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BILYCHNB
RIVISTA MENSILE ILLVSTRATA DI STUDI RELIGIOSI
Anno III :: Fasc. I, GENNAIO 1914
Roma - Via Crescenzio, 2
ROMA - 31 GENNAIO - 1914
DAL SOMMARIO: Aschenbrödel*. «Boanerges» o i gemelli celesti. — ROLAND D. Sawyer : La Sociologia di Gesù (Gesù e lo stato). — L. P.: 11 nuovo Tempio Valdese a Roma (con 6 tavole). — ROMOLO MURRI : Religione e politica (Lettere a un socialista ufficiale e ad un liberista). — ERNESTO RUTILI: Vitalità e vita nel Cattolicismo (Cronache). — PER LA CULTURA DELL'ANIMA: Dalle prediche all’Arte! — Una domanda attuale ÌW. Monod) — L’esperienza del mistero religioso (P. G.) — Ansando alla « Gioconda » (A. Tagliatatela) — Pagine scelte. — Tra LIBRI e RIVISTE: — Pedagogia e religione (Mario Rossi) — La grande aurora (F. Cacciapuoti), ecc. — NOTIZIE.
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BILYCHNIS
RIVISTA MENSILE ILLUSTRATA DI STUDI RELIGIOSI ® ® ®
VOLUME m.
ANNO 1914 - I SEMESTRE (Gennaio-Giugno. Fascicoli I-VI)
ROMA
VIA CRESCENZIO, 2
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INDICE PER RUBRICHE
INDICE DEGLI ARTICOLI.
Aschenbrödel : « Boanerges » o i Gemelli celesti, p. 5. »73Costa Giovanni : Critica e Tradizione. Osservazioni sulla Politica e sulla Religione di Costantino, p. 85.
De Stefano Antonino : Le due riforme - Giovanni Calvino e Sebastiano Castiglione, pagina 165.
Losca Giuseppe : Sensi e pensieri religiósi nella poesia di Arturo Graf, p. 245» 394Lover John: Religione e Chiesa, p. 113.
Müller Alphons Victor: Agostino Favaroni, generale degli Agostiniani, e la Teologia di Lutero, p. 373.
Murri Romolo: Religione e Politica. Lettere a un liberista e a un socialista ufficiale, p. 24.
Id.: Nazionalismo e Cattolicismo, p. 184.
Id.: Estrema Destra, p. 269.
Id.: La politica ecclesiastica della Destra, pagina 400.
Pioli Giovanni : « Fede ed immortalità » nelle opere inedite di Giorgio Tyrrell, p. 309, 388.
P. L.: Religione ed arte. Il nuovo Tempio Valdese a Roma, p. 16.
Pons Silvio P.: Il pensiero politico e sociale del Pascal, p. 192.
Id.: Voltaire giudice dei «Pensieri» del Pascal, p. 317.
Rosazza Mario: Fedi crepuscolari, p. 327.
Rossi Mario: Il Giudaismo liberale e Gesù, p. 261.
Rostan C.: Le idee religiose di Pindaro, pagine 106.
Rutili Ernesto : Vitalità e vita religiosa nel Cattolicismo, p. 31.
Sawyer Roland P.: La Sociologia di Gesù. Gesù e lo Stato, p. xx.
PER LA CULTURA DELL’ANIMA. Conferenze — Prediche - Sermoni.
Adami G.: Cambiavalute e Banchieri, p. 132.
Delio Antonio : La rivelazione di Gesù è luce o tenebra? conforto o umiliazione?, p. 284.
Duperrut Frank : Cristianesimo : religione spirituale (Pensieri), p. 33S.
Fallot T.: L’azione buona di Gesù, p. 413.
Funk Philipp: Pasqua, p. 201.
Giran Etienne: Vivere in pace!, p. 126.
Loyson p. Giacinto: La riforma della famiglia, p. 212.
Monod Wilfred : Una domanda attuale, p. 48.
P. G.: L’esperienza del mistero religioso, p. 56.
Quiévreux A. : Il problema del Cristo, p. 203.
Redazione: Dalle prediche all’arte!, p. 45.
Rendei Harris: La liturgia dell’allodola (Liturgia della primavera), p. 278.
Rossi M.: I tre «Misteri» cristiani di Wood-brooke, p. 275.
Stapfer Edmond : La fede, p. 335.
Tagliatatela Alfredo : Pensando alta « Gioconda», p. 59.
Id.: Una virtù che se ne va, p. 407.
Pagine scelte.
Beecher H. W.s L’oratoria, p. 220.
Deismann: Anatolia, p. 218.
De Sanctis Francesco : Il libro divino, p. 63.
Kamm Adele: Felici nelle afflizioni, p. 287, 34* •
Keller E.: Fède nell’amore, p. 62.
Lhotzky H.: La vera educazione, p. 137.
Minocchi Salvatore: Terra Santa, p. 414-
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IV
BILYCHNIS
Montefiore C. G.: Gesù e la donna, p. 289.
Schubert Ernst: Predicazione e Politica, pagina 135.
Sdderblom Nathan : Il mondo della Religione, P- 343Preghiere.
Oberlin G. F.: Preghiera di consacrazione, p. 140.
Rauschenbusch : Preghiera della sera, p. 63.
Tagore Rabindranath : Preghiera, p. 344-Wagner Ci: Preghiera. Dio della lodolai, pagine 220.
NOTE E COMMENTI.
Billia M.: Il mistero dell’educazione, p. 4x9, Ferrando Guido : Alcuni aspetti della coscienza religiosa contemporanea, p. 417.
Ghignoni P.: Giuro sul mio onore, p. 415.
Rutili Ernesto: Lemire, p. 143Id.: F. De Pressense, p. 223.
Sóderblom Nathan, arcivescovo di Upsala, p. 417Vaccari Antonio: La Civiltà Cattolica denunzia!..., p. 345.
***: L’eterno conflitto; sacerdozio e profetismo, p. 223.
***: Reazione alla reazione: i gesuiti avanzano liberaleggiando, p. 290.
VOCI E DOCUMENTI.
Mastrogiovanni Salvatore: I Protestanti e la Massoneria - A proposito del recente congresso socialista, p. 353.
Pel Congresso di Cristianesimo Sociale, p. 120.
LIBRI E RIVISTE.
Cardauns Hermann: Aus dem Leben eines deutschen Redacteurs (Ernesto Rutili), pagina 430.
Cento Vincenzo : Condizioni morali delle Marche (Ernesto Rutili), p. 431.
Cotugno Raffaele : La sorte di Vico (R. Murri), p. 72.
Della Torre Arnaldo : Il Cristianesimo in Italia dai Filosofisti ài Modernisti (Ernesto Rutili), p. 158.
Falco Mario: La politica ecclesiastica della Destra (R. Muro), p. 400.
Fawkes A. : Studies in Modemism (A. G.), p. 70.
Funk Philipp: Von der Kirche des Geistes (Ernesto Rutili), p. 302.
Gentile Giovanni : Sommario di pedagogia generale (R. Murri), p. 73.
Gill Everette : La scuola della Chiesa (Mario Rossi), p. 66.
Giran Etienne : Sébastien Castellion et la Réforme Calviniste (A. De Stefano), p. 165.
Hébert Marcel: Jeanne d’Arc a-t-elle abjuré? (G. P.), p. 364.
Heltau Karl: Rom-Not (Ernesto Rutili), pagina 430.
Lodge sir Oliver: Man and Univers (N. H, Shaw), p. 230.
Michieli A. A.: Enrico Stanley (Ernesto Rutili), p. 260.
Missiroli Mario: La monarchia socialista.
Estrema Destra (R. Murri). p. 269.
Morn Ellick: Sorgi e cammina! (Franco Panza), p. 428.
Muller Wilhelm : Das religiose Leben in Ame-rika (Ernesto Rutili), p. 258.
Opuscoli e lettere di Riformatori italiani del 500, a cura di G. Pailadino (Ernesto Rutili), p. 74Orano P.: I Moderni, p. 235.
Outscimura Kariso: La crise d’âme d’un Japonais, ou Comment je suis devenu chrétien? (Ernesto Rutili), p. 153.
Pailadino G.: Opuscoli e lettere di Riformatori italiani del 500 (Ernesto Rutili), p. 74.
Paschetto Lodovico: Ostia, Colonia Romana (A. S.), p. 432.
Pedagogia e Religione, di Giovanni Geritile, P- 237.
Pelazza A.: Guglielmo Schuppe e la filosofia dell’immanenza, p. 238
Pey Ordeix Sigismundo: El Padre Mir è Ignacio de Loyola (Ernesto Rutili), p. 225.
Rauschenbusch Walter : Pour Dieu et pour le Peuple (Giovanni E. Melile), p. 359.
Rivari: La mente ed il carattere di Lutero (A. Fasulo), p. 366.
Saitta Giuseppe: La personalità di Dio e la filosofia dell’immanenza (Ugo Janni), p. 294.
Salvatorelli Luigi: Introduzione bibliografica alla scienza delle religioni (R. Murri), p. 73.
Schubert Ernst : Die Evangelische Predigt im Revolutionsjahr 1848 (E. Rutili), p. 71.
Spire André: Quelques juifs (Felice Momigliano), p. 421.
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INDICE
Strauss B. F.: L’antica e la nuova Fede (Ernesto Rutili), p. 239.
Tagliatatela Eduardo: Il divino nell’educazione (Mario Rossi), p. 64.
Id. : La poesia di Rabindranath Tagore (Mario Rossi), p. 424.
Utscimura Kanso (Vedi Outscimoura K.).
Valloton Paul : La grande aurora (Felice Cac-ciapuoti), p. 67.
Verso la fede. Scritti di R. Mariano, F. De Sarlo, E. Comba, G. Arbanasich, G. Luzzi, V. Tummolo, A. Crespi (Bernardino Varisi®), p, 145.
Vitali Giulio: Tolstoi pedagogista, p. 147.
Westphal Alexandre : Jesus de Nazareth (Felice Cacciapuoti), p. 299.
NOTIZIE.
Pag. 75.
ILLUSTRAZIONI.
Il nuovo Tempio Valdese a Roma:
I. Veduta del Tempio dal Palazzo di Giustizia.
IL La facciata.
HI. Interno: l’abside.
IV. Navata di destra. Galleria.
V. Pulpito.
VI. Tavola della S. Cena.
(Sei tavole tra le pag. 16 e 17).
Leone Tolstoi, ritratto, p. 149.
Leone Tolstoi tra i fanciulli, p. 150-151.
Kanso Outschimura nel suo studio, p. 155.
Giovanni Calvino e Sebastiano Castiglione, ritratti (tavola tra le pag. 168 e 169).
Le donne al Sepolcro: disegno di Paolo A. Paschetto (tavola tra le pag. 200 e 201).
Sir Oliver Lodge, ritratto, p. 231.
Graf Arturo quarantenne e Graf Arturo negli ultimi anni (due tavole tra le p. 24S e 249).
Lettera autografa di Arturo Graf, p. 255.
L’Allodola. Disegno a p. 278.
Tomba di Giorgio Tyrrell a Storrington (tavola tra le pag. 312 e 313).
Biagio Pascal, ritratto (tavola tra le pag. 320 e 321).
Lo Studio di Giorgio Tyrrell (tavola tra le pag. 388 e 389).
La « Rinascenza » cristiana nel secolo xvi : La scoperta della Bibbia (tavola tra le pagine 406 e 407)-
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INDICE GENERALE
Adami G.. p. 132.
Allodola (Liturgia della), p. 278. Anarchismo: L'anarchia di Gesù, p. 13. Archeologia : Origine e valore del monogramma costantiniano, p. 88; Ostia, p. 432.
Arte: Religione ed Arte, p. 15 ; Dalle prediche all’Arte, p. 44Aschenbrödel, p. 5, 173.
Anima : Per la cultura dell’A., p. 45. >26, 201, 275. 335. 40“ ; Crisi d'A. di un Giapponese, P- x53- . ...
Autorità: L’A. «lei vescovi e repiscopahsmo, p. 31 ; L’A. dottrinale della Coscienza, pagina 310.
Banchieri: Cambiavalute e B., p. 132.
Baraca (Il movimento), p. 67.
Beecher H. W., p. 220.
Bibbia (La): Il libro divino, 63; La B. come libro di testo per l'insegnamento religioso, p. 65; La scoperta della B. (quadro), pagina 406.
Billia Michelangelo, p. 419.
«Boanerges» o i Gemelli celesti, p. 5, 173;
I Gemelli celesti santi protettori dei fiumi e dei viaggi terrestri, p. 8; Id. protettori del mare, p. 9; Id. venerati come assessori del sole, p. 173; Santuari in onore dei Gemelli celesti, p. 174; L’elemento Diosco-rico fattore attivo dell’Antico e dei Nuovo Testamento, p. 176; 1 Dioscuri pagani sostituiti da altre coppie di Dioscuri cristiani, p. 176.
Cacciapuoti Felice, p. 67, 299.
Calvino Giovanni, p. 165; C. Saboteur tipico della Riforma protestante, p. 166; C. e l’appello al braccio secolare in materia di fede, p. 167 ; l’Ecclesiasticismo calvinista, p. 167; Serveto vittima di C.: come questi cerca giustificarsi, p. 169.
Cambiavalute: C. e Banchieri, p. 132.
Cardauns Hermann, p. 430.
Castiglione Sebastiano, p. 165 ; C. difensore e salvatore dell’onore della Riforma contro Calvino, p. 171.
Cattolicismo : Vitalità e vita nel C., p. 31; Nazionalismo e C., p. 184; Il C. in Germania, p. 430.
Cento Vincenzo, p. 431.
Chesterton G. K., p. 75Chiesa ( La) : Deve la C. accogliere la Christian Science?, p. 76; Religione e C., p. 113; Per la spiritualità della C.» p. 3°2.
Christian Science-. Deve la Chiesa accogliere la C. S. ?, p. 76.
Congresso (Pel) di Cristianesimo sociale, pagina 120.
Coscienza: L’autorità dottrinale della C., pagina 310; Alcuni aspetti della C. religiosa contemporanea, p. 417.
Costa Giovanni, p. 85.
Costantino imperatore : Osservazioni sulla politica e sulla religione di C., p. 85 ; Sulla origine e valore del monogramma costantiniano, p. 88; Sull’w/iwi/w divinitalis del-l’Arco di Costantino, p. 96; C. sincretista monoteistico, p. xox.
Cotogno Raffaele, p. 72.
Cristianesimo: Pel Congresso di C. sociale, p. 120; Il C. in Italia dai Filosofisti ai Modernisti, p. 158; Il C. nel Giappone, p. 153; C. religione spirituale, p. 338; Cristo e lo spirito del C., p. 31 x. (V. Cristo; Storia del Cristianesimo).
Cristo: Il problema del C., p. 203; Il Giudaismo liberale e Gesù, p. 261 ; La rivelazione di Gesù è luce o tenebra ?. p. 284 ; Gesù e la Donna, p. 289 ; Jésus de Nazareth d’après les témoins de sa vie, p. 299 ; C. e lo spirito del Cristianesimo, p. 3x1; L’azione buona di Gesù, p. 413.
Cultura: Per la C. dell’anima, p. 45. *26, 20X, 275. 335. 407 {Prediche e Sermoni}.
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VII
Darwinismo: Il destino del D., p. 235.
Delio Antonio, p. 284.
Deismann, p. 218.
Della Torre Arnaldo, p. 158.
De Sanctis Francesco, p. 63.
De Stefano Antonino, p. 165.
Dioscuri. Vedi « Boanerges ».
Duperrut Frank, p. 338.
Ecclesiasticismo : L’E. calvinista, p. 167; Le istituzioni ecclesiastiche, p. 315.
Educazione: La vera E., p. 137; II mistero dell’E., p. 419 (V. Pedagogia).
Elezioni : Il Vaticano e le E. politiche, p. 34. Episcopalismo (L’) e gli episcopalisti in Italia, p. 32Falco Mario, p. 400.
Fallot T., p. 413.
Fasulo Aristarco, p. 366.
Favaroni Agostino, generale degli Agostiniani, P-.373Fawkes A., p. 70.
Fede: F. ed Immortalità nelle opere inedite di Giorgio Tyrrell, p. 309, 38S; Fedi crepuscolari, p. 327; La F., p. 335.
Ferrando Guido, p. 417.
Filosofia : La sorte di G. B. Vico, p. 72 ; Sommario di pedagogia generale, p. 72 ; Il destino del darwinismo, p. 235 ; Una conclusione circa l’immanentesimo, p. 238; I classici del libero pensiero, p. 239; La personalità di Dio e la filosofia dell’immanenza, p. 294.
Folk-lore morale, p. 431.
Funk Philipp, p. 201, 302.
Gentile Giovanni, p. 73, 237.
Gentiioni (Il Patto): la sua applicazione e i suoi effetti, p. 34.
Gesuiti: Chi fu Ignazio di Loyola?, p. 225; La fondazione della Compagnia di Gesù, p. 229; Reazione alia reazione: i G. avanzano liberaleggiando, p. 290 ; La Civiltà Cattolica denunzia!..., p. 345.
Ghignoni P., p. 415.
Gill Everette, p. 66.
Gioconda (La): Pensando alla G., p. 59.
Giovanna d'Arco, p. 3$4Giran Etienne, p. 126, 166.
Giudaismo : La situazione degli Ebrei in Russia, p. 78; Il G. liberale e Gesù, p. 261; Il tragico spirituale ebraico, p. 421.
Graf Arturo, p. 245, 394.
Hebert Marcel, p. 364.
Heitau Karl, p. 430.
Immanentismo: Una conclusione circa 1’1., p. 238 ; La personalità di Dio e la filosofia dell’immanenza, p. 294.
Janni Ugo, p. 294.
Kamm Adele, p. 287, 341.
Keller Ellen, p. 62.
Lemire (l’Abbé), p. 143.
Lesca Giuseppe, p. 245, 394.
Lhotzky H., p. 137.
Liberismo: Lettera a un Liberista (Religione e Politica), p. 24.
Liturgia (La) dell’Allodola, p. 27S.
Lover John, p. 113.
Loyola (di) Ignazio : Chi fu Ignazio di Loyola?, 225; I., leggenda e storia, p. 225; I. e le donne, p. 227; I. processato e bruciato in effigie dall’inquisizione, p. 22S; La fondazione della Compagnia di Gesù, p. 229.
Loyson p. Giacinto, p. 212.
Lutero Martino: Uno studio clericale su L., p. 366; Agostino Favaroni, generale degli Agostiniani e la teologia di Lutero, p. 373.
Massoneria: I Protestanti e la M., p. 353.
Mastrogiovanni Salvatore, p. 353.
Melile G. E., p. 359.
Michieli A. A., p. 162.
Minocchi Salvatore, p. 414.
Missiroli Mario, p. 269.
Mistero (11): L’esperienza del M. religioso, p. 56 ; I tre « Misteri » cristiani di Wood-brooke, p. 275.
Modernismo: Studi sui M. p. 70; II Cristianesimo in Italia dai Filosofisti ai Modernisti, P- 158- « Momigliano Felice, p. 421.
Monod Wilfred, p. 48.
Montefiore C. G., p. 261, 2S9.
Morn Ellick, p. 428.
Morte (La): La grande aurora: qual’è la sorte dell’uomo dopo la M.» p. 67.
Müller Victor Alphons, p. 373.
Müller Wilhelm, p. 159.
Murri Romolo, p. 24, 72, 73, 184, 269, 400.
Nazionalismo: N. e Cattolicismo, p. 184; l’atteggiamento spirituale del N., p. 186; Come il N. si è volto verso il clericalismo, p. 187.
Nuovo Testamento : « Boanerges » o i Gemelli celesti, p. 5, 173; La Sociologia di Gesù: Gesù e lo Stato, p. 11 ; Il Giudaismo liberale e Gesù, p. 261 ; Jésus de Nazareth d’après les témoins de sa vie, p. 299.
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Vili
INDICE
Oberlin G. F., p. 140.
Ochino Bernardino, p. 74Orano Paolo, p. 235.
Ornitomorfismo: L’O. e il Therismorfismo precedono le varie personificazioni del Dio del Cielo e del Tuono, p. 6.
Pace: Vivere in P. con tutti!, p. 126.
Pailadino Giuseppe, p. 74Panza Franco, p. 428.
Pascal Biagio: Il pensiero politico e sociale del P., p. 192 ; Voltaire giudice dei « Pensieri» del P., p. 317.
Paschetto Lodovico, p. 432.
Paschetto Paolo A., p. 199.
Pedagogia : P. e Religione, p. 64, 237 ; Sommario di P. generale, p. 73; La vera educazione, p. 137 ; Tolstoi pedagogista, p. 147; Il mistero dell’educazione, p. 419.
Pelazza Aurelio, p. 238.
Personalità (La) di Dio e la filosofia dell’immanenza, p. 294.
Pindaro (Le idee religiose di), p. 106.
Pioli Giovanni, p. 309, 388.
Politica: Religione e P., Lettere elettorali : A un liberista, p. 24; a un socialista ufficiale, p. 27 ; Il Vaticano e le elezioni politiche, p. 34; Osservazioni sulla P. e sulla religione di Costantino, p. 85; Predicazione e politica, p. 135; Nazionalismo e Cattoli-cismo, p. 173 ; Il pensiero politico e sociale de) Pascal, p. 192; Estrema Destra, p. 269; La politica ecclesiastica della Destra, p. 400.
Pons Silvio P., p. 192, 317.
Predicazione: Il Regno di Dio grande argomento della P. di Gesù, p. ix; Dalle prediche all’arte, p. 45 ; La P. evangelica durante la rivoluzione del 1848, p. 71 ; P. e Politica, p. 135 ; L’Oratoria, p. 220. (V. Cultura dell’Anima).
Preghiera (La) delia sera, p. 63 ; P. di consacrazione, p. 140; P. Dio della Lodola, pagina 220; P. di Rabindranath Tagore, pagina 344 ; P. del risveglio sociale, p. 359.
Pressensé (De) F., 223.
Profetismo: L’eterno conflitto: Sacerdozio e P., p. 221.
Protestanti (J) e la Massoneria, p. 353.
Quercia Sacra (La): sua importanza nella storia della cultura e della religione, p. io.
Quiévreux A., p. 203.
Rauschenbusch Walter, p. 63, 35S.
Regno di Dio (II), grande argomento della predicazione di Gesù : suo significato, p. xx.
Religione : R. ed Arte, p. 15 ; R. e Politica (Lettere elettorali), p. 24; Pedagogia e R.,
p. 64, 237 ; Osservazioni sulla Politica e sulla R. di Costantino, p. 85; Le idee religiose di Pindaro, p. 106; R. e Chiesa, p. 1x3; La vita religiosa in America, p. 159; Il mondo della R., p. 343 5 Alcuni aspetti della coscienza religiosa contemporanea, p. 419.
Rendei Harris, p. 5, 275, 278.
Riforma : Le due R. - Giovanni Calvino e Sebastiano Castiglione, p. 165; La R. della famiglia, p. 2x2.
Riformatori (I) italiani del Cinquecento, p. 74. Rivari Dr., p. 366.
Rivelazione: La R. di Gesù è luce o tenebra? p. 2S4.
Rosazza Mario, p. 327.
Rossi Mario, p. 64, 261, 275, 424.
Rosta» C., p. 85.
Rutili Ernesto, p. 30, 71, 74, 143» »53, 158, 159» J6o, 223, 225, 239, 303, 430, 431.
Sacerdozio: L’eterno conflitto: S. e profetismo, p. 221.
Saitta Giuseppe, p. 294.
Salvatorelli Luigi, p. 73.
Sawyer Roland D., p. 5, xx.
Schubert Ernst, p. 71, 135.
Scienza delle Religioni: Introduzione bibliografica alla S. d. R., p. 73.
Sepolcro (Le donne al). Disegno, p. 199.
Serveto Michele : S. vittima di Calvino, p. 169.
Shaw N. H., p. 230.
Sòderblom Nathan, p. 343, 416.
Socialismo : Il S. di Gesù e dei primitivi cri-tiani, p. 13 ; Lettera a un socialista ufficiale (Religione e Politica), p. 27.
Sociologia: La S. di Gesù. Gesù e lo Stato, o XX; ..
Spire André, p. 42 x.
Stanley Enrico, p. x6o.
Stapfer Edmond, p. 335.
Storia del Cristianesimo : Modernismo, p. 70 ; La predicazione evangelica durante la rivoluzione del 1848, p. 70; Riformatori italiani del Cinquecento, p. 74 ; Critica e tradizione. Osservazioni sulla politica e sulla Religione di Costantino, p. 85 ; Il C. in Italia dai Filosofisti ai Modernisti, p. 158; La vita religiosa in America, p. 159 ; Giovanna d’Arco abiurò veramente ?, p. 364 ; uno studio clericale su Martino Lutero, p. 366 ; La Teologia di Lutero, p. 373.
Storia delle Religioni : Introduzione bibliografica alla scienza delle Religioni, p. 73 • Riformatori italiani del Cinquecento, p. 74 ; La vita religiosa in America, p. 159; Chi fu Ignazio di Loyola ?, p. 225 ; Il Giudaismo liberale e Gesù, p. 261 ; Il tragico spirituale ebraico, p. 421.
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IX
Strauss B. F.» p. 239.
Tabù: Il T. nella procreazione dei Gemelli, p.6.
Tagliatatela Alfredo, p. 59, 4<>7Tagliatatela Eduardo, p. 65, 425Tagore Rabindranath, p. 344, 425Teologia: Agostino Favaroni, generale degli
Agostiniani e la T. di Lutero, p. 373Therismorfismo : L’Omitomorfismo e il !.. precedono le varie personificazioni del Dio del Cielo e del Tuono, p. 6Tolstoi Leone : Tolstoi pedagogista, p. 147;
Ritratto di T., p. 149Tyrrell Giorgio, p. 309, 388.
Utscimura Kanso, p. 153.
Vaccari Antonio, p. 345Valdesi : Il nuovo Tempio Valdese a Roma, p. 15.
Val lo ton Paul, p. 67.
Varisco Bernardino, p. 145*
Vaticano (II) e le elezioni politiche, p. 34.
Vico Giambattista, p. 7?>
Vitali Giulio, p. 147«
Voltaire, p. 3x6.
Wagner C., p. 220.
Westphal Alexander, p. 299.
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REDAZIONE
Prof. Lodovico Paschetto, Redattore Capo #
----- Via Crescenzio, 2 - ROMA ---------D. G. Whittinghill, Th. D.» Redattore per l’Estero -------- Via del Babuino, 107 - ROMA -----fi Si pubblica il 15 di ogni mese
in fascicoli di almeno 64 pagine. #
14
Illustrazioni del presente fascicolo.
Il nuovo Tempio Valdese a Roma (sei tavole tra le pagine 16 e 17):
I. Veduta del Tempio dal Palazzo di Giustizia.
IL La facciata.
III. Interno: l’abside.
IV. Navata di destra. Galleria.
V. Pulpito.
VI. Tavola della S. Cena.
Copertina, disegni e fregi di Paolo A. Paschetto.
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BILÏCMNI5
R.M51A DI SlVDI RELIGIOSI
EDITA DALLA FACOLTA DEL 16
SCVOLA TEOLOGICA BATTISTA - DI ROMAS.
SOMMARIO:
< BlLYCHNlS » nel 1914 . . . . L . i-' . . . . . . . pag. 4
Aschenbrödel : « Boanerges » o i Gemelli celesti....... > 5
Roland D. Sawyer: La Sociologia di Gesù. Gesù e lo Stato . .• > 11
L, P. : Religione ed arte. Il nuovo Tempio Valdese a Roma . . . » 16
Romolo Murri: Religione e Politica. Lettere a un liberista e a un
socialista ufficiale .... $ .......... > 24
Ernesto Rutili: Vitalità e vita nel Catolicismo. (Cronache}. . . » 31
PER LA CULTURA DELL’ANIMA:
I Redattori: Dalle prediche all’arte ! ........... > 45
WiLFRED Monod: Una domanda attuale .......... » 48
P. G. : L’esperienza del mistero religioso ...... . . . . > 56
Alfredo Tagli alatela : Pensando alla « Gioconda » . . . . . > 59
Pagine scelte: Fede nell’amore (E. Keller} - Il Libro divino (Er. De
Sanctis] - Preghiera della sera (JF. Rauschenbuscty. . . . >62
TRA LIBRI E RIVISTE:
Mario Rossi : Pedagogia e religione ............... pag. 64
Felice Cacciapuoti : La grande aurora .............. » 67
Stona del Cristianesimo : Modernismo (A. G.) — La predicazione evangelica durante la rivoluzione del 1S4S (E. Rutili) ........... » 70
Filosofia e religione: La sorte di G. B. Vico (R. M.) — Sommario di pedagogia
generale (R. M.) . . ................ » 72
Storia delle Religioni: Introduzione bibliografica alle scienze delle religioni (R. M.)
— Riformatori italiani del Cinquecento (E. R.) ....... » 73
NOTIZIE fi'ä • f • • • - ì •- | 75
COSE NOSTRE.:; j| . . . . . . . . ........... > 79
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BILYCHNIS NEL 1914
BILYCHNIS RIMARRÀ FEDELE AL PROGRAMMA AFFERMATO DAL SUO SIMBOLICO NOME: ALIMENTERÀ CIOÈ LE DUE FIAMME DELLA SCIENZA E DELLA FEDE
I, Assicurataci l’opera di parecchi nuovi collaboratori, potremo dare maggiore sviluppo alla parte scientifica con articoli originali di Storia del Cristianesimo e Storia delle religioni, di critica letteraria del Vecchio e Nuovo Testamento, di archeologia sacra. — Cureremo anche la discussione di soggetti filosofici, esponendo quei risultati delle scienze filosofiche che hanno qualche rapporto con la religione. — Oltre le notizie bibliografiche che continueremo a raccogliere, nella rubrìca «Tra libri e riviste », affideremo alle seguenti Rassegne semestrali il compito di tenere i nostri lettori al corrente dei risultati degli studi nei differenti campi delle scienze religiose: 1. Vecchio Testamento — 2. Nuovo Testamento — 3. Storia del cristianesimo antico. — 4. Letteratura cristiana antica. — 5. Istituzioni ecclesiastiche e liturgia. — 6. Storia del Cristianesimo moderno e contemporaneo. — 1. Storia delle religioni. — 8. Archeologia cristiana — 9. Archeologia biòtica ed orientale. — 10. Teologia. pratica e cristianesimo sociale. —11. Arte religiosa. — 12. Filosofia e pedagogia religiosa.
IL Col dare un maggiore sviluppo alla parte scientifica nella Rivista non intendiamo certo lesinare spazio alla parte dedicata alla cultura dell’anima. Se ciò facessimo andremmo contro al desiderio candidamente espressoci da molti lettori nostri, i quali ci chiedono con insistenza che in Bilychnis sia dato largo posto ad un materiale che possa rispondere ai bisogni di ehi si trova quotidianamente di fronte ai problemi pratici della vita religiosa.
Siamo lieti di poter rispondere già in questo fascicolo al desiderio dei nostri lettori, i quali troveranno nella ampliata rubrica « Per la cultura dell’anima» il programma di quei nostri redattori ai quali è stato affidato il compito speciale di raccogliere per ogni fascicolo della Rivista il materiale di carattere religioso.
Cosi la nostra Rivista — e sarà per questo unica nel genere in Italia — mentre studierà con preoccupazione scientifica il fenomeno religioso nel passato, offrirà in questa sua parte ai cultori delle Scienze religiose un documento vivo della religiosità contemporanea nelle sue varie manifestazioni caratteristiche dell’epoca nostra.
Nel prossimo fascicolo di Febbraio:
Mario Rossi : Il bilancio degli studi religiosi nei 1913.
Giovanni Costa : Critica e tradizione. Osservazioni sulla politica e religione- di Costantino.
C. Rostan: Le idee religiose di Pindaro.
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“BOANERGES,, O I GEMELLI CELESTI
entre gli eruditi commentatori si sono da secoli arrabbattati intorno al senso da prestare all’epiteto di Boanerges o « Figli del tuono » che Gesù avrebbe affibbiato, secondo Marco, ai due fratelli Giacomo e Giovanni, i Peruviani appena convertiti al Cristianesimo non esitarono un istante ad intuire il valore folk-lorico dell’espressione, e sostituirono il nome di Santiago (San Giacomo) all'appellativo di « Figlio del Campo > che essi attribuivano all’ individuo di ogni coppia di fanciulli gemelli, da essi riputato di origine divina.
Boanerges, o figli del tuono, null’altro significa che i fratelli gemelli.
Questa identificazione non è che lo spunto da cui il Dr. Rendei Harris — già noto ai nostri lettori — parte, per uno studio originalissimo e d’importanza fondamentale per la conoscenza della religione dei popoli primitivi, per la interpretazione di problemi finora insolubili di mitologia, storia e folk-lore, per la ermeneutica biblica, per la storia del culto cristiano.
Esso ha per oggetto le credenze popolari relative ai fratelli gemelli, e tutte le importanti derivazioni di esse nel campo religioso-mitologico, sociale, storico, rituale, riprendendo, sviluppando e completando i saggi già apparsi sullo stesso argomento, dei quali terremo anche conto in questa recensione riassuntiva (i).
Dopo le opere classiche del Max Müller, del Tylor, del Frazer, il Boanerges dell’ Harris è più che un contributo poderoso alla storia delle religioni : essa è una chiave maèstra, che schiude nuove vie ricche d’indagini e di fecondi risultati.
Limitandoci necessariamente ad un riassunto espositivo dei risultati del lavoro, intendiamo soltanto d’invogliare i lettori a rendersi conto da se stessi dell’analisi poderosa e della erudizione vasta e sicura che prepara e accompagna le geniali, e talora apparentemente ardite, conclusioni.
La comparsa di due figli gemelli è riguardata dall’uomo primitivo — e tuttora da tribù selvaggio — come un fenomeno inesplicabile con le leggi naturali della concezione, che distinguono appunto l’uomo dal resto del mondo animale con la caratteristica di una prole singola per ogni parto.
(1) The Dioscuri in thè Christian legende, 1903; The Culi of thè Heavenly Twins, 1906; Contemporary Review, May, 1912 ; Boanerges, 1913.
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UILYCHNIS
Evidentemente, la madre dei gemelli è complice o vittima di uno spirito o di un’anima di animale, specie uccello, o di persona o nume, a cui è dovuta la paternità di uno dei due nati.
La madre e i figli divengono oggetto di un terrore sacro, di un Tabù : la comunità deve essere liberata dalla loro presenza con la distruzione della vita loro, e della casa e degli armenti che hanno partecipato del Tabù. Questa è la soluzione tutt’ora fornita da parecchie tribù del Wèst Africa, e in forme attenuate, del Sud Africa: mentre relazioni di viaggiatori fino a tutto lo scorso secolo, mostrano questa essere stata la consuetudine generale di numerose altre tribù dell’Africa, dell’America e di altre regioni.
Ma uno stadio ulteriore di civiltà introdusse delle attenuazioni. Se uno solo dei figli era frutto di un intervento sopranaturale, uno solo doveva essere sacrificato: e non potendo esso essere identificato, fu convenuto di esiliarli dalla tribù, in un bosco o in un’isola, che divenne così un'isola o città Tabù, un santuario di Gemelli, luogo inviolabile di rifugio. Di queste « Città di Gemelli » ne esistono attualmente nella loro forma primitiva in molte regioni dell’Africa, ed esse furono un tempo comuni anche in Europa. Le tradizioni relative a Romolo e Remo mostrano chiaramente che Roma stessa sorse come « Città di Gemelli ».
Ma il Tabù dei Gemelli è interpretato anche in una direzione opposta : uno dei due nati è il figlio del Grande Spirito che invia il sole e la pioggia e scaglia il fulmine contro i suoi nemici, il figlio del Cielo o del Fulmine. Allora essi, con la loro madre debbono essere oggetto di culto: giacché essi possono propiziare il Cielo ed il Fulmine, attirare la fertilità alla campagna, favorire le partorienti, rivelare l’ignoto che è aperto all’onniveggente Cielo, proteggere il commercio e le merci affidate alla loro salvaguardia, ecc.
Tutt’ora parecchie tribù dell’Africa si trovano in questa fase di credenze relativamente ai Gemelli, che chiamano appunto « figli del Cielo», rivelando uno stadio di evoluzione mentale simile a quello degli antenati dei Greci e degli Ebrei che diedero ai Gemelli idealizzati il nome di Dioscuri, e di Boanerges, cioè «figli di Giove» (Cielo luminoso) e «figli del tuono».
Il timore religioso del tuono e del lampo, associato col terrore ispirato dal fenomeno dei Gemelli figli del Cielo o del Tuono sta alla base della religione primitiva e persiste nelle successive religioni storiche, formando i nove decimi delle loro credenze primitive.
La dimostrazione esauriente dèi doppio atteggiamento dei moderni selvaggi e dei popoli non ancora civilizzati nel passato di fronte ai Gemelli, è data dall'esame particolareggiato fatto in questo volume, in altrettanti capitoli, del culto dei Gemelli nelle diverse regioni dell’Africa e del Madagascar, nel Giappone, nella Polinesia, Melanesia, Australia, nell’Assam, nell'india, nell'Asia Minore, nella Fenicia, nell’Arabia, nell’Egitto e nella Palestina stessa. Caratteri comunia molte di queste differenti credenze e tradizioni sono l'identificazione dei Gemelli con corpi celesti, e il loro intimo rapporto con uccelli, alberi, oggetti riferiti al fulmine.
Indugiamoci su quest'ultimo punto, scegliendo la illustrazione di esso specie dalla mitologia e religione greco-romana.
Le varie personificazioni del Dio del Cielo e del Tuono della mitologia grecoromana, che poi cedettero il posto ad un unico Zeus, erano state precedute alla
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< BOANERGES > O I GEMELLI CELESTI
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lor volta da un lungo stadio di identificazioni ornitomorfìche e theriomorfiche. Quando vediamo Giove accompagnato dall’aquila che stringe fra i suoi artigli un fascio di saette, abbiamo la rappresentazione di due forme successive di culto, raffigurate simultaneamente; la forma umana di Giove avendo soppiantato quella ornitomorfa.
Ma l’aquila, alla sua volta, ha soppiantato la anteriore personificazione di un altro uccello, il Picchio.
Aristofane ci ha preservato la tradizione di un tempo in cui Zeus non esisteva, via il Picchio (« l’incavatore della quercia ») era re. Ed in Creta, correva la leggenda della morte di Pico *che era anche Zeus».
Altro rappresentante del Dio del fulmine è la quercia, sua abitazione secondaria quando abbandona il Cielo; specie la quercia incavata dal fulmine. E similmente, le pietre colpite dal fulmine, ma supposte lanciate da esso, specie le fossili Che presentino qualche contrassegno fulmineo. Sicché possono stabilirsi le equazioni:
Dio del Cielo, ) Picchio, aquila, pettirosso, ecc. ; Dio della quercia, ecc. ; o Dio Del Tuono > r=z Pietre fulminee, fossili, ecc. ; uomo del fulmine (Zeus, o Dio del Fulmine ) lupiter, Thor, ecc.).
Orai a seconda delle diverse fasi di civiltà, i Gemelli, cioè i figli del Tuono, sono identificati con alcuna delle suddette personificazioni : ed il fatto che i Gemelli sono identificati con quelle rappresentazioni del Dio del Cieio e del Tuono che, come il Picchio, sono anteriori alle sue rappresentazioni umane (Zeus, lupiter), mostra che il culto dei Gemelli è anteriore al periodo di civiltà in cui ad esempio il Picchio fu soppiantato dall'aquila e poi da lupiter.
Da una rassegna delle credenze passate e presenti di tribù selvaggio, risulta evidente l’universalità della fede, che l’uccello personificazione del fulmine ha per distintivo il colore del lampo, cioè il rosso. Ragione per cui anche in Grecia ed in Roma, oltre al Picchio, anche il Pettirosso ed il Gallo sono considerati quali «uccelli del fulmine». Quest’ultimo ha una speciale importanza a Sparta, in Persia, nel Mitracismo. Il colore rosso è pure caratteristico delle rappresentazioni antropomorfiche del tuono e del lampo: del Thor scandinavo non meno che del Giove Capitolino e degli Acoins Indiani: e si riscontra parimenti negli indumenti dei sacerdoti e dei rappresentanti umani di queste divinità. Ora, un esame delle forme in cui i Gemelli celesti erano rappresentati a Sparta, a a Locri, a Roma, ed in India, mostra pure come caratteristico di essi il colore rosso.
E' questa dunque una conferma della identificazione dei Dioscuri con il lampo, quale figli del Cielo o di Zeus.
