
£ 58.000), che contiene anche
un’appendice di lettere inedite. Il dramma umano viene
alla luce in tutta la sua crudeltà, come emergono le responsabilità delle autorità
politiche e militari italiani. Le
lettere erano a suo tempo
state censurate.
jjclaudiana
via Principe Tomaso, 1 - Torino
011-6689804 - fax 011-6504394
http://www.claudiana.it
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6
PAC. 6 RIFORMA
venerdì 21 LUGLIO 2000
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Ogni anno, nella sola Italia, migliaia di persone sono coinvolte da questo dramma
La tratta internazionale di esseri umani
Del favoreggiamento di immigrazione clandestina al traffico finalizzato allo sfruttamento
dello prostituzione, vengono ridotti a semplice merce soprattutto le donne e i bambini
MARTA D'AURIA
SCHIAVITÙ, tratta, merce
umana: parole che pensavamo archiviate si ripropongono oggi nel nostro paese
come univoci termini per riferirsi a un fenomeno le cui
dimensioni e dinamiche minacciano la vita di migliaia di
uomini, donne e bambini. Lo
rivela con disarmante chiarezza il rapporto «L’Italia nel
sistema internazionale del
traffico di persone», preparato su incarico della Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati, istituita presso il Dipartimento
per gli Affari sociali, e presentato neU’ambito del dibattito
«Il traffico di esseri umani,
strumenti di contrasto e sostegno alle vittime», che si è
tenuto lo scorso maggio presso il seminario vescovile di
Caserta.
Non a caso è stata scelta la
città di Caserta come luogo
per presentare questo lavoro:
recenti inchieste attestano
che in Italia sono più di
30.000 le ragazze che si prostituiscono, di cui 1.000 nella
sola provincia casertana.
Lungo tutta la «Domiziana» a
qualunque ora del giorno è
possibile scorgere gruppi di
giovanissime nigeriane e ragazze provenienti dai paesi
dell’Est europeo che vendono il loro corpo, come «bene»
da far fruttare per pagare il
prezzo del proprio riscatto.
Nel mese di aprile, ha raccontato un medico che da
anni offre assistenza a giovani prostitute, è arrivato nell’area Domizia un rappresentante di commercio che, do
po aver presentato e pubblicizzato il prodotto della propria ditta, si è trasferito su altri mercati lasciando i recapiti telefonici e gli indirizzi per
poter essere contattato in caso di acquisto della merce. Si
trattava di merce umana: giovani ragazze da avviare alla
prostituzione. Il rappresentante di commercio presentava alle madame, o maman
(ex prostitute che decidono
di mettersi in proprio nel giro
della prostituzione) il «prodotto» che l’organizzazione
criminale a cui apparteneva
poteva offrire sul mercato.
Un mercato che frutta bene, molto bene: indagini nazionali rivelano che il riscatto
per ogni ragazza, che è stata
acquistata per 15-20 milioni,
si aggira intorno ai 60-80 milioni con un margine di guadagno notevolmente alto.
«L’humus che nutre questo
traffico - ha detto Giovanna
Zincone, presidente della
Commissione integrazione,
nell’introduzione ai lavori - è
il predominio dell’interesse
materiale sulle coscienze che
rende possibile che si vendano le proprie figlie, sorelle,
mogli». È il profitto, fattore
coesivo della società globale,
il potente motore che alimenta a livello internazionale il
perverso meccanismo della
tratta degli esseri umani.
L’obiettivo del Rapporto,
che è stato presentato da
Ferruccio Pastore del Centro
studi di politica internazionale, coordinatore della ricerca, consiste nel fornire i
riferimenti conoscitivi essenziali e alcuni strumenti teorici, per orientarsi di fronte a
La «Casa di Rut»
Da cinque anni opera a Caserta la «Casa di Rut» che
svolge un lavoro specifico con
le donne, soprattutto quelle
immigrate, che in quest’area
sono visibilmente vittime della violenza. La Casa, coordinata da quattro religiose
dell’ordine delle Orsoline di
Vicenza, si avvale del contributo di un gmppo di volontari, inizialmente costituito da
donne, del sostegno di intere
famiglie e alcune associazioni
laiche. In quest’ultimo periodo il lavoro della Casa è diretto soprattutto alle donne della tratta. Abbiamo chiesto a
suor Rita di illustrarci le attività che la Casa di Rut svolge.
«Il Centro può accogliere al
massimo otto persone. Attualmente ospitiamo quattro
ragazze nigeriane di 18, 19,
21 anni e una di 30 che da
poco ha avuto una bambina.
Vi è una prima fase di accoglienza che consiste nel recupero umano della vittima che
deve superare i sensi di colpa, riprendere fiducia in se
stessa e imparare a costruire
rapporti di stima. Nella seconda fase, invece, si cerca di
elaborare un progetto di
reinserimento specifico per
ciascuna delle ragazze. Purtroppo la realtà casertana,
fatta eccezione per la mansione di collaboratrice domestica, offre ben poche possibilità di lavoro alle ragazze
uscite dal giro della prostituzione. Qui da noi imparano a
cucinare, a gestire una casa
pur nel rispetto delle loro diversità culturale. È per questo
che, pur essendo seguite da
noi, vivono in un appartamentino autonomo».
Quali difficoltà incontrate
nel vostro lavoro? «Finora
non abbiamo mai ricevuto
minacce. Certo, sappiamo di
rischiare, ma ancor più gran
de della paura è la passione
che sentiamo dentro il cuore
per Dio e per questa umanità
sfruttata. La vera difficoltà
che lamentiamo è che ancora
non c’è una società civile attenta al dramma di donne e
bambini che sono venduti,
acquistati, usati e poi buttati
via. Di fronte a questi gravi
fatti non viene espressa
un’indignazione che sia sincera e propositiva. Tutto è lasciato alla sensibilità di pochi. Occorre invece, che le
istituzioni, il volontariato, le
chiese di qualsiasi denominazione, indignate, scendano
in campo per lottare insieme.
Questa rappresenta per noi
una sfida enorme».
Capita che qualche ragazza
ritorni a prostituirsi? «Sì, anche se poche, la qual cosa ci
ha recato dolore e sofferenza.
Uscire dal giro è molto difficile, ci vuole una grande forza di volontà per poter sfidare l’intera società che propone il modello del consumo
facile e del danaro come valore. Ciò che ci dà la forza di
andare avanti sono i sorrisi
che, ritornando ad affiorare
sulle labbra di quelle ragazze,
testimoniano che la liberazione è possibile».
un fenomeno multiforme e
mutevole. Quando si parla di
traffico di persone occorre
fare una distinzione tra il
traffico consistente nel favoreggiamento di immigrazione clandestina (smuggling), e
il traffico finalizzato allo
sfruttamento successivo delle
persone trafficate (trafficking). La ricerca, condotta
sulla base di atti investigativi
e giudiziari e su una serie di
interviste realizzate da poliziotti, magistrati e operatori
sociali, analizza le condizioni
della persona trafficata, i
mercati di inserimento e
l’azione internazionale per la
lotta al traffico. A proposito
dei metodi di contrasto al fenomeno, Rinaldo Bontempi,
presidente del Centro d’iniziativa per l’Europa (Cie), nel
suo intervento «La strategia
europea nella lotta alla tratta
degli esseri umani», ha sottolineato che una efficace azione di contrasto al fenomeno
può scaturire soltanto dalla
«cooperazione» tra gli stati e i
soggetti non istituzionali, tra
i quali organizzazioni non
governative, chiese, volontariato, «attori» impegnati nel
rispetto e nella difesa dei diritti fondamentali di ogni
persona.
«In questo momento - ha
detto Maria Teresa Tavassi,
della commissione Pari opportunità - le Ong e la Commissione si stanno interrogando sull’aspetto culturale
del problema: sui nuovi modelli che le nostre società di
benessere esportano nel Sud
del mondo; sul sesso come
bene di consumo a prescindere dalle persone che ne co
stituiscono oggetto anziché
soggetto: sulle persone, provenienti da altri paesi, che
non sono rispettate come valore e neanche per le risorse
di cui sono portatrici».
Di fronte alla «degenerazione culturale» che nel 2000
permette il prosperare di
realtà di schiavitù, come
quella delle ragazze che si
prostituiscono per le strade,
dei bambini costretti all’accattonaggio e dei braccianti
sfruttati nelle nostre terre, è
invocato un maggior impegno e passione da parte della
società civile nella difesa dei
diritti di questa immensa
umanità dimenticata. Ma è
altrettanto urgente che si elabori una politica dell’immigrazione capace di contrastare il mondo dell’illegalità.
Infine c’è una terza pista
di lavoro. Accertato che esiste un «mercato», sorretto da
una crescente domanda, viene da chiedersi perché un
uomo scelga di non ricorrere
ai «servizi» offerti dalla prostituzione. La risposta probabilmente sta nell’amore
per la giustizia, che lotta
contro lo sfruttamento e la
violenza di cui sono vittime
tante ragazze, e nel profondo rispetto verso la donna
che è una persona con una
propria dignità e non un oggetto da mercificare. In questo nostro mondo globale
che riduce tutto in termini di
profitto e guadagno va compiuta una riscoperta dei valori etici. È soprattutto in
questo ambito che le nostre
chiese possono portare uno
specifico contributo.
Alcuni casi emblematici
Nel Rapporto sono descritti
65 casi provenienti da atti di
polizia, testimonianze di operatori e da inchieste giudiziarie, alcune delle quali tuttora in corso. Ne riportiamo
di seguito alcuni.
Una ragazza sedicenne di
un paese balcanico viene rapita con la forza da un gruppo di quattro individui dalla
casa dei genitori. Viene violentata ripetutamente fino a
quando non accetta di recarsi con due di loro in Italia per
esercitare la prostituzione.
Dopo qualche tempo riesce a
fuggire e, dopo aver denunciato gli sfruttatori, ritorna al
proprio paese. Nel corso del
viaggio di rientro verso il
proprio villaggio la ragazza
viene rapita da un gruppo,
diverso dal primo, che la
reintroduce in Italia. Ma, durante il viaggio, il gruppo viene intercettato e respinto
verso il paese di origine; in
quella circostanza, la ragazza
si libera del proprio sfruttatore, soltanto per essere rapita da un terzo gruppo che la
riporta in Italia, in una città
del Nord-Est, dove viene affidata a un sodalizio di tre
sfruttatori che gestisce altre 4
ragazze. Questi, che ritirano
Giovanna Zincone, presidente delia Commissione per l’integrazione
Una veduta d’insieme del convegno
integralmente i guadagni,
picchiano sistematicamente
quelle di loro che non raggiungono il minimo richiesto
(un milione a sera).
Una ragazza di un paese
dell’Europa orientale viene
rapita da un’organizzazione
specializzata nel procurare
donne da avviare alla prostituzione; La donna viene separata dal figlio e sottoposta
a violenze fisiche ogni volta
che chiede informazioni su
di lui. Venduta a un’altra organizzazione, le viene intimato di raggiungere una importante città del Centro Italia: in caso di rifiuto il bambino verrà ucciso. La ragazza
viene sbarcata nel Sud Italia
e consegnata a un’organizzazione composta da italiani e
stranieri. Nel corso del trasporto interno il gruppo viene intercettato dalle forze
dell’ordine. Qualche giorno
dopo viene rintracciato anche il bambino.
Una insegnante liceale di
un paése balcanico viene invitata da una connazionale a
trasferirsi in Italia per essere
assunta in una catena di alberghi economici per giovani. La donna dice di possedere già due alberghi a Roma e
propone alla ragazza un impiego come direttrice di uno
di questi. Giunta in Italia,
viene condotta a forza da
due persone all’interno di
una roulotte. L’insegnante
cerca di mantenere la calma
e chiede spiegazioni su ciò
che le sta accadendo, visto
che questa «situazione notturna» non corrisponde affatto a quello che le era stato
promesso. Come risposta
viene picchiata, le vengono
sottratti i documenti, i soldi
ed esplicitamente le viene
detto che lei si trova in Italia
per fare la prostituta.
Agire sull'offerta
ma anche sulla domanda
Il Rapporto «L’Italia nel sistema internazionale del traffico di persone» conclude
una ricerca condotta nel corso del 1999 che ha per oggetto il fenomeno del traffico di
persone, nelle sue molteplici
manifestazioni, e il complesso delle politiche adottate ai
vari livelli politico-istituzionali per contrastarlo. Interessante la parte dedicata a
«L’azione internazionale per
la lotta al traffico di persone:
tendenze e problemi» curata
da Ferruccio Pastore.
I due traffici, immigrazione
clandestina (smuggling) e
sfruttamento delle persone
trafficate (trafficking) alimentano due tipi di «mercati», quello dell'ingresso migratorio e quello delle prestazioni personali forzate. Naturalmente pensare in termini
di «mercato» produce delle
conseguenze rilevanti sul
modo di pensare le strategie
di contrasto. Combattere un
mercato non è, infatti, equivalente a reprimere un comportamento deviante, né a
lottare contro un’organizzazione criminale. Per combattere efficacemente l’espansione di un mercato, occorre
agire contemporaneamente
sulle sue diverse componenti, e in particolare sia sul versante dell’offerta (disponibilità delle «materie prime»,
imprenditori), sia su quello
della domanda (acquirenti).
In considerazione di ciò la
politica degli stati europei e
dell’Unione europea sta assumendo in questi ultimi anni un «approccio integrato»,
che non riguarda soltanto
l’integrazione di modalità di
intervento di tipo diverso
(prevenzione, repressione,
assistenza alle vittime) e di
competenza di soggetti diversi (organi di polizia, autorità giudiziaria, enti locali, sistema sanitario, sistema socio-assistenziale, sistema
educativo, associazionismo,
volontariato), ma anclie l’integrazione tra azioni sul versante dell’offerta e azioni sul
versante della domanda, in
cui spesso la dimensione
educativa e informativa prevale su quella repressiva.
È chiaro che per diffondere, mediante campagne educative mirate, «anticorpi culturali» efficaci al traffico di
persone, è indispensabile conoscere in maniera dettagliata e approfondita la domanda che alimenta tale mercato.
Anche da un esame non sistematico di questo aspetto
del fenomeno, risulta che la
domanda di prestazioni sessuali a pagamento è in crescita ed estremamente eterogenea; mancano però conoscenze precise e dettagliate
sulla sua dimensione, conoposizione e fluidità: in particolare si sa pochissimo sulla
sensibilità della domanda ad
argomenti etici relativi alla
natura forzata di una parte
della prostituzione esercitata
in Europa. Ad esempio, da
quella che è forse l’unica ricerca sui clienti della prostituzione effettuata negli ultimi anni in Italia (Leonini,
1999), traspare uno scarso livello di conoscenza e una generale indifferenza dei soggetti intervistati rispetto alla
condizione esistenziale delle
prostitute e, in particolare, rispetto alla loro eventuale
soggezione a forme di sfruttamento forzato. Appare ormai indispensabile potenziare l’attività di ricerca proprio
su questi aspetti.
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IÈ stato il tema della «pastorale italo-francese» tenuta a Torre Pellice a giugno
Realtà giovanile e catechesi
In uno tose della vita assai complessa come l'adolescenza e in una società italiana sempre
più secolarizzato, i catechisti devono imparare a porsi più come testimoni che come maestri
lONATHANTERINO
■r% AL 18 al 21 giugno, a Torli res, Pellice, si è tenuto un
binario della «pastorale
italo-francese» organizzato
ogni due anni dalla Commissione esecutiva del II distretto
e daU’organismo analogo
confinante della Chiesa riformata di Francia. La riflessione di quest’anno si è svolta
siia realtà giovanile, con un
intreccio di analisi feconde,
dalla psicologia alla sociologia, alla catechesi (interventi
delia psicoioga Edith TartarGoddet, dello psichiatra Marco Rolando e del pastore e
teologo Ermanno Genre); la
Bibbia, il testo catechetico di
base, interpella ancora i giovani come istanza critica ed
esistenziale, mentre gli strumenti della psicanalisi e della
sociologia ci assistono lungo
il difficile percorso della comprensione. Nel confronto tra
le realtà adolescenziali francese e italiana, parlando sulla
questione dell’identità e personalità dell’adolescente, è
emerso il travaglio di questa
generazione. 1 temi trattati,
seguiti da dibattiti in gruppi
più piccoli, hanno rispecchiato questo ordine: la personalità dell’adolescente (TartarGoddet e Rolando), la violenza degli adolescenti nella società francese (Tartar-Goddet), gli adolescenti tra crisi e
trasformazioni (Rolando), la
catechesi degli adolescenti
(Tartar-Goddet), la comunicazione del messaggio biblico
agli adolescenti (Genre).
Gli adolescenti presentano
Lavoro di gruppo alla pastorale sul
due esigenze fondamentali
alla scoperta della loro identità: in primo luogo hanno bisogno di qualcosa in cui credere; si pongono alla ricerca
di gente e idee dove mettere
se stessi alla prova, per investire la loro fiducia. Se hanno
speranza per il futuro e fiducia in sé, possono formare
ideali elevati e porsi al servizio degli altri. In secondo
luogo, necessitano di un senso di appartenenza, di trovarsi in una comunità. Il contesto familiare e comunitario
fornisce loro un senso provvisorio di identità, oltre a
rappresentare una fortezza
verso l’esterno, mentre dall’interno costruiscono un
fondamento per la propria
personalità. Le comunità ecclesiali potrebbero venire incontro a queste due esigenze
in una maniera unica se riuscissero ad apprezzare i cambiamenti in corso nel microcosmo degli adolescenti e le
problema giovanile
loro esigenze. In quest’ottica,
si potrebbe dire che il disorientamento che attraversa il
cosiddetto settore giovanile
non è altro che un riflesso di
disagio epistemologico profondo e di stanchezza morale
che attraversa il pensiero più
o meno conscio delle chiese.
Inoltre, la sottocultura protestante sia italiana che francese, per quanto ricca di contenuti culturali, tende a rendere i giovani figli degli evangelici maggiormente isolati, in
quanto se sono da un lato incapaci di abbracciare i parametri ufficiali della cultura
dominante, restano allo stesso tempo alienati e sviliti rispetto alla tradizione minoritaria in declino, che non è
più propositiva.
La secolarizzazione in corso
nei paesi latini (cattolici) preserva dei riti religiosi di passaggio significativi e conserva
alcuni simboli autorevoli di
religiosità popolare che favo
Carnnine Bianchi alla Chiesa battista di Genova
Evangelizzare è comunicare
prostigli ultijonini,
:arso liuna gelei sogtto alla
le delle
ilare, rintuale
li sfrut»are or)tenziaproprio
Alcune settimane fa, organizzato dalla Chiesa battista
di Genova, si è svolto un interessante incontro di tutta una
giornata sul tema dell’evangelizzazione. A condurlo è
stato invitato il pastore Car; mine Bianchi, segretario del
relativo dipartimento della
i Ucebi. 11 relatore ha chiesto ai
: presenti di definire, come
: meglio sapevano, l’evangeliz1 zazione. E stato detto: evangelizzazione significa annunciare agli altri la parola di Dio
come Parola di speranza; dare una buona notizia; dire alla
gente quello che Dio ha fatto
in Gesù; rivelare il piano di
Dio per l’umanità in vista di
una risposta.
Carmine Bianchi ha fatto
notare che tutte queste definizioni prevedono alcune
azioni; comunicazione in cui
c’è un mittente, un ricevente
e un canale di trasmissione;
messaggio; contenuto; motivazione; scopo. Tutto questo
può essere fatto passando attraverso quattro livelli: primo
livello, superficiale (sono pastore o membro di chiesa);
secondo livello, opinioni (che
Per godersi i privilegi della terza età
^^Mio padre è andato a
vivere da solo
Quando mio padre mi ha detto: "il desiderio di
indipendenza non va in pensione", io gli ho
proposto una soluzione residenziale.
Lui cercava un posto tranquillo, immerso nel verde,
io gli ho trovato una bella villa confortevole,
con un grande parco, facilmente raggiungibile
dalla città.
Lui voleva mantenere la libertà delle sue abitudini e,
io ho provveduto ad assicurargli anche un servizio
qualificato e un'assistenza continua.
Insieme abbiamo scelto La Residenza e siamo
felici di stare così bene insieme ogni volta che ci
vediamo.
) Mariarosa B.
47 anni
giornalista
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Solidarietà con la Bulgaria
Sottrarre il disabile
alla sua prigionia
ALESSIA ZAMBON
cosa pensa dei protestanti).
Fino a questi due livelli non è
difficile comunicare con il
nostro interlocutore.
A questo punto si supera la
soglia di vulnerabilità. Una
vera comunicazione avviene
però quando si passa oltre la
soglia di vulnerabilità; terzo
livello, le emozioni; quarto livello, la spiritualità. Se si riesce ad agganciare chi ci segue
superando questi due livelli,
la nostra evangelizzazione
avrà un risultato, tenendo
presente però l’intervento
definitivo del Signore.
La Residenza; la serenità è di casa
riscono un senso di appartenenza. Tutto ciò è estraneo ai
figli di protestanti secolarizzati, che vivono lo sradicamento
epistemologico e ritualistico
per rifugiarsi in nuove forme
di interiorizzazione del significato, o per abbracciare acriticamente il paternalismo religioso dominante della postmodernità. Il vuoto religioso
creato dalla laicità protestante è salutare, ma esige che si
curi attentamente la dimensione relazionale della trasmissione di contenuti.
In questo senso, si è insistito sul fatto che il catechista si
deve porre più come testimone che come maestro, deve
parlare in prima persona, in
base a quel cbe percepisce.
Questa era anche l’idea dei
riformatori; «L’Evangelo non
è una dottrina, ma una vita»
(Calvino). Nostro compito
pastorale è di accompagnare i
ragazzi lungo la ricerca di significato, anche se saranno
loro a dover decodificare il testo biblico che è alla base della catechesi. La Scrittura potrà interpellare ognuno di loro. Si crea perciò il luogo dove ognuno potrà essere ascoltato senza essere giudicato.
La coscienza biblica apre
nuovi spazi che non aggrediscono, ma interpellano, per
costruire la responsabilità e
non una struttura di colpa.
Agli adolescenti devo trasmettere la convinzione che
dalla Scrittura proviene un
amore infallibile; questa visione ottimista fa da contrappeso all’immagine spesso penosa che gli adolescenti hanno di se stessi. L’altro punto
forte è il multislgnificato di
un testo biblico; il messaggio
di un adolescente è sempre
aperto a molti significati,
mentre l’approccio deduttivo
scolastico è univoco.
Credo che i temi presentati
in queste giornate di studio ci
stimolano a rivedere il nostro
ruolo pastorale e generazionale, in particolare nei confronti degli adolescenti evangelici inseriti nella società italiana in via di secolarizzazione, per quanto saldamente
ancorata agli archetipi religiosi dominanti. Una maggiore
attenzione dovrà essere dedicata al fenomeno della sottocultura protestante in un’età
che ha perso la voglia di inseguire ideologie o di identificare un nemico da combattere.
Il grande vantaggio del crollo
delle ideologie sta nel fatto
che l’adolescente non si dovrà
perdere nell’anonimato dell’attivismo e dell’utilitarismo
per acquistarsi un nome, ma
potrà emergere come individuo intrinseco, nella sua
complessità, per formarsi a
contatto con gli altri suoi coetanei, confrontandosi con il
testo biblico e in un processo
induttivo di ascolto, senza ulteriori motivi. In altre parole,
scoprirà la gratuità, cioè la
giustificazione per grazia mediante la fede, premessa e risorsa di ogni crescita, valorizzazione personale e di ogni
impegno nella polis.
Perché si arrivi a questa fusione di orizzonti, tra adolescente e Parola, sarà necessario che le figure pastorali trovino il tempo di rifare il percorso già coperto con eccessiva sicurezza, questa volta
lentamente, quasi sempre in
silenzio, per recepire i segnali
dei moti interiori degli e delle
adolescenti, nella preghiera
insistente, nella lavorazione
di un progetto da sottoporre
ai giovani, fin tanto che non
si apra uno spiraglio di comunicazione efficace; una
strada già percorsa dal Dio rivelato in Gesù di Nazaret.
Alla fine dell’anno 1999
si è costituita legalmente l’associazione Ioni and
Friends Italia che promuove la distribuzione di sedie a
rotelle per disabili bisognosi.
Questo fatto ha dato nuova
spinta ed entusiasmo a tutti
coloro che hanno nel cuore il
desiderio di lavorare con i disabili, nell’intento di condividere l’amore di Dio con coloro che soffrono offrendo un
aiuto concreto non fatto di
parole soltanto.
Anche quest’anno nel mese
di maggio una squadra di credenti è partita dall’Italia per
la Bulgaria con lo scopo di distribuire delle sedie a rotelle a
molti disabili che da anni sono in lista d’attesa. La grave
situazione economica di quel
paese, e quindi le carenze di
assistenza medica e ospedaliera, fanno sì che in Bulgaria
la possibilità di finire su una
sedia a rotelle sia molto maggiore rispetto a un italiano;
ma la cosa più terribile è che
la sedia a rotelle non c’è. Allora succede che il disabile rimane prigioniero di quattro
mura. I bambini che non possono camminare vengono
portati in braccio dai genitori
fino a che diventano grandi.
Al grave problema della disabilità si aggiunge la penuria
dei mezzi, l’impossibilità di
fare fronte alla vita di tutti i
giorni. È per questo motivo
che la nostra associazione
vuole impegnarsi a portare
un aiuto valido da un punto
di vista qualitativo alle persone che soffrono, sia nel nostro paese che in quelli più
poveri a noi vicini.
Nel fare questo, a volte, ci
sembra di versare qualche
goccia nel mare, e si ha l’impressione di non potere fare
nulla per cambiare la sorte
degli uomini di questo mondo. Eppure Gesù non ci ha
detto di «pensare in grande».
ma ci ha detto soltanto «a chi
ti chiede dai», dopodiché è il
Signore stesso che moltìplica
le risorse e le fa lievitare nei
suoi modi meravigliosi. Noi
dobbiamo solo essere a sua
disposizione nel momento in
cui vediamo qualcuno nel bisogno.
La distribuzione di sedie a
rotelle nella città bulgara di
Kazanlak si è tenuta nel locale
della chiesa evangelica. I credenti di quella assemblea avevano già in precedenza lavorato molto per curare i contatti con le persone disabili
della città. Ogni persona ha
una storia, un volto, un proprio modo di soffrire. Non potendo parlare di tutte le persone che abbiamo incontrato,
ho scelto il caso che di più ha
toccato. Un uomo compietamente senza gambe stava in
fila fuori dalla chiesa. Era vestito con cura, pulito e pettinato, ma non potendo camminare in nessun modo si era
legato un cuscino ai monconi
delle gambe. Impugnava due
pezzi di legno e facendo leva
sulle mani procedeva sulla
strada. Non potevo fare a meno di osservarlo mentre parlava. Con le mani conserte sembrava piantato nel terreno.
Prima che arrivasse il suo turno saranno passate quattro o
cinque ore e, mentre ero impegnata ad aiutare altre persone, il mio cuore bruciava
per lui. Era come se il Signore
mi dicesse «Ecco la goccia che
getti nel mare, vedi che non è
una goccia persa inutilmente?». Cercai una carrozzina robusta, comoda, in buono stato e la misi da parte per lui.
Poi gli andai incontro e lo
chiamai. Non poteva credere
che fosse arrivato il suo turno.
