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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Sie- FETOOT Arturo
Si?'®“® 22/5
GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 108 - Num. 6
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TORKb: PELLICE — 5 Febbraio 1971
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La politica dell’agape
Se ci azzardiamo a parlare di « politica dell’agape » bisogna riferirsi subito a Colui che l’ha vissuta e indicata; Gesù Cristo, agape di Dio fatta carne. E in più .scoprire e riconoscere che
Egli non è solo il salvatore individuale
e neppure solo di quelli che si raccolgono intorno a Lui, la chiesa, ma di
tutto quanto il mondo, cioè della vita
associata degli uomini e dei loro rapporti reciproci. È la Via, com’Egli si
presenta e come i credenti della prima
aurora cristiana lo chiamavano. La via
maestra per eccellenza, accanto alla
quale non c’è altra via, né corta né lunga, perché non è il tempo impiegato
a percorrerla che conta, ma se essa è
vera o falsa.
Riferirci a Gesù Cristo significa osservare in qual modo ha vissuto fra
gli uomini dal suo ministerio in Galilea, nei dibattiti in Giudea ed infine
nella sua passione e morte. E non per
prenderlo a modello astratto, ma per
comprendere profondamente quel che
le sue parole ed i suoi atti ci dicono
nelle attuali circostanze storiche e nei
nostri rapporti politici sia nazionali
che internazionali.
Intanto è chiaro che in Lui appare
un mondo assolutamente « nuovo '>
che non rienti'a negli schemi socio-politici del nostro tempo, non più che in
quelli della generazione che lo ha fatto fuori. I suoi comportamenti son
mossi da una « legge » (la parola è impropria) che supera ogni codice umano, va al di là d’esso e non ne è contenuta. Egli dice di « compiere la legge » (Matteo 5: 17), ma questo suo
compimento è così superiore alla legge stessa e di qualità così diversa da
turbare e sconvolgere i più rigorosi osservatori. Gli esempi son così numerosi che non vai la pena citarli. Val piuttosto la pena di dire che questa sua
osservanza ed « incarnazione » della
legge nell’agaps diviene vera e propria
disobbedienza civile, anche quando
sembri conformismo al sistema. Notate se questa parola « rendete, a Cesare
quel che è di Cesare ed a Dio quel che
è di Dio» (Matteo 22: 21), fuori dalle
distorsioni che se ne son fatte, non è
proprio la parola della vera rivolta alla divinizzazione dello stato: « Cesare
è il Signore »?
Il vivere l’agape di Dio (Matt. 5; 23)
10 tiene accanto a tutti eppur fuori di
ogni schieramento. Molti dei suoi discepoli eran certo di estrazione zelota
(partigiani), eppure non fa sua la loro
causa né ricorre alla loro alleanza contro i sadducei e i farisei. Non ha alleanze. Si schiera coi deboli, coi poveri, con gli oppressi, eppure nessuno
potrebbe dire che non sia anche con
i ricchi e gli oppressori per liberarli
dalla loro alienazione, coi dominatori
del tempo (esempio: il centurione di
Capernaum) per portare ad essi pure
l’annunzio del suo nuovo mondo. E libero, perché la Verità, cioè l'agape di
Dio, lo fa libero. Non ha alleanze, ma
prende posizione chiara, poiché il solo
dire « beati i poveri », « guai ai ricchi »
« beati i perseguitati » è un’accusa
esplicita e forte ai signori del tempo,
ai sapienti del tempo, a quelli che allora detenevano il potere e potevano
perseguitare i deboli ed alzarsi su di
loro per schiacciarli.
V’è di più. Il popolo gemeva sotto
11 tallone romano. Ne aveva comprornessa ogni libertà, ogni principio « religioso », oltre ad esser dissanguato da
tasse. Quante volte appare chiaro nell’evangelo che non pochi guardano a
Lui come al Messia secondo la tradizione giudaica del tempo, cioè il re che
viene con potenza a ristabilire la gloria del trono di Davide. Gesù non vuol
neppure che si dica una cosa simile
(Marco 8: 30). Messia sì, ma secondo
la concezione profetica (Isaia 53) di
Colui che dà la vita perché altri ne abbia ad esuberanza. Anche qui è completamente fuori dagli schemi e sistemi del suo tempo, e perché non del
nostro? Anzi se v'è una politica chiara
in Lui, è quella del « lavarsi i piedi gli
uni gli altri», come ne dà l’esempio
(Giovanni 13: 14-15). Non è detto che
questo valga solo per i pochi discepoli
e non per il vasto complesso di popoli
e di razze di tutti i continenti. Non dà
una indicazione ecclesiologica, solo
per la comunione dei credenti, ma una
indicazione politica che riguarda tJtti.
La sua « politica » è quella dcU’agape, cioè deH’amore che si dona, del dono senza calcolo, del servizio senza
stanchezza, del dare la vita perché altri viva... Ma quest» è la rottura di
ogni sicurezza che le nazioni cercano,
di ogni dominio dell’uomo sulTuomo,
di ogni gerarchia che governa col prestigio, con la forza, con la repressione.
Il « mondo dell'agape » è il rovescio del
nostro mondo, la rivoluzione permanente contro di esso, da qualunque
punto di vista (destra o sinistra) lo si
guardi. E un mondo nuovo. E il vecchio mondo che voleva salvarsi lo ha
condannato ed ucciso, solo perché egli
ha amato, di un amore qualitativament ' diverso dal nostro. Questo mondo si
regge su principi ben diversi, come
quelli di oggi e dei millenni che ci hanno preceduto lo dimostrano ed hanno
dimostrato. Però è anche dimostrato
che con i principi del « nostro » mondo non vi sono scappatoie: ci sono
sempre degli oppressi, degli schiacciati, degli emarginati. A volte si dà il
cambio, chi era sotto vien su ed altri
scende, ma anche se cambia nome, la
realtà sostanzialmente è la stessa.
A questo punto possiamo domandarci se la « politica dell’agape » è pura
utopia o se è la verità ultima. Noi credenti confessiamo che Cristo è risorto:
questa è la sola confessione di fede
cristiana. Tutto il resto di fronte a
questa confessione è periferico. Ed allora quelli che lo confessano Risorto
non sfuggono a due precise conclusioni; La prima è che, se è risorto, il
solo mondo vero è quello dell’agape, e
non quello di chi lo ha ucciso e continua ad ucciderlo, attraverso i secoli,
nelle persone dei suoi minimi fratelli.
Se Cristo è risorto la sua « politica » è
la sola vera ed è la sola via per la quale il mondo può trovare liberazione
non illusoria e salvezza da quella distruzione ch’esso si prepara con le proprie mani. La seconda, se Cristo è risorto come lo confessiamo, è che la politica dell’agape la fa LUI.
Se, dunque, è Lui che conduce la
politica dell’agape », a noi non resta
che di obbedire alla sua parola e discernere nelle circostanze storiche precise i suoi richiami. Non siamo noi gli
strateghi che fanno i grandi piani, ma
abbiamo un Signore, il quale prima di
lasciare la vita terrena (parola impropria pure, perché è sempre su questa
terra!) ha dichiarato di non lasciarci
orfani, ma di mandare un Consigliere,
cioè il suo Spirito, che è spirito di discernimento (Giovanni 14: 16-18).
Ed ecco, allora! Viviamo in mezzo a
situazioni che si rinnovano continuamente, a fatti che incidono sulla nostra
città e nel mondo, di fronte a decisioni che le potenze di questo mondo
prendono... e pretendono prendere anche per noi. Noi dobbiamo con l’aiuto
del Signore e nell’ascolto della sua parola pronunciarci, fare delle scelte, entrare in situazioni concrete, come Egli
del resto ha sempre fatto, malgrado le
strutture del suo tempo non gli fossero
più favorevoli di quello che non lo siano per noi quelle del nostro tempo. In
quelle scelte si confessa la nostra fede
in Lui, Risorto. Tenerci fuori da scelte e pronunziamenti non è confessare
l;t fede, ma dormire nel Getzemani.
Non volendo rischiare di sbagliare si
corre il rischio maggiore, quello di rinnegarlo mettendo sotterra il talento
che ci ha dato. Ma scegliere una posizione! Quanto abbiamo bisogno d’esser mendicanti ilei suo Spirito, quanto
abbiam bisogno d’esser poveri di spirito perché il stio Spirito ci sia dato!
E c’è ancora chi dice che « pregare non
serve »! Ma se è risorto abbiam proprio
bisogno che ci faccia comprendere come dobbiamo cianportarci di fronte ai
fatti ed alle circostanze del giorno che
viviamo. Col suo aiuto, dunque, scelte
precise senza paura di comprometterci
(l’agape caccia via la paura! (I Giovanni 4: 18) per « mililare » nel campo in
cui ci pone, anche se non ci è dato di
vederne sempre i risultati.
Scelte. Queste son date dall’incidenza della Parola nelle situazioni concrete in cui viviam I. Occorre anche conoscere bene la situazione. Esser informati, non deformati da false propagande. Ed inoltre esaminare le conseguenze immediate s, spesso, lontane
del pronunziamenti ^-Però questo non
può esser fatto né senza conoscere le
circostanze storiche né senza l’ascolto
della Parola. Ci saranno sempre difli
coltà ed incertezze, talvolta scelte che
ci lasciano perplessi, ma la confessione di fede non è racconto di esperienze
e neanche enunciazione di teorie. Esistenzialmente direi che la fede è Tadclizione delle volte che con meraviglia e
stupore abbiamo contemplato le liberazioni di Dio e i suoi interventi nella nostra storia. Così dopo l’analisi seria
della situazione e delle sue implicazioni,
le scelte possono esser mosse dalla
fede che l’imprevisto di Dio non ha
secondaria importanza nell’attesa delle cose che stanno per accadere.
La politica dell’agape non è un sistema, anche se esamina con intelligenza
ogni sistema; non è fissabile in dottrina, anche se si nutre della Parola; non
è legata ad alcun uomo, anche se molti uomini, senza classificazione alcuna,
ne sono lo strumento. La politica dell’agape è l’azione del Cristo nel mondo,
azione che richiede da noi scelte di fede obbediente e non previsioni che
sanno di futurologia. Dagli inganni dell’iniquità son sedotti quelli che non
hanno aperto il cuore all’amore della
Verità (2 Tessalonicesi 2; 10) e fra questi posson esservi anche i savi e gli intelligenti (Matteo 11: 25), non quelli
che, confessanti o no. Cristo tiene nella sua comunione e guida col suo Spirito. Dopo tutto. Egli ci ha assicurato
che non ci lascia orfani. Però proprio
perché ci rende liberi da ogni sistema
umano e da ogni paura. Egli ci richiede di esser in mezzo a tutti gli uomini, specialmente gli oppressi (Matteo
25; 40), per scoprire, nell'ascolto della
sua Parola, quale scelta ci è richiesta
e per tradurla poi in atti concreti e in
parole chiare. Ed il perdono di Colui
che ama più lo strumento che noi siamo che non l’opera da noi fatta, ci rinfranca per i giorni che vengono oltre
aH’aifanno quotidiano che noi vlviaino.
Tullio Vinay
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Rapporti difficili tra Chiesa «stabilita» e comunità «di base»
Se il dissenso è da Dio...
« Ora runico modo di coesistenza tra
la Chiesa ’costituita’ e la comunità di
base, può essere quello che ciascuno
continui la propria vita nella libertà.
È triste, ma è l’unico possibile. Si tratta di riconoscere reciprocamente e
credere al valore della propria testimonianza. Sarà il futuro che penserà
a far cadere ciò che è dell’uomo ». Con
questo giudizio molto equilibrato, forse troppo, tanto imparziale da diventare sottilmente ambiguo ma che comunque riecheggia vagamente quello
di Gamaliele (Atti 5: 38-39), il teologo
Mario Cuminetti prende posizione non
solo sulla vertenza che ha opposto, a
Torino, la comunità cattolica dissidente del Vandalino e l’arcivescovo della
diocesi torinese cardinal Pellegrino
ma, allargando il discorso dal caso
specifico alla situazione generale, sull’intero, complesso problema dei rapporti tra Chiesa ’stabilita’ e comunità
di base , o se si vuole tra cattolicesirno progressista e cattolicesimo del
dissenso. Il punto di vista di Cuminetti è esposto in un lungo e ben documentato dossier pubblicato sul n. del
1" gennaio 1971 della rivista « IDQCInternazionale », col titolo; Vandalinoscontro fra due ecclesiologie diverse.
La diversità profonda tra il tipo di
chiesa rappresentato dal card. Pellegrino c quello costituito dalla comunità del Vandalino è ampiamente documentata da Cuminetti, il quale non
esita a ravvisare nei gruppi cattolici
del dissenso « un nuovo modo di concepire il cristianesimo », nonché « una
reinterpretazione radicale di tutta la
iradiz.ione cristiana». Il cattolicesimo
del dissenso non è quindi una semplice variante del cattolicesimo progressista e non può essere spiegato solo
partendo da quest’ultimo e meno ancora partendo dal cattolicesimo classico. Il Dissenso cattolico è un fenomeno nuovo e originale, che affonda le
sue radici non solo in un modo diverso di leggere l’Evangclo ma anche « in
una lettura assai diversa del proprio
tempo ». Le posizioni tra Chiesa 'stabilita e Chiesa dissidente divergono non
su uno solo ma su entrambi i poli della fede cristiana; il confronto con la
Scrittura da un lato e dall’altro il confronto con la situazione storica. Queste divergenze danno luogo a due diversi tipi di cristianesimo che posso
no essere così caratterizzati; « da una
parte c’è sforzo di restaurazione; dall’altra tentativo di invenzione. Da una
parte domina la paura, dall’altra il rischio; da una parte una teologia creduta perenne, dall’altra segni concreti
e sipiificativi ».
Si può intravvedere una possibilità
di integrazione tra i due « tipi » o
« modelli » di ehiesa: quello offerto
dalle comunità di base e quello offerto dalla Chiesa ’stabilita’? Cuminetti
pensa di no: l’integrazione non è possibile. Non si tratta infatti di modelli
complementari destinati, in un futuro
più o meno prossimo, a fondersi in
una sintesi ecclesiologica nuova, che
valorizzi gli aspetti migliori di entrambi lasciando cadere quelli meno convincenti. D’altra parie non si tratta
neppure di modelli assolutamente antitetici, che si debbano escludere a vicenda: la loro reale diversità non deve essere inutilmente esasperata fino
a diventare incompatibilità. Cuminetti
insiste sulla possibilità e necessità della « coesistenza » di modelli di chiesa
diversi, nell’ambito della stessa chiesa
o confessione.
Coesistenza non è comunione ma
può essere una tappa verso una comunione futura; intanto, non è rottura.
Coesistenza è un vivere insieme nel
dissenso ma anche nel riconoscimento reciproco, in nome del pluralismo
nella chiesa e in vista di un dialogo
che, per quanto difficile, non è impos
sibilo. Quindi — auspica Cuminetti —
niente più scontri ma possibilmente
incontri o almeno pacifica e laboriosa
convivenza; niente scomuniche reci
proche; niente posizioni massimalistiche. Sono riprovevoli gli assolutismi
da entrambe le parti: ha sbagliato 11
Cardinal Pellegrino quando, infliggendo sanzioni alla comunità del Vandalino e al suo sacerdote, ha voluto « assolutizzare il volto storico della Chiesa »; ha sbagliato la comunità dissidente quando, nei suoi pronunciamenti conte nei suoi atteggiamenti, assume « il tono assoluto di una sicurezza », che contrasta con le reiterate confessioni della propria fallibilità da parte della comunità stessa. Bando quindi alle polemiche, che secondo Cuminetti sarebbero tempo perso (« non si
può perdere tempo... in polemiche sterili e inira-ecclesiastiche »), non solo
da parte della Chiesa ’stabilita’ verso
i dissidenti ma anche da parte di questi nei confronti della prima: « dovrebbe cessare ogni lotta frontale contro la 'vecchia' Chiesa ». I due modelli
di chiesa devono coesistere fianco a
fianco cercando di esprimere ciascuno
il meglio di sé. Entrambi sono quindi
chiamati a svolgere il proprio ruolo in
chiave positiva, non negativa, costruttiva, non polemica. Il ruolo della Chiesa rappresentata dal card. Pellegrino
non viene precisato, mentre quello delle comunità di base è così descritto:
« esistenza di comunità in cui si cerca
di far emergere in modo non anacronistico i valori cristiani ».
Cosa pensare delTinvito alla « coesistenza » rivolto da Cuminetti alla Chiesa ’stabilita’ e alle comunità cattoliche
'di base’? E certamente una proposta
saggia. E anche realistica? Le ragioni
teologiche del dissenso non sono tali
da rendere inevitabile lo scontro e sterile, oltreché precaria, la coesistenza?
Cuminetti invita alla pace. Ma nelle
condizioni attuali una pace non sarebbe ambigua?
La proposta di Cuminetti è certo ragionevole, ma i suoi presupposti sono
discutibili. Quello fondamentale è che
« le due logiche » che poi sfociano nei
due diversi modelli di chiesa sono « autentiche ambedue » anche se « non
ugualmente illuminate ». A che condizioni sono entrambe autentiche? Sono
autentiche — secondo Cuminetti —
:< se sono vitali ». A nostro avviso, invece, non basta la vitalità di un fenomeno a garantire la sua autenticità.
Secondo l’Evangelo, perché una realtà
sia autentica non basta che sia viva,
dev’essere vera. Ma proprio questo è
l’aspetto più carente nel saggio di Cuminctti: egli non spinge fino in fondo
il discorso su ciò che è vero e ciò che
non lo è, su ciò che risponde alTEvangclo e ciò che non vi risponde. Il pluralismo cristiano, varie volte evocato
da Cuminetti, ha limiti precisi e soprattutto una norma, un criterio: la
parola di Dio attestata nella Scrittura.
