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VENERDÌ 27 AGOSTO 1993
NELLE CHIESE PROTESTANTI
IL PASTORE
GIORGIO GARDIOL
Anche quest’anno il Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste è tornato a far notizia sulle pagine dei giornali.
«Consacrata pastora, una
donna incinta!» E stato il motivo predominante delle cronache della prima giornata
del Sinodo. Ai giornali italiani piace il nuovo e il diverso.
Così il nuovo e il diverso nella notizia che ci interessa sono il fatto che il Sinodo ha
consacrato al ministero pastorale una donna sposata in attesa di un figlio (il papa non
lo permette ai cattolici). Ma
perché non approfondire la
notizia e spiegare una buona
volta ai lettori cos’è il pastore
(la pastora) protestante?
Gli italiani potrebbero scoprire così che un pastore protestante è un laico. La Riforma infatti ha sostituito al prete dispensatore di riti il pastore teologo, dottore e predicatore dell’Evangelo. Egli (lei)
è un fratello (una sorella)
chiamato, nel «sacerdozio
universale» di tutti credenti,
al servizio dei mezzi di grazia: la Parola e i sacramenti;
nelle chiese evangeliche
A differenza del prete che,
nella concezione cattolica,
partecipa al sacerdozio di
Cristo e all’azione di salvezza
della chiesa, il pastore non è
un elemento costitutivo della
chiesa. Una chiesa evangelica
può fare anche a meno del
pastore. Per 1’esistenza di una
chiesa (visibile e terrena) è
sufficiente che vi siano credenti che si riuniscano per annunciare l’Evangelo e amministrare correttamente i sacramenti.
Il pastore per le nostre chiese è però una necessità. La
sua preparazione biblica, i
suoi studi di teologia sono
molto utili nella costruzione
della comunità dei credenti.
Per questo le chiese valdesi e
metodiste «consacrano» nel
culto di apertura del Sinodo i
loro pastori. La consacrazione non è l’ordinazione cattolica di un ministero «sacro»
ma è il riconoscimento della
vocazione ricevuta dal Signore e rappresenta anche l’impegno delle chiese di assistere il fratello o la sorella nella
preghiera e nel sostentamento
economico.
La consacrazione non è indelebile e perpetua come l’ordine cattolico, in quanto l’autorità del pastore deriva unicamente dalla Parola e non
dall’essere collegato in uno
status ecclesiastico particolare. Nelle chiese evangeliche
tutti i credenti sono uguali davanti alla parola di Dio e ai
sacramenti. È questa la grande affermazione della Riforma sul «sacerdozio universale
dei credenti». I ministeri sono
diversi (Calvino ne indicava
quattro: dottore, diacono, anziano e pastore) ma nessuno è
superiore gerarchicamente ad
un altro. Ogni ministero che
viene espresso nella chiesa
agisce in collaborazione con
gli altri ministeri in reciproca
sottomissione.
Dal momento della consacrazione il pastore può indossare la toga (nera nelle nostre
chiese) che è semplicemente
il segno degli studi universitari seguiti e riconosciuti. La
toga non è perciò un «paramento sacro»!
Se poi si volesse approfondire si potrebbero far conoscere i problemi che il pastore
(la pastora), in quanto laico,
sposato, con figli, vive nella
sua vita quotidiana e le ripercussioni sul ministero che
svolge e che sono stati oggetto di convegni in questi ultimi
anni.
Si potrebbero inoltre scoprire l’evoluzione del modello di pastore riformato, la sua
specializzazione (ci sono pastori predicatori, pastori animatori biblici, leader carismatici), la nascita dei pastori
locali (che hanno un lavoro
secolare e svolgono il loro
ministero gratuitamente e in
un luogo condizionato dalla
loro residenza), i problemi
delle «coppie pastorali».
Si potrebbe così far conoscere la ricchezza e la diversità dell’esperienza pastorale
nelle nostre chiese. Le varianti tra l’essere pastori e essere
preti non sono solo il matrimonio e i figli. Sono ben altre
e più sostanziali!
'4
Storie familiari: padri, madrj e figli. Fede evangelica e complesso di Edipo
Chi è degno dì Gesù Cristo?
_____________JEAN CHARPAD* ____________
«Chi ama padre o madre più di me,
non è degno di me; e chi ama figliolo o
figliola più di me, non è degno di me».
(Matteo 10, 37)
Per spiegare questa parola di Gesù si
può ricorrere al contesto in cui
l’Evangelo di Matteo inserisce il brano,
quello che è stato definito il «discorso
missionario». Gesù ha appena formato
il gruppo dei dodici per scioglierlo subito nella diaspora della missione. E non è
questo l’unico paradosso di questo
gruppo di missionari che, dopo aver ricevuto istruzioni per la partenza, non
partirà mai, almeno secondo Matteo.
Si conosce, almeno approssimativamente, la data della redazione dell’
Evangelo: i bui anni 80, dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme, che
vedono il costituirsi di un giudaismo
rabbinico poco «ecumenico». I discepoli del nazareno sono fuoriusciti dalla famiglia giudaica, e i parrocchiani di Matteo vengono in gran parte da quell’ambiente ebraico, ed evidentemente soffrono quel dissenso introdotto nelle loro
famiglie dalla loro scelta ideologica. E
si sa che la famiglia, fra gli ebrei, è valorizzata all’incirca come fra i protestanti: queste religioni, a lungo praticate
in famiglia, diventano delle religioni
della famiglia.
Bisognava quindi che Matteo rassicurasse i parrocchiani prima di esortarli a
seminare l’agitazione nelle altre famiglie ebraiche: non l’aveva detto il Maestro? Non l’aveva previsto, e quindi vo
luto? In queste condizioni un dissenso
in famiglia non è più indice di non-religione, ma diventa criterio della vera religione. È quindi in un contesto missionario che la nostra frase trova il proprio
senso. Invece Luca situa queste parole
in una circostanza ben diversa: Gesù si
rivolge non più ai dodici, ma alla folla
riunita per fare un pezzo di strada con
lui: le sue parole allora diventano non
una consolazione, ma un avvertimento.
Possiamo supporre che Matteo e Luca
abbiano trovato questa parola «incerta»
di Gesù, che ognuno di loro Labbia inserita nella propria prospettiva...
Padre e madre. L’amore senza limiti
di padre e madre rimanda alla prima infanzia, quando l’universo si riassume in
«papà e mamma» unitamente, secondo
la psicanalista Françoise Dolto,
venzione della Legge, la proibizione
dell’incesto. Per la maggior parte di noi
la Legge è in primo luogo la parola del
padre, che provoca in noi questa riflessione: Perché mio padre mi «proibisce»
mia madre? A partire da qui è possibile
costruire una morale per l’accettazione
della parola del padre, una parola che
viene dall’alto. Quelli che agiscono secondo questa indicazione del padre hanno per suprema soddisfazione il rispetto
della Legge, e questo li reintegra
nell’approvazione patema, poiché la vita morale consiste nel rimuovere quel
desiderio cattivo, proibito e tanto pericoloso.
Non si potrebbe avanzare l’ipotesi che
si tratti di una struttura mentale «religiosa» per eccellenza? Coloro che agiscono in questo spirito «non sono degni
di Gesù»: e loro non potrebbero capirlo.
sottomessi come sono all’idolo paterno.
I farisei ne sono una chiara esemplificazione: immaginano sempre che, non
avendo fatto ciò che la Legge proibisce,
la loro virtù sia evidente.
Ma a differenza da questi, ci sono anche coloro che aspettano il loro tempo
per abbandonare in rivolta i loro padri e
madri, per realizzare la propria eredità
nella dissolutezza. (Luca 15). Costoro
diventano figli delle proprie opere, sono
autonomi, naturalmente finché scoprono
che nulla è mai adeguato al desiderio
dell’uomo. E allora, aggiunge Françoise
Dolto, «eccoli poveri, privati delle loro
illusioni». Nemmeno costoro, che amano la vita, la loro opera come il loro figlio o la loro figlia, sono «degni» di Gesù, avendo preferito abolire la Legge
che i primi avevano idolatrato...
Tutto questo naturalmente non è che
un’ipotesi, possibile radicamento esistenziale. Ma dov’è l’Evangelo? Per
«quelli del Padre» non c’è nulla da attendersi, non sanno nemmeno loro di
essere «stranieri alla loro stessa vita».
Gli altri sono modellati dalla sofferenza,
resi piccoli dalla storia: sembra che Gesù non neghi la propria simpatia per
questi ultimi, per il figlio prodigo, per
chi la vita ha reso vulnerabile.
A questi Gesù promette di trovare una
mano soccorrevole che tenderà loro un
bicchiere d’acqua. Qualunque sia la tua
disperazione troverà un ascolto, una
condivisione possibile: e chi ti avrà aiutato non perderà la propria ricompensa,
che già tiene con la tua riconoscenza.
* Pastore della Chiesa riformata di
Francia
ANNO I - NUMERO 32
Torre Pel lice
Aperto il
Sinodo valdese
Si è aperto a Torre Pellice
(Torino) il Sinodo annuale
delle chiese valdesi e metodiste. Per cinque giorni 180 deputati delle chiese e pastori
discuteranno e delibereranno
sui problemi della vita delle
chiese e della testimonianza
evangelica nella società italiana. Sono presenti al Sinodo
numerosi delegati in rappresentanza di chiese e organismi ecumenici. Tra gli altri,
inviati della Alleanza riformata mondiale, della Conferenza delle chiese europee,
delle chiese evangeliche francesi, svizzere, tedesche, belghe, delle chiese luterane di
Svezia e Danimarca.
Nella deputazione al Sinodo è presente anche una delegazione delle chiese battiste
italiane, con le quali le chiese
valdesi stanno vivendo un
progetto di intensa collaborazione a livello locale, nel
campo della cultura e della
formazione, nell’editoria periodica (questo settimanale).
Il Sinodo si è aperto con un
culto pubblico presieduto dal
pastore Bruno Bellion, nel
corso del quale sono stati
consacrati al ministero pastorale Eliana Briante, 26 anni,
originaria di Pachino, sposata, e Leonardo Magri, 34 anni, originario di Brindisi, figlio del pastore Teodoro Magri, sposato, con un figlio di 8
armi.
I lavori del Sinodo sono
stati preceduti da una riunione informale delle pastore,
diacone e deputate, allo scopo
di facilitare la partecipazione
attiva delle donne all’assemblea sinodale, nello spirito del
«decennio ecumenico delle
chiese in solidarietà con le
donne» (1988-1998). All’incontro è intervenuta la pastora Nyambura Njoroge del
Kenya, responsabile del programma per «una comunità di
donne e uomini» dell’Alleanza riformata mondiale.
ALTRE NOTIZIE SUL SINODO
VALDESE ALLE PAGINE 4 E 5
Il messaggio di
«Fede e Costituzione»
alle chiese
pagina 3
Delle Chiese
Un confronto
sulla cristologia
pagina 4
All’Ascolto
Della Parola
La giustizia di Dio
pagina 6
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 27 AGOSTO I993
Alla scoperta di una delle chiese evangeliche del Pacifico facente parte della Cevaa
La Chiesa evangelica della Polinesia francese
_______JACQUES IHORAI*______
La Chiesa evangelica della
Polinesia francese è nata
dalla predicazione dell’Evangelo da parte della Società
delle missioni evangeliche di
Londra, giunta nel paese il 6
marzo 1797 e sostituita nel
1863 dalla Società delle missioni evangeliche di Parigi. È
diventata autonoma il 1° settembre 1963.
La chiesa è composta da 8
distretti. Sette si trovano nella
Polinesia francese e uno in
Nuova Caledonia dove ha sede la comunità polinesiana di
Noumea. Ogni distretto è diretto da un Consiglio che designa i propri delegati al Consiglio superiore. La chiesa fa
capo ad un Consiglio superiore che è la sua massima autorità; esso fissa la costituzione,
la disciplina, la liturgia, gli
statuti e i regolamenti e decide gli interessi maggiori della
chiesa. Il Consiglio superiore
è coadiuvato nel suo compito
da una commissione permanente che lo rappresenta
neU’intervallo delle sessioni.
La chiesa conta 90.000
membri (il 45% della popolazione), 66 chiese con 70 pastori consacrati, 2 pastori ausiliari, 5 candidati al pastorato, 2 diaconesse. Sul piano
della formazione gestisce una
scuola pastorale a Hermon, il
collegio teologico del Pacifico a Suva, una Facoltà teologica in Francia.
La chiesa è membro della
Conferenza delle chiese del
Pacifico (Pcc), della Comunità evangelica di azione apostolica (Cevaa), del Consiglio
'..^Hawaii';).
Oceano
Pai ¡fico
\
• a-Mia -V'. - O'* f
Uurur<)B
1
ecumenico delle chiese (Cec),
dell’Alleanza riformata mondiale (Arm). Ha rapporti con
la chiesa dei «Discepoli di
Gesù Cristo». Ha anche rapporti con la Chiesa cattolica
nella Polinesia francese. Le
due chiese riconoscono la validità di un solo battesimo,
ma molto rimane ancora da
fare.
La chiesa gestisce tre scuole materne, tre scuole elementari, una scuola media,
una scuola di economia domestica, un pensionato femminile per studentesse a Papeete. In Polinesia, le comunicazioni sono importanti e
utili date le grandi distanze
esistenti tra le chiese e le isole. La chiesa pubblica un
giornale di informazione;
«Veà Porotetami», mensile
con una tiratura di 5.500 copie, bilingue (tahitiano e francese); cura trasmissioni religiose alla radio, sul canale
pubblico e su quelli privati, e
trasmissioni televisive sul canale pubblico (Presenza pro
testante), tutte bilingui. Inoltre, dispone di una libreria,
«Te Tiarama».
L’apertura prima di un aeroporto, «Tahiti-Faa», poi del
Centro di sperimentazione
nucleare francese ha rapidamente e profondamente sconvolto il ritmo di vita dell’intera popolazione della Polinesia, il che ha portato la chiesa
a reagire ufficialmente e pubblicamente per la difesa delle
terre (Opunohu, Mataiva), e
per la salvaguardia dell’identità culturale, proponendo in
particolare una «Carta dell’
educazione». L’animazione
teologica gioca un ruolo notevole in queste prese di posizione. La formazione dei pastori rimane sempre una priorità per la chiesa.
Le donne giocano un molo
sempre più importante, non
solo nei movimenti femminili
ma anche come diacene e soprattutto come evangeliste.
Vi sono problemi legati al
fenomeno di acculturazione
(perdita dei valori tradiziona
li, sconvolgimento del tessuto
sociale). La migrazione verso
Papeete ha portato ad un abbandono dei settori produttivi
locali (il settore agricolo produceva di più prima deH’arrivo del Centro nucleare francese). Il tasso di crescita demografica è altissimo; 4.050
nascite nel 1992 (2.064 al 24
giugno ’93.). I giovani costituiscono la metà della popolazione. Crisi dell’occupazione; al 31 dicembre ’92 vi sono state 7.300 domande di lavoro; crisi della casa; problema della terra. La gioventù è
vittima della droga e dell’alcol. Questa è la principale
preoccupazione della chiesa.
La chiesa ha avviato una riflessione sull’identità culturale, sul maohi di fronte alla
propria cultura e di fronte
alTEvangelo. Sulla questione
degli esperimenti nucleari
francesi, la chiesa ha approvato la decisione di una moratoria presa dalla Francia e
si augura la cessazione definitiva. Ha anche espresso la
sua preoccupazione per la
perdita delle terre e per le
bocciature scolastiche.
Tali preoccupazioni e interrogativi, continuamente espressi, hanno fatto sì che la
Chiesa evangelica sia stata
sollecitata a partecipare ai lavori di riflessione sulla Carta
di sviluppo del paese. Molte
volte la chiesa è stata sollecitata durante i movimenti di
crisi sociale e si è adoperata a
mantenere il dialogo tra le
parti sociali durante gli scioperi.
^presidente della Chiesa
evangelica della Polinesia
Riflessioni al margine dell'incontro ecumenico del Sae al Passo della Mendola
Come spiegare lo Spirito Santo ai bambini?
_________ANNA MAFFEI________
. ome spiegherebbe al
AN V-x suo bambino chi è lo
Spirito Santo»? Questa domanda posta a La Mendola
durante una seduta plenaria
della sessione del Sae, dedicata quest’anno alla terza persona della Trinità, e rivolta al
teologo ortodosso russo Vladimir Zelinskij, mi ha accompagnato anche nelle settimane successive. Ripensando
in questa chiave a tutta la sessione, la semplice risposta del
fratello russo che ha richiamato a tale proposito l’intuizione paolina della possibilità
di diversi linguaggi teologici
per comunicare la conoscenza
di Dio, e quindi anche la fede
nello Spirito, mi è sembrata
illuminante.
L’apostolo Paolo diceva infatti di poter parlare alle sue
chiese della realtà di Dio offrendo loro latte o cibo solido
a secondo delle loro possibilità di comprendere. Ecco,
credo che con la settimana
della Mendola di quest’anno
sia stata offerta a chi vi ha
partecipato una variegata e
composita possibilità di
ascoltare saggi di tanti linguaggi variamente intrecciati
fra loro o fra essi divergenti.
Linguaggi diversi, lineari e
concreti o teorici e speculativi, tutti semplici o eruditi
balbettii su una realtà, quella
dello Spirito, che puntualmente ci supera, che risulta
per sua natura inafferrabile
ma senza la quale la nostra
stessa esistenza di credenti
sarebbe inconcepibile o incomprensibile. Le tante paro
le udite in questi giorni hanno
svelato dunque per prima cosa, nonostante tutti i nostri
onesti sforzi e la nostra parzialità, l’inadeguatezza del
nostro linguaggio teologico.
«Lo Spirito ci aiuta nella
nostra debolezza, perché noi
non sappiamo pregare come
si conviene, ma lo Spirito intercede per noi con sospiri
ineffabili» (Rom 8, 26). A
partire da questo dato biblico
di base e l’irriducibilità intrinseca dello Spirito ai nostri
schemi, la sessione ha dato
conto dei vari tentativi che le
diverse chiese hanno comunque fatto nei secoli per rinchiudere lo Spirito alTintemo
dei propri confini confessionali e culturali. La chiesa stessa e la divina liturgia
per le chiese ortodosse, la Parola biblica per il protestantesimo storico, le gerarchie
dei ministeri ordinati per la
Chiesa cattolica sono state le
gabbie dove le varie ortodossie hanno di volta in volta
inteso delimitare l’opera dello
Spirito sia per rifuggire dalla
propria parzialità, sia per superare l’imbarazzo del non
sapere mai con certezza «dove» sia in realtà lo Spirito.
Ma la storia ha anche mostrato che le maglie di tali reticolati denominazionali non
sono state mai abbastanza
strette da impedire che
all’esterno lo Spirito continuasse a soffiare e a creare il
nuovo come i movimenti
cosiddetti ereticali e/o carismatici in ogni tempo hanno
rivendicato. L’organizzazione
della sessione ha poi provocatoriamente suggerito, con
la presenza e gli interventi oltre che di cristiani ed ebrei, di
rappresentanti musulmani,
buddisti e induisti, che il soffio leggero dello Spirito potrebbe in qualche modo aver
misteriosamente raggiunto
quella massa sconfinata di
credenti di altre fedi sparse in
gran parte oltre i confini del
nostro continente, ma comunque oggi a noi molto più vicine di un tempo. E se a partire
dalla Pentecoste lo Spirito è
soprattutto straordinaria esperienza di comunicazione oltre
ogni ragionevole limite culturale e linguistico, allora è
l’esperienza dell’ascolto, del
canto, dell’invocazione, della
preghiera, ma anche dei preziosi silenzi vissuti insieme
per tutta la settimana; l’aspetto più significativo dell’incontro di quest’anno.
I momenti più alti sono stati infatti a mio parere i tempi
liturgici. Un esempio per tutti; l’indimenticabile comunione vissuta con gli ebrei che
attraverso la lettura di brani
del libro delle Lamentazioni
hanno aperto la giornata di
lutto e di appello al pentimento del «9 del mese di Av»,
giornata in cui le comunità
ebraiche ricordano digiunando la distruzione dei due templi di Gerusalemme. La lettura in ebraico, condivisa da
Amos Luzzato, fratello della
comunità ebraica di Venezia
e condotta alla tenue luce di
una candela in posizione di
lutto, ossia seduto a terra, è
stata dedicata da lui stesso a
tutti coloro che muoiono oggi, ebrei, palestinesi e libanesi. Tale esperienza ha coin
volto tutti noi presenti, eredi
di un cristianesimo intollerante e violento in una profonda
confessione di peccato che ci
ha condotto insieme attraverso il nostro commosso e rispettoso silenzio ad una comunione spirituale senza confini, fatta di preghiera e di
ascolto.
Il cammino ecumenico, se è
fondato sulla comune invocazione dello Spirito, quello
Spirito che non appartiene a
nessuno di noi ma che oggi
come ieri crea la fede, ci svela il Cristo e ci apre al nuovo,
non è avventura passeggera
ma progetto duraturo perché
fondato su quell’unità di spirito per cui Gesù un giorno ha
pregato e che ci sta davanti
nel compimento futuro delle
promesse alla fine dei tempi.
Nel respiro ampio fra la prima Pentecoste e la seconda
ancora da compiersi c’è la
nostra preghiera, c’è la nostra
attesa, c’è la nostra invocazione dello Spirito Santo, e
c’è anche la nostra caparbia
volontà di comunicare al di là
degli steccati.
Dunque ai nostri figli possiamo parlare dello Spirito
attraverso le parole die sapremo trovare sperando che
ci comprendano. C’è però
una cosa che possiamo loro
offrire oltre le parole, l’esperienza che vivere insieme e
ascoltarsi fra diversi è possibile e a dispetto di tutto può
anche essere bello. Un piccolo frammento di questa realtà
Tabbiamo vissuta alla Mendola.
Forse non è abbastanza, ma
è certamente un buon inizio.
Dal M
A Hong-Kong, nel luglio 1997,
l'assemblea mondiale luterana
KRISTIANSAND (Norvegia) — La Federazione luterana
mondiale (Firn) ha deciso di tenere la sua prossima assemblea
generale a Hong-Kong nel luglio 1997. Sarà il primo raduno
intemazionale dopo la restituzione, il 1° luglio ’97, della colonia britannica alla Cina.
Nel proporre Hong-Kong ai 49 membri del Consiglio della
Firn, riuniti a Kristiansand (Norvegia) da 20 al 30 giugno scorso, il segretario generale G. Staalsett ha sottolineato che la Flm
aveva tenuto finora cinque assemblee in Europa, una in America del Nord, una in America Latina, una in Africa, ma nessuna
in Asia. La Flm, composta di 114 chiese, era stata invitata a
Hong-Kong da quattro membri che formano oggi TAssociazione di Hong-Kong delle chiese luterane cinesi; la Chiesa cinese
renana (Sinodo di Hong-Kong), la Chiesa evangelica luterana
di Hong-Kong, la Missione Tsung Tsin (Hong-Kong) e la
Chiesa luterana di Hong-Kong e Macao. Esse contano circa
40.000 membri a Hong-Kong, nei Nuovi territori e a Macao.
Nel recente passato, la Cina è stata criticata da parte della
Flm. Nel giugno 1989, dopo gli avvenimenti della piazza Tien
an Men, G. Staalsett aveva pubblicato una dichiarazione in cui
esprimeva «sconcerto e tristezza» di fronte «alla repressione
brutale degli studenti, degli operai e di altri impegnati nella lotta patriottica e nonviolenta per un rafforzamento della democrazia». Aveva quindi fatto appello alle autorità governative
per «far cessare immediatamente questo tragico e cruento
massacro». Il Consiglio ha deciso di chiedere al dipartimento
«Teologia e studi» di avviare un progetto di studio sulla Cina.
Esso sarà diretto da un teologo cinese a Hong-Kong. Lo studio
affronterà la visione della Chiesa in Cina.
Russia: limitazioni all'attività
dei gruppi religiosi stranieri
MOSCA — Il 15 luglio scorso il Soviet Supremo della Russia
ha approvato una serie di emendamenti alla legge sulla libertà
di coscienza votata il 25 ottobre 1990.
La nuova legge mira a controllare l’attività delle «organizzazioni religiose straniere», costrette a farsi registrare presso le
autorità statali. L’art. 15, che non figurava nel testo precedente,
riguarda appunto le «organizzazioni religiose straniere». Secondo tale articolo, le attività autonome di organizzazioni religiose straniere, dei loro rappresentanti e di militanti religiosi
indipendenti non aventi la cittadinanza russa sono vietate, in
particolare per quanto riguarda le attività missionarie, l’edizione, la pubblicità, la produzione o il commercio.
In una lettera letta durante il dibattito in Parlamento, il patriarca Alessio ha appoggiato gli emendamenti proposti. «Riconoscendo la piena libertà religiosa dei russi, il diritto di ognuno
di scegliere la propria religione e di tornare sulla propria scelta
- scrive Alessio - noi, credenti ortodossi russi, siamo convinti
che questa scelta non deve essere imposta dall’esterno, approfittando della situazione materialmente difficile del nostro
popolo, 0 esercitando pressioni sulla persona umana, privandola così della libertà che ha ricevuta da Dio».
In un fax spedito al presidente Eltsin il 27 luglio, il segretario
della Kek, Jean Fischer, ha chiesto al presidente di non firmare
la nuova legge; «Con il Suo veto - dice la lettera - Lei contribuirà al processo di democratizzazione in atto nel Suo paese».
Albania; rinascita religiosa
TIRANA — Varie manifestazioni pacifiche per ottenere la restituzione di chiese ortodosse o l’autorizzazione a costruirne
delle nuove si sono svolte durante gli ultimi mesi in Albania,
organizzate spesso da giovani. Le autorità governative infatti
non hanno ancora restituito le chiese chiuse dal regime comunista.
