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Anno 113 - N. 42
21 ottobre 1977 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
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BIBLIOTECA VALDE3B
10066 TOaifE PEIL ICS
valli valdesi
c;fttimanale delle chiese evangeliche valdesi e metodiste
IL 30 OTTOBRE LE CHIESE PROTESTANTI RICORDANO LA LORO MATRICE STORICA E SPIRITU^
Perché la Riforma Perché una notte di
non ha attecchito in Italia? pesca infruttuosa?
Al mito di una scarsa rispondenza incontrata dalla Riforma in Italia
va contrapposta la verità del dominio papale che con la sua repressione lasciò aperte due sole vie alla dissidenza: 1 abiura o la fuga.
« Maestro, abbiamo lavorato tutta la notte senza prendere
nulla; però, se lo dici tu, getterò le reti » (Luca 5; 5-8).
Con la fine della gloriosa repubblica fiorentina del 1530 tramontava per sempre il mito del
Savonarola della « renovazione »
di Firenze, della Chiesa e dell’Italia. La riappacificazione di Clemente VII Medici e Carlo V aveva segnato la fine della « libertà
d’Italia ». Tutti gli Stati della penisola cadono sotto la dominazione o sotto rinfluenza della
Spagna e degli Asburgo, decisi a
stroncare in Europa il movimento della Riforma protestante.
Proprio in quegli anni non pochi
Italiani incominciavano a chie
dersi chi fosse mai questo Martin Lutero che, in nome della
Scrittura, della coscienza e della
ragione, aveva osato sfidare il
papa e l’imperatore, e adesso veniva presentato dalla propaganda curiale come un lebbroso, con
un cervello di bronzo e un naso
di ferro! Nel settembre del 1531
un medico fiorentino, già ardente
repubblicano, venne condannato
per avere scritto al Riformatore
durante il Sacco di Roma e approvato la sua dottrina. Voleva
andare in Germania per esortare
Lutero alla riforma della Chiesa
e alla distruzione del papato. Nel
maggio del 1533 in un dispaccio
di Girolamo Aleandro da Venezia si leggeva: « In questa città
è un mastro di legnami luterano,
uomo di qualche, ma cattivo ingegno, il quale ha del suo voler
non piccola setta di artesani et
altri di bassa mano, cosa più pericolosa, e tanto più che ha fautori, come s’intende, anche di
cittadini e di qualche pazzo di
più alto esser; e fra gli altri suoi
errori non tiene il purgatorio,
non la confessione sacramentale,
non il libero arbitrio ».
Nello stesso periodo veniva
processato il primo luterano
in Sicilia, il maestro di teologia frate Eremio de Tripedi
agostiniano. Ecclesiastici, professionisti, artigiani, mercanti,
popolani e nobili discutono della salvezza per la sola fede (e
quindi della inutilità del purgatorio!), della sacra scrittura, del
potere de! papa e così via. Ne davano impulso la diffusione larghissima di scritti di Lutero, di
Melantone, e, più tardi di Calvino, ben presto tradotti in volgare, e quei predicatori « nuovi »,
che scoprivano alle folle il tesoro nascosto della salvezza eterna
per la fede nel Cristo crocifisso
suscitando entusiasmo, curiosità,
dubbi, discussioni. Un cronista
napoletano, a proposito delle rea
zioni alle prediche del senese
Bernardino Ochino del 1536, scriveva: « ...insino ad alcuni coriari della conceria del Mercato era
venuta questa licenza di parlare
e discorrere delle epistole di san
Paolo ».
Un controversista cattolico,
scandalizzato dal diffondersi dell’eresia, univa al disprezzo classista la necessità delTubbidienza
alla Chiesa: « ...in questo nostro
sciagurato secolo, avendo, dico,
ardire infin’i sarti, i legnaioli, i
pescivendoli e l’altra feccia del
vulgo di disputare del misterio
della predestinazione, delTartico
lo della giustificazione, della prescienza d’iddio, e del santissimo
sacramento dell’altare ». Conteniporaneamente i principi della Ri
La repressione dell’Inquisizione: martirio di cinque monaci nella
città di Gand (Fiandre) nel 1578 in una stampa dell’epoca.
forma divenivano argomento di
discussione nelle accademie, nei
circoli culturali e in alcune riunioni di « spirituali », dove s’incontravano fautori della riforma
disciplinate della Chiesa e fautori di un ritorno alla semplicità
del \'angelo. A fronte di questo
movimento spontaneo, vario, ancora dottrinalmente indefinito, si
levano i difensori ad oltranza
della potestà del papa, la pietra
sulla quale poggia la Chiesa
universale, gettando un grido
di allarme alle autorità civili sui pericoli dell’eresia pei
la fede e per l’ordine costituito,
perché « questi maledetti ereti
ci... levano l’autorità di ogni signoria, e predicano una libertà
cristiana, che non dobbiamo essere soggetti ad alcuno, dirittamente contro e a distruzione di
tutti gli Stati ». Argomento di
grande efficacia nel ricordo della guerra dei contadini del 1525
in Germania e del movimento rivoluzionario di Thomas Mùntzer.
Sotto la spinta di questo partito intransigente e per la paura
del dilagare della Riforma in tutta Europa, la Chiesa corse ai ri
Salvatore Caponetto
(continua a pag. 5)
Dovevano essere ben tristi quei
pescatori galilei che — dopo aver
lavorato tutta la notte erano
rientrati con le barche vuote!
Tanto lavoro, tanto impegno, tanta abilità e tanto sacrifìcto conclusisi con un nulla di fatto.
Quella tristezza piena di delusione può ben rappresentare lo stato d’animo di molti membri delle
nostre chiese quando, nel rnornento in cui il pensiero si volge
alla Riforma del XVI secolo, et
si domanda quali ne siano stati
i frutti nella nostra Italia. Si ricorda un periodo di intenso entusiasmo e di irnpegno generoso,
quando il richiamo di Lutero e
dei primi Riformatori aveva travato forte eco nelle città e nelle
campagne italiane: era stato un
lavoro intenso e insonne, pronto
e rischioso, come se l’aspettativa di tante generazioni si avverasse e l’Italia potesse uscire (lai
suo sonno, e la chiesa tutta rivivesse una nuova Pentecoste.
Poi c’era stata la repressione,
dura, spietata che aveva travolto tutto; molti aveviino affrontato l’Inquisizione e il rogo, altri
erano emigrati e avevano portato l’impegno della loro fede tra
i fratelli delle chiese nate dalla
Riforma al di là delle Alpi. Solo
un piccolo gruppo di credenti ha
potuto mantenersi a prezzo di
grandi sofferenze, isolato in sperdute vallate alpine. La loro testimonianza è stata preziosa per le
chiese europee: in Italia sono rimasti sconosciuti.
Il lavoro di allora è stato distrutto dalla violenza umana e
si può ben comprendere che sia
apparso infruttuoso in Italia. Ma
tutto il lavoro del secolo scorso
e di questo secolo! Il momento
della libertà civile aveva dato
speranza di una vasta opera di
Sulla proposta di cancellare la condanna cattolica di Lutoro
Una scomunica da non temere
La Chiesa cattolica toglierà
la scomunica a Lutero? Verrà
dunque pronunciata la « parola
di riconciliazione » sulla causa
del Riformatore, come si augura il teologo cattolico Hans
Küng?i
È un interrogativo posto ormai da diversi anni, che ha suscitato speranze ma anche grandi e grandissime perplessità.
È infatti lecito chiedersi : sono cadute le ragioni che hanno
motivato la scomunica o la
comprensione ecumenica è giunta al punto da riconoscere pienamente «cattolico» il grande
riformatore protestante?
È vero che negli ultimi decenni il giudizio su Martin Lutero
da parte cattolica si è radicalmente trasformato : storici e
teologi hanno cercato di rivalutare i motivi profondamente
evangelici che sono alla base
della riforma luterana, superando le posizioni polemiche ed infamanti degli storici precedenti, in particolare di Johannes
Cochlaus, il primo biografo di
Lutero, suo contemporaneo.
Infatti così questi dipinge il
Riformatore : « ...diabolico, amorale, pseudo-profeta, falso apo
stolo: non uomo, ma un malvagio nemico sotto l’aspetto
umano; il suo nome è maledetto, non è lecito pronunciarlo né
nel bene né nel male... odioso,
quanto Giuda traditore, o il diavolo stesso... ».
C’è un contrasto assoluto e
totale fra questo stralcio ed il
seguente, tratto da uno storico,
nostro contemporaneo, Joseph
Lortz : « C’è in lui una pienezza
straripante di doni, una vitalità
e originalità... Lutero è profeta
e proclamatore della Parola. La
radice più profonda e la sorgente originaria della sua forza
è la realtà in cui crede: Gesù
Cristo, il figlio di Dio, il crocefisso, Salvatore del mondo. Questa è la sua forza fino ad oggi... ».
Entrambi questi autori sono
cattolici e tedeschi, ma la diversità di giudizio è tale che a stento si riconoscerebbe nella descrizione una medesima persona. Fra Cochlàus e Lortz c’è la
distanza di quattro sècoli di
storia: l’uno appartiene'al tempo della « scomunica » inflitta
a Lutero, l’altro ad un’epoca in
cui si può parlare della possibi
lità di « revocare la scomunica ».
Ma è possibile cancellare la
storia?
È sufficiente togliere un « anatema » per ripristinare la pace
e l’unità confessionale, saltando quattro secoli di storia?
La «proposta» di abolire la
scomunica è partita da parte
protestante: nel 1963, durante
l’ultima sessione del Concilio
Vaticano II, il teologo luterano
Wilhelm Michaelis inviò a 70
padri conciliari una lettera, in
cui chiedeva l’abolizione della
bolla di minaccia di scomunica
« Exurge Domine » del 1520, e la
bolla di scomunica « Decet romanum Pontificem », del 1521,
entrambe contro Lutero.
Dopo quella data altri teologi protestanti ripresentarono a
Roma analoga richiesta, fra cui
il pastore luterano Walter Riess
nel 1967, il priore di Taizé Roger Schütz nel 1968, e, più ufficialmente, nel 1969, il responsabile del dipartimento «Fede
e Costituzione » del Movimento
Ecumenico, prof. Lukas Vischer.
Lietta Pascal
(continua a pag. 3)
evangelizzazione; sembrava che
gli italiani avessero solo bisogno
di ascoltare la libera predicazione dell’Evangelo per aderire
entusiasticamente alla. Riforma.
B cominciato così un lavoro pieno di entusiasmo e di speranza;
si sono percorse le strade d’Italia nell’intento di predicare ovunque; si sono istituite scuole, asili,
ospedali; generazioni intere di
credenti hanno affrontato difficoltà enormi e ostilità ostinate.
Cos’è rimasto di tutto quel lavoro? Talvolta si ha l’impressio
ne che siano rimasti soltanto
templi troppo grandi per essere
riempiti, comunità dissanguate
dalle emigrazioni e divise al loro
interno sulla interpretazione del
senso della loro vocazione. L'ultimo momento trionfalistico è
stato il II Congresso Evangelico
del 1965, dopo il quale rimane la
vita stentata della Federazione.
Veramente « abbiamo lavorato
tutta la notte senza prendere
nulla »! Ma Gesù, non è accondiscendente alla stanchezza e sfiducia dei suoi discepoli. «Prendi il largo e poi gettate le reti
per la pesca ». Pietro e gli altri
avevano già messo il cuore in pace e avrebbero preferito starsene tranquilli, ma la parola di Gesù non ammette repliche. « Se lo
dici tu^ getterò le reti ». E fu una
pesca al di sopra di ogni aspettativa.
Gesù rivolge anche oggi ai
suoi discepoli il comando: « prendi il largo »! Non c’è per la chiesa momento di ripiegamento e di
sosta. Se umanamente si può essere tentati di chiudersi in se
stessi, di pensare alla propria ristrutturazione, accettando la condizione di « minoranza significativa » alla quale altri vorrebbero
legarci, la Parola di Dio sospinge all’impegno costante e sempre rinnovato di testimonianza e
di evangelizzazione: dobbiamo
prendere il largo e gettare le
reti. Ma, attenzione! Dobbiamo
anche uscire dalla parabola e cogliere ciò che essa dice a noi
oggi.
Anzitutto « evangelizzare » non
è proprio un « riempire le proprie reti ». La fedeltà e l’efficacia
della predicazione non si può misurare con la crescita numerica
delle comunità — o almeno non
sempre e non necessariamente.
Con ciò non si vuole escludere
ogni forma di proselitismo, perché la comunione con Cristo comporta la comunione tra i credenti. Ma l’azione di Dio ha i suoi
tempi e i suoi modi che non
sempre corrispondono ai nostri
criteri di valutazione. Dobbiamo
proprio pensare che l’opera di
evangelizzazione si sia risolta nel
nulla o quasi, oppure possiamo
pensare — o dobbiamo pensare
che la sua efficacia sia stata ben
più vasta e profonda di quanto
noi possiamo calcolare? l’efficacia della Parola di Dio non della
nostra! Tanta parte del rinnovamento della fede che cerca la sua
espressione e il suo spazio nel
mondo cattolico, il suo riferirsi
oggi — almeno nei gruppi più
vivi — al solo Cristo e alla sola
testimonianza biblica non sono
forse in buona misura ccllegate
con la predicazione protestante?
E anche il cosiddetto « mondo
laico » non ha avuto la testimoAlfredo Sonelli
(continua a pag. 7)
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21 ottobre 1977
v:-/r~rT
i”. 1
PPÍESÉÑZA PROTESTANTE IN ITALIA
ANGROGNA
è Comune
puntano sulla partecipazione
Il centenario di due templi — giganti stanchi che dominano il vallone che sta nel cuore delle
Valli valdesi occasione per riflettere sulla nostra responsabilità come credenti e cittadini
Una piccola realtà
con grandi speranze
Il Tempio del Serre inaugurato nel 1876 (oggi in via di restauro).
Basta un ricordo?
Due templi compiono cent’anni. Costruiti consecutivamente
(durante il brillante pastorato
di Stefano Bonnet), nel 1876 e
1877, alla loro inaugurazione —
raccontano le cronache del tempo — parteciparono più di tremila persone. Il primo rivolge,
dal quartiere del Serre, la sua
austera facciata verso Torre
Pellice; il secondo si erge « pimpant et triomphant » (E. Comba) sulla rocca che domina il
villaggio del Pradeltorno. Tutti
e due, tirati a lucido per i, recepii restauri, dominano ormai
il vallone come giganti stanchi.
