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Anno 121 - n. 20
i7 maggio 1985
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delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
INTERVISTA A GEORGES CASALIS
"L'arte di essere minoritari”
Non ho mai sentito il fatto di essere cristiano come un ostacolo ad essere vicino a uomini e
donne di altre fedi; al contrario, mi sono sentito solidale con chi lotta per la pace e la giustizia
Il 15-16 maggio si tiene a Noyon,
il paese del nord della Francia in
cui nacque Giovanni Calvino, una
celebrazione del 45(1° anniversario
della pubblicazione della prima Bibbia tradotta in francese dagli originali, la famosa Bibbia di Olivetano che i Valdesi commissionarono al cugino di Calvino nel 1533.
E’ una delle manifestazioni storiche organizzate dal Museo Calvi
no che gode ora di un cicerone di
eccezione: Georges Casalis, che per
anni è stato professore alla Facoltà di teologia protestante di Parigi.
Sulla sua nuova attività e sul movimentato itinerario della sua vita,
pubblichiamo l’essenziale di un’intervista di Daniel Sagnol pubblicata dal settimanale protestante
francese « Christianisme au XXème
siècle ».
— Georges Casalis, la mia prima domanda sarà forzatamente
banale: essendo pastore e professore di teologia, come mai
lei si ritrova nei panni di un
guardiano di museo?
— E’ vero, lei ha tutte le ragioni per stupirsi di questa nuova carriera di una coppia in pensione. Sono stato 21 anni pastore, 21 anni professore di teologia; Dorotea ha lavorato per 13
anni con la CIMADE (organizzazione protestante per l’azione
sociale, n.d.r.). Al termine di
questi 42 anni cercavamo una
soluzione economica per la nostra emeritazione. E un giorno
ho letto un piccolo annuncio che
indicava un posto vacante come
guardiano del Museo Calvino.
Mi sono ricordato allora di una
parola di Bernard Charles delle
Associazioni Cristiane dei Giovani che mi aveva detto: «Bisogna investire nei luoghi di pellegrinaggio. L’uomo moderno è
uno che cerca le sue radici e va
da un luogo di pellegrinaggio
all’altro ». Gesù Cristo rende
l’uomo a se stesso permettendogli di essere Aglio di Dio nel
pieno della sua umanità. Questa
convinzione sta alla base di tutti gli incontri qui a Noyon con
chiunque è in cerca di signiAcat'o e talvolta è appassionatamente curioso di fronte ad una lettura vivente delle Scritture...
— E’ una confessione di fede,
ma non corrisponde anche a
determinati avvenimenti che lei
ha afferrato al momento giusto?
— Era il 20 luglio 1982. Dunque tre anni fa. C’è voluto un
anno per ricostruire il museo e
riattrezzarlo. Il Consiglio comunale di Noyon ha investito 1 milione di franchi in 2 anni per
il ripristino di questo luogo storico. La sua apertura al pubblico è del 15 giugno 1983. Segue
il 1” novembre 1983 che è una
data ignorata dal grande pubblico ma che ha il suo interesse. Il 1° novembre 1533 — 450
anni fa — è la data del discorso di Nicolas Cop che segna la
rottura di Calvino con la Chiesa
cattolica.
— Sedici anni dopo le tesi di
Lutero a Wittenberg?
— Sì: in quegli anni gli scritti
di Lutero avevano avuto il tempo di penetrare in Francia e di
fermentare come un lievito. Oggi un gran numero di persone
si interessano ai primi fremiti
che preludono alla Riforma in
Francia. Così i Valdesi avevano
domandato a Olivetano di tradurre la Bibbia per loro. E’
l’evento culturale che Commemoriamo quest’anno. La traduzione della prima Bibbia in francese a partire dagli originali
ebraico e greco esce il 4 giugno
1535. Ora, a parte i protestanti
di Losanna e d’Italia, nessuno in
quest’anno in cui si ricorda il
300° anniversario della Revoca
dell’Editto di Nantes parla di
Olivetano, cugino di Calvino.
Questa traduzione avrà un peso
notevole in questi 450 anni e
perfino nella realizzazione della
traduzione ecumenica della Bibbia del nostro secolo.
(Questo anniversario della pubblicazione in francese della prima traduzione « scientiAca » della Bibbia da parte di Pierre Ro
bert di Noyon, detto Olivetano,
sarà celebrato il 15-16 maggio
sotto gli auspici del Ministero
della Cultura.
— La storia le rende dunque
ora gli interessi di ciò che le è
costata in passato?
— E non è Anital Nel 1987 commemoreremo il millenario di
Ugo Capato, eletto a SerAis e
incoronato a Noyon! Ma questo
non riguarda direttamente la
« Casa di Calvino ».
— Tutto questo è molto interessante e promette un’emeritazione altrettanto animata quanto è stata la vostra vita!
— La mia avventura al Museo
Calvino è una specie di contrap
punto ad im’attività che è sempre stata intensa. Un punto cU
riferimento che mi obbliga a ritornare costantemente alle radici e alla fonte. Ma quello che mi
colpisce di più è il fatto che ci
siano persone che considerano
l’Evangelo come qualcosa che le
separa dagli altri. Credo che
posso far mio il pensiero di
Teilhard de Chardin che affermava: « Più ero a.1 cuore dell’Evangelo e più mi trovavo al
cuore dell’umanità».
Non ho mai sentito il fatto di
essere cristiano come un ostacolo che mi impedisse di trovarmi
vicino a uomini e donne che professavano altre ideologie. Al contrario l’ho sentito come una solidarietà con tutti quelli che
hanno a cuore la lotta contro
il pericolo nucleare, per la pace, per la giustizia. I cristiani
possiedono delle radici — più
o meno forti — che permettono
loro di vivere in mezzo ad altri
uomini anche sprovvisti di ra
dici.
Teilhard diceva anche: « E’ importante creare un fronte comune di tutti quelli che credono
che la storia va avanti; che sperano in un avvenire migliore del
presente e che credono sia loro
dovere farla avanzare».
I TIMOTEO 6: 7-11
La febbre del gioco
« Non abbiamo portato nuUa nel mondo e neppure possiamo
portarne via nulla, ma avendo dì che nutrirci e dì che coprirci,
saremo di questo contenti. Invece quelli che vogUono arricchire cadono vittime di tentazioni, di inganni e dì molti desideri insensati
e funesti, che affondano gli uomini nella rovina e neila perdizione.
Infatti i’amore del denaro è radice di ogni specie di male e alcuni
che vi si sono dati si sono aliontanati dalla fede e si sono procurati molti dolori. Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose, e ricerca
la giustizia, la pietà, la fede, l’amore, la costanza e la dolcezza ».
In Italia il gioco d’azzardo è
Un fenomeno in rapida diffusione. E' di questi ultimi mesi la
scoperta dell’esistenza di un totocalcio clandestino: sviluppatosi parallelamente a quello ufficiale, esso era gestito da alcune
grandi organizzazioni criminali.
Si suppone anche l’esistenza di
un lotto clandestino. Non parliamo delle scommesse legate alla
organizzazione delle corse di cavalli, siano esse ufficiali o clandestine, e alle partite di calcio.
Alcuni anni fa i più bei nomi
del calcio nostrano furono coinvolti in una inchiesta che riuscì
a dimostrare la loro disponibilità a ’truccare’ i risultati di alcune partite pur di favorire un
grosso giro di scommesse.
Contemporaneamente, grazie
anche alla politica d’intrattenimento delle emittenti televisive,
accanto ai vari totip, lotterie,
totocalcio, lotti, si sono sviluppati programmi che quotidianamente propongono al grande
pubblico il gioco come spettacolo facendo dei quiz, dei giochi
a premi, dei concorsi non solo
l’occasione per lauti guadagni
per alcuni fortunati, ma anche
una sorta di proposta culturale
che vorrebbe essere e risultare
popolare.
In ogni caso la ’febbre del gioco' non è un fenomeno del tutto
sconosciuto nel nostro paese: esso ha le sue radici profonde sia
nella storia del costume nazionale, sia in quella sorta di fatalismo che si traduce anche in filosofìa della vita che subordina
tutto al destino, alla fortuna ed
al caso.
Spesso la giocata al lotto od
al totocalcio, l’acquisto di un
biglietto di una lotteria, la partecipazione ad un quiz televisivo
o radiofonico sono vissuti come
il tentativo estremo di sopperire
ad un difficile ed improbabile
riscatto sociale attraverso il classico colpo di fortuna che da un
momento all’altro ti permette di
fare un notevole balzo in avanti, almeno a livello economico,
nella scala gerarchica di una società che è ancora divisa tra ricchi e poveri, benestanti e coloro
che riescono a sopravvivere al
limite della decenza. In questa
realtà il gioco per molti è solo
una tentazione, per altri diventa
una speranza che si rinnova ogni
settimana, per altri ancora una
malattia che rischia di rovinare
la loro vita.
Quale atteggiamento deve assumere il credente di fronte alla
’febbre del gioco’?
In nessun passo della Bibbia
è possibile riscontrare un riferimento negativo al gioco; come
non è possibile trovare un comandamento od un insegnamento che lo proibiscano. Invece
nella Bibbia viene sottolineato
con forza il fatto che l’uomo è
il costruttore del pronrio destino e che quindi il proprio futuro, la propria storia personale,
sono condizionate unicamente
dalle scelte che si è in grado di
operare e realizzare con l’aiuto
di Dio. Ln TUbbia nega in realtà
l’eventualità che l’uomo si affidi alla fortuna, al caso. Dio solo
può essere l’interlocutore a cui
l’uomo deve rivolgersi per chiedere nella preghiera l’aiuto che
gli occorre. Dio solo, nella sua
sovranità assoluta, si pone come
garante dell’esistenza di ogni individuo.
Accettando invece la logica
che presiede al gioco l’uomo si
affida totalmente al caso ed alla
fortuna rischiando di cadere in
forme di superstizione esaspeFrancesco Cosentino
(continua a pag. 3)
— Georges Casalis, gii impegni
che lei ha assunto sono stati a
volte interpretati come più o
meno contraddittori o paradossali. Penso sia necessario, prima
di ricordarli, tracciare almeno
per i lettori più giovani, qualche
Uneamento di una vita così piena...
— Sono diventato adulto e resistente il 30 gennaio 1933, data
dell’ascesa al potere di Adolf
Hitler... Sono stato segretario
generale della Federazione Francese delle Associazioni cristiane
di studenti, la « Fédé », dal 1940
al 1943, date che parlano da sé,
e la vita clandestina è iniziata
a Lione sui pendii della CroixRousse vicino alla casa dove abitava il pastore Roland de Pury. I Pury e noi davamo rifugio
a un certo numero di persone
costrette a nascondersi per salvare la vita. Erano poi avviati
sulla via del rifugio in Svizzera.
— Via sulla quale lei ha rischiato di morire in un’imboscata mentre metteva in saivo degli Ebrei. Ricordo che Karl
Barth ha commentato il racconto che ne ha fatto dicendo che
lei sarebbe stato spacciato se,
come in certi racconti dell’Antico
Testamento, ii Signore non avesse messo il suo angelo tra lei e
quelli che la inseguivano...
— E’ vero. Ma ho anche sdorato la morte altre volte, in montagna, e ho r ealizzato quale dilazione mi era stata concessa.
(continua a pag. 3)
ROMA
La Consulta
sul
fondamento e
coronamento
Come i lettori ricorderanno,
l’eccezione di incostituzionalità
del RD del 1928 che pone la religione cattolica come « fondamento e coronamento » dell’insegnamento elementare è stata
discussa dalla Corte Costituzionale ril.l2.’84 senza che da allora sia stata emessa una sentenza. Da più parti, e anche da
parte della Federazione delle
Chiese Evangeliche, si è sollecitato un giudizio che sancisse la
incostituzionalità di questa norma. La Corte ha risposto receiitemente (2 maggio) con un’ordinanza di rinvio a ruolo: tenendo
conto della legge 25.3.’85 n. 121
che modihea il Concordato del
’29, la Corte, considerata l’opportunità di « tener conto della
nuova normativa che entrerà in
vigore con lo scambio degli strumenti di ratiAca » ha deciso appunto di rinviare la causa a
nuovo ruolo.
