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Gesù dice: « lo sono la luce del mondo
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGEUCHE VALDESI E METODISTE
UNO SGUARDO RETROSPETTIVO SUL NAPOLETANO DELL’800
Gela 1984
ISAIA 51: 12
“lo, sono io colui
che vi consola”
Nella Bibbia il verbo “consolare" non è mai riferito ad un
esortare pieno di buoni consigli
e privo di impegno, ma include
sempre un aiuto reale e concreto, soprattutto quando il soggetto dell'azione è Dio. Nel testo di
Isaia, in particolare, Dio risponde con questa affermazione impegnativa al lamento collettivo
del popolo (vv. 9-11) che si richiama alle Sue opere potenti
compiute « nei giorni antichi »
(v. 9); Io, sono io, io e nessun
altro, non le tue opere, non i
tuoi sforzi, sono io colui che ti
consola rinnovando la comunione di grazia che ti consente di
sussistere come popolo, e come popolo eletto.
De nostre comunità evangeliche del sud sembrano vivere pienamente questa parola biblica:
chi, se non Dio, avrebbe potuto
consentire a delle strutture così
fragili di resistere alla durissima
polemica clericale, all’emarginazione morale e spesso anche sociale degli anni '20 e '30, alla cappa soffocante del fascismo, alla
emigrazione degli anni '50 e '60,
alla disgregazione dei valori sociali e umani della politica assistenz.ialista dei vari governi, centrali e regionali?
Le nostre comunità sono nate
fragili: sorrette da un numero
ridottissimo di laici, però fortemente motivati e pronti a pagare — e hanno pagato — di persona; aiutate da un numero ridotto di pastori, sempre pieni di
buona volontà, ma non sempre
in grado di capire e di reggere
una realtà a volte molto difficile
e, comunque, sempre molto complessa; quasi totalmente prive
di diaconi in grado di condurre
con continuità le numerose ope
Gli evangelici e
la questione meridionale
I primi passi dell’evangelismo nel Sud sulla via della predicazione
dell’Evangelo e dell’impegno per il rinnovamento della società civile
re sociali. Le nostre comunità
del sud sono nate fragili e ancor
più fragili sono oggi, dopo più di
un secolo di vita molto travagliata, ma hanno resistito, e non
sempre grazie a noi, semmai
nonostante noi. Ogni programma di rinnovata solidarietà e di
impegno dovrebbe partire, secondo me, da questa consapevolezza, e dovrebbe essere sufficientemente elastico da adattarsi a situazioni molto diversificate e con tempi piuttosto lunghi.
Non solo, dovremmo anche migliorare la nostra capacità di
comprendere una realtà sociale
e culturale che si è molto modificata e che è diventata moderna
in tutti i sensi (compresi quelli
più negativi), ma che continua
a presentare alcuni tratti specifici. Un solo esempio; è possibile
applicare al sud in modo generalizzato (la differenza tret città
e campagna è ancora notevole)
lo schema della società secolarizzata? E non voglio riferirmi
soltanto ai numerosi santuari e
alla religiosità popolare ancora
molto diffusa (a proposito: chi
continuerà l'opera preziosa di
Miriam Castiglione?), ma anche
al linguaggio teologico in senso
stretto.
Non credo, infatti, che sia indifferente per la nostra predicazione che per definire una persona in genere qui si usi il termine “cristiano", o che nei rapporti personali e sociali si dia
abbastanza per scontata una
qualche credenza religiosa. Forse le analisi interpretative di
Bonhoeffer e di Cox non sono
sufficienti per una società complessa e contraddittoria come
quella meridionale.
Eugenio Bernardini
L’interesse evangelico per l’Italia meridionale inizia indubbiamente molto prima dell’ unità
italiana e già alla fine del sec. 18°
vi erano nellTtalia meridionale
delle colonie protestanti europee
che avevano talora riunioni religiose neH’ambasciata di Napoli.
Già nel 1748 esisteva un nucleo
di francesi ugonotti dediti al
commercio e nel 1784 sappiarno
di protestanti stranieri seppelliti
a Napoli h Al tempo di Carlo III
di Borbone erano stati attratti negozianti e artigiani stranieri e soprattutto svizzeri e tedeschi.
Più nota è la vicenda degli industriali come tale Egg che aveva impiantato una manifattura
nel 1812 a Piedimonte d’Alife e
ohe già nel 1813 aveva attirato
100 correligionari, per insegnare
ai napoletani il lavoro in una
manifattura. Fredrich Morichoeffer aveva tentato di far nascere
a Napoli una comunità CTangelica per stranieri ma ciò sarà
possibile soltanto nel 1826 quando ormai esisteva nel reame una
vasta colonia protestante di origine svizzera-tedesca costituita
da imprenditori con propri opifici che si stabilirono in Campania negli anni immediatamente
posteriori al congresso di Vienna
e ohe dovevano segnalarsi per
esperimenti in campo sociale, come un centro di scuola di apprendistato e avviamento professionale femminile neU’arte del cotone che interessò più di 200 fanciulle all’anno. Si trattava di un
filantropismo che aveva le sue
lontane origini nel pietismo e
nell’ esaltazione della religione
del cuore, così tipica del Risveglio.