Tra le loro mura non risùona
più, come un tempo, il sommesso vociare delle assemblee
e sui loro piazzali piccoli gruppetti di credenti hanno sostituito il multiforme assembramento dell’uscita dal culto, rotto
dalle grida dei bambini.
Essi, nellè loro linee architettoniche, fanno ormai parte
del nostro paesaggio. Le' loro
mura sono diventate, nel tempo, come la sagoma familiare
dèlie montagne che hanno assistito, centinaia di volte, alla
morte e alla rinascita del ^paese.' Guardando òggi ' quéste due
chiese, divenute troppo grandi
per noi, in molti riaffiora il legarne' della tradizione unito al
ricordo di un passato in cui più
facilmente, si afferrava il senso
di appartenenza alla comunità.
E da' noi il passato è ricco di
storia; ha lasciato dei segni che
' solo centinaia di uomini, coinvolti in uno stesso progetto, potevano realizzare.
Ma questo ricordo ci basta?
Siamo orinai destinati a diventare i custodi del passato o i
semplici' amministratori di un
antico patrimonio immobiliare?
Anche l’antica cornice è rimasta pressoché intatta; culti, riunioni quartierali, catechismi...
Ma il numero dei partecipanti
si è impoverito e si arranca per
tenere insieme una realtà spirituale che sembra lentamente
sfaldarsi sotto la spinta della
rassegnazione. Qualcosa tuttavia è capace di arrestare il dilagare della rassegnazione ed è
la forza che l'Evangelo ci dà.
Una forza carica di speranza
che esige il nostro impegno in
prima persona nella vita della
comunità. Siamo forse chiamati ad essere credenti senza svolgere, per gli altri, il compito
che Dio ci richiede? Anzi: non
lo richiede solo al pastore, al
Concistoro, ai monitori... ma a
tutti noi che amiamo l’Evangelo e l’umanità. non sapremo
cogliere ouesto impegno — di
partecipazione, di * solidarietà, di
presenza — potremo effettivamente solo più guardare indietro quando fu raccolto e vissuto.? Magra congojlazione! Allora
sì che il nostro sguardo sarà
spento e privo di speranza; potremo così gloriarci di un passato che spiritualmente non ci
appartiene più (anche se abbiamo un trisavolo che per la sua
fede è stato costretto per tutta
la vita a remare sulle galere del
re di Francia).
Ma all’idea rassegnata che la
nostra chiesa diventi soltanto
un museo (il materiale certo
non manca), bisogna ribellarsi.
Non è giusto che il passato sommerga la speranza che, oggi, sia
ancora possibile vivere e fare
la nostra storia di evangelici;
quindi di raccogliere — nella
nostra situazione — la sfida che
l’Evangelo ci rivolge. Nessuno e
niente — per dirla col linguaggio dell’apostolo — ■ deve distrarci o allontanarci dalla speranza che è dentro di noi. La
speranza che. in mezzo a tutte
le nostre difficoltà e contraddizioni, sapremo ancora guardare
all’Evangelo per affrontare il
futuro.
In questi monumenti c'è dunque qualcosa che li spiega profondamente, al di là delle nostalgie del « buon tempo antico ». Sicché guardando quelle
rtiufa ci potremmo chiedere:'' che
significato ha la nostra presenza di evangelici oggi ad 'Angrognà? E in definitiva qual’è il
nostro modo di costruire la
chiesa," oggi? G. Platone
A cent'anni dì distanza dalla
costruzione dei due templi del
Serre e di Pradeltorno, il volto
di Angrpgna ha cambiato totalmente aspetto.
Dall’attività prettamente ed
unicamente agricola la popolazione (900 persone) è passata
ad un tipo di lavoro più diversificato e più specializzato, ha
sperimentato i mutamenti profondi ed i notevoli disagi (pendolaristno) del passaggio dal
mondo contadino all’ambiente
operaio, è venuta a contatto
improvvisamente con una realtà completamente diversa, legata alla necessità dell’aumento
della produzione al limite del
possibile e sacrificata alla crescita vertiginosa dell’esigenza
consumistica.
Nell’ambito della famiglia il
sistema patriarcale è venuto
sfaldandosi nel corso degli anni,
cedendo il passo ad un nucleo
familiare ridotto di numero e
di autorità, ma ricco di esigenze e di bisogni sociali perché
frastornato dal vorticoso ritmo
della vita moderna e sopraffatto dàlie necessità dettate dalle
invenzioni rivoluzionarie del
progresso.
In questo quadro si muove
e vive una comunità cresciuta
alTombra dei templi centenari,
sempre meno ' legata agli schemi tradizionali di vita e sempre più proiettata verso l’esterno, nel tentativo di una presenza viva e reale nel contesto sociale, per realizzare quél concetto di amor fraterno tante
volte sentito predicare, ma cosi carico di responsabilità da
far cedere alla tentazione di
depositarlo alTuscita dèi tempio per poter servire più tranquillamente la legge del profitto e sacrificare tutto alla carriera personale. ~
E pazienza se gli schemi seguiti non sono più quelli che
molti vorrebbero . trovare ancora intatti, pur essendosi ormai
esauriti aH’usura del tempo, per
lasciare il posto a nuove manifestazioni : lo scopo rimane quello di restituire all’uomo la sua
dignità, di renderlo consapevole
delle sue capacità, di metterlo in
condizione di fare le sue scelte
e di decidere con consapevolezza
e responsabilità di fronte agli
avvenimenti che gli si presentano.
In questo processo di ricerca
si collocano le nuove iniziative
sorte negli ultimi anni ad Angrogna, paese montano senza prospettive di sviluppo, emarginato per la sua stessa collocazione
geografica, ma non rassegnato a
morire, sehza speranza. Sono iniziative di contenimento che mirano ad impedire il precipitare
della situazione, pur senza creare illusioni di un ritorno al passato, d’altra parte neppure auspicabile.
Un modesto tentativo di uscire daU’individualismo del mondo contadino, portato dagli eventi a rinchiudersi in se stesso e
a diffidare degli altri, ci pare essere la volontà di unirsi per affrontare il problema del latte,
tipico prodotto della zootecnia,
unico settore giudicato degno di
continuare la sua attività in queste zone scarsamente produttive
e ricche di prati e pascoli. Il
sorgere di una modesta cooperativa di raccolta del latte ha
dato modo, non solo di porre
un’alternativa all’ingrasso dei vitelli, lavoro scarsamente redditizio, ma ha offerto ai contadini
r opportunità di incontrarsi, di
scambiarsi le esperienze, di guardare al futuro con un’ottica non
più individuale, ma collettiva. La
prima prova ne è stata la possibilità di partecipare come cooperativa al Consorzio di secondo grado, nàto in Valpellice, sotto
il patrocinio della Comunità
Montana per la costruzióne di
un centro d’impacehettamento
del latte, giunto ora alle soglie
della inaugurazione e già fulcro
di una rete di iniziative cooperativistiche basate su prodotti lat
All’uscita del culto dal Tempio
del 1877 di Pradeltorno.
tiero-caseari e non. Nessun trionfalismo al riguardo, nessuna illusione, ma piccola modesta realtà
aperta alla speranza.
Partecipi della stessa speranza
sono le iniziative di carattere
educativo che mirano alla socializzazione dei bambini: da alcuni anni funziona ad Angrogna una Scuola Materna che, pur tra
mille difficoltà di ordine organiz"
zativo e finanziario, raccoglie un
buon numero di bimbi molto affiatati, i quali al Capoluogo avevano poi l’opportunità di continuare la loro esperienza nella
scuola a tempo pieno e quindi
di realizzare attività assai idonee ad un’apertura alla coscienza critica (quest’anno il tempo
pieno è in sospeso per l’esiguità
del numero degli alunni). Il Centro Sociale di Educazione Permanente nel Comune da una
parte, le iniziative a livello di
Comunità Montana dall’altra,
come l’istituzione delle 150 ore,
la prevenzione delle malattie dei
bambini, Tambulatorio geriatrico, la visitatrice familiare, contribuiscono al benessere della popolazione tutta e forniscono elementi per una più lunga permanenza degli anziani nel loro
ambiente.
Accanto o in sostituzione di
alcune stanche Unioni Giovanili
è sorto il Gruppo Teatro Angro.gna che mantiene desta l’attenzione locale ed esterna sulle sue
rappresentazioni spesso schoccanti per le sue proposte di rottura miranti alla demolizione di
un mondo corrotto, sulle cui macerie dovrebbe sorgere una nuova società.
Dal canto suo Tamministrazione comunale, tra molte difficoltà ed incomprensioni, cerca
di gettare, sia pure .in modo imperfetto, le basi di una informazióne capillare attraverso ìjollèttini, assemblee, dibattiti, per
Franca Goisson
/ • . -,
,■ (continua a pag. 6)
UN MANIFESTO DELLA CHIESA DI BOLOGNA
É ormai un anno e mezzo che
la comunità di Bologna fa seguire al culto' tradizionale un
dibattito sulla predicazione e sugli argomenti che suscita nonché
sui problemi di attualità nella
nostra società. Non poteva mancare domenica 18 settembre un
franco scambio di idee sull’atmosfera che i giornali benpensanti
e la RAITV stavano cercando di
creare nella città in vista della
« calata » degli « untorelli » per i
giorni 23-24-25.
Il dibattito è stato aperto e
sincero: è /àpparSO chiaro ’ che
molti fratelli erano caduti nella
trappola terroristica organizzata
dai detentori dell’informazione e
manifestavano paura ad uscire
di casa ed anche a venire in
chiesa la domenica successiva;
ma alla richiesta se volevamo
anche noi fare come l’Associazione Commercianti che proponeva la chiusura di tutti i negozi del centro storico (notare
che pochi hanno seguito la proposta), la comunità non ha potuto far altro, e ben volentieri,
che impegnarsi non solo a non
boicottare il culto, ma anche a
considerare il proprio stabile
come « aperto » ai giovani dissenzienti che sarebbero venuti
a, Bologna.
11, gruppo Egei ha poi discusso la qualità della nostra presenza nella manifestazione e,
fermo restando l’impegno che
Gesù dice no
ognuno avrebbe messo nel partecipare agli obiettivi del proprio gruppo politico (dalla FOCI
a Lotta Continua), è stato preparato un manifesto da affiggere nella bacheca fuori della chiesa: un manifesto molto controverso e la cui elaborazione è
stata molto faticosa, ma che alla fine ha visto ■ prevalere una
scelta provocatoria sia a livello
di teologia biblica sia di denuncia tJolitica (come gli autori del Nuovo Testamento, i primi Concini, i Riformatori, i vari « eretici » del Medio Evo e di
tutta la storia del Cristianesimo... — i dissenzienti sono sempre eretici... —, hanno « osato »
mettere in bocca a Gesù la loro protesta e la loro proposta
nell’ambito dei rapporti fra gli
uomini, così è parso bene affermare, assumendocene le responsabilità, quello che Gesù
poteva dire nella nostra situazione). Ecco quindi il testo del
manifesto:
E II nostro regime borghese,
S rafforzato dall’accordo pro
= grammatico, nel volersi di
= fendere ad oltranza, emargi
S na e criminalizza il dissenso
e tenta di creare strumenti
"legali" per autoconservarsi.
« Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché chiudete
il regno dei cieli alla gente,
perché né vi entrate voi né
lasciate entrare quelli che
cercano di entrare » (Matteo 23: 13).
Gesù dice no alla criminalizzazione dei giovani che lottano per un progetto di vita
autentica.
« Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché ripulite il
bordo del calice e del piatto,
che invece dentro sono pieni di furto e di intemperanza » (Mt. 23: 25).
« Guai a voi, scribi e farisei, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma
dentro sono pieni d’ossa di
morti e d'ogni immondizia».
(Mt. 23: 27).
Gesù dice no al progetto
di legge sul fermo di sicurezza.
Gruppo EGEI Bologna
I locali della nostra chiesa sono stati, durante i giorni del
Convegno di Bologna, un punto
di riferimento e di pernottamento non solo per i circa venti giovani collegati con nostre comunità in varie parti del paese CValli, Torino, Milano, Bergamo, Intra, Firenze, Roma ecc.); ma anche per altre quaranta persone
loro amiche. Tra i locali della
chiesa e alcune famiglie della comunità sono stati ospitati oltre
80 giovani.
Al culto di domenica 25, che
verteva sui tre.vss. del manifesto, hanno partecipato almeno 25
giovani, dando vivacità e chiarezza al dibattito. Qualche voce discorde nella comunità si è sentita, ma la sensazione dei più è che
si è trattato di un momento di
crescita per la coerenza della
fede.
Oggi e domani
BARI - Domenica 6 novembre
convegno regionale della FGEI
di Puglia-Lucania. Inizio ore 9
presso 1 locali della chiesa battista di C.so Sonnino 25, Al centro dei lavori le linee di impegno
dei gruppi per il 1978 e l’elezione della nuova segreteria regionale. Partecipa al convegno il
segretario nazionale.
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21 ottobre 1977,
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_______________LA ’’NOTA INFORMATIVA” SULLA REVISIONE
Concordato: che cosa rimane?
Se è davvero finito il regime di "religione dello stato” rimane solo la
necessità di chiarire i punti di incontro tra stato e chiesa
a colloquio con I lettori
Scuola e religione
degli italiani
Sul tema della scuola^ il nostro disagio torna ad aumentare
sensibilmente; l'art. 9/1 richiama
i principi costituzionali che garantiscono la libertà della scuola
e deH’insegnamento, ma si guarda bene dal richiamare il principio secondo cui (art. 33 della Costituzione) tali scuole vanno istituite « senza oneri per lo stato ».
Orbene: o il comma è superfluo,
e allora va soppresso; o il comma intende esplicitare qualcosa
che nella costituzione è implicito
(tra gli « enti e privati » va ricompresa anche la chiesa cattolica), e allora si espliciti anche,
chiaramente, che lo stato non è
tenuto a contribuire finanziariamente neppure alla gestione di
tali scuole.
Misteriosa ed equivoca è poi
la seconda parte di questo primo
comma, che ripete il quarto comma deli'art. 33 della costituzione
(«trattamento scolastico equipollente a quello delle scuole
pubbliche»): la^ costituzione, garantisce gli alunni di fronte alle
scuole private: qui si rischia di
garantire inavvertitamente le
scuole private di fronte ai vari
organi della repubblica. Questa
norma va dunque soppressa.
Anche l’altro comma deli’art. 9
è superfluo: è bensì vero che esso dissipa l’equivoco d’un possibile finanziamento, alle scuole
religiose, e si limita a parificare
le scuole cattoliche alle altre
scuole private. Ma appunto, a
norma di costituzione le scuole
private debbono operare « senza oneri per lo stato »: e tali
oneri non debbono essere né diretti né indiretti.