In un articolo comparso su
« La Voce repubblicana » (8-9.5)
Ethel Serravalle commenta rilevando che questa decisione dimostra comunque che la norma
in questione è inequivocabilmente incostituzionale; altrimenti la
Corte si sarebbe pronunciata respingendo immediatamente il
ricorso invece di aspettare, con
molta prudenza, ciò che le nuove normative di attuazione disporranno. E’ comunque sconsolante che non si sia trovato il
coraggio di non rinviare una
constatazione inevitabile.
2
2 fede e cultura
17 maggio 1985
EDIZIONI CLAUDIANA
Tra la croce e la svastica
Attualità del tema, problematicità del contenuto, semplicità della forma, fanno di questo libro un utile strumento di lavoro per le chiese
Un anno fa cadeva il cinquantesimo anniversario della Confessione di Barmen, ricordato nel
modo più solenne dalle chiese
valdesi e metodiste, vale a dire
con la lettura delle sei tesi durante il culto di apertura del Sinodo. Fosse rimasto isolato, il
fatto avrebbe notuto anche assumere il significato di una celebrazione-imbalsamazione, dell’archiviazione definitiva di un passato glorioso ma non più attuale.
La realtà fortunatamente è diversa; e ne è prova anche l’interessante raccolta di saggi pubblicata qualche mese fa dalla
Claudiana su questo tema
Il libro si divide in tre parti:
nella prima spicca l’introduzione
storica di Giorgio Rochat, che ricostruisce l’atmosfera degli anni
dell’ascesa del nazismo e dell’offensiva dei « deutsche Christen »
(l’emanazione ecclesiastica del
partito nazionalsocialista) aU’interno del protestantesimo tedesco. Ciò che avvenne nella chiesa
in quel periodo, però, andava ben
al di là di imo sbandamento legato a circostanze particolari, eccezionali. Al contrario •— avverte
Rochat — la commistione di
evangelo e nazismo non fu che il
punto più basso di una traiettoria cominciata molto prima, e
che aveva portato le chiese europee a una totale subalternità nei
confronti delle culture e delle
ideologie di volta in volta dominanti.
Fu contro tutto questo che levò la sua voce la chiesa confessante, ed è per questo che la confessione di Barmen fa ancora
parte dell’attualità, oltre che della storia. La tentazione di adorare degli idoli moderni a fianco
o invece del « vecchio » e « scandaloso » Gesù è infatti una tentazione particolarmente forte nella
nostra epoca. Ma, attenzione:
una confessione di fede non è,
né potrebbe essere, una specie di
summa del messaggio evangelico.
Al contrario, è un documento legato a una precisa situazione storica, è im tentativo di predicazione in un dato contesto; non può
quindi essere compresa se non
tenendo conto di questa realtà
(Sergio Rostagno).
Si giunge così alla seconda e
alla terza parte del libro (costituite, rispettivamente, dal testo
integrale delle sei tesi di Barmen
e dalla loro discussione). Il riferimento aUa « Dichiarazione teologica » di cinquant’anni fa, quindi, oscilla fra due poli: da un lato, le esigenze dell’attualità; dall’altro, il bisogno di collocare
questo testo nella problematica
del suo tempo e — ancora più
in là nel tempo — di leggerlo in
rapporto al pensiero di Lutero e
Calvino. In questa prospettiva,
Barmen evidenzia ima comples
sità che altrimenti sfuggirebbe,
e, soprattutto, recupera il suo significato di appello a una predicazione profetica.
La tensione fra questi due momenti è evidente soprattutto nei
capitoli dedicati alle prime due
tesi («Gesù Cristo... è l’unica parola di Dio » e « Gesù Cristo... è
l’espressione della forte pretesa
che Dio fa valere nei confronti di
tutta la nostra vita »), in cui
Klauspeter Blaser e Sergio Rostagno affrontano rispettivamente il problema delle teologie naturali e di una nuova comprensione deiretica. Di risposte certe
il lettore ne troverà poche; domande aperte, invece, quante se
ne vuole, in questi come negli altri capitoli (fra l’altro, in forma
semplice e accessibile a chiunque).
Attualità del tema, problematicità del contenuto, semplicità
della forma: la felice combinazione di questi tre elementi lascia pensare che « Tra la croce e
la svastica », oltre che veicolo
di istruzione per i singoli, possa
diventare un utile strumento di
lavoro per le chiese, soprattutto
nella sua terza parte: magari
come traccia per uno studio comunitario, o per un corso di catechismo. Paolo Fiorio
^ AA.VV., Tra la croce e la svastica Barmen 1934-1984, L. 9.800.
UN RICONOSCIMENTO AL PASTORE CUPERTINO E A SUA MOGLIE
Chi salva una persona
salva il mondo
25 aprile, Venezia, Campo del
Gheto Novo h a pochi passi ci
sono le antiche sinagoghe, il museo ebraico, il centro culturale
della Comunità ebraica; su un
muro il bassorilievo commemorativo delle vittime delle persecuzioni razziali. Come ogni 25
aprile, c’è una cerimonia di ricordo; sono presenti il presidente della Comunità ebraica Giorgio Voghera, il sindaco Mario Rigo, il ministro Visentini. Il console di Israele consegna un’onorificenza a Daniele Cupertino e
Teresa Morelli Cupertino per
l'aiuto prestato a un perseguitato: un diploma e una medaglia
che recano la frase « Chi salva
una persona salva il mondo ».
Daniele Cupertino è pastore
emerito della Chiesa awentista.
E’ stato pastore a Roma, Palermo, Mestre; fa ancora parte di
quest’ultima comunità. Abita a
Martellago con la moglie.
Li raggiungo con una telefonata. Risponde la signora Cupertino che racconta la vicenda di solidarietà di più di quarant’anni fa.
Durante la guerra i coniugi Cupertino abitavano a Roma, dove
lui era pastore. Frequentava talvolta il Culto del sabato nella
chiesa awentista un giovane
ebreo, che studiava per diventare rabbino ed era interessato a
conoscere il pensiero delle varie
fedi. Fecero amicizia, e il giovanotto prese a frequentare la loro
casa con la fidanzata, informandosi, discutendo e conversando.
Quando il ghetto di Roma fu
rastrellato, la fidanzata e i genitori di lei furono deportati, e
furono fra gli ebrei di Roma che
non fecero ritorno. Il giovane
riuscì a scappare per una finestra, e andò a chiedere aiuto agli
amici Cupertino che lo accolsero
in casa per circa un mese e
mezzo.
Era evidentemente pericoloso
« ma si è cristiani per qualche
cosa, e un giovane che bussava
alla nostra porta, non lo si poteva mandare via » dice la signora.
Tuttavia la loro casa non era
un ricovero abbastanza sicuro.
Era vicina alla stazione Tuscolana, zona soggetta ai bombardamenti; quando scendevano nel rifugio, era inevitabile che il loro
ospite fosse notato, e già la portinaia cominciava a far domande
sull’identità di quell’amico che
abitava da loro.
Il rischio di una delazione era
grosso, e il pastore si dette da
fare per trovare al ragazzo una
sistemazione più sicura. Tramite
un amico, prelato al Vaticano,
potè farlo accogliere a S. Giovanni in Laterano, dove erano parecchi i rifugiati, e dove il giovane potè restare fino alla liberazione.
Dopo la guerra partì per Israele, e per alcuni anni perdette i
contatti con i Cupertino, che nel
frattempo erano stati trasferiti.
Riuscì a rintracciarli qualche anno più tardi tramite la direzione
awentista, e in questi anni ha
mantenuto con loro una regolare
corrispondenza. Dopo il pericolo
e la perdita delle persone care,
si è rifatto una vita.
E’ stato lui ad adoperarsi per
questa onorificenza.
Nel Viale dei Giusti, a Gerusalemme, dove ogni albero è dedicato a qualcuno che ha aiutato
gli ebrei perseguitati, un albero
è intitolato ai coniugi Cupertino.
La notizia della consegna dell’onorificenza è stata riferita dal
Giornale del Veneto radiofonico
(2° programma), e dai quotidiani
locali: il Gazzettino, che ha anche pubblicato una fotografia, e
La Nuova Venezia, che ha parlato
del pastore Cupertino come del
«pastore della comunità ebraica».
Roberta Colonna Romano
^ Veneziano : Campo, cioè piazzale,
del Ghetto Nuovo.
ENIGMA GODARD
Le proteste, non tutte contegnose,
che certi gruppi cattolici oltranzisti hanno inscenato alle porte e nei cinema
dove si proietta il film di J. L. Godard
« Je vous salue Marie » — che i presentatori italiani non hanno avuto il
coraggio di intitolare con la sua corretta versione: « Ave Maria » —; al
pari delle alzate del pontefice romano
anche alla radio vaticana, hanno richiamato alla mia mente le reazioni della
plebe di Efeso all'annuncio della nuova Via in Cristo Gesù fatto da Paolo,
per cui « accesi di sdegno, si misero a
gridare: Grande è la Diana degli efesini », temendo che venisse « spogliata della sua maestà colei che tutta
l'Asia ed II mondo adorano » (At. 19:
23, 28].
In fondo sembrerebbe chiaro che nella circostanza siano affiorati gesti dettati da sentimenti di religiosità popolare che esprimono riflessi impulsivi
dell'inconscio ohe lasciano trasparire
elementi della mitologia mediterranea.
Assai meno chiara è invece la reazione manifestatasi contro Jean Lue
Godard al Festival cinematografico di
Cannes.
Se si ritiene che con l’annuncio di
voler ritirare il film e con le sue dichiarazioni alla stampa Godard abbia
voluto effettivamente fare solo uno
scherzo spettacolare pungendo con
ironia sottile le reazioni impulsive dei
suddetti ambienti cattolici, allora la
torta che gli è stata sbattuta in faccia,
è solo una contro-reazione deH’integralismo cattolico; e la cosa finisce li.
Ma se invece si desse caso che veramente Godard sia rimasto « commosso » dalle reazioni del pontefice
romano e di quei cattolici insorti contro di lui; e che voglia veramente
che il suo film sia ritirato da Roma
« dove il papa è in casa sua », occorrerebbe ricordargli che Roma è la capitale della nostra Repubblica e non la
casa del pontefice, ohe abita nello
Stato della città del Vaticano. Godard sarebbe in tal caso un personaggio disposto alla ritrattazione del
suo operato e delle sue Idee, perché,
contrariamente alFammonimento che
abbiamo ricevuto da Paolo, « condanna
in se stesso quello ohe approva »
(Rom. 14: 22), e non uno spirito libero. Per cui quella che ha ricevuto
in faccia sarebbe una torta ben servita, che avrebbe potuto anche essere
sostituita con un cappello alla Périvier.
Capisco anche le perplessità insorte
nel Vicariato di Roma.
Giorgio Peyrot, Torre Pel lice
CULTO SOPPRESSO
Carissimo Direttore
Alle ore 7.35 di domenica 28 aprile
come nostra consueta abitudine aprivo la radio per ascoltare il Culto Evangelico RAI 1, e con mio stupore mi
sentivo dire dall’annunciatrice che causa lo sciopero il Culto non poteva essere trasmessol
Ore 10 circa riapro la radio e sento che la Messa domenicale viene
trasmessa!
Vedo quindi con rammarico che la
firma dell'Intesa non viene, come accade sempre per altre cose, rispettata dal nostro governo. La RAI, strumento valido di questo governo, è la
dimostrazione chiara che in Italia esiste tuttora la differenziazione tra cristiani e cristiani, e vale a dire la formula ,« O sei con noi o sei un eretico... ».
In questi giorni in cui si celebrano
I 40 anni della liberazione vorrei ricordare a questi signori che ci governano ohe molti protestanti italiani sia
delle Valli Valdesi che in tutta italìa
combatterono anch'essi nelle file partigiane e molti morirono (vedi ad es.
Lombardini) combattendo per un'lialia
libera.
Quella libertà che oggi ancora con
questo atto ci viene tolta. Non basta
portare una croce come simbolo di
governo, questa Croce bisogna aiìiarla,
rispettarla come fecero I primi Cristiani e come sappiamo amare e rispettare noi protestanti.
Porgo fraterni saluti.