Quando vide la carrozzina era
sconvolto dalla gioia. Lo aiutai a salire e non fu possibile
per noi due trattenere le lacrime. Se ne andò benedicendo
Dio per un piccolissima goccia d’amore.
Qualche sabato fa si è
svolta nella chiesa battista di via Vernazza in Genova
una riunione di preghiera a
cui hanno partecipato i rappresentanti delle diverse
chiese evangeliche dalle pentecostali a quelle storiche in
un clima di fraternità e di collaborazione. All’inizio Mark
Ord, pastore della Chiesa
battista ospitante, ha brevemente commentato il testo
scelto (II Cronache 7,14): «Se
il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome si umilia,
prega, cerca la mia faccia e
torna indietro dalle sue vie
malvagie, io ascolterò dal cielo, perdonerò il suo peccato e
guarirò il suo paese», precisando non solo l’importanza
della preghiera, ma anche la
necessità di riconoscere il
proprio peccato e l'impegno
di una radicale conversione
verso il Signore. Un delegato
per chiesa ha presentato un
soggetto di preghiera. Si è
pregato per la crescita spirituale della comunità per i
giovani, per l’evangelizzazione, per gli ammalati, per le
persone anziane. Tutti i presenti si sono associati a queste richieste. E certamente le
preghiere a più voci e fatte da
persone che appartengono a
diverse denominazioni sono
state favorevolmente accolte
dall’unico Signore.
Isola del Uri
Una giornata
di battesimi
SERGIO TAnOll
TVT ON mi vergogno dell’
Evangelo perché esso
è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede»: questo
noto versetto dell’epistolario
paolino ha fatto da motivo
conduttore al culto di domenica 25 giugno in cui la Ghiesa battista di Isola del Liti ha
partecipato alla decisione di
Daniela Fabrizi di accedere al
battesimo. Prima di scendere
nel fonte battesimale Daniela
ha raccontato il suo iter spirituale; «Prima di conoscere
Dio ero sempre inquieta e
agitata, avvertivo un grande
vuoto. Mi sentivo confusa e
insoddisfatta e talvolta già
svegliarmi al mattino era faticoso. Vivevo tanto per vivere
senza il vero gusto per la vita,
senza un valido punto di riferimento». Poi in Canada la
sua migliore amica Amanda
le parlò dell’Evangelo. Così
iniziò a frequentare una chiesa I vangelica: «Ricordo un
giorno in cui avvertii il forte
bisogno di leggere la Bibbia e
per tre giorni, quasi ininterrottamente, lessi tutto il Nuovo Testamento, tanto avevo
sete della parola di Dio e volevo leggerla per capire e per
vedere se mi suscitava qualcosa». In quelle pagine Daniela ha trovato la risposta.
La giornata si è conclusa
con l’agape, festosa e molto
partecipata.
8
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
tre giovani che si presentano al Sinodo delle chiese valdesi e nnetodiste
Candidati al pastorato e al diaconato
Se l'«esame di fede» davanti a! corpo pastorale avrò esito positivo, saranno consacrati due
nuovi pastori Grazie a una nuova procedura, al Sinodo verrà presentata anche una diacona
Maurizio Abbà, la predicazione
Lf EVANGELO è la buona
( notizia che tutto è nelle
mani di Dio, e che egli, in
quanto Signore della creazione, ne ha cura e premura. Per
le sue creature allora tutto
cambia, e non vi è nulla di
più bello e impegnativo che
essere al suo servizio. Per
quanto riguarda noi esseri
umani non è un compito che
spetta solo ad alcune persone, ma si è chiamati tutti,
senza esclusioni, a mettere a
frutto i doni ricevuti così generosamente dallo Spirito
Santo. Il ministero pastorale
è uno dei modi di rispondere
alla chiamata del Dio d’Israele, Dio di Gesù Cristo.
Il pastore ha un duplice
compito; nella comunità cristiana, il corpo di Gesù Cristo, e nella città dove si trova,
non per caso. Si tratta di due
realtà da collegare. Nell’ambito della comunità il pastore
collabora, a partire dalla preghiera e con l’aiuto di Dio, al
discernimento e alla valorizzazione dei talenti a beneficio di tutta la realtà ecclesiastica: è un percorso che parte
appunto dalla preghiera e ad
essa giunge per ripartire
nuovamente. Il pastore è un
«moltiplicatore di sviluppo»,
d’intesa con il Consiglio di
chiesa (o con il Concistoro)
aiuta a individuare le persone adatte per svolgere le diverse attività: per ognuna di
esse è necessario trovare
possibilmente almeno due
persone per non farle sentire
isolate, l’aiuto reciproco è
sempre il benvenuto.
Ma chi aiuta il pastore? La
sua solitudine può divenire
fortissima se non è coadiuvato e sostenuto adeguatamente. Su questo non vi sono ricette pronte all’uso, si tratta
di una fatica quotidiana alla
ricerca di una serenità interiore che permette di svolgere con disciplina e fantasia il
proprio ministero, anche
quello pastorale. Valorizzare
appieno tutte le nostre caratteristiche e peculiarità, riscoprire l’orgoglio di essere protestanti, di cristiani riformati
per la causa evangelica. Il nostro orgoglio non è arroganza
ma fierezza nutrita da iniziative, idee ed entusiasmo.
Il compito di un pastore insieme alle sorelle e ai fratelli è
anche quello di superare i soliti luoghi comuni sul protestante come «triste, grigio e
pessimista», le nostre comunità valdesi e metodiste hanno invece un gran bisogno di
essere rilanciate con una ventata di serenità (non spensieratezza...), di colori (altro che
grigia mediocrità...), e d’ottimismo (sobrio ma anche sognatore!...). Il pastore deve
saper restare nell’ambito del
solco tracciato dalla storia
della fede, e deve fare tesoro
di una parola chiave dell’essere cristiano: incontro. Incontrare realtà culturali, religiose, ideologiche, le più diverse, con una notevole disponibilità al confronto e saldezza di convinzioni e motivazioni. L’altra parola chiave
importante è ascolto. II pastore protestante è chiamato
a parlare, a dire puntualmente e precisamente, in ambito
comunitario e sociale, una
parola di esortazione, conforto, consolazione e propulsione, ma per impedire che diventi solo un inutile parolaio
è necessario ascoltare, dote
ormai sempre più rara ma
decisiva, per riuscire a porgere eventualmente una parola
determinata e determinante.
La predicazione dell’Evangelo non conosce confini e neppure barriere.
Mentre scrivo queste righe
ho davanti a me delle cartoline che mi aiutano a riflettere;
in una vi è ritratto un cucciolo di foca, che sembra guardarmi e chiedermi: «Quando
gli umani saranno più umani
e rispetteranno davvero noi
animali?». Poi vi è una cartolina che ritrae l’interno del
collegio dei Barba a Pradeltorno: la preparazione, la formazione, la catechesi, i «barba», predicatori itineranti
valdesi, hanno avuto tante
disavventure, oggi siamo privilegiati nel non dover soffrire quanto loro, ma sappiamo
davvero mettere a frutto i
vantaggi che abbiamo e le risorse a nostra disposizione?
Se oggi possiamo continuare
ad annunciare l'Evangelo lo
dobbiamo certamente anche
a loro. Un’altra cartolina ritrae l’edificio di culto della
comunità metodista di Bassignana; vorrei qui esprimere
la mia gratitudine alle comunità battiste, metodiste e vaidesi che in molti modi in
questi anni mi hanno aiutato, e ringraziare anche le comunità che un giorno incontrerò; grazie a loro posso e
potrò svolgere il ministero
pastorale.
Vi è poi una cartolina che
ritrae uno stupendo paesaggio della vai Germanasca,
considerata erroneamente la
«cenerentola» delle nostre
Valli; la crisi sociale che attraversa non cancellerà il vasto
patrimonio di storia, cultura e
fede lì presente. Ancora due
cartoline. In una vi è una
bambina nel tradizionale costume valdese; i giovani e i
giovanissimi sono non solo il
futuro delle nostre comunità
ma già il nostro presente se
diamo loro spazio, creatività,
e risorse; infine, nell’ultima
cartolina, è disegnato il volto
di una donna con un foulard
bianco sul capo. Una donna
malinconica ma molto fiera,
duramente provata ma dotata
di una tenacia ancora più forte, cbe ha subito delle gravi
batoste nella vita ma che non
si è fatta spezzare: è argentina, è una madre di Plaza de
Mayo, una delle donne che
hanno perso i figli e i nipoti
strappati loro crudelmente da
una dittatura criminale. Il mio
pensiero va a tutti coloro che
hanno fame e sete di giustizia;
e anche alle sorelle e ai fratelli
valdesi del Sud America, e alle
comunità oltre le Alpi.
Stefano Mercurio, la preghiera e la lettura della Bibbia
SONO nato a Palermo 29
anni fa. Solo accennare al
periodo vissuto in quella
grande città sarebbe impossibile. Palermo è tante cose insieme: è teatrale ma anche
vera, è europea ma anche
orientale, è diffidente ma anche immensamente disponibile, i suoi abitanti sono tutti
uguali eppure infinitamente
diversi gli uni dagli altri. Conservo due immagini di quel
periodo, la prima negli anni
del liceo: la mobilitazione
massiccia all’incrocio stradale di via Notarbartolo quando
il giudice Falcone si spostava
per andare al palazzo di Giustizia; la seconda negli anni
dell’infanzia, quando mia
madre domenica dopo domenica portava me e mia sorella al culto della chiesa valdese di via Spezio. In quella
comunità sono cresciuto spiritualmente: lì ho fatto l’esperienza che la parola di Dio
può determinare il corso della propria vita nel mentre ci
invita a lasciare le vie tracciate da altri per seguire quella
di Gesù Cristo. La fede di ciascuna persona credo sia oggettivamente legata a un ventaglio di altre persone per
mezzo delle quali il Signore ci
rivolge la sua Parola e crea attorno a noi una nuova famiglia, unita nel suo nome e sostenuta con il suo Spirito.
Gli anni della Facoltà di
teologia li ricordo sempre come un periodo di grazia particolare. L’amicizia non finta e
la fede comune con i colleghi
e le colleghe, l’interesse per lo
studio teologico e un grande
spirito di sostegno reciproco,
che si era nel frattempo consolidato, hanno rappresentato e rappresentano qualcosa
di importante per il mio periodo di prova come candida
to al ministero. Ricordo il periodo estero come un’esperienza estremamente positiva. 11 semestre a Mùnster e i
due semestri a Bonn sono stati per me una palestra di convivenza proficua con chi era
di temperamento molto diverso dal mio. Oggi sono pienamente convinto che le diversità possono convivere,
vanno ricercate e possono essere di arricchimento reciproco se vissute nello spirito di
quell’accoglienza che abbiamo conosciuto in Gesù Cristo. L’idea delle «diversità riconciliate» non è solo astratta teologia ecumenica ma
proposito di vita che Dio offre al mondo nell’Evangelo.
Intrecciando Evangelo e rapporti personali è sempre possibile trovare delle soluzioni
qualora noi usciamo dall’illusione secondo la quale «non
ci si deve mai rimettere in
prima persona». Gesù stesso
per sbloccare la nostra situazione di peccato ci ha dovuto
rimettere in prima persona,
eppure è lui che mostra la via
della salvezza.
Quel periodo estero si è infine concluso a Montpellier
dove mi sono ritrovato a titolo privato per preparare gli
ultimi esami «romani» e per
conoscere e poi sposare mia
moglie Anne-Sophie. L’esperienza certamente più impegnativa e, per diversi aspetti,
arricchente, rappresenta la
cura della comunità di Rorà
dove svolgo il periodo di
prova. Con la mia comunità
ho condiviso momenti molto belli, come quelli del mio
matrimonio con Anne-Sophie, e anche situazioni di
lutto molto difficili nei quali
però il Signore ci è stato vicino. Rorà ha significato per
me anche il confronto viven
te con il valdismo come chiesa di popolo. È questo il tempo della serena ed empatica
analisi di un modo di vivere
la fede fuori dalla diaspora.
La riflessione su alcuni momenti centrali della storia
delle valli valdesi e delle sue
comunità riformate è per me
la cornice visiva di quella fede nell’unico Gesù Cristo,
grazie al quale gente tanto diversa per vicende, abitudini,
punti di riferimentoVultura
e temperamento è portatrice
di uno stesso messaggio di
speranza che dà nuova vita
ed è capace di sostenere i
cuori affranti tanto a Rorà
quanto a Palermo, a Roma, a
Bonn 0 a Montpellier.
In questi anni di apprendistato ho trovato fondamentale nella mia vocazione personale la preghiera e la lettura
della Bibbia. Pregare significa
per me rimettere nelle mani
del Signore giorno dopo giorno il proprio ministero per ricevere forza da lui e riscoprire sempre di nuovo che la
sua chiesa è composta da
peccatori perdonati per mezzo di Gesù Cristo. La preghiera così intesa può aiutare il
pastore a non lasciare che
egli consideri gli errori degli
altri come un ostacolo insormontabile nella ricerca della
riconciliazione. La lettura
della Bibbia è il dare colore e
ascoltare, sempre di nuovo,
come il Dio di Gesù Cristo
abbia fatto e faccia della storia il palcoscenico del suo
progetto di vita. Non credo
infine che esista un modello
di pastore valido per tutte le
situazioni e le comunità, ritengo invece che il proprio
pastorato si debba costruire
su una «strategia» che si
adatti di volta in volta alla relazione concreta con i fratelli
e le sorelle della propria comunità, senza per questo
perdere una visione di insieme della propria vocazione.
GIOVANNI MIEGGE
UN TEOLOGO VALDESE DEL NOVECENTO
Pastore di una comunità alpina: gli anni a Massello
(Massello 13 agosto, ore 11,15)
Animatore teologico con la rivista «Gioventù cristiana»
e le Giornate teologiche del Ciabàs
(tempio del Ciabàs - Luserna S.Giovanni 18 agosto, ore 15)
Professore di teologia
(Facoltà valdese di teologia 10 novembre, ore 9,30)
Le consacrazioni avvengono durante il culto inaugurale del Siiioj)
Paola Reggiani, la diaconia
PUR provenendo da una
famiglia cattolica, sin da
bambina ho seguito mia madre nella sua ricerca di fede.
Il nostro primo incontro con
il mondo evangelico è avvenuto a Siena con un gruppo
di diaspora curato dalla Chiesa di Cristo di Prato. Ho iniziato a leggere la Bibbia e a
confrontarmi con gli altri. Un
giorno mi ha colpito una meditazione su Luca 8, 21, «la
famiglia di Gesù», e ho chiesto di essere battezzata. Dopo alcuni anni, gli anziani
della chiesa non poterono
più venire regolarmente e,
dato che il nostro gruppo era
composto solo da donne,
questo provocò non pochi
problemi, soprattutto per
quello che riguardava la santa cena, tanto da portare alla
rottura con la chiesa di Prato.
È stato un momento molto
difficile da superare: significava cominciare di nuovo a
cercare una comunità dove
sentirsi parte della famiglia
dei credenti, indipendentemente dal proprio sesso.
Durante un convegno del
Segretariato attività ecumeniche (Sae), ho conosciuto il
pastore Luigi Santini che in
quel periodo curava anche la
Chiesa valdese di Siena. La
comunità era composta da
famiglie provenienti da diverse denominazioni evangeliche, lì abbiamo trovato un
luogo dove pregare insieme,
dove ci sentivamo accolti reciprocamente, al di là della
chiesa di origine. In questa
comunità sono cresciuta e ho
maturato le mie scelte di fede
e anche di vita. Per alcuni anni sono stata volontaria presso la Casa di riposo comunale
di Siena. È stata un’esperienza che mi ha dato molto, ed è
stato uno dei motivi per cui,
dopo alcuni anni di lavoro nel
settore agricolo come perito,
ho deciso di riprendere a studiare. Mi sono iscritta al Corso di formazione diaconale
(Cfd) di Firenze e ho frequentato la scuola per assistenti
sociali. Durante la formazione ho imparato molte cose,
non solo sulla mia professione ma anche nel confronto
«
I
con gli altri, le persone con k,
quali ho vissuto sono diventate la mia famiglia. I
Prima che terminassigli
studi, il direttore del Gignoioi
di Firenze chiese ad alcmi)
studenti del Cfd di elabmti
un progetto per un Cento
diurno per anziani; nessim'
di noi avrebbe mai pensato
che questo sarebbe poi diventato il nostro lavoro. Dopo il diploma sono stata iti
Germania un anno, ho lavorato presso il centro di Bethd
con adulti che avevano prò
blemi fisici e mentali; in quo
sto periodo ho imparato l’accudimento e l’assistenzai
base, strumenti che si som
rivelati molti utili in seguita
Attualmente lavoro al Cigna
ro, curo l’assistenza domici
tiare con il volontariato, pm
getto che è iniziato nel gffl;
naio del 1998. Lo scopo cheli
siamo prefissi è quello din
spondere in parte alle ricliia
ste di anziani che, tramite»
minimo aiuto, possono con
tinuare a rimanere nelle pm
prie abitazioni.
Non posso dire che ci sii
stato un momento particola
re della mia vita in cui hod
ciso di fare la diacona. Qui
do ho iniziato il Cfd il mio*
siderio era quello di andai
lavorare in un’opera, pò*
bilmente come diaconat
termine degli studi qu®*
non era poi così scontato, 1
chiesto ancora un po’ ditd
po per riflettere. È stato, ed,
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GIORNATA
GIOVANNI MIEGGE 2000l|
Incontro tra i Centri culturali evangelici
italiani e il corpo pastorale
Venerdì 18 agosto 2000 - ore 15
Tempio del Ciabàs, Luserna San Giovanni
Ricordo di Giovanni Miegge, teologo e partecipe delle stoß
che «giornate al Ciabàs».
Mario Miegge: «Le giornate teologiche del Ciabàs; omagg*
a una generazione riformata».
Giorgio Tourn: «L’eredità di Giovanni Miegge per la Chiesi
valdese».
Daniele Garrone: «I compiti culturali dei protestanti
all’inizio del nuovo secolo; riscrivere oggi Per unafide
Presiede il dibattito France.sca Spano
Ore 20,45 - Torre Pellice
incontro dei Centri culturali evangelici
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della Federazione Donne Evangeliche in Italia
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Rispettare gli altri e rispettare se stessi
(I L libro di Rut» nella nuova, interessante edizione della Società biblica, è la proposta di studio biblico della Fdei per quest’anno. Una proposta che ci richiama a
una rinnovata riflessione sui fondamenti dell’annuncio di Gesù Cristo che invita
L libro di Rut» nella nuova, interessante edizione della Società biblica, è la propoy/ I studio biblico della Fdei per quest’anno. Una proposta che ci richiama a
una rinnovata riflessione sui fondamenti dell’annuncio di Gesù Cristo che invita
tutti alla pace e alla condivisione dell’armonia e della bellezza del creato.
Il nostro tempo è un tempo strano; l’Occidente di tradizione cristiana, sembra si stia
«scristianizzando» e, contemporaneamente, deve confrontarsi con culture religiose diverse. Accettare il diverso, mantenendo la propria identità, è la sfida di questo nuovo millennio. Occorre infatti saper mantenere il giusto equilibrio fra rispetto per gli altri e rispetto per se stessi; comprensione per la storia degli altri e comprensione per la propria
storia sapendo che ci sono alcune fondamentali e irrinunciabili premesse: nella fede
Tagape fraterna e nella società civile i diritti umani. Coniugare rispetto e comprensione
per altre religioni o culture con la difesa dei diritti umani qualche volta pone seri ostacoli
al dialogo soprattutto se vogliamo-difendere l’identità e la dignità delle donne.
Tuttavia proprio la condizione delle donne e il rispetto dei loro diritti più elementari
sono, a volte, oggetto di una radicale critica, da parte nostra, verso altre culture. Ciò che
vale per noi - diritto allo studio, al lavoro, alla libera scelta nella propria vita - non può
essere negato ad altre donne. E indicativo come ogni integralismo (cattolico, musulmano, ortodosso o protestante) trova sempre, come prima vittima, la donna. Occorre quindi,oggi, in Italia, mantenere ferme le nostre richieste per una pari dignità e opportunità
fra uomo e donna, ma nello stesso tempo impedire che «le ragioni delle donne» inducano a gesti di intolleranza o di inimicizia verso chi pensa e agisce diversamente da noi.
Soprattutto è importante, in un periodo storico in cui siamo obbligate a un percorso
di accettazione e ospitalità per altre culture o religioni, saper discernere fra ciò che è un
segno distintivo, una forma di identità o appartenenza e ciò che intacca libertà, dignità,
diritto. Per esempio credo occorra «pensare laicamente» il velo che alcune religioni vogliono sul capo delle donne (non sul volto). Non portano il velo le suore cattoliche? Alcune recenti esperienze mi obbligano a condividere con voi alcune riflessioni.
Nel corso degli ultimi mesi mi sono recata, per ragioni di lavoro, in tre diversi paesi di
religione islamica: in Palestina, in Libia e in Iran. Ovunque ho rispettato chi mi ospitava
e sono stata rispettata. In Palestina, una sola volta, in occasione dell incontro con un capo religioso, mi è stato chiesto di mettere un fazzoletto in testa. Essendo ospite in un altro paese, con la sua cultura e la sua religione, ho ritenuto doveroso aderire alla richiesta. In Libia sono molte le giovani donne che portano il velo in testa (non ne ho vista
neppure una con il volto coperto). Sono donne che guidano 1 automobile, studiano,
escono sole per la città. In Iran sono entrata munita di fazzoletto e con abiti «severi», secondo le indicazioni che avevo ricevuto prima della partenza. Le donne, anche quelle
giovani, hanno il capo coperto, gli abiti «severissimi», di color nero o marrone. Ne ho incontrate molte; ovunque mi hanno accolto con curiosità e simpatia (non ricordo quante
rose mi hanno regalato in strada e negli incontri ufficiali o ufficiosi). Tutte si sono sentite
in dovere di spiegarmi che queìFabbigliamento non le limita nel loro lavoro (giornaliste,
fotografe, insegnanti) né nella loro attività sociale. Si sentono all inizio di un cammino e
chiedono che si riconoscano i loro tempi: quelli necessari per maturare nuove regole di
convivenza, ma all interno della loro cultura. Non vi è dubbio che ogni battaglia di emancipazione o di liberazione deve essere combattuta dai diretti interessati. Solo così sarà
una conquista duratura. Dopo queste esperienze e alla luce di una crescente presenza in
Italia di donne di religione islamica, credo sia giunto il momento di chiederci come dobbiamo comportarci.
Ritengo illegittimo e contro i fondamentali diritti umani della persona di genere femminile, il velo sul volto o sugli occhi. Sarebbe inaccettabile, per ogni donna che riconosce, nel 1900, il secolo in cui tanti tabù sono stati vinti a favore di un riconoscimento
.pieno della dignità della donna. Il «Nuovo» diritto di famiglia o la legislazione sulle pari
opportunità sono delle pietre miliari nella costruzione della attuale società democratica
italiana e sarebbe difficile accettare per altre donne, che vivono vicino a noi, restnzioni e
imposizioni così lontane dalla nostra sensibilità democratica.
Se è vero che esistono pratiche e forme che rinviano a una identità o cultura diversa
occorre distinguere tra ciò che intacca i valori profondi che regolano il patto di civi e
convivenza nel nostro paese (ad esempio il velo per nascondere il viso o gli occhi di una
donna) e quelli che non urtano il senso di giustizia e la parità (un fazzoletto sul capo non
impedisce il dialogo e non segnala negazione di una personalità). Le protestanti it^iane
da sempre in prima linea per la difesa dei diritti delle donne, sono quindi disponibili ad
aprire un confronto su questi temi. . j
Temiamo invece, come troppo spesso avviene in Italia che, invece di prepararci per
tempo, ragionando e dialogando, ci troveremo a dover decidere con leggi o regolamenti
amministrativi sotto la pressione di eventi dirompenti o fatti eclatanti. Produrremo allora, in una situazione di emergenza, solo provvedimenti pasticciati o incongruenti, li n
schio che ne seguirà sarà tensione sociale, rigurgito di razzismo e ghettizrazione dei diversi. Per questo proporre alla riflessione delle nostre comunità «Il libro di Rut» può essere un aiuto alla ricerca di una convivenza che ci arricchisca reciprocamente.
Alcuni intellettuali laici ci stanno ammonendo, da tempo, attraverso articoli su riviste e
quotidiani: fate attenzione i monoteismi religiosi possono creare solo divirioni e attriti.
Siamo andate a cercare nell’Evangelo una risposta a queste osservazioni. Può Gesù es
sere un ostacolo al dialogo con altre fedi o religioni? Difficile crederlo. Anzi, ditticile anche solo pensarlo, se Gesù è quell’uomo che incontra un’eretica di Samaria e le nvolge
la parola, le chiede dell’acqua, le confida il senso della sua missione.
Dorìana Giudici
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Una storia di soiitudin«
«E Naomi disse alle sue due nuore: “Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre; il Signore sm
buono con uoi, come voi siete state con quelli che sono morti e con me! Il Signore dia a ciascuna ai
voi di trovare riposo in casa di un marito!”. Le baciò;,e queHe si misero a piangere ad alta voce...» (Kut
rispose: “Non pregarmi di lasciarti, per andarmene via da te; perché dove andrai tu, andrò
anch’io; e dove starai tu, io pure starò; il tuo popolo sarà il mio popolo, e i tuo Dio sara il mio Dio;
dove morirai tu, morirò anch’io, e là sarò sepolta. Il Signore mi tratti con il massimo rigore, se altra
cosa che la morte mi separerà da te!” Quando Naomi la vide fermamente decisa ad andar con lei, non
gliene parlò più». (Rut 1: 16-18)
La storia dì Rut: è la stòria della Solitudine dellè dopne ih un mondo di uomini. NeUa stòriaJi Rut c’è la
guida dì Diò: tutto è un suo piano già prernedltàtò. Dopò la motte del marito e dei Egli, Naoirii mvtta
le nuore aitomare dalla madre per ritrovare upa vita protetta, un nuovo manto che dia loro la sola^pgnità riconosciuta dai costumi del tempo. Non illudiamoci, aiiché òggi una donna sola è esposta, corne ailO:
ra, a molti soprusle alTlncomprensione e noti c’è da méravigliarsi se molte donne cercano uri appoggio rpa
schilé
Orpa rientra in questa mentalità, certamente non condannabile, ma Rut rifiuta. Ella sente di essere una
persona con una dignità e una volontà soltanto sua. E consapevole che Usuo atteggiamento può.essere
persino di scandalo per il suo tempo, ma è riscattato dal suo desiderio di seguire quei Dio che ha conosciuto le che le dà la determinazióne di rompere con il passato. , .„i. j ,, • .+
Oggi si incontrano sempre più spesso donne che si assumono tutte le responsabilità della propria vita c
anche di quella di chi è loro caro, mettendo in conto Tincohiprensione di chi è loro accanto, gli stessi parenti e, a volte, anche i figli. Più spesso di quanto si pensi anche le altre donne sì rivelano nemiche, quasi
che una dònna sola possa rappresentare un pericolo. ^ __ u- j-4. «. a
Rut rimane ostinatamente attaccata a Naomi con una dedizione più che filiale. La chiave di tutto e proprio questa: «irtuo Dio sarà il mio Dio». Anche se inizialmente può sembrare che Rut segua Naomi solo
per affetto, questa frase fa pensare che invece sia guidata da ben altro seritimento. La scelta deto giovane
donna sembra essere più personale e più improntata a dare una radicale svolta alla propria vita.^ Tutto e incerto e nebuloso, anche ¡’amarezza e la delusione di .Naomi è in aperto contrasto con il coraggio consai^vole e silenzioso di Rut che, senza indugio, va a spigolare in un campo che non conosce, in una patna che
non è la sua, affrontando con fermezza i pericoli e i disagi che incombono su una dqnria ^la e Straniera.