E chiaro che qui ci troviamo
di fronte a un punto nevralgico
dell’intera questione concordataria: ma è proprio su questo punto che si vedrà se il nuovo concordato sarà, nei contenuti, fedele alla premessa della soppressione del regime di « religione di
stato », o se manterrà vaste aree
di privilegio per la confessione
di maggioranza.
La più vasta di tutte (anche
sotto il profilo finanziario) è indubbiamente quella scolastica,
sia per questa porta rimasta socchiusa al finanziamento statale
delle scuole confessionali, sia per
il delicatissimo problema dell'insegnamento religioso nelle scuole pubbliche (art. 10).
Su questo punto le novità non
sono molto incoraggianti: è bensì vero che lo stato ha rinuneia■ to a consacrare intìébitamèhte
« r appartenenza della grande
maggioranza della popolazione
italiana alla chiesa cattolica »:
tuttavia lo stato (si noti: lo stato, non la chiesa), riconosce « il
valore della cultura religiosa sotto il profilo storico per la formazione della personalità dei giovani », e quindi « assicura l’insegnamento della religione cattolica » nelle scuole pubbliche
(comma 2/1). Questa formulazione è manifestamente inaccetta
bile: infatti:
a) o l’istruzione religiosa è
importante per la formazione dei
giovani, e allora lo stato non ha
diritto di immischiarsene, né per
danneggiarla, né per favorirla: è
cosa di competenza delle famiglie e delle chiese. Lo stato potrà mettere a disposizione dei locali scolastici, non certo finanziare tale educazione, così come non
finanzia l'educazione all’ateismo,
che altri ritengono invece importante.
b) ovvero la cultura religiosa
è ritenuta importante ai fini della informazione generale delle
giovani generazioni: in tal caso
lo stato provveda a speciali corsi
(facoltativi), tenuti da insegnanti
regolarmente abilitati, e sulla
base di programmi statali, vagliati dalle istanze democratiche
che la repubblica italiana si. è data ai vari livelli.
Il comma 2/2 diminuisce le discriminazioni di cui soffrono di
fatto gli alunni evangelici nelle
scuole elementari, ma non tiene
alcun conto dei ragazzi nati in
famiglie « laiche »: rimane dunque una certa pressione, se non
confessionale, certo «, religiosa »
in senso lato, sugli allievi delle
scuole elementari e materne.
Questo problema non si risolve
se non si chiarisce che l’insegnamento religioso è a tutti i livelli
facoltativo.
E dunque chiaro che dal nostro punto di vista l'intera materia scolastica andrebbe completamente rivista e profondamente
modificata, nella lettera e nello
spirito.
I preti in caserma
Un ultimo gruppo di norme
che ci sembrano criticabili è
quello che concerne lo status
speciale dei sacerdoti di fronte
al servizio militare proprio ed altrui. Circa l’esonero dal servizio
militare si è fatto un piccolo passo avanti (art. 4): resonero non
è più automatico, ma avviene solo su richiesta degli interessati.
Se non ci dichiariamo soddisfatti di questa norma, il motivo è
molto semplice: poiché ora in
Italia esiste una legge sugli obiettori di coscienza, i sacerdoti non
hanno alcun bisogno d’una norma speciale che li riguardi: basta che facciano domanda di prestare il servizio civile alternativo.
Altrimenti si troverànno privilegiati di fronte agli altri obiettori. La norma va dunque soppressa, come va soppresso il trasferimento automatico (in caso di
mobilitazione) di tutttì il clero
privo di cura d’anime nella categoria dei cappellani.
La bozza di nuovo concordato
(art. 12) consacra anche resistenza dei cappellani militari, e facendo di nuovo riferimento alle
« leggi vigenti », stabilisce definitivamente (quanto elegantemente) che essi devono ricevere
dallo stato gradi, stipendio, mutua e pensione (comma 1/3). Orbene, l’assistenza spirituale è un
diritto dei soldati cattolici, e co
me tale è giusto che sia garantita; ma non è un servizio pubblico, e quindi non deve essere pagata: la chiesa, che ne porta la
responsabilità spirituale, ne porti anche la responsabilità finanziaria; se non è la religione dello
stato, non è neppure la religione
delle caserme. Lo stésso discorso
si può ripetere a proposito della
cappella'nia delle càrcèri e degli
ospedali.
La « Nota » conclude rilevando
che anche alcuni articoli del
Trattato lateranense andrebbero
soppressi, per doverosa coerenza
coi principi espressi nel nuovo
concordato.
Abbiamo parlato di nuovo concordato: effettivamente è ben
difficile accettare che il documento ora in discussione f)ossa
essere designato come « il testo...
modificato del Concordato Lateranen.se » (art. 14): si tratta in
realtà d’un documento interamente nuovo, tant’è vero che se
ne prevede la legge di ratifica,
cosa che per il concordato del ’29
non era necessaria.
Le critiche che abbiamo or ora
riassunto mirano a prendere sul
serio questa novità, e a portarla
fino in fondo. Qualcuno potrà
dire che se tutte le proposte della Tavola venissero accettate, anche del nuovo concordato resterebbe ben poco: ed è verò, se
per cóncordato si intende un mutuo scambio di appoggi e di privilegi tra lo stato e la chiesa, o
comunque il riconoscimento di
uno status speciale e di speciali
diritti ad una confessione religiosa particolare. Ma la fine del regime di « religione dello stato » implica anche la fine dei privilegi,
dei finanziamenti, degli appoggi.
Che cosa rimane? Rimane la necessità di garantire, come la . costituzione ha riconosciuto,, piena
libertà di espressione e di organizzazione ai credenti e alle chiese: per questo sono necessarie e
sufficienti poche norme limpide
e snelle in cui vengano chiariti
tutti i punti in cui la vita delle
chiese e quella dello stato vengono fatalmente a incontrarsi e
forse a scontrarsi: lo scopo delle norme scritte è quello di evitare che questo incontro degeneri in uno scontro o sbocchi in un
compromesso a danno di terzi.
Questa è la linea che le nostre
chiese hanno cercato di seguire
in materia di « Intese »; nessuno
dovrebbe stupirsi se hanno ritenuto loro dovere seguirla anche
nel discutere la questione del
nuovo concordato, che ci interessa ;Come cittadini responsabili àella repubblica. '
Giorgio Bouchard
^Terminiamo con quest’ultima parte
l’ampia, receiisione che G.B. ha curato
per l’Ecò-Luce della recente pubblicazione: Valdesi e Metodisti di fronte
alla Revisione del Concordato: la « Nota » della Tavola valdese con la « bozza di revisione » che passerà all’esame
delle Camere (ed. Claudiana, Dossier
1), pp. 60, L. 1.000.
Una trasmissione
apprezzata
Signor Direttore,
Vogliamo far giungere, tramite queste poche righe, il nostro vivo compiacimento per la trasmissione televisiva nella rubrica « Protestantesimo »
di domenica 2 ottobre u.s.
La presentazione, anche se putroppo
breve per il poco tempo a disposizione,
sulla storia dei Valdesi, è stata ben
programmata e realizzata; il sottofondo musicale e i canti ben scelti hanno
coadiuvato mirabilmente alla riuscita
della trasmissione.
L’intervista al past. Giorgio Tourn,
fatta al Museo Valdese di Torre Pellice, è stata efficace e piacevole.
Peccato solamente, che l’ora tarda,
in cui è andata in onda la trasmissione, ha privato molti telespettatori, sia
valdesi che non, d’una conoscenza che
a parer ' nostro era necessario fosse fatta sull’origine del nostro popolo e di
cui invece finora detta rubrica era
stata carente.
Sperando ed augurando una continuazione in tal senso voglia gradire i
nostri più fraterni saluti.
Niny e Piero Boer
Necessità
di informazione
Torino, 15 ottobre 1977
Caro direttore,
Ho letto Tarticolo di Ugo Toinassòne (Eco-Luce del 14/10) sul problema dell’energia elettrica a Massello
solo dopo aver consegnato il mio
scritto sul varo delle centrali nucleari,
che appare su questo stesso numero.
Vorrei pertanto aggiungere ancora due
righe mediante questa lettera per non
dare l’impressione di uno « scoordinamento » su argomenti che hanno qualcosa in comune. ¡
Mentre non ci si può che rallegrare
per iniziative private che in qualche
modo cercano di alleviare, le disagiate
condizioni dei fratelli massellini, sono
d’altra parte dispiaciuto che U. Tomassone giudichi solo « splendidi concetti » e « parole » quanto da tempo si viene esponendo sul giornale in merito
alla questione energetica. Tomassone
probabilmente conosce molto bene queste cose : vorrei però fargli presente
che uno dei motivi che ci ha spinti a
trattare di questo argomento (oltre alle denunce di varie altre Chiese ed
alle decisioni dell’ultimo Sinodo) è proprio la mancanza di informazione
da parte di tanti altri nostri fratelli
e lettori che, nel leggere quanto via
via si va scrivendo a tal proposito, hanno dichiarato la loro « ignoranza » sui
problemi energetici, sui pericoli dell’atomo, sull’ energia alternativa e
sulle gravissime carenze del nostro
governo.
Anche se i nostri scritti « non propongono alcunché di pratico » ritengo
che abbiano comunque la funzione di
aggiornare i lettori (secondo le nostre
sia pur modeste possibilità e conoscenze) su uno dei problemi più gravi del
nostro tempo. Problemi che se talvolta
possono essere risolti a livello locale
da « uomini di buona volontà », devono essere affrontati dallo Stato sotto
l’attento controllo dei cittadini ed anche in vista delle implicazioni future.
Roberto Peyrot
La nostra fragilità
e i nostri silenzi
Caro Direttore,
avevo letto con vivo interesse sulTEco-Luce del 22 luglio l’articolo in
cui il dott. Franco De Carli presenta
va (e commentava con molta umanità
e competenza) una Raccomandazione
del Consiglio d’Europg, riguardante i
diritti dei malati (es. essere informati
del proprio male, poter fare una « dolce » morte) e i doveri di ehi li assiste
(es. preparare psicologicamente il malato inguaribile a morire).
Avevo sperato che altri intervenissero su questi tèmi fondamentali, ma
cosi non è stato e perciò mi permetto
di attirarvi l’attenzione dei lettori e
delle nostre comunità in genere.
Mi pare che ci sia qui una carenza
di riflessione da parte nostra. A .tutti,
prima ò poi, potrebbe toccare di dover
entrare - nel tunnel della malattia o di
dover assistere un malato inguaribile;
comunque tutti in questa vita, siamo
confrontati col drammatico e’ misterioso mondo della sofferenza e dèlia morte, magari in modo improvviso e ci troviamo sprovveduti.
Mi domando anche che cosa facciamo per i malati e come li aiutiamo a
combattere, nelle loro lunghe ore di
solitudine, contro l’insicurezza o la
paura che li possono aggredire a misura che SI avventurano in quel mondo
nuovo e sconosciuto che li rende gradatamente c< diversi ». ,
La prova è sempre un uragano che
scuote e squassa e non è detto che il
risultato sia un automatico rafforzamento della fede. Certo, l’Evangelo
non Ci lascia senza speranza, ma ^ appunto per questo penso che il ministero della consolazione debba essere ripensato e sviluppato per questi fratelli che parlano poco ma soffrono. Non
penso qui affa visita pietistica della
persona « bene »; penso piuttosto ad
un maggior spazio alla intercessione
specifica nella comunità e in particola
re nei culti; penso alla presentazione
dello specifico messaggio deU’Evangelo
in termini accessibili alla mentalità
moderna; penso ad un maggior coinvolgimento dei malati stessi; penso a
pubblicazioni semplici che possano essere segnalate agli interessati; utile sarebbe ai riguardo una scheda bibliografica.
A questo proposito vorrei poter avere la facoltà di convincere i responsabili della Claudiana a ripubblicare un
opuscolo di Giovanni Miegge, uscito
verso il 1942 e intitolato « Perfetta letizia ». . .
Devo dire che l’ho letto tantissime
volte e sempre ne sono stata stimolata,
consolata, raffermata nella fede e nella
speranza. Per questo vorrei tanto che
questo brève, chiaro, prezioso scritto
fosse reso disponibile per molti e molti
fratelli nella prova.
iMi sono anche rallegrata di leggere
che per l’anno entrante alla Facoltà
di teologia è prograrnmató un semina
rio su .questo tema e mi auguro Che
anche le comunità siano rese partecipi di questa ricerca.
Ecco, caro Direttore, buttati giù un
po’ alla rinfusa alcuni pensieri che da
un po di tempo mi si rigirano dentro!
E tanto meglio se qualcuno più competente di me, sia professionalmente
che teologicamente, vorrà prender la
penna per aiutarci tutti in questo cammino.
Con molti fraterni saluti
Evelina Pons
(segue da pag. I)
La prima iniziativa ufficiale da
parte cattolica avvenne nel 1971,
in occasione del 450’ anniversario della Dieta di Worms. I cattolici di Worms chiesero al papa di esprimersi in modo chiaro sulla persona e sulla dottrina di Martin Lutero dal punto
di vista del cattolicesimo attuale, nell’interesse di un approfondimento del lavoro ecumenico.
La risposta vaticana è stata,
in- tutte quéste occasioni, negativa 0 evasiva. Ci sono infatti
serie difficoltà da parte cattolica per un passo del genere. Soltanto il papa e non una congregazióne 0 un segretariato o
qualsiasi altra competenza curiale ha il potere di decidere
sull’abolizione di una scomunica.
No- si potrebbe parlare inoltre di « abolizione » della scomunica, ma di «dichiarazione
di nullità » o di « dichiarazione
di illegittimità ».
Una scomunica da non temere
Nel caso specifico di Lutero
potrebbe eventualmente essere
dichiarata « illegittima » — se vi
sarannvo sufficienti motivazioni
storiche a sostenerla — la bolla
di scomunica « Decet romanum
Pontificem», che è un puro articolo disciplinare, non invece
la bolla di minaccia di scomunica « Exurge Domine », che
contiene anche la condanna dottrinale di 41 proposizioni di
Lutero. Alcuni temi essenziali
contenuti in queste proposizioni sono stati infatti, più tardi,
condannati anche dal Concilio
di Trento. L’abolizione della
bolla di minaccia della scomunica di Lutero richiederebbe
quindi un’operazione improponibile per la Chiesa cattolica ;
la revisione del Concilio Tridentino.