Jalla-Piana, Torino
gioventù
evangelica
anno XXXV - n. 92 - aprile 1985
editoriale: Cattolici: alla ricerca del
bene comune, di Giorgio GardioI
studio biblico; Lo straniero tra noi, di
Sergio Ribet
PACE E DISARMO
Chi minaccia chi? -il libro bianco del
Ministero della difesa, di Giorgio
Boatti
Obiezione di coscienza e servizio civile nel protestantesimo italiano, di
Furio Rutigliano
PROTESTANTESIMO
II governo della chiesa: l'amministrazione e I suoi problemi, di Gianni
Rostan
Giovani e chiese: un dibattito
INTERVENTI
Lo sciopero più lungo, di Enrica Rochon
La doppia madonna socialista di Jugoslavia, di Michele L. Straniero
Contro la soggettività come moda, di
Yann Redalié
• • *
gioventù evangelica, via Luigi Porro
Lambertenghi 28, 20159 Milano, sottoscrizione per il 1985: annuale L. 14
mila - estero L. 18.000 - sostenitore
L. 20.000 - versamenti su c.c.p. n.
35917004.
TRA IL SERIO E IL FACETO
Una rivincita per Valdo
Tutti sanno che, nel 1179, al
concilio del Laterano, Pietro Valdo e Vivete si presentarono per
ottenere il permesso della chiesa alla loro nredicazione laica e
itinerante; e che, in quella circostanza. il papa Alessandro III
e Valdo si salutarono col bacio
(sia pure come d’uso). Ed è pure
risaputo che un religioso inglese,
certo Walter Maps (Mapes, in latino) ebbe l’incarico — o si a.ssunse l’incarico — di interrogare
i due predicanti sulla loro fede.
Fu questo il punto cruciale. Perché, interrogandoli sul Credo —
« credete in Dio? credete nel Figliuolo? credete nello Spirito
Santo? » — i due risposero: « Sì »,
ed allora il Maps aggiunse: « Credete nella chiesa cattolica? ». La
domanda era una trappola, in
quanto il Credo e la teologia distinguono il credere in per le tre
persone della Trinità, e il credere con il complemento oggetto,
dunque senza in, per tutto il resto. I due ignorantelli caddero
dunque nella trappola, e rispo
sero con un « sì » che fu accolto da sonore risate (doveva essere la trappola d’uso ner quei
casi), e che decise irrimediabilmente la loro sorte. Fin qui
l’.aneddoto.
Ora, quel Maps è conosciuto,
negli ambienti goliardici (universitari) di tutti i tempi, per aver
composto una poesiola in latino,
adattata ad una bella musichetta,
appunto giovanile, ed anche, a dir
il vero, non eccessivamente casta, in quel finale in cui si dice
che ai goliardi «sono leciti il bere
e le figlie della terra »... Lasciamo andare. Ora viene il bello.
I primi versi della poesiola del
Maps dicono: « Lauriger Horatius, quam dixisti verum: fiiait
Euro citius tenipus edax rerum ».
L’allusione è chiara: che il tempo divoratore fugga, lo ha detto
Orazio, il poeta romano. Uomo
di cultura, vero, il Maps?
E invece proprio no. Nella mia
ricerca di motti per meridiane
(un mio hobby) ho trovato che
la frase « il tempo divoratore
fugge più svelto dello scirocco
(Euro) » non è di Orazio, ma... di
Ovidio, e si trova nelle « Metamorfosi » di quest’ultimo, canto
XV, verso 234.
Valdo e Vivete: siete vendicati! Non conoscevate le finezze
del Credo, perché teologi non
eravate, e forse non sapevate
neanche il latino (tanto che la
Scrittura, doveste farvela tradurre in lingua corrente a Lione); ma il vostro avversario, che
vi intrappolò, e che parlava U
latino — oh, se lo conosceva! —
era un vero ignorante di letteratura: confondere fra di loro due
poeti c''sì diversi, via! Per un
errore di quel genere, tramandatosi nei secoli, e nessuno ne
ha mai tentalo la correzione, la
quale sarebbe stata metricamente facilissima, nemmeno qualche
dottore in lettere classiche vi si
è provato. Non importa. La storia non è sempre ingiusta: il
« latinorum » del frate inglese lo
dimostra.
tip.
3
17 maggio 1985
fede e cultura 3
Confesso che è difficile imbastire, lunedì 13 notte, un primo
commento ’a caldo’ sui risultati
di questa travagliata consultazione elettorale. DilBcile anche
perché siamo di fronte, al momento di andare in macchina,
a dati parziali. Va da sé che la
lettura politica di questo voto
sarà fatta nel tempo e nella costruzione, o ricostruzione, delle
alleanze e degli equilibri politici
regionali e locali. Certamente le
impressioni e le valutazioni si
differenziano non poco se il confronto lo si fa con le regionali
deirso o con le europee dell’84.
Com’è ormai tradizione consolidata ogni partito ricama sui
dati raffrontati al parametro più
conveniente. Ma ci sono fin d’ora alcuni aspetti politici che, mi
pare, emergano con chiarezza e
sui quali vale la pena di riflettere.
Quella che era nata come semplice somma aritmetica di partiti per governare il Paese è uscita dalle urne come una vera e
propria coalizione politica riossigenata e vitaminizzata. Però
prima di gridare vittoria non si
trascuri il fatto che nel 1980 il
pentapartito superava il 60“4
mentre per il momento si attesta al 58'o. Dignitosissimo risultato. Ma non un ’trionfo’.
L’altro dato interessante che
ha stinto su tutti i partiti è il
’verde’ che ha finito — parlo di
regionali — per guadagnarsi il
2*4 dell’elettorato. E come prima prova tanto di cappello. Si
consolida così ufficialmente, nel
panorama politico italiano, un
elemento tipico delle democrazie occidentali preoccupate, giustamente, in questi anni, del degrado fisico e ambientaie in cui
viviamo. Un dato quest’ultimo
tutto europeo.
Il quadro politico ha tenuto
a sinistra con l’affermazione di
Democrazia Proletaria (l,5Vo) e
a destra con una preoccupante
ripresa del Movimento Sociale
Italiano (6,3“/o). Interessante il
fatto che l’elettorato abbia risposto con piena partecipazione
a questa consultazione. Della
mancanza di assenteismo si rallegrano anche 1 leader politici
che, sino a ieri, suggerivano di
non partecipare all’eventuale voto del referendum sulla scala
mobile. Da questo voto dipenderanno anche gli accordi sulla
futura presidenza della Repubblica.
Il governo dunque riceve, sostanzialmente, un sì dall’elettorato. La svolta che molti temevano o desideravano non ci sarà. Il potere è saldamente ancorato nelle mani della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati. Il Partito Comunista con il
suo 30,3% ammette di avere ottenuto un magro risultato. Ma
è patetico parlare di ’crollo’ del
PCI e di ’trionfo’ della DC che,
in realtà, perde rispetto al 1980.
La diga contro il PCI, che con
il suo balzo in avanti nel 1984
aveva fatto venire i sudori a non
poche formazioni politiche, ha
tenuto. Ma quale spiegamento
di forze per innalzare questa diga-, nel conto bisognerà mettere anche la scomparsa di un politico come Berlinguer la cui assenza si avverte ancora. Infine
pare dì capire che il ’decisionismo’ di Craxi agli italiani piace
visto che hanno premiato il suo
partito. L’immagine dell’uomo
forte che guida la navicella del
governo in acque tempestose,
con a bordo un equipaggio sicuro da De Mita a Spadolini, è
un’immagine che piace. Il viaggio è ora a metà. Intanto l’ago
della bussola da sinistra si sta
lentamente spostando verso il
centro. Non è escluso che la
navicella, suUa nuova rotta, incontri gli scogli sommersi del
referendum. E rischi il naufragio. Giuseppe Platone
LA DISCUSSA OPERA DI GODARD CI L’SrtG dì
Questa Maria essere minoritari
è una donna
(segue da pag. I)
Ho pensato al Salmo 139: «mi
sveglio e sono ancora con te ».
— Dal 1934 al ’46 lei è stato
Il film è una finzione dichiarata che si avvi- fa‘lS"dl Pu^“K:c‘^&S^r
Cina alla realtà più di un preteso realismo l’ha ma^to j^r 5 anni in cer
Vedendo Je vous salue, Marie
non mi, son detto, come tanti altri, « questa donna che Godard ci
fa vedere è Maria » Quanto, all’opposto: « questa Maria che Godard ci fa vedere è una donna ».
Godard non è un esegeta alternativo alla Jesus Christ Superstar,
né un anticlericale militante. Credo che Godard abbia quel tanto
di anticlericalismo che è giusto
avere, non di niù.
II mito gli interessa per parlare dell’esistenza e non viceversa. Solo così, credo, il suo film
diventa leggibile. E’ dunque la
storia di una donna di oggi, di
una donna e della sua maternità.
« Dottore, l’anima ha un corpo? »
chiede Maria durante la visita ginecologica: è la sua anima turbata che si accorge di avere un
corpo, abitato da un altro. Ed è
con quest'altro che si stabilisce,
di fronte al mondo, l’intima complicità della madre, che esclude
tutti gli altri, a partire da « Giuseppe ». Giuseppe aonare come
un uomo frustrato, che non capisce, che si sente escluso: ama
Maria, ma lei non gli dà il permesso di toccarla; sa di essere
amato da Maria, ma intuisce che
la relazione che la lega a questo
misterioso altro è niù forte.
Intorno a onesto conflitto fra
donna e uomo — in varie forme,
esso è sempre nresente nei filrn
di Godard — si dispon-'^nno altri
frammenti di discorsi egualmente importanti, anelli consueti dei film di Jean-Luc Godard;
l’infanzia, la vita, l’ambiguità
della comunicazione, il potere;
particolarmente belle le scene
sull’infanzia, nel cortometraggio
di Anne-Marie Mieville sull’infanzia di Maria, e la sequenza finale
sul birichino mà cresciuto {« Gesù ») che lascia i genitori conscio di una vita vià sua.
Le parole e le immagini del
film, come sempre studiate e costruite con un amore direi maniacale, non vogliono insegnare
niente, non affermano tesi né
dottrine: semplicemente vogliono dirci e farci vedere segmenti
di un’esistenza rigorosamente disarticolati e contraddittori com’è
l’esistenza stessa, vista sotto una
angolatura, direi, filosofica, "avec
les yeux mauvais et l’esprit curieux". Vedere questo film è dunque seguire una finzione dichiarata che si avvicina alla realtà
più di un preteso realismo; come tale, è anche un divertimento: perché tanto religioso silenzio in sala da parte degli spettatori? Un divertimento. Anche se,
per capirlo bene, vederlo una volta è poco.
Resta una domanda: se Godard ha voluto raccontare la
storia di una donna e della
sua maternità, perché ha scelto come pretesto il mito della maternità verginale di Maria, nella sua versione cattolica?
Credo che la sua onerazione non
sia, contrariamente a quanto
hanno scritto recensori di opposte tendenze ideologiche, né la
riscoperta del sacro né la pura
dissacrazione. Ma è pur vero che
intorno a noi (e a Godard) c’è
una cultura cattolica di destra
al contrattacco, che sfrutta le
madonne (o meglio le fa apnarire) e gioca tutto sul brivido del
so'^rannaturale e deH’extraterrestre che esso stesso contribuisce
a suscitare. Di fronte a questa
cultura, che ha già sempre una
risposta per ogni domanda e che
conosce in anticipo il senso di
ogni esistenza, e che vorrebbe
continuare a legiferare e a pontificare sul corno e sulla vita,
specialmente delle donne, non è
senza importanza il fatto che un
regista ateo si fermi ad osservare e a farci osservare il mistero della maternità e della vita.
Anche il fatto che egli ci restituisca in maniera poetica
e bella il nudo femminile accanto
a scenari naturali altrettanto belli, non è fatto da poco, in epoca
di spreco e di abuso delle immagini. Dev’essere proprio anche
questo che riscalda tanto il sangue ai cattolici tradizionalisti: le
immagini — se c’è di mezzo un
personaggio di nome Maria — si
devono venerare se sacre, condannare se profane; ma vederle
con stupore e con piacere, questo
proprio no.
Saverio Merlo
Come è noto, i Quotidiani hanno riferito con rilievo la nntìr.ia
secondo cui Jean Lue Godard
avrebbe chiesto al suo distributore in Italia di ritirare il suo
film da Roma. Per un commento
di questa notizia rinviamo alla
lettera in proposito pubblicata
nella rubrica ”A colloquio con i
lettori”.
