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Anno 114 - N.9
3 Marzo 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bÌs/70
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TOaRE PEIL ICE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
RAPPORTI CHIESE-STATO
L’Italia scopre le intese?
Il contenuto dato alle intese dalla trattativa tra Stato e chiese valdesi e metodiste indica al Paese che il rapporto concordatario non è l’unico possibile
Ciò che in un grande quotidiano forma Topinione è in gran
parte, si sa, il titolo dell’articolo. È quindi con presumibile
sconforto, o stizza, che valdesi
e metodisti avranno ritrovato
sui quotidiani del 9-10 febbraio
la notizia della conclusione delle trattative per 1’« intesa » tra
10 Stato e le loro Chiese compendiata in articoli i cui titoli
canalizzavano l’idea del « concordato ». Citiamone alcuni. « Si
va verso un ’piccolo concordato'
ira lo Stato, i valdesi e i metodisti », prospettava il Corriere
della Sera. « Pronto il concordato per i valdesi », assicurava
la Stampa. « Anche valdesi e
metodisti hanno il loro concordato », dava ormai per stipulato la Gazzetta del Popolo.
La fonte della notizia — per
altro riportata anche, con titoli più corretti, da trafiletti apparsi su la Repubblica, l’Unità,
11 Manifesto, e ignorata (a quanto ci consta) da altri quotidiani
come il Giornale — era un articolo apparso sul n. 6 di Com
Nuovi Tempi intitolato: « Concordato e intese: oltre la crisi
qualcosa succede ». Nessuna
cònMsioné era insita in questo
articolo che confrontava invece
¡1 cammino delle due trattative
dando notizia della postiva conclusione e del contenuto dell’una
ed esprimendo fondati dubbi
sulla conclusione e sui contenuti dell'altra. Come mai quindi
questa confusione nel riportare
la notizia?
Non c’è bisogno di pensare a
malafede: per tanti italiani l’art.
8 della Costituzione che stabilisce il principio delle intese tra
lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica non
può essere altro che un riflesso, una replica, un pendant deh
l'art. 7 che stabilisce i rapporti
tra Stato e Chiesa cattolica mediante l’istituto del concordato
richiamando in particolare nella Costituzione i Patti lateranensi del 1929. Che l’art. 8 possa
avere un contenuto diverso dall'art. 7, che le intese possano
essere sostanzialmente diverse
da un concordato, è un pensiero
e un’ipotesi nel complesso ancora sconosciuta.
RETTIFICHE
E quindi con lieto stupore
che una settimana dopo abbiamo letto sugli stessi quotidiani
altri titoli dai toni ben diversi
e con esplicite rettifiche. « E
un’intesa, non un Concordato »
precisava già il 12.2 nell’occhiello dell’articolo « Chiesa valdese e Stato - rispettosa convivenza » la Stampa, riprendendo alcuni giorni dopo il tema del rapporto Stato-Chiese con un articolo dal titolo « Le novità nell'Intesa con valdesi-metodisti ».
Lo stesso 17-2 la Gazzetta del
Popolo definiva « Rivoluzionario
l'accordo Stato-chiese minori».
E la Repubblica, se non menzionava il temine « intesa », dava un largo rilievo al suo contenuto ed alla sua valutazione
con articoli intitolati « I Valdesi
rifiutano soldi e privilegi» (17
febbraio) e « L'esempio dei Vaidesi » (21.2).
Ma non è solo nei titoli che
si comincia a rilevare il contenuto dell’intesa.
« Viste più da vicino, la ventina di norme che formano il
’’Progetto di Intesa” tra lo Stato e le Chiese Valdesi e Metodiste, possono considerarsi un e
sempio del rapporto alternativo rispetto al Concordato tra
la sfera statale e quella ecclesiastica », scrive Lamberto Furno su la Stampa. E sullo stesso
giornale, dopo le esaurienti
precisazioni fornitegli da Aldo
Ribet nell’intervista del 12.2,
Giorgio Martinat nota: « In conclusione sembra che l’^’intesa”
raggiunta non sia propriamente un contratto di matrimonio,
ma piuttosto uno statuto di separazione ». Anche se la cosa
non è del tutto esatta — come
gli ha fatto osservare il suo
interlocutore — ecco affacciarsi
la consapevolezza che tra Stato
e Chiesa possa esistere altro
rapporto che non il connubio di
interessi.
« Con la elaborazione dell’intesa con i valdesi e i metodisti
abbiamo finalmente un termine
di paragone per valutare se e
fino a qual punto la confessione
maggioritaria goda di privilegi
— osserva per parte sua Luigi
Accattoli su la Repubblica del
17.2. — Il privilegio di fatto è
noto, in qualche misura forse
inevitabile. Lo strumento giuridico dell’intesa permette di
Franco Oiampiccoli
(continua a pag. 8)
Autorità^
non potere
« Poiché così aveva detto il Signore, l’Eterno, il Santo
d’Israele:
nel tornare a me e nel tenervi in riposo
starà la vostra salvezza;
nella calma e nella fìducia starà la vostra forza »
(Isaia 30: 15)
Il profeta ha scritto queste parole in un tempo in cui il popolo
d’Israele mancava di forza vera:
c'era un esercito che lo minacciava da oriente, e il suo re, i
suoi ufficiali, i suoi ministri sapevano proporre una soluzione
sola al popolo: andiamo a chiedere aiuto all'Egitto: lì c’è proprio quella forza che ci manca:
soldi e soldati, carri e cavalieri.
Si va verso un <piccolo concordato
tra lo Stato, i valdesi e i metodisti
ROMA ~ Mentre le tene bone del Conmdet« tre nielle e le Sente Sede i pronte per le dltcuHlone e) Seneto, le deleeelone Itellene (Oonelle. Jenolo e Ago)
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Esemplare per laidtà il progetto dii intesa tra lo'Stato e la minoransa evangelica
I valdesi rifiutano soldi e privilegi
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di STEFANO flODOTA'
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lo ite rapporti tra lo Stato
I titoli dì alcuni tra i maggiori quotidiani valutano diversamente il "Progetto dì Intesd’ prima e dopo
le precisazioni che sono state fornite sul suo contenuto.
AMARA CONCLUSIONE DELLA VICENDA PINELLI
L’ingiustizia presenta ii conto
« Io gli parlavo di ’’società
basata sull’egoismo istituzionalizzato”, di ’’disordine costituito”, di ’’lotta di classe” e lui mi
riportava oltre le formule, alla
radice dei problemi, incrollabile nella sua fede nell’uomo e nella necessità di edificare l’uomo
nuovo, lavorando dal basso...
Poi, d’improvviso l’arresto, gli
interrogatori, la tragica fine.
Dalle pagine dei giornali mi appare la sua immagine deformata in una lente mostruosa mentre permane il mistero della sua
morte ». Così scriveva, con disperazione, Giuseppe Gozzini
all’indomani del tragico « volo »
dell’anarchico Pinelli, avvenuto
nella notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969, da una finestra
della Questura di Milano.
La memoria di Pinelli è stata
restituita agli italiani dalla coscienza democratica di coloro
che aspettano ancora, a distanza di nove anni, i nomi,
quelli veri, dei responsabili della strage di Piazza Fontana. Ma
per la giustizia italiana il « caso » Pinelli è definitivamente
archiviato. Secondo l’ultima sentenza, Pinelli morì, suicida per
«stanchezza fisica, tensione psichica, timore ». Ecco il risultato del lungo «iter» processuale in cui tutti gli eventuali responsabili della sua morte sono
stati, via via, assolti. Non importa se nel 1971 emerse proprio da D’Ambrosio, il giudice
che assolse i poliziotti dall’accuso di omicidio volontario, che
il suicidio, data l’innocenza dell’anarchico, era « possibile ma
non verosimile ». Anche questo
particolare cade. Il caso è chiuso e si chiude con una condanna: la vedova, Licia Pinelli, deve pagare alla giustizia le spese
processuali. Anziché essere risarcita deve, ancora una volta,
pagare. La vedova non presenterà appelli contro la sentenza
che le ingiunge il pagamento
perché «ho maturato — sono
parole sue — una totale sfiducia nella giustizia specialmente
quando sono in gioco interessi
e problemi che investono direttamente i pubblici poteri ». La
battaglia che Licia Pinelli ha
condotto si ferma qui. Scaduti
i termini per ricorrere in appello muore l’ultima speranza di
raggiungere la verità attraverso
le istituzioni dello stato. L’aspetto beffardo di tutta questa vicenda sta nel fatto che a pagare
il conto, con burocratica puntualità, è stata chiamata proprio lei che, instancabilmente,
ha lottato per anni affinché la
verità su suo marito venisse ufficialmente riconosciuta.
Torna alla mente leggendo in
questi giorni i dettagli del terribile epilogo del « caso » Pinelli, l’accusa di Cristo agli Scribi : « chè amano occupàre i primi posti e divorare le case delle vedove». Se non fossimo in
un Paese cos\ esageratamente
cristianizzato il richiamo evangelico potrebbe anche apparire
pretestuoso. Potremmo leggere
da uno stato laico questa sentenza come un ulteriore segno
del suo disfacimento. Ma da uno stato che si vernicia di cristianesimo, l’accostamento biblico diventa, per noi, un riferimento obbligato. Basti ancora
ricordare la fiduciosa parola
del salmista — pronunciata nell’antica società israelitica in cui
le vedove erano segnalate alla
solidarietà del popolo — che
« Dio solleva la vedova, ma sovverte la via degli empi ».
Anche oggi alla vedova Pinelli non rimane che la solidarietà
fattiva di quelli che hanno condiviso la sua fermezza e il suo
coraggio in una battaglia ufficialmente persa. Da questa
sconfitta appare però chiaro
che il regime dell’indifferenza e
dell’ipocrisia è riuscito a svuotare radicalmente di senso ogni
riferimento alla giustizia. Sono
gli episodi come questo, più che
i grandi scandali nazionali a cui
siamo già abituati, qhe alimentano la crisi morale di un
Paese che ha saputo, attraverso
le sue istituzioni, vanificare tutti quei valori che dovrebbero
essere premessa del suo rinnovamento. In questo senso la
crisi ci appare ancor più grave.
Speriamo che ad essa non si
contrapponga Un diffuso senso
di rassegnazione. Perché, finché
c’indigneremo, c’è speranza che
si possa ancora cambiare qualcosa.
G. Platone
In altri termini, la classe dirigente d'Israele si proponeva di
risolvere i suoi problemi mediante una politica di alleanze.
Il profeta intende proprio criticare questa politica di alleanze,
perché vi scorge una profonda
mancanza di fede nel Dio d'Israele che conduce la storia e guida
il suo popolo: Egli solo è la fonte
di forza, dagli altri non vengono
che sconfitte e delusioni.
Q ueste taglienti parole del
profeta meritano di essere meditate dalla chiesa del nostro
tempo: la chiesa deve infatti far
fronte a problemi e pericoli ancora più gravi di quelli affrontati
dal popolo d’Israele ai tempi di
Isaia. Pensiamo soltanto alla tremenda responsabilità morale che
pesa oggi sulle chiese in Germania, mentre antichi demoni sembrano risvegliarsi, mentre una
cortina di diffidenza circonda un
intero popolo, e la verità è così
difficile da trovare, e da comunicare. O pensiamo anche alle responsabilità, forse meno angosciose ma non meno gravi, che
pesano sulle chiese in Italia, in
un momento in cui bisogna chiamare a raccolta tutte le eriergie
per ricostruire un Paese distrutto dalla crisi e dall’incuria, e contemporaneamente regolare in un
modo finalmente nuovo e pulito
i rapporti tra le chiese e lo stato.
Pensiamo infine alla tremenda
responsabilità di annunciare l’Evangelo in modo efficace a milioni di persone che non lo intendono o lo fraintendono. Dove la
prenderà, la chiesa, la forza per
far fronte a tutte queste difficoltà, a queste battaglie logoranti e
rischiose? Dove la prenderà, la
chiesa, l’autorità per parlare al
mondo e all’uomo di oggi?
La parola di Isaia vieta alla
chiesa di cercare questa autorità
fuori di sé, mediante una politica
di alleanze: «gli Egiziani sono
uomini, e non Dio; i loro cavalli
sono carne, e ñon Spirito » La
chiesa non può cioè appoggiarsi
su qualcuna delle potenze di questo mondo, perché altrimenti essa sarebbe costretta a seguire la
sorte di queste stesse potenze:
molte menzogne, poca verità, un
tramonto rapido e triste, e alla
fine una sconfitta anche morale.
Ma la chiesa non può cercare la
sua forza neanche dentro se stessa: sarebbe come diventare simile agli Egiziani! Questa tentazio
Giorglo Bouchard
(culto radiotrasmesso)
(Continua a pag. 8)
SOMMARIO
Notizie dal circuito
Lazio 2
I ministeri nel me
todismo 3
II diritto di essere
amati 4-5
Cronaca delle Valli 6-7
2
3 marzo 1978
PANORAMA SULL’XI CIRCUITO
Vita evangelica
nella capitale e nel Lazio
a colloquio con I lettori
c
ROMA
]
Quattro Comunità; due Metodiste e due Valdesi, più la presenza particolarmente significativa della Facoltà Valdese di
Teologia.
Vorremmo cominciare da quest’ultima per rallegrarci dell’impegno degli studenti nell’affiancamento collaborativo nelle varie attività ai Pastori delle Comunità ed ai settori di servizio
nell’ambito dell’XI Circuito.
Certamente è un esperimento
interessante e valido che, pensiamo, possa essere di reciproca utilità per gli studenti e per
le Chiese.
Ponte S. Angelo
Mentre ricordiamo con affetto e riconoscenza il pastore
Ducker che ha curato là Comunità Metodista di Lingua Inglese per diversi anni e si è contemporaneamente impegnato nell’insegnamento della lingua inglese presso la Facoltà di Teologia, diamo un particolare benvenuto al pastore Edward A.
Bishop al quale da circa quattro mesi è stata affidata tale
Comunità. A lui ed alla sua consorte, Signora Barbara, auguriamo una benedetta esperienza nell’annunzio dell’Evangelo
in Roma, auspicando che queste Comunità continui ed intensifichi, nonostante il muro della lingua, i suoi contatti con le
altre Chiese del Circuito.
Via Firenze
Rimanendo nell’ambito Metodista, passiamo ad una panoramica informativa delle attività
della Comunità di via Firenze.
Diamo la precedenza alle cose
materiali : la Comunità ha risposto con senso di responsabilità,
anche con la massiccia partecipazione al bazar d’inverno, alle
necessità finanziarie dell’Amministrazione.
Le presenze ai culti denotano
un significativo ricorso alle
« sorgenti » di vita con un impegno di testimonianza anche
nella partecipazione agli incontri con i gruppi misti interconfessionali.
Incoraggiante l’attività dei
giovani che, pur non tralasciando un attento esame della problematica della vita dell’oggi,
sanno con vivo senso di attualità responsabilizzarsi, alla luce
dell’insegnamento biblico, in
una visione di speranza che mai
può venire meno. Rallegrante
anche l’impegno dei monitori
che curano, con intelligente e
responsabile adattamento dei
sussidi attualmente offerti alle
Chiese, oltre 100 alunni della
Scuola Domenicale.
Piazza Cavour
È quella, forse, che anche per
motivi logistici, più beneficia
della presenza in Roma della
Facoltà di Teologia. Ricordiamo a questo riguardo, con riconoscenza, il culto della « Giornata della Facoltà » e la successiva agape alla quale è seguita
una visita alla biblioteca della
Facoltà stessa che, per molti, è
stata una vera scoperta.
