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Anno 125 - n. 38
29 settembre 1989
L. 900
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
LA SESSUALITÀ’ NELL’ERA DELL’AIDS
LA GUERRA DEI TIR
Un percorso difficile Facciamo come l’Austria
tra paura e distacco
Da quando è sorto, il problema
dell’AIDS costituisce, anche per
le chiese, un nuovo terreno di
confronto sid difficile tema della
sessualità. jVei paesi occidentali
su questo terreno sono nate nuove alleanze religiose (e politiche).
La prima che mi viene in mente
è quella dei fondamentalisti protestanti americani che, per la
prima volta nella storia, fanno
proprie le posizioni della chiesa
di Roma: no al controllo delle
nascite, no all’educazione sessuale, no all’aborto, no al profilattico. E da qui discende una posizione che fa dire che chi s’è preso l’AIDS è perché se l’è voluto,
trasgredendo una morale che,
tutto sommato, vede già il peccato nello stesso atto sessuale. Ha
ragione Furio Colombo quando,
ragionando di cose americane, osserva che «il dramma dell’AIDS
sta mostrando quanto sia dura
ormai la contrapposizione fra interessi religiosi e interessi dello
stato in America, quanto sia forte la saldatura fra l’interpretazione delle Scritture secondo alcune
chiese protestanti e la visione altrettando inflessibile della chiesa
cattolica romana, o almeno di
una parte della sua gerarchia ».
Questo nuovo cristianesimo intransigente, intollerante e fondamentalista, che lancia molti imperativi e nessun interrogativo e
che ha trovato nel papato di Giovanni Paolo II formidabili impulsi ha dimostrato, proprio sulTangosciosa questione dell’AIDS,
di sapere affrontare le prohlematiche sessuali soprattutto negandole.
Forse a rilanciare, oggi, un dialogo tra sordi su un problema
che in genere si tende ad evitare
(soprattutto in ambienti ecclesiastici) potrebbe contribuire il recente documento di studio pubblicato dal Consiglio ecumenico
delle chiese (CEC) — dal titolo « Vivere in armonia con Dio
e con il prossimo » — che tocca
molti temi legati alla sessualità
(come il divorzio, la violenza domestica, l’omosessualità, il celibato, l’aborto, l’AIDS...).
Già nel 1983 l’assemblea generale del CEC aveva richiesto una
analisi approfondita di come le
chiese vivono l'educazione e la
« cura d’anime » intorno ai temi
della sessualità. Nel frattempo,
una quarantina di chiese hanno
fornito le informazioni necessarie per costruire questo nuovo
documento che, tra le altre cose,
sottolinea una prima tendenza
generale : « Le donne reclamano
un generale cambiamento dei
comportamenti, delle leggi e delle abitudini nella prospettiva
che conduce ad una piena parità
c dignità di tutte le persone ».
Nel documento si parla dello
sfruttamento della sessualità. Essa diviene un veicolo abilmente
pilotato dai mass media che l’associano, in molti casi, alla violenza e alla brutalità. Non sia•uo di fronte ad un pronunciamento del CEC sul problemi delia sessualità, ma piuttosto ad un
tentativo di mettere a confronte punti di vista maturati in ambienti ecclesiastici di diversi pae*1 e tradizioni cristiane.
La tragedia dcU’AIDS ha con
tribuito ad irrigidire posizioni di
condanna e di rifiuto nei confronti di chi ha una morale diversa. Ma al cristianesimo che
condanna si contrappone un cristianesimo che vuole prima di
tutto capire e dialogare.
Il tema della sessualità è una
di quelle questioni che troppo
spesso vengono rapidamente rimosse o risolte con facUl slogan
(pena poi imboccare rovinose
scorciatoie o soluzioni che contraddicono in pieno la visione
teorica del problema). Ma il coraggio di affrontare ogni aspetto
della vita — e quindi anche quello sessuale — alla luce della parola liberatrice di Cristo non può
farsi condizionare dai due estremi: la morale sessuale fondata
sulla paura oppure la semplificazione dell’etica sessuale a quattro formulette teoriche.
La linea intransigente lasciamola a chi ha fatto voti di castità. Per tutti gli altri, che rappresentano pur sempre la maggioranza, apriamoci al dialogo senza pregiudizi e senza dimenticare di essere solidali con chi sta
pagando con il prezzo della propria vita una particolare morale
sessuale.
Giuseppe Platone
Il sistema dei trasporti italiano rischia di diventare il collo di bottaglia che impedirà il perpetuarsi del trend di sviluppo dell’economia
La guerra di indipendenza dei
Tir daH’Austria è finita. Gli autocarri hanno abbandonato Tassedio del Brennero accontentandosi delle promesse del ministro Bernini. Gli ecologisti, scoprendosi amici di Cecco Beppe,
hanno gridato « ha ragione l’Austria » e, Subito, sono stati indicati come nemici della patria.
Lo sviluppo economico italiano
ha necessità di trasportare la
merce oltre frontiera e l’unico
mezzo per farlo sono i Tir, ci
hanno detto le gazzette nostrane.
Così, alla fine di quest’estate,
abbiamo tutti preso coscienza di
un problema vitale per il nostro
futuro. L’Italia, sesta potenza
economica del mondo, alla vigilia dell’apertura del mercato unico europeo può rischiare il collasso a causa di una mancata
politica dei trasporti.
11 premio Nobel per Teconom.ia Wassily Leontieff aveva calcolato, te?npo fa, che la domanda di trasporto in Italia crescerà nei prossimi dieci anni del
63% e del 130% nel 2015 ed in
particolare che i movimenti di
import-export su strada attra
Sui binari dovranno passare 8 milioni di tonnellate di merci l’anno.
verso i valichi sono destinati ad
aumentare rispettivamente del
100% nel 2000 e del 200% nel
2015.
In questo scenario « occorre
intervenire — aggiungeva LeontiefF — in modo sistematico per
DAI CULTI MATTUTINI AL SINODO
Quando Dio visita
« Vi è forse qualche cosa di impossibile per il
Signore?» (Gen. 18: 14).
All'inizio del Sinodo vogliamo esaminare insieme il nostro modo di essere chiesa, che è espressione del nostro essere cristiani.
Ci orientiamo per questa riflessione di starnai
tina con il racconto che troviamo in Genesi 18.
Vicino alla quercia di Mamre troviamo Àbramo
che ha stabilito là il suo accampamento. E’ una
giornata calda. Sta davanti alla sua tenda e si è
Un po’ assopito. Alza lo sguardo e scorge tre viandanti, tre uomini si stanno avvicinando alla sua
tenda. Balza in piedi e dà il benvenuto.
« Fermatevi! » « Accomodatevi all’ombra della
quercia! » Fa portare l’acqua per lavarsi e ristorarsi. « Posso offrirvi qualcosa da mangiare? », « Rimanete per mangiare, vero? ». Scatta tutta la sua
ospitalità orientale.
Ora fa preparare focacce, panini e involtini.
« Sara, prendi un quintale di farina, impasta e
prepara! ». Va poi a scegliere un bel vitello e lo
fa ammazzare c cucinare per i suoi tre ospiti. Intanto porla il latte cagliato e il burro.
Mentre Abramo sta servendo i suoi ospiti imo
si informa di Sara. « Fra un anno passerò e tua
moglie avrà dato alta luce un bimbo ».
Nella tenda Sara, che ha sentito tutto, scoppia
a ridere: « Che idea, potrei essere nonna! Non sono pili nel fiore dei miei anni! Anche Abramo non
è più quello di una volta, è vecchio; avremmo
un ritorno di fiamma? Alla mia età, questa speranza non l’ho più da un pezzo ».
C’è forse qualcosa che sia troppo dilficile a
Dio? chiede l’ospite. Tra un anno passerò e Sara
avrà, un figlio.
Non somigliamo noi spesso, come chiesa, a questi due anziani spasi senza figli? Abramo e Sara
si cono.scono; bastano poche parole per intendersi; i discorsi sono un po’ esauriti; spesso bronto
lano; sono rassegnati, litigiosi, .sempre nello stes
so tran tran. Gli anni si fanno sentire; molto lontanamente c’è la promessa di Dio-, farò di te una
grande nazione.
Si preoccupano per loro stessi. In quale Asilo
andremo a finire? .si chiedono. Si fanno fare il
check-up, non hanno più grandi progetti, i loro
entusiasmi sono limitati. Non hanno nessuna visione per il futuro e si ricordano volentieri dei
vecchi tempi. Si accontentano di ciò che hanno
e cantano « la gioventù non torna più ».
Non ci mettiamo noi a ridere increduli di fronte a idee e progetti? « Ma va là! » diciamo di fronte ad una visione per il futuro. « Con i nostri mezzi limitati! ». In quanto aU’ospitalità si accendono
gli entusiasmi come per Abramo, che non conosce
più. misure né limiti. E’ un ospite generoso, come
piace esserlo anche a noi.
Il viandante non chiede solo ad Abramo, chiede anche a noi: C’è forse qualcosa che sia troppo
difficile a Dio? Vorremmo rispondere: « No, ma... ».
.Niente ma! Per l’amore non c’è età! Per essere
strumenti di Dio non c’è limite, se non queiìo
che mettiamo noi!
Così non osiamo né crederlo, né sperarlo!
.4 Dio niente è troppo difficile! « A Dio ogni
cosa è possibile! », dice Gesù Cristo. Dio si sceglie
come suo popolo Israele, un popolo di schiavi.
Gesù Cristo è morto in croce ed è risorto a Pasqua! La comunità primitiva è formata da emar
ginati. I discepoli: dei pescatori e degli operai,
persone così poco idonee per questo compito —
noi non li avremmo consacrali! — eppure l’Evangelo è giunto fino a noi.
Impariamo a guardare al futuro precario e
compromesso con fede magari anche con la risata di Sara, che si dovrà ricredere. Un anno più
tardi è nato Isacco, figlio del contenne Àbramo.
Cosa nascerà dal nostro ritrovato amore? Che vita ci potrà essere fra un anno nelle nostre strutture un po’ invecchiate? Nuova vita?
Siamo qui per esaminare, approvare, discutere
e decidere, dare delle direttive alla Tavola ed alle
chiese.
Che non ci venga meno l’amore per Dio e per
il nostro prossimo! L’amore per la nostra chiesa.
L’amore per la chiamata che Dio ci ha rivolto.
O ci viene da ridere? A Dio niente è troppo difficile! Christian Gysin
evitare che i trasporti possano
diventare un vero e proprio ’’collo di bottiglia” dell’economia italiana ».
Leontieff suggeriva ancora di
spostare verso la ferrovia e il
trasporto marittimo almeno 8
milioni di tonnellate annue di
merci ora trasportate su strada.
Si tratta in pratica di raddoppiare Fattuale capacità di trasporto delle ferrovie.
Sulla base di questo e di altri
studi, il Parlamento italiano aveva approvato la riforma delle
ferrovie. Si era deciso di farle
diventare un ente autonomo capace di utilizzare al meglio e
con efficienza le possibilità offerte alle imprese dal diritto privato. I risultati sono stati disastrosi. Il nuovo Ente ferrovie,
ancor più lottizzato nei vertici
dal sistema politico, è stato incapace di spendere i soldi che
10 stato gli ha messo a disposizione. Sono 50.000 i miliardi che
le ferrovie hanno avuto in questi ultimi 5 anni. Di questi solo
18.000 sono stati spesi o impegnati, gli altri 32.000 costituiscono i residui passivi.
I programmi di adeguamento
della rete sono stati realizzati
al 18% del previsto, quelli per
11 materiale rotabile vanno un
po’ meglio, siamo al 40%.
Mentre in Francia la velocità
commerciale delle merci è di
160 km/h in Italia siamo ad una
media di 40 km/h, con una punta massima di 48 km/h. Per
quanto riguarda poi il traffico
passeggeri, il treno li trasporta
alla velocità massima di 89 km/h
In questa situazione l’Ente ferrovie ha sempre parlato di programmi per « l’alta velocità »,
cioè di standard di trasporti che
dovrebbero aggirarsi dai 160
km/h per le merci ai 250 km/h
per i passeggeri.
L’attenzione è stata portata su
nuovi grandiosi progetti e dal
punto di vista della gestione si
è parlalo .semplicemente di una
razionalizzazione, tagliando i rami secchi ed abolendo di fatto
il piccolo trasporto merci.
Si sono così aperti contenzio
si enormi con le popolazioni inGiorgio Gardiol
(continua a pag. 2)
2
commenti e dibattiti
29 settembre 1989
LA ’’GRANDE” CIOV
E IL CEO
Caro Direttore,
affrontando, almeno a livello di documenti preparatori della discussione
sinodale, il discorso riguardante i rapporti tra la CIOV II CEO e l’ARIS ed
in generale quello relativo alia strategia della Chiesa In tema socio-sanitario, mi sembra che sia stata fatta, diciamo così, un po' di confusione e che
il problema non sia perfettamente a
conoscenza dei più.
Siccome lo reputo invece un argomento molto importante nel quale gli
ospedali evangelici in Italia sono coinvolti da molti anni, ritengo opportuno
fare un po’ di cronistoria per cercare
di illustrare il problema e puntualizzare la situazione.
Innanzitutto, chi sono la CIOV, Il
.CEO e l'ARIS.
La CIOV (lo sanno tutti) è l’Istituto
autonomo nel quadro dell’Ordinamento
valdese che ha soppiantato la Fondazione (Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza) Ospedali Valdesi di
Torre Pellice e Pomaretto (2° comma
dell’art. 13 della legge 11.8.84 n. 449).
Avendo conservata la personalità giuridica. la CIOV dovrebbe essere qualificata quale Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto.
Il CEO è il Coordinamento Evangelico Ospedaliero; organismo che coordina l’attività degli ospedali evangelici esistenti in Genova, Napoli, Pomaretto, Torino, Torre Pellice (vedi anche
artt. 7 e 14 della legge 449/84) in base ad una convenzione sottoscritta dai
predetti Enti.
Al CEO aderisce la Tavola Valdese
(art. 8 della convenzione) ed esso è
aperto anche ad altri Istituti ed Enti
evangelici aventi finalità socio-sanitarie (art. 7).
L’ARIS è invece l’Associazione del
Religiosi Istituti Socio-sanitari cattolici che, prima, dipendeva dalla Sacra
Congregazione dei Religiosi e, in seguito, in base al nuovo Statuto in fase
di approvazione, dipenderà dalla CEI
(Conferenza Episcopale Italiana).
L’ARIS raggruppa — per sezioni —
ospedali classificati (per circa 10,000
posti letto): case di cura (per circa
12.000 posti letto); n. 5 istituti scientifici; n. 77 centri di riabilitazione.
Aderiscono all'ARIS l’Ospedale Valdese di Torino, l’Ospedale Evangelico
Internazionale di Genova e l’Ospedale
Villa Betania di Napoli.
Il Direttore amministrativo del Valdese di Torino e il Direttore amministrativo deirO.E.I. di Genova sono i
delegati regionali dell’ARIS in Piemonte e Liguria e fanno parte del
Consiglio di presidenza nazionale dell’Associezione.
Fatte le debite proporzioni fra i due
organismi (in fatto di dimensioni e
quindi di potere di tutela degli interessi degli associati) Il CEO ha, fino
ad ora, sempre goduto di autonomo
riconoscimento anche a livello di Ministero della Sanità, tant’è che I suoi
rappresentanti hanno partecipato alla
stesura e sottoscritto, presso il Ministero, schemi di convenzioni nazionali
o accordi sulle rette in favore delle
case di cura insieme con l’ARIS e con
pari dignità.
'Il CEO è quindi un organismo di
coordinamento che non soffre di alcun problema di dipendenza (dall’ARIS) e non necessita di conseguenza di nessuna opera di » autonomizzazione » (dall’ARIS).
E’ vero invece che, in considerazione della possibilità di collaborazione
nel comune spirito di servizio, si è
sempre ritenuto opportuno che alcuni
nostri ospedali aderissero all’ARIS e
partecipassero alla vita dell’Associazione, anche al fine di una più efficace
azione comune di salvaguardia in occasione dell’emanazione di leggi e/o
disposizioni amministrative in materia
sanitaria.
Anzi, nella convinzione che tali rapporti dovessero in qualche modo essere meglio formalizzati, nella riunione del CEO tenutasi il giorno 6 aprile
u.s. nei locali della Tavola a Roma,
si decise di inviare una lettera ufficiale al presidente dell’ARIS, padre
Rizzo, per verificare la disponibilità
dell’Associazione a valutare una ipotesi federativa tra CEO ed ARIS.
In tale prospettiva era stato ritenuto però indispensabile riprendere una
ipotesi di potenziamento del CEO per
farne il polo di tutto II settore sociosanitario.
Fu all’uopo nominata una commissione (Ramella, Mathieu, Ribet, Taccia,
Giuliani) con il compito di approfondire Il problema suaccennato.
A questo punto sono rispuntate le
perplessità:
— è la CIOV che deve assorbire le
competenze del CEO;
— non è quindi il CEO che deve essere potenziato ma la CIOV;
— assumiamo la segretaria, non as
—
delle valli valdesi
settimanale delle cblese valdesi e metodiste
Direttore: Giorgio GardioI
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Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato. Adriano Longo. Plervaldo
Rostan
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Pellice - telefono 0121/932166
Il n, 37/89 è stato consegnato agli Uffici postali di Torino il 20 settembre
e a quelli delle valli valdesi II 21 settembre 1989.
Hanno collaborato a questo numero: Dino GardioI, Giorgina Giacone, Luigi Marchetti, Paolo Ribet, Claudio Rivolta, Aldo Rutigliano, Liliana Viglielm'o.
sumiamo la segretaria ecc., ecc.
Nessuno pensa di negare che lo
Statuto della CIOV prevede che detta
Commissione provveda aH’amministrazione di istituti ed opere nel settore
socio-sanitario ad essa affidati dal Sinodo; sono però passati 4 anni e la
CIOV non dà segni di vita in merito.
Il CEO d'altronde è nella situazione
di colui che sente dire: « Partiamo,
partiamo » e non si parte mali
A questo punto, secondo me, il rischio concreto è che mentre la « mega/CIOV » tenterà di risolvere il dubbio amletico « essere o non essere »,
il CEO si dissolverà per logoramento,
con una perdita di potenzialità sia
professionali che economico-organizzative.
