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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE RELIGIOSO
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(4 (lomici/to)
Torino, per un anno L._ G,00 L.7,00
— per sei mesi « ' -i,00 » 4,80
Per ie provincie e l’estero franco sino
ai conlini, uu anno . . L. 7,20
per sei mesi, » 3,20
A'/>ì0sjoVTic 6t èv iiya/rji
SegueuJo la verità nella cariti
Lpes. IV. 15.
La Direzione della BUON.i NOVELLA è
. in Torino, casa Bellora, a capo del Viale
del He, N"12, piano 3".
Leassuciazioni si ricevono dalla Direzione
del Giornale, e da G1.\C0M0 BIAVA
via della Provvidenza N* 8.
Gli Asiociali delle Provincie potranno provvedenti di un vaglia postale,
inviandolo franca alla Direzione.
1 Confessori di G. G. in Italia nel secolo XVI. Aonio PalcarÌO 11. — Tolleranza Vescovile, :— Critica degli Evangeli di A. Bianchi>Giovìnl. — Visita nelle Chiese
di Roma. — Conferenze «ui principii della fede protestante , e«c. •— Notizie
religiose. —~ Cronachetta politica.
I COXFiìSSORI 1)1 G. C. 1\ ITALIA ^EL SECOLO XVT
Aonio Paleario.
Jl.
Ma, comechè vittorioso linianesse
il Paleario de’ suoi ‘neraici, ed essi
sgomentati e confusi, nou per questo
egli era al coperto di nuove accuse e
calunnie -, che anxi, da quel giorno,
uua guerra segreta si, ma fiera ed implacabile cominciava contro di lui;
talché, non lenendosi più sicuro, nè
sperando quiete, Aonio dovè partirsi
da Siena. Invitato dal Senato di Lucca,' si rifuggi in quella città, dove prese
a insegnare letteve Ialine, e poco dopo
in grave circostanza, fu nominato oratore della Repubblica.
Però uno de’ suoi piìi ostinati nemici, Macco, soprannominato Blaterone, lo inseguì con le sue calunnie
sino a Lucca; e rimanendo di bel nuovo confuso per l’eloquenza e pel nobile contegno di Paleario, caduto in
disgrazia e bandito da quella città,
andò cercando appo i Domenicani di
Roma i mezzi di vendicarsene. Ma
Paleario avea colà degli amici, e cole-
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storo agevolmente sventarono le accuse del miserabile calunaiatore.
Paleario rimase dieci anni a Lucca;
ma non potendo, col tenue stipendio,
sopperire a’ bisogni di sè e della sua
famiglia, e vedendo a malincuore la
moglie patir delle privazioni cui non
era assuefatta, accettò la cattedra di
eloquenza offertagli dal Senato di Milano; ed ivi con una provvisione più
pingue e varii privilegi e immunità,
aoguravasi di passare comodamente il
resto della sua vita. Ma i suoi nemici
crescevan sempre più di numero, acquistavano ardire e raddoppiavan gli
sforzi onde ruinarlo ; per cui, dopo
sette anni passali in mezzo a tanti
pericoli, Paleario pensava di trasferirsi a Bologna, allorquando nel 1Ó66,
salito sulla sedia papale Pio V, furono
riprodotte le accuse contro dì lui, e
venne compreso nella persecuzione
generale del S. UlTicio. Un inquisitore,
frate Angelo da Cremona, andò ad arrestarlo, lo menò a Roma, e fece rinchiuderlo nel durissimo carcere di
Tordinona.
Nel processo gli fu imposto a delillo la pubblicazione del Benefìzio
della morte di Cristo, le sue raccomandazioni in favore di Ochino, la
sua difesa davanti a’ senatori di Siena, i sospetti che avea destato contro
di sè durante il soggiorno lenuto in
questa città, non che a Lucca; e dopo
un minuto esame, a quattro si riducevano i capì d’accusa:
Cli’egli negasse il purgatorio;
Che disapprovasse il seppellire
nelle chiese, preferendo l’antico costume romano di dar sepoltura a’ morti
fuor delle mura ;
Che ponesse in ridicolo la vita
monastica;
Che attribuisse la giustificazione
solamente per fede nella misericordia
di Dio che perdona i nostri peccali
per Gesù Cristo.
Nè gl’inquisitori lasciarono intentato alcun mezzo onde ridurlo alla
fede cattolica; ma egli ne’ suoi costituti diede esempio di una rara fermezza sprezzando promesse, lusinghe,
raggiri, suggestioni, minacce, e preferendo il generoso martirio ad una
vile ritrattazione. Laderchio, scrittore
papista e continuatore degli annali di
Baronio, riporta le memorabili parole
die Paleario indirizzò ai cardinali
deirinquisizione; « Vedendo di noa
poter allegare cosa alcuna in sua discolpa (l’accusato) diede in furore ia
questi termini: « Poiché le vostre Eminenze hanno coniro di me lante buone prove, nou fa bisogno nè di prender per loro, nè di dare a me più
lungo fastidio; io son risoluto di agire
secondo il consiglio del benedetto apostolo Pietro, dov’egli dice: Cristo ha
sofferto per noi, lasciandoci tal esem-
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pio die noi dobbiamo seguire le sub
orme; il quale non fece alcun male,
nè si trovò fi'ode nelle sue labbra, che
essendo ingiurialo non rese ingiuria,
e solTrendo non minacciò, ma alTulò
se slesso a Colui il quale giudica giuslamenle Procedete dunque nel dare
il vostro giudicio, pronunziate pure,
la sentenza sopra Aonio, e date in
tal guisa a’ suoi avversarii soddisfazione e al vostro incarico adempi
mento ».
Non sappiamo come l’annalista abbia potuto dare a quesle parole ii carallere del furore; l’uomo il quale ha
così parlato davanti a’ suoi carnefici
non poteva essere dominalo dalia passione; il suo linguaggio è pieno di pazienza, e spira una fede viva e profonda.
La sentenza fu proferita, e dopo
tre anni di penosissimo carcere, il
Paleario fu condannalo ad essere sospeso alla forca, e poscia dato alle
fiamme. Però v'ha chi asserisce che
il martire fosse stato bruciato vivo.