Avanziamoci ora ad esaminare le forme storiche in cui il culto primitivo dei Gemelli si fissò e Stereotipò, sotto forma di culto dei Gemelli Celesti che persiste nelle mitologie greca, romana, ebraica, spesso sopraffatto od offuscato dallo sviluppo ulteriore.
Ciò che ci colpisce anzitutto è la indipendenza delle varie coppie di Gemelli, venerate nelle diverse città e regioni, in contrasto con alcuni caratteri fondamentali d’identità. Romolo e Remo in Roma, Castore e Polluce in Sparta,
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BILYCHNIS
Zethos ed Amfione a Tebe, Esaù e Giacobbe nella Palestina, anziché dipendenti sono anzi spesso nemici; e solo dopo lunghe lotte riescono a soppiantare gli avversari: però carattere comune è la doppia origine dei due individui della coppia, avendo l’uno un padre divino (Polluce, Romolo, Amfione) e l’altro un padre umano (Castore, Remo, Zethos); ed anche il dualismo, e spesso il conflitto, tra i due gemelli, talora anteriore alla loro nascita stessa (Esaù contro Giacobbe, Proito ed Acrisio, ecc.), che si manifesta costantemente in diverse attribuzioni e attitudini, e talora assorge all’opposizione tipica di due principi opposti, come nel dualismo persiano di Ariman ed Ormuzd, « il buono e il cattivo spirito, fratelli gemelli ».
Nella leggenda romana, la credenza primitiva che uno solo dei due gemelli fosse figlio di Marte, ci è conservata nel racconto dell’elevazione al cielo del solo Romolo, e nella tradizione riferita da Ovidio della promessa dell' immortalità fatta da Giove ad uno solo. L’introduzione della Vestale nella leggenda posteriore è diretta a spiegare l'usanza divenuta inesplicabile, dell’uccisione dei gemelli e della madre in tempi in cui la doppia figliolanza era supposta prova d’infedeltà della madre o d’intervento d’uno spirito. La presenza poi del Picchio che nutre Romolo e Remo è spiegata dall’equazione già stabilita : Picchio zz Dio del Cielo o dei Tuono. Anzi, il Picchio si ritrova in altra leggenda romana relativa ai gemelli Picumnus e Pilumnus (protettori del parto), e in quella relativa a Picenum, città di gemelli, che venerava un Picchio. E’ poi nota la leggenda narrata da Ovidio della trasformazione operata da Circe, del re Picas sovrano del Lazio prima di Giove, nell’uccello Picus (Picchio). Evidentemente, qui abbiamo una traccia del processo reale inverso : della sostituzione del culto antropomorfico a quello ornitomorfico. Posteriormente i Dioscuri spartani Castore e Polluce soppiantarono il culto dei gemelli romani.
I particolari della leggenda di Romolo e Remo, il loro esilio, la costruzione della nuova città, il diritto di asilo accordato, ecc., non lasciano alcun dubbio che l’origine di Roma si riconnetta ad un santuario di gemelli. Oltre agli esempi di attuali città di gemelli nell'Africa Orientale, non mancano prove di altre « città di gemelli > nel Mondo Greco-Romano : Amfissa, Deio, forse Delfo, Samotracia, Preneste, ed altre.
Sia nel mondo Greco-Romano che in quello Orientale, le attribuzioni assegnate ai « Gemelli celesti » sono molte e fóndamentali : essi dividono con quasi tutte le divinità sorte successivamente le loro funzioni : non già che essi abbiano invaso l’Olimpo, ma sono Dei Olimpici sorti dipoi che hanno soppiantato il loro culto preistorico. Tra le funzioni varie ed ampie dei « Gemelli celesti ». sono da annoverare principalmente: Essere patroni degli sposi novelli, renderli fecondi, proteggere le donne incinte ; promuovere la fertilità degli animali e delle piante ; proteggere nelle battaglie e condurre a vittoria i loro devoti ; sanare le malattie, operando anche miracoli specie a favore di ciechi, storpi, ecc.; tutelare la santità del giuramento ; proteggere i viaggiatori per terra e per mare. Quest'ultima attribuzione sussiste tutt’ora nelle credenze popolari. Esaminiamone brevemente la genesi e le vicende.
Osserviamo anzitutto, che i « Gemelli celesti » prima di divenire Santi Protettori del mare furono i Santi Protettori dei fiumi e dei viaggi terrestri.
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« BOANERGES > O I GEMELLI CELESTI
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Essi proteggono i guadi pericolosi dei fiumi (Eufrate, Senna, Tevere), gli approcci difficili al mare (Giaffa, Faro di Alessandria, le Sirti Libiche), presiedono ai porti, agli stretti, alle secche, ecc. (Bosforo, Napoli, Malta, Canal della Mànica, Sandwich, ecc.).
E’ notevole che Sant’Elmo, Sant’Ermo, Sant'Eremo, ecc., non sono che derivazioni da San Remo, il cui nome è tuttora preservato in San Remo (col vicino romitaggio di San Romolo), e in Santarem, presso le foci del Tago. Appresso vedremo come i Dioscuri pagani siano stati soppiantati in molti luoghi dai Dioscuri cristiani Cosma e Damiano in tali funzioni.
Ma per quale connessione e titolo i « Gemelli Celesti » sono, non solo protettori della navigazione marina — quali figli del Cielo da cui dipende lo stato del mare — ma anche di quella dei fiumi che non ne dipende?
Rifacciamoci al culto primitivo dei Dioscuri, consistente in un culto del fulmine loro padre che risiede nella quercia incavata. Il Picchio, « il perforatore di querele >, è, come si è visto, la forma primitiva ornitomorfa di rappresentazione del Dio del fulmine; e la quercia incavata è nelle religioni primitive e in molte religioni storiche la dimòra vivente dello stesso Dio. Ora, la prima « quercia cava» che galleggiò sulle acque e invitò l’uomo a sfidare il liquido elemento dovè apparire quale un dono del dio della quercia e del Picchio, del dio del fulmine o del Cielo, padre dei gemelli.
Comunque, quando della navigazione primitiva si ricercò la genesi, fu questa r interpretazione che dovè prevalere. « Il divino Aiona » — dice una tradizione degli Ainu, antica tribù nel Nord del Giappone —- chiamò il Picchio per aiutarlo a incavare uno schifo : e il Picchio eseguì molto bene il suo lavoro, ecc. >.
La quercia cava ed il Picchio hanno così una parte fondamentale nella religione primitiva: e con essa, i Gemelli, figli del Dio del tuono.
Le tradizioni leggendarie della Fenicia e della Grecia attestano esplicitamente, che furono delle coppie di gemelli i primi costruttori di navi. La famosa leggenda, poi, del viaggio di Giasone e dei suoi compagni nella Colchide, è tutta una documentazione dello stesso concetto : i rematori sono in gran parte coppie di gemelli — Giasone stesso essendo gemello di Triptolemo — e non manca la presenza di Castore e Polluce, nè quella dell’uccello della quercia (forse un Picchio) e della quercia sacra di Dodona incorporata come talismano nei pini di Tessaglia.
Ma Giasone è molto probabiimente un Fenicio, e forma col suo compagno una coppia di gemelli Kabir, che prima che nel Mediterraneo possono avere inaugurato la navigazione sul lago di Galilea... Anche i gemelli romani Romolo e Remo, sono esposti nel Tevere entro un tronco incavato.
Non meno evidente alla luce di ciò che si è detto,, è la connessione dei < Gemelli Celesti » con l’invenzione primitiva dell’aratro. Che essi ne siano gli scopritori, appare nel Rig-Veda, in leggende Scite, Greche, Scozzesi, e sopratutto nella leggenda di Triptolemo e Giasone. Anche Castore e Polluce e i gemelli Tebani Zethos ed Amfios, domano i buoi ed i cavalli per aggiogarli.
Anche qui è il Picchio che fornisce la spiegazione della tradizione. Narra una leggenda Lituana — di remota origine pre-Ariana — che un tempo Dio e il Diavolo erano buoni amici e aravano ognuno il suo campo, Dio servendosi
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IO
BILYCHN1S
del Picchio per tirare l’aratro, e il Diavolo invece, di cavalli. Naturalmente l’aratro del Diavolo lavorava meglio, del che ingelosito Dio, di notte volle provare di attaccare i cavalli del Diavolo al suo aratro ; s’immagina con quanto miglior risultato. Al mattino, il Diavolo accortosi del fatto, « Buon uomo Dio », disse, < vogliamo fare a cambio? Io ti dò i cavalli e tu mi dai il Picchio ». In cuor suo pensava: «Certo, il Picchio mangia meno dei cavalli». La proposta fu accettata, ma quando il Diavolo si accorse che il Picchio non riusciva neppure a smuovere l'aratro, andò tanto in furia, che con un colpo gli spaccò la testa. E a tutt'oggi, il Picchio ha la testa insanguinata».
Ma quale è la connessione fra il Picchio e l’aratro in questa ed altre leggende?
La radice pict comune nelle lingue ariane all’uccello Picchio (Picus, Pecker^.C) e allo strumento primitivo per zappare la terra, che precedè l’invenzione dell’aratro (Picca), ci dice che l’uomo primitivo ricollegò anche l’arte dello scavare la terra all’ insegnamento fornito dal Picchio assiduo scavatore dei tronchi d’albero. I Gemelli, figli del Picchio, hanno da lui appreso l’arte dell’aratura della terra: e la leggenda lituana ha ragione nell’assegnare a Dio il Picchio, e al Diavolo i cavalli che lo hanno soppiantato.
Così, le due arti (ondamentali della coltivazione della terra e della navigazione sono ricollegate, almeno come interpretazione della fantasia primitiva, all’industria del Picchio «scavatore di quercie», personificazione del Dio del fulmine: e per esso, di «Gemelli Celesti», sostanti vazione del culto primitivo per il pegno visibile dell’intervento del Dio del fulmine e del cielo.
Come i grandi fiumi ed i grandi alberi traggono da umili origini il loro corso e la loro linfa, così le tradizioni più feconde della mitologia e del folk-lore si alimentano a fenomeni dei più umili della natura, non meno umili però delle nostre elaborate interpretazioni teologiche in risposta dei medesimi problemi.
Prima di discendere ad esaminare il corso del fiume lungo i secoli di religioni positive, soffermiamoci un momento a considerare l’importanza centrale che la quercia sacra occupa nella storia della coltura e della religione. Era essa, sugli albori sacri, la dimora del fulmine, del picchio, e delle api sacre: fu essa il primo santuario, la prima nave, e forse la più antica sepoltura. I suoi rami eran pieni di oracoli, le sue bacche di visco avevano magico potere, le. sue cavità erano il solo alveare, che produceva lo squisito miele della cui dolcezza sono inebbriati tutti i ricordi del regno di Saturno. In quei giorni il Picchio era re ben prima di Zeus, ed il suo trono era nella cava quercia ben prima che gli Dei si rifuggiassero sull'Olimpo, e dal suo trono stillava il miele.
E’ su questo sfondo animistico, che si disegna il culto dei Gemelli Celesti.
{La seconda parte al prossimo numero).
Aschenbrödel.
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LA SOCIOLOGIA DI GESÙ
(Vedi /tHjfchiis. fase, marzo-aprile 1913, pag. 143).
CAPITOLO III.
Gesù e lo Stato.
ESÙ lesse gli scritti dei grandi profeti ebraici e i loro splendidi sogni del futuro, le loro fiere invettive s’impadronirono di lui. « Egli credette che il potere politico esistesse pel fine di perseguitare; che i governi fossero semplicemente delle istituzioni create per rovinare il popolo; che le tasse fossero un ladrocinio, che i ricchi fossero una classe egoista, priva di pietà, il cui divertimento fosse l’oppressione ». (Elbert Hubbard nello scritto: L'uomo di dolore).
Gesù di Nazaret nacque nell’anno di Roma 750. Noi abbiamo quattro evangeli, tre dei quali almeno sono non artificiose ma vivide narrazioni della sua vita e dei suoi insegnamenti che datano dal primo secolo. Queste memorie — dopo il più severo e minuzioso lavorio della critica — sono rimaste degne della nostra fiducia nella loro veridicità storica.
Noi vorremmo in questo momento frugare queste memorie e ogni altra testimonianza che ci fosse possibile trovare intorno all’insegnamento di Gesù riguardo allo Stato.
Il grande argomento di tutto F insegnamento pubblico di Gesù fu il Regno. Che cosa intese egli con questa espressione? Egli sembra averle dato un duplice significato. Alle volte quest’espressione indica una legge d'amore nel cuore del-Findividuo, una regola di giustizia, di gioia e di pace; in questo senso egli disse: «Il Regno di Dio è in voi». Ma più comunemente Egli significò con la paiola Regno un sistema di società nel quale gli uomini vivrebbero insieme in buona armonia: una legge d’amore nei rapporti e nell’organizzazione sociale. Ora consideriamo un po’ più da vicino il sistema sociale ideale di Gesù. Che cosa deve essere, chi erano coloro che dovevano farne parte?
1” Questo Regno era per gli umili: umili nei modi e nella vita: i «simili ai fanciulli >, gl' innocenti, il comun popolo senza frode della terra.
2° Esso era per i poveri. Quando Giovanni mandò un’ambasciata a Gesù per chiedere s’Egli era veramente il Messia Gesù, nella sua risposta, diede come prova suprema il fatto che il suo Vangelo era per i poveri. Nè Gesù fece distin-
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BILYCHNJS
zione alcuna tra poveri meritevoli e non meritevoli ; tra i poveri « degni » e < indegni » dei quali scaltramente parla la carità moderna. Gesù riconobbe che la povertà è sempre una disgrazia, mai una colpa; egli sapeva che nessuno vorrebbe essere povero s’egli potesse evitarlo (i).
3° Questo Regno era per ogni specie di uomini che volessero entrare in esso. Rifiuti sociali come ladri, prostitute, pubblicani, pagani di Tiro e Sidone, donne di Samaria, violatori del Sabato e altri disprezzati dalla società dominante : questi dovevano essere i benvenuti nella nuova società di Gesù (2).
Luca ci ha conservato il ricordo di uno dei casi in cui Gesù fece appello a tutti perchè partecipassero alla sua nuova società (Luca 14, v. 16324); quivi noi vediamo Gesù che chiama tutti : i mutilati, gli zoppi, gli storpi, i miseri a venire a lui. E quivi egli addita i soli che sieno da escludersi : gli adoratori di Mammona divisi in due classi e là gente dall’anima piccola e antisociale.
I primi che non avrebbero voluto entrare in questa nuova società sarebbero stati i proprietari del suolo; coloro che possedevano un pezzo di terreno ed erano occupati nel raccogliere rendite e nel licenziare affittuari : essi non avevano posto nel suo Regno. Quindi venivano coloro che possedevano bestiame, lo strumento della vita industriale di quel tempo: i capitalisti non ci sarebbero stati. Quindi c’era l’uomo che s'era sposato, la volgare creatura antisociale il cui orizzonte è limitato dalla propria famiglia (3).
Ma i poveri, i ciechi, coloro che stavano nei crocivia e lungo le siepi, quelli ci sarebbero stati. La nozione di questa forma ideale di società è data nei Sermone sul Monte: un nuovo e sorprendente concetto di ciò che è nobile nella vita umana, concetto che sembra avere come sostrato l'idea che è una follia il punire i misfatti, mentre devesi invece scavare più a fondo e coltivare negli uomini e nelle donne lo spirito fraterno. Poco alla volta noi popoli moderni siamo condotti a vedere le cose come le vide lui.
Ora: quale conseguenza ebbe l’idea del Regno sul concetto che dello Stato si fece Gesù?
i° Questo concetto implica l'abolizione di qualsiasi distinzione sociale: di razza, di credo, di colore, di rango, di senso e d’intelligenza; significa che tutti devono essere fratelli e sorelle.
(1) Ecco un nuovo caso d’esagerazione che toglie invece di aggiungere forza all’argomento. Gesù riconobbe è vero che la miseria è spesso una disgrazia, che molte volte una persona attualmente povera lo è per colpa dei suoi antenati o per colpa del prossimo; ma il caso del figliuol prodigo guardiano di porci, dopo aver volontariamente sperperato in bagordi il proprio patrimonio, è sufócente per dimostrare che Gesù non condivideva la davvero troppo disinvolta teoria del nostro autore. JV. d. T.
(2) A patto — diciamolo chiaro e forte — di accettare le condizioni d’entrata in questa nuova società, cioè il pentimento e la fede. L’idea giusta è questa, che - dati il pentimento e la fede — Gesù non faceva alcun caso del passato di un individuo, ciò che non sempre è disposta a fare oggigiorno la « dominante società ». .¥. d. T
(3) Dubito molto che l’esegesi veramente scientifica ed imparziale sia soddisfatta dalle generalizzazioni che sembrano lecite al nostro autore. Per es., V individuo egoista e interessalo che rifiuta l’invito del Cristo perchè deve andare a provare un paio di buoi da lui comprati è egli veramente il prototipo della classe capitalista che deteneva gli strumenti della vita industriale di quel tempo, o non piuttosto il prototipo della classe degli egoisti ed interessali della quale trovansi dei rappresentanti a tutti i gradini della scala sociale? jV. d. T
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LA SOCIOLOGIA DI GESÙ
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2° Questo concetto implica l’abolizione della forza. L’idea di Gesù intorno al Regno abolirebbe lo Stato. Lo Stato esiste per mantenere appunto quelle cose che Gesù cercò di travolgere. Lo Stato è venuto all’esistenza ed ha esistito sempre per uno scopo soltanto, per trattenere una classe dal venire in conflitto coll’altra. Il mantenere classi di rango elevato e ricche, e classi di povertà e di fatica: questo è il preciso scopo dello Stato. Gesù abolirebbe queste classi, egli abolirebbe la forza, egli abolirebbe lo Stato. Nella società non vi sarebbero più soldati, non più magistrati, non più giureconsulti. Tolstoi ebbe perfettamente ragione, quando si dimise dalla magistratura russa perchè ciò è altrettanto contrario all'insegnamento di Gesù quanto essere un soldato.
Ora, che questa fosse l’attitudine di Gesù verso lo Stato risulta chiaramente da uno studio attento degli Evangeli. Noi troviamo che tutte le sue dichiarazioni più caratteristiche concordano con questi principi fondamentali. E questo è sempre stato riconosciuto dai seguaci e dagli studiosi di Gesù. Il professore Nitti di Napoli nella sua opera magistrale: Il socialismo cattolico, dimostra in conclusione che la chiesa primitiva professò come avendoli ricevuti da Gesù questi concetti riguardo allo Stato.
I primitivi seguaci di Gesù non si arruolarono nell'esercito e non adempirono alcun servizio militare. Molti d'infra loro soffrirono il martirio piuttosto che cedere. Essi praticarono e insegnarono la non resistenza e il vivere insieme degli uomini e delle donne in una grande fratellanza comune. Gli scritti dei Padri dimostrano ad ogni piè sospinto che il tipo di non resistenza e di comuniSmo della vita cristiana continuò fino all’ imperatore romano Costantino. Questo uccisore di sua moglie, di suo figlio e di suo nipote indusse i capi della Chiesa, nei cui berretti ronzava la vespa dell'ambizione, ad accettare l’omaggio dello Stato e a non opporre ulteriormente ad esso la .resistenza passiva. E questo è stato inteso da tutti gli studiosi spregiudicati che hanno esaminato da vicino il messaggio di Gesù. Prendete Lecky e Stuard Mill; essi lamentano il fatto che Gesù non ebbe alcun concetto della « virtù civica ». Dei cristiani molto conservatori, come Campbell Morgan, dicono che il « patriottismo > o meglio il « nazionalismo » è assolutamente contrario allo spirito e agl’ insegnamenti di Gesù. Renan dice: « Gesù ebbe in mente una grande organizzazione ideale della società, la quale organizzazione non era compatibile con sette, limitazioni o divisioni ». Il prof. Peabody, dell’università di Harvard, colla sua timidità abituale, non è del tutto sicuro, ma il prof. Schmidt, nel suo studio assolutamente razionalistico: Il profeta di Nazarety dice (pag. 333): « Gesù nella sua attitudine di fronte allo Stato fu un anarchico filosofico». Noi abbiamo inoltre il ben noto insegnamento di Tolstoi : « Il Governo nella sua essenza è sempre forza che opera in violazione della giustizia : il Cristianesimo secondo Gesù lo distruggerebbe ». Morrison Davidson è un altro abile avvocato di una tale interpretazione.
Gesù dunque lanciò una bomba in mezzo al concetto romano dello Stato, benché fosse una bomba di amore. Egli fu l’anarchico comunista puro e semplice. L’ideale di Kropotkine dell’associazione volontaria fu il suo ideale. Che Gesù sia stato un comunista anarchico fu negato non a motivo dell’evidenza del fatto, ma a motivo delle tristi sette che i nemici estremi della società hanno tentato di organizzare battezzandole col titolo di « anarchiche ». L’anarchia intei-
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BILYCHNIS
¡¡gente non è incompatibile coll’associazione; è incompatibile soltanto con le associazioni forzate. Gli anarchici serii non si oppongono all’ordine: si oppongono solo all’ordine imposto con la legge. L’anarchia, secondo i suoi sostenitori, è libertà solo quando gl’individui sono lasciati liberi, e quando scompare il costringimento; solo allora i vincoli sociali saranno vincoli morali. E questo medesimo ideale è stato quello dei grandi idealisti antichi e moderni. Emerson disse : «Quando verrà l’uomo saggio, lo Stato scomparirà». Marx e Bebel hanno detto ambedue che, quando la società sarà industrialmente ed economicamente organizzata, lo Stato scomparirà. Channing disse: «Nel cielo nulla di simile a ciò che noi chiamiamo Stato esisterà». Persino il vecchio Agostino è riuscito a difendere lo Stato solo dichiarando eh'esso era stato reso necessario dalla « caduta ». Huxley ci dice : « L’anarchia più assoluta è il più alto grado concepibile di perfezione dell’esistenza sociale. Quando gli uomini spontaneamente opereranno con giustizia e ameranno la rettitudine, allora le spade saranno cambiate in zappe e l'opera della polizia e dei giudici sarà resa inutile» (i).
Noi socialisti pensiamo con Marx che quel tempo verrà quando sarà realizzata una organizzazione economica della società basata sulla giustizia. Noi pensiamo che le attuali nostre forme di proprietà sono antifraterne e che, allorquando la società amministrerà le sue faccende economiche sopra una base fraterna, ne verrà di conseguenza la fraternità (il fraternalismo) nelle abitudini e nei costumi. Gesù pensò di certo la stessa cosa. Egli apparentemente non formulò una esplicita interpretazione economica della storia, ma egli sentì istintivamente, come sentono sempre i poeti, che le forme predominanti del vivere sociale erano, ai suoi tempi come oggi, antifraterne, ed egli insegnò il comuniSmo.
Fedele a questo insegnamento, noi troviamo l’epistola di Barnaba che dice: «Tu farai comunione di ogni cosa col tuo vicino e non chiamerai alcuna cosa proprietà privata; poiché se siete diventati comunisti in ciò che è imperituro, quanto maggiormente dovete voi esserlo in ciò che è perituro». — « L’uomo che ama il suo vicino penserà che costui ha bisogno di avere le buone cose di cui egli stesso ha bisogno», dice Giustino.— « Tutto ciò che è di Dio, è comune pelnostro uso: il sole splende, le nubi danno la pioggia, il vento soffia per tutti, il sonno a tutti è comune, lo splendore della luna e delle stelle è una proprietà collettiva », dice Cipriano. E così noi potremmo continuare per un pezzo con citazioni dei Padri (2).
(1) C'è di solito un equivoco quando si ragiona di queste cose e non sembra sfuggirci il nostro autore. L’ideale è... l’ideale, e la realtà è... la realtà. E’ un fatto, ad esempio, che la richiesta degli Israeliti di avere un Re, fu la conseguenza dell’indebolimento della Teo-crazia primitiva. E’ un fatto che dei tribunali, della polizia, ecc., si può dire ciò che Gesù disse del divorzio : « Mosè vi scrisse quel comandamento a motivo della durezza del vostro cuore, ma da principio non era cosi ». (Matteo, 19/8).
E’ un fatto che, diventali saggi gli uomini tutte queste cose non avranno più ragione d’essere. Ma intanto... quidfaciendum? Tliat is thè queslion.
E’ lo Stato che rende gli uomini cattivi? Può darsi, in certi casi; ma è ovvio che sono gli uomini cattivi che rendono necessario lo Stato. D’altra parte gli uomini buoni renderebbero inutile lo Stato? Può darsi; ma è ovvio che molti uomini sono mantenuti buoni con la forza dallo Stato. Qual’è l’elemento predominante? Chi deve incominciare a trasformarsi? Il cristianesimo sociale sostiene la necessità di una triplice riforma parallela: individuale, economica e legislativa. A'. d. T.
(2) Queste citazioni non sono letterali e mancano d’indicazioni bibliografiche. Speriamo fare opera più esatta e scientifica nello studio già da nói annunziato nel fascicolò marzo-aprile 1913 di questa Rivista. N. d. 7.
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LA SOCIOLOGIA DI GESÙ
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Una vecchia tradizione racconta che l’imperatore romano Domiziano, avendo udito che alcuni discendenti di Gesù vivevano ancora ai suoi tempi, mandò a chiamarli. Essi erano i nipotini di Giuda, il fratello di Gesù. Essi dichiararono a Domiziano ch’essi erano lavoratori e comunisti, e l’imperatore li licenziò considerandoli come illusi sognatori. La frase che le Chiese d'oggi adoperano così spesso : « La comunione dei santi », si riferiva originariamente al comunismo dei santi. Laveleye ha davvero ragione quando egli dichiara: «Se il Cristianesimo fosse accettato quale fu insegnato dal suo fondatore, l'ordine sociale tutt’ora esistente non reggerebbe un sol giorno». E questo fu ammesso da tutti i riformatori sociali primitivi. Gli ordini monastici, attraverso il Medio Evo, misero l’accento sull’ insegnamento comunistico di Gesù. Il contadiname della Germania lo rivisse col seguire la Riforma, come si potè vedere tra gli Anabattisti, i precursori dei Quaccheri e degli Unitari. utopia di Tommaso More, la Nuova Atlantide di Bacone, il Nuovo Cristianesimo di Saint Simon, Fourier, Luigi Blanc : tutti questi socialisti utopisti invocarono la testimonianza degl’ insegna-menti di Gesù. Proudhon — che cercò di sostituire il possesso privato alla proprietà privata e proclamò arditamente la proprietà essere un furto — ebbe il più alto rispetto per gl’insegnamenti di Gesù e sembra, in un punto almeno dei suoi scritti, aver creduto alla sua divinità. La riforma sociale non mise da parte le parole di Gesù fino a Marx e a La Salle. Questi uomini accettarono, almeno in parte, la prevalente filosofia atea tedesca, la quale, unita alla persecuzione ecclesiastica alla quale essi furono sottoposti, li spinse a ribellarsi contro tutto ciò che sa di religione, ed essi diedero poca attenzione a ciò che Gesù aveva detto. Ma Gesù è troppo grande per essere trascurato. Lo storico svizzero von Muller — il quale, com’egli stesso ci racconta, spese l’intera sua vita nello scrivere 17,000 pagine in folio, estratte da 1733 autori — dice: « La figura di Gesù è la chiave di tutto il mio lavoro».
Ora noi abbiamo milioni di persone che si professano discepoli di questo rivoluzionario sociale. Che cosa pensano essi fare dei suoi insegnamenti riguardo a quell’organismo sociale che si chiama « lo Stato » ? A me pare che sono possibili tre attitudini soltanto:
Primo. Essi possono dire, come ha detto per molto tempo la Chiesa, che questi insegnamenti furono visioni di un idealista, non suscettibili di essere letteralmente realizzate. Ciò è Stranamente contradittorio con le proteste altisonanti della medesima Chiesa riguardo alla sapienza e alla divinità di Gesù.
Secondo. Essi possono fare ciò che fece Tclstoi ; rinunziare allo Stato e alla proprietà e cercar di vivere letteralmente secondo i comandamenti di Gesù.
Terzo. Essi possono venire a noi, socialisti i quali, seguendo Marx, Engels e Bebel, vediamo che la realizzazione scientifica dell’ideale di Gesù è oggi una possibilità. Noi pensiamo che, per mezzo del l’organizzazione collettiva dei mezzi di produzione e di distribuzione, sarà realizzato il regno della giustizia economica, e scomparirà per sempre l'aspro e crudele Stato della persecuzione e delle distinzioni di classe. Non ho alcun dubbio che, se Gesù vivesse oggi, egli vedrebbe le cose come noi le vediamo, e diventerebbe uno dei nostri.
(Trad. G. E. M.).
Roland D. Sawyer.
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RELIGIONE ED ARTE
IL NUOVO TEMPIO VALDESE A ROMA
OMENICA 8 febbraio, in Roma, a piazza Cavour, s’inaugura il nuovo Tempio Valdese. Già quando vi lavoravano ancora artisti ed operai, la stampa ne aveva parlato scor
gendo nel sorgere di questo edificio non un semplice fatto di cronaca interna per le chiese evangeliche, ma un avvenimento tale da richiamare l’attenzione della cittadinanza romana.
È un avvenimento notevole in primo luogo dal punto di vista dell’arte cristiana e più precisamente dell’arte evangelica, apparendo esso come l’affermazione d’un mutamento d’opinione nel campo del protestantesimo italiano riguardo i rapporti della religione cristiana con l’arte.
In questi ultimi tempi s’era infatti manifestato anche in seno alle chiese evangeliche italiane 1 inizio d’una reazione contro certe esagerazioni tradizionali d’ostilità per l’arte, e in
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Tav.
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LA FACCIATA.
Tav. IL
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INTERNO: L'ABSIDE.
Tav. III.
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INTERNO: NAVATA DI DESTRA. GALLERIA.
Tav. IV.
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IL PULPITO.
Tav. V.
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LA TAVOLA DELLA SANTA CENA.
Tav. VI.
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modo particolare per l’uso della decorazione artistica nelle chiese, ostilità suscitata dal disgusto per l’abuso di una decorazione atta ad alimentare nel popolo forme morbose di religiosità. Per evitare questo pericolo e per opporre un rimedio a questo male, gli evangelici —quelli specialmente d’Italia -vollero senz’altro abolire la decorazione nei loro templi che sorsero severi, freddi e spesso tetri nella loro nudità, che fu da loro chiamata per eufemismo " semplicità n.
È stato un periodo di reazione e di nuove esperienze, dopo il quale si è iniziato un periodo d’equilibrio di cui oggi assistiamo alle prime liete manifestazioni.
Infatti la novità caratteristica dell’avvenimento odierno non è tanto nell’opera d’architettura — che pure ha il suo lato nuovo, come vedremo — quanto nella parte importante affidata alla decorazione artistica.
L’Italia evangelica possedeva già buone opere d’architettura, come il Tempio Valdese di Torino, il Tempio Metodista Wesleyano di Roma, ma non aveva ancora dato alcun saggio di decorazione.
Oggi, passato l’impulso del bisogno di reazione, che ha condotto all’esagerazione, rotta una certa tradizione e, liberata da certi pregiudizi che invano taluno si sforzerebbe di giu-
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stificare con la Bibbia alla mano e col ricordo delle lezioni della storia, oggi F Italia evangelica esprime la propria fede serena, libera, calda e gioiosa anche col linguaggio dell’arte, imitando anche in questo i cristiani dei primi tre secoli, pei quali " semplicità” non fu sinonimo di abolizione o, peggio ancora, di disprezzo dell’arte.
Se 1 anima vostra ha sete di riposarsi nel pensiero di Dio, se il vostro spirito ha bisogno di raccogliersi nella meditazione religiosa, lasciate i rumori e le agitazioni della città, ed entrate nel tempio: l’ambiente nuovo, creato dall’arte, anziché incutervi un senso di sgomento o di freddezza, favorirà lo sviluppo della vostra fede che sentirete espandersi e divenir gioiosa.
Notevole è poi l’avvenimento anche perchè esso manifesta un tentativo di sottrarre l’arte religiosa all’ influenza straniera che vediamo dominare nei due templi sopra ricordati di Torino e di Roma, i quali si direbbero trasportati in Italia d’oltre Alpi e d’oltre mare. E giusto però ricordare il vecchio tempio Valdese di Via Nazionale a Roma che è già una affermazione d’architettura italiana non certo disprezzabile.
Riguardo al nuovo Tempio, l’autore del progetto ha voluto ispirarsi all’arte romanica interpretandola con spirito mo-
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demo. Non è chi non veda la difficoltà dell’opera, special-mente se si considera che all’artista erano imposti legami di vario genere. La tirannia dell’area, una delle difficoltà maggiori, e le numerose esigenze dell’opera complessa religiososociale cui l’edificio doveva rispondere convenientemente, forse non hanno permesso all’architetto di attuare tutto il suo intento artistico. Ma non si può negare ch’egli sia riuscito a creare una sistemazione d’ambienti in cui si vedé risolto il problema dell’utilizzazione dello spazio come meglio non si sarebbe potuto sperare.
Certo non mancheranno le critiche; ma non è qui il luogo nè questo il momento di occuparcene. Oggi, in questa pubblicazione commemorativa, crediamo di doverci limitare a ricordare con gioia l’avvenimento mettendone in evidenza l’importanza in relazione col cambiamento d’opinione che va manifestandosi tra gli evangelici italiani riguardo le relazioni tra religione ed arte.
Dinanzi all’opera nuova, ammiriamo la volontà di chi l’ha voluta così, ed apprezziamo il tentativo coraggioso, passando sopra alle critiche e chiudendo gli occhi sulle imperfezioni che vi si possono scorgere.
All’Italia evangelica sta dinanzi l’avvenire: potrà, forse,
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anche in questo campo, fare meglio ; badi a non andare indietro per riguardo ai mormorii della gente che ha ancora dei pregiudizi da difendere.
Non descriviamo l’opera, lasciando alle nostre tavole il compito di dame ai lettori un’idea adeguata. Ma vogliamo qui ricordare i nomi di coloro che hanno variamente cooperato a questa creazione artistica. E per primo ricordiamo quello di Arturo Muston, presidente, fino al settembre scorso, del Comitato di Evangelizzazione della Chiesa Valdese, che, con l’opera da lui sapientemente ed intelligentemente diretta, ha saputo e voluto segnare il nuovo orientamento da noi salutato con intima gioia. È giusto che chi oggi contempla l’opera finita, abbia un pensiero di ammirazione e di gratitudine anche per colui che, sollecito ed amoroso, l’ha curata quotidianamente, tutto considerando, preoccupandosi di tutto, dell* insieme e dei particolari, sopportando, senza mai perdersi d’animo, tutte le noie, e superando tutte le difficoltà date da uomini, cose e circostanze.
Poi dev’essere ricordata la schiera degli artisti : l’architetto Bonci, che ideò il progetto e ne curò l’esecuzione insieme con l’ing. Rutelli; l’impresa Porcheddu che dalle fondamenta elevò in cemento armato tutto lo scheletro dell’edificio
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e l’impresa Cipolla che compì l’opera sino agli ultimi particolari; il prof. Paolo Paschetto, il quale, ispirandosi liberamente al romanico, decorò in pittura l’abside, il soffitto e le pareti del Tempio e ideò ed eseguì i cartoni per le quattordici vetrate con simboli cristiani e per tutte le altre con disegni floreali; il sig. Picchiarmi di Roma che eseguì le vetrate stesse; il Corsini di Siena cui si debbono il pulpito e la tavola per la Santa Cena, in legno scolpito; il professor Augelli di Pietrasanta, autore della tazza battesimale; il sig. Luciano Zalaffi di Siena, dalla cui officina provengono i lampadari in ferro battuto; la ditta Alic di Genova che ha eseguito i pavimenti, ed infine l’antica ditta Vegezzi-Bossi di Torino che ha fornito l’organo a tre tastiere e motore elettrico.
Ma il nuovo Tempio non c’interessa semplicemente come manifestazione d’arte religiosa. Esso, coi vari locali vicini dovrà divenire il centro d una multiforme attività religiosa e sociale. Infatti nell’edificio annesso al Tempio, oltre gli appar-
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lamenti adibiti ad uso di abitazione e destinati a fornire i mezzi necessari per l’opera sociale, v’è una sala per conferenze, sale pei militari, una sala per biblioteca circolante, altre aule per classi e riunioni divaria specie; e nel sottosuolo del Tempio si estende un’ampia palestra per ricreatorio.
Così, mentre nel Tempio si renderà a Dio un culto " in ¡spirito e verità ”, negli altri ambienti si onorerà Dio con opere di solidarietà e fratellanza cristiana: lo si servirà nel servizio delle sue creature. E anche questa caratteristica dell’opera nuova è un’affermazione notevole del mutamento che sta avvenendo nell*indirizzo dell’azione evangelica: meno dogmatica, meno teologica e più, molto più pratica. E un po’ una vittoria del così detto cristianesimo sociale, ed anche per questo sentiamo di dover esprimere il nostro vivo compiacimento.
Terminando, non possiamo omettere di ricordare il nome di una persona cui si deve l’idea e Fattuazione dell’opera. Il nome di Mrs JOHN STEWART KENNEDY si legge nella
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targa commemorativa fusa in bronzo dalla ditta Neilidi Roma, in ricordo della munificenza cristiana per la quale l’opera bella fu possibile. Quella generosa signora, ammiratrice appassionata dell’Italia, non si è limitata a manifestarle l’amicizia nella contemplazione touristica delle sue bellezze, ma, dopo avere per anni seguito e sostenuto con pratica simpatia quanto vi si va compiendo in favore d’un risveglio e rinvigorimento della coscienza religiosa, ha voluto onorare la memoria di CORNE-LIUS Baker, suo padre, anch’esso grande amico dell* Italia, col fornire i mezzi necessari per la fondazione ed il sostentamento d’una grande opera italiana di educazione civile e religiosa.
Gli evangelici italiani d’ogni denominazione si uniscono oggi ai fratelli Valdesi neH’esprimere la loro viva riconoscenza alla cristiana donatrice, e fanno caldi voti perchè ai sentimenti cristiani che le hanno ispirato il munifico dono, possano corrispondere nell’attuazione del coraggioso piano d azione cristiana, consolanti, abbondanti risultati.
L. P.
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RELIGIONE E POLITICA
(LETTERE ELETTORALI)
(Vedi Bifychms Nov.-Dic. 1913, pag. 504).
A un liberista.
Anche voi, dunque, siete della stessa opinione della giolittiana Tribuna', la quale, dopo aver fatto la campagna elettorale agli ordini del comm. Peano e del conte Gentiioni, ha cominciato a ripetere su tutti i toni che il paese non « sente » l’anticlericalismo, che quelle che esso agita son questioni « sorpassate » o «immature», che c’è ben altri problemi urgenti, e che bisogna esser pratici e via dicendo.
Voi siete, più o meno, della stessa opinione. Professore, laicissimo di pensiero, diritto nella vostra logica, giungete, sotto lo stimolo della vostra coscienza professionale, a vedere e a ritenere Che ci vorrebbe un ministro, se non anticlericale, almeno sinceramente laico, e timoroso dell’ invadenza formidabile di preti, al ministero della P. I., dove ora è il « deputato di Tirano per l’astensione dei cattolici», il radicale Credaro. Ma basta lì. Dove la luce della vostra diretta esperienza professionale non giunge, non c’è più posto per l’anticlericalismo: troppi altri e troppo gravi problemi urgono.
Io non sono della vostra opinione. Sarà che io sono un ex prete, scomunicato vitando per tutti i preti di tutti i fanatismi e di tutte le irreligioni d’Italia; che, quindi, ho un’altra esperienza. Sarà che, essendo stato prete pochissimo nel senso professionale della parola — anche quand’ero ho fatto sempre e solo il propagandista politico e il pubblicista — sono rimasto — e debbo vantarmene — prete in un altro senso ; nel giudicare fondamentale, nella vita privata e pubblica, l’importanza di una Sana e fresca e sincera e salda vita religiosa — dico vita religiosa — della coscienza. Comunque, io ho una opinione molto diversa dalla vostra. E ve ne dico subito i motivi.
Uno, e il primo, è che per me la laicità non è politica di problemi occasionali, che oggi possono essere urgenti, domani superflui o dimenticati : la laicità, quando voi mi ponete da una parte la Chiesa di Roma e dall'altra una monarchia recente, non ancora radicata nella nazione, una democrazia giovane e già così vecchia di spirito, un paese che deve rifare o fare la sua coscienza, è, o dovrebbe essere, indirizzo costante di governo, visione dei più alti e immanenti doveri dello Stato, avviamento normale e sicuro, nella legislazione e più
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RELIGIONE F. POLITICA 2$
ancora nella pratica amministrativa, verso la piena e salda e coerente libertà religiosa. Come il vostro ministro della P. I. così il mio ministro dei culti, degli affari interni, di A. I. e C. (il commercio del denaro è, per metà, in mano dei preti) dovrebbe aver costantemente dinanzi agli occhi il dovere di vigilare le sottili e tenaci infiltrazioni nella vita pubblica dell’attività clericale, mirante a ristabilire l’asservimento dello Stato alla Chiesa e il dominio associato dell’uno e dell’altra sulle coscienze.