Il gruppo Ecumenico si è
orientato su una struttura un
po’ diversa in quanto intende
facilitare un avvio del discorso
ecumenico nell’ambito della
parrocchia di S. Gioacchino. La
Scuola Domenicale ha avuto un
ulteriore incremento di bambini che ora sono circa 60 con una
buona media di frequenza. Il
Catechismo ha ricevuto quest’anno, in via sperimentale, una
nuova struttura e metodo di
lavoro; le due classi sono state
unificate ed il gruppo di catecumeni è formato da 22 ragazzi. Le lezioni si svolgono quindicinalmente, una volta nel corso di una intera giornata dome
nicale fuori, della città e una.
volta nei locali della Chiesa
un’ora prima del culto. I catecumeni sono invitati alla partecipazione al culto nelle altre domeniche. La FGEI nelle sue riunioni ha svolto recentemente
una serie di studi sulla famiglia, in vista di un convegno regionale fra la FGEI e le Comunità di base su questo tema. Il
servizio del banco di libri alla
uscita della chiesa è svolto con
costanza e con precisione ed è
apprezzato dalla Comunità. La
Unione Femminile, oltre alla
preparazione del Bazar di dicembre, ha svolto una serie di
studi sul Culto seguendo il materiale preparato dalla FFV. È
previsto che quando la Comunità affronterà il tema in una
serie di culti, uno sarà « gestito » completamente dall’Unione
femminile che darà alcuni risultati della sua ricerca. Nel
mese di novembre si è avuta
una serie di culti centrati su
« Educazione e fede ». La preparazione degli stessi è stata
curata da un gruppo di una
trentina di persone che si sono
riunite settimanalmente durante tutto il mese. L’ultima domenica il culto ha avuto carattere
assembleare con ampia discussione.
Via IV novembre
Quest’anno è stata particolarmente provata dalla dipartita
di diversi fratelli e sorelle che
ci hanno lasciato per una Patria migliore, là ove egoismo
e violenza non hanno radici. Non
potendo elencare tutti i nomi,
ci limitiamo a ricordare che il
nostro Consiglio di Chiesa è
stato particolarmente colpito
dalla morte dei diaconi Costantino Vitaletti e Franco Gessner.
Sempre per quanto riguarda il
Concistoro, lo stesso è stato di
recente integrato con le nomine dei diaconi Luigi Castorina,
Mario Tron e Lidia Caprina
ved. Vitaletti.
Siamo stati lieti di ospitare
domenica 13 novembre ’77, per
il loro convegno cón culto comunitario, i membri delle varie
Chiese dei Fratelli residenti in
Roma.
L’istruzione religiosa si svolge con buona partecipazione ed
impegno dei ragazzi delle classi bibliche e dei bambini della
Scuola Domenicale; al riguardo
si è avuto un incontro con i genitori dal quale è emersa la necessità di una maggiore preparazione biblica degli stessi, in
modo da poter adeguatamente
seguire ed affiancare i propri
figli.
Sentita e viva la partecipazione di diversi membri della Comunità alle riunioni del Gruppo Interconfessionale composto
da credenti delle due Chiese
Valdesi di Roma, dalla Chiesa
Metodista di Via Firenze, da
laici cattolici, da Suore Francescane Missionarie e da Seminaristi del Seminario Romano
Maggiore.
Il Gruppo Giovanile, pur non
essendo associato alla FGEI,
svolge una intensa attività centrata alla luce dell’Evangelo su
quanto oggi occupa e travaglia
la vita dell’uomo. Inoltre nell’ambito di una maggiore responsabilità ecclesiastica ha studiato, con la partecipazione di
membri della Comunità, i « Regolamenti » varati dal Sinodo
sulle Persone nella Chiesa ed ha
dibattuto il problema dell’insegnamento e trasmissione della
fede.
Positiva l’attività femminile
con risultati di particolare spicco del bazar d’inverno.
I nostri locali hanno ospitato
domenica 27 novembre ’77 per
una riunione aperta a tutti, indetta dagli aderenti TEV in Roma, un consistente gruppo di
fratelli delle Chiese Valdesi e
Metodiste di Roma e di Napoli,
alcuni rappresentanti della Facoltà Valdese di Teologia, un
gruppo di fratelli di Chiese non
federate ed altre persone interessate a conoscere le origini e
gli scopi della TEV. La riunione, oltre ad un tempo di preghiere spontanee, ha formato
oggetto di un ampio e fraterno
scambio di pareri.
Domenica 29 gennaio ’78 il
culto è stato presieduto dal pastore Tullio Vinay che ci ha rivolto un forte messaggio ; nel
pomeriggio il pastore Vinay si
è incontrato con uh consistente
numero di membri della Comunità con i quali ha avuto un
fraterno e chiaro scambio di
opinioni sulle forme della presenza del cristiano nella nostra
società.
COLLEFERRO
FERENTINO
La testimonianza di queste
due Comunità, curate dal pastore T. Fanlo, si muove prevalentemente con una partecipazione, nel senso del vivere assieme, con la popolazione locale, la cui esperienza quotidiana
è costituita da un non facile
impegno di lavoro per procacciarsi il necessario.
Il cristiano in questo ambiente ha certo qualche cosa da dare in ogni senso, ispirandosi
particolarmente alla esortazione di Paolo a Timoteo ; « Sii
d’esempio... » (F Timoteo 4,
vers. 12).
È questo il significato della
esistenza di queste Comunità
che, nella loro semplicità, avvertono l’importanza di un modo di vivere e di testimoniare
che ha il suo specchio nell’agàpe del Cristo.
Il lavoro pastorale in quelle
zone è un continuo sforzo di
creare collegamenti tra le molte famiglie disperse nelle campagne ed i piccoli nuclei di
credenti residenti nei luoghi ove
esistono i locali di culto.
Non facile in fatto di ricettività deU’annunzio della Parola
la vita di queste due Chiese. Il
pastore Capella è affiancato, in
entrambe le località, oltre che
da un ben radicato gruppo di
credenti, da giovani che avvertono in modo concreto che la
testimonianza, oggi, particolarmente in ambienti industriali,
non può essere disgiunta da una
concreta visione dei proWemi
sociali del nostro mondo. Suggestivo, quindi, questo essere
credenti in una dimensione diversa dal tradizionale, che consente esperienze nuove, dove
l’Evangelo emerge come essenza di vita, al disopra di ogni
ideologia umana.
Degno di nota il poco, ma significativo, che si riesce a compiere quanto a vita comunitaria in Forano, dato che buona
parte dei Membri di quella Comunità gravitano per motivi di
lavoro su Roma, con grande dispendio di tempo e di disponibilità personale.
Abbonamenti
Eco-Luce
Non possiamo dirci soddisfatti della campagna abbonamenti
che ha interessato tutte le Comunità; ci auguriamo che i fratelli che hanno accettato l’incarico di svolgere una più capillare azione promozionale possano entro breve ottenere risultati più soddisfacenti.
IL CRITERIO
PER GLI INDIRIZZI
Caro Direttore,
nel numero del 3 febbraio un lettore
commenta le maniere diverse in cui nel
Notiziario del Culto Evangelico vengono dati gli indirizzi. Forse interessa ai
lettori sapere che cerchiamo di adottare un criterio preciso, ossia di rispondere alle esigenze degli ascoltatori. Per
molti di loro l’essenziale è di avere un
notiziario ascoltabile, quindi semplice,
senza troppi indirizzi e numeri complicati; per altri si tratta di conoscere
certi indirizzi esatti. Tra queste esigenze diverse cerchiamo di trovare di
volta in volta la via di mezzo che risulti più utile al maggior numero.
Un cordiale saluto.
Per il Servizio
Stampa - radio - televisione
Aldo Comba
CONCILIAZIONE
DAL BASSO
Egregio Sig. Direttore,
domenica 5 febbraio, a Torre Pollice, ho avuto il piacere dì assistere ad
una conferenza suirecumenismo con
l’intervento di oratori qualificati quali
Tortodosso Timiadis, il Cardinale Pellegrino per la Chiesa Cattolica ed il
pastore Conte per la parte Valdese;
gente indubbiamente competente e buoni oratori i quali, però, hanno ribadito ancora una volta le tesi che si dibattono da tanto tempo con risultati
molto modesti in rapporto ai « fiumi »
d’inchiostro già consumati ed alla miriade di parole spese a tale scopo.
Su r« Eco delle Valli » n. 5 del 3
febbraio ’78 ho letto la polemica sorta
a Firenze, fra cattolici e protestanti,
in merito alla settimana di preghiera.
Polemica che ha messo in evidenza
quanto sia ancora lontano un accordo
fra le varie chiese.
Sono nato e cresciuto a Pramollo dove mi reco ancora saltuariamente con
piacere. Durante la mia gioventù i
Valdesi ed i Cattolici, nettamente divisi in zone, si sopportavano appena; si
trovavano in trattorìa (alle Rue) ma se
potevano farne a meno non si sedevano
allo stesso tavolo. Gli scambi commerciali fra di loro erano limitati al massimo possibile. NeH’ultimo dopoguerra queste situazioni si sono lentamente attenuate fino ad esaurirsi del tutto
in questi ultimi anni. Il lavoro gomito
a gomito nelle fabbriche; la motorizzazione che permette di spostarsi con
maggiore facilità hanno indubbiamente
• contribuito a conciliare gli uni con
gli altri.
Dopo queste considerazioni sono del
parere che l’ecumenismo potrà realizzarsi più facilmente se partirà dal basso verso l’alto e non viceversa. Un contributo non trascurabile l’hanno dato
i cattolici con la celebrazione della
messa in lingua italiana rendendola
comprensibile a chi il latino non ha
potuto studiarlo e sono la grande maggioranza.
Quindi il prete ed il pastore dei piccoli centri incomincino (tutti) a frequentarsi e stimarsi a vicenda. I bambini siano favoriti nei loro incontri
senza pregiudizi. Ben vengano le riunioni a carattere religioso e sociale, trascurando, nel limite del possibile, la
politica (che divìde).
È vero che i Valdesi sono stati perseguitati e massacrati dai Cattolici ma,
da quei tempi ad oggi, le cose sono
cambiate. La luna che sembrava la mèta irraggiungibile è stata calpestata dagli astronauti. Le borgate, anche quelle più isolate, sono state raggiunte dalla radio e dalla televisione e tutto que
sto per volontà di Dio unico Signore
di tutti i cristiani.
Un grazie riconoscente per l’eventuale pubblicazione e cordiali saluti
Alberto Long, Pinerolo
AVVICINAMENTO
FRATERNO
E SORDIDA
COMPETIZIONE
Caro Direttore,
concordo in pieno con quanto dice
Marcella Gay nel numero del 17 febbraio riguardo a M. Bongiorno ed ài
suo programma. Aggiungo che queste
ormai troppo numerose trasmissioni sono anche ineducative, in quanto contribuiscono a dare incremento ad uno
smodato desiderio di guadagnar denaro
con metodi apparentemente laboriosi,
ma in realtà fondati solo su abnormi
sforzi di memoria che sono il contrario
di quello che occorre per crearsi una
cultura. Ed inoltre: quale impressione possono fare questi milioni guadagnati in un minuto su chi, lavorando
sodo e onestamente, non riesce a vederne nemmeno uno in due o tre mesi?
Quanto migliore il a Portobello »
con la sua impronta umana, aperta a
tutti, che favorisce l’avvicinamento
fraterno anziché la sordida competizione fra i concorrenti!!
E mi rallegro per questa nuova rubrica : abbiamo qualche cosa da dire
anche sui più diflfusi mass-media.
Saluti fraterni
Lino De Nicola, San Remo
LA QUESTIONE
PALESTINESE
Un lettore esprime dissenso dalVarticolo « Egitto e Israele dialogo interrotto » apparso nella rubrica « La settimana internazionale » curata da Tullio Viola. Riportiamo la parte centrale
della sua lettera:
...Al dire di questo suo valido collaboratore, gli attuali ebrei, nel territorio che le grandi pre-potenze hanno loro assegnato sono degli invasori maleducati e prepotenti, a tutto scapito di
quei poveri palestinesi che qualche secolo fa si sono installati in Palestina.
Così la pensa il valente addetto alla
(( Settimana internazionale ». Per lui i
massacri di milioni di ebrei, perseguitati, scacciati, vilipesi, torturati, colpevoli solo di voler vivere nella terra
dei loro avi, dei profeti, degli apostoli
e persino di Cristo, sono, lo scrive nel
suo articolo, dei sofismi.
Niente da dire! e in questo si trova
in compagnia dei comunisti che per ragioni meramente politiche difendono
quei poveri palestinesi e i loro compatrioti arabi, ricchi di miliardi e di territori smisurati, che non solo non trovano onesto cedere a questa brava gente un palmo dei loro terreni né un eurodollaro, ma li fanno massacrare dai
loro « kurdi » (...).
Federico Schenone, Genova
PREGHIERA
agli ABBONATI
Per facilitare il lavoro
della nostra amministrazione, si pregano gli abbonati che rinnovano il loro
abbonamento a voler sempre indicare con chiarezza
il nome e l'indirizzo stampato sul giornale, soprattutto quando il versamento sia fatto da persona diversa dall'abbonato stesso.
Grazie!
COMO
Una fotografia viva
Penso sia bene dire, ogni tanto,
quello che succede di diverso dal
solito, nelle nostre comunità. Noi,
per esempio, abbiamo avuto, con
grande gioia, il privilegio di avere nella nostra sala, dall’ll al 19
c. m. la mostra del signor Guido
Odin. Dire che le sue fotografie
sono bellissime, è un’espressione
banale. Sono qualche cosa di
molto di più. Perché vi prendono
e vi affascinano; i monti delle nostre Valli, i fiori ed ogni filo d’erba che vi sembra di poter cogliere, la fatica del lavoro nei campi, le espressioni del viso, sapute
afferrare nella purezza del costume valdese, in ogni ruga del volto delle persone anziane, nelle
quali si può leggere tutta una
vita e, per non dilungarmi troppo, dirò solo ancora; i rifugi, le
case di pietra, ogni sasso che, senza che ce ne accorgiamo, ci riportano nel passato, nella vita
combattuta dai nostri avi in difesa della loro fede, di quella fede
che vorremmo veder rinascere in
tutte le nostre comunità perché
vi soffi veramente uno spirito
nuovo che sappia portare al mondo un messaggio di rinnovamento, di vita vera, di pace. Il signor
Odin, dipinge con la sua macchina, ma più ancora con l’anima e
per quello che ci ha dato con la
sua mostra e con la sua profonda
sensibile umanità, noi gli diciamo grazie, grazie di tutto cuore.
L.M.R.
3
m
3 marzo 1978
I MINISTERI NEL METODISMO
La Teologia delle cose concrete
Nel suo libro « Methodism »,
nel quale considera il metodismo come un modello di vita
cristiana presente in vari stadi
della storia della chiesa, Rupert
Davies elenca alcune caratteristiche del metodismo fra cui
« lo sviluppo dell’ordine ecclesiastico in cui i laici procedono
a flanco del pastore consacrato,
con funzioni diverse, ma ugualmente essenziali, i primi condividendo con i secondi il compito della predicazione, della cura pastorale, della amministrazione degli affari ecclesiastici ».
Si tratta di una visione dei ministeri che non è frutto di ampie ed approfondite elaborazioni teologiche, ma piuttosto imposta, direi, dalla situazione,
una risposta a delle esigenze
reali e contingenti. Una risposta alla necessità di crearsi gli
strumenti più idonei alla predicazione dell’Evangelo in una
specifica situazione storica e
spirituale. Non si tratta quindi
unicamente di un sano pragmatismo anglosassone. Nel movimento metodista troviamo un
interessante esempio di come
storia e teologia, fede e problemi sociali non procedono autonomamente con interessi diversi, ma continuamente si incalzano, si arricchiscono, in fondo
crescono insieme senza per questo scadere in quel fenomeno
che nei nostri giorni si chiama
integrismo.