Nel 1820-21 un emissario della
Società Biblica Britannica e Forestiera, tale Tartaro, tentava, sia
pure invano, una distribuzione
di Bibbie che veniva impedita
dalla polizia.
Imprenditori
protestanti
Entro il 1860 contiamo ben 5
opifici fondati da evangelici stranieri anche perché il Sud Italia
rappresentava il terreno ideale
per rindustria tessile dei capitali
svizzeri e tedeschi. Gli imprenditori protestanti, non solo furono tollerati, ma stimolati e incoraggiati dalla politica regia e
dallo stesso comportamento personale dei sovrani borbonici; ben
diversamente furono trattati allorché cercarono di costruirvi le
loro chiese e scuole, di manifestare i loro riti, insomma di trapiantare una cultura e una mentalità che trovarono ostili e diffidenti le autorità ecclesiastiche e
in linea di massima le stesse
masse popolari verso cui, mossi
da un atteggiamento pietista,
credevano di dover rendere, attraverso un forte impegno uma
nitario e sociale, quella testimo:
nianza della loro fede che non
potevano dare a parole per la
nota mancanza di libertà religiosa.
Donato Dente nel suo libro
« Comunità e scuole protestanti
in Campania nel XIX secolo e la
tradizione scolastica valdese »,
Napoli 1877, ha dimostrato che il
contadino, trasformato in operaio grazie ai miglioramenti economici, aveva, un complesso di
riconoscenza verso l’imprenditore svizzero, ma che questo non
gli impedì di rendersi conto dei
propri diritti, di partecipare a
scioperi e di porsi così come
anello di congiunzione tra ceti
medi, contadini e braccianti.
Il 12 marzo 1826 il pastore
Adolphe Monod, autore più tardi di uno dei più noti e famosi
libri del Risveglio « Lucilie ou de
la lecture de la Bible », teneva in
casa di una tale signora Falconnet la prima riunione di una comunità evangelica di lingua franco-tedesca, più tardi trasferita
presso la legazione prussiana, che
doveva essere la prima Chiesa
evangelica per stranieri a Napoli
accanto alla comunità anglicana.
Il re di Prussia già il 17 aprile
1827 nominava un cappellano
per gli stranieri di lingua tedesca, tale dottor Bellermann, mentre il giovane Monod in crisi religiosa così comune per gli evangelici risvegliati, si trasferiva a
Parigi e veniva sostituito da un
pastore, Louis Vallei, savoiardo
e cognato del ben noto pastore
valdese Giorgio Appia. Il Vallet
conosceva l’Italia perché era stato precettore del conte Camillo
Benso di Cavour. Durante il suo
lungo pastorato, 1828-1841, nasce
una struttura scolastica ed un
ospedale per cui aveva ottenuto
dalla Repubblica di Berna e da
una colletta pubblica in Svizzera
4.000 fr. Nel 1841, accanto alla
chiesa svizzero-alemanna, vi è
una scuola per ragazzi, una per
bambine, un internato e un ospedale protestante. I membri iscritti alla comunità si aggiravano sui
700 con una frequenza ai culti di
100 unità. Presso Tambasciata inglese intanto esisteva una comunità anglicana e una presbiteriana scozzese che tentò addirittura l’erezione di un tempio destinata però a essere rinviata a
dopo l’unità.
Presso la comunità elvetica,
già da questi anni trovò moglie
e una fede evangelica una nobile
figura di avvocato napoletano,
destinato a segnalarsi nel movimento evangelico: Vincenzo Aibarella D’Afflitto il quale partecipava al movimento liberale e
già nel 1850 era a Genova con il
padre e un fratello e partecipava
alle prime riunioni di quella comunità evangelica tra emigrati.
Ben presto lo raggiungerà il ben
noto Bonaventura Mazzarella da
Gallipoli e nel 1852 l’Albarella
sarà costretto ad andare a Londra, dove sarà tra i molti emi
grati meridionali partecipanti
a « L’Eco del Savonarola » e alla
« Comunità italiana ». Intanto la
polizia, come scriveva il giornale
« Verità e Libertà » che si pubblicava a Napoli nel 1849, non stava
con le mani in mano: « è dovere
del nostro governo — scriveva
tale giornale — ricercare i mandatari delle sette protestanti tra
noi perché è dovere del governo
tutelare la fede più che le sostanze, l’onore, la vita dei popoli a
lui sottomessi » (Verità e Libertà, II, 19, 1849).