«Sulle 332 chiese esistenti prima della guerra, solo alcune sono
rimaste intatte, per la grazia di Dio», hanno scritto gli studenti
ortodossi in una lettera aperta al presidente della Repubblica, al
presidente del Parlamento e al primo ministro. «Queste chiese
testimoniano che il cristianesimo esisteva in Albania da secoli.
La loro presenza rivela la natura stessa della fede dei nostri
antenati».
L’arcivescovo Anastasios, primate della Chiesa ortodossa
d’Albania, non nega le difficoltà esistenti ma rimane ottimista,
pur sottolineando che «l’appoggio intemazionale ci è assolutamente necessario».
Germania: vietato fare il
pastore se il congiunto è ebreo
MONACO — Uno studente in teologia luterano, se sposa
una donna ebrea, deve rinunciare a diventare pastore nella
Chiesa evangelica luterana di Baviera. Secondo Horst Birkhòlzer, responsabile della formazione in quella chiesa, il congiunto
di un pastore o di una pastora deve essere «in regola generale
evangelico».
Ad una richiesta di uno studente, il Consiglio della chiesa ha
confermato la linea fondamentale secondo la quale il congiunto
deve appartenere a una chiesa cristiana. Stupore degli studenti
in teologia bavaresi che hanno qualificato questa posizione come «decisione contraria alla dignità umana», considerandola
come un’intrusione inammissibile nella vita privata delle persone. 11 Consiglio ha spiegato che la sua posizione si rifaceva
ad una pratica ecclesiale «debitamente stabilita e fondata». La
tradizione della chiesa luterana impone infatti ad ogni pastore
di testimoniare, fin nella propria vita personale, della propria
consacrazione e di avere un modo di vita corrispondente al proprio stato di pastore.
3
iffTNERDÌ 27 AGOSTO 1993
PAG. 3 RIFORMA
m
Messaggio alle chiese del l'Assemblea mondiale di «Fede e costituzione»
Un movimento per l^unità visibile della chiesa
e per l'impegno nelle lotte del mondo
Si è svolta a Santiago de Compostela (Spagna) dal 3 al 14
agosto la V Assemblea mondiale della commissione ecumenica
«Fede e Costituzione» sul tema Verso una comunione nella fede nella vita e nella testimonianza. Fede e Costituzione è attuitnente la commissione teologica del Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), ma aH’origine era uno dei rami del movimento ecumenico che, insieme al «cristianesimo pratico» e ad
altri organismi, hanno dato vita al Cec stesso.
La prima assemblea mondiale di Fede e Costituzione si è
svolta nel 1927 a Losanna, la quarta risale a ben trent’anni fa
(1963, Montreal, Canada): ma in questi tre decenni la commissione,'il cui obiettivo è in particolare quello di lavorare per il
ristabilimento deU’«unità visibile» delle chiese, ha realizzato
importanti iniziative, come il cosiddetto «Bem», documento
per una convergenza ecumenica su battesimo, eucaristia e ministero (1982) e i documenti Chiesa e mondo (1990) e Confessare la fede comune (1991).
La quinta assemblea era centrata sul concetto biblico di koinonia (comunione), affrontato sotto quattro angolature: la comunione nella fede apostolica comune, in una vita condivisa in
Cristo, nella comune testimonianza, e infine i prossimi passi
verso una comunione piena «affinché il mondo creda».
L’assemblea si è articolata in una serie di relazioni introduttive, in lavori di gruppo i cui risultati sono stati discussi in assemblea plenaria, in momenti di culto e preghiera. Al termine
dei lavori i partecipanti hanno approvato quattro documenti
teologici e un «messaggio alle chiese» che pubblichiamo qui
sotto nella traduzione dell’agenzia Nev.
Hanno partecipato all’assemblea circa 400 persone: oltre ai
120 teologi membri della commissione, vari rappresentanti delle chiese, invitati speciali e un gruppo di «giovani teologi». I
partecipanti provenivano dalle più diverse confessioni cristiane: la Chiesa cattolica, pur non essendo membro del Cec, fa
parte a pieno titolo di «Fede e Costituzione» sin dal 1968, ed
era presente con 34 persone. La Chiesa evangelica valdese era
rappresentata dal pastore Fulvio Ferrarlo.
L’Assemblea di Santiago de Compostela
(© P. Williams/Wcc)
Messaggio alle chiese
(Riportiamo integralmente i punti da 3
a 10; i n. 1 e 2 sono saluti e informazioni
sull’assemblea; il n. 11 è una preghiera
finale alla Trinità).
3. Siamo venuti pieni di gioia e rendendo grazie per i grandi passi in avanti compiuti negli ultimi anni e per il forte desiderio di molti cristiani per una piena comunione, ma siamo anche preoccupati per il
declino dell’impegno per l’unità dei cristiani. Siamo venuti pieni di riconoscenza
per le aperture di libertà che si sono avute
per esempio nell’Europa dell’Est e in Sud
Africa, ma siamo anche preoccupati per
un mondo lacerato dall’ingiustizia e dalle
lotte come nell’ex Jugoslavia, Somalia e
in tanti altri posti. Siamo pieni di dolore
quando ci ricordiamo degli effetti del nostro peccato sull’umanità e sulla creazione
che soffre.
La nostra preoccupazione e il nostro dolore si trasformano in penitenza quando
pensiamo al fallimento di tutto ciò che è
già possibile fare ecumenicamente e al nostro silenzio di fronte all’odio e al male o,
peggio ancora, alla nostra preoccupazione
in essi. Siamo venuti nella speranza per il
futuro ecumenico per la chiesa e per il
mondo.
Ora lasciamo Santiago con nuovo impegno ed entusiasmo per la visione ecumenica. Diciamo alle chiese: non ci sono ripensamenti, né sull’obiettivo dell’unità visibile né sul particolare movimento ecumenico che unisce la preoccupazione per
l’unità della chiesa a quella per l’impegno
nelle lotte del mondo.
4. Koinonia (comunione): questo è stato
il tema centrale delle nostre discussioni.
Questa parola del Nuovo Testamento greco descrive la ricchezza della nostra vita
comune in Cristo: comunità, condivisione,
comunione, partecipazione, solidarietà. La
koinonia che ricerchiamo e che abbiamo
sperimentato va al di là delle parole. Sgorga dalle parole di vita: «Ciò che abbiamo
visto con i nostri occhi, che abbiamo toccato con le nostre mani» (I Giovanni 1, 1),
specialmente dove la koinonia viene realizzata quotidianamente in quelle forme
quali i progetti ecumenici locali e nelle
comunità di base.
Questa koinonia che dividiamo non è
altro che la presenza riconciliatrice
dell’amore di Dio. Dio vuole l’unità per la
chiesa, per l’umanità, per la creazione perché Dio è comunione d’amore, l’unità del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Questa koinonia viene a noi come un dono che possiamo solo accettare con gratitudine. Gratitudine, comunque, non vuol
dire passività. La nostra koinonia è nello
Spirito Santo che ci spinge all’azione. La
koinonia che sperimentiamo ci guida a ricercare quell’unità visibile che può incarnare la nostra koinonia con Dio e con il
prossimo.
5. La koinonia più profonda, che è il nostro obiettivo, è per la gloria di Dio e per
la salvezza del mondo. La chiesa è chiamata ad essere segno e stmmento di questa onnicomprensiva volontà di Dio, il
compimento di tutte le cose in Cristo. Gesù ha abbattuto i muri della divisione
identificandosi con le donne e con i poveri, gli emarginati e gli oppressi. Una più
profonda koinonia sarà segno di speranza
per tutti, oppure non sarà autentica koinonia nell’amore di Dio. Solo una chiesa essa stessa guarita può proclamare in modo
convincente la guarigione al mondo. Solo
una chiesa che supera gli odi etnici, razziali e nazionali in una identità cristiana e
umana comune può essere un segno credibile di libertà e riconciliazione. Mentre il
nostro tema specifico in questa assemblea
è stato quello dell’unità visibile della
chiesa, l’orizzonte del nostro lavoro è stato quello più ampio dell’amore di Dio.
6. Uno dei nostri compiti a Santiago è
stato quello di esaminare i concreti risultati ecumenici degli ultimi 30 anni del
movimento di «Fede e Costituzione», inclusi i dialoghi bilaterali. Abbiamo sottolineato ed affermato l’importanza di tutte
le convergenze verso una comune comprensione e pratica di battesimo, eucarestia e ministero; verso una comune confessione dell’unica fede, testimoniata nel
Credo niceno-costantinopolitano, e verso
una missione e un servizio comuni. 11
compito che sta di fronte alle chiese ora è
quello di recepire queste convergenze nella loro vita. Verso quali passi Dio guida le
chiese ora?
7. 11 movimento ecumenico è cambiato
negli ultimi 30 anni. Le voci delle donne e
quelle che vengono al di là dell’Europa e
deH’America del Nord si sono aggiunte
con forza al dialogo ecumenico portando
nuove idee, nuove esperienze, nuove diversità. 11 significato per la koinonia del
comune impegno etico è stato messo chiaramente all’ordine del giorno di «Fede e
Costituzione». 1 numerosi movimenti positivi di risveglio evangelico e carismatico
devono ancora divenire parte della comunione ecumenica. La trasformazione continua è a volte è difficile e controversa.
Differenze su obbiettivi e metodi del lavoro ecumenico hanno portato a intensi dibattiti. In questi dibattiti, ciascuna delle
prospettive conflittuali esprime elementi
significativi della verità. Noi abbiamo fiducia che queste tensioni ci conducano ad
una più profonda e ampia koinonia nello
Spirito. Banco di prova della nostra koinonia è la capacità di vivere con coloro
Documento dell'incontro europeo
Per la riflessione delle
Comunità di base
con cui siamo in disaccordo.
8. L’obbiettivo ecumenico non è ancora
stato raggiunto. Le chiese non sono ancora pervenute ad un pieno riconoscimento
reciproco del battesimo. Ci sono ancora
ostacoli che impediscono la condivisione
dei cristiani di tutte le chiese attorno alla
mensa del Signore. Gli ostacoli che si
frappongono al cammino di una più piena
koinonia devono essere sentiti in tutta la
loro drammaticità e affrontati onestamente in spirito di penitenza. Si potrà avanzare attraverso nuove avventure e intuizioni
nella fede che ci unisce, e non attraverso
compromessi che semplicemente oscurano i problemi. Affrontare questi ostacoli è
il compito specifico di «Fede e Costituzione». Questo compito è più che mai essenziale per il movimento ecumenico. Le
chiese sono chiamate ad una partecipazione attiva nel movimento di «Fede e Costituzione», affrontando ciò che ancora le divide.
9. A Santiago abbiamo ancora una volta
avvertito l’urgenza di una maggiore koinonia nella fede, nella vita e nella testimonianza. Le chiese hanno fatto alcuni progressi nel concretizzare il principio
espresso a Lund nel 1952: «Agire insieme
in tutte le materie eccetto quelle in cui
profonde differenze costringono ad agire
separatamente». Ma occorre fare di più.
L’unità oggi esige strutture di reciproca
responsabilità.
10. Di fronte alle chiese stanno delle
sfide concrete. In rapporto alla fede, le
chiese devono continuare ad esplorare la
via per confessare la fede comune nel
contesto delle molte culture e dei molti
conflitti sociali e nazionali in cui viviamo.
Tale confessione sottolinea la necessità di
una più profonda comprensione della
chiesa nel suo carattere apostolico, alla luce delle Sacre Scritture. In rapporto alla
vita, le chiese devono osare passi concreti
verso una koinonia più piena, in particolare facendo tutto quel che è possibile per
giungere a un comune riconoscimento del
battesimo, a un accordo su una partecipazione comune all’eucarestia e ad un ministero reciprocamente riconosciuto.
In rapporto alla testimonianza, le chiese
devono considerare le implicazioni della
koinonia per una cura responsabile del
creato, per una giusta condivisione delle
risorse del mondo, per una speciale attenzione ai poveri e agli emarginati, e per
un’evangelizzazione comune e reciprocamente rispettosa che inviti ciascuno ad entrare in comunione con Dio in Cristo. Ma
al di là di tutte le sfide particolari, tutti i
cristiani e il movimento ecumenico stesso
sono chiamati alla conversione a Cristo,
richiesta da una vera koinonia nel nostro
tempo.
Al termine dell’incontro europeo delle comunità di base,
svoltosi a Vitoria dal 2 al 4
luglio, è stata siglata una
carta di «piste di riflessione
delle Cdb» sulla costruzione
di un’Europa dei popoli,
realtà che non coincide con
l’Europa degli stati.
Noi membri delle Comunità cristiane di base dei differenti popoli d’Europa, riuniti a Vitoria-Gasteiz (Euskadi Herria) durante i giorni 2,
3, 4 luglio 1993, abbiamo
analizzato e riflettuto sulla situazione dei popoli in una
prospettiva credente liberatrice e proponiamo i seguenti
punti come piste per la riflessione e la prassi delle Cdb:
1 ) Nel contesto attuale della costruzione dell’unità europea, dobbiamo sentirci interpellati come cristiani dai processi di liberazione dei popoli
d’Europa imparando a scoprirli come segni dei tempi.
2) Denunciamo la manipolazione che gli stati-nazione
fanno del concetto di Popolo
identificandolo con il termine
Stato. Un popolo senza stato
non è mai una minoranza
dentro lo stato, ma è una comunità minorizzata dallo stato, rispetto a una maggioranza. La relazione maggioranza-minoranza per gli stati in
riferimento al termine popolo
non può consistere in una
quantificazione numerica. Di
fronte a ciò vogliamo mettere
in questione il processo
dell’unità europea perché si
sta costruendo sulla base degli stati attuali ignorando i
popoli che la formano.
3) Proponiamo di riflettere
e assumere nella nostra prassi
come Cdb la «Dichiarazione
universale dei diritti collettivi
dei popoli» approvata nella
seconda Conferenza della
Conseu (Barcellona, 1990) riconoscendo che ogni popolo
come «collettività umana con
un riferimento comune a una
cultura e a una tradizione storica propria, sviluppate in un
territorio geografico determinato o in altri ambiti», costituisce un soggetto originario
di questi diritti collettivi.
4) Affermiamo che uno dei
diritti fondamentali di ogni
popolo è il diritto all’autodeterminazione libera e sovrana
che suppone il diritto al proprio territorio, il controllo del
suo ambiente, delle sue risor
se economiche, dei mezzi di
comunicazione e la difesa e
lo sviluppo della sua identità
culturale e linguistica.
L’ordine intemazionale attuale, sia economico che politico, che fonda gli stati attuali
è generatore di violenza;
l’unica alternativa alla stessa
è il riconoscimento concreto
del diritto all’autodeterminazione dei popoli e alla solidarietà, specialmente con i più
poveri e oppressi.
5) La lingua, segno di identità di un popolo e supporto
di cultura, è fondamentalmente un fatto collettivo; pertanto ogni ordinamento giuridico internazionale deve garantire il diritto collettivo di
ogni popolo a esprimersi nella propria lingua.
6) La minorizzazione collettiva è una forma di dominio e povertà e, come tale,
chiamata da Dio alla solidarietà in favore della liberazione dei popoli. Crediamo che
la chiesa, popolo di Dio fra i
popoli liberi, deve impegnarsi
nella costruzione dell’Europa
dei popoli. Le comunità cristiane di base europee devono
essere portatrici di questo
messaggio di liberazione in
questa nuova Europa.
7) Di fronte alla tragica
guerra dei popoli balcanici,
specialmente nella BosniaErzegovina, denunciamo i
massacri e la repressione dei
diritti umani più elementari,
esigiamo la fine di questa
crudele guerra e reclamiamo
il riconoscimento di ognuno
di questi popoli alla loro libera esistenza e sviluppo.
8) Qualsiasi forma di xenofobia o razzismo è un attentato contro la dignità e la
giustizia dei popoli. Come
Cdb dobbiamo impegnarci
nella difesa, nell’aiuto e nella
solidarietà con tutti coloro
che hanno diritto a dividere
con noi il lavoro e il pane.
9) La solidarietà con i popoli oppressi e emarginati del
mondo deve essere la chiave
della pace intemazionale nella quale le Cdb devono impegnarsi secondo la propria
prassi credente liberatrice.
Solo a partire da questo impegno di giustizia e di amore
con i più poveri le nostre
chiese saranno testimoni del
Vangelo.
Euskal Herria,
4 luglio 1993
Assalto di fuggitivi curdi al primi camion di viveri (primavera 91)
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 27 AGOSTO I993
La commissione d'esame indica le linee di discussione del Sinodo valdese del 1993
Un confronto sulla cristologìa delle chiese
La Commissione d’esame
(Cde) garantisce il controllo
delle chiese sull’operato della Tavola valdese, del Comitato permanente dell’Opera
metodista, del Consiglio della Facoltà di teologia. Il Sinodo dello scorso anno ha
assegnato questo compito a
quattro persone: Claudio
Tron, presidente. Bruno
Mathieu, Luciano Deodato,
John Hohhins. In apertura
dei lavori sinodali la Cde
presenta la relazione (detta
comunemente «controrelazione»), individuando i temi
che dovranno essere dibattuti in Sinodo. In questa breve
intervista il relatore della
Commissione, Claudio Tron,
presenta la linea della «controrelazione».
Òuali problemi avete individuato quest’anno come
prioritari?
«Abbiamo accolto la proposta della Tavola che
“Riforma” della scorsa settimana ha già illustrato riportando le parole del moderatore. Noi vogliamo, tuttavia,
anche riprendere alcuni problemi di fondo che sono stati
dibattuti nell’ultimo anno a
vari livelli delle nostre chiese: per esempio quello delle
nostre posizioni teologiche
nelTambito di una ricerca di
riscoperta della figura del
Cristo che ci sembra vada
presa in considerazione anche
se ci porta su binari nuovi.
Dobbiamo sapere che cosa significa per noi oggi che Cristo “ci è stato fatto da Dio sapienza e giustizia e santificazione e redenzione” (I Cor.
1, 30) e se questa confessione
di fede è esprimibile con
l’idea di un “Cristo largo” accettabile anche attraverso e
dalle religioni non cristiane.
Vogliamo anche riprendere
il tema “chiese e democrazia”
nella prospettiva di una confessione di peccato, nel senso
che non possiamo solo accusare gli altri di lottizzazione,
sistema delle raccomandazioni ecc., ma dobbiamo saper
valutare se e fino a che punto
di questo sistema ci siamo avvalsi anche noi».
- Quali proposte presentate al Sinodo?
«Riprendiamo le decisioni
rinviate a questo Sinodo dalle
sessioni degli scorsi anni, tra
cui, importantissima, quella
relativa alla costituzione della
Commissione sinodale per la
diaconia.
Riprendiamo anche alcuni
discorsi che erano stati accantonati per mancanza di
chiarezza dal punto di vista
giuridico sulle conseguenze
di alcune decisioni che avrebbero dovuto essere assunte
già da tempo. Una di queste
riguarda le chiese di Massello
e Rodoretto, che hanno perso
molti membri di chiesa con lo
spopolamento della montagna
e quindi non hanno più i requisiti per essere chiese autonome. Oggi è chiaro che la
perdita dell’autonomia non
k I
»
HANI^AZIONI
%‘DOLCINIANE
4 Sabato 11 setten^, ore
21 a Stella (chtesa valdese)
cUbaffito stdl’antimil{tar1s|nq:
eGiStfiniGenre.
*. Domenica 12 settembre,
ora 10, sM Boocti^
go^, aMtì prasiédt^ dalla
orati
Tre dei componenti ia Commissione d'esame; Claudio Tron, John Hobbins e Bruno Mathieu
comporta la perdita della personalità giuridica dei Concistori e quindi il Sinodo potrà
prendere atto della nuova situazione senza timore di danneggiare due piccole chiese
che hanno una loro vitalità e
che continueranno, quindi, ad
essere proprietarie dei loro
immobili».
- Cosa proponete per Villa
Olanda e per il Collegio?
«Per entrambi diamo un
cauto appoggio alle proposte
maturate nel corso dell’anno.
Villa Olanda potrà diventare
un centro di minialloggi per
persone anziane con alcuni
servizi minimi centralizzati: il
Collegio potrà trasformarsi in
un Liceo europeo. Questi due
progetti, tuttavia, andranno
avviati solo se si verificheranno le condizioni previste
dai proponenti. Altrimenti la
Commissione per la diaconia
potrà adottare per Villa Olanda qualsiasi soluzione realizzabile: per il Collegio, se
verrà a mancare qualcuno degli elementi del progetto, non
si vede alcuna possibilità di
continuare l’attività».
- Dopo aver avuto la possibilità di esaminare la vita
delle chiese, quale immagine
complessiva se ne può ricavare?
«Un’immagine che rivela
vitalità nel senso che nelle situazioni più disperate (vedi
Villa Olanda) non ci si rassegna a lasciare che un’opera
muoia senza averle prima
tentate tutte. D’altro canto ci
sono aspetti di fragilità simili
a quelli di altre istituzioni e
collettività: sono numerose le
opere e le chiese in sofferenza per contrasti interni tra le
persone, per difficoltà a capirsi e a capire le situazioni
esterne con cui ci si confronta, per scoraggiamento e stanchezza».
- Quali problemi dovrà affrontare la prossima Tavola?
«Due ordini di problemi:
quelli pastorali nel senso della cura e dell’incoraggiamento nelle situazioni appena descritte» e quelli amministrativi, per le nuove possibilità
che avremo quando ci sarà
forse maggiore respiro finanziario in conseguenza
dell’8%0 e della defiscalizzazione, ma che rischieranno di
accompagnarsi a una corsa al
denaro per le opere preferite
da parte di qualcuno e, quindi, a una mentalità da lottizzazione che abbiamo rifiutato
a parole in questi anni. Dovremo capire la differenza
che c’è tra lottizzazione, distribuzione e, soprattutto,
condivisione ».
Consacrati nel Sinodo 1993 due nuovi pastori valdesi
Elìana Brìante e Leonardo Magri
Il corpo pastorale, riunito
in seduta nell’aula sinodale
della Casa valdese di Torre
Pellice il 21 agosto 1993, ha
esaminato i due candidati ponendo loro domande sul battesimo e la Cena del Signore,
la confessione di Cristo Signore, il rispetto per la vita,
il Patto ed altre. Al termine
del colloquio i due candidati
sono stati accolti nel corpo
pastorale e proposti quindi
alla consacrazione nel corso
del culto inaugurale del Sinodo ‘93.
Elìana Teresa Brìante
Eliana T. Briante è nata a
Pachino (Sr) il 12 agosto
1967. Ha conseguito la laurea
in teologia presso la Facoltà
valdese di Roma l’8 febbraio
’93, discutendo una tesi dal titolo: «Adolescenti e catechesi. Un contributo alla riflessione sull’attuale trasmissione
di un’identità cristiana». Ha
sostenuto con successo il sermone di prova nella chiesa
metodista di via Porro Lambertenghi a Milano. Ha compiuto l’anno all’estero in Germania e quello di prova a Milano ed ha avuto altre esperienze pastorali a Ivrea, a Como e, quella per lei più formativa, a Villa San Sebastiano (Aq).
Ecco come Eliana Briante
descrive il suo percorso che
l’ha portata a studiare prima
teologia e poi a chiedere la
consacrazione: «...provengo
da una famìglia valdese da
più generazioni. Ciò che ha
determinato il mio desiderio
di studiare teologia è stato sicuramente il corso di catechi
A
■#
Leonardo Magri ed Eliana Briante all’Ingresso del tempio valdese di
Torre Pellice
smo a cui ho partecipato. Mi
sono iscritta in teologia più
per provare che con la convinzione di diventare pastora.
Infatti mi sono chiesta a lungo se fossi adatta ad una simile scelta di vita (...). Mi
chiedevo fino a che punto sarei riuscita a comunicare ciò
che avevo dentro (...)». Per
questo la verifica compiuta
sul campo ha fatto in lei cadere le perplessità iniziali.
«Chiedo di essere consacrata al ministero pastorale.
Infatti, pur sottolineando e
promuovendo con tutto il mio
lavoro il sacerdozio universale, credo che sia molto importante che ci siano alcune persone che si dedichino a tempo pieno all’annuncio della
Parola di Dio (...)».
Leonardo Magri
Leonardo Magri è nato a
Brindisi il 16 giugno 1959.
Ha frequentato la Facoltà valdese di teologia dove si è lau
reato il 19 aprile ’93, discutendo una tesi dal titolo: «Storia della Chiesa valdese di
Corato dalle origini al 1913»;
ha compiuto un anno di studio a Edimburgo. Ha sostenuto con esito favorevole il sermone di prova a Cerignola il
22 aprile 1993 nel corso
dell’assemblea di circuito.
Nella domanda di consacrazione scrive: «...da ragazzo
mi è stata tante volte rivolta la
domanda: “Farai anche tu il
pastore, come tuo padre?” La
mia risposta fu sempre categorica: “No! Mail”. Nei miei
progetti e nei miei pensieri
non volevo che ci fosse spazio per un’attività come quella di mio padre, appunto, che
mi aveva creato tanti problemi».
Ma, col tempo, questa posizione intransigente si attenua
e si sgretola. Magri descrive
questo suo percorso, fino ad
arrivare al presente: «...oggi
non ho alcun rimpianto per
Il culto inaugurale del Sinodo
Il Signore non
ci lascia affondare
Il culto inaugurale del Sinodo delle chiese valdesi e
metodiste è stato presieduto
da Bruno Bellion, pastore a
Lusema San Giovanni (Torino), che ha predicato sull’episodio evangelico di Gesù e
Pietro che camminano sul
mare (Matteo, 14). Finché
Pietro tiene lo sguardo fisso
su Gesù, ha detto Bellion,
egli riesce a camminare
sull’acqua: quando distoglie
lo sguardo dal Cristo inizia a
temere e ad affondare. «Il vero miracolo non è che Pietro
sia riuscito a camminare
sull’acqua, ma il fatto che
Gesù lo rimetta in piedi, che
gli consenta di rimanere discepolo.