Dopo di averlo fallo morire, gl’inquisitori, secondo il costume, spacciarono die Paleario si fosse pentito,
e che avesse, pria di morire, invocalo
il perdono delia madre chiesa-, a tale
oggetto fu scrina una memoria anonima, e a quesla fu data ampia pubblicità e carattere di documento officiale. Laderchio, scrittore non so
spetto perchè fiero nemico de’ Hiformatori e della Riforma, Laderchio
ch’ebbe a sua disposizione gli archivi
del .S. Llffìcio, smentì la bugiarda asserzione, ed oltre al brano sopra riporlato, l’annalista continua: «Quando si vide che queslo figlio di Belial
era re frati ario ed ostinalo, nè si potea
per alcun verso ricondurlo dalle tenebre dell’errore alla luce della verità,
egli fu merilamente consegnato alle
fiamme affinchè, dopo aver quivi sofferto momentanei tormenti, si trovasse
poscia nel fuoco eterno ». Le quali
parole fan credere che Paleario fosse
stato non sospeso alla forca, ma brucialo vivo; infatti, se lo avessero prima appiccalo, non avrebbe potuto
solfrire i ìtiomcntanei tormenti del
fuoco.
Anche le ultime lellere che Aonio
Paleario indirizzò alla sua famiglia,
la mattina stes.sa della sua morte,
moslrano ad evidenza la falsità della
sua pretesa ritraltazione.
Ecco le sue lettere:
Mia carissima cojisorte,
« Io vorrei che voi non vi affiig« geste della mia gioia; nè vi faces.^ie
« male il mio bene. È giunla l’ora
« ch’io debba passare da questa vila
« al mio Signore e Padre e Dio. Parto
« cosi allegramente, come se dovessi
« andare allu nozze del figlio del grau
« re; il che ho già pregato il mio Si-
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" gnore di concedermi per sua infl
0 nita bontà e misericordia. Pertanto,
« mia carissima consorte, consolatevi
>1 nella volontà di Dio e nella mia
« rassegnazione. Abbiate cura della
Il desolata famiglia cbe mi sopravvive,
« educandola e conservandola nel ti« mor di Dio; e siate padre e madre
0 nello stesso tempo. Io sono adesso
« un vecchio di settant’anni, inutile.
Il I nostri figli debbono pensare a se
0 stessi con la virtù, con l’industria,
« e a menare una vita onorata. IdII dio Padre, il nostro Signor Gesù
« Cristo, 6 la communlone dello Spili rito Santo sia col vostro spirito.
Il Roma, o luglio 1370.
Il n im consorte
« Aoivio Paleabio ».
A Lampridio e a Fedro, diletti figli.
Il Quesli miei cortesissimi signori
Il non diminuiscono punlo la loro
« gentilezza a mio riguardo in questi
Il estremi momeuti, e mi permettono
Il di scrivervi. Piace a Dio chiamarmi
Il a sè con questo mezzo che può
• sembrarvi aspro e penoso; ma se
Il lo riguardate propriamente accaII derc con mia piena rassegnazione e
« allegrezza d’animo, troverete il voli stro sollievo nella volontà di Dio,
Il come avete fatto finora. Vi lascio
Il in patrimonio l’industria e la virlù
Il con tulti i beni che già possedete ;
<1 vi lascio senza debiti. Molti do
li mandano sempre mentre devono
« dare.
Il Sono già più di anni diciotto che
« siete emancipali ; voi non siete teli nuli per i miei debiti. Quando sali rete chiamati per soddisfarli, ricorII rete a Sua Eccellenza il Duca, che
u non vi farà torlo. Ho richiesto a
« Luca Pridio una nota di quello che
0 devo e di quello che mi si deve.
Il Prendete la dote di vostra madre,
Il educate la piccola vostra sorella
(I come Iddio vi farà la grazia; sali lutate Aspasia e la sorella Aonilla,
« mie care figlie nel Signore. La mia
Il ora si avvicina. Lo Spirito di Dio
Il vi consoli e vi conservi nella sua
<1 santa grazia.
» Roma, 5 luglio 1570.
Il Vostro Padre
Il Aonio Paleakio ».
Soprascritta.
Il Alla sua carissima consorte Mariella Paleari, e a’ suoi cari figli Lampridio e Fedro Paleari; a Colle di Val
d’Elsa, nei sobborghi di Santa Caterina ».
Quesle due lettere sono brevi, ma
il momento solenne in cui furono
scritte le rende oltremodo interessanti.
Esse attestano il coraggio religioso col
quale egli attese l’istante del supplizio; son piene di fede evangelica, di
tenerezza paterna, di amor coniugale,
^ e in pari tempo respingono ogni dub-
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bio della pretesa ritrattazione. E non
l’avrebb’egli detto a’ suoi? Gl’inquisltori non gli avrebbero imposto di scriverlo, lanto per divulgare, secondo il
costume, codesto nuovo trionfo della
Chiesa cattolica?
Adesso diremo [qualche cosa delle
opere e del carattere di Paleario,
Lasciò molte opere, e prima d’essere arrestato ebbe cura di sottrarle
al pericolo da cui egli stesso era minaccialo, le Damme. I suoi amici, dopo la sua morte, le pubblicarono, e
ne furon fatte molte edizioni in altri
paesi; talché non solo superstiti, ma
rimasero esenti da quelle mulilazioni,
alle quali andarono soggette le opere
de’ suoi compagni. Dalle sue lettere
rilevasi come foss’egl^ ricco di amici
e grandemente slimato da’ contemporanei i più sapienti di quel lempo.
Oltre il Sadoleto e il Polo, egli era in
corrispondenza co’ chiarissimi ingegni
del Bembo, Maffei, Badia, Sfrondati,
Nardi, e ancora di Flaminio, Riccio,
Alciato, Vittorio, Lampridio, Buonamici. Il suo poema intorno aU’immortalità dell’anima fu accolto cou favore
da tutti, e intorno ad esso, come attesta il Tiraboschi, Sadoleto scriveva
al Grifei: « Essere scritto con tanta
gravità ed erudizione, con tal eleganza
di espressione e di versi, ch’egli pensava non aver mai lello produzioni
de’ suoi tempi che piìi di quella in tal
genere dilettasse ». Paleario lasciò
molte orazioni le quali valgono mollo
più di quelle scritte dai cosi detti ciceroniani. La sua bellissima leltera
diretta a’ Padri del Concilio di Trento,
la sua professione di fede, il suo discorso contro i Papi, son prova dei
profondi studii che avea fallo sulla
Sacra Scrittura, della sua solidità e
integrità nella fede cristiana, del suo
candore d’animo, del suo fervore, del
suo zelo, ond’egli fu veramenle un
riformatore e un martire della verità.