Clargymen
Come è noto, Giovanni e Carlo Wesley erano due clargymen
della chiesa anglicana, nati all’inizio del 1700, Agli di Samuele, rettore di una parrocchia anglicana. La loro teologia di partenza è quella anglicana, ed è all’interno della chiesa anglicana
che volevano continuare ad operare. Solo dopo la morte di Giovanni il movimento assunse tutte le caratteristiche di una chiesa autonoma. Fondando un
gruppo «il club dei santi» o «dei
metodisti» nell’università di Oxford, intesero avviare u:a movimento di base di risveglio e non
fondare una nuova chiesa. Caratteristiche del gruppo ; preghiera, esame spirituale di se
stessi, frequente partecipazione
alla S. Cena, studio regolare
della Bibbia, conversazioni su
temi religiosi. Nello stesso tempo raccolgono denaro per mandare avanti una piccola scuola,
visitano i poveri, si occupano
dei carcerati, dei condannati a
morte.
L’attività del gruppo si estende un po’ in tutto il Paese; si
sviluppa la predicazione all’aria
aperta, in particolare fra gli operai ed i minatori. Sorgono così
un po’ ovunque dei gruppi che
vengono chiamati « società »,
aggregazioni di coloro che aderiscono al movimento metodista. Nei primi tempi il lavoro
è retto dal gruppo di pastori e
studenti in teologia che avevano fatto parte del « club dei santi » : predicano, viaggiano, mantengono i contatti fra le « società ». Ma ad un certo momento
il gruppo non basta più ed allora si « inventano » i predicatori laici, uomini e donne, spesso provenienti da ambienti
umili.
Società, classi,
discipline
Nell’ambito delle « società »
nascono le classi di cui è responsabile un laico, che svolge
una vera e propria cùra pastorale: «Tocca ad ogni capo-classe visitare ciascun membro della sua classe almeno una volta
alla settimana per accertare come la sua anima prosperi; per
consigliare, rimproverare, esortare, consolare, secondo il bisogno ; per raccogliere le offerte
volontarie per i poveri ». Nelle
« classi » i membri delle « società» sono maggiormente coinvolti in una precisa responsabilità
per una reciproca Crescita nella
fede : « Molti sperimentavano
ora una fraternità cristiana della quale prima non avevano avuto forse neppure l’idea. Cominciavano a portare i pesi gli
uni degli altri e a soccorrersi reciprocamente». È nell’ambito
delle « classi » che si esercita
la disciplina. Estendendosi numericamente le « società » si
affittano o si costruiscono, per
lo più con l’autotassazione, delle sale per le riunioni che non
vengono chiamate cappella, chiesa o tempio, ma « casa di predicazione ». Queste sale non vengono usate dai metodisti soltanto per la predicazione, ma
anche come farmacia, mensa,
orfanotrofio e per altre opere
sociali.
Quali sono i capisaldi del
quadro teologico che si è venuto
formando?
È importante accennarne per
TRIBUNA LIBERA
Concordato e Intese
Complimenti a Marco Davite per la
sua chiara esposizione del dibattito
svoltosi neirullimo campo invernale di
Agape sull’annosa questione delle « intese » (cfr. La Luce del 27.1.78): le
tesi (( provocatorie » sono sempre stimolanti, specie quando cercano di dissipare iperplessilà od equivoci. Ora,
Topinìone secondo cui « alla FGEI interessa abbastanza poco la questione
delle intese quanto piuttosto quella della predicazione alla società civile »,
bastando in fondo a limitarsi alle garanzie costituzionali », coincide stranamente — e ne sono lieto — con
quanto ebbi a dire lo scorso ottobre ad
una tavola rotonda organizzata a Pozzuoli sulVintolleranza religiosa durante
il ventennio fascista, presenti i colleghi Ulianich di Napoli e Maselli di Firenze (cfr. La Luce del 23.12.77).
In tale occasione, nell’ardore della
discussione, mi si sono chiarite certe
idee, che da tempo mi frullavano nel
cervello, convincendomi sempre più
che, comunque si voltino e si rivoltino
le cose, le « intese » rischiano di passare per dei concordati, sia pure dei
mini-concordati. Etimologicamente, se
non semanticamente parlando, il termine « intesa » richiama il verbo « intendersi », cioè mettersi d’accordo,
concordarsi. Ora è vero che le « inte
se » non significano necessariamente
richieste dì privilegi. Secondo l’ottica
delle minoranze religiose — e in particolare delle chiese rappresentate dal
Consiglio Federale — lo stato verrebbe
coinvolto non per convalidare o conferire situazioni di privilegio, bensì per
impedire attacchi alla libertà religiosa.
Se ciò è vero, si tratta pur sempre di
concordato, e magari i concordati fossero sempre cosi, ispirati congiuntamente agli artt. 2, 3, 19 e 21 della
Costituzione. Ma queste inequivocabili
garanzìe costituzionali sui diritti inviolabili deH’uomo, sulla pari dignità sociale dei cittadini, sulla libera profes
sione della propria fede religiosa e
suiraltrettanto libera manifestazione
del proprio pensiero, sono gravemente
inficiati dagli artt. 7 e 8, che sanciscono una discriminazione nettissima tra
la Chiesa cattolica e le confessioni religiose diverse dalla cattolica, ivi compresi gli Ebrei.
Un altro equivoco serpeggia nelle
nostre file : chi propende per la revisione del Concordato, in ciò spalleggiato dai comunisti che a suo tempo
furono i maggiori responsabili del nonsenso costituzionale deH’introduzione
dei Patti Lateranensi, chi invece ne
vuole l’abrogazione. Ma se cade il concordato, cadono con esso le intese. Per
me, più e meglio che i laici, dovrebbero essere le chiese ad essere radicalmente abrogazioniste. Si dice e si scrive che « le intese sono una predicazione allo stato ». Non vedo formula
più equivoca di questa. Se s’invoca una
« demistificazione teologica del cattolicesimo » altrettanto si dovrebbe invocare una « demistificazione politica dello
stato ».
Ma che cos’è lo stato, che cos’è la
chiesa? Due domande in apparenza
banali, che c’impegnano non solo come cittadini, ma anche come credenti.
Quale risposta fu data ad Agape? Ce
n’è d’avanzo perché il dibattito contìnui anche sulle colonne de La Luce.
Giovanni Gönnet
ché ne deriva la concezione dei
ministeri fra i metodisti.
1 - La conversione di tutti gli
uomini che sono per natura
« morti nel peccato ». Conversione è sostanzialmente accettazione dell’offerta di grazia di
Dio.
Santificazione
2 - Giovanni Wesley ed i metodisti hanno molto sottolineato la « santificazione », che possiamo — tutto sommato — considerare il centro della loro
predicazione.
La chiesa esiste in vista della
santificazione del mondo. Non
c’è una santità interna alla chiesa ed una esterna. La prima è
«la radice», la seconda il frutto. « G. Wesley avvertiva che
poteva esserci una pseudo-santità che esauriva se stessa con e
nei moti del cuore, degradando
così, la santità ad un corrotto
misticismo o pietismo» (B. Kissack: I valori permanenti del
Metodismo, pag. 13). Un’altra
forma di santità considerata
falsa da G. Wesley è quella
« consistente nell’avere l’aspetto
della pietà senza possederne la
sostanza, che rappresenta l’avvilente condizione nella quale la
religione, quando diventa istituzione, corre sempre il rischio di
cadere » ( R. Kissack, opt cit.,
p. 13).
Che cosa è allora santità nel
pensiero metodista? « La santità è... la vita di Dio nell’anima
dell’uomo, l’immagine di Dio
impressa nuovamente nel cuore, il rinnovamento di ogni pensiero dell’anima, per essere conforme al pensiero di Colui che
l’ha creata» (Wesley: Journal,
14 ott. 1738) « Ho detto che la
santità è l’amore, l’amore di
Dio e del nostro prossimo »
(Wesley: Lettere, V, 101). Rinnovamento, amore : la santità
si traduce in un rinnovamento
dell’uomo e della società, nell’avanzamento sociale, nel rinnovamento deH’ambiente. Uno dei
più importanti libri sul rapporto tra la predicazione e l’opera
dei metodisti ed i problemi sociali dell’Inghilterra del 1700 è
il libro di J. Bready il cui titolo
sintetizza bene i risultati ed il
senso di quel rapporto : Inghilterra, prima e dopo Wesley.
3 - Lo Spirito Santo è Dio all’opera nel momento in cui stiamo vivendo e che « ci affonda »
nel nostro tempo e nei suoi problemi.
Come dicevo all’inizio, per i
metodisti teologia e momento
storico non procedono separatamente; la loro teologia è cresciuta con la presa di coscienza dei problemi sociali e con
l’assunzione di precisi impegni
per la loro soluzione. In questo
quadro comprendiamo la concezione metodista di chiesa e di
ministeri che ne derivano.
Chiese
La Chiesa. È la somma di tutti coloro che accettano l’offerta
della grazia di Dio. I metodisti
non pensano alla chiesa come ad
una istituzione, una realtà a sé
diversa e separata dal mondo,
né il luogo privilegiato dell’opera di Dio. I metodisti non credono che una qualsiasi forma
di organizzazione o di ministero sia stata fissata da Dio una
volta per sempre. La chiesa è
piuttosto un movimento, una
possibilità dello Spirito Santo e
sotto la sua guida può cambiare la sua organizzazione se ciò
può metterla meglio in grado di
raggiungere il suo scopo, che è
quello della predicazione in vista della conversione e della
santificazione. « Un altro valore
permanente del metodismo è
fornito dall’enfasi che il metodismo pone nel proclamare che
la chiesa, in ogni palpito della
sua esistenza, deve vivere, pensare ed organizzarsi secondo i
bisogni della generazione in cui
sta vivendo (R. Kissack: op.
cit., p. 20). In questo contesto
la « successione apostolica » è
la catena che si forma ovunque
un credente predica l’Evangelo
della grazia ed un altro lo accetta per fede.
Ogni cristiano è un sacerdote, in ogni momento può essere
« usato » dallo Spirito Santo, e
PROTESTANTESIMO IN TV
20 Febbraio, ore 23 circa (pare
inevitabile il solito ritardo sullora
fissata): Protestantesimo va per la
prima volta in onda, secondo il
nuovo calendario, il lunedì sera,
prima del TG2. E’ forse presto per
azzardare previsioni ottimistiche,
ma si spera che la nuova collocazione infrasettimanale della rubrica
dia agio ad un più ampio raggio
di telespettatori, protestanti o no,
di seguire la trasmissione. E questa
volta l’area di interesse che Protestantesimo investiva era davvero
tale da suscitare l’attenzione non
pre meno « istituto » : si fanno modifiche interne, si tende a creare un
ritmo di vita comunitario in cui i
ragazzi si sentano non degli « assistiti », ma dei protagonisti. Si lavora insieme, si organizza il tempo
libero, ci si riunisce in assemblea
per discutere i problemi che emergono di volta in volta e gli educatori non sono più i depositari dell’autorità, i tutori della disciplina,
ma un sostegno che aiuta il ragazzo a capire il proprio comportamento, ad auto-analizzare la propria evoluzione. In questo modo si
/ ragazzi del Gould
solo di chi già conosce gli aspetti
e i problemi deU’assistenza ai minori, ma intendeva soprattutto sensibilizzare tutti coloro che per assistenza intendono ancora « istituto », o peggio, ente dì carità. Per
affrontare questo problema cosi vasto e complesso, la rubrica ha presentato, attraverso una serie di
spaccati filmati e di interviste ai ragazzi ed agli educatori, il lavoro
svolto al Gould di Firenze. Da una
parte un palazzo antico, dagli ambienti inadeguati, un quartiere centrale della città toscana con poco
spazio verde, un’istituzione assistenziale nata dall’iniziativa di due coniugi americani neU’Italia post risorgimentale e sulla scia della tradizione pedagogica pestalozziana e
dall’altra la realtà di ragazzi provenienti per lo più dal Sud, da famiglie spesso smembrate e con alle
spalle grc^si problemi di emarginazione, di solitudine e di disadattamento.
Da parte degli educatori la volontà di trasformare le strutture a
loro disposizione per creare intorno a questi ragazzi un calore che
sostituisca, seppure parzialmente,
quello della famiglia. Il Gould dunque diviene poco per volta sem
cerca anche di facilitare l’inserimento del minore all’interno della
istituzione scolastica e spesso, se
nascono dei problemi in classe, ciò
diviene quasi salutare per la scuola
che è costretta a rivedersi e ad
abbattere le proprie certezze. In
questo quadro qual è il posto della
testimonianza evangelica? Il programma, a parer mio, metteva
molto bene in evidenza questo punto, spesso fonte di critiche e di dispute all’interno della chiesa, riguardo alle (c opere ». Forse si potrebbe dire con Marco Jourdan, direttore ed educatore del Gould, che
tentare di educare dei ragazzi alla
libertà creando uno spazio di vita
comunitario, laddove non siano
possibili altre soluzioni migliori
(adozione-affidamento), è già uno
sforzo di testimonianza. Così come
potrebbe esserlo il volere una comunità di ragazzi aperta alle esigenze e alle iniziative dell’esterno
per una presenza valida e attiva
all’interno del quartiere, seguendo
il desiderio che già animava le prime comunità fiorentine e che si ritrova in comunità di base come
quella dell’Isolotto, per una sempre maggiore prassi di fedeltà all’Evangelo.
Lucilla Pellenco
a questo deve essere sempre
pronto. Nelle « società », nelle
« classi », nei circuiti, in ogni
settore numerosi uomini e donne, pur continuando nel loro
impegno professionale, si occupano deirinsegnamento, della
predicazione, della amministrazione, deirassistenza. Tutti impegnati secondo i doni che hanno ricevuto.
Esistono, infine, i pastori consacrati, ma nessun incarico è
loro riservato in maniera esclusiva. Giustamente s. Carile, nel
suo libro « Attualità del pensie
ro teologico metodista », li definisce « coloro che potremmo
chiamare i tecnici della teologia ».
Questo, in sintesi, il pensiero
del metodismo al suo sorgere.
Cosa pensa il metodismo, ed in
particolare quello italiano, sulla chiesa e sui ministeri è interessante in particolare nella fase di integrazione che le chiese
valdesi e metodiste stanno vivendo. Sarà oggetto di un successivo intervento.
Valdo Benecchi
echi dal mondo cristiano
a cura di BRUNO BELLION
Un’idea originafe
Al termine deH'azione annuale delle chiese evangeliche della
Repubblica Federale Tedesca
per la raccolta di fondi destinati a sostenere progetti di aiuto
ai paesi poveri, conosciuta col
nome di « pane per il mondo »,
i pastori delle chiese di NeuUlm hanno per un giorno indossato i vestiti da cameriere ed
hanno servito nei locali pubblici della città. Essi hanno raccolto in un giorno più di 800.000
lire.
Secondo le dichiarazioni di
uno di loro è stata un’esperienza estremamente interessante.
« Peccato — egli ha detto — che
non sia possibile almeno per un
giorno uno scambio di ruoli più
esteso. Se il ministro della pubblica istruzione potesse diventare scolaro, se uno scolaro potesse diventare maestro, se i
vecchi potessero per un giorno
ridiventare giovani ed i giovani
vecchi, ci sarebbe maggiore
comprensione reciproca e molta
più tolleranza ».
Per il 25 maggio. Corpus Domini, si incontreranno a Stoccarda gli aderenti a movimenti
di tipo « confessante » per la
quarta « giornata sotto la parola ». Partendo dalle esperienze
degli anni passati si calcola che
i partecipanti saranno non meno di 40.000 e si confronteranno
con la parola biblica « Tutto è
vostro — voi siete di Cristo ».
Vi saranno undici diversi temi e particolare attenzione viene riservata ai bambini ed ai
giovani.
La responsabilità dell’organizzazione è affidata a un « gruppo di lavoro per la Bibbia e la
confessione », che vuole « impegnarsi perché il messaggio biblico rimanga inalterato e completo, invitare gli uomini del
nostro tempo, con mezzi nuovi
o tradizionali, a credere in Gesù, edificare comunità e prsparare i credenti per il servizio da
rendersi sia con la parola sia
con l’azione ».