Luciano Giuliani, Genova
IL RIGRAP
A SIBAUD
Signor Direttore,
rispondo alla lettera pubblicata sul
n. 34 del r.9.89, avente come titolo
» Ouella strana sigla » e firmata da
Monica Natali, Sandro Paschetto, Paola
Geymonat e Angelo D’Amore.
La sigla RIGRAP non è né strana
né “ ermetica ». E’ una sigla semplice
e chiara, formata dalle iniziali di ■■ Ripercorrere il Glorioso Rimpatrio a
piedi ».
Quali polemiche avrebbe provocato?
Di quale natura? Quali persone avrebbero partecipato a queste fantomatiche
e fantasiose polemiche? A me non risulta nulla di tutto ciò. Non c’è stata
nessuna polemica perché i promotori
del RIGRAP sono persone oneste, per
bene, serie e moralmente pulite e cristalline.
Il RIGRAP ha organizzato un viaggio commemorativo, storico e turistico, non un pellegrinaggio religioso.
Il nostro statuto recita: « Il Comitato non persegue alcuna finalità di lucro, politica 0 religiosa» (art. 2).
« Il Comitato ha lo scopo di promuovere iniziative tendenti a commemorare l'avvenimento della storia del
popolo valdese denominato ”11 Glorioso Rimpatrio”» (art. 3).
Sandro Paschetto era ed è a conoscenza di tutto questo, sapeva benissimo che nessuno di noi era in grado
di apportare un significato religioso al
Glorioso Rimpatrio 1989, avendo apposto la propria firma all’atto notarile.
Sandro Paschetto, durante le rare
riunioni di comitato alle quali ha partecipato, non ha mai sollevato la necessità, il desiderio, la volontà di dare al viaggio anche un senso religioso. Nelle poche decine di parole pronunciate ha solo espresso II suo parere su problemi tecnici e parlato del
suo compenso come guida, concordando un forfait globale di L. 2.000.000.
Questo argomento poco « glorioso »
ma molto vantaggioso effettivamente
ha dato il senso « mercenario » della
sua personale partecipazione al Glorioso Rimpatrio 1989. E’ stato l’unico
a pretendere una retribuzione, nessun
altro ha vissuto questo avvenimento
glorioso del popolo valdese in chiave
cosi squisitamente « economica ».
Il suo comportamento, in quanto guida ufficiale, quello sì è stato poco
professionale, poco serio e soprattutto
ridicolo: quel tenersi per mano, quegli
abbracci ridicoli ed esagerati, quella ostentazione di un innamoramento, quello sguardo perso nel nulla: non solo
ha perso la testa, ma anche la strada!
Sulla « professionalità » della guida
e sull’uomo Sandro Paschetto avrei
molto da dire, cosa che non mancherò
di fare a quattr’occhi.
Fio incontrato per la prima Volta il
signor Angelo D'Amore il 26 febbraio
1989 nella sede del CAI a Torre Pellice,
dove non chiese se ci sarebbe stato
un pastore, o se ci sarebbero stati
culti 0 momenti di raccoglimento o di
lode al Signore, ma chiese se per
un gruppo familiare composto da 4
persone ci sarebbe stato uno sconto.
Sconto che abbiamo senza alcuna esitazione concesso. Angelo D’Amore, la
prima sera a Messery, il 2 agosto 1989,
propose di dire qualche parola di ringraziamento al Signore prima di cenare. Disse queste parole nel massimo silenzio, con il rispetto di tutti
quanti. Non fu disturbato, non fu criticato, la sua libertà di pensiero e di
verbo venne rispettata da tutti. Poi
tacque. Non disse mai più nessuna
preghiera di ringraziamento prima di
cena. Se voleva continuare, chi glielo
avrebbe impedito?
Viene affermato nella lettera citata
che a Sibaud furono cantate canzoni
da osteria.
• Il primo canto fu un inno: il Giuro
di Sibaud, cantato con II massimo rispetto anche dai non credenti, non
valdesi e laici, in piedi.
Poi cantammo la canzone del RlGRAP, una deliziosa, innocente, carinissima canzoncina composta e inventata dai bambini partecipanti.
Poi cantammo nobili canzoni degli
alpini e le canzoni che si cantano in
montagna. Ma quali sono queste orribili canzoni da osteria? Riconosco
una mia grave lacuna: io non vado nelle osterie perché sono astemio.
Concludo questo mio intervento: non
mi piacciono le persone che non fanno
nulla e poi criticano chi ha fatto qualcosa, detesto profondamente ohi con
mezze verità, con parole equivoche e
piccole bugie semina zizzania e dubbi, lancia la pietra e nasconde la mano; mi disgustano le critiche non indirizzate direttamente, e questi sono
i sentimenti che ho provato e provo
nei confronti delle quattro persone
che hanno firmato II loro ■■ lamento »
di Sibaud. Tranquillizzatevi, firmatari
della lettera! Il nostro Rimpatrio non
è stato affatto glorioso, ma è stato
bello, caloroso, pieno di gioia, di allegria, di buonumore; abbiamo visto e
attraversato montagne, laghi, ruscelli,
paesi di infinita bellezza, abbiamo vissuto un viaggio umanamente positivo
che ha dato a molti di noi tanta felicità e intime, profonde emozioni e
commozioni.
Una commemorazione degna di essere vissuta, fra le più positive; e
resterà tale, malgrado il finale calice di
veleno che voi avete offerto.
Mi sarei aspettato una critica da
parte di qualsiasi persona: mi ha invece indispettito e addolorato la coltellata dataci nella schiena da Sandro Paschetto, membro promotore dei
comitato RIGRAP.
Carlo Bàchstàdt-Malan,
Luserna S. Giovanni
I GIOVANI
AL CULTO
Mi sono reso conto di come l'immagine dei giovani della nostra generazione non sia di completo gradimento ad alcuni membri della mia comunità.
In occasione di un cosiddetto « culto speciale » mi è stato chiesto di leggere un brano biblico e, consapevole
deH'importanza della partecipazione attiva e diretta dei giovani alla vita della Chiesa, ho dato la mia disponibilità.
Purtroppo la mia buona disposizione
di spirito è stata inficiata da osservazioni che mi sono state fatte per
gli abiti che indossavo II giorno precedente, per la' barba ed i capelli
lunghi che mi rendevano un giovane
dall'aspetto » poco dignitoso ».
Ciò di cui mi sono però più rammaricato è stata la deludente considerazione, espressa poco prima del
culto da un membro della nostra comunità in merito al mio abbigliamento,
carente di cravatta e calzini, definito
pertanto « indecoroso nei confronti
del Signore ».
Fio sentito una mancanza di rispetto
nei miei confronti perché non mi sentivo né ipoco dignitoso, né indecoroso.
Non mi risulta che, secondo il pensiero riformato, il tempio sia più sacro
di altri luoghi, né che il culto protestante, nato come una spontanea manifestazione di fede, debba diventare
un « rito ufficiale » in determinate occasioni né, tanto meno, che il decoro durante II culto suddetto si misuri più dall’abito che dalla riflessione
interiore del credente.
Ritengo, e ne sono estremamente
convinto, che il ■■ decoro nei confronti del Signore » (come è stato definito) si possa esprimere meglio con
il rapporto che si ha con II Signore
inteso come testimonianza di vita coerente con la propria fede.
Per quanto continui ad essere importantissimo per me vivere la mia
fede nell’ambito della Chiesa di cui
faccio parte, vorrei invitare ciascuno a
riflettere se, per caso, dietro alla defezione di molti giovani e alle fratture fra generazioni, ci possano essere stati (o ci potranno essere) anche
simili malintesi, analoghe o diverse
espressioni di incompatibilità o di incomprensione nei confronti dei vari
modi in cui ciascuno deve poter essere libero di vivere la propria identità di credente.
Luciano Kovacs, Torre Pellice
Mi SONO
SBAGLIATO
Caro Direttore,
durante una mia recente allocuzione
al Sinodo ho commesso un errore:
la cifra raggiunta dalle offerte delle
nostre chiese a favore dell’Armenia
ammonta a 135 milioni, e non a 120
come ho erroneamente detto. Ti accluao la lista completa dei doni, in
modo che la loro pubblicazione, già
felicemente iniziata sul supplemento
al giornale, possa continuare.
Colgo l’occasione per segnalarti che
in occasione della recente visita di
Cossiga alle Valli anche la Federazione era ufficialmente rappresentata: faccio questa precisazione non per puntiglio burocratico, ma perché la FCEI
ha valutato positivamente questa visita e, nei limiti delle sue competenze,
vi ha collaborato Volentieri.
Giorgio Bouchard, Roma
AL SINODO C’ERA
ANCHE « L’UNITA’ »
Caro Direttore,
leggo sul n. del 15.9.89 nell’articolo
« A colloquio con i giornalisti » che
tra le testate indicate non è stata
citata « L’Unità ». Essa era invece rappresentata ai lavori del Sinodo e del
XXIX Cosvegno storico, che ha seguito quotidianamente con la pubblicazione di nove servizi nelle pagine nazionali.
Piera Egidi, inviata per « L’Unità »
Facciamo come l'Austria
(segue da pag. 1)
teressatc, e non si è alFfrontato
decisamente il problema dell’esercizio attuale: con semplici miglioramenti negli standard di
servizio si può passare da una
velocità di 40 km/h per le merci a 60 km/h, da 89 km/h a 110
km/h per i passeggeri, senza
grandi investimenti.
.Sta di fatto che in questa situazione la ferrovia — se non
cambieranno le volontà e le capacità politiche — servirà a ben
poco.
Le strade saranno sempre più
intasate. Soprattutto quelle del
nord Italia, in cui sarà concentrato il 60% del traffico. Già oggi siamo al collasso. I valichi
sono saturi e, soprattutto, ne
Austria né Svizzera vogliono diventare corridoi di traffico e perciò hanno adottato misure restrittive.
Faremo nuovi trafori, nuove
autostrade? Al raddoppio del trasporto si risponderà col raddoppio delle autostrade e dei trafori? E’ una possibilità alla quale
però non crede neanche il più
convinto dei supporter dell’autostrada. Il nostro paese, che ha
già oggi il maggior rapporto tra
sunerficie del suolo destinata a
strade e quella destinata all’agricoltura, non può ulteriormente aumentare tale rapporto.
I sindaci che vogliono « fare
come l’Austria » sono un bel numero e le limitazioni al traffico
dei tir sono già numerose anche nelle regioni del nord Italia.
La realtà che dovremo fronteggiare nei prossimi anni sarà
quella di nuove difficoltà nella
vita di tutti i giorni.
Difficoltà di vita generate da
un sistema di produzione delle
merci che diventa sempre più
irrazionale e assurdo.
Giorgio GardioI
3
29 settembre 1989
prospettive bibliche
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
La rottura con il passato
Luca 16: 16
Nell’itinerario del Rimpatrio — che abbiamo ripercorso quest’estate, chi idealmente, chi fisicamente nella spedizione del
RIGRAP — eccoci all’ultima tappa: Sibaud. Certo la fatica dei valdesi rientrati
300 anni fa non è finita a Sihaud. Sono
continuate dure e buie le giornate della riconquista, attraverso l’autunno, l’inve.rno
dell’assedio... Ma dell’89 e della marcia a
tappe forzate, la giornata di Sibaud segna
il culmine, è una svolta decisiva. A Sibaud
i valdesi rinserrano le file e cementano un
rinnovato patto di unione col giuramento
di Sibaud.
Negli ultimi giorni si erano prodotti pericolosi strappi nel tessuto della spedizione.
A Massello le diserzioni. 11 sabato 31 agosto, il saccheggio di Bobbio; Arnaud nota: « Il faut avoiier ici à la conjusion des
vaudois ». La coesione di quello che Tourn
ha chiamato l’esercito dei santi rischia di
andare in pezzi. Il pomeriggio della domenica 1° settembre avviene il rinnovamento
solenne del patto di unione, il giuramento.
Ma la mattina, come tutte le domeniche,
i soldati valdesi tengono il loro culto. Tocca al past. Moutoux che, stando in piedi su
una porta appoggiata a due rocce, predica
su questi prati ai valdesi.
Arnaud annota che « il fit une très belle
prédication » e riporta, in francese, il testo
biblico che abbiamo riletto stamattina: « La
loi et les prophètes ont duré jusqu’à Jean;
depuis ce temps là le Règne de Dieu est
évangélizé, et chacun le force ». « La legge e
i profeti hanno durato fino a Giovanni; da
quel tempo è annunziata la buona novella
del Regno di Dio, e ognuno v’entra a
forza ».
Quali connessioni abbia espresso il pastore Moutoux tra la situazione dei valdesi
in armi che erano rientrati a forza nelle loro valli e questo difficile testo che parla di
un « entrare a forza, violentemente » nel
Regno di Dio, non ci è dato sapere, non resta nulla. Quello che resta di quella mattina di 300 anni fa è questo testo biblico con
cui non possiamo non confrontarci nel nostro scrutare il passato per capire il nostro
presente in uno spirito di preghiera alla
luce della Parola di Dio. Vorrei cercare di
farlo con tre riflessioni.
Lo spartiacque
di due epoche
La prima riguarda il carattere di rottura di questo testo. Fino a Giovanni la legge e i profeti; da allora in poi è annunciata la buona novella del Regno di Dio. Il
Battista è lo spartiacque di due economie,
di due modi di essere, di due rapporti con
Dio. Gesù parla ai Farisei tenacemente aggrappati alla legge e dice loro: legge e profeti fino a Giovanni; ma dopo c’è l’annunzio del Regno. Sappiamo che Gesù ha pronunciato parole di continuità con la legge.
Luca ne riporta una subito dopo questo testo per bilanciare: « Più facile è che passino cielo e terra che un apice solo della
Isgge cada » (v. 17). « Non pensate che io
sia venuto per abolire la legge od i profeti...; io sono venuto per compire » (Mtt.
5: 17), ecc. Ma ci sono anche parole di
rottura con la legge, o con una riduzione
e un travisamento della legge che trasfortna la legge in una tradizione che annulla
il comandamento di Dio (Marco 7). E ricordiamo il sermone sul monte: « Voi avete
udito che fu detto... ma io vi dico... ». Questa è indubbiamente una parola di rottura
che doveva suonare blasfema agli orecchi
dei Farisei: la legge e i profeti fino a
Giovanni - chiuso. Da allora in poi il Regno di Dio annunziato, evangelizzato.
In questo anno del 3” centenario del Ritorno noi abbiamo sottolineato la continuità col nostro passato pur nelle situazioni
diverse. Abbiamo scavato nel passato di
300 anni fa come in quello di 100 e 50
nnni fa; abbiamo messo in luce pezzi della
nostra identità; abbiamo affermato giustamente — in polemica con chi guarda con
sospetto o disprezzo alla storia — che
« solo i barbari non hanno memoria »; ab
II testo ohe pubblichiamo in questa pagina è quello della predicazione
tenuta dal pastore Franco Giampiccoli, moderatore della Tavola valdese, a Sibaud la domenica 10 settembre, giornata conclusiva delle celebrazioni del « Glorioso Rimpatrio». (red.)
biamo ricevuto, in giornate come il XV agosto a Balziglia, il 20 agosto a Nyon, il 27
agosto qui a Sibaud, il 3 settembre a Torre
e S. Germano, un nutrimento spirituale, un
approfondimento della nostra identità e della nostra vocazione. Tutto bene. Ma ora,
giusto al termine di queste celebrazioni lisce, piane, all’insegna della continuità, ci
imbattiamo in un testo di rottura col passato.
Questa rottura e il suo spartiacque, il
Battista, che sta alla frontiera tra Antico e
Nuovo Patto erano chiari nella predicazione di Gesù. Lo erano ai valdesi di 300
anni fa?
Erano consapevoli della rottura tra passato e presente e quale fu per loro lo spartiacque? Il raduno nella foresta di Prangins? Il passaggio del lago? Q quello del
colle del Pis? Q quella giornata sui prati di
Sibaud in . cui una pagina doveva essere
irrimediabilmente voltata e un appello veniva rivolto loro perché con gioia e coraggio aprissero una nuova pagina per l’ingresso nel Regno di Dio?
Le rotture
necessarie
E la rottura di questo testo, e il suo
spartiacque, sono chiari a noi, valdesi, metodisti ed evangelici del 1989? Può essere
che questa estate di celebrazioni sia lo spartiacque che rompe tra un passato di inerzie
e tradizionalismi e un futuro straordinario
che si apre davanti a noi?
— C’è tra noi chi ha sostituito la tradizione alla fede, chi è interessato a ripercorrere il cammino della storia ma non il
cammino del discepolato al seguito di Gesù.
— C’è tra noi chi ha diluito la carica
dell’Evangelo che mette in crisi resistenza
di ciascuno in una critica che mette in questione le strutture della società senza toccare i singoli, che possono tranquillamente
adagiarsi in un comportamento che ha
sempre meno i tratti dello « straordinario »
che Gesù mette davanti ai suoi discepoli
nel sermone sul monte.
— C’è tra noi chi ha progressivamente
sostituito alla vitalità imprevedibile e sorprendente dell’Evangelo la fissità affidabile di una legge costruita via via nel tempo,
di un codice di principi filosofici e morali
immutabili e a quel suo codice commisura
la Bibbia — quando ancora la legge —,
la predicazione domenicale, le indicazioni
sinodali, trattenendo ciò che al suo codice
corrisponde e licenziando il resto.
— C’è tra noi chi ha modellato la sua
esistenza sulla vita e l’attività della chiesa,
con grande dedizione e disponibilità, sia
egli pastore o « semplice laico », ma chiudendo l’orizzonte della chiesa a quello che
anni fa Giorgio Tourn ha chiamato « la
tribù », non proprio solo le persone con
nome che finisce in consonante, ma insomma quelli che sono « i nostri » da generazioni, da tempo, dei quali si possono rintracciare parentele c legami familiari, guardando con fastidio, se non con sospetto, alle « aperture », si tratti di ecumenismo o di
evangelizzazione, di cultura o di politica.
— C’è tra noi chi ha « sperato in Cristo
per questa vita soltanto» (1 Cor. 15: 19),
trova nella Bibbia tante pagine utili e forti,
ma ha chiuso, ha cancellato il cap. 15 della
prima lettera di Paolo ai Corinzi, il capitolo sulla risurrezione, e andando avanti
negli anni sente la vanità di una fede priva
del suo centro insostituibile e sente la propria fede svanire come una sabbia asciutta
che scivola tra le dita senza poter esser
trattenuta.