Questa norma, questo criterio non
hanno qui il dovuto risalto, per cui la
coesistenza tra i due modelli di chiesa
non pare suflicientcmcntc orientata
verso la parola di Dio.
Paoi.o Ricca
Uemigrato
Unonessuno
ccn tornila
due milioni
le statistiche sono perfette...
Il mio numero lo sai,
amico,
ma il mio volto forse non conosci...
Il martello pneumatico picchia
come il mio cuore
che non trova pace...
Penso ai bambini
che non sanno
cosa fare a scuola
ed agli altri
che in Italia
non sanno
perché
papà e mamma
se ne stanno lontani...
Penso alPagenzia alloggi
che mi ha risposto
prima che domandassi:
« nix, Auslaender nix... »
Ho bestemmiato.
E mia moglie
coi bimbi
dividiamo una stanza e mezzo
duecentocinquanta marchi...
E picchio col martello
più nervosamente :
il Polier crede
si tratti di grande Fleiss.
E penso, penso...
Cosa penso?
Penso a quando tornerò in paese,
il vestito nuovo
la radio di marca tedesca
dei marchi in tasca
e sul piazzale della chiesa
nel bazar
parlerò di quello che ho visto
ed ho fatto
in Germania :
esagererò qualche volta
nel bene e nel male
ma devo compensare
il poco che ho avuto e dato...
Il martello pneumatico è la mia
pacifica guerra
e penso
perché anche qui non è paese
perché
non ho qui tutti i bambini
perché non un alloggio
come gli altri
come il tuo.
Siamo uomini,
ma siamo stranieri
e che razza di uomo
è uno straniero?
E batte e picchia il martello pneumatico...
Qualche marco in più
me lo guadagno :
è quanto mi danno
non quanto mi aspettavo:
...sono straniero...
e batto e picchio
ed attendo
che il lavoro
apra nuove vie
e dia
anche a me
il mio volto vero.
Silvano Ridolfi
(Pubblicata dal Diakonisches Werk delVHessen-N assali ).
IIIMIMIIIMIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIilllllllllU
1500 anni di prigione
« Diviene abituale^ in varie regioni, utilizzare le leggi contro la marijuana per incarcerare coloro che i district altorneys giudicano
pericolosi », scriveva recentemente « The New
Yorker ». A Detroit (Michigan) J. Sinclair, dirigente delle Pantere Bianche, è condannato
a 9 anni di prigione per essere stato trovato
i’i possesso di due sigarette di marijuana. A
Dallas (Texas) quattro studenti neri di Berkeley (California) sono stati incarcerati per lo
stesso motivo e in un’intervista al « Dallas
News» il giudice dichiarava: a Avevamo buone ragioni per pensare che fossero membri
delle Pantere Nere e che volessero rovesciare
il governo con una rivoluzione, ma non abbiamo potuto prox arlo ». Non era necessario, alcune sigarette di marijuana bastarono per impedir loro di nuocere.
I tribunali non saranno mai troppo .severi,
perché le liberazioni sulla jmrola abbreviano
pericolosamente il periodo di detenzione e restituiscono troppo presto i condannati alle loro attività sovversive. Per cui la scorsa estate,
a Dallas, un traiTìcante di droga — reale o
presunto? — è stato condannato a millccinqueccnto anni dì carcere. Uscendo da un tribunale di Fort-Worth (Texas), un uomo condannato a circa cinquecento anni dì carcere dissi al giudice: a Non sono sicuro di potere
espiare n<|p pena cosi lunga... » « Non importa — rispose il giudice — faccia del Suo
meglio... ».
Non si tratta certo di allentare la lotta contro la droga, ma servirsi dì questo strumento
come mezzo dì repressione politica è indegno.
2
pag. ^
N. 6 — 5 febbraio 1971
L’ATTUALITA' TEOLOGICA
Storia dal moviinento evangelico in Italia
La Claudiana lancia una nuova collana diretta dal prof. Giorgio Spi
m
La storia dei movimenti evangelici
nell'Italia dei secoli XIX e XX è quella
di un fenomeno di dimensioni assai
modeste, restato abbastanza ai margini della società italiana e privo di una
fecondità intellettuale o di una originalità di posizioni ideali paragonabili
a quelle dei movimenti di riforma religiosa dell’Italia del sec. XVI. È dunque legittimo domandarsi se valeva la
pena di dedicargli una collana di studi, come questa di cui la Claudiana
intraprende adesso la pubblicazione.
Va però tenuto presente l'ovvio fatto
che è una storia la quale è solo un
momento particolare italiano di un fenomeno generale mondiale come il
protestantesimo degli ultimi due secoli. Giacché noi siamo tanto affascinati,
e per ben giustificati motivi, dalla Riforma del secolo XVI e dai suoi sviluppi nel secolo XVII, che a volte ci
scordiamo che in quei secoli il protestantesimo era ancora un fatto limitato solo ai paesi europei — e nemmeno
a tutti i paesi dell’Europa, per essere
più esatti — e ad una parte modestissima deH’America Settentrionale. Fu
solo nei secoli XIX e XX che il protestantesimo dilagò al di là dei suoi confini tradizionali e divenne un fatto di
dimensioni mondiali, presente praticamente su tutta la faccia del pianeta
Terra. Dunque non è una quisquilia da
eruditi studiare in che misura questa
sorta di esplosione del protestantesimo abbia raggiunto anche l’Italia e
come l’Italia abbia reagito davanti all’ondata protestante dell’età contemporanea.
Va tenuto presente d’altra parte che
la stessa marginalità e modestia di livello intellettuale dei movimenti evangelici italiani degli ultimi due secoli
derivano in parte non trascurabile dai
fatto che tali movimenti, a differenza
della Riforma del Cinquecento, trovarono seguaci in prevalenza fra le classi subalterne della società italiana. Se
c’è oggi un tema di palpitante attualità nei nostri studi storici è appunto
la storia — così spesso inesplorata tuttavia — delle masse popolari. Ma non
è possibile scavare in questa storia
della più umile Italia senza prima o
poi imbattersi in qualcuno di quegli
innumerevoli movimenti evangelici,
che in epoche diverse dal Risorgimento in poi, pullularono un po’ in tutte
le regioni del nostro paese, dal Piemonte e dalla Lombardia al Mezzogiorno e alla Sicilia. E viceversa, non
è possibile studiare seriamente la storia del protestantesimo in Italia negli
ultimi due secoli, senza fare al tempo
stesso la storia dei suoi rapporti dialettici con fatti capitali nella storia
delle masse popolari italiane, come la
prima Sinistra democratica con le sue
logge massoniche e le sue società operaie, le lotte dei contadini contro il
blocco storico degli agrari, le migra
zioni dei lavoratori italiani, la nascita
del proletariato industriale e delle sue
organizzazioni. Scorrere le povere cronachette delle comunità evangeliche,
specie rurali, è un po’ rivedere la storia d’Italia « dal basso »: un’ottica per
nulla trascurabile, per quanto modesto
possa essere il posto di osservazione.
Ma soprattutto giustifica la pubblicazione di questa collana il fatto stesso di un interesse crescente per la storia degli evangelici italiani, come dimostra la comparsa quasi quotidiana
di sempre nuovi studi che hanno a che
fare con questo argomento. E ciò noii
solo da parte di evangelici, mossi da
un’ovvia esigenza di vedere chiaro nel
proprio presente attraverso l’indagine
del passato, ma altresì di studiosi cattolici o laici, compreso più di uno straniero. Può darsi che in questo interesse ci sia un certo gusto della singolarità: una specie di « esotismo » o « fauvismo », insomma. Un evangelico italiano è un italiano diverso dagli altri
italiani perché figlio della libertà protestante e del travaglio spirituale dei
paesi della Riforma: ed è un protestante diverso dagli altri protestanti
perché figlio di un paese talmente cattolico da essere sede del Papato addi
rittura e talmente laicista da essere
nato prendendo a cannonate i soldati
del Papa. Ma è almeno pensabile che
vi siano motivazioni più serie: non per
nulla la storia degli evangelici italiani
cominciò ad essere oggetto di studio
scientifico con la pubblicazione della
biografia del Guicciardini da parte di
Stefano Jacini, cioè di un cattolico antifascista, nel 1940, cioè negli anni più
bui della dittatura. La storia degli
evangelici italiani è la storia di uomini — pochi, poco brillanti in genere,
quasi sempre oscuri anzi — che andarono controcorrente per riscoprire per
conto loro la Buona Novella. Può darsi che l’umile storia di questi non-conformisti abbia una sua attualità proprio oggi: per esempio, di fronte ad
un dialogo ecumenico che potrebbe anche diventare null’altro die un incontro di conformismi ai vertici; per
esempio, di fronte ad un paese in cui
anche il più rivoluzionario dei laicismi
rischia di diventare ortodossia intollerante ed ossequio alle gerarchie stabilite. Per esempio, di fronte al protestantesimo italiano stesso; cioè al suo
rischio sempre presente di cessare di
essere fermento e diventare piccola
setta di soddisfatti farisei.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii I!Iiiìimiiiii!Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii:miiiiiiiii;iiiiii!MIIi:miiiiiiiiiii:::ì.: ih.i!
Giorgio Spini narra la storia dalla Chiesa Cristiana Libera in Italia
L’evangelo e il berretto frigio
Il sogno di una rivoluzione religiosa nell’Italia risorgimentale: Alessandio Gavazzi e gli evangelici «liberi»
A partire dal 1835-40 si delinea anche
in Italia, sotto l’influsso del « Risveglio » franco-svizzero ed anglo-sassone,
un movimento evangelico, cui l’ardente clima del Risorgimento dà particolare incremento, specie dopo il fallimento delle speranze, suscitate da
Pio IX agl’inizi del suo pontificato. Si
formò così una costellazione di nu,clei
autonomi che si intitolavano « Chiese
Cristiane Libere ». Figure eminenti di
questo movimento — che si sviluppò
inizialmente in Piemonte e in Toscana
— furono, tra gli altri, il conte Piero
Guicciardini, l’ex-prete fiorentino Salvatore Ferretti, il dotto ex-camilhano
di Roma Luigi De Sanctis, l’ex magi
strato, filosofo, poi deputato al Parlamento, Bonaventura Mazzarella, l’intellettuale abruzzese Teodorico Pietro
È stato pubblicato:
1. Giorgio Spini, L'Evangelo e il berretto frigio. Storia della Chiesa Cristiana Libera in Italia (1870 1904), pp.
266, 36 illustrazioni f.t., 4 cai'tine, sovracoperta.
Ed. in brossura: L. 2.800; rilegato'
L. 3.500.
Di prossima pubblicazione:
2. Giovanni Iurato, Pietro Tagliatatela.
3. Domenico Maselli, Le Assemblee dei
Fratelli in Italia. Dalle origini al
1885.
4. Paola Terrario, Le chiese evangeliche degli emigrati italiani negli Stati Uniti.
In preparazione:
Domenico Maselli, Le Assemblee dei
Fatelli in Italia. Dal 1885 ad oggi.
Giorgio Spini, Nuovi Studi su Risorgimento e Protestanti.
*** La Missione Metodista Episcopale
in Italia.
Jean-Pierre Viallet, / Valdesi da Giolitti a Mussolini (1911-1945).
Ordinazioni a: Editrice Claudiana Via Principe Tommaso 1 - 10125 Torino
(Italia) - c.c.p. 2/21641, o nelle migliori
librerie.
L’autore
è nato a Firenze nel 1916. Partecipò
alla guerra di Liberazione ed anche in
seguito svolse attività politica nel partito dAzione e in quello Socialista
(P.S.I.). Contribuisce alla rivista « Il
Ponte », « Rivista Storica », ecc. Docente di storia moderna e di storia americana airUnìversità di Firenze, ha tenuto altresì corsi speciali negli Stati
Uniti alle Università di Harvard, Wisconsin. California. Berkeley, ecc. Opere principali: Fra Rinascimento e Riforma: Antonio Brucioli (1940): Cosimo I de’ Medici (1945): Ricerca dei
Libertini (1950); Mito e realtà della
Spagna nelle rivoluzioni italiane del
1820-21 (1950); Rinascimento e protestanti (1955); Storia dell'età moderila da Carlo V all'Illuminismo (1960):
Autobiografia della giovane .America
(1968).
cola Rossetti e l'ex-barnabita bolognese e cappellano di Garibaldi, Alessandro Gavazzi.
Le figure di questi protagonisti sono
siate esaurientemente studiate, ma
qui — per la prima volta — Spini traccia la .«storia del progressivo consolidarsi e strutturarsi di queste « Chiese
libere » attorno alla prestigiosa figura
'del Gavazzi, del distacco dell’ala radicale dei « Fratelli », del grande sogno
romantico di un’Italia non soltanto
unita, ma libera da ogni servaggio
ideologico e religioso ed aperta al puro Vangelo, di uno straordinario slancio evangelistico, malgrado le enormi
difficoltà dell’ambiente. E poi gli anni
Novità Claudiana
VITTORIO SUBILIA
I TEMPI DI DIO
(pp. 364, L. 3.400)
Il problema di Dio nella storia della teologia. — Mentre si vanno trasformando abiti secolari di pensiero e di costume, l’Autore ripropone la
questione di Colui che contesta sempre le nostre sistemazioni e ci impedisce di adagiarci nell’acquisito.
EDITRICE CLAUDIANA
- Via s. Pio V, 18 bis — 101125 TORINO
c. c. p. 2/21641
nOWITP nGLL'eOITORIR . TGOLOGICR
ALETHINA :
veritieri nella ricerca del vero
L’impresa editoriale di un vivace gruppo di giovani teologi «liberali»
del declino fino al progressivo imborghesirsi di un movimento che aveva
salde radici popolari e chiare aspirazioni di riforma sociale, in una « marcia verso la rispettabilità » che lo condurrà ad una supina accettazione del
regime crispino e, sul piano religioso,
ad un frenetico quanto sterile attivismo fino alla fusione con i due rami
del Metodismo.
Questa lunga parabola, magistralmente tracciata da Giorgio Spini sulla
base di un attentile paziente lavoro di
ricerca, tocca figure note e meno note
del periodo « eroico » della evangelizzazione (oltre al Gavazzi: il torinese
Serafino Beruatto, fondatore dell’Istituto Industriale di Venezia per la formazione di operai specializzati, Damiano Borgia di Fara Novarese, Francesco
Lagomarsino, l’ex-cappuccino Luigi Angelini di Forano Saoino, curiosa figura
d’infaticabile pastoi e-imprenditore, Enrico Jahier, inquiete- pastore d’origine
valdese (padre dello scrittore Piero),
Saverio Fera, complessa figura di autoritario manager cli-e div.nterà Sovrano Gran Commendatore della Massoneria e protagonist:» del clamoroso scisma massonico del 1908, ecc. ecc.).
Straordinarie figine di evangelizzatori e di umili « colportori » (v nditori
ambulanti di Bibbie e libri religiosi)
dalla modestissima cultura ma ardenti
di zelo, sullo sfondo degli anni decisivi del giovane Stato italiano: il 20 settembre, lo sforzo di rinnovamento delle strutture, le speranze — presto deluse — della Sinistra al potere, l’incubo della Conciliazione con il papa e le
tragiche ambiziorìi colonialistiche. Uno
squarcio di storia italiana vista « dal
basso », scorrendo le cronache delle
comunità evangeliche, in grandissima.
parte composte di popolani di mode
sta cultura, ma animati da un senso
vivissimo della necessità di una profonda riforma religiosa e sociale per
la nuova Italia.
II volume è arricchito da un’appendice di documenti e da 35 illustrazioni
fuori testo, in gran parte inedite. E il
primo di una nuova collana « Storia
del Movimento evangelico in Italia »
diretta dallo stesso Prof. G'org'o Spini.
iimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Conclusa la traduzione
ecumenica
del Nuovo Testamento
I responsabili della Traduction Oeoumcnique de la Bible (TOB. edita congiuntamente
di Le Cerf. ealtolica. c Labor et Fides, prote.stante) si sono riunili idtimamente a Parigi per fare il punto sullo stato di avanzamento del lavoro di traduzione dei vari Libri
della Bibbia.
La traduzione del Nuovo Testamento è terminata. L’insieme delFopera. corredato da
note e da introduzioni, sarà pubblicato nel corso del 1971. mentre la fraduziojji"'dell’Antico
Testamento dovrebbe concludersi entro il
1972, il che permetterà probabilmente di pubblicare tre anni dopo la Bibbia completa.
Le Società Bibliche preparano l'edizione della Bibbia in versione ecumenica con un apparato ridotto di note.
Oltre cento specialisti cattolici, ortodos.si e
protestanti lavorano in gruppo a questa traduzione ecumenica, curala dalle Editions du
Cerf e dalTAlleanza Biblica Univcr.sale.
La collana Alethina è sorta come risposta ad un bisogno che si faceva sentire tra i membri più giovani ed attivi
di un gruppo ormai un po’ invecchiato,
il « groupe d’études théologiques » fondato anni addietro e forte di una ottantina di nomi nei suoi tempi di gloria. Questo gruppo si proponeva di studiare i problemi attuali in uno spirito
di apertura e senza preclusioni dogmatiche, cercando la verità con criteri
scientifici e con la più grande onestà
spirituale. Ora il gruppo si è un po’ disperso e non lavora più veramente;
ma, sotto una forma diversa, alcuni
suoi componenti più giovani hanno intrapreso un lavoro nuovo per loro: la
pubblicazione di scritti riflettenti il
pensiero che vogliono difendere e diffondere.