Ed appunto perchè —- ho scritto anche questo, ma oggi è di moda, in Italia, ignorarmi, perchè è di moda il catolicismo di Piò X, per la sua meravigliosa corrispondenza con l'imbecillità senile e lo scetticismo degli italiani — la politica ecclesiastica è indirizzo immanente dell’attività di governo, è poco serio e niente professionale presentare noi anticlericali come gente che vuol cacciar dentro nella vita pubblica italiana elementi e ingredienti nuovi, inutili e inassimilabili. No: noi combattiamo e diciamo vile, addormentatrice, falsa, illiberale, esiziale quella politica ecclesiastica che il governo italiano fa giorno per giorno, invisibilmente, nelle piccole cose ; quella che ha permesso ai cattolici di arrivare dove sono arrivati, tranquillamente, silenziosamente, e che permetterà ad essi — getta il grido di allarme il Corriere della Sera — di arrivare in tre elezioni generali, fatte da Giovanni Giolitti o da qualche suo continuatore, a una maggioranza di deputati cattolici-papali, che ci delizieranno di una meravigliosa irregi-mentazione ecclesiastica della scuola e delle forze politiche.
Ma ci sono quegli altri problemi, urgenti, essenziali, improrogabili. E chi vi dice di no? E pure quelli son problemi di cose, questo nostro è problema di uomini, di coscienze, di caratteri, di principi, di fede, di educazione, di spirito popolare. Il che vuol dire che quelli sono, per definizione filosofica (dovete ammetterlo, se siete solo un poco idealista e di un idealismo non superficiale e inconseguente e pesante di inconsapevole materialismo, come è, purtroppo, quello di nove decimi degli ammiratori e scimmiottatori di B. Croce — e imaginate che sono i non idealisti) — problemi maggiori di questi, di tanto di quanto son più vicini all’uomo, sono l’uomo stesso, il suo farsi e il suo essere, come intelligenza che risolve in sè il mondo delle cose e volontà che lo plasma. E quindi la logica vorrebbe che si chiedesse ai nostri spettabilissimi concittadini di guardare un poco nel fondo della loro anima sonnolenta e turpe e di snebbiarla dell’ipocrisia religiosa che l’ingombra tutta e perturba e avvelena gruppi e partiti, prima di chiedersi quanto deve esser alto il dazio del grano e chi deve pagare i tributi ; Che son questioni anche queste di sincerità e di giustizia e di bontà umana e quindi, in certo innegabile senso, questioni religiose anche esse.
E quella che da quaranta anni è sulle bocche di tutti e per la quale tuttavia nulla ancora di veramente risolutivo s’è fatto, la questione meridionale, non è forse anche essa una questione «religiosa» soprattutto? Lo so; v’è chi ne fa questione di rimboschimento o di frazionamento della proprietà, o di credito agrario a buon mercato, o di liberismo, o di grandi vie di comunicazione ; e c'è anche chi, fatalisticamente, ne fa questione — e cioè, non questione ma neces-rità — di clima, di sole, di razza. Ma così noi ci dibattiamo pur sempre fra l’inutile — i molti tentativi fatti ce ne dànno esempi numerosi — e l’impossibile. A me, ed a molti, sembra che essa sia questione di uomini, innanzi tutto.
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BILYCHNIS
cioè, da capo, di coscienze, di volontà, di attitudini attive e passive all’organizzazione, di fedi, di entusiasmi creatori.
Tutto lo sforzo fatto dagli europei, negli ultimi due o trecènto anni, per rinnovare le condizioni interiori della loro vita, la visione del mondo e l’atteggiamento pratico dinanzi alla storia, è passato inutilmente per la borghesia e per le plebi meridionali, benché alcuni potenti ingegni del mezzogiorno abbiano dato a quello sforzo un contributo prodigioso. La superstizione domina gli animi, sposta i fini pratici della vita, trasferendoli parzialmente in un mondo immaginario, dissocia le coscienze, alle quali vieta di sentire la necessità dello sforzo concorde, snerva ed uccide ogni intima virtù dello spirito volta a redimere questo dai vizi caratteristici della gente: l’egoismo sospettoso, l’insincerità, la prontezza alla vendetta privata, l'intrigo.
Nessuno ha misurato ancora, con pazienti studi psicologici e sociali, tutto l’intimo lavorio dissolvitore della menzogna collocata cosí e lasciata pacificamente dominare nel più intimo centro delia vita, quello che è la sede della religiosità e delle fedi. Immaginate, al posto di questa superstizione grossolana, alimentata da un clero povero, avido, carnale e ignorante, un protestantesimo rigido, interiore, animoso, e voi vedrete la differenza ripercuotersi su tutta la vita, su tutto il costume sociale.
Voi direte subito : ma, appunto, fra quei popoli non può esserci che quella religione: il protestantesimo di Ginevra o di Oxford, laggiù, non è pensabile. Ed io nego questo, poiché tanto varrebbe rinunziare ad ogni speranza di mutamento profondo per quei paesi. Una infinita modificabilità, in tutti i sensi, non può non essere, anche laggiù, la legge suprema della storia. E noi dobbiamo lavorare ad introdurre le modificazioni che ci sembrano utili, comunque esse debbano poi complicarsi e concretarsi sotto l’azione di permanenti influenze locali. Anche la religione del Mezzogiorno si modificherà, si va modificando, ma assai lentamente, perchè tutto il moto della cultura, giù, è assai lento; e così forte la prima impronta data alle giovani coscienze dalla donna e dalla società che la cultura stessa, cercata con gretti intenti professionali, discende assai poco addentro nelle coscienze.
Ma che si è fatto per mutare un tale stato di cose? Presso che nulla. Un altro aspetto del problema di uomini, in ciò che riguarda il Mezzogiorno, sono gli uomini che, dall’unità costituita in poi, vi abbiamo mandato dal nord. I peggiori, ed era così facile trovarne! Uomini che consideravano la destinazione a una sede meridionale o come un inizio di carriera necessario, nel quale non valeva la pena di spendersi troppo (e così il Mezzogiorno è stato, per molti funzionari e insegnanti, uua prima funesta lezione di avarizia spirituale), o come un castigo, del quale bisognasse attenuare le conseguenze arrangiandosi, o come un incarico di fiducia, da parte delle amministrazioni centrali e di governi che dei difetti e dei vizi del Mezzogiorno hanno sempre profittato per legare a sé i rappresentanti politici di questo. Ed allora il programma era, non già di fronteggiare la corruzione, ma di profittarne utilmente, mettendola a servizio degli uomini preferiti, facendone una catena di solidarietà nel male. E chi sapeva farla più sporca diventava priore.
Ma è inutile insistere, quando forse si è teoricamente d’accordo. Quello
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che trattiene voi, e tanti altri con voi, non è il riconoscerne il male quanto il non vederne il rimedio e, di fronte alla difficoltà, il deviare, cercando soluzioni altrove.
Voi diceste, ad es., che il suffragio universale avrebbe avuto una grande efficacia, spezzando le clientele locali. Vedremo. Ma io non veggo come esso possa dare al Mezzogiorno i dirigenti, gli uomini nuovi verso i quali vada utilmente la fiducia popolare ; nè che cosa tratterrà il clero dal profittare largamente di questo nuovo mezzo di proselitismo e di dominio; nè per qual via la più larga origine popolare possa rinnovare dall' interno il funzionamento degli istituti pubblici, tutti così profondamente corrosi dagli interessi egoistici che vi si annidano.
E un altro vostro errore è di metodo. Voi sperate di indurre con la propaganda e la persuasione i singoli ad accettare le vostre idee e ad agire in conseguenza.) Ma le ¡persuasioni singole oggi non valgono politicamente nulla. Deputati i quali abbiano tempo e voglia di sapere ciò che sarebbe più utile agli interessi generali del Mezzogiorno in materia d'imposte e di dazi doganali o di legislazione sociale ce ne è appena due su cento. Gli altri si regolano in base ad altri criteri ed hanno altre cure. La loro coscienza politica è affittata per metà alle clientele che li hanno eletti, per metà al governo il quale deve aiutarli a contentare quelle clientele. E il governo agisce abilmente nell’assicurarsi tali deputati e nel muoverli; esso non vuole personalità; tanto più un deputato si adagia a un sistema simile, quanto più mediocre è, quanto più debole la sua base, quanto più scarse le sue risorse. La servilità agile e astuta, questa è la dote che serve. Così, di nuovo, la corruzione, nello sfruttamento politico che se ne fa, diventa corruttela : e tutte le propagande ideali che cercano di provocare saldi convincimenti e liberi giudizi e tenaci iniziative urtano contro la menzogna che è a base di tutta la vita pubblica.
Io non so che cosa voi pensiate della vostra campagna liberista; forse ne sarete soddisfatto. A me pare che i risultati di essa sieno un’altra di quelle rovinose delusioni che l’idealismo politico viene, da parecchi anni a questa parte, accumulando sul suo capo. Anche esso, se mai, sconta errori suoi: non ha visto che in Italia, per ricominciare da capo, bisogna fare quella rivoluzione religiosa che altri popoli europei fecero, a suo tempo, e che noi — come la Spagna — non abbiamo mai fatta. Bisogna dare luce e aria e forza alle coscienze, scompaginare e sconvolgere tutti questi serpentini aggruppamenti e grovigli di interessi e di complicità che fanno il Clericalismo, l’accordo Peano-Gentiloni, la pace giolittiana.
Anche il liberismo economico è a questo prezzo.
A un socialista ufficiale.
Dunque, non volete essere anticlericali. Lo avete dichiarato più volte e lo avete anche mostrato con i fatti. Od, almeno, non volete avere un anticlericalismo comune con i massoni, con i socialisti riformisti, con i radicali; perchè questo comune, anticlericalismo potrebbe prevalere sulle differenze, che voi oggi
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siete in vena di faticosamente ostentare e magari esagerare, e trascinarvi alla politica dei blocchi. .... - ATu mi scrivevi, anzi, alla vigilia delle elezioni: noi non vogliamo fare dell’anticlericalismo, e non ne abbiamo mésso nel nostro programma, salvo l’accenno alla scuola, perchè vogliamo innanzi tutto essere antilibici e antigiolittiani. E non mi ricordo se aggiungesti che non credevi alla serietà dell’anticlericalismo dei radicali o che non volevate offrire a Giolitti un altro motivo o pretesto da cogliere per rinnovare il trucco della sua politica popolaresca.
E quando poi ti ho chiesto, a voce, che cosa tu pensassi dei mezzi e dei metodi adottati dai preti in molti luoghi d’Italia per sopraffarci e per vincere, hai dichiarato di non commuoverti gran che allo spettacolo di queste violenze spirituali. Avevamo avuto torto, secondo te, di non provvedere a tempo da mostrare ai contadini, nel prete, un alleato dello sfruttamento capitalistico.
E con questa osservazione mi disarmasti. Mi disarmasti perchè essa era ingegnosa, e perchè per risponderti a tono avrei dovuto dirti delle cose amare. Ed io che non so dire delle cose amare, ma riesco qualche volta a scriverle, te le scrivo.
Voi dunque — lascio oramai il tu — voi socialisti ufficiali, voi Lazzari e Mussolini e Morgari e Treves e Calda, non vi commovete molto nè della nostra lotta contro il clericalismo sopraffattore nè del nostro programma di laicità, perchè con i preti ve la volete sbrigar voi. Il vostro socialismo è una religione, perchè è il risolvimento supremo universale definitivo di tutte le lotte e le difficoltà umane, è un messianismo rinnovato, l’annunzio del regno di Dio sulla terra. Anche voi siete dei venditori di paradiso — con molte imposture (parlo dei vostri propagandisti spiccioli) come i preti —; parlate di abolizione della milizia e delle imposte, di proprietà per tutti, di fine dello sfruttamanto capitalistico, di eguaglianza piena e sincera nella società socialista. Anche voi fate appello alle masse, le volete disciplinate, docili, entusiaste, credenti. Con i preti ve la sbrigate quindi da voi. Poco vi importa di frati, di catechismo, di seminari, di vescovi. Il vostro credo è più semplice e va più diritto allo scopo; voi credete nella economia, nel lavoro, nella unione del proletariato, nei mandati parlamentari o nella forza dei sindacati. Accettato il vostro credo, l’altro si sfascia da sè.
E cosi, considerato il clero non più che come il carabiniere delle coscienze, alleato e strumento dei padroni nello sfruttamento capitalistico, e la religione come < soprastruttura ideologica » di questa società cosi ordinata perchè Classi ristrette dominino il lavoro, voi applicate all’anticlericalismo la tattica intransigente che avete voluto applicare anche sul terreno politico : niente blocchi, niente accordi con le frazioni più avanzate della borghesia, niente anticlericalismo borghese.
Non mi dirai che ti faccio torto ricollegando così la vostra prassi, in questa materia, a un principio teorico. Vero è Che se dovessi dirti tutto il mio pensiero, io non insisterei molto sul parallelo: perchè il vostro socialismo, se è qualche cosa di analogo a una religione, una specie di messianismo al quale non manca la sua apocalissi, religioso sostanzialmente non è. Della religiosità esso apparisce ed agisce anche come negatore ; poiché al processo verso l’interiorità,
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verso la considerazione del mondo e della vita come spiritualità in atto, verso l’approfondimento della personalità e la faticosa conquista di sè, voi ne opponete un altro, di esteriorizzazione, con quel vostro principio che fa dipendere l’intimo io delle esteriori vicende economiche, la riforma umana da una riforma di rapporti di produzione, con la vostra morale facile e il vostro naturalismo, col disdegno di molti di voi per quei valori di cultura che rimarranno necessariamente aristocratici.
E di questo, a parer mio, errore pericoloso di indirizzo voi siete già abbastanza amaramente puniti ; perchè la superiorità dell’animo, del carattere, di un dovere interiore di coerenza spirituale ed esteriore di unità di sforzo, di disciplina che voi avete rinnegato teoricamente, i vostri seguaci la rinnegano oramai praticamente, e il campo è aperto alle competizioni più sfrenate e più sfacciate, all’arrivismo più leggero di scrupoli ; e i Marcelli si moltiplicano, critici inesorabili sinché non venga il loro turno, poi servi e lusingatori di quella folla sulle spalle della quale sono stati portati, costretti a preferire per essa — se pur non lo facessero per spontanea volgarità d’animo — i gesti e le pose gladiatorie al paziente lavoro ed alla verità dura. Nè da questo rapido impoverimento ideale che ha colpito il socialismo io veggo, per ora, via di uscita.
Veggo invece, da qualche tempo, l'inanità del vostro lavoro. La fiducia dei partiti Che avanzano è operosa e lieta, voi siete da qualche tempo terribilmente acidi. Accortivi che non avanzate, ed essendo in dovere — triste dovere! — di non cercarne in alcun modo la colpa in voi stessi, nei vostri, nelle abitudini che voi avevate creato e lasciato crescere in essi, avete cominciato a gridar più forte contro la società borghese; la guerra è stata una fortuna per voi, perchè vi ha permesso di far credere Che, se vengono meno fra i vostri la previdenza e la solidarietà e lo sforzo tenace di organizzazione e l’opera volta ad educare e migliorare se stessi, la colpa è del miliardo di lire che è costata la Libia.
E l'effetto di questa opposizione non sincera, ma studiata e ingegnosa, è che essa manca di qualsiasi effetto serio, tranne quello — se volete chiamarlo serio — di salvar voi presso le masse, distratte dal cercare in se stesse il male e quindi la salute. Ed è naturale. Quelli che voi denunziate come mali e pericoli e nemici vi servono, dai momento che voi stessi li avete costituiti tali. Il ministerialismo dei radicali vi fa comodo, perchè facilita e rafforza la vostra novella verginità politica. Il permanere dell’on. Giolitti al governo vi serve perchè vi dà tutti i vantaggi, presso la platea, della opposizione e vi libera da tutte le responsabilità. L’avanzata minacciosa dei preti, con a capo Pio X, vi fa gongolanti, e voi vedete già, precorrendo l’evento «con l’agile speme», i conservatori, i nazionalisti, i liberali ingoiati e spariti, i democratici costituzionali e i radicali malati e languenti di occulta tabe clericale, i socialisti riformisti brancolanti in questo cemetero di residui, e voi soli alle prese con lo stato rifatto prete e il capitalismo bigotto ; nè dubitate che la vittoria finale sarà la vostra, dei « lavoratori di tutto il mondo ».
Così stando le cose, è naturale che voi non siate anticlericali. L’anticlericalismo è riassorbito nel vostro praticismo, nel vostro anti-borghesismo. Fate da voi. La questione di fedi, di entusiasmi, di convincimenti e di devozioni ideali da rinnovare nelle coscienze, di un’anima da dare alla democrazia, della democrazia come educazione dèlie volontà la questione di un processo spirituale di
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conquista di sé, dell’individualismo da superare nella universalità dello spirito, di una bontà viva che soia può disgelare le coscienze e fonderle e socializzarle, non esiste per voi.
E quindi l’audacia del clericalismo, la viltà dello Stato dinanzi alla Chiesa, lo smarrimento penoso degli altri partiti della democrazia non vi dispiacciono ; voi vi fregate allegramente le mani, pensando alla « fradicia borghesia » che si dissolve così. E non pensate che con essa si dissolve qualche cosa che è anche vostro, che è anche voi, che è necessario anche a voi per fare opera sana e durevole; che, se gli uomini fanno la loro storia, il problema del fare gli uomini diviene di. tanto più importante, e far degli uomini significa fare delle coscienze, dei sistemi morali viventi, delle fedi, delle volontà, dei caratteri. Come volete foggiare gli strumenti per la creazione della società ventura, se la fiamma non arde, alla fucina?
Ora noi — se non fosse troppo immodesto, direi io — noi anticlericali risolutamente e innanzi tutto, anticlericali irreducibili, non ostante i dileggi vostri e della borghesia — anche voi siete « borghesia» ih questo; il marcio dei suo scetticismo morale è nei professionisti che vengono così numerosi nelle vostre file a fare i meneurs del proletariato —, non ostante gli accordi aperti o segreti fra lo Stato o chi per lui, e la Chiesa, o chi per essa, non ostante il denaro e tutti gli altri mezzi di adescamento e di corruzione dei quali l'uno e l’altra si servono per persuadere giornalisti venali e uomini politici senza carattere che l'anticle-ricalismo non esiste, che il paese non lo vuole; che altre cose ci sono alle quali pensare, noi qui vi aspettiamo.
Quando vi accorgerete che il fuoco si spegne alla fucina, bisognerà bene riaccenderlo...
Scusami ora se ho scritto a te delle cose amare. Tu le meriti meno di altri. C’è in te una certa fiamma ideale, sottile e irrequieta, come c’è in parecchi altri, nei vostri migliori. Tu sei fra quelli i quali partecipano a quel movimento magnifico di cultura e, benché meno confessatamente, di educazione morale che, attraverso alla scuola o alla diffusione del libro, della conferenza, dell’arte, tende a ridare un’anima alla democrazia. Tu, come molti dei vostri migliori, segui la corrente, obbedisci, ma riluttante, ma con scatti e resistenze e ribellioni.
Forse questo tuo io migliore ti si rivelerà, e ti farai un giudizio molto diverso dell’anticlericalismo.
E dell’asprezza della mia parola scusami. Come Lutero:
pregar non posso senza maledire.
Romolo Murri.
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Vitalità e uita nel Gattolicismo.
IV.
NEL CAMPO DOTTRINALE: L’AUTORITÀ DÈI VESCOVI - L’« EPISCOPALISMO » -GLI « EPISCOPALISTI > IN ITALIA - LA RUINA DELLA GERARCHIA fi IL VATICANO E LE ELEZIONI POLITICHE: L'ALLARME DEI LIBERALI - LE PRESSIONI SUL GOVERNO ED I CONTRATTI ELETTORALI - LA CORRUZIONE OPERATA DAL CLERO - IL TERRORE RELIGIOSO - I RISULTATI - L’INTERVISTA GENTI-IONI - GLI ONOREVOLI DI PIO X.
E vi ha una cosa che nella Chiesa Romana non possa ormai essere diminuita ulteriormente, a meno che non si voglia annullarla affatto, questa è senza dubbio alcuno l’autorità dei i vescovi. La Chiesa antica li considerava come successori degli I apostoli e in quanto tali li onorava e li seguiva, ed ogni vescovo godeva assoluta libertà e piena autorità sul suo gregge indipendentemente da qualsiasi inframettenza di altre Chiese o di altri pontefici che tentassero arrogarsi una supremazia o preminenza che non fosse soltanto di onore. Ciò è acquisito
definitivamente alla storia. Più tardi, affermatosi a gradi il dominio della Chiesa
Romana sulle altre, a scapito dell’ unità della Chiesa Cristiana, poiché la megalomania dei vescovi di Roma fu la causa determinante lo scisma orientale, a gradi pur venne limitandosi l’autorità e la dignità vescovile. Ne era rimasto sino al XIX secolo una tenue parvenza nel diritto riconosciuto ai concili universali di legiferare in materia ecclesiastica come autorità massima, in quanto il consensus pasto-rum poteva essere ritenuto come legittimamente rappresentante del consensus fide-lium. Ma è noto che anche a questa larva di indipendenza i vescovi dovettero abdicare, malgrado la energica resistenza di alcuni, nel Concilio vaticano, che segna la data della più audace sopraffazione che la storia possa ricordare.
Ora, ognuno vede a che sia ridotto l’ufficio dei vescovi, e tutti sanno che solo per ironia o per piaggeria v’è chi li chiama ancora maestri e pastori in
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Israello. Certo si è che ogni volta che osano esprimere un proprio giudizio o agire di propria volontà anche in cose che non hanno a che vedere con la fede o con la tradizione, ma che si riferiscono puramente a contingenze politiche o a giustizia distributiva in rapporto ai loro fedeli, essi sono ripresi acremente, ammoniti, privati della giurisdizióne.
Stando le cose a questo punto, non si può neppur concepire, ripeto, una ulteriore degradazione, nè si riesce a comprendere come i fedeli che si professino e siano ossequenti a) proprio vescovo non lo siano per questo stesso al papa. Eppure, in agosto del 1913, un vescovo italiano, quello di Como, ha trovato che un pericolo terribile stava sopra alla cristianità (un « falso errore » scrive V Unità Cattolica, del 28 agosto 1913) e con una sua pastorale ha dato l’allarme. Questo pericolo deriva da un fatto impressionante.
Il fatto impressionante —- scrive il vescovo di Como — che a nessuno può sfuggire oggi, si è certamente questo, che il prestigio dell’autorità è in ribasso spaventoso.
Sentire parlare con freddezza e tutta indifferenza, come quasi di cosa estranea ; udire gettare il discredito sull’autorità, anche nei modi più antipatici e vedere taluni assistere con pari indiflerenza ed imperturbabilità, se non con malcelata compiacenza a siffatte conversazioni, certo le meno simpatiche di tutte, è cosa non infrequente; come è vera moda oggi, e lo diceva poc’anzi, il malvezzo di criticare, e si deve pur dirlo con dolore, ma Con pari franchezza, anche dà parte di persone, a cui è ancor più disdicevole che ad ogni altra.
Tale ribasso spaventoso del prestigio dell’autorità deriverebbe dal poco conto che un certo numero di sacerdoti fa dell’autorità del papa. E ciò — secondo il vescovo stesso e secondo commenti ufficiali ed ufficiosi — perchè molti sacerdoti non si curano dell’autorità papale con la scusa di essere col proprio vescovo e di seguirne i dettami ed i consigli.
A questo « falso errore » o eresia modernissima, .si è trovato subito un nome dal solito giornale fiorentino, che lo ha battezzato : Episcopalismo. E così illustra questa sua trovata (n. del 2 settembre):
A sconvolgere l’ordine geràrchico' di divina istituzione insorsero in questi ultimi tempi falsi cattolici, che pretendono delimitare l’autorità suprema dei Papa, e svisano quella dei vescovi, alternandone la portata onde poter impunemente ribellarsi alle direttive pontificie. Infatti quando il Papa, o con pubblici documenti o nel complesso dei suoi atti, dimostra luminosamente la via che i cattolici debbono seguire nelle questioni religiose, politiche ed economiche, i falsi cattolici dicono : « noi non siamo tenuti ad obbedire, perchè non si traila di soie spettanti alla fede ed alla morale ». Ma se viceversa un vescovo, non pubblicamente, ma privatamente, manifestasse opinioni, come già dicemmo, notoriamente disformi dalle direttive pontificie, allora i falsi cattolici direbbero : « bisogna seguire il vescovo, e chi non lo segue è per ciò stesso ribelle al Papa ».
Tutti i buoni cattolici desiderano certamente, e ritengono, se non appare addirittura il contrario da fatti positivi, che ogni vescovo in pubblico ed in privato aderisca colle parole e celle opere alle direttive pontificie. In questa adesione riposa tranquilla la coscienza cattolica, e trae forza e vigore la sua azione.
Ma quando un vescovo privatamente dissentisse da Roma nelle direttive stesse, oppure in pubblico ottemperando agli ordini ed alle direttive anzidetto, esprimesse poi per suo conto opinioni contrarie alle medesime sarebbero forse allora i cattolici obbligati a seguirlo nelle opinioni personali? Potrebbe egli stesso il vescovo vantare una simile pretesa? Chi è vescovo sa che 1 membri del corpo ecclesiastico non sono tenuti, a infeudare al lutto il loro spirilo a quello.di un superiore, nè ad adottare come infallibili le sue privale opinioni. Anzi lo stesso vescovo si dorrebbe di un clero servile ed adulatore, che con bassa compiacenza facesse
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plauso ad opinioni private che forse in cuor suo egli disapprova ; sarebbe questa una ingiuria sanguinosa fatta al vescovo il quale non potrebbe dirli figli che obbediscono per amore, ma servi che camminano sotto la verga della paura, il che causerebbe freddezza, angustia e diffidenza per il potere vescovile sempre ed altamente venerabile. Peggio se fossero perfidiosi cortigiani.
Il Concilio vaticano insegna che il Papa ha « giurisdizione ordinaria » sopra /«/A' i singoli Jedeli dell’orbe cattolico, il che importa come logica conseguenza (ciò del resto insegna espressamente lo stesso Concilio), il diritto nei singoli fedeli di comunicare immediatamente col Pontefice quando vi sia ragionevole motivo.
Il giorno dopo, 3 settembre, Pio X inviava al vescovo di Como un suo biglietto autografo, congratulandosi vivamente con lui « per la bella e opportunissima pastorale Sull'Autorità ». e congratulandosi altresì col capitolo della cattedrale di quella città che aveva mostrato di comprenderne « il vero significato ». Infatti quei canonici in una loro lettera cortigiana si erano affrettati a deplorare quegli ecclesiastici «che dicono il vescovo vicino e il papa lontano, bastare quindi di essere col proprio vescovo vicino ».
Vi fu anche chi si preoccupò, con maligna compiacenza, di esemplificare. La Riscossa di Breganze trovò, ad esempio, che nella sua diocesi di ’licenza, il male era già gravissimo, poiché vi erano dei cattolici che, seguendo il proprio vescovo, non vedevano troppo di buon viso un giornale locale, di quelli che si assumono volentieri in terra le veci di Dominiddio, il Borico, che in verità aveva mostrato a varie riprese di essere disubbidiente e irriverente verso mons. Rodolfi, appellandosi a Roma. E la solita Unità Cattolica, riportato fraternamente lo spunto del periodiehetto di Breganze, aggiungeva per suo conto che di epi-scopalisti ve ne sono non solo a Vicenza, ma a Milano (leggi: giornale Vitalia appoggiato notoriamente dal card. Ferrari), a Bergamo (giornale \'Eco di Bergamo e mons. Radini-TedesChi), a Torino (giornale il Momento e il card. Ri-chelmy), nell’Emilia (giornale \‘ Avvenire d'Italia e gli arcivescovi e vescovi che lo sostengono), nelle Marche (particolarmente si riferisce il giornale fiorentino alla diocesi di Fermo e al' suo lombardo arcivescovo antitemporalista), e, finalmente, anche in Toscana (dove è Pisa col card. Maffi e col Messaggero toscano}.
Fuori d’Italia i papali non hanno voluto esser da meno di quelli del nostro regno. In Ungheria, ad esempio, è stato attaccato villanamente il vescovo di Stuhlweissenburg, mons. Prohàszka, ed in Francia gli stessi gesuiti hanno creduto doveroso protestare nella loro rivista Les Eludes. contro i nuovi facinorosi sco-vatori di eretici ad ogni costo.
A chi consideri anche superficialmente questo episodio della lotta a coltello fra le varie tendenze del cattolieismo, appare subito chiaro come il vescovo di Como Si sia eretto a pubblico accusatore dei suoi colleghi in episcopato, incoraggiato in questa poco nobile impresa dal potere centrale. Poiché una simile tendenza nei fedeli non potrebbe darsi se non col consenso o per l’acquiescenza dei pastori. Il dire dunque che qui e colà vi sono degli ecclesiastici o dei laici « episcopalisti » vuol dire che vi sono pur vescovi che sono affetti dalla nuova eresia. Ma, ciò che è ancor più grave, è che, a norma di questa lettera e delle illustrazioni che ne abbiamo riferito, sarà lecita d’ora innanzi, col pretesto che il vescovo non è in tutto col papa, ogni insubordinazione alla sua autorità. Ed i vescovi non potranno richiamare i colpevoli poiché essi sanno — ripetiamo le
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parole dell’Unità cattolica surriportate — che i sacerdoti non sono tenuti ad infeudare al tutto il loro spirito a quello di un superiore, nè adottare le sue private opinioni.
Se queste parole, che in sè sono giustissime, fossero state scritte da un modernista o modernizzante qualsiasi, gli avrebbero attirato addosso tutti i fulmini e tutte le maledizioni. E infatti il principio della critica. E questo principio, trattato fino ad ora come eretico, è chiamato in soccorso per combattere la nuova eresia che è sorta e contro cui la nuova crociata è bandita.
Il « patto Gentiioni » che già riferimmo altra volta, con cui il Vaticano intendeva asservirsi la politica italiana, e le ingerenze della religione nella lotta elettorale minacciano seriamente di sortire l'effetto opposto a quello che il papa e i suoi accoliti speravano. Già durante la campagna prima delle elezioni lo stesso organo massimo dei liberali-moderati, il Corriere della sera illustrava vivacemente e severamente ¡’affannarsi dei clericali e doveva confessare che di fronte « alla formazione di un partito che sembra avere in serbo una pregiudiziale confessionale e che potrebbe rivelarsi come una milizia politica vaticana » (n. del 9 ottobre), i moderati stessi avrebbero dovuto respingerne le interessate lusinghe e combattere il clericalismo a viso aperto per l'avvenire della patria. Purtroppo questo allarme dei liberali giungeva troppo tardi, quando cioè moltissimi dei suoi adepti che intendevano portarsi candidati avevano già sottoscritto o subito il patto di servaggio, che li poneva, legati, in mano al conte Gentiioni. Ad esso infatti avevano apertamente o tacitamente aderito — a confessione del-ì' sscrvatore romano —330 candidati di varie tinte e di varie... confessioni, poiché oltre ai liberali, ai conservatori, a qualche radicale, il Vaticano aveva prestato le proprie truppe di angeli, di arcangeli e di analfabeti ad ebrei, a protestanti, a massoni, ad atei. Ciò anzi che merita di essere particolarmente posto in rilievo è particolarmente il fatto che il Vaticano giunse a combattere apertamente i suoi fedeli per favorire altri di diversa fede. In qualche collegio poi accadeva che erano a frotte i candidati che si protestavano pronti a lasciarsi porre il capestro (1).
(1) Cito solo il caso di due collegi, dipendenti da una sola diocesi, quella di Vicenza, perchè oltre al fatto in sè, illumina la divisione esistente nel clero di quelle parti. I collegi sono quello di Arzignano-Valdagno e quello di Marostica. Nel primo si contrastavano l’onorevole Marzotto ed un certo comm. Tattara. Per il Marzotto si erano schierati i famosi Scottor. ed i clericali ancien style, e facevano fiamme e fuoco per sostenerlo. Ho sotto gli occhi una lunga corrispondenza dell’ÌZwftó cattolica (5 ottobre 1913), in cui si enumerano le benemerenze di questo candidato scottoniano, il quale, dice quel giornale, « aveva accettato con parola di gentiluomo tutte le condizióni imposte dalla Santa Sede », benemerenze che consistevano nell’aver patrocinato l ’ingerenza dei preti nelle scuole, nell’esser padrone di una delle più grandi industrie italiane e nel combattere « il socialismo a mano armata, licenziando da’suoi stabilimenti chiunque ne sia leggermente infetto». Gli altri preti, a tendenza democratizzante, pugnavano per Tattara, il cui pregio era di avere aneli‘esso sottoscritto il patto Gentiioni e di avere pure una buona scorta di milioni.
Nel collegio di Marostica i nerissimi erano per il Negri De Salvi, nonostante che fosse
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Le autorità politiche stesse non erano a volte estranee alle determinazioni dell’autorità ecclesiastica(i). Il Vaticano lavorava dunque apertamente in 330 collegi: lavorava con ogni mezzo spirituale e temporale, lecito o illecito. In móltissimi collegi l’ardire degli ecclesiastici raggiunse presto i limiti della legge e li sorpassò per la corruzione da essi esercitata direttamente. Ad Alatri, per esempio, persino il segretario del vescovo fu tratto in arresto, sorpreso in flagrante reato di corrompere gli elettori, ed il vescovo stesso fu deferito all’autorità giudiziaria; a Falerone, nel collegio di Montegiorgio, in cui, più che altrove, si appuntarono gli sforzi del Vaticano, alcuni ingenui contadini vennero imprigionati e processati per aver dichiarato di aver ricevuto dal prevosto l’uno un paio di scarpe, altri denaro, vestiti nuovi, concime, grano. Naturalmente lo stesso sacerdote venne denunciato all'autorità di pubblica sicurezza. Come questi, potrebbero citarsi infiniti altri casi. E non accenno neppure allo strozzinaggio elettorale esercitato dalle banche clericali.
Ma ciò di cui principalmente si avvalsero gli ecclesiastici fu il terrore religioso. Presso masse incolte ed illetterate, in particolare sui contadini, religiosi per natura ma superstiziosi e paurosi, l’effetto di simili pressioni fu grandissimo. Si cominciò coll’insinuare che non si trattava di lotta amministrativa o politica ma eminentemente religiosa e le campane suonarono a stormo per convocare i poveri di spirito a difesa del sacerdozio e dell’altare. In conseguenza si fece obbligo grave di coscienza ai cattolici di votare per il candidato delle curie, infamie e menzogne d’ogni fatta vennero divulgate contro gli avversari. Credo necessario ed utile particolarmente, per illustrare simili modi briganteschi, riferire qualche esempio dalla grande crestomazia che potrebbe esser fatta di documenti consimili.
Contro il candidato prof. Groppali nel collegio di Casalmaggiore (Cremona) il clero diffuse largamente il seguente manifesto alle donne della campagna:
Egli (il candidato socialista) vuole che tutte le chiese siano chiuse e distrutte, e tutti i fedeli siano dispersi, che sia negato loro il sacro diritto dì riunirsi per pregare. Egli vuole che le chiese siano trasformate in latrine come hanno fatto in Francia. Nel cimitero di Crein predicato di essere massone e di avere dato voto favorevole alla legge Daneo-Credaro. Per il primo appunto questo deputato protestò e smentì, e nessuno gli credette: per il secondo, dice il giornale citato, «egli votò la ricordata legge perchè tornava inutile il rifiutarla avendo raccolto 204 voti contro 25 » ! Però aveva al suo attivo di avere accettato « a voce e di essere pronto ad accettarli in iscritto gli articoli chiesti dalla Santa Sede *. I modernizzanti volevano invece l’Insabato, pronto anche lui a firmare con tutte le mani.
La Santa Sede dette un colpo al cerchio ed uno alla botte: ordinò si sostenesse il Tattara nel collegio di Valdagno ed il Negri De Salvi a Marostica!
(1) L’opinione pubblica attribuisce a questo, malgrado postume smentite, che il ministro Credaro, contro cui l’ira clericale era furibonda, sia rimasto indisturbato nel collegio di Tirano, imponendo le autorità ecclesiastiche l’astensione ai cattolici che pur si dicevano sicuri della vittoria sul nome dell’ex deputato Mauri. Una riprova è nelle parole del vescovo di Como ad una commissione di cattolici di Tirano: «la decisione del mantenimento dei non expedil per Tirano è stata superiormente presa per considerazioni di alta importanza e di larga portata sicché i cattolici del collegio di Tirano possono con consapevole soddisfazione dare prova di robusta disciplina ». Per contro, stando sempre alle voci largamente diffuse. Pio X avrebbe ottenuto che il Governo avesse contribuito alla caduta dell’on. Murri a Montegiorgio.
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mona, dove sono seppelliti tutti i nostri morti si doveva erigere la nuova chiesa, ma egli si oppose in Consiglio comunale perchè non vuole preghiere per i morti e vuole che tutti siano seppelliti come cani, o siano bruciati. In nome di tutte le anime dei morti che in questi giorni suffragate con le vostre preghiere combattete l’uomo nero!
Egli vuole il divorzio e l’amore libero, vuole cioè quella legge per la quale i mariti, quando siano stanchi delle loro mogli, possano abbandonarle e lasciarle perire su di un lastrico dopo averle godute negli anni buoni. Egli vuole che il matrimonio non sia più benedetto, ma che la donna sia sempre alia mercè dell’uomo per i suoi capricci lasciando a lei tutto il peso della maternità!
Egli vuole che i figli* non abbiano più una famiglia santa, un nido in cui possano crescere onesti, egli vuole che siano dati allo Stato come avviene oggi per quelli illegittimi, ricoverati all’ospizio. Egli è dunque il più feroce nemico delia donna perchè attenta alla sua dignità, al suo onore, alla sua maternità!
In nome di tutta la vostra dignità femminile, in nome di tutto il vostro, amore di spose e di madri combattete il nero uomo.
Se non volete che i vostri figliuoli crescano delinquenti, se non volete che crescano con gli insegnamenti di Ferrer, che faceva bruciare i conventi delle suore e ne faceva profanare i cadaveri; se volete che crescano con sentimenti buoni e degni di voi, della vostra onestà, dei vostri principi cristiani, consolazione alla vostra vecchiaia, in nome dell’avvenire delle vostre famiglie, combattete il nero uomo.
Solo le disgraziate che hanno perduto ogni fede, che non vogliono battezzare i loro figli nati nella colpa, che tradiscono gli affetti della famiglia e tutto hanno perduto, possono essere favorevoli al Groppali, gran massone. Solo le donne che desiderano il divorzio per le loro figlie, che desiderano le case ridotte a luoghi disonoranti, possono desiderare la vittoria di Groppali.
In nome di Dio, delie anime dei morti, della Chiesa, di Gesù crocefisso, di tutti gli affetti santi che elevano le donne al cielo, combattete Groppali, feroce nemico di tutte le cose sante e contribuite con l’opera vostra a far sì che domenica invece dì trionfare sia sprofondato con tutte le nere potenze demoniache che chiama in suo aiuto!
Nel collegio di Nola, contro l’avv. Casertano, fu pubblicato questo po’ di roba a favore del deputato Della Pietra, che oltre che dai cattolici, era sostenuto, come gli fu detto in faccia alla Camera, dai più torbidi elementi della mala vita:
Carissimi fratelli in Gesù Cristo,
Domenica prossima, 2 novembre, sarete chiamati novamente alle urne a dare il vostro voto. Voi siete liberi di darlo a chi vi pare e piace ; badate però di non perdere l’anima e commettere il più alto tradimento a Dio, alla Patria, votando il nome dei nemici delia religione.
L’on. avv. Gioacchino Della Pietra non solo vi ha fatto comprendere di essere cattolico professo e convinto, ma ha pure firmato la dichiarazione voluta dalla Santa Sede promettendo di difendere la Chiesa e la religione, di proteggere la scuola cattolica e di essere fedele, obbediente ed ossequente al Sommo Pontefice. Perciò, carissimi fratelli in Gesù Cristo, se amate la nostra religione, votate il nome intemerato dell’uomo senza maschera e senza la farina del diavolo: Gioacchino Della Pietra.
Se amate Dio e la Patria, votate Della Pietra. Se amate Gesù Cristo, votate Delia Pietra. Se amate la Chiesa Romana, votate Della Pietra. Se amate il papa, i vescovi, i sacerdoti votate Della Pietra.