La febbre del gioco
(segue da pag. I)
rate capaci addirittura di suscitare manifestazioni 'idolatriche'.
Colui che gioca nutre la speranza non nascosta di ottenere
rapidamente una vincita significativa che gli permetta di cambiare radicalmente la vita, magari gli dia la possibilità di fare
il nababbo per tutto il tempo
che gli rimane ancora da vivere,
soprattutto lo liberi dalla necessità di lavorare. Rispetto a questa
aspirazione umana la Bibbia afferma che il lavoro è il mezzo che
l'uomo ha per vivere. Il denaro
che ognuno di noi guadagna è
ricevuto nella convinzione che
anche esso è parte di quella grazia di Dio di cui ognuno di noi
è soggetto interessato: siamo
soltanto incaricati della sua amministrazione. E' fuori da ogni
dubbio che il denaro usato per
giocare è denaro amministrato
in modo cattivo.
Quando l'apostolo Paolo scrisse
a Timoteo: «Non abbiamo portato
nulla nel mondo e neppure possiamo portarne via nulla, ma avendo di che nutrirci e di che coprirci, saremo di questo contenti », non voleva negare l'utilità
del denaro rispetto alla soddisfazione delle necessità primarie
della vita di ogni uomo. Egli semplicemente voleva rendere attento il suo fratello in fede del pericolo di dare troppa importanza al desiderio di arricchirsi al
di là della necessità. Questo richiamo non ha perso nemmeno
oggi la sua validità, anche l'uomo moderno concentrato troppo spesso sulla propria realizzazione economica, può prof.cuamente tenerne conto.
Francesco Cosentino
mania. Perché?
— Perché ero e sono completamente bilingue. Così sorto stato 4 anni e mezzo a Berlino come pastore dei Francesi e anche degli ultimi 7 criminali nazisti, rinchiusi nella cittadella di
Spandau, dei quali, lei sa, rimane ancora Rudolph Hess.
A quel tempo abbiamo pubblicato i primi scritti postumi di
Bonhoeffer, impiccato dai nazisti il 9 aprile 1945 giusto 40 anni fa. Poi sono entrato come
professore di teologia alla Facoltà di Dahlem che è quella
della Chiesa confessante. Ho
preparato in seguito il mio
dottorato in teologia a Strasburgo, mentre ero pastore della
Chiesa Saint-Nicolas per un decennio, avendo un solo predecessore ancora in vita: Albert
Sch'weitzer, che ho conosciuto
bene.
Poi, dieci anni più tardi, nel
1961, sono diventato professore
di teologia a Parigi, per 21 anni. Ho contribuito alla riforma
degli studi di teologia, ciò che
mi è costato il posto. Ma sono
contento di quella riforma del
1972 che instaurava in primo
luogo « l’articolazione del pensiero suH’esperienza vissuta ». In
questo ero completamente d’accordo, per una volta, con Jacques Ellul...
— Lei ha dunque vissuto il ’68
a Parigi?
— Sì e da quel tempo e alla
scuola di Paulo Freire, ho capito che si era prodotta una presa
di coscienza irreversibile. Non
è più possibile opporre un potere professorale al potere studentesco, dato che le decisioni
comuni devono essere prese pariteticamente. Ho capito anche,
in quel tempo, la promessa del
profeta Malachia: « Ricondurrà
il cuore dei padri verso i figlioli ».
— Ma non ci sono stati siolo
risultati positivi nel ’68. Si dice
ora che i rivoluzionari di allora sono spesso i parassiti di oggi, che hanno in mano delle sinecure...
— E’ possibile. Ogni rivoluzione è imperfetta. Se non c’è un
rinnovamento permanente il movimento s’impantana. Ma nessun cambiamento sarebbe possibile se ci si rassegnasse al presente a causa delle perversioni
possibili del domani. Si dimentica troppe ciò che c’era prima
di Stalin e di Poi Pot, ciò che
per altro non giustifica né l’uno
né l’altro.
— A questo proposito: qual
è la sua relazione con i paesi
dell’Est?
— Ho partecipato alla Conferenza Cristiana della Pace (OOP)
e questo mi ha permesso di portare un contributo alla riconciliazione dei cristiani dei paesi
dell’Est con gli altri. Ciò ha
portato all’ingresso nel Consiglio Ecumenico delle Chiese, nel
1961, della Chiesa ortodossa e delle Chiese protestanti dell’URSS
e di altri paesi « socialisti ». Ma
questo non mi ha impedito di
protestare nel ’68 contro l’ingresso dell’Unione Sovietica a
Praga e di essere messo alla porta della CCP e, per molto tempo, dei paesi del patto di Varsavia. In seguito sono stato parecchio coinvolto nella solidarietà con i paesi dell’America
Latina. Ciò che mi ha condotto,
a rischio di essere emarginato,
ad essere uno degli allievi e
degli interlocutori dei teologi
della liberazione. Attualmente
tengo in media una conferenza
alla settimana su questo grande
movimento spirituale e intellettuale di rinnovamento comunitario, e un’altra come presidente
del Comitato di solidarietà Francia-Nicaragua. A questo titolo
faccio anche dell’insegnamento
biblico in Francia e in America
Latina.
— Con quale metodo di lettura?
— Col metodo « materialista »,
al seguito di Fernando Belo e
del suo famoso commentario
dell’Evangelo di Marco ‘. Dal
1974 partecipo alla lettura della
Bibbia a partire dalle lotte per
la trasformazione della società,
al livello più basso della scala
sociale. Fino al 1974 Belo era
un lavoratore migrante che ha
riletto l’Evangelo con gli occhi
degli operai.
— E una lettura storico-critica?
— La lettura storico-critica è
nata ai margini della media
borghesia più o meno in rottura
con l’istituzione ecclesiastica,
mentre il metodo materialista
di Belo (che rappresenta secondo me un metodo molto vicino
a quello delle teologie della liberazione) è colorato dall’oppressione e dalla miseria dei popoli
e dalla partecipazione alle lotte
solidali dei poveri.
I metodi storico-critici sono
procedimenti intellettuali compatibili con un tranquillo conformismo intellettuale, mentre le
teologie della liberazione sono il
prodotto della fede dei poveri in
un Dio che salva e libera. Esse
mirano ad un rinnovamento della società e quindi delle formulazioni della fede, della liturgia,
deH’innologia... Sono la riflessione evangelica radicata in una
pratica di rifiuto di tutti i sistemi inumani. Un prete del Nicaragua mi diceva, parlando dei
cristiani che erano caduti nella
guerra contro la dittatura di
Somoza: « Se non fossero stati
risuscitati non sarebbero morti
così ». E’ un’affermazione del
tutto giovannica: « Noi sappiaino che siamo passati dalla morte alla vita perché amiamo i
fratelli», dunque a causa degli
atti che noi compiamo! La risurrezione è ora... Dopo, è affare
di Dio; ma ora è affar nostre!
— Lei è stato tuttavia criticato e accusato di compromessi.
E’ stato accusato di aver «politicizzato » l’Evangelo. Senza dubbio a causa di questi impegni...
— Cos’hanno in comune i cristiani e gli altri se non di vivere
e di morire, di tentare di rendere questa terra più abitabile...
I cristiani devono essere dei fattori di libertà, di creatività, di
elasticità e apertura. I protestanti che diventassero trionfalisti tradirebbero se stessi. Per
parlare come Georges Crespy, le
minoranze (quali siamo) possono essere il sedimento melmoso
di una corrente che si è inaridita, di un movimento spirituale
che è morto. Ma ad ogni momento le minoranze possono
prender coscienza di ciò che
rappresentano e ridiventare minoranze « embrionali », cap?,ci
di spaccare il cemento delle
tombe.
A cosa servirebbe ai protestanti ripiegarsi su se stessi, per non
« compromettersi » col mondo,
per paura della politica o di altri pericoli? La rinvio per questo
al notevole articolo del prof.
Kenneth Cragg su « L’arte di essere minoritari ».
Se fuggiamo il politico, esso
ben presto ci raggiunge. Preferisco afferrarlo di petto...
' FERNANDO BELO, La lettura materialista dell'Evangelo. Claudiana.
4
4 vita delle chiese
17 maggio 1985
VIAGGIO IN GERMANIA
Poma retto - Ruppertshofen
Una cinquantina di nomarini,
cui si sono aggiunti alcuni amici
da Frali e da Torino, si sono recati alla fine di aprile a Ruppertshofen nel Württemberg per trovare il pastore Thomas Elser e la
signora Ulla. Quando li avevamo
salutati a settembre avevamo
promesso loro di andarli a trovare nella nuova comunità. Ruppertshofen è un paese di circa
1.000 abitanti, come Pomaretto,
in campagna, non lontano da
Schwabish-Gmünd, la cui popolazione lavora in ptLrte nelTagricoltura ed in parte neH’industria,
soprattutto Tindustria del legno.
Le accoglienze che ci sono state
riservate sono state indimenticabili; culto con la comunità, saluto
della Banda Musicale, un concerto in nostro onore della Vocalensemble, il coro che sta per
compiere una visita alle valli a
fine mese. Abbiamo noi visitato
con la guida del sindaco, che ci
aveva preparato il suo discorso
in italiano, il paese ed in particolare la stazione dei vigili del
fuoco e rimpianto di depurazione
delle acque. Il raffronto con la
nostra situazione ci faceva essere
un po’ invidiosi nel vedere quanto l’organizzazione della prevenzione e le preoccupazioni per
l’ecologia avessero raggiunto risultati più concreti che da
noi, fin nella realtà dei villaggi.
Abbiamo poi avuto la possibilità di visitare una foresta (sotto
una tormenta di neve che rendeva il paesaggio ancora più suggestivo) dove abbiamo potuto
constatare come il problema della morte delle foreste è purtroppo reale e preoccupante. La nostra guida ci ha fatto notare i segni da cui si vede la progressiva
morte delle piante ed una tabella da cui risultava come il fenomeno acquista dimensioni sempre più ampie, ner cui si può nre
vederne la morte fra una decina
di anni.
Siamo stati poi a Sussen (da
cui era venuto in visita alle valli
un gruppo di trombettieri). Anche qui sotto la guida del sindaco, abbiamo visitato il centro per
gli anziani in avanzata costruzione, ancora più bello di quello che
dovrà essere il nuovo Asilo di S.
Germano! Quindi una fabbrica
di lana (con un bel dono per ciascuno) ed abbiamo avuto una
bella serata comunitaria piena di
calore e di affetto.
Ci siamo anche recati ai cancelli della base di missili di Mutlangen, sollevando le preoccupazioni della polizia tedesca che
controllava la zona. Il gruppo di
giovani del movimento per la pace, che dalTinizìo ha costituito
un presidio, ci ha presentato i
dati del problema raccontandoci
anche la storia della loro azione
di presidio e di sensibilizzazione
della popolazione.
Il problema della pace è veramente acuto e questo, ancora di
più in un paese che vive ancora
in regime di occupazione e non
è libero di prendere le proprie
decisioni nel campo della difesa
nazionale! E intanto ci sono già
stati diversi incidenti...!
Al ritorno abbiamo potuto fare
una puntata fino a Dachau, altro
monumento alla follia dell’uomo.
Il ben documentato museo, la
grande spianata su cui sorgevano
le baracche e, soprattutto i lugubri forni crematori, sono una agghiacciante testimonianza su dove può arrivare la follia devastatrice dell’uomo.
Il nostro viaggio con il bel programma che il pastore Thomas
ci aveva preparato è stato ricco
di molti spunti di riflessione. Il
nostro tempo è un tempo difficile e carico di preoccupazioni, ma
nelTincontro con Questi amici tedeschi abbiamo vissuto una parabola: le frontiere, le diversità
di cultura e di formazione vengono superate nell’incontro fraterno. E questa è una grande speranza per tutti gli uomini.
r. c.