Il libro, non parla,di alcun lamento o di alcuna recriminazione da parte, sua. Per una donna che rimane
sola, ttidlto spesso là nuova condizione la costringe a fare una scelta che non aveva previsto, a trovare in
se stessa capacità e strategie che magari, fino ad allora aveva ritenuto irraggiungibili e per cui non si era
mai creduta preparata. Fin qui la storia è tutta al femminile, l’uomo è il grande assente, in una società che
invece ne fa il principale protagonista. , i •
Anche la presenza di Boaz non è-molto chiara: è vero, egli la nota nel suo campo, la protegge e
su di lei la benedizione divina, ma non si manifesta per il-parente che è; è quiridi lecito il sospetto che egli
non intenda assurnersi quella responsabilità che gli è imposta daH’usanza israelita. Rut è ancora sola. Naomi cóglie questo dùbbio e ricorre, con il suo consiglio, a quel «potere parallelo», la seduzione, che le donne
esercitano nel mondo degli uomini. È un potere ambiguo e questa volta Rut accetta, ma alle sue condizioni.
Dopo essersi lavata, profumata e coricata assieme a Boaz, gli dice esplicitamente: «Tu sei un parente stretto e per legge devi prenderti cura dì me. Ti chiedo di sposarmi».
Ecco la sfida di Rut, una donna straniera che ricorda all’uomo israelita, ricco e potente, di agire secondo
la sua comprensione di Dio: ella invita Boaz a diventare strumento dei divino. Ma vi è un ostacolo: Boaz
non è il parente più prossimo ed è pertanto necessario l’assenso di un altro familiare e degli anziani. Anco
ra una volta tutto è in mano agli uomini, loro soltanto possono decidere.
Che la storia abbia un lieto fine e che Boaz sposi Rut e ne abbia un figlio, non vuol dire che ella sìa vittoriosa, anzi Rut scompare per lasciare il posto a Naomi. Questo vuol dire allora che non c’è posto Patina
donna coraggiosa e indipendente? No, Rut aveva scommesso sul Dio di Naomi e aveva fatto di quel Dio la
sua dimora e Dio dimorava in lei. i -i ■ ^
Ella era stata il suo strumento e null’altro aveva importanza, tutto il suo agire era awenuto net silenzio ea
ella aveva lasciato che parlasse il volere di Dio, quel Dio che sembrava il Dio della solitudine e della ftenuria
e che, attraverso lei, diventa il Dio della comunione e dell’abbondanza. Se prima poteva essere considerato
solo un Dio onnipotente e Signore della morte, si rivela un Dio amico e Signore della vita.
La redentrice in questo caso è Rut perché è colei che opera il rientro di Naomi nella society restituendole una discendenza, colei che riesce a dare alla suocera la speranza e a restituirle la fiducia in Dio. In questa
vicenda però, la redenzione è rivolta a tutta la comunità; anche Boaz entra nel processo di redenzione proprio nel momento in cui si assume le proprie responsabilità, tutta la comunità trae vantaggio, o meglio si
rinnova attraverso quanto operato da Rut e da Naomi.
In questa prospettiva non ci rimane che chiederci: non possiamo anche noi aspettarci o torse operare un
' . ' .1. .. ______________________ : .... ^............ Continua a pag. 2 —'
10
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Il Kl®TQ2ao5ia^
Una scelta individuale di vita che può essere volontaria o involontaria, ma che è iscritta nell'animo umano
La solitudine, un'isoio deiia nostra coscienza, f)
Quasi tutti prima o poi
nella nostra vita abbiamo provato l’esperienza della solitudine; non è stata
una scelta volontaria, ma una
prova che cl è caduta addosso.
Talvolta abbiamo vissuto questa prova come pura sofferenza, oppure per sopravvivere a
tale sofferenza ne abbiamo
tratto lo stesso orgoglio della
volpe della favola davanti
all’uva che non riusciva a cogliere: 1 grappoli sono troppo
verdi, vanno bene per gli zotici. Cl slamo convinti o abbiamo cercato di convincere gli
altri che disprezzavamo la
compagnia altrui mentre. In
realtà, questa compagnia cl
mancava nostro malgrado.
Talvolta, più positivamente,
abbiamo tratto dalla solitudine
una nuova forza per andare
avanti nella vita. Ma la solitudine non è stata per noi la nostra
prima vocazione, una vocazione che avremmo cercato di difendere di fronte all’Incomprensione e alla derisione del nostri
slmili. Per coloro che hanno
scelto volontariamente e sinceramente di fare spazio alla solitudine nella loro vita, per proteggersi dalle aggressioni della
nostra società, per ritemprarsi,
per ritrovarsi con se stessi o
con Dio, rari sono quelli per I
quali la rinuncia momentanea o
più durevole nel confronti
dell’amore, dell’amicizia, della
condivisane non sia stata priva
di ambivalenza.
La nostra conoscenza
delia solitudine è illusoria
L’esperienza comune della
solitudine è quella di una mancanza dolorosa oppure quella di
un lavoro Industrioso sulla relazione con l’altro per trovare
una giusta distanza. Come afferma lo scrittore Rllke «la conoscenza che crediamo di avere della solitudine è Illusoria».
Per conoscere la solitudine
profondamente Inscritta nell’animo umano è necessario
uscire dal territorio che cl è familiare per arrischiarci In un
mondo estraneo, accettare di
cercare lontano da sé, piuttosto che In sé, rinunciare a ripetere con Insistenza ciò che crediamo di aver capito per confrontarci con ciò che rimane
incomprensibile. L’autrice accenna ad alcuni aspetti concreti e ordinari legati all’esperienza personale della solitudine.
Donna quasi mai sola, è stata
madre, ha avuto un uomo, dei
figli; raramente ha viaggiato
sola. Ha conosciuto poco la
«solitude physique» che oggi le
appare come una mancanza
nella costruzione della sua personalità. Ha accumulato un
«deficit di solitudine fisica», da
cui emerge oggi una necessità
patologica di isolamento ogni
volta che le è possibile. Ma per
quanto riguarda la solitudine
psicologica, l’autrice ha mantenuto il ricordo di tutte le esperienze dolorose fatte e ha paura di quelle che potrà fare.
Come afferma Schopenhauer, «passiamo la nostra vita a
desiderare ciò che non abbiamo e ad annoiarci di ciò che
abbiamo».
Dimensione ontologica
della solitudine
A partire dalla propria esperienza, l’autrice parla di solitudine fisica e di solitudine psicologica. Queste due forme di
solitudine spesso coincidono, a
volte no, gli stessi aggettivi «fisica» e «psicologica» sono approssimativi e confusi e non
rinviano a una realtà chiaramente delimitata. Tale confusione è tipica della nostra vita
interiore ed è difficile mettere
ordine in essa; l’autrice si chiede piuttosto cosa forma nel più
profondo di noi e in ciascuno
di noi la base ontologica
dell’esperienza ordinaria della
solitudine, cioè che cosa fa si
che la solitudine sia qualcosa
che appartenga al nostro essere e non sia solo la conseguenza di circostanze variabili della
nostra esistenza.
Il testo di una canzone italiana dice che quando si muore,
si muore in ogni caso da soli
(sottintendendo: anche se in
quel momento siamo circondati dalle persone care che hanno riscaldato la nostra vita). La
dimensione ontologica della
solitudine si svela inesorabilmente per ognuno di noi al
momento della morte. Durante
la nostra vita possiamo accedervi solo se accettiamo di fare, simbolicamente, ciò che il
poeta messicano Octavio Paz
chiama «il salto della morte».
Il «salto della morte»
È difficile fare questo salto
nella nostra società perché,
paradossalmente, la solitudine
non è mai stata cosi tanto oggetto di sollecitudine: ci si è
preoccupati di analizzarla, di
alleviarla, di consolarla. Si sente dire che la nostra epoca
mondializzata e socializzata secerne la solitudine a causa
dell’atomizzazione sociale che
fa in modo che gli individui
non siano più sostenuti da reti
comunitarie di vicinanza ma
siano persi nel più crudele
anonimato; anche perché i
meccanismi economici vigenti
rigettano una buona parte della popolazione nell’esclusione.
Comunque sia è vero che la
nostra società ha inventato
nuove forme di solitudine; ma
la vera novità di questo fine secolo sembra essere il fatto che
la società si senta responsabile
di fronte alla solitudine dei suoi
membri e che cerchi con tutti i
mezzi di addolcirla con l’ap
componenti del Comitato
nazionale Fdei
Doriana Giudici
presidente
via del Casaletto 385
00151 Roma
Emera Napoletano
uicepresidente
via Croce Rossa 34
90144 Palermo
Maria Grazia Sbaffi
segretaria
via Racagni 24
43100 Parma
Marina Bertin
tesoriera
via Olivet 12
10062 Luserna S.Giovanni
(To)
c.c.p. n. 36083103
Daniela Manfrini
via Cosimo del Fante 14
20122 Milano
Elena Chines
via Casalaina 32
95126 Catania
Fascicolo interno a RIFORMA
n. 29 del 21 luglio 2000.
Reg. Trib. Pinerolo n. 176/1951.
Responsabile ai sensi di legge:
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Pio V n. 15 bis, 10125 Torino.
Stampa: La Ghisleriana, Mondovì.
Angele Ralalanirainy
vai Riccardo Zandonai 84/a
00194 Roma
Lidia Ribet
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via IV Novembre 107
00187 Roma
Daniela Ferrare
responsabile per la stampa
via S. Pio V 15
10125 Torino
ca, ma ontologica, che si rif.
sce cioè «all’essere delle u.
che è la più evidente, ma^
noi ci allontaniamo perché*
impaurisce tanto quanto!
morte. In conclusione: c’èi!
solitudine radicale, permar!
te, qualunque siano le citt,
stanze della vita, è la solituà
che fonda l’essere di quafe
individuo umano in virtù drf
sua individualità. È quella i
nostro viso riflesso nello sn»
chio ogni mattina, è quelU
nostri pensieri che ci allontau
no dal nostro vicino qua^j
siamo vicini; i nostri pensij
che ci seguono quando mj,
giamo, quando lavoriamo e(
sera prima di addormentarci [
solitudine della nostra cosci®
za davanti alla quali, solitari;
no, siamo tutti uguali.
E questa solitudine che i tt
gimi totalitari sognano di
frangere; per molte perso»
che hanno conosciuto i camn
porto di psicologi, assistenti
sociali, gruppi di solidarietà o
trasmissioni radiofoniche e televisive, come la trasmissione
«Chacun pour tous» della radio
della Svizzera Tomanda. Tutto
ciò è molto utile, lodevole; è
l’espressione di una resistenza
etica dinanzi al cinismo del sistema ed è pure l'espressione
di un ideale democratico secondo il quale ogni individuo
ha diritto all’integrazione, alla
dignità e anche alla felicità, un
ideale che per ore è semplicemente utopico. Ma questo eccesso-di buoni sentimenti anestetizza la coscienza di quella
parte irriducibile di solitudine
che fa parte di noi in quanto
essere umani.
Gli Evangeli, in numerosi
punti, invitano i credenti a fare
«il salto della morte»; si veda la
conclusione della parabola dei
talenti, agli antipodi di ciò che
è eticamente corretto e il versetto dell’Evangelo di Luca 14,
26 (non essendo teologa l'autrice non vuole commentare i
testi, ma si limita a fare alcune
osservazioni). Questi due testi
sradicano il credente dal suo
universo familiare di referenza
e di valori per metterlo davanti
all’incomprensibile, a ciò che
fa scandalo, a ciò a cui è difficile abituarsi.
L'Isola: punto di partenza
e di ritorno
La solitudine nella nostra miseria esistenziale è qualcosa
con cui si deve familiarizzare,
ma non può né deve essere il
nocciolo del nostro essere che
nessuno schiaccianoci riuscirebbe a rompere. Metafora appropriata per la solitudine è quella
dell’«isola». Innanzitutto, sia
nell’isola sia nella persona la
nozione di isolamento procede
di pari passo con quella di relazione. L’isola non è solo un
luogo in cui ci si isola dalla terra, è anche il luogo da cui si
parte e in cui si ritorna, un luogo che suscita sentimenti contraddittori: la stessa dialettica è
presente nell’esperienza ordinaria della solitudine. La solitudine attira e respinge talvolta
nello stesso istante, talaltra in
momenti diversi della vita.
Spesso la misantropia è la conseguenza di un’attesa relazionale delusa, ma spesso, al contrario, la solitudine involontaria e
dolorosa risulta da una rivendicazione maldestra dello spazio
vitale che ci è necessario.
La solitudine e l’isola si assomigliano anche a un livello più
profondo: esse non possono
definirsi che per contrasto con
ciò da cui sono separate.
Affinità profonde
tra «isola» e «solitudine»
L’isola non sarebbe tale se
non fosse staccata dalla terraferma di cui faccia parte e la
solitudine non sarebbe solitudi
ne se non presupponesse una
rottura più o meno radicale
con la comunità degli uomini
di cui facciamo parte fin dalla
nascita, non fosse che per via
del legame genetico con i nostri genitori e per la coabitazione fisica con nostra madre. In
questa dialettica fra l’isola e la
terraferma e la solitudine e la
comunità degli uomini, abbiamo la tendenza a considerare
che il secondo termine precede il primo e che il primo è la
negazione del secondo. La
cronologia degli avvenimenti ci
incoraggia a vedere le cose in
questo modi: prima c’è stato il
continente poi l’isola; prima
c’è stata la comunità degli uomini poi la solitudine. Quindi è
l'isola che è diversa dal continente e non il continente che
è diverso dall’isola; è la solitudine che è una privazione dello
stare insieme agli altri e non lo
stare insieme agli altri una privazione della solitudine.
In questa dialettica può esserci un’altra percezione possibile,
una percezione non cronologi
di concentramento essa e sei-,
vita come ultimo bastione f'
resistenza e di sopravvivenza
Ma per chi nella vita non si à
confrontato con esperiena
estreme, c’è qualcosa eli!
guardiamo in faccia soltanto,
nell’ora della nostra morte,i
quando è impossibile ignorarla, perché ci terrorizza ammet-^
tere che né l’amore, né l’anit
cizia, né la iuga dal mondo,!
nulla possono togliere al fal[
che noi siamo il nostro propiio|
centro, la nostra origine, die
l’essenziale di noi non appartiene che a noi, che né awid-(
nandosi né allontanandoci da-l
gli altri non potremo tro»are|
consolazione a questo stato è|
abbandono.
La solitudine ontologica è
quindi una situazione acquisita,
si tratta solo di prenderne co
scienza; perdere il contatto co
mondo è un mezzo per reali!
zare questa presa di coscienza
un mezzo estremo e scandalo
so come la morte, ma noitui
abbiamo a disposizione di
mezzi meno spettacolari pe
tentare di fare, ogni tanto qi»
sto «salto della morte» sena
cambiare vita e senza attendi
re di morire. Sta a noi nonio
dietreggiare, non distoglierei
occhi, non fuggire quando nd
la meditazione o nella preghio
ra, nella lettura di un testo Ifc
sofico o di un poema, nel
contemplazione della naturai
di un’opera d’arte lo scandi
irreparabile della nostra soliti
dine umana si svela e chiede
essere riconosciuto. I
Silvia Ricci Len>pi*j
(adattamento e traduzioneiHi
francese di Maria Grazia Are*
Dalla prima pagina
(ina storia di soiitadine
processo di redenzione e di
modificazione della nostra
realtà cristiana attraverso rincontro con le altre culture nel
rispetto di Dio e delle diversità? Quale coraggio ci occorre
per «andare e lasciare» tutto alle nostre spalle? Forse proprio
chi inizialmente vive ai limiti
della nostra società (immigrati
o stranieri in genere) può essere artefice anche di una trasformazione e di una affermazione della giustizia e dell’operare divino.
Nella storia di Rut c’è una
possibilità di riscatto, prevista
dalla legge, ma nella vita e nella cultura di oggi la donna è
sola, l’unico sostegno veramente insostituibile è quello
della fede nel Signore. Attraverso di essa si aprono orizzonti impensati anche quando
la solitudine si fa più pesante e
non si pensa di ricorrere a
quella che viene chiamata «seduzione». Nel mondo di oggi
molte donne vivono sole, senza neppure porsi la prospettiva
di condividere la loro vita con
un compagno. Ma quanto costa tutto questo?
Per Rut c’è un finale lieto: è
l’awerarsi del disegnò di Dio.
Ma per noi, donne di oggi,
molto spesso è difficile vedere
nella nostra solitudine il disegno divino. Ecco allora che la
nostra vita è tutto un interrogativo: qual è il mio posto, il
mio compito come credente?
Me lo pongo molto spesso e
continuo a chiedermelo, ma finora ho trovato una sola risposta: sono una piccola tessera di un grande mosaico e
come quella pietruzza non so
quale sia il mio ruolo, so solo
che sono li, in quel posto, accanto ad altre come me ma,
forse, se non ci fossi in quel
punto ci sarebbe un buco, una
infiltrazione che potrebbe danneggiare le altre pietre; allora
mi appago di questo, poiché il
disegno di Dio è troppo grande per me, ma egli conosce
ogni perché.
Bianca Michelini
Campo donne
Centro evangelico Luciano Menegon
Tramonti di Sopra - Pordenone
Telefono: 0427-8690087
DAL 29 LUGLIO AL 6 AGOSTO
Comunicare^ comunicare la fede
Direttrice: past. Francesca Cozzi
in collaborazione con la Fdei
Nei tempi della mondializzazione e dei mezzi di coir"'
nicazione di massa, riflettiamo sulla comunicazióne
noi, nella comunità, tra uomini e donne, in famiglio e come comunichiamo la fede.
Quota partecipazione: L. 360.000
1 ° fiqlio/a fino a 12 anni, stesso nucleo familiare
L. 240.000
2° fiqlio/a fino a 12 anni, stesso nucleo familiare
L. 200.000
L'iscrizione è valida solo se accompagnata dalla
ra di L. 50.000 da versare tramite ccp n.l 10885
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Silvano Fani - viale Miramare 15-34121
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Annuale convegno interregionale della Fdei a Torino «Dibattito 2000-2000 dibattiti» della Chiesa francese
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IL convegno interregionale
Fdei, svoltosi a Torino a fine rnaggio, ha visto riunite
rappresentanti, seppur in numero esiguo, delle realtà femminili del Piemonte, delle valli
valdesi, della Liguria. Un culto
di apertura, presieduto dal
gruppo donne della Chiesa valdese di Torino, ha dato il via ai
lavori che volevano discutere
anche sul recente manifesto
delle donne protestanti.
La relazione della coordinatrice interregionale, Laura Volpi, è stata un’utile sollecitazione a riflettere, ancora una volta, sul nostro lavoro aH’interno
del gruppo femminile, il più
delle volte frequentato da persone anziane che non sempre
si lasciano coinvolgere dai temi di studio che propone la
Federazione.
È stato ribadito che le donne
più giovani non accettano un
impegno nella chiesa separato
da quello degli uomini, che il
loro impegno è più circoscritto
perché, in genere, lavorano e
hanno famiglia, ma anche perché molte volte desiderano
esprimere il loro contributo al
lavoro ecclesiastico con attività
concrete. Sarebbe pertanto
importante che il comitato nazionale della Fdei prevedesse
per le Unioni e per i gruppi
femminili anche nuovi percorsi
d’interesse soprattutto per le
sorelle più anziane.
L’altro momento di scambio
di opinioni è stato a proposito
dei culti che gruppi di donne
presiedono alFinterno della
propria comunità, in questo
caso in genere si cerca di proporre e presentare ai propri
fratelli e sorelle in fede un culto particolare, con liturgie modificate, con quei temi che
stanno particolarmente a cuore al mondo femminile più o
meno emancipato. Anche su
questo punto è stato rilevato
che è difficile essere accettate
dalla comunità riunita, vuoi per
le sollecitazioni date, vuoi per
le modalità di conduzione del
culto. In compenso, quando è
stato valutato il corso di formazione a Vallecrosia, collegialmente si è sottolineato come
sia andato in crescendo il numero delle partecipanti e
quanto sia positivo il confronto
tra generazioni, essendo, appunto in quella occasione, presenti giovani e meno giovani.
Nel prendere in esame la
bozza del manifesto delle donne protestanti (pubblicata sul
Notiziario n. 13) si è fatto un
parallelo tra noi e quello che
emerge riflettendo sulla figura
di Rut. L’identità, la differenza, l’impegno e la comunità
sono temi presenti nel libro di
Rut (vedi: Guida allo studio
della Bibbia, Il libro di Rut,
Società biblica, 2000), ma sono temi di grande attualità anche oggi per noi donne credenti che chiediamo alle nostre chiese di riflettere insieme, uomini e donne, sul nostro modo di essere fedeli
all’Evangelo in questa nuova
®poca. Nel ridefinire quale sia
la nostra identità di evangeliche non potevamo tacere sul
concetto del valore della vita in
un momento in cui per i mass
media l’espressione cattolica
pare debba essere l’unico messaggio da veicolare in una
realtà che invece dovrebbe essere laica e che, tra l’altro, è
sempre più multiculturale.
Le proposte per riflettere
ancora su questo manifesto
che appare circoscritto e poco
rappresentativo del variegato
mondo femminile evangelico e
che dovrebbe essere più incisivo in alcuni punti, verranno
inviate ai gruppi femminili della Liguria, del Piemonte e della Valle d’Aosta, perché ogni
gruppo si impegni a dire la
sua su questo testo che dovrà
essere definito, con il contributo di tutti i fratelli e le sorelle
che vorranno, entro la fine
dell’anno in modo che lo si
possa presentare rivisto come
dichiarazione e impegno uffi
ciali delle donne protestanti
nel marzo del 2001.
Il lavoro Fdei interregionale
così continua, ma questa volta
può contare su nuove forze:
intatti sono state elette Bianca
Michelini del gruppo donne
Fdei della Chiesa valdese di
Torino, quale coordinatrice,
Gabriella Mollino della comunità valdese di Genova e Laura
Volpi, già responsabile Fdei e
membro della Chiesa valdese
di Imperia, che qui ringraziamo per aver voluto questo incontro. A tutte e tre l’augurio
di buon lavoro. La discussione
è stata molto vivace e rincontro si è protratto ben oltre
l’orario previsto.
Al termine dei lavori è stata
approvata una presa di presa
di posizione che riportiamo qui
di seguito, (d.f.)
Presa di posizione
Non è stato possibile sottrarsi alle immagini e alle emozioni
che la vicenda delle gemelle siamesi, venute dal Perù con laloro giovanissima e dolente madre, hanno suscitato in noi
donne.
Ci ha addolorato il fatto che questa madre sia venuta in Italia
a cercare la possibilità di vivere per le sue figlioline che, al contrario, hanno trovato entrambe la morte.
Ci ha sconvolto l’invadenza della televisione e della stampa
che, senza alcun rispetto della privacy (che un fatto così delicato e umano meritava), hanno alimentato una curiosità falsa
e inutile.
Ci ha avvilito ancor più l’esaltazione della vita, 1 arrogarsi da
parte della Chiesa cattolica della scelta tra la vita e la rnorte
(obiezione di coscienza di un medico, i discorsi dell’onnipresente sacerdote), perché ha riportato alla nostra rnemoria tempi oscuri e non lontani quando la vita e la volontà della donna
non valevano nulla: altri sceglievano per lei. Di fronte a un
parto che si presentava difficile per madre e nascituro, veniva
decretata la sopravvivenza del bambino da medico, marito e
sacerdote, senza tener conto della volontà della madre. Ogni
donna dà e darebbe la vifa per i suoi figli, ma va lasciata a essa, neU’ambito familiare e nella massima discrezione, la possibilità di scelta.
Ci delude che, rispetto agli errori e agli atteggiamenti del
passato, siano stati fatti ben pochi passi avanti nel considerare
la donna un essere dotato di anima, cervello e sentimenti
mentre il pensiero, molto maschile, che dubita della capacità
della donna di gestire la vita, non sia ancora stato superato.
Dal nostro incontro con Cristo, il Dio vivente, siamo stati liberati. Il Signore ci ha preso per mano e ci ha detto: «Talità
Kum» che significa: «Fanciulla, donna, alzati!» (Marco 5, 41).
per il gruppo
Didi Saccomani Paschetto
VISTA dalla parte delle
donne, la campagna di
«Débat 2000 - 2000
débats» della Chiesa riformata
durante l’incontro avvenuto
nei giorni 3 e 4 giugno a Lione (di cui «Riforma» ha già parlato), non trattava dei problemi
delle donne, ma le donne erano presenti e protagoniste
quasi dappertutto. Benché assenti dalla prima tavola rotonda su «Dio e i media», erano
presenti in maggioranza sullo
schermo del video che introduceva il grande dibattito.
Trarre delle conclusioni su
quest’ultima osservazione forse è prematuro, ma si potrebbe rilevare che il modo attuale
di vivere la fede, presentato
soprattutto attraverso esperienze di donne, mette in evidenza una realtà quotidiana
che le donne vivono in tutta la
sua pienezza. Sulle spalle della
maggior parte delle donne pesa ancora la responsabilità di
portare avanti una vita vissuta
concretamente nella frammentarietà tra lavoro personale,
maternità, andamento della
casa, cura degli anziani, impegni sociali. Ma quali sono state
le ragioni della scelta di così
tante testimonianze di donne
per introdurre il grande dibattito? Forse perché le donne
approfondiscono la loro fede
alla luce della concretezza della loro quotidianità che permette loro di evidenziare i problemi più urgenti e permette
loro di esprimere una fede più
comprensibile ad un pubblico
non credente?
A Lione donne, uomini,
persone più mature... tutti ci
siamo sentiti coinvolti nell’esprimere la gioia di essere insieme. Frotte di persone venute da ogni regione della Francia, amici provenienti da tutti i
continenti, insieme nella gioia
di ascoltare grandi pensatori
come il filosofo Paul Ricoeur
(grazie a lui ho scoperto l’importanza della benevolenza). E
ancora, donne giovani in cerca del modo migliore di vivere
la loro fede come la pastora
Corinne Akli, segretaria nazionale del Soccorso popolare
francese, attraverso il quale
lotta contro ogni forma di
esclusione: per lei la fede si
fonda sulle emozioni.
Dopo un secolo di massacri,
in nome della tede, questa
gioia ci dà tanta nuova speranza per l’awenire. Le due giornate erano coniugate insieme
da dibattiti e da spettacoli:
pensiero e arte, dove l’arte è
espressione del pensiero. Una
pastora, Colette Bergèse, è la
promotrice di uno spettacolo
musicale: «Un briciolo di tempo... per ascoltare», presentato
dai più giovani. Ideato e realizzato sulla base di 800 risposte
di adolescenti tra gli 11 e i 18
anni, nelle quali hanno espresso il loro scoraggiamento, ma
anche la loro fiducia nel cambiare il proprio sguardo sulla
gente e sulla società per un
mondo nuovo e migliore. Essi
cantano: «Anche se so parlare
tutte le lingue della terra, anche se posso correre più veloce della luce, anche se voglio
scegliere la causa umanitaria,
senza amore i miei successi sono polvere, ciò non serve a
niente, io non sono niente».