Se desiderate essere sposati con onore nel santo timore di Dio col sacramento del matrimonio, che i socialisti, i radicali ed i massoni vogliono distruggere con la legge infame e scellerata del divorzio, votate Della Pietra.
Se volete che i vostri figli vengano educati nella fede purissima che voi professate senza farli scristianizzare dalla scuola laica, con l’abolizione della dottrina cristiana e col mettere fuori dalle sale d’insegnamento il santissimo Crocefisso, votate Della Pietra.
Se non volete far trionfare il demonio e gli amici di Giordano Bruno, votate Della Pietra.
Dio vi- vede e vi è presente. Due sono i padroni : Gesù Cristo ed il • demonio ; scegliete quale di questi due volete servire e favorire.
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Ricordatevi che il vostro dovere di cattolici è quello di obbedire al vicario di Cristo, il quale come padre universale di lutti i credenti ha ordinato ai propri figli di non tradire la propria coscienza, difendere la fede dagli attacchi massonici c dare il voto ai soli candidati che senza rispetto umano si dichiarano di essere con Dio, col Papa, con la Chiesa, col Popolo.
li ballottaggio di domenica prossima è semplicemente una questione religiosa. Per noi regni chi vuole, però deve essere cristiano e non despota. Iddio innanzi tutto ! L’uomo senza Dio è nemicò del prossimo. Se la volta scorsa vi faceste lusingare e portare in trappola, domenica prossima cercate di essere uomini di onore e coscienze libere pel trionfo della nostra sacrosanta religione.
Tutti quelli che vi consigliano di mettere nella busta la scheda contraria sono coloro che mai si fanno vedere in chiesa, e che hanno voltalo la bandiera imitando lutto ad un tratto Giuda traditore consegnando Gesù Cristo nelle mani dei Giudei. Però guai ai traditori ! ! ... Quando suonerà per essi l’ultima ora si accorgeranno del gran male fatto e per nulla gioverà loro piangere e l’abbracciarsi il crocefisso, perchè dalle sue ferite sanguinanti partirà un grido tremendo e terrorizzante : Non vi conosco.
Coraggio, adunque, affermatevi cristiani e votate lutti compatti il nome del deputato cristiano, benedetto dal papa, che ha tolto per noi cattolici il non expedil, l’avv. Gioacchino Della Pietra.
Ecco un breve tratto di un manifesto contro il deputato Carbone a Calta' girone:
I massoni sono i nemici di Maria SSma. Fu il massone Francesco Carbone che votò nel Consiglio comunale contro il contributo del Comune a Maria SSma de Coena-Domini, che ci aveva fatta la grazia di mandare l’acqua per le nostre campagne.
E’ contrario alla coscienza, è un delitto dare il voto ad un massone, che vuole andare in Parlamento per fare leggi contro Dio e contro la Chiesa.
Non votate adunque per il candidato massone Francesco Carbone.
Queste corbellerie si scrivevano in un manifesto al popolo di Vernole nel collegio di Lecce:
Ricordatevi che la vittoria di Fazzi « sarebbe foriera di sangue e di morte », giacché Fazzi appartiene a quel radicalismo massonico che è il ludibrio, la vergogna, il disonore del -l’umanità ! Guai se un giorno trionfasse alle Camere la Massoneria ! Essa, essa la turpe Megera, che produsse gli orrori della « Rivoluzione francese », e che anni or sono, atterri il mondo con « l’efferato delitto di Monza » la Massoneria, sì ! sarebbe pronta a « bombardare domani il Quirinale, il Vaticano, le nostre Chiese, tutto il popolo », per poi in ultimo appiccare il fuoco ai quattro angoli della terra.
Ver nolesi! Vi scongiuro a nome di Dio e di Sani’Anna votate compatti per Fon. Pellegrino che ha giurato di difendere la nostra Santissima Religione.
E, per finirla con gli esempi, ecco alcuni manifestini murali che i preti stessi andavano attaccando contro Fon. Munì nel collegio di Montegiorgio :
Contadini elettori,
Ricordatevi, una volta per sempre, che Romolo Murri, il quale torna a domandarvi il voto, è stato prete sino a due anni fa, è stato scomunicato dal papa, ha buttato la tonaca e ha preso per moglie una protestante!
Contadini elettori,
Se volete che i figli vostri vengano su religiosi, come religiosi siete voi, non dovete dare lo scandalo di far riuscire deputato un prete spretato scomunicato e con la moglie.
Contadini elettori,
Nel momento di dare il voto ricordatevi che siete liberi, votate per coscienza, non lo spretato Murri. scomunicato ed ammogliato, ma il candidato galantuomo... Conte Gaetano Falconi,
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Questo un saggio molto ridotto della propaganda religiosa a mezzo della stampa. La propaganda personale dei preti ci è avvenuto di osservare di persona, nel collegio di Montegiorgio, a quali mezzi ricorreva. Tutte le case dei contadini furono visitate dai sacerdoti, a preferenza di notte ed in abiti secolari, per spargere il terrore religioso tra i poveri villici. Ed era tale l'ardore posto in cosi nobile impresa che qualche volta non si trovo un prete per assistere i moribondi, perchè tutti erano occupati «a fare i voti». Alcuni recavano un crocifisso e obbligavano i contadini a giurare su quell'immagine di non votare per il Murri. Si minacciò l’ira di Dio, il rifiuto dei sacramenti anche in punto di morte, la scomunica. Questa pena spirituale veniva così insistentemente predicata da spaventare veramente le anime semplici, tanto che una vecchietta spaurita da tutto quel vociare di scomuniche, traenti con sè le pene infernali, corse precipitosamente a rimuovere un cumulo di sarmenti che aveva appoggiato al muro di una casa di un elettore del Murri. nel timore che la maledizione divina in cui era incorso l'elettore murriano si comunicasse per contatto anche alle sue legna di cui Satanasso si sarebbe naturalmente servito per attizzare il fuoco nell’inferno! Un parroco predicò solennemente dall’altare, ai contadini esterrefatti, il dì del ballottaggio, che forse quella era la sua ultima messa in quel luogo, perchè, riuscendo il Murri, la chiesa sarebbe stata tramutata subito in caserma o destinata ad altro uso profano.
E ciò non avveniva solo a Montegiorgio per il Murri, contro cui l’odio del Vaticano doveva essere ferocissimo. Lo stesso accadeva altrove: a Vallo della Lucania, per esempio, a favore del candidato Im briaco contro Fon. Talamo. La stessa Giunta delle elezioni contestava recentemente l’elezione in questo collegio per le pressioni religiose esercitatevi. « Laggiù — così diceva l’on. relatore — un parroco osò dire che un bambino era morto perchè il padre era contrario al candidato del Vaticano: fu minacciata la scomunica alla settima generazione per quelle persone che avessero votato per Talamo ; un altro prete ricusò di ascoltare la confessione di un elettore e lo dichiarò in chiesa al pubblico concludendo il suo dire: “ Per quanto è vera la Vergine Santissima che ci vede, chi vota per Talamo è in peccato,,».
Ciò leggevamo pure sul Corriere della Sera (23 ottobre) per Lecce e per Bari:
1 preti, tanto a Lecce quanto a Bari, agiscono mettendo qualche volta a disposizione del cittadino elettore l’inferno o il paradiso, a piacere. Andrà in paradiso chi voterà per zi, all'inferno chi voterà per lì. In un collegio del leccese c'è un prete il quale gira le campagne col ritratto di un candidato in una mano e il crocefisso nell’altra, rivolgendo questo fervorino a ogni contadino: «Vedi quest’uomo dai baili lunghi? E’ nemico di Cristo! Se voti per lui vai all’inferno, se invece vuoi stare con Cristo vota per il tale o tal altro. Ma su Cristo devi giurare che non mi ingannerai. Lo giuri?» «Lo giuro», risponde il contadino, se non ha qualche speciale ragione per preferire l’inferno al paradiso.
Ad Aragona, in Sicilia, certo don Vincenzo Gandolfo, incaricato diocesano, in un biglietto d’invito ad una riunione a favore del Fon. Vaccaro, preammoniva i destinatoti in questa maniera: «Il non intervento suonerà offesa a me e mi convincerà che V. S. non si fa scrupolo di abbandonare il glorioso vessillo di Gesù Cristo per seguire la bandiera di Lucifero».
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A Osimo, nel cui collegio è Loreto con la pretesa Santa Casa, i sacerdoti, nei giorni precedenti alle elezioni, andavano di famiglia in famiglia a raccomandare il conte Sederini e la causa della fede. Ed ai contadini dicevano, come riferisce il Giornale del Mattino di Bologna (del 2 dicembre):
« Volete che la Santa Casa che custodisce la Vergine bruna sia distrutta ? Volete che le gioie rinchiuse nel sacro tempio di Loreto cadano in mano agli eretici? Volete che dove è una sorgente di letizia divina sia seminato il sale? Allora votate per Valeri. Ma badate: il mondo cristiano prima, il cielo poi, vi chiederebbero ragione del tradimento».
Cosi accadde che una sera, un'intera famiglia di lavoratori, mosse da un paesucolo per essere ricevuta da Domenico Valeri nella sua villa. L'ex deputato repubblicano era assente; la signora di lui muove dall’interno per ricevere gli ospiti. I quali, prima ancora di salutare, si gettano in ginocchio, e, dopo un attimo di pena lagrimosa, scoppiano in parole sconnesse :
« Signora, signora... ci hanno detto che il sor Domenico vuole distruggere tutte le chiese... Faccia quello che vuole, il sor Domenico... Noi gli vorremo bene lo stesso, perchè è il nostro benefattore. Ma, per carità, signora, gli dica di rispettare la Santa Casa... E’ tanto bella ! »
Con questi mezzi il Vaticano veniva impossessandosi dell’ Italia. Ed a battaglia finita non aveva ritegno di affermare dalle colonne de\V Osservatore Romano (6 novembre) che « ben 228 sono i candidati che hanno ottenuto l’appoggio e i voti dei cattolici italiani e che fra il primo c il secondo scrutinio sono usciti vittoriosi dall'urna». Che anzi, nel gaudio di tale successo, il conte Gentiioni accordava ad un redattore del Giornale d'Italia (8 novembre) una sguaiata intervista, in cui, con immagini tolte dal gergo venatorio, magnificava l'inframmettenza chiesastica nelle elezioni a cui si doveva esclusivamente l’esito di queste, si atteggiava a signore e dispensatore di collegi elettorali con la connivenza o senza dell'on. Gio-fitti, e dichiarava che il nome dei suoi protetti era un segreto affidato alla sua parola di gentiluomo.
Tutti i giornali della penisola, eccettuati naturalmente i clericali che furono sconcertati e non tacquero il loro biasimo per l’imprudente conte, commentarono severissimamente l’intervista e dichiararono di raccogliere la sfida in essa contenuta.
Cosi il massimo organo dei moderati italiani, il Corriere della Sera, ne scriveva (8 novembre).
Egli — il conte Gentiioni - ha preso un tono di perfetto arbitro dei destini d’Italia; ha annoverate le gesta, elencate le conquiste, celebrate sopratutto le umiliazioni di quella numerosa schiera di candidati che si è rifugiata durante la lotta elettorale sotto le sue ali. A costoro ha ora rinnovato in faccia all’Italia edificata una promessa di silenzio: fra loro e lui certo c’è un segreto che non sarà violato.
Abbiamo così «letto tanto male della Massoneria per vedere il cattolicismo mescolato a questa piccola congiura massonica di situazioni dissimulate da una parte e di preventivo e di protettivo silenzio dall'altra.
Tutto il discorso del conte Gentiioni dice una cosa sola : che egli è il solo padrone d'Italia: colui che atterra e suscita, che affanna e che consola. I liberali italiani sono avvertiti : o obbedire o perire !
Dove il Governo è ricorso all'aiuto suo. le cose sono andate bene: dove il Governo ha combattuto i suoi fidi, il Governo è stato sconfitto.
Giolitti stesso è un pigmeo; il gigante è il conte Gentiioni. Egli ha voluto concedersi anche il lusso delicato di proteggere il presidente del Consiglio, punendo a Cuneo l’onorevole Galimberti, i cui giornali si permettevano di dir male dell’on. Giolitti.
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A palazzo Braschi si deve essere soddisfatti ed orgogliosi di cosi bella benevolenza, sebbene vi si metta una specie di monito continuo da forte a debole. In questo delirio di grandezza, il conte Gentiioni ha voluto anche prendere da Guglielmo II la frase sulle «polveri asciutte ». In guardia dunque !
E allora se qualche cosa di serio c’è da dire a proposito del ditirambo del conte Gentiioni non può essere che questo : si rendono conto in Vaticano che la causa del cattolicesimo abbia bisogno di cosi fatti zelatori e che occorra mettere altra esca ai fuoco per rinvigorire l’anticlericalismo?
Se questo credono, bisogna riconoscere che hanno scelto la via buona.
E la liberale Gazzetta di Torino dello stesso giorno concludeva cosi un suo articolo:
Coloro che adottano questo linguaggio accettano il grossolano equivoco della vita religiosa con la politica. Il gregge elettorale dei conte Gentiioni è in verità il gregge degli analfabeti, guidati dai pastori politicanti che della fede altrui si giovano per coartare le coscienze : pecore e pastori non possono adunque chiamarsi cattolici, ma soltanto clericali. E contro questa setta politica ogni liberale, indipendentemente dalla fede religiosa e appunto perchè di questa rispettoso, deve scendere in campo apertamente per la difesa della sovranità nazionale e della italianità insidiata dai clericali.
Alle proteste della stampa si unirono quelle di vari uomini politici a cui il Gentiioni aveva accennato nella sua intervista. Di queste riferiamo per la sua nobiltà e fierezza parte di quella dell'on. Ferdinando Martini. In essa si diceva fra l’altro:
È lecita influenza l’ingannare le plebi credule, attribuendo all’un candidato o all’altro costumanze, opinioni che non sono le sue? In una parola è lecito mentire sapendo di mentire? La dottrina cristiana dice di no.
Potrà dire il conte Gentiioni di sì ?
E’lecita l’influenza di sacerdoti il minacciare i credenti delie pene eterne se dieno i loro suffragi a questo o quel candidato?
La legge dice di no: dirà forse il conte Gentiioni di sì?
E’lecita influenza di sacerdoti l’acquistare voti, a furia di biglietti di banca?
La morale, il decoro sacerdotale, dicono di no. E’ disposto il conte Gentiioni a dire di sì ?
Perchè questi — e non altri — furono i mezzi onde l’influenza clericale si esercitò nella provincia di Lucca, che il conte Gentiioni chiama «suo campo».
Ma il signor Conte soggiunge: «Noi siamo gli strumenti delia Provvidenza». A chi con superbo convincimento si afferma tale io non oserò contrastare, anche perchè mi ripugna mescolare la Provvidenza nei marciumi elettorali. A me pare che il dare in spettacolo al popolo preti mentitori, corrotti, corruttori di anime e mercanteggiatori di coscienze, debba prima o poi nuocere allo spirito religioso e alla fede. Ma io non sono che un umile peccatore e posso ingannarmi.
Due giorni dopo la pubblicazione della disastrosa intervista, Io stesso giornale pontificio \' Osservatore Romano (io novembre) credette necessario intervenire con un articolo in cui le dichiarazioni del plenipotenziario pontificio venivano dichiarate «troppo vivaci e intempestive», mentre si difendeva a spada trattala legalità del famoso patto, adducendo a ragione che i punti del patto stesso furono resi pubblici e che gli elettori hanno il diritto di formulare un programma da proporre al candidato in cambio dei voti : e quello che i cattolici proponevano era secondo l’organo del papa «irreprensibile nella forma come nella sostanza ». Cosicché i giornali liberali, con il rumore suscitato attorno al patto famoso, si rendevano interpreti compiacenti dei tenebrosi disegni della massoneria.
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A tale articolo, in cui l'Osservatore aveva, forse per sbadataggine, dimenticato di dire la ragione del secreto sui nomi dei candidati che avevano accettato a voce o in iscritto i patti clericali, il Corriere della Sera replicava con un altro articolo lucidissimo: «Sofismi e ragioni» nel numero del 12 novembre, da cui tògliamo i seguenti periodi:
Basterebbe l’impegno del silenzio a mettere in evidenza tutto il valore morale di un simile patto. Se le richieste dei cattolici erano così oneste e discréte come V Osservatore Romano giudica, ma come il testo stesso, accortamente elaborato, della dichiarazione di sudditanza non prova, perchè il silenzio sui nomi? Che cosa si teme dalla pubblicità? Una perdita di considerazione pei firmatari ? Ma questo dunque significa che l’effetto d’un tal patto è stato disastroso nel giudizio della pubblica opinione.
Disgraziatamente, questo significa un’altra cosa. Significa che una parte considerevole dei deputali della ventiquattresima legislatura si trova in uno stato di occulta ma non perciò meno evidente inferiorità. Alle prossime elezioni infatti è in potere dei capi clericali punirli o premiarli, riconfermar loro il mandato o buttarli via ’dalla vita politica in quei collegi dove intanto le forze clericali si sentissero cresciute abbastanza per far da sole, senza intermerdiario. Se la sua adesione all’obbligo scritto sarà scoperta, il deputato che si ripresenta agli elettori si vedrà colpito dal biasimo o dalla diffidenza di tutti quegli elettori presso i quali volesse cercare scampo dalla tirannide clericale; se invece l’adesione rimarrà ancora occulta, vorrà dire che la sua obbedienza sarà sempre andata formandosi secondo l’ideale gesuita del perinde ac cadaver. Ecco perchè lo stesso Osservatore Romano giorni fa giubilava noverando le centinaia di deputati a cui il Vaticano ha permesso d’entrare alla Camera; ed ecco perchè noi diciamo che il Vaticano non ha il diritto di pretendere, in questa sua impresa, il cui fine non può essere che di natura confessionale, nonché l’approvazione, un’attitudine meno che contraria, nettamente contraria, da parte delle vere e schiette forze costituzionali del paese.
In altre parole, più brevemente, si sarebbe potuto dire: Solo delle azioni disoneste la coscienza si vergogna ed ha paura l’uomo di assumerne la responsabilità : perciò se il vostro patto fosse onesta cosa ed irreprensibile, i firmatari non dovrebbero aver ragione alcuna nel domandare il segreto sui loro nomi, nè voi di prometterlo con tanta premura come fosse un allettamento. Così dunque e il patto e chi lo accetta non sono davvero modelli di moralità pubblica.
La riprova di questo si ebbe allorché un giornale romano Videa Democratica pubblicò il 16 novembre un elenco di 367 candidati per cui i clericali èrano scesi in campo e che di conseguenza avevano più o meno apertamente aderito al patto del vicario elettorale di Pio X: gente insomma di cui il Vaticano poteva fidarsi nelle sue mire politiche. Gli indicati, particolarmente fra i deputati eletti inviarono ai giornali smentite su smentite: tutti si proclamavano puri: sui 367 nomi, circa 300 dichiararono insussistente l’accusa fatta loro. Ora se qualche nome poteva essere entrato, nella lista pubblicata, per errore, la maggior parte vi era a ragione inclusa. Molti che avevano smentito erano evidentemente ricorsi ad una riserva mentale.
Alle smentite successero le controsmentite: molti episodi impuri della lotta elettorale vennero così a conoscenza del pubblico. I clericali stessi credettero necessario adoperare la frusta per i deputati addomesticati da loro che volevano ora ribellarsi. Infatti, sotto il titolo ironico: «Eroi», il giornale cattolico di Milano V Italia y così li fustigava e li ammoniva (21 novembre):
Uno degli spettacoli più allegri che ci si olire in questi giorni di postumi elettorali e di vigilia parlamentare è costituito senza dubbio da quei deputati che vanno proclamando di non aver sottoscritto il cosidetto patto Gentiioni, di non aver sollecitato i voti dei cattolici.
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di non aver subito menomazioni di libertà o mandati imperativi, ecc. Ci sono, è veio, anche dei non eletti che ai primi tengono bordone: ma la sventura che li ha colpiti li rende scusabili, se si ripetono e ripetono altrui per consolarli — oh fino un certo punto! — il motto non nuovo: «Tutto è perduto, fuorché l’onore!». Almeno quello!... Limitiamoci dunque ai vincitori. Una buona parte dei quali giucca sulle parole e naviga volutamente nell’equivoco, quando, sdegnoso e accorato, nega di aver messo il nero sul bianco, ma non si accorge, come fu già del resto assai bene osservato, che simile negazione è una conferma. Poiché non c’è nessuno al mondo il quale creda che i voti specialmente oggi, si diano per la bella faccia — bella, quando è bella, conte il cielo lombardo, per usare la frase manzoniana — del candido candidato, è evidente che, se nessun esame venne fatto, gli è perchè l’aspirante fu ritenuto innocuo, di buoni costumi, degno perciò... dell’esonero.
Ma il ridicolo delle smentite non si esaurisce nel fatto, che esse ottengono quasi per la legge del contrapposto, l’effetto opposto, ma sta, specialmente, nella ingenua supposizione, ch’esse tradiscono, che vi sia alcuno disposto a credere, non più alla verità della smentita, ma ai sentimenti di fierezza d’animo e di indipendenza, di sollecitudine pel decoro del mandalo legislativo onde si vorrebbe farle derivare.
C’è una umile ragione cronologica che toglie ogni serietà alla smentita : ed è che essa viene all’rW<w/<m dell’elezione.
Prima occorreva smentire ; prima bisognava far lo sdegnoso : prima bisognava non avere contatti ! Non dopo !
Ed il giornale clericale diceva chiaro che se tali proteste avessero osato essere qualche altra cosa che esercitazioni verbali, i deputati appoggiati dai clericali se li sarebbero trovati di fronte la prossima volta.
1 padroni ribadivano ai loro schiavi il collare della servitù. Ora i 228 eletti dal Vaticano legiferano alla Camera dei deputati. Ma anche alla Camera non sono lasciati in pace. L’on. Sonnino diceva sul loro viso che il patto che avevano fir inarto era « un ripiego triste e pericoloso, che fa torto egualmente a chi raccoglie nel portafoglio siffatte cambiali secrete come a chi le sottoscrive »; l’on. Gio-fitti li dichiarava indegni di essere chiamati liberali, gli oratori dei diversi partiti non lasciano occasione di rinfacciar loro il mercimonio. Certo la posizione dei deputati cattolici è molto più netta e rispettabile.
Questi però si sono trovati già durante le elezioni e dopo eletti a dover sostenere gravi baruffe in famiglia.
Ogni parola dei candidati clericali, ogni loro gesto, ogni accenno alla loro italianità, a cui, almeno per espediente elettorale, erano costretti, venivano sot-lineati da lunghi e minacciosi ululati dalla solita stampa intransigente. Così avvenne all’on. Meda e all’on. Cornaggiache si dichiararono lealmente costituzionali, chiamando la famosa pregiudiziale romana cosa di altri tempi ed aspirazione che oggi non ha che un valore storico ed accettando con grave scandalo la forinola di Cavour : « libera Chiesa in libero Stato » ; ciò avvenne ancora al prof. Poggiano, già presidente generale dell' Unione Popolare Cattolica, candidato a Siena, il quale nei suo programma agli elettori aveva scritto:
Riconoscendo lealmente Roma, come la sede auspicala del nuovo Regno, non in vane querimonie verso il passato intendiamo di spendere le nostre energie, ma nel dimostrare quali civili virtù sappia avvivare il felice connubio delia fede religiosa colla devozione sincera e franca alla Monarchia di Savoia e alle istituzioni della patria.
L'Unità Cattolica (8 novembre) diceva che non credeva di esagerare qualificando certe professioni di fede — e si riferiva precisamente a questa del Bog-giano ed a quelle di Meda e Cornaggia — « per provocazioni o per apostasie ».
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Ed aggiungeva che, dato che non sembrava possibile ai cattolici poter fare a meno di simili prolessioni d’italianità per ascendere a Montecitorio, « i deputati cattolici oggi non sono possibili ed essi rappresentano un paradosso» il quale faceva pensare agli scrittori del papale foglio fiorentino « che in Italia per essere deputati, bisogna dimenticare di essere cattolici».
Dopo questa intemerata i deputati clericali continuarono, come se nulla fosse, a tener lo stesso linguaggio. Cosi l’on. Nava, a Monza in un discorso conviviale tenuto l’i-i novembre, protestava il suo attaccamento alle patrie istituzioni. il suo rispetto e la sua devozione alla dinastia regnante ed il suo riconoscimento di Roma capitale. Un altro cattolico deputato, il Degli Occhi ed un prete giornalista presenti avevano fatto plauso a tali dichiarazioni.
E V Unità Cattolica (14 novembre) ritornava alla carica, scrivendo:
Se per costituzionalismo intendete di dire lo Statuto del Regno e le altre leggi.fondamentali — escluse quelle non accettate dai tre Papi — che nulla hanno contro l’onestà ed i diritti della Chiesa Cattolica, .siamo anche noi costituzionali, ma noi per maggiore chiarezza e per fare meno confusioni ameremmo chiamarci legati ; se invece per costituzionalismo inten- . dete di abbracciare tutto ad occhi chiusi, anche la formula di Cavour e di dare un calcio alle proteste di quarant'anni della S. Sede. oh. allora no. perchè il costituzionalismo sarebbe sinonimo di liberalismo.
Più direttamente attaccate furono le dichiarazioni fatte da qualcuno, come dal Meda, che il giuramento alla Camera sarebbe stato prestato, dandogli nell’animo quella stessa espressione che è nei termini della sua formula. Ed ecco come riprovava questa sincerità il giornale or ora citato (12 novembre):
Noi ci domandiamo : il Governo italiano ha vero diritto di richiedere che si giuri fedeltà alio spirito ateo delle moderne legislazioni, a tutte quelle leggi ingiuste che da esso vengono emanate? No certamente! Dunque è chiaro quale possa e debba essere la nostra condótta.
Dare nell’animo quella espressione stessa che è nei termini della forinola del giuramento, vuol dire fare il giuramento senza riserva alcuna, proprio secondo che lo propone lo Staio italiano, e cioè senza calcolare le violazioni aperte dei più sacrosanti diritti divini ed ecclesiastici. violazioni che continuano nello spirilo delle leggi moderne e si fanno più crudeli pel progredire dell’ateismo e dell’apostasia.
Eppure sembra che proprio questo intendevano i cattolici deputati, poiché lo stesso on Meda, in un altro discorso tenuto il 18 novembre a Milano, riaffermava :
Non sarà male ancora una volta ripetere che noi non crediamo che, per difendere e rivendicare le ragioni essenziali della civiltà cristiana e per adoperarsi a ricollocarne i principi in onore e in valore, occorre mutare gli ordinamenti politici dell’Italia moderna.
Ciò provocò nuove ire e lo stesso Osservatore Romano credette dovere intervenire col dichiarare ufficialmente in qual senso i cattolici potevano essere costituzionali, dicendo che il costituzionalismo dei cattolici è quello del tempo... di Carlo Alberto. Ecco le parole del giornale pontificio;
Si pretenderebbe nientemeno che sottoscrivere al costituzionalismo significasse darsi piedi e mani al pregiudizio, all’errore, anzi della sovranità dello Sfato sulla Chiesa. Quando Carlo Alberto, ad esempio, diede la costituzicne e ne formulò lo Statuto, non sognava neppure che sarebbero venuti tempi che il sovversivismo avrebbe voluto prendere il posio della Carla fon
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(lamentale dello Stato, in nome di novissimi postulati di modernità e che del concetto e della parola costituzionalismo si fosse fatto lo scempio che se ne fa al presente... I cattolici non rifiutano di entrare nell’orbita del costituzionalismo quale esso fu inteso da chi ne fece ordinamento di Stato e di Governo, pur non pretendendo di avere escluso dalla Carta ogni difetto... I cattolici non riconoscono nè debbono riconoscere i traviamenti le corruzioni del primitivo costituzionalismo nè entrare in campo per consolidare codeste anomalie... \ cattolici non sono un partito nè concorrono a formare un partito in Parlamento, ma a richiamare alla origine il costituzionalismo, purificandolo delle magagne cavourianc e della sua scuola.
Il Vaticano è dunque arrivato nel suo lento andare ai tempi di Carlo Alberto. Peccato che il mondo si ostini a correre di più e che sia già circa settantanni più avanti poiché, se non sbagliamo, il calendario segna invece del 1848 il 1914.
» * *
Abbiamo parlato della politica Clericale e dovremmo occuparcene ancora lungamente se volessimo illustrare convenientemente la ormai celebre Settimana Sociale di Milano. Ma, di questa i lettori hano avuto cenno nel passato numero della Rivista e, anche per ragioni di spazio, tralasceremo di parlarne tanto più che è stata solamente una continua logomachia senza capo nè coda ; tanto vero che \'Osservatore Romano (3 gennaio 1914) si è creduto in dovere di rimettere le cose allo stesso punto in cui si trovavano prima Che monsignor Rossi ed il conte Dalla Torre le avessero smosse. Ce ne occuperemo, se mai, quando a queste note avremo dato altra forma.
Occorrerebbe ora parlare dello spirito religioso nella Chiesa. Ma per quanto volgiamo il nostro sguardo non ne vediamo alcun sintomo degno di essese rilevato. La lampada non ha più olio, torse. Ah! no, sbagliavo: sono stati messi all’ Indice due libri, ed un giornale, la Nuova Riforma di Avoli©, che si ostinava a sperare nella vitalità religiosa del cattoiicismo, è stato condannato. Così pure è stata condannata la filosofia del Boutroux, è stato condannato l’abate Lemire, sono stati proscritti nei seminali vari manuali che lasciavano filtrare qualche tenue raggio di verità. Condanne: ecco tutto.
Ernesto Rutili.
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PERl^G/DVRA DELL'ANIMA
DALLE PREDICHE
INTENTO, SPIRITO E METODO COI
QUALI VERRÀ RACCOLTO E ORDINATO IL MATERIALE PER LA PARTE RELIGIOSA DELLA RIVISTA
ALL’ARTE!
Nell’attuale disorientamento morale in cui vecchie convinzioni s’allontanano e nuove correnti di pensiero, nuovi ideali pratici si presentano, a volte audaci e paradossali, a volte timidi ed indecisi, ma tutti ancora incapaci di prendere piena coscienza di sé e di trovare un’eco sonora, noi crediamo che un dovere s’imponga ai ministri della Chiesa, apportatrice di verità e di' luce, di rendere, cioè,efficace il tesoro spirituale che giace infruttifero, talvolta, nel suo seno...
I due strumenti più efficaci in quest’opera di reintegrazione morale ci sembrano la predicazione, « la parola di Dio » fatta di nuovo vivente, concreta, attuale, attraverso l’esperienza spirituale e l'entusiasmo di chi la comunica ai fratelli del suo tempo e la direzione individuale delle anime. La letteratura cristiana ha avuto nel passato dei maestri insigni, degli audaci pionieri nell’opera spirituale: oggi, specialmente in Italia, è ancora negletta questa forma di attività. Evidentemente, è mancato il tempo e l’occasione per approfondire i problemi pratici che il cristianesimo anche fra noi deve affrontare; l’interesse si è portato piuttosto su le questioni di organizzazione religioso-politica o su i problemi più complessi e delicati della critica filosofica e storica. L’Italia deve avere e presto anche una ampia, moderna e fresca letteratura dei pro
blemi pratici del cristianesimo, che sono anche i più ardui, i più complicati, quelli in cui vanno a provare la loro vitalità le concezioni apparentemente più astratte e teoretiche.
La povertà del tono, l’anacronismo dei motivi, il convenzionalismo retorico rendono ancor oggi sterile gran parte della nostra predicazione; eppure essa dovrebbe apportare un contributo non indifferente alla soluzione dei più gravi problemi spirituali contemporanei, problemi che sono anche dei mali! E poi il fervore della vita dello spirito è necessario ad una nazione quanto l’entusiasmo patriottico e nazionalista. Una concezione della vita egoista e borghese non può conciliarsi con un grande programma di grandezza nazionale ; perchè i suoi fattori eroici sono, in definitiva, delle grandi idee. Questa elevatezza di vedute, questa serenità e fiducia nella propria grandezza, noi ne siamo profondamente convinti, solo un forte ideale cristiano può nutrire : non un cristianesimo del tutto esteriore, nè un cristianesimo nutrito di sentimentalità vaporose o di preziosismo arcadico o eccitatore di malsani misticismi e di dualismi dannosi alla pienezza della vita spirituale, ma un cristianesimo robusto, nutrito di forti convinzioni, vivificato da un sangue caldo e generoso, con finalità grandiose e definite da voler raggiungere in esecuzione di un vasto piano di Dio
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nella storia : quindi espansionista, missionario, entusiasta, desideroso di affermarsi, eminentemente combattivo contro le deformazioni spirituali e contro le costrizioni a cui una concezione paurosamente borghese vorrebbero piegarlo.
Rinnovamento.
Un gruppo di ecclesiastici ha sentito da lungo tempo questa grandiosa missione della Chieda d’oggi ed ha sofferto per l’astensione di lei dalla grande vita contemporanea: essi hanno deciso di unire i loro sforzi personali, di associarsi degli uomini competenti e dall’anima generosa per cominciare a lavorare in Italia efficacemente all’opera di Dio’per la nostra generazione.
Per il momento, essi nutrono un sogno che vorrebbero veder presto realtà : il vecchio pulpito torni centro della vita della Chiesa e da esso scenda, nella comunione degli animi fra l’assemblea e quello che n’è come l’interprete, una parola ammonitrice ed illuminatrice, priva di effetti teatrali, ma ricca di affetto, di simpatia, di intelligenza!
Il compito della Chiesa di fronte alla nostra generazione è ben chiaro : eccitare le energie spirituali della nazione, restaurare gli ideali collettivi, risolvere armonicamente i grandi divorzi che il pensiero e la vita moderna han provocato, cooperare efficacemente all’innalzamento delle classi operaie nel campo economico-politico come in quello morale.
Noi crediamo alla possibilità di un nuovo periodo creativo nel cristianesimo; noi crediamo che la parola sia il grande ¡strumento di rinnovazione e di conquista, e per questo ci accingiamo a lavorare con fiducia.
Un piccolo seme, il « granum sinapis » del Vangelo, è il nostro programma ; una piccola pietruzza che noi con gioia apportiamo alla edificazione delia più grande Chiesa di domani, è il modesto tentativo.
La nostra Rivista ha fatto suo; nel inolio augurale, il programma di quell'anima ardente di missionario e di pensatore che fu s. Paolo ; lavoro positivo, non negativo, paziente e lungo, per il trionfo del Regno di Dio sulla terra. Noi non attendiamo più apocalitticamente la discesa dalle nubi della turrita Gerusalemme celeste. smagliante di luci e di «imboli, ma attendiamo con pena e con energia ad edificarla sulla roccia vivente dei cuori degli uomini. E gli uomini di buona volontà sieno anche con gli umili lavoratori dell’ultima ora!
Ottimismo e gioia cristiana.
Ridonare il senso profondo della gioia e dell’ottimismo cristiano; lavorare al trionfo di quella creazione spirituale, quale fu voluta dal Cristo, che è l’anima cristiana, creatura incapace radicalmente anche solo di pensare il male, e che fa suo tutto il dolore umano, ma per vincerlo nel bene : quale opera da compiere per chi si sente chiamato dallo spirito di Dio ad attuare il programma del Cristo e della sua Chiesa!
Noi sentiamo il bisogno di un profondo soffio d’entusiasmo che agiti potentemente le nostre anime e le apra all’intelligenza dei mali del mondo e alla speranza di vincerli nel bene. Questa è la grande forza e la grande fiducia che giustificano e fanno eternamente giovane il cristianesimo. Chiunque vive nella Chiesa e per la Chiesa deve vivere in un’ atmosfera di entusiasmo e di eroismo. Non il cristianesimo, la rocca sicura dei santi ed intorno la landa devastata del mondo: ma il cristianesimo divenuto spirito vivificatore e pacificatore nel mondo. Ecco il programma della Chiesa d'oggi !
Il nostro contributo.
A nulla però varrebbe richiamare l’attenzione su di un ideale venerando, se l’appello non fosse accompagnato da un lavoro pràtico e graduale di esposizione dei metodi e dei mezzi per attuarlo; se non fosse comunicata la suggestione dell’esempio e l’esperienza di quei che coraggiosamente si-accingono ad attuarlo. La Rivista vuol esser perciò anche un modesto mezzo per cui esperienze, tentativi, esempi si trovino riuniti per raggiungere ed aiutare un più largo numero di persone. Ed avremo così non una meccanica uniformità, ma un’armonica varietà di motivi, di ispirazioni, di esperienze unificate dalla sincerità dei propositi e dall’entusiasmo per il Cristo e la sua Chiesa.
Dalle prediche all'arte!
Praticamente, noi offriremo ai nostri lettori un vasto e svariato materiale distribuito nelle seguenti rubriche, che. con vigile criterio, varieremo e miglioreremo:
I. Una, alle volte anche due interessanti prediche moderne; degli schemi o bozzelli omiletici condotti con varietà e con senso pratico ; un commento storico, filologico e spirituale in vista della predicazione di un cosi
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detto Vangelo della Domenica per il mese in corso.
II. Qualche pagina profonda per pensiero o ricca di spiritualità da autori antichi e moderni, per la coltura dell'anima; oppure, brani di antiche liturgie cristiane e poesie, delicata espressióne di sentimento religioso, scelte fra le più belle e le meno note dagli innari medioevali e moderni o da poeti contemporanei ed espressamente tradotte da competenti per la nostra Rivista.
III. Il cristianesimo sociale, nome poco felice |>er indicare una realtà molto complessa ed un movimento interessantissimo, richiamerà largamente la nostra attenzione. È noto come, specialmente nei grandi paesi industriali, la Chiesa, con nobili sforzi, affronti per una migliore soluzione i forti problemi del lavoro, problemi eminentemente morali. Noi abbiamo affidato a quattro valenti col laboratori, de’quali uno per là Francia, uno per la Germania e il terzo per l’Inghilterra e gli Stati Uniti.il compito di tenerci al corrente di questo simpatico movimento con Cronache periodiche e di comunicarci le esperienze loro e degli apostoli del movimento con la trattazione di problemi e con saggi inediti della nuova predicazione sociale.
IV. Una delle più feconde « vie », che si aprono all’attività del cristiano e sopratutto dell’ecclesiastico, è il rinnovamento della coscienza giovanile mediante l’istruzione religiosa.
Sono però necessari nuovi metodi, mezzi più efficaci, una conoscenza più profonda del fanciullo e dei suoi bisogni spirituali. Esiste, inoltre, cosi dal punto di vista morale come da quello sociale, un vero problema della gioventù, la quale va acquistando fisonomia, finalità, funzioni tutte proprie e non è più lo stato tradizionale di pupillato e di preparazione alla vita della vecchia pedagogia. Orbene, ci sembra utile, necessario esporre chiaramente questi problemi nella loro gravità, proporne delle soluzioni, additare i più seri tentativi per risolverli e diffondere, insieme, una vasta coltura pedagogica in rapporto allo insegnamento religioso. Ed ecco perchè noi daremo alla pedagogia religiosa una grande importanza nella nostra Rivista.
V. La differenza di ambiente porta con sé differenze notevoli nell’opera pratica di risveglio e di diffusione dello spirito cristiano. Un centro rurale avrà così una fisonomia o presenterà una impermeabilità, un’ostilità alla forza della verità cristiana diverse da quelle di un centro industriale con i suoi abbrutimenti e con la sua coltura più elevata; lo studente va interessato con argomenti e me
todi del tutto diversi da quelli che fanno impressione su di un operaio o su di un contadino; la borghesia, la piccola come la grossa, ha tendenze, pregiudizi, forza di inerzia caratteristiche, che s’oppongono alla vivace generosità del sentimento cristiano. Questa varietà di attitudini dei vari gruppi sociali e professionali si incrocia singolarmente con le difficoltà che nascono dai caratteri e dalle disposizioni individuali ; ad una profonda conoscenza della psicologia, dell’anima dell’individuo bisogna dunque aggiungere una profonda conoscenza della « psicologia collettiva » e della psicologia dei gruppi professionali, delle reazioni o atteggiamenti diversi che assumono di fronte alla vita religiosa i vari nuclei sociali. L’ « uomo di Dio » che già sa per un forte sentimento di simpatia umana penetrare il fondo dell’anima individuale, deve sentire anche queste ulteriori differenze e farsi cosi « tutto a tutti ». Sulle pagine della Rivista avremo il piacere di sentire gli uomini più arditamente competenti nei vari campi di lavoro comunicarci la loro scienza, la loro esperienza, le loro conclusioni, i loro consigli.