Accordo ocumenico
Cinque chiese cristiane del
Ghana hanno siglato un documento di reciproco riconoscimento della validità del battesimo, a condizione che sia amministrato « secondo una forma adeguata al comandamento di Cristo ». Le cinque chiese firmatarie
(cattolica, anglicana, presbiteriana, evangelica e metodista) si
impegnano inoltre a fare il possibile per superare le difficoltà
che ancora sussistono nel dialogo tra i credenti.
4
4
A cura della Federazione
Femminile Valdese
Il diritto di ì
U
assistenza ai bambini ebbe molta importanza nel mondo biblico. Tutto il popolo d'Israele
partecipava con le decime — praticando una sorta di previdenza sociale — alla sopravvivenza
dell'orfano (Deut. 26, 12), mentre delle leggi punivano coloro che ne violavano i diritti (Dèut. 27, 19).
Quanto all'adozione, questo istituto fu ben noto nella Grecia e a Roma dove aveva come scopo
principale quello di accrescere il numero, e quindi l'importanza, della famiglia adottante.
Nel medioevo i conventi cominciarono ad accogliere bambini abbandonati e più tardi furono aperti orfanotrofi,
opera che la Riforma incrementò e che il Pietismo ampliò. Ma fu solo l'Illuminismo a dare all'assistenza
delle basi nuove rinnovando metodi educativi insufficienti.
Un codice importante fu legalizzato da Napoleone nei primi anni del 1800, ma esso tutelava soprattutto
gl'interessi della famiglia adottante, avendo come fine principale quello di dare una discendenza
a chi non ne aveva, in omaggio al principio che «l'adozione imita la natura». Questa prassi durò,
da noi in Italia, fino al 1942 quando il codice civile, pur mantenendo le caratteristiche precedenti,
cominciò a sentire l'esigenza di tutelare anche l'interesse del minore e fu creato l'istituto dell'affiliazione
con scopi assistenziali.
Intanto la coscienza sociale si andava maturando, la psicologia dimostrava la necessità che il ragazzo
avesse una famiglia perché ci fosse in lui crescita armonica e la più gran parte di criminalità minorile
si rivelò dovuta a carenze affettive. Queste e altre considerazioni portarono alla legge del 5.6.1967
che istituì l'adozione speciale.
Dando preminenza al diritto del ragazzo a una piena educazione; limitando i diritti della famiglia d'origine;
ritenendo che i vincoli dell'amore prevalgono su quelli del sangue; dando spazio all'intervento del tribunale
che può portare a una vera espropriazione del minore da una famiglia che non adempie ai suoi doveri,
la legge del 1967 ha voluto che lo Stato potesse dare al bambino, privo di famiglia o figlio di famiglia
non idonea, un'altra famiglia, interrompendo ogni legame con quella d'origine.
All’ospedale di X
— Non si può credere quanti
siano i casi di ricovero di bambini
in ospedale, dovuti a cause di maltrattamento — afferma una infermiera. — È sempre la stessa cosa:
i bambini ci vengono portati per
un’inezia e poi si rivelano lacerazioni, bruciature, morsi, gonfiori,
emorragie, strappi muscolari di
cui i genitori danno una spiegazione più o meno credibile —.
svilup
Nascite sfortunate
— Un pericolo grave presenta il
travaso di sangue airinterno del
cranio, che si produce in seguito
a scosse violente e può portare alla morte se non si interviene in
tempo. Le radiografìe mostrano
talvolta una serie di vecchie fratture ossee dovute a maltrattamenti ripetuti —.
legislazione e servizi sociali
Come in tutti i paesi anche in Italia la situazione
dell’infanzia abbandonata è tragica. Migliaia di istituti, brefotrofi, orfanotrofi gestiti da enti religiosi e
privati, sparsi in tutto il paese, ospitano bambini
esposti (non riconosciuti dai genitori alla nascita).
bambini tolti alla famiglia (che il Tribunale per i
Minori ha sottratto alla patria potestà perché maltrattati o tenuti in una situazione di abbandono),
bambini che la famiglia non è in grado di mantenere, di educare, ecc.
Pino all’entrata in vigore della
nuova legge sull’adozione speciale
(5.6.1967 n. 431), l’unica soluzione
per questi bambini era quella dell’adozione da parte di famiglie disponibili. La vecchia legge però,
essendo fondata sul principio che
l’xmico' legame- vero tra genitori e
figli è quello « di sangue » e quindi
una famiglia adottiva non può sostituire quella vera, non prevedeva la rottura definitiva tra il bimbo adottato e la famiglia d’origine.
Questo scoraggiava molte coppie che desideravano adottare un
bambino, perché il nuovo legame
che si creava non era a tutti gli
effetti completo e definitivo. In più
si aggiungeva l’interesse degli istituti privati a scoraggiare l’adozione, che minacciava di svuotare gli
istituti e di sottrarre al dominio
religioso cosi grossa fetta delle
competenze assistenziali e delle
sovvenzioni pagate dallo Stato e
dagli Enti Locali sotto forma di
rette.
vengono denunciati dalle comunità
in cui vivono e il Tribunale li giudica dannosi per il bambino, quest’ultimo ha diritto - a essere tutelato. Positivo è anche il fatto che
la tendenza attuale da parte del
Tribunale per i Minori è di non
servirsi più della Polizia Femminile o degli Enti privati per fare le
indagini sullo stato di abbandono
dei bambini e sulle coppie che fanno domanda di adozione, ma di
richiedere la consulenza ai Servizi
pubblici degli Enti Locali (Comuni, Provincie, Consorzi socio-sanitari).
problemi aperti
la nuova legge
La nuova legge sull’adozione speciale si basa sul concetto che la
vera famiglia del bambino è quella che risponde ai suoi bisogni e
non necessariamente quella <( di
sangue ».
Una volta che il Tribunale per i
Minori ha, dopo lunghe indagini,
appurato che un certo bambino
vive nella famiglia di origine in
stato di abbandono morale e materiale, dichiarandolo adottabile
spezza definitivamente ogni legame tra bambino e genitori e lo affida in adozione speciale ad una
coppia, appositamente scelta tra
quante desiderano un bambino.
Dopo un periodo di prova, il bambino diventa, a tutti gli effetti, figlio della coppia adottante.
La positività di questa legge
consiste nel fatto che non si considera più il minore come una proprietà dei genitori. Se questi ultimi
« In tema di adozione speciaie la legge 431 mira a tutelare unicamente l’interesse
del minore a svilupparsi in
seno ad una famiglia cui'sia
legato da vincoli affettivi e
pertanto la legge non ravvisa alcun diritto intangibile
dei genitori sulla loro prole,
allorché l’interesse di questa
chiaramente risulti compromesso, per la possibilità di
altre più soddisfacenti sistemazioni. Infatti (...) il nucleo familiare viene tutelato
dall’ordinamento solo nella
misura in cui appare rispondente alla sua fondamentale
funzione di assicurare lo sviluppo della personalità dei
figli ».
(Sentenza della Corte di
Cassazione 5.1.1972, n. 11, in
Dir. famiglia 1973, n. 958).
Rimangono aperti una serie di
problemi. Prima di tutto il carattere poliziesco che assumono gli
interventi del Tribunale : lo stato
di abbandono in cui vive un barnbino in famiglia, la violenza a cui è
sottoposto, nion sono frutto di
crudeltà dei genitori, ma sono manifestazioni del disagio e della sofferenza che i genitori vivono perché sottoposti a difficoltà di sopravvivenza (povertà, disgregazione, disoccupazione) o all’emarginazione sociale. Intervenire in difesa
del minore significa salvare solo
l’anello più debole della catena ed
è utile farlo. Ma questo intervento
non rimuove le cause delle sofferenze della famiglia. Più corretto
l’intervento globale che prevenisse
le violenze e permettesse alla famiglia di assolvere le sue funzioni
affettive e materiali.
Ma questo intervento globale —
prevenire cioè gli stati di abbandono dei bambini — può avvenire
solo nell’ambito di un sistenia politico-sociale in cui non vi sia miseria, disoccupazione, disgregazione sociale, emigrazione, emarginazione. Non può essere perciò compito di servizi assistenziali. Questa
è la contraddizione in cui si dibattono i servizi degli Enti Locali che,
di fronte a situazioni ormai degenerate, spesso non possono che
intervenire prendendo atto di rapporti ormai insanabili tra genitori
e figli.
Un altro problema è quello delle coppie chè fanno domanda di
adozione. Capita che ci siano coppie che non potendo avere figli
sentano bisogno di un figlio perché la vita a due non basta loro.
Un bambino adottato per risolvere problemi di coppia, rischia di
essere soffocato, infelice, disadattato. Ovviamente non è sempre cosi,; ma la scelta fra le coppie che
fanno domanda al Tribunale richiederebbe un lavoro molto più
lungo e approfondito e ovunque
affidato a servizi pubblici, non a
Enti privati portatori di valori obsoleti e moralistici.
Terzo problema è la concezione
ancora residua nella mentalità comune, secondo cui un bambino adottato può essere portatore di tare particolari, anche psichiche e
di conseguenza la differenza purtroppo diffusissima verso i bambini « figli di nessuno », anche se
adottati regolarmente. Non è ancora abbastanza diffusa la convinzione che la personalità di un individuo è, in massima parte, frutto
dell’educazione e delle relazioni
affettive, in generale dell’ambiente, e non dell’ereditarietà genetica.
Sarebbe necessaria una maggiore
conoscenza di questi problemi tra
la gente, perché per la riuscita di
un’adozione, è molto importante
l’atteggiamento che i vicini, i parenti, i conoscenti tengono nei confronti del bambino adottato e della famiglia adottante. È dannoso
sia l’atteggiamento diffidente, sia
quello eccessivamente pietoso e disponibile, che fa sentire bambino
e famiglia diversi rispetto alla normalità e li discrimina.
Silvia Miegge
La legge ammette, in un certo
senso, la violenza verso i bambini
quando consente che i genitori usino metodi di punizione per l’educazione. Ora il nuovo Diritto del
fanciullo non parla più di metodi
di punizione e prevede il carcere
per chi maltratta un bambino. Ma
la frontiera tra metodi di educazione e maltrattamento, tra sculaccione e botta che rompe le ossa, è molto labile. Mentre i genitori normali per i loro metodi educativi usano una certa moderazione, altri si lasciano trasportare a
maltrattarli, pretendendo da loro
le cose più assurde. Vengono picchiati bambini piccoli che non vogliono star quieti e il fatto che il
bambino non si comporta come i
genitori vorrebbero è per loro una
offesa personale che li spinge a
passare alle vie di fatto.
l’autocoscienza assai poco
pata, che hanno bisogno di aggrapparsi a norme rigide.
La maggior parte dei genitori
che maltrattano i figli sono stati a
loro volta maltrattati da bambini
e non sanno dare ai figli la dolcezza che loro stessi non hanno ricevuto. Un altro grave fattore di
maltrattamento riguarda il bambino indesiderato. Si è notato che
un figlio naturale è sei volte più
punito di un bambino nato da genitori sposati.
Parlando di maltrattamenti a
bambini si pensa subito alle famiglie disgregate, alla miseria morale ed economica. Sembra invece
che i genitori che si lasciano trascinare al maltrattamento dei figli appartengano ai vari strati sociali e a tutte le categorie professionali.
Il pubblico non è cosciente della
enorme gravità del problema, che
purtroppo non è di proporzioni limitate. Anche le Chiese hanno finora trascurato di curare una presa di coscienza nella società mettendola al chiaro sul fatto che la
punizione fisica o morale è assolutamente un male.
(Da Evangelische Pressedienst)
Traduzione di Tecla Ade
Oltre ai maltrattamenti fisici ci
sono pure crudeltà morali cui i
bambini sono sottoposti: tensioni
familiari, ambizione, disinteresse,
ecc. La crudeltà morale si manifesta tra l’altro nel negare loro l’affetto, nel costringerli al lavoro, nel
lasciarli soli, nel dir loro: sei cattivo. Spesso i genitori non si rendono conto di come possono essere crudeli con i figli. Genitori
violenti sono spesso persone dal
Assìstenza
agli illegìttimi
1972
affi
Assistiti con sussidio
alla madre
Collocati presso
datari
Affidati ad istituti
(dall’Ufficio centrai'
tistica).
83.255
3.334
18A97
di Sta
Intervista
a Carla Longo
direttrice dell’Istituto
di Pomaretto
Quando scoccano
gli otto anni
— La legge dell’adozione speciale
permette l’adozione solo fino a otto anni. E dopo?
— È uno dei problemi più grossi
lo stato di abbandono cui di frequente sono sottoposti i bambini
dopo gli otto anni. Proprio quando avrebbero bisogno di trovare
una situazione definitiva, cominciano a passare da un ente all’altro
della pubblica carità, compreso il
Ministero di Grazia e Giustizia,
perché tutti gli altri Enti assistenziali terminano il loro mandato.
Un’idea di come sia drammatica
questa trafila è data dal libro di
Appignani, Un ragazzo all’inferno.
ro che in una comunità-alloggio i
ragazzi sono sempre a contatto
con altri, e l’inserimento è più facile. Quando è una famiglia che
adotta, la cosa è facilitata se la famiglia ha già dei figli propri, o
degli amici con figli, che il ragazzo
possa frequentare, con cui avere
impegni comuni e attività culturali, ricreative e sociali.
È anche bene che le famiglie
adottive tengano i contatti con gli
operatori sociali del loro territorio (équipe psico-medico-pedagogica, insegnanti, ecc.).
— Lei pensa che la chiesa abbia
pure un ruolo da compiere? ^
— Mi sembra che nell’ambito del- j
le nostre comunità si potrebbe j
creare una maggiore sensibilizza- j
zione verso questi problemi : vi
potrebbero essere nelle famiglie j
momenti comunitari, vie di rifles- j
sione, di impegno, anche di tipo ri- j
creativo. In questo contesto sareb- '
tae possibile proporre il problema .
della diaconia nei confronti dei ra- !
gazzi in difficoltà, specialmente
quando raggiungono l’età ado-1
lescenziale. <
— Qual’è la vostra esperienza
di Istituto che si è trasformato in
comunità-alloggio e ha a che fare
con pre-adolescenti?
Il nostro lavoro ci ha portato
a contatto con situazioni difficili
nelle quali il ragazzo mostra di
comprendere il suo stato di precarietà circa il presente e il futuro
e ne è fortemente insofferente. Cosii noi pensiamo che queste situazioni vadano affrontate a monte
del caso del singolo individuo. Non
sempre l’individuo singolo riesce
a scoprire da solo le cause che
hanno prodotto quella situazione.
È quindi bene creare intorno ai
ragazzi in difficoltà una comunità
educatrice, ricca di contatti e di
esperienze diverse che lo aiutino.
— Vuole spiegare meglio questa
idea dell’aiuto dato dairamblente
circostante?
— Due sono le forme per aiutare i ragazzi in difficoltà : una è
l’adozione o l’affidamento familiare, l’altro il soggiorno in comunità-alloggio come la nostra. È chia
L'istituto di Via Angrogna (Torre Pellice): ieri orfanotrofio, come riporta
la foto, oggi sede di una Comunità-alloggio.
5
issere amati
NeH’amore non c’è paura;
anzi, l’amore perfetto
caccia via la paura:
la paura implica apprensione
di castigo.
Chi ha paura non è perfetto
nell’amore.
Noi amiamo perché Dio
ci ha amati U primo.
Se uno dice: Io amo Dio
e non ama suo fratello,
è bugiardo,
perché chi non ama
il suo fratello che ha veduto
non può amare Dio
che non ha veduto.
E questo è il comandamento:
Chi ama Dio,
ami anche il suo fratello.
I Giov. 4: 18 ss.
Difficoltà e gioia
di adottare un bambino
tre lettere: tre esperienze
Care sorelle,
se si ha in cuore di fare una cosa,
i finisce con il metterla in atto.
!uesto è accaduto a noi quando deidemmo di adottare Sara.