In Italia vi è la Claudiana per stampare e pubblicare le opere degli studiosi protestanti, in Svizzera è molto più
difficile per giovani autori far sentire
la loro voce, visto che le case editrici
maggiori hanno da una parte già molta roba da pubblicare, e dall’altra parte si mostrano molto prudenti nell’edizione di materiale religioso.
Ci voleva l’editore. Ë stato trovato nella persona di un notaio filosofo
abitante a Bex; si tratta del Sig. Bertholet, autore de La philosophie des
sciences de Ferdinand Gonseth tra altre opere di meditazione e di filosofia e
direttore della casa editrice « L’âge
d’homme », specializzata in materie
quali la poesia e gli inediti slavi (collana Slavica) oppure la filosofia (collana Dialéctica). Donde il nome di
Alethina per la nuova collana teologica.
Alethina non indica che gli autori o
editori pensano di possedere la verità
— Aletheia — ma che vogliono ricercare e dire delle cose in modo autentico
e veritiero. Alethina non indica dunque
una materia particolare, ma una maniera di lavorare. Sia nello studio dei
testi biblici che nella meditazione sui
problemi religiosi più vasti, desideriamo di essere evangelici, cioè fedeli a
Gesù Cristo solo; esaminare con serietà, alla luce dello Spirito, le teorie e le
soluzioni che si propongono ai cristiani
di oggi e che vengono dalle parti più
impensate; manifestare mediante la nostra scelta una testimonianza di fede
che possa aiutare coloro che cercano
nella stessa nostra direzione.
Non siamo in molti — una decina —
ma veniamo da paesi molto diversi:
Belgio, Francia e Svizzera. E non ci dispiacerebbe avere amici in Italia, poiché sappiamo che anche tra voi le nuestioni e le ricerche sono numerose e
si avviano in direzioni talvolta molto'
divergenti.
La corrispondenza dovrebbe essere
indirizzata al Sig. Claude Schwab, 1885
Chesières (Svizzera) per quanto riguarda le informazioni in proposito. Per ottenere i volumetti pubblicati, rivolgersi alla editrice « L’Age d’homme », Métropole 10, 1003 Lausanne.
Il primo volumetto, di André .Malet,
teologo francese ben noto per il suo
lavoro su Bultmann, tratta del problema di Natale: L’es Evangiles de Noël,
mythe ou réalité. Altri avranno per argomento Quel Dieu? (di L. Gagnebin) e
Le protestantisme au défi (di B. Reymond).
J.-F. Rebeaud
iiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiMimiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiii
Barih e Brunner
sono lo slesso leno
Nella Svizzera tedesca è nata una nuova
casa editrice, il Theologischer Verlag Ziirich
(TVZ). sorta dal confluire delTEvangelischer
Verlag Ziiricli e dello Zwingli Verlag. La prima di queste due case editrici era nata, al
tempo dell'ascesa del nazismo, dal Kaiser Verlag di Monaco dì Baviera e si era specializzala nella pubblicazione delle opere di Karl
Barth e dei suoi discepoli (per i suoi tipi è
stala pubblicala, in particolare, la monumentale Kirchliche Dogmalik. la Dogmatica ecclesiastica). Invece lo Zwingli Verlag si era
piuttosto dedicalo alla pubbliçazione delle
opere di Emil Brunner, il teologo riformato
zurighese, e della sua scuola. Nella nuova casa editrice si troveranno cosi pacìficamente
riuniti due teologi di punta della generazione
che ci ba preceduto e che. con le loro discussioni talvolta accese, hanno costituito due poli fondamentali nel dibattito teologico contemporaneo. •« Pacificamente » riunili ; in nome della concentrazione industriale o di una
schietta volontà di aperto confronto teologico?
La nuova casa editrice protestante zurighcs'' si associa, inoltre — le eo-edìzionì divengo
iij sempre più frequenti ovunque — al Furche Verlag di Amburgo, sinora assai vicino
alla linea seguita dallo Zwingli Verlag e editore di alcune opere importanti di Emil
Brunner, oltre che attento alla problematica
ecclesiologica e culturale odierna.
iiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiittiiiiiiiiiiniiiiiiiiii
“Pour une Eglise ouverte”
Servizio d’’inj orinazione di gruppi critici
Apprendiamo da « La vie protestante » che
è apparsa nella Svizzera una nuova piccola
rivista: c< Pour une Eglise ouverte » (Per una
Chiesa aperta), servizio d’informazione di grupli critici. È uscito il primo quaderno (16 pagine), curalo da teologi e laici “progressisti”
cattolici e protestanti: dovrebbero uscire dieci
quaderni all'anno, con Io scopo di fare reagire
la chiesa, scrollandola, intervenendo anche in
campo economico e politico, offrendo su temi
vari materiale di riflessione critica. Nel primo
fascicolo : una analisi critica dei messaggi per
il Digiuno federale e delle preghiere pronunciate quel giorno, l’ìntercomunione, i matrimoni misti, l'obiezione di coscienza, proposte
un po' sovversive sul Natale: un intervento
di un pastore, suH'ecumenismo. reca il titolo
(non molto originale, a dire il vero!): « Siamo
fidanzati, sposiamoci! ».
Il programma di « Pour une Eglise ouverte »? Tutto l’impulso ecumenico che nella
Chiesa poteva esser dato dall’alto al basso, a
livello di riflessione teologica e di conduzione
degli affari ecclesiastici, è stato dato. Ora si
deve invertire il movimento: piccoli gruppi
devono provocare rintercomunione, culti ecumenici, azioni comuni, benedizioni nuziali
miste, ecc.. perché « nessuna Chiesa ha confiscato la Riforma ». Chissà se tanti “progressisti” si rendono conto che in molti casi slann » ripestando le orme lasciate cinquanta, quarantanni fa da una corrente del movimento
ecumenico, nella tappa che si sperava definitivamente superata ; « la teologia divide, Fazione unisce »? Anche ì gatti ecclesiastici si mordono la coda, specie se ci si lasciano legare
su il fiammante fiocco di moda.
Testimonianze
il nuovo
programma
Nel presentare il programma 1971. la redazione di « Testimonianze » (Via Gino Capponi 36. 50121 Firenze) comunica che « intende portare avanti la tematica già proposta
ili alcuni degli ultimi editoriali e. al livello
del gruppo redazionale, in un’apposita settimana di studio svoltasi durante Pestate scorsa.
Con tale tematica la rivista mira per un verso a superare i confini della teologia sulla
chiesa, non più adatti a dare risposta agli interrogativi ben più radicali che ormai agitano
la coscienza dei credenti e, per Faltro. a ritrovare i fondamenti delPimpegno politico non
solo al di fuori della cosiddetta dottrina sociale, quanto si voglia aggiornala, ma .al di
fuori di ogni teologia che presuma di porsi come teoria deU'agire storico.
« L'area preferenziale del nuovo discorso
sarà quella che oggi suol essere definita con
le espressioni, non del tutto libere da ambiguità, di « teologia politica » o di « teologia
della speranza ». Solo con questo nuovo orientamento, che porla al di là della tradizionale
antinomia fra integrismo e laicismo, è possibile incontrare ed assumere, senza prevenzioni,
tutti i movimenti volti alla liberazione dell'uomo, si tratti delle proposte culturali più incisive del tempo, o si tratti dei processi politico-sociali di trasformazione delle strutture.
Implicita in questo orientamento è la motivata denuncia della natura ideologica delle teologie che si rifiutano di accettare il vaglio
critico dell’analisi scientifica, ai vari livelli in
cui viene esercitata daU'intelligcnza contemporanea: sociologico, psicologico, linguistico. Così. pur restando fedele alFunilà di prospettiva
preci.'ìata negli ultimi anni, il discorso della
rivista si allargherà all'intero orizzonte in cui
si sla avverando il conflitto tra il presente ed
il futuro e in cui la chiesa del passato non ha
altra alternativa che qamhiare o morire. Allo
scopo di contenere tale discorso — esposto
alle generalizzazioni ingenue e alle astrazioni
___^cntro le verifiche delFesperienza. sarà dato largo spazio' alle testimonianze di conflitto
tra il vecchio e il nuovo, dentro e fuori della
chiesa. Per meglio seguire i movimenti che
dal basso contestano, anche in Italia, il vecchio sistema, il gruppo redazionale sta organizzando numerosi frieontri sìa con i teologi
italiani più impegnati, sia con i gruppi della
considdetla “altra chiesa”, sìa con gli esponenti delle confp,3sioni evangeliche. La rivista
muterà così di fisionomia non per brusche
rotture col suo passato, ma per una sua
concreta immersione nella mutevole e fecond ' novità del momento ».
3
5 febbraio 1971 — N. 6
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
AD ADDIS ABEBA
60.000 africani spostati
■?
I lavori del Comitato Ceotrale del C.E.C.
Come abbiamo già riferito, il Comitato Centrale del Consiglio Ecumenico delle Chiese si è riunito ad
Addis Abeha (Etiopia) dal 10 al 21
gennaio scorsi. Non ci è ancora
giunto il bollettino recante le decisioni definitive, che ci riserviamo
di render note nel prossimo numero. Frattanto diamo qui sotto — ricavato daU'ultimo numero ricevuto
del soepi — il resoconto di alcuni
dei temi dibattuti.
LOTTA CONTRO IL RAZZISMO
Il Comitato Centrale del CEC ha
riatfermato la sua posizione nei riguardi della lotta contro il razzismo
in occasione della sua riunione di Addis Abeba. Non si è manifestata alcuna
voce di dissenso.
Il Comitato ha rilevato che il Cec
non si identifica, e non può identificarsi in un qualsiasi movimento politico e nemmeno può dare un giuaizio
nei riguardi delle vittime del razzismo
che sono indotte a considerare la violenza come l’unico mezzo per raddrizzare le ingiustizie e aprire la strada a
un ordine sociale nuovo e più giusto.
Il Comitato auspica siano intrapresi, sotto l'egida del Cec, degli studi sui
metodi violenti e non violenti di cambiamenlo sociale, studi che risponderanno all'interesse sempre maggiore
manifestato nei riguardi di questo problema dai cristiani del mondo intero.
È stato lanciato un nuovo appello a
tutte le Chiese-membro affinché alimentino il Fondo speciale deciso a
Canterbury, e fissato in 500 mila dollari come minimo (circa 300 milioni di
lire). Fin'ora sono stati destinati 200
mila dollari a 19 organizzazioni di
gruppi razziali oppressi.
Viene nel contempo rinnovata l’assicurazione che le organizzazioni beneficiarie di detti fondi li utilizzeranno
unicamente per attività in armonia
con gli scopi che si propone il Cec.
Questo Fondo speciale non rappresenta che una piccola parte del programma totale di lotta contro il razzismo che comprende anche una inchiesta sulla diga di Cunene nell’Angola
del Sud, sugli aborigeni australiani,
sui diritti di proprietà fondiaria in
Alaska, in Nuova Zelanda, in Sud America, negli Stati Uniti e sulla situazione degli indigeni in America Latina.
Le Chiese membro (e questo ci pare
molto importante) sono inoltre particolarmente pregate di studiare e di
analizzare i sistemi militari, politici,
industriali e finanziari dei loro paesi,
di scoprire e identificare l’impegno e
l’appoggio che questi sistemi recano a
continuare il razzismo e la discriminazione razziale nelle politiche interne
ed estere dei loro paesi e di sviluppare strategie e programmi comuni per
l’eliminazione di questa piaga nella
Chiesa e nella società.
NIENTE ARMI AL SUDAFRICA
I 120 delegati del C.C. hanno inviato
un telegramma al primo ministro conservatore inglese Heath pregandolo vivamente di non riprendere la vendita
di armi al Sudafrica. Già nello scorso
luglio il pastore Blake, segretario generale del Cec aveva informato Heath
che la vendita di armi a detta nazione
era « totalmente inaccettabilé per la
coscienza morale dei cristiani ».
I delegati hanno rivolto la stessa richiesta a tutti gli altri Stati interessati a queste vendite di armi. Hanno
fatto particolari pressioni verso le
Chiese-membro francesi affinché intervengano presso il presidente della Repubblica per la cessazione di invio di
armi al Sudafrica.
NUOVE PROSPETTIVE
ECUMENICHE
È stato ancora una volta affermato
che l’unità rimane uno dei compiti
centrali del Cec. Il pastore Vischer,
nel presentare il rapporto del Gruppo
misto di lavoro Chiesa cattolica/Cec,
aveva detto che « lo sconvolgimento
che oggi scuote le Chiese per il loro
confrontarsi col mondo moderno non
deve in alcun modo incitarle a ripiegarsi su se stesse ».
La relazione presentata dal Comitato Centrale senza opposizione, nel riconoscere l’urgenza del compito chiede di includere fra gli obiettivi enunciati nella costituzione del Cec « la ricerca comune di una più grande unità». Il C. C. nota particolarmente:
« Per quanto riguarda le misure concrete relative all’unità o all’unione, sono le Chiese stesse che hanno il potere di agire. Anche in quelle condizioni,
la preoccupazione dell’unità vi.sihile è
così forte ed estesa e gli sforzi intrapresi per realizzarla sono co.sì interdipendenti che il C. C. incoraggia la
Commis.sione di Fede e Costituzione a
offrire un crescente sostegno alle Chiese nel loro tentativo di unione e a mettere a pulito dei metodi che consentano loro di coordinare i loro avvicina
menti nelle questioni di base ».
II C. C. ha deciso che la Comm. Fede c Costituzione si riunirà durante
l’anno a Lovanio — in agosto — e tratterà del tema « Unità della Chiesa unità dell’umanità». Essa dovrà precisare la nozione di « Concilio autenticamente universale» (sez. I, paragr. 19
della relazione di Uppsala), nozione
che — come dice la relazione — « ha
suscitato un crescente interesse ».
Mentre il dialogo fra cristiani « resta
in primo piano nelle preoccupazioni »,
il C. C. ha affermato che il dialogo in
una società pluralista dev’essere alfrontato dal cristiano « in una maniera cristiana veramente umana, personale, adatta alle circostanze e umile ».
Il Cec ha già partecipato a vari dialoghi, specie con ebrei e musulmani;
dialoghi si sono pure avuti fra cristiani e marxisti, con induisti e con buddisti. Il C. C. ha riaffermato che il dialogo, lungi dal « limitarsi a seguaci di
altre credenze religiose, deve estendersi anche ai portatori di convinzioni e
di ideologie laiche ».
Infine, il C. C. formula varie raccomandazioni invitando in modo particolare le varie Chiese-membro a formare gruppi di persone capaci di iniziare questi dialoghi. Inoltre « occorrerebbe prevedere anche una parte ipazione selettiva alle riunioni religiose
mondiali... Tuttavia il Cec non dovrebbe essere integrato alle strutture di organizzazioni mondiali inter re.igiose ».
Città del Capo (spi)). - È noto che la Repubblica sudafricana progetta lo spostamento di
600.000 africani abitanti ad Est della Provincia del Capo, dove si stabiliranno i bianchi,
verso il Transkei e il Ciskei: quasi duecento
miliardi di lire saranno stanziati per costruire
allacciamenti idrici e per i servizi pubblici.
Se il piano si attua nel tempo previsto,
32.500 persone dovranno ogni mese lasciare
H loro ca.sa per stabilirsi in 500 « case ». Si
comprende come mai nella maggior parte di
tali spostamenti le persone trasferite non trovano né alloggio, né acqua, né installazioni
.sanitarie, né scuole.
iMiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiioiiiiMiiiimiiiiiimiiiiiiiiMii
Commissione mista sul razzismo
Ioannesburg (spp) - La Chiesa riformata
olandese (Gereformeerde Kerk) nei Paesi Bassi e la Chiesa riformata olandese in Sudafrica hanno deciso di costituire una commissione mista sul razzismo La Chiesa riformata
olandese è l’ultima, in Europa, ad avere conservato relazioni con la Chie.sa sudafricana. Nel
corso deH’ultima riunione di questa Chiesa europea Vapartheid è stata violentemente denunciata, in presenza di Africani del Sud, e sono
stati respinti tutti gli argomenti ispirati alla
Bibbia addotti per giustificare la segregazione
razziale.
In Olanda^ cala la presenza ai culti
(qualche proposta per ravvivarli)
iiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMMiiiiiiiiiimitiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiM:iM:n;iniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim
Anche nel Kenia
Lo swahili diviene lingua nazionale
Le Chiese lo hanno edoffafo per il culfo
Seguendo Tesempio della Tanzania, anche
il Kenya ha adottato lo swahili come lingua
nazionale. Il presidente Jomo Kenyatta ha
lanciato attraverso la radio la « operazione
swahili », che si protrarrà per tutto il 1971,
allo scopo di facilitare le comunicazioni in tutt > il paese.
iiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Teologia del matrimonio
Roma (hip) - Al Vaticano rappresentanti
della Chiesa cattolica, luterana e riformata
hanno discusso su dei progetti dettagliati per
un dialogo sulla teologia del matrimonio e sui
problemi dei matrimoni misti.
I dieci rappresentanti di queste Chiese hanno espresso il loro « accordo unanime sull’attualità e sulViirgenza » di questa questione
pratica.
« ...Le Chiese hanno una responsabilità particolare nello stabilire esattamente il significato cristiano del matrimonio misto nel contesto della crisi contemporanea... », hanno
detto gli ecclesiastici.
Secondo questo gruppo riunito in Vaticano,
il dialogo progettato sui matrimoni misti « dovrà essere incentrato sulle questioni teologiche di base che si trovano dietro a quelle canoniche e giuridiche ».
Questo incontro preparatorio segue i due incontri di Cartigny, in Svizzera, tenutisi nel
1969 e nel 1970, organizzati dall'Alleanza e
dalla Federazione. Non è ancora stata fissata
nessuna data per il dialogo in questione.