VI. In fine, noi daremo ampie recensioni di opere di predicazione, di missione, di problemi sociali cristiani, di pedagogia e di psicologia religiosa, italiane ed estere. Ricchi e succosi bollettini o riviste delle pubblicazioni occasionali e periodiche intorno alle varie discipline pratiche dell’attività ecclesiastica e cristiana, compariranno di tanto in tanto sulla Rivista, per tenere al corrente in modo organico e con criteri oggettivi ed imparziali i lettori.
VII. Noi ci occuperemo anche di arie religiosa (cronache, illustrazioni ed articoli), ed affronteremo anche coraggiosamente la soluzione dei più ardenti problemi che si presentano oggi ad un serio studioso dell’arte cristiana contemporanea. Esiste, per esempio, un’arte religiosa contemporanea? Può esistere ancora ? L’arte religiosa è collettiva o individuale? Noi stiamo, con valenti artisti, per la rinascita di un’arte religiosa nazionale, che sia espressione di un autentico ed attuale sentimento religioso e non fredda imitazione del passalo od applicazione accademica di nuove tendenze tecniche a soggetti sacri. Quali sono in particolare i problemi nei campo dell’arte religiosa per la pittura, per la scoltura e sopratutto per la musica e per l’architettura, le due arti che più efficacemente traducono, l’uno nell’indefinitezza del suono e l’altro nella grandiosità e nel contrasto delle masse i ritmi più profondi della vita religiosa dell’individuo e della collettività?
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Il nostro metodo.
Questo il nostro programma di lavoro. Intendiamo in primo luogo offrire a tutti un nutrimento spirituale per l’educazione dell’anima, ai laici specialmente, ed offrire a questi il modo di uscire dalla incopetenza tradizionale, che non va disgiunta da una eguale, profonda indifferenza, delle vive questioni della vita religiosa nazionale e democratica. Noi ci rivolgiamo anche agli insegnanti, ai rinnovatori dello spirito della nostra scuola nazionale e democratica. La loro missione è altamente religiosa e sacerdotale. Noi vogliamo lavorare con loro e per loro. Infine noi sentiamo di essere fra i primi a tentare un nuovo tipo di rivista pratica del cristianésimo e della Chiesa, che abbia finalità armoniche ed elevate oltre
alla meccanica preparazione di materiale per il lavoro pratico degli ecclesiastici. Noi ci sforziamo di associare la più grande serenità ed imparzialità proprie dello spirito scientifico con la vivezza del sentimento cristiano in vista di un ideale di risveglio della coscienza religiosa nella nostra Italia.
L’artificiale scissione fra pratica e scienza, fra pratica ed ideale nel campo dell’ attività religiosa deve scomparire e deve essere, infine, anche rivendicato, in nome del più puro spirilo cristiano, il posto d’onore nel « banchetto » delle discipline religiose a quella cenerentola che è la « teologia pratica, abbandonata all’empirismo, alla mediocrità di mente e di cuore, all’incertezze di anime generose ma male illuminate.
I Redattori
di « Per la cultura dell’anima »
UNA DOMANDA ATTUALE
Gesù domandò a- suoi discepoli:— Chi dicono gli uomini che io sono.*
Ed essi risposero: — Alcuni che tu sei Giovanni Battista; ed altri Elia; ed altri uno dei profeti.
Ed egli disse loro: — E voi chi dite che io sono.*
E Pietro, rispondendo, gli disse: — Tu sei il Cristo.
S. Marco, 8. 37-29.
Signori,
Gli è per me una vera soddisfazione il trovarmi insieme con voi, in questo Auditorium di chimica (1), per parlarvi del Cristo; questa sala si presenta a’ miei occhi come il simbolo dei santuari dell’avvenire; come la profezia d’uno stato sociale in cui la persona del Fi-gliuol dell’uomo, prenderà possesso della vita stessa, nel suo ricco insieme, e presiederà in tutte le direzioni intellettuali e morali, scientifiche e religiose, industriali ed artistiche, all’attività unificata del genere umano.
Mi sento dunque perfettamente a mio agio, in questo recinto, per porre dinanzi alla vostra ragione e alla vostra coscienza, il problema della personalità del Cristo. E’ Lui ch’io mi sento spinto a presentarvi, ricordando quelle parole di Roger Hollard, il predicatore del « quartiere latino » a Parigi : « Lascerei volentieri novantanove cristiani sicuri della loro salvezza, per andare ad un giovane che è nel dubbio, e cerca la verità».
(1) Discorso rivolto agli studenti dell’università di Lo-sanna nel salone per le esperienze di chimica.
I
Due domande : « Chi dicono gli uomini che io sono? Chi dite voi che io sono?».
Due risposte. La prima : « Giovanni Battista, Elia, o uno dei profeti». La seconda: «Tu sei il Cristo».
Nella nostra epoca, il medesimo problema s’impone a noi, sotto la sua doppia forma, con maggior forza che mai.In primo luogo: Che si pensa di Gesù intorno a noi? In secondo luogo: E noi, che pensiamo di lui?
Che cosa si pensi di lui intorno a noi, lo sapete. Gli uni lo considerano come un personaggio nefasto; lo disprezzano e lo odiano, e provano senza volerlo, la sua vitalità, col fervore dei loro assalti. Ora veggono in lui una specie d'alienato, colpito da megalomania — ora un ambizioso morso da un orgoglio colossale — ora un impostore, che seppe carpire l’entusiasmo delle folle a profitto delle sue vedute politiche — ora un sognatore mistico, assorto nella visione dell’ imminente fine del mondo — ora un paesano semplice e sorridente, amico dei fiori e degli uccelli — ora un genio scuro, nemico della famiglia e del lavoro, spregiatore del corpo e della vita.
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Altri subiscono l’attrattiva della sua raggiante personalità. Salutano in lui un modello di purità morale, o un filosofo versato ne’ misteri della teosofia egiziana, o un savio che fu sempre padrone del proprio cuore e delle circostanze avverse, o finalmente il principe dei filantropi, il primo dei socialisti.
Altri ammirano in lui il fondatore del Cristianesimo, l’organizzatore della Chiesa, il promotore d’una nuova religione, co’suoi riti e la sua gerarchia, il proinulgatore di dogmi infallibili che destinavano alla perdizione tutti coloro che il battesimo ecclesiastico non aveva rigenerati.
Finalmente, altri adorano in lui il Figlio di Dio, la seconda ipostasi della Trinità, Jehovah incarnato, l’Eterno divenuto uomo, il Creatore fatto carne, la vittima perpetua che rinnova quotidianamente il suo sacrifizio espiatorio.
Come scegliere in questo miscuglio di verità sublimi e d’errori mostruosi?
Ciò che davvero importa, alfine non è di sapere ciò che gli uomini dicono di Gesù, sia nei Congressi di liberi-pensatori, sia nelle assemblee religiose ; ma piuttosto quale opinione abbiamo noi, personalmente, intorno a Gesù.
Possiamo dispensarci dall’avere un’opinione personale sull’evoluzione o sul socialismo, sull’amore o sulla morte, ma non è permesso, quando apparteniamo alle classi dette intellettuali, di vivere senza avere un’opinione su Gesù Cristo; poiché secondo l’opinione che di lui ci facciamo, il cristianesimo sarà una forza benefica, nonostante i suoi errori e i suoi sbagli, oppure una superstizione, o anche uno scrocco. E sarà nostro dovere prendere una posizione conseguente, giacché siamo in paesi di civiltà cristiana.
« É voi, chi dite che io sono?». A questa domanda così precisa dobbiamo cercare una risposta originale, spontanea, viva, e non una risposta imparata a mente. Perchè le espressioni apprese, anche quando siano tratte dal-l’Evangelo, talvolta servono a dispensarci dal possedere una qualche convinzione seria, dall’avere un qualche contatto immediato con la realtà.
Così, quando vi si domanda : « Chi è Gesù Cristo?» non basta rispondere: « Il Figlio dell’uomo». Certamente, quest'è un’espressione biblica; ma, nella bocca di coloro che l’adoperano, essa può essere una semplice parola, che non corrisponde ad alcuna conoscenza pratica ; e il mistero della personalità del Salvatore continua a sussistere tutto intiero. Allorché gli scienziati chiamano « Raggi X» certe proprietà della materia, confessano la
loro ignoranza; ma allorché dicono' forza, attrazione, etere, calore, movimento, si danno l’aria di sapere qualcosa di più, mentre non ne sanno nulla : non sono che delle etichette applicate sulla sostanza nascosta dell’universo che ci sfugge. Così è dell’espressione : « Figlio dell'uomo ». A questa domanda : «Chi è Gesù Cristo?» colui che risponde: «Il figlio dell’uomo» — non risponde altro che: «Gesù Cristo era Gesù Cristo».
Non altrimenti avviene per colui che dice: « Il falegname di Nazareth era il figlio di Dio». Sì, certo; ma questa espressione, nel linguaggio degli Ebrei era un’imagine efficace destinata a mettere in luce una stretta relazione morale. San Paolo chiamava un certo mago: « figlio del diavolo», volendo esprimere l’idea eh’esso era ispirato da Satana. I discepoli dei profeti erano chiamati : « figli dei profeti ». Troviamo inoltre nella Bibbia, delie espressioni come queste : « figlio del Regno di Dio » —- « figlio della geenna » — « figlio della ribellione» — « figlio della perdizione» — «figlio della resurrezione». La freccia stessa è chiamata la «'figlia dell’arco». Quindi dichiarare che Gesù era il Figlio di Dio per eccellenza, il Figlio unico di Dio, è far uso di un paragone che corrisponde ad una realtà profonda, ma non si svela con ciò il mistero, lo si constata.
Insomma non ci lasciamo abbagliare dalle formule. Ciò che importa, è il fondo ch’esse ricoprono, e che non possono nè arricchirlo, nè impoverirlo ; Gesù è stalo quel che è stato, e nulla può scuotere questa roccia. « Quando anche milioni di martiri versassero il lóro sangue per attestare che Gesù fu quello che non fu, e quand’anche, d’altra parte, milioni di filosofi dimostrassero che Gesù non fu punto quello che fu, tutti questi increduli non altererebbero una linea della sua vera figura. Prima e dopo, egli rimarrebbe quel che fu»(i).
Non possiamo definire la personalità del Redentore.
Ma che importa ? Gesù non ci domanda : Chi sono? Ma: chi dite voi ch’io sono? E se non possiamo dire chi è Gesù Cristo, possiamo almeno dire che cosa è per noi.
Parimente, centinaia di milioni d’esseri umani sono incapaci di analizzare la sostanza chimica del sole ; ma sanno tuttavia di che cosa parlano, quando parlano del sole: è la sorgente del calore e della luce per la superficie del nostro pianeta. Aprite gli occhi, aprite le finestre, tuffatevi in questo chiarore gratuito e soprabbondante che riscalda, guarisce, feti) Joh. Muller. U'er mar Jesus voti Nazaret ?
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concia, che semina la bellezza attraverso lo spazio e fa risplendere la più piccola palude, la più piccola lagrima ; lasciatevi ravvolgere dal sole e sarete già molto avanti nella conoscenza pratica del nostro astro.
E’ egli qualcuno per voi, Gesù Cristo? E egli un semplice nome per voi, un capitolo di catechismo, un paragrafo del simbolo degli apostoli, oppure, all’opposto, un avvenimento della vostra vita, una persona, l’incontro con la quale ha segnato un’epoca nella vostra vita ?
Di quali benefici! pratici, palpabili, attuali siete debitori al Salvatore? Questo attributo di liberatore corrisponde ad un fatto sperimentato? Da che vi ha egli liberato? Da quale tristizia, da quali timori, da quali errori, da quali incertezze, da quali passioni, da quali rimorsi, da quali peccati?
Avete voi si o no, un’esperienza individuale del Cristo?
Questa esperienza è possibile ad ognuno. Ponetevi di fronte alla sua imagine, quella degli Evangeli, e lasciatevi penetrare dalla sua influenza. E necessario trascorrere alcun tempo dalla sua contemplazione ; non bisogna affrettare nel dare un giudizio su di Lui; questo giudizio s’inciderà da sè medesimo in voi, a mano a mano che i lineamenti del Salvatore vi s’imprimeranno più profondamente. Gesù Cristo si rivela a’ suoi, nella misura in cui la loro vita diviene un riflesso della sua. E allora certamente possono rimanere incapaci di dire esplicitamente chi esso sia, ma se non possono dirlo, lo sanno.
Avviene forse diversamente nelle relazioni umane? Chi fra voi può vantarsi di penetrare il mistero della vita, di definire l’anima del suo amico in modo assoluto? Eppure, allorché udiamo correre certe voci sul suo conto, quando travestono i suoi atti e sfigurano le sue intenzioni, allontaniamo la calunnia con disprezzo; a tutte le dicerie opponiamo con forza queste affermazioni: « So chi è quell’uomo, perchè lo conosco personalmente».
Ecco quale dev’essere la nostra attitudine verso Gesù Cristo, in quest’ora in cui il mondo, e la Chiesa stessa risuonano d’affermazioni contraddittorie a suo riguardo. Nulla ci potrà scuotere, se la nostra esperienza ci permette di dire: « Lo conosco personalmente ».
Alla domanda: Chi dite voi ch’io sono? ciascuno di voi deve rispondere per proprio conto. Perchè nel dominio religioso si dovrebbe abdicare alla propria individualità? È questa appunto che noi esaltiamo in tutti gli altri domini, e con ragione. Abbiamo, per esempio, una stima mediocre per l’intelligenza delle
persone, che apprezzano tutti gli avvenimenti nel medesimo modo, perchè hanno letto il medesimo giornale; e non diamo gran peso ai sentimento artistico di coloro che consultano la guida stampata, prima di emettere un giudizio intorno ad un paesaggio o ad una statua. Ma allora, perchè ricercare l’uniformità, allorché si tratta dell’Evangelo?... Come! Cinquanta persone si pongono in presenza di Gesù Cristo, con umiltà, con fede, con speranza, con preghiera, e, per esprimere il risultato della loro contemplazione, troveranno una sola ed unica formula! Ma ci sarebbe davvero di che disperarsi per l’anima umana. Come! la porta di una cattedrale, o le cascate del Niágara ispirano cinquanta forme ammirative a cinquanta artisti diversi, e il passaggio del Figlio di Dio nella storia darebbe luogo, nella coscienza di cinquanta cristiani, ad un’unica definizione della sua gloria ! Sarebbe un rimpicciolire in modo singolare Colui che sorpassa del capo tutti i secoli... E la realtà, eccola: quando non abbiamo nulla di speciale da dire intorno a Cesù Cristo, gli è che non l’abbiamo guardato in modo speciale ; l’abbiamo veduto con gli occhi degli altri, non coi nostri.
II
Ma qualcuno di voi mi dirà : « Medico, cura te stesso ! Facci la tua confessione personale. Dicci come ti apparisce Gesù. Tu che inviti gli altri ad immergersi nell’Evangelo come i cercatori di perle nell’Oceano, ed a recare alla luce del giorno qualche tesoro individuale ; mostraci ciò che vi hai trovato tu ! ».
Avreste molto mal compreso il mio pensiero, se vi imaginaste che secondo me ogni cristiano debba inventare un nuovo Gesù Cristo. Ciò che ho affermato, e lo ripeto, è che ogni discepolo del Salvatore deve imparare a scrutare l’Evangelo col proprio cuore, con la propria intelligenza e con la propria coscienza; e questo è precisamente il mezzo per non inventare nulla, poiché è la sola maniera di sottomettersi con sincerità all’influenza dei documenti primitivi, di non aggiungere nulla al ritratto eh’essi ci hanno lasciato del Cristo, come anche di non sopprimere nulla. Occorre tuttavia molto metodo, molto candore, molta originalità, per arrivare a vedere co’ propri occhi, a leggere le parole quali sono state scritte, e non quali sono state commentate, per giungere finalmente a rispondere non a questa domanda tanto trita : « Che si dice di Gesù Cristo ? » bensì : « Che dico, io, di Gesù Cristo ? ».
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Quanto a me personalmente, io non vi sono pervenuto d’un tratto.
Vorrei dirvi, molto semplicemente, qualcuna delle caratteristiche che mi colpiscono, nel ritratto del nostro Salvatore, quale è stato dipinto dagli evangelisti ; qualcuno dei caratteri che lo distinguono fra tutti i figli del-l’uomo. E quello che vi additerò non sarà nulla accanto a ciò che rimarrebbe ad. additare.
Innanzitutto, non crediate eh’io pensi a diminuire gli altri per ingrandire Lui. Gesù di Nazareth non è stato nè un sapiente nè un artista, non ha lasciato in eredità al mondo nè un nuovo strumento, nè una statua, nè il segreto delle comete, e neppure un libro ; non ha scritto nulla per i posteri, non un discorso, non una quartina. La sua missione consisteva in ben altro. Onore ai filosofi e agli inventori, ai poeti ed agli esploratori ! La loro gloria continua a risplendere intera accanto a quella del Messia. La sua è di un altro ordine.
Avviciniamoci all’ Evangelo, e contempliamo.
Ciò che mi stupisce innanzitutto, allorché getto uno sguardo d’insieme sulla storia del nostro Maestro, è che non possediamo una biografia di Gesù. Sino all’età di trent’anni, ei rimane nell’ombra ; e da quel momento, sino alla morte sua prematura durante un breve ministero di due o tre anni, non ci è dato di poter ricostituire mese per mese l’uso eh’e* fece del tempo. Va e viene, apparisce e scomparisce, come un astro intercettato da nubi vaganti ; pronunzia qualche parola qua e là, cade nottetempo nelle mani de’ suoi nemici, è condannato a morte al chiarore delle torce, e rende Io spirito nelle tenebre del Calvario. L’attrattiva del misterioso avviluppa i suoi atti più caratteristici. Che cosa significa il suo battesimo, mediante il quale e’ si mescola con la folla dei peccatori ? E la sua tentazione nel deserto ? E la sua agonia nell’orto di Gethsemane ? E il gemito del Golgota : « Mio Dio! mio Dio! perchè mi hai abbandonato?» Enigmatico sino alla fine, dinanzi ai giudici conserva un silenzio che fa rabbrividire.
Ma pure, anche quando parla per insegnare, la sua parola è sonora come una voce umana in un sotterraneo; ciò che dice, mette in rilievo quello che non dice. Egli non ci ha recato un sistema del mondo, non ha dato soluzioni ai problemi del dolore, del peccato, della morte, non ha provato a conciliare la Provvidenza e il male, la libertà umana e la prescienza divina, non ha soddisfatto la nostra sete di conoscere riguardo l’avvenire del nostro pianeta, la vita futura, la natura e gli
attributi di Dio. Se raccogliamo le sue affermazioni su questi vari soggetti, rimaniamo stupiti del suo laconismo volontario, del suo mutismo assoluto.
Ebbene ! Questa grande figura enigmatica del Cristo mi attrae. Mentre i più piccoli filosofi, i più modesti fondatori di religioni, accumulano informazioni precise sull’inconoscibile e speculano sulla credulità umana. Egli, Gesù, mantiene un silenzio maestoso su tutte le quistioni che non interessano direttamente l’anima.
Molto diverso de certi teologi che conoscono tutto, che scuoprono e giustificano sempre e ovunque ciò che essi chiamano «le vie di Dio », Gesù non ha nulla a che fare con questo ottimismo artificiale ; e’ sa confessare la sua ignoranza, per esempio, riguardo alla fine del mondo, e confessare la sua esitazione, come quando grida : « Padre, se è possibile, allontana da me questo calice! ». E finalmente, quando l’ora del patimento e della sconfitta suona, e’ non canta, ma piange, non grida vittoria, ma aspetta, rimette lo spirito a Dio. Che calma, che dignità, che virtù stoica in una tale attitudine ! E com’è, d’altronde, dal punto di vista intellettuale, veramente scientifica!
Ma ecco d’altro lato, ciò che mi commuove e mi rapisce, allorché tengo a lungo il mio sguardo su Gesù Cristo : Egli è stato anche il campione invincibile e il principe della speranza. C’imbattiamo bensì, quaggiù in uomini che sanno tacere e soffrire in silenzio; ma, in generale, sono tristi ; ed altresì c’imbattiamo in uomini che sanno rallegrarsi, profetizzare un luminoso avvenire alla razza umana ; ma sono in generale degl’insipidi ottimisti gonfi di ingenue illusioni. Invece, nella persona del Messia, vediamo combinare insieme una chiara intuizione de’ nostri confini e una incrollabile fede ne’ nostri destini. Mai un’anima più gioiosa, più luminosa, più vittoriosa ha imbalsamato la nostra atmosfera con la sua presenza. Gesù è stato anche il genio dell’ incoraggiamento; per chi sperimentava la sua influenza rinnovatrice, era come l’acqua fresca ad un fiore che declina sullo stelo ; v’era nelle sue parole e nel suo contatto, una potenza di risurrezione ; e’ faceva vibrare, in ogni creatura umana, tutte le possibilità di azione ; apriva davanti ad ognuno una carriera illimitata ; le parole « pace » e « coraggio » erano sempre sulle sue labbra ; in una parola Egli è stato l’incarnazione della speranza.
Mi sembra che l’equilibrio ammirabile di questi due caratteri opposti in Gesù Cristo — la facoltà del silenzio e quella della speranza
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— costituisce già un elemento importante per la mia confidenza nel Messia. Ma scorgo in Lui anche altre armonie che mi attraggono.
Difatti, se l’Evangeìo mi colpisce,dapprima, per la brevità de’ suoi particolari sulla vita di Gesù e per la sobrietà degli insegnamenti del Maestro, il Cristo mi s’impone ancora, non soltanto per il carattere enigmatico della sua personalità, ma per V immensa forza di volontà che sviluppasi da Lui. Il suo ministero dovette essere tanto più potente, in quanto fu brevissimo.
In pochi mesi della sua vita fu condensata tanta energia, e sarei per dire sotto una pressione tale, che le sue manifestazioni si sono di già estese su venti secoli successivi, ed è tuttavia ben lungi d’avere consumato la sua attività. Si potrebbe supporre che quest’energia, all’inizio, fosse qualcosa di tumultuoso, d’esplosivo. Ma gli è appunto per la considerazione che così non fu. che la forza di Gesù Cristo m’apparisce veramente prodigiosa.
La vera forza non è quella ch’è incapace di contenersi, che esplode e si esaurisce d’un tratto, ma è la forza che sa padroneggiarsi e calcola i suoi effetti. Si ammira la volontà metodica di un Napoleone ; quella di Gesù è stata ancor più sorprendente; la sua ambizione fu quella di un conquistatore ; e’ non mirava, come l’imperatore, a conquistare l’Europa, ma il mondo. Ora quanto più è elevato uno scopo ed inaccessibile l’ideale, tanto più sembra che l’impazienza morale e l’agitazione interna siano inevitabili ; e ciò specialmente allorché, per raggiungerli, sono disponibili mezzi insignificanti. Per l’attuazione de’suoi mediocri disegni, Napoleone poteva contare su centinaia di migliaia di soldati armati ; ma il falegname di Nazareth, per l’esecuzione de’ suoi grandiosi progetti, non potea contare che sulla sua volontà.
Ebbene! Gesù si mantiene calmo. Deciso a salvare il mondo — formula inaudita, programma sovrumano! — non si affretta, non si esalta, cerca con calma un punto d’appoggio per la irresistibile leva della propria volontà. Ecco la vera forza, in tutta la sua gloria. La forza che sa aspettare, perché è sicura dì sé stessa, perchè l’avvenire le apparterrà quand’essa uscirà dall’ombra. II gigante di Galilea pazienta per trentanni prima di abbandonare il suo villaggio ; e dopo aver cominciato la sua missione, pazienta ancora prima di rivelare ch’è il Messia ; e dopo essere stato riconosciuto come tale, pazienta ancora prima di raggruppare i suoi e di fondare la Chiesa; egli diffida delle adesioni affrettate,
respinge i facili entusiasmi con le sue esigenze, deciso a trasformare la terra, pazienta prima d’inaugurare l’evangelizzazione dei pagani, e non vuole lasciare la Palestina; nulla è abbandonato al caso, in questa marcia saggiamente organizzata. La sua Passione stessa non si presenta come un tranello inatteso; si direbbe che la vittima ha scelto la sua ora ; ed infatti all’ultimo momento, dopo essere sempre sfuggito alle imboscate, Gesù non fa nessun tentativo per sviare i nemici dalle sue tracce ; e’ si dà loro,dopo il suo ingresso trionfale a Gerusalemme, e dopo avere tappato vittoriosamente la bocca a tutti i suoi avversari.
Allorquando si esamina il ministero del Cristo sotto questa luce, cercandovi le manifestazioni saviamente coordinated’una volontà piena di riflessione, si rimane confusi davvero dinanzi allo spettacolo d’ una tale unità di disegno. Si sarebbe perfino tentati di salutare in Gesù il tipo meraviglioso della volontà umana abbandonata alle proprie risorse, il quale trionfa con tenacia sugli ostacoli accumulati, qualora il Salvatore non ci si presentasse, in pari tempo, nell’aspetto di un uomo di preghiera .
Quale contrasto, o meglio quale armonia! Infaticabile nei lavoro, è allo stesso tempo, infaticabile nella meditazione. Prega nelle case, nella sinagoga, nel tempio ; prega nel deserto o sul monte; prega di giorno e di notte, prega in segreto o in pubblico, insegna ai discepoli a dire : « Padre nostro ! » ed egli stesso si esprime così nella preghiera sacerdotale : « Padre santo, conserva nel tuo nome coloro che tu mi hai dati, acciocché siano una stessa cosa come noi. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto... » Parole che lasciano scorgere, nell’anima di Gesù, una intimità ineffabile con Dio, intimità che non s’improvvisa, ma che è il frutto lentamente maturato d’uno sviluppo interno senza sosta.
Voi stessi ammetterete che l’unione, in Gesù il Cristo, di due virtù si diverse, quella dell’azione intensa e quella della preghiera incessante, spinte ciascuna al massimo limite, costituisce nella storia un tipo unico di bellezza morale, un fenomeno senza riscontro.
E non è qui tutto; poiché, quando scorro l’Evangeìo, una terza caratteristica mi colpisce e mi avvince alla figura del Messia, la sua compassione.
Non poniamo sufficientemente in luce il carattere filantropico della sua attività ; è tuttavia impossibile d’esagerame l’importanza. Gli artisti non si sono ingannati, quando hanno
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rappresentato il Salvatore circondato di ciechi e di lebbrosi, d’epilettici e di zoppi, di sordomuti e di paralitici ; quando si studiano le narrazioni evangeliche a questo proposito, si rimane stupefatti nello scoprire che Gesù ha consacrato una grande parte del suo breve ministero a guarire malati. E’ ciò che lo rese tanto popolare; la folla assediava le case in cui entrava e non gli lasciava il tempo per mangiare; sulla riva dei lago, essa gli si accalcava attorno, tanto che per poco Egli non era spinto nell’acqua ¡quando Egli ricercava la solitudine, la folla lo precedeva nel deserto ; al levar del sole, al tramonto non un momento di riposo per il sanatore degl’infermi; la massa degli straccioni brulicava sul suo passaggio coi suoi odori mefìtici d’ulceri e di panni sudici, e Lui, guidato dalla pietà, si dava a coloro che l’imploravano. Ci sono pervenute narrazioni di guarigioni più lente di altre, dalle quali si vede che Gesù non guariva da prestigiatore, con qualche formula magica, ma con uno sforzo cerebrale, con una tensione morale, sacrificando parte della propria sostanza vitale. Alle volte Egli guariva senza proferire insegnamenti, senza fare appello alla fede della creatura sofferente, ma solamente per compassione del corpo umano, scarno, abbandonato, atrofizzato, sformato dal male fìsico.
In verità, si chiede perchè l'aureola della pietà fraterna cinga piuttosto la fronte di Budda che quella del Cristo. Ma riflettendovi, il fatto si spiega. Qakya-Muni e Gesù sono stati l’uno e l’altro, divorati dalla compassione per la miseria umana ; ma il principe indiano non ha visto che questa, la sofferenza, la morte e la formidabile ruota della fatalità, mentre il profeta galileo vedeva molto più lontano del male fìsico; il suo santo sguardo penetrava negli abissi dell’anima e vi discerneva il peccato.
Il peccato! Oh ! ecco dove è grande il nostro Cristo! Alla compassione per la sofferenza, ha saputo alleare l’orrore del male morale; mentre accarezzava la fronte umiliata del peccatore, sapeva odiare il suo peccato e additarglielo con un vigore, una veemenza, che non erano, anch’esse, se non una forma superiore delia pietà. Ai di nostri, due specie di medici si chinano sull’umanità ; gli uni non le parlano che del suo corpo, e del sangue ch’esce dalle’piaghe, gli altri non le parlano che della sua anima, e delle lagrime ch’essa dovrebbe versare sui propri errori ; nè gli uni, nè gli altri, sono i continuatori di Gesù Cristo. Perchè nella pienezza magnifica del suo carattere impareggiabile, egli accumulava tutti
gli aspetti della misericordia, e salvava l’uomo intero, corpo e anima, anima e corpo.
Finalmente, quando studio la figura del Messia dell’Evangelo, una quarta caratteristica della sua fisionomia attira la mia attenzione: Gesù vive in Dio, Dio è, per lui, la realtà assoluta. Come l’uccello vola nell’aria, come il pesce guizza nell’acqua, il Cristo si muove in Dio.
L’esistenza e l’onnipotenza di Dio sono per Lui qualcosa di palpabile e d’evidente ; e’non pensa neppure a dimostrare Dio, lo afferma, lo vede, direi quasi, e lo addita.
A’ suoi giorni, come — e più ancora, ahimè ! — all’epoca nostra, la miseria e la malattia, la violenza e la crudeltà, il lusso e la lussuria, la guerra e la schiavitù menavano strage nell’umanità; Gesù vedeva i passerotti morire di sete, le madri piangere sui cadaveri de’ loro figliuoli, i vecchi lebbrosi strascinare le loro piaghe nella polvere, le mura rovinare su innocenti che si rifugiavano sotto la loro ombra... E Gesù afferma Dio ! Non l’afferma dietro un ragionamento e neppure a nome dell’osservazione quotidiana, ma a nome di una esperienza intima. Giammai un’anima fece di Dio un’esperienza più netta, più profonda, più continua, più raggiante. Il nome di Gesù evoca l’idea di Dio, come la parola giorno evoca l’idea del sole. Qui, nessuna contestazione è possibile.
Ma ecco, per chi osserva, un grave soggetto di meraviglia. Uomo del popolo, Gesù non ha alcun legame col sacerdozio, non appartiene ad alcun clero; assale senza tregua i riti e i dogmi dei capi religiosi della sua nazione; denunzia le preghiere meccaniche, le elemosine ostentate, l’osservanza tirannica del sabato, l’imposta pel santuario, i sacrifizi; personifica nella figura d’un prete e d’un levita la pietà senza cuore che neglige, a profitto d’una sterile devozione, ¡supremi doveri della giustizia e della misericordia; proclama che l’amore del prossimo uguaglia — in importanza — l’amore di Dio; annunzia che all’ultimo giorno gli uomini saranno giudicati secondo l’attitudine loro verso i poveri, i forestieri, i malati, i prigionieri. Il suo pensiero è costantemente rivolto verso l’umanità, verso l’avvenimento d’una nuova terra, liberata dalle macchie putride che insozzano ignominiosamente il nostro mondo... Anche qui, per quanto riguarda le intenzioni del nostro Maestro, non è possibile alcuna contestazione.
Ma allora, voi chiederete, come conciliava egli in sè stesso l’incalzante preoccupazione di Dio e l'incalzante preoccupazione della -Umanità? t,
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Ah! eccoci al meraviglioso segreto del-l'Evangelo: volere Dio, gli è volere l’umanità, volere l’umanità, gli è voler Dio. Volere Dio, gli è volere che l'umanità sia, e volere che l'umanità sia, gli è volere che Dio regni quag* giù. Sul nostro globo, gl’interessi di Dio e quelli dell’umanità si confondono; come la terra ed il cielo si toccano all’orizzonte, così lo Spirito di Dio e lo spirito dell’umanità si identificano, possiam dire, all'orizzonte delle età. nel quadro del regno terrestre di Dio.
Ili
E allora, d’un tratto, la persona di Gesù Cristo si rivela a me nella sua gloria, nel suo fondamentale significato per noi tutti. E colui dal cui trionfo dipende in modo assoluto, supremo, il trionfo di Dio; è colui, in pari tempo, dalla cui vittoria dipende in modo assoluto la vittoria della umanità. Ha il diritto di presentarsi come il Figlio di Dio, l’incarnazione della divinità. In lui si unificano la morale e la religione, la terra e il cielo, il tempo e l’eternità. Volere il Cristo, proprio lui, è volere tutto ciò che si deve volere; amarlo, è amare tutto ciò che si deve amare ; crederlo, è credere tutto ciò che si deve credere ; possederlo, è possedere tutto ciò che si deve possedere.
Ed ora non mi meraviglio più delle splendide e misteriose armonie che mi attiravano verso la sua figura enigmatica, dolorosa e allo stesso tempo serena. Non mi stupisco più che Egli abbia combinato in sè stesso le ombre del silenzio volontario e i raggi della speranza, l'energia di una volontà indomabile e l’abbandono filiale della preghiera, la compassione per la sofferenza e l’esecrazione del peccato, il servizio dell’umanità e il servizio di Dio. Nulla mi stupisce più in lui ! Non mi stupisco più ch’egli abbia affermato sè stesso con una insistenza, un’autorità, una calma, una maestà che costituiscono un fatto unico nella storia. «Voi sapete ch’è stato detto agli antichi; ma io vi dico... Voi sarete beati, quando sarete perseguitati per cagion mia... chi ama suo padre o sua madre più di ine, non è degno di me... Venite a ine, voi tutti, che siete travagliati !» È il caso di ripetere il celebre giudizio: « Giammai alcuno parlò come quest’uomo ». In realtà, ciò che Egli reca al mondo non è un insegnamento nuovo, è un fatto nuovo, la propria personalità: «Io! » ecco il messaggio eh’ ei reca all’umanità.
Meditate, ve ne prego, su questo punto ; è il mezzo d’evitare il miserevole errore di co
loro che si esprimono cosi : « Gesù non ha scoperto nulla. Ha detto: Amatevi gli uni gli altri ! Ma questo precetto era già conosciuto, in Cina, parecchi secoli prima dell’era cristiana ». Certamente, ma queste parole, pronunziate da Lao-Tsé, sono rimaste una bella massima; pronunziate da Gesù, esse son divenute la forza rigeneratrice dell’ umanità... Ecco la differenza! Come non è possibile ridurre l’essere vivente a’suoi elementi costitutivi, idrogeno, ossigeno, carbone, fosforo, perchè l’essere vivente è appunto tutto ciò più qualche cosa ancora, cosi non si può ridurre l’insegnamento dell’Evangelo a dei pensieri di Confucio, Budda, o Socrate ; poiché, ammettendo che questi savi (il che è ammesso da molti) abbiano realmente formulato i principi della morale cristiana, rimarrebbe sempre evidente che l’Evangelo è tutto ciò, più qualche cosa, e questo di più è tutto ; è la persona stessa di Gesù, questo Figliuolo dell’uomo che ha compreso sè stesso, e che ha compreso la vita e che senza macchia nè ruga, senza cicatrice sulla coscienza, è venuto a dire ai suoi fratelli spaventati : « Conosco il significato della sorte dell’umanità: vale la pena di vivere, non temiate! »
No, nulla mi stupisce da parte sua. Quando afferma che fa d’uopo rinunziare a tutto per seguirlo, m’inchino; quando dichiara che fa d’uopo porre la consacrazione al Messia al disopra degli affetti di famiglia, m’inchino ; quando dichiara di aver il potere di perdonare il peccato, mi inchino ; quando dichiara ch’è venuto a dare la sua vita pel riscatto del genere umano, m’inchino; quando dichiara ch’è la risurrezione e la vita, m’inchino; quando dichiara che giudicherà il mondo all’ultimo giorno, m’inchino.
E ciò perchè, inchinandomi davanti a Lui rendo omaggio alla Potenza ineffabile che è necessaria nell’universo, che sospinge il mondo verso il compimento de’suoi destini, e di cui Gesù Cristo ha manifestato, per sempre, la celata direzione e le segrete intenzioni.
Intorno a noi, come ai di di Capernaum e di Gerusalemme, gli uni mormorano : « Come mai ardisce egli affermare d’essere disceso dal cielo ? » Altri si scambiano le loro impressioni contradittorie su lui : «È un uomo votato al bene... », « No, egli svia la moltitudine». Ma i veri discepoli, gridano con Simon Pietro: « Signore, a chi altri ce né andremo ? Tu hai le parole della vita eterna. E noi abbiamo creduto, e abbiamo conosciuto che tu sei il Cristo, il Santo di Dio ».
Eppure non posso descriverlo (piale egli era; ma se non posso spiegare Gesù, il Cri-
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sto, posso confidarmi in lui, consacrargli la mia vita, adorare Dio in Lui, servire in Lui l’umanità, sottomettermi a’ suoi ordini, collaborare col suo spirito, e volere fino al mio ultimo respiro, volere, se fosse necessario, sino a) sangue, volere ch’egli abbia avuto ragione di sacrificarsi per salvare il mondo. Perchè, se voglio ciò con assoluta fermezza, e se opero conseguentemente, giustifico in tal modo, per quanto mi concerne, l’immolazione del Calvario, provo che il Salvatore mi ha salvato.
Finalmente, Gesù Cristo è colui che nessuno può comprendere, prima d’avere offerto sè stesso a Dio ed all’umanità in vista della nuova terra e per la redenzione di tutto l’insieme. Povero o ricco, uomo o donna, chiunque non ha posto al primo piano de’ propri pensieri, de’ propri affetti, de’ propri sforzi l’avvenimento del Regno di Dio sulla terra, chiunque è per tal modo rimasto estraneo all’iniziazione della croce, rimane nell’incapacità d’interpretare il Salvatore. Accecato dal suo egoismo incosciente, non sa che la sua pietà stessa è un ostacolo al trionfo del Messia.
Il Cristo, il Messia, era colui che la nazione ebraica attendeva. Ebbene! Gesù è ancora il Cristo, il Messia, cioè, colui che il mondo moderno aspetta. Nell’ora in cui i predicatori della disperazione insegnano che tutte le manifestazioni della vita, sulla superficie del nostro pianeta, sono come una muflà effimera, che la specie umana sparirà, e che il nostro globo raffreddato girerà inutilmente nello spazio, come un cranio vuoto — il mondo attende Colui che afferma l’umanità, superbamente, intrepidamente, e la cui Risurrezione è la garanzia delle future trasformazioni che condurranno il genere umano a destini più elevati.
Eppoi, Gesù è, inoltre, Colui che ciascuno di noi allende, colui pel quale è pronto un posto nel santuario intimo di ogni anima. Nei nostri accasciamenti, ne’ nostri rancori, nei nostri rimorsi, nessun uomo ci sembra abbastanza forte da spezzare in una sol volta tutte le nostre catene ; e rifiutiamo di salutare come salvatore un essere del quale non possiamo dire, esclamando : « Egli è più potente di me! Io non sono degno di sciogliere il legaccio de’ suoi sandali». Ora è proprio questo genere di testimonianza che Gesù strappa alla nostra coscienza, tosto che noi lo vediamo quale Egli è. Se realmente siamo assetati di
consolazione, di perdono, di rigenerazione, Gesù è appunto il Cristo, il Messia, colui che noi aspettiamo.
Provale di farne l’esperienza! Riprendete l’Evangelo per ricercarvi il volto de! Salvatore. Per ottenere delle impressioni nuove, rileggetelo in un’altra traduzione, o anche in una lingua estera ; lasciate da parte quanto non comprendete, attaccatevi alle parole, agli atti, al carattere di Gesù; leggete e rileggete, meditate, cercate; cercate con crescente ardore, perchè è l’incontro dell’anima vostra con quella del Redentore che farà di voi qualcuno, che deciderà del vostro avvenire. Se voi cercate in questa maniera, troverete. Non dico che troverete necessariamente il Gesù dei manuali ; ma ciò non è di suprema importanza, poiché il Gesù degli Evangeli, il vero, ha detto : « Non metterò fuori colui che verrà a me... Venite a me, ed io vi allevierò ».
Sì, voi farete una simile esperienza !