Tutti noi che amiamo il passato, anche
se non lo diciamo, che costruiamo giorno
per giorno la nostra continuità, abbiamo
bisogno anche di rottura, della rottura del
l’Evangelo, per vivere, per vivere verameiv
te. Legge e profeti fino a Giovanni; da lì in
poi l'Evangelo del Regno è annunziato...
E come può entrare questa rottura
nella nostra vita? Solo con la forza! Non
certo in modo tranquillo e naturale. Da
Giovanni in poi, dice Gesù, l’Evangelo del
Regno è annunziato e ognuno vi entra a
forza. 11 verbo, che è usato solo qui e nel
passo parallelo di Matteo (11: 12), vuol
proprio dire far violenza, entrare con la
forza, e l’immagine che questa espressione
evoca è quella di una cittadella in cui un
esercito penetra con la forza, o piuttosto
quella di una porta — stretta! — con una
gran folla intorno (che non necessariamente preme per entrare, anzi magari spinge in
direzione contraria) e di un individuo che
per entrare deve mettere tutto il suo impegno, la sua forza, se vuol riuscire.
Passione per il Regno
Io vorrei chiamare questa forza di cui
abbiamo gran bisogno, e che ci è richiesta,
con un nome rischioso: passione. Nel Regno di Dio, di cui viene data la buona notizia, si entra solo eon passione. E cioè con
una spinta ideale che coinvolge l’intera esistenza e eon la capacità di soffrire. Passione
evoca in noi l’idea di una forza travolgente
e insieme comprende il verbo patire che
ha la stessa radice.
Passione è lasciarsi coinvolgere fino in
fondo. Il contrario è essere spettatori distaccati e scettici, mai contenti di nulla, come i ragazzini della parabola ehe stanno seduti svogliati sul muretto della piazza
e a cui i loro compagni dicono spazientiti:
« Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato dei lamenti
e non avete fatto cordoglio » (Mtt. 11: 17).
Passione è saper soffrire per eiò in cui
si crede, come dice Paolo ai Filippesi ricordando loro che essi hanno ricevuto (a
voi è dato) la possibilità non solo di credere in Cristo ma anche di soffrire per lui.
Che valore ha infatti quello in cui si crede
se per esso non si è disposti a soffrire?
E che fede è mai quella che è disposta a
impegnarsi solo a condizione di non doverne patire alcuna conseguenza: né disagio per sé e. per i propri figli con l’ora di
religione, né sostegno finanziario ehe vada
al di là del superfluo, né intromissione nella
propria esistenza di emarginati, soprattutto
se dal terzo mondo?
Passione! E’ tuttavia una parola risehiosa perché si riferisce agli stati d’animo così
volubili dell’essere umano. La passione: se
c’è, benissimo, è come una vela piena di
vento. Ma se non c’è, che si può fare? Può
muoversi una vela nella bonaccia? All’amore, si sa, non si comanda.
E invece sì! Noi abbiamo ascoltato e accettato nella nostra vita un Evangelo che si
traduce nel comandamento dell’amore. Chi
ha conosciuto in Cristo la compassione che
Dio ha avuto per lui risanando gratuitamente il suo bilancio fallimentare, con passione ordina tutta la propria vita nella risposta dell’amore. La passione che la fede
in Cristo comporta è forza che coinvolge la
vita intera, è disponibilità a patirne le conseguenze, ma non dipende dal volubile c
capriccioso mutare dell’umore, dalPimpulsività emotiva. La passione che la fede in
Cristo comporta è un motore che spinge lo
barca, che ci sia vento o bonaceia o vento
contrario, perché è azionato da Colui che
opera in noi il volere e l'operare e ci permette di impostare la nostra vita in una risposta pensata, decisa, calcolata — come
quella di ehi si siede a fare i conti prima
di costruire una torre — ma appassionata,
perché è la risposta a chi ci ha amati fino
in fondo, fino al prezzo della sua vita.
Ma passione per che cosa? Forza esercitata a qual fine? Abbiamo saltato un ele
mento del nostro testo, l’elemento centrale,
a cui ora dobbiamo tornare. Legge e profeti
fino a Giovanni. Da quel tempo in poi è
annunziata la buona notizia del Regno di
Dio e ognuno vi entra a forza.
Passione per il Regno di Dio, dunque. Ma
cos’è questa passione? La passione per la
luventus sappiamo cosa sia; per la pesca,
per la pittura, per il proprio lavoro, per la
propria donna o il proprio uomo... Ma per
il Regno di Dio? La passione per il Regno
di Dio è la passione per la speranza.
La vicenda del Rimpatrio può servire
come una parabola della passione per il
Regno. Entrati dal colle del Pis scendono
alla Balziglia e, dopo che 20 hanno disertato, passano a Frali. Qui fanno pulizia nella
chiesa, che ridiventa un tempio e viene
restituita al culto riformato.
Poi dal col Giulian arrivano qui, c’è
una grave « caduta di tensione » col saccheggio di Bobbio, poi a Sibaud rinnovano
il patto con un giuramento di fedeltà dei
soldati agli ufficiali e degli ufficiali ai soldati! Voi vedete che qui non si è nel dueato di Savoia, ma in un altro stato, se così
si può dire. Si è in un regno nel regno. Qui
la religione non è cattolica ma riformata.
Qui le persone non sono sudditi di un sovrano ma sono uomini legati da un patto di
reciproca unione. E questo embrione di stato diverso, di nuova società che questi
uomini in armi vivono tra di loro, lo vivono nella speranza. Nella speranza che si
estenda, si stabilizzi, sia legittimato e in
esso possa tornare il rimanente dei loro
fratelli, che hanno da esser strappati alla
« crudele Babilonia ».
Così è di noi e del Regno di Dio.
Noi siamo nel mondo cittadini del Regno.
Collegati insieme nelle nqgtre comunità,
come tanti altri erodenti in ogni parte del
mondo, noi vogliamo vivere come una società nella società.
Pur con le nostre gravi cadute di tensione e con le nostre frequenti incoerenze, noi
vogliamo vivere seeondo una legge diversa.
La nostra
carta costituzionale
La nostra carta non è la Costituzione della Repubblica italiana, che pure rispettiamo, ma il sermone sul monte.
Il culto che vogliamo rendere giorno per
giorno è il servizio a Dio e non a mammona.
La legge che vogliamo osservare insegna
a dare e a offrire, anziché a prendere e ad
ammassare.
Il principio che vogliamo seguire è il sottometterei gli uni agli altri, anziché quello
di dominare sugli altri.
E se pur con le nostre gravi cadute di
tensione e le nostre frequenti ineoerenze
noi persistiamo ad applicarci a questo progetto folle, è perché abbiamo in noi la speranza. Speranza che altri si uniranno a noi
in questo indicare il Regno di Dio.
Ma ancor più speranza che poiché il Signore lo ha promesso, questo Regno — non
sappiamo né come, né quando — si allargherà sotto i nuovi eieli e sulla nuova terra
che il Signore ha promesso a ricomprendere il rimanente dei fratelli strappati alla
crudele Babilonia.
Fratelli e sorelle, un quotidiano ha pubblicato un articolo dopo il Sinodo interpretando questo momento come una svolta nel
cammino dei valdesi, che non si limitano più
a riflettere sul loro passato ma si dispongono a rilanciare l’evangelizzazione. "Voglia il
cielo che così sia!
Voglia il Signore che questa estate di celebrazioni, che abbiamo voluto come riflessioni sul passato con lo sguardo volto al
futuro, costituisca davvero una svolta nel
nostro cammino;
che noi abbiamo il coraggio di lasciare
dietro a noi inerzie, tradizionalismi, fossilizzazioni;
ehe riceviamo con rinnovata gioia e speranza l’annuncio del Regno di Dio;
che mettiamo tutta la passione di cui
siamo capaci per esserne partecipi.
Franco Giampiccoli
4
fede e cultura
29 settembre 1989
L’ULTIMO FILM DI WOODY ALLEN
DDR: INCONTRO DEL CEGE
Marion e Lucy.
I personaggi di W. Alien e di Schultz si interrogano su se stessi.
Un’altra donna
Soddisfatti dei nostri successi e della vita professionale, rischiamo di perdere di vista gli aspetti più profondi della nostra umanità
Questo è il titolo di uno degli ultimi film di Woody Alien,
scritto e diretto dallo stesso, ed
è la storia di una donna, Marion, professionista affermata,
che fa il bilancio dei suoi cinquant’anni di vita trascorsi.
Il film ha registrato un alto
gradimento da parte del pubblico ed un giudizio davvero lusinghiero da parte dei critici cinematografici dei maggiori quotidiani. Come mai questo successo di pubblico e di critica?
Il comportamento della protagonista è il classico comportamento dell’uomo e della donna
dei nostri giorni, che sono soddisfatti di loro stessi, della loro
vita, dei propri successi, ma che
hanno paura di fare una lettura meno superficiale della loro
vita, temendo di scoprire i loro
insuccessi, temendo di incontrare « l’altra donna » e « l’altro
uomo » che sono sepolti, ma non
morti dentro di loro.
Marion ha paura di conoscersi meglio, in maniera più approfondita e più vera. Un giorno il
padre della protagonista dirà:
« Ci sono momenti in cui neanche uno storico vuole guardare
al passato ».
Per cinquant’anni, anche sua
figlia ha fatto altrettanto, ma
questa donna esperta in fughe,
timorosa dell’altra parte di sé
costretta a restare ben nascosta
nelle buie profondità della psiche, lentamente è sospinta e stimolata da incontri, da sogni, da
coincidenze curiose a fare il cammino verso « un’altra » Marion,
che per ora è solo una sconosciuta. Ed è curioso constatare che
alla fine del viaggio dica di sentirsi « placata ».
« Un'altra donna »: perché questo titolo?
Uno dei messaggi più evidenti
di questo film è l’invito a conoscersi di più e meglio, in tutti
i nostri lati, sia positivi che negativi, gloriosi e vergognosi; è
l’invito a fare spazio non solo
alla nostra razionalità, come Marion, ma anche alla nostra irrazionalità; è l’invito all’accettazione di quella parte di noi che
nella società odierna non ha diritto di cittadinanza. Deve quindi tradursi in impegno perché
la nostra esistenza non sia dominata dalla fredda razionalità,
ma sia arricchita, riscaldata, lievitata dall’Eros.
Il dramma della cultura moderna sta esattamente nei suoi
alti livelli di repressione dell’Eros. Viviamo in una cultura
che è sotto l’egemonia assoluta
della ragione (Logos), vista come l’arbitro supremo ed universale, al quale tutto deve rendere conto. Ora tale egemonia ha
portato a forme repressive della vita, con rimprigionamento
della creatività e della fantasia.
Agli esordi della nostra cultura fu messo il Logos a fondamento ultimo dell’esistenza umana ed ai primordi dell’epoca moderna il « cogito » cartesiano. L’evoluzione della riflessione ha dimostrato sempre più chiaramente che la ragione non spiega tutto né abbraccia tutto.
L’uomo odierno è sopra le cose e non più con esse, perché il
suo sapere analitico significa potere di controllo ed il prevalere
della razionalità ha comportato
Un taglio degli altri accessi legittimi alla realtà, basati sul Pathos (la simpatia), sull’Eros (la
comunione fraterna e la tenerezza). Tutte queste dimensioni
verranno mortificate, anzi diffamate quali fattori perturbatori
dell’obiettività scientifica.
In Aristotele appare già chiaramente che la ragione è volontà di ordine, di classificazione,
di sistematizzazione, di dominio.
Ma le conseguenze storiche del
sistema della ragione si manifesteranno quando la classe borghese trasformerà la ragione nel
grande strumento di dominio del
mondo e di rivoluzione sociale
(Rivoluzione francese).
La moderna critica del dopoguerra sottolinea che l’egemonia
assoluta della ragione ha sconvolto il mondo ed ha profondamente distorto i rapporti sociali. La ragione si è sovrapposta
ai valori del contatto dirette,
dell’intimità e dell’affetto, della
creatività e della fantasia, della
semplicità e della spontaneità,
della comunione e della tenerezza. Inoltre la razionalità tecnologica sembra vivere in continua
lotta con la passione, la tenerezza, l’attenzione, la compassione e
l’amore perché la tecnologia richiede regolarità, bilanci preventivi ed è dominata daH’orologio,
mentre l’Eros non addomesticato lotta contro tutti i concetti
e i limiti di tempo.
Il Logos è per l’Eros ciò che
la diga è per l’immensità delle
acque di un invaso. Solo grazie
alla diga le acque acquistano
forza e possono muovere le turbine, generare energia, illuminare le città degli uomini. Il libero corso degli impulsi, senza la
coscienza del limite è come un
invaso di acque che si rompe:
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TORRE PELLICE
I debiti
non hanno nome
L’emergenza economica per i prossimi anni Cosa possiamo fare noi, qui, concretamente?
senza più freno distrugge tutto
e le acque si perdono in tutte
le direzioni, fino a che non trovano nuovamente margini che
imbriglino il fiume. Freud intuì
acutamente che una civiltà si
costruisce solo tramite la disciplina dell’Eros.
In Marion riscontriamo una
razionalità esasperata; la sua vita è dominata da questo Logos
con esclusione dell’Èros. E questa situazione si riscontra in molte altre esistenze.
Logos ed Eros sono ambedue
indispensabili per l’uomo. Insostituibile è la funzione della ragione che vede chiaro, ordina,
disciplina, conferisce forma e
definisce la direzione dell’Eros.
Ma è importante comprendere
il carattere relativo del Logos
nei confronti dell’Eros.
La ragione, però, tende per sua
natura a dominare tutto ciò che
le si presenta: c’è sempre il rischio che essa soggioghi e cancelli l’Eros invece di limitarsi
a conferirgli forma e disciplina.
11 dramma della cultura moderna sta esattamente nei suoi alti
livelli di repressione dell’Eros;
infatti l’egemonia del Logos ha
portato a forme repressive della vita, soffocando creatività e
fantasia.
La grande ricerca del dopoguerra è quella di alternative
alla cultura dominante, figlia della scienza e della tecnica, le quali hanno messo a portata di mano la realtà dell’Apocalisse. Ciò
che è in causa non sono la scienza e la tecnica, ma la loro tirannia, il monopolio che detengono
suli’organizzazione della convivenza umana.
A livello mondiale si sente l’urgenza e la forza di mo-v^imenti
in cerca di un nuovo significato
del vivere, che sia più legato alla semplicità, al rispetto, alla tenerezza verso gli altri ed all’attenzione verso la natura.
Fernando lachìni
Dal 12 al 18 giugno si è svolta ad Hirschluch, DDE, la conferenza annuale dei leader giovanili ecumenici organizzata dal
CEGE. Il tema dell’incontro era: « I debiti non hanno nome »;
più concretamente, si è tentato
di affrontare il problema del debito estero: come nasce, cosa
provoca, le soluzioni possibili
per eliminarlo, utopistiche e
non, come possono intervenire
le chiese.
Molto interessante, oltre all’indispensabile supporto teorico di
economia, è stato il resoconto di
alcune azioni pratiche che le
chiese, protestanti e cattoliche
insieme, svolgono in merito. Alcune sono molte impegnative
come, per esempio, l’attenzione
a dove vengono depositati i fondi delle chiese, tentando di capire la politica di investimento delle banche. E poi c’è una proposta delle comunità svizzere. Queste, riferendosi al Deuteronomio
che ci dice che in quell’epoca
ogni sette anni venivano rimessi
i debiti e liberati tutti gli schiavi, proporranno allo state svizzero nel 1991 (700“ anniversario della nazione) di accettare
settecento milioni di franchi
svizzeri, racolti dalla chiesa^ e
di comprare con questi alle banche i debiti contratti da tutti i
paesi indebitati, in modo tale da
« rimetterli ».
I poveri saranno
sempre più poveri
Questo meccanismo, oltre a
sgravare i paesi poveri dal pagamento, del resto quasi in tutti
i casi già finito di pagare da
tempo avendo questi ceduto risorse, territori e mano d’opera,
impedirebbe il fenomeno della
svendita che determina, ima volta inserito, un ulteriore arricchimento dei paesi ricchi ed un
impoverimento dei paesi poveri.
Ma non c’è bisogno di pensare
sempre a cose grandi, occorrono
fortunatamente anche le piccole
azioni quotidiane che sono significative, importanti e necessarie quanto le altre. In ima cittadina svizzera, per esempio, alcuni credenti hanno avuto dei
risultati riguardo al caffè del Nicaragua. Si sono messi d’accordo e ognuno andava allo stesso
negozio chiedendo questo tipo
di caffè; il negoziante, non avendolo, ne proponeva loro un altro
tipo e loro, uscendo, gentilmente
rispondevano che bevevano volentieri solo quello del Nicaragua. Dopo qualche tempo a quel
negozio si poteva comprare quel
tipo di caffè.
Forse anche da noi in Italia
si potrebbero attuare simili iniziative: basterebbe solo avere un
po’ di fantasia, volontà, coordinamento e non dimenticare che,
anche se siamo una minoranza
religiosa esigua, possiamo essere utili agli altri. La mozio
ne conclusiva ha visto italiani,
tedeschi, russi, olandesi, inglesi
e altri tutti d’accordo sull’utilità di questi scambi ecumenici e sull’impegno che ognuno di
noi, le nostre comunità e i nostri stati devono dedicare ai problemi degli altri, anche se sono
lontani.
Saskia Gavazza
APPELLO
Dalla
mozione
finale
— La crisi del debito ha guidato
velocemente il mondo ai meccanismi nascosti del dominio e delia
dipendenza, dai quali viene strangolata la maggioranza degli uomini del mondo. Ora, per come stanno i fatti, i cristiani devono garantire, perché si trovano ancora all'inizio, che lavoreranno teologicamente sui rapporti economici.
— In situazioni di povertà e sottcimissione gli uomini hanno cominciato ad organizzarsi da soli. Poiché non si aspettano più niente dalle organizzazioni, prendono lo spauracchio nelle proprie mani. Questo è il segno della speranza
— Cristiane e cristiani, nei loro
potenti stati, sono chiamati ad esprimere una solidarietà attiva a
movimenti popolari e a collocarsi
nella battaglia nelle file di questi
uomini giusti.