Esistono invece, non senza difficoltà, scuole evangeliche aperte
anche a napoletani sia dalla comunità svizzero - alemanna, sia
dalla chiesa di Scozia tramite il
pastore Buscarlet e dalla chiesa
anglicana tramite lo Hamilton.
Con Garibaldi
Trascurando qui la funzione religiosa degli emigrati dal Regno
di Napoli per ragione di fede come TAlbarella D’Afflitto, il Mazzarella, Teodorico Pietrocola Rossetti, per cui invitiamo il lettore
a cercare e leggere gli ottimi libri
dello Spini e del Vinay, segnaleremo la partecipazione di tali
esponenti, tutti appartenenti al
Risveglio, alla preparazione nella
spedizione garibaldina che tante
speranze doveva far nascere per
il rinnovamento deU’Italia meridionale.
Gli anni tra il 1859-61 avrebbero potuto essere a Napoli l’inizio
di una vita nuova e di una società autenticamente rinnovata e
piena di speranze se la miopia
del governo italiano non avesse
troncato -con la fine della luog(>
tenenza indipendente di Napoli,
e con l’annessione pura e semplice del sud al neonato regno
d’Italia, ogni possibilità di rinnovamento.
A questo rinnovaimento e a
questo vento nuovo dettero un
contributo decisivo, come ben ha
dimostrato il Carola nel saggio
citato in nota, gli evangelici, non
solo aprendo scuole che pur furono elemento importante nella
scolarizzazione della città arrivando nel 1865 ad una popolazic^
ne scolastica di oltre 500 ragazzi
assistiti e distribuiti in ivarie
scuole, maschili e femminili,
diurne e serali.
Il contributo evangelico a quella che sarebbe dovuta essere la
nuova Napoli non poteva prescindere daH’annuncio puro e
semplice del Vangelo ohe ebbe
un suo primo momento di richiamo, più anticlericale che autenticamente protestante, con la
predicazione del Gavazzi, del
Pantaleo e dei loro collaboratori
nelle chiese del Gesù Nuovo, il
cui nome fu mutato in Cristo Risorto, e di San Sebastiano. Lo
stesso Garibaldi concedeva alla
comunità anglicana il terreno
Domenico Maselli
(continua a pag. 4)
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Chiese e opere
evangeliche
nel Sud Italia
MONTEFORTE — Nell’Irpinia devastata dal terremoto
dell’80 la Federazione Chiese
Evangeliche in Italia ha costruito un villaggio di 30 case
non limitandosi a darlo alla
popolazione colpita ma animandolo con diverse attività:
un doposcuola, ima scuola
materna (circa 30 bambini),
un ambulatorio medico che
funziona con la collaborazione volontaria di alcuni medici
di Avellino. Un Centro Incontri ospita campi estivi di lavoro e di studio (nella foto),
incontri di comunità della regione, visite di comunità da
altre parti d’Italia.
A Monteforte lavorano due
persone e un obiettore di coscienza.
4
FOGGIA — Fin dal secondo
dopoguerra è segnalata una
presenza valdese in città. Dopo alcuni anni, con l’arrivo
di alcune famiglie orsaresi e
alcuni membri metodisti si
forma una piccola comunità
che oggi è una chiesa in formazione con una popolazione
di una settantina di persone.
Dopo aver avuto per anni un
locale di culto in affitto e,
poi, essere stati ospiti di una
altra chiesa evangelica, si sta
procedendo ora all’acquisto
di un locale adeguato alle esigenze e ai compiti di testimonianza della comunità.
GRO’TTAGLIE — La foto
mostra un particolare di una
agape che si svolge nel locale
seminterrato la sera del 1°
maggio ’84, dopo che, durante il culto, hanno avuto luogo
due battesimi.
Quella di Grottaglie (TA) è
una chiesa particolare, formata in grande maggioranza da
giovani convertiti grazie ad
un lungo, paziente e costante
lavoro di evangelizzazione.
Questo nuovo gruppo si è innestato, sia pure con qualche
difficoltà, sul « vecchio ceppo » della chiesa.
La comunità è ottimamente
inserita nell’ambiente cittadino, ed è punto di riferimento
sicuro per attività di vario
tipo (sociale, culturale, politico, ecc.).
NAPOLI PONTICELLI —
Il Centro Sociale « Casa mia »
è uno strumento di aggregazione per giovani (dibattiti,
cinefórum, ecc.) ed un luogo
di studio per ragazzi delle
elementari e delle medie inferiori. Attualmente frequentano circa 60 ragazzi.
Questa attività non è una
diretta filiazione della Chiesa
metodista, ma in essa hanno
sempre lavorato dei nostri
pastori. Da questo lavoro, lungo e paziente, iniziato nelle
grotte di Napoli nel 1945, oggi si è costituita, a partire
da un nucleo di giovani che
collaborano nelle attività del
Centro, una piccola comunità
metodista.