Tralasciando le peripezie per le
jfficoltà legali, le amarezze per i riuti di aiuto e i consigli a desistere,
roriamo a parlarvi della gioia, delÍ completezza di sentimenti che
on sé ha portato questo atto. Ad
na riunione delle famiglie adottive,
intendo parlare con enfasi di queltqhe stavamo facendo noi adottani, ffl quello che « davamo » a questi
liocoli (famiglia, benessere, istruione, affetto, eoe.), noi ne fummo
ifofondamente sorpresi, pensando
nvece a quello che avevamo riceuto.
Cosa abbiamo dato infatti? Una
amiglia già costituita, un benessere
jià acquisito per noi e per i nostri
lue figli e cosi l'educazione e l’istruione, senza parlare dell’affetto: è
»si difficile affezionarsi, amare un
liccolo essere diseredato che altro
lon chiede che un po’ di calore?
ibbiamo invece ricevuto amore, deliàone, gioia rinnovata nel constaare di poter essere ancora veranente utili a qualcuno!
Certo ài può tranquillizzare la comienza con il donare una cifra ad
in istituto, ad un’opera sociale, ma
luanta aridità! Cosa ci rimane? La
consapevolezza di aver agito seconIp canoni sociali verso Enti o atticità che magari nella sigla hanno
inche il « cristiano», ma noi abbiano desiderato prendere un impegno
>iù diretto.
Responsabilità? Certo. Ma i geniori che mettono al mondo un figlio
lon se ne prendono forse?
Ci mettono ancora in imbarazzo
^manifestazioni di elogio per quan« abbiamo fatto ». Non vogliamo
Sembrare dei falsi modesti, ma con
^icerità ed umiltà possiamo dire
P aver fatto quello che ogni coppia
Ppò fare, purché non si creino pretìudizi preconcetti ed eccessiva
preoccupazione per quel « che sali ».
Ci è stato insegnato a credere nel"Wvenire che non è nelle nostre
a proseguire con fiducia nel
^tìero della vita cercando di renala attiva e concludente.
Questo può essere un modo.
W. e U. B.
i
Carissima Berta,
^i hai chiesto di scrivere qualche
■p nella mia condizione di « maadottiva », e la cosa mi riesce
Wto difficile, perché ormai il nobambino ha 12 anni e, avendolldottato fin dalla nascita, abbia¡rda tanto tempo dimenticato che
postro figlio adottivo, perché per
“li è soltanto « nostro figlio ». Così
mi sembrava il caso di scriverla poi ho deciso di farlo ugual;te, pensando che forse le mie
ile potranno servire a convince[qualcuno verso l’adozione.
Certo, è un passo molto serfo, che
non si deve fare soltanto per riempire una mancanza o per rallegrare
una casa vuota, cioè non si deve fare pensando di ricevere, ma piuttosto di dare, in continuazione, anche
se poi, in realtà, ci si rende conto
che si riceve moltissimo da questi
piccoli. E, con il passar degli anni,
la fusione è talmente completa che
spesso gli estranei scoprono che il
ragazzo ha proprio il naso di mio
marito o i miei occhi...
Quando si ha tempo di fermarsi
un momento a riflettere) è commovente rendersi conto di quante « cose » nostre sono passate in nostro
figlio: un gesto, una parola, mna
espressione...
Voglio dirti una cosa che mi ha
sempre colpito: naturalmente abbiamo detto al bambino, fin da
quando era piccolo, la verità, e cioè
gli abbiamo spiegato che, siccome
la donna che l’ha generato non poteva tenerlo con sé, il Signore aveva fatto sì che noi diventassimo suo
padre e sua madre. Ebbene, il bambino ha accolto la notizia con molta
naturalezza, ma, proprio perché è
legato a noi da immenso affetto,
molte volte si è rammaricato di non
essere nato da me, di non aver preso da me il latte: e se da una parte
questo suo rammarico, questo suo
desiderio, mi turba, daH’altra è per
me il segno sicuro della completezza del nostro rapporto. Per lui non
esistono, non possono esistere altri
legami che quelli con noi e con la
famiglia che è diventata sua.
Prima ti dicevo che un gesto o
una parola sono passati da noi a
lui. Per noi, però, come per ogni altro genitore, c’è uno scopo preciso:
soprattutto trasmettere a questa
creatura il nostro sentire, un senso
morale, la ricerca continua di una
vita secondo l’Evangelo. .
. Forse speravi che ti scrivessi di
più: ne ho parlato anche con mio
marito e davvero non abbiamo trovato altro da dire, non per pudore
di sentimenti o per riservatezza, ma
proprio perché, come ti dicevo all'inizio, non ci siamo mai sentiti dei
«genitori adottanti», ma solo e semplicemente dei « genitori ».
Spero non deluderti e comunque
auguro a molti altri genitori la gioia
che noi proviamo continuamente,
pur frammista alle preoccupazioni,
e agli scoraggiamenti che accompagnano la vita quotidiana. Ti abbraccio
A. e M. P.
Cari amici,
quando abbiamo presentato la domanda di « adozione speciale » (che
abbiamo dovuto consegnare corredata da una tale quantità di documenti da scoraggiare chiunque non
fosse intenzionato di andare fino in
fondo), eravamo sposati da 5 anni.
Non cercavamo una realizzazione o
uno; sbocco alla nostra vita di coppia, perché ci sentivamo abbastan
Valdesi e metodisti
e la diaconia
ai bambini
Fin dal 1800 la chiesa valdese
e più tardi quella metodista
hanno esercitato una diaconia
fra, i bambini. Erano sorti in
quell’epoca, e da allora continuano la loro opera, alcuni Istituti per accoglierli ed educarli,
ai quali se ne sono aggiunti via
via degli altri. Essi possono variare nella forma, ma non variano nella coscienza di sentirsi
responsabili verso i minimi fratelli. Ricordiamo:
— La comunità-alloggio di Torre Pellice che prevede l’attività di due gruppi familiari.
— La comunità-alloggio di Pomaretto dove i ragazzi vivono raggruppati per appartamenti con i loro educatori.
— « L’Uliveto » a Luserna San
Giovanni che raccoglie bambini handicappati.
— L’Istituto Artigianelli a Torino.
— L’Istitiito Ferretti e
— L’Istituto Gould entrambi a
Firenze dove desiderano essere strumenti di promozione umana, di educazione alla
libertà, di testimonianza evangelica.
— « Casa Materna » a Portici e
— Il centro « La Noce » a Palermo in ognimo dei quali
trovano aiuto bambini abbandonati, figli di carcerati,
orfani, ecc.
Vi sono poi ancora degli asili, scuole materne, centri che si
occupano di assistenza ai bambini durante le ore giornaliere.
za « realizzati » con un lavoro e un
genere di vita che ci ponevano in
continuo contatto con la gente, con
un rapporto reciproco che non soffriva né di frustrazioni né di complessi.
C’era un desiderio di riversare affetto su qualcuno? La velleità di cimentarci in un’esperienza educativa? La scelta di una forma precisa
di servizio? Nessuna di queste motivazioni ci sembra adeguata, a guardar bene. Forse non c’è stata nessuna motivazione. Lo abbiamo deciso
e basta.
O è troppo affermare che abbiamo trovato la motivazione, a posteriori, nel commento di un amico alla decisione presa e al frutto che essa aveva portato: « Quello che la natura non vi ha dato, ve lo ha dato la
grazia »?
Nel tempo fra la domanda di adozione e I’affidamento abbiamo avuto diversi colloqui con le assistenti
sociali e il giudice tutelare del tribunale dei minori. Un punto a nostro sfavore era il non essere cattolici: abbiamo reagito con fermezza, riferendoci all’art. 3 della Costituzione e il punto è stato superato.
Nell’anno di affidamento preadottivo, il bambino era anche sotto la
responsabilità di un tutore di fiducia del tribunale, il quale doveva
poi fare un rapporto in vista dell’adozione definitiva. Che il rapporto sia stato favorevole, lo abbiamo
immaginato dal fatto che la sentenza c’è «tata; come abbia potuto
stilare un rapporto rimane un mistero, dal momento che non abbiamo mai veduto che faccia avesse!
In compenso siamo stati visitati da
un’assistente sociale, che veniva a
casa nelle ore più impossibili e senza preavviso, per vedere come trattavamo il bambino e per porgli domande intelligenti tipo: « vuoi bene più a mamma o a papà? ». Ha
smesso di venire il giorno che le abbiamo domandato se esplicasse tale
assiduo controllo anche negli istituti dove vegetano i bambini abbandonati, adottabili o no.
Ritrovarci da oggi a domani con
un figlio di oltre due anni ha rivoluzionato un sistema di vita. Ci ha
confermato che quanto si legge dei
bambini istituzionalizzati (la parola è orrenda come la realtà cui si
riferisce), è la realtà. Ci siamo trovati con un figlio abulico, incapace
di decisioni, incapace di esprimersi
se non attraverso lo sguardo (che
era quello di un adulto moralmente
ferito), insicuro al punto di piangere in maniera convulsa ogni volta
che si usciva di casa. Di quegli handicaps oggi rimane ancora qualche
traccia in un carattere discontinuo,
abbastanza superficiale, oscillante
tra la richiesta di affetto e il rifiuto
dell’affetto, tra l’apprendimento (anche scolastico) regolare e momenti
di rifiuto ad ogni stimolo.
Non ci sono stati grossi problemi
di inserimento per nostro figlio nell’ambito delle nostre risjr'ettive famiglie. Né ci sono stati, da parte di
queste, fenomeni di rigetto. Nostro
figlio oggi sa con tutta chiarezza di
essere adottivo, non pare farsene affatto un problema né la rivelazione,
fattagli da noi stessi un po’ per volta e completata quando si è presentata l’occasione, lo ha turbato a lungo. Possiamo dire non solo di averlo
adottato, ma anche — ed è decisamente più importante! — di essere
stati adottati da lui quali genitori.
E questo ci basta.
Nello stendere queste note ci sia
mo chiesti: rifaremmo questa esperienza potendo rifarla oggi? Abbiamo risposto di sì. Come di si abbiamo anche risposto alla domanda se
faremmo una seconda volta la stessa esperienza. E può anche darsi
che un giorno o l’altro presenteremo una domanda in qualche tribunale dei minori. Pare che oggi i documenti da allegare siano un po’ di
meno.
E. e S. R.
Un ghetto
per i «diversi»
Il mio professore era cieco. Mi
ricordo di lui la tenace volontà
di essere come gli altri. Non lo
diceva, ma si capiva. Questa sua
forza d’animo aveva qualcosa di
contagioso. Sapeva coinvolgerci
nelle sue lezioni e riusciva a convincere se stesso e gli altri che
poteva fare le stesse cose, forse
meglio, degli altri. Questa sua volontà me la ricordo bene. Da allora ho cominciato ad interessarmi
ai « diversi », agli handicappati.
Il corso teorico che ho seguito
per poter insegnare ai «diversi» me
lo sono dimenticato in fretta, appena sono entrata in contatto con
la realtà.
Il primo anno ho vissuto l’esperienza del ghetto dei sub-normali:
un istituto confessionale che spediva ogni mattina il suo piccolo esercito di handicappati nella scuola pubblica. Gli assistenti dell’istituto tiravano il fiato quando noi,
maestrine statali, intrattenevamo,
mattina e pomeriggio, i ragazzi.
La nostra scuola non era attrezzata per bambini normali, figuriamoci per loro! È stato difficile:
da un lato il conflitto tra istituto
confessionale e scuola pubblica,
dall’altro il rifiuto generalizzato da
parte dei genitori, degli istitutori,
del direttore, del presidente dell’ente benefico, degli educatori, ecc.
Era tutta una società che, con le
sue strutture, rifiutava questo centinaio di bambini handicappati,
peraltro vivendoci sopra economicamente.
Credo di avere visto da vicino
1’« industria dell’assistenza » che
non soltanto rifiuta l’inserimento
degli handicappati come processo
terapeutico, ma anzi lo soffoca,
creando individui definitivamente
incapaci (fatte salve le eccezionali
risorse di qualche caso isolato) di
inserirsi nella realtà del tessuto
sociale.
Quest’anno mi si è rivoltata la
frittata.
In una terza elementare di 23
alunni, c’era un bambino handi
cappato (medio deficit e ritardo
psico-motorio). Apparentemente accettato dai genitori degli alunni
della classe, in ■ realtà era accettato sólo dai suoi coetanei. Questa è
stata la cosa più straordinaria: i
compagni pur capendo perfettamente che Vittorio era diverso, lo
accettavano — di fatto — per quello che era. Non in modo passivo,
ma aiutandolo. Su questa base di
affiatamento, costruita in modo
naturale dai bambini, abbiamo
cercato (eravamo due insegnanti)
di sviluppare il programma, senza
che Vittorio fosse e si sentisse rimorchiato.
Se da un lato c’è stato un oggettivo rallentamento (che i genitori
hanno sempre sottolineato) nello
sviluppo del programma tradizionale di studio (ma vai più il programma dell’individuo?), dall’altro
si è verificata una crescita di comunicazione e socialità della classe Quest’ultimo è il risultato più
interessante. Qui necessariamente
il discorso si amplia perché, se è
fondamentale l’inserimento dei
bambini portatori di handicap, è
altrettanto importante l’impegno
per il rinnovamento delle strutture scolastiche rispetto alla realtà
del nostro Paese.
Infine ci potremmo chiedere, in
via generale : inserimento in che
cosa?
In una città, in una scuola, in
un ambiente creato « ad immagine
e somiglianza» dell’uomo normale? Non viviamo forse in strutture (anche urbane) che di per sé
rifiutano tutto ciò che non rientra
in schemi prefissati di normalità?
Anche la nostra coscienza, rispetto a questo problema, fino a
che punto è stata messa in crisi
dall’azione di Colui che ha solidarizzato con gli handicappati, con
i malati, con gli esclusi dalla comunità dei « normali » del suo
tempo?
La domanda, certamente, la rivolgo a me stessa.
Daniela Platone
6
3 marzo 1978
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Facciamolo
questo
confronto!
L’interesse per le intese con lo
stato, come si documenta in prima pagina, è ormai esteso a livello nazionale. Non sorprenderà
dunque che se ne parli diffusamente anche sulla stampa locale.
« Dove le intese diventano stimolanti » è il titolo dell’articolo
di fondo dell’ultimo n. dell’Eco
del Chisone, di F. Trombotto.
Mi limito qui a segnalare tre
problemi presenti nello scritto di
don Trombotto.
1) Don Trombotto sostiene
che concordato e intese altro non
sono che due espressioni diverse
per definire una stessa realtà
giuridica. Non è corretto — scrive don Trombotto — definire il
concordato un patto internazionale tra Stato Vaticano e Stato
Italiano; chi fa i concordati non
è il Vaticano ma la Santa Sede.
Lo Stato Vaticano non è altro
che « un palazzo, una chiesa, un
giardino »: c’è da augurarsi che
i revisori del Concordato prestino attenzione a questa insolita
definizione.
Sta di fatto però che la Corte
Costituzionale, a quanto mi risulta, ha utilizzato l’argomento
della diversità giuridica per sancire l'incostituzionalità del referendum sul divorzio. E allora, la
sottile distinzione di don Trombotto tra Vaticano e Santa Sede
può reggere alla prova dei fatti?
Ne dubito. In ogni modo pare
che la Santa Sede abbia accolto
con soddisfazione la decisione
(sorprendente) della corte.
2) Don Trombotto ricorda
che la EGEI (« questi giovani
non ancora corrotti dalle malizie
sottili dei giuristi ») si è sforzata
di andare ai contenuti delle intese chiedendosi se non fossero
sufficienti le garanzie costituzionali. Verissimo. Però la FGEI
non confonde né cerca di dimostrare che le intese sono uguali
al concordato, cosa che fa don
Trombotto. Dire che agli occhi
della gente cogliere la diversa
realtà tra concordato e intese è
cosa difficile, non significa affermare che la FGEI non distingue
la diversa natura di un concordato dalle intese. Certo nella
FGEI c’è chi ha delle riserve
sull’ opportunità di presentare
oggi un progetto di intese, riserve che esistono anche sui contenuti di alcuni articoli. Mi chiedo
però se questo atteggiamento critico della FGEI possa essere utilizzato come elemento di rifiuto
delle intese da parte di chi vive
sotto la cappa del concordato...