— Con questa decisione di unirsi alla loro battaglia, non ci si
può aspettare l'esplicita benedizione della chiesa. Nello stesso tempo speriamo che tutta la comunità dei credenti potrà essere portata
su questa strada e che non rinunci.
— Affinché gli sforzi dell'ORK e
delle altre organizzazioni ecumeniche quali l'alleanza di solidarietà
ecumenica con gli uomini e tutti i
gruppi che combattono per la giustizia fruttino, si sviluppino e si rafforzino, devono essere proposte
nuove iniziative.
Cosi vale la pena di costruire una
rete che si rafforzi sempre di
più, che controbatta le istituzioni
dominatrici e le loro azioni già
disgregate in favore di principi democratici fondamentali.
La crisi è evidente. Il richiamo è
chiaro. Nella fiducia che il Regno di
Dio è vicino, andiamo avanti e Dio
ci precederà.
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5
29 settembre 1989
glorioso rimpatrio 5
SOCIETÀ’ DI STUDI VALDESI
XXIX CONVEGNO STORICO
INTERNAZIONALE
Il Glorioso
Rimpatrio
Contesto
Significato
Immagine
3-7 settembre 1989
Torre Pellice
Nel 1989 ricorre il terzo centenario del rientro dei valdesi nelle loro valli in Piemonte
dopo tre anni di esilio in Svizzera e Germania. La spedizione militare di circa mille uomini, che nell’agosto del 1689 partì dalle sponde del lo.go Lemano, effettuò in 12 giorni
questa marcia eccezionalmente ardita che passò alla storia come il ’’Glorioso Rimpatrio”.
UN CAMMINO DA RIPERCORRERE
L’apertura
La crisi della coscienza europea che aprì la
strada alle forme più avanzate dello Stato
LE INTERPRETAZIONI E IL MESSAGGIO
Tre giorni di studio
Il piano di Dio, che accompagna il suo popolo nella sofferenza - Il
nostro ruolo consiste nel rispondere fiduciosi « Eccomi, manda me »
Il tempio valdese è al gran
completo: non un posto libero. E’ presente il presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Si apre il XXIX Convegno
di studi organizzalo dalla Società di studi valdesi (SSV)
in occasione del terzo centenario della « Glorieuse Rentrée ».
Vigne, socio della SSV,
porta il saluto del presidente
della Repubblica francese,
Mitterrand, e del primo ministro, Rocard.
Il prof. Spini, oratore ufficiale, prende la parola. La
sua prolusione è un appassionato discorso centrato sull’esame di quella crisi epocale
che investì la coscienza europea nel XVII secolo e aprì
la strada al mondo moderno
e a forme piti avanzate di organizzazione dello stato. Il
Glorioso Rimpatrio dei vaidesi si inserisce in questo
contesto. Episodio marginale, ma con importanza e rilievo internazionali.
Nel disegno antifrancese di
Guglielmo III d'Orange, anche i valdesi vengono ad assumere una importanza non
secondaria. La loro resistenza, la loro difesa del diritto
alla libertà di coscienza e di
culto rappresentavano la volontà di rottura dell’odioso
principio del « cuius regio
eius religio ».
« Da quel momento — ha
continuato Spini — anche
chiusi nel ghetto delle Alpi,
essi mantennero il diritto al
loro culto e al loro ordinantento democratico, costituendo così un preciso punto
di riferimento per tutte le altre minoranze religiose ».
L’Europa di oggi, in virtù
proprio di esperienze come
quella valdese, non potrà più
venir costruita sul modello
di Carlo Magno.
Pluralismo religioso e culturale, rispetto della libertà
di coscienza e di culto sono
divenuti patrimonio di tutti,
grazie anche a questi tenaci
e coraggiosi difensori del diritto alla diversità. Vale la
pena perciò di ripercorrere
il loro cammino e di studiare
le sorgenti di una fede così
viva e coraggiosa.
Al discorso di Spini fa seguito un intervento del presidente della Repubblica.
Come i valdesi seppero
sconfiggere violenza e sopraffazione per la difesa della loro fede, così oggi è indispensabile impegnarsi per la
sconfitta delle « nuove forme
di marginalità sociale » che
mettono in pericolo resistenza dei più deboli.
Questo in sintesi il senso
del suo intervento, che non
ha mancato di ricordare il valore della celebrazione del
Grande Rimpatrio: esso infatti assume « un rilievo nazionale » e « riguarda l’intera
comunità italiana, in quanto
festa di libertà e di liberazione di una delle sue componenti ».
« Nella Repubblica — ha
continuato il presidente —
vivono credenti e non credenti: credere o non credere non
vuò essere una discriminante
nella nostra vita democratica, né deve costituire motivo
di privilegio ».
Tre giorni di impegno e di
studio, quasi senza respiro:
dalle nove del mattino fino
alle dieci di sera, con il solo
intervallo dei pasti. Al presidente Tourn, al segretario de
Lange e al comitato organizzatore va dato atto di una intelligente utilizzazione dei
tempi.
Presenza costante in sala,
senza defezioni. Una specie
di rentrée — attraverso le
carte e i documenti — nel nostro passato, nella storia, alla
ricerca di quei fili misteriosi,
di quelle trame che si sovrappongono, si intrecciano, sembrano un rompicapo e poi
si sciolgono in un disegno
nel quale noi stessi ci troviamo inseriti a distanza di secoli: il disegno della liberazione umana.
E’ sempre affascinante fermarsi sul mistero dell’evento, del fatto accertato. Forse
quei valdesi che parteciparono al Glorioso Rimpatrio (o
rientro?) non sapevano bene
quel che facevano e dove li
avrebbe condotti quell’impresa. O forse no.
In quel loro coraggio cera
una consapevolezza di fondo.
Sapevano — o intuivano —
che il loro fare avrebbe contribuito a qualcosa di più
grande di loro. Avevano fede, questo è certo: una fede
forse ingenua, ma forte. La
messe fuori stagione, eccezionalmente rigogliosa, che
consentì loro la sopravvivenza alla Balziglia, gli aiuti generosi dello stratega olandese: tutto concorreva ad aiutarli. « Dio benedice il lavoro
dei suoi figli, quando la con
tesa è giusta come la nostra », scriveva l’Arnaud, in
una lettera. Per quegli uomini, il disegno che contribuivano a comporre non era quello di Guglielmo HI, ma il piano provvidenziale di Dio, che
elegge il suo popolo e lo accompagna attraverso le sofferenze. « Qui abbiamo visto
che Dio ha fatto tutta l’impresa. A lui solo sia per sempre tutta la gloria ». Era il ricordo dell’Esodo: « Molti uomini e donne che credono
nella onnipotenza di Dio si
sono cinti i lombi, hanno sfidato i faraoni del proprio
tempo, hanno marciato nel
deserto e compreso quello
che facevano grazie alla lettura dell’Esodo »'.
Quale significato
per noi oggi?
Per noi — uomini d’oggi
con più malizia o forse solo
con poca fede — il Glorioso
Rin'ipatrio è uno dei tanti
episodi, nel tessuto di guerre
ed eventi, di un disegno storico verso forme sempre nuove di vita associata. E forse
per qualcuno non si tratta
neppure di disegno, ma di
puro caso, di semplice, accidentale succedersi di accadimenti.
Ma proprio per questo finisce per sfuggirci quella improvvisa meraviglia di fronte all’ordinarsi delle cose, a
quel sottile mistero della trama, in cui noi — e gli accadimenti e il caso e tutto — sia
mo immersi sì che gli eventi
si snodano, gli errori si sciolgono, le incertezze cadono e
ogni cosa si risolve in un processoci liberazione: perché,
a distanza di secoli, anche un
semplice fatto — un trascurabile episodio — riesce a
produrre, per quanto piccoli,
i suoi effetti e noi, oggi, ci
ritroviamo più liberi.
Certo Dio non ci impone
nessun disegno. L’Antico Testamento è una straordinaria, quasi incredibile trasformazione del divino Anche
Dio è in cammino con noi e
insieme a noi avanza e soffre
e desidera la nostra collaborazione. Chiede soltanto che
noi sappiamo dirgli con semplicità: « Eccomi, manda
me » (Isaia 6: 8).
La Glorieuse Rentrée — e
ogni altro episodio di protesta e di lotta per la liberazione — si prestano a più d’una
lettura. Ciò che conta è non
dimenticare il messaggio e la
triplice lezione che ci hanno
tramandato:
« Primo: che ovunque si
viva, probabilmente si vive in
Egitto; secondo: che esiste
un posto migliore, un mondo
più attraente, una terra promessa; e terzo: che la strada
che porta alla terra promessa attraversa il deserto. L’unico modo di raggiungerla è
unirsi e marciare insieme » '
chiedendo a Dio di rischiararci il cammino.
1 Walzer, Esodo e rivoluzione
Milano, 1987, p, 16.
^ Miegge, Postfazione a II Glorioso rimpatrio, Torino, 1989.
^ Walzer, op cit., p. 99.
6
glorioso rimpatrio
29 settembre 1989
PRIMA GIORNATA
Il contesto del Rimpatrio
E' appassionante la ricostruzione storica
del « Glorioso Rimpatrio » attraverso i documenti dell'epoca, rimasti negli antichi
chivi.
ar
La rassegna, presentata in queste pagine,
di una serie d'interventi tenuti nel corso della prima giornata del Convegno, permette di
ridisegnare il contesto nel quale si svolse la
vicenda della «Rentrée ». Dalla scoperta di
nuovi documenti o, più semplicemente, da
una nuova lettura di quelli già noti, si apprendono nuovi dettagli, il passato viene meglio focalizzato, sono confermate tesi già note o si profila la necessità di formularne delle altre.
Nessun dato può essere considerato come
acquisito una volta per tutte: è il campo della storia, non dell'Assoluto; è il tempo delle
domande, delle risposte, del dialogo.
(red.)
Luigi XIV esigeva uno stato
assoluto senza incrinature.
E commise l’errore di revocare l’editto di Nantes,
che concedeva agli ugonotti di
esercitare il loro culto in quattro fortezze della Francia. Suo
cugino Vittorio Amedeo II fu
costretto a seguirlo. Fino a quel
momento aveva lasciato ai vaidesi una certa libertà, dopo le
feroci persecuzioni durante la
Reggenza (1655). Forse segretamente era anche lui incline alla
persecuzione. Ad ogni modo,
stretto dalla poderosa macchina
militare di Luigi XIV aprì una
crudele campagna per costringere i valdesi alla conversione: o
l'abiura o la condanna come ribelli, cioè in pratica morte o
esilio.
Di 14.000 valdesi — le stime
sono imprecise — solo 2.700 riuscirono a raggiungere Ginevra.
Circolavano voci circa un possibile sganciamento di Vittorio
Amedeo II dall’alleanza francese e furono accolte con favore
da Guglielmo III: occorreva far
pressioni in questo senso. La volontà di ritorno dei valdesi nelle
loro valli giungeva a proposito:
bisognava dar loro aiuto. L’apertura di un fronte sulle Alpi era
quanto mai opportuna. Fu così
che la spedizione dell’Amaud fu
favorita.
Finalmente Vittorio Amedeo II
(1690) si decise a firmare l’accordo con Guglielmo III, con clausole segrete a favore dei valdesi. E comincia un periodo di relativa tolleranza per questo popolo così duramente provato dalle persecuzioni (Symcox - Los Angeles).
Di notte e in silenzio i_ valdesi attraversano il lago di Ginevra. Comincia così il « rientro ».
A questo punto, la volontà di
ritorno dei valdesi nelle valli
giunge opportuna: l’Inghilterra
e i Paesi Bassi hanno tutto l’interesse a creare difficoltà sulla
frontiera meridionale, sull’arco
alpino.
Si apre la stagione degli agenti speciali: viene inaugurata dal
de Convenant, inviato speciale
dei Paesi Bassi a Ginevra per i
valdesi (1688). Dall’esame degli
archivi sono usciti numerosi documenti a prova della sua attività. Finanziamenti, appoggi, intese con l’Arnaud. E’ quello che
ha cercato di documentare Van
der Bijl di Amsterdam.
valdesi (Posthumus Meyjes - Leida).
Assolutismo in Francia sotto Luigi XIV; costituzionalismo in Inghilterra
con Guglielmo III. Due
politiche opposte che si fronteggiano. La Francia minacciava
con le sue tendenze espansionistiche l’equilibrio europeo; l’Inghilterra cercava di mantenerlo.
In questo contrasto fra giganti,
il piccolo ducato dei Savoia: Vittorio Amedeo II era alleato della Francia senza entusiasmo.
Del resto, l’opinione pubblica dei Paesi Bassi da
tempo era informata della situazione valdese.
Esistono ben ottanta pubblicazioni olandesi nel corso del 1600
sull’argomento. Pochi cenni sono contenuti negli atti sinodali
della Chiesa d’Olanda, mentre —
a livello di registri diaconali delle chiese locali — sono documentate cospicue offerte destinate ai
Una colonna
di esuli
ugonotti
abbandona
la Francia
per andare
verso i paesi
protestanti
il « refuge »,
in seguito
alla revoca
dell editto
di Nantes.
citi d’Europa (Bogo - Promontogno).
La Svizzera, paese ospitale
ma a quel tempo particolarmente povero, non era
in grado di sostenere l’emigrazione valdese. Si adop-erò pertanto presso gli stati tedeschi
del Wiirttemberg (luterano), del
Brandebiirgo (riformato) e del
Palatinato (cattolico) per ottenere il consenso all’immigrazione. Le risposte furono favorevoli
e molti emigrarono verso quegli
stati, anche se desiderosi di non
allontanarsi dai confini d’Italia
per la speranza di un eventuale
rimpatrio. Durante il quinto tentativo di rientro, a Kassel, a Marburgo e a Nedda furono arruolati numerosi valdesi, ma Federico II di Hesse^Holbourg non
autorizzò la partenza per il timore « d’avoir à subir éternellement leurs femmes ».
to alla Glorieuse Rentrée, il
Kiefner ribadisce il suo punto
di vista: il vero organizzatore
di quella spedizione fu Giosuè
Janavel; l’Arnaud, pastore ugonotto di origine francese, riuscì
a farsi passare per il grande patriarca dei valdesi e ad attribuirsene il merito (Kiefner - Calw).
A Ginevra l’opinione pubblica (1687/89) è decisamente favorevole ai vaidesi, mentre il Governo
della città è costretto dalle minacce dei francesi a un atteggiamento più cauto. E’ comunque
la cosiddetta « cabale italique »
(Turrettini, Minutoli, Burlamacchi), legata agli ambienti della
finanza locale, a dar man forte
ai valdesi e a favorirne i piani
di rientro. L’arrivo del de Convenant (1688) rende più intensa
l’opera di preparazione. Falliscono i primi due tentativi organizzati dal Gianavello, presente
a Ginevra da molti anni. La terza spedizione — la Glorieuse —
avrà inizio nell’agosto del 1689.
Una quarta — composta per lo
più di francesi — ostacolata dal
Governo ginevrino per motivi di
opportunità, fallirà miseramente (Patio - Ginevra).
In giugno (1690), circa un migli.aio di uomini (sette compagnie di piemontesi e quattordici di rifugiati) arrivò a Como
sotto la guida del Loches. Altri
mille passarono per la Savoia
a sud del Lemano, guidati dal
Julien. Ma arrivarono quando il
Duca di Savoia già aveva cambiato alleanze.
Vittorio Amedeo II, Duca di Savoia.
In Brandeburgo le famiglie
valdesi sarebbero potute restare senza problemi: invece più di
settecento decisero di partire.
Rim.asero solo 26 famiglie con i
pastori fratelli Bayle. Il viaggio
si trasformò ben presto in una
penosa odissea. Da Sciaffusa a
Coira, a Chiavenna, fino a Como.
Ridotti in condizioni di estrema
miseria, non riuscirono a raggiungere le valli per rinfuriare
della guerra. L’incaricato di Zurigo tentò di far pervenire dei
sussidi, senza riuscirvi.
Solo nel 1694 gli ultimi gru]v
pi raggiunsero le loro terre: l’invito al ritorno, lanciato nel ’90
dall’Arnaud da Torino, si era rivelato del tutto iprematuro. Ouan
Certo l'impresa fu dura.
Luigi XIV, sconcertato
dalle notizie su quello
strano gruppo (« il n’y a
pas de gentilshommes ni de personnes distinguées »), dette ordine di fare prigionieri per avere
informazioni. Ne furono catturati circa un centinaio, tutti condannati a m -rte o alla galera
a vita. Fra di loro c’era il capitano Turel, che come comandante fu suppliziato sulla ruota. La
ricerca d’archivio (F. Jalla - Torre Pellice) ha stabilito l’origine
(francesi e valdesi in numero
eguale); l’estrazione sociale (artigiani i primi, contadini i secondi); e l’età media (26 anni) di
quel gruppo di prigionieri.
A Zurigo la situazione ufficiale è analoga. Compito
non facile dello storico
è quello di documentare
un eventuale segreto appoggio
del Governo cantonale all’iniziativa di rimpatrio. Sono stati
esaminati a questo fine i protocolli del Consiglio ed è stato perciò possibile accertare un fitto
intreccio di corri.spondcnza informativa sui movimenti dei vaidesi.
Poco sfugge alla vigilanza delle autorità di frontiera. Verso il
luglio del 1689 vengono notate
migrazioni di valdesi verso Ginevra: è la concentrazione per
la rentrée, ma Zurigo non può
o non vuole intervenire. Che potrebbe fare del resto? Il proce,sso alle intenzioni è assai difficile (Stucki - Zurigo).
Scarsi i documenti negli archivi dei Grigioni, Cantone fuori
dal gruppo dei cinque confederali, a forte minoranza cattolica, deciso a non urtare ne Luigi
XIV né Guglielmo 111 per evitare di danneggiare i numerosi grigionesi mercenari nei vari eser
Il 18 ottobre 1685 il «Re Sole» revoca l'editto di Nantes: i protestanti o abiurano, o sono uccisi. Il 81 gennaio '86 anche Amedeo II emette analogo editto.
i
7
'29 settembre 1989
g-lorioso rimpatrio
A favore dei valdesi, giocò
un ruolo non secondario
l’ambizione di Vittorio
Amedeo di Savoia. Da
sempre egli aveva mostrato segni di insofferenza nei confronti del potente cugino d'oltralpe
e questa insolTerenza era stata
colta negli ambienti antifrancesi. Il voltafaccia era inevitabile.