Il discepolato - ha affermato il predicatore - non è qualcosa che ricevi una volta per
sempre, ma un dono che ti
deve essere rinnovato di giorno in giorno». Quando, nella
nostra vita personale e comunitaria, cominciamo a vacillare dobbiamo tornare a volgere il nostro sguardo a Cristo.
Ciò vale ad esempio, ha detto
Bellion, per il «percorso travagliato e spesso incompreso
dell’ecumenismo o per l’impegno dei credenti per la giustizia, la pace e l’integrità del
creato». Non tutti, però, ha
proseguito Bellion, sono
chiamati a «camminare sulle
acque» come Pietro: anche i
discepoli rimasti sulla barca a
remare duramente confessano
che Gesù è il Signore.
questa scelta; anzi, la volontà
di essere un pastore al servizio del Signore e delle comunità si è rafforzata. E questo nonostante i momenti di
crisi che tutti noi siamo chiamati ad affrontare. È una crisi
che nasce nel momento in cui
due diverse volontà si scontrano dentro di noi: la nostra
volontà e quella di Dio. Ma è
anche una crisi che genera
una trasformazione nel momento in cui il mio volere si
trasforma e mi indirizza su altri binari (..) ed è così che, pur
essendo sconfitto, in realtà
raggiungo una vittoria, perché
comprendo di aver effettivamente dato senso alla mia
vita...».
Magri ha già lavorato nella
Chiesa valdese di Palermo e
in quelle di Orsara di Puglia e
Foggia; nel prossimo autunno
inizierà il suo servizio nella
Chiesa valdese di Pachino.
Ospedali evangelici
Nasce il Ceo
Il 9 luglio scorso i presidenti
degli Ospedali evangelici in
Italia (Torre Pellice, Pomaretto, Torino, Napoli e Genova)
hanno sottoscritto presso il notaio Lupi di Roma l’Atto costitutivo dell’Associazione coordinamento evangelico ospedaliero (Ceo).
La presidenza prò tempore
dell’associazione è stata affidata all’Ospedale evangelico
intemazionale di Genova.
Il past. Bruno Bellion
Richiamando la distinzione tra «chiesa di popolo» e
«chiesa confessante», tra
«avanguardie» e «massa»,
Bellion ha espresso l’auspicio
che i due gmppi vivano in un
rapporto fecondo: le avanguardie non devono isolarsi e
disprezzare la «massa», e
questa deve saper cogliere le
sollecitazioni che vengono
dai credenti più coraggiosi:
nell’umile consapevolezza
del fatto che gli uni e gli altri
vivono solo e unicamente
della grazia di Dio che ci viene incontro con la «mano di
Cristo» che «ci ha ripescati
quando stavamo affondando».
«Il credente - ha concluso
Bellion - è chiamato ad impegnarsi perché la vita umana, di tutti gli uomini e di tutte le donne, sia piena di dignità, perché la libertà di ciascuno non sia disinteresse per
gli altri e mero egoismo ma
occasione di crescita nella libertà di tutti. Con umiltà, ma
con coraggio, il credente deve opporsi a tutte quelle forme di sopraffazione che negano agli uomini e alle donne
di oggi la loro dignità, si tratti
di forme mafiose, di forme di
corruzione, di sopraffazione
anche legalizzata dei ricchi
sui poveri. Non è rimanendo
ciascuno chiuso nel suo guscio che si è discepoli. Questo impegno può essere oggi
l’equivalente del camminare
sull’acqua di Pietro, se noi
sappiamo guardare a Cristo.
Siamo poca cosa, sappiamo
di non avere forze sufficienti
per il compito enorme che ci
sta davanti, ma sappiamo anche che il Signore non ci lascerà affondare». (Nev)
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5
\/F.NERDÌ 27 AGOSTO 1993
Í Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
Il corpo pastorale valdese discute, in vista del Sinodo, importanti argomenti teologici
Accoglienza o disciplina: si possono
ammettere i bambini alla Cena del Signore?
donato mazzabella
La mattina del 20 agosto
il corpo pastorale si è
riunito nell’Aula sinodale di
Torre Pellice e ha affrontato
il problema dell’ammissione
dei bambini alla Cena del Signore. Il tema è stato introdotto dal pastore Paolo Sbaffi che ha presentato l’esperienza della Chiesa valdese
di Bologna la quale, dopo un
cammino di riflessione, ha
deciso di ammettere i bambini alla Cena.
Il prof. Ermanno Genre ha
poi presentato un excursus
storico sulla prassi della Cena nella nostra tradizione ecclesiastica confrontandola
anche con quella ortodossa e
cattolica: il criterio per l’ammissione alla Cena era più
nella preparazione catechistica e nella consapevolezza
che nell’età, e generalmente
la partecipazione dei bambini era subordinata al parere
del pastore. Oggi si è propensi ad una maggiore apertura ma si sente anche l’esigenza di fondarla teologicamente.
Il pastore Fulvio Terrario
ha richiamato i punti fondamentali di un documento
preparato da un’apposita
commissione come bozza
per la riflessione sul tema e
inviato, tempo fa, a tutti i pastori. La discussione, molto
interessante e partecipata, ha
evidenziato come il problema sia avvertito nelle nostre
comunità: un punto in particolare ha trovato l’accordo
di tutto il corpo pastorale, il
problema dell’ammissione
dei bambini alla Cena deve
essere considerato nell’ambito di quello più generale
dell’ammissione alla Cena di
coloro che non sono membri
delle nostre chiese (per
esempio i simpatizzanti).
Si è dibattuto a lungo, e la
tendenza generale è stata
quella favorevole a una maggiore apertura, tenendo conto
soprattutto della dimensione
dell’accoglienza insita nella
Cena. Si è anche tenuto presente, però, che pur salvaguardando tale importante
aspetto, occorre sottolineare
che la Santa Cena è quella
che offre Gesù Cristo per
cui, anche senza pretendere
una confessione di fede da
parte del bambino o del simpatizzante, è necessario che
venga fornita una corretta
informazione sulla Cena per
evitare di cadere nel rischio
di un’interpretazione troppo
soggettivistica.
E stato anche evidenziato
il rapporto tra battesimo e
Cena: è possibile che quest’
ultima preceda il primo?
Non si può negare che una
risposta positiva a questa domanda implica un sovvertimento della prassi tradizionale ma, tenendo conto che il
rapporto di consequenzialità
battesimo-Cena è dovuto soprattutto alla tradizione del
pedobattesimo, si potrebbe
anche intendere l’ammissione alla Cena come tappa propedeutica al battesimo inteso
come momento di responsabile confessione di fede.
Nella discussione, dunque,
si è manifestata la ricerca di
un equilibrio tra la dimensione dell’accoglienza e la necessità di una disciplina; si è
auspicato che il Corpo pa
storale possa dare il «via libera» alla sperimentazione
circa l’ammissione alla Cena
dei bambini nelle nostre comunità ma si è anche evidenziata la necessità di formulare un trattato sulla Santa
Cena che evidenzi il fondamento biblico e teologico
della nostra prassi.
Al termine della seduta è
stata nominata una commissione nelle persone del pastore Eugenio Bernardini,
Daniela Di Carlo e Bruno
Rostagno, che dovrà preparare un testo sull’argomento
da sottoporre al corpo pastorale durante i lavori del Sinodo
Chiesa valdese di Torino
Vìsita del sindaco
Il sindaco di Torino, Valentino Castellani, è venuto a visitare la nostra comunità, martedì 10 agosto nel pomeriggio.
Erano ad accoglierlo, oltre al
pastore Taccia, il moderatore
Giampiccoli, il presidente del
Concistoro Mathieu, i pastori
battisti Casanova e Romeo, il
pastore Tautfest, la diacona
Vigliano, il presidente Pizzo e
il vicepresidente Ramella
dell’ospedale valdese, e un
certo numero dei membri del
Concistoro. Dopo una breve
visita al tempio, il gruppo si è
recato nella sala del primo
piano, dove ha avuto luogo un
colloquio ispirato a cordialità
e simpatia. Il sindaco, poco
preoccupato dei ricorsi contro
la validità della sua elezione,
ha sottolineato la volontà di
lavorare con concretezza a fa
vore della città, affrontando i
problemi più gravi con particolare attenzione ai cittadini
più deboli e con maggiori
difficoltà.
L’impressione è stata molto
positiva per la semplicità e
immediatezza del suo discorso. Qualcuno ha osservato:
«Non ha parlato in politichese». Da parte nostra abbiamo
sottolineato il contributo che
le chiese evangeliche intendono dare alla città attraverso la
predicazione dell’ Evangelo,
nel dibattito etico-culturale,
nell’azione di servizio diaconale. Al sindaco sono stati offerti i tre volumi della storia
dei valdesi e il libro di Pascal
Bertin-Bosio (ormai introvabile) «L’Evangelo a Torino, dalla Riforma all’inaugurazione
del tempio».
La formazione dei pastori
_______EUGENIO RIVOIB______
Dopo la maratona degli
incontri presinodali (il
bellissimo incontro organizzato dal Centro culturale valdese di giovedì, il convegno
pastorale sulla partecipazione alla Cena del Signore di
venerdì mattina, intenso e
stimolante) il corpo pastorale
delle chiese valdesi e metodiste ha cominciato la sua
serie di incontri in vista del
Sinodo imminente con una
discussione su tre temi che
cerchiamo adesso di indicare
in modo sommario.
Il primo degli argomenti,
preparati accuratamente da
un documento di due pagine
dense dense, riguarda la formazione pastorale permanente. La formazione, è
chiaro, esiste già, ha già una
sua quasi-storia, una sua
esperienza di parecchi anni,
ha anche dei sostenitori accaniti (ma anche dei detrattori, si direbbe); si è discusso
a lungo su come si può organizzare meglio la preparazione e la formazione di
chi è già stato formato: come
incontrarsi, chi incontrare, su
che cosa discutere, con che
frequenza, con quale ^<obbligatorietà», con quali metodi,
con chi (per esempio con
battisti e luterani).
Un documento conclusivo
da sottoporre al Sinodo sarà
preparato da un piccolo
gruppo di lavoro: se ne riparlerà.
Un secondo argomento è
stato Vorganizzazione del tirocinio dei candidati al ministero pastorale. Anche qui
un minidocumento ha aiutato
la discussione e ha portato
ad una proposta, accettata
dalla maggioranza dei pastori (anche questa da sottoporre al Sinodo), della costituzione di una piccola commissione che si incarichi di
seguire nel futuro il periodo
di prova dei candidati al ministero pastorale (che diventerebbe di due armi) e che si
incarichi di mantenere il
contatto con gli studenti in
teologia nel corso del loro
percorso di studio, dentro e
fuori la Facoltà di teologia.
Bisogna insomma fare in
modo che il periodo che va
dalla richiesta di iscrizione
alla Facoltà di teologia alla
consacrazione non sia soltanto considerato come studio di storia, teologia e filosofia, ma anche come riflessione sul compito richiesto
ai pastori nell’ambito delle
nostre chiese, e come tentativo di affrontare e superare in
modo positivo i momenti di
crisi che inevitabilmente sorgono.
Terzo e ultimo argomento
della discussione del venerdì
pomeriggio la questione di
definire meglio gli organi
del corpo pastorale (presidenza e segreteria) e di coordinarli nel modo più concreto possibile.
Così il corpo pastorale cerca, concretamente, di darsi
degli strumenti che possano
aiutare una piccola chiesa a
riflettere sul cammino che
sta facendo e a capire in che
modo la ricerca biblica di
ogni giorno si confronti con
le sfide del mondo contemporaneo.
Associazioni laiche e cristiane
Torino: genti e città
Alcune associazioni laiche,
cattoliche e evangeliche di
Torino hanno lanciato l’appello «Genti e città».
«Molti immigrati, dopo un
primo periodo di inserimento, hanno raggiunto
un’ occupazione stabile nel
mondo del lavoro (...) la
maggioranza di loro però si
trova a vivere in condizioni
abitative spesso umilianti,
quasi sempre inadeguate a
nuclei familiari i cui membri
sono costretti a vivere divisi,
in strutture di pronta accoglienza, quali dormitori e
istituti».
Allo scopo di «dare un
contributo efficace alla soluzione del problema casa per i
lavoratori immigrati», nove
associazioni torinesi di varia
estrazione (laica, cattolica ed
evangelica) hanno dato vita
all’associazione «Genti e
città», che si propone di reperire alloggi (in affitto, in comodato oppure da acquistare)
Fine delFanno ecclesiastico della chiesa battista di Cagliari. Battesimi, interrogativi sulla fede, formazione
Gesù dì Nazareth ci autorizza alla libertà?
da mettere a disposizione di
famiglie di immigrati.
L’attività dell’associazione
«Genti e città», fra i cui promotori vi è la Chiesa evangelica valdese di Torino, è stata
iniziata alla fine di giugno,
ma i promotori hanno già al
loro attivo la realizzazione di
numerose soluzioni abitative
di cui hanno potuto usufruire
più di cento immigrati.
«Non basta l’impegno di
un ufficio di accoglienza - afferma Elena Vigliano, responsabile del Servizio migranti della Chiesa valdese di
Torino - se poi non abbiamo
la possibilità di dare delle risposte sia per la casa che per
il lavoro. Per questo abbiamo
collaborato alla nascita di
questa associazione, che si
prefigge di cercare soluzioni
abitative».
Per informazioni: segreteria della Chiesa valdese, via
San Pio V 15, 10125 Torino.
(Nev)
SIMONETTA ANGIOLILLO
Il 20 maggio sono stati battezzati Sergio Aresu, Luigi
Leurini (entrambi provenienti
dal cattolicesimo) e Sara Riu:
si è trattato di una circostanza
particolarmente gioiosa poiché dei tre battezzati uno solo
è di Cagliari, mentre gli altri
sono di Muravera, centro
agricolo sulla costa orientale
sarda, e di Porto Torres. La
chiesa di Cagliari, infatti, annovera un numero non indifferente di famiglie sparse per
l’isola e queste, per forza di
cose, possono mantenere solo
sporadici contatti con la comunità. Il vedere, per una
volta, la sala di culto piena
non solo di cagliaritani (era
presente anche un gruppo di
fratelli di Carbonia) ha molto
accresciuto la nostra gioia,
già di per sé grande.
• Tra il 24 e il 27 giugno è
stato con noi il pastore Blasco
Ramirez. Per una comunità
come la nostra, doppiamente
isolata, tagliata com’è dal resto d’Italia dal mare e unica
realtà di tradizione riformata
operante nell’isola accanto a
quella di Carbonia, ogni visita che riceviamo è una festa e
un’occasione di arricchimento spirituale e culturale. Il tema di riflessione scelto dal
pastore Ramirez riguardava i
rapporti tra fede cristiana e
fede ebraica: il 24 ha tenuto
uno studio biblico su Romani
9: 11 e il 26 una conferenza
sul rapporto tra l’Antico e il
Nuovo Testamento, nella
quale ha esaminato la rilevanza teologica che il primo ha
avuto tra i cristiani a partire
dagli inizi. Un tema apparentemente lontano dagli interessi di una città e di una regione
priva di comunità ebraiche,
ma forse per questo motivo
ancora più stimolante e interessante per gli ascoltatori. Il
sermone di domenica 27 ha
concluso queste intense giornate di riflessione.
• Dal 9 all’11 luglio si è
svolto al Campo Sardegna un
convegno sul tema «...e voi
chi dite che io sia?», articolato in due tesi: «In che modo
Gesù di Nazaret ci autorizza
alla libertà?», curata da un
gruppo di donne, non tutte
della comunità, e «Speranza
di cose che non si vedono»,
preparata da un gruppo di studio di uomini. Se da un lato il
tema era stato stimolato dalla
discussione in corso su Gioventù evangelica attorno ai
Cinque punti per il lavoro
teologico di Letizia Tomassone, esso costituiva anche la
logica prosecuzione dell’attività svolta durante l’anno sul
pensiero della differenza e
sulla teologia femminista,
nonché sui rapporti fra cristiani ed ebrei.
Per ognuna delle tesi sono
state presentate una serie di
schede introduttive che avevano lo scopo di stimolare la
discussione. Per la prima tesi
Simonetta Angiolillo ha presentato un breve excursus sul
rapporto donna-Dio nella teologia femminista, dalle posizioni più radicali di rifiuto del
cristianesimo (M. Daly, il
«movimento delle idee») al
pensiero di quelle teologhe
che, pur denunciando il mar
cato androcentrismo delle
Scritture, ritengono che queste debbano costituùe il punto di partenza per il riscatto
degli oppressi e delle donne,
proprio in virtù del messaggio di salvezza e di liberazione di cui sono portatrici, e anche che le stmtture patriarcali
riflesse nell’Antico e nel
Nuovo Testamento debbano
suscitare una «ermeneutica
del sospetto», una lettura cioè
accompagnata dal sospetto
che la Bibbia sia stata troppo
spesso strumentale a soprusi
e sopraffazioni.
Marcella Tagliasacchi ha
esaminato i modelli con i
quali, nel corso dei secoli, è
stato affrontato il rapporto
uomo-donna: quello androgino, che vede in ogni essere
umano la presenza del maschile e del femminile; quello
della differenza diseguale,
fondato su Genesi 2-3, che ha
sancito, dalla patristica in poi,
l’inferiorità della donna;
quello della complementarità,
sostenuto in particolar modo
da Karl Barth, che, pur considerando uguali davanti a Dio
donna e uomo, li fissa ciascuno nella propria funzione;
quello infine proposto da Letizia Tomassone su GE: ripensare la differenza partendo dal concetto della interezza di ogni persona umana.
Loide Orani si è occupata
dei rapporti tra Gesù e le donne del suo tempo, evidenziando il carattere rivoluzionario
della sua azione anche in questo ambito; Gesù manifesta
un atteggiamento che si potrebbe definire femminista.
La discussione, prima in
gruppi e poi in seduta plenaria, è stata molto animata e ha
avuto come unico aspetto negativo la mancanza di tempo.
Si è trattato comunque di
un’esperienza molto positiva,
che ci ha mostrato ancora una
volta come il difetto maggiore della nostra comunità sia il
nascondersi dietro l’esiguità
delle forze, timorosi di agire.
In realtà se anche siamo pochi e isolati, esperienze come
quella del convegno dimostrano che il coraggio di prendere iniziative valide produce
comunque buoni risultati.
MEANA - L’Associazione
delle chiese battiste del Piemonte ha organizzato presso il
centro M. L. King, dal 5
all’11 settembre, un campo
per giovani tra i 12 e i 16 anni. Per informazioni rivolgersi
a Gina Serafino Cammisa tei.
0122-49610,
TORINO - Presso la chiesa
battista di via Bettola 63, il 9
ottobre prenderà il via il «corso teologico per i ministeri»
per la preparazione di quanti
servono nelle chiese (predicazione, catechismo, studi biblici). Il corso è però aperto a
tutti gli interessati. Informazioni presso il past. Emmanuele Paschetto tei. 0119534752.
BERGAMO - Dal 18 agosto e fino al 5 settembre, la
candidata al pastorato Caterina Dupré, di Roma, sostituisce
il pastore.
POGGIO UBERTINI
Dal 17 al 18 settembre si tiene
un seminario internazionale
promosso dall’Alleanza evangelica italiana sul tema «Cristiani e musulmani in Europa.
Come proporre l’Evangelo».
Informazioni: tei. 06
6146766; fax 06-6146868.
6
PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 27 AGOSTO I993
LA GIUSTIZIA
DI DIO
JOHN HOBBINS
I salmi fanno di tutto per
esaltare la giustizia di
Dio. In definitiva, vogliono
dare sempre ragione a lui, sia
pure al prezzo di scontrarsi
continuamente con la realtà
che gli è ostile. Il Dio che
farà giustizia, che correggerà
ciò che è storto: conflitto o
pace che essi descrivano, i
salmi sono interamente determinati da questo principio
e da questa premessa. Sono
confessioni di fede nella giustizia di Dio che trionferà.
Sono canti di battaglia di un
popolo eletto; raccolti insieme, sono il libro di preghiera
di una diaspora di comunità
confessanti.
La giustizia di Dio
Il salmo 1 non fa eccezione: è una confessione di
fede nella giustizia di Dio.
Persona felice chi crede nella
sua giustizia.
Persona felice chi si diletta
nella legge del Signore, e
cioè nel suo modo di convivere con le sue creature e di
determinare la vita di ciascuno, anziché nella legge dei
malfattori, nel loro modo di
convivere con gli altri e di
determinare la vita di ciascuno. La legge del Signore è
qui l’insieme di regole e di
esortazioni che permettono
alla comunità di vivere in pace e secondo norme di giustizia.
E un dono di Dio che permette al popolo di non sciupare gli altri doni del Signore, il dono della libertà (spirituale in primo luogo, ma anche economica), il dono della terra (spazio vitale, mezzo
di sostentamento), il dono
della vita stessa.
Persona felice chi si orienta per mezzo della legge del
Signore, perché il Signore
conosce il cammino che tale
persona ha intrapreso; egli
stesso, si può ben dire, l’ha
intrapreso; mentre il cammino dei malfattori, che Dio rifiuta, finirà nel nulla.
Il salmo fa riferimento
esplicito alla lettura della legge come prassi quotidiana
della persona felice. Anzi, tale persona ha il disegno di
Dio sempre in bocca; ne parla
di fronte agli altri.
Per «legge», si intende, come abbiamo già detto, un insieme di insegnamenti di vita
e di indicazioni di comportamento ma, più precisamente,
i termini del patto che Dio ha
messo in vigore e ha stipulato
con il popolo che ha liberato.
Il patto è bilaterale e delinea
un cammino comune. L’elettore è uno solo; gli eletti sono
molti. L’elettore stabilisce la
legge; gli eletti sono tenuti a
conformarsi ad essa.
Quasi tutte le preghiere del
Salterio risalgono al periodo
pre-esilico; presuppongono e
spesso declamano l’innocenza dell’orante. Ma il nostro
salmo, che esalta chi si diletta
nella legge del Signore, è
probabilmente del periodo
del Ritorno. A partire dalla
realizzazione compiuta delle
benedizioni e delle maledizioni della legge nella vita
del popolo, il credente del Ritorno ha una diversa consapevolezza di sé. Il tono è dimesso ma fiducioso.
Nella Legge
Fu Girolamo, uno dei primi grandi esegeti cristiani, a chiamare praefatio Spiritus Sancii il primo salmo.
In effetti, il salmo canta la felicità dell’uomo nuovo promesso nella legge, l’uomo
che sarebbe stato costruito,
per così dire, in seguito alla
realizzazione della condanna
della legge (Levitico 26, 3942; Deuteronomio 30, 1-10;
cfr. Ezechiele 11, 16-21;
ecc.), l’uomo del cuore circonciso, per il quale la legge
«La felicità delVuomo
che non ha camminato
nel consiglio di malfattori,
e nella via di peccatori
non si è posto,
e nel consesso di beffatori
non si è seduto,
perché
nella legge del Signore è il suo diletto
e della legge sua suole dissertare
giorno e notte!
Sarà come un albero
piantato presso corsi d*acqua,
che il frutto suo
nella sua stagione darà,
^ il fogliame suo non appassirà
e tutto quello che farà, crescerà.
Non sono così i malfattori
perché
son pula che vento disperderà.
Infatti non sussisteranno
malfattori in giudizio,
né peccatori nella compagine dei giusti,
perché
il Signore conosce
la via dei giusti
ma la via dei malfattori
andrà in rovina».
(Salmo 1 - Traduzione letterale)
del Signore sarebbe diventata
un fatto interiore, un «diletto» secondo il nostro salmo, o
il 19 o il 119; legge dello Spirito anziché occasione di peccato, diremmo noi, frutto del
dono dello Spirito e del «nuovo patto» annunciati dai profeti (Geremia 31, 31-34; Ezechiele 36, 24-27; 37, 25-27).
Il primo salmo è testimone
che, dopo la morte politica
del regno di Giuda e a partire
dalla rifondazione della sua
spiritualità, e quindi della sua
libertà, durante e dopo l’esilio, nella diaspora e tra gli
uomini e donne del Ritorno,
il Re della storia ha posto in
essere l’uomo di cui la legge
parla, come promessa.
Il rinnovamento del Patto
Prima di proseguire, la lettura dei testi già citati è
fortemente consigliata. Inoltre, alcuni schemi teologici
sono da ricordare:
a) Patto con l’umanità intera (durata: Adamo fino ad oggi): Genesi 1, 28-30
b) Patto rinnovato con
l’umanità intera (Noè fino ad
oggi): Genesi 9, 1-17
a) Elezione del popolo
d’Israele nel suo antenato
Abramo: Genesi 12,1-3
b) Elezione del popolo
d’Israele negli uomini e donne del Ritorno: Isaia 41,8-10;
44, 1-5; 21-22; 49, 1-6
a) Patto con il popolo
d’Israele a partire da Àbramo: Genesi 17,1-14§
b) Patto rinnovato con il
popolo d’Israele a partire dal
Ritorno: Geremia 31, 31-34
Secondo il Nuovo Testamento, tutti i patti di cui sopra sono stati rinnovati in Gesù Cristo. Soprattutto, la
vocazione rivolta agli uomini
e donne del Ritorno dai profeti in seguito alla deportazione e a partire dalla realtà della diaspora, in particolare nei
testi programmatici di Isaia
40-66, è stata ripresa da Gesù
e fatta fondamento della vita
della nuova comunità.
L’uomo nuovo di cui la
legge parla, come promessa,
e l’uomo felice del salmo sono la stessa persona. In base a
considerazioni di tipo sistematico, secondo una teologia
del patto che comprende tutta
la Scrittura, l’uomo di cui
parla il testo è, compiutamente, il Cristo. AU’intemo delle
strutture della simbologia cristiana, l’albero sempreverde
rinvia alla croce.
La doppia predestinazione
A partire dalla linea teologica tracciata dal Vangelo di Giovanni, si può dire
che l’insegnamento dello
Spirito, secondo il quale il
principe di questo mondo è
già stato giudicato, è operante in questo salmo. La fiducia
del salmista nasce da ciò.