Ma fra tutte le sue opere, la piii
stimata fu quella sul Benefizio della
morte di Cristo. Quarantamila copie
se ne esitarono nello spazio di sei
anni, e ciò in un tempo in cui la
stampa era mollo costosa, e il numero
de’ lettori assai rislrello. Non pochi
ebbero a soffrire persecuzioni e carcero;
per essersi adoperali a far circolsce
quest’opera; e lo zelo impiegato dal
domenicano Ambrogio Caterino per
confutare quest’aureo trattato, gli
fruttò un vescovalo. Scritto in italiano
non ebbe luogo nella collezione delle
sue opere latine; circolò a parte, e
sempre a parie fu ristampato. Fuf)rl
d'Italia fu tradotto in varie lingue -, ¡u
Italia i preti, dopo lunghe e con' ùnue
ricerche riuscirono a distruggerf . pressoché i 40,000 esemplari. Non si
crederebbe se il fatto non fosse da
tutti attestato. Cotesto aure o trattato
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non si conosce nella lingua originale,
rarissima n’è la Ir.iduzioue francese.
Fu Iradotto in inglese fin dal 1577.
E negli ultimi lempi, dovendolo pubblicare un editore toscano, fu costrello a farlo tradurre dall'inglesu ;
ma i)er quanto esatta fosse la traduzione, certo non polè uguagliare il
bello siile di Paleario, lanlo celebrato
in Italia.
Aonio era d’animo ardente, di viva
immaginazione, rapido nel concepire,
felicissimo nel ritenere, un po’ difficile a determinarsi, ma fermo nelle
prese determinazioni; più filosofo che
uomo di mondo; e da ciò tutta quella
severità nel giudicare gli uomiui e la
inlollerauza de’ vizi, specialnienle in
chi aireltava viriù, cosa che gli suscitò contro fiere nimicizie e odii implacabili. Fu tenero sposo, buon padre
di famiglia, ottimo cilladino, professore coscienzioso, e sopratlulto cristiano secondo il Vangelo, del qnale
fu zelante apostolo e martire glorioso.
TOLLEHA^ZA VESCOVILE
Non hanno dimenticato certnmente i
noslri letlori, il divielo fatto dal piirroco
del BoKhelto ad alcune donne della sua
parrocchia, di seguitar a tener a lialia
bambini israeliti, e la leltera dignitosa
che su queslo propo.sito indirizzava al
vescovo d'Ivreii, il chinrissiiiio ridiliino
di Torino, 'Sig. Leliu Cautuui. Mi>a«ig.
Moreno ba risposto, ed ceco il passo più
rilevante della sua letlera ;
<1 Con queslo io vengo ad accennare
alla .S. V. ilhislrifsiina, cosa forse du lei
ignorata, che cioè le leggi della Chiesa
caltolica vittano alle donne cristiane di
rii-evere a nutrire fanciulli di Elirei ; e
poggialo alle medesime quel signor parroco viene di nun aver fatto allro nell’ammonizione intimata alla nutrice del
bimlio dii sig. Ovazzu Israel, ctie adempiere un dovere del proprio minislero.
« Siffatte leggi realmente sussistono :
l’osservanza delle medesime formò l’obliietlo delle pastorali solleciludmi di quel
grande che fu San Carlo B.irroineo, arcivescovo di Miiiino , iiielropoliiano di
molle diocesi del Piemonte , e si vede
inculcala nelle sinodali costituzioni subalpine. Se periamo quello del Busclietto di Cliivasio fosse un fallo nuovo
ed inusiialo, sic<#ine V. S. illu.'-tiissima
lo dice, si dovrelihe conctiiiiderne o che
gli Ebrei non affidassero i loro infanti a
nutrici cristiane , o chc per ragioni e
circostanze pnrlicnlari aliliiano chiesta la
permissione dì riceverli e l'ahliiano impetrata dai superiori diocesani , i quali
a termine di legge nei casi pailicolari
possono e sogliono anche concederla.
« Saggia com’ella mi si dimostra, di
leggieri si farà capace che si è dovere
del parroco d’ inculcare e di esigere
da’ suoi parrocchiani l’ohliedienza alle
leggi di Santa Chiesa, e che al supcriore
diocesano si spella di promuoverne l'osservanza tra’ suoi dipendenti ; quindi
che il sig. Ovazza non potrebbe con ragione lagnarsi, come fa, del danno che
» lui provenisse per la restiluzione del
fanciullo. Se egli come cittadiao ha dei
7
diritti, cerio che a questi rispondono i
correlativi doveri di rispettare , di non
offendere i dirilli alimi. Se come elireo
si asserisce libero nell’adempierc i precelti della sua religione , voglia lasciar
libero il parroco cattolico tli osservare
le leggi della propria. Di questa guisa
facendosi, la pace, la buona armonia regnerà sempre fra lulli, siccome vivamente è da desiderarsi.
Ho l'onore ecc.
Dev. Obb. Servitore
4- Luigi i'escouo d’Iorea.
Noi lo domandiamo ai nostri letlori ,
se alla civillà dei lempi poteva essere
giitala una sfida più insolente della lettera di Monsignor d’Ivrea. Quindi ci facciamo lociio di domandare a Monsignor
medesimo a qual passo dell’Evangelo la
Chiesa romana abbia attinto quella selvaggia dottrina, che niega un po’ di latte
a dei liamfiini perché non crisliani, quando a raccomandarli al noslro inlercs.se,
dovrebbe essere più che baslante il fatto
che appartengono al medesimo popolo
da cui son sorli i S. Piciro, i S. Paolo,
e migliaia d’allri che, con tanta abbondanza e a costo di sacrifìzii infiniti, ci
hanno abbeveriiti, noi crisliani, del latte le
mille volte più prezioso della Parola di
vila ?
CRITICA DEGLI EVANGELI
DI A. BIANCHI-GIOVINI
Caro fratello.—Mi torca ora a mostrare
(fomei caralleri interni de’Vangeli indicano
abbastanza i loro autori, e cosi completare per questa parie il mio assunU. iM’è
grave di non potermi dilungare, ma spero
che i leltori non trascureranno d’esaminar da sè il Nuovo Testamento solto il
do|ipio punlo di vista che ho proposto, e
son certo che ne riceveranno quell’impressione, direi così, lauto solenne della sua
aiitenlicilà. — Nella letlera antecedenle
ho dimostro, o reso almeno dimostrabile
l’epoca precisa degli Evangelii (ler virlù
di pruove inierne; e conchiusì che lo
stile, i pensieri, le cose e (ullo il racconto
dicono abbastanza d’essere stati scritti nel
primo secolo dell’era volgare. Ma lo sono
stali da coloro di cui portano il nome? A
ciò non si dee rispondere precisamente
che con documenti esteriori ; ma la qualità
degli autori, astrazion facendo dal nome,
risulta evidentenicDle da’caralteri interni
(leli'o;iera.