Occorreva saperlo sollecitare.
In questo delicato processo di
sganciamento, si erano inserite
questioni spinose di ordine pubblico: la resistenza dei valdesi,
la non sopita ribellione del Monferrato - guerra del sale {Oresko Londra). 1 tiranni sono sempre
uguali in tutti i tempi e chi ci
rimette è la povera gente. La
SECONDA GIORNATA
Significato del Rimpatrio
L’ambizione di Vittorio Amedeo - Le condizioni delle valli dopo il
rientro - L’interesse internazionale per il Rimpatrio dei valdesi
guerra del sale è la conferma
deH'assolutismo del Duca e della sua spregiudicata utilizzazione della rivalità fra i sudditi.
Egli non esitò ad inasprire le
Cii^tielmo III d Grange e la moglie Maria nel giorno della loro incoronazione come re e regina d'Inghilterra.
tasse, imponendo odiosi balzelli
sul sale, sul bestiame e su altri
generi di prima necessità. Era
prevedibile che scoppiassero sommosse.
Se ne ebbe una nel territorio
di Mondovì, destinata a durare
una ventina d’anni (1680/99). Le
tnjDDe regolari, mandate a ristabilire l’ordine, non riuscirono
a vincere la resistenza dei contadini. Impegnati in combattimenti improvvisi, a colpi di fionda venivano appiedati e spogliati
di ogni avere. Ritornavano spesso agli accantonamenti persino
senza mutande. Vittorio Amedeo
pensò ai « barbetti » — così venivano chiamati i valdesi — abituati da tempo alla guerra per
bande. Ancora erano lontane le
persecuzioni: si era nel 1681 e
i valdesi si arruolarono. In breve si conquistarono la fama di
terribili « diavoli di guerra » e
contribuirono non poco a ristabilire, almeno provvisoriamente,
l'ordine. Quando poi nel 1686 il
Duca decise di sradicare l’eresia
dalle valli, si rivolse ai monferrini, sicuro di poterne sfruttare
l’odio contro i barbetti. Ne fece
arruolare un migliaio, spingen
doli, al grido di « Viva Maria »,
verso Luserna (Davioo - Torino).
Q
^uale era la condizione delle valli dopo il rientro?
I valdesi erano stati
prontamente sostituiti,
durante l’esilio, dai contadini della Val d’Aosta, insediati dal Duca. Ora si poneva, con il loro
arrivo, il problema inverso. Ma
per il Duca la povera gente non
contava. Le autorità provvidero
a restituire le terre agli antichi
proprietari cacciando gli aostani
e riuscendo persino a lucrare
nel cambio. Dei 12.000 presenti
nelle valli al momento della persecuzione, ne tornarono solo un
terzo. La cosa interessante è che
si trattava in buon numero di
vedove, donne decise a riorganizzarsi e a insediarsi stabilmente (Sereno - Torino).
tali. Negli Archivi vaticani è stata studiata la corrispondenza del
Musti, nunzio a Torino in quegli
anni. Si tratta di relazioni attente sul periodo delle persecuzioni e del rimpatrio (Landi - Firenze). Di grande interesse l’esame della corrispondenza fra il
Governatore spagnolo a Milano,
il Fuensalida, e il suo Governo.
In una sua lettera egli sostiene
che la Spagna ha quattro amici: l’Impero, i Paesi Bassi, Guglielmo III e i valdesi (Maselli Firenze). Questi ultimi non man
cano certo di amici in quel periodo. Fra di essi, il Coxe, inviato speciale della Corona inglese
presso i Cantoni svizzeri: in una
sua corrispondenza a Londra,
scrive mostrando interesse per
quest! esuli.
Rimarrà in contatto con la spedizione delTArnaud durante l’inverno della resistenza (1689-’90)
prendendo impegni con alcuni
mercanti per l’invio di muli carichi di soccorsi (Storrs - Londra).
c
1 he la questione valdese
fosse legata a interessi
di livello internazionale
già da tempo si sapeva.
Ma occorrevano prove documen
Esistono analogie fra la situazione in cui vennero a
trovarsi i valdesi dopo il
rientro e quella dei dissenzienti dopo Guglielmo III e
la sua Rivoluzione. Gli uni e gli
altri avevano sperimentato la durezza della persecuzione; con il
rientro i valdesi, e con la Rivoluzione di Guglielmo III i dissenzienti avevano ottenuto un regime di tolleranza. Ciò non escludeva che i valdesi fossero costretti a restar chiusi nel loro
ghetto alpino e i dissenzienti in
una sorta di ghetto sociale (Sell
- Calgary).
D: chi è la Histoire de la
Glorieuse Rentrée? Con
questa domanda ha inizio lo studio sull’immaginc del rimpatrio. Chiunque ne
sia stato l’autore, del resto, sicuramente si preoccupò di presentare quell’impresa sotto un
profilo positivo. Sin da quando
Giovanni falla ne curò la pub
blicazionc (1913), sorsero i primi
dubbi: se in un primo momento
Jalia sostenne la paternità dell’Arnaud, subito dopo credette
di poter affermare che il vero
autore ne era Vincenzo Minutoli, il pastore di origine lucchese
figlio di ricchi mercanti, appartenente alla « cabale italique ».
Il Pons, con studi .successivi,
confermò questa attribuzione, dimostrando che VHistoire era
un rimaneggiamento di un manoscritto del Minutoli. In tempi
recenti, lo studioso T. Kiefner ha
cercato di accreditare la tesi opposta: sarebbe l’Arnaud il vero
estensore della storia. Emidio
Campi, a sostegno delle argomentazioni del Pons, fa osservare
che VHistoire è un testo di
controversia e perciò più vicino
agh interessi letterari del Minutoli. Per una più attenta ricostruzione del « giallo » si rimanda al saggio di G. Gönnet contenuto nella recente traduzione
oeWHistoire (Torino 1989) (Campi/Sodini - Firenze).
TERZA GIORNATA
L’immagine del Rimpatrio
Gli Studi sull’attribuzione della « Histoire » - La pubblicistica protestante dell’epoca, e poi Beckwith, De Amicis e le guide turistiche
chiaro riferimento alla storia biblica (Bolle - Grenoble). Può essere interessante seguire l’evoluzione dell’immagine valdese
nella storiografìa italiana dopo
il rimpatrio. Tra simpatie e antipatie, gli storici italiani tendono per lo più a dare la respon
sabilità delle persecuzioni a Luigi XIV: il Duca di Savoia viene
presentato come semplice vittima delle sue prepotenze.
Nell’informazione che la
stampa di quelTepoca dà
ai lettori circa le vicende valdesi, è sempre presente il tono controversistico. In
Italia per esempio si parla molto in quegli anni della lotta ai
« barbetti » condotta dal Duca
per punire la loro ribellione; non
si dà notizia se non in tempi successivi della loro straordinaria
impresa di rientro. Se ne parlerà soltanto per indicare nei vaidesi dei valorosi combattenti, difensori dei confini del Piemonte;
anzi, nel corso di due secoli (1600/
1700) l’immagine di questo popolo verrà completamente ribaltata: da pacifici, nonviolenti pastori illetterati, verranno trasformati in guerrieri feroci e tenact Bisognerà attendere la line del '700 per una rivalutazione
sotto il profilo spirituale (Peyronel ■ Milano). Diversa la situazione in ambiente protestante.
I cenni ai valdesi sono sempre
legati a questo schema, a cui
si sottrae invece Edmondo De
Amicis nel suo libro Alle porte d'Italia (1884), con un encomio ai valdesi per la loro fedeltà agli antichi persecutori, i
Savoia (Romagnani - Verona).
to:
Sihaud, 300 anni dopo. Qui i valdesi rientrati alle valli ribadirono il
loro patto e si ritrovarono intorno alla Parola.
In Svizzera la pubblicistica
sui valdesi si lega a un discorso apologetico e profetico (Knetsch - Groninga). Così pure sul
la stampa inglese: i giornali parlano della resistenza valdese nelle valli sempre facendo riferimento all’assistenza divina (Vola - Firenze). La stampa olandese è abbastanz.a accurata nel riferì le notizie dal fronte delle
valli. A partire dal 1686 sia la
« Gazeto » di Amsterdam sia il
« Mercure » si interessano della
persecuzione, della successiva
resistenza e dell’esilio. La « Gazete », più obiettiva, si limita
alla esposizione dei fatti, menti e il « Mercure » non esita a fare commenti (Bots - Nimega).
polo fra i puritani l’opera di un
curioso personaggio: Cotton Mathei (Spini - Firenze).
Plàgi XIV, re di Francia. Da
Una copia del ritratto di Hyacin
thè Rigaud (1701).
Nella Nuova Inghilterra puritana era diffuso l’interesse per
i valdesi ancor prima degli eventi del 1686/89. La storia dei vaidesi del Pcrrin (1629) era conosciuta. Contribuì alla diffusione dell’immagine di questo po
Piiò essere divertente la lettura delle guide turistiche
dei secoli passati. Ne esiste una, francese, del 1691,
Voyage en Italie del Misson,
in cui si racconta di una visita
al « bel paese » in compagnia di
un allievo. Sul cammino del rilorito, il Misson nomina i vaidesi. Giunto ad Annecy, sente
raccontare di una spedizione di
più di 2.000 uomini che avrebbero braciaio interi villaggi.
« Niente di più falso », commenta. Di fatto, si trattava della seconda spedizione del 24 giugno
1688, miseramente fallita.
Quasi un secolo dopo appare
il Voyage d’un français en Italie, del Lalande, il celebre astronomo. L’autore non può fare a
meno di rimproverare ai Savoia
la scarsa protezione nei confronti della minoranza valdese (Forray - Chambéry).
Lf Inghilterra ha continuato
nel corso dell’Qttocento
e fino ai tempi nostri a
mantenere una immagine positiva dei valdesi per opera principalmente di due personalità, il pastore anglicano Gilly
e il colonnello Charles Beckwith.
Per loro interessamento fu di
nuovo corrisposto il sussidio reale sospeso fin dal 1797 (Vigne Londra). Un modo originale eli
presentare i valdesi fu quello del
Muston, nel 1800, che li definì
« risraé! des Alpes », con un
Nell'aula sinodale, inaugurata nel 1939, campeggia
sulla parete centrale raffresco di Paolo Paschetuna quercia solitaria, chiusa nei suoi rami a tronco, senza una foglia sporgente, con salde radici e attorno solitarie e
brulle montagne. Rochat, nel suo
intervento, sostiene che quella
quercia ben rappresenta l’immagine della Chiesa valdese di quegli anni: chiusa in sé, diffidente
verso le altre chie.se, senza prospettive, isolata. Meglio della
quercia, a rappresentare il popolo valdese nelle sue esigenze
di apertura e di continuità, sarebbe il castagno, che ricorda
gl’ anni del ripopolamento. E'
probabile che di questo affresco
si possa dai'c altra lettura: la
quercia come simbolo della resistenza c della lotta per la libertà. Certo è che quella dei
1939 fu celebrazione inserita in
un preciso contesto storico, come è ovvio.
Si pensi alle manifestazioni
del 1889: allora a sostegno dei
valdesi c’era l’interessamento
delia Germania, suscitato dal pastore Paolo Calvino; c’era tutto
un risveglio spirituale che accompagnava Tapertura liberale
della società; c’era rinteressc per
gli studi storici come ricerca della propria identità. I valdesi erano impegnati ad aprirsi al mondo, a considerarsi gli evangelizzatori dell’Italia (Peyrot - Torre
Pellice).
Wk.
8
8 grlorioso rimpatrio
29 settembre 1989
Ecco in rapida carrellata,
senza alcuna pretesa
di esattezza o di esaustività, la sintesi dei
tre giorni di lavoro. Il presidente della Società di studi
valdesi, con la solita vivacità,
ha presentato nelle conclusioni una interessante interpretazione deH’insieme degli interventi.
In realtà — egli ha detto
— l’attenzione si è concentrata sul contesto, sul significato, suirimmagine, sul perché e il come quell’impresa
fu possibile: il fatto in sé —
l’episodio della spedizione
deH’Arnaud — è rimasto sottinteso, quasi dato per scontato. Ma la contestualità ne
accentua, ne sottolinea ancor
più l’importanza. Coincide,
quel fatto, con la crisi della
coscienza europea, con quel
rivolgimento spirituale che
ha preso le mosse dal rinnovamento teologico, dal passaggio dall’ortodossia al liberalismo. Chi erano dunque
questi valdesi impegnati in
quel rientro cosi ben inserito nel contesto europeo? E’,
questo, un problema storico
che va affrontato.
Quel che è stato detto durante il convegno — ha proseguito Tourn — ha sicuramente un valore oggettivo
sul piano degli studi storici,
ma ha anche un suo riflesso
sulla comunità valdese nel
suo insieme, perché approfondire la conoscenza del
passato significa risalire alle
LA SINTESI DEGLI INTERVENTI E LE CONFERENZE
Il glorioso Rimpatrio oggi
E’ la contestualità a fornire all'avvenimento un'importante chiave
di lettura - Importanza degli studi e riflessi sulla comunità valdese
radici della propria identità.
Chi siamo? Ce lo siamo domandati nel 1889 e la stessa
domanda ce la siamo ripetuta nel ’39. Certo, il contesto
di quei tempi ormai lontani
non è lo stesso.
Abbiamo di fronte la nuova Europa e la sua costruzione. E — come è stato detto
— non potrà essere l’Europa
di Carlo Magno.
Sarà invece un’Europa
pluralista, casa di
tutti, nella quale dovremo saperci collocare con la nostra identità,
in un rapporto nuovo con le
Chiese evangeliche, con il
problema dell’ evangelizzazione, con la stessa Chiesa
cattolica.
Anche Amedeo Molnàr —
nella sua conferenza del 4
settembre — ha affrontato il
discorso dell’identità dei
popoli pellegrini d’Europa,
costretti all’esilio dalle guerre di religione, dalla Controriforma e dalle persecuzioni.
Ed ha ricordato il rimprovero accorato all’Europa del
Henri Arnaud.
boemo Comenio — anche lui
pellegrino con il suo popolo — per aver mancato al suo
compito primario, quello di
garantire ai suoi figli una casa sicura. I valdesi con il
rimpatrio hanno ritrovato le
terre avite; altri popoli meno
fortunati non sono riusciti a
tornare. Quel lontano episodio— la Glorieuse Rentrée —
fu la rottura dell’odioso prin
cipio del « cuius regio eius
religio », ma fu anche atto di
ribellione contro il proprio
sovrano. Era legittima quella
ribellione? Problema antico,
che ci tormenta ancora. Lo
stesso Calvino aveva affermato che il buon cristiano
può godere di perfetta libertà anche sotto la peggior tirannia. E se fosse in gioco la
coscienza? Se fosse questione
di scegliere fra l’obbedienza
a Dio o agli uomini? Non c’è
dubbio; l’obbedienza va prima di tutto a Dio, alla nostra
coscienza. Quindi occorre saper disubbidire anche alle
autorità costituite. Ma come
disobbedire? C’è una disubbidienza violenta, che non
esita a far ricorso alle armi, e
c’è la resistenza passiva, disarmata.
Il Gönnet, nella sua conferenza conclusiva, ha ben
chiarito col solito impegno i termini del dilemma per chi sia impegnato sul
piano cristiano. Il valdismo,
nato dalla predicazione del
ritorno all’Evangelo, intende
va la sua identità come fedeltà apostolica. E ciò implicava il rispetto integrale dei
principi enunciati nel Sermone sulla montagna (« Beati i
pacifici... », « Amate i vostri
nemici »), l’adesione cioè alla
nonviolenza come programma di vita.
I valdesi incontrarono sul
loro cammino i taboriti: e
l’incontro fu fecondo.
Nel 1500 fu la volta delle
chiese della Riforma: chiese
dei prìncipi, dello stato, dei
potenti di questo mondo. E
fu incontro gravido di conseguenze compromissorie.
Ci fu poi sul loro cammino Guglielmo III: gli intrighi de] potere, la rete delle
complicità. E, come conseguenza, le grandi contraddizioni, le ambiguità della guerra, i tristi episodi della resistenza alla Balziglia, la violenza sui nemici inermi, il
saccheggio. Secondo il Gönnet, per la Chiesa valdese non
c’è che una scelta verso il recupero dell’identità: il ritorno alla fedeltà apostolica,
a Cristo, e l’incontro con le
chiese e le comunità storicamente più fedeli ai principi
del Sermone sulla montagna,
nel rifiuto di ogni compromesso con i potenti della terra e di ogni violenza.
II discorso, come sempre,
resta aperto alla discussione.
Questo inserto, dedicato al
convegno storico sul Glorioso
Rimpatrio, è stato curato da
Paolo Angeleri.
Prangins. La stele che ricorda la partenza degli esuli valdesi. Iniziava così la spedizione di rientro nelle valli, studiata e approfondita
in tutti i suoi aspetti nel corso del convegno.
Per approfondire l’argomento
Per ricevere gli atti
Gli atti di questo importante convegno
verranno
pubblicati a cura della Società di studi valdesi.
Chi fosse interessato a riceverli
si rivolga alla
Società di studi valdesi
Via Beckwith, 3
10066 TORRE PELLICE (To)
Tel. 0121/932179
I nostri lettori che volessero approfondire l’argomento del Glorioso Rimpatrio
dei valdesi possono acquistare o consultare i seguenti libri (senza pretesa di completezza):
A • Opere di carattere generale
— Giorgio Tourn, 7 valdesi, ed. Claudiana,
1988 (ristampa), lire 14.000.
— Augusto Armand Hugon, Storia dei vaidesi II, ed. Claudiana, 1989 (ristampa),
lire 32.000.
— Gabriel Audisio, Les "vaudois”, Albert
Meynier ed., 1989, lire 30.000.
— Grado Merlo, Eretici ed eresie medioevali, Il Mulino, 1989, lire 14.000.
— Giovanni Gönnet, Il grano e le zizzanie, Rnbettino ed., 1989, lire 180.000
(tre volumi).
B - Opere Gul periodo storico
— Geoffrey Symcox, Vittorio Amedeo II,
Vassolutisivo sabaudo, SEI, 1985, lire
29.000.
— Enea Bai,mas - Grazia Zardini, La vera
relazione di quanto è accaduto nella
persecuzione e i massacri dell’anno
1655, ed. Claudiana, 1987, lire 45.000.