Non posso io supplicarvi di conservare, o meglio, di conquistare una fede personale in colui che si chiama il Salvatore...? Poiché, chi è colui che può, alla nostra epoca, contentarsi di conservare la fede in Gesù Cristo? Perchè dovremmo noi conservare una fede che rinserra il Messia nelle chiese? Perchè non conquistare una fede che restituisce il Messia all’umanità, che fa del Cristo Gesù la chiave di questa doppia serratura segreta : l’anima individuale e la storia generale? Gli astronomi ci additano, nel firmamento, degli astri bianchi, gialli, rossi, azzurri. Vi sono altresì dei inondi che hanno un colore morale; e il nostro proprio globo, fra gli altri tutti, ha per contrassegno particolare Gesù Cristo. Il suo spirito è, perla nostra umanità, l'unica atmosfera respirabile, è il viatico col quale la nostra razza mortale un giorno dovrà pervenire al completo sviluppo delle proprie virtualità divine : Gesù è il segno pel quale noi vinceremo.
Imparate questo, con pazienza, con coraggio. Giurate a voi medesimi di cercare ginocchioni un Salvatore, il Salvatore. E allora la domanda solenne non vi tormenterà più. Alla domanda : « E voi, chi dite che io sono?» risponderete semplicemente e trionfanti, con l’apostolo Pietro: «Signore! tu sei colui che io attendeva, tu sei il Cristo ». E il Maestro vi benedirà con queste parole: « Tu sei beato! poiché non la carne e il sangue ti hanno rivelato ciò, ma il mio Padre che è nei cieli ».
WlLFRBD MONOD.
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PREDICHE SEMPLICI
L’ESPERIENZA DEL MISTERO RELIGIOSO
La religione è sempre un commercio col mondo invisibile, ed è naturale che il mondo invisibile sia per noi oscuro, misterioso.
L’uomo religioso è quindi un uomo che vive nel mistero, inseparabile dalla religiosità ; ora, miei amici, è appunto il mistero che suscita ripugnanza verso la religione, e in modo speciale verso il Cristianesimo. Se voi presentate agli uomini la morale cristiana, probabilmente ecciterete un sentimento di simpatia, di aggradimento, di approvazione; ma se pariate del mistero della Trinità, dell’Incarnazione, trovate delle riluttanze, qualcuno vi volterà le spalle.
Chi nella società contemporanea non prova simpatia per la figura del Cristo? Tutti, quasi tutti, credenti o increduli, conservatori o socialisti. Gesù esercita un vero fascino ; tutti ci sentiamo attratti da questa rivelazione della bontà, dell’amore, da questo maestro di fraternità universale. Ma se vi mettete a definire il Cristo, come sia una persona divina in due nature, non vi capiscono più, non è vero? Non vi capiscono!
C’è adunque una ripugnanza verso il mistero, ed io vorrei oggi indagare se la ripugnanza provenga dalla natura stessa del mistero, ovvero da una sua particolare concezione. Mi spiego : dicevamo che la religione è un commercio col mondo invisibile e sta bene. Ma ci sono due sorta di commercio : c'è un mercio ch’io chiamerò epistolare, e c’è un commercio personale-, la religione è un commercio epistolare o un commercio personale coi mondo invisibile? La questione sta qui, ma dobbiamo prima intenderci sui termini, miei cari.
Supponete che un vostro amico si rechi in un continente ancora inesplorato, al polo nord, per esempio. Questo vostro amico da quel continente manda a voi una relazione ; ve ne descrive la flora, la fauna, il dima, vi scrive bellissime lettere. Ma per quanto le descrizioni che egli di là vi manda siano perfette, lasceranno sempre in voi qualche cosa di oscuro, di misterioso. Voi vi aiuterete con l’imaginazione a ricostruire quelle .piante, quegli animali, quelle terre: ma la vostra ricostruzione non sarebbe soddisfacente ; rimar
rebbe sempre dell’oscurità nella vostra intelligenza, poiché si tratta di un oggetto che voi non avete mai percepito, di cose che non sono mai cadute sotto la vostra esperienza; per quanto vi si dica di esse, rimarrà sempre qualcosa di oscuro, non vi pare? Ora possiamo noi intendere cosi il mistero religioso? Si tratterebbe di un mondo che sfugge alla nostra esperienza, donde ci arrivano notizie di cui qualcosa intendiamo e molto non intendiamo? Vogliamo pensarlo cosi il mistero, nella religione ?
Ah, miei cari, io avrei alcuni dubbi, alcune difficoltà che propongo a voi, che voi giudicherete nella vostra sapienza. La prima difficoltà è questa : tale corrispondenza, tali notizie ci verrebbero nel nostro caso dalla divinità : sarebbe Dio il grande maestro che ci istruisce intorno al mondo di là, a quella realtà misteriosa, trascendente. Ota guardate : quando si tratta di far conoscere le cose reali, noi sappiamo che il mezzo più 'efficace è il metodo oggettivo : volete voi, per esempio, a un bambino, dar l'idea dell’elefante, del leone? Che cosa fate? Invece di descriverli, li fate vedere, li mostrate almeno in figura; il bambino cosi impara più in un istante vedendo il leone, l’elefante, che con tutte le vostre descrizioni. Questo è il metodo pedagogico : quando si vuole ammaestrare intorno al mondo reale, le parole valgono poco, le definizioni meno ; giova molto l’esperienza, il vedere, il toccare con mano. Ora, trattandosi di realtà invisibili, Dio avrebbe seguito un metodo poco pedagogico: invece di porci a contatto con la realtà, ci avrebbe mandato notizie, descrizioni ; invece non era più facile farcele vedere, farcele sentire queste realtà ? Sentite, miei amici : supponiamo che mi facciate la descrizione del paradiso ; bellissima cosa ! Ma se me lo faceste vedere un istante, imparerei molto di più che con tutte le vostre descrizioni; cosi voi mi parlate dell’inferno, ma se mi ci metteste per un minuto, capirei benissimo, non avrei bisogno d’altro! Parrebbe proprio che l’esperienza sia il metodo più confacente, più naturale per istruirci intorno al mondo invisibile; non vi pare? Almeno i maestri lo usano con gli ignoranti. Dio che è Maestro per eccellenza pare che avrebbe
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dovuto usarlo questo metodo oggettivo ; sa-rebbe riuscito meglio.
E poi c’è un’altra difficoltà, vedete. Noi questa corrispondenza epistolare dal mondo di là la possediamo, le abbiamo queste lettere. I Santi Padri dicono che la Bibbia è appunto una lettera dei mondo di là arrivata a noi ; ma questa corrispondenza è molto singolare. Avete mai osservato la Bibbia ? Quando si osservano le notizie del mondo di là che abbiamo nella Bibbia, pare piuttosto che siano state trasportate al di là le notizie di questo povero mondo di qua, che viceversa. Mi spiego: quando io prendo quell’epistola, quella lettera del mondo di là, e trovo per esempio che Dio ha le mani come le ho io, e con esse ha plasmato la creta di cui sarà fatto l’uomo, pare un’idea del di qua trasportata al di là. Quando vedo che Dio odora le fragranze, e quindi ha il naso come l’ho io, certo non c’era bisogno di un’epistola del di là che mi recasse questa notizia, ci arrivavo anch’io. Quando leggo che Dio ha le passioni che ha l’uomo, che si adira, che odia, che ama, vi sembrano proprio notizie del di là, queste ? Sembrai! notizie del di qua portate al di là! Capite bene questo mio pensiero? E’ importante: la Bibbia è una corrispondenza che non ha carattere di una notizia venuta dal di là.
E poi farò un’altra osservazione: le notizie che ci vengono dal mondo di là, non sono certo fatte per soddisfare la nostra curiosità : ci sono date come principio d’azione, come una forza morale. Le notizie che abbiamo del paradiso e dell’inferno, del premio e del castigo, ci sono date perchè possiamo attenerci alla virtù, perchè possiamo sacrificare il piacere al dovere ; sono cognizioni ordinate a migliorare l’uomo, sono mezzi, forze.
Ora, vedete, la semplice notizia di una realtà non mai veduta, ha pochissima efficacia. Se il vostro amico, che vi descrive il continente inesplorato e vi parla della sua bellezza, descrivendovi supponiamo, i frutti squisiti delle sue piante, vi dicesse : « Questa realtà ora non l’avete, questi frutti ora non ve li dò; ma se cominciate un po’ a digiunare nel continente vecchio, vi darò poi i fruiti de) nuovo». Eh, miei cari, io vorrei un po’ sapere chi si indurrebbe a digiunare per l’idea di mangiare i frutti del continente nuovo! Capisco: ci aiu-remmo con l’imaginazione, ci rappresenteremmo la bellezza di quei frutti, il sapore, il profumo; ma ho paura che nessuno di noi rinuncerebbe a una mela anche mezzo guasta del mondo di qua, che vediamo, per un frutto del di là. Se non c’è l’esperienza, la realtà giova poco! Ora le notizie del mondo invisi
bile sono ordinate a persuaderci alla rinuncia dei beni presenti, al sacrificio. In fondo ci dicono questo : « guardate, ci sono delle realtà meravigliose, splendide: voi banchetterete, un giorno, ma intanto digiunate, siate pronti a morir di fame». Sentite, se mi date qualche esperienza di quel banchetto, se me lo fate gustare almeno in embrione ... ; ma per un po’di descrizione solamente, cosa volete?
Dunque io volevo dire che concepire il mistero religioso come un commercio puramente epistolare del mondo di là, non mi pare sufficiente, non mi pare che adegui l’idea del mistero; pensiamolo in un altro modo. Guardate: noi tutti che siamo qui, adesso, improvvisamente siamo trasportati in un mondo nuovo, interamente nuovo, in un continente inesplorato; tutti noi con le nostre idee che abbiamo ora, con la nostra cultura, con la nostra informazione telleltuale. Cosa avverrebbe? Pensatelo! La prima impressione sarebbe di confusione, di mistero: tutte cose nuove, alberi nuovi, animali di forma tutta diversa; saremmo molto confusi ! E cosa faremmo? Coininceremmo a nominare, a definire gli oggetti nuovi per analogia con le cose che già abbiamo conosciute. Per un frutto nuovo, che non ho mai veduto, mi servo della cognizione di un frutto già «sperimentato, e l’applico a quello nuovo, per analogia ; sarà una cognizione imperfetta, ma intanto è qualche cosa. Formo nomi come pomo d’oro, per una cosa nuova servendomi di idee che ho già, di esperienze che già possiedo ; nomi conte mele granate, pomi di terra, insomma mi aiuterò in qualche maniera.
Le prime cognizioni che noi così ci formeremmo in un mondo nuovo, sarebbero imperfette, naturalmente, molto incomplete. Ma poi, a poco a poco, aumentando l’esperienza a misura che noi subiamo l’influenza dagli oggetti nuovi, la nostra cognizione si perfezionerebbe, avremmo un progresso; continueremmo sì a nominare cose nuove per analogia con le cose già note, ma ci sarebbe un perfezionamento. Così, se voi portate nel nuovo continente un naturalista, egli saprà definire, determinare la natura di quegli oggetti in un modo migliore che non sappia fare un ignorante, un uomo del volgo ; ne darà una definizióne migliore. Non è così? Ne! passaggio ad un mondo nuovo dobbiamo quindi aspettarci questa maniera di conoscere e questo progresso delle cognizioni, che son prima imperfettissime, e poi si perfezionano a poco a poco; se le nuove esperienze cadono in persone rozze, l'espressione ne è rozza, se cadono in una mente dotta l’espressione ne è più scientifica, più filosofica.
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Ora, miei cari, non vi pare che sia appunto cosi della cognizione del mondo di là? Troviamo proprio questo ! non è una notizia del mondo di là che ci è data, ma I’¿j^¿ríc7/2a del mondo di là; nominarla, definirla, è il compito nostro, è quel che facciamo noi ! Ecco perchè le prime notizie del mondo di là sono cosi rozze nella Bibbia, cosi imperfette! Bisogna correggerle, ma a poco a poco. Naturalmente, aumentando l’esperienza delle realtà trascendenti, il linguaggio diviene più esatto, per quanto non arriveremo mai alla perfezione ; e portata quell’esperienza religiosa nel mondo della cultura filosofica, il linguaggio, l’espressione diventerà filosofica ; ora è proprio cosi.
Noi non dobbiamo pensare il mistero religioso come semplice notizia di realtà mai sperimentate ; si tratta invece di realtà sperimentate che noi ci sforziamo di esprimere per analogie con cose che già conosciamo : di qui il mistero ! Guardale per esempio il concetto di Cristo : chi è il Cristo ? Che esperienza ne abbiamo noi? Qual’è il substrato di ogni cognizione intorno al Cristo? E’ l’esperienza che ne hanno avuto i discepoli. I discepoli hanno sentito Dio in Gesù da Nazareth, l’hanno sentito in maniera nuova ineffabile: questa è la esperienza loro. Ma bisognava esprimerla questa esperienza ! Naturalmente bisognava usare un concetto di Dio, perchè Dio è nel Cristo, è sentito nel Cristo. Ora sapete che gli Ebrei pensavano Dio nella categoria della potenza, come l’essere potente per eccellenza, quindi i discepoli hanno detto : « Cristo è il Messia » (un re teocratico), la rivelazione della potenza di Dio.
Ecco : questa è la prima definizione del Cristo. incompleta, imperfetta, come appunto era imperfetto il concetto di Dio che avevano gli Ebrei : essi pensavano Dio nella categoria della potenza, che è l’infima delle categorie applicabili a Dio.
Poi questa esperienza dei Cristo si¿comunica al mondo greco : anche i greci convertiti sentivano Dio in Gesù da Nazareth e ch’egli è la rivelazione di Dio, la suprema rivelazione. Ma come pensavano Dio i greci ? Nella categoria della Sapienza ! e quindi il Cristo è la rivelazione. L’esperienza è la medesima, ma s’è mutato l’ambiente intellettuale, e l’uomo applica a questa ineffabile esperienza la sua idea di Dio. Se per noi Dio è la potenza, il Cristo è la rivelazione della potenza di Dio ; se è la sapienza, Egli è la rivelazione della Sapienza.
Miei cari, supponete che l’esperienza del Cristo fosse portata in un ambiente intellettuale in cui Dio è pensato non nella categoria della potenza, non in quella della sapienza, ma in
quella delta bontà : che cosa sarebbe il Cristo ? Sarebbe la rivelazione, l’incarnazione della bontà di Dio: ah! Ecco abbiamo una nuova definizione del Cristo. E chi osserva bene, vede che noi veramente tendiamo ora a pensare Dio nella categoria della bontà : certo non neghiamo che Dio sia potente, che sia sapiente, ma noi ce lo rappresentiamo soprattutto come una forza di bene. E’ vero? E’ la moralità che pensiamo in Dio. L’idea morale di Dio è quella che domina, che tende a prevalere nelle nostre intelligenze; e allora noi, cristiani, sentendo Dio nel Cristo, diciamo non solamente che Egli è il Messia, non solamente che Egli è la sapienza incarnata, ma diciamo che è l’incarnazione della bontà di Dio!
Ecco il nuovo concetto del Cristo : noi tendiamo a questo, non è vero? Ah, miei amici, se vi dico : il Cristo è il Messia, è un re teocratico, capite poco; un re teocratico è categoria della potenza. Se vi dico : il Cristo è il Verbo di Dio incarnato, il Verbo di Dio, questa espressione molto chiara pei greci, per noi riesce molto confusa, oscura. Ma se vi dico: il Cristo è la rivelazione della bontà di Dio, mi capite subito, non è vero? E’ cosi!
E poi un’ultima osservazione.
Quando voi foste trasportati in un mondo nuovo, che cosa avverrebbe?Certo prevarrebbe il mistero, l’incognito in esso, ma insième questo mondo nuovo diventerebbe un criterio per giudicare il mondo vecchio. Guardate colui che non è mai uscito dai suo villaggio ; ha idee molto limitate; ma se visita una città, un altro paese può averne un criterio per giudicare il suo villaggio. Finché rimane in quello, lutto gli pare perfetto, ma dopo che è stato in una città — che meschinità nel mio villaggio, dice ; che povertà ! non ci si può più vivere ! Cosi il mondo nuovo diventa un criterio per giudicare il mondo che conoscevamo prima.
E cosi è, amici miei, dell’esperienza che abbiamo del mondo invisibile e misterioso: il mondo invisibile, sperimentato, diviene un criterio per giudicare il mondo in cui siamo ora. Finché non abbiamo altra esperienza, le cose di questa vita ci paiono molto dégne di stima, di gran valore; ma quando l’uomo ha avuto l’esperienza dei beni invisibili, eterni, oh — dice —che miseria, che nullità! Il cristiano, il credente, ha un criterio nuovo per giudicare il mondo sensibile; perciò il mondo misterioso, invisibile della religione, è anche principio di nuovi giudizi, di nuovi affetti: è una luce nuova, una illuminazione!
Nell’esperienza dei mondo invisibile, della Realtà trascendente, c’è un elemento intellettivo e un elemento affettivo. Lo sviluppo del-
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l'elemento affettivo produce la teologia, lo sviluppo dell’elemento affettivo produce la pietà. Quando l’elemento intellettivo si sviluppa da solo o con prevalenza, allora abbiamo una teologia che non è più scienza di realtà, ma di concetti ; abbiamo l'intellettualismo astratto e orgoglioso. Quando la pietà
si sviluppa da sola o in prevalenza sull’elemento intellettivo, abbiamo il fanatismo, la superstizione. Quando l’elemento intellettivo del mistero e l'elemento affettivo si sviluppano armonicamente, abbiamo la perfetta religiosità. quello che io auguro e prego a voi tutti. -P. G.
PENSANDO ALLA GIOCONDA
Quali e quante ricerche per ritrovare il quadro che s’era perduto! Per più di due anni il mondo è stato perlustrato — se non effettivamente, col pensiero — in tutte le direzioni... Artisti, letterati, uomini politici, critici, poliziotti... tutti sguinzagliati alla ricerca! E ognuno diceva la sua. Chi aveva visto il quadro viaggiare verso l’America; chi lo sapeva già appeso alla parete del museo di un miliardario ; chi diceva: non sono stati ladri, il quadro fu danneggiato e attualmente trovasi sul cavalletto di un restauratore; chi immaginava strane storie di amori morbosi e assicurava trattarsi meno di furto che di rapimento.....
E, invece, che era successo? dove si trovava il quadro?
Immaginate. Uno dei quartieri popolari di Parigi ; una delle vie più battute ; una di quelle case immense a sei o a sette piani dove sono insaccate famiglie a centinaia... Entriamo nel portone, saliamo una scala, attraversiamo un ballatoio, percorriamo un corridoio oscuro e umido: ecco una porta, entriamo; ecco una stanza da celibe poveramente arredata : un letto, un comodino, un tavolo, un attaccapanni, due sedie, un lavabo, un cassettone... A-priamo il cassettone: che tanfo di vecchi stracci ! tiriamoli via : una vecchia giubba, un vecchio paio di calzoni, un
vecchio asciugamani.... Ma che è qui nell’asciugamani ? che è questa tela? cosa sono questi colori ?... Un viso di donna... un viso di donna che sorride.... Possibile?... Ma sì, ma sì... è lei... è lei... la Gioconda!
* *
Ebbene, io penso a certe curiose incapacità onde siamo afflitti noi umani. Mentre siamo dotati di tante straordinarie facoltà — e possiamo misurare i cieli e calcolare le orbite dei pianeti — non siamo capaci — se pure mettiamo assieme gli sforzi degli ingegni più sottili — di scoprire un nascondiglio come questo, a due passi da noi, comune, volgare, alla portata d'ogni mano, d’ogni occhio! Un pugno di stracci che ravvolga l’oggetto prezioso da noi cercato, un cassetto che lo richiuda, ed eccoci fuori di Strada, eccoci a cercarlo in tutte le direzioni fuorché nella vera... noi che misuriamo i cieli e calcoliamo le orbite dei pianeti !
Che strano amalgama, l’uomo, di potenze e d’impotenze, di sovrabbondanze e di deficienze... che strano amalgama ! che creatura bizzarra!
« # *
E penso all’immenso numero di oggetti preziosi che giacciono — come giacque la Gioconda — negli stracci,
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nel ciarpame, tra i materiali più vili. Ditelo voi, tele dell* Angelico, del Perugino, del Botticelli, del Veronese, di Leonardo stesso, che giacete, ignorate, nelle botteghe dei rigattieri... Ditelo voi, opere perdute dei classici e degli umanisti, che non avete trovato ancora il vostro Angelo Mai, e voi codici sacri che Tishendorff non è ancora venuto a rintracciare, e giacete, anche voi ignorati, tra le carte vecchie e le masserizie inservibili...
Ma non c’è forse un mistero maggiore ? non ci sono anime preziose che dimorano ignorate tra le miserie e le volgarità?... Oh, voi vi meravigliate che la Gioconda sia stata ritrovata in quella casa... Ma io vi dico che in quella casa, dai sei o sette piani insaccati d’inquilini, vi erano e vi sono entità infinitamente più preziose della Gioconda, anime e anime di santi e di eroi...
Così è. Come la gente guardava al posto lasciato vuoto dalla Gioconda ne) Salon Carré e diceva : « La Gioconda non c'è più », noi guardiamo a certi posti della società ove ci figuriamo debbano essere le anime dei santi e degli eroi, e, visto vuoto il posto, diciamo : « 1 santi e gli eroi non ci sono più » mentre ci sono — ma là dove non sappiamo.
«
* ♦
E penso al grande uomo.
Vi sono stati uomini grandi sopra una linea sola di pensiero o di attività; altri, grandi sopra una linea sola, ma che avrebbero potuto esser tali su più linee ; altri grandi, effettivamente grandi, su molte linee... Pochi, questi ultimi, pochissimi, cinque o sèi in tutto: ma il più grande tra loro, il grandissimo, fu l'Uomo che dipinse la Gioconda. Pittore, architetto, poeta, meccanico, ingegnere, musico, scultore, incisore,
astronomo, fisico... che cosa egli non fu? e quale l’arte che non tentò e dove non impresse l’orma dei grandi? Cesare Borgia vuole le fortificazioni per la guerra in Romagna, e si rivolge a lui ; Ludovico il Moro vuole un musico e un poeta, uno che gli ingentilisca la corte ancora rozza, e si rivolge a lui; Francesco I vuole il canale di Romorantin, e si rivolge a lui: e chi gli chiede versi e chi trattati, chi giardini e chi palazzi, ehi ponti e chi strade, chi una canzone e chi una lezione d’anatomia, chi la moda nuova e chi la soluzione d’un problema di fisica: ed egli tutto fa, provvidenza ricca e gentile, e tutti accontenta. e poi, restato solo con se stesso, s’impone, volontario, altri problemi di più alta scienza, e li risolve precorrendo le scoperte e le invenzioni più ardimentose dell’avvenire...
Oh Leonardo ! oh Leonardo ! Noi andiamo superbi di te, e perchè appartenesti alla terra che ci è patria comune, e perchè fosti pure cittadino della patria più grande cui appartengono tutte le anime che credono! Tu non fosti tra i più religiosi dei nostri pittori, non fosti fervido come l’Angelico e fra fra-Bartolomeo, come un Lucini o un Botticelli; ma, in quella età nella quale già si foggiavano le negazioni dei Cre-monini e dei Pomponazzi, tu credesti, tu — una sola volta piegando il pennello alle impure leggende di Leda — volgesti la tua arte verso Colui che ti piacque dipingere assiso all’estremo banchetto coi discepoli... Oh Leonardo, che pensava la tua mente divina quando ricostruivi la Sua immagine, la bocca che disse la parola di Verità, gli occhi che lanciarono su questo mondo lo sguardo cui nessun segreto resisteva?... Oh Leonardo, Leonardo, quali furono i pensieri della sera della tua vita, allorché mettesti da parte, come ricorda
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il Vasari, i pennelli e le stecche, e chiudesti i libri delle varie scienze nelle quali t'eri esercitato, e ti raccogliesti tutto nella meditazione delle cose divine?... O sublime raggiungitore di vette, volesti toccare la vetta suprema e là attendere la chiamata all’Eterno!
* •
E penso al grande segreto delle anime forti e buone, il segreto di sorridere.
Perchè Monna Lisa sorride, perchè? È sorriso ingenuo? è furbo? è crudele sorriso da Medusa (Giorgio Sand)? E’ misterioso sorriso che nessuno definirà mai (Bourget, D’Annunzio)? O rideva per i suonatori che Leonardo aveva condotti con sè (Vasari)'? 0 sorrideva d’amore al pittore che l’amor suo non le nascondeva più ? O era, il suo, il sereno sorriso di compiacenza della donna affrancata dai vecchi terrori del Medio Evo (Gemito) ?
Non so, decideranno i Maestri. Ma questo so, che il sorriso di Monna Lisa è un’esortazione a sorridere ; dice : Sorridi anche tu!
Sorridi anche tut quando i piccoli contrattempi della vita minacciano d’irritarti. Sei uscito coll’ombrello, e spunta il sole; sei uscito senza ombrello e si mette a piovere a dirotto ; aspetti il tram che ti porti in su, e ne vengono due in giù ; aspetti quello che ti porti in giù e ne vengono quattro in su... Sorridi, sorridi... Una volta, fino a ieri, fino a stamattina t’irritavi... scorgevi in questi piccoli contrattempi una formidabile congiura di tutto l’universo contro te... calma, calma d’ora in poi, anzi. sorridi !
Sorridi anche tu delle critiche che ti hanno toccato sul vero; Il gobbo ed il guercio si offendono se si dice loro che son gobbi e guerci; ma tu sii capace di sorridere quando il critico t'ha detto il vero, sempre, s’intende, che non sia
un vero di cui abbia a vergognarti. Piace a te penetrare nel carattere degli altri ? E lascia dunque , che piaccia agli altri penetrare nel tuo, e compiaciti del loro piacere.
Sorridi anche tu al cospetto dell’invidioso che freme e macchina ; del concorrente che si sforza di saltarti innanzi mentre Natura l’ha messo indietro ; del-l’ipocrita che trama alle tue spalle, ma quando t’è d’innanzi si scappella e professa felice di ritrovarti in buona salute. V'è tempo quando è utile dare di piglio allo staffile e staffilare questi miserabili; ma altre volte è meglio sorridere, guardare dietro a queste varie individuazioni della Natura umana, guardare, dico, la Natura stessa, la quale è così fatta che per un Leonardo che ti crea ogni tre o quattro secoli, deve rovesciarti sulla terra milioni e milioni di questi deficienti.
Sorridi anche tu a tutti i motivi di umorismo che ti offrono la Natura e la Società. Raccoglili come il viandante raccoglie il bel fiore che ha visto far capolino dalla siepe, e rallégrati. Noi italiani siamo più proclivi alla satira che morde che all’umorismo che sorride. Fu colpa delle sventure che patimmo, delle tirannie che subimmo. Ma oggi che la nostra storia è innovata, innoviamo gli spiriti, e sorridiamo.
Sorridi anche tu del sorriso che incoraggia. Troppo spesso al giovane che fa le prime prove e che si batte nei primi cimenti, opponiamo la faccia severa e glaciale, la faccia che non sorride. Ma quando Leonardo fanciullo portò i suoi primi lavori ad Andrea del Verocchio, il grande maestro sorrise... e forse il suo sorriso pesò per qualche cosa nella gloria futura del fanciullo.
Sorridi anche tu quando gli occhi tuoi contemplano visioni più alte : ad esempio, la visione della Patria che s’è destata
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dal lungo sonno e ha intrapreso il nuovo cammino. Chi sa che tutta questa storia del trafugamento del quadro e del suo rinvenimento non sia successa perchè Monna Lisa, da quattro secoli fuori d’Italia, voleva rivedere il suo Paese e sorridere a quest’alba di vita nuova ? Ed ha sorriso. E tu sorridi pure. Criticherai domani. Oggi sorridi a questi nostri dotti che studiano con più lena; a questi nostri industriali che vogliono più ricchezza ; a quésti nostri statisti che mirano più alto; a questo nostro popolo che s'è fatto più cosciente...
Sorridi anche tu, finalmente, sorridi alla visione più alta. Chi è quel filosofo che ha detto che se creatura umana vedesse la verità che sta al fondo di tutte le verità, morrebbe di spavento, tanto ella è orrida? Ma questo non fu l'insegnamento di Cristo. « Dio è amore > Egli disse: e questa è la verità che sta al fondo di tutte le verità, la verità che spiana i visi contratti e illumina le fronti buie, la verità che fa sorridere... Sorridi, sorridi...
# *
E penso finalmente alla grande impossibilità.
È mai possibile che mentre il viso di questa donna, o, piuttosto, la sembianza che una volta ebbe il suo viso, esiste ancora... è mai possibile che non esista più l’anima che guardava in quelle
pupille e sorrideva su quelle labbra? E mai possibile che sussista ancora il meno e sia sparito, ridotto in nulla, il più? È mai possibile che mentre si trovò un artista da donare l’immortalità alle sembianze fugaci, non si sia trovato, nell’universo, una forza, una persona, un Dio da rivestire di immortalità 1* a-nima?... È mai possibile?...
Ed è possibile che la mente di Leonardo, la mente in cui s’accumulò tanto sapere, da cui spiccarono il volo i falchi e le aquile di superbi pensieri, di sogni divini... è mai possibile che la mente di Leonardo non sia più? Che un’opera di essa - il quadro della Gioconda -sussista ancora attraverso tante venture, ed essa stessa, la mente, non sia più? Ma dunque, in questo Universo il meno resta ed il più sparisce? i valori prodotti perdurano e le forze produttrici svaniscono? le tele sono immortali e gli artisti mortali?
Ah, se tutto ciò è possibile, non capisco più: non capisco più l'Arte che è un’aspirazione all’immortalità, nè la Virtù nè il Genio che sono già quasi un’ immortalità conseguita... Ma se tutto ciò non è possibile, se l’anima è immortale, se Monna Lisa ancora vive, se Leonardo ancora vive, allora..... allora capisco: capisco la Vita; capisco l'Arte, la Virtù, il Genio; capisco 1’ Universo... capisco il tuo divino sorriso, o Monna Lisa. Alfredo Tagliai.atei.a.
PAGINE SCELTE
Fede nell’amore.
« Da bambina mi piaceva sedermi sulle sue ginocchia (del vescovo Brooks], stringendo nella mia piccola mano le sue forti dita, intanto che Miss Sullivan mi compitava nell’altra le parole di lui sulla bellezza del mondo spirituale, parole che io ascoltava meravigliata
e contenta. La mia intelligenza non poteva levarsi ad alte visioni, a sublimi concetti, ma egli m’ispirò l’amore alla vita, e mai lo lasciai senza riportarne un pensiero buono, di cui la bellezza e la profondità si svelava sempre meglio alla mia mente quanto più io crescevo.
Una volta Che non sapevo spiegarmi perchè vi siano tante religioni, egli mi disse: «Vi è
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una religione universale, Elena, la religione dell’amore. Amate il vostro Padre Celeste con tutto il cuore e con tutta l’anima, amate ogni creatura più che potete, ricordatevi che si hanno maggiori occasioni di fare il bene che il male, e avrete così le chiavi del Cielo ». La sua vita era una manifestazione continua della verità che egli insegnava. Nella sua grande anima l’amore e la scienza si confondevano con la fede, alla cui luce egli tutto vedeva e comprendeva. Egli vedeva Dio in ciò che libera ed innalza, come in ciò che umilia, purifica e consola.
Non m’insegnò nè un rito nè un dogma spirituale ; ma impresse nella mia mente due grandi idee — la paternità di Dio e la fratellanza degli uomini — e mi fece comprendere che queste sono le basi d’ogni culto: «Dio è amore, Dio è nostro padre, noi siamo i suoi figli ; alla luce di questi veri le nubi più nere saranno dissipate, e se la giustizia verrà un momento oppressa, sarà oppressione apparente ed effimera: il male non trionferà mai... »
Non ho trovato una credenza, una dottrina così consolante per l’anima umana come la fede del vescovo Brooks nell’amore ».
E. Keller
(// racconto della mia vita).
Il Libro divino.
« Non avevo mai letto la Bibbia, e i giovani (1) neppure. Con quella indifferenza mescolata di disprezzo, che allora si sentiva per le cose religiose, la Bibbia, come parola di Dio, moveva il sarcasmo. Nella nostra immaginazione c’erano il catechismo e le preghiere che ci forzavano a recitare nelle Congregazioni, e la Bibbia entrava nel nostro disgusto di tutti i sacri riti. Lessi non so dove maraviglie di quel libro, come documento di alta eloquenza, e tirato dall’argomento delle mie lezioni, gittai l’occhio sopra il libro di Giobbe. Rimasi atterrito.
Non trovavo nella mia erudizione classica niente comparabile a quella grandezza.
Portai le mie impressioni calde calde nella scuola. Avevo già fatto una lezione sopra l’origine del male e il significato di quel libro, e fu udita con molta attenzione. Ma quando lessi il libro tutt’intero, la mia emozione e la mia ammirazione guadagnarono tutti. Preso l’aire, c’immergemmo in quegli studi. Furono molto gustati la Cantica, un Salmo di Davide, dove dalla contemplazione delle cose create si argomenta la potenza e la grandezza del Creatore, e qualche lamentazione di Geremia. Era per nói un viaggio in terre ignote
(x) 1 suoi studenti nell'Univcraicà di Napoli.
e lontane dai nostri usi. Con esagerazione di neofiti, dimenticammo i nostri classici, fino Omero, e per parecchi mesi non s’udì altro che Bibbia.
C’èra un non so che di solenne e di religioso nella nostra impressione, che alzava gli amici. Chiamammo questo sentimento il divino, e intendevamo sotto questa parola lutto ciò che di puro e di grande è nella coscienza.
Mi meraviglio come nelle nostre scuole, dove si fanno leggere tante cose frivole, non sia penetrata un’antologia biblica, attissima a tener vivo il sentimento religioso, che è lo stesso sentimento morale nel suo senso più elevato. Staccare l’uomo da sè, e disporlo, al sacrificio per tutti gl’ideali umani, la scienza, la libertà, la patria, questo è la morale, questo è la religione e questo è l’imitazione di Cristo... ». Fr. De Sanctis.
(¿a giovinetta, frammento autobiogoafico pubblicato da P. Villari)
Preghiera della sera.
□ Signore, ti lodiamo per la nostra sorella la Notte, che avvolge tutta la povera umanità stanca nelle pieghe della sua lunga veste, e che dà loro il sonno. Distendi le membra stanche pel lavoro della giornata e togli le preoccupazioni dalle fronti. Dacci il filtro benefico dell’oblìo perchè possiamo svegliarci domattina con un sorriso. Allevia e conforta coloro che s'agitano sopra un letto di patimenti o coloro i cui nervi dolenti aspirano invano al sonno. Allontana da loro i pensieri cattivi o disperati, durante queste lunghe ore, e insegna loro ad abbandonarsi al tuo amore, a lasciare penetrare in loro la tua vita, perchè le anime loro si tranquillizzino e i loro corpi trovino anch’essi riposo. Ed ora, per mezzo tuo, auguriamo “ Buona notte,, a tutti i nostri fratelli e sorelle vicini e lontani e ti preghiamo di far discendere la tua pace sulla terra. W. Rauschenbuscil
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PEDAGOGIA E RELIGIONE
Assistiamo da pochi anni in qua ad una energica ripresa del problema pedagogico, fatto più acuto dalla crisi morale della gioventù moderna e dalla decadenza dolorosa della scuola primaria e secondaria. Il puro ideale democratico e civico non basta più a dare vita alla scuola. La scuola, mancando oggi una forte organizzazione sociale capace di alimentare una visione unificatrice e armonica della vita, non può ridursi ad una pura trasmissione di dati, di informazioni, ma deve essa stessa trasmettere una concezione della vita. Si è visto che ciò che manca non è l’erudizione con cui affardellare cervelli, nè la ricchezza di norme e di risultati empirici nel campo pedagogico. La scuola muore |>er mancanza di « ossigeno » spirituale, perchè l’ingenua teoria della sufficienza dell’alfabeto per l’innalzamento morale ed intellettuale del popolo, e d’altra parte la concezione puramente meccanica della coltura che dà importanza al programma invece che all’azione creativa dell’insegnante, le han tolto ogni valore per la formazione della personalità.
Se noi, in Italia, eccettuiamo il tentativo della Montessori. che ha un valore duraturo solo là dove prevalgono i criteri spirituali, extra-scientifici, non è precisamente dal campo della scienza « positivista » incapace di attuare un ideale pedagogico, che è partito il risveglio pedagogico, ma da filosofi idealisti e da cristiani, cioè, da due scuole che hanno un pensiero pedagogico vivo, solo perchè hanno una concezione elevata ed organica della totalità della vita.
Ciò significa praticamente, non solo svecchiamento e liberazione, ma salutare soluzione del tradizionale « precipitato » pedagogico nel cuore stesso della vita. In altre
parole, non è possibile « condurre gli altri » se non si sa precisamente dove condurli, se non si ha una concezione chiara della finalità, del valore della vita e del progresso, per mezzo della quale valutare con un giudizio sicuro ed elevato «ogni fatto delia natura e dell’uomo», come dice il Gentile. La scuola diviene così, solo un piccolo punto nella vasta opera pedagogica. Ma è da essa però, nella nostra società democratica, che bisogna cominciare! A chi affideremo dunque il risollevamento e l’orientamento ideale della scuola? Ad una concezione puramente filosofica o alla religione ?
La religione, e in un modo speciale il Cristianesimo, ha evidentemente per quanti lo accolgono nella loro anima, un alto valore pedagogico. Ma un grave problema pregiudiziale ci si presenta dinanzi; la scuola per l’influenza della concezione laica ha fatto divorzio da ogni forma confessionale, sotto la quale unicamente penetrava il Cristianesimo. Ebbene, all'impoverimento ideale della scuoia può giovare una calda corrente d’idealità e di sentimento religioso? E sotto quale forma? Non è l'ideale laico in contrasto radicale con lo spirito cristiano? Non ha dimostrato il vecchio catechismo la mancanza di ogni efficacia morale e rinnovatrice, dal momento che è se non un compendio di teologia, un rebus intellettuale per la mente di un fanciullo, un anacronismo pedagogico in mezzo al rinnovamento generale del metodo? La religione, infine, è un rigido sistema intellettuale o non è piuttosto visione di vita superiore, irradiamento di energia spirituale e di entusiasmo da semplici e luminose verità?Tutti gravi problemi, che sotto altra forma e per altri motivi agitano la coscienza moderna, e che vanno di-
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TRA LIBRI E RIVISTE
scussi con serenità e con larghezza di criteri, per sbarazzare il terreno ai vero problema pedagogico moderno, che non è un problema di metodologia, ma di orientamento della vita.
« * *
Alcuni di questi problemi ' trovo discussi recentemente in un piccolo, ma interessante libro di E. Taglialatela, Il divino nell’educazione (Roma, 1913), otto saggi di pedagogia unificati dall’idea dominante che trova la sua espressione nel motto scelto dall’autore: « Nemo vir magnus sine aliquo afflata divino unquam fuit». Il T. si propone di studiare se e in qual modo il sentimento religioso possa concorrere a temprare la coscienza della nuova generazione. I primi tre saggi hanno un carattere piuttosto teorico ed esaminano il posto che può occupare il sentimento religioso nel sistema moderno d’educazione, e le loro caratteristiche comuni.
L’analisi del processo educativo e della natura del sentimento religioso avrebbe forse guadagnato ad esser condotta con maggior rigore filosofico e ad esser liberata qua e là da accenni a sviluppi apologetici. Ma evidentemente non era intenzione dell’A. di trattare esaurientemente l’argomento.
Il terzo saggio, « Le basi cristiane della pedagogia moderna», interessantissimo, mi sembra condotto un po’ troppo ottimisticamente; senza dubbio lo spirito cristiano con i suoi principi cosi nobili ha favorito le più belle conquiste pedagogiche, ma lo sviluppo delle dottrine e l’orientamento dei metodi pedagogici hanno cause tutte proprie, i moti sociali, il pensiero filosofico, il progresso economico e scientifico. L’azione del Cristianesimo si risolve qui, sebbene in misura maggiore ed attraverso grandi personalità di pedagogisti cristiani, nell’influenza generale che ha continuamente esercitato sullo sviluppo dèlia nostra civiltà.
Le principali caratteristiche che segnano le tappe dello sviluppo della pedagogia moderna, raccolte dall’A. sotto otto capi, dànno una chiara e sintetica idea della pedagogia attuale, lo non direi soltanto con l’A. che tutto questo fervido ¡»viluppo di riforme pedagogiche sia principalmente dovuto alla sempre più ampia e profonda diffusione dell’idea cristiana, ma aggiungerei, che esse sono dovute allo sviluppo parallelo della stessa idea cristiana che va purificandosi ed ampliandosi.
Fra il primo e il secondo gruppo di saggi sta uno studio sulla colonia agricola di Sainte-Foy, in Francia, come a riprova dell’alto valore educativo del sentimento religioso.