Una delle granili difficoltà, infatti, incontrate da molte nazioni giunte all’indipendenza
alla line del perìodo coloniale, consiste nel
fatto che i loro ceulini riproducono, cosi spes.so, quelli artificiali delle antiche colonie, raggruppanti gruppi etnici (e linguistici) diversi,
talora ostili. ’Tenuti ijisieme dalla forza coloniale, accedendo ai l'indipendenza hanno conosciuto e conoscono violente tensioni, talora vere e proprie guerre civili; ricordiamo gli
esempi terribili del Gongo/Katanga e della
Nigeria/Biafra (dove per altro si erano innestate sordide specu azioni esterne), del Sudan e,
venuto alla ribalta in questi ultimi giorni ma
vecchio di otto anoi, l’esempio del Camerún.
Anche il Kenya h.r conosciuto violente tensioni tribali, circa le quali nell’autunno 1969
anche le Chiese kenyane avevano preso posizione, protestando per io ingiuste oppressioni
e chiamando alla effettiva riconciliazione. Si
comprende quindi Timportanza del fattore unificante che una lingua nazionale comune può
rappresentare, in una situazione come questa.
Le Chiese- cristiane Iranno adottato lo
-swahili per il culto (si tratterà, naturalmente,
di un’adozione graduale), e cosi hanno fatto
i musulmani, il che è tanto più significativo
se si tien conto deH’attac.-amento islamico alla
lingua araba. Lo swahili, ilei resto, è una' lingua hautù che ha accollo numerosi vocaboli
arabi, ed è una specie di "lingua franca" di
tutta la fascia centro-occidentale del continente africano.
Arnhem (spr) — Il consiglio di una
comunità della Chiesa riformata d’Olanda ha predisposto un’indagine per
individuare le cause della diminuzione (50%) che la frequenza ai culti ha
subito negli ultimi dieci anni. Non si
è accontentato di analizzare le ragioni di questa caduta spettacolare, ma
ha pure cercato di presentare alcune
proposte per migliorare la situazione.
Cause essenziali del declino registrato:
1) la Chiesa non è riuscita a trasmettere l’insegnamento biblico in un
linguaggio chiaro e intelligibile a spiriti moderni;
2) la frequenza ai culti varia a seconda delle epoche: nei periodi di prosperità un piccolo luogo di culto si rivela troppo grande, mentre in tempo
di crisi un grande edificio è troppo
piccolo;
3) la teologia di moda che proclama « la morte di Dio » non ha sicuramente contribuito a tale calo, perché
pochi sono i fedeli che hanno potuto
capirla;
4) l’accento spostato dal ’verticale’
all’ ’orizzontale’, fino a ridursi a quest’ultimo aspetto,
5) la spinta a frequentare al culto
diminuisce proporzionalmente alla ragione stessa del credere.
Proposte per ridare interesse al
culto:
a) organizzare culti per le famiglie;
b) accrescere i gruppi di studio
biblico e i legami di preghiera;
c) esprimere l’Evangelo in modo
chiaro nella vita quotidiana;
d) tenere maggior conto, nella pre
dicazione, dei centri d’interesse dei
giovani;
e) compiere la sintesi fra 1’« orizzontale » e il « verticale », esaminando
onestamente gli avvenimenti mondiali
alla luce della Bibbia.
llllllllllinilllllllllMIMIIIMIIMIIIIIIIIiilllllllllllllllllllllllll
Al Congresso USA il gruppo
callolico è il più forfè
con 116 delegali
Washington (Relazioni Religiose). - Nel 92°
congresso degli Stati Uniti i delegati cattolici
sono 116. Fonti cattoliche USA, nel porre in
rilievo tale fatto, affermano che si tratta della
cifra più alta registrata dai cattolici nella
storia congressuale americana e che tale cifra
indica un aumento di cinque unità rispetto
a quella del 91° congresso. Il gruppo cattolico,
si afferma, è anche il più numeroso di quelli
presenti al congresso, seguito subito dopo dai
delegati metodisti, che sono 86. Il gruppo di
delegati ebrei è composto da 14 membri.
Un film di Billy Graham
su Israele
ÌSeiv York (Relazioni Religiose). - Il nolo
predicatore evangelico Billy Graham ha pre])arato un film intitolato « La sua terra »
(i. His Land »), consacrato allo Stato dTsraele
sotto l'angolo profetico. Nella realizzazione di
questo reportage cinematografico hanno operato Glifi Barrows e il cantante Glifi Richards.
Attualmente, esso viene proiettato negli Stati
Uniti in numerose sedi cristiane ed anche in
alcune sinagoghe. Secondo le prime impressioni degli spettatori, il film è un piccolo capolavoro.
LA BIBBIA NEI
a cura di Edina Ribet
imiiiiiiiMiiiiiiiiiiniiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
AlTinizio dell’anno 1971 le Società
bibliche di tutto il mondo c’invitano
a pregare per:
1) la traduzione delle Sacre Scritture.
Signore, grazie per coloro il cui lavoro ci ha permesso di leggere la
Tua Parola nella nostra propria
lingua. Sii con tutti loro, e con
quelli che hanno saputo appropriarsi di idiomi diffìcili ed hanno
faticato per tradurre fedelmente
la tua verità ai popoli in attesa.
2) la produzione.
Signore, dà agli stampatori, agli
editori, ai disegnatori, agli esperti
nella produzione biblica il senso
profondo del loro compito, affinché i loro doni siano messi al Tuo
servizio con gioia e con efficacia.
Milimillllllllimi
SONDAGGIO D’OPINIONE IN GRAN BRETAGNA
Una persona su due non crede in Dio
La televisione commerciale britannica ha pubblicato recentemente un opuscolo di oltre cinquanta pagine, risultato di un sondaggio d’opinione su « la
religione in Gran Bretagna e Irlanda
del Nord»: 1071 adulti sono stati intervistati in Gran Bretagna e 694 in
Irlanda del Nord; Tanalisi è stata condotta dalTOpinion Research Centre.
Eccone le grandi linee.
In primo luogo Tinchiesta ha mostrato il calo dell’appartenenza alle comunità religiose: 22% delle persone
interrogate hanno dichiarato di non
appartenere ad alcuna chiesa, mentre
sei anni fa non erano che il 6%. Per la
maggioranza, però, la fede occupa tuttora un posto importante nella vita:
58% hanno dichiarato di essere « mol
to » o « abbastanza » religiosi, mentre
in Irlanda del Nord tale cifra sale al
75 per cento.
In Gran Bretagna una persona su
due non crede all’esistenza di Dio,
mentre in Irlanda soltanto il 14%; in
Gran Bretagna meno della metà considera « assai importante » che la nazione sia cristiana, mentre in Irlanda del
nord questa è l’opinione di tre persone su quattro.
I Britannici tendono ad escludere
dalle loro preghiere le richieste rnateriali (successo, denaro etc.); tuttavia il
48% in Gran Bretagna e il 58% in Irlanda del Nord dichiara essere buona
cosa pregare per una « guerra vittoriosa ».
A proposito dei programmi televisi
iiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiMiiMiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiitiuiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiniqiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il divorzio in Gran Bretagna
Londra (kp) — I membri del clero
anglicano della Gran Bretagna hanno
ricevuto dagli arci.vescovi di Canterbury e di York una « dichiarazione di
condotta » relativa alla nuova legislazione sul divorzio, votata dal parlamento britannico ed entrata in vigore
con l’inizio di gennaio. In questa dichiarazione i due prelati si rallegrano
per l’evoluzione della legge fondata ormai sulla nozione di « disintegrazione » del matrimonio piuttosto che su
quella di « colpa matrimoniale ». La
nuova legislazione permetterà alle coppie separate da oltre due anni di chiedere il divorzio, che sarà accordato,
d’altra parte, a coloro che sono separati da oltre cinque anni.
Qutksta legge, scrivono gli arcivescovi di Canterbury c di York, porterà
sollievo in numerose situazioni penose
che la legislazione precedente aveva
ci-eato c incoraggiato, specialrnente
per quanto riguarda i figli. La « dichiarazione di condotta » sottolinea, però,
che la Chiesa d’Inghilterra continua a
opporsi a quello che chiama il « divorzio di faatasia » e precisa che, secondo
la legge, il matrimonio rimane sempre
una unione a vita. Gli arcivescovi chiedono quindi al clero di fare tutto ciò
che è in suo potere per favorire le riconciliazioni.
La Chiesa anglicana riconosce il divorzio, ma vieta il nuovo matiimonio
religioso. Persone divorziate possono
tuttavia ottenere che la loro nuova
unione sia benedetta da un pastore, e
possono essere ammesse alla comunione.
vi, il sondaggio ha rivelato che il 53%
delle persone interrogate pensano che
la tv può rendere servizio, mentre il
16% considera peiicoloso questo mezzo di comunicazione. I programmi religiosi interessano principalmente i
credenti. Tengono conto delle trasmissioni religiose: il 30% degli « scettici »,
48% degli «un po’» impegnati, 67%
dei più impegnaati, 82% dei molto religiosi.
Il risultato più importante (e più
soddisfacente per gli interessati) ha rivelato che la metà dei telespettatori
(56%) avevano dichiarato di seguire attivamente i programmi religiosi (una
percentuale assai più alta, ad esempio,
di quella che si riscontra nella Germania occidentale). Oltre la metà delle
persone intervistate ritengono importante che i programmi religiosi si rivolgano sia ai credenti che ai non credenti. Si pensa che la tv non soltanto
deve rivolgersi al pubblico trattenuto
a casa e che non può recarsi in chiesa
(47%), ma anche spingere alla meditazione (34%) e mostrare che la religione è in relazione con la vita quotidiana (31%).
L’inchiesta mostra infine che per i
più la tv religiosa non sarebbe in grado di agire su qualcuno, di raggiungere i fondamenti della sua fede perché
i sermoni sono troppo impersonali e i
telespettatori troppo poco disponibili e
troppo sulla difensiva. La tv potrebbe
tuttavia aiutare, il pubblico nelle sue
paure e pene, mediante dibattiti di
esperti (74%), informazione (68%), dialoghi con persone alle*prese con gli
stessi problemi (67%) etc., ma non mediante servizi cultuali (solo il 10% li
ha menzionati) o trasmissione con cantici (9%) e preghiere televisive (7%).
{da « La vie protestante »)
3) la diffusione.
Signore, poniamo sotto il tuo
sguardo tutte le persone che hanno contribuito a diffondere la Tua
Parola: pastori, missionari, monitori, consiglieri, segretari, fedeli
del mondo intero; aumenta il loro
numero, il loro zelo, le loro capacità. Serviti anche di noi per diffondere la Tua Parola tra gli uomini.
4) sostenere l’opera biblica.
Signore, tu che rivendichi non soltanto le nostre persone, ma anche
tutto ciò che possediamo, muovi il
cuore del tuo popolo perché dia
con gioia e con generosità il denaro necessario a sostenere l’opera
mondiale delle Società bibliche.
Lo Spirito Santo
è sempre all’opera
INGHILTERRA — Mitsuo Fuchida,
il protagonista delTattacco giapponese
di Pearl Harbour (il film « Torà! Torà' Torà! » è stato rappresentato nei
cinematografi di tutto il mondo), è diventato oggi un pastore presbiteriano
ed ha consacrato la sua vita al ministero del predicatore itinerante. Egli è
stato convertito da un ex-combattente
americano, prigioniero dei giapponesi,
diventato in seguito missionario e ritornato in Giappone in questa sua nuova qualità. Mitsuo Fuchida disse, durante un’intervista, che le parole di
Gesù « Padre perdona loro perché non
sanno quello che fanno », erano state
una luce per lui : « Queste parole si applicavano anche molto bene al mio caso, lo Spirito Santo mi aveva reso evidente la verità che in esse è rivelata ».
STATI UNITI — Mike Sokol, un criminale della sezione di sicurezza di
una prigione delTIllinois, trova nella
sua cella un Nuovo Testamento. Incomincia a leggerlo, e a poco a poco i
ricordi d’infanzia risalgono alla sua
memoria, finche pentito si getta in ginocchio a pregare. Quando viene in
giudizio, non è quasi riconosciuto dai
giudici che Tavevano visto prima, tanto il suo aspetto è mutato. Scontata la
pena, Mike viene liberato, c con un
piccolo commercio riesce a pagare tutti i suoi debiti. Però la coscienza gli
dice che ciò che ha imparato in prigione non può tenerlo per sé; cosi abbandona il commercio, diventa membro
della chiesa mennonita, cd assume la
direzione di una stazione missionaria
mennonita in California, dove presta
il suo servizio ancora oggi.
STATI UNITI — Nel Michigan una
amica della Bibbia ha venduto in otto
mesi negli aeroporti nei super-mercati,
nei ristoranti, nelle scuole, negli alberghi, 31.633 copie delTEvangelo.
CONGO - KINSHASA Le chiese
protestanti distribuiscono il Nuovo Testamento agli alunni delle scuole elementari.
4
pag. 4
N. 6
5 febbraio 1971
Notiziario Evangelico Italiano
L'Esercito della Salvezza
« Preoccupati di noi stessi, chiusi nel
nostro mondo, viviamo una vita insulsa, in cerca di sensazioni... Ma quale vita più ricca, completa, soddisfacente di
quella vissuta per gli altri? Le ideologie sono importanti, ma il servizio pratico, motivato dall’amore di Cristo, è
ciò di cui il mondo ha più bisogno! ».
Così si esprime « Il grido di guerra
ad ogni male », il giornale mensile dell’Esercito della Salvezza in Italia.
Questo movimento religioso-sociale
nacque nella seconda metà del secolo
scorso in Inghilterra, dove lo sviluppo industriale dovuto alle macchine,
aveva favorito il formarsi di grandi agglomerati cittadini con conseguente dilagare di miseria e immoralità. In questo contesto sociale nacque e crebbe il
fondatore dell’Esercito, William Booth,
che fu prima pastore metodista, poi libero predicatore. Dapprima egli lavorò da solo ed ebbe come primo scopo
di combattere il vizio nei più malfarnati quartieri di Londra, dove la gente
viveva senza conoscere Dio in uno
squallido mondo di miseria morale e
materiale. In seguito Booth riunì una
schiera di laici che organizzò in forme
militari, e chiamò il suo movimento
« Missione cristiana dell’Est di Londra ». Il nome di Esercito della Salvezza fu adottato nel 1878.
Da allora, dai suoi modesti inizi nell’est di Londra, fino ad ora, l’Esercito
ha esteso la sua opera a 71 paesi, è
servito da 25.222 UiRciali che si dedicano alla diffusione della fede e all’opera sociale; vi sono nel mondo 16.046
centri di evangelizzazione, si predica in
153 lingue. Soldati sono chiamati i credenti che dedicano all’opera il tempo
libero. Il capo mondiale è uno Svedese:
il Generale Erik Wickberg, il Quartier
Generale Internazionale è a Londra,
101 Queen Victoria Street.
In Italia
È interessante per noi Valdesi sapere
come iniziò in Italia il movimento Salutista.
Il precursore del Salutismo fu il maggiore Vint, ma il suo tentativo fallì.
Nel 1887 a Londra lo studente Fritz
Malan, valdese, si convertì in una adunanza tenuta dal Fondatore. Tornato
nelle Valli cominciò un’opera tra i giovani e ne attirò molti nel movimento e
raggiunse più tardi il grado di Ten. Colonnello. Nel 1889 fu stabilito un Quartier Generale a Torre Pellice e le città delle Valli ebbero un grande risveglio per opera dell’Esercito. Da Torre
l’opera si irradiò a Torino, Val d’Aosta,
Genova, Milano, Venezia, Firenze, Bologna, Napoli e nell’Italia meridionale dovi oggi è particolarmente sviluppata.
In Italia l’Esercito è riconosciuto come Ente Morale dal 1923. Il suo Quartier Generale Nazionale è a Roma, in
Via Ariosto 32; il suo capo territoriale
è il Col. Fivaz.
In Italia però l’Esercito non è riconosciuto come chiesa né gli Ufficiali
come ministri di culto, e la ragione è
questa: la pratica per questi riconoscimenti venne fatta in epoca fascista,
c a quel tempo la donna non poteva
essere riconosciuta come ministro di
culto. Siccome tra i Salutisti vi fu sempre parità tra i sessi, essi non vollero
rinunciare a questa parità e preferirono non insistere nella pratica. Non essendo riconosciuto come Chiesa, l’Esercito non ha nemmeno il diritto di celebrare il matrimonio civile: in questo
è la meno costantiniana delle Chiese
evangeliche italiane.
L’assemblea dei credenti, che noi
chiamiamo chiesa o comunità, i Salutisti, ligi alla terminologia militare, la
chiamano « Corpo ».
Le celebrazione del culto è più o
meno come la nostra. È molto grande
per loro l’importanza del canto e della
musica, che sentono fortemente come
mezzo di testimonianza, e che esplicano spesso con la fanfara. Danno molta
importanza all’attività spirituale, dalla
quale deriva come conseguenza il loro
desiderio di prodigarsi per gli altri e
quello spirito di gioia che caratterizza
la loro fede e che si sente vivamente
nelle loro adunanze.
Non hanno sacramenti: per i bambini c’è la presentazione; per chi entra
a far parte del Corpo, chiamandosi
« soldato », c’è la « conversione » in cui
il credente si umilia pubblicamente riconoscendosi peccatore e dichiarando
di accettare Gesù Cristo.
Non usano l’Innario Evangelico ma
hanno una raccolta di inni propria che
ora stanno rinnovando. La ragione è in
parte questa: che hanno bisogno di inni che mettano in modo pratico la gente davanti al peccato, che richiamino
fortemente al pentimento. Infatti secondo loro l’origine della miseria materiale è spesso il peccato nei suoi vari
aspetti (pigrizia, paura, vizi vari) e la
vittoria sul peccato può portare un aiu15 vero.