C - Opere sull’episodio del « Glorioso Rimpatrio »
— AA.VV., Il Glorioso Rimpatrio dei vaidesi, ed. Claudiana - SSV, 1988, lire
22.000.
— Claudio Pasouet, Dalla Revoca al Rimpatrio: il Rientro, ed. SSV, 1989, lire
5.000.
— Giorgio Bouciiard, Il ponte di Salhertrand, ed. Claudiana, 1989, lire 18.000.
— Henri Arnaud, Il glorioso rimpatrio
dei valdesi, Albert Meynier ed., 1989,
lire 35.000.
— Albert De Lange (a cura di), 7 vaidesi: un’epopea protestante, Storia
dossier, ed. Giunti, 1989, lire 7.000.
Tutti questi volumi sono reperibili (ed
acquistabili) presso le librerie Claudiana
di Milano (Via Francesco Sforza, 12/A
- c.a.p. 20122 - tei. 02/791518), di Torre Pellice (Piazza della Libertà 7 - 10066 - tei.
0121/91422), di Torino (Via Principe Tommaso 1 - 10125 - tei. 011/6692458) e presso la Libreria di cultura religiosa di Roma
(Piazza Cavour 32 - 00193 - tei.06/3605493).
Una bibliografia più completa può essere richiesta alla Società di studi valdesi
(Via Becwith - 10066 Torre Pellice - tei.
0121/932179), presso la quale è possibile
inoltre prenotare una mostra sull’argomento, ed acquistare una serie di diapositive.
La « storia » attribuita al l’Arnaud è
stata edita anche in inglese: The Glorious Recovery by thè Vaudois of their
Valleys, Torino, Meynier, 1988, reprint dell’edizione John Murray, Londra, 1827.
L’originale francese {La Glorieuse Rentrée
des Vaudois) è sempre pubblicato da Meynier (1988) sulla base dell’edizione del
1710.
In francese è stato pubblicato il volume collettivo di saggi sul Rimpatrio,
firmato da B. Pevrot. G. Tourn, G. Spini,
A. de Lange e da Paul Vouga, La Glorieuse
Rentrée des Vaudois du Piémont, Morges,
ed. Cabédita, 1989.
A partire dalla mostra allestita a Nyon
è poi uscito « La Glorieuse Rentrée » 16891989 - Toute l’histoire des Vaudois du Piémont, pubblicato a Nyon dal Musée du
Léman.
Sulla storia valdese è anche uscito un
testo sotto forma di romanzo: François
Pevrot, Les Vaudois - La Glorieuse Rentrée, Losanna, L’Age d’homme, 1989.
E’ infine annunciato, per i tipi della Société d’Etudes des Hautes-Alpes di Gap, il
volume di Theo Kiefner, Henri Arnaud
d’Embrun, pasteur et colonel des Vaudois.
9
29 settembre 1989
vita delle chiese 9
UN UOMO CHE VIVEVA L’AGAPE DI CRISTO
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
L’amico Friederich Weissinger Riprendono le attività
Un impegno costante per aiutare i sofferenti nei vari continenti Il lavoro intenso e continuo come direttore del "Diakonisches Werk"
La riotizia che, il 21 settembre, Friedrich Weissinger è morto mi ha sconvolto. Non solo
era un grande amico della Chiesa valdese per la quale si era,
da anni ed armi, impegnato nei
più svariati settori, ma per me
era un fratello nel più completo senso della parola, fin dal
lontano 1948 quando lo conobbi
(era giovanissimo) alla Gossner Mission di Mainz-Kastel, diretta dal pastore Simenowsky. La
Germania era completamente distrutta dalla guerra e, come nonviolenti, vi lavoravano per la ricostruzione spirituale e sociale
del popolo.
Venne ad Agape, il cui spirito
egli comprese subito, e da allora ci vedemmo spesso lavorando
insieme come fratelli.
Mi è stato sempre di fraterno
aiuto in ogni vicenda.
Nel 1973 fece tradurre in tedesco la mia inchiesta clandestina
sul Vietnam di Van Thieu e fu
lui ad introdurmi dall’allora presidente della Germania Federale Gustav Heinemann ed a procurarmi molti contatti con ministri del Bundestag di Bonn.
Non dimenticherò mai il viaggio
fatto insieme, dopo la fine della
guerra, ad Hanoi ed a Saigon
pw la ricostruzione del paese
distrutto. Grande tensione. Si
riprenderanno o no? Con la persistente ostilità dell’Occidente,
ci sarà o no una vera democrazia? Si cercava di interpretare
tutto, nei ricevimenti ufficiali come nei contatti con la gente... Un
giorno io « ero giù » e lui mi incoraggiava, il giorno dopo era
lui ad essere depresso ed io gli
mostravo gli aspetti migliori, e
così via.
Fratelli veramente.
Fra tanti incontri non dimenticherò mai il viaggio insieme
nella Germania Orientale dove,
per una settimana e più, facemmo i discorsi a due. Lui introduceva poi faceva demande, io rispondevo e lui completava. Tutto aH’unisono, nello stesso spirito.
Poi tanti ricordi in Italia e
all’estere e nella sua accogliente casa di Bad Viibel. Il semplice ritrovarci era per noi una
festa.
Ma chi era Friedrich Weissinger? Per me era un uomo che
viveva l’agape di Cristo. Io ne
parlavo molto, ma lui la viveva
concretamente in ogni rapporto
umano, in ogni sua immediata
presenza, ovunque ci fosse sofferenza, in Europa, specialmente
in quella più bisognosa, l’orientale, e in ogni continente ove
era sempre pronto ad accorrere.
Incarnava proprio nella sua vita l’amore di Cristo, l’agape, e
ciò traspariva in ogni sua azione o discorso. E tutto in grande
umiltà. Per lui si può ripetere
la parola dell’apostolo Paolo;
« Per me vivere è Cristo ». E questo non lo dice nelTemozione
del distacco, poiché ognuno può
dirlo con tutta oggettività.
Da ciò si può comprendere
come la sua esistenza si consumasse. Non si risparmiava mai.
Quando fu scelto per dirigere
il Diakonisches Werk della Chiesa evangelica dell’Assia non volle esserne presidente (perché
diacono e non pastore!), ma tutto il lavoro effettivo era lui a
farlo. Il suo ufficio era un punto nevralgico per ogni intervento,
richiesta o consultazione. A me
pareva che non potesse resistere
a tanta fatica, ma lui continuava
e manteneva quella serenità che
viene dalla fede.
Malgrado la sua resistenza la
Chiesa lo promosse pastore per
i suoi meriti speciali. E ve n’erano tutte le ragioni, sia per le
sue ben frequenti predicazioni,
sia per la sua partecipazione alle altre attività delle comunità
cristiane.
La Facolta di teologia di Praga gli conferì il dottorato « honoris causa ». Questi sono, comunque, riconoscimenti umani.
daudiana editrice
NOVITÀ’
HANS RUEDI WEBER
Esperimenti
di studio biblico
Nuovi metodi e tecniche
pp. 250, L. 24.000 (Collana P.B.T.)
Il responsabile dell’Istituto biblico del Consiglio Ecumenico delle Chiese mette a disposizione degli addetti ai lavori
(monitori, catechisti, animatori, pastori ecc.), la sua vasta
esperienza internazionale nel campo degli « studi biblici », con
esempi pratici di grande utilità.
FONDATA NEL 1855
Via P. Tommaso, 1 - 10125 Torino - Tel. 689804
C.C.I.A. n. 274.482 - C.C.P. 20780102 - cod. fise. 00601900012
ma la mia convinzione è che
sopra di lui e in lui ci fosse il
liconoscimento del Signore perché ciò traspariva in tutta la
sua vita, tanto impegnata quanto umile e semplice.
Andato in pensione perché sofferente di cuore, ha continuato
comunque nel lavoro e nei viaggi. Pochi giorni prima di essere ricoverato in clinica, mi scriveva il suo programma di nuovi viaggi... poi le cose sono precipitate.
Il Signore lo ha chiamato, ma
è sempre con noi non solo nei
molti ricordi e nell’affettc i cui
legami la morte non può interrompere, ma soprattutto perché
Cristo è risorto e in Lui sono
risorti quelli che ci precedono.
Friedrich vive perché Cristo vive, perché « Dio non è l’Iddio
dei morti, ma dei viventi ». Così
lo salutiamo con un « arrivederci » nella resurrezione di Cristo.
Ti rivedremo, caro Fritz, ti rivedremo « nuovo » nel Regno, nel
« mondo nuovo » cui tanto aspiriamo, però grazie per tutto
quello che ci hai dato!
I tanti amici che Friedrich ha
bella Chiesa valdese scriveranno certamente ancora di lui ed
*n modo più completo. Ho voluto dare una testimonianza personale al caro amico che ci ha
lasciati, e dire alla signora Elfriede, alle figlie, al figlio e a
tutti i congiunti la presenza di
noi tutti al loro dolore e la nostra ferma speranza, fondata sulla promessa dell’Evangelo.
Dopo il Sinodo un breve periodo di pausa e, con l'inizio di
ottobre, ecco la ripresa delle attività (catechismo, scuola domenicale, corali, concistori) con in
più, quest’anno, nuovi stimoli che
i vari momenti del « tricentenario del Rimpatrio » dovrebbero
aver lasciato nei singoli e nelle
chiese; per alcune di esse è anche tempo di avvicendamento pastorale.
POMARETTO — Domenica F
ottobre avrà luogo il culto di
inizio attività.
® Nel corso del culto di domenica scorsa è stato benedetto il matrimonio di Tiziaina Genre ed Emanuele Chines. Sabato
23 è stata inoltre benedetta l’unione di Elsa Silva Peyran e
Gianni Giuseppe Lomi. La Bibbia è stata donata alle due nuove famiglie con l’augurio che
rappresenti sempre una guida
nella vita coniugale.
• Nella sua abitazione di Ri»'oli è deceduto il fratello Luigi
Costantino di 74 anni; era originario della borgata Aymar. I
funerali si sono svolti martedì
19 scorso; ai familiari va la simpatia cristiana della comunità.
Tullio Vinay
TORRE PELLICE — Nel corso
delle due ultime domeniche si
sono svolti due pomeriggi comunitari ai Simound el ai Chabriols.
• Sabato 30 settembre, alle
ore 15, i monitori ed i catechisti avranno il loro primo incontro in vista del nuovo anno ecclesiastico; rincontro si svolgerà presso la casa unionista.
• Domenica 1° ottobre avrà
luogo il culto di commiato del
pastore Giorgio Tourn.
UNIONI FEMMINILI IN INGHILTERRA
Problemi comuni
Un invito; un viaggio attraverso l’Inghilterra e la scoperta di
una chiesa che ci conosce e ci
accompagna nelle celebrazioni
del tricentenario del « Glorioso
Rimpatrio ». Ecco in sintesi l’esperienza vissuta da un gruppo
di 21 persone che hanno risposto all’invito giuntoci dalla sorella Ruth Cohwig, della United
Reiormed Church.
E’ stata una settimana ricca
di incontri così ben organizzati
da rimanere stupefatte per la
mobilitazione che era stata predisposta affinché il nostro soggiorno non rischiasse di essere
Un vagabondare puramente turistico. Dovunque abbiamo trovato famiglie che ci hanno « adottate » per uno o due giorni mettendo a nostra completa dispos’zione le loro case, il loro tempo, le loro esperienze di vita comunitaria o di lavoro nella chiesa. Ci hanno fatto visitare comunità, chiese, centri, arricchendo
il tutto con puntate in luoghi di
interesse turistico per meglio
confrontare l’Inghilterra alle nostre valli! Tutto è riuscito ad
immergerci nella nuova realtà e
a far dimenticare un poco noi
stesse. Non sempre era facile colloquiare a causa della lingua, ma
grazie al calore con cui siamo
state ricevute anche questa difficoltà è stata superata.
Il gruppo, dopo due giorni dall’arrivo, è stato diviso in tre, con
le seguenti destinazioni; il primo era ospite della comunità di
Shrewsbury, il secondo di quella di Livei-pool e il terzo era a
Huddersfield. Questo ci ha permesso di viaggiare in parti divei'se, di vivere esperienze diverse che sono poi state confrontate in una interessante mattinata conclusiva a Windermere
(Lake District). Qui abbiamo po
tuto anche esprimere la nostra
riconoscenza per le occasioni che
abbiamo avuto per imparare
quanto sia possibile fare a livello locale per persone malate, anziane, per mamme e bambini e
per i disperati che a causa della disoccupazione e della solitudine perdono ogni speranza, ogni
capacità di rapporto umano.
Molto viene fatto da volontari
affiancando persone preparate per i diversi lavori; sono giovani e anziani che offrono parte del loro tempo libero. E questo aspetto della vita delle comunità ci è parso essere molto
presente ovunque, come una risposta alla predicazione dell'Evangelo che non può essere
affidata ad altri. Notevole ci è
sembrata l’opera in due chiese
nei sobborghi poveri di Manchester e Liverpool, dove i pastori
vivono in mezzo a persone che
hanno un estremo bisogno di sostegno, di aiuto, ma che difficilmente sono attratte da una chiesa troppo tradizionale (in una,
il pastore mi ha spiegato che
ha dovuto inventare un modo
nuovo di fare il sermone per
renderlo « ascoltabile » da chi segue bene canti o piccole preghiere e poi durante la predica va
fuori a fumare la sigaretta).
Ma c’è un altro aspetto che
vorrei mettere in evidenza, perché alcune di noi si sono interrogate sulle difficoltà di convivenza alTinterno della Chiesa
unita di tre denominazioni, con
impostazioni a volte abbastanza
diverse. Ebbene, la risposta che
ci è stata data è questa; abbiamo superato le diversità delle
nostre strutture perché abbiamo
riconosciuto che il centro per
ciascuna chiesa non può e non
deve essere altro che Cristo.
Elena Vigliano
• Domenica 8 ottobre avrà
luogo il culto di insediamento
del nuovo pastore titolare Bruno Rostagno; ai due culti parteciperai la corale. In entrambe le
circostanze verranno sospesi i
culti ai Coppieri ed agli Appiotti.
LUSERNA SAN GIOVANNI
— Il pastore Noffke, che durante Tanno ha collaborato alla vita ecclesiastica della nostra comunità come secondo pastore,
ha preso da noi commiato domenica scorsa presiedendo il culto nella cappella degli Airali e
nel tempio dei Bellonatti.
Mentre lo ringraziamo per il
prezioso contributo di collaborazione da lui dato alla nostra
chiesa, chiediamo al Signore di
accompagnarlo nel suo nuovo
ministero pastorale a Villar Perosa.
ANGROGNA — Venerdì 6 ottobre, alle ore 20,30, il concistoro avrà la sua prima riunione
dono Testate.
SAN SECONDO — Sabato 7
ottobre, alle ore 15, i bambini
della Scuola domenicale sono
convocati nel Salone per un pomeriggio di giochi.
SAN GERMANO — Domenica
1° ottobre avrà luogo il culto di
inizio attività, con celebrazione
della Santa Cena.
• Ci hanno recentemente lasciati Clotilde Beux ved. Beux
che, dopo un lungo periodo di
sofferenze, ha terminato la sua
esistenza terrena all’età di 77
anni; il pastore emerito Alberto Ribet, che tutti ricordia
mo con riconoscenza per aver
egli sempre saputo testimoniare fedelmente della sua profonda fede in Cristo; Lea Gallian
ved. Pontet mancata in casa
della figlia ove è stata amorevolmente assistita durante i suoi
ultimi anni; Ilda Rostan, che ha
trascorso l’ultimo periodo della
sua vita presso il nostro Asilo.
PROTESTANTESIMO
IN TV
COMUNICATO
A causa dei sopraggiunti obblighi di programmazione del
programma « Umbria jazz »,
è venuto a mancare lo spazio dì un’ora promesso per
domenica 17 settembre.
La nuova data per la trasmissione del numero speciale « Il grande viaggio » è quella di domenica 8 ottobre, auspicabilmente in orario migliore del solito. La trasmissione sarà tuttavia ridotta a
50’ rispetto ai 58’ originari.
La replica sarà trasmessa il
giorno successivo, lunedì 9
ottobre, ulteriormente ridotta
a 30’.
Domenica 15 ottobre sarà
ripresa la sequenza normale
della trasmissione, con un numero di attualità.
Sabato 30 settembre
n INCONTRO MONITORI
III CIRCUITO
CHIOTTI — Alle ore 14.30. presso
la sala delle attività, si incontrano I
monitori del MI circuito per programmare l’attività del nuovo anno.
Domenica 1° ottobre
□ CONVEGNO EGEI
VILLAR PEROSA — A partire dalle
ore 9.30 inizia un convegno a carattere
regionale sul tema: « La condizione
giovanile ».
10
10 valli valdesi
29 settembre 1989
1 valdesi e la
democrazia
La delegazione delta Direzione
del PCI in visita alle valli vaidesi ha incontrato i responsabili di opere sociali, l'ospedale
di Pomaretto e l'Asilo per
vecchi di San Germano, di istituti culturali, Agape e il Centro
culturale di Torre Pellice, ha
visitato ad Angrogna i luoghi storici. Al termine i responsabili
comunisti hanno tenuto un incontro pubblico sul quale riferiamo qui di fianco.
« Abbiamo scoperto — ha detto il senatore Chiarante ■— una
realtà fatta di impegno morale,
capace di sviluppare la personalità di ciascuno, in un rigoroso
rispetto della democrazia ». E'
sicuramente, questo, un bel riconoscimento dell'importanza
della nostra presenza in Italia
e nelle valli in particolare. Un
attestato di stima che ci onora.
« Abbiamo bisogno della vostra esperienza — ha detto l'on.
Violante — per combattere le
nuove discriminazioni che stanno emergendo nella società italiana. Voi avete, nella vostra
storia, combattuto la prepotenza
perché dietro ogni discriminazione c'è sempre l'imposizione del
più forte ».
Il PCI del « nuovo corso » vuole dunque collaborare con i vaidesi ed insieme costruire una
moderna democrazia nel paese.
Certo i valdesi amano la democrazia e la libertà. La stessa concezione della chiesa, la sua organizzazione in un sistema di
assemblee costituiscono per ogni
valdese che frequenti la scuola
domenicale, il catechismo, le assemblee un formidabile apprendistato democratico. E' difficile, quando si ha questa lunga
frequentazione, non essere democratici. Si apprende a discutere,
a decidere insieme, a rispettare
le regole.