Le donne erano presenti nei
gruppi di animazione il sabato
sera nei seti^ luoghi della città,
dove si poteva assistere a canti
dei giovani, di corali, a poesie
e a spettacoli teatrali su episodi biblici, a mimi e a scambi
sull’attualità. Chi scrive non è
riuscita purtroppo a vedere come funziona un «caffè (bar)
teologico»: a Lione, infatti, una
pastora coordina questa attività settimanale, nell’ambito
della cappellania universitaria.
Questo grande dibattito che ha
visto riunite migliaia di perso
ne ed è stato intercalato da
danza classica, sketch, canti
Gospel, è stato diretto da 11
uomini e 3 donne, oltre al presentatore e alla presentatrice.
Claudette Marquet, pastora,
produttrice della rubrica televisiva settimanale «Présence
protestante» chiedeva: «Perché
gli umani non sono destinati a
uccidersi tra di loro e a diventare barbari? Non va da sé vivere insieme a gente che è
una minaccia per me». E più
tardi concludeva: «La nostra
debolezza si esprime con la
forza delle parole. Con la potenza di una parola ricomincio
la mia vita». In altra occasione
la Marquet aveva scritto: «Solo
il rispetto della religione
dell’altro, l’impegno a conoscerla in modo serio e la convinzione che la verità non appartiene ad alcuno, dato che è
di Dio solo, permetteranno di
togliere i malintesi. A queste
condizioni il dialogo pacato tra
tutte le religioni potrebbe essere fautore di pace».
Si spera che nell’adattamento dei pannelli della mostra
«Protestants» in italiano, ci sia
un posto per la Federazione
donne evangeliche in Italia
(Fdei) per le esperienze di pastore e per la redattrice televisiva e altre ancora. Un’occasione per promuovere una riflessione all interno della società italiana che ha bisogno di
interrogarsi sul perché le donne protestanti hanno lo stesso
posto degli altri aH’interno delle loro chiese.
Marie-France Maurin
Il tema della violenza dei giovani al centro dell'incontro pastorale a Torre Pellice
L'importanza di saper ascoitare i'adoiescente
Dal 18 al 21 giugno, a
Torre Pellice, si è tenuto un corso di aggiornamento pastorale italofrancese sulla realtà giovanile.
Erano presenti 28 pastori francesi della Chiesa riformata della Provence-Côte d’Azur et
Corse e 15 pastori italiani. Tra
i relatori vi erano Edith Tarlar
Goddet, psicoioga; Marco Rolando, psichiatra e Ermanno
Genre, professore di teologia
pratica alla Facoltà valdese di
teologia.
La prima parte del corso ha
riguardato la psicosociologia e
la personalità dell’adolescente,
il confronto tra la realtà adolescenziale francese e quella italiana, l’aggressività e la violenza dell’adolescente. La secon
da parte del corso ha trattato
il tema della catechesi degli
adolescenti, esposto dalla signora Goddet e quello relativo
alla comunicazione del messaggio biblico agli adolescenti,
presentato da Ermanno Genre. Infine, solo per gli ospiti
italiani, si è esaminato il tema
dell’aggregazione giovanile
nella nostra realtà. L argomento che ha avuto grande
eco è stato quello dell’aggressività e della violenza adolescenziale.
La psicoioga Goddet ha
sottolineato che, psichicamente, l’adolescente agisce
seguendo i principi del piacere; non potendo soddisfare
immediatamente le sue pulsioni e i suoi desideri, vive
una torte frustrazione. Tale
delusione produce delle tensioni che si esprimono in manifestazioni aggressive soprattutto nei confronti degli adulti
e delle istituzioni che impongono loro un determinato
comportamento, e provoca a
volte in loro grosse difficoltà
esistenziali. Proprio per questo motivo il genitore, il pastore, l’adulto in generale, deve valorizzare la parola
dell’adolescente, la sua esperienza, la sua persona perché
possa costruire, sviluppare, in
modo armonico, la propria
identità.
Il lavoro di «mentalizzazione», sostiene ancora la Goddet, cioè la presa di coscienza
dell’atto, non è una caratteristica propria dell’adolescente.
Quest’ultimo è incapace di simulare mentalmente un'azione che compie, tant’è che
esprime incapacità di percezione sui conflitti interni che
possono travolgerlo e traumatizzarlo. Nella Bibbia, invece, il
lavoro di «mentalizzazione» è
presente, ad esempio, nel passo dove Dio parla a Caino:
«...il peccato sta spiandoti alla
porta» (Genesi 4, 7). In Caino
esiste, prima che compia il
peccato, una consapevolezza
e quindi egli è responsabile
dell’atto che compie.
L'adulto deve situarsi come
supporto dell’adolescente affinché quest’ultimo possa fabbricarsi una coscienza che lo
aiuti a costruire la propria responsabilità anziché il senso di
colpa. Nel racconto di Caino
troviamo un altro esempio significativo: dopo il peccato da
lui commesso, Dio gli dice:
«Che hai tu fatto?» (Gen. 4,
10), interrogandolo quindi sulle sue trasgressioni, rinviando
cosi la punizione. Questo
esempio mette in luce che la
posizione del pastore o del catechista nei confronti dell’adolescente non deve essere autoritaria o di chi sa tutto, altrimenti si pone in un atteggiamento di onnipotenza, mentre
invece deve mostrarsi come
testimone e spiegare come la
Parola parli in ogni momento
alla coscienza individuale di
ciascuno.
L’ambiente sociale in cui
l’adolescente è inserito è un
elemento molto significativo
per la formazione della sua
personalità. In genere, si è
detto, a scuola dai giovani si
richiede solo apprendimento:
essi devono «sapere». In ambito catechetico è importante
che la conoscenza sia sempre
accompagnata da una «ricerca
di senso». Nella comprensione
di un testo biblico, gli adolescenti sono chiamati a reagire,
a sentire una parola carica di
significato per la propria vita:
essi devono «essere», devono
sentirsi vivere, devono sentirsi
chiamati, interpellati da un discorso che li concerne.
Durante il convegno si re
spirava aria di fraternità e anche la volontà di condividere
le esperienze reciproche in
un’atmosfera positiva. Il culto
di chiusura, centrato sulla storia di Eutico (Atti 20, 7-12),
un giovane che, durante un
culto si addormenta e cade da
una finestra, credo che abbia
espresso una volontà comune
di ricercare, esperimentare un
linguaggio giovanile, non tradizionale, attraverso anche
espressioni simboliche.
La necessità di percorrere
un cammino verso i giovani
per comprendere le loro esigenze, per permettere che la
loro personalità venga affermata, è scaturita dai diversi interventi dei lavori di gruppo,
necessità che non solo è stata
condivisa, ma anche ritenuta
di fondamentale importanza.
Perché tutto ciò possa concretizzarsi bisogna partire
dall’ascolto e da una volontà
di reciprocità tra generazioni,
dove possa regnare fiducia,
volontà nel partecipare alla vita dell’altro, volontà nel riconoscersi con le proprie debolezze, volontà nel condividere
ciò che accomuna e ciò che
separa. Se manca questa volontà non potrà esserci una
chiesa che si esprime nella
pluralità dei doni e nella comunione, elementi che permettono ai giovani di sentirsi
pienamente inseriti nella vita
della comunità.
Claudia Lupi
12
La Federazione delle Donne Evangeliche in Italia organizza
idl2l
Sabato 19 agosto
Torre Pellice
Programma
, ore 14
nei locali deirArchIvIo delle chiese valdese e metodista, via Beckwith, 3
Inaugurazione Archivio delle donne
Intervengono: Gianni Rostan, moderatore della Tavola Vvaldese, Doriana Giudici, presidente della Fdei, Marina Jarre, scrittrice,
Carmen Seia, comitato Pari opportunità della Regione Piemonte, Gabriella Ballesio, archivista
^ rinfresco
VENEI
Nei locali del Collegio valdese di Torre Pellice, via Beckwith 1
ore 14,45
ore 15.15
ore 15.30
ore 16
ore 16.15
ore 16.45
ore 17
momento musicale a cura di Gisela Lasier
Intervallo
momento di riflessione sul tema: «Quale ruolo
per l’uomo e la donna del 2000?»
interviene: Giovanna Pons, pastora
intervista di Carmelina Maurizio, giornalista
Intervallo
momento di danza liturgica a cura di Karola Stò
beus
intervallo
momento di riflessione sui tema: «Immersi nella
violenza»
interviene: Gabriela Lio, pastora
intervista di Carmelina Maurizio, giornalista
ore 17.30 Intervallo
ore 17.45 momento creativo di pittura a cura di Fernanda
Rivoir
ore 18.15 Intervallo
ore 18.30 momento di riflessione sul tema: «La cancellazione del debito dei paesi poveri»
intervengono: Florence Vinti, prédicatrice laica.
Dora Bognandi, segretaria nazionale della fondazione «Adventum»
intervista di Carmelina Maurizio, giornalista
ore 19 momento di danza occitana a cura di Roberta
Peyrot
ore 21
Nella palestra del Collegio valdese di Torre Pellice
presentazione libro:
«Una donna nomade»
Miriam Castiglione nella Puglia degli anni ’70
di Bruna Peyrot
intervengono: Pietro Clemente, professore all’Università «La Sapienza» di Roma, Marcella Filippa, direttrice di «Edizioni Lavoro»
della CISL, Elio Canale, preside del Collegio valdese di Torre Pellice, Bruna Peyrot, storica
conduce gli interventi Doriana Giudici, presidente Fdei
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venerdì 21 LUGLIO 2000
VllTA
Chiese
PAG. 9 RIFORMA
Cd
Intervista a Paolo Ribet, presidente della Commissione sinodale per la diaconia
Una decisa azione diaconale comune
/Ve/ momento in cui la chiesa si assume la responsabilità di gestire non dei piccoli interventi
sporadici ma delle realtà solide e complesse, deve anche darsi una struttura adeguata
tUCiNIO BERNARDINI
La Commissione sinodale
perla diaconia (Csd), tramite i comitati di gestione
delle singole opere e tramite
la Ciov per quanto riguarda
gli ospedali, amministra e
coordina la gran parte degli
enti e istituti diaconali valdesi. La Csd è nata sette anni fa,
chiediamo al presidente, il
pastore Paolo Ribet, se con il
prossimo Sinodo, in un certo
senso, si concluderà un ciclo:
«Sì, in un certo senso sì, anche se in agosto scadranno
"soltanto” il presidente e il
vicepresidente, in quanto negli anni scorsi si è sempre
operato un turn over. Si può
dire che si conclude il primo
ciclo della Csd. In questi sette
anni, infatti, il compito principale che ci siamo dati è stato quello di far nascere nella
coscienza della chiesa l’idea
di un lavoro più unitario nel
campo diaconale, di una più
decisa azione comune. Insamma, abbiamo impostato
un.lavoro che ora dovrà essere consolidato».
- E ci siete riusciti?
«Io direi di sì, anche se le
resistenze e le incomprensioni sono ancora molte. Quando si cominciò a parlare di
questo progetto, una decina
di anni fa, vi era chi temeva la
creazione di un centro di potere in seno alla chiesa. D’altra parte, non erano in molti
coloro che sentivano la ne
cessità di dotare le opere diaconali di strumenti amministrativi e decisionali unificati
e adeguati al tipo di società
verso cui stiamo andando. Io
ho la presunzione di ritenere
che adesso le paure si siano
dimostrate errate e che a vari
livelli si sia riconosciuta la
necessità di una amministrazione più attenta».
- Quali sono le maggiori difficoltà che avete incontrato?
«Le difficoltà sono state
presenti a tre livelli. Innanzitutto, al nostro interno non
tutti sentivano la necessità di
questa unificazione: molti
preferivano camminare autonomamente. Abbiamo dunque dovuto far comprendere
(e comprendere meglio noi
stessi) che il “sistema” che si
voleva formare era composto
da una forte unità nei confronti deU’esterno, lo stato, le
banche ecc., creando un’unica “azienda”, mentre al nostro interno ogni comitato
manteneva intatte le capacità
gestionali che aveva prima.
La seconda difficoltà che abbiamo incontrato è stata
quella di creare un’organizzazione tale che consenta
questo doppio livello di responsabilità: “Chi decide che
cosa?”, era la domanda che in
molti ponevano. E anche come “azienda” unica occorreva creare un sistema funzionante che permettesse, per
esempio, la gestione del personale. Anche qui cercando
Agape dal 13 al 20 agosto
Le chiese discutono
di nuove liturgie
DANIELE BOUCHARD
Le nostre chiese e la Egei
discutono di liturgia, sperimentano forme nuove e si
dibattono nel dilemma di come trasformare la liturgia dei
nostri culti in modo che esprima realmente la fede dei
membri di chiesa, nelle sue
diverse sfumature, mantenendo al tempo stesso il carattere tradizionale, indiI spensabile all’efficacia del rito. Il campo teologico che si
svolgerà ad Agape dal 13 al 20
agosto capita a fagiolo per
fornire alle persone interessate a questo problema stimoli
nuovi e soprattutto un’occasione di ricerca comune con
altri e altre credenti.
Come in genere i campi di
Agape, anche questo sarà caratterizzato dalla libertà di
sperimentazione, alimentata
dal contributo di esperti ed
esperte che terranno le relazioni e gestiranno i laboratori- Le relazioni introduttive
saranno tenute da Elizabeth
Templeton, teologa scozzese. che parlerà della dimensione del rito in generale e
da Sergio Ribet, pastore valdese, che parlerà dell’importanza della liturgia per la fede. I laboratori saranno mordenti di analisi dell’esperienza liturgica dei e delle
partecipanti ma anche luoghi di sperimentazione e
creatività applicate alla litur
gia. Tratteranno di silenzio,
corpo, simboli, linguaggio
verbale, cena del Signore,
musica, letture bibliche, benedizioni e maledizioni. Infine vi sarà un laboratorio di
pittura di icone gestito da un
esperto ucraino. Anche i culti mattutini saranno utilizzati come luogo di sperimentazione liturgica.
Il carattere internazionale
ed ecumenico del campo garantirà il confronto con esperienze e,punti di vista diversi
dal nostro. Sono previsti partecipanti dalla Gran Bretagna,
dall’Olanda, dalla Germania,
dall’Ucraina e dall’Armenia,
oltre che dall’Italia. Le tre
confessioni cristiane saranno
rappresentate, ma certamente vi saranno anche parteci-panti in ricerca che non si
identificano pienamente con
nessuna di esse, né necessariamente con il cristianesimo.
Questa varietà permetterà di
nutrire la propria ricerca del
confronto con l'altro e l’altra,
ma comporterà al tempo
stesso un esercizio di ascolto
e rispetto continuo per comprendere le tradizioni altrui e
far comprendere la propria,
restando nello spirito della ricerca comune.
Per informazioni e iscrizioni rivolgersi alla segreteria di
Agape, 10060 Frali (To), telefono 0121-807514, fax 0121807690, e-mail agape@perosa.alpcom.it.
COMMISSIONE PERMANENTE STUDI
della Chiesa evangelica valdese
(Unione delle chiese valdesi e metodiste)
SESSIONE D'ESAME
domenica 20 agosto 2000, ore 9
Collegio valdese - Torre Pellice
di evitare le rigidità burocratiche e l’adagiarsi sulle abitudini del passato. Ma il problema più grosso, che ancora
non abbiamo risolto, non dipende da noi, bensì dallo stato italiano e dalle regioni che
emettono delle leggi che richiedono elevati standard di
prestazioni da parte di chi
opera nel sociale e contemporaneamente abbattono i finanziamenti. Qui la domanda è: come riuscire a essere
presenti in modo valido senza svenare i fruitori del servizio e senza finire dissanguati
noi stessi? Io non vedo altra
risposta se non lavorare insieme, unificando certi settori e operando così dei risparmi di gestione».
- Per esempio?
«Un ufficio è già attivo: il
settore contabilità e paghe. E
lo cito per primo, non solo
perché esiste da alcuni anni
ma anche perché, a mio giudizio, ha aiutato enormemente le opere a crescere in
quella sensibilità amministrativa che permette di commisurare il progetto di servizio con le forze che si hanno
e dunque dà solidità a tutta
l’opera. Il secondo esempio
che voglio citare è il progetto
delle cucine unificate, che va
ancora definito in alcuni dettagli e che si spera possa partire alle Valli nel prossimo autunno. Sono solo due esempi;
ma pensate quante cose si
possono fare insieme, soprattutto alle Valli e a Firenze, dove abbiamo una certa concentrazione di opere».
- Lei ha definito più volte le
nostre opere come delle aziende. Che cosa intende dire?
«Sottolineo subito il fatto
che ho messo la parola tra
virgolette. Noi siamo una
chiesa, ed è bene che non lo
dimentichiamo mai. Se operiamo nel campo della diaconia è perché l’agape di Dio ci
spinge ad agire a favore dei
più deboli. Le azioni diaconali che le singole comunità
compiono sono le più varie e
hanno tutte pari dignità.
Però, nel momento in cui la
chiesa si prende la responsabilità di gestire non dei piccoli interventi sporadici, ma
delle realtà solide e delle organizzazioni complesse, non
può farlo se non dandosi una
struttura aziendale, cioè applicando con serietà e razionalità criteri gestionali che
altri hanno inventato e applicato prima di noi».
Comunità metoidista d\ Venezia
Confermazioni e battesimo
nel segno di Pentecoste
LUCA ANZIANI
A Pentecoste la comunità
metodista si è riunita per
la celebrazione del culto e per
festeggiare con gioia il dono
inatteso e improvviso dello
Spirito Santo. È stata una
giornata importante per la
nostra piccola comunità, così
geograficamente isolata, eppure attenta alla vita del circuito e delle comunità più vicine, una giornata in cui si sono superati con uno slancio di
entusiasmo i limiti e il pessimismo che a volte caratterizzano la vita delle nostre chiese. In questa occasione una
giovane coppia è stata confermata e la loro piccola figlia
□IO o amore:
Gli ottantanni ó\ Olga Naso
Una festa di famiglia
benedetta dal Signore
Sara ha ricevuto il battesimo.
In queste realtà tali occasioni
non fanno parte della routine
e non sono assolutamente
scontate, ma vengono realmente vissute come segni
concreti che nonostante tutto
i tanti nostri umani limiti, c’è
un futuro di speranza per la
vita della chiesa, che si fonda
su un presente solidissimo
ancorato saldamente alla croce di Cristo. Così, annunciando il dono dello Spirito Santo
e richiamando tutti alla responsabilità, l’Evangelo di
Cristo in questa giornata di
festa ha esortato tutti noi a dimenticare che ci è stata rivolta una vocazione per portare
frutti all’opera del Signore.
«Celebrate l’Eterno con me
e insieme esaltiamo il suo
nome». Questo il verso del
Salmo 34 che distingueva e
definiva l’invito a una speciale festa di compleanno. Per i
suoi 80 anni Olga Naso ha
deciso di rendere grazie al Signore che «mi ha consentito
di raggiungere questa età in
buona salute» con un concerto nella Niklauskapelle della
cattedrale di Basilea e un ricevimento nello storico Palazzo del vescovo, ora più secolarmente sontuoso presbiterio. Della sua lunga e fruttuosa vita Olga non vanta alcun merito ma si rallegra che
moltissimi si siano voluti unire a lei in questa ceiebrazione.
Impossibile contare telefonate, fax, lettere, biglietti telegrammi e la quantità di fiori
da ogni parte d’Europa, soprattutto dall’Italia e soprattutto nelle comunità dove
nell’arco di una lunga e laboriosa esistenza ha prestato la
sua opera insieme al marito, il
pastore Liborio Naso, scomparso nel 1997. L’organista
della comunità evangelica di
lingua italiana Medi Emele e il
chitarrista Maurice Gysin, nipote della festeggiata, si sono
profusi in inni e cantate in
maggioranza di Bach davanti
a circa 150 persone.
Nata a Riesi nel 1920 in una
grande famiglia di cui lei era
la sesta e il pittore Filippo
Scroppo il primogenito, Olga
crebbe in una felice e serena
atmosfera in cui l’Evangelo
era il perno centrale. Nonostante gli 11 figli (di cui 9 rag
giunsero l’età adulta e 7 sono
vivi e vegeti) la madre Santa
con le sue sorelle era insegnante nelle scuole valdesi
di Riesi ai tempi in cui quasi
la metà della popolazione si
dichiarava valdese. «Tutti i
bambini imparavano la Bibbia, anche i cattolici; si studiavano i versetti a memoria
e la domenica il pastore ci interrogava», ricorda.
Quando sposò Liborio Naso (anch’egli proveniente da
una famiglia di Riesi molto
impegnata nella chiesa; su 4
figli due divennero pastori e
due diaconi) lo seguì a Vittoria dove coadiuvava il marito
nella gestione dell’Asilo degli
anziani e vide la nascita di
Adelfia che nacque grazie al
lavoro loro e dei volontari.
Dopo 10 anni eccoli a Venezia e dintorni e dopo un altro
decennio il trasferimento a
Basilea. Qui con tutta la famiglia si prodiga per gli immigrati italiani per cui la chiesa
evangelica mette in piedi
scuole e assistenza. Moglie di
pastore «all’antica» ha anche
sempre seguito le attività delle Unioni femminili, spesso
ricamando e cucinando per
arricchire i bazar di invitanti
prodotti e contribuito alla
stampa delle chiese con articoli e bollettini.
La riconoscenza per l’operato suo e del marito si è vista
nell’entusiasmo festoso della
piccola folla basilese. Che il
Signore ci conceda di essere
rallegrati per molti anni ancora dalla sua radiosa calda
presenza, (e.n.)
Chiesa battista d\ Civitavecchia
Quattro nuovi fratelli
di provenienza diversa
LUIGI SPURI
Nella chiesa battista di
Civitavecchia, nel culto
del 18 giugno, sono stati battezzati quattro fratelli. Al culto è seguita un’agape fraterna
a cui hanno partecipato anche molti amici e parenti dei
fratelli battezzati. Poco tempo prima ci eravamo ritrovati
a Santa Severa per ricordare
la nascita del Villaggio della
gioventù: rivedere tante sorelle e tanti fratelli, con cui
abbiamo diviso sogni, speranze e lavoro, ci ha spinti a
dirci: perché non raccontarci
e comunicarci ancora di più
ciò che facciamo all’interno
dell’Unione battista? Per i più
anziani di noi, è un’intera vi
ta che camminiamo insieme!
La riunione battesimale è
stata condotta dal nostro pastore Blasco Ramirez. I battezzati sono Gheorghie Barbantan, romeno, di origine
ortodossa, che ha partecipato
a tutte le attività della comunità dimostrando grande disponibilità nella lettura della
Bibbia: Giovanni Battista
Candiracci, già da tanti anni
considerato alla stregua di un
membro di chiesa; Sebastiano Vadalà, che ha portato un
vento di freschezza nei contatti con fratelli e sorelle; e
infine Roberto Regio, un po’
la «mascotte» del gruppo.
Tutta la chiesa li ha raccomandati alle benedizioni del
Padre celeste.
¡CRONACHE DELLE CHIESEI
COAZZE — Dal 21 al 30 luglio si tiene una mostra dell’artigianato povero e intelligente: giocattoli costruiti da bambini africani con materiali di recupero (orario sab. dom. ore 16-20).
MEANA DI SUSA — Venerdì 28 luglio, alle 20,45 nella chiesa
battista, si tiene un concerto di musica gospel con la «Bob
Jones University» (Usa), che sarà anche a Sant’Antonino di
Susa (29 luglio ore 20,45) e a Susa (domenica 30 alle 10).
• Domenica 30 luglio, alle 17, nella chiesa, si tiene una conferenza del past. Giorgio Bouchard sul tema «I valdesi e i
riformati in valle di Susa».
PRAROSTINO — La comunità è vicina alle famiglie di Wanda
Avondetto e di Bruno Simondet che ci hanno lasciati.
PRAMOLLO — Domenica 16 giugno è stato battezzato Luca
Beccari, di Elso e di Paola Menusan. Ai genitori e al fratellino Fabio l’augurio gioioso della comunità.
• Ci ha lasciati Elena Sappé ved. Long, di 84 anni. La comunità è vicina ai famigliari in questa triste circostanza.
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14
PAG. 10 RIFORMA
venerdì 2UUGLI0^ ^PRPl2
LA MONTAGNA
È CROLLATA
LUCIANO DEODATO
dei potenti convive
con la drammatica
e penosa miseria
della popolazione
Per alcuni attimi nelle nostre
case sono entrate le immagini
allucinanti, incredibili della miseria estrema, i volti disperati di
chi vive senza nulla, della tragedia di Manila, dove un numero
imprecisato di persone hanno
trovato la morte sepolte da una
montagna di rifiuti.
Ho avuto la ventura di vedere
con i miei occhi quello che non
avrei mai voluto vedere, la
«Smokey Mountain», la «montagna fumante», quella grande
discarica alla periferia di Manila, luogo della tragedia. Mi ci
hanno portato un giorno, perché potessi vedere un mondo
che non avevo mai visto e sapere che l’inferno
non è nell’aldil- *™****'"™
à, ma qui e ora;
non fa parte del
mondo creato da
Dio, ma è U prodotto della nostra «civiltà». Da
lontano si scorgeva una collina
fumante, già a
distanza il fetore
era insopportabile e per respirare tutti noi abbiamo tirato fuori un fazzoletto. La collina sembrava animata, brulicare interamente di
qualcosa che non capivi se erano topi o vermi, cose grigie,
informi: decine, anzi centinaia
di dannati, persone praticamente nude che a mani nude scavavano nei rifìuti alla ricerca di
qualcosa. 1 miserabili di Manila,
i poveri tra i poveri, i rifiuti tra i
rifiuti, l’abisso della miseria.
Molti bambini. Prima di arrivarvi eravamo passati in alcune
bidonville dove già la dimensione della miseria mi era sembrata insopportabile. Un conto infatti è vedere alcuni poveri,
tutt’altro vederne 25.000, 50,
100.000 tutti insieme. Allora ti
coglie un senso di disperazione,
di rivolta profonda perché, nella
stessa Manila, una strada divide
una bidonville da un quartiere
residenziale dove capita di vedere splendide ville con prato
all’inglese in cui un maggiordomo in guanti bianchi cura delicatamente il giardino. La miseria più miserabile e la ricchezza
più sfacciata convivono, in un
contrasto che grida giustizia.
Tra i paesi dell’Asia le Filippine sono quello più sfortunato;
terra di conquista, saccheggio,
rapina. Isole bellissime, destinate a diventare un deserto.
L’80% della terra e della ricchezza è nelle mani di sole 500
famiglie. Alcune multinazionali
possiedono vasti latifondi dove
I latifondisti hanno abbandonato la coltivazione della canna da
zucchero perché non competitiva sul mercato mondiale, senza
però cercare colture alternative,
anzi impedendo con la forza di
squadracce che non esitano a
far fuoco, agli antichi mezzadri
di coltivare riso o altro per il sostentamento delle proprie famiglie. Le foreste di legname pregiato sono state ormai distrutte;
la barriera corallina che una
volta garantiva una pesca abbondante non esiste più, distrutta dalle bombe dei pescherecci. E i pescatori oggi usano
reti fini come zanzariere, con le
quali pescano pesci talmente
piccoli che non
hanno fatto in
Nelle Filippine il lusso ^
' durst, per cut tra
hanno impiantato monocolture.
breve sparirà o
gni traccia di vita.