Ciò che credono
La dottrina dell’Esercito accetta la
salvezza per fede, la salvezza data da
Cristo, la necessità della conversione e
della testimonianza. Teologicamente sono fondamentalisti.
« La nostra teologia è la Bibbia —
di cono — Non siamo però sordi alla
teologia: abbiamo imparato molto da
Barth, non accettiamo Bultmann né
Tillich. L’Esercito è nato con lo scopo
di occuparsi dei poveri, e questi hanno
bisogno di consolazione. Non ignoriamo il pensiero ma nell’attuale pratica
non possiamo utilizzarlo ».
Quelli che noi chiamiamo pastori per
i Salutisti sono gli Ufficiali.
Come si formano
Ed ecco come si formano. Il ragazzo
o la ragazza che sente una vocazione,
generalmente verso i 14 anni, deve
seguire per sei anni le lezioni dei Cadetti del Corpo. Può contemporaneamente seguire altri studi. Frequenta
poi un corso di due anni che si chiama
Scuola di formazione, che gli Italiani
seguono in Inghilterra, Francia o Svizzera, dopodiché si chiama « Ufficiale in
prova » e fa altri tre anni di scuola per
corrispondenza, diventando Ufficiale effettivo.
I gradi degli Ufficiali sono: sottotenente, tenente, capitano, maggiore, brigadiere, tenente colonnello, colonnello,
ten. commissario, commissario; il grado supremo è generale: c’è n’è uno solo
ed è il capo mondiale. Lo stesso curriculum seguono le donne. Tutti portano
l’uniforme, che è grigio scuro con mostre rosse, cappelli a visiera per gli uomini, il caratteristico cappello a cuffia
per le donne.
L’uniforme è per loro un modo di testimoniare: portarla significa, senza bisogno di pronunciare parole, che uno
appartiene al servizio di Cristo.
L’Esercito non gode di nessun reddito, ma vive per i doni volontari dei
membri.
Gli Ufficiali locali sono dei laici che
dedicano il tempo libero all’opera, occupandosi della gioventù o della musica o di altre attività. I Cadetti di Corpo
sono i giovani ebe si preparano a diventare Ufficiali.
Dove operano
I centri italiani con sale di evangelizzazione e Ufficiali residenti sono sedici,
che elenchiamo in ordine alfabetico:
Ariano Irpino (Avellino), Atena Lucana (Salerno), Brienza (Potenza), Castelvetrano (Trapani), Catania, Faeto (Foggia), Firenze, Forio d’Ischia (Napoli),
Lentini (Siracusa), Mazara del Vallo
(Trapani), Milano, Napoli, Pietragalla
iiiiiiimiiiiimiiiiMiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiMiMiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
A Catania il 9]e 10 gennaio 1971
Convegno Regionale F. G. E. I.
Si sono aperti sabato sera 9-1-1971 i lavori dell assemblea riunitasi per approvare lo
Statuto della F.G.E.I. regionale Sicilia-Calabria. ed eleggere il Comitato Esecutivo.
Presenti la sera una ventina di giovani, rappre.sen tanti dei gruppi di Pachino. Scicli,
Agrigento, Vittoria. Reggio-Calabria e Riesi.
Dopo una meditazione di Antonio Adamo sul
Cap. 3 di Giovanni (v. 1-21), si è pa.s.sati a
leggere gli articoli dello Statuto ed iniziata la
discus.sionc per eventuali modifiche. Comun(|ue si sono conclusi i lavori con Tunanimità
dei presenti, decidendo di votare gli articoli
c lo Statuto nel suo insieme domenica mattina, con i gruppi che ancora non erano rappresentati.
Domenica si è iniziato con la partecipazione dei rappresentanti dei gruppi battista di
Siracusa, di Aci-Bonaccorsi e di Pachino:
inoltre il Pastore Lupi è stato accettato come
rappresentante del gruppo potenziale di Messina. Ha aperto la seduta Sergio Ribet, presentando la sua relazione : « La nostra responsabilità negli anni '70 », la quale indica
una linea d'azione da seguire. La proposta è
quella di studiare i documenti del Convegno
Nazionale delle Chiese Evangeliche a Firenze
(F.C.E.I.) e di in.serirci in questa linea; inoltro fare l'analisi della situazione nell’ambiente
in cui si vuole agire, e nello stesso tempo,
cercare iin'lniUrazione nella lettura biblica.
(Potenza), Roma, Torino, Torre Pellice.
Vi sono poi dei centri sociali: la foresteria di Firenze, chiamata « Villa
delle rose »; a Bobbio Pellice un centro
giovanile formato di padiglioni che nell’estate ospitano colonie di bambini,
campeggi per famiglie e campi biblici;
a Forio d’Ischia una colonia per bambini e la casa delle vacanze chiamata
« La concordia ». Colonie per bambini
SI aprono nell’estate in altri centri del
meridione.
A Roma
A Roma c’è « La Gioietta », una casa
che può ospitare 25 donne, per il pasto
della sera e per la notte, al prezzo di
350 lire al giorno. Le donne, quando
rientrano dal lavoro possono occupare una graziosa cella, invece di uno
squallido dormitorio pubblico. Dirigono la « Gioietta » il capitano Bachmann
e la Signora.
Dove prima c’era l'Albergo del popolo, cioè un dormitorio per uomini, adess.) c’è il Centro per la gioventù maschile, un pensionato per studenti, dove
i giovani possono vivere in un ambiente sano. Annesso vi è un dormitorio
per uomini, con 107 posti.
Che cosa fa l’Esercito in una città come Roma?
Abbiamo chiesto al Ten. col. D’Angelo
se i Salutisti ora, nelle nostre città italiane, fanno ancoia quello che facevano nei bassifondi delle città del mondo,
cioè andare in cej ca di uomini e donne
dediti alla malavita per aiutarli materialmente e moralmente.
Il colonnello dice che l’opera in quel
senso oggi è difficile e delle volte si rinunzia. Pensiamo invece che l’Esercito
non rinunzia e non disarma davanti alle difficoltà; ma i tempi sono cambiati
e così la mentalità della gente e forse
di conseguenza ;nche i metodi dell’Esercito.
Come attività religiose a Roma si tengono due culti domenicali, alle 10,30 e
alle 18,30, e uno per i bambini. Il mercoledì le donne il.tlle Unioni femminili
si riuniscono per lavorare, esattamente come noi e con lo stesso scopo, e
tanno un culto. Un culto vi è anche il
venerdì sera, alle 20.
Tutto ciò nella cappella e nei locali
di Via degli Apuli 41, dove c’è anche la
Gioietta » e il Centro maschile.
A Natale sono andati dai baraccati a
cantare.
« E vi hanno accettato? Non vi hanno derisi? »
« No, affatto; anzi ci hanno accolti
con molto piacere ».
Ancora a Natale sono andati, trentacinque persone circa, al Cronicario di
Nemi, triste luogo di malati inguaribili.
« Abbiamo cantato prima di fuori, e
allora il direttore e le suore ci hanno
detto di entrare.
Abbiamo cantato al pianterreno e poi
negli altri piani; abbiamo cantato per
tre ore. Abbiamo dato il messaggio biblico parlando di Simeone che se ne va
contento perché ha tenuto in braccio la
speranza' d’Israele, c poi della parola
fatta carne... Infine abbiamo dato a tutti un pacchettino. E tutti erano contenti e vi era molta commozione...»
« E ci tornerete? >
« Sì, vorremmo tornarci, ma ci sono
delle spese e dobbiamo arrivarci con
le nostre forze... »
« E loro vanno... Sanno perfettamente che andranno incontro a un’infinità
di delusioni. Però non cederanno mai
su un principio: l’uomo deve essere
convertito liberamente, anche un solo
uomo su mille, ma una volta per tutte
e con tale forza che egli senta il bisogno di diventare un nuovo predicatore... » (da Storia Illustrata, aprile
1968).
Inda Ade
pei evitare la dispersione e lo spreco delle forze. Dalla discussione .seguila, è sorta
11 domanda se non vi è pericolo, studiando
documenti a volte difficili, di porci ad un livello intellettualistico, al che si è risposto che
è re.spon.sahilità dei gruppi evitare questo e
di fare partecipare alla ricerca la più larga
parte possibile della popolazione.
Dopo una rilettura dell'intero Statuto si è
passati alla votazione: lo Statuto è stalo approvato aU'unanimità dei delegati degli 8
gruppi pre.senli; i gruppi di Cosenza e Catanzaro avevano partecipato alla stesura della
bozza di Statuto; Vittoria ha partecipato alla
discu.ssionc degli articoli.
Alla fine è stato eletto il Comitato Esecutivo che avrà il compito d’informazione c collegamento tra i vari gruppi. Sono stati eletti
Sergio Ribet. Luciano Griso e .lean-Jaeques
Peyronel.
Concludendo i lavori, si è parlato del prossimo Convegno Regionale, di preparazione al
Convegno Nazionale F.G.E.I. che si terrà in
Novembre; si è pensato di farlo a Falerno, in
primavera. Oltre ai documenti preparatori per
il Convegno Nazionale, si c proposto di studiare relazioni riguardanti i fatti di ReggioCalabria. sia dal punto di vi.sta dell’opinione
pubblica che deH’anali.si di gruppo impegnati.
Roberto Ri.ftnat
Un pastore battista è diventato
sindaco di un comune sardo
Abbiamo letto su « L'illiistré Prolestani» (gennaio '71) la notizia seguente^
che non ci pare di avere letta finora sulla
stampa evangelica (ci scusiamo, qualora
ci fosse sfuggita).
Un pastore battista è diventato sindaco del
comune di San Vito, in Sardegna.
Nuova tappa nello sforzo di Luigi D'Isanlo
per determinare una riforma sociale a San
\ito (5.500 abitanti). In precedenza il pastore aveva cooperato alla creazione nella cittadina, di un laboratorio di confezioni, sotto forma di cooperativa, allo scopo di creare alcuni
posti-lavoro capaci di stabilire localmente i
giovani che emigrano nel continente, specie
nel nord Europa, separandosi dalla famiglia
per lunghi mesi.
D’Isanto si è presentalo alle elezioni nelle
liste di un nuovo partito chiamalo « Comunista indipendenti per lo Sviluppo di San Vito ».
Occorreva coprire venti seggi. Sono stati vinti
dal partito del Ddsanto con 825 suffragi, battendo i democristiani (580), un partito dell’Alleanza (480) e il PCI (480 voli, mentre
se ne prevedevano 1.300!).
D'Isanto ha dichiarato che il suo gruppo era
pronto a collaborare con chiunque si curasse
più dello sviluppo locale che delie grandi discussioni romane. Secondo la legge italiana,
una persona che esercita un incarico religioso
non può occupare al tempo stesso una carica
politica. Luigi D’Isanto ha perciò rinunciato
al suo mandalo di pastore per essere sindaco
del suo comune.
Riuniti a Palermo
i rappresentanti dei gruppi
operanti in Sicilia per la
promozione sociale e economica
Si sono riuniti due volte i rappresentanti
de* vari gruppi operanti in Sicilia per la promozione sociale ed economica di questo no
stro popolo. Queste riunioni sono la conse
guenza diretta dei dieci giorni che Danilo Dol
ci, I on. Pantaleone, Padre Corso, i pastori
P. V. Panasela e Tullio Vinay hanno passa
t-j nell Hessen Nassau su invito del Diakonisches Werk di quella Chiesa Regionale. Lo
scopo delle riunioni è di scoprire la via per
un collegamento maggiore fra gli attuali
gruppi e, laddove è possibile, avere un’azione
unitaria sia pure nell’indipendenza di ciascuna iniziativa. Questo per quel che ci riguarda.
L'altro aspetto è un tentativo di collaborazione in vista dello sviluppo, tra il mondo
centro-europeo e il terzo mondo che noi, in effetti, rappresentiamo. 11 legame fra i due ambienti è dato dalla massa degli emigrati che
rappresentano un problema comune: si deve
portare lavoro nel Sud e non lavoratori nel
Nord, sono le industrie che debbono spostarsi e non gli uomini, tanto più che la loro
partenza nella maggior parte dei casi crea
delle tragedie familiari e personali.
Siamo all’inizio di un cammino. In febbraio un gruppo del Diakonisches Werk verrà a trovarci ed il discorso proseguirà nel comune desiderio di portare il nostro modesto
contributo alla soluzione del grande problema
mondiale, che è quello dello sviluppo, problema che non può essere risolto unilateralmente ma che richiede mutamento di mentalità nel Nord non meno che nel Sud.
Vorrei mandare da queste colonne
un ringraziamento al Ten. col. D'Angelo del Quartier Generale di Roma
che, dedicandomi un po' del suo tempo
prezioso, mi ha condotto in modo chiaro e simpatico attraverso i pacifici ranghi deH'Esercito. I. A.
iiiMiitiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiinimiiiiiii
Doni Eco-Luce
Da Bergamo: Bruno Morena 500; Pietro
Bettolìi 2.000: Matilde Steiner 2.000.
Da Pinerolo: Guido Codino 400; Luciano
Long 500; M. Rivoira 500; Beniamino Carro
500; Luigi Breuza 1.000.
Da Torino: Carlo Frollo 500; Laura Rostagno 500; Bartolomeo Soiilìer 1.000; Clemente Beux 500; Venanzio Rohino 500: Montrucchio-Gri.set 500; Leopoldo Bertolé I.OOO;
Lisetta Gay 1.000; Eugenia Bensa 500; Guido Decker 500; Giovanni Mantilaro 500; Vincenzo Gay 500; Eugenia Borione 500; Enrico
Pons 1.000.
Da Roma: Eros Lala 2.000; Fausta Capparucci 500; Luigi Sgarzi 1.000; Gino Giovannini 2.000; Umberto Savoja 500; Rosa Giuliani 500; Berta Subilia 5.000: Sofia Baldoni
2.000; Giorgio Girardet 500; Manlio Gay
2.000; Emilia Allio Ayassot 500.
Da Luserna S. Giovanni: Emilio Peyrot
500; Clelia Girardon 500: Ester Bonjour
Grill 500: Enrichetta Peyrot 1.000; Placido
Mondon 500: fam. Migliotti 200; Eugenio
Long 500.
Grazie! (continua)
Abbiamo ricevuto queste due lettere, in risposta alVarlicolo, a firma « germanas »
da noi pubblicato nel numero scorso. Avvertiamo però che non intendiamo in alcun
modo riaprire il dibattito che negli ultimi anni ha preso fin troppo spazio sulle nostre
colonne; e che, rigorosamente, pubblicheremo soltanto scritti o parte di scritti che portassero — e pensiamo sia difficile — elementi sostanziai mente nuovi rispetto a quanto
già scritto. ‘ red.
Ci scapperà il cero?
Un lettore, da S. Germano:
Ecco riapparire gli articoli che ci insegnano come dobbiamo fare il 17 Febbraio.
Il primo che leggo, sul n. 4, è firmato
« Germanus ». A me non piacciono gli
pseudonimi : non mi piace nulla che sia
pseudo qualcosa. Germano può significare
(( un fratello » ma anche il papero selvatico porta questo nome, e chi si nasconde
dietro un nome fittizio non può avere la
pretesa di venirmi a dire « come » devo
celebrare il 17 Febbraio.
L’Eco sa che Targomento è piuttosto
caldo e farebbe bene a presentare le ojiinioni di persone fisiche e non di pseudoquesto o pseudo-quello.
L’anno scorso l'Eco ha imperversato sul
17 con articoli sul tipo de / fatti ed il mito
e Psicanalisi del valdese emancipato, ma.almeno erano firmati e adesso so che cosa
possono combinare quelle due firme, giochi
intellettuali e culturali.
Se questo germano X vuole dare autorevolezza alle sue opinioni agganciandole
all’aulorevolezza della Conferenza Distrettuale del 1969 ed al suo ordine del giorno,
si è un po’ mal sistemato.
Egli stesso ammette che l'o.d.g. non ha
cambiato gran che. Posso aggiungere che
l'o.d.g. non dice gran che; e precisare, con
rincrescimento, che se alle Conferenze si
continua a mandare, nella maggioranza dei
casi, pie persone di sicura linea « governativa » e taciturnità, la Conferenza finirà
sempre per dire quello che garlia : c .se poi
vi partecipa un certo Pastore, allora la linea contestataria non trova ostacoli, o se
ci sono li spazza lui; certo in buona fede,
ma questo non aggiusta le cose che rompe
A tale Conferenza Distrettuale il Prof.
Augusto Armand-Hugon propose di dare
al 17 Febbraio un eonleniito anche civile
ma, per le ragioni di cui sopra, la Conferenza ha bocciato la proposta, rea di essere
colma di buon senso.
L’Editto di Emancipazione potete chiamarlo Allo della Divina Provvidenza fin
che vi pare; anzi, poiché sul Calendario il
17 Febbraio è « Sant’Aniceto Papa », chissà se fra qualche anno, quando le idee di
mister X avranno fatto più strada, non ci
scappi il cero.
L'Editto è un allo civile che conferisce,
e finalmente, ai cittadini valdesi gli stessi
diritti civili dei cittadini cattolici, e cioè
in pratica revoca il diritto dì chiunque ad
arraffare un marmocchio valdese se gli
capita a tiro, o di cacciare in galera suo
padre se aveva l’impudenza di dormire una
notte in Pinerolo. ed altre delizie del genere; ma, nel caso che a qualcuno fo.sse
passalo in mente di capire « ciò per hroca », l'Edilto precisava: « Quanto alla loro
religione nulla è mulaio ».