Infatti, abolendo la bolla «E
xurge Domine », la Chiesa di
Roma dovrebbe praticamente
non più condannare, ma accettare proposizioni come queste :
art. 23. Le scomuniche sono
soltanto pene esterne, e non privano l’uomo delle orazioni spirituali comuni della Chiesa.
art. 24. Si deve insegnare ai
cristiani ad amare più che a temere la scomunica.
I art. 25. Il pontefice romano,
successore di Pietro, non è il
vicario di Cristo sopra tutte le
chiese del mondo, istituito dal
Cristo stesso nella persona del
beato Pietro.
art. 29. Noi abbiamo il mezzo
di infirmare l’autorità dei concini e di contraddire liberamente i loro atti e di giudicare i loro decreti e di confessare fiduciosamente tutto ciò che ci sem
bra vero, sia stato approvato o
riprovato da qualunque concilio.
È evidente che la Chiesa cattolica non può accettare queste
proposizioni luterane, senza rinnegare se stessa. L’autorità ecclesiastica romana ha infatti dichiarato, fin dal 1966, di poter
prendere eventualmente in considerazione soltanto l’abolizione
della bolla di scomunica, e non
quella di minaccia di scomùnica contro Lutero, che implicherebbe, appunto, una revisióne in
materia dottrinale.
Ma che senso ha togliere la
scomunica al Riformatore, continuando a condannare la sua
dottrina?
Lo stesso Michaelis ammette
che la semplice cancellazione
formale della scomunica di Lutero, priva di una assoluzione
della teologia luterana da ogni
errore oggettivo, assumerebbe
un valore puramente psicologico: servirebbe a spazzar via le
barriere che ostacolano la comprensione e l’unione fra le confessioni senza incidenza di ordine teologico.
Ma, un’operazione di questo
tipo non ci allontanerebbe proprio da quei chiari principi sui
quali i riformatori hanno ancorato la propria protesta contro
Roma, cioè l’obbedienza al Vangelo, la fermezza nella fedeltà
a Dio?
Ricordiamo le parole con cui
Lutero rispose alla bolla di scomunica del 1521 :
« ...Come essi mi scomunicano per il sacrilegio di eresia,
così io li scomunico nel nome
della sacrosanta verità di Dio.
Cristo giudicherà quale delle
scomuniche abbia valore ».
1 Vedi « Concilium », N. 8,
1976, Morcelliana.
4
4
B. Ochino
Detto Ochino dalla contrada
dell’Oca di Siena, dov’era
nato nel 1487, Bernardino
Tommasm fu il più famoso predicatore italiano del Cinquecento, « il Savonarola del Cinquecento». Entrato giovanetto nell’ordine francescano, passò più tardi nel ramo dei cappuccini e si
diede a vita di rinunce e di penitenze tale da essere, secondo
R. H. Bainton, «il perfetto esempio del santo
medievale ». Eletto vicario generale dell’ordine, era disputato da tutte le città d’Italia come
predicatore, ^tanto che
Paolo III dovette avocare a sé il consenso per i
suoi spostamenti. Giovanni Antonio Buglio,
barone del Burgio, scrivendo il 2 maggio 1539,
in nome della città di Palermo, per ottenere le
sue prediche per la quaresima dell’anno successivo, affermava: affinché
«ogni xm di noi cum lo
suo arregardo et esempio, diventi cappuccino
in casa propria».
A Napoli nel 1536 era
venuto in contatto con il
circolo di G. Valdés e fu
colpito dalla sapienza
scritturale dello Spagnolo.
Talvolta gli chiedeva temi per
la predica del giorno dopo. Di
quel circolo famoso, la cui influenza sulle origini del movimento
protestante in Italia fu grandissima, fecero parte Vittoria Colonna, Giulia Gonzaga, Isabella
Bresena, M.A. Flaminio, P. Carnesecchi, P.M. Vermigli, Mario
Galeota e molti altri.
Nell’estate del 1542, quando da
alcuni anni era spiato per l’ac
cento posto nelle sue prediche
sul « benefìcio di Cristo », fuggì
a Ginevra per non presentarsi
alla chiamata del tribunale dell’Inquisizione. Accolto a Ginevra
con entusiasmo da Calvino, divenne pastore della chiesa italiana che andava formandosi con
l’arrivo degli, esuli.
Ma dopo tre anni senti il bisogno di testimoniare altrove e
iniziò un periodo di peregrinazioni a Basilea, Strasburgo, Londra, dove fu pastore della chiesa
italiana. Durante il regno di Maria la Cattolica fu costretto a
fuggire con la moglie e quattro
figliuoli. Andò a Zurigo, dove accettò il posto di pastore della
chiesa italiana. Fu ammirato da
tutti per il suo ministero.
Spirito libero, erede della cultura umanistica, in alcune sue
opere aveva acerbamente rimproverato alle chiese della riforma le dispute e le divisioni sulla
santa cena, aveva deprecato l’uso
delle armi da parte degli ugonotti e la rilassatezza morale delle
comunità. Quelle opinioni spiacquero ai rigidi e alquanto gretti
custodi dell’ortodossia zurighese. Nel 1563 gli fu revocato l’incarico di pastore e gli fu dato
l’ordine di lasciare la città nel
pieno dell’inverno .Si rifugiò
nella Moravia e mor;i ad Austerlitz nel 1564 in casa di un anabattista italiano.
Volti della Rìj
Un predicatore e un teologo costretti all’espatric
in migliaia di copie: questi i protagonisti di cui <
Firenze, ci presenta il ritratto. Dietro di loro si
calando la cappa soffo
(segue da pag. 1)
falsi cristiani
Oh pastori, delle anime, oh
sacerdoti, oh principi, oh padri e madre attendete! Oh
pudici ,dottori e magistrati,
dirizzate e reggete prima voi
medesimi! Imperocché siccome dal- primo mobile 'hanno
origine e virtù tutti li altri
cieli inferiori, così dalla carità di Dio e del prossimo
tutte le altre virtù hanno origine e principio. E però se
non hai conosciuto Dio nel
presepio, né in croce, né in
nella sua gloriosa ascensione,
conosci la sua bontà, il suo
decoro e suprema bellézza in
nelli poverini, creature di Dio
redenti col suo prezioso sangue, tuoi fratelli, quantunque
siano sordidi, stracciati, in
fermi e puzzolenti, dando loro e con lieta fronte e cuore
infiammato distribuendoli le
tuoi sustanze, le quali non
per altro te le ha date Dio,
salvo che oltra la tua necessità ne sia dispensatore a’
-poverini, anzi a Cristo Gesù.
Ma ohimè! che dirò io di
quelli impii e falsi cristiani
che abbondano di ogni cosa
e nientedimeno permetteno
più presto i poveri morir di
fame che i lor cani e le lor
mule? Ahimè, che al tempo
della carestia mi ricordo
averne veduti tanti senza numero morir di fame, che a
pena potevono parlare, e
nientedimeno stavano per le
strade e alle porte delle chie
se dove passavano quelli ricconi, prelati e secolari, carichi della roba de’ poveri, e
carichi di anella, pieni d’oro
e di veste di seta, e nondimeno non li volevano pur ,vedere; e le lor chiese e case
erano opulentissime e ornatissime in tanta superfluità
di veste d’oro, di argentaría
e tanti calici; e coprir volevano e vogliono più presto le
mura di Cristo dipinto che
ricoprire e aiutare Cristo mistico vivo nei poverini: li
quali certamente non sono
cristiani, ma ipocriti e falsi
cristiani.
(Da una predica pronunciata a Lucca nel 1538, dopo
la rivolta degli Straccioni del
1531-2, in: Prediche di B. Ochino, Venezia 1541, pp. 1012).
pari istituendo il tribunale dell'Inquisizione romana sul modello del tribunale spagnolo (25 luglio 1542). Era la Controriforma,
la fine di ogni libertà di coscienza e di parola; l’instaurarsi di un
controllo su tutte le attività religiose e culturali dalla denuncia
di chi non andava a messa alla
visita delle tipografie e dei librai,
fino alla compilazione dei primi
Indici dei libri proibiti (Lucca,
1545; Venezia, 1549). Il 1542 fu un
anno cruciale della nostra storia
religiosa, culturale e politica;
l’anno della fine di quel movimento della preriforma, del quale si è detto prima. I grandi predicatori popolari, sospettati di
eresia, come Bernardino Ochino,
generale dei cappuccini, Pietro
Martire Vermigli, priore del convento agostiniano di S. Frediano
di Lucca, fuggirono a Ginevra e
a Strasburgo, stanchi di predicare « Cristo inmascarato », seguiti
poi da molti" altri. Nonostante la
perdita di questi leaders, nel ventennio seguente, si vanno formando in tutta la penisola nuclei clandestini di « luterani »,
seguaci delle dottrine di Lutero,
ma soprattutto di Calvino, e di
anabattisti. I documenti dell’epoca segnalano per quasi tutte le
maggiori città italiane la presenza di minoranze di persone di
ogni ceto sociale, sostenute e animate da coraggiosi predicatori
itineranti, alcuni dei quali ritornati dopo un periodo trascorso
nei luoghi dove la Riforma si era
imposta, ex ecclesiastici, maestri
di scuola oppure artigiani, come
Fanino Fanini di Faenza, un fornaio, la cui parola appassionata
impressionò non solo il popolino.
Perché la Ri
attecchii
ma perfino cortigiani e intelle
tuali della corte ferrarese. Van
fu l’intervento della calvinist
Renata dì Francia presso il m;
rito, il duca di Ferrara, per «
povero Fanin ». Fu impiccato
Ferrara il 22 agosto del 1550.
Testimoni di Cristo
Non è possibile dare qui i non
di questi testimoni di Cristo ci
duti nelle maglie dell’Inquisizii
ne e finiti sul patibolo, o mura
per tutta la vita in un monasteri
oppure iiiviati a remare senz
soldo sulle galere. Accanto all
abiure, ai cedimenti, alle del;
zioni sotto la tortura, molti e li
minosi gli esempi di intrepid
fermezza, indice del livello di d
gnità umana e maturità civi!
raggiunto, anche da persone um
lissime, alla scuola della saci
scrittura o leggendo il Benefict
di Cristo, del quale si vendettei
migliaia di copie nel giro di p<
chi anni.
Un grande storico, Federic
Chabod, scriveva quarant’anni c
sono, che il movimento riform
tore « ha assunto nell’Italia cii
quecentesca una ampiezza di a
sai superiore a quanto non si si
spesso creduto ». Gli studi più ri
centi hanno confermato il cara
Il beneficio di Cristo
la giustizia di Cristo
Adunque la Legge non ci può più accusare o condennare, né ci può più irritare gli affetti e gli appetiti, né aumentare in noi il peccato; e però
dice san Paulo ch’el chirografo [decreto], il quale ci era contrario, è stato scanzellato da Cristo e annullato nel
legno della croce. Avendoci il nostro
Cristo liberati daH’imperio della Legge,
per conseguente ci ha liberati dalla tirannide del peccato e della morte, la
quale non ci può più tener oppressi,
sendo stata superata da Cristo per la
resurrezione, e per conseguente da
noi, che siamo membri suoi; di modo
che possiamo dire con san Paulo e con
Osea profeta: « La morte è stata vinta
e destrutta ». Ove è il tuo aculeo, o
morte? ove è la tua vittoria, o inferno?
Lo aculeo della morte è il peccato, e la
potenza del peccato è la Legge; ma sia
ringraziato Dio, il quale ci ha conceduto la vittoria per lesù Cristo Signor nostro. Questo è quel felicissimo seme,
che ha percosso il capo al velenoso serpente, cioè al diavolo, percioché tutti
nuelli che credono in Cristo, ponendo
tutta la loro fiducia nella grazia di lui,
vincono con Cristo il peccato, la morte,
il diavolo e lo inferno. Questo è quel
benedetto seme di Abramo, nel quale
avea promesso Dio di benedire tutte le
genti. Bisognava che ciascuno separa
tamente percotesse quel orribil serpente, e liberasse se stesso dalla maledizione: ma questa impresa era tanto
grave, che le forze di tutto il mondo,
raccolte insieme, non erano bastanti a
sopportarla. Adunque il nostro Dio, padre delle misericordie, mosso a compassione delle nostre miserie, ci ha donato il suo unigenito figliuolo, che ci ha
liberati dal veleno del serpente, ed è
fatta nostra benedizione e giustificazione, purché Faccettiamo, rinonciando a tutte le nostre giustificazioni esteriori. Abbracciamo, fratelli dilettissimi,
la giustizia del postro lesù Cristo, facciamola nostra per mezzo della fede,
teniamo per fermo di esser giusti, non
per le opere nostre, ma per i meriti di
Cristo, e viviamo allegri e sicuri che la
giustizia di Cristo annichila tutte le
nostre ingiustizie e ci fa buoni e giusti
nel cospetto di Dio. Il quale, quando ci
vede incorporati nel suo Figliuolo per
la fede, non ci considera più come figliuoli di Adamo, ma come figliuoli
suoi, e ci fa eredi con il suo legittimo
Figliuolo di tutte le ricchezze sue.
(B. Fontanini - M.A. Flaminio, Il Trattato utilissimo del benefìcio di Giesù
Cristo..., cap. Ili, pp. 45-46 dell’ediz.
di S. Caponetto, Torino, Claudiana,
1975).
Questa operetta, apparsa per la prima volta a Venezia nel 1543, fu uno
dei best-sellers del Cinquecento.
Se appare esagerata la cifra di
40.000 copie stampate e vendute in sei
anni, data da Pier Paolo Vergerlo, non
dovrà essere tanto lontana dal vero, se
pensiamo alla sua diffusione, attestata
dai documenti, in tutta la penisola, dalle curie vescovili di Chioggia, di Trento,
di Modena, di Catania, di Nola ai monasteri benedettini; dalla corte medicea
alle accademie sparse per l’Italia; dallo
scrittoio dei letterati alle case della gente semplice che appena sapeva leggere.
Sollevò entusiasmo nei circoli erasmiani
e riformatori, fra gli ecclesiastici propugnatori di una riconciliazione con i
protestanti, Pole, Cortese, Madruzzo,
Morene, ma fu soprattutto il «manifesto»
dei seguaci del Valdés e dei filoprotestanti. Nel 1544, a un solo anno dalla
pubblicazione, veniva bollato come « maligno libretto », intinto di pece luterana
dal domenicano senese Lancillotto Politi, uno dei primi confutatori di Lutero.
Da quel momento si scatenò una caccia
inquisitoriale così pertinace da distruggere quasi tutti gli esemplari italiani.