Anzi: la formulazione della
dottrina della doppia predestinazione, nel salmo è una
delle più limpide della Sacra
Scrittura e andrebbe approfondita: il Signore conosce la
via dei giusti, ma la via dei
malfattori andrà in rovina. La
perdizione è riferita alla via e
non alla persona che la percorre; la dispersione è predetta per le persone. L’opposto
della perdizione non è la salvezza qui e ora, ma la salvezza nel senso dell’intimità di
cui il Signore è prodigo nei
confronti della via che è dei
giusti. La predestinazione,
chiaramente, è doppia. Negando ciò, il senso del salmo
viene destrutturato.
Tutto il salmo è governato
dall’opposizione tra giusti e
empi. Secondo la Scrittura, i
malfattori sono coloro che
approfittano della loro posizione di forza. Sono i nemici
dei deboli, coloro che sono
senza adeguata difesa. Sono
peccatori perché mancanti
verso gli uomini e verso Dio.
A loro manca la pietas , sia
verso Dio sia verso gli uomini. Non si fanno distinzioni tra mancanze di ordine
giuridico, etico-sociale e cultuale (Osea 4, 1-2; Ezechiele
18, 5-20; 22, 6-12; soprattutto Giobbe 31, 5-40; in positivo Isaia 33, 15; Salmo 15;
Michea 6, 8). Infine, ma si
tratta sempre delle stesse persone, sono beffatori perché si
beffano di Dio e degli uomini. Incolpano gli innocenti e
discolpano i colpevoli (Isaia
29, 19-22; Proverbi 3, 34).
Il comportamento e la forma mentis del malfattore sono illustrati da moltissimi testi (vedi Giobbe 21, 14-15;
Salmo 10, 2-11; 14, 1; ecc.).
I giusti sono coloro che hanno pietas , sia verso Dio sia
verso l’orfano e la vedova,
gli uomini e le donne in generale. Sono animati, diremmo noi, da un vero senso civico, per nulla settario: sono
persone impegnate.
È chiaro quindi che il salmista è un ingenuo. Tutti
sanno che i disegni e gli stessi misfatti dei malfattori sono
funzionali al progresso; che
la trasgressione delle norme
di convivenza sociale («la
via dei peccatori» in senso
biblico), l’assenza di uno spirito di convivialità (Ivan Illich) siano in realtà il presupposto necessario per la costruzione di individui liberi e
autonomi.
Libertà dalle catene
Tutti sanno che la cultura
che si diletta nella derisione e nell’insulto, impersonificata oggi in un Vittorio Sgarbi, è quella però
che libererà il popolo italiano
dalle sue catene. Il salmista
ragiona in termini di blocchi
sociali. Ora i malfattori si introducono nella compagine
dei giusti. Verrà il giorno in
cui saranno dispersi. La loro
stessa via finirà nel nulla. Chi
ha orecchie per udire, oda.
Il dono dello Spirito
Il dono dello Spirito auspicato dalla legge (Numeri
11, 25-30) e promesso dai
profeti (Giobbe 3, 1-5), comincia ad essere elargito alla
comunità dei credenti a partire dal periodo del ritorno
dall’esilio, fino a sboccare in
due impostazioni contrastanti, ma altrettanto innovative
rispetto a quelle imperanti
nel periodo pre-esilico.
Le due nuove impostazioni
date al problema dell’uomo,
al problema della sua giustificazione, perché di questo si
tratta, si chiamano oggi giudaesimo rabbinico e cristianesimo primitivo. Al salmo 1, per l’appunto un testo
che riflette sull’uomo, come
il 18 o il 90 0 il 139, si richiamano ambedue le nuove
impostazioni. Ma chi è l’uomo del primo salmo? Si può
dire che l’uomo del salmo è
giustificato solamente per fede. Infatti, è salvato solo in
speranza e non ancora di fatto. Come abbiamo già detto,
il salmo è una confessione di
fede nella giustizia di Dio. La
fede di cui è testimone non
esita ad andare contro la stessa evidenza dei fatti.
I tempi raccontati nel salmo sono importanti; costituiscono il passato, il presente e
il futuro della sua logica interna. Il tempo passato è
quello del primo versetto soltanto: la felicità dell’uomo
che non ha camminato nel disegno di malfattori. Il tempo
presente è quello del secondo
versetto: il suo diletto è nella
legge del Signore; nonché
della prima parte deH’ultimo:
perché il Signore conosce la
via dei giusti. Il tempo futuro
determina tutto il salmo e soprattutto i versetti 3 fino a 6.
Il salmo è proiettato verso il
futuro. La stessa felicità del
giusto di cui si parla nel pri
mo versetto appartiene al futuro, dal punto di vista scelto
dal salmista. Non dice che il
giusto è già come un albero
fruttifero o che i malfattori
sono stati già dispersi e
esclusi dalle assemblee, giuridiche o culturali che fossero, dove tanto nuocevano.
Il linguaggio è quello di previsione. La via dei malfattori
andrà in rovina ma ciò, dal
punto di vista prescelto dal
salmista, non è ancora realtà.
La via dei giusti
La sua previsione di felicità per l’uomo è motivata dal salmista con un dato
che appartiene al presente ma
che sarà pienamente manifestato solo nel futuro: in termini nostri, il fatto dell’amore di Dio. Il Signore (già ora)
conosce la via dei giusti. Veglia sul loro cammino. Ma la
salvazione dei giusti appartiene al futuro, perché non può
avere luogo se non contemporaneamente alla dispersione dei malfattori. Di nuovo,
per mezzo del realismo tipico
di un popolo che sa davvero
cosa vuol dire essere oppresso e minacciato da blocchi sociali fuori e dentro di
esso, ci imbattiamo nella
doppia predestinazione.
Il giusto del salmo vive
della consapevolezza di essere amato da Dio. Come direbbe Lutero, la sua fede è una
viva, audace fiducia nella
grazia di Dio. Un inciso:
nell’antropologia di Paolo,
spesso il vocabolo «legge»
viene usato per indicare la
parola di Dio che condanna
mentre «Cristo» è la parola di
Dio che salva. Nel salmo 1
invece, «legge» è la parola di
Dio di cui l’uomo si nutre
quell’uomo che, oggettiva
mente, è per ora condannato
ma che sarà salvato.
Tu, 0 caro lettore, non vivi
del fatto di essere amato da
Dio? Dilettati nella sua parola, e la tua fede darà corpo a
una nuova vita. La fede vive
della parola di Dio, si alimenta per mezzo suo. Anche per
mezzo del salmo 1.
7
Speciizione in abb. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedire-a:
CASELLA POSTALE 10066
TORRE PELLICE
Fondato nel 1848
E
Delle Yaui moESi
venerdì 27 AGOSTO 1993
ANNO 129 - N. 32
LIRE 1200
La voce degli operatori economici e la richiesta dei più giovani
Torre Pellice e il Sinodo valdese:
occorre maggior comunicazione
PIERVALOO ROSDTAN
Torre PelHce «capitale»
del valdismo, tranquillo
paese di provincia, con qualche velleità di turismo di
qualità e soprattutto qualche
rimpianto, è ancora una volta
invasa dai delegati delle chiese valdesi e metodiste di tutta
Italia, rappresentanti di chiese estere, giornalisti. Per le
strade insolitamente affollate
delle sere di fine agosto si
sente parlare con tutti gli accenti d’Italia; specialmente
nel centro del paese, lungo
quel corridoio che va dalla
Claudiana alla Casa valdese,
si sente «incombere» il Sinodo.
A qualcuno questo mondo
può anche dar fastidio: è il
caso del giovane Mauro che
nel libro di Andrea Salusso
«Il sapere di Anna» cita, come luoghi di Torre che non
gli piacciono «Qualunque
luogo tra piazza della Repubblica e Santa Margherita in
agosto, durante il Sinodo».
Ma è davvero così, oppure è
una forzatura? E il Sinodo
non rappresenta anche, almeno per qualcuno, un affare
sul piano economico?
Baristi e giornalai confermano: «E una presenza importante per il paese, anche
sul piano economieo. Ma
l’aspetto culturale è più significativo ancora, arricchente per le idee, le discussioni che vengono proposte e
che hanno un riflesso anche
nei mesi successivi. In fondo
si tratta di un salto di qualità».
«L’occasione del Sinodo aggiunge un altro commerciante - è una di quelle in cui
vorrei essere anch’io valdese;
ho sempre apprezzato questo
senso di appartenenza a una
comunità, direi quasi a un
mondo, che sa ritrovarsi insieme almeno una volta l’anno per discutere dei suoi problemi».
Un livello culturale più alto, secondo molti, caratterizza Torre durante il Sinodo,
ma per qualche giovane esiste un dubbio; «Il mondo del
Sinodo, e più in specifico il
mondo valdese della valle,
mi pare si stia chiudendo, sul
piano del contatto con la gente del posto. In alcuni casi è
difficile dialogare».
Per chi abita a Torre Penice da alcuni anni provenendo
da altre realtà decisamente
più urbane (Roma o Torino)
lo stimolo è forte. «Vedo a
Torre una dimensione quasi
cosmopolita per la diversa
provenienza dei membri del
Sinodo ma anche colgo l’importanza della dimensione
democratica di questo incontro, una caratteristica che ad
esempio nel mondo cattolico
è assente» è una delle risposte, così come c’è chi oltre a
sottolineare questo elemento
di originalità della chiesa valdese coglie come «presenza
cercata, voluta ed apprezzata
quella degli ospiti sinodali rispetto ad altre realtà dove il
turismo viene a malapena
sopportato».
Il mercato del venerdì a Torre Pelllce
Forse non per tutti è così;
c’è anche chi lamenta una eccessiva «intellettualità» o
lontananza dal paese di chi
viene per il Sinodo, chi lamenta un traffico eccessivo
piuttosto che le attese troppo
lunghe per ottenere al solito
bar un bicchiere di vino. Ma
c’è anche chi, come l’im
mancabile marocchino, pur
non sapendo nulla né di 'Valdo né dei suoi seguaci, della
Chiesa valdese o metodista,
valuta a modo suo questa inconsueta presenza; in buon
piemontese considera come
ci sia tanta gente «ma con
poca voglia di comprare» e
per lui il Sinodo finisce lì.
AH'Expo Fenulli di Pinerolo dal 28 agosto al 5 settembre
Fra tradizione e innovazione:
Partigianato e la sua tecnologia
Da sabato 28 agosto a domenica 5 settembre sarà
aperta all’Expo Fenulli di Pinerolo la XVII Rassegna
dell’artigianato del Pinerolese.
Come ogni anno, la rassegna
dell’artigianato è un’occasione
per il pubblico di verificare
come funziona il difficile raccordo fra tradizione e innovazione tecnologica che la mostra dell’Expo offre, cercando
di fare delle proposte di interesse regionale.
Nell’ambito della manifestazione, infatti, saranno disponibili diverse tipicità artigianali,
che richiamano all’osservatore
altrettante tradizioni provenienti da numerose località
piemontesi. Ecco che il visitatore potrà ammirare gli organi
musicali di Centallo, gli strumenti a fiato di Quama Sotto,
le arpe di Piasco oppure il
mattone fatto a mano di Villanova d’Asti, i sassi dell’Ossola; senza dimenticare la celebre cereria di Verbania, le ceramiche della valle dell’Ossola, dell’Istituto d’arte di Saluzzo e dell’Associazione ceramisti di Castellamonte.
Oltra all’esposizione dei
prodotti tipici delle diverse zone piemontesi, e al confronto
con il lavoro di altre regioni
italiane, la rassegna sarà
un’occasione di riflessione e
dibattito sulla situazione attuale e i conseguenti problemi
dell’artigianato in valle. La
questione era stata ultimamente affrontata nel corso della
Conferenza economica, una
serie di incontri organizzati lo
scorso inverno dal Comune di
Un telaio per la tessitura
Pinerolo per fare il punto della
situazione sullo stato di crisi e
sulle possibilità di lavoro del
Pinerolese. Da questa analisi
era emerso, fra le altre
considerazioni, come nella zona ci sia una forte compresenza di artigianato e agricoltura,
che testimonia da un lato una
forma di integrazione fra città
e campagna e dall’altro le
possibili risorse derivanti da
questo connubio, una volta
preso atto dello stato di crisi
dell’industria. «Se questi elementi hanno avuto finora un
ruolo sussidiario, possono invece rivelarsi molto importanti per il futuro» concludeva infatti l’analisi del territorio pinerolese presentata da alcuni
esperti nel corso della conferenza economica.
Quasi a riscontro della speranza riposta nelle risorse
dell’artigianato locale, chiamato a fare da argine alla grave difficoltà occupazionale
Riflessioni e interrogativi sulla militanza e l'impegno personale
^individuo tra politica e privato
_______SERGIO PASETTO_____
Dopo la morte drammatica
del sindaco di Villar Porosa, Dario Storero, fra quanti
in qualche modo ne hanno
condiviso l’impegno politico
si possono porre molti punti di
riflessione, molto frammentari
e incerti, che ci lasciano totalmente increduli, senza risposte. Questi interrogativi continuano a ritornarmi alla mente
a oltre un mese dalla morte di
Dario Storero, così come me
li posi quasi meccanicamente
quel mattino.
Non riesco ancora forse ad
essere del tutto sereno nello
scrivere, anche per la memoria che mi ritorna del pezzo di
strada che Dario e io facemmo
insieme. Vi furono in comune
anche esperienze di altro tipo,
che possono far sorridere ora,
come alcune recite in una
compagnia teatrale di paese,
molto eterogenea, in cui ci
impegnammo con molta determinazione.
Poi imboccammo strade diverse; in lui prevalse l’impegno per l’amministrazione
pubblica. Ci vedevamo di rado anche nel Pds, a cui en
trambi avevamo aderito, ci incontravamo poco. Dario era
sempre stato molto attento alle relazioni tra amici e non disgiungeva il privato dall’impegno pubblico, nel senso di
coltivare il rapporto interpersonale. Ma ora era orientato
su Villar e su Torino, a me almeno così pareva; forse negli
anni ’70 si coltivavano maggiormente contatti che consentivano legami tra persone e
non solo tra «politici»?
Ora, dopo tanto tempo, mi è
giunta la notizia di quel che è
accaduto. Viene spontaneo
chiedersi come nessuno abbia
potuto capire e cercare di prevenire quanto è successo. Forse si finisce per privilegiare
l’immagine pubblica di un uomo, non badando alla persona
così com’è veramente? E lo
stesso soggetto privilegia di sé
quella immagine pubblica e
cela la sua reale situazione?
In un periodo di grave crisi
della politica, intesa nel senso
corretto di attività pubblica
per amministrare e progettare,
in cui la politica è divenuta affarismo e corruzione, ritengo
vada considerato il rapporto
impegno politico-individuo.
come si è tentato di fare nel
rinnovare le forme della politica; i partiti storici hanno tentato di farlo ma i risultati finora
sono scarsi. Anzi, ha senso
parlare ancora di impegno politico soprattutto da parte di
chi non fa dell’attività politica
una professione?
O bisognerebbe prospettare
un modo diverso di «far politica», più a contatto con la vita
di ogni giorno degli altri, ma
anche con la propria (personale e familiare?) E ha senso un
obiettivo di professionalità
nella politica, come sbocco di
una vita a ciò mirata? O questo fine distoglie da altre importanti, e anche fortificanti,
mete di una vita? Forse la politica come professione travolge tutto il resto, affetti, rapporti, progetti e realizzazione
serena di sé? Ma quale politica? Quella che finora abbiamo
conosciuto, e praticato, alienante e fredda?
Sono interrogativi che la
morte di Dario ha sollevato di
fronte a me, e penso non solo
in me; ritengo che porseli sia
un continuare la tormentata ricerca nella vita che Dario Storero ha tentato.
ASILO DEI VECCHI
SAN GERMANO
Dal 28 agosto al 5 settembre
(orario 14,30-18)
Mostra
La nostra Africa
oggetti di artigianato
africano offerti da Giovanna e Franco Calvetti a
sostegno di vàrie opere.
Inaugurazione il 28 agosto alle ore 14,30.
Mercatino delle pulci
organizzato dal personale per l'acquisto di un
sollevapersone.
28 agosto, alle ore 16:
Concerto di canti
popolari italiani
e francesi
soprano Elena Martin,
accompagnata da Claudio Belletti (chitarrista).
Anche il concerto è per
l'acquisto del sollevapersone.
5 settembre, alle ore 14,30:
Bazar deH'Asilo
con banchi di vendita e
lotterie.
Proiezione della videocassetta realizzata dà
Gianna Urizio sulla vita
della casa. . . „
________ :• ìi ? -.4- '»y
della zona, gli artigiani del Pinerolese si mostrano in generale soddisfatti del loro lavoro. Da un’indagine illustrata
alla Conferenza economica risulta che più del 60% degli artigiani è sufficientemente soddisfatto del proprio lavoro, il
35% ricava una buona soddisfazione dalla propria occupazione, e solo il 5% si confessa molto deluso dell’attività intrapresa. È da notare come il grado di media gratificazione sia più elevato nella categoria degli artigiani che in
quella dei commercianti, che
si dichiarano sufficientemente
soddisfatti solo nel 40% dei
casi.
Sempre da questo sondaggio emergeva però che, nonostante la soddisfazione personale accertata e le buone prospettive di sviluppo del campo, fra gli iscritti alle liste di
collocamento si riscontra una
bassa percentuale di giovani
che si orientano nella scelta di
un lavoro autonomo, preferendo ai rischi dell’impresa personale le sicurezze di un’occupazione dipendente: solo
una piccola fascia compresa
fra lo 0,90 e il 2,60, indipendentemente dal titolo di studio
o dall’età, sceglie un lavoro
autonomo.
Di tutto questo si discuterà
anche sabato 4 settembre alle
15.30 presso l’Expo Fenulli in
un convegno sull’artigianato
organizzato dalla Confederazione nazionale dell’artigianato.
Durante tutta la durata della
manifestazione saranno anche
aperte al pubblico numerose
mostre su diversi temi, fra cui
«Horae» sulle meridiane della
Val d’Aosta, o «La scimmia
vestita» sugli abiti nei loro significati in epoche e luoghi
diversi, e «C’è un camin che
fuma» sull’arte antica della
«carbonera». Oltre alle mostre
particolari, resteranno aperti i
musei cittadini, anche con
orario notturno; sarà inoltre
proposto il «Guidacittà», un
itinerario guidato che porterà
gli interessati alla scoperta dei
luoghi storici pinerolesi.
La rassegna è aperta al pubblico sabato 28 agosto dalle
17.30 alle 23,30; domenica 29
agosto e domenica 5 settembre dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 23,30; lunedì 30
agosto dalle 9,30 alle 12,30 e
dalle 14,30 alle 23,30; sabato
4 settembre dalle 14,30 alle
23,30; giorni feriali dalle
17.30 alle 23,30.
8
PAG. Il
E Eco Delle Aàlli ¥vldesi
VENERDÌ 27 AGOSTO I993
Il tempio di Torre Penice è aperto in luglio e agosto per i visitatori e i
forestieri
CORSO DI FORMAZIONE PER ASSISTENTI DOMICILIARI — Presso il Servizio socio-assistenziale di
corso Lombardini 2, a Torre Pellice, si terrà un corso di prima formazione per assistenti domiciliari e dei servizi tutelari: i posti disponibili sono trenta; la durata del corso prevede 600 ore di lezioni, di cui 300 teoriche e 300 di tirocinio
pratico presso strutture o servizi territoriali. I requisiti di accesso al corso sono: il possesso della licenza di scuola media inferiore o un titolo equivalente per i cittadini stranieri;
un’età compresa fra i 25 e i 45 anni, lo stato di disoccupazione e il superamento di una prova attitudinale. Per le
iscrizioni è possibile, entro mezzogiorno del 24 settembre,
rivolgersi al Servizio socio-assistenziale in corso Lombardini 2, dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12,30 (tei. 953131).
RADUNO PARTIGIANO AL BAGNOU — In occasione
dell’8 settembre, al Bagnou (Angrogna) si terrà un raduno
partigiano. Per chi intende raggiungere il Bagnou a piedi, la
partenza è prevista da piazza Pietro Micca a Torre Pellice;
alle 7,20 dal Serre si prosegue a piedi per Buonanotte sui
sentieri partigiani. Alle 9 si arriva alla Barma e si scopre la
lapide in ricordo della stampa del «Pioniere». L’arrivo al
Bagnou è previsto per le 10,30, con il raduno presso la lapide di Jacopo Lombardini: dopo il saluto delle autorità e il
discorso di Valdo Spini, ci saranno alcuni canti del coro
«La Draia» di Angrogna e la lettura di lettere dei condannati a morte della Resistenza, con alcune testimonianze del
gruppo teatro di Angrogna. Alle 12,30 si terrà il pranzo, al
sacco o presso la Ca d’ia Pais, e alle 15,30 il ritorno a piedi
attraverso i sentieri valligiani, con l’aiuto di una guida.
Inoltre, venerdì 10 settembre alle 20,30, a Torre Pellice,
l’Anpi organizza una fiaccolata dal palazzo comunale al
monumento dei Caduti; alle 21, al cinema Trento, si terrà
una serata animata dal Coretto valdese.
RIPULITO UN CANALE VICINO A TORRE SAN GIORGIO — Certe volte, andare a esplorare i piccoli paesi della
pianura a noi vicina riserva sorprese inaspettate. Non solo
paesaggi e architetture di grande bellezza, ma anche gruppi
di persone e iniziative che stupiscono per la loro concretezza e incisività. Difficile dire in poche parole che cosa è successo in un piccolo centro del Saluzzese. Una «favola moderna», l’ha definita qualcuno. Proviamo allora a raccontarla in poche righe. Una discarica abusiva aveva cancellato il
tranquillo scorrere di un canale tra campi e pioppi; nella
«bealera» stessa venivano buttati liquami di vario genere. I
vecchi e i bambini del paese vicino. Torre San Giorgio,
avevano visto sparire il posto in cui tradizionalmente si andava a trascorrere qualche ora, a pescare o semplicemente a
giocare con l’acqua. Adesso, anche a passare vicino in bicicletta, bisognava girare la testa. Ma tutto questo non è stato
accettato con passività, come spesso accade: un gruppo di
persone, tutti i sabati e le domeniche e nei momenti liberi,
ha ripulito dalle tonnellate di materiale di discarica le sponde del canale, lo ha «rinaturalizzato» (come si dice oggi)
con alberi e arbusti adatti e con le specie vegetali e animali
tipiche dei corsi d’acqua di pianura. Ogni anno si sono impegnati a scavare un pozzo artesiano (adesso sono già quattro) per garantire sempre alla «bealera» una zampillante acqua fresca. Come luogo di incontro è stata costruita una bella tettoia con tavoli e attrezzature da cucina. E quest’anno
un’altra iniziativa: un corso teorico-pratico di conoscenza
scientifica del fiume e di «pesca intelligente», cioè rispettosa della possibilità dell’ambiente acquatico.
SUCCESSO DEI CONCERTI IN FAVORE DELL’ULIVETO — Con grande successo personale si sono svolti
sabato 10 e domenica 11 agosto i primi due concerti in favore dell’istituto Uliveto, che hanno avuto come protagonista il giovane organista lecchese Luciano Zecca. Sono state
eseguite musiche di Buxtehude, Bach, Mozart e Reger.
Grande entusiasmo hanno raccolto anche la violinista Gaby
Koeller e l’organista Walter Gatti, che hanno interpretato
fra gli altri Kreisler e Beethoven, Gorelli e Vitali. L’incasso
delle due serate è stato interamente devoluto all’Istituto Uliveto di Lusema San Giovanni.
PITTURA VALLIGIANA — Fino al 28 agosto è aperta al
Centro culturale valdese la mostra intitolata a «Isabelle
Chauvie, 60 anni di atelier» e «Paolo Paschetto, le origini la memoria», due diversi esempi di pittori valligiani. Per festeggiare i 60 anni di lavoro di Isabelle Chauvie, sono esposte alcune tele della pittrice e una raccolta di pezzi di alcuni
dei suoi alunni, dai primi sino ai giovanissimi che ancora
imparano a dipingere su carta, tela e ceramiche nel suo studio sul viale Dante a Torre Pellice. Per la prima volta esposte al pubblico sono invece le tele, di proprietà della Tavola
valdese, dipinte da Paolo Paschetto intorno agli anni ’20.
Tutte ritraggono aspetti della vita valdese, nei suoi aspetti
più semplici e meno appariscenti, che testimoniano il legame del pittore, di cui non bisogna dimenticare la dimensione nazionale, con la realtà delle valli valdesi. La mostra è
aperta tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.
Un'attività che non si esaurisce con i mesi estivi e il Sinodo
La Foresteria di Torre
i gruppi, le famiglie e
PIERVALDO ROSTAN
Agosto: la Foresteria valdese di Torre Pellice
ospita rappresentanti del
mondo protestante italiano e
non solo, gioca un ruolo determinante di supporto per i
lavori sinodali; ci si confronta, si dialoga. Nelle pause si
formano molte delle decisioni e delle prese di posizione
espresse in Sinodo.
Ma la Foresteria non limita
la sua attività al mese di agosto. «Nel corso degli anni spiega Adriano Longo, che
insieme alla moglie Carla
gestisce la Casa - abbiamo
cercato di allargare il periodo di fruizione della struttura e anche di ampliare la
gamma dei possibili ospiti.
Stanno per esempio prendendo piede recentemente i
gruppi provenienti dalla
Francia, mentre fino a pochi
anni fa l’afflusso estero era
praticamente limitato ai
gruppi tedeschi o svizzeri.
Rispetto alla Francia si
stanno riscoprendo antichi
legami con determinate
aree».
- È vero che dalla Germania c’è stato negli ultimi
tempi un certo calo di interesse per questa zona?
«Effettivamente l’anno
scorso i tedeschi furono un
po’ assenti; Europa orientale rappresentava per loro un
punto di grande interesse.