Nel frattempo la
popolazione aumenta vertiginosamente; il tasso
di crescita è tra i
più alti del mondo: raddoppia ogni 28 anni. I 70 milioni di abitanti, calcolati alcuni anni fa, sono destinati a diventare 140 nei
prossimi 10-15 anni. La classe
politica, che si muove in elicottero, vive in alberghi ed è protetta da una milizia personale, non
ha certo nessun interesse a cambiare lo stato deUe cose. Il presidente che ha espresso. Estrada,
un ex attore che nei film interpretava il ruolo del gangster,
passa le sue notti a giocare al casinò tra alcol e belle donne.
E la chiesa? Anzi, le chiese?
Quella cattolica è tutta protesa
nella lotta per la vita, a vietare
con tutti i mezzi, leciti e illeciti,
qualsiasi progetto di pianificazione familiare. Tra le protestanti dominano i fondamentalisti americani, preoccupati del
pericolo «comunista». Altre, di
matrice più riformata, organizzano servizi sociali nelle bidonville, e sostengono, ma in modo
clandestino, i pochi e perseguitati movimenti sindacai. La tragedia della «Smokey Mountain», per quanto ci appaia eclatante, è in realtà un episodio,
certo drammatico, ma secondario nell’insieme del tragico quadro filippino. Acquista però un
senso profetico. La società filippina è destinata a crollare e il
suo crollo sarà una catastrofe
per molti. Ma è anche un monito, un interrogativo per noi. La
montagna è crollata e noi abbiamo saputo: il velo si è sollevato e
abbiamo visto. Ora non potremo più dire che non sapevamo.
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fax
REDAZIONE CENTRALE TORINO:
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EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l.-via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
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ÜSUâ O sostenitore: L. 200.000.
p , ^ ordinario: L. 170.000; v. aerea: L. 195.000; semestrale: L 80.000;
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Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x38 mm. Riforma - 37x45 mm, L'Eco delle
valli valdesi) £ 30.000. Partecipazioni: mm/colonna E1.800. Economici: a parola £ 1.000.
La testata Riforma è registrata dal Tribunale di Pinerolo con il numero 176/51.
Riforma-L'Eco delle valli valdesi è il nuovo titolo della testata
L’Eco delle valili valdesi registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. 175/51 (modifiche registrate II 6 dicembre1999).
Il numero 28 del 14 luglio 2000 è stato spedito dall'Ufficio CMP
Nord di Torino, via Cebrosa 5, mercoledì 12 luglio 2000.
1998
Associato alla
Unione stampa
periodica Italiana
Una riflessione per la prossima Assemblea dell'Ucebi
Al centro della vita delle chiese
Comunione fraterna, insegnamento, annuncio dell'Evangelo, servizio
sono gli elementi fondamentali che qualificano i discepoli di Cristo
EMMANUELE PASCHEHO
La relazione del Comitato
esecutivo per l’Assemblea deU’Ucebi, che si terrà a
Torre Pellice a fine agosto, fa
intravedere una situazione
del battismo italiano meno
drammatica di come appariva negli anni passati. Sembra
che ci si incammini verso la
soluzione degli annosi problemi finanziari, anche se la
strada per il risanamento
sarà lunga e dura e non si dovrà abbassare la guardia,
mentre sul piano dei rapporti
interni aH’Unione forse si è
arrivati a una pausa di riflessione che può far decantare
la situazione e allentare le
tensioni. Credo che'il momento sia opportuno per alcune considerazioni circa la
nostra presenza di evangelici
e battisti in Italia.
Da tempo ho la sensazione
che in questi ultimi lustri si
sia dimenticato il senso della
nostra vocazione. Certo la situazione economica nella
quale ci siamo dibattuti era
pesante e pareva senza via
d’uscita: richiedeva e richiede tuttora la nostra massima
attenzione e un serio impegno per avviarla a soluzione.
Ma ho anche l’impressione
che abbiamo agito con una
preoccupazione e un’ansietà
tali, che ci hanno portato a
scambiare i mezzi per i fini.
Abbiamo proceduto senza visioni e con scarsa fede, quasi
che gli scopi principali della
nostra Unione di chiese fossero il risanamento dei bilanci, la sistemazione del patrimonio, la creazione di ordinamenti e di regole, spesso
varate per essere subito corrette o abolite. Lo stesso bmv,
strumento per rafforzare la
testimonianza evangelica nel
paese, è stato da alcuni visto
come un fine, addirittura il fine cui puntare, pena la nostra
scomparsa. Credo che i fini a
cui dobbiamo tendere, la nostra vocazione, siano la crescita della chiesa del Signore
e la proclamazione dell’Evangelo. Per questo occorre tornare a porre al centro della vita delle chiese e dell’Unione
gli elementi fondamentali che
ci qualificano come discepoli
di Cristo: koinonìa, didaké,
kerùgma e diakonìa.
Koinonìa, cioè comunione
fraterna, che in molte comunità locali si è sfilacciata, che
spesso manca fra le chiese,
che è stata sostituita dall’indifferenza se non dal sospetto tra la base e coloro cui la
base stessa affida compiti di
amministrazione e di rappresentanza. Quante chiese fanno propri i problemi, le difficoltà, i progetti nei quali gli
amministratori sono immersi
ogni giorno, quante chiese si
rallegrano per i progressi delle chiese consorelle o ne con
Un momento dell’ultima Assemblea deH’Ucebi
dividono le ansietà, quanti
membri del Comitato esecutivo conoscono la reale situazione delle comunità? Esiste
ancora la preghiera di ringraziamento, di sostegno, di intercessione? Dobbiamo rimeditare l’immagine del corpo
che Paolo propone ai credenti di Corinto e affinare gli
strumenti di cui già possiamo
disporre: un presidente che
sia tessitore di relazioni e ricucitore degli strappi che si
sono accumulati. Associazioni regionali che lavorino per
l’armonia fra le chiese.
Didaké, cioè studio e insegnamento della Parola. Per
un credente la conoscenza
della Bibbia non è un optional: dobbiamo tornare a fondarci sull’insegnamento degli
apostdli e dei profeti. Dobbiamo riprendere a insegnare
le cose che Gesù ci ha comandato. Una volta gli evangelici erano famosi per la loro
conoscenza della Scrittura:
oggi gli studi biblici vanno
quasi deserti e molti dei nostri membri di chiesa hanno
difficoltà a trovare certi libri
nella Bibbia. Ci eravamo dati
un buon stmmento: il Dipartimento di teologia, poi lo abbiamo depotenziato. Deve
tornare a essere uno dei motori dell’Unione, per suscitare ministeri nelle chiese, per
assistere gli studenti di teologia, per preparare e gestire i
corsi per coloro che sentono
la vocazione a esercitare un
servizio locale o regionale per
le nostre comunità, per fornire ai responsabili delle chiese
idee, suggerimenti, materiale
per la preparazione dei catecumeni, per le riunioni nelle
case, per gli studi biblici.
Kerùgma, cioè l’annuncio
deH’Evangelo. Non creiamoci
degli alibi: l’ecumenismo
non uccide l’evangelizzazione, i nostri tempi non sono
più difficili di quelli che ci
hanno preceduto, il benessere e il consumismo non hanno ucciso l’esigenza di cono
scere Dio. E nemmeno hanno eliminato la nostra responsabilità di testimoni di
Cristo: il «Guai a me se non
evangelizzo» di Paolo non è
un imperativo che ha perso
di incisività. Certo, senza comunione fraterna e senza dimestichezza con la Parola diventa faticoso ed è destinato
al fallimento. Non è più epoca di campagne di evangelizzazione, di volantinaggi a
tappeto e tanto meno di controversia pseudoteologica,
ma la comunicazione da persona a persona, la testimonianza seria e semplice, la
condivisione di una scelta di
vita (se c’è stata!) conservano
sempre la loro validità. Non
richiedono grandi programmazioni, né dispendio di denaro. Disponiamo di uno
strumento che ci siamo dati,
il Dipartimento di evangelizzazione: occorre tararlo per
le esigenze del nostro tempo,
trasformarlo in un pungolo
per il risveglio dei membri di
chiesa e delle comunità.
La diakonìa, infine, il servizio. All’interno e all’esterno
delle chiese. È ovvio che se
mancano i tre elementi a cui
abbiamo accennato anche il
servizio diviene, quando c’è,
arido e privo di significato.
L’affresco che Gesù ci propone: «Ebbi fame e mi deste da
mangiare...» non ha perso i
suoi colori, anzi splende oggi
in tutta la sua drammatica
attualità. Siamo pochi e poveri, ci scusiamo. Eppure oggi il Signore ci offre una
grande opportunità: «Fui
straniero e mi accoglieste».
Iniziamo da questa: migliaia
sono gli stranieri che bussano alle nostre case e alle nostre chiese. Cominciamo
dair«essere chiesa insieme»
con loro: possono essere il
grimaldello che fa saltare le
nostre esitazioni, le nostre
paure, i nostri egoismi, la nostra presunta superiorità. I
forestieri possono essere per
noi una benedizione.
UNA signora della provincia di Napoli ci scrive
una lettera accorata: «Scrivo
con tanta amarezza queste
mie poche righe di lettera: il
motivo che mi ha indotto a
scrivere è che nel nostro caseggiato abita una famiglia
piena di sofferenza e di problemi (a stentò riescono a sopravvivere con l’aiuto e la
bontà del vicinato). Ora la
mia domanda mi viene spontanea: è giusto che il mondo
vada in questa direzione? C’è
gente che ha molti soldi e
gente che non ha quasi niente. In nome del buon Dio, vi
supplichiamo, parlatene in
trasmissione alla domenica
che ci ascoltiamo sempre
perché siamo molto cattolici
apostolici romani».
EUGENIO RiVOIR
Una lettera scritta a mano,
si direbbe con grande fatica:
si tratta di qualcuno che vuole
a ogni costo buttar fuori la
sua rabbia. Non riusciamo
neppur bene a capire come la
lettera sia arrivata a noi, perché noi siamo cristiani evangelici e non cattolici apostolici romani. Ma comunque, la
lettera è arrivata, e con la let
sru : 'i
I
SETTE
Chiesa e Internet
Il supplemento magazine
del «Corriere della sera»
nella sua rubrica «Web Society» (22 giugno) riferisce
per la firma di Davide Periilo dell’attività di Sister Web,
cioè la suora Angela Ann
Zukowski, direttrice dell’L
stituto attività pastorali di
Dayton (Usa), presidente
dell’Associazione mondiale
cattolica radio e tv, impegnata ultimamente a spiegare in giro per il mondo
«come funziona la sua (...)
Comunità virtuale di formazione alla fede». Dice la
suora: «Quello che i nuovi
media stanno creando è un
nuovo ambiente da evangelizzare. A noi tocca fare
spazio a Dio nel cyberspazio», il che non è del tutto
nuovo: è l’aggiornamento
di ciò che la Zukovv'ski già
faceva, con altri mezzi (radio e tv appunto) negli Anni
70 e 80. La Chiesa, scrive
Perdio, «sulla Rete, punta
parecchio», causa «la voglia
di sfruttare tutti, ma proprio tutti, i canali che permettono di annunciare Gesù Cristo fino agli estremi
confini della terra, come recita il Vangelo». E anche, a
volte, esigenze pratiche:
«Nel nostro paese - spiega
ancora l’intervistata - ci sono molte diocesi rurali con
forti problemi di dispersione». Invece «Nella Rete si
possono formare nuove comunità: di studio, formazione, preghiera».
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Valdesi in mostra
Ibio Paolucci riferisce il
25 giugno della mostra del
fotografo Andrea Sabbadini
nei locali dell’Università
Bocconi a Milano dedicata
ai valdesi, e prende le mosse
da Pietro Valdo: «Povero fra
i poveri, ebbe però il torto di
fare oggetto di predicazione
questa sua vocazione [di
stribuire ai poveri le proprie
ricchezze] provocando, come era fatale, prima il fastidio, poi i rimproveri e infine
la condanna della chiesa ufficiale. Repressioni, persecuzioni, processi da parte
dei tribunali dell’Inquisizione furono le fatali conse
guenze». E poi più avanti:
«Spaccata la Chiesa dalla ribellione di Lutero, nel 1532
i valdesi aderirono alla
Riforma protestante». «Le
foto - spiega l’articolo dopo
aver sommariamente illu
strato l’attività di predicazione e diaconia - di una
chiarezza esemplare illustrano aspetti della vita e
delle generose attività della
Chiesa valdese».
europe
prevedi
venti ne
tale, foi
11 condi
go e per
Anzit
pire qu
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quel Dio che ci interroga
che ci aiuta a rispondere in- ^
sieme, quel Dio che ci zione
stimiti come una comunità 0'
persone che riflettono e cercano insieme. . stribu
Non sarò perciò io che (-33^^
quet
sponderò a questa lettera;
mi limito a indirizzarla a c^^
tera il senso di una accorata
protesta: «È giusto che il mondo vada in questa direzione?».
È una lettera che ha 1 toni delle lettere del Nuovo Testamento; Paolo, per esempio,
scrive ai suoi fratelli e alle sorelle di Corinto: «Vi supplichiamo». Si può parlare insieme perché insieme ci si riconosce figli dello stesso Dio;
ci sta ascoltando, rilancian 0 gg^
con forza la domanda di u tj g
vecchia signora, di una sore
la in fede, che vive in pro^
eia di Napoli: «È giusto che
mondo vada in questa dir
zione?». Aggiungerei so ' jg^^.
nello spirito di questa let j^iof
domenicale: «Se non c 8’^ ’ quau
è possibile restare indinet ¡jj
ti, con le mani in mano.»- Aijg^
insi^'
(Rubrica «Parliamone fra Q,
_ tVtlfWììCCIiin.B
me» della trasmissione
evangelico» del 16 luglio)
15
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PAG. 11 RIFORMA
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1123 luglio rincontro italo-francese
Appuntamento al Colle
Si svolgerà domenica 23 luglio il tradizionale incontro internazionale al Colle della Croce. Quest’anno il culto e la giornata
saranno organizzati dai francesi; il culto, alle 10,30 sarà animato da due studenti di teologia francesi che lavoreranno nella
chiesa di Briançon durante l’estate in sostituzione del pastore
Jean-Paul Brunei, che si trasferisce in una parrocchia della vai-lata del Rodano. Ci saranno anche testimonianze, animazioni
e i consueti momenti di socializzazione fra quanti saliranno al
Colle dal Pra e quelli che arriveranno dal Queyras. Al Colle si
trovano anche le rovine del rifugio Napoléon che, sulla base
del recente documento di gemellaggio fra Ristolas e Bobbio
Pellice, potrebbe essere presto ristrutturato.
I Nella nuova sala a Villar Pellice
Verso l'Assemblea battista
Sono a buon punto i lavori di costruzione della nuova sala
polivalente di Villar Pellice. 1 locali avranno il loro momento
inaugurale in coincidenza con l’Assemblea battista che vi si
svolgerà contemporaneamente al Sinodo valdese con inizio il
20 agosto. Il Sinodo si aprirà (non senza qualche perplessità
fra i membri di chiesa) al palaghiaccio di Torre Pellice e vedrà
la consacrazione al ministero pastorale dei candidati Stefano
Mercurio e Maurizio Abbà. La sala polivalente di ViUar PeUice
sarà una sala a disposizione di tutta la comunità, non solo ecclesiastica ma anche civile; avrà circa 200 posti e potrà dunque ospitare manifestazioni a carattere culturale e spettacoli,
ma anche piccoli gruppi di attività ricreativa.
Jf /I
I Fondato nel 1848
progetti (dovranno riguardare interventi nei settori ambientale, agricolo e forestale
Nuovi fondi europei per il Piemonte
Non tutti ¡soggetti locali che richiederanno i contributi potranno ottenerli: si rendono guindi
necessari degli accordi locali. Fra gli interventi, infrastrutture e sviluppo di attività economiche
PIERVALDO ROSTAN
ICONTRAPPUNTOI
IL FUTURO SI PROGETTA
COLLABORANDO
DAVIDE ROSSO
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DOPO i soldi dei «Docup» che un paio di
anni fa diedero la possibilità a molte imprese di
ampliare o realizzare
strutture di accoglienza
turistica, sale polivalenti,
musei, e aspettando i
possibili effetti dell’entrata in vigore di una nuova
legge sul turismo approvata dalla regione Piemonte all’inizio del 2000,
grazie ai prossimi fondi
europei si potrebbero
prevedere alcuni interventi nel settore ambientale, forestale e agricolo.
Il condizionale è d’obbligo e per molte ragioni.
Anzitutto bisogna capire quale sarà la possibile fonte di finanziamento? Il «leader plus» è
la terza tranche di un intervento europeo che nei
primi due casi aveva
escluso tutta la provincia
di Torino non compresa
nel cosiddetto «obiettivo
5b». Questa volta anche
la provincia di Torino è
compresa e per scelta
della Regione Piemonte
gli interventi saranno accoglibili soltanto se provenienti dalle zone montane; sostanzialmente
potranno giovarsi di questi nuovi fondi quasi tutte le Còmunità montane
(è esclusa ad esempio la
Pinerolese Pedemonta.■ta) e alcuni Comuni
aventi forti caratteristiche di mralità.
Gli accordi locali
Tuttavia non basta ancora. La Regione Piet^onte ha recentemente
deciso di dar vita a una
torma di concorrenza in
Imprenditori
enti locali
e associazioni
sono alla ricerca
di nuove sinergie
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e inhcoitàdi
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terna; se i progetti potanno pervenire da un’
etea avente una popolazione di circa 800.000
abitanti, in realtà, i fondi
tsponibili saranno distnbuiti su un’area di cira 300.000 abitanti, dunque tagliando fuori albtio la metà delle aree
y p^afiche e dei proget• h m più non potranno
singole Comua ihontane a muoversi
„ ® dovrà arrivare alla
^dstituzio-ne dei cosid“^al», gruppi di
a locale, tre dei
j potranno sorgere
. Provincia di Torino.
obbligatoria
A, '"btRunità montane,
utique, e contatti fra vai
Pellice e vai Chisone sono già stati avviati, seppure a livello informale.
Resta da definire anche il
ruolo dell’Alta vai di Susa
che, anche a causa della
divisione effettuata dalla
Regione, ragionevolmente potrebbe bussare alla
porta delle valli valdesi.
Che cosa potrebbe essere finanziato? «Puntiamo a dar vita a progetti
da un centinaio di milioni - spiegano i funzionari regionali -; essi devono avere caratteristiche
fortemente immateriali
(dunque niente acquisto
o realizzazioni di infrastrutture o strutture) e in
più dovrebbero essere riproducibili in altri contesti. Rientrano in questa
casistica interventi a sostegno della castanicoltura, della filiera del legno e
della forestazione (compreso il sostegno alla nascita di imprese forestali
e il recupero di boschi
danneggiati da incendi),
il miglioramento dei pascoli alpini anche sotto il
profilo ambientale. Il
«leader plus» ha tra i suoi
obiettivi il sostegno ai
servizi essenziali alla economia rurale, favorire lo
sviluppo di attività economiche, l’insediamento; tutto questo anche attraverso la realizzazione
di strumenti informativi.
Di conseguenza, in teoria, questo nuovo intervento europeo che si
prospetta sul periodo tra
il 2000 e il 2006 sembra
riproporre obiettivi largamente condivisi da
amministratori e operatori in genere. I prossimi
mesi consentiranno di
definire gli interventi e le
modalità di accesso; le risorse comunque non sono immense. Dalla Regione fanno sapere che
«con “leader plus” si dovranno individuare le linee strategiche, mentre
per i finanziamenti strutturali ci si potrà avvalere
delle risorse messe a disposizione da altri regolamenti o iniziative, in
una sorta di complementarità». La creazione di
Gal che coinvolgano più
Comunità montane dovrà passare attraverso
una forte elaborazione
del territorio: enti pubblici e privati dovranno
lavorare insieme per progettare il proprio futuro,
anche nel settore rurale.
Dal mondo privato dovranno arrivare anche
forti impegni economici.
Si riuscirà a superare le
frammentazioni tipiche
dei mondo agricolo, con
i suoi problemi di parcellizzazione fondiaria che
spesso annullano progetti di ampio respiro? Potrà
davvero nascere una
nuova imprenditoria legata alla montagna e alle
sue risorse partendo da
attività che quasi sempre
si fondano insieme su
produzione agricola, tu
rismo e cultura?
J Referendum interno alla Skf
Sindacati contrari
all'accordo
La Fiom pinerolese
chiede il referendum interno alla Skf sull’accordo
firmato il 6 luglio scorso
da una parte della rappresentanza sindacale.
Firn Uilm e Fall, e la direzione dell’azienda. In un
comunicato abbastanza
duro del 12 luglio il Coordinamento Fiom dell’Skf,
unitamente alla Cgil di
Pinerolo, si dichiara nettamente contrario al metodo ma anche al mèrito
dell’accordo firmato dai
rappresentanti della Firn
e della Uilm con l’azienda. «L’azienda - si legge
nel comunicato - nell’apprendere che la delegazione sindacale aveva respinto la sua proposta
avanzata ha comunicato
che comunque la porta
restava aperta e ieri nonostante l’assenza della
segreteria Fiom e di tutte
le Rsu degli stabilimenti
del Sud, si è dato vita a un
incontro conclusosi con
un accordo separato firmato da Firn Uilm e Pali».
Il comunicato prosegue
poi contestando alcuni
punti previsti dall’accordo e conclude chiedendo
che «vengano convocate
le assemblee e che venga
indetto un referendum in
cui vengano invitati i lavoratori a bocciare l’ac
cordo». Nuova grana insomma per l’unità del
sindacato pinerolese che
si ritrova di nuovo diviso
o quanto meno in una si
tuazione che necessita un
chiarimento tanto rapido
quanto definitivo intanto
per martedì 18 (quando
questo giornale sarà già
in stampa), all’hotel dei
Cavalieri è previsto un in
contro organizzato dalla
Fiom pinerolese sulla
questione dell’Skf a cui
parteciperà anche Giorgio Cremaschi, segretario
regionale della Cgil.
Progettare insieme il futuro del territorio. Sembra
essere diventata questa la
parola d’ordine degli ultimi anni nel Pinerolese e in
tutta la provincia di Torino. Numerosi strumenti
sono stati usati e molte
azioni sono state intraprese per spingere le diverse
realtà produttive, associative e ammini- —
strative a coordinarsi e a
produrre insieme un progetto comune
di sviluppo in
modo da partire da una riflessione mirata sulla realtà presente
e passata del mmmmmmmmm
territorio che possa produrre interventi e investimenti specifici che ridiano
slancio a una economia
che stenta a ridecollare.
Parlando di queste tematiche vengono subito in
mente i Patti territoriali
del Pinerolese (recentemente tra l’altro la Provincia ha pubblicato un volume in cui vengono presentati tutti i progetti e le opere che verranno realizzati
dagli 8 Patti territoriali
che la caratterizzano). Non
vanno però dimenticate
anche altre azioni oltre ai
Patti che, sia pur con intenti diversi e più mirati,
stanno nascendo nel Pinerolese 0 in sue ampie zone,
come l’Ecomuseo delle
valli Chisone e Germanasca o il protocollo per lo
sviluppo turistico del territorio Pinerolese, recentemente sottoscritto da molte amministrazioni. Certo
sono tutti esempi diversi,
alcuni più propriamente
politici, altri che tirano in
causa soggetti produttivi
privati, altri ancora per il
momento basati molto
sulla volontà delle persone
aderenti di incontrarsi e di
pensare al proprio futuro;
hanno tutte in comune
però la volontà di collaborare, di affrontare la sfida
che il mondo esterno, definito globale, offre e in cui
occorre stare e proporsi in
modo forte e coordinato.
Dietro a queste situazioni però sta spesso una
realtà culturale fatta di individualità, di centinaia di
associazioni per lo più volontarie (sono più di 100
solo in vai Chisone e Germanasca), composte di
persone abituate a ragionare per tematiche precise
e circostanziate, ma anche
di molti artigiani e imprenditori. Tutti questi
soggetti mal si adattano a
fare ragionamenti ampi e
generali che tengano conto
di realtà a volte molto diverse dalle loro, che in un
sistema globale di comunicazione e di cooperazione non solo devono coesistere ma devono interagire
i———e scambiarsi
notizie e anche, perché
no, clienti-visitatori. Si
tratta di una
cultura dello
scambio forse da creare,
sicuramente
da tener presente a monte di ogni tipo di iniziativa che si intende intraprendere a livello generale ma che nel
Pinerolese non è così difficile da coltivare. Proprio
l’alto numero di associazioni volontarie delle nostre valli dimostra che il
terreno è fertile: occorre
però lavorarlo tutti insieme, trovare gli obiettivi
giusti, le vie migliori perché gli sforzi non vadano
dispersi in 1.000 correnti e
in 1.000 rivoli che vanno
ognuno per proprio conto.
Molti degli sforzi che in
questo periodo vengono
fatti dalle amministrazioni
delle valli sembrano andare proprio in questa direzione, altri un po’ meno;
quello che però è importante è che si lavori perché
tutti possano valorizzarsi
preservando l’ambiente e
la tradizione ma curando
di portare ognuno un po’
della propria esperienza al
progetto comune.
È un’idea forse un po’
utopica ma non molto distante da quello che si cerca di realizzare sotto il
cappello di sviluppo ora
economico ora turistico.
La risposta deve venire
dai privati ma anche dalle associazioni, da quei
gruppi che già lavorano in
un contesto di collaborazione e che possono dare
rrolto in termini di conos ;enze culturali e ambientali del territorio. In ultima analisi è un’esigenza
che tutti devono sentire
propria andando oltre i
campanilismi e pensando
al territorio in primo luogo in modo globale per
poter poi organizzare il lavoro su temi, storia, tradizione, attività e prodotti
tutti originali ma anche
tutti integrabili.
16
PAG. 12 RIFORMA
CAMPI ESTIVI AL BAGNÒOU — Da domenica 16
luglio alla Ca d’ia pals del Bagnòou, in alta vai
d’Angrogna, sono ricominciati i campi estivi per
ragazzi organizzati dalla locale chiesa valdese;
avviata da oltre dieci anni l’iniziativa riscuote
crescente successo e si suddivide in tre gruppi a
seconda delle età. Così, fino ai primi di agosto,
oltre ai campanacci delle mucche di alpeggio,
lungo i «sentieri dei partig^iani» risuoneranno
anche le voci squillanti dei ragazzi.
ANCHE VILLAR PELLICE PARLA OCCITANO E
FRANCESE — Dopo Angrogna e Bohhio Pellice
anche il Consiglio comunale di Villar Pellice ha
deliberato, secondo quanto disposto dalla legge
sulle minoranze linguistiche dello scorso anno,
di riconoscere il francese e l’ocdtano quali lingue parlate storicamente nel territorio comunale. Con questo provvedimento, oltre a sancire
una situazione oggettiva, si darà la possibilità di
avviare o sostenere iniziative volte allo studio e
alla diffusione delle due lingue parlate da secoli
in valle. Anche alcuni Comuni della vai Chlsone
hanno già assunto delibere in tal senso, ma in
quel caso limitandosi al solo occitano.