Il « dolce libriccino », tradotto nel
Cinquecento nelle principali lingue europee, ritornò in circolazione nel suo testo originale del 1543 solo nel 1855, quando il rev. Churchill Bahington ne scoprì, una copia nella biblioteca di Cambridge.
benedetto da mantova
marcantonio flaminio
il beneficio
di Cristo
Claudiana
Introduzione e note a cura
di Salvatore Caponetto
Sulla copertina della recente edizione
Claudiana una stampa che rappresenta
simbolicamente la giustificazione.
Nel secolo delle più aspre controversie teologiche, insanguinato dalle guerre
di religione, quel libricciuolo infondeva
nei lettori la pace e la tranquillità dello
spirito, nella certezza dell’eiezione divina per ogni credente. Fu uno strumento
di elevazione spirituale e di preghiera.
un invito all’unità dei « veri cristiani ».
Rimasto anonimo per un quarto di
secolo ,il Beneficio di Cristo riebbe la
sua paternità dopo un quarto di secolo,
quando P. Carnesecchi svelò che autore
ne era stato un monaco benedettino (Benedetto da. Mantova, più tardi identificato in Benedetto Fontanini) e revisore e
collaboratore l’illustre umanista Marco
Antonio Flaminio.
5
Irma in Italia
. umanista impiccato, un libretto anonimo diffuso
!, (ore Caponetto, prof, di storia all’Università di
; Ha l’immagine triste di uria terra su cui sta
ci ; della Controriforma.
non ha
:(|in Italia?
------------------------------
popolare del movimento con
filtrazioni, talora profonde, nel
ssuto cittadino, ma anche in
cune zone rurali. Se a questo si
giunge l’adesione dei Valdesi
la riforma ginevrina nel 1532,
)po il sinodo di Chanforan, il
iiadro si amplia ancora. Inqui[tori, gesuiti e autorità politiche
Vvertirono tutta la gravità di un
pHegamento fra Valdesi e gli alii riformati del Piemonte, della
^bria e delle regioni limitro^ e lo stroncarono sul nascere
gn una crudeltà inaudita. Giabmo Bonello, venuto per la sebnda volta da Gmevra in mis|)iie alle colonie valdesi di Calaria e di Puglia, passato a Mesfia per prendere contatto con
, comunità calvinista, fu arreato e mandato al rogo a Palería il 18 febbraio del 1560 come
eresiarca pertinace ». Pochi medopo veniva impiccato a Roía il suo compagno di missione,
iovan Luigi Pascale, dopo venti
lesi di prigionia.
Le colonie valdesi di Calabria
j irono eliminate con una « or?
I fflda iustizia », secondo un testij ione oculare, nell’estate del ’61.
Ilei giro di una generazione di
ibtto il movimento riformistico
limaneva soltanto la testimoj&nza del piccolo popolo valdelie,- che aveva opposto una resi
stenza eroica alla crociata di
sterminio del 1560-61, e aveva ottenuto con il trattato di Cavour
la libertà di coscienza e di culto,
ma limitata al ghetto delle Valli.
La verità storica
Ben altra è, dunque, la verità
storica rispetto alla stanca ripetizione della scarsa rispondenza
incontrata dalla Rifornia in Italia: il movimento si sviluppò da
noi quando nessuno Stato della
penisola, neppure la forte Venezia, era in grado di svolgere una
politica indipendente dalla Spagna e dal papato. La repressione
sistematica gettò in un tragico
dilemma quanti preferivano ubbidire alla legge del Vangelo anziché a quella del papa: l’abiura
o la fuga, il martirio con la rovina della famiglia oppure la simulazione. Non pochi scelsero
l’esilio e si sparsero per l’Europa
con rinunce e lacerazioni familiari doloróse; Ma lildltissimi furono costretti all’integrazione nel
grembo della « Catolica Madre »,
rinvigorita dal concilio di Trento
e dalla Compagnia dei gesuiti
che riportarono le masse alla pietà devozionale e superstiziosa.
Emigrazione e dispersione di
energie morali e intellettuali,
perdita di coscienze adulte (si
pensi solo al contributo dei nostri riformatori all’estero per la
difesa della libertà di coscienza!), fine di ogni dialettica religiosa per due secoli circa, accettazione ipocrita e passiva di una
pietà esteriore, hanno lasciato
una pesante ipoteca sulla fede,
sulla cultura, sul costume e sullo sviluppo civile del nostro
P. M. Vermigli
Nato a Firenze nel 1500 di famiglia sayonaroliana, entrato giovanissimo nelTordme dei
canonici regolari di s. Agostina sì ^stinse
«resto per la cultura teologica e 1 efficacia della
A Napoli, dovWa priore del
tn di s Pietro ad Ara dall’estate del 37, conoope
il riformatore spagnolo Giovanni Valdes e il cirÌoÌo che si riuniva attorno a lui. Nei tre anni ^
poletani si maturò la sua conversione »1 f
ma Nell’estate del ’42, di concerto con 1 Ochino,
fueeì a Strasburgo, non potendo più continuare
la sua opera di riforma iniziata nel convento di
San Frediano di Lucca, divenuto sotto la sua guida un centro di cultura e di pietà. Divenne uno
dei più grandi dottori della Chiesa riformata.
Insegnò teologia a Strasburgo, Oxford e Zurigo
con grande ammirazione dei suoi discepoli per A
dottrina, la probità della vita e la moderazione
nella polemica confessionale. Fu presente al colloquio di Poissy in Francia con Teodoro di Beza
per presentare la dottrina riformata. Cercò, ma
inutilmente, di persuadere la sua concittadina, la
regina Caterina dei Medici, nipote di Clemente
VII Mor’’ a Zurigo nel 1562. Scrisse parecchie
opere teologiche, deiie quali la più famosa e il
Trattato del sacramento dell’eucarestia ( Londra,
1549).
il commiato del priore
Onorevoli Fratelli et dilettissimi in Cristo Jesù.
A me è stato necessario il
partirmi dalla religione et a
voi come stimo non doveva
esser molesto, per che già
quanto alla maggior parte vi
dolevate di aver per colpa mia
cattivo nome, et esser fatti
fratelli de padri eremitanj de
Santo Austino, con la partita
mia adunque spegnerassi cotesta vostra cattiva fama, e
Santo Fridiano tornerà nel
suo pristino onore; del resto
poi se bene o male vi abbi
retto o governato fia iuditio
di Dio, et non di omini. Alla
persona mia hanno fatto necessario il partire tanti rumori levati a Lucca, a Roma contro la verità. Si fussi rimasto
mi bisognava al tutto o predL
car contra il vero, il che mai
non avrei fatto, se mille vite
vi fossero ite, overo saria incappato nelle mani de’ persecutori dello Evangelio; et
avendomi Dio aperta la via
allo scampo del uno e l’altro
inconveniente non l’ho voluto
tentare con il rimanere tra
voi. Questo voglio ben interporre che nulla quanto a denari o robba ho tocco della
religione: testimonio ne chiamo a Dio, et a miei fattori. Et
avendovi in sino ad ora singolarmente amati non voglio lasciar anche su Tultimo di darvi bon consiglio. Governatevi
in questo mio caso a questo
modo. Elégetevi , un nuovo
priore et la elezione fatta
mandatela al padre rettore,
acciò presto vi provveda di
prelato, al quale io ne la inclusa scrivo il tutto, e mando la
renunzia del priorato. A scolari date fama che il padre rettore sentendo li tumulti di
Lucca, e che io in loro ero o
nominato o almen sospetto,
per levar li scandoli che potessero intravenire, non senza
ordine dato da Roma, come
quello il qual non vole che la
Città per irtie patisca nulla, mi
ha revocato e rimosso da cotesta prelatura facendo nova
provisione, et cosi paia che la
religione tenga conto della autorità del papa, come tutti volete che paia, et mostrarassi
avere a cuore la quiete della
Città. Prego al benedetto Dio
che a tutti voi dia quel lume
della verità che si richiede alla salute etterna di modo che
più intendiate la verità cristiana, e le scritture, di quello
in sino ad ora avete fatto. Di
me poi che si sia non accade
cercare, et se pur volete inten
dere in che loco sono, vi fo sapere che con Cristo sono in
Croce avendo abnegato, per la
verità Evangelica, tanti onori
dignità servitù, et commodi
quanti sapete che io avevo già
conseguiti quando tanto non
mi fu'ssi curato di ritenere, e,
difendere la verità Cristiana;
non ho fatto come quelli che
all’ora si partono dalla religione, quando vi sono disgradati,
o, vituperati, né possono ottener li onori che desiderano, io
allora me ne son ito quando
avevo il vefito prospero, ne
questo vi scrivo io già per
vantarmi, ma acciò retraendovi dal mormorare, meglio consideriate la cosa, et vediate
che sol a questo partito mi ha
ributto il non voler predicare
il falso, né ingannare il popolo- il nostro benedetto Dio per
Cristo Jesù Salvator nostro
drizzi le vostre vie in bene.
Data a Fieso[le], a lì XXIII
di Agosto 1542.
Libero dalla ipocrisia per
grazia di Cristo.
D.P. Martire de Fiorenza
(Lettera scritta dal V. ai con
fratelli della chiesa di S.
Frediano a Lucca, di cui egli
era stato priore dal giugno
del 1541).
oo(u•^frv. 'Vi
/furrìh
Le ultime parole scritte dal condannato alla nwglie il mattino stesso
della sua esecuzione.
Aonio Palearlo
Dopo tre anni di prigionia nelle carceri dell’Inquisizione di Milano e
di Roma, il 3 luglio del 1570 veniva impiccato a Roma un vecchio professore quasi settantenne. Era 1 umanista Aonio Paleario (Antonio della Pagliara), professore nello Studio di Milano di letteratura latina e greca, famoso
per avere scritto il poema De immortalitate animorum (1536) e per avere pubblicato a Lione nel 1552 un volume di
epistole e di orazioni latine, ammirate
per eleganza e vigoria di eloquenza fra
i dotti dell’epoca, fra i quali il grande
giurista Andrea Alciato. Seguace dellevangelismo erasmiano, ammiratore di
B. Ochino, aveva superato due processi
per eresia « luterana » a Siena nel 1542 e
a Milano nel 1559-60. Pio V lo fece arrestare di nuovo nel 1567 a Milano e ne
ottenne l’invio a Roma. Paleario avwa
da tempo aderito segretamente alla Riforma e nel dicembre del 1544 aveva
scritto una lettera a Lutero, Bucero, Melantone e Calvino per esortarli a mettere da parte le differenze teologiche, che
giudicava secondarie, per partecipare
compatti a un concilio libero e, generale
di rappresentanti eletti dalla plebs sancta, nel quale tutte le questioni controverse dovevano essere discusse e giudicate. Apostolo dell’ecumenismo, fondato
sulla sacra scrittura, s’illuse sulla possibilità di un dialogo con la Chiesa romana, nella quale, come in tutte le altre
chiese cristiane, convivevano gli eletti di
Dio, i giustificati per grazia, che costituiscono la vera e unica chiesa. Dopo
mesi e mesi di discussione nelle carceri
di Tor di Nona rimase inflessibile sulla
giustificazione per fede e sulla non liceità della punizione degli eretici. Perciò
il papa che punisce gli eretici non può
essere il vicario di Cristo, che non ha
perseguitato nessuno. Pare che un gesuita spagnolo sia riuscito a fargli firmare
una ritrattazione, approfittando delle
malattie che lo travagliavano e del pensiero della famiglia, abbandonata da tutti ma, quando gli s’ingiunse di confermarla in pubblico e di portare per sempre l’abitello giallo con la croce rossa,
preferì, la morte piuttosto di portare il
simbolo del compromesso con la propria cospienza.
Prima dell’arresto aveva fatto pervenire nelle mani di fedeli credenti svizzeri l’Atto di accusa contro i pontefici
(1566), la sintesi italiana più vigorosa e
polemica della Riforma, che doveva essere letto nel concilio solenne, libero e
generale. Fu pubblicato dal medico locarnese Taddeo Duno nel 1600 e tradotto in italiano da Luigi Desanctis nel
1860.
Pietro e il papa
Ma per non farla da commentatore,
analizzando tutta la lettera di s. Pietro,
vengo a dire qualche cosa sugli atti
apostolici. Pietro, ricevuto appena lo
Spirito Santo, si occupa del regno di
Dio; espone le Scritture, ed in un giorno circa tremila anime per la sua predicazione sono condotte a Cristo (AtII): il papa (la prova di ciò ciascupuò vederla nelle storie) presa la
mitra di mammona, si occupa del regno del mondo, eccita guerre, perseguita i principi che non sono della sua fazione; tenta rendersi tutti feudatari:
chiama ribelli coloro che si oppongono
al suo dominio terreno; scandalizza
tutto il mondo, ed in un giorno dà non
a Cristo, ma al demonio a centinaia di
migliaia le anime. Pietro facendosi gloria della sua povertà, dice allo zoppo
del tempio: io non ho né oro né argento (Atti III, 6): il papa esultando
ne’ suoi più che reali tesori, dice scherzando di non poter dire quello che Pietro diceva allo zoppo. Pietro quando
vide saltare per allegria lo zoppo salvato, non vuole che si fissino gli occhi
né in lui, né in nessun altro, ma solo in
Cristo; ed insegna che non vi è altro
nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per lo quale ci convenga essere
salvati (Atti III, IV): ma il papa, se
qualche volta accade un caso simile
nella sua chiesa vuole che esso sia attribuito a Pietro, o a qualche altra
creatura, che esso ha dichiarata santa;
ti
no
e vuole che ad essa sieno eretti templi
e statue; e così insegna che vi sono
molte cose sotto al cielo nelle quali
dobbiamo sperare. Pietro dichiara innanzi al sinedrio, che bisogna obbedire
a Dio anziché agli uomini (Atti IV, 19):
e il papa condannò e scomunicò anni
sono i tedeschi, perché dissero che siccome esistevano molti decreti di papi
e di concili opposti al vangelo, essi preferivano obbedire a Dio piuttostoché
agli uomini. Pietro con gli altri apostoli distribuiva i beni della chiesa fra i
poveri, secondo i bisogni; in guisaché
fra loro non vi fosse alcun bisognoso:
il papa distribuisce anche esso i beni
della chiesa, ma non ai poveri, bensì ai
suoi satelliti; non per mitigare la loro
miseria, ma per nudrire ed aumentare
il loro lusso; ed i veri poveri sono consumati dalla fame e dalla indigenza.
Pietro ripieno di Spirito santo, col suo
sguardo atterrò Anania e Saffira mentitori ipocriti; e il papa vede e conosce di
essere attorniato da tali mentitori ipocriti che vogliono i vescovati, non per
pascere le pecore di Cristo con dottrina celeste e sapienza (il papa sa bene
che non ne hanno), ma i>er impinguarsi, e per vivere nel lusso e negli onori.