Ora c’è un ritorno di interesse ma, a differenza del
passato quando erano i
grandi gruppi organizzati a
farla da padroni, ora si assiste sempre di più a piccoli
gruppi di amici o famiglie
che arrivano con furgoncini
di medie dimensioni».
- Qual è l’andamento in
generale della Foresteria negli ultimi anni?
«Nel 1989, anno del centenario, abbiamo avuto una
concentrazione esagerata di
visitatori nel periodo delle
celebrazioni e dei buchi in
altri momento, poi gli anni
’90 e ’91 ci hanno visto superare le 10 mila presenze
l’anno. Nel ‘92 c’è stato un
leggero calo e il primo semestre di quest’ anno dimostra una sostanziale stabilità».
- Chiaramente la presenza
di ospiti esteri è legata anche
alla collocazione nel calendario di feste come la Pasqua
o Pentecoste, momenti di
forte presenza di tedeschi;
che cosa avete fatto per incentivare l’uso della struttura
negli altri periodi dell’anno?
«Abbiamo cercato di
aprirci di più alla società locale; ospitiamo perciò da alcuni anni congressi locali di
sindacati, gruppi di ambientalisti, corsi di formazione,
brevi stages. Questo dovrebbe consentirci un certo equilibrio fra le stagioni per
quanto riguarda l’utilizzo
della Foresteria».
— Oggi la casa di Torre
Pellice può contare su 105
posti letto; è il tetto massi
Le cucine e, sullo sfondo, Il salone della Foresteria
mo? Quanti lavori sono stati
realizzati in questi 12 anni di
vostra presenza?
«In certi momenti dovremmo avere molti più posti
letto; d’altra parte non possiamo ampliare ulteriormente la struttura senza perdere
quel rapporto personale con
gli ospiti che oggi riusciamo
ad avere. Nel corso di questi
anni abbiamo investito circa
900 milioni, ma ulteriori lavori ai tetti sono ancora in
previsione».
— Come riuscite ad essere
un anello di congiunzione fra
le varie opere della chiesa e
in qualche modo, dovendo
presentare tutto del mondo
valligiano e valdese agli
ospiti della casa?
«Cerchiamo costantemente collaborazione, ad esempio con il Centro culturale,
in vista di un maggiore coordinamento; cerchiamo di inserirci su iniziative già esistenti con proposte ai nostri
ospiti organizzando in certa
misura anche il loro tempo
libero».
- La Foresteria è anche un
piccolo universo cosmopolita; gli ospiti arrivano un po’
da tutto il mondo; può farci
qualche esempio?
«Cito semplicemente il periodo dell’ anniversario del
Rimpatrio; ad un unico tavolo riuscimmo a mettere un
australiano, un africano, due
cinesi, dei sudamericani e
uno statunitense...».
Pinerolo
Serate
alla Fenulli
Sabato 28 agosto — Alle 16,30
sfilata inaugurale per le vie di Pinerolo ed esibizione all’ingresso
dell’Expo Fenulli; intervengono la
banda musicale Ana di Pinerolo, il
gruppo folcloristico «Pays gavot»
della città francese di Gap e il gruppo «la fèto aut» di Roure. Alle 21,
ancora musica e spettacolo con i
gruppi «Pays gavot» e «La tèto aut».
Alle 21,15, a Palazzo Vittone, la
compagnia filodrammatica di Pigna
(Imperia) presenta «U telefono der
barba Anto» e «A filusufia» di Antonio Rebaudo.
Domenica 29 agosto — Alle
16,30 spettacolo del mago Alliaudi e
alle 21 «Gran varietà», musical con
ballerini e cantanti. Alle 21,15, a palazzo Vittone, la compagnia Dia Baudetta di Villafranca d’Asti presenta
«il commissario non bussa due volte» e «Gep lo squartatore».
Lunedì 30 agosto — Alle 21,
gran galà di danza a cura della scuola di danza del centro Body System
ed esibizione della squadra agonistica. Alle 21,15, a palazzo Vittone, il
gruppo Teatro esperimento di Torino
presenta «C’era una volta».
Martedì 31 agosto — Alle 21 lo
spettacolo «Bandamania»; alle
21,15 a palazzo Vittone la compagnia teatrale La Bertavela di La Loggia presenta «Le tantassion dia famija Rubamai».
Mercoledì 1° settembre — Alle
21 selezione della «Corrida di Pinerolo»; alle 21,15 a palazzo Vittone la
compagnia Pro Loco di Sinio presenta «Tragico controvoglia» e «L’orso»
di Cechov.
Giovedì 2 settembre — Alle 21
concerto della filarmonica vinovese
Giuseppe Verdi; alle 21,15 a palazzo Vittone il gruppo teatro autogestito 1 Gat del liceo scientifico di Pinerolo in un lavoro dal titolo «Non c’entra nulla».
Un progetto di archeologia industriale in vai Chisone
Le miniere del Beth: una storia
valorizzare
da
riscoprire e
LILIANA VICLIELMO
All’inizio del parco naturale della vai Troncea,
sulla sinistra orografica del
torrente Chisone, si possono
scorgere tra la vegetazione
alcune costruzioni ridotte
quasi a ruderi: sono i resti
della fonderia della Tuccia,
stazione di arrivo della teleferica che partiva dalle miniere del Beth, dove si estraeva la calcopirite, minerale di
rame e ferro.
Lo sfruttamento del minerale fu abbandonato dopo la
terribile sciagura che nell’
aprile del 1904 costò la vita
ad un’ottantina di minatori.
Essi tentavano di scendere a
valle dopo giorni di nevicate
continue, quando una valanga di enormi proporzioni
li travolse, distruggendo anche la stazione a monte della
teleferica.
A quasi novant’anni di distanza, il progetto Interreg
per la valorizzazione dei siti
minerari riporta alla luce i
fabbricati dove il minerale
veniva preparato per la lavorazione. Il rame, successivamente trasportato a dorso di
mulo a Briançon e poi con
TE(S
ARREDAMENTI PER NEGOZI - BILANCE
REGISTRATORI DI CASSA - AFFETTATRICI
via Ribet, 10 - Luserna S. Giovanni
Tel. e fax (0121)90.18.24
carretti a Marsiglia era di ottima qualità e serviva anche
nei vigneti come anticrittogamico.
Un gruppo di volontari,
sotto la guida del prof Paolo
Fiorina del dipartimento di
archeologia dell’Università di
Torino, sta lavorando per tentare una ricostruzione degli
impianti, lasciati in abbandono dopo che si erano asportate le attrezzature ancora utilizzabili. A meno di un secolo
di distanza, di questa lavorazione si stava perdendo il ricordo e il termine «archeologia industriale» è quanto mai
appropriato.
I primi lavori hanno cercato di ricostruire il percorso
del canale, ben visibile nel
tratto esterno dal Chisone al
primo magazzino; alTinb rno
sono stati liberati dal terricc t.)
alcuni muri che delimitavano
le vasche nelle quali si facevo
decantare il minerale. Si è
trovata anche qualche traccia
del canale di scolo che riportava l’acqua al torrente. Una
collinetta di terriccio rossastro segna il luogo dove 1 esumibilmente si ammucch ova il materiale che arrivava
dalle miniere.
Della teleferica, che trasportava calcopirite dalla
quota di 2.470 metri alla Tuccia (m 1.730) è rimasto ben
poco, salvo il pilone d’angolo
alla partenza, scampato alla
valanga del 1904 e qualche
altro rudere lungo il percorso.
I lavori sono stati presentati
nel corso di una giornata organizzata dalla Comunità
montana e dal Centro si studi
archeologici di Pinerolo, con
lo scopo di far conoscere
questa iniziativa che, parallelamente alla valorizzazione
delle miniere di talco della
vai Germanasca, si propone
di allargare le possibilità di
turismo della zona ampliando
le proposte culturali.
Alcuni cenni sulla storia
delle miniere si possono già
trovare in una bacheca che si
trova sul sentiero che rasenta
i fabbricati e le escursioni alle miniere del Beth fanno
parte del programma di gite
guidate del parco.
E anche un modo per ricordare i valligiani che nelle
vecchie miniere erano costretti a lavorare in un ambiente rischioso e malsano
per poter assicurare il pane
alle loro famiglie.
m]
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
Torre Pellice - Via Matteotti, 8 - tei. 0121/932052
Luserna S. Giovanni - Via Gianavello, 31 - tei. 0121/909565
Servizio Notturno e festivo: Luserna S. Giovanni C.SO Matteotti, 13 tei. 0121/909745
9
\/F.NERDÌ 27 AGOSTO 1993
E Eco Delle Yallì ¥ildesi
PAG. Ili
I servizi di emergenza e pubblica utilità in valle
Vigili del fuoco e volontariato:
un binomio garanzia di efficacia
Pubblico e privato: sport difficile in vai Pellice
La piscina «uccide» il bilancio?
FEDERICA TOURN
Il corpo dei vigili del fuoco
di Lusema San Giovanni è
nato nel 1889, e fino dopo la
seconda guerra mondiale è
stato alle dipendenze del Comune; dal 1945, con l’unificazione di tutti i gruppi in un
unico corpo nazionale, fa
parte della Protezione civile
ed è passato sotto il controllo
del ministero degli Interni. I
vigili di Luserna sono tutti
volontari, e quindi impegnano delle ore di lavoro per
questo servizio alla comunità, sempre attenti a salvaguardare la valle da incendi e
alluvioni, come a non trascurare le preoccupazioni più
semplici di chi è rimasto
chiuso in un ascensore o è allarmato da uno sciame di calabroni sotto il cornicione.
Nella provincia di Torino i
distaccamenti dei vigili sono
circa 40: tutti hanno in dotazione un camion attrezzato e
una campagnola, che serve
soprattutto in caso di incendi
in montagna, o per i soccorsi,
a cui si possono attaccare
due carrelli, uno specifico
per gli incendi boschivi con
circa 400 litri d’acqua e uno
per i prosciugamenti con tre
motopompe in caso di allagamenti. Luca Morel, vigile
volontario di Lusema, ci ha
raccontato alcuni particolari
del lavoro del pompiere.
- Che tipi di interventi fate?
«Principalmente due: di
soccorso e di servizio. Fra i
primi ci sono gli interventi di
aiuto per le persone in pericolo, l’estinzione di incendi
di abitazioni o automobili. In
questi ultimi anni è aumentato molto il numero di interventi: da una media iniziale di circa 60 uscite annue,
nel ’92 se ne sono registrate
ben 300, con 3 mila ore di lavoro effettivo compiuto e più
di 4.500 chilometri percorsi.
Nel ’91 gli interventi sono
stati circa 250 mentre l’anno
precedente, che è stato quello
dei grandi incendi boschivi,
le operazioni portate a termine sono state più di 300.
Quest’anno, per fortuna, non
ci sono state grandi calamità
o incendi e a tutt’oggi siamo
intervenuti circa 170 volte.
Gli interventi più richiesti
in questo periodo sono la cattura di vespe e calabroni, circa uno al giorno nel mese di
agosto. Poi, essendo vicini al
distaccamento permanente di
Pinerolo, con vigili quindi
che fanno questo servizio a
tempo pieno, quando le squadre escono per interventi ci
chiamano per presidiare la
zona. Quindi ci trasferiamo
dal nostro distaccamento a
quello di Pinerolo e siamo
sempre disponibili a qualsiasi
evenienza».
- Quindi le squadre disseminate nella provincia agiscono in stretta collaborazione...
«C’è una centrale operativa
a Torino, che coordina i movimenti di tutte le squadre; i
primi a muoversi in caso di
necessità sono sempre i vigili
permanenti, che si assumono
Dimostrazione di un intervento di
dei Vigiii dei fuoco
anche i rischi maggiori: noi
squadre di volontari facciamo da supporto. Logicamente se succede qualcosa nella
nostra valle noi interveniamo
subito».
-Di quali fondi vi avvalete
nel vostro lavoro?
«Ci basiamo sulle offerte
dei cittadini; quando facciamo degli interventi prendiamo dal ministero un’indennità che destiniamo in gran
parte alle diverse esigenze
del nostro distaccamento.
Principalmente i fondi raccolti vengono impiegati per
l’acquisto e la manutenzione
degli strumenti necessari al
nostro lavoro».
- Quanti sono i vigili del
vostro distaccamento?
«Una ventina, e sono tutti
volontari; speriamo di diventare presto più numerosi. A
questo proposito, è in atto
«Accendi la volontà», una
campagna promossa in tutta
Italia dall’Associazione nazionale dei vigili del fuoco
per stimolare l’adesione di
nuovi possibili volontari. I
salvataggio ad opera dei volontari
volantini di questa iniziativa,
che spiegano che cosa si deve fare per diventare vigile
del fuoco, saranno affissi in
vai Pellice a partire da settembre. Si sta anche cercando di aprire i concorsi per il
corpo dei vigili volontari alle
donne, ma si incontrano difficoltà nella legislazione in
merito che risale al ’39. Per
quanto riguarda i vigili permanenti, invece, l’ultimo
concorso è rivolto anche alle
donne».
- Quali sono i requisiti per
diventare vigile del fuoco volontario?
«Bisogna avere un’età
compresa fra i 18 e i 35 anni,
nessun precedente penale,
avere un lavoro, la licenza
della terza media e il congedo del servizio di leva. A chi
non ha fatto il servizio militare nei vigili del fuoco come
ausiliario viene anche richiesto di frequentare un corso di
due mesi, con esame finale,
che si tiene a Torino nella
centrale di corso Regina
Margherita».
Gli impianti sportivi di Lusema sono, e non solo per questo Comune, una specie di fiore all’occhiello; eppure i costi
che gravano sul bilancio comunale sono tali da far sì che
da mesi si discuta se mantenere tutta l’attività o ridurne una
parte, a cominciare dalla piscina che è per altro l’unica pubblica in un ampio territorio che
comprende anche Pinerolo.
Il bilancio comunale di Lusema è fortemente i rosso e da
più parti ci si chiede se non sarebbe il caso di ridurre in qualche modo i costi che paiono
superiori anche a quelli nel
settore socio assistenziale. Se
l’amministrazione comunale
sopravviverà all’ennesima crisi di questi giorni, fra poche
settimane si ripresenteranno i
problemi dello scorso inverno:
sospendere l’attività della piscina?
«Finora - spiega Eros Gonio, responsabile della società
sportiva 3S e molto critico
verso la gestione degli impianti sportivi - si è ricorso a
provvedimenti tampone ma
non si è affrontato la questione
nella sua globalità; manca la
programmazione e gli impianti
sono sottoutilizzati e si presentano sprechi vistosi. I costi sono il doppio che in altri impianti pubblici assimilabili. Le
tariffe al pubblico avrebbero
Giovedì 26 agosto - CUNEO: Si inaugura la tradizionale grande fiera d’estate che resterà aperta al pubblico fino al
12 settembre.
Venerdì 27 agosto - TORRE
PELLICE: Alle 20,45, nella sala consiliare della Comunità
montana, sarà possibile scoprire
il mondo in miniatura della bambola francese dell’800 attraverso
una proiezione di diapositive curate dal Museo della bambola
«Piccolo mondo antico».
Sabato 28 agosto - TORRE
PELLICE: La Pro Loco organizza una gita a piedi sul percorso Ruà, Bars d’ia tajola, Bonnet;
prenotazioni in sede, via Repubblica 3.
Domenica 29 agosto - TORRE PELLICE: Si conclude la
manifestazione «Torre Pellice
fiorita» con la premiazione dei
migliori balconi. Sotto i portici
del municipio saranno esposte
mostre di pittura e ai giardini di
piazza Muston, nel pomeriggio,
sono previsti vari spettacoli musicali.
Domenica 29 agosto - TORRE PELLICE: Con il pranzo
alla Foresteria e l’assemblea nei
locali del Collegio, si svolgerà la
1.400 persone al riuscito concerto di Torre Pellice
Entusiasmo per i nuovi «Nomadi»
_______ALBERTO CORSAMI______
Più di 1.400 persone hanno
partecipato al concerto
dei «Nomadi» organizzato
dall’associazione «Francesco
Lo Bue» al campo sportivo
sabato 21 agosto. 1.400 persone diverse per età e storie personali, accomunate dalla passione per una musica immediata, popolare nel senso migliore del termine, accessibile
senza rinunciare a essere impegnata a parlare di cose serie.
Non era facile l’impatto con
la nuova formazione: con la
morte avvenuta lo scorso anno del leader. Augusto Daolio, voce inconfondibile del
gruppo e suo fondatore con il
tastierista Beppe Carletti, unico elemento che da 30 anni
«professa il credo nomade»,
in molti avevano espresso
ASVbeiUe
Assicurazioiii
Arnaldo Prochet
AGENTE GENERALE DI TORRE PELLICE
via Repubblica 14 - tei. 0121/91820
scetticismo: sarebbe riuscito il
gruppo a ricucire questa lacerazione, a trovare una nuova
strada e un nuovo registro
espressivo?
Dopo il concerto, ma anche
dopo l’ultima produzione discografica, si può dire che la
scommessa è stata vinta:
l’idea di sostituire il cantante
storico con due giovani si è rivelata azzeccata: ha trasformato la vocalità evitando la
trappola di cercare un’improbabile scia del passato, ha avvicinato ai giovanissimi la
musica (cantare vuole anche
dire gestirsi, mimare, dialogare con il pubblico), ha dato
un’impronta più collettiva
all’elemento spettacolare delle esibizioni. Su questa linea
sono evidenti anche i cambiamenti dal punto di vista della
strumentazione e degli arrangiamenti: più attenzione ai
suoni (Carletti ora suona anche la fisarmonica e uno dei
cantanti, Gualerzi, suona anche i flauti e soprattutto il sax
soprano), più orchestrazione.
Nello stesso tempo, niente è
stato perso di quello che la
tradizione conosceva: il repertorio ha accomunato a tratti
adolescenti e madri di famiglia (naturalmente con i bambini): le novità dall’ultimo Lp
Contro si sono affiancate a
Un giorno insieme, ai successi impegnati delle canzoni dedicate al sindacalista indio
Chico Mendes e a Salvador
Allende, per concludere (dopo
3 ore e 20 minuti di musica
ininterrotta, all’insegna di un
professionismo estremamente
generoso, di chi fa musica soprattutto perché si diverte a
farla) con l’immancabile Io
vagabondo, cantata con il
pubblico.
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di Luca Regoli & C. s.n.c.
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tradizionale «Giornata del Collegio valdese».
Domenica 29 agosto - BOBBIO PELLICE: Al termine di
un iter abbastanza laborioso, è
stato ampliato il rifugio Granerò
in alta vai Pellice; a partire dalle
10 si svolgeranno le manifestazioni per inaugurare i nuovi locali.
Lunedì 30 agosto - TORRE
PELLICE: Nell’ambito della
rassegna culturale, alle ore 21
nei giardini di piazza Muston, si
svolgerà una serata di musiche e
melodie delle isole greche col
gruppo Sirtos. Il concerto alterna
struggenti ballate a ritmi travolgenti, eseguiti con gli stmmenti
classici della tradizione ellenica;
gli stramenti vanno dalle chitarre al basso violoncello passando
per i violini, il baglama, bouzouki, laouto, dzorauto, kaval e
percussioni.
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dovuto essere adeguate da
tempo». Si possono ipotizzare
soluzione concrete per
raggiungere questi obiettivi?
«Nel concreto occorrerebbe rivedere le convenzioni, coinvolgere più direttamente chi
gestisce l’impianto nella riduzione degli sprechi, mantenere
un controllo pubblico sulle tariffe e sul regolamento d’uso
evitando forme di monopolio».
Il rischio è dunque di una
chiusura anche solo temporanea; le aspirazioni sportive
devono fare i conti col bilancio ma intanto, per tutto il
Pinerolese, nuotare rischia di
diventare sempre più difficile.
USSL 42
CNISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENiCA 29 AGOSTO
Perosa Argentina: Farmacia
Bagliani - Piazza Marconi 6,
tei. 81261
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde, Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 29 AGOSTO
Bobbio Pellice: Farmacia Via Maestra 44, tei. 92744
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio,tel..
598790
USSL 44 - PINEROLESE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde - Pinerolo, tei.
22664
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio v, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolon. 175/60
Resp. Franco Glampiccoli
Stampa: La Ghislerlana Mondovi
Spedizione in abb. post.; Gr2A/70
AUTORIPARAZIONI
Costantino Marco
Officina autorizzata
LA PRIMA IN PINEROLO
Via Montebello, 12 - Tel. 0121/321682
PINEROLO
10
PAG. IV
E Eco Delle \àlu Valdesi
venerdì 27 AGOSTO 1993
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vÆNERDÎ 27 AGOSTO 1993
PAG. 7 RIFORMA
Attualità
Il campo politico di Ecumene ha affrontato il problema della crisi politica
«In questa democrazìa senza Stato
J
è il rìschio della secessione»
LUCIANO CIRICA
ra un anno, alle prossime elezioni politiche, potremmo ritrovarci in
Italia nel pieno caos, se arriveremo a quell appuntamento senza uno schieramento
che possa garantire un ruolo
di governo nazionale». Con
questo giudizio, forse un po’
preoccupante ma di certo
realistico, Umberto Ranieri,
senatore del Pds, ha iniziato
a Ecumene il 17 luglio scorso il seminario sulla situazione politica in Italia. Un incontro molto stimolante e
sentito (ha visto la partecipazione di una cinquantina di
persone provenienti dalle
chiese di tutta Italia) che ha
permesso tra l’altro di analizzare i fenomeni più significativi della «rivoluzione politica italiana» e di proporre nel
contempo una soluzione di
uscita, da approfondire ma
certamente interessante e
pragmatica in questo momento.
Il primo dato eclatante
dell’attuale situazione politica è rappresentato dal processo di rottura dell’unità nazionale. Se il successo della
Lega si stabilizza, «in questa
democrazia senza stato - ha
detto Ranieri - che è oggi
VItalia, c’è il rischio della
secessione, anche senza che
la Lega arrivi al Centro o al
Sud». La vittoria della Lega
al Nord ha ormai condizionato tutti i partiti e tutta la cultura politica. Una questione
settentrionale che è diventata
di colpo questione nazionale.
Non tanto perché la Lega è
una formazione che di fatto
si colloca a destra ma perché,
dietro un facile populismo
protestatario (ma non protestante...) si propone sostanzialmente come la «rivolta
dei ceti privilegiati del
Nord» e come movimento
antinazionale.
«E il vero partito antisistema - ha sottolineato Biagio
De Giovanni, europarlamentare del Pds - il primo che
spezza ideologicamente, e di
fatto, l unità nazionale». Per
questo dobbiamo parlare della Lega come fenomeno che,
pur limitato al Nord, assume
valenze e problematiche di
carattere nazionale. Se alle
prossime elezioni il Nord dovesse «cadere in mano» alla
Lega, le conseguenze si ripercuoterebbero in tutta l’Italia e la vittoria del partito di
Bossi determinerebbe nei fatti una sconfitta della cultura
della solidarietà nazionale,
che fino ad oggi ha caratterizzato tutti i nostri partiti,
anche quelli di destra.
Il nostro paese potrebbe rischiare r ingovernabilità, non
solo a livello locale, ma ad
Biagio De Giovanni: «Il vero partito antisistema è la Lega. Spezza
ideologicamente l’unità nazionale»
L’on. Martlnazzoll: Il difficile
compito di ricostruire la De
dirittura in Parlamento e nella formazione del governo.
Anche se la Lega si colloca a
livello culturale e ideologico
nel filone che fa dell’autonomismo e dell’identità locale
gli elementi centrali della
struttura amministrativa, non
per questo le conseguenze
politiche che ne derivano
non potrebbero essere decisamente pericolose, se non
addirittura letali, per il futuro
della nostra democrazia.
Nel panorama politico italiano compare oggi, forse per
la prima volta, la possibilità
per i cattolici di votare liberamente, secondo coscienza.
L’unità partitica dei cattolici
è infatti definitivamente
spezzata e a loro non verrà
più richiesto di votare in
massa e compatti Democrazia cristiana, come è successo finora.
Questo fatto, accompagnato alla crisi storica della De,
può mutare il corso della politica oggi in Italia e di certo
cambiare il rapporto che finora i cattolici hanno instaurato con la politica e i partiti.
«Nel vecchio Pei - afferma
Ranieri - la questione cattolica veniva posta in modo
inadeguato, quasi strumentale: non si mirava infatti alla
rottura dell unità dei cattolici ma al loro spostamento a
sinistra (rimanendo dentro la
De) affinché la De stessa potesse spostarsi su posizioni
più avanzate e progressiste».
Oggi tutto questo non esiste più. Dopo la caduta del
muro di Berlino e dopo la fine del «pericolo rosso», ai
cattolici non può più essere
richiesta una militanza a senso unico, ma a ognuno va data la possibilità di poter scegliere tra diverse opzioni e
diversi partiti così come avviene negli altri paesi europei. Né del resto la scelta di
un partito di sinistra dovrà
comportare problemi di sorta
per un cattolico o per un credente che dir si voglia, sia
perché la scelta politica rimane pur sempre una decisione laica e modificabile,
sia perché l’atteggiamento
dei partiti è profondamente
cambiato nei confronti dei
cattolici, o dei cristiani, im
pegnati in politica.
Sembrerebbe dunque che
si debba riconsiderare il rapporto tra cattolici e politica:
fino al punto di dover modificare la «questione cattolica»? Di annunziarla? Il fato
che milioni di cattolici possano iniziare a votare per
partiti diversi da quello democristiano è il segno inequivocabile della fine dell’
unità partitica. Ma è anche il
segnale della fine politica dei
cattolici? Significa anche che
i cattolici potranno votare in
modo laico senza dover necessariamente portare una visione cattolica della politica,
una spiritualità cattolica?
Speriamo di sì: come evangelici e come cittadini ci auguriamo che il contributo dei
cattolici alla politica possa
avvenire in futuro sulla base
del senso di «cittadinanza»
piuttosto che su quello di
«appartenenza» e che le loro
scelte possano rimandare a
questioni politiche, a programmi concreti, piuttosto
che a visioni spirituali o a
scelte di fede.