Quindi è da escludere che Sant’Anicclo
Papa ci abbia fatto la Grazia. Il cero, a
dispetto <lcirecumenisino nostrano, non .se
lo merita: e il rifiutare la solida base civile del 17 Febbraio è manipolazione di
fatti.
Che poi la letizia vada manifestala essenzialmente a siion di vSalmi e facce compunte è mentalità non nostra, che ricorda
certi santini dove Gesù è dipinto che la
faccia di circostanza. Basta non trasmodare, poi l’allegria è allegria.
L'anno scorsa ei siamo fatti un bel 17
per conto nostro; cì siamo beccati un acido
e poco sororale commento siiWEco: « ci dispiace per loro ».
Ma i nostri fratelli separati hanno mangiato male, alle tre o poco più ne avevano
lutti una barba e sono scappali, mentre da
'^noi nessuno aveva più voglia di andarsene
e, scusate l’impudenza da « non allineati ».
ci sentivamo valdesi e contenti.
Siete però già in parte riusciti a disorientare gli animi e state mandando a rotoli qualcosa che. nelle vostre fughe teologiche dalla realtà, neppure vedete. Così
forse buttate via l'acqua del hagnetto, ma
col bambino dentro.
Ebbene, fatevi il vostro 17 come vi pare;
io e molti altri ce lo faremo a modo nostro, magari in casa. Ma dateci atto di un
paio di cose : 1) Non è detto che se facciamo una cosa che non capile, questa deve
per forza essere sbagliata; 2) Se Fideale
sarebbe di fare della fede la nostra principale professione, tuttavia c’è il rischio che
qualcuno caschi nel professionismo, anche
a sua insaputa, e non poggi più i piedi
per terra.
Non sto a ribattere le opinioni del Sig.
X; tutt’al più nc pinzo una, a caso. Dice:
AU’Agàpe non ci devono essere estranei
alla Comunità. Scusi, Signor X. dove le
pesca queste perle? Se un mio amico, musulmano o cattolico che sia, vuole fraternamente partecipare alla mia gioia, cosa faccio?
Gli canto la canzone « No tu no » c gli
spiego: « Perché no ». Oppure posso dirgli
(die Pseudopapero e la Conferenza Distrettuale non vogliono?
Senza rancore, ma anche senza peli.
Mario Borgarello
Festa civile, anche!
Un lettore, da Luserna S. Giovanni:
Signor direttore,
non intendo entrare in polemica col Sig.
germanus e mi limiterò ad esprimere il
mio pcn.siero riguardo alla celebrazione del
XVII febbraio.
Concordo pienamente con la tesi del
Prof. A. A. Hugon in quanto la celebrazione della ricorrenza dovrebbe avere an~
che un carattere civile : sono del parere,
sempre sostenuto, che il XVII debba essere una manifestazione di Chiesa-popolo o
meglio di popolo-chiesa.
Pen.so che il voler estraniare dalla celebrazione i non valdesi, che hanno sempre
aderito in un gioire insieme, sia un
aifrotilo immeritato, di cui mi vergognerei.
L’e.sposizione della bandiera italiana è,
per me. un segno di apertura; non ci dobbiamo in nessun tempo rinchiudere in un
ghetto limitato.
Sono decisamente contrario a non invitare ufficialmente il Sindaco (anche non
valdese), ma non vedo neanche lontanamente la opportunità di invitare il parroco, con tutto il rispetto cd il riguardo
dovutogli, chi nella sua veste sarebbe
indubbiamente la personalità che si troverebbe il più a disagio. E noi con lui!
Per i falò non ci sono opposizioni; meno
male: i nostri giovani che si apprestano a
prepararli sognano già una bella vigilia
per rallegrarsi e riscaldarsi a quella fiamma che .sale verso il cielo e che vuole
esprimere anche un ringraziamento.
Per le recite forse il Sig. germanus dimentica quanta fatica occorra talvolta per
trovare una composizione adatta all’ambiente ed anche adatta e proporzionala
alle possibilità degli attori, che non hanno
frequentalo nessuna facoltà di palcoscenico, mentre il giudizio non è .sempre generoso; lasciamo ai responsabili la loro
comprensione e non complichiamo le cose
con troppe innovazioni fantasiose.
Cerchiamo di celebrare il XVII degnamente. La Riforma è già falla. È urgente
il Rinnovamento.
Grazie doU’ospilalità
James Gay
5
5 febbraio 1971
N. 6
pag. 5
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
IL PROBLEMA DELLA RIFORMA DEL SINODO
L’Evangelo attraverso i mezzi
Sinodo di popoio O consiyiio d'aniniinistrazione? di comunicazione di massa
Il problema della riforma del Sinodo ritorna periodicamente davanti alle
Chiese. Se ne sono occupati recentemente i Concistori del I Distretto e
una Commissione sinodale, subentrata
a quella della Costituzione, dovrebbe
riferire al prossimo Sinodo.
E tuttavia questo problema non c
soltanto una questione di regolamenti
e di commissioni: esso incide direttamente sui principi e modi di vivere
delle Comunità; mi pare quindi che
sia necessario che se ne discuta largamente e in tempo, per evitare che,
come è già accaduto altre volte, ci si
trovi senza argomenti validi di fronte
a un progetto che non piace, ma che è
comunque il risultato di uno studio
serio.
Le critiche rivolte all’attuale sistema
sinodale sono note: il Sinodo è, si dice, troppo costoso, è « ingovernabile »,
le elezioni dei deputati, in particolare
di quelli delle conferenze distrettuali
si prestano a manovre, sia da destra
che da sinistra; i pastori fanno il bello e il cattivo tempo, mentre i deputati (per ora con la d minuscola) non
sono, all’infuori di una ristretta cerchia di professionisti, al corrente degli argomenti da trattare e quindi votano più per partito che per convinzione; le comunità sono meno informate ancora e se ne disinteressano
bellamente.
A ciò si deve aggiungere che le relazioni tra il Sinodo « denominazionale »
e quelli valdo-metodista, federale, ecc.
sono quanto mai poco chiare.
Che fare dunque in una cosi triste
situazione? Proviamo ad esaminare,
intanto, le critiche e le soluzioni fin
qui proposte.
Il Sinodo costa troppo. È stata, la
prim.a, in ordine di tempo, delle critiche all’attuale sistema. Obiettivamente il Sinodo costa 2-3 milioni, su un bilancio annuo di circa 200. Che sia troppo, o troppo poco, dipende dall'importanza che gli si attribuisce: se non
serve a niente, i due milioni sono buttati via. Il fiórire di altri Sinodi (che
costano) fa pensare che delle assemblee periodiche siano comunque necessarie; resta da vedere se lo sono veramente tutte e se il nostro Sinodo non
potrebbe costare meno.
Ma le economie proposte dal progetto presentato dalla Commissione
per la costituzione erano così piccole
e le contropartite da pagare così grandi che l’argomento finanziario è passato ora in secondo piano, anche se è
ovvio che si debba sempre cercare di
risparmiare il denaro pubblico e anche se qualche risparmio è, come vedremo, effettivamente possibile.
Il Sinodo è ingovernabile. Difatti il
Sinodo è imprevedibile, nonostante
tutti i tentativi fatti negli ultimi anni
per irregimentarlo. Gli argomenti da
trattare sono quelli contenuti nel rapporto della Tavola (che ovviamente fa
le sue scelte), ulteriormente selezionati dalla Commissione d’Esame d’accordo con la Tavola, limitati nel tempo
ecc. Ma il Sinodo mostra la più cospicua indifferenza per questioni che sembrano importanti alla Tavola e alla
Commissione e si lancia in furibonde
battaglie su aspetti che sembravano
marginali agli altri.
Con questo si entra nel vivo del problema: il Sinodo è « ingovernabile »,
ma deve essere governato? ovvero non
è lui che, liberamente, governa le altre
istituzioni della Chiesa?
Infatti, cosa è il Sinodo? « È la suprema autorità della Chiesa, è la assemblea dei rappresentanti di tutte le
Comunità », dice la Costituzione, ma,
di fatto, e anche per l’influenza esercitala dalle assemblee polidenominazionali, federali, ecc. ci troviamo di fronte a una scelta di fondo che mette seriamente in questione anche le affermazioni sopra citate. Si tratta cioè di
decidere se si vuole un Sinodo che rappresenti nel modo più largo e più diretto possibile le opinioni dei membri
delle nostre comunità (popolo o base
che li si voglia chiamare), ovvero un
sinodo selezionato in funzione di determinate linee di azione (come è di
fatto Tassemblea federale); se si vuole cioè la democrazia diretta o quella
guidata, e se nel caso che si opti per
la seconda alternativa, in funzione di
chi o di cosa deve essere guidata la
rappresentanza delle Chiese.
La nrima opzione è, storicamente,
quella adottata, almeno negli ultimi
decenni: i Sinodi sono stati, nei limiti
di ogni sistema umano, la espressione
delle opinioni, giuste o sbagliate, coerenti o contradditorie, del modo di intenedere e vivere la fede da parte della maggioranza dei membri di Chiesa.
Che poi l’autorità « suprema » del Sinodo sia stata presa sul serio dalle
Chiese oppure no, questa è un’altra
questione. Ma appunto qui interviene
la seconda opzione: è stata valida questa interpretazione? Può essere considerata come normativa l’opinione pubblica? o non deve essa esprimere necessariamente una serie di principi,
nell’ambito dei quali, soltanto, possono esistere opinioni diverse? È lecita
in una Chiesa una totale libertà di opinmni, ovvero la Chiesa, appunto perché tale non deve essere condizionata
da una linea di pensiero e di azione?
Si è molto criticato, ad esempio, il fat
to che nel periodo fascista il Sinodo
abbia compiuto alcuni atti di deferenza verso il regime; ma ciò è accaduto
perché la maggioranza della popolazione almeno tollerava questi atti. Dovevano allora essere escluse dal Sinodo le persone che pensavano in questa
maniera, e in tal caso come dovevano
venire scelti i membri del Sinodo?
I vantaggi della prima alternativa
sono evidenti, ma proprio l’esempio
apportato mostra che essa non è soddisfacente. D’altra parte i pericoli insiti nella seconda alternativa sono,
massimamente nel nostro tempo, assai
grandi. In un mondo che si avvia, spiritualmente prima ancora che materialmente, verso un sistema conciliare, cioè verso un sistema di condizionamento di massa del pensiero e della
azione, l’annullamento di una oasi di
possibile spontaneità è un fatto di indubbia gravità. La scelta dei membri
del Sinodo in funzione di un pensiero
politico, sociale e teologico potrebbe
avvenire attraverso una nomina dall’alto (prevalenza di « tecnici » e di
membri di commissioni varie) o una
nomina per gradi, come già avviene in
pratica per i rappresentanti distrettuali, sospettati, appunto, di venir scelti in funzione di determinate ideologie. Ma, prolungando le linee, un Sinodo di questo genere finirebbe con
l’essere un vasto consiglio di amministrazione, incaricato di applicare in
pratica una direttiva ideologica stabilita al di fuori di esso.
In queste condizioni il dilemma pare, ed in parte è, insolubile: dato che
il Sinodo, come ogni assemblea cristiana può sperare nell’assistenza dello
Spirito Santo ma questa non gli è automaticamente garantita, non è in suo
possesso, si avrà ovvero un Sinodo veramente libero, che però sarà anche libero di dire delle macroscopiche sciocchezze, ovvero un Sinodo di amministratori, scelti, guidati, che non diranno, nel quadro di questa guida, delle
sciocchezze, ma che avranno anche
perso la libertà dell'Evangelo. E abbiamo dinanzi a noi abbondanti esempi dell’uno o dell'altro tipo di assemblea.
La soluzione, per quanto un sistema
umano permetta di avvicinarsi a una
soluzione evangelicamente valida, sta,
a mio avviso, non tanto nel sistema sinodale, ma nel modo in cui i lavori
del Sinodo vanno preparati. Il che dovrebbe servire a rispondere, come vedremo in un prossimo articolo, anche
alle altre critiche citate all’inizio.
Ma, prima di concludere, occorre ancora soffermarsi su un altro problema: quello della presenza pastorale.
Fino allo scorso anno, tutti i pastori
erano membri del Sinodo e venivano
eletti tanti laici quanti erano i pastori.
Il Sinodo scorso, in sede costituzionale, ha capovoltto questa impostazione:
sono membri del Sinodo i rappresentanti delle Chiese e vi vengono inviati
tanti pastori quanti sono i laici. Ora
il I Distretto afferma che, in ogni caso, tutti i pastori debbono andare al
Sinodo. Dietro questa disputa, che può
parere bizantina, sta un problema di
fondo: quali sono le relazioni tra Pastori e comunità? E pertanto cosa sono i pastori?
. Il Sinodo ha deciso, probabilmente
senza rendersene cohto, che non esiste relazione diretta tra Pastori e comunità, talché i pastori (e assimilati)
non possono in nessun caso rappresentare una comunità specifica. I pastori
sono dunque un corpo docente al servizio di -tutta la Chiesa, dovunque essi
si trovino e qualunque cosa facciano,
indipendentemente da una comunità
specifica. Che questa decisione sia discutibile per molteplici ragioni è evidente; ma, ora che essa è stata adottata con così grandi garanzie contro
possibili revisioni, occorre che i suoi
instancabili promotori la portino avanti anche in sede pratica: i pastori non
possono più esser membri di una comunità (altrimenti sarebbero membri
di seconda cat' goi ia, privi di elettorato passivo), ma solo del corpo pastorale, specie di comunità sui generis
senza fissa dioiC.ra: il predetto corpo
pastorale gode di una insospettata rivalutazione propi io per opera di quelli che lo avevano sempre criticato, e
così via.
Dove invece ;! Sinodo non è stato
d’accordo è nel .iodo in cui questi pastori debbono \ -niie inviati (non eletti) al Sinodo. Il sistema alfabetico proposto dalla Ci'Vnmissione, oltre che
macchinoso e inoiRciente, è parso a taluni anche pericoloso. In realtà, come
vedremo nel pri/ssi'.mo articolo, esso è
anche inutile, perché il problema si risolve da sé.
Che se poi qu ilcuno non fosse d’accordo con la ci rata decisione di principio, decisione che, ripeto, non può
essere occasionale, ma, una volta presa, va portata sino in fondo e applicata a tutte le circostanze, se qualcuno
dunque non fosse d’accordo, sappia
che deve ottenere una assai difficile
abrogazione e che, in ogni caso, non
può limitarsi al fatto marginale della
presenza o non presenza di pastori al
Sinodo, ma deve proporre una totalmente diversa valutazione del ministerio pastorale.
Pierluigi Jalla
Da Ginevra Giovanni Ribet ha aperto il dibattito sulle possibilità alla televisione, sperate dagli evangelici italiani. Franco Giampiccoli ci mette in
guardia contro al pericolo di venir
strumentalizzati, dopo una sua spiacevole esperienza. E giunto il momento
per un dibattito più esteso, sui periodici evangelici, per sapere che cosa desiderano le chiese e perché le autorità
della Federazione ne tengano conto,
nelle loro trattative con i responsabili
della televisione italiana. Giustamente
Ribet fa osservare che, a seconda dell'orario che ci sia concesso, dobbiamo
prepararci a parlare a un determinato
pubblico. Ma questo fatto, a mio parere, non ha nulla a che fare con il
contenuto del messaggio che si voglia
trasmettere. Eventualmente incide sullo stile ed anche qui non si erra se si
adopera uno stile semplice, senza
astruserie, lungi da un linguaggio tecnico incomprensibile alla massa. La
questione importante è invece che cosa vorremmo trasmettere: inchieste,
dibattiti, interviste, presentazione delle nostre opere? O il messaggio evangelico nella sua più grande semplicità?
Vogliamo predicare l’evangelo o presentare noi stessi, i nostri pensieri, le
nostre opere? Dibattiti che lasciano
spesso un amaro in bocca e molta confusione?
La televisione ha i suoi servizi e gli
evangelici, i valdesi, fan parte della
nazione, possono essere intervistati,
possono partecipare a tavole rotonde,
possono esser presentati come folclore, e tutto ciò pone dei problemi. Presentarci nella nostra realtà, senza esser fraintesi... cosa oltremodo difficile.
Chi fa delle inchieste ha anche esigenze di tempo, registra ma poi taglia...
anche involontariamente, non trasmette quello che a noi pare essenziale. Ma,
ripeto, se un tempo fosse concesso
agli evangelici per un loro programma,
quel tempo prezioso deve andare unicamente alla predicazione dell’evangelo e non a farci belli con le nostre elucubrazioni dinnanzi al pubblico italiano. Notiziari? di dubbia efficacia? E
venir meno alla nostra responsabilità,
alla missione affidata alle chiese, parlar di sé stesse. L’evangelo si comunica direttamente, leggendolo e meditandolo. O in trasmissioni che durino da
due a non oltre dieci minuti, come
unanimemente pensavano recentemente i presenti ad un seminario per la
televisione a Ginevra, o con culti, se il
tempo disponibile è maggiore.
Si è molto discusso e si discuterà
ancora per molto tempo a proposito
del linguaggio televisivo. Evidentemente è la radio che meglio si presta a me
miiiiiiii:iMMiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiuiiMiiiiiiMiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!MiiiiiiiiiiiiiiiiimmiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiMiiii
I Consigli delle Chiese valdesi nelle Svizzera si riuniscono a Zurigo
Allo studio la fisionomia della presenza italiana, le prospettive
di azione delle nostre chiese, la costituzione di un presbiterio
Indetlo dalla Commissione del III Distretto,
il 6 febbraio si tiene a Zurigo un incontro
dei Consigli delle quattro chiese valdesi nella
Svizzera (Ginevra. Losanna, Basilea e Zurigo). alla quale partecipa pure il Moderatore
Giampiccoli. Scopo deirincontro — che si
tiene nella Casa comunitaria della Chiesa
evangelica di lingua italiana —- è cercare di
fare il punto sulla situazione e sulle prospettive di queste comunità, che nell'ambito del
Distretto e della Chiesa Valdese hanno una
configurazione particolare: vi è pure un progetto di costituzione di un « presbiterio elvetico » che le associ in una convivenza e collaborazione particolare.