(Dall'Atto di accusa contro i papi di
Roma e i loro seguaci, trad. ital. di
Desanctis, cap. XVIII, Torino, Claudiana 1861).
6
21 ottobre 1977
cronaca delle valìi
------7—^------------:LÌL_M0ND0 de. V.NT, .. D, MUTO REVELL.
La miseria e la fame dei contadini Rai
prendono ia parola
Pianura, collina, montagna. Anche nel pinerolese esistono questi tre livelli e chi legge questa recensione — e ancor di più i due volumi di Muto Revelli — non potrà non
fare paragoni e differenze tra due mondi contadini di ieri:
Quest’ultimo libro di Nuto Revelli, autore di lucide e vive memorie della guerra in Russia e
sulle montagne partigiane del
Cuneese (Mai tardi. La guerra dei
poveri) e dei migliori studi esistenti suH’atteggiamento dei solCiati italiani nella seconda guerra mondiale (La strada del davai. Ultimo fronte, pubblicati
da Einaudi come quelli precedenti), è un libro importante e
difficile. Non è difficile da leggere, beninteso, perché raccoglie
ottantacinque testimonianze di
anziani contadini cuneesi sulla
loro esperienza di vita trascritte
dal dialetto, ma è difficile da cogliere in tutta la sua ricchezza. Il
lavoro di Revelli esce infatti dai
canoni tradizionali della letterati^a e storiografia italiana e si
offre a letture su piani diversi,
con una straordinaria modernità
e insieme con un ricupero di inconsueta forza della civiltà contadina ormai in via di scompar
SH.
quello del cuneese e quello delle valli valdesi.
Riteniamo sarebbe utile e interessante esplicitare paragoni e distinzioni e apriamo perciò un dibattito invitando
chi conosce e libro e valli a intervenire.
La ricerca di Revelli muove da
un interrogativo: perché il mondo contadino cuneese (ma si potrebbe dire deH'intero arco alpino e prealpino) ha subito fascismo, guerra mondiale, resistenza
e Italia democristiana sempre
passivamente, senza mai un’iniziativa di massa, fino alla crisi
odierna che vuota le montagne?
Una risposta può venire solo dall’interno di questo mondo, che
però non scrive, non comunica
facilmente, non ha una cultura
(almeno secondo i nostri metri).
Perciò Revelli ha passato otto anni a girare per il Cuneese con un
registratore, vincendo la diffidenza degli anziani contadini con la
pazienza e la mediazione di amici preziosi, parlando e soprattutto facendo parlare per ore e ore
e raccogliendo quasi trecento testimonianze che toccano una serie di temi come miseria lavoro
famiglia guerra isolamento. Per
questo il libro non è facile, perché presenta una documentazione viva e ampia della cultura
contadina, una cultura che non è
affatto semplice e si presta a letture diverse, anche contraddittorie (e Revelli tutela gelosamente
queste contraddizioni, anche
quando sono amare: si pensi ai
complessi, rapporti tra contadini
e partigiani).
Proviamo ugualmente a indicare alcuni punti che più ci hanno
colpito, senza pretese di compietezza. Innanzi tutto la disperata
miseria della montagna e della
campagna cuneese, in pratica
fino al momento del loro spopolamento; una miseria che significa fanie, fame nera (il pane è un
lusso, il vitto quotidiano limitato
a polenta, castagne, minestra di
erbe), distrugge la salute, costringe all’ignoranza (i ragazzi a setteotto anni lavorano già a tempo
pieno) e alla durezza anche nei
rapporti familiari. La fame spinge ad un lavoro massacrante per
la pura sopravvivenza o l’acquisto della vacca o del campo che
garantiscano contro il futuro; la
fame disperde i cuneesi per il
mondo, l’inverno in Francia,
l’estate nella pianura piemontese, i giovani in America, con una
capacità di adattamento e di sacrifìcio che ne fanno operai ricercati e indifesi. Ogni pagina del
libro, come ogni momento della
vita dei vecchi che ricordano è
dominato dalla fame, anche chi
ha raggiunto il benessere non è
libero dal suo spettro.
Un altro punto è la mancanza
di una dimensione collettiva nella lotta contro la miseria. La comunità, il paese, i vicini nei ricordi dei vecchi hanno un posto
limitato essenzialmente ai momenti di festa (le veglie invernali) e un ruolo di conservazione,
che si esprime ad esempio nella
feroce difesa dei tabù tradizionali contro i «diversi,»: nel libro non compaiono ragazze madri né ladri né cittadini. Il lavoro
infatti non ha mai una dimensióne collettiva, se non all’interno
di una famiglia organizzata e sacrificata (e quindi solida). Lo
stesso aiuto reciproco tra vicini
.non conta molto; né la guerra né
l'emigrazione aprono il contadino all’idea di una lotta collettiva contro la sua povertà. Ne discendono conseguenze facilmen
te individuabili e di enorme importanza, anche se ci manca lo
spazio per continuare l’analisi.
Un terzo elemento infine: il silenzio pressocché totale, la vera
autocensura che copre argomenti come il sesso e la chiesa. Si
può capire la forza dei tabù sessuali, che si riscontrano in tutti
gli altri ambienti contemporanei,
rua il silenzio nei riguardi di
un’ istituzione così importante
nel Cuneese come la chiesa cattolica è significativo, specie se lo
si paragona all’importanza che in
moltissimi ricordi hanno le ma
sche, le forze soprannaturali che
si incarnano in cose e persone.
La chiesa cattolica è sentita come una struttura di potere, come imposizione esterna che non
può essere messa in discussione,
méntre invece le masche appartengono al mondo autentico del
contadino. È uno dei problemi
che il libro lascia aperti.
Giorgio Rochat
Nuto Revelli, Il mondo dei vinti.
Testirnonianze di vita contadina, Einaudi, 2 volumi per 420
pagine e 6500 lire complessive.
La «tomba di famiglia»
ultimo passaporto
PINEROLO
Assemblea studentesca
contro la violenza
Il tema della violenza, collegato con i recenti fatti di Roma
e Torino, è stato al centro di
una assemblea studentesca (la
prima del nuovo anno scolastico) che si è svolta la scorsa settimana a Pinerolo nell’auditorium del liceo scientifico.
Tutti gli interventi hanno denunciato l’uso della violenza
anche se l’analisi del quadro
sociale differiva a seconda della componente politica. Il rappresentante della CX3IL nel ribadire il rifiuto di ogni pratica
politica legata alla violenza ha
sottolineato la necessaria fiducia nelle istituffloni democratiche per uscire dalla provocazione eversiva. Il rappresentante della PDUR-Manifesto ha
preso in considerazione i problemi legati alia disoccupazione giovanile cercando di spie. gare le motivazioni più profonde dì una violenza che, scaturi
sce dalla disgregazione dell’ambito sociale. Hanno preso la parola anche due operai, uno Fiat
e uno Indesit, dicendo chiaramente che la violenza — con
qualsiasi bandiera si ricopra —
è fascista e non serve alle lotte del movimento operaio. Scarsi gli interventi degli studenti.
Interessante, tra questi quello
di una ragazza che ha notato
l’indifferenza con cui, il movimento pinerolese ha accolto
la notizia dell’assassinio dello
studente Lorusso di Bologna. Il
movimento segna il passo? Il
primo appuntamento di questo
anno, nonostante i grossi temi
sul tappeto, è stato deludente;
i discorsi li hanno fatti i soliti
impegnati proprio quando la
responsabilità politica doveva
essere avvertita a livello di
massa.
Tre studenti
Non sempre le nostre scelte
corrispondono ad una decisione
maturata nella riflessione della
fede. Succede così che molte volte si segua una tradizione di cui
non si è controllata la coerenza
evangelica. E tuttavia certe scelte possono essere imposte in un
arco di tempo così breve che la
riflessione non è possibile ed è
necessario che sia stata fatta
precedentemente. Qualora questo non sia avvenuto, ci si può
certo dolere, ma non se ne può
fare una colpa a chi non ha pensato al problema per tempo. La
colpa semmai è di tutti quanti
noi che non abbiamo sollevato il
problema e quindi non abbiamo
invitato gli altri alla riflessione.
D’altra parte in molte di queste scelte avvengono di fatto discriminazioni legate alle possibilità economiche, il che è ingiusto.
Mi riferisco in particolare ai
regolamenti di polizia mortuaria
in vigore nei comuni delle Valli
(e credo anche in ogni altra parte
d’Italia). Per questi regolamenti
è previsto che possa essere accolta ne] cimitero comunale la salma di coloro che nella circoscrizione del Comune erano residenti, di coloro che sono deceduti
nel territorio del comune e di coloro che hanno una « tomba di
famiglia ».
Accade così che persone che
pure sono state per anni e per
decenni legati ad una data comunità ma poi, spesso per ragioni
di lavoro, hanno dovuto allontanarsene, e non possiedono una
tomba di famiglia, non possano
essere sepolti nel territorio del
"loro” comune. E’ anche il caso
di chi, per ragioni di età o di salute, viene ricoveratò in un Istituto fuori del suo comune ed è
costretto (per legge) a prendere
la residenza nel comune in cui si
trova l’Istituto stesso.
I familiari vengono qualche
volta a trovarsi in una situazione
spiacevole; da un lato vorrebbero soddisfare un desiderio del defunto e inumare la sua salma nel
cimitero del ’’suo” paese, "suo”
perché in realtà si sente sempre
legato al suo paese d’origine e
considera la sua residenza in al. tro comune semplicemente come
un « incidente » dovuto alla malattia o, come detto, a ragioni di
lavoro o perché risiede con parenti che si occupano di lui; d’altra parte ne sono impossibilitati
perché la legge non lo consente.
Sono convinto che non sono
cose importanti, che forse non
meriterebbero nemmeno che se
ne parlasse, ma d’altro lato ritengo che sia profondamente ingiusto che r istituzione della
« tomba di famiglia » consenta
ad altri di non trovarsi di fronte a questo imbarazzo.
Vorrei quindi proporre ai nostri amministratori di studiare
se non esista la possibilità di accettare nei cimiteri comunali anche la salma di coloro che abbiano avuto la residenza nel comune per almeno quindici (o venti)
anni. Non penso che con questa
rnodifica si avrebbe un’inflazione
di « forestieri » che chiedono di
essere sepolti in un cimitero che
non sia quello di residenza! Ma
in compenso si ovvierebbe a
quelle situazioni prima accennate.
E poi naturalmente bisognerebbe che se ne parlasse, che si
discutesse fino a che punto hanno senso, per degli evangelici, i
trasporti funebri da un comune
all’altro, da una città all’altra.
Così ognuno potrà fare una scelta reale, cercando, se lo ritiene
importante, una coerenza con la
sua fede evangelica. Ma appunto
potrà scegliere e non essere costretto. E allora potremo anche
dire che agli evangelici le « tombe di famiglia » non interessano
e che sono un controsenso.
(Bruno Bellion)
Hanno collaborato a questo
numero: Franco Davite, Dino
Gardiol, Augusto Armand
Hugon, Claudio Lupo, Carlo
Papini, Marisa Roman, Paolo
Ribet, Massimo Storero, Alberto Taccia.
Al fine di valorizzare maggiormente il lavoro compiuto per la
prepafazione della giornata ecumenica ad Assisi, le Corali di San
Germano Chisone e Luserna San
Giovanni si sono incontrate per
una serie di prove in vista della
registrazione di inni per il cultO'
radio domenicale.
Domenica 9 ottobre nel pomeriggio le due corali dirette rispettivamente dalla Sig.na Elda Türk
e dal Sig. Enrico Charbonnier si
sono recate negli studi della RAI
a Torino in Via Verdi. Erano pure presenti i responsabili del servizio Renato Maiocchi e Valerio
Papini della RAI-TV della Federazione Evangelica Italiana. Le
sofisticate e- impietose apparecchiature di registrazione della
RAI, mettendo in rilievo .anche
le più piccole imperfezioni, hanno contribuito a rendere particolarmente laborioso e faticoso
il lavoro di registrazione degli
inni.
Tuttavia da più parti ormai
era stata sottolineata l’esigenza
di rinnovare gli inni a disposizione del culto radio il cui elenco
risale a oltre vent’anni fa, con registrazioni ormai fruste.
Gli inni remstrati .sono stati:
il 19, 28, 50, 71, 102, 135, 142, 162,
223, 230, 277 a cui si sono aggiunte alcune dossologie per
l’apertura o la chiusura del culto.
PERRERO
"h
Orario degli
ambulatori
Durante il periodo di assenza
del medico condotto, impossibilitato a svolgere il suo Compito
a causa di una frattura ad un
piede,' il servizio medico è assicurato dall’ ospedale Civile di
Pinerolo con un orario diverso
dal consueto.
A Ferrerò i giorni di visita
sono : lunedi, martedì, giovedì,
venerdì, dalle ore 18,30 in
avanti.
Sabato, dalle ore 9 alle 12.
A Frali : mercoledì, dalle ore
17,30 alle 18,30.
Per gli atti deirufficiale sanitario presentarsi durante Tàm.bulatorio di venerdì.
Per le chiamate domiciliari
urgenti serali e notturne, chiamare il n. 848826. Per le chiamate domiciliari diurne, chiamare il n. 848827.. Dalle ore 14
del sabato alle ore 7 del lunedi,
chiamare il n. 848826.
V-h.
• Un’altra frana di modeste
proporzioni ha bloccato parzialmente la provinciale PerosaPerrero appena sotto la borgata
di Chiotti inferiori.
Alcuni anni fa la strada era
stata allargata rompendo con
le mine le rocce soprastanti e
causando così un certo dissesto nel terreno. Le piogge recenti hanno fatto il resto.
La frana' che potrebbe diventare molto pericolosa se andasse a finire nel torrente, è tenuta
sotto sorveglianza dai cantonieri della Provincia.
Piccola realtà
(segue da pag. 2)
aprire le vie alla partecipazione.
Certamente la recente alluvione
ha, contribuito a demolire, oltre
alle strade, ai ponti e alle aziende, anche quel poco di lavoro
che si stava facendo in questo
senso e di conseguenza la credibilità dei programmi predisposti e in lenta fase di attuazione. C’è la speranza che, tra
tanti gu^i, almeno si salvi un
sano desiderio di conoscere ed
approfondire le notizie, di individuare le responsabilità e di
intervenire in prima persona là
dove è convinzione che giovi
alla intera comunità.