La storia, poi, ci ha insegnato
ad amare e difendere la libertà,
non solo la nostra, ma quella
di tutti.
Non poteva perciò mancare ■—
nell'incontro pubblico — una richiesta al PCI: « Non dimenticate la questione morale — ha
detto Marco Rostan —, sia quando state all'opposizione, sia quando siete in maggioranza. Il clientelismo, così diffuso in Italia, è
un rischio reale per la libertà
e per la democrazia ». E' infatti
una questione che ci preoccupa
molto. In questi quarantacinque
anni di vita democratica, un sistema politico bloccato, ad egemonia democristiana, ha garantito a molti i diritti sociali trasformando i cittadini in clienti
di questo sistema. Ed oggi —
a tutti i livelli politici, dal governo, alle regioni, ai comuni — si
prendono provvedimenti, leggi,
decisioni tendenti ad aumentare
il numero dei clienti. Quando si
è clienti, le procedure sono semplificate, si ottengono le cose rapidamente. Anche noi, le nostre
chiese, siamo oggetto di questo
tentativo al quale, per ora, resistiamo.
Siamo consapevoli che se si
vuol costruire una democrazia
reale dobbiamo concepirla come
una rete in cui ciascuno, partito, associazione, chiesa, movimento, singolo, ha la possibilità
di proporre e prendere iniziative, in confronto ed in dialettica
con l'altro. Noi valdesi cerchiamo di fare ciò difendendo l’autonomia della nostra ricerca culturale e della nostra iniziativa
Sociale. Lo .sappiano quanti oggi ci cercano.
Giorgio Gardiol
UNA DELEGAZIONE DEL PCI VISITA LE VALLI VALDESI
Un partito «riformato»
e le chiese evangeliche
« Finora sono siati gli evangelici, i valdesi ad andare al PCI,
Ora finalmente è il PCI che viene da noi », così Marco Rostan.
membro della Tavola valdese, ha
salutato la delegazione della Direzione nazionale del PCI venuta
ad incontrarsi con la realtà delle valli valdesi, la « punta dell’iceberg » del mondo evangelico
italiano. Una delegazione rappresentativa del partito comunista
ad alto livello, con il sen. Chial'ante, responsabile della cultura nella Direzione nazionale,
l’on. Violante, vicecapogruppo
alla Camera, Gouthier, responsabile per i problemi delle minoranze etniche e religiose. Dameri, vicepresidente del Consiglio
regionale. Ardito, segretario del
PCI torinese, Bontempi, parlamentare a Strasburgo ed altri
esponenti comunisti pinerolesi.
Hanno visitato alcune opere sociali, diaconali delle chiese vaidesi (Agape, ospedale di Pomaretto, Asilo di San Germano),
hanno tenuto una conferenza
stampa nella sala consiliare di
Torre Pellice, con udienza di pubblico nutrita ed attenta.
Nella scelta di campo e di impegno politico che è sempre difficile in coerenza con la propria
fede, i protestanti hanno guardato al PCI come a uno dei jxjli
di riferimento. Significativa in
questo senso la testimonianza
evangelica spesa come senatore
eletto nelle file del PCI dal pastore Tullio Vinay. La salute incerta non ha consentito a Vinay
di essere presente, egli ha fatto
avere un messaggio teologico e
politico alla delegazione comunista ed alle popolazioni di fede cristiana: « Ricordate che
l'agàpe di Cristo è l'opposto del
potere... la politica del servizio
è amore degli altri, dimenticanza di se stessi, facendo politica
siate servitori del popolo ».
Ma non sempre i protestanti
italiani sono stati corrisposti nel
loro impegno politico. Le logiche di potere hanno corrotto
sempre più i rapporti di convivenza in una società, come la
nostra italiana, che non ha potuto mettere a profitto i valori
di responsabilità comunitaria, di
etica nei rapporti sociali e vita
pubblica, di condivisione affermati altrove con la riforma protestante.
« E' vero — ha riconosciuto
l’on. Violante —; in altri tempi
abbiamo avuto rapporti privilegiati di attenzione, di ricerca di
alleanze con il mondo, con le
culture cattoliche... Ma ora, anche necessitato nella sua evoluzione dalle vicende storiche, il
nostro partito è cambiato, è alle nostre spalle la vecchia concezione piramidale del partito e
delia democrazia, consentiteci di
dire che siamo anche noi, oggi,
un partito, una forza politica e
culturale "riformata” ».
« Il PCI — ha detto il sen.
Chiarante — è impegnato in una
riflessione attenta sui temi religiosi, delle culture religiose, Tanalisi di Marx sulla religione oppio dei popoli è datata. Le ce
àtM'
im : i ■
Agape. Un momento della visita della delegazione PCI.
Ji
lebrazioni del vostro "glorioso
rimpatrio" sono state un'occasione ed uno stimolo anche per
noi, vogliamo vedere come si
manifesta l'impegno religioso
nella vita pubblica, riconosciamo l'esigenza di regole nuove nella fase politica in cui stiamo. entrando, di un'etica che nasca da
motivazioni come le vostre, insieme religiose e laiche ».
La conferenza stampa-dibatti
to è stata intensa, ha toccato
quei temi e nodi importanti che,
se sono vissuti con particolare
sensibilità dalla nostra piccola
minoranza protestante, hanno respiro e valenza nazionale in una
politica di governo del nosti'o
paese non appiattita sulTesistente.
Come pastore valdese e presidente della Federazione delle
chiese evangeliche, Giorgio Bouchard ha sottolineato come la
componente valdese-metodista
sia solo la parte emergente di
un movimento evangelico largamente rappresentato nel Meri
dione d’Italia, destinato a crescere con i processi di immigrazione straniera, degli africani che
sempre più verranno nel mercato del lavoro in Italia. C’è un
grande lavoro da fare con gli
immigrati per costruire una società multietnica, multiculturale,
che si ingegni a trovare nelle diversità spinte aU’arricchimento
ed alla crescita civile. Altri interventi si sono soffermati sui
problemi della laicità deilo Stato e della scuola, sulla necessità di affermare la questione morale, del rispetto delle regole
nella vita sociale e politica di
fronte al principio della fragilità delle regole.
Ma non basta il confronto verbale: questi temi, han detto i
dirigenti comunisti, il partito deve tradurli in « politiche », in
programmi. Il PCI cercherà di
camminare insieme con gli evangelici italiani: arrivederci, han
detto nel salutare i valdesi delle valli pinerolesi.
N. Sergio Turtulici
PERRERO
Il diritto all’asilo ni
Un gruppo di famiglie di Perrero è impegnato in questi giorni in un’azione di protesta attraverso i settimanali locali, per difendere il diritto all’ammissione
all’asilo nido di Perosa Argentina
dei propri figli.
Perosa è un centro dove affluisce un numero considerevole di
lavoratrici madri, sia nelle fabbriche, sia in altre occupazioni e
l’asilo nido è frequentato da bimbi provenienti da vari comuni. Si
tratta ora di regolare questo accesso tramite una convenzione
che impegni le amministrazioni
comunali anche sotto il profilo
finanziario, per alleggerire il carico della retta gravante sulle famiglie.
I genitori di Perrero sollecitano quindi Tamministrazione comunale a firmare questa convenzione, senza la quale i loro figli si
vedranno esclusi dal servizio.
Essi sostengono che si devono
aiutare le famiglie giovani che
vogliono mantenere la propria
residenza nei piccoli comuni,
non privandole dei vantaggi che
sembrano invece riservati agli
abitanti dei grossi centri di fondovalle. L’alternativa non può
essere altro che l’emigrazione e
il conseguente impoverimento
delle zone di alta montagna, già
così segnate dallo spopolamento degli ultimi decenni.
L.V.
I paesi del Monviso
SALUZZO — Sabato 23 settembre, nella «Casa Cavassa», è
nata l’Associazione « I paesi del
Monviso ». La nuova associazione, voluta dalle Provincie di Torino e Cuneo, dalle Camere di
commercio, dai Comuni di Saluzzo, Pinerolo e Borgo San Dalmazzo, dalle Comunità montane
delle valli Chisone e Germanasca, Grana, Maira, Pellice, Po,
Stura, Varaita, in rappresentanza di 80 comuni, ha lo scopo di
valorizzare tutti gli aspetti ambientali, turistici e culturali,
economici della cerchia del Monviso.
Dall’altra parte delle Alpi si è
costituita una analoga associazione che è presieduta dal sindaco di Aiguilles, nel Queyras.
Sport e violenza
TORRE PELLICE — La manifestazione organizzata nei giorni scorsi dal « Torino club vai
Pellice » ha voluto non soltanto ricordare la storia di una
squadra dal passato glorioso, ma
soprattutto rilanciare l’immagine
dello sport come momento di aggregazione, di incontro e di « socializzazione» ; in questo contesto
si è inserito il dibattito pubblico
sul tema della violenza negli stadi, una serata che ha visto intervenire attivamente, oltre agli oratori ufficiali (il sociologo dell’Università di Napoli dott. Garelli,
lo psicoanalista dr. Prunelli, l’allenatore che segue il settore giovanile, cioè quello in cui avviene
la formazione non solo dell’atleta ma dell’wuomo sportivo», del
Torino Calcio, Vatta) anche molti dei presenti nel salone del cinema Trento.
Sin dalle prime battute del dibattito, rivelatosi molto interessante, sono scaturiti alcuni punti
che riteniamo essenziali.
Innanzitutto non è lo sport, lo
stadio, che genera la violenza ; esso è soltanto una valvola di sfogo di un problema già presente,
magari in modo latente, nei vari
strati della società.
Lo stadio quindi è diventato il
veicolo preferenziale di gruppi di
persone che bisogna smettere di
considerare come giovani che
non hanno ideali, punti di riferimento nella società odierna,
« vittime » essi stessi della mancanza di chissà che cosa.
Al contrario, oggi, chi si rende
protagonista di violenze domenicali viene catapultato (complici purtroppo i mass media)
all’attenzione di tutti.
Paradossalmente, da colpevole
quale egli è, diventa un eroe
(seppur in negativo), un protagonista di cui comunque si parla
in TV, sui giornali.
Altro aspetto che è scaturito
dal dibattito è che tutti i provvedimenti più o meno restrittivi
che da più parti vengono invocati sono, se non deleteri, di difficile attuazione. L’aspetto più
importante rimane quindi, secondo quanto ha affermato Vatta,
l’educazione allo sport ed ai suoi
valori dei ragazzi sin dalla più
tenera età.
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11
29 settembre 1989
valli valdesi 11
APERTURA DELL’ANNO SCOLASTICO AL COLLEGIO
Con lo sguardo all'Europa
L’apertura deiranno scolastico
al Collegio valdese ha avuto luogo anche quest'anno con un pomeriggio trascorso alla Casa valdese, alla presenza di studenti,
professori, membri del comitato,
ma anche ex allievi; una sorta
di continuità, espressa anche dalle borse di studio che gli « amici », in pratica ex allievi, da tempo offrono agli attuali studenti,
o anche dalla simpatica premiazione degli allievi più meritevoli
nell’ultimo anno scolastico da
parte di chi nelle aule del Collegio c’era qualche anno fa.
All’insegna della continuità
l’apertura, senza grosse novità il
nuovo anno scolastico: cambia
la denominazione delle classi
(non più IV e V gimiasio ma l®,
2«, 3»... liceo sperimentale), ma
non cambia la sostanza. Ci sono
alcuni mutamenti fra i professori: lasciano, per diversi motivi,
il vicepreside Malan, Rivoira,
Taiascio ed il past. 'Tourn che
insegnava storia delle religioni
ed al loro posto arrivano insegnanti nuovi soltanto per scienze, latino e greco. Praticamente stabile anche il numero totale degli allievi (129), anche se il
primo anno registra una leggera
flessione rispetto al passato.
Al termine della giornata inaugurale abbiamo rivolto alcune
domande ai presenti.
Al past. Tourn, che rimane comunque presidente del « comitato », abbiamo chiesto quale ruolo gioca ed in prospettiva euro
SAN GERMANO
Numeri
vincenti
Passato il tempo della festa,
dopo l’inaugurazione del Nuovo
Asilo dei Vecchi di San Germano Chisone, viene il tempo dei
bilanci, e sono quasi tutti in attivo.
Notevole è stato infatti il numero delle persone intervenute
e che hanno seguito con interesse i vari momenti della giornata. Anche il provento finanziario è stato ragguardevole, in
quanto le entrate nette (compresa la lotteria e la mostra d’arte) hanno raggiunto i cinquanta
milioni. Un simile successo non
nasce dal caso: è dovuto ad
un’accurata organizzazione che
ha visto impegnati nei vari settori più di duecento volontari. Il
Comitato di gestione vuole ringraziare tutti i gruppi e le persone che hanno reso possibile
questa lieta manifestazione. Purtroppo, però, non tutto è filato
liscio, in quanto dei ladri hanno
rubato una trentina di premi
della lotteria che ancora non
erano stati ritirati. Al di là del
danno economico, ciò che lascia
amareggiati è la constatazione
che l’egoismo e l’ingordigia non
si fermano di fronte a nulla.
Non volendo che dei ladruncoli
riescano a cancellare il ricordo
hello della giornata inaugurale,
il Comitato di gestione e l’Aseocia.zione degli amici dell’Asilo hanno deciso di ricomprare
i premi. I vincitori sono pregati, ovviamente, di affrettarsi
a ritirarli. Ecco i numeri vincenti:
19702, 298, 20569, 6267, 24979, 13644,
24255. 25868, 18051. 2451, 10916, 6548,
3550, 5920, 6105, 23639, 4089, 14268,
8344, 20158, 19840, 22063, 5304, 19950,
18168, 22283, 6193, 17114, 20367, 5061,
13980, 11580, 21686, 17236, 23610,
17253, 20560, 20353, 7280, 8605, 6739,
13940, 24079, 2037, 27905, 20721,
22808, 13983, 25941, 2483, 6986, 28758,
2633, 19037, 1866, 10934, 17243, 16942,
20867, 739, 17217, 20164, 7373, 19915,
8525, 17985, 2041, 21497, 18992, 2091,
8805, 7056, 22792, 7923, 584, 17458, 9621,
14947, 27044, 7448.
wmim^mmsssimsih
wsm
La premiazione dei migliori allievi dell'anno ’88-’89.
pea può giocare questo istitu’.o.
« Attualmente la scuola assolve il compito preciso di rappresentare per la vai Pellice uno
strumento di formazione culturale che da un lato dà accesso
airUniversità, dall'altro risponde
alle esigenze dei giovani di oggi
rispetto all’apprendimento delle
lingue. Rispetto alla sfida del
1992, cui la scuola italiana si
presenterà impreparata, dovremo riuscire ad inserire il Collegio e l’ambiente che sta intorno
nel quadro dell'Europa in formazione, aumentando e potenziando iniziative già abbozzate ».
Ci sono, si diceva, delle novità fra i professori; oltre a storia e filosofia, il prof. Fumerò
curerà anche « storia delle religioni »: « Mi sembra positivo il
modo con cui è stato risolto il
problema dell’ora di religione
con. questo tipo di insegnamento, che consente di dare un valore Specifico al fenomeno religioso rispettando contemporaneamente la libertà di pensiero dei
ragazzi e delle loro famiglie ».
Quale la valenza di questa
scuola, secondo un insegnante
non valdese?
«Il Collegio, secondo me, risulta ben integrato nella realtà
locale ma al tempo stesso stintola i ragazzi a confrontarsi con
il resto del mondo attraverso
vmggi, incontri con ragazzi stranieri. contatti con studiosi universitari ed esponenti del mondo del lavoro ».
Una fase di rilancio dunque
per questo istituto? La conferma
sembra arrivare anche da una
mamma: « Negli anni scorsi il
Collegio è stato al centro di grosse diseuss’oni, ma in una visione culturalmente valida delle
valli si deve pensare a questo
istituto, per il futuro, come ad
un polo valido culturalmente ».
I costi incidono nella decisione di una famiglia? La scuola
è alla portata della maggioranza delle famiglie delle valli?
« I costi cominciano ad essere
elevati; credo però che le famiglie siano in grado di scegliere
se frequentare una scuola in cui
si crede e che può dare qualcosa di più rinunciando ad un po’
di soldi per il tempo libero ».
Piervaldo Rostan
BOBBIO PELLICE
Ricordando un amico
L’Associazione culturale Kalenda Maia, la Comunità Mentana Val Pellice, il Comune e la
Pro Loco di Bobbio Pellice organizzano per domenica 1° ottobre alle ore 15 in Bobbio una
manifestazione presso l’area del
mercato coperto con musiche e
danze eccitane.
In tale occasione (e precisamente alle ore 16) verrà presentato il disco: « Con Enzo: i
Esquiarzée sonen las danqas occitanas ».
Saranno presenti l’etnomusicologo de «La Stampa » M.
Straniero, il presidente dell’Ass.
per la prevenzione e la cura dei
tumori in Piemonte G. Aimar
e infine D. Anghilante, esponente dell’associazione occitana Ousitanio Vivo.
Con questo incontro si vuole
ricordare la figura delTarchitettc Enzo Rovara, scomparso nel
settembre dello scorso anno. Egli
amava infatti la musica classica
e popolare a cui dedicava larga
parte del suo tempo libero come suonatore di organetto, nell’ambito della cultura occitana
e come membro di un ristretto
gruppo musicale: gli « Esquiarzée », con B. Mocchia e V. Cognazzo.
I brani raccolti nel disco sono il prodotto di registrazioni
casuali degli Esquiarzée (Enzo
all’organetto, Beppe alla ghironda e Vera al flauto). Alla realizzazione del disco hanno contribuito finanziariamente la Comunitài Montana Val Pellice, la
Cassa di Risparmio di Saluzzo e
un gruppo di amici di Enzo. Il
patrocinio dell’iniziativa è dell'Associazione per la prevenzione e la cura dei tumori in Piemonte a cui sarà devoluto l’incasso delle vendite.
Myriam Bein
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha In programma per il prossimo
fine settimna: ■< In una notte di chiaro di luna», sab. 30, ore 20 e 22.10;
« Ore 10, calma piatta », dom. 1° ottobre, dalle ore 16.
Consìglio comunale
TORRE PELLICE — Venerdì 29 settembre, alle ore 21, si svolgerà la
riunione del consiglio comunale dopo
la pausa estiva.