MISS MUCCA A PRAGELATO — In occasione della
«Settimana del formaggio», che si svolgerà a Pragelato dal 22 al 30 luglio, si eleggerà, sabato 22
luglio alle ore 16, «miss mucca». Le «miss» arriveranno in mattinata a Soucheres Hautes, in
piazza Pragelatesi, e dalle 11 si potrà assistere
alla mungitura, alla lavorazione del latte e alla
produzione di tomini freschi. Alle 14 verranno
offerti i tomini e alle 15 seguirà la sfilata delle
«miss». Il giorno seguente, alle 10, verrà messo a
disposizione un pulmino per la visita agli alpeggi, con la possibilità di acquisto dei prodotti. Un
mercatino dei prodotti della ruralità sarà allestito sabato 22 e domenica 23 a Pragelato.
NUNCA MAS: MOZIONE IN PROVINCIA — Il consigliere provinciale dei Democratici Luca Facta ha
promosso una mozione a favore della campagna
di sensibilizzazione «Nunca mas: uniti contro
l’impunità» avviata dal Comitato di solidarietà
con il popolo del Guatemala di Torino, per combattere la persistente situazione di impunità e di
stallo nell’individuazione dei colpevoli di vari delitti e crimini che si sta realizzando in Guatemala.
CORSO DI VIOLINO E MUSICA — Per 1 11’“ anno il
corso di violino e musica da camera apre i battenti al Collegio valdese di Torre Pellice.
Quest’anno, oltre al 13 iscritti al corso di perfezionamento di Daniele Gay, è presente un folto
gruppo di ragazzi, fino ai 12 anni che studieranno violino e musica d’insieme. I concerti previsti
saranno il 23 luglio, il 29, il 3 e 5 agosto a Torre
Pellice: il 30 luglio e il 4 agosto a Luserna. Quest’anno uno «special» di Radio Beckwith seguirà
il corso, alle 18 dal lunedì al venerdì, con interviste e ascolto di musica.
A BARGE GOLOSITÀ DEL MONVISO — Si inaugura
sabato 22 luglio alle 17, nell’area del mercato coperto, la rassegna «Golosità del Monviso», presentazione di prodotti delle valli e della pianura
intorno al Viso. Saranno presenti anche le
«Gourmandises d’Ardeche» dalla città di Annonay. Parallelamente vi saranno mostre di ceramiche, di artisti locali, di sete dipinte a mano.
TRASPORTI PUBBLICI: INFORMAZIONI —
«Chiama, chiedi, parti. Informati sui trasporti
pubblici extraurbani del Piemonte», è lo slogan
scelto dalla Regione Piemonte per lanciare
un’iniziativa che dovrebbe avere lo scopo di facilitare l’accesso i servizi pubblici piemontesi.
In sostanza è stato istituito un numero verde
(800-990097) che, dalle 7 alle 21 trova un operatore a disposizione per informazioni sul trasporto pubblico, coincidenze, suggerimenti circa i collegamenti più brevi e comodi. Con un
portabile occorre invece chiamare lo 0116910000: è disponibile anche un sito Internet:
www.regione.piemonte.it/prontotrasporti.
PAOLO VELLANO DAL 3S AI CAMPIONI D’ITALIA
— 11 ISenne Paolo Vallano corona una stagione
sportiva davvero eccezionale passando dal 3S
alla Pallamano Trieste campione d’Italia; l’accordo prevede il prestito di un anno e quindi la
cessione definitiva. Il giovane pinerolese (193
cm e 103 kg) arriva alla squadra più blasonata
d’Italia con 15 scudetti in 30 anni di attività della pallamano italiana dopo aver ricevuto la convocazione per la nazionale allievi. È la prima
volta che un atleta piemontese raggiunge questi
livelli nella pallamano nazionale.
E Eco Delle Yalu ààldesi
Intervista al pastore Giuseppe Platone
La chiesa e le Olimpiadi
Nel periodo delle gare del 2006 sarà necessario fornire
informazioni e svolgere una precisa testimonianza
DAVIDE ROSSO
Anche la chiesa valdese si sta preparando per le Olimpiadi di
Torino 2006. Il gruppo di
lavoro composto da 12
persone in rappresentanza di vari enti valdesi
(dalla Ciov al Centro culturale di Torre Pellice,
dalla Csd a vari pastori
del futuro territorio olimpico) che è stato nominato dalla Tavola valdese nell’ottobre del ’99,
e che ha come compito
quello di «studiare la
possibilità di organizzare
una qualificata presenza
nel contesto mondiale
della manifestazione», si
è attivato e si è dato una
organizzazione di lavoro.
«In questi mesi accanto alle sedute plenarie dice Giuseppe Platone,
membro del gruppo di
lavoro e anche dell’assemblea consultiva delle
olimpiadi, che abbiamo
incontrato recentemente
a Torino - è stata attivata
una piccola giunta composta da tre persone: io
stesso, il pastore Luciano
Deodato (coordinatore
del gruppo) e Ferdinando Blefari, della Chiesa
valdese di Susa. Oltre a
questo piccolo insieme
di persone è stato anche
presentato un progetto
che prevede una segreteria del gruppo, per il
momento tenuta da una
ragazza volontaria, che
tenga i collegamenti, re
; Frali
Dubbi sulla
centrale
Restano alcune perplessità sul progetto di
realizzazione di una centrale idroelettrica sul torrente Germanasca da
parte della società Energheia. Dopo l’ordinanza
della Provincia di Torino
che all’inizio di giugno
aveva pubblicato i progetti dando tempo 20
giorni per la presentazione di eventuali osservazioni, il 10 luglio si è svolta la visita di sopralluogo
alla presenza degli interessati, delle autorità
competenti, del tecnico
del Comune di Prali (era
invece assente il sindaco), del consigliere della
comunità montana Mauro Meytre. Lo stesso consigliere aveva nei giorni
precedenti presentato
una nota con varie osservazione, in particolare su
due temi: le opere inerenti la centrale ricadono in
parte anche sul territorio
del comune di Salza, per
altro non coinvolto nella
pratica edilizia. Ancora
Meytre aveva poi segnalato la presenza, nel luogo interessato dalla centrale, del vecchio mulino
di Chantorano considerato di particolare valore
storico. Su quest’ultimo
aspetto la ditta che propone l’intervento si è dichiarata disponibile a
mettere in atto le «necessarie misure di salvaguardia». Sul mancato coinvolgimento diretto di Salza l’ipotesi più probabile
resta quello di una apposita concessione edilizia
del Comune mentre alla
data mancava la perizia
geologica del sito.
perisca le informazioni
essenziali e concretizzi le
linee operative individuate dal gruppo».
Quale è il compito che
vi prefiggete? «Visto - dice Platone - che nei giorni olimpici “tutto il mondo” verrà in Piemonte,
quindi a Torino e forse
anche alle valli valdesi, il
primo servizio è esserci
per dare testimonianza
ma anche informazioni
precise e circostanziate.
Pensiamo che bisogna
farlo essendo attivi come
fece la Chiesa riformata
francese in occasione
delle Olimpiadi di Albertville nel ’92. Per questo
tra l’altro abbiamo già
preso contatti con Marc
Richalot, segretario esecutivo della Chiesa riformata francese, che si occupò a suo tempo dell’evento olimpico di Albertville». E ora che cosa
avete in cantiere per il
prossimo futuro?
«Il prossimo 7 ottobre
organizzeremo un convegno che dovrà servire tra
l’altro proprio per capire
maggiormente l’esperienza francese: abbiamo
invitato Richalot insieme
a Valentino Castellani,
presidente del comitato
olimpico di Torino 2006».
Il comitato sarà quindi
operativo fin da subito:
«Certo, sono convinto aggiunge Platone - che
non bisogna ripetere l’errore del mondiali di Sestriere quando fummo
impreparati di fronte
all’evento ma cominciare
a ragionare sulle Olimpiadi e a essere operativi
per tempo. Tra l’altro
pensiamo anche di attivare un sito Internet facilitando così l’accesso alle
informazioni che ci riguardano più da vicino».
Un progetto dietetico
Allevare lumache
attività in crescita
(
FEDERICA TOURN
SI prospettano tempi
'................
duri per le lumache.
Se è vero che sono l’oggetto di un mercato in
espansione e soprattutto che si sta scoprendo
quello che i dietisti sapevano da tempo, e cioè
che le lumache sono un
alimento sano, nutriente
e povero di grassi, è probabile un aumento degli
allevamenti. In tutta Italia se ne contano circa
5.000, per un totale di
7.700 ettari di terreno
utilizzato; nel Pinerolese
troviamo a Osasco l’«Elicicola osaschese» di
Claudio Merlo: la sua è
un’attività che va avanti
da quattro anni e occupa .
un terreno di 5.000 metri. Chi compra le sue lumache? «Più che altro
privati, o i ristoranti»,
spiega. Un’attività che ha
buoni margini di rendita,
ma per avviare un allevamento come quello di
Merlo ci vogliono almeno 20 milioni.
Più diffuso nel Sud,
grazie al clima caldo che
permette un ciclo di crescita più rapido (un anno contro i due del
Nord), l’allevamento di
lumache potrebbe diventare una risorsa in
questi anni di lavoro
precario. Soprattutto
perché c’è richiesta (nei
primi mesi del 2000 si è
registrato un aumento
delle vendite del 25% circa su tutta la penisola rispetto al 1999): «Per sod
Stn
l^zic
della gl
lato,ini
rica ne
manifoi
eccitar
un onii
allo str
della m
disfare la domanda si),
mo costretti a importaj
il prodotto - spiega Gij che nel
vanni Avagnina, presi, vai Chi
dente dell’Associazioj, maggio
nazionale elicicoltoij P°che ha sede a Cherasco- che Sei
all’ingrosso le lumaclu datore
vengono smerciatemi capofili
mercati generali del pj mata <
sce insieme agli alti hanno
molluschi». rizzazii
La lumaca d’allevi, tìpioh®
mento, grazie aliaseli ®onic
zione delle razze, è i della n:
prodotto dietetico, ricci che qu
di proteine, aminoacii ciazior
essenziali e sali minerai, da terr
e soprattutto di quaiitì Questo
superiore alla lumaca! gnldat
bera in natura: parolai' *
allevatori. Le ricette so» costru
molte, e in più le lumachi ^
non sono tutte uguali; aa-,
che qui c’è differenzalti festa Nord, dove troviamoli Ronch
«Helix pomatia», eSuJ,i vicesir
con la più piccola «Helii; ®
Aspersa». Differentispt| ^fogne
eie, differenti carni e i j
ferenti modi e tempii
cottura: quindi, per piovarie, occhio al ricettano.
I fondi serviranno alla manutenzione degli alvei
Seicento milioni per i torrenti
MASSIMO GNONE
SONO 600 i milioni da
distribuire fra Se
striere, Sauze di Cesana
e Pinerolo e i Comuni
delle valli Chisone, Germanasca e Pellice. Spartizione che il nuovo
Consiglio del Bacino imbrifero montano (Bim)
ha già definito e della
quale darà notizia nell’assemblea di lunedì 24
luglio. Una cifra considerevole la cui suddivisione
era stata decisa in base
all’ampiezza del territorio comunale interessato
dal corso dei torrenti: i
fondi del consorzio ripartiti fra i Comuni dovrebbero poi essere impiegati negli interventi di
mantenimento degli alvei e provengono dai sovracanoni pagati dai produttori di energia elettrica dell’alto Pinerolese. Il
Bim comprende 5 zone a
cui vanno un centinaio
di milioni ciascuna alle
valli Pellice, Germanasca
e bassa vai Chisone, e Pinerolo, più di 200 all’alta
vai Chisone e il resto a
Sestriere e Sauze.
Le vicende sono note:
dal 1995 il Bim non ha
più versato una sola lira
e dai fondi del consorzio
mancano gli ultimi contributi degli utilizzatori
delle centraline, più circa
800 milioni «distratti»
dalle casse. Una parte rilevante di questo ammanco sarebbe andata
all’ex segretario del consorzio e funzionario comunale di Pinerolo, Ferdinando Cervar che, come presidente della società gerente il palaghiaccio, avrebbe poi di
rottato la quota sui lavori
del complesso sportivo.
«Mi rifiuto di pensare
che siano opere fatte dal
Comune di Pinerolo - afferma Giancarlo Griot,
da marzo presidente del
consorzio, già sindaco di
Porte e presidente dell’assemblea Acea le responsabilità dell’accaduto devono essere ripartite fra tutti i sindaci eletti
nel 1995, che non si sono
chiesti dove fossero finiti
i soldi, e non ricadere sugli amministratori di Pinerolo». La tesoreria a
vrebbe poi pagato 370
milioni su mandati a una
sola firma, quando sarebbero necessarie due
firme. Il novembre scorso, su richiesta del sindaco di Pinerolo, Alberto
Barbero, è intervenuta la
prefettura con l’Invio di
un commissario; a marzo
l’assemblea ha poi eletto
il direttivo, con nuovo
segretario Emilio Maglio
di Pinerolo, che ha doverosamente compilato un
bilancio e aperto la procedura di sequestro dei
beni dell’ex segretario.
CULTO DI APERTURA
DEL SINODO
Avviso per le coiail
Come è stato annunciato, il culto di apertus
del Sinodo si svolgeri
quest'anno al Palaghm
do di Torre Pellice. L’am-i
biente richiede la presen-i
za di un coro più nuraei
roso del solito; facciaiwj
dunque appello a tutfii
membri delle corali »:
desi perché da ogni cotti
le vi sia una buona rappresentanza.
Le corali riunite esegui
ranno l'inno 7, «Mi ai»l
sti o mio Signor», e il®
ro «Ascolta, ascolta», dm
brani già eseguiti alla»
sta di canto. Dirigerà fii»
seppe Maggi.
La prova inizierà
ore 14,30 direttanrenS
nel Palaghiacdo in via filatoio 10.
La Commissione mus®
del I distreW
gamzi
zione
Loco, ]
e fon(
Bourg:
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ressa t
munai
corsi c
dà, sei
certi e
de, le
paese
Vo
Inverso Rinasca
I Peyronel
dal mondo
Sono arrivati da tutto il
mondo a Inverso Pinasca
1 Peyronel sabato 15 luglio giorno per il quale si
erano dati appuntamento in un ristorante locale.
Alcuni dei partecipanti
dopo il pranzo hanno deciso di recarsi in visita in
vai d’Angrogna ma sono
stati molti quelli che si
sono fermati per la cena
rinsaldando vecchie amicizie e chiacchierando
con parenti mai più visti.
L’incontro dei Peyronel
veniva dopo quello dei
Malan tenutosi il mese
scorso a Torre Pellice e
anticipa quello dei Tourn
che si terrà in settembre
a Rorà segno di una rinnovata voglia nelle persone di ricercare le proprie
radici e il proprio passato
ma anche di conoscere le
nuove generazioni.
LA TAVOLA VALDESE INFORMA Ì
Servono posti letto p
rAssemblea-Sinodo
Sull
mare
d’acc
quale
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stessi
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tiepi
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scogl
bela
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Per la sistemazione delle/dei deputati al Sin®. _
delle/dei delegati all’Assemblea generale delle p' mn
battiste abbiamo esaurito le capacità alberghici e
vai Pellice e dintorni. Mancano ancora circa 30p^^ r
letto che vorremmo reperire presso le ptbig''®
nostri membri di chiesa, l’unica risorsa di p'.P
mo ragionevolmente disporre. Il periodo .j
dal mattino della domenica 20 agosto al matti
domenica 27 agosto. 1 pasti verranno consumati
strutture dell’organizzazione, e cioè nella j,||
di Torre Pellice e nella sala di Villar Pellice. E
un rimborso spese (lenzuola, ecc.). Chi at
dizione di accogliere una o due persone dovren
visare subito Marco Bellora (Foresteria di Totre
ce, tei. 0121-91801, fax 0121-950049) incaricato
coordinamento logistipo. ¡qi
Si è anche alla ricerca di qualche altro ^olon
volontaria che possa fare parte del «Gruppo ^
zio» necessario per garantire l’organizzazione o F
a tutti i deputati e delegati per tutta quella
Chi fosse disponibile, e per di più munito di oo ^
to valligiano e di un adeguato mezzo di bpP° ’ pp
munichi la sua disponibilità allo stesso indirizz
citato (Marco Bellora) per gli opportuni
La Tavola e il Comitato esecutivo Ucebi
molto grati a tutte le famiglie e a tutte le
H«nnnHpranno nositivamente a ouesti due apP
risponderanno positivamente a questi
Gianni Rostan,
17
ypüFRPUl LUGLIO 2000
E Eco DELLE "\ÀLLI \ÀLDESI
PAG. 13 RIFORMA
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IXVI11 edizione della rassegna a Pragelato
Omaggio alla ghironda
Strumento tipico della tradizione occitana, lo ghironda
è impiegata da musicisti di molti paesi europei
^^^»«IMOCNONE
Diciottesima edizione per la festa
della ghironda di Pragelato iniziativa ormai storica nel panorama delle
manifestazioni di cultura
occitana del Pinerolese,
un omaggio importante
allo strumento principe
della musica tradizionale
che nel comune dell’alta
vai Chisone ha uno dei
maggiori centri di sviluppo. Fra i promotori anche Sergio Berardo, fondatore dei Lou Dalfin e
capofila della pacifica armata di musicisti che
hanno voluto una rivalorizzazione delle melodie
tipiche e degli schemi armonici. Responsabile
della manifestazione, anche quest’anno, è l’associazione «Lou Magnaut»,
da tempo impegnata in
questo campo d’azione e
guidata da Guido Ronchail, scultore in legno e
costruttore di ghironde
della frazione Granges.
«Questa edizione della
festa - spiega Daniele
Ronchail, figlio di Guido,
vicesindaco di Pragelato
e bravo ghirondista dei
Magnaut big band - è organizzata dall’Associazione con Comune, Pro
Loco, provincia di Torino
e fondazione G. Guiot
Bourg; anche quest’anno
la manifestazione interessa tutto il territorio comunale e si propongono
corsi di ballo, di ghironda, serate di bai folk, concerti e musica per le strade, le piazze e i locali del
paese». Nei 18 anni di
storia la festa ha ospitato
più di 50 gruppi diversi
che si sono esibiti sul palco con generi anche molto differenti; musica popolare italiana, francese,
britannica, tedesca, austriaca e ungherese; ma
anche medievale, barocca, jazz, contemporanea
e sperimentale. A Pragelato si sono incontrati
musicisti e appassionati,
artigiani liutai ed esperti,
insieme con semplici curiosi alle prime armi in
fatto di cultura occitana.
La festa inizia giovedì
10 agosto alle 21,30 alla
frazione traverse di Pragelato con il ballo occitano. Si prosegue venerdì
11 alle 21,30 al villaggio
Kinka con il gruppo «Li
deiblandu»; sabato 12 alla palestra comunale saranno di scena i «Tre
martelli» e domenica 13
agosto, dopo il mattino
musicale nel paese, alle
16,30 al centro sportivo è
previsto lo spettacolo
della compagnia «La gaia
danza». I corsi di danze e
ghironda, gestiti da Duccio Gay e Luigi Allemandi, si articoleranno su 3
giornate, da giovedì 10 a
sabato 12 agosto; i prezzi
sono di 60.000 lire per il
ballo e 150.000 per la ghironda. Ulteriori informazioni si possono avere al
numero 0122-78959.
Luserna San Giovanni
«Città d'arte»
e musica popolare
Non solo musica e ballo liscio, ma un programma ricco di iniziative varie sono la caratteristica
delle manifestazioni organizzate dall’associazione Amici di Luserna.
La rassegna estiva è iniziata venerdì scorso con
’inaugurazione del Festival della montagna e il
concerto dell’orchestra
sinfonica della Rai alla
Loggia dei mercanti, ma
la festa continua.
Giovedì 20 alle 21 nei
giardini di piazza Cañavero apriranno le danze
«Enzo e Massimo»; al via
anche il banco di beneficenza. Venerdì 21, sempre al «Giardino delle feste» è in programma una
deliziosa serata per gli
amanti della cucina: alle
19,30, con lo spettacolo
dell’orchestra «Antonella
Lunedì 24 alle 21 nei
giardini di piazza Cañavero l’Anta club di Luserna Alta presenta il
gruppo «Cantòma ’nsema» con il suo repertorio di canzoni per l’estate: l’ingresso è libero.
Martedì 25 lo stesso luogo ospiterà la serata
danzante con l’orchestra
«Era ’97» e mercoledì 25
è in programma la proiezione del film «Sognando l’Africa». Alla
Loggia dei mercanti venerdì 28 alle 21,30 arriva
il gran finale: «Frammenti di storia di Luserna e
del suo casato», la rappresentazione storica
teatrale con decine di figuranti e la sapiente regia di Claudio Raimondo. Si replica sabato 29.
NELLE CHIESE VALDESI
CAMPO GIOVANI — Si sta organizzando un campo
giovani del I distretto, che si terrà a Vallecrosla dal
4 al 7 settembre; il tema sarà la musica; il costo,
viaggio escluso, è di 160.000 lire. Tutti gli interessati, di età compresa fra i 15 e i 20 anni, devono
mettersi in contatto con Anne (0121-944418). Sono previste «borse campo» per chi avesse problemi finanziari.
AGAPE — Dal 25 luglio al 1° agosto campo giovani internazionale su «Identità e conflitto». Dal 1“ all’8
campo donne su «C’è un tempo per ogni cosa».
ANGROGNA — Domenica 23 luglio, nel dopo pranzo, verrà organizzata una passeggiata sui luoghi
storici, aperta a tutti e guidata da accompagnatori
esperti. Vi saranno percorsi differenziati per ogni
possibilità (anche in mountain bike). Al termine
del pomeriggio, nella sala unionista del capoluogo
sarà organizzato un ricco buffet.
POMARETTO — Domenica 23 luglio, alle 15, riunione al Clot Boulard.
RODORETTO — Domenica 23 luglio, alle 15, riunione al Campo Clot.
RADIO
BECKWITH EVANGELICA
FM 91.200-96.550. Tel. 0121-954194
redazione.rbe@tpellice.tiscalinet.it
oeil orcnesira «rtiuuneiia ... i -i l m'U +
e Aurelio», spazio alla Sa- Il nnssibile utilizzo dello Stabile «Piccolo I iDet»
gra della porchetta. Sa- r
bato 22 alla torre san _ ■ ____. I~
Turismo sociale a
Francesco alle 17 è previ
sta l’inaugurazione della
mostra «Gli acquerelli di
Pier Giorgio Malano»; alle 19,30 ai giardini c’è la
rassegna gastronomica
delle contrade. In serata
l’esibizione dell’orche
stra «Luca Prenda».
Anche per quest’anno il
Comune di Luserna San
Giovanni aderisce a Città
d’arte a porte aperte; fra
le visite previste domeni
ca 23 c’è la gita a San Giovanni e alla collina; il pul
Iman parte alle 10 in
piazza Partigiani; a Luserna Alta saranno esposti
prodotti locali di artigia
nato e agricoltura e nel
pomeriggio avrà luogo il
concerto d’organo nella
chiesa di San Giovanni.
Rorà
FEDERICA TOURN
Trovare frescura nelle piscine in funzione nei paesi del Pinerolese
Voglia di tuffi per grandi e piccoli
Sull’idea di andare al
mare quasi tulli sono
d’accordo. Almeno per
qualche ora durante il
fine settimana. Ma il
dramma comincia al
pensiero delle lunghe file
di macchine incolonnate
in autostrada per raggiungere le tanto sospirate spiagge; un’immagine dolorosa e irritante,
l’odore di gas di scarico
che impregna l’aria e i
cervelli. E allora la sospirata fuga dal lavoro o dai
fastidi quotidiani si scontra miseramente con la
stessa decisione presa da
t^igllaia di persone. Le
tiepide passeggiate sul
•ungomare o i tuffi dagli
scogli della riviera si trasiormano in ore chiusi in
hollenti scatole di latta.
Un’altra scelta c’è. 01tte la possibilità delle nostre pur splendide mon
tagne, nel Pinerolese ci
sono ottime piscine per
accontentare chi ha sete
di un buon bagno ristoratore. In vai Pellice ci sono due strutture: la prima presso l’hotel Gilly di
Torre Pellice (informazioni allo 0121-932477).
Vasca coperta e riscaldata, trampolino, sauna e
idromassaggio sono a disposizione del pubblico
il martedì dalle 18 alle 21,
dal mercoledì al venerdì
dalle 17 alle 21,30 e il sabato ore 16-20. L’opzione
del singolo biglietto non
esiste, ma la prima tessera da 10 ingressi costa
100.000 lire; corsi di nuoto e aquagym per adulti e
bambini completano
l’offerta. Scendendo a
valle a Luserna San Giovanni troviamo la seconda opportunità: fino a
metà settembre la pisci
na comunale (telefono
0121-900291) è aperta il
lunedì dalle 14 alle 19,
dal martedì al venerdì
dalle 9 alle 22 e il sabato
e la domenica dalle 10 alle 19. L’ingresso per gli
adulti costa 7.000 lire
(bambini 5.000); le tessere da 10 e 20 ingressi costano rispettivamente
60.000 e 95.000 lire (40 e
60.000 per i ridotti) più
l'iscrizione annuale di
30.000 lire. La piscina,
che di recente è stata
completamente restaurata, è al coperto con una
vasca da 25 metri, ma all’esterno c’è un ampio
prato con ombrelloni,
sdrai e lettini per approfittare di piacevoli bagni
di sole. Gorsi di nuoto e
ginnastica in acqua a
prezzi modici sono anche qui disponibili; la
squadra di nuoto di Luserna, soprattutto a livello giovanile, sta ottenendo ottimi risultati.
Nei dintorni di Pinerolo, in attesa dell’apertura
della nuova piscina coperta vicino al palaghiaccio, ci sono due impianti
privati all’aperto. Il primo
in frazione Miradolo di
San Secondo, con il parco
acquatico «Atlantis» (tel.
0121-393179): un recente
complesso che ha radicalmente modificato la
vecchia piscina costruita
negli Anni 60. Dal 1998 ci
sono 4 idroscivoli, di cui
uno per 1 bambini, l’idromassaggio, la spiaggia di
sabbia e il campo da beach-volley; all’interno il
bar con panini e bibite. 11
parco, sempre molto
affollato, è aperto tutti i
giorni dalle 9,30 alle
18,30; il biglietto d’in
grosso costa 15.000 lire
(12.000 per i bambini sot
to i 12 anni) dal lunedì al
sabato e 23.000 (17.000
sotto i 12 anni) la dome
nica. L’abbonamento a 10
ingressi è in vendita a
140.000 lire. Sempre a San
Secondo è molto apprezzata, e lo si capisce dalla
quantità di persone che
affollano l’acqua, la pisci
na all’aperto del circolo
sportivo di Villa Glicini
(telef. 0121-501321), con
una vasca grande e una
piccola per i bambini. Il
circolo è aperto dalle 9 fino a tardi e l’ingresso co
sta 15.000 lire (10.000 i ri
dotti) nei giorni festivi e
10.000 nei feriali (5.000 i
ridotti). Le tessere da 10
ingressi sono vendute a
90.000 lire e il biglietto
stagionale a 250.000 lire.