Se così sarà «avremo anche noi - ha auspicato il pastore Sergio Aquilante - una
democrazia che non sia unilaterale (di fronte al problema religioso) e il riconoscimento che la cristianità italiana è composta da varie
posizioni evangeliche».
«Di fronte alla crisi del
vecchio sistema - ha proposto Ranieri - occorre costruire, al più presto, un'alternativa democratica e una
cultura politica che produca
anche in Italia le regole
dell’alternanza di governo».
Altrimenti il rischio paventato, anche se non esplicitamente espresso, è quello di
una svolta conservatrice e
autoritaria. Per evitare questa
svolta a destra «occorre però
che la sinistra (consapevole
fino in fondo del proprio
ruolo di governo) possa stabilire un’alleanza con il centro democratico e dar corpo
a un alternativa democratica
(di sinistra-centro) che possa
salvare l’Italia».
In questa alleanza avranno
posto tutte le forze di sinistra
che si propongono una cultura di governo e le forze moderate e cattoliche liberatesi
con la crisi della De. Oggi
nel nostro paese non esistono
molte possibilità di sbloccare
la situazione di stallo che si è
creata: c’è il rischio che la
vecchia nomenklatura, cambiando qualche faccia, possa
continuare a comandare e a
governare, impedendo di fatto il rinnovamento necessario. La proposta di un’alternativa democratica di sinistra
mi sembra invece che possa
realisticamente rappresentare
un primo passo per governare questa nuova Italia.
I partecipanti al corso «Ingegneria del territorio»
Servizio cristiano di Riesi
Una professione
degli anni duemila
MONICA NATALI
Mercoledì 21 luglio a
I
Ni
cotera (Catanzaro) si è
ufficialmente concluso il progetto «Ingegneria del territorio», progetto che ha coinvolto il lavoro del Servizio cristiano in questi ultimi tre anni
e che può giustamente essere
definito progetto-pilota.
Esso infatti, sebbene compromesso da lungaggini burocratiche e tagli di spesa, ha
rappresentato una assoluta novità nel panorama italiano, novità teorizzata da Giovanni
Papa e resa operativa dalla società torinese Csea (Consorzio
per lo sviluppo dell’elettronica e l’automazione) in collaborazione con la Regione Calabria ed usufruendo di mirati
fondi Cee.
Ingegneria del territorio è
stato un progetto pionieristico
anche dal punto di vista metodologico: avendo per oggetto
le tematiche ambientali, esso è
riuscito a legare i più generali
apporti disciplinari con l’applicazione concreta. I trenta
studenti hanno cioè affrontato
una parte teorica (a Torino) e
una esperienza sul campo
(rappresentato dalle due sedi,
Calabria e Sicilia).
Qui i giovani studenti (tutti
diplomati e di età inferiore ai
25 anni) posti di fronte all’
analisi di problemi reali e con
l’ausilio delle tecnologie
Quale sistemazione per i nomadi a Lecce e nelle Puglie?
Un posto dove poter vìvere
GABRIELE DE BLASI
A Lecce, nei giorni scorsi,
il Consiglio comunale è
stato chiamato a pronunciarsi sull’eventuale nuova e più
dignitosa sistemazione delle
diverse comunità di nomadi
presenti sul territorio. L’ipotesi era quella di attrezzare
un campo sosta in un camping dismesso. Solicara, a
metà strada tra il capoluogo
e le marine. L’aula consiliare
è stata ovviamente invasa
dai villeggianti della zona,
sdegnati per la possibile decisione del Consiglio.
Dinanzi a tanto sdegno dei
cittadini, qualcuno dei consiglieri ha spostato ad arte
l’accento dalla ricerca di una
nuova sistemazione all’«accattonaggio» e allo «sfruttamento minorile» praticato
dai nomadi per invocare repressione e «pulizia» prima
che si possa «spargere la voce e ci si debba vedere invasi
dagli zingari».
NeH’ultima riunione del
Consiglio si è vista una poli
tica che abbandona i più deboli, trascurandoli colpevolmente per anni, per lasciare
poi deflagrare all’improvviso i problemi. Una politica
mostruosa disposta a linciare
e a lasciare linciare chi non
ha diritto di voto pur di non
veder diminuire il consenso
elettorale. Una politica che
non vede la presenza dell’altro come motivo di arricchimento culturale e umano, e
prepara il terreno a conflittualità interetniche.
Sul problema dei nomadi
ha preso posizione anche il
Comitato per i diritti civili
degli immigrati, presieduto
da Gigi Perrone. Perrone sostiene che l’opera di organismi quali il Centro ascolto
Caritas e il Ctm non è sufficientemente pubblicizzata e
che dunque è distorta la stessa percezione che l’opinione
pubblica ha del problema: i
nomadi sono spesso visti
soltanto come «molestatori
fermi ad ogni angolo di strada».
Perrone se la prende con
l’ex assessore comunale ai
servizi sociali «più volte sollecitato ad intervenire a favore di un’effettiva integrazione dei nomadi, ma inutilmente». A Lecce tutto è rimesso alla buona volontà di
qualche singolo e delle suddette associazioni. «Il volontariato ha più volte chiamato
a raccolta su questi problemi
tutte le istituzioni - conclude
il presidente del Comitato
per gli immigrati- comprese
quelle religiose, e ha messo
a nudo le difficili implicazioni e soluzioni della questione: basti vedere quanto
succede altrove; ma in questa città, quando non ci sono
prese di posizione rozze e intolleranti, si vedono iniziative estemporanee di sola immaginazione.
Purtroppo su tematiche così complesse, prima o poi,
una situazione simile mostra
la corda. Fino ad oggi, della
presenza degli immigrati si
sono interessate solo e unicamente le strutture del volontariato».
informatiche, hanno dovuto
elaborare una tesi finale sviluppando un argomento a
scelta, attinente ad alcune delle problematiche emerse. Così, mentre in Calabria sono
state evidenziate le tematiche
ambientali in funzione delle
potenzialità turistiche della regione, gli studenti presenti in
Sicilia hanno sviluppato due
filoni: il rapporto rifiuti-ambiente (vedi discariche pubbliche e abusive...) e i problemi
di inquinamento legati all’
agricoltura (pesticidi nel grano, smaltimento delle acque di
vegetazione delle olive, ecc.).
Questi giovani sono ora «analisti del territorio», vale a dire
nuove figure professionali in
grado di «leggere» il territorio
conformemente alle nuove
esigenze.
Qual è, dunque, il ruolo del
Servizio cristiano di Riesi? E
quello di offrirsi come sede siciliana del corso, cioè luogo di
accoglienza di una parte di
studenti ai quali si è dato vitto, alloggio e un ampio spazio
di studio (l’ex Scuola meccanica) adeguatamente attrezzato. Un’esperienza sicuramente
nuova per il Servizio cristiano, ma concreta sotto diversi
punti di vista.
Si è trattato in primo luogo
di una «riconversione» della
vecchia scuola di formazione
meccanica in un nuovo tipo di
corso professionale; un tentativo di rispondere alla imperante disoccupazione ed assenza di prospettive per i giovani del Sud. In secondo luogo le generali tematiche del
progetto sono sembrate attinenti al discorso «Pace, giustizia e salvaguardia del creato»,
discorso portato avanti dalla
nostra chiesa a cui il Servizio
cristiano è da tempo sensibile.
Certo non sono mancate le
difficoltà di convivenza tra il
gruppo residente e i giovani,
difficoltà derivanti dalle diverse motivazioni di ciascuno,
difficoltà che tuttavia hanno
fatto maturare entrambi. L’
esperimento pare perciò riuscito e l’intenzione del Servizio cristiano è quella di proseguire in questa direzione. Si
attende ora una risposta da
parte della Regione Sicilia in
merito ad un nuovo progetto
(Eva, per la formazione di
esperti della qualità e della valorizzazione dei prodotti
agroalimentari) di cui si è fatto promotore il Servizio cristiano in prima persona e di
cui dovrà assumersi piena responsabilità organizzativa
qualora dovesse essere accettato.
Altri contatti sono in corso
con alcuni esponenti della
Enichem di Ragusa, disponibili a trovare nel Servizio cristiano l’interlocutore e il collaboratore valido in funzione
di nuovi progetti di formazione professionale.
12
PAG. 8
RIFORMA
imm
VENERDÌ 27 AGOSTO 1993
Da sin.; Giorgio Peyrot, Eiena Bein e Giovanni Gönnet nei corso dei dibattito deiia mattina
_______EUGENIO STBETTI______
Per il secondo anno il
Centro culturale valdese,
in concomitanza con le sedute sinodali, ha organizzato
un’interessante giornata di
studio su «Protestantesimo e
politica nel mondo moderno».
Eiena Bein, nell’introdurre
la tematica, ha parafrasato un
noto intervento di Norberto
Bobbio, per il quale l’attuale
momento politico italiano
può essere paragonato alla
metafora di naufraghi su una
zattera in un mare burrascoso, con una meta ignota. Di
fronte allo sfàscio politicosociale della nostra Italia è
importante per dei protestanti
riconsiderare la propria storia; lo scorso anno ci si era
soffermati sulla riforma calvinista, sul puritanesimo e
sulla rivoluzione americana;
quest’anno si è proceduto nel
cammino analizzando la Costituzione americana e il separatismo ottocentesco.
Assente l’americanista
Massimo Teodori, Eiena
Bein ha analizzato le idee
forza della Costituzione americana: in primo luogo vi si
parla di cittadini, e non più di
sudditi. L’individuo ha dei
diritti innati, garantiti dall’
obbligazione politica statuale: come non scorgere, si è
chiesta Eiena Bein, in tale
concezione l’affermazione
protestante della coscienza
individuale (cfr. il Lutero
della Dieta di Worms)?
In secondo luogo il federalismo americano è una sfida a
coniugare l’universalismo
della cittadinanza con le differenze etniche e culturali. Il
vero federalismo, ci permettiamo di aggiungere, non sfocia nello scontro etnico come
nell’ex Jugoslavia o ipotizzato in progetti politici nostrani. Il federalismo americano
è unitario pur nel rispetto delle ampie autonomie statali e
locali.
Terza caratteristica soggiacente alla Costituzione americana è rappresentata dal
«covenant» (patto contrattuale) tra individui liberi e uguali nei diritti e nei doveri.
L’idea di patto affonda le sue
radici nella teologia biblica e
più particolarmente nel concetto di alleanza. Queste caratteristiche del costituzionalismo americano sono tipiche
della modernità; come prote
stanti, ha ricordato Eiena
Bein, non possiamo non dirci
moderni; la modernità è un
progetto incompiuto, non superato né da un postmoderno
frammentario né da nostalgie
medievali antistoriche.
Giorgio Peyrot, con la sua
nota vivacità di esposizione,
ha intrattenuto l’uditorio suddividendo la sua relazione sul
separatismo ottocentesco, di
matrice laico-liberale, in tre
momenti: l’Ottocento, il separatismo e la posizione della
Chiesa valdese. Quando inizia il secolo XIX? Per Peyrot
con la Restaurazione sancita
dalla Santa Alleanza di Vienna (1815). È la ragion di stato, elaborata dal gesuita Giovanni Boterò, consigliere di
Carlo Borromeo, cardinale
sterminatore di protestanti
della Valtellina (Sacro macello) che spinge i sovrani di
Russia, Prussia e Austria a
un’azione coordinata di repressione dei diritti di cittadini e popoli. La Santa Alleanza riuscirà a reprimere i moti
del 1821 e del 1830, non
quelli del 1848. La rivoluzione del ’48 aprirà la porta ai
nazionalismi che caratterizzeranno la seconda parte del secolo.
Peyrot ha anche delineato
alcune figure. Per quanto riguarda la storia valdese occorre ricordarne almeno due:
Re Carlo Alberto di Savoia
Carignano, a noi noto per la
tolleranza concessaci con le
«Lettere Patenti» del 17 febbraio 1848; più che festeggiare tale evento, dovremmo ricordare i martiri per la libertà
della predicazione evangelica, tanto più che il moderatore Revel, in una lettera custodita negli archivi della Tavola, definì l’espressione albertina «culti vigenti tollerati secondo la legge» una deprecabile riserva.
«Libera chiesa in libero
stato» è la nota formula di
Camillo Benso conte di Cavour: come è noto tale espressione venne coniata dal
teologo protestante Alexandre Vinet; Cavour, benché
laico, si guardò bene dal
menzionare il pastore svizzero, figlio del protestantesimo
liberale.
11 secolo XIX finisce con il
mito del progresso (la «belle
époque») e la tragedia della
prima guerra mondiale. A
questo proposito ci sovviene
una splendida pagina del teologo Paul Tillich che, cappel
lano militare sul fronte della
Marna, di fronte alla guerra
di trincea e all’inutile massacro conseguente all’uso dei
gas, confessa il peccato del
secolo: ottimismo antropologico e scarsa coscienza biblica del peccato.
I rapporti stato-chiesa, anche in regime di separazione,
ha ricordato Peyrot, sono
sempre stati pensati solo in
rapporto alla Chiesa cattolica.
Il separatismo in realtà non
ha funzionato, è sfociato nell’
agnosticismo o addirittura
nell’ateismo di stato.
La Chiesa cattolica d’altro
canto non è stata marginalizzata; si pensi alla legge Casati sull’istruzione pubblica che
garantiva l’insegnamento della religione cattolica nelle
scuole pubbliche. La libertà
dei culti ammessi nel Regno
è un esercizio riconosciuto
non da una legge del Regno,
ma da un ordine del giorno
del marzo 1871 (Pasquale
Stanislao Mancini) in occasione della famosa legge delle guarentige. In questo quadro giurisdizionalista è significativo il discorso di Giolitti
alla Camera (30 maggio
1904): «Il principio nostro è
questo, che lo Stato e la
Chiesa sono due parallele che
non si debbono incontrare
mai. Guai alla chiesa il giorno che volesse invadere i poteri dello stato! Libertà per
tutti entro i limiti della legge,
questo è il nostro programma».
Un breve excursus sull’ordinamento valdese ha permesso a Giorgio Peyrot di ricordare la sua tesi: sono gli
avvenimenti del 1560-61 che
permettono di cogliere anche
per il presente la caratteristica della presenza valdese nello stato. I valdesi ricordano a
Emanuele Filiberto che ubbidiscono agli editti regi «fin
dove la coscienza glielo permetterà»: per il resto «occorre obbedire a Dio, anziché
agli uomini» (Atti 5, 29).
II dibattito è stato ricco di
spunti: dalla Rivoluzione
francese e la sua eredità (Cabella) al liberalismo di Gladstone (Donini) aH’importanza
del protestantesimo italiano
(Rostan) e nordamericano
(Bouchard), al richiamo a
Marsilio da Padova (Gönnet);
si è voluto sottolineare la
complessità culturale del
mondo moderno, nel quale
come protestanti siamo pienamente inseriti.
I credenti e la politica in una fase storica di difficile decifrazione
Una «presa dì responsabilità»
che deve iniziare dai sìngoli
Torre Pellice, 19 agosto: convegno su protestantesimo e politica
Perché come protestanti
non possiamo non dirci moderni
_______MARCO ROSTAN________
arà difficile che nel
futuro ci capiti di vedere, come Hegel, in un Napoleone sul suo cavallo bianco, l’incarnazione dello Spirito della storia universale», ha
detto Giorgio Bouchard introducendo la seconda parte
del Convegno, viva e interessante come succede di rado,
per l’appassionato racconto
fatto da Sergio Aquilante e
per la lucidità con cui Biagio
De Giovanni ha posto le vere
questioni politiche dell’oggi
(dopo che, proprio in questi
giorni, aveva risposto da par
suo e, se ce lo consente, da
protestante, all’indegna appropriazione fatta dal papa
della tradizione puritana
americana per usarla, dopo
averla condita in salsa vaticana, contro il mondo moderno
e dunque, tanto per cambiare,
contro il protestantesimo).
Non ci saranno altri napoleoni, personaggi, partiti, avvenimenti che possano rivestire per la nostra generazione il significato di altri momenti per altre generazioni:
dal 1917 al 1922, al 1945 e
via via avanti, con il Vietnam, la Cina... Né i protestanti potranno più guardare
allo stato e ai suoi vertici come espressioni dell’autocoscienza collettiva. In altre parole, ha detto De Giovanni, è
profondamente oscurato il
senso della storia, che avevamo creduto di capire perché
il contrasto del secolo che si
chiude era chiaro, era generalizzato, dava senso e significato al collocarsi e all’operare quotidiano dei singoli e dei
collettivi.
Appena ora cominciamo a
renderci conto della straordinarietà sconvolgente di ciò
che è successo nel 1989-91
con il crollo dei socialismi
reali. Una somma di mutamenti ben più generali del
fatto politico, al punto che le
stesse parole della politica
vanno riformulate.
Non siamo come scalatori
che, magari pur non riuscendo a raggiunprla, intravedono la meta: siamo su una zattera in balia delle onde, è stato detto citando Bobbio. Lo si
vede in Italia dove un intero
ceto politico, con il sistema
che aveva costruito, sta crollando senza che alcun movimento di massa o nuova classe dirigente se ne possa assumere il merito; ma lo vediamo nel mondo occidentale,
che pensava di avere finalmente vinto la battaglia contro l’Est e che si trova sconvolto nel suo stesso campo
perché, come è stato osservato, è il sistema industriale e
di sviluppo di questo secolo
che crolla, quel sistema nel
quale capitalismo e socialismo si sono dati la mano pur
combattendosi aspramente.
E così De Giovanni non ha
sottovalutato la pesante responsabilità della sinistra e
del Pei, pur con ruoli ben diversi dai partiti di governo,
nel tenere in piedi quel sistema consociativo che dava a
ciascuno i suoi vantaggi e i
suoi poteri. D’altra parte,
proprio quella sicurezza di
percorso, di ruoli prestabiliti,
non costituiva anche una «deresponsabilizzazione» delle
persone? si è chiesto De Giovanni.
E allora forse, nella grande
incertezza che vediamo intorno e davanti, c’è anche la
permessa per una nuova
«presa di responsabilità» prj.
ma di tutto «individuale», più
decisiva dei programmi e degli schieramenti, anche a sinistra.
E c’è una possibilità per i
protestanti, per le chiese, per
i singoli, per la nostra diaconia di spendersi a fondo in
questa ricostruzione dell’ Italia e delle coscienze: vari interventi lo hanno detto, indicando anche dei contenuti.
In questo quadro le parole
di Aquilante sulla sua formazione di credente e di militante comunista nelle terre
della Maiella, e il suo appello
a ritrovare, ancora oggi e nonostante tutto, il gusto per la
partecipazione, la passione
per la giustizia, la speranza
per un’Italia nuova e l’impegno quotidiano per i tanti piccoli mattoni di questa costruzione, hanno avuto un’efficace collocazione.
Così come il dibattito, tutto
teso a proseguire la riflessione sui problemi posti dagli
oratori: primo fra tutti l’interrogativo su come sia possibile, in Italia, non solo costruire una vera democrazia
dell’alternanza, ma ricostruire uno stato di diritto dopo
«questo» stato sociale-assistenziale, che certo oggi registra ai massimi vertici dei
partiti governativi e deH’industria le nefandezze del passato, ma che è anche stato un
sistema di vita, un modo di
pensare e di stare tranquilli
nella propria nicchia, con le
poche briciole di benessere
conquistato, che è penetrato
profondamente in tante famiglie italiane, a volte anche in
quelle protestanti. Questo occorre cambiare.
La sessione pomeridiana dei convegno ha visto ia partecipazione di Biagio De Giovanni e di Sergio
Aquiiante, con ii coordinamento di Giorgio Bouchard
Le
Bohhoeffer
7
Lettere
a un amico
Sono disponibili ancora aicune copie delle Lettere a un
amico che Dietrich Bonhoeffer scrisse dal carcere
all’amico Bethge tra il noven
bre del 1943 e l’agosto de.
1944, dopo essere stato arrestato dalla Gestapo.
‘r ■ fi . . 'i
Le Lettere costituiscono,'
una sintesi del pensiero teo- '
logico cH Bonhoetfer. Uedlalo-.
ne in questione é queffa di
Borr^iani, ctie può é^re richiesta alla libreria Claudiana
di Torino (tei. 011/6692458).
il prezzo ò di £ 10000 oohE
prensivo della spedizione. - ■
15-16-17 ottobre - Trieste:
L’Associazione laica di cultura
biblica «Biblia» organizza un
convegno intemazionale di studi sul tema II teatro e la Bibbia, a cui partecipano biblisti,
storici del teatro e della letteratura, fra cui Luis Alonso
Schòkel, Federico Doglio, Timothy Verdon, Julio Alonso
Asenjo, Madeleine Lezard,
Orazio Costa Giovangigli, Cecilia Pietropaoli.
Per informazioni: «Biblia»,
via A. da Settimello 129,
50040 Settimello (Firenze).
Tel. 055-8825055, fax 0558824704.
13
\/RNERDÌ 27 AGOSTO 1993
PAG. 9 RIFORMA
Cambridge, 26-30 luglio: un convegno internazionale di studi sul metodismo
La predicazione radicata nella società:
il metodismo e il suo ambiente culturale
GIORGIO SPINI
Nella prestigiosa città universitaria di Cambridge,
si è svolto dal 26 al 30 luglio
scorsi un convegno di studi
su II metodismo e il suo ambiente culturale, promosso
dalla Società storica metodista mondiale (World Methodist Histórica! Society Wmhs) e dalla Società storica Wesley (Wesley Historical
Society - Whs) britannica.
Era presente circa un centinaio di partecipanti: ovviamente britannici e americani
erano in maggioranza, ma
tutti i cinque continenti erano
rappresentati in qualche modo nel convegno. Si è avuto
dunque uno specchio sintomatico del carattere mondiale
assunto dal metodismo specie
in questo secolo. Sensibile in
particolare è stata la presenza
di paesi dell’Asia (Giappone,
Corea, India, Singapore) e
dell’Europa occidentale
(Francia, Germania, Italia,
Svizzera^ Dal nostro paese
erano intervenuti Febe Rossi,
vicepresidente del Whms e
rappresentante del metodismo italiano in tale organismo, Giorgio Spini e Giorgio
Vola dell’Università di Firenze.
Sono state al centro della
prima giornata di lavori le
analisi di scritti dei fratelli
Wesley, condotte con vigore
filologico esemplare dall’americano R. P. Heitzensater,
professore alla Duke University (S. Carolina) e dall’inglese J. R. Watson, professore all’Università di Durham,
specie riguardo al Journal di
John Wesley il primo e
all’innografia di Charles Wesley il secondo.
Nella seconda giornata si è
passati alla delineazione di
vicende metodiste in determinati paesi: per esempio, il pastore H. Ritsbek ha rievocato
la resistenza eroica dei metodisti dell’Estonia, in più casi
fino al martirio, alle persecuzioni del regime comunista;
Febe Rossi ha narrato, con
John Wesley
commoventi parole, dell’opera metodista wesleiana in zone dell’Italia come la Calabria, la Lucania e Omegna.
Pure in questa giornata Giorgio Spini ha svolto una relazione sui rapporti degli evangelici britannici con il Risorgimento italiano. Altre relazioni hanno messo a fuoco
l’opera metodista rispetto a
problemi sociali come la condizione femminile e il razzismo.
Si è continuato poi su una
tematica affine anche nella
terza giornata: per esempio
con la trattazione del metodismo nel contesto asiatico fatta dall’insegnante giapponese
Nomura e dal pastore indiano
Christian. Nell’ultima giornata invece si è trattato di metodismo britannico del primo
Ottocento: per esempio, con
la relazione dell’inglese dr. J.
Vickers intorno alle strutture
circuitali di allora, dalla quale emergeva come i wesleiani
riuscissero a «saturare» di
predicazione un’area circuitale, cioè a avere riunioni in
una quantità imponente di
luoghi ogni domenica, pur disponendo di un numero minimo di ministri, grazie a un
impiego razionale dei predicatori laici: una tematica sulla quale metodisti e valdesi
italiani farebbero molto bene
a informarsi e a riflettere più
di quanto non abbiano fatto
finora, vista l’attualità di certi
problemi anche nell’Italia di
oggi
I lavori si sono svolti in
una chiesa metodista la Wesley Church, della città ma il
convengo ha avuto base operativa in un’istituzione accademica riformata - Westminster College - cioè collegata
a quella unione di chiese congregazionaliste e presbiteriane che è l’equivalente inglese
della compagine valdese
dell’Italia: un fatto che poteva apparire quasi un simbolo
a un osservatore italiano. A
osservatori italiani, inoltre,
non poteva sfuggire il fatto
che l’innegabile successo del
convegno è stato dovuto ài
talenti della segreteria organizzativa, formata dal pastore
Tim Maquiban del Wesley
College di Bristol, e dal suo
collega C. Smith, e che appunto Maquiban è stato in
Italia qualche anno fa per il
convegno storico metodista
di Roma.
Un’esperienza indimenticabile è stata anche la visita che
i partecipanti al convegno
hanno effettuato di una grande istituzione educativa metodista, la Leys School. E un
complesso imponente di edifici, che al tempo stesso è
una scuola preuniversitaria
per giovani dai 14 ai 18 anni
e un collegio di alta qualificazione come le Public
Schools più famose, il quale
accoglie 400 allievi ogni anno, sia inglesi che di altre nazionalità. Il cuore dell’istituzione è una cappella di dimensioni grandiose addirittura, ove si svolgono i culti domenicali. Quindi si tratta di
una scuola inequivocabil
mente evangelica, ma anche
così chiaramente liberale e
per nulla clericale da poter
essere scelta anche da allievi
ebrei, musulmani, o comunque non evangelici. Da noi,
istituzioni analoghe servono
solo alle famiglie ricche per
far avere la maturità a figli
troppo svogliati o troppo zucconi per conseguirla in una
scuola di stato. Qui le Public
Schools, come la Leys
School metodista, hanno lo
scopo dichiarato di educare
moralmente e temprare nel
carattere i ragazzi.