Va anche ricordato che la
FGEI è ben consapevole del fatto che il Vaticano e la DC non
hanno ancora « rinunciato » al
potere in Italia e che la Costituzione, formalmente in vigore da
30 anni, è stata svuotata nei suoi
contenuti. Da chi lo sappiamo.
3) Ha ragione don Trombotto di affermare che la questione
è di contenuto: e allora confrontiamo il testo delle intese con
quello del concordato edizione
riveduta: poi tireremo le somme.
L’Eco del Chisone non mancherà
di rendere noto ai suoi lettori il
testo integrale delle intese appena saranno diffuse.
La delusione di don Trombotto
sarebbe comprensibile solo se ad
essa corrispondesse uno sforzo
nella sua diocesi perché nascano
delle proposte migliori. Non mancheremmo certo di ascoltarle.
Perché non formare un gruppo
di lavoro e di pressione nel pinerolese? Non sarebbe questo un
valido contributo e confronto
ecumenico?
Anche le comunità valdesi hanno bisogno di essere stimolate,
non solo quelle cattoliche. Ma
non serve a molto lamentarsi
degli stimoli che l’altra parte non
dà.
Un’ultima osservazione sui cappellani negli ospedali. Il problema non è quello di rinunciare ad
avere un cappellano in ogni ospedale italiano come sostiene don
Trombotto: questa è pura fantasia o incomprensione di ciò che è
contenuto nelle intese. La reale
rinuncia sancita dalle intese è invece quella di avere un cappellano evangelico nei nostri 5 ospedali pagato dallo Stato. Il che
non è la stessa cosa.
Ermanno Genre
COSA RISCHIANO I CAVATORI E I MINATORI
A che punto siamo
con la silicosi?
Una malattia subdola che intacca il polmone in maniera irreparabile Necessari controlli medici periodici per limitare i danni
La silicosi è una malattia che
si osserva nei lavoratori che sono esposti a respirare aria contenente biossido di silicio. Il biossido di silicio è una delle componenti principali delle pietre di
gneiss, delle rocce da cui si estrae il talco, e di quelle contenente pomice. Elevata incidenza
di silicosi si rinviene nella Val
Luserna (gneiss), Val Germanasca (talco) ed a Lipari, in Sicilia,
per la pomice.
Il biossido di silicio viene aspirato nei polmoni, vi provoca una
irritazione costante con formazione di tessuto connettivo (cicatrici) che evolvendo ed ingrandendosi fa perdere elasticità al
polmone e lo sostituisce con cicatrici diffuse, distruggendo l’organo.
La gravità e la frequenza della
malattia dipendono da vari fattori:
— percentuale di silice presente
nel tipo e nel luogo di lavorazione. Particolarmente pericolosa è la lavorazione con lo
scalpello, con la fresa, specie
quando questa è eseguita in
capannoni con poco ricambio
di aria;
— tempo di esposizione. Sono
colpiti i lavoratori che da anni sono esposti a questo rischio;
— diversa suscettibilità ad ammalarsi da soggetto a soggetto a parità di esposizione (fattori individuali, anche ereditari).
Questa diversa suscettibilità
determina la possibile evoluzione della malattia, anche quando
l'inalazione della silice è ormai
cessata da tempo. Alcuni individui reagiscono cosi nettamente
alla silice che gli stessi processi
naturali di difesa possono portare ad una evoluzione e ad un
aumento della componente cicatriziale.
La malattia si insedia subdo
lamente talvòlta anche senza i
banali segni di una bronchite.
Per molto tempo la respirazione
non pare interessata ed. anche
durante lo stato di fatica non si
avverte difficoltà di respirazione.
Questo periodo di silenzio clinico, che spesso dura anche più di
dieci anni, ci rende ragione di
come molti individui non sappiano di essere colpiti da questa malattia e siano in apparente benessere. Sovente una banale bronchite, facile complicazione, rappresenta il segnale d’allarme; ma
in molti casi non si dà soverchia
importanza a qualche colpo di
tosse o ad un po’ di catarro che
si attribuiscono al fumo. Daquanto sopra risulta la necessità
di controlli periodici radiografici
in grado di svelare l’inizio della
malattia. La visita medica, anche la più accurata e la semplice
radioscopia (vedere ai raggi, ma
non eseguire la lastra), non sono in questo periodo iniziale
sufficienti a diagnosticare la malattia. Solo la radiografia può
dare una certa sicurezza quando
possono in questo modo scoprirsi le prime lesioni od i primi segni indiretti di sofferenza polmonare.
La silicosi è di per sé una malattia inguaribile: non vi sono
medicine atte a farla scomparire
quando si è insediata. Bisogna
prevenirla, e, quando si è instaurata inizialmente, cambiare tipo
di lavoro per far cessare il suo
aggravamento che è a mano a
mano potenziato dal continuo
esporsi alla silice.
A malattia conclamata e grave
il polmone risulta incapace a
svolgere le sue normali funzioni
respiratorie: il fiato si fa corto,
dapprima durante lo sforzo, poi
anche a riposo. Il polmone contratto e indurito dalla silicosi fa
barriera alla circolazione del sangue e il cuore si sforza, cadendo
in scompenso (cosiddetto cuore
polmonare cronico).
Il paziente affetto da silicosi
ha maggior rischio di ammalarsi
di tubercolosi. La malattia, sebbene oggi curabile, determina
una ulteriore riduzione della superficie polmonare respiratoria,
particolarmente quando è diagnosticata tardivamente ed ha
già sovvertito parte della struttura del polmone. Alcuni studi dimostrano che su 100 silicotici,
circa venti si ammalano di tbc.
Il silicotico vive quindi in alto
rischio di cadere tubercolotico:
ed è bene quindi che siano note
le sue difese naturali contro la
tubercolosi; che sia, inoltre vaccinato, se queste difese sono
scarse od assenti. La tubercolosi
è inoltre pericolosa perché, in
molti casi, dà una spinta evolu
tiva alla silicosi stessa (cosiddetta azione adiuvante).
A causa della malattia e delle
sue complicazioni risulta che la
vita media del silicotico è notevolmente ridotta ed il massimo
dei decessi si registrano tra i 42
ed i 52 anni di età.
Da queste brevi note si possono dedurre alcune considerazioni.
— la silicosi deve essere prevenuta ad ogni costo;
— quando è presente deve essere adempiuto l’allontanamento dal rischio lavorativo;
— il minatore deve essere seguito anche per la profilassi tubercolare.
La comunità deve quindi intervenire con tutto il suo peso in
questo problema che riveste
aspetti collettivi ed individuali.
L’individuo, dal canto suo, ha
il dovere, al di fuori di ogni obbligo di legge, di sottoporsi ad
ogni possibile prevenzione e controllo volti a ridurre o annullare
una invalidità che non ha prezzo.
Nessuna pensione vuoi per invalidità civile o per riconosciuta
malattia professionale, vale la
perdita della salute e l’inizio di
lunghi anni di sofferenza con la
prospettiva di una morte prematura.
Prof. Elio 'Tortarolo
Primario Medico Ospedale Valdese, Torre Pellice
Radiografia di un polmone colpito da silicosi
(( Il polmone
contratto e indurito dalla silicosi fa barriera
alla circolazione
del sangue ».
Fotocopia di una
carteiia clinica
Classe 1921. Nato in Val Luserna, ha lavorato ai campi sino all’età di 20 anni e dopo tre
anni di servizio militare proseguii le sue occupazioni di agricoltore sino a 42, quando emigrò all’estero come minatore
avventizio.
Ritornato in patria, fu addetto alle perforatrici in una cava
di gneiss lamellare e continuò
per 10 anni questa occupazione,
sino a che ottenne la pensione
di invalidità per artrosi. Salvo
la sintomatologia artralgica, che
ne limitava l’attività lavorativa,
fu in apparente buona salute sino all’agosto scorso, quando
iniziò a lamentare astenia, febbricola, dimagrimento.
WS
Alta Val Luserna:
una vecchia baracca
dei cavatori
rorenghi
...omissis...
Diagnosi alle dimissioni: Silicosi polmonare, quadro 3 P-9,
TEA.
Questa storia clinica non stupisce il sociologo ed il medico.
Il primo può fare molte considerazioni, il secondo sa che la
silicosi inizia in modo subdolo,
evolve lentamente senza sintomi, non compromette, per molti anni l’apparente benessere fisico. Quando la malattia si fa
sentire o quando, come in questo caso, si svela per complicazioni sopraggiunte, è ormai tardi ed ha già minato l’individuo.
Non per nulla l’attuale legislazione pensionistica riconosce il
diritto a questa previdenza, anche quando la malattia si sia
evidenziata dopo molti anni dal
cessato rischio lavorativo.
Ma ritorniamo alla nostra
storia.
Domanda : « È stato sottoposto a visite di controllo? »
Risposta : « Si, ogni due anni ».
D. : « Come si svolgevano queste visite? »
R. : « Ci facevano andare lì,
togliere la camicia e poi... andate pure! »
D. : « È stato sottoposto ad
esame radiografico? »
R. : « Mai ».
D. ; « È stato rilasciato 1’ ’attestato’? »
R. : « No ».
Ci troviamo dinanzi ad un
adempimento formale delle leggi vigenti ma allo stesso tempo
ad una vera propria truffa ai
danni dei nostri montanari. Non
solo non si sono compiuti in
questo caso accertamenti degni
di questo nome, ma lo si è considerato indenne da malattia
permettendo la continua esposizione al rischio lavorativo ed
ad un continuo insediamento
della malattia.
E c’è da domandarsi a quale
punto saremmo giunti, se l’artrosi non avesse impedito la
prosecuzione del lavoro nelle
cave.
Tutto questo accadeva pochi
anni fa.
E oggi?
Non sappiamo se queste visite-truffa siano stati casi sporadici ed ignoriamo se oggi la situazione sia cambiata.
Ci è certo lecita una domanda: quanti minatori sono oggi
nelle condizioni del nostro ignorando di essere portatori di tale malattia non riconosciuta?
Quanti di coloro, particolarmente che hanno lavorato in
proprio, senza obbligo di controlli, sono portatori silenti di
questa pneumoconiosi?
Ad altri il compito di far luce sui problemi di prevenzione
e sugli adempimenti di legge in
materia.
Come testimoni di una situazione ed in attesa che il riconoscimento delle competenze muova un’azione efficace in questo
campo, riteniamo indispensabile un’indagine sullo stato di salute di tutti coloro che in proprio o come dipendenti siano
stati o siano sottoposti a questo rischio lavorativo.
Pertanto in unità di intenti e
di collaborazione con la Comunità Montana Val Pellice l’Ospedale Valdese di Torre Pellice metterà a disposizione dei
nostri montanari i suoi medici
e le sue attrezzature per una
campagna atta a fare il punto
sulla situazione di salute dei
lavoratori della pietra.
Ci auguriamo che questa iniziativa sensibilizzi questo problema nei suoi molteplici aspetti. Di silicosi, in Val Luserna,
non ci si deve ammalare più!
La Commissione
Istituti Ospitalieri Valdesi
7
3 marzo 1978
CRONACA DELLE VALLI
INCONTRO DEI CONCISTORI
Rinnovare il culto
1 '
1..
Una cinquantina di partecipanti hanno preso parte, domenica 26 a Pinerolo, all’incontro
dei Concistori del I Distretto.
L’incontro, auspicato dall’ultima
Conferenza Distrettuale, era destinato all’esame della crisi del
culto nelle varie comunità. Non
c’è stata la preannunciata relazione introduttiva del past. Conte; ad essa si è ovviato con una
serie di brevi impressioni di
ogni comunità presente (assenti Prarostino, S. Germano, Pramollo, Villar Pellice, Villasecca)
sul problema del culto e della
secolarizzazione.
Il dibattito partito stancamente si è sempre più vivacizzato ed ha finito col superare
ampiamente i termini d’orario
fissati dal moderatore dell’incontro, past. Giorgio Tourn. Dalla discussione sono emersi una
serie di punti che riprendiamo
dal verbale della seduta:
a) Il problema del culto non
si deve valutare in se stesso ma
ricollegarlo al più ampio tema
del rinnovamento evangelico di
tutta la chiesa. Si dovrà perciò
continuare la riflessione su quello che riguarda sia i problemi
interni della chiesa (con particolare riferimento al battesimo,
alla Santa Cena) sia la posizione della chiesa rispetto alla società afiìnché il culto ritorni ad
essere la vera espressione di
una vita comunitaria intorno alla Parola di Dio.
b) La scarsezza di un’autentica vita comunitaria come il
nodo principale da sciogliere in.
questa ricerca di rinnovamento.
c) Il culto non dev’esser visto
come un servizio di cui si può
fruire ma come un momento di
incontro e di corresponsabilità
nella ricerca.
Alla luce dei punti menzionati si ritiene di dover presentare
all’attenzione delle nostre chiese
i seguenti elementi:
1) Riacquistare una maggiore
libertà d’espressione nel cidto.
2) 'Tentare la differenziazione
dei culti tenendo presente le indicazioni conclusive dell’opuscolo della Claudiana « Comunità
cristiana e mondo secolarizzato » pà oggetto di studio nei
quartieri delle nostre comunità
(culti d’informazione, culti d’intercessione, assemblee di chiesa).
3) Affidare la predicazione e
la preparazione di culti a gruppi della comunità ( giovanili,
femminili, scuole dom. etc.).
4) Dare aUe assemblee di chiesa il carattere di crescita spirituale e d’incontro fraterno.
5) Potenziare tutte le forme
d’incontro comunitario e crearne di nuove (incontri di studio,
agapi fraterne, gite della comunità ).
6 ) Valersi dei suggerimenti
della commissione liturgica nel
proseguimento di questa ricerca
di fedeltà alla vocazione cristiana.
BOBBIO PELLICE
Dopo lunga sofferenza è deceduta la nostra sorella Margherita Baridon ved. Charbonnier,
di 87 anni, residente in vicolo
Cortili. Con lei scompare una
figura di umile credente che lascia ai suoi familiari e a tutta
la chiesa un esempio.
Alle figlie e a tutti i familiari
rinnoviamo l’espressione della
nostra solidarietà cristiana.
• Grazie ai giovanissimi che
hanno offerto con molto impegno ed entusiasmo una simpatica e vivace serata di canti e giochi la sera del 25 febbraio.
RORA’
Martedii 7 marzo alle ore
20.30 riunione quartierale alle
Fucine presieduta dalla Commissione Distrettuale. La riunione del Mourcius che doveva tenersi in questa data è convogliata alle Fucine.
• Sabato 11 alle 20.30 riceveremo la visita dei « Sunaires Usitans» nella sala della Chiesa
che presenteranno dei canti e
danze popolari. L’incontro avrà
luogo anche in caso di cattóvo
tempo.
Concerto a Torre Pellice
Molto interesse ha suscitato
il concerto offerto venerdì, sera,
nonostante l’inclemenza del tempo, nel Tempio dei Coppieri da
Renzo Girodo, Anna C. Siccardi e Alberto Olivero del Trio
« G. P. Telemann » di Torino.
Di Fréscobaldi, il più insigne
rappresentante del primo barocco italiano, è stata eseguita la
« Canzon prima a due canti detta la Gualterina » (in nome del
nobile tedesco Gualtiero Plattemberg) nella quale il discorso
musicale non è articolato in differenti movimenti, bensf l’idea
VILLAR PEROSA
Giovedì 16 sera il tempo clemeiifg^hà tàvorito in tutti i quartieri l’accensione dei tradizionali falò, espressione di gioia e di
partecipazione popolare « alla
festa dei Valdesi ». Venerdì; mattina 17, una numerosa assemblea s’è riunita nel tempio per
il culto, al quale hanno recato
il loro apprezzato contributo il
gruppo trombettieri, la corale e
la scuola domenicale. Al termine è stato effettuata la colletta
in favore dei fratelli valdesi dell’Uruguay e dell’Argentina.