In vai Ghisone c’è la pi
scina di Perosa Argenti
na (tei. 0121-83443) con
l’unica vasca al coperto
da 25 metri, molto tran
quilla soprattutto il mattino. L’orario estivo pre
vede l’apertura il lunedì
dalle 9,30 alle 12 e dalle
14 alle 19, dal martedì al
venerdì dalle 9,30 alle 12
e dalle 14 alle 22 e il saba
to dalle 14 alle 19.1 prezzi
d’ingresso e degli abbonamenti sono gli stessi
della piscina comunale di
Luserna San Giovanni.
Corsi di avviamento allo
sport, nuoto per anziani e
aquagym sono fra le attività organizzate.
GHI conosce Rorà, ha
sicuramente presente il grosso caseggiato
sulla strada che da Pianprà sale verso Valenza. E
conosciuto come «La casa del piccolo Tibet»,
perché fino a poco tempo fa era proprietà di un
maestro di yoga di Torino,Felice Isella, che vi
portava allievi e simpatizzanti per seminari di
approfondimento delle
discipline orientali. Isella
aveva fatto diversi viaggi
in Tibet, dove aveva conosciuto la cultura dei
monaci: tornato in Italia,
aveva pensato di ricostruire un «piccolo Tibet» alla portata di italiani appassionati. L’aria di
Rorà gli era piaciuta e in
più, a quanto pare, vedeva nella cultura valdese
dei punti in comune con
le traversie del popolo tibetano; per vent’anni ne
ha fatto il suo luogo di
meditazione. Di recente
Isella ha donato il «Piccolo Tibet» al Comune di
Rorà, che lo ha nomina
to cittadino onorario.
La struttura però, esisteva già prima: «Negli
anni fra le due guerre era
un albergo, l’Hôtel Frioland - racconta il sindaco, Giorgio Odetto - poi
è diventata proprietà del
Concistoro di Torino,
che ne ha fatto una colonia per bambini fino a
vent’anni fa, quando è
stata venduta a Isella».
Che cosa ne sarà adesso
del «Piccolo Tibet»? «Vorremmo destinarlo a un
turismo sociale», dice
Odetto. Niente di più
preciso, per adesso: il
progetto di ristruttura
zione dovrebbe essere
inserito nel piano di sviluppo della Comunità
montana, ma è ancora
tutto da pensare. «Inutile
stabilire una destinazione precisa dell’immobile
prima ancora di sapere a
quali finanziamenti possiamo attingere - spiega
Odetto -; certo ci vorrà
anche il coinvolgimento
di tutta la popolazione
per affrontare un impegno di questa portata».
Per rendere di nuovo agibile e funzionale il «Piccolo Tibet», secondo il
sindaco saranno necessari almeno 400 milioni.
Una chiesa che accoglie molti villeggianti
Pramollo raddoppia d'estate
PIERVALDO ROSTAN
CI sono chiese valdesi,
alle Valli, che nel periodo estivo assumono
una veste nuova: intere
famiglie tornano nel
tempo della vacanza che
poi sfocia nella settimana del Sinodo. Sono famiglie originarie del posto, oppure semplicemente appartenenti al
mondo evangelico e che
scelgono Massello oppure Bobbio per un periodo
di relax fra le montagne.
In questo filone si colloca anche Pramollo, 6 km
da San Germano, 210
membri di chiesa. «D’inverno si va dalle 30 alle
40 presenze al culto,
d’estate si arriva anche a
cento», spiega Milena
Martinat che a Pramollo
svolge funzioni pastorali
in attesa di completare i
suoi studi in teologia.
Una confermazione quest’anno, otto bambini alla scuola domenicale,
domenica scorsa il primo
battesimo da quasi due
anni a questa parte; certo
sono purtroppo di più i
Il presbiterio di Pramoiio
funerali ma questa è una
comunità viva anche se
la maggior parte per lavorare deve scendere
ogni giorno in bassa valle. Non certo solo per essere più accoglienti verso
i visitatori ma perché era
davvero necessario, questa primavera il Concistoro ha deciso di rifare
le facciate dell’ottocentesco presbiterio; è stato
un po’ il classico buttare
il «cuore oltre l’ostacolo»: «Una spesa di circa
26 milioni, più o meno
quanto versiamo in un
anno alla cassa centrale
aggiunge Milena Martinat ma abbiamo quasi
raggiunto con le offerte
la copertura della spesa».
E durante il restauro è
riemersa anche la vecchia meridiana; vecchia
di quanto non si sa (non
si sono trovate notizie
precise) ma comunque
ripristinata, grazie al lavoro di Lorena Signori e
alle preziose indicazioni
di Gianni Mattana di
Torre Pellice, esperto in
materia. Una grande abbondanza di fiori rende
ancora più accogliente il
presbiterio ristrutturato.
18
PAG. 14 RIFORMA
E Eco Delle ìàlli %ldesi------------^eohi^ ^
Alla ricerca dei percorsi valdesi in vai d'Angrogna
I luoghi della storia
eruppi diversi per cultura e provenienza visitano i musei
le borgate, i monumenti L'apporto dell'wtto per mille»
Lo spazio fisico che più
si lega alle vicende della
storia valdese? Ve ne sono tanti, è chiaro, ma la
zona dove sicuramente
se ne concentrano di più
è la vai d’Angrogna. La
tradizionale «passeggiata
storica» permette ai viandanti di incontrare in pochi minuti, la Ghieisa
d’ia tana,' il museo degli
Odin e dunque Charles
Beckwith, la stele di
Chanforan da dicembre
senza la cornice dei pini
abbattuti dal vento, poco
più in là il museo della
donna al Serre. Un sentiero che annualmente
viene percorso da migliaia di persone; lo conferma il fac-totum Adriano Chauvie che abbiamo
incontrato nello splendido giardino della casa agli
Odin domenica scorsa:
«Ho raccontato la storia
del museo e ampi episodi
della storia valdese ben
cinque volte, solo oggi...».
Un gruppo di avventisti proveniente da Como
con forte presenza di immigrati ganaensi, un altro gruppo di cattolici da
Torino, un buon numero
di Peyronel provenienti
dal loro raduno in vai
Chisone, piccole comitive di gitanti. Tutto questo
il 16 luglio, senza dimenticare i circa 400 ragazzi
dei soggiorni estivi della
città di Torino arrivati fino agli Odin a gruppi di
50 durante tutta la settimana appena passata, o
ancora un bel gruppo di
evangelici coreani provenienti da Carrara. Sono
esempi, significativi, di
quale sia il desiderio di
conoscere i luoghi della
storia valdese, e dunque
di quanto sia importante
non solo dare risposte
«dotte» e storicamente
appropriate, ma anche
saper dialogare con il
prossimo in modo accogliente. Proprio in questo
senso, grazie ai fondi
delT8 per mille, da sabato
prossimo, e proprio partendo dalla Ghieisa d’ia
tana, verranno posizionati dei nuovi cartelli indicatori. Già nel corso
della primavera il sentiero verso la grotta è stato
completamente rifatto
con pietre e terra in modo da consentire a tutti di
raggiungere il luogo senza scivolare: «Il 70% dei
visitatori è composto da
anziani - precisa Adriano
Chauvie che sottolinea
alcune lacune manca
no m servizi igienici per i
visitatori della zona e in
particolare del museo degli Odin e soprattutto un
parcheggio adeguato per
gli autobus accanto alla
strada principale». Ma
l’impegno è tanto, la passione pure; il volto e le
parole di Adriano restano
scolpite nella memoria di
tanti visitatori capitati
agli Odin come meta precisa o a volte per caso,
magari alla ricerca di un
bar che non si trova.
E intanto i musei vaidesi di Angrogna e il
Centro culturale valdese
di Torre Pellice invitano,
domenica 23 luglio a una
passeggiata in vai d’Angrogna. È una proposta
di visita guidata alle borgate e al luoghi storici
valdesi in tre itinerari
adatti a ogni possibilità:
l’appuntamento è alla
sala unionista del capoluogo alle ore 14 con partenza alle ore 14,30 e ritorno entro le ore 18. Seguirà una «marenda sinoira» su prenotazione
entro venerdì 21.
1° itinerario (mountain-bike); Ghieisa d’ia
tana-Odin-ChanforanSerre - Buo nanotte - Arvu ra-Eigardou-Fau-Pradeltorno-Serre-capoluogo.
2° itinerario (a piedi):
Pissaiot-Garsinera-Cumbalot-Malan-Rocciamaneud-Sonagliette-Martel-Verné-Capoluogo.
3° itinerario (a piedi);
Ghieisa d’ia tana-OdinChanforan-Serre-capoluogo.
Per i bambini fino a 10
anni; passeggiata breve,
animazione e giochi. Per
informazioni e prenotazioni telef. 0121-944184;
932384; 944179.
Una nutrita rassegna musicale a Sestriere
Geometrie sonore in quota
«Geometrie sonore» è il
titolo di una rassegna che
il Comune di Sestriere ha
voluto nel periodo estivo
e di cui ha affidato l’organizzazione all’Associazione musicale divertimento. 1 primi appuntamenti saranno: mercoledì 26 luglio col «Quartetto Borodin» e sabato
29 luglio con il «Quartetto d’archi di Torino»; i
concerti si svolgono al
Cinema Fraiteve, alle ore
21,30; ingresso gratuito.
Il Quartetto Borodin è
considerato tra i migliori
al mondo, è stato fondato
nel 1945 da alcuni studenti del Conservatorio
di Mosca. Nel 1955 ha
preso il nome del grande
compositore russo Aleksandr Borodin, il cui secondo quartetto, con il
famoso notturno, è divenuto il biglietto da visita
del complesso. La particolare predisposizione
per il repertorio russo è
stata favorita dalla stretta
YISU5
Ottica
Lenti a contatto
Laboratorio in sede
con il montaggio lenti
computerizzato
Fotografia
LUSERNA S. GIOVANNI
Via Ribet 10
TORRE PELLICE
Via Arnaud, 5
collaborazione con Sostakovic, che ha sovrinteso personalmente all’esecuzione di ognuno dei
suoi quartetti. Il Quartetto d’archi di Torino nasce
nel 1988. Ne fanno parte
da allora Giacomo Agazzini, Umberto Fantini,
Andrea Repetto e Manuel
Zigante. La formazione
ha ottenuto vari riconoscimento come una Borsa di studio della «De Sono» (1989/91-1995), l’incarico di «Quarte! in residence» all’Istituto universitario europeo (1990),
il diploma d’onore della
Accademia chigiana di
Siena (1993), e altri premi
e menzioni in Concorsi
internazionali come il
«Premio Vittorio Gui»
(1994 - II Premio, premio
speciale per il quartetto
meglio classificato e Premio del pubblico) e il
«XlXème concours International de quatuor à
cordes d’Evian» (1997 Menzione speciale della
giuria). Il Quartetto si è
esibito per le più importanti stagioni concertistiche in Italia e all’estero
(Parigi Salle Cortot, Amburgo Musik Halle, Londra National Gallery,
Bruxelles Concerts du
midi, Praga Primavera di
Praga, Cuba, Malta e Olanda) ed è stato invitato
al Festival internazionale Oleg Kagan (luglio
1999) e all’Olanda Festival (agosto 1999).
M Perosa
Il progetto
Ecomuseo
Continuano gli incontri che dovranno portare
alla costituzione dell’Ecomuseo delle valli Chisone e Germanasca. Il
progetto in cantiere è in
qualche modo coraggioso: mettere in rete al fine
dello sviluppo turistico le
diverse realtà produttive
e culturali del territorio
creando uno scambio di
informazioni e di conoscenze fra loro, evitando
così che procedano in
modo isolato e slegato.
Dopo la consegna in Regione per il finanziamento del documento di programmazione, avvenuta
alcuni mesi fa, il gruppo
di aderenti all’iniziativa
promossa della Comunità montana valli Chisone e Germanasca ha
continuato le visite conoscitive, iniziate quasi
un anno fa, a realtà turistiche e produttive delle
valli e lunedì 10 luglio vi
è stata una riunione preparatoria al lavoro in
gruppo che sarà svolto
nei prossimi mesi.
«Secondo il nostro programma - dice Gino Barai, tecnico della Comunità impegnata nel coordinamento dei lavori - ci
si dovrà dividere in 4
gruppi tematici (ambiente, prodotti tipici, storia e
cultura, didattica) il cui
compito primario sarà
quello di raccogliere idee
e definire degli obiettivi
operativi a breve, medio
e lungo termine il tutto
avendo come referenti
sia operatori tecnici che
amministrativi della Comunità montana». La fase successiva sarà poi la
realizzazione degli obiettivi individuati magari
potendo contare su una
persona a metà tempo o
a tempo pieno nella realizzazione del progetto.
APPUNTAMENTI
21 luglio, venerdì
TORRE PELLICE: Nella zona pedonale, esposizione
pittorica di Cinzia Stagno Malanot, fino al 31 luglio.
VILLAR PELLICE: Alle 21,30, partendo da piazza
Jervis, fino al Museo archeologico industriale Crumière, la compagnia «Nonsoloteatro» presenta «Le
vie di Apuleio». Repliche il 23, il 24 e il 25 luglio, è
consigliabile la prenotazione, tei. 0121-323186. Ingresso lire 10.000.
LUSERNA SAN GIOVANNI: Alle 19,30, al giardino
delle feste, sagra della porchetta; a seguire serata
danzante con l’orchestra «Antonella e Aurelio».
22 luglio, sabato
PERRERO: Sabato e domenica festa del paese; alle
22.30, discoteca al Palazzetto.
RORÀ: Al laghetto di Orghen «Notte dei faggi», serate di musiche e balli.
LUSERNA SAN GIOVANNI: In via Cavour, alla torre
San Francesco, alle 17, inaugurazione della mostra di
pittura «Gli acquarelli» di Pier Giorgio Malano; alle
19.30, nel giardino delle feste, ID rassegna gastronomica delle contrade.
PINEROLO: Alle 21,30, in piazza san Donato, spettacolo «Non solo Buozzi», con Malandrino & Veronica. Ingresso lire 10.000 (in caso di maltempo lo spettacolo si svolgerà nel bocciodromo del Veloce club).
23 luglio, domenica
PERRERO: Alle 9,30, passeggiata musicale tra le vie
delle borgate; alle 13 pranzo campagnolo con grigliata, alle 15,30 giochi per tutti, alle 17 montaggio e giro
in mongolfiera, alle 21 esibizione del gruppo folcloristico «La teto aut».
PINEROLO: Alle 21,30, in piazza San Donato, «Klezmer & Gipsy music festival», con il gruppo francese
«Note Manouche». Ingresso libero.
LUSERNA SAN GIOVANNI; 3‘> edizione della manifestazione «Città d’arte a porte aperte»: alle 9,30 ritrovo in piazza Partigiani, alle 10 partenza con il pullman, alle 12,30 pranzo nel giardino mauriziano, alle
15,30 ripresa delle visite guidate; alle 16, nella chiesa
di San Giovanni Battista, concerto d’organo del maestro Eugenio Giovine; alle 18, nella ex confraternita
Santa Croce, premiazione della 2“ edizione del concorso fotografico «Luci e ombre».
ANGROGNA: Alle 14,30, passeggiata storica, visita a
luoghi e borgate.
24 luglio, lunedì
PINEROLO; Alle 21,30 in piazza San Donato «Klezmer & Gipsy Musica Festival», con «Ando Drome»
dall’Ungheria, ingresso libero.
25 luglio, martedì
PINEROLO: Alle 21,30, in piazza San Donato, «Klezmer & gipsy music festival», con il gruppo Bratsch. Ingresso libero.
27 luglio, giovedì
ANGROGNA: Alle 21, nel tempio di Pradeltorno,
verrà presentato il volume «Guida della vai d’Angrogna», di Mario Benna, Enrico Bertone, Maria Rosa
Fabbrini, Daniele Jalla, Roberto Mantovani; saranno
presenti alcuni degli autori, interventi inframmezzati
da letture e canti del Gruppo teatro Angrogna.
SERVIZI^
Torre Pellice: studiare la storia del protestantesimo
L'Ottocento da riscoprire
ROBERTO MORBO
Organizzato dai
Centro culturale valdese in collaborazione
con la Facoltà valdese di
teologia e il Collegio valdese si è svolto, dal 10 al
14 luglio a Torre Pellice,
Formai consueto corso
di storia del protestantesimo: quest’anno l’argomento è stato l’Ottocento. Nella prima giornata
Emidio Campi ha spiegato l’evoluzione della teologia in Germania, partendo dal suo più grande
rappresentante del periodo, Schleiermacher,
passando per il risveglio
fino agli ultimi epigoni liberali. Campi ha anche
fornito un esauriente
quadro del mondo inglese. Giorgio Tourn si è occupato del mondo francofono sia svizzero che
francese; Giampaolo Romagnani dell’Ottocento
valdese; Giorgio Spini di
quello italiano. Molto interessante è stata anche
la trattazione di Francesca Spano sulla nascita
del femminismo americano con Elisabeth Cady
Stanton.
L’Ottocento si è quindi
rivelato in qualche modo
ancora presente, non solo per le sue opere sociali
nate dal fermento risvegliato, ma anche per la
sua intensa capacità di
ricerca e di critica, che in
taluni casi ha prodotto
scissioni sterili, che in altri ha contribuito al rinnovamento culturale ed
ecclesiastico: un rinnovamento che non si è fatto sentire solo nelle Valli
o nei tradizionali paesi
protestanti ma anche, ad
esempio con personaggi come l’ex padre barnabita Gavazzi o Bonaventura Mazzarella, nella società italiana. Tutto questo bagaglio è stato lasciato in eredità agli uomini del secolo successivo, che tuttavia non ne
sapranno fare tesoro andando incontro alle
grandi tragedie del Novecento, prima tra tutte la
prima guerra mondiale.
Una domanda ha accompagnato quindi i
corsisti specie negli ultimi giorni: come è stato
possibile? Giorgio Spini
ha dato una risposta
analizzando i limiti delle
teologie liberali e risvegliate, spiegando come le
prime siano state troppo
legate alle volontà degli
stati nazionali (e in questo caso l’esempio del
teologo Adolf von Harnack appare emblematico), mentre le seconde
abbiano dimostrato una
scarsa propensione per
le indagini critiche dei
contesti sociali.
VALU
CHISONE-germai.
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festivj.
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica;
(turni festivi con orario 8-j^
DOMENICA 23 LUGLIO
Perosa Argentina:
piazza Marconi 6, tei.
VAL PELLICE'
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 167-233111
Guardia farmaceutica:
(turni festivi con orario 8-2!|
DOMENICA 23 LUGLIO
San Secondo: Mellano-.i
Rol 16, tel. 500112.
SERVIZIO ELIAMB
telefono 118
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SERVIZIO INFERMIER
presso i distretti
CINEMA
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cinema Trento ha inprj
gramma, venerdì 21, oii
21.30, Anna and tli
king; sabato 22, alle oh
21.30, Avviso di chiaiB.
ta; domenica e lunedi
alle ore 21,30, Il migli
verde; mercoledì 26, oi
21,40, Le regole della a
sa del sidro; giovedì, t
21.30, Toystory2.
PINEROLO — Lamit
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sala «5cento», Missioi
impossible 2; feriali eè
menica ore 20 e 22,1^
sabato 20 e 22,30. Aliai
la «2cento» è in visioml
teschi; a seguire, Lacaa
sulla collina.
Giovedì 27 luglio, alli
21.30, al circolo Veloce
club, proiezione ditoierican beauty (drammatico), vm 14 anni.
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20, alle 21,30, allasà
polivalente di Villa Bodi
proiezione di AnnaatI
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21.30, in piazza Europi
proiezione di Pokémot
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21,30 di lunedì 24 lugli*
alla collina del Castel!
(in caso di pioggia»
mercato coperto), saiài
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dopo le ore 20 al nutn*'
ro 0333-3249667.
Domenica 23 luglio spettacolo a Lusernetta
I «Nomadi» in concerto
Domenica 23 luglio a
Lusernetta la Pro Loco
propone il concerto dei
Nomadi, alle 21, nell’area
spettacoli: il concerto
sarà preceduto, nel pomeriggio, da una mostra
antologica sui Nomadi
stessi, a cura del fans
club «Provincia Granda».
Il biglietto costa 27.000
lire e può essere acquistato nelle seguenti prevendite: Hollywood store
entertainment, via Primo
Maggio 42 a Luserna San
Giovanni; Top Sound Record’s, via Torino 10 a
Saluzzo (tei. 0175-46226);
Puntomusica, via Genovesio 39 a Bagnolo Piemonte (tei. 0175-392086);
Caffè Centrale, corso To
rino 20 a Pinerolo (
0121-78802): Bar Vasi
ceria «Il sorriso», via ,
nerolo 7/9 a Bibiana V
0121-559414).
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PAG. 15 RIFORMA
Il vivente si può brevettare?
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fo la data prevista per il recenimento della direttiva sulla
EUettabilità della materia
lente nelle legislazioni dei
vari stati europei, ha avuto
iuogo una forte mobilitazione
Ha parte dei rappresentanti di
Iella che viene definita soLtà civile. Questa mobilitarne è volta alla richiesta
della revisione della direttiva
e della sospensione della concessione dei brevetti sul genoma umano in attesa delle
conclusioni di un indispensabile e urgente dibattito sulla
questione della proprietà industriale dei genoma degli organismi viventi, uomo compreso, da organizzare e svolgere a livello internazionale.
® Slmile nel contenuto è anche una lettera redatta dal
gruppo di studio sulla bioetica e le biotecnologie della
Commissione chiesa e società
della Conferenza delle chiese
europee (Kek), gruppo che ha
prodotto un documento sulla
brevettabilità delle invenzioni
biotecnologiche pubblicato
su Riforma il 5 dicembre ’97 e
di cui fa parte una rappresentante della Fcei, e spedita al
presidente in carica del Consiglio dei ministri deH’Unione
europea, alla Commissione e
al Parlamento europeo, ai governi dei 14 stati membri
dell’Unione europea. In questa lettera si afferma anche
che la Commissione chiesa e
società della Kek, sulla base di
una prospettiva teologica che
considera: il mondo e l’umanità come creazione e creature di Dio, ritiene: a) che il corpo umano non possa essere
oggetto dì commercializzazione, cosa che avverrebbe se si
rendessero brevettabili i geni,
a grave detrimento della dignità umana; b) che la conoscenza sia un patrimonio collettivo e di essa faccia parte la
scoperta di geni: poiché questa scoperta non può essere
considerata come un’invenzione, i geni non possono, di
conseguenza, essere brevettati; c) che non si possano ignorare i problemi di giustizia sociale ed equità a livello globale che il possesso e lo sfruttamento commerciale di sequenze del genoma umano
solleverebbero, mentre sarebbe auspicabile che i benefici
del progresso biotecnologico
fossero equamente distribuiti
fra tutti gli abitanti della terra.
Ciò che appare come fenomeno relativamente nuovo è
il fatto che, a differenza di
quanto si è verificato in altre
occasioni analoghe degli anni passati, assai numerosi e
accesi sono stati gli interventi
che, provenendo da ambiti
istituzionali, si sono schierati
contro la Direttiva europea
98144/CE sulla brevettazione. Considerando infatti il
quadro internazionale a livello europeo nell’ultimo anno, a partire dalla Raccomandazione 1425199 del
Consiglio d’Europa (che afferma che «la necessità di valorizzare le risorse genetiche
non implica necessariamente
la detenzione di un brevetto e
che né geni né organi né tessuti né cellule di origine vegetale, animale o umana possono essere considerati alla
stregua di invenzioni, né essere oggetto di monopoli derivanti dalla concessione di
brevetti»), si potrebbe in seguito menzionare la dichiarazione congiunta di Clinton e
Blair sulla necessità che le
informazioni sul genoma umano siano liberamente disponibili per tutti i ricercatori
dei mondo (marzo 2000), oppure l’iniziativa dei membri
del Parlamento europeo Mattel (Francia) e 'Wodarg (Germania) che, ricordando lo
statuto simbolico di «patrimonio dell’umanità» attribuito al genoma umano dalla
«Dichiarazione universale sul
genoma umano» dell’Unesco,
lanciano un appello per una
moratoria dell’attribuzione di
brevetti, o infine l’interessante e articolatissimo parere del
Comitato etico francese (giugno 2000) che analizza le differenze tra il concetto dì scoperta e quello di invenzione
alla luce dei principi etici
messi in gioco dalla spinosa
questione della brevettabilità
della materia vivente.
Anche se le reali motivazio
ni di queste prese di posizio
ne appaiono difficili da valutare e le loro valenze poten
zialmente ambigue, certa
mente esse costituiscono delle chiare indicazioni dell’aumentato livello di coscienza
sociale dell’importanza della
posta in gioco e dèlia gravità
dei rischi a essa associati.
Anna Rollier
I E noi, non
esistiamo?
Ho seguito gli spezzoni di
diretta televisiva riguardanti
il World Gay Pride 2000 trasmessi l’8 luglio da Raitre. Ho
seguito questa manifestazione per curiosità ma soprattutto perché sono un fanatico
convinto che chiunque debba avvalersi della libertà, della tolleranza, del progresso
civile e dei propri diritti. Dal
punto di vista coreografico
mi è piaciuta, così come mi
sono piaciute alcune scritte
sui cartelli e alcune interviste
serie e pacate rivolta ad alcuni gay e lesbiche che certamente avranno fatto e faranno riflettere a lungo un qualsiasi credente.
Ma a questa iniziale gioia
sono subito subentrati in me
amarezza, sconforto, rabbia,
impotenza e delusione nel
constatare ancora una volta il
livello culturale italiano così
spudoratamente «fondamentalista». In Italia esiste, deve
esistere, solo una chiesa,
quella cattolica, e di conseguenza in studio e in collegamento da Torino si sono
ascoltate solo voci a senso
unico, anche se due sacerdoti
hanno per la verità avuto coraggio di uscire dal coro; una
sola voce che in modo irritante e arrogante si è sentita in
dovere e in obbligo di rappresentare tutta la cristianità (infatti non si è parlato di cattolicesimo ma di cristianesimo).
Deluso, perché non c’è stata una nostra voce, un’altra
voce del cristianesimo, un’altra cultura, un altro modo di
pensare. Abbiamo rifiutato
noi un nostro intervento o,
come più logicò, siamo stati
ancora una volta dimenticati,
emarginati, neanche presi in
considerazione perché estranei alla società italiana? Se lo
ricordino bene i fautori dell’ecumenismo: in privato siamo a mala pena tollerati, ma
nella vita pubblica nel tessuto sociale ed etico, siamo
ignorati, non esistiamo, siamo nessuno. Bellissimo l’articolo apparso (forse per sbaglio) sul «Corriere della sera»
a firma di Piero Ostellino, che
inizia con la frase «Benvenutinel paese dei fondamentalismi». Penso che non ci sia altro da aggiungere, ma ci sia
molto ma molto da riflettere.