Tutti ricordiamo un famoso
film di Hollywood su Mr.
Chips (sig. «patatine fritte»);
un mite vecchio docente di
un college inglese, la cui influenza educativa forma però
generazioni mtere di giovani
alla rettitudine, al coraggio,
al senso del dovere. Ebbene,
mr. Chips è vissuto davvero e
era un professore di questa
scuola metodista: si chiamava in realtà W. H. Balgamie;
insegnava latino e greco, è
morto nel 1956. Lo scrittore
James Hilton, che era stato
anch’egli allievo di Leys
School, si ispirò ai suoi ricordi di ragazzo nella stesura del
copione del film.
A un italiano viene da pensare che se l’Inghilterra ce
l’ha fatta a sopravvivere senza spezzarsi alle tempeste di
due guerre mondiali e non
presenta spettacoli deprimenti come quello della vita pubblica italiana, lo si deve in
tanta parte ai «mr. Chips»
che ne hanno educato le classi dirigenti. Però viene pure
da domandarsi: quando si decideranno coloro che in Italia
tuonano sulle riforme da introdursi nella scuola a dare
un’occhiata a certe realtà inglesi? A meno che, si intende, non ci sia di fatto un bel
divieto ideologico, da parte
di un qualche Santo Uffizio.
E proprio un caso che in Italia mai, assolutamente mai, è
stato lasciato trapelare che
mr. Chips era - ohibò - un
metodista?
La città spagnola meta di un pellegrinaggio immaginario nel film «La Via Lattea)
Santiago de Compostela secondo Bunuel
_______ALBERTO CORSAMI______
Nella prima quindicina di
agosto si è svolta a Santiago de Compostela la quinta
assemblea mondiale di «Fede
e Costituzione», commissione
teologica del Consiglio ecumenico delle chiese. Il luogo
è evocativo, sede di pellegrinaggi e di devozione, e è stato fra i «protagonisti» di una
famosa pellicola cinematografica. Nel 1969 esce infatti
La via lattea, uno dei film più
complessi e più sconvolgenti
di Luis Buñuel: un pellegrinaggio, reale e al tempo stesso metaforico, attraverso secoli di cristianesimo ufficiale
ed «eresie» del più vario genere.
Così si parla di transustanziazione (in una locanda, dialogo esilarante tra un brigadiere, l’oste e un prete che
poi si rivela un mitomane), si
incontra un gruppo si seguaci
del montañismo, si incontra il
marchese De Sade, si parla di
hinità e di nestorianesimo (il
dialogo avviene fra maître
Richard, direttore di un ristorante di lusso, la governante e
i camerieri), si assiste al duello, a colpi di argomentazioni
dialettiche e contemporaneamente di spada, fra un gesuita
e un giansenista.
Spicca poi l’episodio del
tribunale dell’inquisizione,
che condanna due eretici e ribadisce l’ortodossia anche nei
confronti del giovane monaco
che del tribunale fa parte e si
pone qualche domanda angosciosa. In particolare, alla sua
domanda circa il trattamento
crudele riservato agli eretici,
viene risposto che non la
chiesa, ma il «braccio secolare» dello stato si incarica
dell’esecuzione, al fine di tutelare l’ordine pubblico.
Gli episodi sono tappe del
cammino di Pierre e Jean,
due poveracci che da Parigi
sono diretti a Santiago de
Compostela e, proprio all’inizio del film, una carta geografica segue il percorso del
pellegrinaggio, mentre una
voce fuori campo descrive la
città-mèta: «Dall’XI secolo
dopo Cristo e durante tutto il
Medioevo, la città di Santiago di Compostela, in Spagna,
fu meta di un imponente pellegrinaggio la cui tradizione
è viva ancor oggi. Allora, più
di cinquecentomila pellegrini
si mettevano ogni anno in
viaggio, a piedi, verso Santiago. Venivano da ogni parte
d'Europa. Si recavano in
Spagna per rendere omaggio
alla tomba dell’ apostolo San
Giacomo. Alla fine del XVI
secolo, mentre le guerre di
religione ostacolavano seriamente il pellegrinaggio, il vescovo di Santiago fece nascondere le spoglie dell’Apostolo per proteggerle, l sacri
resti furono scoperti per caso
soltanto verso la fine del XIX
secolo».
E più avanti: «La Chiesa
esitò a lungo prima di riconoscere r autenticità delle spoglie... Secondo la leggenda
era stata una stella, nel VI secolo dopo Cristo, a indicare
Iniziative culturali nel 500° della nascita
Paracelso, cristiano
non schierato
Nel quinto centenario della
nascita di Paracelso (nato in
Svizzera il 10 novembre
1493), fioriscono nei paesi di
cultura germanica biografie e
rivisitazioni di questa interessante personalità del Rinascimento.
Philipp Theophrast Bombast
von Hohenheim, soprannominato Paracelso, fu famoso ai
suoi tempi soprattutto come
medico e naturalista. Partendo
dall’alchimia medievale diede
nuovi orientamenti alla medicina e alla farmacologia, abbandonando le concezioni scolastiche e sostenendo la specificità delle malattie e dei loro
rimedi. Egli poneva alla base
della scienza medica la sperimentazione e la riflessione e
contribuì a indirizzare la farmacologia verso la chimica.
In un ponderoso volume di
470 pagine Pirmin Meier {Paracelsus - Arzt und Prophet,
Ammann Verlag, Zurigo 1993)
ne mette in evidenza anche il
pensiero teologico e l’atteggiamento da umanista, con venature panteistiche, nei confronti
dello scontro m atto fra cattoli
cesimo e protestantesimo. Paracelso rimase cattolico, ma fu
critico anche nei confronti della sua chiesa, particolarmente
verso l’istituzione e la forma
esteriore: «Il tempio si trova
nei cuori e non nelle mura, il
vero ornamento si trova nella
fede, non nei paramenti sacri,
l’altare e le benedizioni sono
nell’amore e nell’agire». Egli
era contrario ad ogni violen a
e aborriva la guerra e la pena
di morte. Gli scontri fra protestanti e cattolici, che sfociavano in persecuzioni sanguinose
e in guerre vere e proprie, li
considerava pazzie di un’epoca che trascinava gli uni e gli
altri dalla parte del torto.
Moderna la sua concezione
di Dio che non solo riassume
in sé la divinità e l’umanità,
ma comprende tanto il maschile quanto il femminile: anche
se alcune sue idee sarebbero
troppo audaci perfino per la
teologia cattolica più marcatamente mariana, come l’affermazione che Maria è in Dio la
persona senza potere, il che
sembra preludere ad un allargamento della Trinità.
ad alcuni pastori il luogo in
cui era sepolto il corpo di
San Giacomo: da questo fatto
deriva il nome di Compostela, Campus Stella, il campo
della stella. In molte lingue
occidentali la Via Lattea si
chiama anche “la strada di
San Giacomo” ».{L. Bunuel:
Sette film. Torino, Einaudi,
1974, p. 325).
Molte sono state le interpretazioni di questo e degli
altri film di Bunuel: la chiave
della Via lattea sembra risiedere nel lavoro di analisi che
il regista fa sui modi in cui si
formano, si fortificano, si
propagandano le convinzioni
i «credo» le certezze. A lui
tutto questo interessava, ovviamente, per mettere in discussione e anche alla berlina
(le discussioni teologiche avvengono nei luoghi più improbabili) le certezze stesse:
questo spiega la costruzione
di tutto un film sulla traccia
di una ricca, se pure forzatamente incompleta, serie di
eresie.
Un seminario su )an Hus
Nel prossimo settembre si terrà al Centro di formazione
evangelica della città di Bayreuth, in Baviera, un seminario
sul riformatore ceco Jan Hus, con la partecipazione di studiosi
boemi, polacchi, italiani, svizzeri e tedeschi.
Jan Hus, nato a Husinec, in Boemia, nel 1370, teologo e rettore dell’Università di Praga, fu bruciato come eretico nel
1415 al Concilio di Costanza, dove era stato invitato ad esporre le sue idee, protetto dal salvacondotto imperiale. Le sue
idee riformatrici e il suo zelo rinnovatore ne fanno una delle
figure più importanti del cristianesimo mitteleuropeo. Ancora
oggi il modo indegno e subdolo con cui fu attirato a Costanza,
processato e ucciso, pesa sulla coscienza della gerarchia cattolica: lo stesso Giovanni Paolo II sembra incline a vedere Hus
sotto una nuova luce. In un incontro preparatorio il nuovo presidente delle Conferenze episcopali europee, l’arcivescovo di
Praga Miloslav Vlk che ha assicurato la sua presenza a Bayreuth, ha affermato che Rincontro sarà di grande importanza e
non solo per la Chiesa cattolica. Già si parla da diverse parti
di una riabilitazione del teologo e martire boemo.
Liibri
Il pensiero di Eraclito
Feltrinelli propone il testo greco, con traduzione a fronte e
note, dei 125 frammenti del perì physeos di Eraclito*, un’opera
utile anche al lettore non specialista che voglia rendersi conto
del pensiero di uno dei più grandi filosofi dell’antica Grecia.
Di Eraclito si ricorda con superficialità distratta il convincimento che il conflitto è «padre di tutte le cose»; meno nota è la
sua identificazione della fede (pistis) con la speranza (élpis) come «stato di coscienza capace di evocare l’epifania del divino»
(p. 195). «Se non speri l’insperabile, non lo scoprirai perché è
chiuso alla ricerca e ad esso non conduce nessuna strada» (fr.
125). Come osserva il commentatore, «La speranza può generare l’incontro con l’oggetto della ricerca (...) “Apistin” (la
mancanza di fede) ostacola qualsiasi contatto tra l’uomo e
l’essenza divina dentro e fuori di lui» (p. 200).
Si tratta di affermazioni che, sia pure da notevoli e forse incolmabili distanze, richiamano analoghe esigenze cristiane.
L’Evangelo, identificando speranza con fede come condizione
al contatto con il divino («la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono». Ebrei 11, 1)
indica la strada all’«insperabile» in Cristo, (p.a.)
(*) Eraclito: Dell’origine, a cura di Angelo Tonelli. Milano, Feltrinelli, 1993, pp 215, £ 15.000.
PROTESTANTESIMO
RIVISTA TRIMESTRALE
PUBBLICATA DALLA FACOLTÀ VALDESE DI TEOLOGIA
VIA P. COSSA 42 - 00193 ROMA - FAX: 06/3201040
ANNO 48,1993-N. 3 '
C. Girardet, Il primo evangelo scritto. M. C. Laurenzi, Lirìgua^io,
soggetto, laicità. A. Cassano, Verità ed eimeneutlca in Macquarrie e
Pareyson. Studi critici: R. Ciappa, Gesù storico e biblico. Rassegne: S.
Rostagno, Coerenza e discontinuità del discorso Nblico. Incontri: Paul
Ricoeur. Recensioni.
14
PAG. 10 RIFORMA
VENERDÌ 27 AGOSTO 1993
^mt
A proposito dei matrimoni interconfessionali dopo il caso di Torino
Indissolubile? Cerchiamo di spiegarci
_______ALFREDO SONELLI________
Lascia veramente perplessi quanto è avvenuto a
Torino e riferito su «Riforma» (n. 28 del 16 luglio
1993, p.3) dove la Curia vescovile ha rifiutato la dispensa dalla forma canonica a una
coppia interconfessionale
perché (a quanto è dato di capire) la sposa valdese si è rifiutata di riconoscere formalmente il carattere di indissolubilità che la Chiesa cattolica attribuisce al matrimonio
come tale e, in particolare, a
quello fra battezzati che essa
considera «sacramento». La
cosa stupisce, tanto più che
proprio l’8 luglio la Commissione mista della Cei e
del Sinodo valdese firmava il
testo comune di studio e di
proposta per un indirizzo pastorale dei matrimoni interconfessionali che verrà sottoposto all’esame del Sinodo
valdese nella prossima sessione e alla Conferenza episcopale italiana. Il fatto denunciato da «Riforma» dimostra quanto sia necessario
chiarire le idee a proposito di
matrimoni interconfessionali.
Anzitutto, quando esiste un
matrimonio interconfessionale? Generalmente si pensa
che questo avvenga quando
gli sposi sono di confessione
cristiana diversa. Questo concetto va precisato, perché è in
se stesso insufficiente. Due
sposi originariamente di confessione diversa possono regolarsi in modi diversi. Possono celebrare il loro matrimonio civilmente senza interessare le chiese di loro provenienza. In questo caso il loro matrimonio è riconosciuto
in ambito protestante, ma è
considerato inesistente per la
Chiesa cattolica.
Possono anche celebrare il
loro matrimonio secondo la
disciplina di una delle due
chiese, rifiutandosi di interpellare l’altra. Qui gli effetti
sono diversi: se si sposano
nella Chiesa cattolica, il loro
matrimonio è riconosciuto
anche dalla Chiesa valdese;
al contrario, se si sposano
nella Chiesa valdese il loro
matrimonio non è riconosciuto dalla Chiesa cattolica.
Concludendo, esiste un
Poggio Libertini
La chiesa di
fronte a Israele
La chiesa di fronte a Israele è il tema del VI incontro
tra Fratelli, valdesi e metodisti, che si svolgerà a Poggio
libertini (Fi) tra il 24 e il 26
settembre prossimi per l’organizzazione del Comitato
promotore iniziative evangeliche. Sono previste relazioni
di Corrado Primavera e Rinaldo Diprose, insegnanti di
storia del cristianesimo e di
Nuovo Testamento all’Istituto biblico evangelico (Ibei) di
Roma, Domenico Maselli,
Daniele Garrone, Bruno Corsani.
Il precedente incontro organizzato dal comitato si era tenuto nel 1991 a Ecumene e
aveva avuto come tema i Diversi approcci al problema
teologia.
Per informazioni: Nicola
Picciani, via Colonnetta 80 66013 Chieti scalo. Tel.
0871-563378. Altri numeri di
riferimento: Gino Conte
(055-2477800), Gianluca
Barbanotti (055-212576).
La chiesa di lingua italiana a Zurigo
Un centro di
comunione fraterna
CARLO GAY
La famiglia felice. Da una stampa di un giornale protestante del 1850
matrimonio interconfessionale soltanto quando entrambi
gli sposi vogliono avere il riconoscimento da parte di tutte e due le chiese. Soltanto in
questo caso si ha un discorso
ecumenico che suppone la
conoscenza e il rispetto delle
esigenze delle due chiese.
Chiesa cattolica e Chiesa valdese (intendendo sempre con
questo nome l’Unione delle
chiese valdesi e metodiste in
Italia) hanno alcune cose in
comune e si differenziano per
altre. Hanno in comune il riconoscimento del matrimonio
come istituzione riferita alla
«creazione». Il testo comune
(1.2. all’inizio) afferma: «La
coppia umana è creazione di
Dio. Dio ha formato l’uomo e
la donna, ciascuno in vista
dell’altro. È questo il fatto
fondamentale, voluto da Dio,
che caratterizza il matrimonio, cioè l’unione della coppia nel vincolo di amore coniugale...». Le due chiese
hanno in comune, sia pure
con interpretazioni diverse, il
fatto che il matrimonio fra
credenti ha aspetti propri. La
Chiesa cattolica considera il
matrimonio fra battezzati come sacramento; la Chiesa
valdese non ritiene che ci sia
un matrimonio cristiano, ma
afferma che c’è un modo cristiano di vivere il matrimonio
e questo avviene quando gli
sposi sono credenti.
La Chiesa cattolica e la
Chiesa valdese concordano
anche su un altro fatto, benché anche qui l’interpretazione sia diversa, cioè sulla durata del vincolo matrimoniale. La Chiesa valdese (DM, n.
9) afferma che «i credenti ricevono come dono di Dio la
realtà dell’unione coniugale
chiamata a durare per il tempo della vita terrena». Si tratta di un dono di Dio, perciò
la sua realizzazione dipende
da come gli sposi vivono la
promessa del Signore, in preghiera e in fedeltà alla sua
parola. Da questo deriva anche il fatto che, da una parte,
«di fronte al modo cristiano
di vivere il matrimonio
l’eventualità del divorzio non
si pone» (DM, n. 57), ma
d’altra parte deriva anche il
fatto che «una crisi può tuttavia sfociare nella situazione
limite di rottura insanabile
dell’unione. In tal caso può
darsi che l’unione non dipenda più dalla libera risposta
dei credenti alla loro particolare vocazione, e diventi un
impedimento a servire il Signore. Non è quindi possibile
che ai credenti in tale situa
zione sia chiesta in nome
dell’Evangelo la rinuncia al
divorzio» (DM, n. 59).
La Chiesa cattolica afferma
l’oggettiva impossibilità di
sciogliere il vincolo matrimoniale quando esso sia stato
validamente contratto, cioè
sia avvenuto secondo le norme che la chiesa stessa ritiene di poter stabilire per la validità dei suoi sacramenti.
Perciò abbiamo in questo caso una indissolubilità oggettiva, sacramentale, dalla quale
neppure la gerarchia può dispensare. Il testo comune
(2.2. 3° comma) afferma:
«Secondo la Chiesa cattolica
il patto d’amore coniugale,
configurato da Dio nella
creazione ed elevato nella fede a significare e attuare il
mistero dell’amore di Cristo,
esige come conseguenza l’indissolubilità la quale comporta tra i contraenti il vincolo
dell’amore reciproco nel dono perpetuo della vita. Non è
quindi ammesso il diritto al
divorzio, né sono possibili le
seconde nozze conseguenti
ad esso».(Cfr. Cjc. cann.
1056, 1141). Questo spiega
anche il rigore con il quale la
Conferenza episcopale italiana esige la garanzia dello
«stato libero» di entrambi gli
sposi, specialmente nei casi
di matrimoni interconfessionali.
È importante che questo sia
ben compreso anche da parte
protestante in occasione di un
matrimonio interconfessionale. Anche la parte protestante
deve sapere che per la parte
cattolica esiste questa norma
che vale anche quando sia
data la dispensa dalla forma
canonica del matrimonio,
quando cioè possa essere celebrato secondo la liturgia
della nostra chiesa, oppure
possa avvenire civilmente.
Non è chiesto che la Chiesa
valdese riconosca il principio
cattolico della indissolubilità
del matrimonio, ma che sia
tenuta presente l’esigenza
della Chiesa cattolica.
Nel caso riferito da «Riforma» probabilmente è avvenuto un equivoco: il funzionario
della Curia vescovile di Torino avrà preteso che la parte
valdese accettasse come principio valido anche per lei
l’indissolubilità del matrimonio, mentre era sufficiente
che riconoscesse che l’indissolubilità era un’esigenza di
principio cattolica.
È necessario, tuttavia, tener
contro dei possibili effetti di
tutto questo. Se tutto va bene,
non c’è problema ma in caso
di crisi ci potrebbero essere
conseguenze pesanti. In caso
di divorzio accadrebbe questo: la parte protestante potrebbe divorziare e anche
passare a seconde nozze, ma
la parte cattolica resterebbe
vincolata; anche se celebrasse civilmente un nuovo matrimonio per la sua chiesa
questo non sarebbe riconosciuto, con la conseguente
sua interdizione dai sacramenti.
È possibile anche un altro
tipo di conseguenze negative:
quello derivante dall’istituto
giuridico cattolico della dichiarazione di nullità (il cosiddetto «annullamento del
matrimonio»). Questo può
avvenire se al momento della
celebrazione del matrimonio
esistono alcuni degli impedimenti dirimenti: per esempio,
se uno dei due o entrambi,
con atto positivo della loro
volontà escludano, nel momento della celebrazione,
l’indissolubilità del matrimonio o la procreazione quale
elemento essenziale del matrimonio (Cjc can.llOl § 2).
Certamente si tratta di ipotesi
che molto raramente avvengono, ma che devono essere
conosciute per comprendere
la reale portata delle differenze e delle esigenze in ambito
ecumenico.
E molto importante che il
problema dei matrimoni interconfessionali venga vissuto da entrambe le comunità
degli sposi. (Questo può non
soltanto facilitare la serenità
delle coppie interconfessionali ma anche dare slancio al
movimento ecumenico come
tale. I cambiamenti che possono portare al superamento
di barriere tradizionali richiedono l’impegno costante e
pieno di speranza della base
dei credenti: questo nella
Chiesa cattolica ma anche
nelle nostre chiese, nelle quali molti cambiamenti sono
avvenuti proprio in seguito
alla costanza e alla speranza
di molti credenti che hanno
con pazienza richiamato le
comunità a una fedeltà dinamica al Signore nel quadro
delle situazioni nuove entro
le quali le chiese vivono e devono dare la loro testimonianza. Se si confida nell’
azione dello Spirito, si è attenti non soltanto alle difficoltà di cui si deve portare il
peso ma anche al vivo flusso
di rinnovamenti che lo Spirito suscita anche all’interno
delle diverse comunità di credenti e che costituisce l’ecumenismo in cammino.
Zurigo. I week-end svuotano le città, ma in quel
vuoto emergono persone e
ricordi. La zona è stata chiamata il quartiere degli italiani: edili e idraulici vi hanno
creato le loro piccole e medie aziende, i loro nomi di
immigrati bergamaschi, veneti, emiliani ormai integrati
e segnati dall’acquisita cittadinanza svizzera ci ricordano le baracche degli operai
del Gottardo e del Sempione.
Leggiamo «Missione cattolica italiana»: il tentativo
di non perdere quei benedetti «italiani» sempre un po’
guelfi e/o ghibellini, impedirne la protestantizzazione.
Altrove leggiamo «Croix
bleue», «Heilsarmee» e i nomi di tutte le varie comunità
settarie o meno. Incontriamo
gli evangelici, che entrano o
escono dalla loro chiesa centrale, mentre di sabato vediamo numerose famiglie con il
padre dal cappello a larghe
falde, signore e figli con il
tipico copricapo: siamo nel
quartiere ebraico. A Zurigo
vi sono quattro sinagoghe.
Ebrei ortodossi e liberali,
scampati all’Olocausto, o famiglie già svizzere da generazioni?
La terra svizzera si rivela
terra di rifugio per motivi di
violenza razziale, di diversità di religione, di fede, di
politica. Come Londra, Zurigo fu rifugio di dissidenti
anarchici o monarchici, russi, polacchi, italiani, ecc.,
tenda abbastanza grande per
accogliere lo straniero, abbastanza piccola per accoglierli
tutti. Per ugonotti e valdesi
durante le guerre religiose fu
terra di arrivo e di partenza
per il Wiirttenberg, per il
Brandeburgo, per l’Inghilterra, l’Africa del Sud.
Notiamo, nella Helvetianplatz, un modesto monumento: un uomo, una donna,
un bambino con molte valige in mano. E il monumento
dell’operaio, dell’emigrante
dai vari cantoni e dall’Europa, che in Zurigo hanno vissuto i giorni delle rivendicazioni operaie: un socialismo
che ha conquistato i suoi diritti civili, i diritti delle donne, i diritti del bambino.
Neanche la Svizzera è
esente dalle lotte per resistenza. Come a Londra, come a Berlino, come a New
York, gli svizzeri non ebbero vita facile per arginare,
con una democrazia paziente
e tenace, la potenza del capi
talismo. È giusto ricordare
che uomini come Leonard
Ragaz e altri pastori unirono
la loro voce contro le proteste di banchieri e economisti
non alieni a una politica unicamente protettiva degli interessi immediati. Ricorderò
sempre la risposta di un muratore toscano: «Qui ti pagano secondo il contratto»;
non è poco. Molti italiani ricordano con gratitudine la
nazione che li trattò con
umanità e giustizia nel loro
lavoro.
Ma come nacquero le piccole comunità evangeliche
di lingua italiana? Esse sono
molte e piccole, molte sono
«famiglie» abruzzesi, pugliesi, siciliane evangeliche
partite da casa 30, 20, 15 anni or sono alla ricerca di un
lavoro. Pentecostali, battisti,
avventisti, fratelli: a loro le
comunità riformate aprirono
le loro chiese, le sale, le case.
Quasi tutte oggi sono interdenominazionali, come in
Germania. Ecumeniche sì,
ma diffidenti verso imposizioni o verso ogni tipo di intolleranza. Centri di comunione fraterna che in una decina di anni, mediante l’uso
delle scuole, delle università,
mediante matrimoni sarebbero logicamente portati a
un’integrazione nelle chiese
locali.
Eppure non sarà così, e
molte sono le motivazioni:
l’onda lunga della riconoscenza verso i loro pastori
(gli anziani, cuneesi o meridionali, ricordano l’umanità
del pastore Alberto Fuhrmann, un siciliano di Francofonte mi ha descritto un
Elio Eynard che lo aiutava a
capire le difficoltà «culturali» di chi non capisce la lingua e i costumi altrui).
Giovanna Pons, Emidio
Campi, Christian Gysin sono
stimati, oltre che per le loro
qualità di comunicazione
fraterna, per la loro cultura
scientifica, storica, teologica. L’innato amore per la varietà delle lingue e delle posizioni dottrinali portano i ticinesi e i grigionesi a integrarsi nelle antiche e pur
nuove comunità evangeliche.
Inoltre le minoranze sono
dure a morire, e durano finché hanno qualcosa da dare
oggi come fatica fisica, domani come fantasia, arte,
tecnica.
Chi potrà stabilire la durata dell’influenza della Bibbia
del lucchese Giovanni Diodati?
Zurigo: la chiesa evangelica di lingua italiana
15
\/FNERDÌ 27 AGOSTO 1993
Pagina Dei
PAG. 1 1 RIFORMA
Salviamo
«Cristiani
nonviolenti»
Il 24 aprile di quest’anno si
è svolta a Roma l’assemblea
del periodico Cristiani nonviolenti, nato nel 1983 «per
approfondire la conoscenza
della nonviolenza tra cristiani
di tutte le confessioni esistenti
in Italia». Si è discusso della
situazione finanziaria, particolarmente grave per gli aumenti di costo dell’abbonamento postale: si è deciso
concordemente di cercare
nuovi abbonati.