È chiaro all’uomo meuu jlleiilo che i
quattro Evangelii appartengono ognuno
ad un individuo diverso: lo stile, la lingua e le differenze stesse lo nioslrano invincibilmente. Gli liun potuti scrivere
quattro filosoli? Ila manca ogni dalo filosofico cd ogni forma scientifica. Tutto
que.l che rigtiarda l’uomo e Dio può e.sser
materia di filosofia, na quesla ha avuto
sin dalle origini iin’impronla sua particolare; gli Evangeli.iti non ne conoscono pur
il nome, e nel Nuovo Testamento non si
trova che una volta menzionala da Paolo
(COLOSS. Il, 8]. Immaginare de’lilosofi cbe
si siano posti a scrivere lacendo non solo
il proprio nome, ma trasandando le quistioni, i pensieri e la forma cui erano
abituati, è immaginare non dico Io strano,
ma l’impossibile. La semplicità de’Vangeli, la niuna smania di dottoreggiare e la
sobrietà ne’racconti, fan chiaro non aver
essi altra pretensione che d’esser libri
storici. Ora il loro andamento, dall’in-
8
sieme sino alle più piccole minuzie, svela
chiaramente uomini speciali e inconfondibili con altri d’ogni luogo e tempo, chè
la storia non ci ha dato mai un libro così
straordinario scritto da uomini, che, per
siile e tutt’altro pertinente a loro (astrazion facendo da ogni ispirazione), non
mostrano d’avere più che uu comune buon
senso. Si creda o non si creda a quel che
dicono, non può negarsi ch’essi non mostrano altro interesse che il puramente
storico : vi si trattano da estranei e scrivono con quella fiducia che la sola certezza può dare. Immaginate degl’ impostori : per qual interesse avrebbero scrilto ? Avrebbero parlato d’ un croceiisso,
d’un popolo disprezzato, di peccati, di
perdono e d’umiltà? E come avrebbero
evitato il fanatismo eh’ è così ordinario
negli apocrifi venuti dappoi ? Ma se ì
qualtro impostori eran d’accordo, come
son riusciti in disaccordo nelle circostanze
secondarie de’qualtro Evangeli? E se
hanno scritto in luoghi diversi e separatamente, come son concordi nel fondo del
racconto?
È indubitato che l’esistenza di que’libri
non può contrastarsi dalla fine del secondo
secolo in poi : e tutti gl’increduli che ci
potran sorgere contro abbiano almeno la
compiacenza di credere allo Strauss, il
quale confessa che allora essi erano universalmente riconosciuti come ’provenienti
da apostoli o da compagni di apostoli (i ).
Or non avrebbe dovuto il perspicace signor Giovini, con l’acuto suo buon senso,
esaminare se il secondo secolo poteva dare
tali libri, tenendo conto dello stato delle
(i) Vita di Gesù, -)* parte, pag. 7Í; citaz. <ta
Jaiaqiiier, pag. 10.
lettere, de'lumi, degli uomini in quell’epoca, per quindi negare che siano stati
scritli nel primo da apostoli o da uomini
apostolici ? Negate quanto vi piace, ma
alla fin dei conti questi libri esistono ;
siate crilici severi, ma illuminali, e diteci
quando e come vi paia siano stati compo
sii. L’umanità è così noiata di negazioni,
che ormai vorrebbe almeno accanto ad
esse un po’ di positivo.
Gli autori de’quattro Evangelii dunque
non sì svelano che come storici : è impossibile scoprire in essi altra pretensione.
Non parlano di sè, nou creano casta o
partito, non cercano dì fanatizzare : un
solo è il loro eroe ; mantengono per tulto
il colorilo dell’imparzialità. È facile al
critico, anche meno dolio del sig. Giovini, d’intendere che un trattalo di filosofia, un romanzo, o un lavoro d’ingrandimento su d’un piccolo quadro dato dalla
storia, presenterebbe tult’altro che i caratteri degli Evangeli. Paragonate Erodoto
e Tucidide con essi : se questi non sono
stati scrini da uomini contemporanei e testimoni de’fatti, si dovrebbe conchiudere
che degl’impostori han superato la naturalezza e il candore di coloro che passano
indubitatamente per storici : e allora non
so se gl’increduli non avessero a chiamarsi
un portento di credulità.
La lingua mista d’ebraismi che hanno
adoperata, la maniera d’esposizione e di
argomentazione, e la natura del racconto
e dello stile dimostrano che gli autori degli Evangeli sono stati de’Giudei, e dei
tempi dì Gesù Cristo. Un secolo più tardi,
distrutta Gerusalemme, il tempio e i riti,
e avvenuta la dispersione del popolo, quali
degli Ebrei avrebbero potuto scriverli ?
Si paragonino co’libri scritti da giudei
9
dopo la loro caduta e si vedrà qual difTerenza v’è.
Esaminando i noslri sacri libri con attenzione (non con quella che ha adoperato,
ma che ben poirebbe adoperare l’erudilo
sig. Gìovìdì), si os.serverà come il loro
contenuto non poleva venire che da uomini contemporanei e testimoni. Abbrevierò per questo punto gli argomenti di
Jalaqiiier.
I. Vi si trovano senza timore, senz’affettuzione o apologia, ma semplicemente
raccontati, gli errori e le colpe degli apostoli, le loro dispute sulla primazia, le
idee grossolane sul regno del Messia, la
lentezza a comprendere e credere, le continue ricadute ne’pregiudizi giudaici, la
• domanda di far discendere del fuoco su
d’un villaggio samaritano e la censura
che lor fece Gesù, la loro fuga quando il
Redentore fu preso e immediatamente alle
loro proteste di devozione, la tendenza
grudaizzante di Pietro, la resistenza contro lui di Paolo, la costui quistione con
Barnaba ecc. Tutte queste cose e la maniera come son raccontate rivelano scrittori ben informati e veridici. — Applicate
uD po’ la critica alle confessioni di Agostino, per es., o a quelle di Rousseau, o
alla Vita d’Allieri: dichiarerete che son
romanzi, parlando a quel modo de’Ioro
errori? Il Werther e il Jacopo Ortis dimostran chiaramente il corso dei pensieri dei
loro autori e l’invenzione de’fatti, ma
qLielle non v’indicano la realtà ad ogni
passo? Crederebbe il sig. Giovini che un
allro poirebbe scrivere i suol errori, i suoi
cangiamenti, le sue idee giovanili ben differenti dalle attuali (il che è la sloria di
migliaia d’uomini anche d’iugegno) inventando tulto di pianta e nascondendosi sollo
il suo nomé? Si può essere incredulo, ma
la critica permetterà ormai d'esser cosi
credulo ? — Quanto non s’era elevato ne’
temili (losteriori il carattere degli apostoli!