Il programma della giornata comprende: al
mattino la presentazione di ognuna delle
quattro chiese (origine, sviluppo, attuale composizione, attività, problemi) da parte dì un
suo responsabile e una relazione del past. Sergio Rostagiio sul tema : « Fisionomia attuale
della presenza italiana in Svìzzera »; nel pomeriggio una relazione del past. Liborio J\aso
sul tema : « Prospettive di azione delle nostre
Chiese in Svizzera » e una relazione della Commis.sione Distrettuale sul tema: «Proposta di
costituzione di un presliilerio svizzero », seguita da discussione ed eventuale decisione di
costituirlo.
13-14 novembre) e svolgeranno questo programma :
Nuovo Testamento: Ksegesi dell'Epistola
agli Efesini (L. Naso) — Spiegazione di alcupe parabole (J. R. Matlhey).
Dogmatica: « Confessiamo la nostra fede »,
studio dei principali elementi della fede cristiana seguendo il Credo (G. Bogo).
Storia del Cristianesimo: Il 1 e il II secolo
della storia della Chiesa (J. R. Matlhey).
Omiletica: Introduzione ed esercizi di predicazione (T. Puglìsi).
Inoltre dal 24 al 28 maggio avrà luogo, a
Riidlingen. la ormai tradizionale e utile « Settimana di formazione evangelica », di cui sarà
ulteriormente presentato il programma.
..........................................IIIIIII
A Riesi, il 6-7 febbraio
Convegno A.I.C.E.
Partecipano il pastore Renzo
Bertalot e il Ezio Ponzo
Nella Svizzera orientale
Corsi di formazione
evangelica per italiani
Il 23-24 gennaio, a Boldern, hanno avuto
inizio i « Corsi di formazione evangelica » curati dal Consiglio dei Pastori delle Chiese
evangeliche dì lingua italiana della Svizzera
orientale, e ai quali sono invitati tutti i membri e i simpatizzanti delle comunità e dei
gruppi.
Questi fìne-setfimana di studio, che impegnano i partecipanti il sabato dalle 15 alle 22
(con interruzione per la cena) e la domenica
dalle 9 alle 12. si terranno in parte a Boldern
(14-15 febbraio, 27-28 marzo, 17-18 aprile.
15-16 maggio. 5-6 giugno) e in parte a
Riidlingen (18-19 settembre. 16-17 olloltre,
L'A.ssociazione In.segnanli Cristiani Evangelici si c sviluppata finora soprattutto nel Piemonte, per quanto siano .sorti piccoli gruppi
anche in altre regioni. Alla Conferenza Distrettuale del VI Distretto tenuta a Palermo
nel giugno 1970 è stato deciso che si cercass.i di avere un convegno del corpo insegnante
evangelico della Sicilia e della Calabria a breve scadenza. Alla Conferenza straordinaria del
Vi Distretto temila in dicembre a Catania è
stato deciso che il primo convegno si svolga a
Riesi il 6 e 7 febbraio 1971, approfittando
delle visite del Prof. Fdo Ponzo, professore di
psicologia, e del Pastore Renzo Bertalot.
11 Convegno inizierà sabato alle 17 con una
conferenza del Pastore Bertalot: «11 fenomeno umano » (sociologia e pedagogia). Domenica 7 febbraio avranno luogo le due conferenze del Prof. Ponzo: «La se.ssualità infantile » (psicoanalisi) e « La deprivazione di cure
materne e la nuova legge sulpadozione ».
Le varie comunità della Calabria e della
Sicilia baimo mandato al Pastore Giambarresi i nomi e gli indirizzi degli insegnanti
evangelici nella loro zona. A causa delle difficoltà di comunicazione e delle grandi distati
ze fra le comunità, forse non saranno mollo
numerosi i partecipanti a questo primo convegno, ma sarà già una prima presa di contatto fra insegnanti evangelici provenienti da
luoghi diversi e una discussione insieme di
importanti problemi che gli insegnanti devono continuamente affrontare.
|||||l]||||l|||l1IIIIIÌIIIIIItlllllMii:]llllllllllllll[llltllllllllllll
Luserna S.Giovanni
La Commemorazione del 17 febliraio si svolgerà nella linea tradizionale.
Martedì sera ore 20 : falò
Mercoledì 17 ore 10,30: culto con la partecipazione dei bambini dell'asilo e scuole medie; ore 12,30 : agape fraterna nella Sala Alharin; ore 21 : serata presentata dalla Filodrammatica e dalla Corale di S. Giovanni:
« Un'anima per Giulia » dramma di Vittorio
Calvino. Canti e dizioni.
Le prenotazioni per il pranzo possono farsi
entro domenica 14, acquistanto i relativi biglietti (L. 1.500) presso: Cartoleria Bein (Airali); Confezioni Lapisa (Aìrali); Casalinghi
Lapisa (Via Beckwilh) e negozio Malan-Chauvie (Bellonalti).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiimiiimiiiiiiiiim iiiiiiiiiiiiimiiiiiiiii
Pomaretto
Ricordiamo :
Domenica 7 : culto con as.spmblea per discutere il futuro della nostra chiesa.
Mercoledì 10: riunione al Clot Inverso.
Venerdì 12 : riunione alla Lausa.
Domenica 14: riunione dei genitori nella
sala delle attività (ore 14,30) con discussione
.sul tema : « Che co.sa ci si aspetta dalla Scuoli Materna e che cosa la Scuola aspetta dai
genitori ».
= Lunedì 15 Febbraio alle ore 20,30, .sotto
= gli auspici del gruppo biblico del Plemon= tc. al Cinema Edelweis di Pomaretto .sarà
_ proiettato il film: Voce degli (dnssi con
= partecipazione delle Corali di Venaria ReaE le (pentecostale) e di Pomaretto, con due
= batteristi di Torino, il Biblioteck della co= munita batti.sta. Messaggi vari ed esposiE zinne di Bibbie.
= Tutti sono cordialmente invitali.
dilazioni e a culti. Se quindi vi sarà'la
possibilità di trasmettere qualcosa di
più dei dieci minuti di una meditazione, non si butti via il culto, che invece ha ancora molte possibilità. Le statistiche dicono che se le chiese sono
disertate i culti alla televisione sono
abbastanza seguiti. Anche quando son
mal trasmessi perché, parlando di culto alla televisione, dovrebbe esser inteso che la comunità che si presta alla
emissione accetta di modificare l’ordine, lasciando immutata la sostanza:
lettura, meditazione, preghiera, canto.
Il canto deve esser nutrito, il commentatore deve comunicare il concetto del
canto, il suo tema. Mentre si medita,
dei cartelli possono aiutare a ricondurre il pensiero dallo spettacolo al
messaggio. Un culto adattato alla televisione, ma pur sempre culto, perché
è di questo che la gente ha bisogno più
di quel che si creda.
Mi son permesso, caro direttore, di
continuare il dibattito perché è oramai
tempo che gli evangelici italiani prendano una precisa posizione su quello
che desiderano: non un tempo che poi
sarà sprecato o che potrebbe anche
danneggiare, ma parlare fedelmente, a
chi ne ha molto bisogno, dell’evangelo
e soltanto deU’evangeto.
Guido Rivoir
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiii
L’opuscolo del 17 Febbraio
L’opuscolo che anche quest’anno la Società
di Studi Valdesi ha pubblicato in occasione
del 17 febbraio, è dedicato alle « Opere sociali della Chiesa ». Augusto Armand Hugon
e Franco Operti hanno preparato un contributo sugli Ospedali Valdesi di Torre Pellice
e di Pomaretto, nel 150^* anniversario; Luigi
Santini ha presentato l’Istituto Gould di Firenze, che compie i cento anni. L’opuscolo può
essere richiesto alla S.S.V., alla Claudiana o
presso le chiese (L. 150).
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiifiiiiiiiiimiiii
Comitato Collegio Valdese
Il 3° ciclo del Corso teologico curato dal
Comitato Collegio Valdese in collaborazione
con i docenti della Facoltà Valdese di Teologia, si terrà a Torre Pellice dal 21 al 28 febbraio: il dr. Renzo Bertalot darà una serie di
lezioni su « Luetica protestante ». I particolari
di questa settimana saranno ulteriormente comunicati.
llllllillllllllllllMIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIMIMMIIMIMMIIIIiill
Federazione Femminile Valdese
Il Comitato Nazionale della F.F.V. comunica a tutte le Unioni Femminili quanto se
gue: ^
a) l’attuale nostra cassiera e la Signora
Rosanna Moroni - Via Castelfidardo, 6
20121 Milano - C.C.P. n. 9-54530, cui vanno
indirizzate tutte le offerte per le borse di studio e le quote annuali.
b) la Giornata Mondiale di Preghiera
quest’anno sarà il 5 Marzo : si raccomanda
vivamente alle Unioni di dare a questa Giornata tutta l’importanza che essa merita.
c) si raccomanda inoltre alle Unioni che
ancora non hanno risposto al « questionario »
inviato a suo tempo dal C.N. di volerlo fare
al più presto.
iiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiitiMiiMiiMLiimiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiii
San Secondo
— Il pastore Aime, nella sua qualità di
Presidente della C.I.O.V., sta compiendo una
« tournée » di visite nei quartieri della nostra
parrocchia. Alla fine di ogni discorso s'intrec
eia sempre un dialogo fra l’oratore ed i pre
senti, che gli rivolgono domande di vario genere, Ringraziamo di cuore il pastore Aime
che trova ancora il tempo per fare queste visite a tappeto e che riesce ad interessare i
suoi ascoltatori, parlando dei nostri Istituti
— Sabato 23 gennaio, la Filodrammatica di
Bobbio Pellice, accompagnata dal pastore Bellion, ci ha offerto una bella serata con la rap
presentazione della commedia in tre atti d
Enrico Corsanì, intitolata « Mamma ». I bra
vi allori, che ringraziamo ancora, sono stati
lungamente applauditi.
— Anche quest'anno, in occasione del XVII
febbraio, un Comitato appositamente eletto
preparerà il tradizionale pranzo. Coloro che
desiderano parteciparvi sono pregati di farsi
iscrivere entro il 14 febbraio.
— La Chiesa esprime la sua riconoscenza al
doti. Marco Gay e al past. Roberto Jahier che
hanno rispettivamente presieduto i culti del
21 e 31 gennaio.
IIIIIIIIIIIMIIIIIIIillimilllMllllllllllllllllllMlllinilllllllillll
Torre Pellice
11 pranzo commemorativo del 17 febbraio
anche quest’anno si terrà alla Foresteria Valdese gentilmente concessa dal Past. Deodato.
I biglietti si possono ritirare presso la Libreria Claudiana.
AVVISI ECONOMICI
BAMBINAIA referenziata famiglia signorile
cerca per neonato nove mesi. Ottimo trattamento. Scrivere: Calandra. Via Vela 29.
Torino.
CERCASI domestica Tarino coniugi soli. Telefonare Introna (OH) 68.82.05 o 90.173 o
rivolgersi alla Tip. Subalpina.
6
pag. 6
N. 6 — 5 febbraio 1971
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
LE FORZE ARMATE IN ITALIA: UNA ANALISI
Africa alla ribalta
Come forse i lettori più attenti ricorderanno, già nel n. 4 del 22 gennaio
scorso abbiamo avuto occasione di accennare — mentre la nostra stampa ne
taceva ancora — alle avvisaglie repressive di Sekù Turé nella repubblica della Guinea, quando cioè la cosa pareva
limitarsi a violenze verbali, demagogiche e propagandistiche. Purtroppo la
realtà si è successivamente dimostrata ben peggiore delle più pessimistiche
previsioni.
È inutile qui rifare la storia cronologica degli avvenimenti che si sono
susseguiti — e continuano tutt’ora —
nelle piazze insanguinate delle città e
dei villaggi, dato che i giornali ce ne
danno quotidiana notizia.
Quello che vorremmo sottolineare è
il modo come è stato condotto il « processo », svoltosi senza la presenza degli imputati («ascoltati» mediante nastro magnetico) e in assenza di avvocati difensori. La stessa composizione
dei giudici non dava la minima garanzia di obbiettività in quanto le sentenze sono state pronunciate dall'Assemblea nazionale proclamata per l’occasione « tribunale rivoluzionario supremo ». I risultati sono noti; 92 condanne a morte (un prigioniero, morto in
egualmente condannato alla pena cacarcene prima del processo, è stato
pitale) — di cui 33 in contumacia — e
65 condanne all'ergastolo. Parecchi di
questi condannati — prigionieri politici — erano già in carcere alcuni mesi prima che avvenisse il tentativo di
invasione. Da notare ancora che il presidente Sekù Turé, prima ancora che
fossero pronunciate le sentenze, aveva
già dichiarato che avrebbe rinunciato
al diritto di grazia.
Fra le accuse lanciate all’Occidente
(che in parte hanno senza dubbio un
fondamento di verità, non fosse che
per le forniture di armi e la provata
partecipazione portoghese), una che ci
pare assurda è quella rivolta alla Germania federale e cioè che essa abbia
partecipato, a livello governativo, al
fallito tentativo di invasione del novembre scorso, accusa culminata colla
rottura delle relazioni diplomatiche
con Bonn. Al di fuori di quelle che
possono essere le responsabilità di singoli individui a titolo personale, non
possiamo credere che un uomo come
Brandt, di cui non si può non riconoscere la politica di distensione ed
« espiatrice » e che ricordiamo ancora
inginocchiato sulle pietre di quello che
fu il ghetto di Varsavia, possa avere
qualche responsabilità in questa sanguinosa vicenda.
È più che giusto riconoscere alla
Guinea il suo diritto di difendersi colla legge dai nemici interni ed esterni,
ma da lì a praticare ferocemente una
politica vendicativa e accecata dalla
sete di potere, ci corre una bella differenza.
Naturalmente, non mancano coloro
che hanno giudicato questi avvenimenti come una manifestazione di « barbarie negra ». Costoro sembrano ignorare che, quanto a repressione e « pacificazione » i bianchi, cristiani e non,
sono stati e sono degli ottimi « maestri ».
Altro avvenimento che richiama l’attenzione dell’opinione mondiale sull’Africa è il colpo militare dei giorni
scorsi in Uganda.
Qui l’azione, anziché condotta da
mercenari, si è originata dall’interno e
segna — almeno fino al momento in
cui scriviamo queste note — un punto
all’attivo del vecchio e del nuovo colonialismo. L'autore del colpo, generale
Amin, in opposizione infatti alla politica del deposto Milton Obote, che, con
una politica socialista riformista, aveva fra l’altro nazionalizzato dei grossi
interessi stranieri, si è affrettato a dichiarare che l’Inghilterra, in passato,
ha governato esemplarmente l’ex colonia e che non è pensabile che TUganda oggi possa staccarsi dal Commonwealth, di cui fa parte. Con questa dichiarazione, Amin non solo non si oppone, ma giustifica l’attuale politica
razzista dei conservatori inglesi, che
prevede la ripresa di forniture di armi
al governo sudafricano.
Giunge ora notizia che frattanto la
guerra civile divampa e si parla anche
di un intervento del Sudan — secondo
una denuncia di Amin — a favore del
deposto Obote.
Ancora altri morti e vittime in Africa, questa volta per cause naturali. Un
disastroso uragano ha sconvolto la zon.a centrale del Mozambico. La maggior parte di questi territori sono ricoperti da 7-8 metri d’acqua. Le notizie sono ancora molto frammentarie, e
si parla di 100 mila morti, oltre a centinaia di migliaia di senza tetto. Purtroppo, in queste gravi calamità naturali, specie quando colpiscono zone vaste c socialmente arretrate, i soccorsi
sono sempre tardivi e insufficienti c
non è neanche possibile sapere il numero esatto delle vittime.
namita nel territorio del Laos, sostenuta naturalmente dagli americani.
Ma anche un altro fatto, che inutilmente gli Stati Uniti hanno cercato di
tener nascosto, è venuto alla luce, a seguito dell’involontaria scoperta fatta
da una troupe televisiva della catena
americana C.B.S.
I cameramen, in occasione di una ripresa televisiva effettuata all’aeroporto di Phom-Penh hanno scoperto per
caso, e documentato, la presenza di
militari americani, presenza del tutto
« illegale » in conseguenza dell’emendamento Cooper Church votato dal senato americano nello scorso settembre.
L’emendamento proibisce l’invio di
forze armate terrestri americane in
Cambogia. Lo spirito di questo emendamento è anche stato trovato in contrasto cogli spaventosi bombardamenti fatti sulla Cambogia da parte statunitense, sia mediante bombardieri che
mediante elicotteri.
Ma torniamo ai militari scoperti. In
un primo tempo, il consigliere dr-J^ixon, Kissinger, ha detto che forse erano incaricati di recuperare degli elicotteri danneggiati dagli attacchi dei
« ribelli » fedeli al deposto Sianuk.
Per contro, successivamente Washington — tramite Laird, ministro
della difesa — ha dovuto ammettere
che in Cambogia (come i lettori ricorderanno questo Stato, prima della deposizione di Sianuk, era neutrale) soggiornano degli « istruttori americani ».