Decisioni per la pace
TORRE PELLICE — Un’Assemblea di chiesa, caratterizzata da inconsueti interventi di
voci giovanili, ha affrontato il
tema della denuclearizzazione
del territorio. La serrata discussione ha portato all’approvazione di un ordine del giorno che
dichiara il territorio della chiesa denuclearizzato e che invita
i membri di chiesa impegnati
nella vita civile e sociale a farsi promotori di una cultura di
paco, a tutti i livelli. Non ha
destato discussione invece la
proposta di gemellaggio con le
chiese americane, che è stata
dunque approvata. La stessa assemblea ha poi votato l’impegno
finanziario per il 1986, ed infine
ha ricevuto un documento informativo sul tema dell’etica del
lavoro. La discussione su quest’ultimo punto sarà ripresa in
una assemblea autunnale, dopo
che nella comunità, con l’aiuto
di alcuni giovani, sarà svolta una
indagine informativa e statistica sul numero di disoccupati, di
pensionati e di lavoratori,
FRALI — Durante il mese di
aprile abbiamo avuto diverse
occasioni di incontro ; innanzitutto attorno ai due confermati:
Vera Rostan e Pierluigi Richard.
In seguito abbiamo avuto il 21
aprile un’assemblea di chiesa in
cui oltre ad eleggere i deputati
alla conferenza distrettuale (Use
Genre e Mirella Tron) e al Sinodo (Silvio Artus) abbiamo discusso alcune iniziative concrete sulla pace. Abbiamo così deciso di aderire al programma di
gemellaggio proposto dalla chiesa di Riverside di New York.
Abbiamo anche affrontato il tema della denuclearizzazione della chiesa di Frali.
L’assemblea ha deciso di indire
una riunione apposita alla ripresa delle attività in cui discutere meglio quali sono le implicazioni della denuclearizzazione
per una chiesa.
Radiovideo
di Maccari Felice
Vendita e Riparazione
RADIO TV HI-FI
Centro Assistenza
GRUNDIG
VIA 2 GIUGNO, 4 . S 0121/51032
VILLAR PEROSA
Anche nel mese di maggio gli
incontri non sono mancati : il
bazar ha dato buoni esiti e un
gran numero di persone ha assistito alla commedia presentata
dal gruppo giovani.
Benvenuto agli ospiti
ANGROGNA — Ci rallegriamo di avere al culto, domenica
19, alle 10.30 al Capoluogo, la
corale di Perrero-Villasecca. Sarà presente anche la comunità
metodista di La Spezia con il
past. Eugenio Stretti. Tra i membri di questa comunità saranno
presenti anche alcuni parenti
del predicatore J. Lombardini,
curiosi di salire fino al Bagnóou.
Nel corso del culto avverrà la
presentazione di una neonata.
• Venerdì scorso abbiamo accompagnato all’estremo riposo
Irma Bertalot ved. Bertin (Roccia Maneod), deceduta al Rifugio Carlo Alberto, dove da tre
anni era ricoverata, all’età di 75
anni. Ai parenti rinnoviamo la
espressione solidale della comunità dei credenti in Cristo.
Gioia e dolore
MASSELLO — Venerdì 3 maggio si sono svolti nel Tempio di
Massello i funerali del fratello
Ernesto Micol delle Porte. Il
pensiero e la partecipazione di
tutta la comunità vanno a sua
moglie, ai suoi figli e nipoti in
questo momento di lutto.
• Silvia è venuta a rallegrare
con la sua nascita la famiglia di
Tron Giovannino e Silvana. Tanti auguri ai genitori e al fratellino Marco!
Elezioni
POMARETTO — Durante il
culto di domenica 12 maggio lo
Spirito del Signore è stato invocato in occasione dei battesimi di: Patrizia Bounous di Marco e di Giovanna Long, e di Andrea Alcalino di Ilario e di Sandra Griglio. Siano questi bambini sotto la guida e la protezione costante del Signore.
• L’assemblea di Chiesa tenutasi domenica 12 maggio u.s ha
preso le seguenti decisioni:
Nomina di 2 deputati al Sinodo: risultano eletti: Tron Lillina e Anna Celli Di Gennaro;
suppl. Micol Laura e Costabel
Lisa. Nomina di 3 deputati alla
Conf. Distr., risultano eletti :
Pons Arturo, Rostan Elsa, Rostan Viola; suppl.: Refourn Gio
vanni, Marchetti Luigi.
L’assemblea ha anche accettato l’aumento per la cassa culto,
anno 1986, richiesto dalla Tavola. Si dovrà dunque versare alla cassa culto per il 1986 la somma di L. 45.(K)0.000.
Nuovo anziano
PRAMOLLO — Domenica 12
maggio ha avuto luogo il culto
d’insediamento dell’anziano del
quartiere Bosi : Remo Travers.
E’ stata anche battezzata Luisella, di Nella e Renato Travers.
Chiediamo a Dio di benedirli e
di guidarli.
• Domenica 19 maggio il culto sarà preparato dalla Scuola
Domenicale, mentre il 26 maggio avrà luogo il Bazar, con inizio alle ore 15 nella sala delle
attività.
Nozze d’oro
VILLASECCA — Alla coppia
di coniugi Emilio Peyronel ed
Alice Peyronel, ed a Filiberto
Peyronel e Iri Michelin rinnoviamo le nostre vive felicitazioni per il 50° anniversario del loro matrimonio. Insieme, come
50 anni fa, essi hanno voluto ricordare questo avvenimento partecipando al culto di domenica
5 maggio per rinnovare la loro
volontà di vivere cristianamente
il proprio matrimonio e ringraziare il Signore per le sue benedizioni concesse durante tutti questi anni.
• Domenica 19 corr. la Corale di S. Germano parteciperà al
culto che sarà presieduto dal
past. Paolo Ribet. Il culto avverrà nel tempio dei Chiotti.
• Edmondo Micol, di anni 50,
si è addormentato nel Signore.
La sua fine improvvisa ed insospettata ha profondamente
rattristato tutta la comunità e
quanti altri lo conoscevano.
Ai genitori, sorella e familiari
rinnoviamo l’espressione della
nostra simpatia cristiana e della nostra comunione di fede nel
Cristo risorto.
Termina la Scuola
domenicale
PRAROSTINO — Domenica
28 aprile si è avuta la consueta
festa di chiusura della Scuola
Domenicale, a cui è stata invitata tutta la comunità.
I ragazzi e le loro monitrici
hanno prodotto scene e cartelloni sui temi studiati durante l’an
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
no, oltre all’esecuzione di canti
e musiche. Gelato e rinfresco
hanno arricchito questo bel pomeriggio; la colletta raccolta è
a favore della lotta contro la
lebbra.
« Il bazar ha avuto luogo domenica 5 maggio, e l’impegno
posto da molte persone per la
preparazione di questa giornata, è stato ricompensato da una
buona affluenza anche da comunità vicine. Molti giovani hanno
partecipato con entusiasmo e
offerto il loro aiuto.
L’incasso è destinato alla ristrutturazione della ex Scuola
Umberto I, che rappresenta un
notevole impegno per la nostra
comunità.
• Il 28 aprile abbiamo accompagnato all’ultima dimora terrena il nostro fratello Porciero
Alessio, deceduto aU’Ospedale
Valdese di Torre Pellice all’età
di 78 anni.
Pure all’età di 78 anni è deceduta all’Ospedale Civile di Pinerolo, dopo lunghe sofferenze
sopportate con fede, la nostra
sorella Long Olga in Robert, il
6 maggio.
Alle famiglie in lutto rinnoviamo la nostra simpatia cristiana.
• Diamo il benvenuto a tre
neonati: Pastre Fabrizio di Enrico e Marisa, terzogenito, nato
il 20.4, della borgata Topi di Prarostino; Fornerone Marco, secondogenito di Attilio e Wilma,
nato il 23.4, della borgata Mole;
Godine Simone, primogenito di
Gianni e Anna, della borgata
Godina, ma residenti a Pinerolo.
Ai felici genitori i nostri migliori auguri e ai teneri agnelli
che il Signore si compiace di
aggiungere al suo gregge, lunga
e vera vita sotto lo sguardo del
Signore.
Ciouedì 16 maggio
a RIUNIONE
COLLABORATORI
ECO DELLE VALLI
PINEROLO — Con inizio alle ore 17
e termine alle ore 22 si tiene presso
locali della chiesa valdese (via dei
Mille 1) l'incontro mensile del collaboratori deH’Eco delle Valli Valdesi
Cena in comune. Annunciare la parte
cipazione al past. Giuseppe Platone
tei. 944144.
□ FEDE E POLITICA
PINEROLO — Alle ore 21 al Bar
Sportivo (piazza Matteotti), Antonio
Cañedo Cervero parla sul tema « Coscienza cristiana e scelta di classe
nelle comunità valdesi del Piemonte ■>.
Venerdì 17 maggio
□ ASSEMBLEA
3° CIRCUITO
PRALI — Alle ore 20.30 ha luogo
presso la sala valdese l’assemblea del
MI circuito. Ordine del giorno:
— Relazione del consiglio:
— Programma estivo e prossime anno ecclesiastico;
— Elezione del consiglio;
— Varie ed eventuali.
n ASSEMBLEA
1° CIRCUITO
ROBBIO PELLICE — Alle ore 21,
presso la sala, si terrà l'annuale assemblea con la lettura e discussione
della Relazione annua e votazione del
Consiglio di circuito. Nessun delegato
manchi all'appuntamento.
_______Sabato 18 maggio_________
□ RICORDANDO BACH
TORRE PELLICE — Alle ore 21. nel
Tempio valdese, si tiene un enneerto
celebrativo del 3” centenario dei'n nascita di Johann Seb. Bach. Mo-iche
per organo, flauto diritto e cemPalo,
soprano e organo. Ingresso libero: offerte per la ristrutturazione dell'Ospedale valdese di Torre Pellice.
Esecutori: Maria Preda Giannotti, soprano; Paolo Dogliotti, flauto diritto;
Ferruccio Corsani, organo e cembalo.
□ PROGETTO PACE
P’INEROLO — Alle ore 15.30 presso
la sala valdese si tiene un seminario
del progetto pace del 1“ distretto. Argomento: esame attività annua. L'incontro prosegue con la cena in comune (secondo al sacco) e con giochi e canti.
Domenica 19 maggio
□ FESTE DI CANTO
PRALI e SAN SECONDO — Nei
templi di queste due località si tengono alle ore 15.30 le feste di canto
delle corali valdesi.
Il 1985 ha portato nella libreria
di via Montebello ¿4 a Pinerolo i libri della
M ameditrice
emumana
Annunciandolo ricordiamo le nostre specializTiazioni
/ • ¿BcoAicuEfo acbndofoé^ 1 ^1 1 1 ^
giochi educativi e libri per bambini e ragazzi montagna, natura, agricoltura 1
5
i
17 maggio 1985
vita delle chiese 5
LA CASA DI RIPOSO ’’CAPROTTI-ZAVARITT” DI GORLE
CASA COMUNITARIA DI TRESANTI
Al servizio degii
anziani Allarghiamo
gli orizzonti
A Gorle (Bg.), a partire dal
1" luglio p.v., la Casa di Riposo
’Caprotti-Zavaritt’ inizierà la sua
attività di accoglienza e di ospitalità per quegli anziani che desiderano vivere in « un tipo di
comunità — afferma il dépliant
che illustra l’iniziativa — nella
quale agli ospiti verrà offerta,
oltre alla possibilità di praticare varie attività fisiche e motorie, anche la soddisfazione d’interessi intellettuali e spirituali ».
La Casa appartiene alla Tavola Valdese, la quale ne ha ceduto l’uso gratuito ad un Comitato di gestione che provvederà
autonomamente alle spese per
il personale specializzato e
comune oltre che, naturalmente,
agli approvvigionamenti.
— Quali sono stati gli avvenimenti — chiediamo a Thomas
Soggin, pastore della Chiesa Evangelica di Bergamo e membro del Comitato di gestione della Casa — che sono aU’origfine
di questa vostra iniziativa?
— La storia di questa Casa
inizia il 10 maggio 1980 con una
assemblea della comunità di
Bergamo. Questa assemblea si
trovò a dover valutare una doppia iniziativa; da una parte una
famiglia laica di Bergamo, i Caprotti, offrì un lascito in favore
degli anziani bisognosi di assistenza e dall’altra parte la famiglia Zavaritt diede in dono per
lo stesso scono una casa con un
grande giardino che in passato
era stata la sede di un istituto
per ragazzi.
L’assemblea ritenne che quete due iniziative concomitanti
fossero da interpretare come
’un segno — cito dall’ordine del
giorno votato in quella occasione — evidente di una vocazione
al servizio di quanti, senza distinzione di confessione religiosa, di nazionalità e di residenza,
hanno bisogno della solidarietà
fraterna, perché la parola dell’evangelo sull’amore fraterno
non sia priva di significato concreto’.