E un impostore del secolo terzo, per es.,
gli avrebbe dipinti così rozzi, cosi stupidi,
cosi facili ad errare ? " Più vi si riflette e
« più si riconosce in quelle mille tracce
« d’un naturale candido, che bau sempre
« scosso i lettori attenti, dc’segni e delle
Il guarentigie d’aulenlicità, e più si crede
« di vedervi e sentirvi la mano degli uo" mini, cui la chiesa attribuisce il Nuovo
«I Testamento, più si ralferma la convin'c zione specialmente ch’egli non può es« sere, secondo l’ipotesi razionalista, il
« prodotto artiticiale d’una tradizione leg« gendaria, d’una formazione mitologi« ca <>. il sig. Giovini cli’è così versalo
nelle leggende cattoliche, die vi trova
di leggenda negli Evangeli ? Qual cosa simiglìante nel fondo e nella forma alle mitologie orientali, greche ed italiche ? I fatti
di Napoleone I potranno sembrare mitologici in epoche future, ma ì noslri posteri
non si disinganneranno leggendo Norvins,
Laurent de l’.\rdèche e Thiers? Eppure,
qual dilTerenza tra io stile di questi e la
candida semplicità de’nostri scrittori sacri ?
II. Essi ci presentano de’tratti dello
stesso candore in ciò che riguarda la vila
di Colui eh’e la nostra speranza. Chi
avrebbe potuto inventare Gesù Cristo?
Qual carattere morale in mezzo a tanta
bassezza di posizione sociale ! Io desidererei che gl’increduli cerchino di risolvere
questo problema prima di negar gli Evangeli : Come s’è potuto inventare il caratteue di Cristo sulla piccola scena
DELLA GILREA, IN MEZZO ALLO SCETTI-
10
CISMO E IND1FFEHENTISM0 CHE TOMINaVA
NELLE CITTÀ GliECHE E ROMANE, SENZA
TEXEll CONTO DI SPLENDdlU MONDANI E
FISSANDO TUTTA I.A CREAZIO.SE NELLA
PARTE MORALE? Esaminale tulli I caralteri slorici e impaslaleli insieme, non
verrìì su qutllo di Crislo. Scorreie i caralleri inveiilall anche modernamenle dai
romanzieri (ilù ceieliri e |iiù crealori, trovale qualche cosa d’uguale a Cristo? E
se non è inventalo, chi poleva dipinger
lo, se non suoi discepoli o compagni immediati di questi? « Un entusiasta ful<1 sario de’ lempi posleriori avrebbe imtt raaginalo o raccoulaln, senza niodifiI' cazione, il dubbio che la condotta di
« Cristo sveglia nel Ballista (Alati, xi,
n 3. Luca VII, 19); lo scandalo che la
Il sua parola muove in mulii suoi disce« poli che suliilo l’abbandonano (Giov.
Il VI, 66j; l’impotenza in che si trova
«d’operare de’miracoli in Nazareth,
fi come ne operava altrove (Matt. xii,
II 28); il suo abballimento e turbamento
« a Getsemani ; le sue apparizioni, dopo
Il la risurrezione, a quelli soli che cre« devano in lui ecc.? ». Un impostore
del secondo secolo avrelibe rapportato la
profezia apparenlemente inesiitia e senza
nemmen maravij>liiirsenp,cheè contenuta
in Moti. XVI, 28; xxiv, 27-50 ecc., mentre abbiamo in cosa simile un esempio
del conlrario in Giov. xxi, 25?
III. O.sservate l’estrema semplicità, con
la quale i noslri scrittori s’i-sprlmono sugli avvenimenli straordinari cbe raccontano. Non v'ha mollo per prevenire obbiezioni 0 dubbi, 0 per lej;iuimare o
sollevare il meraviglioso: è talmente lor
famigliiii-e che sembra divenuto naturale
per essi. Uo impostore al conlrario lo
avrebbe falto rilevare. Qual contrasto con
gli apocrifi e colle leggende dello chiesa
romana e di Maometto! In quesle s’incontrano amplificazioni, colpi di scena e
i miracoli presi per espedienti. Gesù all’incontro non si cava mai d’impiccio con
porlenli; li fa per far bene, ma lutla la
potenza la ripone nella forza della verilà
e delle sue parole.
La vita di Gesù non ha potuto essere
scrina che da discepoli : fuori di questi
la sarebbe venuta immensamente diversa.
IV. E la morale del Nuovo Testamento
darebbe luogo alla stessa conchiusione.
Vi regna una purezza, una rettitudine,
una saggezza ed una proporzione che
non si trovano più a tal grado nemmeno
presso i Padri detti aposlolici, ove 1’ascetlismo già si congiunge ai vero spirilo
cristiano. Senza uscir fuori adunque,
re.sliamo nel cristianesimo e trovatemi
un secolo, ove, stando ai dati lelterari
che ne abbiamo, potesse dirsi inventato,
0 serillo almeno, l’Evangelo. Celebre è
n libro di Tommaso da Kemi»is, De Imitatione Christi, per la sua senipliijtà:
ma di quanto non è più grande l’originale ch’egli ba cercato d’iinilare ! No, lo
siile di Crislo non s’invenla; e in pieno
secolo decimonono si potrebbe sfidare
gli uomini più doni e che più naturalmente scrivono ad imitarlo completamente. D’onde derivaquesl’impossibilità?
Ce la spieghino coloro cbe negano la storicità degli Evangeli. Hanno il dirilto
di negare: non sentiranno il dovere di
sciogliere le diiTieoltà? Un uomo imparziale, come il sig. Giovini, converrà che
le nostre domande (che presentiamo solamente sotlo l’aspelto critico, chè sotto
11
— m —
l'sspetio religioso, sono siale già risolule
dalla nostrii coscienzu) nierilano una ris|insla.
V. Separale, dice lo JaLiqiiicr, negli
Ei'angell la storia comune dalla miracolosa e vedrele come quella porla l’impronta palpaliile della reallà: v’è l'aere
di quel tempo e di quella regione, lo
spirilo di queitli uomini, tutlo il colore
della contemporaneità negli autori e nel
loro raruttere di teslimoni c di discepoli.
Prosegua questo studio da sè il leltore,
che ne vai la pena : e sia persuaso che
noi nnn ci meravigliamo die si possa
non ammettere rE'angelo come autentico, ma solo restiamo attoniti come un
dutio e giustdmenle lodciti) critico possa
presentarsi innanzi ad un popolo colto e
che conta trenta secoli di civillà, atlacciindo l'auipnliciià d’un lihro o gravemente dubitandone almeno, senza neppur toccare argonienii che riguardino i
suoi caralleri interni. La mia non è meraviglia da crisiiiino, lo ripeto, ma da
crilico, e lanlo più gronde, per quanto
p ù -on persuaso della doltrina del sig.