Più strettamente pedagogici, nel senso tradizionale della parola, sono gli ultimi saggi. Il quinto, per esempio, tratta della religione dei fanciulli : ottimo contributo, condotto su inchieste e su saggi pedagogici, alla conoscenza di ciò che è realmente la religione o, meglio, sono le concezioni religiose dei ragazzi. La parte aflètti va però sfugge quasi del tutto alle ricerche non personali fatte secondo il metodo delle inchieste dirette. Certo che è difficile discernere ciò che spetta all’influènza dell’educazione e dell’ambiente e ciò che è espressione della psiche infantile.
Sarebbe opportuno, che un maggior numero di maestri, di ecclesiastici, di genitori si provassero, con grande abilità, però, per non influenzare le risposte, a raccogliere un largo materiale in proposito. Ne verrebbe così meglio illuminato un aspetto tanto interessante dell’anima del bambino, in cui l’amore del soprannaturale, del fantastico, dell’avventuroso, dell’irrazionale è così forte : e potremmo vedere come queste tendenze costruttive agiscano sugli elementi religiosi che il fanciullo riceve dal di fuori e come egli si orienti verso di essi; se la facilità con cui si sviluppano alcuni elementi della vita religiosa nel fanciullo non celi un vero e proprio mimetismo spirituale o non piuttosto una fórma costruttiva del suo amore per il fantastico.
Nel settimo saggio, « La migliore educazione religiosa », che l’A. vuole che sia quella che « rivela un Dio d’amore e ci rende convinti che solo nella pratica d’amare noi possiamo compiere il nostro destino e partecipare alla vita di Dio», libera da tendenze polémiche e settarie, da abuso di precetti e di cerimonie, ricordo per la loro forza suggestiva le pagine autobiografiche del De Amicis, del celebre pedagogista svizzero, il padre Girard, e di quel miracolo della creazióne pedagogica Elena Keller, sordo-muta e cieca, che ricordano la rivelazione della vita religiosa fattale a poco a poco, prima dalla suà incomparabile maestra e poi dal vescovo Brooks.
Sulla testimonianza di due geniali pedagogisti moderni, il Tolstoi e l’Ellen Key intórno all’efficacia pedagogica della Bibbia per l’educazione religiosa dei bambini, l’A. sostiene nell’ultimo saggio che «il libro di testo» per l’insegnamento religioso debba essere la Bibbia. Il problema però ci sembra molto più complesso e richiama, quando si convenga, come ne convengo anch’io, sull’opportunità generale di fare della Bibbia il classico della religione anche per i fanciulli, numerosi problemi pedagogici di adattamento e di esposizione. La pura Bibbia è un volume troppo grosso.
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ha spesso un’aria funerea con la sua rilegatura ecclesiastica, e si discosta troppo, per la sua disposizione tipografica in versetti ed in lunghi capitoli, da quelle apparenze editoriali così attraenti che fanno il successo dei libri per i ragazzi. Taccio poi dell’ordine tradizionale dei libri che la compongono, delle sue parti (genealogie, enumerazioni interminabili, descrizioni minuziose di oggetti poco noti) che riescono noiose ad un lettore non ben allenato, e di intieri libri che hanno prevalentemente un carattere dottrinale o affrontano problemi arduissimi della vita religiosa, individuali e sociali. Però se l’adozione della Bibbia come libro di testo significa una protesta contro quelle sciapissime compilazioni che si chiamano « Storie sacre »; se significa narrare il contenuto migliore della Bibbia con la sua stessa fraseologia potente e primitiva; se significa dissetare la fantasia e il cuore del fanciullo a quella freschezza perenne che discende direttamente dalle parole di vita dei profeti, dei poeti del Vecchio Testamento e di Gesù, noi siamo pienamente d’accordo.
Perchè dei dotti che hanno in sé ancora un’anima pura di fanciulli non compilano con fine intuito pedagogico e con simpatia una bella e ingenua Bibbia dalla grande Bibbia, ricca di titoli suggestivi e di illustrazioni interessanti, fatte apposta per i fanciulli? Allora sì che potremmo sperare che il bel libro divino, che è anche una delle più interessanti letterature dell’antichità, possa entrare come uno dei fattori più efficaci dell’educazione della nostra gioventù!
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C’è in Italia un editore geniale che possa « creare » o « lanciare » accanto alle venerande edizioni ecclesiastiche, un’edizione della Bibbia più viva, più moderna, più agile, come sé ne pubblicano tante in Germania, in Inghilterra e negli Stati Uniti? Un buon esempio è quello fornitoci dall’editore Desclée con la pubblicazione di un’antologia biblica, estratta dalla grande versione francese del Crampon, per la gioventù e per le persone cólte. Dal punto di vista editoriale rappresenta un successo. Essa però è in francese e non risponde a preoccupazioni esclusivamente pedagogiche ; intende solo di far conoscere e gustare la Bibbia ad un pubblico assai più vasto del pubblico ecclesiastico.
Ricordo anche qualche tentativo compiuto non molti anni fa in Italia di rinnovare il vecchio tipo di « Storia sacra ». Però oltre al-l’aver conservato una finalità teologica e al-l’aver dato un’importanza eccessiva allo sche
ma storico, mentre la Bibbia è piuttosto che una storia un’interpretazione religiosa della storia del popolo di Dio, si è commesso, mi pare, un altro grave errore, quello di illustrare i fatti biblici con la riproduzione da composizioni dei nostri grandi pittori del Rinascimento. A mio parere, ci vogliono illustrazioni storiche moderne, poco decorative, che illustrino con sobrietà, con forte senso della realtà storica e con comprensione spirituale, l’avvenimento a cui si riferiscono. Il fanciullo resta indifferente davanti ai capolavori dell’arte, per mancanza di nozioni storiche e di tecnica d’arte, sopratutto quando sieno privati del fascino del colore.
* ♦ ♦
«Un villaggio privo di scuola dovrebbe esser distrutto ». Chi è che parla così ? Proprio il vecchio e disprezzato Talmud! Il Giudaismo ha il gran merito di aver fatto di ogni sinagoga, fin dove si è estesa la Diaspora, una scuola, una scuola di religione in vista del Libro, se volete, ma sempre una scuola.
Nel Cristianesimo l’attività pedagogica è divenuta come essenziale ad esso. Tracciare minutamente la storia dèlie istituzioni pedagogiche proprie del Cristianesimo è un cómpito interessante ed arduo. In un libro recente, dovuto a E. Gill (La scuola della Chiesa, Roma, 1913), noi vediamo riassunta con grande chiarezza e sobrietà le fasi più interessanti di questo sviluppo pedagogico, che ha dato dal tempo della Riforma in poi un’importanza sempre maggiore, in armonia con il progresso generale della pedagogia e con l’importanza data all’istruzione,, ad alcune istituzioni caratteristiche.
Al periodo classico dei catechismi, nel cat-tolicismo come nel protestantesimo, dovuto all’importanza data all’elemento schiettamente dottrinale nella vita cristiana, si è passati oggi, attraverso la crisi dell’intellettualismo e della vecchia scuola, ad una varietà di metodi e di istituzioni veramente confortante. L’organo stesso tradizionale dell’insegnamento religioso non è più, come nel passato, la classe sacerdotale, ma è divenuto il laicato.
Il Gill narra lungamente l’origine e le trasformazioni della scuola domenicale, sorta dapprima con un intento filantropico in Inghilterra nella seconda metà del secolo xvm per opera di Roberto Raikes, e che ha poi trovato un così largo sviluppo nei paesi di lingua inglese.
Alla prima parte, di carattere storico, l’autore fa seguire una esposizione dei principali problemi pedagògici della scuola religiosa ai
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nostri tempi. Prima di tutto, egli osserva, la «scuola della Chiesa» deve essere una vera scuola, un vero insegnamento e non solo per i bambini, ma anche per gli adulti. Essa deve essere l’organo più importante per la trasmissione degli ideali cristiani. Inoltre, l’insegnamento religioso deve coraggiosamente adottare gli stessi metodi pedagogici, che han migliorato il processo d’insegnamento in tutte le altre discipline. Quindi, fra le altre cose, s’impone là necessità di un ricco arredamento pedagogico, perchè oggi non s’insegna più con l’udito solo. L’A. si riporta all’importanza del tatto nell’insegnamento, che è il miglior risultato del metodo della Montessori, come ad un esempio delle vie numerose che sono aperte alla pe-gogia moderna per migliorare e rinnovare il processo pedagogico. « La Chiesa non è leale e fedele alla sua alta missione, se si contenta di adoperare per l’insegnamento metodi antiquati e rigettati, mentre il mondo fa progressi in questa scienza meravigliosa » (pag. 75).
Notiamo un importante capitolo sui principi della pedagogia e sulla loro applicazione al modo di dare l’insegnamento religioso secondo l’età. Alla fine di ogni capitolo, l’A. suggerisce lavori e ricerche-personali come applicazioni dell’argomento esposto. Cosi, dopo il primo capitolo di carattere storico, suggerisce uno studio comparativo delle scuole greche e cristiane dei primi tre secoli del Cristianesimo,
ed un altro sul Concilio di Trento e l’istruzione religiosa; nella parte terza, una ricerca dei migliori metodi per la predicazione ai fanciulli. Una lunga lista bibliografica, contenente però solo libri scritti in inglese, chiude il volume.
Un’importante appendice tratta del «Movimento Baraca » (uno strano appellativo tolto dall’ebraico e che significa «beato»!), sorto nell’America del Nord per iniziativa di Marshal Hudson, l’apostolo laico della Bibbia fra gii adulti e che abbraccia più di mezzo milione di membri, riprova magnifica di ciò che per la Chiesa d’oggi possa compiere la libera attività dei laici. « Lo spirito di Dio, dice l’A., è un iconoclasta. Egli distrugge i nostri falsi ideali per mezzo della sua provvidenza. Noi siamo entrati in un’epoca nuova e meravigliosa, il secondo e grande periodo democratico del Cristianesimo... Il laico, su cui nessun vescovo ha imposto le mani, ma sul quale aleggia lo spirito di Dio, ora parla ed è ascoltato come avente autorità spirituale. Noi viviamo nell’epoca degli Amos, quando uomini con le mani indurite dal lavoro, ma aventi i cuori infiammati dal fuoco divino... insegnano le verità viventi di Dio. Noi stiamo alla porta del pili grande periodo della democrazia intellettuale, sociale, economica e religiosa della storia ».
Mario Rossi.
LA GRANDE AURORA
Un nuovo libro ! Comprendo lo sgomento dei lettori. L’epoca nostra è d’un’eccesiva produzione letteraria. I libri s’accumulano nelle librerie come le frutta sul mercato nella stagione favorevole. E come le frutta, sono buoni o cattivi. E i cattivi libri sono in maggior numero dei buoni. E allora, per venderli, dovendo contare sulla buona fede del pubblico, gli scrittori sogliono presentare i loro volumi, poveri di contenuto e per forma, con titoli affascinanti, proprio come il commerciante nasconde la sua cattiva merce sotto uno strato di foglie e fiori. E noi — poveri ingenui, avidi di curiosità e di Sapere — cadiamo nel-l’inganno.
Oggi si rassicurino i lettori. Se il pastore Paul Vallotton dà al libro ch’egli presenta al pubblico questo titolo poetico : Z« grande aurora non è per scopo commerciale.
Questa volta il contenuto è degno dell’etichetta. Del resto l’A. ha già un nome nella
letteratura protestante per le sue numerose publicazioni, di cui ricordiamo solo qualcuna: L'immórialiti de l’&me\ Le mal et le remède ; La vie de S. Paul. ; Zxz Bible, son contenti et sa valeur ; Les ailes de la colombe ; Lellres à tute mère, ecc.
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Nel suo libro l’A. affronta uno dei problemi che hanno più preoccupato l’umanità : « Qual'è la sorte dell’uomo dopo morte?» Gli uomini del secolo scorso avevan risolto il problema con una straordinaria semplicità. Imbevuti di materialismo avevano affermato che nella tomba tutto finisce. Ma oggi, un soffio di primavera sembra aver risvegliato in tutti il desiderio di vita. Infatti, tranne qualche testardo, quasi tutti sono oggi d’accordo nel riconoscere che la morte fisica non costituisce inevitabilmente la fine della persona umana.
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Ma poiché i testardi non inancan mai, é contro costoro — si chiamino essi discepoli di Darwin, di Haeckl, di Shaw o di Nietzsche — che l’A. scaglia le prime saette. Polemizza con loro e se talvolta la sua paróla ci sembra aspra e dura’, è perchè egli è convinto che il loro scetticismo ha avvelenato migliaia di coscienze moderne:
« Voyez que de milliers de consciences la négation de Dieu et de l’immortalité a blessées à mort et tuées, que de milliers de cœurs se sont aigris vis-à-vis de souffrances désormais sans consolation ni rémède ! Voyez monter la marée des convoitises hurlantes ! Voyez l’anarchie semer sa moisson de haine et de mort. Voyez la criminalité juvénile croissant plus vite que l’instruction et lui empruntant des armes- Voyez le nombre croissant de ceux qui trouvent la vie bête, absurde, idiote ! Voyez surtout cette nouveauté effrayante : les suicides des jeunes, les suicides d’enfants!... Qui osera dire que le matérialisme et l’athéisme n’y soient pour rien?... De ses grands yeux pensifs l’enfant interroge la vie qui s’ouvre devant lui, il en fouille les profondeurs, et ne voyant rien au delà, et trouvant cette vie vide, injuste, cruelle, sans but, il se précipite hors d’elle».
Dai materialisti, dagli scettici e indifferenti l’A. passa ai credenti. Ma qui, per quanto l’aria sia più tonica e pura, tuttavia non è ancora quella che occorre ai nostri polmoni. Infatti l’A. polemizza coi seguaci di Swedenborg, cogli spiritici, coi teosofi. Entra nei loro complicati sistemi, oscuri e spesso con-tradittori, ci apre una strada tra i fitti pruneti, ci taglia qualche sentiero che ci permetta di veder la lucè.
E ti guida con passo spedito per quegli stretti viottoli. Tu puoi seguirlo senza Smarrirti tra quelle oscurità e contradizioni : in lui, tu hai trovato il filo d’Arianna.
Ma quando ti ha condotto ad una sintesi generale, ad una comprensione chiara di quei sistemi, allora lo vedi impugnare l’ascia e fare opera di demolitore. E la critica del Val-lotton è arguta. mordace, originale.
Cosi, ad es., ricordando la parola di Annie Besant — la presidentessa della Società teosofica — ad un apache di Londra (j’ai été autrefois exactement ce que tu es aujourd’hui. Moi aussi j’ai vécu dans la débauche et dans l’ivrognerie, mais de ces bas-fonds je suis montée jusqu’au niveau où je me tiens aujourd’hui. E toi, mon frère, tu y monteras aussi, tu deviendras ce qu’ont été les saints et les héros), l’A. così la commenta:
« Les apaches donc, les criminels sont tout simplement des âmes jeunes, trop jeunes encore. Us ont traversé moins de réincarnations, ils ont monté moins d’escaliers que lés braves gens et les saints. Ils n’ont pas eu le temps de monter plus haut... Les tribunaux alors devraient s’en souvenir. Lés juges devraient avoir pitié des âmes jeunes. Ne faut-il pas que jeunesse se passe?
«J’aime mieux le Christ disant aux publi-cains et aux apaches de son temps : Repentez-vous e sachez qu il y a de la joie dans le ciel pour un seul pêcheur qui se repent. C’est plus simple, plus bref, plus moral, plus humain et plus efficace que les dix mille marches de l’escalier des réincarnations et que la théorie du crime, péché de jeunesse».
Dopo la voce dei credenti, l’A. ci porta l’eco di quella dei cristiani : dopo quella dei sistemi, ci fa udire la voce delle Chiese cattolica e protestante.
In ogni tempo i cristiani in faccia alla morte hanno cantato l’inno della speranza immortale. Ma con questa differenza : nel canto protestante tu senti una speranza lontana è vero, ma sicura ; in quello cattolico manca l’accento di questa speranza certa. E’ la stessa differenza che si nota leggendo le iscrizioni sul marmo dei sepolcri.
«Sur les cimitières catholiques une détresse plane. Partout les morts appellent au secours. Que lit-on sur les tombes ? Des Reqùiescal in pace', des demandes d’intercession, un De profundis, s. v. p. ; de suppliantes invocations : Seigneur, couvrez-les de votre miséricorde \ Jamais, ou presque jamais, n’est exprimée la joyeuse assurance du salut, du pardon ... Et pourtant le crucifix se dresse à la face des tombes ; la croix se profile sur chacune d’elles, rappelant que le Sauveur a versé son sang pour la rémission des péchés.
« Le Sauveur ne suffît-il donc pas à sauver ceux qui, du cœur, ont recouru à lui ?
« Sur les tombes protestantes, incontestablement la joie du salut s’exprime davantage. C’est le lyrisme, c’est l’allégro de la bonne nouvelle, en plein royaume de la mort. Ici, c’est un jeune poète de vingt ans qui s'est choisi pour épitaphe : Je ressusitcrai. Là, c’est un pieux professeur de théologie qui a voulu reposer à l’abri de ces simples paroles : Sauvé par grâce... ».
Ciò premesso l’A. riassume in settanta pagine le idee escatologiche delie due confessioni cristiane : ci descrive quel colossale ed importante edificio dell’ inferno, limbo, pur-
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gatorio e paradiso che il cattolicismo mediante l'inflessibile sua disciplina ha saputo darci; e del protestantesimo ci presenta quella diversità di idee che, frutto della libertà, appare nella dottrina delle cose ultime, come da peritino.
Ma finalmente, dopo aver lasciato agli altri la parola, l’A. ci dice quello che pensa egli stesso dell'al di là. E perchè non lo si tacci di mistico esaltato o di visionario, egli ha la prudenza di dirci che, come Dante, anch’egli ha avuto la sua guida traverso i regni oltremondani. Anzi, se Dante si contentò di Virgilio e Beatrice, egli — più accorto — ha domandato assistenza a tre guide: Cristo, la Scienza e la Coscienza. Con queste penetra nel Paradiso o Seno d’Abramo, cioè ne! soggiorno che hanno i Beati, aspettando il giudizio finale.
È’ un luogo di perfezionemento, di riposo e d’attività. Alpinisti dell'al di là, salgono di cima in cima, gustando, in queste ascensioni, gioie austere, ma intense:
« Ils verront des fleurs sans doute et des fontaines ; ils chanteront et ils entendront des concerts ; car ces désincarnés auront un organisme provisoire qui leur permettra déjà de de se manifester et de communiquer les uns avec les autres. Ils jouiront de la vue de Dieu et dé la présence du Christ. Ils adoreront Dieu et le serviront. Nul mal ne les atteindra plus. Ils n’auront pas encore la perfection, car ils ne doivent pas y parvenir sans nous. Ils auront la félicité. Les siècles leur paraîtront brefs ».
In questo paradiso v’é una regione più fiorita, più gaia, più soleggiata delle altre. E’ là che vanno i fanciulli. E’ il giardino che Lutero descriveva al suo piccolo Giovanni, come ripieno d’alberi sotto i quali i bimbi raccolgono mele, pere, ciliege, cantando, saltellando, giocando.
Con uno sforzo strappiamoci a questa poetica e ingenua visione per Seguire l’A. in quella regione ch’egli chiama intermedia. Qui, non più luce meravigliosa nè canti di gioia. L’aria è grigia e pesante. Qui trovan posto il rimorso e perfino i castighi :
« C’est une sorte de Purgatoire, un Purgatoire dont les brumes sont déchirées de clartés vives et dont la porte s’ouvre souvent pour donner accès dans le Paradis aux âmes assagies. Ceux qui n’ont besoin que d’un supplément de lumière et de bon secours le trouveront dans ce stage moyen et seront vite promus dans le dégré supérieur ».
Qua vengono gl'indecisi, gli ignari continuamente, esitanti fra il bene e il male, quelli che furono
A Dio spiacenti ed a' nemici sui.
Nel piano inferiore, sta la regione dei tormenti ove soffrono i peccatori ostinati, gli esseri senza cuore nè coscienza, gl’ipocriti. Questi tormenti devono spingere alla riflessione e al raccoglimento. Non sono eterni ma momentanei. La speranza sorride anche a questi peccatori. Essa è negata solo a quelli che peccarono contro lo Spirito Santo, a quelli cioè che coscientemente resistettero alla luce intcriore.
Tale secondo l’A. è la sorte dei nostri morti, nell’attesa del giudizio finale.
Ma ecco, il gran giorno appare : è la grande aurora che sorge, è la primavera che risveglia il succhio degli alberi e fa sbocciar le rose.
Il Cristo ritorna trionfante. Il nemico è vinto. Squillano le trombe annunzianti la risurrezione. E’ il giorno dell’ultimo giudizio. Tutte le anime avendo avuto prima o dopo morte l’opportunità di conoscere il Cristo, possono ormai essere tutte equamente giudicate. E il giudizio questa volta sarà definitivo e collettivo rispetto a quello provvisorio e individuale ch’ebbe luogo subito dopo la morte.
1. « Nous serons jugés par un de nos pairs, par celui qui, pur entre les purs, a été pourtant notre frère, a connu nos émotions, nos sensations, nos craintes. Nous serons jugés aussi par celui qui sait tout. Ainsi rendue, la sentence sera impartiale et infaillible.
2. « Et nous serons jugés d’après nos œuvres, manifestation la plus authentique, la plus irrécusable de notre état intérieur.
3. « Nous serons jugés d’après notre relation personnelle avec le Christ ».
E qui l’A. impugna la sua lira e con la più dolce e squisita melodia ci canta la felicità celeste che godranno i salvati. Quanto ai « malvagi » essi saranno distrutti.
Questo per sommi capi, è il contenuto del libro di Vallotton. Riconosciamo all’A. il merito di aver saputo presentare un cibo sì indigesto con talé semplicità da renderlo assimilabile anche allo stomaco più delicato. Lo stile è vivo e animato. Non è il mormorio monotono dell’acqua che cade sempre con la stessa cadenza, ma neppure il fragore del torrente impetuoso che ti stordisce. Il libro si fa leggere perchè una pagina non somiglia all’altra; qua trovi l’impeto del polemista, là la fredda precisione del filosofo: l’A. per convincerti ora fa appello alla ragione ed ora al cuore.
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Altri scrittori — Berthoud, Brustoli, Decop-pet, Emeirs — in questi ultimi anni hanno affrontato lo stesso problema, ma il libro di Vallotton ha sopra di essi il merito di darci non solamente il pensiero dell'A. ma di riassumerci tutto il |>ensiero europeo sulle cose dell’al di là. La grande aurore ha il valore d’una breve ma preziosa enciclopedia in cui tu ritrovi tutte le soluzioni date al problema dell’al di là, dentro e fuori il cristianesimo. Libro prezioso per chi è assolutamente al digiuno di tali conoscenze, e libro utile per chi, pure al corrente di questi studi escatologici, ha bisogno di tenerli sottocchio in una sintesi breve e chiara.
Tuttavia, riconosciamo che malgrado tanti e tali pregi, il libro del Vallotton ha qualche difetto e specialmente là dov’egli ci comunica il suo pensiero. Arrivati all’ultima pagina, involontariamente ci domandiamo se le sue affermazioni non sian piuttosto frutto di ima svegliata fantasia che d’una lunga, preparazione .scientifica. Il poeta non si sarebbe, per caso, sostituito al teologo ? Voler precisare la nostra condizione d’oltre tomba, voler descrivere quello che oggi è palese solo a Dio, non è dare la scalata all’Olimpo?
L’A. insiste sul giudizio generale che il Cristo farà al suo ritorno. Ma l’ammettere queste grandi assisi universali presiedute da Cristo, non solleva grandi difficoltà? Lasciamo tali ingenue credenze ai discepoli di Zoroastro. Quanto a noi, accontentiamoci della verità religiosa, morale e spiritrale contenuta nella immagine di questo giudizio universale. Rinunciamo a precisarne la forma per ritenere solamente che l’uomo raccoglierà quello che avrà seminato, che cioè vi sarà relazione fra causa ed effetto, fra quello eh’è stata la nostra vita quaggiù e quello che sarà la nostra seconda esistenza.
Che che ne dica l’A. l’agnosticismo che può sembrare pigrizia intellettuale e morale di fronte a certi problemi, è la sola tendenza logica, ragionevole e dirò anche cristiana in faccia all’al di là. La nostra fede perchè abbia un valore indiscusso deve poggiare sull’esperienza religiosa. Ora quanto l’A. ci dice sulla nostra sorte nell’altra vita sfugge intieramente a questa esperienza. Quello che ci deve importare è il sapere che la nostra vita non finisce quaggiù e che la volontà di Dio si farà un giorno. Questo ci basta per riempirci di gioia e di speranza. Il resto non è che secondario e non può offrire che un interesse puramente speculativo.
E se il Vallotton mi fa osservare che tuttavia Cristo ha avuto un’escatologia e che
quella deve fare autorità per tutti noi cristiani, io gli rispondo che il pensiero del Maestro non è poi sì facile a precisarsi quando si volge alla vita futura. Per tema di fraintenderlo, è meglio tacere, sperare, aspettare. E del resto l’apostolo Paolo che meglio d’ogni altro poteva leggere nella mente e nel cuore di Cristo, non ha detto : « Quel che saremo, non ci è stato ancora manifestato... » ?
LaHianne, gennaio >914.
Felice Cacciapuoti.
Modernismo.
A. FAWKES, Studies in Modernista. London, Smith, 1913.
Direttamente interessato alle recenti polemiche religiose che hanno turbato la vita interna del cattolicismo, aprendovi una ferita che nessun fautore della Pascendi può illudersi sia completamente risanata; tanto interessato, da aver fatto dipendere, con singolare squisitezza di coscienza, la propria attitudine religiosa dal contegno dottrinale di Roma ; amico personale del Tyrrell, ch’egli stesso fece conoscere di persona a più di un modernista italiano nella sua casa ospitale di Brighton ; l’autore di questi studi ha portato nella analisi del modernismo non solamente quell’ ingegno acuto e quell’abilità letteraria che fanno di lui uno dei più apprezzati scrittori inglesi di argomenti religiosi, bensì anche esperienze vive e agitazioni personali di spirito.
Gli argomenti svolti nei sedici capitoli di questo volume, che rappresentano altrettanti studi già pubblicati nei più noti periodici inglesi di alta cultura, sono di una varietà che li può far sembrare alla superficie fin eterogenei : Tyrrell, Newman, Loisy, Leone XIII, A. France, E. Faguet, Zola, La Chiesa e Pevoluzione, Svolgimento, Il Cristianesimo storico, L'età della ragione, Il modernismo. La Chiesa inglese con temporanea, Le idee di Hum-phry Word. Anche il punto di vista da cui procede l’autore nella trattazione dei suoi temi non è sempre il medesimo, essendo egli passato nel periodo di tempo in cui va intercalata la compilazione di questi saggi, dall’atteggiamento del cattolico romano, bramoso
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di tentare la conciliazione della ortodossia con i metodi e i risultati della scienza storico-critica, a quello di maggiore larghezza e libertà consentito da una diversa confessione religiosa. Ma circola per entro i sedici studi un medesimo istinto religioso, che alla considerazione dei più alti problemi dello spirito tende pur nell’indagine degli autori più profani, quali il Trance e lo Zola ; e vi aleggia la medesima ampiezza di criteri, che fa lucidamente intravedere allo scrittore le forze che determinano l’attuale crisi religiosa e le linee direttive su cui dovrà uniformarsi la sua soluzione avvenire. Tale istinto e tale ampiezze di vedute, la quale ultima ci fa seriamente temere che il volume abbia sappr d’agrume pure per il vescovo anglicano di Hereford, cui esso è dedicato « con riconoscenza, fiducia e rispetto », costituiscono l’unità sostanziale e ben salda dell’ottima pubblicazione.
1 saggi che abbiamo letto con maggiore interesse e profitto sono quelli in cui l’autore affronta nella sua totalità il problema religioso contemporaneo e sottopone a esame spassionato e a critica perspicacissima le soluzioni che ne sono state proposte. La teoria fondamentale del modernismo che vuole trasformare la vecchia apologia statica, diciamo così, della organizzazione dottrinale e disciplinare cattolica, in una apologia dinamica, per continuare la metafora ; la teoria cioè che riconosce la normalità dello sviluppo cattolico, come indispensabile mezzo alla conservazione dello spirito del Vangelo nel mondo, trova in lui, che certamente l’ha condivisa un tempo, un espositore chiaro e geniale. Ma anche, oggi, un critico severo e logico. Tale teoria, egli osserva, ha un duplice e insanabile inconveniente: conduce all’apologià di qualsiasi superstizione e di qualsiasi tirannia spirituale; è intrinsecamente contradittoria, non essendo concepibile che chi giudica dall’esterno un’ esperienza religiosa cristallizzata attraverso i secoli, ne possa umilmente e sinceramente vivere. Non è qui il caso di intraprendere su tali obbiezioni, che sono certamente gravi e reali, una discussione. Osserveremo di volo che l’evoluzione religiosa ha un criterio infallibile di validità nella psicologia collettiva, non già in quella individuale ; e che il cattolicismo, nella sua concreta forma storica, è una federazione di esperienze, in cui hanno pari diritto di cittadinanza lo spirito del novatore, che prepara per il domani l’involucro necessario alla conservazione dello spirito evangelico, come quello del retrogrado che tutela, inconsapevolmente, da un possibile naufragio, realtà spirituali fragili e trascurate.
Come a tutti gli stranieri che hanno scritto intorno alla crisi modernistica, anche al Fawkes accade di assegnare una importanza maggiore di quella che non posseggano in realtà, ai recenti atti dottrinali della sede romana. Egli, che è un erudito cultore di scienze storiche, dovrebbe ricordare che nella sua lunga storia, il cattolicismo ha veduto momenti sotto ogni punto di vista peggiori dell’attuale. Romane stata innumerevoli volte più ignorante e più corrotta di quel che non sia ora : e pure ha ostinatamente sopravvissuto a sè stessa. Allo storico, io dico, non è mai consentita la disperazione. Egli sa che le ragioni della vitalità cattolica nel mondo non sono tutte nella breve cerchia del Vaticano e delle sue decisioni attuali. E non è vana previsione la sua se intravede, nella fermentazione presente dello spirito religioso, accenni a nuove ascensioni e rifioriture cattoliche. Se esse dovranno essere facilitate da generose potature di decreti anacronistici e di encicliche intempestive, non dubitate: i potatori verranno e al momento buono la loro opera sembrerà la più innocente e la più opportuna di questo mondo.
Ma, o m’inganno,. io parlo a ehi di tutto ciò conserva in cuore una vaga persuasione. Il Fawkes infatti chiude la sua vibrante prefazione con queste significative parole: « Nelle Chiese riformate a càusa della loro struttura dotata di maggiore elasticità, la transizione dalla lettera allo spirito è più agevole che nelle Chiese non riformate. Ma è necessario tenere unite le une e le altre con un comune denominatore : un cristianesimo che escludesse l’una o l’altra sezione, ne rimarrebbe mutilo e incompleto... ». A. G.
La predicazione evangelica durante la rivoluzione del 1848.
DR. ERNST SCHUBERT, Die Evangeliche Predigt ini Revolulionsjahr 1S4S (La predicazione evangelica durante la rivoluzione del 1848). — Giessen, 1913. Verlag von Alfred Tòpelmann.
Autore di questo bel volume è il dott. Schu-bert pastore della Comunità tedesca in Roma e predicatore dell’ambasciata di Germania. Egli si è prefisso di portare col suo libro un contributo storico al problema della predicazione adatta ai tempi, rievocando in modo ammirevole la storia della predicazione in Germania nel 1S48.
Quell’anno fu per molte nazioni un anno critico: basta ripensare a quel che avvenne
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in Italia e in Francia. Non meno grave fu per la Germania.
Si può dire ehe era l’anno in cui fermentava il destino dei popoli. Come in Italia nel 1848, gli entusiasmi, le lotte e le persecuziòni preludevano al 1860-1870, cosi pure nelle terre tedesche il 1S48 preparava il 1866 e il 1870. Si veniva in quelle terre affermando il moto unitario. Stanchi di vedere la patria comune divisa tra innumerevoli principi e signorotti in continua lotta di interessi politici ed economici non solo, ma avversanti per ragione di dominio, ogni idea di libertà e di affrancamento del popolo, la parte più intellettuale del popolo tedesco, particolarmente professionisti e studenti, si sollevarono per domandare ed imporre là costituzione di una « Grande Germania » in cui tutti i tedeschi si fossero alfine sentiti fratelli, elevati alla dignità di popolo. Come si vede, si ripetevano in Germania gli avvenimenti d’Italia. La patria là, come da noi, era in pillole, una espressione geografica a cui occorreva dare la concretezza della realtà: vi erano sudditi di una lunga serie di signori che volevano invece esser solamente dei tedeschi, come v’erano fra noi dei soggetti á diecine di governi diversi che anelavano a dirsi soltanto italiani. E, come fra noi, vi furono giornate eroiche — ricorderò le giornate del marzo a Berlino — vi fu una vittoria effimera, più tardi, come fra noi, imperversò terribile la reazione, e molti pagarono caramente il bei sogno dell’unità della patria con condanne capitali e prigionie ; altri dovettero prendere la via dell’esilio e si rifugiarono altrove, specialmente in America.
Questo moto che, ripetiamo, aveva avuto a fautori moltissimi fra i più colti ed i più intelligenti e quasi tutta la gioventù studiosa, non poteva lasciare indifferenti gli uomini di chiesa, i pastori luterani. Parte dèi quali condivisero le aspirazioni degli unitari e non ne fecero mistero; altri, viceversa, per timore o per abitudine mentale le riprovarono senz’altro e furono conservatori ; altri, infine, per evitare Scilla e Cariddi, si tennero in una neutralità ostentata e si limitarono nella esplicazione del loro ufficio, particolarmente nei loro discorsi, a formulare auguri e ad inculcare la tranquillità e la pacificazione.
Nel volume det dott. Schubert viene precisamente mostrata la posizione del clero evangelico nell’anno della rivoluzione. L’A. ha, con mirabile criterio, rievocato l'epoca ed il clero di allora. Ha abbondantemente illustrato con moltissimi esempi l’oratoria dei pastori delle varie opinioni, dal lato politico non sólo, ma anche dal lato religioso in cui la divisione
non era meno accentuata fra razionalisti, ortodossi, e di tendenze medie.
Da quanto abbiamo detto è facile rilevare l’importanza ed il valore della rievocazione storica operata dal dott. Schubert con questo suo studio che, oltre al merito intrinseco, ha anche quello della assoluta novità del soggetto trattato e del metodo adoperato. Di più ancora, questa opera non ha solo interesse storico, ma ha anche un valore .didattico. Ciò era nelle intenzioni dello scrittore, il quale a chiusa del suo libro ha voluto appunto porre un capitolo sui principi dell’oratoria ecclesiastica nel tempo presente. Non ci attarderemo a considerare dettagliatamente questi principi. Ci basta dire che l’A. pone in guardia i predicatori contro le solite antologie di temi svolti o di schemi stereotipati di discorsi, poiché questi dovrebbero avere particolarmente di mira di porre in relazione lo spirito del-l’Evangelo con lo spirito dei tempi ed essere, di conseguenza, sempre adatti a questi. Perciò è necessario che l’oratore abbia una visione sua particolare nettissima del presente e che sappia anche intravedere il prossimo avvenire. Un altro principio, che in verità dovrebbe essere scritto a caratteri d’oro, è che non deb-bansi predicare opinioni o disquisizioni teologiche e neppur teologia, ma puramente religione anche in rapporto al momento politico.
In conclusione: il doti. Schubert ha fatto opera storica e religiosa commendevolissima sotto ogni riguardo. Nè poteva essere altrimenti data la profonda cultura, l’ampiezza di moderne vedute, il sereno liberalismo dello scrittore. E. Rutili.
FIIPJOFIAE REUGIONE
La sorte di G. B. Vico.
Di G. B. Vico si è molto scritto e discusso in questi ultimi anni. Il pensiero di lui emerge sul piano dello sviluppo della cultura italiana ed europea della prima metà del secolo xvm e pone degli interessanti problemi di psicologia e di storia della filosofia agli ammiratori del grande italiano.
Un deputato pugliese, amico del Croce, che le aspre battaglie politiche e parlamentari al-
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terna con le pazienti ricerche di filosofo e di erudito, Raffaele Cotogno, ci dà ora un suo volume nel quale la Sorte di Vico, (Laterza, Bari, 1914), è ripresa in esame e fatta oggetto di studio accurato. Ma è, il suo, lavoro di storia e non discepsi filosofica e psicologica. Egli rievoca la storia intellettuale di Napoli della prima metà del Settecento, quella nella quale Vico visse, insegnò retorica all’università per cinquecento ducati annui, partecipò alle polemiche filosofiche e scientifiche, all’attività letterària dei concittadini, superandoli con il pensiero ed intuendo veri dei quali solo più tardi si sarebbe intesa la pregnante ricchezza. Per questo Vico fu assai meno noto e stimato di altri che nessuno oggi ricorda e che allora ebbero fama ed onori e ricchezza ; e noi cerchiamo nella storia del tempo, fedelmente rievocata dal Cotugno, lo sfondo e le vicende esteriori di questo intimo dramma.
R. Murre
Sommario di pedagogia generale.
Giovanni Gentile ci ha dato or ora il secondo volume (Laterza, Bari) del suo Sommario dì pedagogia generale, che è una riduzione della pedagogia alla filosofia q, meglio, all’idealismo attuale professato dallo stesso Gentile. Riduzione che è oggi, mentre si tratta di liberare il pensiero e la preparazione dei nostri maestri dalla pedagogia pedante e inintelligente dei positivisti, meravigliosamente utile e preziosa. L’educazione è presentata come l’associarsi ed il fondersi, in un vivo contatto spirituale, delle coscienze degli alunni e del maestro nella intima fluente unità dello spirito che conquista sé e a un tempo l’espressióne di sé, nel sapere e nel linguaggio.
Di religione si parla anche in questo secondo volume ed essa è fatta consistere nel vedersi e sentirsi del soggetto come puro oggetto. Fatta con ciò momento essenziale dei processo dello spirito, essa ha anche nella educazione una parte assai diversa da qvel che pensasse chi la voleva o esclusa o improntata dell’etichetta confessionale. Il maestro si rifà religioso con l’alunno e con lui vede sè e il mondo come oggetto, in forme mitiche e fantastiche, per risolvere poi di nuovo in sè quel mondo e salire alla auto-coscienza.
L’idealismo assoluto è spinto nel Gentile sino alle ultime conseguenze, sì che anche
B. Croce se ne allarma. Ma giovava segnalare qui l’enorme valore pratico di questo punto di vista anche per chi non si senta di arrivare sì lontano nella risoluzione di tutti i fenomeni e di tutte le distinzioni nella attualità dello spirito unico soggetto.
R. Murre
Introduzione bibliografica
alle scienze delle religioni.
Dobbiamo esser grati al Salvatorelli di averci dato nel suo volume Introduzione bibliografica alle scienze delle religioni (Roma, G. Quadrotta, editore, 1904), un buon strumento di lavoro per chi si accinga allo studio della storia delle religioni, ed una lettura utilissima a chi, senza il proposito di specializzarsi in esso, desideri di avere una conoscenza sommaria e (piasi prospettica delle condizioni presenti di tali studi.
Il merito del Salvatorelli è di avere non soltanto raccolto una quantità notevolissima di indicazioni bibliografiche, le più utili ed importanti in argomento; ma di averle ordinate ed esposte in modo da darci anche una visione sintetica dei metodi, delle ipotesi, degli indirizzi scientifici prevalenti.
Il carattere di introduzione bibliografica ha posto all’opera dei limiti che talora possono parere arbitrari, come, ad es., l’esclusione della filosofia della religione, la quale è anche essa storia delle religioni ripensata filosoficamente, in quanto è pur sempre e solo storia dello spirito umano, ed ha quindi rapporti' vitali con la « scienza » delle religioni ; ed ha obbligato il Salvatorelli a porre le sue informazioni su di un piano che cela la successione nei tempo e in parte corrispondente concatenazione logica dei metodi e delle ipotesi.
Con le quali osservazioni non critichiamo il lavoro, utilissimo, ma esprimiamo piuttosto il desiderio che esso sia continuato, e il Salvatorelli ed altri ci dieno una intiera serie di lavori costituenti una introduzione, senza limitazioni, alla storia delle religioni e dello spirito religioso. R. Murre
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Riformatori italiani dei Cinquecento.