Nel 1982, dopo due anni, l’accettazione delle due donazioni
da parte dell’autorità tutoria è
stata giuridicamente definita.
Nel frattempo il Consiglio di
Chiesa aveva già preparato con
la comunità un progetto che prevedeva la ristrutturazione e l’allargamento della casa.
— Nelle ’Norme generali per
rammissione alla Casa di Riposo’ è detto che « dairammissione sono senz’altro escluse persone ammalate o comunque bisognose di particolari cure ». Ma
cosa succederà all’ospite che entrato autosuffìciente nella Casa,
per una ragione o per un’altra,
si ritroverà non più autosufflciente?
— Quando una persona diventa non più autosufficiente signi
fica che il posto da lui occupato
raddoppia o si triplica a seconda della sua condizione di salute. La nostra Casa è una casa
piccola che attualmente può
ospitare un totale di 27 persone.
In un prossimo futuro potrà
contarne fino ad un massimo
di 40: sempre poche! Ci sono
due possibili soluzioni prese in
considerazione dal Comitato di
gestione: chi ha possibilità finanziarie provvederà da solo a
trovarsi una assistenza adeguata alla sua condizione di non
autosufficienza ; per chi non ha
possibilità finanziarie il Comitato si riserva di provvedere al
suo sostegno, dopo aver valutato caso per caso, tramite l’Associazione degli ’Amici della Casa di Riposo’. Questa Associazione, composta fino a questo
momento da 64 iscritti, quasi
tutti membri della comunità
evangelica di Bergamo, si impegna nei momenti di bisógno
a sostenere i casi gravi assicurando la presenza nella casa di
alcuni suoi membri che si presteranno per dei turni di assistenza.
D’altra parte bisogna tener
presente che la futura direttrice è una infermiera professionale in grado lei stessa di istruire volontari e non, per aiutare
quelli che avranno bisogno di
una assistenza particolare a partire dalle loro condizioni di salute. In ogni caso il Comitato di
gestione si riterrà libero di valutare caso per caso perché non
si può fare una regola generale
per ogni singolo individuo.
— Quali sono i problemi che
vi trovate a dover affrontare in
questo momento?
— La casa sta cercando degli
ospiti: si spera che essi siano
in gran parte evangelici. Il problema di una casa piccola come
questa, che ha praticamente
’bruciato’ i suoi capitali nella
ristrutturazione, è chiaramente
quello dei costi. La comunità di
Bergamo ha pensato allora di
costituire un fondo per far calare il costo della retta in particoTar modo per gli evangelici della
comunità stessa. Infatti la retta
della Casa oscilla tra un minimo di 1.150.000 ad un massimo
di 1.600.000 lire a testa in stanza
doppia, mentre naturalmente
per una stanza singola il costo
aumenta. Sono prezzi alti, talvolta molto alti, infatti la media si aggira sulle quaranta-cinquantamila lire al giorno, però
nel quadro dei servizi dati dalla
casa sono prezzi che si muovono
ancora nell’ordine di costi molto contenuti, calcolando poi che
la casa non ha molti posti.
Dal 1° aprile la Casa di Riposo è aperta per visite tutti i martedì, i giovedì ed i sabati dalle
15 alle 17: chiunque è interessato ad avere maggiori informazioni sulla Casa stessa vi si può
recare in questi giorni oppure
può telefonare allo 035/665454.
Inoltre chi fosse interessato a
sostenere quest’opera contribuendo al fondo di solidarietà
può inviare offerte al pastore
Soggin, via Malj Tabajani 4,
Bergamo, specificandone lo scopo.
a cura di Mauro Pons
La casa comunitaria di Tresanti ha assunto una struttura
definita grazie, oltre che alla
preziosa opera di adulti del Centro Sociale Evangelico (C.S.E.)
di Firenze, alla passione, alla
Volontà e al lavoro indefesso dei
giovani della Federazione Giovanile Evangelica in Italia (F.G.
E. I.) Toscana.
Se anzi oggi esiste una
F. G.E.I. Toscana lo si deve alle
possibilità dì incontro e di reciproca conoscenza che ci ha fornito Tresanti. Decine di ragazzi
e giovanissimi hanno lavorato
CORRISPONDENZE
Dal Ponente ligure
ROMA — Sabato 18 maggio alle ore
18, nell’Aula magna della Facoltà valdese di teologia, via P. Cosso 40, il
prof. Amedeo MolnAr terrà una conferenza su « li calvinismo nei paesi boemi e slavi ».
VENEZIA — Lunedi 20 maggio alle
ore 17.30 nell'Aula magna dell'Università Il pastore Giorgio Tourn terrà una
lezione sul tema: « Dopo la notte di
San Bartolomeo; Dalla promulgazione
alla revoca dell'Editto di Nantes ».
CATANIA — La Chiesa battista celebra Il proprio cinquantenario nei giorni 24-26 maggio: 24 ore 19 via Capuana, tavella rotonda su « I battisti a Catania » con i pastori Sanfilippo, Matta,
P. Marziale, Rapisarda.
25 ore 18.30 all'Aula magna dell'Università il prof. S. Caponetto parlerà
su « Aspetti della Riforma protestante
nella Sicilia del ’500 ». 26 ore 10
culto con battesimi e S. Cena, predicazione del past. P. Spanu.
SANREMO — Domenica 21 aprile si è riunita l’assemblea di
chiesa, durante la quale è stata
presentata la relazione annua del
Consiglio sulla vita comunitaria
nel corso dell’anno ecclesiastico
1984-85 ed è stato eletto il deputato alla Conferenza distrettuale di Milano del 15-16 giugno.
Sono stati organizzati nelle
nostre chiese due incontri, di cui
uno a Vallecrosia il 7 marzo, sul
tema « La sessualità nella Bibbia e nel tempo presente ». Durante detti incontri è stato deciso di esaminare il tema proposto attraverso uno studio esegetico di alcuni testi biblici, fatto dal Pastore Peyrot e distribuito ai membri in ciclostilato
ed inoltre è stata proposta la
compilazione di un questionario sui vari aspetti del problema
da sottoporre alla comunità. Si
passerà quindi ad un esame dei
risultati del questionario e alla
stesura di un documento conclusivo.
Purtroppo la comunità di Sanremo è stata colpita da due lutti; sono venuti a mancare, infatti, Alberto Charbonnier di Torre
Penice, ma residente a Sanremo e Maria Maggi ved. Superchi, decana della comunità. Siamo vicini ai familiari con affetto e solidarietà cristiana, sicuri
che il Signore darà loro coraggio
e conforto.
BORDIGHERA - VALLECRa
SIA — La casa valdese di Vallecrosia ha ospitato nel mese di
marzo quattro campi scuola di
Roma, con il patrocinio dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione e ai Servizi Sociali di Roma.
Domenica 21 aprile si è riunita
l’assemblea di chiesa, durante
la quale sono stati eletti i deputati alla Conferenza distrettuale
e al Sinodo.
ALASSIO — Durante il culto
di domenica 28 aprile erano presenti alcuni fratelli di Prarostino
e San Secondo di Pinerolo, che
soggiornavano da alcuni giorni
a Pietra Ligure e sono stati accolti con gioia fraterna dalla
comunità di Alessio.
IMPERIA — Terminato lo studio biblico sulla Santa Cena, si
è passati ora alla Lettera ai Romani. Ha avuto termine il corso di catechismo, mentre la
scuola domenicale proseguirà
ancora per tutto il mese di maggio. Sabato 30 marzo si è tenuta
una tavola rotonda sul tema « I
diritti dei malati e dei morenti » patrocinata dal comitato
per la pace della zona. Al dibattito ha partecipato per la parte
evangelica Davide Melodia.
Riconferma
GENOVA — Nella circolare
di aprile della chiesa valdese, il
presidente del Concistoro Bruno Lombardi Boccia ha espresso la gioia e la soddisfazione delia comunità che con elezioni
«plebiscitarie» il 17 marzo ha
riconfermato il pastore Gino
Conte per il secondo settennio
di pastorato e eletto il pastore
emerito Giuseppe Anziani come
anziano di chiesa. Oltre a rallegrarsi per l’esito, il presidente
Lombardi Boccia ha sottolineato la massiccia presenza dei
membri all’assemblea di chiesa,
segno di attaccamento e amore
per la chiesa.
Dal canto suo, sempre sulla
circolare, il pastore Conte ha
espresso gratitudine per l’indicazione a continuare ad operare
nella chiesa di Genova e per il
calore con cui è stata espressa,
« anche e soprattutto — ha soggiunto — perché va molto al di
là del ’valore’ del mio servizio
tra voi».
Domenica 19 maggio l’assemblea di chiesa è chiamata a votare una bozza di documento sulla sessualità elaborata a seguito di due precedenti assemblee.
sodo per rimettere a posto quello che (un tempo) era un malandato cascinale. In tempi più
recenti esso ha ospitato quasi
tutti i convegni regionali EGEI
e il campo giovanissimi, primo
esperimento nel complesso riuscito di collegamento e di fraternizzazione tra coloro che frequentano le varie scuole domenicali della regione.
Ma oltre a questo, la Casa è
diventata un luogo di appuntamento ed un punto di riferimento per molti evangelici d’oltralpe, soprattutto tedeschi e
svizzeri, molti dei quali scelgono Tresanti anche e soprattutto
come luogo di meditazione; capita sovente neli’arrivare alla
Casa di sentire voci, richiami,
risate, canzoni con parole di varie lingue e ciò dà subito una
piacevole sensazione di fraternità tra i popoli.
Ormai la Casa è arrivata al
momento più importante della
sua storia. Da una dimensione
ancora prettamente regionale si
è aperta verso orizzonti più di
lungo respiro, sta compiendo
(pur faticosamente) un salto di
qualità che a mio avviso, comporta una diversa e maggiore
considerazione, cioè la Casa di
Tresanti sta diventando una punta avanzata del mondo evangelico, non solo in Toscana. La
sua testimonianza si rivolge 1)
ad una più ristretta cerchia regionale: a giugno si terrà un
secondo ed ancora più importante e numeroso campo giovanissimi, a cura della FGEI Toscana sul tema: « Dio, uomo e
natura»; 2) Pei c’è una testimonianza ósempre evangelica) locale: gli abitanti dei dintorni vedono nella Casa un momento di
incontro fraterno e di dibattito
religioso e sociale (particolarmente prezioso in una zona deve la sinistra ha l’80% dei voti);
3) Dalle zone limitrofe al mondo
evangelico italiano; a settembre
ci sarà (per la prima volta) un
Seminario nazionale FGEI sul
tema: « H gioco »; 4) L’Europa
evangelica; a maggio Tresanti
ospiterà un Campo famiglie dalla Germania, il che la dice lunga su fin dove sia arrivata la
conoscenza della Casa; 5) L’Europa laica: sempre a maggio un
incontro interconfessionale e tra
credenti e non di lavoratori italiani e francesi. Ed è inutile aggixmgere la assidua frequenza di
fratelli di altre confessioni (tra
cui moltissimi cattolici) e di
non credenti.
Da questo rapido e forzatamente lacimoso panorama dell’attività della Casa di Tresanti
si può capire come in tutti noi
scaturisca l’esigenza di chiedere
più spazio e più possibilità per
questo centro, rafforzando ulteriormente una pToposta di fede
concreta che ci appare decisamente insostituibile.
Michele Damiani
6
6 prospettive bibliche
17 maggio 1985
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Nonconformismo, ma quale?
3 - ROMANI 12: 1-2
4 o Vi esorto dunque, fratelli, per la mi* ^ sericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale.
2 Non conformatevi a questo mondo,
ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, aflOnché conosciate per esperienza quale sia la volontà
di Dio, la buona, accettevole e perfetta
volontà. (Trad. Riveduta revisionata).
Nonconformlsmo: rispetto a
che cosa, a chi? Questa è la
questione. Nel passo di Romani 12 sul quale stiamo riflettendo, Paolo condensa la sua
esortazione apostolica a vivere una
vita coerente con la grazia che ci è
stata fatta e manifestata in Gesù
Cristo, in questi termini: « ...non vi
conformate al presente secolo ».