Gcui'iiii. .M ilauguralamenle pfili ha pensalo d’aver per avversari de’ monsignori
e con questi non v’è da fare sfoggio di
gran critica, stando almeno agli argomeiiii che tulio d) ce ne (lorgono la modesta Armonia e quel rahluiiTato semplicione del Calt'ilieo; ma sappia il noslro
autore che ormai in lialia vi son cristiani
che lo stimano e che lo amano per es
sere stulo sempre partigiano della liberlà
di coscienza, e scrivendo coniro l’Evangelo li uommiseri pure, ma rìsponda agli
argomenli aposUdici di cui va munita la
doltrinii, cui credono, e alla quale utlaccano ogni loro speranza lerr.ioa e cele
ste. Quanto gli saremmo grati, se la discussione tra la fede e l'incredulilà (la
CUI apertura diihliiiimu a lui) ^lotes^e
per sua opera diventare più |jrofouda e
sempreppiù serial Negare l'Evangelo per
poter negare il pupato, è troppo davvero,
è un confonder la questione, è riuscire
ove non si vorrebbe. Ali! se il papato
fosse nel Vangelo, saremmo papisti anche noi, lanlo siam convinti della sanlilà di quii libro! Lasciamo da parte
dunque gli uomini: ci guidi la critica,
e siam cerli che Giovini non potrà esser thè savio e profondo. Addio, caro
fralello; ti mandeiò [iresto l’altra lettera.
ERRATA CORRIGE.
Alcuni gravi errori sfuggiti nel precedente articolo richieggono d’essere quivi
corretti.
Pagina S80, colonna a destra, linea 9,
jovece di sloria tedesca, legga.'-i scuoia.
Purina !)82, colonna a sinistra, linea 29,
si cancelli due.
Medesima pagina, ultima linea della colonna a destra, invece di sinotlrii, leggasi
sinottici.
Passim invece di Taìaquier o \'alalquier leggasi Jalaquier.
VISITA
DI ALCUNE CHIESE L\ R0.1ÌA.
Alcune cose sono più vere che credibili : ed è perciò che narrando alcuni fatti
noi pubblicheremo documenti che in pieno
secolo XIX sono esposti pubblicamente in
Roma.
Nella chiesa dei ss. Cosma e Damiaoo,
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situata nel Foro Romano, si vede dalla
parte destra nell’interno di della chiesa
in un quadro la seguente iscrizione ;
« L’immagine di Maria Santissima che
esiste neli’altar maggiore parlò a s. Gregorio papa dicendogli : — Perchè più non
mi saluti mentre passando eri solilo salutarmi'^— li santo domandò perdono e
concesse a quelli che celebrano in quell’allare la liberazione dell’anima dal purgatorio, cioè di quell’anima per la quale
si celebra li messa «.
In forza di quesla tabella i frati de’ss.
Cosma e Damiano, ricevono ogni giorno
molti danari per liberare anime dal purgatorio.
Da’ss. Cosma e Damiano passiamo alla
chiesa detta Ara Cali. Sul muro della
cappella di s. Elena, è incroslata una pietra colla seguente iscrizione:
« Paolo per divina Provvidenza Papa iir,
ad istanza e devola supplica del rev. padre fra Angelo da Cantalupo, allora confessore di Sua Beatitudine, concesse con
autorità apostolica, oráculo vivce vocis, a
tutti e il ciascun frale laico dell’ordine dei
Minori Osservanti, quali per la conservazione della S. M. Chiesa dicano una corona della Madonna, e per il felice stalo
di Sua Sanlilà, cinque Pater e cinque
Ave Maria nella cappella di s. Elena in
ylra Cali conseguiscano, come i sacerdoti
i quali celebrano in della cappella, l’indulgenza e liberazione di un’ anima di
uno dei loro parenti dalle pene del purgatorio; facendo queslo una volla il giorno
siccome si contiene nelle lettere roliorale
con autorità apostolica, e riservale nell’armariodella sacrestia, l’anno del Signore
ÍS4Í, del suo pontificato anno x ».
Nella chiesa di s. Lorenzo fuori le
mura precisamente all’ingresso delle Catacombe, in una lapide in marmo trovasi
scrino in buon latino quanto segue :
« Questa è quella tomba celeberrima
su tutta la terra, ove se alcuno celebrerà
una messa per I defonll, libererà le loro
anime dalle pene del purgatorio per i meriti di s. Lorenzo ». Le messe che si celebrano In quel luogo, non si possono pagare meno di uno scudo. Noi domandiamo ai teologi dell’armonia e del Cattolico
un passo della Bibbia in appoggio di questa singolare dottrina insegnata in un pubblico monumento in Roma.
E poiché siamo a parlare di Catacombe
riporteremo uu’altraiscrizionechesi legge
al lato destro della porta delle Catacombe
nella chiesa di s. Sebastiano fuori le mura, che traduciamo letteralmente dal latino. Il In questo sacrosanto luogo chiamalo le Catacombe, ove furono sepolti
cenlosettanlaqualtromila martiri, e quarantasei sommi pontefici anche martiri :
nell’altare nel quale giace II corpo di
s. Sebastiano campione di Cristo, mentre
il papa s. Gregorio Magno vi diceva la
messa, vide un angelo di Dio più bianco
della neve che gli serviva la messa e diceva : Questo è il luogo santissimo, nel
quale vi è la promessa di Dio, la remissione di tutti i peccali, lo splendore, la
luce perpetua e la gioia senza fine che meritò il martire di Cristo, Sebastiano. Perciò tutte le messe, vuoi cantate o lette
che si celebreranno in questo insigne altare privilegiato, nell’atto stesso che si
celebrano, quelle anime che sono nel
purgatorio, per le quali si celebrano, ricevono l’indulgenza plenaria e la remissione di tulti i peccali siccome fu detto
13
dall'Angelo e confermato dai sommi pontefici ».
Anche In queslo luogo le mes.se si pagano uno scudo : ma cosa è mai uno scudo
a fronte del grande beneficio di liberare
un’anima da pene atrocissime?
A proposito della liberazione delle anime
da' purgatorio, chi volesse vedere qualche cosa di più detlagllato, non avrebbe
che ad andare alla ehle.sa delle Tre Fontane, e là in una delle cappelle potrebbe
leggere, in uua pergamena esposta al
pubblico, la seguente iscrizione: « llenire
s. Bernardo celebrava la messa in quesla
cappella, vide una scala per la quale
scendevano e salivano gli angeli conducendo le anime dal purgatorio nel cielo.
Quindi avvenne che questo sacro luogo,
già consecrato alla Vergine Madre di Dio,
si chiamasse poscia s. Maria della Scala
del clelo. I romani pontefici concessero
che le me.sse qui celebrate, lilMìrassero le
anime dal purgatorio ».