Sergio Margara - Vercelli
Passatempo
(D. Mazzarella)
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Orizzontali
Altro modo di dire adesso
I giudei designavano con
questo nome il luogo di
punizione dopo il giudizio finale
• La moda... dei buchi
V- Prefisso che indica qualcosa al di fuori
12. Roma sulle targhe
13. Una forma di contribuzione (al plurale)
15. Uomo... latino
16. Saulo vi stava andando
per perseguitare i cristiani
18. Tipico cognome valdese
19. Simbolo dell’antimonio
21. La si fa mettendo in movimento
24. Gerusalemme è chiamata anche così
25. Commissione Permanente Studi
27. Gesù dice che bisogna
dargli ciò che è suo
29. La O di Opcemi
30. Un ente che assisteva i
lavoratori
Verticali
1. Figlio di Rut e nonno del
re David
2. Libro del Nuovo Testamento
3. Una valle valdese
4. Mercurio per i greci
5. Iniziali dello storico
Comba
6. Ippolito scrittore e patriota
7. Sigla che indica una paternità o maternità sconosciute
8. La madre di Ismaele
11. Città francese sulla Mosa
14. Ministro di culto musulmano
17. Note, postille
18. L’evangelista del segreto
messianico
19. Simbolo dello stagno
20. Il luogo dove Giacobbe
fece un particolare sogno
22. Sorelle dei genitori
23. Un nipote di Giacobbe
26. Iniziali del filosofo Pom
ponazzi
28. Divinità egizia
Un lungo
ministerio
■ La Comunità valdese di Bari ricorda con profonda commozione il lungo illuminato ministerio del compianto
pastore Enrico Corsani. Ne
rammenta le sue doti umane,
il suo entusiasmo nell’essere
accanto ai giovani della chiesa, ai confermandi che si accingevano a essere ammessi
nella comunità, la sua fervida
accoglienza a quanti per la
prima volta entravano nel
nostro tempio.
Ricordiamo soprattutto il
suo spirito decisamente ecumenico: si deve a lui se nella
nostra città è sorto un movimento che, seppur faticosamente, si è andato affermando negli anni insieme con le
altre locali confessioni cristiane. Poi seri disturbi fisici
lo costrinsero a rallentare
questa sua attività, ma il
buon seme era stato gettato e
ha germogliato.
Caro pastore Corsani, tu vivrai sempre nei nostri cuori.
Hai additato a tutti noi sempre le vie dell’amore e della
speranza in Cristo Gesù.
Giuseppe Mascanzoni
Bari
Per un'Europa
competitiva
L’attuale debolezza dell’euro era stata largamente
prevista dagli studiosi più attenti e meno sensibili alle
euforie ideologiche. Gli stessi
americani, del resto, a quanti
chiedevano se temevano la
nascita della moneta unica
europea, rispondevano che
non ne avevano paura. Ma
perché l’euro, dopo i primi,
iniziali esordi positivi, sta
crollando nei confronti del
dollaro? La ragione, a mio avviso, sta nel modo stesso con
cui si è proceduto alla nascita
e alla costituzione dell’Unione europea.
È noto che in tale processo
si è preferito dare la precedenza e la prevalenza ai problemi e agli aspetti economici e finanziari, e non a quelli
politici, convinti che risolti i
primi sarebbe stato più facile
superare e risolvere i secondi.
L’esperienza invece sta dimostrando il contrario. Perché l’Europa fosse sia competitiva sul piano economico
e finanziario, occorreva prima creare uno stato federale
europeo, in cui ciascuno stato nazionale rinunciasse a
una parte o a tutta la sua sovranità e indipendenza in alcuni settori vitali e importanti, come l’economia, la finanza, il fisco, la politica estera,
la difesa, la previdenza, la sanità, ecc., in modo che queste competenze e attività venissero date e attribuite al
nascente stato federale europeo, retto e governato da un
Parlamento eletto non su base nazionale in cui ogni paese elegge i suoi rappresentanti a Strasburgo, ma su base europea e da un governo
europeo, eletto direttamente
da tutti i cittadini europei.
Solo così l’Europa potrà diventare competitiva rispetto
agli Usa e agli paesi extraeuropei, quando le decisioni
importanti potranno essere
prese da un centro di potere
politico unico e unitario, in
modo rapido e non lento e
farraginoso, come è oggi.
Per cui la crisi e la debolezza attuale dell’euro la si supera soltanto accelerando il
processo di integrazione europea á livello politico, secondo le linee sopra indicate,
e non gettando la croce addosso a Duisenberg o agli altri tecnocrati europei. Da e in
questa situazione di crisi,
poi, paesi come l’Italia, economicamente e politicamente più deboli e meno organizzati, finiscono per pagare un
prezzo più elevato.
In presenza di un capitalismo come quello italiano,
preoccupato solo di massimizzare i profitti approfittando della crisi dell’euro, e di
una classe politica incapace
di promuovere e di effettuare
riforme nei vari settori economici e sociali che portino
l’Italia a livello degli altri paesi europei, chi finisce da noi
per pagare un prezzo altissimo sono proprio i cittadini e
i lavoratori, in termini di perdita di potere d’acquisto dei
salari e degli stipendi, di
mancanza di servizi pubblici
efficienti e di disoccupazione. Mentre un Parlamento e
un governo centrale scaturente da un processo di integrazione come quello sopra
indicato, che emanasse e dettasse regole e norme uguali e
valide per tutti nei settori
chiave della vita politica ed
economica, porterebbe indubbi benefici e vantaggi ai
cittadini italiani.
È ovvio che un simile processo di integrazione presuppone e comporta la riduzione
degli attuali stati nazionali a
stati regionali, con una loro
autonomia, sì, ma con la conseguente perdita e rinuncia
alla propria sovranità e indipendenza. Ma o si va in questa direzione o prima o poi
TUe finirà per disintegrarsi o
generare al suo interno conflitti e squilibri tali, tra paesi
forti, determinanti e centrali
(come Germania, Francia,
Spagna, ecc.) e paesi deboli e
marginali (come l’Italia), che
finiranno per togliere o impedire all’Europa di poter competere efficacemente e con
successo con gli Usa e con gli
altri paesi o aree economiche
extraeuropee. L’impresa è ardua, ma non impossibile.
Arturo A. Cericoia
Torre Pellice
Grazie!
NUOVI INDIRIZZI
Il candidato Jean-Félix Kamba ’Nzolo comunica il proprio
nuovo indirizzo: via Caronelli 13, 31015 Conegliano (Tv). Tel.
0347-8545135; e-mail: kamba@libero.it
Il pastore a Lentini e Fioridia Pawel Gajewski comunica il prprio indirizzo: via Fratelli Bandiera 21, 96016 Lentini (Sr); tei.
095-7836273; cellulare; 0347-3039262. E-mail; pawelga@tin.it
L’indirizzo provvisorio per la corrispondenza della Chiesa di
Sampierdarena è presso il presidente del Consiglio di chiesa:
Roberto Zanatta, via T. Molteni 3/16 scala b, 16151 Genova.
Il pastore Franco Taglierò comunica il proprio nuovo indirizzo e-mail: tagliero@tiscalinet.it.
La Comunità valdese e metodista di Venezia e il Centro culturale Palazzo Cavagnis si congratulano con la sorella Federica
Ambrosini: al suo libro Storie di patrizi e di eresie nella Venezia del 500 (ed. Franco Angeli) è stato assegnato il terzo premio
alla 14“ edizione del «Salotto veneto», sezione per la migliore
opera inerente alla civiltà veneta.
Congratulazioni alla neodottoressa Donatella Barus, della
comunità valdese di Pinerolo, che il 7 luglio 2000 si è laureata
in Scienze della comunicazione con punti 110 e lode discutendo una tesi su «La memoria e l’immagine. Rappresentazione
del femminile nella cronaca del territorio italiano».
La seguente lettera è stata
inviata alla Tavola valdese,
Ujficio otto per mille.
Abbiamo ricevuto il generoso contributo della Tavola
valdese di £ 12.000.000 a favore dell’Asproma di Caruarù
(Brasile). Questa somma ci
ha permesso di completare le
strutture necessarie per il
buon funzionamento delle
attività di raccolta differenziata. Anche con l’aiuto di altri amici possiamo oggi contare su una sede adeguata alle necessità della cooperativa, che conta 20 associati, oggi in condizione di migliorare
il loro reddito mensile.
Oltre all’attività lavorativa
abbiamo iniziato un programma culturale con un
gruppo di Capoeira, costituito con i figli degli associati e
altri adolescenti del quartiere. Queste attività culturali
potranno essere intensificate
e offerte ad altre persone
quando realizzeremo la costruzione delle sale per un
centro polivalente come da
progetto a voi inviato.
Mi rallegra molto la vostra
disponibilità per una solidarietà ecumenica che ha certamente rafforzato tra la nostra
gente il senso di profonda comunione e ha rinnovato lo
spirito evangelico di apertura
verso i bisogni di una comunità così lontana. Rinnovo i
miei ringraziamenti anche a
nome dell’équipe di coordinamento dell’Asproma e di
tutti coloro che beneficiano
della vostra generosità.
Franca Sessa
presidente - Milano
Le barzellette
su Dio
Gentile direttore, sono
sconcertata dal fatto che già
in vari numeri di Riforma ho
letto delle barzellette che
coinvolgevano Dio. Non le
sembra una cosa estremamente spiacevole? I valdesi
sono scesi al ruolo di giullari?
Inda Ade
Falconara Marittima (An)
Errata
NeH’articolo pubblicato sul
numero del 14 luglio relativo
alla presentazione del Testo
applicativo delle norme sui
matrimoni interconfessionali,
e precisamente nel paragrafo
sul «Cammino percorso», per
una svista, è stata saltata una
frase importante da collocarsi
dopo la citazione del Mota
proprio di Paolo VI: «Le coraggiose e anticipatrici prese di
posizione della diocesi di Pinerolo con il Direttorio ecumenico del 1970 e le indicazioni pastorali del 1981». Ce
ne scusiamo con l’autore Alberto Taccia e con i lettori.
m PARTECIPAZIONI m
«Quand'anche io camminassi
nella valle dell'ombra e
della morte, lo non temerei
male alcuno perché tu sei meco»
Salmo 23, 4
«Il Signore ha dato, il Signore
ha tolto; sla benedetto
Il nome del Signore»
Giobbe 1,21
Dopo una dolorosa malattia ci
ha lasciato per la Canaan celeste
Elda Angeleri Faralli
Ne danno il triste annuncio il marito Elio Faralli, il figlio Riccardo, la
nipote Mila, la nuora Emy e i fratelli Paolo, Franco e Emanuele.
Arezzo, 4 luglio 2000
20
PAG. 16 RIFORMA
venerdì 21 LUGLIO 2000
Il 30 giugno si è svolto a Millau (Aveyron) il processo contro il contadino José Bové
Il vento di Seattle è soffiato anche sul sud della Francia
GIORGIO GARDIOL
IL popolo di Seattle è tornato a riempire le vie e le
piazze. Questa volta si è ritrovato a Millau, nel Sud della
Francia. Il 30 giugno scorso
nella cittadina francese si è
processato José Bové, leader
della «Confédération Paysanne». L’accusa è quella di aver
smantellato, con altri dieci
suoi compagni del sindacato,
nell’agosto scorso, l’insegna e
parte del cantiere che ospitava la costruzione di un nuovo
McDonald’s alle porte della
città. Sono venuti da tutto il
mondo, in 47.000 secondo la
polizia («almeno 60.000» per
gli organizzatori) per portare
la loro solidarietà a José Bové
e per affermare che la lotta
della Confédération Paysanne è anche la loro. Hanno invaso strade e piazze di una
cittadina di 17.000 abitanti e,
nonostante il sindaco che
aveva invitato i commercianti
a non aprire i negozi, non e
successo nulla di violento.
Il processo
Nell’aula del tribunale Bové e i suoi non hanno negato
i fatti: li hanno rivendicati in
forza di un principio superiore, un dovere etico: di
fronte alle multinazionali
che impongono i loro prodotti, che standardizzano
tutto d’hamburger cuoce in
tutte le parti del mondo in 43
secondi!), i popoli devono difendere i loro prodotti.
L’agricoltura vive (e con essa il cibo e la cultura locale)
se risponde alle caratteristiche del territorio, alla diversità. I MacDonald’s sono la
negazione di tutto questo,
sono la negazione del gusto.
L’obiettivo, hanno dichiarato
Bové e i suoi amici ai giudici,
è quello di fare entrare l’etica
nella produzione e nel consumo. «Dobbiamo - dicono creare dei “consum’attori”
(consumatori-cittadini) capaci di esercitare un potere
nuovo nei confronti delle
multinazionali».
E al processo hanno testimoniato il desiderio di far
crescere nuovi diritti di cittadinanza, nuove solidarietà,
nuove forme di eguaglianza
15 testimoni della nuova
umanità che si sta formando:
Susan George, Vandana Shiva, Lori Wallach, Denis Soclet, contadini della Via Campernsiha brasiliana, eco-warriors. Tutti a testimoniare che
si sta entrando in una fase
politico-istituzionale che vede l’elaborazione diima nuova Dichiarazione dei diritti
dell’uomo e dei popoli.
Proprio sull’azione di una
nuova costituente si sono
centrate le arringhe degli avvocati di Bové (tra cui il protestante Jean-Jacques De Felice, di Tolosa). Siamo di
fronte a un processo di costruzione di nuova cittadinanza mondiale, Bové attualizza i principi della «République». Il procuratore della
Repubblica ha chiesto 10 mesi di carcere. Ma la sentenza
non ci sarà che tra tre mesi.
José Bové, «le paysan révolté»
Chi è José Bové, contadino
per scelta, militante antimilitarista, leader sindacale e
ora, dopo Seattle e Davos,
uno dei leader più conosciuti del movimento contro la
globalizzazione dei mercati?
«Ho quarantasette anni e
sono nato in una famiglia
borghese di ricercatori in
campo agronomico. I miei
primi anni di vita li ho passati a Berkeley in California,
poi venni a Parigi - racconta
-, Qui, a 15 anni in terza liceo, ho fatto la mia prima
contestazione alla scuola. Rischiai l'espulsione ma, alla
fine, tre anni dopo, conseguii il baccalaureato, in economia, con menzione. Poi
c'è stata l'università, i cinema, le feste libertarie nel
Quartiere Latino con Paco
Ibanez e Leo Ferré. In polemica con i maoisti e i compagni gauchistes, mi convinsi che la lotta principale che
un uomo libero doveva fare
era contro le strutture autoritarie, contro l'esercito. Diventai obiettore di coscienza
e sottoscrissi una dichiarazione collettiva di obiezione. Naturalmente fu respinta. Così per non essere arruolato scappai a Bordeaux.
Qui lessi tutto il possibile
José Bové
sulla disobbedienza civile:
Martin Luther King, Henri
David Thoreau. Poi sull'anarchismo: Bakunin, Kropotkin.
Prudhom. E anche Marx e i
marxisti».
«Decisivo per la mia formazione - continua Bové - è
stato l'incontro con il filosofo protestante Jacques Ellul. Quando ero obiettore di
coscienza a Bordeaux, nonostante la sua notorietà, veniva alle riunioni dei nostri
piccoli gruppi (cinque o sei
persone) a parlarci dell'illusione della tecnica liberatrice, dei pericoli per la democrazia degli apparati ideologici dello stato, di anarchia e
di cristianesimo. Ci parlava
di Cristo e della salvezza e
dell'impegno cristiano. Eliul,
uomo della Resistenza che
aveva rifiutato il giuramento a Vichy, che era stato
consigiiere comunaie a Bordeaux, membro di commissioni del Consiglio ecumenico e della Chiesa riformata
francese, e poi in dialogo
con i "situazionisti" di Guy
Debord, insieme allo storico
Bernard Charbonneau, aveva fondato un comitato contro la cementificazione della
costa aquitana da Royan a
Bayonne. Sul piano logico
era un progetto perfetto:
programmazione, soldi, potere politico, voti. Solo un
piccolo problema: la gente
non lo voleva. Il progetto è
poi stato abbandonato».
Ma Bové, «le paysan révolté», è credente? «Penso
che l'Evangelo sia una griglia di lettura del mondo
per l'impegno nel mondo. È
importante per la speranza
e la forza che ti dà nelle lotte. lo vivo il cristianesimo attraverso la testimonianza di
mia moglie. Alice, e questo
mi è di molto aiuto. Ma non
sono cristiano. Quanto al
problema di Dio, sto sempre
cercando».
La piazza
A rubare la scena al processo è stata la festa contro la
mondializzazione. «Il mondo
non è una merce... e neanch’io lo sono» era scritto su
migliaia di magliette indossate dai partecipanti (acquistate per sostenere le spese della
manifestazione) e la piazza è
stata la vera protagonista
dell’evento. La piazza, l’agorà, non è soltanto il luogo
in cui ci si incontra, si discute, si scambiano le idee, ma
anche il «mercato» dove si
acquista e dove si vende.
L’agorà non è l’arena dove si
combatte, si perde e si vince.
L’arena è il mercato globale,
il mercato come unico strumento per regolare la nuova
società mondiale. L’arena è
la realtà dell’economia.
Millau, il 30 giugno, è stata
invece l’agorà. Quattordici
atelier sui temi della manifestazione con migliaia di partecipanti, un mercato dei
prodotti locali (roquefort e
vino su tutto). È stato un luogo dove il rapporto tra le cose, tra le merci, è stato smascherato per ricercare un
rapporto tra gli uomini. Nell’agorà di MiUau si è ritrovato
il rapporto politico dello
scambio, è stato il luogo in
cui i nuovi cittadini si sono
misurati pacificamente sotto
lo sguardo di altri cittadini. È
stato un momento di utopia
concreta in cui si è sperimentata la ricerca della vita gioiosa, della festa, dell’etica che
trasforma la realtà, partendo dalla tua coscienza. Per
un giorno si è seguita l’indicazione di un grande filosofo francese, recentemente
scomparso, Cornelius Castoriadis che ci ricorda che «quel
che è richiesto è una nuova
creazione immaginaria, che
non ha pari nel passato, una
creazione che ponga al centro della vita umana significati diversi dall’espansione
della produzione e del consumo, che ponga obiettivi di vita diversi, tali da essere riconosciuti dagli esseri umani
come degni di sforzo... una
società in cui si rinunci dunque a questa corsa folle verso
un consumo sempre crescente. Tutto ciò è necessario non
solo per evitare la definitiva
fine dell’ambiente terrestre,
ma anche per liberarci dalla
miseria psichica e morale
propria degli uomini contemporanei».
La testimonianza di un pastore awentista cappellano nel carcere di Rebibbia
Le carceri italiane sono anche un nostro problema
GIULIANO DI BARTOLO
CHI dice che quello delle
carceri sia un problema
che non lo riguarda, non tiene
conto di alcuni fatti: 1) un italiano su mille è un detenuto.
Se poi si tiene conto di tutti
quelli che lavorano per le carceri, fra agenti di polizia penitenziaria, impiegati amministrativi, direttori, educatori,
magistrati e altri ancora, e si
tiene conto che dietro ciascuna persona c’è una famiglia, il
numero sale. 2) ogni detenuto
costa aH’amministrazione circa 400.000 lire al gitrno. In
realtà a lui va una parte esigua perché quasi tutto serve
agli stipendi del personale,
manutenzione e spese varie.
Con il nuovo regolamento
carcerario, per i tre pasti, per
ciascun detenuto vanno 5.000
lire (fino a poco tempo fa erano meno di 3.000).
Dopo queste considerazioni, possiamo dire che le carceri sono un problema che
non ci tocca? Un articolo di
Adriano Sofri su La Repubblica del 20 giugno parla delle
vicissitudini di un detenuto
extracomunitario, Samir, che
doveva essere operato a un
tendine al Centro clinico di
Pisa, il più importante d’Italia, ma che non ha potuto
perché il Centro non è operativo per mancanza di fondi.
Dopo varie proteste, le uniche che può fare un detenuto
come tagliarsi e infilarsi degli
spilloni nelle labbra, ha messo fine alle sue pene ingoiando dei frammenti di vetro e
impiccandosi. Di carcere si
può morire.
Un telegiornale qualche
giorno fa forniva dei dati sui
suicidi, tentati suicidi, atti di
autolesionismo all’interno
delle carceri. Erano numeri
che ad ogni cittadino «per
bene» dovrebbero togliere la
serenità. 11 servizio sanitario
esterno fa acqua da tutte le
parti. Quello carcerario? Quasi inesistente o peggio. Mi ha
raccontato un detenuto in un
manicomio giudiziario che,
dopo essere stato operato
all’intestino per avere ingoiato dei chiodi, quando è arrivata l’ora di togliere i punti il
dottore, avendo paura del detenuto, l’ha fatto salire su
uno sgabello e glieli ha tolti
dallo spioncino. Naturalmente questo «medico» è stato
denunciato.
Una ragazza si è tagliata la
gola con il coperchio di una
scatola di tonno ed è stata
medicata nell’infermeria del
carcere, ma la sua protesta
non è servita a nulla. Quando l’ho raccontato al magistrato di sorveglianza, dopo
aver detto il nome della ragazza, costui ha risposto sorridendo che ci aveva provato
altre volte. Un’altra detenuta
è morta per un ictus durante
la notte. Le compagne di cella hanno suonato il campanello e chiamato diverse volte, ma la porta della cella si è
aperta solo alle 8 del mattino
come sempre. Un detenuto
che seguivo da un anno per
protesta ha bevuto dell’acido
muriatico. 11 medico si è fatto vedere 20 minuti dopo. Il
detenuto è morto una ventina di giorni dopo fra sofferenze atroci.
Di «malasanità» si può morire. La cronaca ne parla ogni
tanto. Di «malasanità» carceraria si muore più spesso. La
Costituzione dice che il carcere deve tendere alla riabilitazione del detenuto. L’idea
di chi non è mai entrato in un
carcere è che il criminale
debba soffrire. Se fosse la società a pensare così, sarebbe
una società incivile, come ce
ne sono sia nel Terzo Mondo
sia nei paesi tecnologicamente progrediti.
A me, cittadino italiano
che, come contribuente, partecipo alla spesa di 400.000 lire giornaliere per detenuto
interessa che il delinquente
smetta di delinquere e che
sia recuperato. Le strutture
esistono ma ci sono delle carceri che le utilizzano e altre
no. Come può essere recuperato un detenuto con i pestaggi 0 con la palese illegalità che vige fra chi dovrebbe
educarli? Si caricano di sentimenti negativi e giungono alla conclusione che non vale
la pena diventare onesti. Ci
sono molti detenuti che hanno capito di avere sbagliato e
vorrebbero riorganizzare la
propria vita. Ma il carcere,
nella maggioranza dei casi,
non lo consente. (Adn)
Sfollati dello Sri Lanka
(Foto Acnur/H.J. Davies)
La crisi internazionale del debito - 2
Le conseguenze della crisi
ERIC TOUSSAINT
La crescita del debito del
Terzo Mondo è sfociata
su una crisi tuttora irrisolta.
La crisi deH’indebitamento
del Terzo Mondo, scoppiata
nel 1982, è dovuta all’effetto
congiunto dell’aumento improvviso dei tassi di sconto
deciso dalla «Federai Reserve» degli Usa alla fine del
1979 (nel caso dell’America
Latina, il tasso di sconto reale è passato da una media di
-3,4%, tasso negativo favorevole agli indebitati, tra il
1970 e il 1980, a +19,9% nel
1981, + 27,5% nel 1982 e
+ 17,4% nel 1983), del calo
dei redditi da esportazioni e
della sospensione dei prestiti bancari. La crisi dell’indebitamento del Terzo Mondo
è stata gestita dai governi del
Nord e dalle istituzioni finanziarie internazionali
multilaterali (Fmi, Bm, e
banche private (le grandi
banche private) in modo da
far entrare in un ciclo di dipendenza accresciuta quei
paesi del Terzo Mondo e
dell’Europa orientale che
avevano acquisito le dimensioni di una autentica potenza industriale o addirittura
finanziaria. In quanto ai
paesi meno sviluppati del
Terzo Móndo che non avevano conosciuto un processo cumulativo di industrializzazione, la loro subordinazione agli interessi dei
principali paesi industrializzati ne è risultata accentuata. Tra il momento in cui è
scoppiata la crisi (1982) e il
1998, i paesi della Periferia
hanno rimborsato complessivamente oltre 4 volte ciò
che dovevano. Ciononostante, l’ammontare del loro debito estero non è diminuito,
anzi nel 1998 era quattro
volte più elevato rispetto al
1982. I creditori internazionali, il Fmi, la Bm, il Club di
Parigi (che riunisce i governi
del Nord in quanto creditori)
e il Club di Londra (che riunisce le banche private del
Nord) dettano le loro condizioni ai paesi indebitati. Pezzo forte di queste condizioni: l’applicazione dei piani di
aggiustamento strutturale.
conflitti cosiddetti etnici o
religiosi, o addirittura sulla
disintegrazione di alcuni
stati. L’elenco è già lungo e
il numero di morti enorme:
Somalia, ex Jugoslavia, Algeria, Ruanda... I piani di aggiustamento strutturale non
costituiscono il fattore determinante di queste crisi
ma ne rappresentano un
potente catalizzatore. Il
rimborso del debito estero e
interno è un formidabile
meccanismo di pompaggio
delle ricchezze create (o di
una parte di queste: il sovraprodotto) dai salariati e dai
piccoli produttori dei paesi
del Terzo Mondo (e dell’ex
blocco dell’Est europeo)
verso i detentori nazionali
di capitali (i capitalisti del
Sud e dell’Est europeo) e
verso i capitalisti del Nord.
Non si tratta dunque di un
semplice drenaggio di ricchezze dalla Periferia verso
il Centro. Occorre infatti applicare un’analisi di classe
al fenomeno e vedere che
esso fa parte dell’offensiva
generalizzata del capitale
contro il lavoro a livello
mondiale.
I piani di aggiustamento
strutturale
I piani di aggiustamento
strutturale costituiscono un
mezzo per addomesticare i
paesi del Terzo Mondo e
dell’Est europeo. I loro effetti sono generalmente
disastrosi e hanno in certi
casi accelerato crisi sociali
drammatiche che sfociano
su una recrudescenza dei
Le conseguenze
Generalizzazione e accentuazione delle politiche di
aggiustamento strutturale,
aumento della disoccupazione (secondo un rapporto
dell’Ufficio internazionale
del lavoro di marzo 1999, 23
milioni di posti di lavoro so
no stati persi nell’Asia del
Sud-Est dopo lo scoppio
della crisi nel 1997), riduzione drastica delle spese sociali, accelerazione delle privatizzazioni, degrado del
l’istruzione e della salute,
deregolamentazione dei
rapporti di lavoro, enorme
aumento del numero di persone che vivono al di sotto
della soglia di povertà asso
luta... I diritti deH’essere
umano sono direttamente
minacciati o violati dall'at
tuazione delle politiche di
aggiustamento strutturale:
diritto alla vita (il tasso di
mortalità infantile e materna ha tendenza ad aumenta
re di nuovo nei paesi più pò
veri e nei settori più poveri
del resto dei paesi della Periferia), diritto di espressione
(i governi hanno tendenza a
restringerlo per imporre le
politiche antisociali), diritto
ad un lavoro, a un tetto, a un
reddito decente, diritto all’uguagJianza uomo-donna
(le donne e le ragazze sono
ancora più colpite degli uomini dall’aggravarsi delle
condizioni di vita).
(2 - continua)
Xun
sono
no vi
di m
Gesù
che s
un il
mina
ra vi’
re? Il
dicas
sono
io in
.dice
cred
cont
tipr
non
degl
stad
piaz
di p
nel
cori
lui:
tod
di 1
ami
Ges
mil
(25
giu
nu]
zio
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vei
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ur
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