CASA MATERNA — Sta per
compiere 80 anni di vita e di
servizio, la « Casa Materna »
di Portici (NA). Quest’anno,
80 bambini vi sono stati ospitati come residenti, mentre
altri 300 vi hanno frequentato le scuole.
In una situazione disgregata da sempre, con un tessuto
familiare e sociale assai meno romantico e roseo di quello che si canta nelle canzoni
napoletane. Casa Materna ha
offerto asilo e istruzione, preparando al lavoro e alla vita,
migliaia di ragazzi.
E’ un’istituzione che si inquadra nella struttura metodista e che risponde del suo
operato al Sinodo delle Chiese valdesi e metodiste.
Nella foto, un gruppo di
bambini felici di aver ricevuto un dono da amici olandesi.
ORSARA DI PUGLIA — Nata sul finire
del secolo scorso dalla testimonianza di
un gruppo di emigrati di ritorno dall’America, questa chiesa valdese ha avuto nel
secondo dopoguerra il periodo più fiorente raccogliendo i frutti di una presenza
evangelica e di impegno democratico (la
prima amministrazione comunale del dopoguerra fu tutta composta di valdesi).
Il flusso migratorio ha in seguito ridotto
moltissimo la comunità in mezzo ad una
popolazione dimezzata. Il centinaio di
persone che la compongono continua tuttavia ad avere un importante ruolo nella
vita sociale orsarese.
Nella foto, la facciata del tempio valdese costruito negli anni ’30.
GUARDIA PIEMONTESE
— Nel mese dì settembre 1983,
in concomitanza col gemellaggio fra i comuni di Guardia e di Torre Pellice, ha avuto luogo l’inaugurazione del
Centro di cultura « Giovan
Luigi Pascale », con la partecipazione di tutte le chiese .
dell’Italia tneridionale.
Il Centro si pone al servizio
della popolazione, per lo studio della storia calabrese e
meridionale in genere, con
particolare riguardo alle peculiarità etniche e religiose,
nonché per ospitare cicli di
conferenze e di incontri su
vari argomenti.
Un ciclo settimanale di 10
conferenze è previsto per Testate ’84, con inizio dalla fine
di giugno.
Nella foto, un momento dell’inaugurazione del Centro.
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BETHEL — Si trova nella Sila Piccola, a metà strada fra due Villaggi
turistici, ad oltre 1200 metri sul livello
del mare.
Ne è responsabile un Comitato, nominato dalla Tavola, costituito di rappresentanti delle chiese del circuito e
della Chiesa battista di Reggio Calabria.
La ricettività del Centro non supera
i 30 posti letto, ma i partecipanti ai
campi sono sempre di più, e si deve
far ricorso all'uso di tende.
Vi si realizzano campi (lavoro, cadetti e precadetti, giovanili, ecumenici, famiglie), seminari di formazione e incontri di chiese.
L'interesse maggiore è comunque riscontrato per i campi cadetti e precadetti .
PALERMO — Il tempio, alla cui porta il
pastore saluta i membri di chiesa all'uscita
del culto, è del 1927; ma la Chiesa valdese di
Palermo è tra le più antiche essendo sorta
a seguito dell'opera evangelistica del pastore
Giorgio Appia giunto a Palermo nel 1861.
La comunità attraversò due crisi legate alle due guerre (e durante la seconda il tempio fu danneggiato da un bombardamento
aereo), ma presto si riprese.
Oggi la comunità conta 158 membri che
vivono sparpagliati in una città di 800.000 abitanti e che insieme si sforzano di dare testimonianza al Cristo risorto in ogni campo
possibile.
PACHINO — Ha più di 80 anni l'Asilo infantile di Pachino, fondato pochissimi anni dopo la costituzione della Chiesa valdese (1899) su iniziativa
di un pastore, Giuseppe Banchetti, che
aveva acuto il senso della responsabilità sociale oltre che evangelistica. Oggi l'Asilo ospita 55 bambini in due sezioni e prosegue il suo lavoro in mezzo a non poche difficoltà come opera
centrale di una comunità che dall'emigrazione è stata ridotta a circa 200
persone, di cui un centinaio sono membri, ma che continua a esprimere una
volontà di testimonianza e di servizio
nei confronti della città.
IMPEGNO PER LA PACE — Le chiese evan
geliche della Sicilia sono particolarmente impegnate nella lotta per la pace. La battaglia perduta contro l'installazione dei missili a Comiso
non ha fatto rimpiangere i sit-in, le occupazioni, le marce, le raccolte di firme come tentativi inutili e frustranti.
Nessuno considera sprecato il tempo dedicato alla pace, dal convegno di Pentecoste '82 in
qua.
Esso ha permesso di venire in contatto con
forze diverse, con le popolazioni, con alcuni
gruppi cattolici.
Resta la fiduciosa speranza che la crescita
democratica della gente, la sensibilizza.zione sui
problemi, la controinformazione, potranno, con
l'aiuto di Dio, mutare le cose a Comiso ed altrove.