Ma anche a uiinor prezzo si possono in
Homa liberare le anime dal purgatorio.
Nella chiesa chiamala Domine quo vailis,
sulla porta esisteva la seguente iscrizione:
« Ferma II passo, o passaggier, ed entra
in questo sacro tempio ehe Iroverai la
pianta e forma di N. .S. Gesù Crislo quando
s’Incoutrò con s. Pietro che fuggiva dalla
prigioue. Si raccomanda l’elemosina per
la cera e l’olio per liberare qualche anima
dal purgatorio ». Una tale iscrizione è
stata al pubblico fino al IBi'i ijuando
Gregorio xvi ordinò che si togliesse: perchè non basta la cera e l’olio, ma vi vogliono messe per liberare le anime dal
purgatorio.
Se il curioso lettore volesse sapere cosa
è quesla chiesa di Domine quo vadis, non
avrebbe che ad entrarvi e vedrebbe sul
muro a mano destra una lapide lu marmo
colla seguente iscrizione; « Quesla chiesa
è iotitolata S. Maria ^Ue Piante, e comunemente Domine quo vadis. Delle
Piante è nominata per I’ apparizione di
Nostro Signore falla in essa a s. Pietro
quando (juesto glorioso apostolo persuaso, anzi violentato dai cristiani ad uscire
di prigione e partirsi di Roma, s’incamminò per questa via Appla, e giunto a
questo luogo, s’incontrò con Noslro Signore cbe s’incamminava verso Koma,
alla cui presenza maravigliato gli disse ;
Domine quo radisi ed ei rispose, Veiito
lìomam itcrum cruci fi gi: intese di subito
il mistero s. Pietro, e si ricordò, che a lui
ancora aveva predetto una tal morte
quando gli diede il goveruo della sua
chiesa; però voltando il passo ritornò a
Roma, ed il Signore sparì, e nello .sparire
lasciò impresse le sue piante in un selce
del pavimento della strada, e da quivi
prese questa chiesa il so|)raunome delle
piante, e dalle prirole di s. Pietro, il nome
di Domine quo vadis. In mezzodì ((uesta
sta collocata la forma espressiva delle
piante di Noàtro Signore cavata da quel
selce dove da lui furono impresse, che al
presente si conserva nella chiesa di s. Sebastiano ».
Questa Iscrizione porta la data dell 830.
Noi l’abbiam trascritta con tulti gli errori
di lingua e di sintassi che sono nell’originale. Nel pavimento vi è la pietra di
cui si parla nell’iscrizione sormontata da
una inferriata e colla iscrizione, «adoriamo il loco». Il popolo s’inginocchia innanzi al santo selce, lo adora e bacia devotamente.
Ci asteniamo da ogni riflessioue: i fatti
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parlano da sè, ma voiTPmmo che si apprendesse ijiial è il criitiiinesimo che i
clericali insegnunu al po[iulo.
-•
CO.NFEHBZE
sui priiifijìii (le! a fede pro eslanie
e le eousegiieiize di ossi jiriiuii
di coiios eie la SioniA,
Sotto questo titolo è stato puliblicalo
ulliinamente in Toiino nn ofiuscolo di
poche pagine. È nn disonrso del professore Biingcner ministro della chiesa nazionale di Ginevra: discorso che con nome
moderno si chiama conferenza. È la prima
di sei che hanno avulo l.iogo in Ginevra;
e se il piihlilico Piemontese l’accoglieià,
si piihhiicheranno in italiano ancora le altre (I). In essa è provalo ('ol'a storia alla
mano che la Riforma religiosa del secolo
XVI ntm fu ropera di alcuni uonlini, come
vogliono far credere i clericali, ma fu un
bisogno possente diH E uopo.
L’occasione di queste conferenze l’hnn
data i preli. È già da qualche lempoche
essi aveano incominciato a Ginevra una
formidabile ¡»ropaganda: non potendo sedurre i Ginevrini favorivano l’immigrazione nel Cantone di iniserahili Savoiardi,
ai quali davano ahliondanti mezzi di sussistenza acciò accrescessero il numero
dei cattolici. Divenuta in tal guisa alquanto eoosidirr.vnle la fazii'ne, incominciò in vari modi, che sarehhe lungo ridire,
ad attaccare il prolestantismo. Giornali,
(^) Ecco il loro titolo rispettivo: I. La storia',
II. La liibbia; 1(1. Il libero esame; IV. La talvaìione; V. Hene^iii della Riforma; VI. Doveri
iei Riformati.
lihietti, prediche, calunnie, lutto fu me.s.so
in opera dai clericali onde eccitare dissensioni religiose in Ginevra. Fuialmeiite
nello scorso inverno fecero venire da Francia il celebre aliale Cumlialot, il quale
incominciò a predicare dal pulpilo tulle
quelle cose che i reverendi dell'^rmmia
e del Callolico dicono nei loro giornali
coniro il protesldnlisino. .Ma in Ginevra
non vi è uua religione dello Sialo, anzi
vi esisie la iniera liberlà di coscienza e di
discussione 11 paslore e professor;' Gaussen, uomo venerabile per dollrina e per
immatolila condotta, fu il primo a raccogliere il guanto cd inlimò al Combalot
ed a tutta la fazione clericale di provare
pubblicamenle le accuse che pubblicainenie avea lanciale contro il prolestanlismo. A tale intimazioue il Combalot
pi udenieiiK'ule fcggì. La sfida però produsse il suo elTelio; il popolo di Ginevra
si scosse ed i pastori della chiesa nazionale offrirono una serie di conferenze religiose inloroo alla riforma, alla base e
alla fede di essa, e alle sue conseguenze
sociali e civili.
I curiosi di leggere quest'ottimo opuscolo lo troveranno vendibile presso Giacomo Biava, via della Provvidenza n“ 8.
NOTIZIE REliieiOSE
Roma. Il papa è divenuto veramente
prodigo. Leggiamo nella Gazzetta d'Augsbourg cihe ha regalato al (ìe di fiaviera
uua reliquia rarissima. Quesla consiste in
un pezzello dfli’abilo cbe si dice appartenesse alla Vergine .Waria. La «ama reliquia, dice lo stesso giornale, i-ru rinchiusa
ia un prezioso medaglione di oro.
15
Ginevra. Troviamo nella Semaine lieligieuse che si è organizzata in quesla ciilà
una nuova associazione esclusivatnente
composta di donne di servizio apparienenii
alla comunione romana, ma bramose di
uscirne per altaccarsi alla pura dottrina
dell’Evangelo. L’associazione venne inaugurata la penultima domenica con funzione religiosa nel locale del Soleil-Levan/. Lo scopo che si propongono quesle
giovani è quello di edificarsi, inconiggirsi e soccorrersi vicendevolmente nell’ardua via in cui volontariamente si sono
poste.