Al pranzo, organizzato, preparato e servito con molta cura e
capacità nel salone e nelle adiacenti stanze del Convitto da un
gruppo efficientissimo di sorelle
dell’Unione Femminile e di alcuni fratelli, che ringraziamo
sentitamente, hanno partecipato
oltre un centinaio di convitati.
Come per il passato, molti anche i fratelli e le sorelle venuti
da fuori parrocchia, fra cui i
sigg. Gallo della chiesa di Susa
ed un gruppo con la signora
M. Grill di Torre Pellice. Erano pure presenti la famiglia del
pastore E. Geymet, i coniugi
A. e L. Panerò, il pastore L. Rivoira, la Direttrice Didattica del
Circolo di Villar Perosa, i Sindaci dei Comuni di Villar Perosa e di Pinasca con le rispettive Signore.
Terminato il pranzo ci hanno
rivolto messaggi i sigg. C. Siccardi e R. Richiardone, i pastori Geyoiet,. Rijtpira e L. Coisson. Il pastore ringraziava i vari oratori e portava i saluti e
l’adesione dell’avv. Giovanni
Agnelli, del dott. Varalda, del
Comandante la locale Stazione
dei Carabinieri e del sindaco
A. Olivero, al quale rinnoviamo
i migliori auguri per la sua salute. Quindi si procedeva alla
estrazione dei numeri vincenti
della lotteria « prò rifacimento
del tetto del tempio », la quale
ha dato un buon esito grazie alla preziosa collaborazione di
tutti.
• Siamo vicini col pensiero e
con la preghiera agli anziani coniugi Rocoione che, a causa della malattia del marito, stanno
attraversando momenti di ansia e di difficoltà.
SERVIZIO MEDICO
Comuni di ANGROGNA - TORRE
PELLiCE - LUSERNA S. GIOVANNI
- LUSERNETTA - RORA'
Dal 4 al 10 marzo
Dot«. AVANZI LUIGI
Telefono 90614
FARMACIE DI TURNO
festivo e notturno
Domenica 5 marzo
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Via della Repubblica, 25 - 91.328
Martedì 7 marzo
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Domenica 5 marzo
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Torre Pellice : Tel. 91.365 - 91,300
luserna S. G. Tel. 90.884 - 90.205
«V_____________________________
TERZO CIRCUITO
Domenica 12 marzo alle ore
15 nei locali della Chiesa
valdese di Pinerolo:
Convegno dei giovani
Sono invitati in modo particolare i catecumeni di III
e IV anno.
Argomento : La violenza.
Presentano i giovani di Pinerolo con alcuni quadri seguiti da dibattiti.
FRALI
Mercoledì sera, 8 marzo alle ore 20 nella Sala valdese di
Ghigo avrà luogo un incontro
tra la popolazione e l’amministrazione provinciale.
Interverranno il presidente
della Provincia dott. Salvetti, il
vice presidente Ardito, gli assessori alla montagna e viabilità
Baridon e Bozzello, il consigliere Coucourde ed il sindaco di
Prali.
Si spera in una numerosa presenza di cittadini.
melodica viene svolta alternando incisi ad andamento rapido
e virtuosistico ad incisi di carattere più moderato ove l’ispirazione del Frescobaldi tocca i
più alti vertici.
Nella vasta produzione cameristica di Telemann particolare
risalto hanno le sonate per flauto dolce e continuo sia per l’impegno formale che per l’intento
di mettere in evidenza le possibilità virtuosistiche di questo
strumento.
Particolare studio si è notato
nella « sonata pe-r il flauto » di
A. Vivaldi e nelle Canzoni Vaidesi, che hanno suscitato prolungati meritati applausi.
G. M.
TORRE PELLICE:
Piano regolatore
Chi vuol farsi la casa
10 dica al Sindaco
11 Sindaco vista la Ugge regionale 5
dicembre 1977, n. 56
RENDE NOTO
— che, a norma dell’art. 85 di detta
legge, il Comune deve dotarsi, entro il
22 aprile p.v., del primo a programma
dì attuazione » in materia urbanistica
e cioè di un atto in cui saranno precisate le aree e le zone in cui, nel pros■simo triennio, dovrà svolgersi l’attività edilizia e dovranno essere attuate le
relative urbanizzazioni (con esclusione,
quindi, di insediamenti sparsi e non
coordinati con il tessuto edilizio esistente o prevedibile in detto arco di
tempo);
— che, al di fuori delle previsioni
di detto programma, non potranno essere realizzate nuove opere edilizie, se
non di carattere agricolo;
— che, in caso di mancata realizzazione delle previsioni del programma,
il Comune deve procedere all’esproprio
delle relative aree;
— che detto programma sarà soggetto a revisione e varianti di adeguamento, all’atto dell’entrata in vigore del
Piano Regolatore Intercomunale in
corso di redazione a cura della Comu
nità Montana;
e quindi, INVITA
tutti coloro che intendono procedere
alla esecuzione di opere edilizie nel
volgere di un triennio a presentare all’Ufficio Tecnico Comunale, entro il 15
marzo prossimo, apposita segnalazione,
precisando l’opera prevista e l’area da
essa interessata : le segnalazioni saranno tenute presenti, compatibilmente
con le norme vigenti e nel quadro di
corrette previsioni urbanistiche, all’atto della formazione del programma dì
attuazione; successive segnalazioni non
potranno più essere tenute in considerazione se non in sede di variante generale del programma o di redazione
del successivo programma pluriennale.
Il Sindaco
Giovanm Steffaimetto
ANGROGNA
Domenica 5 i culti saranno
presieduti dal gruppo giovanile
FGEI del Prassuit-Vernè.
• Il Concistoro si riunirà sabato 11 alle 20 per incontrarsi
con i catecumeni che avranno,
nella stessa giornata, un pomeriggio di riflessione in vista della loro partecipazione alla S.
Cena nel culto di Pasqua.
LUSERNA
SAN GIOVANNI
Accompagnato da alcuni membri della comunità, il pastore
Taccia si è recato venerdì) sera
a Bagnolo su invito del parroco locale per un incontro con
un gruppo di cattolici interessati a meglio conoscere la realtà
valdese.
Infatti, se la distanza chilometrica dai paesi della pianura
è assai breve, la distanza spirituale è invece grandissima come pure la mancanza di informazione.
Il gruppo ha seguito con molta attenzione l’esposizione storica del pastore ed ha posto parecchie domande relative all’identità evangelica, alle differenze con il cattolicesimo ed ai problemi relativi all’unità della
Chiesa.
L’incotro non ha voluto essere altro che una finestra aperta
su una realtà ancora poco conosciuta, l’inizio di un contatto
che forse potrà avere un seguito, un piccolo, ma importante
avvenimento nel quasi totale
ristagno ecumenico in cui ci
troviamo nella nostra zona.
• Venerdì sera alle 20.3Qi nei
locali del presbiterio avrà luogo il primo dei quattro incontri
di « aggiornamento biblico ».
Verranno esaminati i primi
quattro capitoli della 1“ Lettera
di Paolo ai Corinzi : Il fondamento della fede e le divisioni
nella chiesa.
L’incontro è aperto a tutti.
• Il culto di domenica prossima, 5 marzo, sarà seguito dalla
celebrazione Ideila Santa Cena
e la colletta andrà a favore
della Missione Evangelica contro
la lebbra.
• La comunità esprim_e tutta
la simpatia cristiana ai familiari di MatiMe Guazzoni ved. Roman deceduta alla Lunardera
all’età di anni 82 e di Prochet
Giuseppinr.,, deceduta all’Ospe'
dale valdese al’età di .anni 79.
Era stata per molti anni insegnante elementare nel nostro
Comune.
Doni per l’Asilo
di Luserna S. Giovanni
A ricordo di Enrica e Mario, Tantine e Aldo 50.000; un fiore per Enrica e Mario, Mara - papà e mamma e
nonna di S. Germano 50.000 MulHer
Louise (Zurigo) 41.000; RIV-SKF di
ViUar Perosa 100.000; Bensì Giordano, (osp. Villa Olanda) 10.000; Signoretti Mina, in mem. di Boer-Revel Margherita 10.000; in mem. di Margherita
Grill ved. Peyronel, i figli e nipoti
(Pinerolo) 50.000; in mem. di Malan
Ely, le colleghe di Lelia 26.000; Laura
Lodi-Long, in mem. di Margherita
Boer-Revel 5.000; lofer e Laura Lodi
10.000; Coisson Elsa e Roberto (T.P.)
20.000.
Alfieri Maria (Genova) 1.000; Arguti Alfieri Erma (id.) 1.000; BigRone
Eunice (id.) 10.000; fam. Cattaneo
(id.) 3.000; Cevasco Amelia (id.)
9.100; Dondero Orestilla (id.) 2.500;
Falchi Velia (id.) 2.000; Sehenone Federico (id.) 6.000; Pisani Noemi (id.)
2.000; Peroni Arturo e Liliana, in memoria della mamma (id.) 150.000; Ferrando Delia e Adolfo, in mem. di Alberto Durand (id.) 10.000; in mem. di
Georgette Rivoir ved. Bounous, le figlie
10.000; in mem. di Etiennette Marauda-Bounous, le cognate L. Cambellotti
e M. Bounous 10.000; Bastia Maria, in
mem della sorella Caterina Bellion 15
mila;
Rivoir Ilda, in mem. di Giulio Ri
voir (osp. Asilo) 50.000; Chiesa Valdese di Ivrea 43.000; Bertalot Margherita (T.P.) 10.000; Marletto Giovanna
e Roberto 10.000; Malacrida Lilia (Como) 4.000; Malan Emma, in mem. di
Vittorina Fraschia 2.000; Chiesa Cristiana Evangelica di Torino 200.000;
Stocchetti Vittoria (Ge) 5.000; Meynier fida ved. Long, in mem. di Sappé
Adolfo (S. Germ. Chisone) 10.000;
Elena e Mario Cattaneo, in mem. di
Nuccia Pugliaro (To) 15.000; Comunità Valdese di Rimini, in mem. di Ludovico Taurozzi 20.000.
Grazie! (continua)
AVVISI ECONOMICI
CONTADINO-artigiano valdese trentacinquenne desidera conoscere signorina anche pari età. Scrivere presso
Bonjour: Via J. Lombardini, 50 10066 Torre Pellice (To)
OPERAIO valdese, quarantottenne, desidera incontrare signorina valdese
dai 38 ai 43 anni, per formare focolare cristiano. Rivolgersi al pastore
R. Gjisson di Pomaretto che farà
.seguire all’interessato.
TRASLOCHI e trasporti per qualsiasi destinazione, preventivi a richiesta : Sala Giulio, via Belfiore 85,
Nichelino, lei. (011) 62.70.463.
TORRE PELLICE
La giornata del 17 febbraio è
stata festeggiata come di consueto con molta partecipazione
di pubblico sia al culto la mattina che al pranzo comunitario, i
posti disponibili sono stati anzi insufficienti. I cadetti avevano preparato una mostra di documenti sui Valdesi in America
Latina che hanno esposto fuori del tempio e di cui hanno
raccolto i dati in un giornalino. La sera del 17 e del 18 un
gruppo di membri della corale
ha allestito sotto la direzione
della sig.ra Elena Ravazzlni
Corsani una serata con la rappresentazione di un atto unico
di Calvino. La Corale ed il Coretto hanno preso parte con
canti alle due serate. Numeroso il pubblico.
Il moderatore è stato con noi
il pomeriggio di sabato 18 visitando la scuola domenicale ed
il catechismo.
• I giorni 16, 24, 28 si sono
svolti i funerali di Emilia Roman ved. Rostan, di Giulio Bellion e di Susanna Rivoira Modenese.
Ai familiari rinnoviamo la nostra simnatia fratèrna.
RINGRAZIAMENTO
La famiglia della maestra elementare
Giuseppina Prochet (Finette)
mancata ai suoi cari il 25 febbraio ’78,
all’età di anni 79, ringrazia il Personale dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice, il Pastore Roberto Nìsbet, tutti
coloro che hanno preso parte al suo
lutto ed esprimono profonda ricono
sccnza alle Diaconesse che l’hanno sempre assistila con sincero affetto.
Torre Pellice, 28 febbraio 1978
RINGRAZIAMENTO
« La risurrezione e la vita sono
io — dice Gesù — Chi crede in
me anche se muore vivrà e chi
vive e crede in me non morrà
mai» (Giovanni 11: 25).
La moglie, i figli e tutti i familiari dì
Giulio Bellion
nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutti coloro che in vario modo hanno manifestato loro solidarietà nel dolore. Un ringraziamento particolare alla signora Ernestina
Malanot, ai medici e al personale dell’Ospedale Civile E. Agnelli.
Torre Pellice, 25 febbraio 1978
RINGRAZIAMENTO
I familiari della compianta
Matilde Guazzoni ved. Roman
Riconoscenti e commossi per la dimostrazione di affetto e di stima tributati alla loro cara, ringraziano tutti
quanti hanno partecipato al loro dolore.
In particolare modo ringraziano: i
Pastori A. Taccia, A Deodato, e L. Rivoira; il Signor Gobello e la Signora
Lina Bertin per le cure prestate; gli
amici Marina e Valdo Bertin, Nini e
Pino Capello.
Luserna S. Giovanni, 25 febbraio 1978
RINGRAZIAMENTO
<i In pace io mi corìchero e in
pace io dormirò perché tu solo,
o Eterno, mi fai abitare in sicurtà » (Salmo IV, V. 9).
I familiari della compianta
■ venne Balmas n. Avondet
nelTimpossibilità di farlo personalmente, commossi e grati per la dimostrazione di affetto tributata alla loro cara,
rivolgono un vivo ringraziamento ai
Pastori Giovanni Conte e Micol, al medico curante Dr. De Clementi che con
amorevoli cure l’ha seguita per molti
anni, al Dr. V. Bertolino, a tutto il
personale dell’Ospedale « E. Agnelli »,
alle famiglie Avondet, Comba e Giordano, aU’AVIS, ai coscritti ed ai nipoti.
Ringraziano inoltre tutti coloro che
con scritti, fiori, presenza ai funerali,
preghiere ed opere di bene si sono associati al loro dolore.
S. Germano Chisone, 24 febbraio 1978
RINGRAZIAMENTO
I familiari di
Stefano Coisson
ringraziano tutti coloro che hanno condiviso il loro dolore.
In particolare ringraziano i vicini di
casa coniugi Monnet Rinaldo e Paola,
il Dott. De Bettini e U Pastore Platone.
Angrogna, 26 febbraio 1978
8
8
3 marzo 1978
ANCORA SULLA BIENNALE DEL DISSENSO
Requiem per
un’occasione mancata
L’Italia scopre
le Intese?
Ho atteso, per rispondere agli
interventi (Maiocchi - Peyrot)
seguiti al mio articolo sull’atteggiamento dei due rappresentanti del Protestantesimo italiano (sebbene questa veste sia
stata da essi negata) nei confronti della Biennale sul dissenso nei paesi dell’Est (Luce,
n. 47), che fossero pubblicati gli
Atti sia del convegno della Biennale che di quello indetto dal
Manifesto, riservato quest’ultimo a partecipanti di sicura fede marxista. Mi permetto di
consigliare ai lettori della Luce
interessati alla problematica politica di leggersi attentamente
gli Atti di entrambi i convegni:
ci troveranno testimonianze concordanti sul trattamento riservato ai dissidenti ed ai credenti nei paesi comunisti dell’Est.