Nelle due foto Imco Brouwer: referendum
autopstito in piazza a Comiso (estate '83) e
manifestazione a Comiso (dicembre '83).
ADELFIA — Il Centro giovanile sorto sulla riva meridionale della Sicilia, in posizione incantevole, vicino al
villaggio archeologico di Kamarina, ha alle sue spalle più
di un trentennio di attività.
Ne è responsabile un Comitato nominato dalla Tavola
valdese, costituito da rappresentanti delle chiese siciliane,
del distretto e della Federazione Giovanile Evangelica in
Italia.
Attualmente è in fase di attuazione (lenta, secondo la
disponibilità dei mezzi), un
piano di ristrutturazione completa del fabbricato.
CENTRO DIACONALE —
Sorto nel 1959 in un popoloso
quartiere di Palermo — La
Noce — il Centro diaconale,
con le sue moderne e funzionali strutture, è un centro polivalente di sviluppo e promozione umana. Si occupa dei
problemi della natalità, della
disoccupazione e deH'emigrazione, promuove attività culturali, sociali, politiche, senza
timore di affrontare anche
problemi come quello della
criminalità organizzata (mafia). Soprattutto costituisce
un istituto per l'educazione
dell'infanzia fornendo ai fanciulli un'assistenza durante
tutto l'arco della scuola dell'obbligo, dalla materna alla
media, per mezzo di un grup- ■
po di oltre 50 persone a pie- ,
no tempo.
Nella foto, una manifestazione degli alunni dell'Istituto per la pulizia della città.
SERVIZIO CRISTIANO —
E' nota in tutta Europa l'impresa di un gruppo internazionale che dal 1961 si impegna a testimoniare del « mondo nuovo di Cristo » non solo
con parole ma con iniziative
di servizio e di compartecipazione. Una scuola materna e
elementare specializzata nell'educazione alla pace, una
scuola di meccanica, un lavoro sociale e culturale, un centro agricolo, danno alla popolazione di Riesi in forma
nuova quella predicazione che
la città aveva già conosciuto
attraverso le scuole gestite
dalla locale Chiesa valdese
che durarono fino al secondo
dopoguerra.
Nella foto, bambini di 5*
della scuola elementare suonano gli strumenti orff.
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VITA E PROSPETTIVE DELLE CHIESE EVANGELICHE
Valdesi e metodisti neiia
diaspora meridionaie
Con le nostre chiese, le nostre opere e la nostra presenza abbiamo la consapevolezza di essere qui per testimoniare l’Evangelo
Fra i modi in cui è possibile
analizzare questa presenza, vorrei tentare quello della lettura
delle statistiche. Mi rifaccio a
quelle del 1982, e prendo in considerazione tutto il territorio
meridionale, dal Lazio (Roma
esclusa) e dall’Abruzzo/Molise,
fino alla Sicilia.
La « popolazione evangelica »
(cioè coloro che nell’insieme gravitano nell’orbita di queste chiese) è di 4.781 persone, i « membri comunicanti » 2.821, e i « nuclei familiari » 1.688. La prima
deduzione che si può fare è, ovviamente, quella di una realtà
fortemente disseminata.
Diaspora
Disseminata aU’interno delle
famiglie stesse (1,6 comunicanti
in ciascun nucleo familiare; 2,8,
però, se teniamo presente il dato relativo alla popolazione evangelica); ^sseminata all’interno
della società in cui vive (non
tento neppure il rapporto con la
popolazione, intesa come numero ^ abitanti); disseminata sul
territorio (0,046 « evangelici »,
oppure 0,026 « comunicanti » per
chilometro quadrato).
Che fossimo una realtà largamente disseminata (addirittura
dispersa, potrebbe sembrare),
non è una novità. Ma mi piace
ricordare che « disseminazione »
si può anche dire con un’altra
parolar^< diaspora », che in realtà
significa lo stesso, ma che nel
linguaggio della chiesa ha assunto una valenza specifica, che non
risponde tanto a un bisogno di
ottimismo, quanto alla consapevolezza di ima vocazione. Esser
dispersi non significa solo constatare di essere sparpagliati, e
soffrirne; significa avere coscienza di essere dispersi in quanto
seme, gettato in suoli (situazioni) diversi, con l’aspettativa che
dia frutti.
Va anche detto che qua e là
questi semi dispersi si radunano: sono non meno di 60 le località in cui si trovano gruppi,
la cui configurazione numerica
va da quella di piccole cellule a
quella di grandi chiese.
Al servizio in questa realtà si
trovano, fra pastori, evangelisti
e cMdidati, 29 persone, cioè 1
ogni 97,2 membri comunicanti:
decisamente troppi, se i còmpiti
fossero solo « parrocchiali » e se
non si dovesse tenere conto, da
una parte, della « disseminazione» di cui s’è detto, dall’altra,
dello stato frequentemente ottocentesco delle comunicazioni
pubbliche.