Palestina. Leggesi in un giornale di
Berlino che una chiesa evangelica composta di duecento ediciasseite famiylie si è
leslè formala a Rum-Allah vicino a Gerusalemme.
America. Fra molte società religiose
che nello scorso ¡maggio ebbero le biro
raunanze anime alla Nuom-Vork, è degna di special menzione VAmerican and
Forcing Chriatian Union, il di cui scopo
è di opporsi ai progressi ed alla esistenza
del papismo si in Europa che in America.
L’interesse che de.sta silTalla società appare dalle sue entrale che ammontarono in quesl’ultimo anno alla ingente
somma di 1,ti77,tJ7S fr. Sulla [iroposla del iiev. Bacon, l’assemblea adottò
la seguente risoluzione: « L'Unione AmeII ricana si rallegra pei sintomi numerosi
li i quali dimostrano essere giunto il
Il tempo ove l’ingiuslizia, solto qualimque
« siasi forma, dovrà comparire al tribut naie deiropinione [lubblica della cristia« nilà, ove lutto quanto non sarà trovalo
n conforme allo spirito cristiano qnale ci
« risulta dagli insegnamenti e dall’esem« pio di G. C., sarà devoluto aH’infamia».
La stessa corrispondenza della Semaine
Religieuse. da cuiabbinm lollo questi dettogli, c’informa che la Società delle missioni Americane ha oltenuto in quesli ultimi anni i più splendidi successi nelle
regioni occidentali deH'.\sia. Grazieai suoi
sforzi benedetti da Dio gran numero di
chiese evangeliche sonosi costituite nell'impero Turco, nell i maggior piirte composte di antichi Armeni. Un testimone
oculare trova che può questo movimento
essere paragonalo alla grande lUforma del
secolo XVI.
— Il 20 marzo 1852 i signori John, P.
Jewet e C." vendevano in Boston II primo
esemplare della prima edizione della
Capanna dello Zio Tom. Il 20 marzo 18S3
ne aveano già venduti 503,000 esem|dari.
Ora pili l’opera si vende più abbondantememe, non vi è quasi paese del mondo
che non abbia la sua Iraduzione. Si sta
facendo perfino una edizione illustrata in
Persiano.
Cvnad'y. Il sig. Drown ha avvertito la
Camera che nel primo giorno della prossima sessione proporrà un bill per abolire
le decime ed ogni alira contribuzione obbligaioria in maleria religiosa. I clericali
del Canadá sono alla disperazione e tentano di eci ilare il popolo coniro l’eretico
sig. Brown, che si’condo loro rovina la
religione. Sul quale limore dei clericali
Le Semeur Canadien fa le seguenti giudiziose riilessioni: «Come! dice egli al clero,
Toi temete di vedere la vosira chiesa nello
stesso piede delle chiese proteslanli del
Canada? Voi che vi vaniate di avere soli
la verità, temete tanto il sislema volontario di cui gli eretici si moslr:ino contentissimi? Qoi sarebbe il caso dire che la
verilà romana è più debole deH’errore
protestante.
16
n Se il clero romano fosse animalo da
spirilo evangelico, prenderebbe egli stesso
l’inizialiva in questo movimento. Ogni
curalo direbbe ai suoi parrocchiani: miei
cari, lo vedo che è contrario allo spirito
del crislianesirao di ricorrere al Coverno
per obbligarvi a mantenermi e veggo che
è eccessivamente inqiusto di far portare
questo peso alla classe più laboriosa dei
coltivatori che pagano le decime. Eccovi
una petizione che domanda l’uboliziune
delle contribuzioni forzose che riguardano
il culto; io la sottoscriverò per il primo,
e v’invilo a fare altrettanto. Da qui innanzi
per il mio salario mi rimetterò alla vostra
coscienza e alla vostra generosità siccome
fanno i nostri fratelli protestanti nel Canada ed altrove ».
Ma faranno così i clericali del Canadá?
Noi crediamo invece che metieran mano
alle scomuniche, e se gli riesce, ecciteranno i popoli alla rivolta.
(:R0.\A€!I1ìTTA POlJTlfiA
Piemonte. È stalo dalla Socic/à d’Ietruzione aperto un concorso per un Ubr'o
popolare intorno ai diritti ed ai doveri
del cittadino nel governo costituiionale. Il
premio sarà d’una medaglia d’oro equivalente a lire nuove di Piemonte 2000.
Il concorso è aperto soltanto sino a tutto
giugno issi.
Toscana. Con rescritto in data dei 15
luglio il Granduca ha commutato la pena
dell’ergastolo nell’esilio dalla Toscana a
beneplacito di S. A. ai condannati politici
Guerrazzi, Petracchi e Montazio.
Francia. È stata pubblicata ollicialmente dal Moniteur la circolare del Sig.
Nesselrode unitamente alla risposta del
Sig. Drouyn de Lhuys alla medesima. Il
linguaggio del ministro degli affari esteri
è quanto si può dire dignitoso e fermo;
e manifesta l’iDlenzioac di mantenere con
ogni mezzo il buon dirilto della Francia.
Ciò nondimeno la fede nella guerra va
scemando ogni giorno più.
Svizzera. Durano tuttora, sebbene da
molto lempo si dicessero vicini a scioglimento, i dissidii Ira l’Austria e la Confederazione Elvetica.
Inghilterra. Lord Palmerston interpellato se era intenzione del Governo di
far sottomettere ad una istruzione giudiziaria ì preti cattolici Burk e Clune a
molivo della loro condotta nei disordini
di Six-Chile-Dridge rispose « che il Governo condanna altamente la condotta di
questi preli, quantunque non differisca
troppo da quella di tutto il clero d’Irlanda per meritare d’essere fatta segno
ad un processo », ed aggiunse che « i
componenti del clero cattolico irlandese,
dal primo fino all’ultimo si sono condoni
durante le ultime elezioni in modo da cagionare un vìvo dispiacere a tutti coloro
ì quali desidererebbero che i ministri
della religione conservassero il rispetto
dovuto alle loro sacre funzioni ".
Questione d’Oriente. Dippac.ci telegrafici giunti da Coslanlinopoli a Parigi
annunziano nnovi progressi verso la soluzione pacifica, e l’acceliazioDe per parte
della Russia della mediazione della Francia e dell’Inghilterra. Dietro queste notizie vi è stato alla banca di Parigi rialzo
enorme.
Direttore G. P. .ME1IJ..E.
Rinaldo Bacchetta gerente.
TIP. SOC. DI A. POKS E COMP.