Quella vita 'ragionevole', conforme
cioè al movente e al movimento che
Dio ci ha dato in Cristo e al fondamento e al fine che in lui abbiamo
gioiosamente trovato, quella vita di
'culto nel quotidiano' (« i nostri corpi ») della quale abbiamo parlato.
Paolo la qualifica così: « non conformarsi al presente secolo ».
L'apostolo si schiera dunque con
gli anticonformisti, con i contestatori, con i rivoluzionari, magari con
gli anarchici? Ma non è proprio lui
che ha scritto pure: « ciascuno resti
nella condizione (letteralmente: nella vocazione, nella chiamata) nella
quale è stato chiamato » (I Cor. 7:
17, 20)? Non è lui che ha rimandato
al suo padrone Filemone lo schiavo
fuggiasco Qnesimo (sia pure con un
biglietto dinamitardo)? Non è lui
che, poco dopo (Romani 13) propone un programma politico tutt'altro
che anarchico?
Fra tensione innovativa
e conservazione
Sicuramente Paolo non fa l'elogio
del nonconformista quale 'tipo' umano psicologico o sociologico-politico,
non vuole incoraggiare un atteggiamento dell'uomo, singolo o collettivo, preso in sé; insomma per lui il
nonconformista non 'vale', in sé, più
del conformista. Ciò che conta non
è l’uomo, ma il movente della vita
dell’uomo, non l’atteggiamento dell’uomo, ma la molla che l'anima.
Del resto, se il mondo, se l'uomo
è semplicemente quello che è, non
ci sarebbe alcun bisogno di richiedere il nonconformismo. L’incoercibile spinta vitale di ogni giovane, di
ogni generazione nel momento travagliato dell'adolescenza e della pubertà non è forse quella a non conformarsi al passato, ai 'modelli'? E
non è lo stesso per ogni popolo emergente, per ogni classe emergente, per
ogni razza emergente? Non è lo stesso per ogni cultura emergente, per
ogni ideologia e religione emergenti? La vita del mondo, e dell’umanità
in particolare, non si presenta forse
come lo scontro, in ogni caso come
la tensione vitale tra conservazione
e innovazione, tra conformismo alla
tradizione e nonconformismo riformatore o rivoluzionario? Tutto è e
tutto diviene, ecco la sapienza antica già formulata dai filosofi greci. E
nella grandiosa trasposizione religiosa deirinduismo, nascita creativa,
conservazione e distruzione, in un
ciclo costantemente rinascente, non
sono forse i princini, divinizzati nel
Oggi c’è ondata di « riflusso » e son lontani gli slanci e i furori sessantotteschi; eppure nonconformismo e contestazione sembrano sempre
vivi. Chi mai vorrebbe essere, e soprattutto essere considerato conformista? Non a caso «il conformista» è l’eroe negativo di uno dei desolati
romanzi di Moravia. L’ideale corrente è l’opposto, l’anticonformista.
Anche in campo ecclesiastico. E fra noi evangelici, anche fra i più conservatori e tradizionali, non fa capolino il senso fiero, anzi orgoglioso
di non essere come la massa? Ci sono, sì, venature di complessi d’inferiorità (siamo piccoli, siamo pochi, non abbiamo forza d’influenza culturale, né peso sociale e politico...), ma nell’insieme rischiamo piuttosto
un complesso di superiorità, magari inconscio: noi, minoranza più attenta, più cosciente, più attivamente partecipe della «massa »...
a cura di GINO CONTE
la Trimurti, di tutto ciò che è, e diviene, del continuo mutare del Tutto eterno?
In termini a noi più familiari, che
cos’altro è la storia, quella dei decenni che 'facciamo' noi e quella dei
millenni alle nostre spalle e — per
quanto? — davanti a noi, se non
questo cozzo vitale? Senza nonconformismo rinnovatore (ma anche
senza conservazione) non ci sarebbe, semplicemente, vita, né storia,
la quale invece è mossa da ondate
successive di nonconformismi di
ogni tipo. Questi hanno indubbiamente fatto fare all'umanità passi
avanti \ talvolta giganteschi, in tutti
i campi, daH’organizzazione politica
e sociale al diritto, dalla cultura alla scienza e alla sua applicazione
tecnologica. Il mondo, come la vita,
è in perpetuo, teso movimento, in
continua trasformazione: non sempre chiara, evidente, ma altrettanto
reale, sulla lunga durata, quanto
quella che nel giro di qualche anno
rinnova completamente le cellule del
nostro corpo (residuati e depositi
adiposi a parte...) e, almeno in parte, la nostra mentalità, i nostri atteggiamenti.
Un nonconformista
molto particolare
Ma allora, in questo quadro di
complementarità (di rado armonica!) fra nonconformismo rinnovatore e conservazione del supporto tradizionale, di che parla. Paolo? Lo
precisa chiaramente: « non vi conformate al presente secolo ».
Come — reagiamo — non dobbiamo essere uomini e donne del nostro tempo? E che dovremmo essere, allora? Gente di ieri, attardata,
superata? Qppure gente proiettata
talmente verso il futuro da rischiare di eludere le effettive responsabilità di oggi per correre, sia pur
generosamente, dietro a sogni e chimere, a utopie?
No. Quando Paolo, come gli uomini del Nuovo Testamento, parla del
« presente secolo » ® non pensa a
quella che chiamiamo l'attualità, ma
al mondo così com’è, nella sua attualità, certo, impastata di passato, ma
anche al suo divenire, anche al futuro che è ora in gestazione, magari
segreta. Il « presente secolo » è tutto: la situazione in atto, le riforme
programmate e in via di attuazione.
la rivoluzione talvolta brutalmente
necessaria come l'intervento chirurgico in un organismo troppo compromesso. Tutto questo è il « presente secolo »: lo status quo (mai veramente immobile, per quanto dura e
resistente sembri la crosta), e le riforme, e le rivoluzioni, dovunque
stiano avvenendo (ma l'interdipendenza planetaria ce le rende comunque sempre più 'prossime') e di qualunque tipo siano: politiche, sociali,
scientifiche e tecnologiche, culturali, ideologiche, religiose.
A questo « presente secolo », nella sua multiforme e mossa complessità, Paolo ci dice di non conformarci. Perché? Ma perché, schiusa alla
prospettiva della fede, la vita acquista un altro riferimento, ben obre
l’intramondana tensione vitale fra
conservazione e rinnovamento. In
che senso?
Un mondo
durevolmente ’’vecchio”
Il secolo, o mondo presente, quello che conosciamo e in cui viviamo
e che contribuiamo, per poco o per
molto, a fare, è vecchio. Si dice, a
volte, di qualcuno, che è nato vecchio. Del nostro mondo si può dire
di certo che nasce continuamente
'vecchio'. Con il peso delle sue tradizioni e con gli slanci delle sue trasformazioni e innovazioni, il mondo
resta pur sempre se stesso, tristemente e durevolmente vecchio. « C’è
forse qualcosa di cui si possa dire:
'Guarda, questo è nuovo!'? » (Ecclesiaste 1: 10) ^ Non si vuole qui fare
l'elogio dell'immobilismo, né negare l’evidenza e tanto meno i piccoli
e grandi passi avanti fatti dall’umanità; e non si vuole qui indulgere a
lagne moralistiche. Ma proprio perché sentiamo intensamente la portata di questi passi avanti — in campo giuridico, medico, sociale, culturale — ci sale in cuore la domanda
angosciosa: c’è una — una! — riforma o rivoluzione che non si sia, e
rapidamente, involuta, che non sia
precocemente invecchiata, che non
si sia sclerotizzata e atrofizzata con
sconcertante celerità? Quante generose, splendide novità si sono presto
trasformate in mostri divoratori.
Quanti valori affermati, magari a rischio della vita, e presto traditi. Gli
ideali della « resistenza » sono di fatto largamente calpestati, e da noi
M n ^ Dio ha manifestato la sua miseri• ^ cordia verso noi. Vi esorto dunque,
fratelli, a offrire voi stessi a Dio in sacrificio vivente, a lui dedicato, a lui gradito.
E’ questo il vero culto che gli dovete.
2 Non adattatevi alla mentalità di questo
mondo, ma lasciatevi trasformare da Dio
con un completo mutamento della vostra
mente. Sarete così capaci di capire qual è
la volontà di Dio, vale a dire ciò che è
buono, a lui gradito, perfetto. (TILC)
tutti; e lo sono sotto ogni cielo,
astronomico e ideologico. Le meraviglie della ricerca scientifico-tecnologica ci producono, nelle nostre mani di apprendisti stregoni (di uomini «vecchi »), l’ossessivo terrore nucleare ed ecologico e, in altro campo, l’orrore della manipolazione psicologica e genetica dell’uomo. Ce
n’è per tutti, e nessuno ne esce 'bene'. Di nessuna 'parte' politica, ideologica, culturale. Di nessuna 'parte'
religiosa, anche: noi protestanti, noi
riformati, quanto abbiamo saputo
e sappiamo non dico conservare —
non s’imbalsamano i doni di Dio, la
'manna' con cui ci fa vivere! — ma
vivere con coerenza la Protesta e la
Riforma, nei secoli e oggi?
Il nostro mondo (e la nostra diiesa?!), che i nostri nonni stenterebbero a riconoscere, se vi ritornassero
in vita, è in realtà molto vecchio. E’
il « presente secolo ».
L’uomo nuovo
In questo « presente secolo », che
è il mondo dell’« uomo vecchio », del
« primo Adamo », è vissuto fra noi
e per noi 1'« uomo nuovo », il « secondo, nuovo Adamo », Gesù. Grazie a lui — per la grazia di Dio apparsa umanamente viva in lui — lo
« schema » di questo mondo, che
passa (I Corinzi 7: 31), è mutato, la
prospettiva del mondo è cambiata.
C'è stato e c’è qualcosa di cui si può
dire: « Guarda, questo è nuovo! ».
Il « secolo avvenire » si è annunciato, il regno, il mondo di Dio si è avvicinato. Gesù non si è conformato
al « presente secolo » (né alla .sua
componente conservatrice, né alla
sua componente rivoluzionaria), ma
al « secolo avvenire », ci ha già vissuto dentro — con Dio — con le
inevitabili, drammatiche contraddizioni che ha patito. Ma su questo, e
sulla via che così ci ha tracciata,
rifletteremo ancora.
Gino Conte
’ Non però balzi dal nulla, ma sempre
passi mossi da un dato terreno, parterido da una base precedente, dalla plurimillenaria trama storica. Rudolf Bultmann ha scritto (mi scuso di citare a
memoria) : « La responsabilità del presente è, in sostanza, la responsabilità per
l’eredità del passato, dinanzi al futuro ».
^ In contrapposizione al « secolo avvenire », imminente ; v. la voce « Tempo »
nel Dizionario Biblico della Claudiana.
’ Un esempio, dopo aver visto il (mediocre) film tv su « Cristoforo Colombo » : il salto nell’ignoto, il Nuovo Mondo, una svolta nella storia, lo schiudersi
di nuovi orizzonti e possibilità e conoscenze... ma. nella sostanza, com’è tutto
spaventosamente « vecchio », anche nel
« nuovo » mondo, vecchio quel che si trova, vecchio quel che vi portiamo. Grandezza e miseria dell’uomo, del nostro
mondo « presente ». L’Ecclesiaste non era
affatto quel vecchio imborghesito scettr
co e isterilito che a volte si pensa di
individuare in lui (certo, non è un anziano ’rinverdito’ alla primavera di mo
da...), cfr. W. Vischer, L’Ecclesiaste te
stimone di Cristo, Claudiana, Torino 1966
7
17 maggio 1985
obiettivo aperto 7
TORINO - CONVEGNO A 40 ANNI DALLA MORTE DI D. BONHOEFFER
Rumore della religione
silenzio della teologia
Promosso dall’Istituto Gramsci di Torino, ha
avuto luogo il 4 maggio un convegno di studio
dedicato al pensiero del pastore luterano Dietrich Bonhoefler, impiccato il 9 aprile 1945 nel
lager di Plossenbiirg. Scopo del convegno, che
si è svolto in una gremita Aula magna dell’Università, era di interrogarsi sugli stimoli che la
riflessione di Bonhoeffer ha introdotto nel pensiero laico e teologico europeo. Le relazioni principali sono state tenute nella mattinata da Gian
Enrico Rusconi, professore di sociologia a Torino, Ugo Perone, professore di filosofia della
religione a Francoforte, e da Paolo Ricca, professore di storia del cristianesimo a Roma. Nel
pomeriggio hanno presentato delle comunicazioni Sergio Quinzio, Gianni Vattimo, Eugenio Costa e Ninfa Bosco.