Mi limito a segnalare quella
che il matematico russo Leonid
Pliusc — tuttora marxista dopo
varie esperienze di lager e manicomio — si sentii in dovere di
rendere subito dopo l’intervento dell’unico protestante che
prese la parola al convegno del
Manifesto. Nel suo intervento
estemporaneo poi pubblicato col
titolo « Le chiese non sono solò
questo» (Il Manifesto, quaderno n. 8, pag. 66) egli disse tra
l’altro: «È terribile la situazione dei protestanti e della chiesa Georgiana, vengono promosse spaventose persecuzioni dei
pentecostali, dei battisti, dei due
tipi : coloro che si sottomettono al potere e coloro che non
si sottomettono, ossia gli opportunisti, i collaborazionisti e coloro che non collaborano, i veri cristiani. Il pastore Vins appartiene ai veri cristiani e quindi è in prigione; vengono perseguitati tutti gli onesti credenti sebbene il partito comunista
ritenga la chiesa ortodossa un
male meno grave e preferisca
che tutti i credenti aderiscano
a questa. È un fattore impor
tante. I battisti vengono uccisi,
perseguitati nella maniera più
cinica e rni sembra molto im
portante appoggiarli e sostenerli ».
Non ci sorprende che sia mancata da parte della D.C., del
P.C.I. e della Confìndustria —
ciascupo per .specifici pròpri interessi — (Qualsiasi ihanifestazione di solidarietà nei confronti dell’iniziativa della Biennale
Veneziana. Ci lasciano invece
profondamente amareggiati la
ostilità, il commento giornalistico sarcastico (La Luce, n. 43) e
soprattutto i troppi ufficiali silenzi (a differenza di quanto accaduto in campo ebraico) che il
protestantesimo italiano ha riservato a questo importante avvenimento culturale e politico.
Persino di fronte ad un preciso
invito di collaborazione si é visto che gli scrupoli ideologici
hanno fatto premio sui doveri
della solidarietà fraterna.
Non trovo di meglio a chiusura (almeno da parte mia) di
questo confronto di opinioni,
che citàre^'alcuni versi del pastore battista ’ Vins, che ignorato dai protestanti italiani è stato invece ricordato con ammirazione e rispetto dall’ateo e
marxista Leonid Pliusc:
Dai lontani villaggi
correte, cervi!
Portate ai miei cari un saluto !
Dite: imprigionato per la Parola
Nel mio vagabondare tra il gelo,
mi riscaldo con l’amore!
Un amore che, stando ai fatti, dai confratelli italiani non
gli è giunto.
Aurelio Mauri Paolini
(segue da pag. 1)
estendere l’analisi al piano del
diritto ». E ancor più esplicito,
sullo stesso giornale, è ora il
raffronto tra progetto di Intese
e bozza di revisione del Concordato nelle parole di Stefano Rodotà che nota: « NeH’intesa,
dunque, non c’è traccia di privilegio e c’è, invece, il riconoscimento che il quadro costituzionale garantisce pienarrteftte
la libertà religiosa. Tutt’altro spirito circola ancora nella bozza di revisione del Concordato... » (21.2).
NOTA INFORMATIVA
Questa improvvisa scoperta
della differenza tra intese e concordato è dovuta al fatto che
il 16 febbraio in una conferenza stampa tenuta al Centro per
l'Informazione Religiosa (l’associazione creata recentemente a
Roma che sta dimostrando una
r
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio ViolaJ
L’enigma cubano
Un problema di bruciante
interesse è il seguente: « Quali
sono le cause e quali gli scopi
dell’azione di Cuba nel continente africano? ».
Su « La Repubblica » del 13
febbraio '78, Saverio Tutino, che
ebbe, nel 1976, contatti personali
coi massimi esponenti del regime socialista di Cuba, avanza un
complesso di sue spiegazioni ingegnose e una .sua risoluzione,
elaborata ma non del tutto convincente, di questo problema.
Dopo aver segnalato, sia pure
con cautele, la notizia che « il
governo cubano avrebbe proceduto al richiamo in servizio di
circa 5.000 riservisti per far fronte agl'impegni militari in Africa », r articolista osserva che
« l’intervento cubano in Africa
dura da tre anni e non ha fatto
che allargarsi. All’inizio, in Ango
Autorità, non potere
(segue da pag. 1)
ne è oggi largamente presente
nella vita delle chiese: c’è chi è
fermamente convinto che la chiesa deve essere dotata di un’autorità umanamente riconoscibile e
riconosciuta: denaro e prestigio,
gerarchia ed ubbidienza debbono renderla in qualche modo
« competitiva » con le potenze di
questo mondo. La gloria di Dio
deve in qualche modo rispecchiarsi nella sua gloria, nella sua
forza: la chiesa avrebbe dunque
il dovere dC essere autorevole
verso l’esterno, e autoritaria al
suo interno.
Altri invece pensano che il segreto della forza della chiesa non
stia tanto nelle sue capacità organizzative, quanto nelle sue capacità intellettuali: la chiesa deve potersi imporre con la serietà
del suo pensiero, con la sua capacità d’ascolto e di dialogo, col
suo spirito di ricerca. Basta che
la chiesa abbia idee chiare, e il
mondo ascolterà.
In realtà, ogni volta che la
chiesa si rivolge onestamente a
se stessa, non scopre in sé né
forza né sapienza, ma piuttosto
contraddizioni e peccati: se si
rivolge a se stessa alla luce della parola di Dio, essa è dunque
costretta a ravvedersi, o, come ci
dice il profeta da parte di Dio:
« nel tornare a me starà la vostra
salvezza! ». Infatti una chiesa che
si ravvede, può abbandonarsi fiduciosamente alla grazia e alla
guida di Dio: questa è la vera
fonte di forza. L’autorità della
chiesa non dipende dalle sue alleanze, né dalla sua organizzazione, né dalla sua sapienza: essa dipende dalla sua capacità di ravvedimento. Questo ravvedimento
avviene nel segreto, nel profon
do: là dove incontriamo il nostro
Signore, lo riconosciamo come
Signore e anche come Salvatore: allora egli ci dà il perdono, e insieme al perdono ci dà
il suo Spirito: la sua forza, che
rimane sua, ma agisce in noi e
attraverso di noi. Ma bisogna
avere il coraggio di scendere nel
profondo, per trovare questa forza; o per dirla con le parole di
Isaia: « nella calma e nella fiducia starà la vostra forza ». E riceveremo anche autorità: perché
dal silenzio della chiesa penitente nasce la parola profetica: allora la chiesa non espone più al
mondo le sue convinzioni, le sue
decisioni, ma una Parola che viene da lontano, e opera nel profondo: una parola autorevole,
perché ha prodotto il ravvedimento in quelli stessi che la trasmettono ad altri affinché anch’essi si ravvedano.
« Nella calma e nella fiducia
starà la vostra forza »: più saremo semplici, più saremo forti:
saremo quei « puri di cuore » di
cui parlava Gesù. E oggi l’umanità ha bisogno soprattutto di
uomini dal cuore puro e dalla
mente chiara. Questi hanno autorità: gli altri hanno soltanto potere, come gli Egiziani di Isaia.
Certo, molte volte la parola
dei « puri » non è ascoltata, o viene ascoltata cent’anni dopo la
loro morte. Per i valdesi del Medioevo ci sono voluti anche- più
di cent’anni. Che importa? « nella calma e nella fiducia starà la
vostra forza »; anche se non si è
ascoltati durante la nostra generazione, si può continuare, perché siamo certi che nessuna autentica testimonianza va mai
perduta. Nessuna.
Giorgio Bouchard
la, apparve come una generosa
impresa rivoluzionaria, di quelle
che anche il "Che” Guevara sognava, ma non poté realizzare.
Venne, subito dopo, una precisazione di Castro, in un discorso pronunciato a Conakry, che
prometteva di dilatare nel tempo, e nello spazio di tutta l’Africa, forme d’intervento analoghe
a quella sperimentata in Angola.
(...) Solo oggi, con la spedizione
cubana in Etiopia, si delinea in
tutta la sua portata un progetto
che va al dilà dell’impegno ideologico e che presenta aspetti più
complessi di collaborazione strategica con rURSS e di implicazioni nuove, anche sul piano interno, a Cuba.
Dev’essere scartata la semplicistica idea di una totale subalternità di Cuba verso l’URSS. Le
fonti, all’Avana, non sono sempre quelle tipiche dei paesi socialisti (...) e, a partire dagli anni ’65-67, Castro ha cercato in
molte maniere di non perdere
del tutto la propria identità. Lo
ha fatto con il tentativo del raccolto dei 10 milioni di tonnellate
di zucchero (una ’’grande balzo
in avanti”) nel 1970. Lo ha cercato insistentemente in Perù e poi
in Bolivia, mirando forse ad allargare all’America Latina il carattere nazionalpopolare della rivoluzione cubana. Ha perseguito
lo stesso obiettivo stimolando,
attraverso Messico e Venezuela
prima, poi ancora in Giamaica,
Barbados e Guyana, intese economiche regionali; e conducendo una spregiudicata politica di
alleanza verso la chiesa cattolica,
del tutto indipendente dai canoni
del campo socialista. E ancora
lo ha fatto quando, accanto alla
creazione di un partito di stretto
modello sovietico, ha voluto portare avanti un sistema di ’’poder
popular” che vuole essere un contrappeso all’inevitabile ” signoria” e alla possibile burocratizzazione del partito.
L’Africa è diventata poi terreno ideale per sviluppare un’altra
idea tipica delle grandi ambizioni politiche di Castro: quella di
una sorta di ’’cogestione” sovietico-cubana della strategia terzomondista dei paesi deHPatto
di Varsavia. Una cogestione ’’inter pares" (da pari a pari), ben
diversa dai vecchi schemi del
satellitismo dell’epoca staliniana
o kruscioviana.
Tutti quelli che si sono occupati della personalità di Castro sono concordi nel dire 'che "Cuba
gli sta stretta”. L’Africa australe
le era già stata indicata dal ’’Che”
Guevara come una delle zone del
mondo dove si aprivano prospettive rivoluzionarie. L’Etiopia non
è nell’Africa australe, ma nella
strategia terzomondista del campo socialista, essa ha molta importanza per via delle rotte del
petrolio, che interessano anche
Cuba (anzi soprattutto Cuba, che
dipende totalmente dagli altri
per le fonti di energia). (...)
Per ultimo (ma non in ordine
d’importanza) va segnalato il
problema delle Forze armate.
Una piccola potenza militare come Cuba (che ha l’esercito più
forte di tutta l’America Latina)
non può sottovalutare la ’’pericolosità sociale” insita in un’organizzazione di questa natura, priva del suo impiego naturale. Sia
pure in regimi diversi, l’America
Latina colleziona esempi numerosi di scivolamento delle forze
armate sul terreno politico e gli
esperti sono concordi nel ritenere che questo si deve anche all’ozio militare degli eserciti nazionali. A Cuba le forze armate
hanno già un ruolo politico importante e forse a Castro non è
parso vero di restituire loro anche un ruolo militare ».
Il lato debole di tutta quest’analisi, a nostro parere, è là
dove dice: « Dev’esser scartata
la semplicistica idea di una totale subalternità di Cuba verso
rURSS ». Saremo dei semplicisti;
ma noi crediàrno a questa subalternità, certo molto spinta, anche se non totale.
Doni Eco-Luce
Campese Genre Mary, Pinerolo;
Ostorero Emilio, Torino: Pavarin Giacomo, Luserna; Bounous Amelia, Genova; Prisinziano Emilio, Roma; Toma
Francesco, Sansevero, Bosio Edmondo,
Pinerolo; Palladino Giovanni, Campo
basso; Lodi Laura, Luserna; Bogo Arturo, Venezia; Favatier Paolo, Luserna;
Bertarione Benedetto Bice, Pavone Canavese; Peyrot Emilio, Torino; Peyrot
Giampiero, Torino; Peyrot Giovanni,
Torino.
Fam. Tourn-Boncoeur, Rorà; Pavarin
Domenica Adele, Luserna; Genre William, Inverso Pinasca; Gay Marcella,
Pinerolo; Bonnet Franco, Luserna;
Vinçon Tron Ilda, Pomaretto; Griglio
Livia, Perosa Argentina; Giordan Giovanna, Angrogna; Bonino Vera, Lu
notevole validità) è stata distribuita e illustrata ampiamente ai
giornalisti una nota informativa
che dà notizia in modo abbastanza dettagliato del contenuto del « Progetto di Intesa » e
dei criteri seguiti dai rappresentanti valdesi e metodisti nel
corso delle trattative L
C’è da osservare che finora
la stampa aveva avuto solo indicazioni molto generali sui criteri con cui la Chiesa Valdese e
la Chiesa Metodista intendevano
impostare le intese, o indicazioni indirette desumibili dalla presa di posizione valdo-metodista
nei confronti della bozza di revisione del Concordato. E invece ora la prima volta che la
stampa si trova di fronte ad una proposta precisa e completa
di intesa raggiunta dai rappresentanti delle chiese e del governo® con la sua caratteris.tica fondamentale di autonomia
di ordinamento della chiesa e
di rifiuto di privilegi e di finanziamenti da parte dello stato. E
la stampa non ha mancato di
rilevare l’importanza di questo
fatto nei confronti della trattativa concordataria.
Certo non è il caso di assumere atteggiamenti trionfalistici né di esagerare la portata di
questo fatto. Nella comprensione di un largo pubblico (non
escluso parte di quello interno
al mondo evangelico — come
appare in altra parte del giornale) le intese dell’art. 8 continueranno ad essere confuse o
identificate con il concordato
dell’art. 7. E d’altra parte l’impatto di questa forma alternativa dei rapporti Chiesa-Stato
sulla tradizionale forma italiana concordataria sarà probabilmente minima. Ma che importa? Questa « predicazione allo
Stato » se tale è, ha il suo valore in sé e non nel suo successo'. Essa non va né messa da
parte in alternativa ad altre
forme di predicazione alla comunità civile che sono altrettanto necessarie, né sopravvalutata come se essa sola costituisse la predicazione dell'Evangelo oggi in Italia. Va fatta, insieme ad altre cose, e fatta con
coerenza: il titolo di uno dei
nostri quotidiani, « L’esempio
dei Valdesi » è per noi l’indicazione di una enorme responsabilità di coerenza non solo nella
bella prosa delle intese ma anche nella pratica della Chiesa
e dei suoi membri.
F. Giampiccoli
' Ci proponiamo di tornare su questo tema in un secondo tempo per ciò
che riguarda il contenuto del documento anche per dar modo alle chiese
di riceverlo. Esso è infatti- stato inviato da Tayola e Comitato Permanente
a tutte le chiese, gli organi e i membri
del Sinodo 1977 ed esce in questi giorni in una pubblicazione della Claudiana (Progetto di intesa tra lo Stato e le
Chiese Valdesi e Metodiste - Nota informativa. Attualità n. 79, L. 300).
^ Come è noto (cfr. intervista a Giorgio Peyrot, Eco/Luce n. 7) il progetto deve essere ora esaminato e, salvo
revisioni, firmato dalle due partì, Tavola valdese e Governo italiano.
sema; Armand-Hugon Susanna, ved.
Eynard, Torre Pellice; Mette Prassi,
Brescia; Frassine Else, Cortina d^Ampezzo; Long Dante, Nichelino; Beux
Emilio, Pramollo; Costabel Silvio, Pramollo.
Long Oreste, Pramollo; Villa Francesco, Luserna S. Giovanni; Bonjour
Grill Attilia, Pinerolo; Coisson Assely,
Perosa Argentina; Decker Guido, Torino; Schellembaum Franco, Asti.; Malatesta Guglielmo, La Spezia; Pozzi Renato, Torino; Camisassi Antonio, Moncalieri; Schenone Federico, Genova;
Biglione Eunice, Genova; Rivoiro Pellegrini Ugo, Torino; Grand Pietro, Luserna; Muraglia Margherita, Luserna;
Casonato Aldo, Pordenone.
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