7
21 ottobre 1977
CRONACA DELLE VALLI
- 7
SCUOLA PUBBLICA
ANGROGNA
Sono fondate le accuse?
Il problema della valutazione nel quadro delle disfunzioni della scuola dellobbligo - La riforma è rimasta sulla carta
Nel quadro dei corsi di aggiornamento per insegnanti, organizzati dalla Comunità Montana Valpellice in accordo con
le Scuole locali, si è affrontato
il problema della valutazione.
Fra i vari aspetti connessi all’argomento è parso necessario
tentare un’analisi, limitata alla
fascia dell’obbligo, delle cause
del vero o presunto declassamento della scuola pubblica.
Tali cause sono state individuate soprattutto nei seguenti
punti, sui quali vorrei poi brevemente riferire :
1) passaggio da una scuola
di élite a una scuola di massa;
2) mancata riforma della
scuola superiore;
3) crisi economica e disoccupazione ;
4) impostazione politica generale del « problema scuola » ;
5) struttura verticistica della società e mentalità corrente.
Passaggio da una scuola di élite
ad una scuola di massa
Con la scuola media unica,
dal 1962, è stato reso virtualmente effettivo per tutti l’obbligo della frequenza scolastica fino ai 14 anni. Questa giusta innovazione (in quale ^misura essa
sia stata determinala dagli interessi della produzione non ci
compete qui esaminare) diede
luogo a situazioni a tutt’oggi
non ancora superate che possiamo così identificare:
a) Carenza di aule e conseguenti doppi e tripli turni in
molte scuole, con disastrosi effetti a vario livello. (Al boom
della scolarità avrebbe dovuto
accompagnarsi il boom dell’edilizia scolastica).
b) Accresciute difficoltà burocratiche nel meccanismo di
nomina degli insegnanti. Non è
il caso di addentrarsi in dettagli, preci^ ma è ^evidente che la
espansione del numero degli
alunni ha complicato il problema e che anche sotto questo
profilo le strutture si sono rivelate inadeguate. , Non tutti i
guai in questo settore sono però
facilmente eliminabili e non tutti attribuibili a cattiva volontà.
Occorre anche dire che, se pur
lentamente, il problema pare
avviarsi a soluzione.
c) Impreparazione didattica
e psicologica di molti insegnanti ad affrontare un diverso tipo
di popolazione scolastica, (non
più alunni che hanno « scelto »
la scuola, o meglio che pler la
loro provenienza sociale sorto
predestinati alla scuola, ina una
massa di «obbligati» per i qua-i
li occorre individuare e promuovere un livello comiirte di
formazione e-preparazione).
Anche le persone più disposte
ad un nuovo tipo di insegnamento e di rapporto con gli
alunni sii trovano inoltre di
fronte a difficoltà un tempo
ignorate: molti sono casi «difficili» che mettono in crisi l’insegnante, la classe ecc. Alla ragione più ovvia che cioè non si
tratta di ragazzi con una base
di partenza omogenea, se ne aggiungono altre, tra cui le pressioni ideologiche contrastanti a
cui essi sono soggetti. Càpita
che a scuola si cerchi di far capire al ragazzo il valore dello
studio in comune, della solidarietà ecc. e a casa lo si stimoli
a distinguersi ed a pensare « ai
fatti suoi ».
Metodi diversi sono anche riscontrabili tra un insegnante e
l’altro nella medesima classe,
per non parlare delle sollecitazioni della pubblicità e dei mezzi di comunicazione, volte ancora in altre direzioni.
Tutto ciò non può non sconcertare e rèndere vanì molti
sforzi.
Mancata riforma
della Scuola Superiore
Il fatto che, a quindici anni
dalla riforma della Scuola media, nulla o quasi sia ancora
stato innovato formalmente nella secondaria superiore è di
estrema gravità e causa non ultima degli squilibri esistenti tra
i vari ordini di scuole. In que
sta situazione, se si guarda al
periodo dell’obbligo solo come
fase preparatoria degli studi superiori, ancora legati nei programmi ai vecchi schemi, è chiaro che si può essere delusi nelle aspettative, per tutte le ragioni illustrate al punto precedente.
Crisi economica
e disoccupazione
Poiché guardiamo il problema solo nell’ottica del periodo
dell’obbligo non possiamo addentrarci ad esaminare un altro
grave motivo della scarsa credibilità della Scuola: la mancanza di sbocchi occupazionali.
Al corso ci si è limitati ad osservare che il fenomeno della
disoccupazione ha a sua volta
dei riflessi negativi sul funzionamento della scuola stessa in
quanto l’insegnamento può essere accettato o cercato come
unica possibilità di impiego e
non come scelta attuata in piena libertà e responsabilità, con
le conseguenze che si possono
intuire.
Impostaiiione polìtica generale
del « problema Scuola »
Non si possono non avanzare
forti riserve sulla reale volontà
SAN SECONDO
Il culto di domenica 16, domenica della Facoltà, è stato presieduto dallo studente in teologia
Marco Davite che ringraziamo.
• La nostra sorella Cecilia Godine (Scuola Umberto I) ha perso la rnarnma la cui lunga ma, lattia' gifèr iniprovvisámente? aggravata,. l>e esprimiamo tutta la
nostra simpatia e solidarietà
cristiana.
e Ricordiamo che domenica
30 ottobre verrà celebrata la domenica della Riforma con, un
culto con Santa Cena. La colletta sarà inviata alla Società
Biblica.
RORA’
L’incontro con i genitori dei
bambini della scuola domenicale
previsto per. venerdì 14 ottobre
non ha avuto grande successo:
.erano presenti, meno della métà
dei genitori. L’idea di coinvolgere i genitori nella responsabilità
dell’istruzione evangelica dei loro figli non sembra essere molto
gradita e viene forse intesa come
un elemento di disturbo. I pre
Pesca infruttuosa
(segue da pag. 1)
manza chiara che l’Evangelo è
messaggio di giustizia e libertà
per gli uomini e che c'è un modo
di poter vivere la fede diverso da
quello rappresentato dal potere
clericale? Poco importa se talvolta ciò non sia riconosciuto da
parte cattolica; V importante è
che la testimonianza sia stata
data.
Evangelizzare non significa esportare una cultura. Avvie*
ne che una confessione di fede
crei anche un modello di vita e
ciò è avvenuto anche per le ihiese protestanti. In una certa misura la nostra predicazione ha
trovato il suo limite nella nostra
stessa struttura mentale e sociale, così diversa da quella dei popoli tradizionalmente cattolici e
questo ci ha resi e ci rende talvolta estranei al popolo in mezzo al quale viviamo. Oggi è' necessario che noi — pur mantenendo vivo il- contatto con la
cultura dei popoli tradizionalmente protestanti — ci sentiamo pili coinvolti con lo sviluppo
della ricerca di fede dei popoli
latini. Sarà per noi una vera
gioia ogni volta che fratelli si
uniscono alle nostre comunità
nella proclamazione del « spltanto a Dio la gloria », ma saremo
anche attenti a quanto può incidere la nostra testimonianza nello sviluppo di un'autentica riforma in campo cattolico, senza
compromessi, ma anche senza
impazienze.
« Presero una quantità così
grande di pesci che le loro reti
cominciarono a rompersi. Allora
chiamarono i-loro compagni che
stavano sull'altra barca perché
venissero ad aiutarli ». Voglia il
Signore che — per il dono del
suo Spirito — la predicazione
dell'Evangelo apra il cuore delle
nostre generazioni alla speranza
della salvezza che ci è data in
Cristo, anche se ciò significasse
il rompersi delle nostre reti, il
rompersi di nostre tradizioni o
strutture, il trovarci assieme ad
altri che non hanno lavorato a
condividere la lode e la riconoscenza verso il Signore. Potrebbe
forse cessare la celebrazione della Riforma, perché ci si ritroverebbe tutti rinnovati nella luce
della Pasqua.
senti hanno comunque deciso di
incontrarsi una volta al mese
con i monitori e di preparare insieme il discorso da farsi nella
scuola domenicale. Il primo appuntamento è per venerdì 21 ottobre alle 20,30. Anche i fratelli
delle Fucine sono invitati; la
strada non è poi così Ituigal
La scuola domenicale si tiene
il mercp^^i^aUAote 16 pen-tutti
ì bambini della comunità, salvo
per quelli di fondovalle che sono
più'vicini ■ alle Vigna’« che possono ' frequentare nella scuola
Beckwith (domenica).
I corsi di catechismo a cui
sono invitati tutti i membri della comunità, si terranno il venerdì sera a partire dalle ore 20
precise. Quanti abitano nella zona delle Fucine si accordino di
mòdo che nessuno ,,si trovi nelle
condizioni di dover disertàrè i
corsi perché senza mezzo di locomozióne. ' '
Martedì 18 ha avuto luogo la
prima assemblea di chiesa con
Murcius; giovedì 21 ottobre alle
ore 20,30 , ci incontreremo alle
Fucine.
Domenica 30 ottobre (domenica della Riforma), avremo la
primà assemblea di chièsa con
pranzo comunitario. Saranno nostri ospiti un gruppo della comunità di'base di Pinerolo - Corso
Torino. Un appuntamento da non
disertare. Prenotatevi in tempo.
___________________PINEROLO
Collettivo biblico
II collettivo di ricerca biblica
— un gruppo interconfessionale
formato da valdesi e cattolici —
ha ripreso, a Pinerolo, i propri
incontri, Le sedute si svolgono
ogni giovedì alle 20,45 nei locali
del Tempio Vàldese in via dei
Mille 1. Dopo la lettura del testo
biblico e Una sonimaria analisi
del contesto Culturale e dei termini più interessanti si apre la
discussione. Quest’anno i partecipanti hanno scelto la prima lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi: uno dei documenti più vivi delle origini cristiane.
Trasmissione
Qgni venerdì alle 15 sintonizzandosi su Radio Torino Alternativa (103.900 Mhz MF) è possibile
ascoltare il programma: « Tempo di essere uòmini ». L’emissione radicffonica è curata dal gruppo torinese per le trasmissioni
evangeliche (G3).
politica di risolvere i mali della Scuola italiana quando si osservino :
— i forti ritardi nella definizione dei contratti con la categoria dei lavoratori del settore;
— le retribuzioni che non incoraggiano certo l’impegno (e
non vale dire che le vacanze degli insegnanti sono lunghe: si
compensi adeguatamente e si
potranno pretendere orari diversi che prevedano preparazione, aggiornamento accurato,
insegnamento individualizzato,
ecc.);
— il l'estringimento dei finanziamenti per gli interventi che
potrebbero risolvere problemi
cruciali, quali gli alti costi per
la frequenza scolastica (è per
esempio impensabile l’estensione della scuola a tempo pieno
o, quantomeno, la non concentrazione di tutte le attività al
mattino, se non si possono realizzare delle mense a prezzi accessibili a tutti), e l’elevato numero di alunni per classe, quando è evidente che il vero « recupero » di cui tanto si parla
è attuabile solo se questo numero è liiiiitato (una. r©centG
circolare eleva invece il tetto
addirittura a 30 allievi).
Tutte queste limitazioni si
verificano mentre parallelamente si combatte una battaglia
per ottenére che le scuole private vengano finanziate dallo
stato a parità di diritti con la
scuola pubblica (vedi il recente
documento vaticano in merito).
Struttura verticistica
della società e
mentalità corrente
Un grave ostacolo alla soluzione di molti problemi è l’impossibilità i(in quanto tutto o
quasi, anche nei particolari, viene deciso dall’alto) di risolvere
le varie questioni a livello locale.
Quante situazioni all’interno
delle singole scuole potrebbero essere sanate, o almeno affrontate più razionalmente, se
non si fosse condizionati dalle
rigide regole degli orari, dei
bilanci ecc. ecc. ! Qualche spiraglio si è aperto dopo i famosi
« Decreti Delegati ma lo spazio è ancora insufficiente.
Si aggiunga a questo che la
mentalità corrente, prodotto appunto di una società strutturata sulla base di rapporti gerarchici (che si ripetono anche
all’interno della famiglia) non
, ha sempre accolto bene i non
pochi tentativi avviati un po’
dovunque di applicare metodi
diversi dalla tradizionale lezione dalla cattedra. Si crede che
i ragazzi non"* imparino se non
hanno montagne di compiti a
casa (mentre è la scuola la vera sede dello Studio), si privilegiano la «disciplina» e la passiva esecuzióne sulla formazione della pèrsohalità. ,
In , una parola ,« si critica»
senza aver approfondito e capito i problemi.
Non si è accennato qui ad
un’altra causa considerata primaria a proposito della scarsa
considerazione in cui è tenuta
la scuola pubblica: la frequente
partecipazione degli studenti a
scioperi, assemblee, manifestazioni ecc.
Questo punto meriterebbe
un’analisi più ampia a parte (si
può solo osservare che spesso
l’òpinione pubblica confonde
gli effetti con le -cause determinanti). Tale analisi però non ci
compete in quanto, come detto
all’inizio, ci si è lirnitati ad una
osservazione del fenomeno per
la scuola dell’obbligo dove, per
l’età stessa degli alunni, l’aspetto in questione non è rilevabile.
Per concludere credo si debba
dire che i mali della scuola pubblica sono in parte veri ed in
parte presunti (quando non
addirittura gonfiati ad arte da
una pubblicità interessata : si
vedano ad esempio i paginoni
sulla « Stampa » ad esaltazione
delle varie scuole private).
Tuttavia personalmente credo che in questa « casa di tutti » si debba cercare di costruire
qualcosa di positivo da parte
di chi ci lavora e di chi ne usufruisce (direttamente o indirettamente) e che proprio al suo
interno vada attuato il confronto delle posizioni e delle idee.
In ima parola non è auspicabile
un «pluralismo delle scuole»
ma il « pluralismo nella scuola».
Mirella Bein Argentieri
Come abbieme già ampiamente informato il 30 ottobre si svolgerà il centenario dei templi del
Serre e di Pradeltorno secondo
il seguente programma :
GIORNATA
DEL CENTENARIO
30 ottobre
Tempio del Serre
ore 10: Culto di ringraziamento e S. Cena. Corale.
Tempio di Pradeltorno
ore 14: Culto di ringraziamento. S. Cena. Corale.
Interventi sull'attualità e
la storia dei templi e
della valle. Rinfresco organizzato dall'Unione
Femminile.
Domenica 23 culto d’inizio delle attività coi bambini alle 10.30
al Capoluogo.