Programmi di Radio Beckwìth
______91.200 FM_____________
Segnaliamo alcuni programmi settimanali: la rubrica « A confronto », in
onda lunedì 2 ottobre alle ore 17,
presenterà delle interviste realizzate
in occasione della visita in vai Pellice di un gruppo legato all’attività dell'associazione ebraico-cristiana; ■< Classicamente », in onda ancora lunedì 2
alle ore 17.30 proporrà il concerto di
pianoforte tenuto nel tempio di Torre
Pellice da Luisita Buffa e Cristina
Scarca. La trasmissione « Rendezvous » del 4 ottobre, ore 11.30, sarà
dedicata alla visita alle valli di una
delegazione nazionale del PCI.
Autunno in vai d^ngrogna
ANGROGNA — Con la prossima settimana prenderanno il via le manifestazioni dell'ormai classica rassegna
« Autunno in vai d'Angrogna »; giovedì
5 ottobre ci sarà la fiera e sabato 7,
alle ore 21 nel tempio del Serre, verrà
presentato il coro dello Sport Club
Angrogna.
____________Concci'ti______________
TORRE PELLICE — Sabato 7 ottobre
si concluderanno le manifestazioni del
Il centenario della nascita di Charles
Beckwith con un concerto del Coro
polifonico dell'Istituto civico musicale Corelli di Pinerolo diretto dal maestro Claudio Morbo. La serata si svolgerà nel tempio valdese alle ore 21.
Mostre ~
TOPINO — Resterà aperta al pubblico fino al 7 ottobre, presso la sala
esposizioni del palazzo della giunta
regionale in piazza Castello 165, la
mostra ■■ Proposte MI »; nei giorni festivi, chiuso.
Convegni
TORINO — Venerdì 6 e sabato 7
ottobre avrà luogo, presso il salone
» Euroalp » a Torino' Esposizioni in
corso Massimo d’Azeglio, un convegno internazionale sul tema: » Gli uomini e le Alpi »,
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« lo sono la resurrezione e la
vita »
(Giov. 11: 25)
Il giorno 4 settembre in Toronto,
dopo lunga, sofferta malattia, è mancata ai suoi cari
Lucrezia Dell’Olio Monaco
Addolorati ma fiduciosi nelle promesse divine, lo annunciano agli amici lontani il marito pastore Ugo Monaco e
i figli Lidia e Davide.
Toronto, Canada, 6 settembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
(c Ritorna, anima mia, al tuo
riposo, perché VEterno t'ha colmata di beni »
(Salmo 116: 7)
Il 18 settembre 1989 è mancata
all’affetto dei suoi cari
Ada Gay ved. Pioda
di anni 89
Con dolore l’annunciano le figlie Giovanna e Rosetta, generi, nipoti, parenti tutti.
I familiari ringraziano quanti hanno preso parte al loro dolore. Un grazie
particolare al pastore Giuseppe Baldi
di Susa.
Villarfocchiardo, 20 settembre 1989.
RINGRAZIAMENTO
« Ciascuno, secondo il dono ch^
ha ricevuto, lo faccia valere al
servizio degli altri »
(I Pietro 4 ; 10)
I nipoti, la figlioccia Nirvana e le
diaconesse ringraziano quanti hanno
ricordato e salutato con affetto e riconoscenza
Suor Mélanìe Cardon
deceduta il 10 settembre 1989 alla
Casa delle diaconesse.
Torre Pellice, 29 settembre 1989.
Partecipazioni
personali
Margherita Beltramo rivolge un caloroso ringraziamento all’équipe medica
e al personale infermieristico dell’Ospedale valdese di Torre Pellice per le cure ricevute durante la degenza.
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Guardia medica :
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Ambulanza :
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Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
fono 2331 (Ospedale Civile],
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
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Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
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12
12 fatti e problemi
29 settembre 1989
TRANSJZIONE VERSO LA DEMOCRAZIA
La Namibia e le chiese
La storia della liberazione è anche per molti una storia di fede Le proteste per la repressione sudafricana e l’aiuto per i profughi
AMNESTY INTERNATIONAL
Prigionieri
del mese
prossimo mese di novembre sì terranno in
Namibia (ex Africa del Sud Ovest) le elezioni politiche che — si spera — dovrebbero consentire a
questo territorio di accedere all’indipendenza. Come noto, questa ex colonia tedesca è « amministrata » da 75 anni dal Sud Africa, che ha continuato
imperterrito ad interferire malgrado una risoluzione contraria dell’ONU emanata nel 1964. Naturalmente, la Repubblica sudafricana non demorde
dai suoi intenti ed ha stanziato notevoli fondi
per rafforzare la propaganda dei partiti che contrastano la SWAPO (South West Africa People’s
Organization), il movimento popolare che si batte
per la liberazione della Namibia.
Un servizio giornalistico apparso sul mensile
« Le Monde Diplomatique » si pone la domanda se
questo movimento avrà la forza ed i mezzi sufficienti per operare la difficile transizione verso la
democrazia. (In un recente appello il presidente
della SWAPO Sam Nujoma ha sottolineato a tal
proposito «la responsabilità della comunità internazionale »).
Che ruolo hanno avuto ed hanno le chiese in
questa situazione? Sempre su detto mensile un
breve articolo di John Evenson, giornalista inglese, offre una sintesi della contraddittoria — e poi
mutata — attività delle varie chiese, sintesi che
presentiamo qui sotto.
Negli anni 1840 dei missionari
tedeschi, provenienti da Città del
Capo, iniziarono la conversione
dei popoli Nama ed Herero,
aprendo nel contempo la strada
ai mercanti ed all’instaurarsi del
protettorato di Berlino sul sud
ovest africano. Quei pastori non
esitarono a dar la loro benedizione allo sterminio di decine di
migliaia di indigeni durante le
guerre del 1904-1906.
Questi predicatori furono poi
seguiti da anglicani, da cattolici,
da luterani, da seguaci della
Chiesa riformata olandese. Oltre
alla loro opera religiosa, essi assicuravano quella educazione e
quelle cure mediche di cui lo
Stato non si curava troppo istituendo scuole ed ospedali, provvedendo alla formazione di
infermiere, di insegnanti, di pastori e di religiose. Malgrado la
loro posizione sovente favorevole
al colonialismo, le chiese inculcarono i valori di giustizia delle
Scritture, rafforzando le popolazioni locali nella ripulsa verso i
conquistatori.
Formazione dalle
missioni
Che la maggioranza dei dirigenti della SWAPO provenga
dalle scuole missionarie non deve stupire. Peraltro, e contrariamente a numerosi altri casi
coloniali, la comunità cristiana
— che è stata a lungo uno dei pilastri dello status quo — è diventata col tempo uno dei due
grandi protagonisti della lotta di
liberazione.
La fede cristiana è stata adottata da oltre il 70 per cento della
popolazione e — come è successo per la SWAPO — i quadri delle chiese sono diventati namibiani. Nel 1962 la più importante
comunità religiosa, i luterani,
aveva una prarchia autoctona e
metteva già in causa, seppur
con una certa prudenza, la politica sudafricana.
La chiamata della SWAPO alla
lotta per la libertà ha trovato il
suo fondamento ideologico negli
insegnamenti cristiani. Parecchi
suoi dirigenti sono anche fervidi
credenti : quando l’organizzazione iniziò la lotta armata nel 1966,
32 dei 37 dirigenti, arrestati in
base all’applicazione retroattiva
della legge « Terrorism Act », erano cristiani praticanti.
Una comune
azione di protesta
In risposta alla susseguente,
terribile repressione, le Chiese luterana, cattolica e anglicana indirizzarono alle autorità sudafricane, il 26 agosto 1966, una protesta in comune. Nel 1971, facendo eco alla dichiarazione della
Corte internazionale di giustizia
considerante illegale l’occupazione della Namibia, i dirigenti della Chiesa luterana lessero in ogni
parrocchia una lettera in cui si
richiedeva il ritiro del Sud Africa.
Quel testo, subito adottato anche
dagli anglicani e dai cattolici, diede una forte legittimità alla lotta
della SWAPO e fece delle chiese un temibile oppositore di Pretoria.
Solidarietà a
livello mondiale
Durante questi ultimi anni, il
Consiglio delle chiese della Namibia, che raggruppa tutte le
confessioni cristiane, ha contestato apertamente la dominazione sudafricana, chiedendo l’aiuto delle chiese a livello mondiale,
e particolarmente agli Stati Uniti, al Regno Unito, al Canada ed
alla Scandinavia. Esso ha anche
assicurato il sostegno finanziario
e legale per migliaia di prigionieri, ha moltiplicato il numero delle scuole — anche per adulti —,
ha insegnato l’agricoltura e dif
R. P.
fuso i linguaggi locali. Pastori,
suore, gente che lavora nelle chiese hanno partecipato alla guerra di liberazione o hanno aiutato
concretamente i combattenti fornendo cibo, medicine o asilo e favorendo raffermarsi del movim.ento sindacale. Oggi, alla vigilia dell’indipendenza, esse sono
diventate la principale organizzazione di aiuto per la risistemazione dei 40 mila profughi.
Tutti i governi hanno tentato
di manipolare le chiese in funzione dei propri interessi. Non ci
sarebbe quindi da sorprendersi
se dovessero sorgere delle divergenze col nuovo potere, come si
constata nella maggior parte dei
paesi dove la religione è rimasta
fedele agli ideali dei diritti dell’uomo e della giustizia. C’è da
augurarsi che — nel caso della
Namibia — queste differenze vengano risolte in modo democratico.
John Evenson
MIRAI CREANGA ROMANIA
Di 47 anni, critico teatrale della rivista «Romania Pitoreasca».
E’ stato arrestato in gennaio a
Bucarest e accusato di essere
fra gli autori dell’opuscolo intitolato « La malattia del potere »
in cui si critica fortemente la
politica del presidente Ceausescu. Altre tre persone, due giornalisti e un linotipista, sono
state arrestate per lo stesso motivo. Secondo alcune testimonianze i quattro sarebbero stati
indotti a confessare da maltrattamenti fisici e pressioni psicologiche. Non hanno potuto avere
contatti con la loro famiglia e gli
avvocati. Il processo è stato rinviato a tempo indeterminato.
Si invitano i lettori a rivolgere
appelli cortesi per la loro liberazione a:
President Nicolae Ceausescu
Galea Victoriei, 49
Bucarest
Repubblica Socialista di Romania
BARA BIN MORAMMED
BRUNEI DARUSSALAM
Di 56 anni. E’ stato arrestato
nel dicembre del 1962 in seguito
ad un tentativo di rivolta guidato dal Partito popolare, di cui
egli era membro. E’ detenuto
sulla base degli ordini di emergenza che consentono l’imprigionamento a tempo indeterminato
senza accusa e processo. Nel
1962 erano stati arrestati 2.500
individui, ma solo quattro sono
ancora in carcere. Questi non
erano membri di rilievo del Partito popolare. Sono ormai sui
sessant’anni ed hanno passato
XIX CONGRESSO DELL’YWCA ITALIANA
Verso una società multirazziale
e multiculturale
L esigenza (del rispetto delle culture, condizione per un corretto
rapporto con gli immigrati - Le linee fondamentali (deH’associazione
TI passaggio dall’aiuto di emergenza a favore delle donne immigrate a un coinvolgimento
complessivo nelle loro vicende
umane caratterizza la nuova fase dell'impegnativo lavoro che
l’YWCA-UCDG (Unione cristiana
delle giovani) svolge da quattro
anni in questo campo.
Si tratta di uno degli aspetti
fondamentali dell’attività dell'associazione ed è stato al centro
dei lavori del congresso nazionale che si è svolto a Roma dal
15 al 17 settembre. Non a caso
il momento pubblico del congresso è stato una tavola rotonda sul tema « Verso una società multiculturale e multirazziale ». Il tema è uno dei più dibattuti in questo momento e va segnalato il particolare valore dell’iniziativa dell’YWCA per due
motivi: l’esigenza di porre in evidenza la validità dell’intervento di una associazione femminile
interconfessionale nei confronti
della specificità dei problemi delle donne immigrate e la capacità dcH'YWCA di adattare alle
nuove realtà il proprio impegno
sociale per la promozione |’cmmiinle, che da più di un secolo è
lo scopo dell’associazione.
Alla tavola rotonda, moderatrice Liliana Richetta, presidente
del Consiglio nazionale delle
donne italiane, hanno preso parte Maria Immacolata Maciotti,
docente di sociologia all'Università di Roma, Gianni Giadresco,
parlamentare e autore del libro
« Dai magliari ai vu’ cumprà »
nonché ispiratore della legge 943,
Saida Ah, medico pediatra, Maité Guerrero, pedagoga cilena.
Dalle indicazioni fornite dagli
oratori e dai vibranti interventi
di alcune donne immigrate di
diversa provenienza geografica
(Etiopia, Cile, Capoverde), è emersa soprattutto l'esigenza della conoscenza, del rispetto e della salvaguardia delle culture di
cui gli immigrali sono portatori
come premessa per la costruzione di una nuova società multieltiica e multiculturale.
Giadresco ha inoltre confermato il suo impegno per una corretta applicazione e per eventuali modifiche delle norme contenute nella legge 943. Esther Ailé
Jacohson è intervenuta a nome
del Servizio Migranti della FCEI.
Tre linee fondamentali, liaffermate dagli ordini del giorno conclusivi, che sono storicamente il
più prezioso patrimonio dell’YWCA, escono confermale, rafforzate e adattate al nostro tempo da questo congresso: l’internazionalismo, l’interconfcssionalismo e lo spirito di servizio rivolto in modo specifico alla promozione femminile.
L’internazionalismo è stato il
tema dell'intervento della segretaria dell’YWCA mondiale. Eiaine Messe Grief, venuta appositamente da Ginevra, che ha ricordato come la grande forza dcl
l’associazione, presente in 88 paesi di tutti i continenti, è la capacità di conservare stretti rapporti Luna con l’altra, ma di saper adattare i propri modelli di
azione alle situazioni dei singoli
paesi con ampia autonomia e
grande duttilità.
L’interconfessionalismo può essere un prezioso contributo al
dialogo ecumenico che assume
oggi nuove forme e nuovo significato. Lo spirito di servizio infine si esprime soprattutto attraverso le molteplici iniziative nel
campo sociale, oggi in particolare a favore delle immigrate, che
vanno dall’ospitalità ai corsi professionali, alle lezioni di lingue,
alla con.sulenza per risolvere le
situazioni personali e familiaii
più difficili.
Il congresso ha infine eletto
il nuovo gruppo dirigente, la
Commissione esecutiva nazionale, che risulta così composta:
hlena Pontet, Lidia Trossarelli,
Mirella Bein, Dina Eroli, Egidia
Pino, Leda Cappello, Gina Di
Bucci.
Gli impegni per il prossimo
quadriennio sono dunque all’insegna della continuità della linea storicamente consolidata in
oltre un .secolo di vita, ma nello
stesso tempo della individuazione e dell’intervento nelle « nuove emergenze » sociali del nostro paese.
Fulvio Rocco
buona parte della loro vita in
carcere. Essi rifiutano di firmare l’ammissione di colpa. Amnesty li considera prigionieri d’opinione.
Si prega di inviare lettere cortesi per chiedere il loro rilascio
a:
H.M. Sin Muda Hassanal Bolkiah Mu’irraddin Waddaulah
Tstana Darul Rana
Bandar Seri Begawan
Brunei Darussalam - Asia
JOSE’ PRIMO ESONO MICA
GUINEA EQUATORIALE
Di 49 anni, insegnante. Viveva
in esilio in Spagna, ma ritornato in patria per una breve visita nell’agosto ’88, veniva arrestato e accusato di concorso in un
complotto per rovesciare il governo. Egli era membro del Partito del progresso in esilio e si
opponeva al sistema monopartitico del suo paese. Esono Mica
è uno delle migliaia di soldati
e civili arrestati nell’agosto dell’88 e detenuti a Bata. La maggior parte di essi sono stati liberati in settembre. Ma tre soldati e sei civili sono stati giudicati dalla Corte marziale, a
Bata, tra il 14 e il 16 dello stesso mese. Hanno avuto scarsissime possibilità di difesa. La Corte ha accettato ogni dichiarazione incriminatoria rilasciata
dagli imputati sotto tortura, ma
l’accusa non è riuscita a dimostrare che essi avessero usato o
promesso la violenza e che oi
fosse stata veramente una cospirazione contro il governo.
Scrivere cortesemente per
chiedere la liberazione di José
Primo Esono Mica a:
Su Excelencia Coronel
Teodoro Obiang Nguema
Mbasogo
Presidente de la República
Gabinete del
Presidente de la República
Malabo
Repubblica della Guinea Equatoriale - Africa
Le tre lettere possono essere
scritte in lingua inglese, preferibilmente, o italiana.
Questi sono i casi dei tre prigionieri d’opinione presentati nel
Notiziario di luglio di A.I. Dallo
stesso numero apprendiamo che
dei 40 prigionieri ricordati nel
1988 15 sono già in libertà.
Un giovane greco, prigioniero
di coscienza, rilasciato in dicembre, scrive: « Prego tutti i
membri di A.I. di accettare i
miei più fervidi auguri di grande successo nel loro lavoro. Un
grazie davvero grande per il vostro aiuto... ».
A pag. 6 dello stesso Notiziario leggiamo ancora: « I prigionieri d’opinione possono essere
condannati a morte o a lunghe
pene detentive, spesso dopo processi iniqui; possono essere detenuti senza imputazione c processo anche per decenni o possono semplicemente ’’sparire”.
Le lettere scritte per loro contribuiscono a fare in modo che
questi prigionieri non siano dimenticati. Esse mantengono viva la speranza che i prigionieri
saranno rilasciati, che potranno
riunirsi alle loro famiglie e a
coloro che li amano, per godere
liberamente dei fondamentali diritti umani. In alcuni casi le
lettere possono essere l’unico
mezzo, o il più efficace, per raggiungere tali scopi... talvolta un
prigioniero viene liberato. Le
ragioni per cui ciò avviene possono essere molteplici e difficili
da determinare, ma esistono fondate speranze che le migliaia di
lettere spedite dai membri di
A.I. sparsi in tutto il mondo abbiano un notevole peso.
A cura del Gruppo
Amnesty Italia 90 Val Pellice