Questi istruttori sono incaricati di distribuire il materiale bellico anaericano ai cambogiani e a spiegarne il funzionamento. Si dice che le squadre in
azione siano attualmente 16, ma non
viene precisato il numero dei componenti di ogni singola squadra. Succes
sivamente, Laird è stato costretto ad
ammettere che l’intervento americano
in Cambogia (e cioè bombardamenti e
istruttori) non aveva soltanto lo scopo
di proteggere le proprie unità, ma che
era anche volto a sostenere il regime
di Lon Noi, l’attuale capo cambogiano.
Ma il più bello (si fa per dire) viene
adesso. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, siccome gli
è stato fatto notare che i suddetti
istruttori operano in borghese, ha precisato che la cosa era stata fatta « per
prudenza », e « per non dare l’impressione che Washington introduce in
Cambogia del personale militare che
non dovrebbe trovarvisi ».
Fin’ora gli Stati Uniti hanno già fornito materiale bellico all’Indocina per
oltre 200 milioni di dollari. Negli ultimi giorni sono state consegnate 8 vedette rapide per rastrellamenti fluviali.
Frattanto l’opposizione negli Stati
Uniti si fa sempre più pressante, sia a
livello popolare che parlamentare: 16
senatori si sono dichiarati favorevoli
alla proposta Me Govern che tende a
por fine legalmente alla guerra del
Vietnam al prossimo 31 dicembre.
Roberto Peyrot
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Ricche di unità, di uomini, di generaii,
povere di mezzi e scarsamente efficaci
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Una “prudenza,,
non encomiabile
La situazione in Indocina si sta sempre più deteriorando; lo dimostrano
fra l’altro gli spaventosi bombardamenti aerei americani in varie zone e
le avvisaglie di una invasione sudviet
HA ASPETTATO TRENTUN ANNI
« Dopo un’attesa di trentun anni
e dopo un numero impressionante di
iniziative da parte di coloro ai quali
egli aveva salvato la vita, un vecchio
ufficiale di polizia di San Gallo, il sig.
Paul Grueninger, è stato ora riabilitato. Egli era stato dichiarcto "colpevole” nel 1939, per aver permesso a degli ebrei che fuggivano il nazismo, di
penetrare nel territorio svizzero senza
il “visto", e per aver loro procurato
delle carte false, allo scopo di proteggerli contro l’espulsione.
Questa condotta (sanzionata, appena venne scoperta, dal congedo senza
alcuna indennità né pensione) fu la dimostrazione d’un eccezionale coraggio,
per quanto può giudicarsi sulla base
del famoso rapporto dello storico Edgar Bonjour sulla neutralità svizzera.
In tale rapporto, si legge: "Tutta la generazione di quell’epoca fu corresponsabile. (...) L’antisemitismo egoista e
latente, che si nasconde in ogni cittadino, le fece chiudere gli occhi sull’iriumanità di certi aspetti della politica
ufficiale sul diritto d’asilo".
In conseguenza d’un accordo fra la
Svizzera e il III Reich, la lettera J era
stampata sui passaporti degli ebrei tedeschi, per permettere alle autorità
svizzere di frontiera, d’identificarli e
di respingerli.
La televisione svizzera ha inserito
nel proprio programma la diffusione
d’un film documentario sul s'g. Grueninger, in occasione dell'ottantesimo
anniversario di questo ».
(Da «Le Monde» del 24-25.1.1971).
La condotta della Svizzera nella seconda guerra mondiale presenta indubbiamente degli aspetti oscuri. (Chi
desiderasse un’ampia e dettagliata documentazione in proposito, legga il libro di Jean-Baptiste Mauroux, « Du
bonheur d’être suisse sous Hitler »,
edit. J. J. Pauvert. Ma che dire allora
del dopoguerra? Un’attesa di 31 anni
non può essere imputata soltanto a
trascuratezza, o a disordine, o a lentezza burocratica, in un paese come la
Svizzera famoso per la sua solerzia,
per il suo ordine e per l’efficienza della
.sua burocrazia. Ma il sig. Grueninger
subì un trattamento ingiusto, e questo
\'enne mantenuto per ben 31 anni, perché egli aveva preferito ubbidire a Dio
anziché agli uomini (Atti 5; 29).
L’APPELLO AGLI ALLEATI
Il 27 agosto 1968, pochi giorni
dopo la famosa invasione della Cecoslovacchia da parte degli eserciti del
Patto di Varsavia, il sig. Husak, allora
vicepresidente del governo federale
(poi, al posto del sig. Bilak, primo segretario del partito comunista slovacco), ritornava da Mosca dopo aver firmato un ben noto « protocollo ». In un
discorso riprodotto dalla « Pravda >> di
Bratislava il 29 agosto, l’Husak disse
allora quanto segue.
« "Gli eserciti di cinque Stati .socialisti sono penetrati nel nostro territorio. È necessario dire che gli organi
dirigenti del nostro Partito e del nostro Stato non hanno chiesto una tale
azione, non hanno invitato i loro eserciti a venire sul nostro territorio. Un
tragico malinteso, una tragica incom
prensione si sono prodotti. In tale contesto, si pone il problema di sapere chi
ha invitato questi eserciti. (...) Il problema non è stato discusso fino in fondo e non è stato risolto. Ma nessun nome è stato pubblicato.
Quando noi abbiamo discusso la questione a Bratislava, a Praga o a Mosca
coi nostri compagni dirigenti, tutti i
membri delle dirazioni dei partiti federale e slovacco, senza eccezione, hanno dato la loro parola d’onore di non
aver mosso neanche un dito in quel
senso, e di non aver avuto alcuna notizia in proposito. (..) Io non-conosco
una sola personaliti politica, dirigente
della vita ceca o slovacca, della quale si potrebbe dire a colpo sicuro, che
abbia compiuto un tal gesto".
Orbene fra queste, personalità dirigenti che avrebbero dato la propria
“parola d’onore", figura, senza alcun
dubbio, il sig. Bilak. che era (allora
come oggi) membro del presidium del
partito. La stessa cosa può dirsi dei
sig.ri Piller e Jakc:. anch’essi membri
degli organi dirigenti (il secondo come presidente della commissione di
controllo, posto ch’egli occupa ancor
oggi), e dei quali si viene oggi a sapere che hanno firmato il famoso appello. Anche se questi, a quell’epoca, non
avessero dato una formale smentita,
resta tuttavia il fatto che essi, il 1.9.’68,
resero pubblica una_ “dichiarazione”,
sul proprio onore, di “non aver mai
compiuto, contro il partito o il popolo
cecoslovacco, alcuna azione contraria
all’onore d’un comunista o d’un cittadino della Cecoslovacchia". E neppure
si è a conoscenza che essi abbiano protestato contro una decisione di “riabilitazione" adottata dal presidium del
partito il 16.4.1969 (alla vigilia della sostituzione del sig. Dubeek come primo
segretario), riabilitazione che fu fatta
per assolverli da ogni accusa di collaboraz.ionismo.
Quanto al sig. Strougal, l’attuale capo del governo federale, il suo caso e
ancora peggiore. Nella sua qualità di
vice-presidente del consiglio dei ministri nell’agosto 1968, e (come tale)
principale personalità del governo libera dei propri movimenti a Praga.’
egli aveva controfirmato, nel corso deh
la “settimana gloriosa" che seguì alla
invasione, una lettera al presidente
Svoboda, nella quale si d eh ara precisamente:
“Completamente unito e compatto, il
nostro popolo (...) respinge risolutamente l’occupazione come illegale, anlicostituz.ionale e del tutto ingiustificata. Esso chiede la partenza delle
truppe d’occupazione". E il 26 agosto,
lo Strougal dichiarava personalmente,
alla radio di Boemia, che la situaz.mne non .si sarebbe normalizzai a, in Cecoslovacchia, che dopo la partenza delle “truppe sovietiche d’occupazione ».
(Da «Le Monde» del 19.1.1971).
Giorgio Rochat, professore incaricato di storia dei partiti e movimenti politici all’Università statale di Milano, si occupa da tempo delle vicende deU’esercito italiano dalla prima alla seconda guerra mondiale. Ha pubblicato
nel 1967 un volume su L’esercito italiano da
V’ittorio Veneto a Mussolini e ne sta uscendo
un altro sulla preparazione della guerra d’Etiopia. Gli abbiamo chiesto di presentarci, in due
articoli, un analisi e una valutazione delle forz armate italiane e lo ringraziamo per il suo
contributo. red.
Parlare con serietà delle forze armate italiane è difficile perché scarseggiano studi e informazioni. La responsabilità maggiore di questa situazione è
delle autorità militari, che vietano la
diffusione di notizie che all’estero si
possono trovare in tutte le pubblicazioni specializzate, anche in quelle ufficiali. Il bilancio del ministero della
difesa fornisce solo qualche cifra globale e nessuna informazione precisa, fino a dare l’impressione di essere fatto
apposta in modo da rendere impossibile il controllo del parlamento e dell’opinione pubblica (per gli acquisti di
materiale dell’esercito si dà una sola
cifra, che comprende tutto, dai carri
armati ai basti per muli). Tale situazione è di fatto accettata dalle destre e
dalle sinistre: malgrado polemiche violente ma episodiche, i problemi militari
in Italia interessano poco e tutti i discorsi relativi rimangono nel vago.
Questo atteggiamento rinunciatario è
sbagliato, quello che accade nelle forzi armate deve interessare tutti perché
tocca noi tutti, anche se non ce ne rendiamo conto. Non alludo soltanto alla
grossa fetta del bilancio statale che è
assorbita dalle spese militari, ma al
compito di organizzare la violenza per
il bene comune che deleghiamo alle forze armate (ed a quelle di polizia). .Addesti'are degli uomini ad uccidere è un
compito pesante, che si presta facilmente ad abusi; ma è anche una responsabilità da cui non possiamo sperare di liberarci cercando di saperne
il meno possibile.
Abbiamo perciò cercato di condensare qualche notizia sulle nostre forze
armate nella speranza di far meditare
sul problema. I dati che utilizziamo
provengono quasi tutti da pubblicazioni ufficiali inglesi, austriache e (qualche volta) italiane; sono spesso approssimativi e poco aggiornati, proprio per
le difficoltà di informazione sopra ricordate. Potranno essere rettificati, cer
cito. Il nostro ne ha 800 del modello
americano M. 47 che risale agli anni
della guerra di Corea: e infatti questi
carri sono armai logori, adatti per le
parate e il mantenimento dell’ordine
interno, ma non certo più per la guerr-;-. vera. Sette-otto anni fa si è deciso
d' sostituirli con il carro americano M.
60, un modello di alto costo e di scarse
doti, tanto che nessun altro esercito
della NATO lo aveva voluto adottare.
Dopo averne costruiti un paio di centinaia, il nostro esercito si è accorto di
aver fatto un pessimo affare ed ha interrotto la produzione; pochi mesi fa
ha poi scelto il carro tedesco Leopard,
che pure pochi anni prima aveva scartato. È stata così annunciata la costruzione di 800 nuovi carri Leopard, per
un prezzo globale che, a seconda delle
fonti, oscilla tra 200 e 800 miliardi. Per
avere tutti questi Leopard ci vorranno
però diversi anni, durante i quali l’esercito italiano continuerà a contare essenzialmente sui superatissimi M. 47; a
titolo di confronto, i tedeschi occidentali dispongono di 3300 carri tutti superiori al M. 47, che solo i portoghesi
continuano a tenere nei loro reparti
(non a caso impiegati più nella repressione della guerriglia africana che nella
preparazione di una guerra europea).
Si può capire perché le nostre divisioni corazzate non siano molto considerate né temute; eppure rappresentano (insieme a pochi altri reparti) la
parte migliore di un esercito numerosissimo che non ha alcuna efficienza
bellica. Dietro ai 3300 carri armati tedeschi sta un esercito di 290.000 uomi
ni, dietro ai nostri scassati 800-1000 ne
stanno 295.000: il che vuol dire che la
grande maggioranza delle truppe del
nostro esercito non ha alcuna utilità
bellica, perché non ha armi in grado di
contare in una eventuale guerra. Se la
difesa del paese da un’aggressione esterna è il compito fondamentale dell’esercito, dobbiamo dire che una parte
dei suoi reparti serve a poco e la maggioranza a nulla.
Un discorso simile si può fare per
la marina e l’aeronautica, che pure hanno pochi mezzi e non sempre li spendono nel modo migliore, ma continuano
a conservare un impianto di grandi proporzioni (l’aeronautica tedesca ha mille aerei e 104.000 uomini, quella italiana ha 150 aerei moderni e 300 superati,
ma 73.000 uomini). L’unica cosa di cui
le nostre forze armate non difettano,
infatti, sono i generali e gli ammiragli
to, purché sulla base di solide cifre e che, in mancanza di mezzi, devono pure
non solo di impressioni e stati d’animo. --------------- —n-:'
Le forze armate italiane contavano
nel 1967 (ultimo anno per cui abbiamo
cifre precise; ma la situazione è oggi
praticamente la stessa) circa 450.000
uomini così suddivisi; 31.300 ufficiali,
82.000 tra sottufficiali e raffermati, 257
mila soldati di leva, 80.500 tra impiegati ed operai civili. Lasciamo da parte
i carabinieri che fanno parte dell’esercito da un punto di vista formale, ma
sono in pratica da considerare insieme
alle forze di polizia. Sempre nel 1967
lo stato spendeva per le forze armate
1.200 miliardi, saliti a 1.300 nel 1970, seguendo un ritmo di accrescirnento che
non conosce soste (le spese rnilitari sono raddoppiate negli ultimi dieci anni).
Questa somma è certo grossa, ma
tuttavia non è sufficiente ad assicurare
alle forze armate un livello di efficienza accettabile. Francia, Germania e
Gran Bretagna, ad esempio, hanno un
bilancio militare più che doppio del
nostro, pur avendo forze armate numericamente pari o di poco superiori
a quelle italiane. Queste infatti sono
ricche di unità, di uomini e soprattutto
d- generali, ma povere di mezzi, secondo una tradizione che risale al fascismo e prima ancora all’Italia giolittiana.
Facciamo un solo esempio, ma significativo, perché i carri armati costituiscono oggi la spina dorsale di ogni eser
Rivoluzione e burocrazia (cinesi)
avere qualche uomo cui dare ordini!
Nel 1918 Tesercito di Vittorio Veneto, il
più grande mai messo in campo dall’Italia, aveva 500 generali in tutto; nel
1969 le nostre forze armate sono felicemente arrivate a disporre di 1033 tra
generali e ammiragli. Si giunge così a
limiti ridicoli: l’aviazione ha due generali per ogni caccia moderno, la marina sette ammiragli per nave, l’esercito
due generali per battaglione ed una
trentina di generali di corpo d’armata
per tre corpi d’armata! E le nostre cifre sono già sorpassate perché le promozioni continuano di buon ritmo, illegali anche se fatte alla luce del sole.
Giorgio Rochat
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiim
Armi italiane
al Portogallo
Algeri (aclista) - Anche elicotteri italiani
partecipano alla repressione del Portogalli contro i movimenti di liberazione africani.
In una dichiarazione al quotidiano algerino
« E1 Moud.iahid » Iko Carreira, membro del
Comitato di Coordinamento politico-militare
del M.P.L..Ì. (Movimento popolare per la liberazione deH’Angola), ha detto che nel 1976
l'aviazione portoghese ha utilizzato per la prim.a volta degli elicotteri francesi « SA 300
Puma » e degli elicotteri italiani forniti dalla
dilla « Agusta ».
Direttore responsabile:
Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
Tip. Subalpina s.p.a. - Torre Pellice (Tarino)
...Nel grigiore dell’alha le va.ste distese di
messi che si curvano sotto le raiììche del vento che spazza le grandi pianure della Cina
settentrionale si confondono sull orizzonte col
grigio del cielo. A schiena curva, in grappoli
turchini e grigi, tra il fi.schio delle falci, degli uomini .stanno mietendo. Prima di cominciare il lavoro hanno piantato per terra enormi
bandiere rosse che .sballono ad ogni soffio di
vento. Più oltre, a lettere enormi dipinte su
pannelli inchiodati su paletti, hanno composto
una citazione del presidente Mao : « Servite
il ])opolo ».
Ogni tanto interrompono il lavoro. Si sollevano, cavano dalla tasca della casacca il libretto ros.so e, tutti insieme, leggono una citazione. Poi ricominciano a lavorare. Più lontano, in un villaggio, altri uomini e altre
donne simili a questi sono all opera. Alcuni
riparano un motore; altri costruiscono un forno. Hanno il colorito scuro di quelli che lavorano all’aria aperta. Mentre lavorano, chiaccherano. ridono. Di lontano si potrebbero scambiare per contadini. Invece fanno parte del
l’apparato dirigente, sono i « kampok », burocrati, funzionari, insegnanti, membri del partito incaricati di mansioni amministrative, sono gli « apparatchik ». Li hanno mandati nelle campagne affinché « imparino dalle masse ».
... Sono i funzionari « delle tre porte », quelli che sono entrati dalla porta dell’uHicio, <lel
l. i scuola e della famiglia, quelli che .sapevano « mangiare il riso ma non coltivarlo ».
scuola (ndr. : dove alternano lo studio al lain,ro) è di creare un uomo completo che
« 11 nostro scopo — dice il direttore della
sia nello stesso tempo un contadino, un operaio. un soldato c un amministratore. Molti
dei funzionari .sono fondamentalmente buoni;
m. T il mondo si trasforma e i burocrati, se vogliono essere veri rivoluzionari, devono trasformarsi anch’essi. Hisogna che tutti i funzionari della Cina riprendano contatto col mondo dei lavoratori : se si vuole perpetuare il
pensiero rivoluzionario non si deve perdere il
contatto col popolo ».
(da un reportage de «L’Espresso» del 17-1-71)