I 240 anziani e diaconi, i 78
monitori di scuola domenicale
permettono di parlare di una
realtà in cui non è carente l’impegno dei laici (e parliamo solo
di quelli ai quali è dato questo
minimo riconoscimento statistico).
I contributi alle amministrazioni centrali della Chiesa, nell’anno in esame hanno superato
di qualche spicciolo i 101 milioni, cioè 35.800 lire prò capite
rapportandoci ai membri comunicanti, poco meno di 60.000 lire
per ciascun nucleo familiare.
Non mi sembra possibile commentare queste cifre, in quanto,
all’interno del Meridione, vi sono realtà molto diverse le une
dalle altre.
L’impressione complessiva che
penso si ricavi da quanto abbiamo esposto è quella di una
realtà che non è certamente consistente (e quando mai lo è stata?) dal punto di vista numerico. Noi sappiamo però che la
potenza non sta nel numero:
questo è un mito del quale ci
siamo liberati da sempre. Essa
sta nella capacità che a queste
chiese, piccole e pandi, è stata
data, di essere significative nei
loro ambiti di vita e di azione.
Temprate dalle difficoltà e dalle
persecuzioni passate, falcidiate
dalle emigrazioni, esse hanno saputo resistere; e negli ultimi anni sono decisamente cresciute
nella stima della gente per le battaglie guidate e per gl’impegni
condivisi in favore della libertà,
della giustizia, della pace.
La diaconia
Non si può tacere il grosso im.
pegno di queste chiese in ciò che
il nostro gergo chiama diaconia
e che si può tradurre, almeno
in qualche modo, con « servizio
sociale» 0 impegno nel sociale.
Dalle piccole scuole materne
(Scicli, Pachino, Cerignola, fino
a qualche anno fa Orsara), alle
grosse istituzioni educative (la
Casa Materna di Portici, il Centro Diaconale di Palermo, il Servizio Cristiano di Riesi); dalle
attività culturali e associative
(Villa San Sebastiano e Guardia
Piemontese) alle Case di riposo
(Vittoria) e agli ospedali (condivisione nell’impianto e nella gestione di Villa Betania a Ponticelli); dai centri giovanili (Bethel e Adelfla, per non citare
Ecumene) ai centri sociali più
antichi (Casa Mia, Ponticelli) a
quelli nati e sviluppatisi dopo il
terremoto del 1980 ad opera della Federazione delle Chiese Evan
geliche in Italia, di cui siamo
parte; a finire alle lotte per la
pace e al lavoro di promozione
culturale a vari livelli, tutto ciò
dà Tidea di un impianto colossale, sproporzionato alle nostre forze numeriche e alle nostre possibilità economiche. Eppure questo
impianto esiste, e lo portiamo
avanti per la grazia di Dio che
si manifesta nell’aiuto solidale di
molti fratelli.
Con le nostre chiese, con le
nostro opere, con la nostra presenza, noi abbiamo la consapevolezza di essere qui per testimoniare TEvangelo. Questo non
viene da noi, è il dono di Dio.
E la sua potenza si manifesta
perfetta nella nostra debolezza.
Ipotesi per il domani? continuare a lavorare; aggregare altre persone, non tanto per garantirci un ricambio quanto per accrescere la compartecipazione;
essere modesta ma chiara indicazione del Regno di Dio per
quanti vivono, come noi e con
noi, in una società dimenticata
nelle campagne, disgregata nelle
aree urbane, riscattata solo economicamente e solo in parte dal
progresso industriale. Come faremo non so, non ho ricette. Non
so chi le abbia. Ma la grazia di
Dio ci basta.
Salvatore Ricciardi
I battisti e il Sud Italia
Caratterizzati dalla loro sensibilità verso i problemi sociali, i battisti sono inseriti soprattutto negli strati . popolari della società
Gli evangelici battisti, pur conducendo un’opera proselitistica
ispirata al clima « revivalistico »
del secolo scorso, si sono caratterizzati per la loro sensibilità
verso i pmblemi sociali. Ciò li
ha portati ad attestarsi fra gli
strati popolari dei quartieri urbani come fra le zone sociali delTentroterra, pervase da tensioni
sociali e profonda arretratezza.
Essi hanno partecipato alle lotte delle prime leghe operaie e
contadine, e alle battaglie delle
organizzazioni proletarie e socialiste. Il Battismo ha quindi legato la sua presenza nel Sud
alle lotte per il diritto e i>er la
libertà.
Campania
Il Battiamo si insedia in Campania a cominciare da Napoli,
nel 1887. Il piccolo gruppo costituito dal past. P. E. Jahier si
consolida e si fortifica. Oggi c’è
una chiesa di circa 150 membri,
attiva e vivace in diversi settori,
sia nel campo ecumenico, sia nel
settore deirevangelizzazione.