Sabato 15 sono iniziati i quattro corsi di catechisme» e da giovedì 27 a partire dal gruppo del
Martel, inizierà la scuola domenicale.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
r-------------------------- ^
Domenica 23 ottobre
Festa del raccolto
ore 10,30: Culto
ore 15 : Esposizione e vendita dei prodotti nella
Sala Albarin.
ore 17,30: Cena comunitaria (prenotarsi al più
presto versando la somma di lire 2.000).
Tutti sono invitati.
• Domenica scorsa è stato battezzato Franco Pons di Claudio
e Giuliana Baridon. Il Signore
ispiri genitori e padrini nell’educazione di questo bambino.
e Ricordiamo agli studenti di
1“ e 2“ .media che domenica 23
c.m. alle ore 8,30 avranno inizio
le le'zioni di precatechismo.
• E’ mancata all’Asilo, dove
era ospite, la sorella Cecilia Tamone di anni 78. Rinnoviamo ai
familiari l’espressione della nostra cristiana' solidàrietà.
AVVISI ECONOMICI
FRALI GHIGO affittasi ammobiliato
stagione invernale comodo alloggio
a famiglia referenziata. Cinque posti letto, doppi servizi, riscaldamento. Telefonare? 91.373.
RINGRAZIAMENTO
La moglie, la figlia- e i parenti tutti
del compianto
Marsel Enrico Talmon
neirimpossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che sono
stati loro vicini nella triste circostanza
con scritti, fiori e parole di conforto.
« Io sono la risurrezione e la
vita,_^hiunque crede in me
anch^se muoia, vivrà y>.
^ (Giov. 11: 25)
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLICE - LUSERNA S. GIOVANNI
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Dal 22 al 28 ottobre
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Torre Pellice : Tel. 91.365 - 91.300
Luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
8
8
21 ottobre 1977
DOPO ANNI DI SPRECHI E DI RITARDI
Varato in Parlamento il
«compromesso atomico»
ì _
Campagna abbonamenti ’Eco-Luce’
Come i lettori avranno già appreso dai giornali e dalla televisione, il piano energetico nucleare è stato varato coll’approvazione della sollecita costruzione
di 4 centrali da mille megawatts
ciascuna in Lazio ed in Molise,
di successive 4 da dislocarsi in
Piemonte ed in Lombardia, più
una ulteriore opzione di altre 4
sulla base dell’andamento della
domanda. Si sono opposti al piano i radicali ed i demoproletari,
mentre i socialisti ed i liberali
10 hanno votato solo parzialmente (è stato infatti messo ai voti
per divisione, a loro richiesta).
I socialisti si sono astenuti sulla parte attinente al programma,
essendo favorevoli solo a 8 centrali, mentre i liberali si sono
astenuti su quella che si riferisce
alla sua attuazione, con particolare riferimento alla legge n. 393
del 1975. sulla scelta delle località. Questa legge fa obbligo alle regioni di indicare « almeno
due aree del proprio territorio
suscettibili di insediamento di
centrali elettronucleari ». In altre parole, le regioni hanno l’obbli.go di mettere a disposizione
dello Stato, piaccia o non piaccia, due porzioni del proprio territorio per la possibile costruzione di centrali atomiche.
Il ministro dell’industria Donai Cattin, presentatore del piano, aveva precisato che assolutamente non si potevano fare
meno di 12 centrali nucleari e
che, in caso contrario, avrebbe
dato le dimissioni. Come si vede, si è giunti ad uil< ennesimo
risultato di compromesso (8-t-4)
che ha consentito al ministro di
rimanere in carica. Da quello
« storico » si è cosi approdati, anche al « compromesso atomico »,
destinato a mantenere gli attuali equilibri politici .Vorremmo
fare alcune considerazioni su
questa decisione che, anche se
non giunge inaspettata, denuncia
comunque degli aspetti assai discutibili.
Si tratta a mio avviso di una
decisione avente un carattere di
urgenza e di semiclandestinità
che mal si adegua ad un governo
che ad ogni momento si proclama democratico. La decisione
assunta infatti investe e coinvolge in modo cos’i profondo ed irreversibile tutta la popolazione,
per cui sarebbe stata appena doverosa una ben maggior pubblicizzazione della questione in modo da rendere edotti i cittadini
sui « prò » e sui « contro » che
l’uso di una simile energia comporta. Non posso a tal proposito dimenticare una conferenza
stampa televisiva che tempo fa
11 presidente Andreotti concesse
al alcuni direttori dei più importanti quotidiani italiani. A chi gli
chiedeva maggiori informazioni
sulla questione energetica nucleare egli rispose senza molti giri
di parole che si trattava di una
cosa assolutamente necessaria,
praticamente già decisa, ed invitava i presenti, quali responsa
Comitato di Redazione ; Bruno Bellion, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto SbafTì,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLl
Dirett. Responsabiie : GINO CONTE
Redazione e Amministrazione ; Via
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- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà: c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot ■ CorA
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
bili dei loro giornali, a non dare
di conseguenza troppo spazio a
dibattiti su tale argomento ! Analogamente si è comportata la
Camera in occasione della recente votazione: la presentazione del piano è avvenuta alla
presenza di poche decine di deputati mentre il successivo dibattito si è stancamente svolto
con pochissimi parlamentari. È
questa una ulteriore e chiara
conferma del fatto che le decisioni erano già state prese in precedenza fra i gruppi partitici e
che i giochi erano già stati fatti.
Un’altra considerazione che
viene da fare è .che questa decisione giunge dopo anni e anni
di sprechi e di perdite di tempo :
mentre numerose altre nazioni
si sono tempestivamente mosse
alla ricerca di altre fonti di energia, quali quella solare, quella
eolica, quella geotermica, quella
data dalla bruciatura dei rifiuti,
ecc. ecc., noi abbiamo trovato
più comodo rivolgerci agli Stati
Uniti ed alle «sette sorelle » petrolifere (ora detentrici anche
della materia prima per le centrali atomiche, e cioè l’uranio) per
le nostre ipotetiche necessità future (infatti, per «bene» che
vada, le prime centrali di questo
piano potranno andare in funzione nel 1985).
Eppure, prima di giungere ad
una simile decisione (oltre a tut-.
to anche poco accorta dal punto di vista programmatico dato
che fra un decennio — a detta
di molti esperti — questo genere di centrali sarà notevolmente superato) si sarebbero potute fare altre cose in alternativa.
Ad esempio, il fisico Giorgio
Nebbia, nel riferire come le centrali a combustione fossile attualmente funzionanti diano solo il 50% del loro rendimento ha latto notare che solo portandolo ad un 60% (cosa secondo lui fattibilissima) questo maggior incremento darebbe tanta
energia in più quanta ne fornirebbero 4 centrali elettronucleari
da lOOO mw!
Altro settore che è stato trascurato è quello dell’energia
idroelettrica : pare certo che
sfruttando meglio le ulteriori
possibilità sia con nuovi impianti che col ripristino di altri
lasciati andare in disuso vi sarebbe un notevole ricupero anche in quel settore, con minore
impiego di capitali e maggior
mano d’opera.
Altra grave carenza è quella
nel campo dell’energia solare ed
eolica, e questo proprio in un
paese dove sole e vento non mancano. Si sarebbero già potuti
avere da tempo incrementi energetici con fonti pulite e sempre
disponibili, mentre contemporaneamente tante industrie in difficoltà avrebbero potuto riprendersi con una quanto mai opportuna e valida «riconversione ».
Ma purtroppo non è così,:
certo, di studi e di progetti nel
campo dell’energia alternativa
se ne faranno, ma intanto le
centrali elettronucleari saranno
lì, davanti a tutti noi, a ricordarci che nel mondo, da quando esse esistono, sono a tutt’oggi avvenuti oltre mille incidenti
di cui più di venti sono stati
cos', gravi da rasentare la catastrofe. I nostri governanti ci dicono di stare tranquilli, dato
che verranno prese tutte le misure atte a garantirne la massima sicurezza. Al riguardo, c’è da
essetre piuttosto pessimisti, e
non mi pare del tutto a torto:
troppe volte si è dovuto constatare come l’improntitudine, l’improvvisazione, l’incapacità, la
corruzione, la mancanza di senso civico abbiano condotto a delle situazioni (si pensi solo all’odierna drammatica nuova denuncia sullo sfasciume idrogeologico dopo i recenti disastri ed
alle conseguenze che potrebbe
avere sulle centrali nucleari) che
in questo caso, oltrericadere
su di noi, potrebbe ripercuotersi
come una poco invidiabile eredità nei confronti delle generazioni
avvenire.
Roberto Peyrot
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
Ricordare
•y^In una recente intervista (riportata su « Le Monde » del'7.10.
'77) è stato chiesto allo scrittore
tedesco Günter Grass: «Lei spera
di riuscire a risvegliare nei tedeschi un interesse per la Storia? ». G. Grass ha così risposto:
« Al principio degli anni 10, a
seguito delle manifestazioni studentesche, certi gruppi di giovani dimostravano ostilità contro
la Storia. Essi pretendevano di
potersi appoggiare interamente
sul presente, per agire. In seguito, sono stati loro stessi a riconoscere il proprio errore. Invitandoli a comprendere la Storia
come una successione di esperienze vissute, come una possibilità di sviluppare l’immaginazione, come un invito ad uscire
da un presente intpoverito a causa del nostro razionalismo, io
spero di riuscire a dare un po’
di significato al nostro avvenire ».
L’avvenire: come si può dargli significato, se non ricordando il passato? Qualcuno ha detto: « solo sapendo da dove veniamo, possiamo riuscire a sapere dove andiamo e chi siamo ».
Così, per noi italiani, è e sarà
sempre attuale il grido di Ugo
Foscolo: « Italiani, io vi esorto
alla Storia! » Se siamo convinti
di ciò e lo teniamo sempre ben
presente alla nostra coscienza,
allora possiamo anche riprendere il discorso sui tedeschi.
Ebbene un altro grande scrittore tedesco, Heinrich Boll, anch’egli in una recente intervista
(alla « Frankfurter Rundschau »,
riportata da « La Repubblica »
del 6.10), ha detto:
« Penso che, se continua così
e se l’opinione pubblica tedesca
non sarà in grado di compiere
una svolta radicale nel proprio
atteggiamento, allora ci isoleremo del tutto. La Repubblica Fe
derale piomberà in uno stato di
totale isolamento culturale e spirituale, nei confronti dell’Europa occidentale. Una cosa vorrei
ancora dire su questo punto: i
pochi tedeschi che all’estero
sfuggono alla categoria dei "cattivi", qui in Germania sono trattati in modo tale da apparire, di
fronte al proprio popolo, come
i veri "cattivi tedeschi”. E un
modo di procedere a tal punto
perverso, a tal punto insano, che
ci si deve proprio domandare se
siamo ancora uomini normali ».
A questo proposito, vogliamo
ancora una volta ritornare sulla
questione Kappler. Si discusse a
lungo, prima della fuga di Herbert Kappler dal Celio, se fosse
un bene o un male il mantenerne la detenzione. Naturalmente
cale problema va ora perdendo
gradualmente d’interesse, ma
conviene tener gli occhi ben aperti, perché il problema potrebbe
un giorno ripresentarsi in riguardo a qualche altro grande criminale nazista.
Noi eravamo e siamo per il
mantenimento di simili detenzioni per molte ragioni ed anche
perché attribuiamo ad esse uno
speciale significato politico. Il
criminale nazista detenuto, infatti, è un simbolo che rappresenta e ricorda ai tedeschi una realtà storica molto importante, d’un
terribile e non lontano passato.
Il ricordo di quella realtà storica
è per il bene dei tedeschi stessi
e quindi di tutta l’umanità, né
sembra potervi essere, a tal fine
e sul piano politico, mezzo più
efficace e più potente delle dette detenzioni.
Diciamo « sembra », perché
Dio solo sa se effettivamente, come, quando e in che misura, quel
ricordo si conserverà.
Tullio Viola
Di che si occupa
questo giornale?
ATTUALITÀ’
Scelta energetica e responsabilità della chiesa ;
UNA GRAVE MINACCIA ALLA DIGNITÀ’
DELL’UOMO, di Aldo Sbaffi
Sulla «guerriglia» in Germania: CONTRO IL
TERRORISMO MA PER I TERRORISTI, di
Helmut Gollwitzer.
Sui fatti di sangue di Eoma e di Torino: NE’
ACCETTAZIONE NE’ FUGA, MA LOTTA
CÓNTRO LA VIOLENZA, di Franco Giampiccoli.
CHIESA E STATO
Il Sinodo visto da Pinerolo: INTESE = CONCORDATO, L’EQUAZIONE DI UN GIORNALE CATTOLICO, di Giorgio Tourn.
Pubblicata la « nota informativa » approvata
da Sinodo e Conferenza: LA REVISIONE DEL
CONCORDATO PASSATA AL PETTINE FINO e FINE DELLA RELIGIONE DI STATO?
di Giorgio Bouchard.
BIBBIA
Intervista all’equipe che traduce la Bibbia in
lingua corrente: USCIRÀ’ TRA CINQUE ANNI L’ANTICO TESTAMENTO TILC.
Predicazioni: DISCEPOLATO E RINUNCIA,
di Tom Hoffke; TUTTO E’ NOSTRO, di Lietta Pascal.
UNA PAGINA SU
EDUCAZIONE CRISTIANA ALLA FEDE:
TEMA DELL’ANNO.
LA MISTICA INACCETTABILE DEI CONGRESSI EUCARISTICI.
IL CILE QUATTRO ANNI DOPO IL COLPE.
REPORTAGES INTERNAZIONALI
Centenario dell’Alleanza Riformata mondiale
TRIONFALISMO ED EVASIONE: DUE
TENTAZIONI DA EVITARE, di Ricardo C
Ribeiro.
Conferenza Cristiana per la Pace: IMPARARE
A VIVERE SENZA LA PROTEZIONE DELLE ARMI, di Paolo Ricca.
VITA DELLE CHIESE
Problemi del primo distretto: VITA DELLE
CHIESE E SECOLARIZZAZIONE, interventi
di Roberto Nisbet e Adriano Longo.
Ripreso in tutte le chiese il lavoro delle scuole
domenicali; IL METODO DELLE «SEQUENZE» AFFRONTA LA RESURREZIONE, intervista a Thomas Soggin.
ALLE VALLI VALDESI
Intervista all’Assessore Bozzello della Provincia; ALLUVIONE: 9 MILIARDI ACCERTATI.
■ UN PUNTO DI VISTA EVANGELICO
■ UNA FORMAZIONE BIBLICA
■ UNO SGUARDO SUL PROTESTANTESIMO ITALIANO
■ UN’INFORMAZIONE
ECUMENICA
VALE LA PENA DI ABBONARSI
E RIABBONARSI
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