L’interesse storico dei i° voi. della raccolta di opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento edita dal Laterza di Bari(L. 5.50), a cura di Giuseppe Palladino, è veramente eccezionale, e merita pertanto la massima attenzione. Più ancora che un pregio storico essa ha un pregio, dirò cosi, religioso, in quanto ricorda agli italiani le lotte per la libertà di pensiero e di coscienza, fa rivivere nella loro memoria nomi di uomini che consacrarono quésto diritto umano col loro sangue e con la loro morte, uomini il cui martirio, onta imperitura per la chiesa romana, è monito ed esempio.
Di questa collezione mi propongo di parlare distesamente quando sarà completa. Oggi mi limito ad indicare il contenuto di questo volume ora stampato. Ciò farà rilevare al lettore, più che ogni esposizione laudativa, l’importanza della raccolta. In questo volume abbiamo un opuscolo, ai suoi tempi famoso, dovuto ad un monaco benedettino e a Marcantonio Flaminio, dal titolo: Trattalo utilissimo del beneficio di Gesù Cristo crocifisso verso i cristiani. Tale opuscolo, pubblicato a Venezia nel 1543 fu subito tradotto in varie lingue, ma non meno presto fu colpito da sentènza di condanna e l’autorità ecclesiastica invigilò talmente da distruggerne quasi tutti gli esemplari, di modo che per lungo tempo si credette perduto, fino cioè alla metà del secolo scorso in cui il Babington ne rinvenne alcune copie. Questo iibriccino contiene la genuina espressione della dottrina del Valdès sulla giustificazione per la fede senza la esclusione delle opere.
Seguono ventuno lettere di Valdesiani dovute a Celio Secondo Catione, Marcantonio Flaminio, Vittoria Colonna, Jacopo Bonfadio, Giulia Gonzaga, Pietro Carnesecchi e Girolamo Seripando. Fra questi nomi v’è quello, caro alla letteratura italiana, di Vittoria Colonna, la quale, spirito superiore, aderiva con tutta l’anima a? nuovo movimento di idee religiose, e v’è anche quello di Girolamo Seripando, il
famoso generale degli agostiniani nell’epoca luterana. Egli non aderiva certo alle dottrine valdesiane, ma ebbe vive simpatie per quel movimento, poiché la dottrina teologica del suo ordine ammetteva allora non essere contraria all’ortodossia della Chiesa cattolica la opinione della giustificazione per la fede, tanto che pur buttando a mare Lutero, ne difese punto per punto le dottrine teologiche nel Concilio di Trento.
Una larga parte di questo volume (pag. 177-281) è fatta alle prediche del celebre frate senese Bernardino Ochino (1487-1564). In queste prediche si rileva già una importante evoluzione, un progresso di critica rapidissimo dalla semplice dottrina valdesiana, sopra enun-ziata. L’Ochino infatti, nelle ventinove prediche qui riportate, nega già l’utilità della confessione come era ed è praticata nella Chiesa cattolica, le indulgenze, i tre voti monastici e la clausura, e combatte, con lo spirito che doveva animare più tardi le sue opere Sull’usurpata primazia del vescovo di Roma e gli Apologhi, gli abusi del clero e del papa.
Leggendo questo volume, chi non ha una speciale cultura sui moti religiosi italiani del Cinquecento, rimarrà meravigliato nel constatare dalle lettere dei riformatori, come a tali moti non rimanessero estranei uomini che occupavano alti gradi nella gerarchia ecclesiastica, fino ai cardinali ed a persone della corte pontificia. Ciò varrà a dimostrare che è in errore chi pensa che la Riforma in Italia non ebbe fortuna per difetto di seguaci, e che solo per le contingenze esterne, per la politica papale soprattutto, non potette affermarsi fra noi come altrove. E’ naturale che dove era il maggiormente interessato al mantenimento dello staiti quo in fatto di religione, ivi un moto di riforma trovasse il più forte ostacolo. E, dati i tempi, tale ostacolo fu purtroppo insuperabile.
Il desiderio di tanti spiriti, di una Chiesa più pura, più libera, più cristiana fu curata con un empiastro... come un raffreddore, col Concilio di Trento.
Ernesto Rutili.
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Il dott. G. Whittinghill in un sobrio e sintetico articolo pubblicato sul The Biblc Magazine (gennaio ’14) parla dèlia « testimonianza delle catacombe romane » alle credenze fondamentali del cristianesimo storico distribuite secondo la triplice fonte: pitture, iscrizioni e scolture (raccolte in gran parte quest’ultime nel Museo Lateranense). La cosidetta « teologia dei monumenti » si riferisce principalmente al ciclo escatologico. L’A. raccoglie sistematica-mente i risultati archeologici ad illustrazione e a breve discussione delle credenze nell’unità di Dio, della divinità del Cristo, dei miracoli, dei sacramenti, dèlia gerarchia e della risurrezione nel cristianesimo dei primi cinque secoli.
G. Pioli nella Contemporary Review (gennaio ’14), in un articolo brillante e ricco di interessanti notizie, « The Christmas in Rome », descrive i costumi tradizionali del popolo e del clero romano durante le feste natalizie. Buon contributo al folklore e alla conoscenza dello spirito romano.
Nella nota collezione della Religione-geechichUiche Volkebücher, edita dal Mohr, e che in Germania ha cooperato cosi largamente alla diffusione fra le persone colte dei risultati della critica in tutti i campi delle scienze religiose, ha aggiunto recentemente — segno dei tempi — una nuova serie, la « Praktische Bi-belerklàrung>, commenti pratici ai libri della Bibbia.
Il prof. Flinders Petrie, il grande archeologo, che dopo di aver ottenuto i più brillanti risultati in Egitto ha portato la sua esperienza negli scavi in Palestina, pubblica
una nuova rivista trimestrale di arte e di letteratura Aneienl Egypl. edita dal Macmillan ed organo della British School in Egitto.
Costa due scellini al numero. La novità consiste nella ricchezza delle illustrazioni, cosa fino ad ora non vista in riviste di questo genere. Il primo numero, del gennaio corrente, ha oltre a trenta incisioni e un grande quadro a colori.
Al King’s Hall, a Londra, l’u e 12 gennaio per cura dei Pioneer Players è stato rappresentato « Paphnutius » o « La conver sione di Tais», il dramma scritto nel 960 c. dalla monaca benedettina Hroswitha, in Sassonia, l’imitatrice medievale di Terenzio, il Iraìl-d’union fra il teatro pagano classico e il sorgere dei misteri e dei miracoli medievali. 11 «Paphnutius» è stato tradotto espressa-mente per l’occasione in inglese: durante l’azione fu eseguita della musica del miglior periodo del canto gregoriano. La grande attrice Ellen Terry interpretò la parte della Badessa che accoglie Tais pentita. Tutti ricordano il partito che dalla vecchia leggenda del monachiSmo egiziano ha saputo trarre Anatole France in un romanzo, «Thais», in cui la lotta fra l'ascetismo e lo spirito del mondo raggiunge la sua più alta espressione artistica.
II grande romanziere inglese G. K. Chesterton è passato recentemente dal libro al teatro per combattere un'altra bella battaglia d’idee. La piaga sociale che mette a nudo è questa volta — nel suo primo dramma, « Magic » (La Magia), rappresentato con successo ultimamente al Lillle Tcathre a Londra —, quella fiacca e tiepida tolleranza, atmosfera deliquescente e nebbiosa in cui si sciol-
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BILYCHNIS
gono e svaniscono tutte le' forti convinzioni e le forti individualità. « Non importa quello che si crede: l’importante nella vita è credere a qualche cosa » egli proclama, e lancia il profondo paradosso: «meglio una fede robusta nel diàvolo, che uno spirito dubbioso verso gli angeli».
L’intreccio del dramma è quanto di più semplice si possa immaginare; ma l’arte potente del C. ha saputo dar vita ai pochi personaggi. Noi vediamo un duca, il tipo dell’uomo moderno inconsequente, contro il quale il C. concentra tutto il fiele dèlia sua satira ; un medico che rappresenta la scienza positiva e quindi l’incredulità; un parroco, prudente... nella fede come nel dubbio; un quieto borghese, uomo d’affari e che non crede a nulla ma, s’intende, senza saperne il perchè e poi sua sorella, una ragazza irlandese, una vera sognatrice che ha delle visioni ed è una profonda credente. Uno strano incidente, l’improvviso mutamento della luce rossa della lampada del duca in azzurro per opera di un misterioso straniero sorpreso nel giardino del duca, porta ad una vivace discussione. Lo straniero dice di aver operato la trasformazione per effetto di magia e di spiritismo ; ma gli altri tre uomini si ribellano alle spiegazioni ñon naturali offerte dallo straniero. Al parroco, che più di tutti esige una spiegazione più umana, lo straniero grida in faccia con amarezza : « Che diavolo state a fare qui voi, se non credete nei miracoli ? Che significa il vostro abito, se non vi è qualche cosa di supernaturale? Che cosa significa il vostro maledetto collarino, se non l’esistenza di qualche cosa che sia spirito ? ». E non è trattato meglio il duca, l’uomo dalle idee aperte, che annulla l’effetto di una sottoscrizione alla Lega vegetariana col concedere subito dopo un’eguale somma alla Lega antivegetariana ! « Il duca è la più gentile persona al mondo, e s’affanna a piacere sempre a tutti, ma finisce generalmente col non piacere a nessuno».
Il C. ha messo cosi in evidenza col fascino dell’arte una delle debolezze più diffuse del carattere con temporaneo.
.»% Deve la Chiesa accogliere la « Christian Science » ? — Questa è la domanda (ed insieme il titolo di un articolo comparso nell’ultimo numero della The North American Review, dicembre ’13) che si pone un alto membro della Chiesa Episcopale in America a proposito della rinnovata opposizione della sua Chiesa ai principi dèlia cura spirituale delle malattie propugnati dal vasto moviménto che è la Christian Science e alla vivace propaganda
degli Scientisti. « La C. S. non va considerata, egli dice, come una nuova denominazione, ma piuttosto come una comunione che si propone di attuare nella vita quotidiana l’arte di essere un cristiano e come un insieme dì principi scientifici (nel campo dèlia psicoterapia), del cui vàlore non si può più dubitare. Il suo successo è dovuto principalmente all’insoddisfazione che la Chiesa Officiale dà ai più vivi problemi e al bisogni più profondi della nostra età, e al fatto d’aver dimenticato la caratteristica del Regno di Dio, la superiorità del potere spirituale su di ogni forma dei fenomeni fisici. La Chiesa officiale per rimediare a tante defezioni dal suo seno, verso il socialismo, verso l’agnosticismo e verso la Christian Science, intensifica ingegnosamente tutti i mezzi di attrazione e penetra nell’attività politica, sociale ed economica ; ma non ha il coraggio di prendere la soluzione definitiva, affidarsi ad una vita puramente spirituale, ad accogliere integralmente lo spirito ed il programma dei Cristo. L’A. fa un quadro assai impressionante della mancata influenza della Chiesa nell’alleviamento dei grandi mali moderni della nazione. Mentre la Chiesa lavora per la liberazione da questi mali, molti de’ suoi membri., tollerati e perfino amati per la correttezza delle loro credenze o per la loro influenza, sono i creatori principali di questi mali. «Quale invettiva contro la nostra Chiesa come potenza rigeneratrice, gli scandali del lavoro dei fanciulli, il traffico delle schiave bianche, i trusts, l’alcoolismo, il giuoco, la malattia, là povertà, la follia, le malattie sessuali, le sofferenze dei bambini e delle schiave industriali ! » La Chiesa deve adottare i principi spirituali della Christian. Science, perchè oramai centinaia di migliaia di persone testimoniano di essere elevati dalla C. S. ad una coscenza spirituale in cui il peccato, la povertà e la malattia non possono esistere. Ecco la dinamica dell’amore, che può rigenerare il mondo! Essi amano i nemici più che ogni altra categoria di uomini : rispettano talmente la personalità umana, che non vogliono servire o guarire quei che han bisogno del loro aiuto, se prima non ne sono richiesti.
La cura delle malattie è un dovere religioso importante quanto quello della distruzione del peccato. Per i primi cristiani la guarigione dalle malattie e dal peccato è stata una stessa cosa : allóra l’influenza dello Spirito Santo era più sentita!
Missionari zelanti, conferenzieri, il più umile scientista, centro irradiante della sua fede entusiastica, fanno conoscere per tutto il mondo la C. S. : ogni giorno tutti i suoi membri si
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NOTIZIE
uniscono spiritualmente nella medesima preghiera e nella lettura della medesima pericope biblica; hanno una rivista mensile, due giornali settimanali ed uh buon giornale quotidiano.
In fonilo la C. S. non differisce essenzialmente dà ciò che là Chiesa ritiene teoricamente, solo che questa non si cura di applicare i suoi principi. La C. S. ha in proporzione un successo nelle guarigioni più vasto di quello della scienza moderna e quanto alla salvezza spirituale, più grande di quello della Chiesa.
La Chiesa non riuscirà a predicare il Vangelo nella sua pienezza, fino a che non includerà la guarigione dalle malattie come una prova della presenza di Dio nella vita dei suoi membri ». Ci asteniamo da facili commenti, perchè sono troppo evidenti così le esagerazioni, come le buone cose dette dall’articolista.
*** A Nisch, l’antica Nissa nella Serbia meridionale, la città nativa dell’imperatore Costantino, le Chiese ortodosse e i rispettivi stati (Russia, Rumenia, Grecia, Serbia) hanno celebrato l’n gennaio la commemorazione del XIII centenario dell’Editto di Milano.
Notevoli le dichiarazioni fatte dal ministro dell’istruzione serba, a cui si deve l’iniziativa della nobile festa, ed ispirate al genuino significato storico del documento costantiniano : « Il Governo serbo, celebrando la proclamazione dell’Editto di Milano, vuoi annunciare agli abitanti della nuova Serbia ingrandita la sua ferma risoluzione di attenersi allo spirito dello storico documento, rispettando la libertà di culto e la più assoluta libertà di coscienza ».
Una grave scissione nel seno della Chiesa Anglicana. — A Kikuyu, nell’ Africa inglese orientale, in occasione di un congresso religioso interdenominazionale tenuto sotto la presidenza del vescovo anglicano di Mombasa ed inteso a gettare le basi per l’accordo di un intenso lavoro di missione, il giorno della chiusura del congresso il vescovo di Mombasa tenne un servizio religioso solenne in cui comunicò tutti i ministri presenti, della propria come delle altre confessioni, secondo-una consuetudine ammessa nella pratica ecclesiastica deli’anglicanismo. Ma la solennità dell’atto provocò lo sdegno del vescovo anglicano di Zanzibar, fervente ritualista, che ricorse all’arcivescovo di Canterbury, primate dell’ Inghil-Iterra, accusando il collega.
L’opinione pubblica in Inghilterra è ora vivamente agitata pro o contro il vescovo di Mombasa e la nuova questione riaprirà certamente la lotta altre volte assai vivace fra le due cor
renti della Chiesa anglicana, la cattolica e tradizionalista e l’evangelica progressista. L’arcivescovo di Canterbury ha chiamato presso di sè i due vescovi dell’Africa meridionale e il loro caso sarà esaminato prossimamente dal Concilio della Chiesa anglicana, riunito straordinariamente. Si prevede una risposta di carattere diplomatico ed evasivo, perchè una decisione netta porterebbe con sè la soppressione nella Chiesa anglicana della corrente cattolica o della corrente evangelica.
A Parigi, nella prossima primavera, sarà data la prima rappresentazione della Leggenda di Giuseppe, opera-ballo, il cui libretto è stato scritto dal von Hoffmansthal e la musica composta da Riccardo Strauss, l’autore di Salomé. Il celebre racconto biblico del casto Giuseppe non avrà più per sfondo l’Egitto, ma un fastoso palazzo cinquesentesco italiano, a Venezia, come già Ratine fece parlare Talia in un palazzo Luigi XIV.
Risveglio quacquero. Leggiamo con piacere wtW Annual /tepori delia « Chiesa americana di San Paolo », dovuto al dottor W. Lawrie il proposito di proseguire nel bel tentativo di spiritualizzare e di rendere sempre più fecondo il servizio religioso nella sua artistica chiesa in Roma. Come è noto, i quacqueri insistono sulla necessità che la congregazione dei fedeli sia unita in una preghiera silenziosa, nel silenzioso raccoglimento in Dio considerato come la forma di culto più elevata, il sacra-mentum sileniii. Lo svolgimento solenne della liturgia tradizionale non lascia più posto a questa forma di culto. « L’invito del diacono alla preghiera nelle antiche liturgie cristiane era inteso ad incoraggiare e a dirigere un tale esercizio. La psicologia moderna, d’altra parte, ci rivela l’importanza soggettiva di una tale pratica. Tutte le scuole di mistici hanno insistito sull’importanza del silenzio come dispo» nente l’anima ad una quieta attesa dei moti dello spirito divino. Io sono convinto che non vi è pratica religiosa più importante di questa ».
Il Circolo di filosofia di Roma sotto la presidenza del senatore Giacomo Barzellotti, ha ripreso la serie delle sue conferenze. Per soddisfare al desiderio di parecchie persone, il Circolo ha preparato due corsi di conferenze : l’uno continua l’illustrazione delle antiche religioni, iniziata l’anno scorso, e l’altro Studia i problemi più importanti della morale contemporanea. Diamo la lista delle conferenze e i nomi dei conferenzieri :
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BILYCHNIS
Storia e filosofia delle religioni.
Mercoledì 21 gennaio. Prof. Luigi Valli: // dualismo religioso e la dottrina di Zarathustra.
Mercoledì 28 gennaio. Giulio Farina : La religione dell’antico Egitto.
Mercoledì 4 febbraio. Prof. P. E. Pavolini : // fíramanesimo -1.
Mercoledì 11 febbraio. Prof. P. E. Pavolini:
Il Bramanesimo -II.
Mercoledì 18 febbraio. Doti. Luigi Salvatorelli : Im religione d'Israele.
Mercoledì 25 febbraio. Prof. .Ambrogio Ballini : II Giainismo.
Mercoledì 4 marzo. On. Luigi Luzzatti : Im libertà di coscienza nelle grandi religioni.
Problemi della morale contemporanca.
Mercoledì ri marzo. Prof. Bernardino Variseli L’unità dello spirito e la inorale.
Mercoledì iS marzo. Dott. Guido de Ruggiero : La moralità come redenzione.
Mercoledì 25 marzo. Prof. Antonio Pagano : Individualità e personalità.
Giovedì 2 aprile. Dott. Adriano Tilgher: Scienza e moralità.
Mercoledì 8 aprile. Prof. Francesco Crostano : Il soggetto della vita morale.
Mercoledì 15 aprile. Prof. Francesco Ore-, stano : antinomie pratiche.
Mercoledì 22 aprile. Prof. V. Fazio-Alma-yer: La disperazione religiosa moderna e la vita morale.
Mercoledì 29 aprile. Avvocato Giuseppe Folchieri : Legge e libertà. <
Mercoledì 6 maggio. Giovanni Amendola : La sintesi personale.
»*# LA SITUAZIONE DEGLI EBREI IN RUSSIA diviene ogni giorno più critica. Le repressioni si seguono senza quartiere. Non vi è giorno che non si aggiunga qualche nuova vessazione a quelle, già innumerevoli, esistenti adesso. E'un’oppressione violenta, paziente, ma cosciente e deliberatamente voluta.
I promotori di queste leggi repressive sperano probabilmente di disorientare ancora più gli Ebrei, già provati abbastanza da tante sofferenze.
Questa politica antiebraica si manifesta ovunque e sempre. Tanto nel commercio quanto
nell’istruzione, quanto nel servizio militare. La proporzione degli Ebrei soldati è superiore a quella delle altre nazionalità; adesso una nuova legge è stata promulgata : ogni Ebreo che non si presenta al servizio militare è sostituito e rimpiazzato da un altro: nell’esercizio della professione di avvocato gli Ebrei non hanno più come prima il diritto di diventare avvocati giurati : è stabilito anche una percentuale in rapporto con gli avvocati Cristiani : in ogni ramo le prescrizioni diventano più frequenti e più violente. Ma là dove questa oppressione si traduce in morbo inesorabile e senza tregua è la istruzione.
Da qualche anno le repressioni sono innumerevoli. Ricordiamo l’ultima restrizione contro gli Ebrei, restrizione che ha messo sul lastrico migliaia e migliaia di giovani e delia quale, se non mi sbaglio, la Settimana Israelitica intrattenne i suoi lettori.
Ogni qualvolta una nuova legge è-diretta contro gli Ebrei, si spera che questa sia l’ultima e che non vi possano essere altre restrizioni. Ma si dimentica la fantasia di cui è riccamente dotata la burocrazia russa. Quando si tratta di scoprire un nuovo regolamento che possa servire contro gli Ebrei o di inventare qualche cosa di nuovo contro di essi, la burocrazia, cosi lenta, cosi pigra in altri momenti, diviene, in questo caso, l’amministrazione più agile, la più souple che si possa immaginare !
Quest’ultimo mese, l’ispettore generale delle scuole della provincia di Odessa si è mostrato di un’astuzia poco comune. Egli ha trovato veramente qualche cosa di assolutamente nuovo: egli ha diramato nelle scuole della provincia di Odessa, una circolare colla quale «egli proibisce agli studenti Ebrei di essere ripetitori di liceisti non Ebrei ».
Ecco fino a qual punto va l’odio che il Governo nutre contro gli Ebrei! Non è immaginabile. Si può essere abituati a tutto, in un paese come quello della Russia. Ma non è possibile neanche concepire certe cose che vi si fanno.
Abbiamo citato questo fatto per dare soltanto un’ idea delle misure medioevali che si prendono contro gli Ebrei in questo paese. Eppure la Russia è un paese civile: l’alleata della Francia... M. S.
(Zxz Settimana Israelitica).
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COSE NOSTRE
INDIRIZZI
I nostri abbonati e lettori sono pregati di vedere se la fascetta applicata sulla busta della Rivista porta l’indirizzo esatto e di notificarci subito qualunque correzione o cambiamento, dovendo noi procedere alla stampa degl’indirizzi per tutto l’anno.
Facciamo affidamento sulla premura e precisione dei nostri cortesi lettori.
*
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Alcuni dei nostri assidui lettori non ci hanno ancora versato l’importo del loro abbonamento pel 1913. Li preghiamo di usarci la cortesia di regolare sollecitamente il loro piccolo debito, indicato sulla lettera circolare loro inviata alla fine dell’anno passato dalla nostra amministrazione.
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LIBRI IN DONO
Quelli fra i nostri abbonati in regola col-l’Amministrazione, i quali non avessero ricevuti i libri promessi in dono : “ I Battisti „ e “ Verso la fede „, sono pregati di avvertiticene, e noi provvederemo prontamente alla spedizione.
INDICE PEL 1913
Non ci è stato possibile ancora di preparare per questo fascicolo l’indice dell’annata 1913.
L’invieremo insieme eon uno dei prossimi fascicoli della Rivista.
ANNATA 1912
Riceviamo continue richieste della 1* annata di Bilychnis (1912). Ce ne rimangono pochissime copie, e siamo costretti ad au
mentarne il costo che, a cominciare dal 1° febbraio c. a., oien portato da L. 4 a L. 6 per l’Italia e da L. 6 a L. 8 per V Estero.
K
IL 1° FASCICOLO DI “BILYCHNIS”
Saremo grati a tutti quei nostri lettori che ci aiuteranno a raccogliere il maggior numero possibile di copie del 1° fascicolo della Rivista (Gennaio-Febbraio 1912). Le pagheremo Una lira ciascuna.
AI COLLABORATORI
Ecco i prezzi per gli estratti:
Per estratti di non oltre 8 pagine di composizione e copertina:
Copie 25 .... L. 7
» 50 . ... „ 8
„ 75 . . . . „ 9
„ 100 . ...» 10
Per estratti di non oltre 16 pagine di composizione e copertina :
Copie 25 .... L. 10
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» 75 ... . „ 14
,, 100 . . . . „ 16
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ABBONAMENTI PEL 1914
Bilychnis nel 1914 non è più bimestrale, ma mensile ; il numero dei fascicoli nell’anno sarà quindi raddoppiato ed il prezzo dell’abbonamento annuo viene leggermente aumentato : per l’Italia da L. 4 a L. 5 e per l’estero da L. 6 a L. 8. — Un fascicolo L. 1.
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NOVITÀ!
È pronto per la spedizione il 1° fascicolo d'Arte di Bilychnis ; esso è dedicato all’ illustrazione del Nuovo Tempio Valdese che sarà inaugurato solennemente in Roma nel
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So
BILYCHNIS
pomeriggio dell’8 febbraio. Il fascicolo elegantissimo, oltre una breve storia e descrizione dell’edificio, contiene numerosissime tavole, di cui alcune a colori (tricromia) riproducenti la facciata e l’interno del tempio, le decorazioni, le sedici vetrate con simboli cristiani, i mobili, ecc. — E’ un primo saggio di arte religiosa evangelica in Italia.
Non dubitiamo che molti dei nostri lettori vorranno incoraggiare questa nostra iniziativa e si affretteranno ad inviarci le loro ordinazioni. Una copia (franco di porto) L. 2. - Estero L. 2.50.
L’elegante pubblicazione si presta ad essere inviata come regalo.
Rivolgersi al Prof. L. Paschetto, Via Crescenzio, 2. - Roma.
PER PROPAGANDA
Abbiamo pubblicato in forma di eleganti opuscoli il discorso del Prof. F. SCADUTO su: Indipendenza dello Stato e libertà della Chiesa da noi riprodotto in Bilychnis, fascicolo Maggio-Giugno 1913 e l’articolo di GIOV. E. MEILLE su: Il Cristiano nella aita pubblica (comparso su Bilychnis, fase. Settembre-Ottobre 1913). Sono due argomenti di palpitante attualità e si prestano assai bene per la propaganda d* un concetto serio, illuminato circa i rapporti della Religione con la Politica.
Inviamo i due opuscoli franchi di porto per L. 0.40. Per chi desidera più copie le cediamo al prèzzo di cent. 15 ciascuna (franche di porto).
TUTTI GLI AMICI DELLA RIVISTA FARANNO ACQUISTO DEL PRIMO FASCICOLO D’ARTE EDITO DA " BILYCHNIS " U«
GIUSEPPE V. GERMANI, gerente responsabile.
Roma. Tipografia dell'Unione Editrice, via Federico Cesi, 45
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BILYCHNIS. FASCICOLO DI GENNAIO 1914
I
LIBRERIA EDITRICE i BILYCHNIS,,
Informiamo i nostri lettori che abbiamo organizzato uiì servizio di libreria per i nostri abbonati ed amici, i quali da oggi potranno rivolgersi a noi per l'acquisto di libri di qualunque edizione in Italia e all'estero, compresi i libri di cui parliamo nella Rivista.
Servizio sollecito.
Non diamo corso alle richieste se non sono accompagnate dal relativo importo anticipato.
Accorderemo speciali facilitazioni a chi ci procurerà per il 1914 un nuovo abbonato a Pilychnis.
PAUL VALLOTTON, ‘Lagrande aurore. Volume in-8® di pag. 459. — Prezzo L. 3.50. (Aggiungere per il porto 0.40).
KANSO OÜTCHIMOURA, crise d'âme d‘un Japonais-, Comment je suis devenu chrétien? Pag. 220; prezzo L. 3. (Aggiungere per il porto 0.25).
G ASTON RIOU, Aux écoutes de la France qui vieni. Sixième éd. Paris 1913. Pag. 330. L. 3.50. (Aggiungere 0,20 per il porto).
indice: I. L’ennui de Boudda. Deux voyages: Arles. Valenciennes. — II. Les arcs-boutants du sanctuaire. Quatre livres témoins: Un livre du comte Albert de Mun. Un livre d’André Mater. Un livre de Paul Sabatier. Un livre de Julien de Narfon. Le bilan du modernisme. — III. Crise ou décadence. Orientation actuelle de la littérature française. Lettres aux «Jeune de France».
GLI EVANGELI E GU ATTI DEGLI APOSTOLI, ultima Versione riveduta. — Roma, 1913. Rilegato. Pag. 260. Una copia affrancata, in Italia 0.65, estero 0.80.
EDOARDO TAGLI ALATELA, // divino nel-Teducazione (Saggi di pedagogia). Pag. 127. L. x.50.
EDOARDO TAGLIATATELA, Tolstoi e la saviezza infantile. Pag. 96, L. 1.
PAOLO ORANO, Altorilievi: Federico Svevo, Richelieu, Voci d’Abruzzo, Sicilia, Il mistero sardo, La mente di Roma, Ad Metalla, Il sermone della vallata. Pag. 240, L. 3.5Ò,
E. S. GREW, Lo sviluppo di un pianeta, 'l'orino, 1914. Pag. 450, L. 6Indice: La formazione di sistemi solari — L’origine dei satelliti — Sfere che si raffreddano — Analogie planetarie — L’interno della Terra — La forma della Terra solida — L’azione vulcanica — L'atmosfera — Il mare antico — Gl’inizi della vita, ecc. — Età e clima — L’influenza della vita — Successione geologica — Sviluppo organico — 11 regno animale — La durata dell'uomo.
A. DI DOMENICA, The Italian Helper for Christian U'orkers-. Parte I. Conversazióni. — Parte IL Grammatica. — Appendice: Parte liturgica. — Rilegato.pag. 140, L. 2.50. Brochure 1.75.
Il bel volumetto è stato preparato per aiutare i Ministri evangelici di lingua inglese, che s’interessano degli emigranti italiani, a comprendere gl'italiani stessi e la loro lingua.
WILFRED MONOD, Délivrances (Sermons).
I- 3-50 (Aggiungere 0.30 per porto).
Indice-. Autels — «Ecce homo!» — Les pauvres — Suivre — Le monde — «O mes enfants» — L’aiguille et le chameau — La guerre — « Beaucoup des justes » — Servir —- Soffrir pour la communautè — « Crois-tu aux prophètes? — Le Christ spirituel.
W? RAUSCHENBlJgtH, Pour Dieu etpour le peuple: Priéresah Réveil social. Traduzione dall’inglese. Prezzo L. 2.50. (Aggiungere 0.25 per porto).
Questo libro di preghiere è stato un avvenimento in America. « Esso penetra in molte famiglie, ricche e povere e contribuisce forse più delle altre opere dotte dell’autore, a modificare l’orientamento della spiritualità, della
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Il
BILYCHNIS. FASCICOLO DI GENNAIO 1914
pietà. La liturgia dei tempi nuovi va elaborandosi silenziosamente nella tormenta sociale... 1 giorni vengono! i giorni si avanzano! ». (E. G,).'
ESPERI ENCES SOCIALES (Conférences).
Prezzo L. 3.50. (Aggiungere 0.30 per porto).
Tables des matières: Le christianisme et l'ari, par Andre Michel — L’Évangile et la société antique aux premiers siècles, par Eug. de Paye — L’Evangile et la question sociale, par G. Chamorel — L’Evangile et les divisions de la chrétienté, par Marc Boegner — i.’E-vangile et l’immortalité, par E. Gonnelle — L’Evangile et l’Estrème-Oriènti par Raoul Allier. — L’Evangile et le monde païen, par G. !.auga — Un peuple sauvé par l’Evangile, par Jean Bianqiiis.
L. SALVATORELLI. Introduzione bibliografica alla Scienza delle religioni. Roma, 1914. 8° grande, pag. 180. Prezzo L. 5.
Indice: Opere generali — Storia della Scienza — Metodologia — Fenomenologia: Magia. Culto. Rappresentazioni religiose. Cultura e religione — Storia dell? religione: Scuola filologica (Il naturalismo). Sistemi astrali. Sistemi Fallici. Maoismo. Scuola antropologica — Teismo, preanimistico. Scuola sociologica.
L. SALVATORELLI, Saggi di storia e politica religiosa. Città di Castello, 1914. 8° grande, pag. 290. Prezzo L. 4.50.
Indice: L’aOrpheus» di S. Reinach — Religione, civiltà ed arte — Maometto e l’IsIam — Diritto e morale dell’IsIam — La storia delia Chiesa Ant. di M. Duchesne — La cattolicità della Chiesa primitiva secondo Pierre Batifib) — Gli apologeti greci del ji secolo — La politica religiosa degl’imperatori romani e la vittoria del cristianesimo sotto Costantino, ecc. — Il presente e l’avvenire del modernismo in Italia — La Politica di Pio X — La personalità di Pio X — Filosofia e religione nell’Italia contemporanea.
GIOVANNI COSTA, /.’imperatore dalmata (C. Valerius Diocletianus). Roma, 1912. Pagine 250. L. 5.
Indice: L L' avviamento all’ Impero — IL Guerre e repressioni — III. La riforma costituzionale e governativa — IV. La difesa dell'impero nelle province — La difesa dell’impèro nell’esercito — VI. La-restaurazione religiosa — VII. L’impronta dell’epoca — Vili. Là «quies Augustoruin » - IX. L’uomo e l’opera sua. ecc.
A. MANARESI. impero romano e il Cristianesimo. Bocca, 1913. Pag. 600. L. 12.
ARTURO PASCAL. Là Società e la Chiesa in Piemonte nel Secolo XKI, considerate in se stesse e nei rapporti colla Riforma. Pi-nerolo, 1912. Pag. 60. Una lira.
BENITO MUSSOLINI, Giovanni Htiss il veridico. Collezione storica dei martiri del libero pensiero. Pag. 120. Prezzo cent. 80. estero L. 1.
1 FIORETTI del glorioso messere santo Francesco e de' suoi frali, a cura di G. L. Passerini. Seconda edizione riveduta. — G. C. Sansoni, ed., Firenze. Elegante edizione di pagine 200. L. 2.
SALVATORE MI NOCCHI, Il Pantheon (Origini del Cristianesimo). Grosso volume di pag. 408. Prezzo L. 6 franco di porto.
Indice: Parte prima: Il Tempio: I Profeti — La legge — La costituzione teocratica — — Misteri dell’Oriente — Ellenismo — Giudaismo — La pienezza dei tempi.
Parte seconda: Il Cristo: Dalla legge al Vangelo — Dal mito alla storia — L’ammonitore (Giovanni Battista) — Il Profeta — La fine;
A. CAUSSE. Les prophètes d’Israël et les Religions de P Orient (Essai sur les origines du monothéisme universaliste). Pag. 330. Prezzo L. 8.50.
Indice: Le iahvisme populaire — Les premiers prophètes. La lutte contre le syncrétisme et la civilisation — Amos, Osée (lahv, Dieu de Justice) — Esaïe, Michée (lahvèe, le saint d’Israél) — Le iahvisme syncrétique et la réforme deutéronomique — Jérémie (L’individualisme religieux) — Ezéchiel (L’évolution du iahvisme pendant l’exil) — La prophétie deutéro-ésaïaque (lahvé, le Dieu universel) — Le monothéisme des prophètes et le monothéisme oriental.
LIBRI A BREZZI RIDOTTI.
OPERE DI ROMOLO MURRI.
La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi.
L. 2.50 per L. 2 — La politica clericale e la democrazia
L. 2.50 per L. 2 — Il partito radicale e il radicalismo italiano
L. 1 per L. 0.75
Il cristianesimo e la religione di domaniL. x per L. 0.75
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B1LYCHNIS. FASCICOLO DI GENNAIO' 1914 J»
OPERE DEL PROF. IGINO PETRONE.
La filosofia politica contemporanea
L. 2.50 per L. 2 —
I limiti del determinismo scientifico
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OPERE DI SALVATORE MI NOCCHI.
La Genesi, tradotta e commentata con discus-sioni critiche su la Cosmogonia biblica, il Paradiso terrestre, i Patriarchi, il Diluvio, la Dispersióne dei popoli. Due voi. iri-8*. Prezzo L. 6.25 per L. 5.
Profezie d'Isaia, tradotte e commentate con una introduzione storica e critica, in-8® grande. Prezzo L. 6 per 4.75.
/ Salmi, tradotti e commentati, ln-16. Prezzo L. 4 50 per 3*5O/,-■ Lamentazioni di Geremia, tradotte e commentate, con uno studio sulla poesia elegiaca nell’antico Oriente, ln-32®. Prezzo L. 1.25 per L. 1.
La crisi odierna del callolicismo in Germania. L. 1.50 per 1.20.
LIBRI PERVENUTI ALLA REDAZIONE.
MONTEFIORE. Gesù di Nazareth nel pensieroebraico contemporaneo — A. F. Fòr-miggini, Genova, 1.913. L. 2.50.
E. BUONAIUTI-N. TURCHI, L'isola di smeraldo. — Torino, Bocca, 1914. P«g- 220.
L. 3.50.
Il Pimandro, di ER M ETE TRIM EGISTO. Versione di G. Bonanni. — Todi,. Casa Atanor, 1913. Pag. 1S0, L. 3.
FRANZ CUMONT, Les mistèresde Milhra. IIImréd., con 28 fig. e una carta. Pag. 258. L. 8.
Nel Primo centenario della morte di Giambattista Rodoni, scritti di T. Grandi, C. Ratta (La Stampa e la Riforma), G. Busnelli. A. Maiacrida. — Torino 1913.
TANCREDI CANONICO. Note intime. — Città di Castello, 1910.
GIORGIO DEL VECCHIO, Il concello del Diritto. In-8°, pag. 150, L. 4. — Editore N. Zanichelli, Bologna, 1912.
DOTT. INNOCENZO CALDERONE, La rincarnazione (Inchiesta internazionale). Ottavo, pag..350, L. 5. Milano, 1913C. VITANZA. Za leggenda del «. Descensus Christi ad inferos» (Saggio critico). — Nicosia, 1911.
EM. BOCH, Zr tre /orme supreme dell'essere. — Roma, 1913.
SAMUEL Me. GERALD. Rinascita, storia di una conversione dal callolicismo Romano. Versione it. di Carlo M. Ferreri. — Roma, 1913. Pag. 180, prezzo L. 1.25.
GIOSUÈ? SALATIELLO, Caterina da Siena, studio storico, psicologico letterario. — Palermo, 1913. Pag. 160, L. 2.
PRINCE GIOVANNI BORGHESE, L’Italie Moderne. — Paris, E. Flammarion. 1913. Pag. 330.. I- 3-5O-.
ENRICO CAPORALI, La natura secondo Pitagora. — Casa Ed. «Atanòr», Todi. 1914. Pag. 190. L. 2.50.
GL! EVANGELI EGLI ATTI DEGLI APOSTOLI. Versione riveduta. — Roma, 1913.
E. S. GREW, Lo sviluppo di un pianeta. — Torino, Bocca. 1914- Pag- 45°« I- 6PAOLO ORANO, Cristo e Quirino (Il problema del cristianesimo). 3" ediz. — Firenze. 1911. Pag. 300, L. 3.
PAOLO ORANO. Altorilievi. — Ancona, Puccini. 1913. Pag. 240, L. 3.50.
L. CENTONZE, Papi, Turchi e Crociate. — Palermo, 1912.
S. TOMMASO D’AQUINO, Trattalo della pietra filosofare, preceduto da una’ introduzione e seguito da un trattato dei medesimo autore su Parte dell’alchimia... — Todi, Casa «Atan«r», 1913. Edizione assai elegante, pag. 135, L. 3.
ARTURO PASCAL, Im Società e la Chiesa in Piemonte nel secolo XVI. — Pinerolo, 1912.
ANDRÉ TOWIANSKl, Fragments, a cura di Attilio Begey. — Roma, 1913.
CAI.OGERO VITANZA, Spirili e forme del divino nella poesìa di M. Rapisardi. Conferenze. — Nicosia, 1913. Pag. 176, L. 1.50.
G. TR1CCA, Uautomatismo nella penombra della civiltà. Sansepoicro, 1913. Pag. 80,• Li r.
UMBERTO TRI A, It pensiero del. Giannone. — Città di Castello, 1913.
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IV BILYCHNIS. FASCICOLO DI GENNAIO 1914
“BILYCHNIS” NEL 1914
I 12 fascicoli dell’intera annata comporranno due grossi volumi di oltre 400 pagine ciascuno, riccamente illustrati.
Abbonamento annuo per l’Italia L. 5 per l’estero L. 8— Un fascicolo L. 1
L'abbonamento si può pagare anche a quote semestrali di L. 2.50 per l’Italia e L. 4 per l’estero
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1. lui Direzione della « Biblioteca di Studi Religiosi» offrirà in dono interamente gratuito ai nostri abbonati libri di sua edizione, ora in preparazione.
22. La stessa Direzione concederà agli abbonati fortissimi ribassi per le pubblicazioni eh’essa ha in deposito e di cui daremo la lista sulle pagine verdi di Bilychnis.
3. Stiamo organizzando una Biblioteca Circolante per lo studio della Religione (storia, critica, filosofia della religione). Agli abbonati di Bilychnis sarà concesso l’uso gratuito della Biblioteca, di cui pubblicheremo presto il regolamento.
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pei- gli Stati Uniti e il Canada.
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Casilla del Correo, 136 MONTEV/DEO, Uruguay
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