Nei 1953, hanno inizio in casa
di un missionario americano, R.
Mosher, che vive a Bagnoli, alcune riunioni che fruttano una
piccola comunità, affidata successivamente al past. V. Napoleone, che porta la comunità a un
centinaio di membri, dando avvio nel contempo a un’altra opera di evangelizzazione a Napoli,
nel quartiere delTArenella. Le
due comunità, caratterizzate da
una particolare effervescenza
spirituale e da grande vivacità,
sono forti di circa 300 membri.
La comunità di Pozzuoli sorse
intorno al 1871, per la testimonianza di un colportore metodista, G.B. De Sanctis, che entrò
nella città con un carrello in cui
erano esposte Bibbie e trattati
evangelici. Egli raggruppò una
decina di pèisone, e il lavoro si
incrementò fino a suscitare le
ire e le persecuzioni del vescovo,
mons. De Vivo, in seguito alle
quali i protestanti si dovettero
trasferire in un locale alla periferia della città. Fra i pastori di
Pozzuoli si possono ricordare
Francesco Sciarelli (ex frate garibaldino, organizzatore di leghe
operaie e contadine) e Pasquale
Russo (che vi lavorò dal 1921 al
1964, attraverso difficoltà e persecuzioni di ogni tipo, che mai
fiaccarono la sua fede evangeli
ca). Nel ’64 successe al Russo
l’estensore di queste note, il quale, essendo anche operaio àlTItalsider, fu facilitato nell’aggregare
intorno aH’Evangelo, specie negli anni fra il ’68 e il ’74, giovani
provenienti da esperienze di militala nei partiti della sinistra
storica e della nuova sinistra. Attualmente la comunità, condotta
dal past. M. Aprile, è, come la
città, dispersa su un vasto territorio a causa del bradisismo.
Opposizioni delle autorità civili e del clero ha sofferto anche
la chiesa di Bisaccia (Avellino),
la quale, sotto la spinta del pastore D. Castelluccio, militante
antifascista, poté diventare una
forza significativa nel tessuto
sociale degli anni ’30. L’emigrazione ha falcidiato poi la comunità, che conta oggi una trentina
di membri.
La presenza battista si registra
inoltre a S. Gregorio Magno e a
Senerchia, dove la vita delle comunità è stata segnata, in positivo e in negativo, dal terremoto
dei 1980.
Puglia e Lucania
Nel 1892 un operaio scalpellino
di Altamura, Antonio Cammisa,
tornò dal servizio militare convertito all’Evangelo e recando
con sé una valigia piena di Bibbie. Cominciò a testimoniare la
sua fede presso amici e parenti,
tutti scalpellini come lui, ed ebbe inizio così la presenza protestante nella città. Il gruppo si
riuniva in segreto, nelle case, all’imbrunire, per leggere la Bibbia
e pregare. Anche in questo caso,
la nuova fede veniva a creare le
condizioni culturali per un nuovo approccio col sociale, così
che si poteva costituire la prima
cooperativa di scalpellini. L’incidenza nel sociale degli evangelici battisti altamurani è da tutti
riconosciuta; e largamente note
sono figure come quelle di Paolo e Giovanni Tesoro, Nicola
Scattaglia, Francesco Chironna,
quest’ultimo citato da Rocco Scotellaro nel suo libro « Contadini
del Sud ».
Oltre all’impegno p»er la pace
e alle varie iniziative culturali
nella città, oggi la chiesa di Altamura è anche nota per l’iniziativa della Cooperativa Litotipografica Filadelfia, sorta nel suo
seno, come segno di collegamento fra la testimonianza e l’azione
nel sociale.
Matera è oggi una città sviluppata socialmente, malgrado il
persistere di vecchie contraddizioni. Ancora agl’inizi del ’900, la
vita vi era del tutto insopportabile: tanta povera gente viveva
ancora nei Sassi, grotte del Paleolitico e costruzioni fatiscenti,
in totale abbandono e prostrazione economica e morale. La presenza dei battisti si caratterizzò
come predicazione evangelica e
proposta di riscatto sociale. Particolarmente rilevante la figura
del fratello Lo Perfido, uomo
di cultura, di matrice anarco-socialista, che assunse un ruolo
guida nel movimento cooperativo
materano.
Bella e viva la comunità di
Mottola, discendente da una comunità della Chiesa Libera Italiana, le cui radici affondano nella vicenda risorgimentale. Costituita da patrioti esuli, convertiti
all’estero, essa prese corpo come
comunità evangelica, dopo un
periodo di clandestinità, nel 1865.
Trent’anni dopo, la comunità si
inseriva nella Chiesa Valdese, per
poi passare in quella Metodista
Episcopale. Nel ’36 entrò a far
parte dell’Opera Battista, come
allora si chiamava l’UCEBI.
Una comunità molto sensibile
ai problemi socio-politici, i cui
membri hanno anche ricoperto cariche nelle amministrazioni
e negli organismi sindacali.