Cristiani nonviolenti è
l’unica voce per la nonviolenza, la giustizia, la pace e la
salvaguardia del creato, in cui
collaborano persone di confessioni diversissime, di ambienti molto dissimili, progressisti e con.servatori, giovani e anziani, politici e spirituali: si tratta di un ecumenismo di base che porta il messaggio della nonviolenza in
ambienti dove essa non è ancora conosciuta o dove la si
vive senza fare a essa riferimento esplicito, un piccolo
foglio bimestrale che riesce a
seminare speranza dove si vedono solo tenebre e disperazione. «Con la nostra azione,
con la lotta per i diritti umani
- ci ha scritto il pastore Tullio
Vinay - non solo diciamo no
alla violenza ma sì all’amore,
un grande sì che hanno pronunciato nella loro vita
Gandhi, Martin Luther King,
Rigoberta Menchù e tanti altri esponenti della nonviolenza attiva».
Chiediamo a tutti di aiutarci
pagando l’abbonamento sostenitore (min. £ 50.000) o semplice (£ 15.000), donando un
abbonamento a persone interessate, sottoscrivendo al ccp.
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Sollazzo/Mir, via Nomentana
471/12 - 00162 Roma.
Hedi Vaccaro, Eleonora
Sollazzo, Piera TomaselloTroja, Marina Longo
E^ÌohìÌÌiiWRIO^
(itffb
\e-sam!
I tempi
dei minimi
Più che la curiosità è stato
lo stupore a legarmi, per un
po’, alla pagina 4 del numero
del 23 del 7 luglio di Riforma,
dove campeggiava il titolo
«Un progetto di azione sociale
per ragazzi nel cuore delle
contraddizioni di Palermo».
Subito mi sono detto: finalmente una notizia buona! (Dopo quella del numero precedente che annunziava la morte
dichiarata del Villaggio Speranza di Vita-Trapani).
Sono andato avanti velocemente nella lettura dell’articolo. Questa volta spinto dalla
curiosità, perché volevo capire
come erano andate le cose e si
era sviluppato il progetto. La
curiosità non sembri strana al
lettore, perché per oltre un
mese avevo lavorato a quel
progetto senza saperne più
nulla! Adesso potevo sapere
qualcosa attraverso Riforma,
organo ufficiale delle chiese
protestanti storiche d’Italia.
Ma chiunque non si è fatto
trarre in inganno (a differenza
di me) dal titolo dell’articolo,
ha compreso alla fine che «lo
sviluppo e la speranza» del
Centro diaconale sono la foresteria, nel senso che essa rappresenta «un contributo alla
gestione complessiva delle attività».
Questo tipo di nuova attività
Ritorma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
Via Foria, 93 - 80137 Napoli - tei. 081/291185 - fax 081/291175
Via Repubblica, 6-10066 Torre Pellice-tel. efax 0121/932166
DIRETTORE: Giorgio GardioI
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsanl, Piera EgidI, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronel, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaldo Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
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AMMINISTRAZIONE: MItzl Menusan
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Plnerolo con il n. 176 del 1° gennaio 1951, responsabile Franco Glampiccoll. Le
modifiche sono state registrate con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Nella foto di prima pagina: / due nuovi pastori vaidesi consacrati ai Sinodo
1993: Leonardo Magri e Bliana Briante
per il Centro diaconale che
comporterà, per la ristrutturazione dei locali, la spesa cii
circa un miliardo di lire, sarà
come il salvadanaio da cui
prendere gli spiccioli per mandare avanti la diaconia e rispondere alle emergenze della
città di Palermo. Una politica
«dei due tempi» trasferita in
ambito ecclesiastico?! E comunque è questione di tempi.
Può darsi che sia una scelta
giusta e razionale. Ma mi pongo qualche domanda: per i
«minimi» è lecito far questione di tempo? Il giumento e
l’albergo urgono quando il ferito è sul ciglio della strada o
no? E la domanda che impone
«adesso», o la risposta che si
affida al «poi»? Domande
semplici, che partono da
drammi urgenti e presenti.
Alfonso Manocchio
Palermo
Sparate a zero!
Cari amici,
vi trovo estremamente ovattati, vi vedo interessati a curare il ceto dei pensanti morbidi,
quelli che dicono e non dicono, alla solita classe borghese
che è sempre pronte a tradire
tutti pur di accarezzare il proprio «particulare».
Noi abbiamo una classe politica ultrabastarda e una massoneria multicolore che si è infiltrata in mille faccende «enimortine» e una sola volta un
pensante ha cercato di parlare
di massoneria... e subito un
più o meno venerabile pastore
ha pontificato!
No! Non mi piacete.
Avete visto che fine ha fatto
La Vie Protestante? Loro volevano dire e non dire; avevano
degli scrittori di prima qualità... eppure sono andati nel
pallone perché più nessuno
leggeva i loro scritti! Fate attenzione di fare o non fare la
loro fine!
Sparate a zero! Confessatevi! Dite che credete e non credete, dite che la Bibbia è
un’ipotesi di lavoro e che con
le ultime scoperte teologiche
sembra che l’uomo venga dal
grillo 0 dalla scimmia e che
tutto è mitologia. Che voi crediate 0 no, a me, «baffo, baffo
facere»! Ma se voi come evangelici curate il «non possumus» per non disturbare il ben
pensante... voi siete già dei defunti.
Ma Dio con i valdesi e gli
altri italici è sempre stato buono; è probabile che vi usi ancora misericordia. Del resto il
mestiere di Dio è proprio di
perdonare quelli che stampano
giornali e si tengono sulla terra
di nessuno. State bene.
Guido Pagella - Fano
La consultazione
metodista
Franco Chiarini, sul n. 23 di
Riforma, pag. 3, scrive che laconsultazione annuale delle
Chiese metodiste è «prevista
dal Patto di integrazione».
Mi sembra che ciò non corrisponde a verità. Infatti il testo del Patto non ne fa parola.
Enos Mannelli
Campobasso
Il pastore Mannelli ha ragione; nel testo del Patto di
integrazione non si parla di
consultazione e nemmeno la si
vieta. Il Comitato permanente
dell’ Opcemi ha il diritto di
consultare le chiese e non mi
sembra che il fatto pregiudichi la buona gestione del Patto. L’unione delle chiese vaidesi e metodiste si realizza
nelle assemblee territoriali e
nel Sinodo, (gg)
Mentre ci riserviamo di
pubblicare a fine settembre un
nuovo elenco dei doni pervenutici, ricordiamo ai lettori le
attuali iniziative del Fondo.
Innanzitutto la Cooperativa
agropastorale di Kansounkpa
in Benin (Africa). Come già illustrato, si tratta di un progetto a cura della locale gioventù
metodista volto a favorire
l’occupazione e la lotta alla
fame mediante l’adozione di
tecniche moderne agricole e di
allevamento di bestiame. Allo
stesso tempo questo progetto
vuole anche costituire una
guida e un aggiornamento tecnico per tutti gli abitanti delta
regione.
Abbiamo poi V Unione per
la lettura della Bibbia a
Ngwo, Nigeria. Si tratta di un
gruppo interdenominazionale
che esiste da oltre vent’anni
ed è impegnato nell’evangelizzazione in villaggi e città.
Ora l’Unione ha avuto in dono
un terreno edificabilc sul quale intende costruire un edificio-sala per riunioni, seminari
e raduni allo scopo di potenziare la propria opera. Questa
iniziativa ci è stata segnalata
da un gruppo di nigeriani che
vivono fra Rovigo e Mestre e
sono bene inseriti nella locale
chiesa battista. Infine, ricordiamo che è anche aperto un
Fondo di emergenza che ci
possa consentire di dare un sia
pur modesto contributo a fronte di improvvise calamità naturali 0 umane. I doni vanno
inviati al conto corrente postale n. 11234101 intestato a
La luce - Fondo di solidarietà - via Pio V 15 - 10125
Torino possibilmente indicando la causale del versamento
(Benin, Nigeria, emergenza).
In mancanza provvederemo
noi stessi al riparto.
é
AMNESTY INTERNATIONAL
NOSTRI APPELLI
In quasi tutti i paesi del
mondo i diritti dell’uomo
sono violati; questo avviene anche in Turchia, una
nazione tanto vicina a noi.
Amnesty International nel
n. 6/1993 del suo bollettino
richiama infatti la nostra
attenzione, in particolare,
sul caso di due turchi: Metin Can e Hasan Kaya.
Metin Can e Hasan Kaya
Turchia
Metin Can, avvocato e
attivista per i diritti umani e
il suo amico dr. Hasan
Kaya, la mattina del 21
febbraio sono usciti di casa
dicendo ai loro familiari
che sarebbero presto ritornati. Ma poi giungono delle
strane telefonate. Il telefono viene messo sotto controllo dalla polizia e subito
arriva questa comunicazione: «Abbiamo ucciso Metin
e Hasan, condoglianze». La
strada che essi dovevano
percorrere tra Elazig e Tunceli era sorvegliata dalle
forze di polizia, perché vigeva lo stato di emergenza
a causa dei combattimenti
tra i guerriglieri del Partito
dei lavoratori curdi (Pkk) e
le forze di sicurezza. A
Tunceli sono stati trovati i
loro corpi: erano stati rapiti, torturati, uccisi. Eppure
tra Elazig e Tunceli c’erano
ben otto posti di blocco
della polizia.
Si prega di inviare lettere, in inglese o italiano, per
chiedere un’imparziale indagine su questi fatti a:
Prime Minister, Basbakanlikl Ankara - Turchia.
Affrancatura £ 850. Inviare copia della lettera a:
Ambasciata della Turchia
- Via Balestro 28 - 00185
Roma.
jigme Sangpo
Cina (Tibet)
65 anni, già insegnante
elementare, prigioniero di
coscienza per oltre 23 anni.
È stato arrestato, la prima
volta, nel 1964, per la sua
opposizione alle critiche
fatte al defunto Panchen
Lama e è stato condannato
a 3 anni di detenzione. Nel
1970 è stato nuovamente
arrestato per avere incoraggiato una nipote a abbandonare il Tibet ed è stato condannato aio anni di prigionia. Nel 1980 è stato trasferito in un campo di lavoro
per ex detenuti. Nel settembre 1983 è stato arrestato,
per la terza volta, per aver
composto una poesia intitolata La lotta del popolo ti
betano. La poesia era stata
affissa a Lhasa. Nel 1984 è
stato condannato a 15 anni
di «riforma attraverso il lavoro» con l’accusa di reati
«controrivoluzionari». In
attesa del processo aveva
gridato slogan a favore
dell’indipendenza del Tibet. Nel settembre del
1987, siccome aveva gridato gli stessi slogan in prigione, gli è stata aumentata
la pena di 5 anni. Il 6 dicembre 1991, Sangpo ha
ancora gridato slogan a favore dell’indipendenza del
Tibet in occasione della visita alle prigioni dell’ambasciatore svizzero. La sua
condanna è stata aumentata
di 8 anni. Inoltre è stato severamente punito: è stato
messo in un luogo gelido
senza indumenti caldi e duramente picchiato.
Si pregano i lettori di
chiedere la sua immediata
scarcerazione scrivendo, in
inglese o italiano, a:
Gyaltsen Norbu, Chairman of thè People’s Government ofthe Tibet Autonomous Region.t I Kang’
andonglu, Lasashi 8500001
Tibet, Repubblica popolare
cinese.
Copia della lettera a:
Ambasciata Repubblica
popolare cinese - Via
Bruxelles 56 - 00198 Roma.
'Ali Bahr Al-'Ulum - Iraq
58 armi, musulmano sciita, studioso e religioso,
sposato, con tre figli. E stato arrestato nell’Iraq meridionale, nel marzo 1991,
con i suoi figli. Era uno dei
22 membri della nota famiglia Bahr Al-’Ulum, spariti dopo il loro arresto nel
1991. Essi facevano parte
del gruppo di religiosi e
studenti, 107 persone, arrestati in quell’anno. Uno solo dei detenuti, un pachistano, è stato liberato, tutti
gli altri sono scomparsi.
Questo fatto è avvenuto
durante la repressione della
rivolta scoppiata in tutto
l’Iraq dopo la sconfitta nella guerra del Golfo.
Amnesty chiede di conoscere la sorte, il luogo di
detenzione e la situazione
legale dell’ayatollah
Al-Sayyd ’Ala’ Uddin e
delle 106 persone arrestate
con lui.
Si prega di rivolgere
questa richiesta all’Ambasciata della Repubblica
dell’Iraq - via della Camilluccia 855 - 00135 Roma.
(a cura di Anna Marnilo
Reedtz).
RINGRAZIAMENTO
«Benedetto l'uomo
che confida nell'Eterno...
sarà come un albero...
che non cessa
di portare frutto»
Geremia 17,7-8
È andata col Signore mamma
Carolina Giardini
nata Vitale
Lo annunciano la figlia Magda
con II marito Paolo Calzi.
Si ringraziano gli amici e I conoscenti per la partecipazione affettuosa, i medici e il personale
tutto dell'Ospedale valdese di
Torre Pellice per le amorevoli cure prestate.
Torre Pellice, 20 agosto 1993
RINGRAZIAMENTO
«Abbi pietà di me, o Dio,
abbi pietà di me, perché l'anima
mia cerca rifugio in te;
e all'ombra delle tue ali
io mi rifugio,
finché le calamità siano passate»
Salmo 57,1
La moglie, ia figiia, il genero e i
familiari tutti del caro
Nino Bleynat
riconoscenti, ringraziano di cuore tutti coloro che in qualsiasi modo
hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare ai pastori
dosi e Ribet, al dottor Walter
Broue, ai medici e al personale dell’Ospedale valdese di Pomaretto,
del reparto di neuroiogia deii'Ospedale civile di Pinerolo e del reparto
di urologia dei Mauriziano di Torino, a Franca, Jole e ai coscritti.
San Germano, 26 agosto 1993
RINGRAZIAMENTO
«Ho continuato a sperare
nel Signore:
egli si è chinato
verso di me e ha ascoltato
il mio lamento»
Salmo 40, 2
I familiari tutti della cara
Ida Rivoira ved. Durand
riconoscenti, ringraziano tutti
coloro che con presenza, fiori e
parole di conforto hanno preso
parte al loro dolore.
San Germano, 27 agosto 1993
16
PAG. 1 2
RIFORMA
VENERDÌ 27 AGOSTO I993
Ginevra: conferenza al Foyer John Knox
La «società civile»,
mezzo per cambiare
In una favela In Brasile. 1500 giovani convenuti a Mendes hanno potuto prendere contatto con alcune di queste drammatiche reaità
Si è svolto a luglio il Raduno ecumenico di giovani e studenti di tutti i continenti
In Brasile, giovani di tutto il mondo in cerca
di una visione ecumenica per il XXI secolo
Provenienti dal mondo intero, 500 giovani cristiani di tutti i continenti si sono
ritrovati il 17 luglio a Mendes, a 90 km‘ da Rio de Janeiro, per partecipare durante dieci giorni al Raduno
ecumenico mondiale di giovani e di studenti (Eggys),
prima riunione del genere da
40 anni, in cerca di una spiritualità e di una visione ecumenica per il XXI secolo.
Resistere, con l’autocontrollo, aH’attrattiva del
consumismo e alla voglia di
sfruttare gli altri; tale è la lezione di spiritualità asiatica
data dalla teologa coreana
Yung Kyung Chung. Pur
mettendo in guardia i giovani contro le trappole del
«mercato della spiritualità»
sfruttato dai guru affaristi, li
ha incoraggiati a iniziarsi e a
sottomettersi alle energie
della vita presenti in loro, in
altri e in ogni cosa.
La teologa ha quindi parlato di una spiritualità dell’esodo, lotta contro lo sfruttamento e il dominio, una spiritualità deH’ecofemminismo, con il passaggio da un
atteggiamento antropocentrico a un atteggiamento orientato verso la vita, e una spiritualità ispirata aH’esperienza
asiatica. Ha raffigurato la
compassione, il ricordo e la
responsabilità come tre finestre aperte sul mondo.
Nella speranza che «il potere del prossimo secolo non
sarà un potere di dominio
sugli altri, ma con loro», ha
esortato i giovani a fare più
di Gesù con la potenza dello
Spirito Santo. I delegati si
sono alzati per applaudirla
durante due minuti, cantando e gridando, quando ha
chiesto loro: «Siete pronti?».
Tuttavia, alcuni delegati di
chiese ortodosse del Medio
Oriente ed altri hanno
espresso qualche riserva, durante le discussioni successive, sulla volontà della teologa di accettare le religioni
non cristiane come vie valide per andare verso Dio.
Certuni hanno inoltre giudicato difficile di accettare la
sua posizione sul femminismo.
I partecipanti hanno poi
ascoltato l’economista cattolico romano peruviano Xavier Inigez, per il quale è
preferibile cambiare l’insieme dei sistemi che lavorare
su micro-programmi.
Nel suo discorso di apertura, l’ex segretario generale
del Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), Emilio
Castro, ha preconizzato «la
santa follia di Dio» onde
pensare, prevedere e operare
alla trasformazione in «un
mondo che ha perso la bussola».
Radunati dietro sei enormi
maschere dipinte che rappresentavano le loro regioni
i delegati, partendo da diverse direzioni, si sono diretti
cantando verso il centro di
un campo verdeggiante pri
ma di udire l’Evangelo in
più lingue e di abbracciarsi
gli uni gli altri durante il culto di apertura. Per alcuni, il
culto è stato «gioioso e creativo», mentre altri hanno deplorato la mancanza di «preghiere cristiane».
Prima del raduno i partecipanti avevano potuto prendere contatto con le realtà
locali e le lotte economiche,
etniche ed altre, visitando
progetti comunitari riguardanti le donne, i lavoratori,
gli autoctoni, i giovani, i
bambini, l’ambiente, ecc., in
varie regioni del paese.
Per Manuel Quintero,
coordinatore del raduno,
l’esperienza dovrebbe permettere ai partecipanti di
prendere coscienza che «siamo numerosi e differenti ma
che dobbiamo vivere insieme e, a partire da questo.
cercare una visione per il futuro». Tale sentimento è stato espresso da molti partecipanti.
L’Eggys riunisce rappresentanti del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec),
della Federazione universale
delle associazioni cristiane
di studenti (Fuace), del Movimento intemazionale degli
studenti cattolici intemazionali, dell’Alleanza mondiale
delle associazioni cristiane
di giovani (Ucjg) e di Unioni
cristiane femminili (Ucf), di
Syndesmos (Federazione
mondiale dei giovani ortodossi), della Federazione luterana mondiale (Firn) e
dell’Alleanza riformata
mondiale (Arm). Fra i partecipanti, 261 erano donne,
235 uomini. Quasi un terzo
era cattolico romano. Un delegato era indù. (Soepi)
In un incontro svoltosi al
Centro John Knox di Ginevra, dal 18 al 22 giugno,
vari membri delle reti regionali del Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec) hanno discusso del concetto di «società civile» come mezzo per
cambiare la società.
L’incontro, chiamato «Le
alleanze di speranza», secondo un’espressione lanciata
in Asia, è stato coordinato da
Israel Batista, responsabile
dell’assistenza alle reti in
quanto segretario esecutivo
del gmppo di lavoro su «economia, ambiente e sviluppo
durevole» del Cec. 1 partecipanti erano rappresentanti di
gruppi che lottano per trovare
i mezzi per migliorare l’ordine sociale nel contesto internazionale attuale. Nel documento preparatorio, Israel
Batista descrive la «società
civile» come un «ideale etico» che «stimola le utopie»,
rafforza le «aspirazioni a società vivibili» e chiama alla
«immaginazione e alla creatività in cerca di soluzioni di
ricambio».
«Dobbiamo confessare che
noi siamo ideologicamente
sprovveduti per quanto riguarda l’integrazione fruttuosa dello stato e della società
civile nella realtà attuale scrive - le nostre interpretazioni non possono fondarsi né
sulla legge della natura come
al medioevo, né su una sopravvalutazione della ragione
del secolo dei Lumi, né sul
controllo supremo dello stato
secondo la visione hegeliana
e marxista, né sul dominio
degli interessi individuali
dell’economia di mercato».
Per Batista, la conferenza
ha mostrato la forza delle reti
istituite di recente e lo sviluppo di un nuovo spirito ecumenico fra coloro che, dopo
la caduta del comunismo
nell’Europa orientale, hanno
potuto constatare che pochi
modelli, per non dire nessuno, servono da soluzioni di ricambio alla realtà sociale esistente.
«Le alleanze di speranza»
sono iniziate con una rete
asiatica in Giappone chiamata «Progetto per il 21° secolo». Costituite da vari mo
vimenti sociali e gruppi non
governativi, hanno interessato anche alcune chiese e hanno chiesto l’aiuto del Cec. In
Europa il progetto è stato lanciato con «Kairos Europa»
che, ne giugno ’92, ha tenuto
un «Parlamento del popolo» a
Strasburgo. Al termine di
quel raduno è stata pubblicata
una dichiarazione che afferma: «Noi europei dobbiamo
abbandonare la nostra tradizione di conquistare gli altri,
di imporci a loro e di cercare
di convertirli».
I rappresentanti di questi
gruppi hanno cominciato a ritrovarsi durante il Raduno di
Seoul su «Giustizia, pace e
integrità del creato», nel
1990. Molti di loro hanno
lanciato iniziative in occasione dei 500 anni della scoperta
delle Americhe. Il Cec si è
sforzato di aiutarli a sviluppare e applicare i loro programmi.
II segretario generale del
Cec, Konrad Raiser, ha parlato delle «possibilità e dei limiti del funzionamento del
Cec in quanto spazio per una
società civile intemazionale».
L’ex segretario del Cec, Philip Potter, ha parlato del «significato di una società civile
intemazionale».
Secondo Israel Batista, le
discussioni hanno evidenziato
che «abbiamo superato la
vecchia analisi di classe» secondo cui una classe della società era considerata come
«l’avanguardia» capace di
portare un nuovo ordine. Oggi numerosi gmppi una volta
esclusi, le donne, i neri, gli
autoctoni, i disoccupati e altri
ancora, sono diventati «dei
soggetti storici» in una società che conta varie forze
operanti a favore del cambiamento. Questo nuovo contesto segna un maggior riconoscimento dell’importanza della cultura, della spiritualità e
della religione, e delle forze
locali. I partecipanti hanno
inoltre sottolineato la necessità di combattere il dominio
della globalizzazione da parte
di forze quali il Fondo monetario intemazionale e la Banca mondiale. (Soepi)
India: grazie ai prestiti della Fondazione ecumenica «Eclof»
Le donne diventano indipendenti
Grazie ad un programma finanziato dai prestiti della
Fondazione ecumenica per
l’aiuto alle chiese (Eclof),
abitanti poveri di villaggi vicini a Madras sono oggi in
grado di far fronte ai propri
bisogni.
La Fondazione ecumenica,
collegata al Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), ha
per obiettivo di aiutare le
chiese e i progetti di sviluppo
ad esse connessi, facendo
prestiti a condizioni particolarmente favorevoli.
Durante una visita alla sede
dell’Eclof a Ginevra, John M.
Kulasekhar ha parlato delle
possibilità offerte a numerose
donne indiane con l’aiuto di
piccoli prestiti dato dall’organismo di cui è vice-presidente
e che si occupa della riabilitazione delle persone economicamente deboli.
Così, una giovane vedova.
Suriya, ha ottenuto un piccolo prestito che le ha permesso di aprire un negozio di
alimentari in cui vende, tra
l’altro, riso e tè. Oggi ha già
rimborsato tutto il prestito e
guadagnato abbastanza per
ingrandire il suo negòzio.
Un altro ha utilizzato il suo
prestito per comprare macchine per macinare il riso, andando a macinare il riso da
un villaggio all’altro.
Le prime iniziative sono
state avviate nel 1984 e il
programma è iniziato l’anno
successivo.
«Air inizio - spiega Kulasekhar - abbiamo organizzato un corso di nove settimane
per insegnare alle donne come amministrare medicine
semplici, come comunicare
con gli abitanti del villaggio
e sensibilizzarli alle questioni
di salute. Dopo abbiamo incoraggiato le donne a forma
re nei loro villaggi gruppi per
cercare di risolvere i loro
problemi. Sono stati questi
gruppi a chiedere l’avvio di
programmi per permettere alle donne povere di produrre
redditi e diventare indipendenti».
Tutti i responsabili del progetto sono membri della chiesa dell’India del Sud, ma l’organismo che lo gestisce è indipendente e aiuta i credenti
di tutte le confessioni. Ci sono anche musulmani nella zona e alcune donne musulmane hanno partecipato al programma. Circa ii 60% delle
donne aiutate dal programma
sono Dalit; le altre appartengono per lo più alle caste medie, ad esempio le donne diventate povere dopo la morte
del marito.
Secondo Kulasekhar, il
programma ha fornito un «ottimo modello» perché ha aiu
Anche vendendo riso, tè o caffè le donne diventano Indipendenti
tato le donne a sviluppare la
facoltà di guadagnare denaro
e la presa di coscienza della
società e dei mezzi per cambiarla.
Alcuni prestiti sono stati
fatti alle cooperative ma i responsabili del programma ritengono che i prestiti individuali funzionino meglio.
Quando si tratta di cooperative, ci sono sempre scuse per
spiegare perché il lavoro non
è stato ultimato, invece una
donna che chiede prestiti per
aprire un piccolo negozio capisce che il successo dipende
solo dai propri sforzi ed è
probabile che porterà a termine la sua impresa.
L’organismo responsabile
del programma ottiene dall’Eclof il denaro ad un tasso
del 4%. Chiede a sua volta un
interesse del 5% sui prestiti.
Di solito, le donne non possono ottenere prestiti bancari
e gli usurai dei villaggi chiedono fino al 30% di interesse(Soepi)