Bari, Conversano, Barletta,
Gioia del Colle ed altre località
registrano una presenza battista
più o meno consistente dal punto di vista numerico, ma sempre
attiva e vivace.
Così si può dire delle altre
chiese, in Sicilia e in Calabria.
La predicazione è stata ed è accompagnata sempre da una viva
consapevolezza della vocazione a
non perdere il contatto con la
realtà della vita, ma anzi a portare in essa il fermento dell’Evangelo.
da una corrispondenza di
Umberto Delle Donne
Supplemento del n. 24 del 15
giugno 1984 de « La Luce »,
settimanale delle Chiese valdesi
e metodiste.
Dir. resp. Franco Glampiccoli Reg. n. 176/1960 Trib. di Plnerolo - Stampa: Coop. Tip. Subalpina, Torre Pellice (Torino).
Sped. In abb. post. Gruppo 1“
bIs/70.
Evangelici
(segue da pag. 1)
per la costruzione della chiesa
e, poco dopo, dava l’autorizzazione all’erezione anche della comunità svizzera-alemanna.
Intanto nasceva una prima comunità italiana fondata dal Marchese Vistarmi Cresi mentre il
già noto Vincenzo Albarella D’Afflitto era riuscito a trovare un locale adatto a riunioni di evangelizzazione a San Pietro a Maiella
così che, il 24 novembre 1871,
nasceva un’associazione evangelica che poco più tardi avrebbe dato vita al giornale « La Coscienza » e che vedeva ben 250
persone assistere alle conferenze
deirAlbarella.
In seguito, allontanatosi l’AIbarella D’Afflitto, ci sarà una prima scissione tra l’associazione
evangelica, che diventerà Chiesa
Libera e più tardi Metodista, e
una Chiesa Valdese aperta dal
lavoro di Giorgio Appia. Non possiamo qui occuparci delle lotte
che queste comunità evangeliche
hanno dovuto subire per poter
affermare il loro diritto alla testimonianza. Vorremmo qui aggiungere che un ulteriore contributo fu dato dagli evangelici al
rinnovamento politico, poi interrotto, della città.
Il 3 ottobre 1860 Garibaldi aveva dato il permesso di fondare a
Napoli una società di mutuo soccorso la cui prima riimione fu
tenuta l’8 dicembre sotto la presidenza di Gennaro Rizzo e di V.
Albarella D’Afflitto; quest’ultimo
redigeva uno statuto, per molti
aspetti simile a quello dell’associazione evangelica, anche se la
confessionalità era rigidamente
garantita come pure una struttura fortemente democratica perché il supremo potere risiedeva
nell’assemblea. Fu un’associazione aperta a uomini e donne, imiti
nel nome di Dio, che ben presto
vide restromissione del Rizzo e
dell’Albarella accusati di dare un
indirizzo troppo politico all’associazione. Il 6 agosto 1861 un altro
simpatizzante evangelico, lo Zappetta, redigeva un nuovo statuto.
I circoli evangelici non si limitarono quindi a questo tentativo,
fallito, di un’associazione operaia
che per il Mazzini avrebbe dovuto essere il fulcro della futura
Napoli democratica. Una interessante partecipazione di esponenti evangelici caratterizza la
stampa democratica della città
ed in particolare « Il Nomade »,
diretto da Pietro Sterbino, ohe
era stata una delle cause della
cacciata di Pio IX da Roma nel
1848. A tale giornale collaborava
anche Teodorico Pietrocola Rossetti che aveva fornito il suo contributo alla nuova Italia meridionale con un programma pubblicato sulla « Rivista Contemporanea », organo ufficiale del governo piemontese e che prevedeva un’Italia meridionale protetta
doganalmente, divisa in cinque
regioni autonome; suggeriva il
licenziamento di tutti gli impiegati della burocrazia napoletana e la creazione di fabbriche in
cui assumerli come operai e l’indipendenza dell’Università da criteri politici. Il programma rimase senza effetto per la morte del
Cavour ma rappresenta pur sempre una testimonianza di come
gli evangelici italiani, mentre
pensavano che l’annuncio del
Vangelo creasse l’uomo nuovo e
lavoravano all’educazione delle
nuove generazioni, non cessavano di essere cittadini con un forte impegno per il rinnovamento.
La crudele realtà che vide l’Italia meridionale soffocata, non
può cancellare questa testimonianza che dobbiamo impegnarci
a rinnovare cent’anni dopo.
Domenico Maselli
^ Quasi tutte le notizie contenute
in questo articolo derivano dalla tesi
di laurea di Vincenzo Carola e dai suoi
lavori immediatamente posteriori per
cui rimando il lettore al recente saggio
scritto da tale giovane studioso sull’ultimo numero del « Bollettino della
società di Studi Valdesi » edito a Torre Pellice (Torino).