Riproduciamo per i nostri lettori la relazione di Paolo Ricca in una trascrizione non rivista dall’autore.
Dalla cattedra alla forca
Bonhoeffer è uno dei pochi
teologi martiri non soltanto del
nostro secolo, ma di tutta la stol ia cristiana. Bonhoeffer era un
unixersitario, un uomo deH’accademia, e di quale accademia!
Berlino, che a quel tempo era
l’accademia teologica per eccellenza, basti pensare che vi insegnava Harnack, il massimo
esponente della teologia protestante, storico dei dogmi e della
teologia liberale. Ora una delle
caratteristiche degli accademici
è di non esporsi alle tempeste
della storia. Gli accademici finiscono sempre in generale per
salvare la loro pelle sia per il
loro status sociale, sia per tma
particolare inclinazione al pensiero cortigiano che caratterizza in tutti i tempi e in tutti i
paesi il pensiero accademico,
anche teologico. Bonhoeffer in\ece è un accademico che ha
percorso un itinerario molto singolare e già di per sé estremamente eloquente: dalla cattedra
universitaria alla forca di Flosscnbiirg, campo di concentramento in cui è stato giustiziato.
Ecco, questo itinerario è, a mio
giudizio, il primo dato fondamentale che parlando di Bonhoeffer come teologo bisogna mettere in evidenza. In altre parole,
Bonhoeffer ha vissuto quello che
egli dice con particolare forza
verso la fine di « Resistenza e
resa » là dove dice che ci avviamo verso un tempo in cui il
pensiero non può più essere il
lusso dello spettatore ma deve
diventare interamente al servizio dell’azione.
Bonhoeffer è vissuto 39 anni,
non è diventato vecchio, non c’è
in lui la compiutezza di una saggezza che si può raggiungere
ex-entualmente oltre certi traguardi della vita. Ciò nondimeno Bonhoeffer è stato un uomo
che ha combattuto fortemente
con la questione della verità, verità di Dio, verità dell’uomo, verità di entrambi. Da qualunque
punto di vista egli si ponga, sia
quando parla di Dio sia quando
parla dell’uomo, egli lo fa in termini tali che anche di un’età disincantata come la nostra ode,
percepisce certi echi, si sente in
qualche maniera se non interpellato, comunque interessato,
coinvolto.
11 più grande amico c uno dei
più autorevoli interpreti di Bonhoeffer — un altro pastore luterano, Bethge, ancora vivente,
l’amico a cui Bonhoeffer ha scritto le sue « Lettere all’amico » —
suddivide la vita di Bonhoeffer
e la sua esperienza umana e teologica in tre fasi. La fase universitaria: la prima fase, quella
in cui Bonhoeffer nell’aula dell’Università di Berlino dice agli
studenti in teologia: « il vostro
tema è la chiesa ». La seconda
fase, intorno agli anni ’30: quella in cui Bonhoeffer abbandona
l’università per la chiesa, si accorge che il discorso teologico
fatto all’università non è in grado di produrre un cristianesimo
militante cioè un cristianesimo
in grado di fronteggiare adeguatamente il paganesimo nazista.
E quindi stacca la riflessione
teologica dal contesto universi
tario e la innesta nell’esperienza viva della chiesa confessante.
E' dunque una fase •— dice
Bethge — in cui Bonhoeffer dice alla chiesa: « il tuo tema è il
mondo ». Nella terza fase, la fase conclusiva, Bonhoeffer abbandona anche la chiesa confessante o meglio ne è abbandonato e
diventa cittadino del mondo —
carcerario! — quel mondo del
quale aveva detto alla chiesa:
« questo è il tuo tema », e dice
al mondo: « il tuo tema è l’abbandono ». E’ nello stesso tempo anche il tema di Dio, un tema — quello dell’abbandono di
Dio e in Dio — che non chiude
gli orizzonti ma li dischiude.
Un altro interprete di Bonhoeffer, che ha scritto un’opera interessante: « Bonhoeffer, una teologia della realtà », il pa,store
francese André Dumas, ridescrive queste tre grandi epoche della vita di Bonhoeffer applicando
ad esse la metafora di Nietzsche
delle tre metamorfosi dello spirito che diventa prima cammello, poi da cammello diventa leone e poi da leone diventa bambino. Così è successo un po’ a
Bonhoeffer, dice Dumas, nel senso che prima è diventato cammello cioè appunto colui che accumula un sapere universitario
che tuttavia non basta — si accorge ad un certo punto Bonhoeffer — per creare una chiesa
confessante e non semplicemente confessionale. Perciò da cammello diventa leone, cioè diventa combattivo, partecipa alla battaglia della chiesa confessante
sin dal primo giorno.
Il giorno dopo la nomina di
Hitler a cancelliere del Reich, il
30 gennaio del 1933, Bonhoeffer
riesce a mandare in onda una
trasmissione radiofonica tutta
impostata sul gioco di parole
tra fiihrer (guida) e Verführer
(seduttore) e sostiene la tesi che
mentre il führer (la guida) è una
funzione legittima nella misura
in cui ricopre un ufficio, diventa
Verführer, seduttrice, quando è
una funzione carismatica. Ed è
impressionante, a posteriori, vedere come ouest’uomo riuscisse
a prevedere tutta la serie di fenomeni che poi si sono effettivamente realizzati.
In questa stessa chiave va letta l’opposizione immediata e radicale che Bonhoeffer fece — a
differenza della maggioranza dei
teologi e delle direzioni ecclesiastiche del tempo — al
cosiddetto paragrafo ariano, la
legge dello stato che impediva l’esercizio delle funzioni pastorali a tutti coloro che avessero o genitori o nonni ebrei, ai
cosiddetti giudeo-cristiani, come
venivano chiamati allora. Contro questo paragrafo ariano diverse voci si levarono ma quella di Bonhoeffer fu la più immediata e la più radicale nell’affermazione che accettare questo
paragrafo ariano significava rinnegare la fede cristiana.
Ma anche questa fase del cristiano militante, del teologo in
prima fila con la chiesa confessante viene abbandonata da
Bonhoeffer quando egli si accor
ge che in fondo anche la chiesa
confessante in realtà è preoccupata essenzialmente della sua
propria ortodossia, tende cioè a
salvaguardare la sua identità di
chiesa cristiana. Bonhoeffer si
accorge che la chiesa, una volta
combattuta la battaglia contro i
cristiani tedeschi che volevano
deformare la fisionomia della
chiesa cristiana facendone una
« chiesa nazista », praticamente
si è afflosciata perché ormai aveva raggiunto il suo obiettivo. Ma
allora — dice Bonhoeffer — l’obiettivo eri tu stessa, la tua
identità di chiesa cristiana. Ma
che senso ha comprendere l’identità se quella identità la metti soltanto al servizio di te stessa, quasi come per specchiarti.
La fedeltà è importante ma non
è il fine, l’obiettivo di una chiesa. La fedeltà è senz’altro una
funzione di una missione, di un
servizio da rendere nel mondo.
E quindi Bonhoeffer emigra
interiormente da questo contesto e diventa bambino, diventa
cioè una cosa diversa, una cosa
nuova, diventa un enigma, un
enigma anche a se stesso. In una
famosa poesia che è una preghiera, « Chi sono io? », vi è la splendida espressione di questa enigmaticità che Bonhoeffer vive anzitutto rispetto a se stesso. Chi
sono io? Un Bonhoeffer bambino, se vogliamo adoperare questa immagine, fatto di estremo
candore e di estrema lucidità,
che scopre che il mondo è senza Dio, che scopre che Dio è presente nel mondo senza Dio.
Un mosaico di frammenti
Fatta questa apertura sulla
traiettoria dell’itinerario di Bonhoeffer, vorrei mettere in luce
alcuni elementi che compongono la straordinaria complessità
di questa persona e di questa testimonianza dovuta al fatto che
questo uomo si è mosso in terreni sconosciuti, e non si riesce
a collegare tutti gli elementi in
un tutto armonico. C’è un famoso passo delle lettere in cui parla del carattere frammentario
della vita e dice molto bene che
ci sono dei frammenti che stanno bene soltanto nella spazzatura e ci sono dei frammenti invece che aspettano di essere trascesi in un compimento futuro.
Ora, Bonhoeffer è un frammento o, se volete, un mosaico di
frammenti e credo che non possiamo fare altro che constatarlo
rinunciando ad andare oltre a
questo carattere frammentario che per altro trabocca già
di per sé di molta pienezza. Ecco alcune polarità o anche contraddizioni interne che hanno
caratterizzato l’esistenza e il
messaggio di Bonhoeffer.
Anzitutto Bonhoeffer era un
borghese della più alta borghesia aristocratica della Germania
classica e nello stesso tempo era
l’uomo che preparando a Berlino una classe di catecumeni per
la confermazione affittò per due
mesi una stanza in un quartiere
proletario per poter entrare ne]
tessuto reale àeW’esislenza proletaria della Berlino degli anni
’27-’30 in modo da poter comprendere questi ragazzi e poter
dare loro un catechismo che non
fosse semplicemente un indottrinamento. Questa esperienza lo
accompagnerà per tutta la vita
ed è espressa da una affermazione molto significativa: « Quando il proletario dice ’Gesù era
un uomo buono’, dice di più di
quello che dice il borghese quando afferma: ’Gesù è il figlio di
Dio’. ».
Un’altra polarità, o un’altra
contraddizione, è costituita dalla tensione tra il passato a cui
Bonhoeffer si sentiva molto legato e il presente di cui aveva
una coscienza fortissima come
luogo decisivo per una esistenza
e testimonianza cristiana.
Ancora: Bonhoeffer era un uomo estremamente pio e lo è stato fino all’attimo prima di esse
re impiccato. La pietà — ereditata dal suo passato ma anche
fortemente vissuta personalmente nella preghiera e nella lettura
della Bibbia — che ha accompagnato tutta la sua esistenza, è
stata però oollegata intimamente con la teologia della profanità, con questo sguardo nuovo
che la tradizione cristiana ha con
lui rivolto verso la laicità.
Ulteriore è la maggiore contraddizione a livello di vita vissuta: Bonhoeffer è uno dei più
grandi teologi pacifisti, suoi sono i più coraggiosi discorsi sulla
necessità della pace come esigenza di fede; sua la frase che
giustamente ha in qualche maniera fatto epoca: « Non ci dobbiamo vergognare del termine
pacifismo », dobbiamo cioè assumerlo in quanto cristiani come
termine nostro. E d’altra parte
egli è diventato un cospiratore
politico ed è per questo che è
stato arrestato e giustiziato. L’ultima volontà di Hitler fu appun
to che venissero giustiziati tutti
quelli che erano collegati in
qualche maniera all’attentato
del 20 luglio 1944 e, tra gli altri,
anche Bonhoeffer fu vittima di
quest’ultima vendetta a pochi
giorni dal crollo del regime.
Altra polarità: Bonhoeffer è
molto luterano. Tutto il tema
delTabbandono di Dio e della
sofferenza di Dio nel mondo è sì
un tema che risale anche a Giovanni della Croce, che ha cioè
radici nella teologia mistica tradizionale; ma il richiamo immediato è a Lutero perché in
Lutero stesso si trova questa vena mistica che si ricollega alla
teologia mistica tradizionale. Ma
nello stesso tempo Bonhoeffer è
un uomo estremamente ecumenico, non soltanto perché ha lavorato nel movimento ecumenico ed è stato segretario di organismi ecumenici, ma anche perché ha avvertito l’incongruenza
di un cristianesimo diviso soprattutto nei confronti della
realtà nazista che aveva di fronte.
Infine. un’ultima polarità;
Bonhoeffer è molto tedesco e
anche a questo proposito si potrebbero leggere delle pagine interessanti. Nello stesso tempo
egli è uno dei pochi teologi che
ha preso coscienza della necessità per il cristianesimo di diventare internazionalista, è stato un promotore di quello che
possiamo chiamare rinternazionalismo cristiano che poi è stato conglobato nel movimento
ecumenico.
Ecco alcuni accenni per indicare come il pensiero di Bonhoeffer vada necessariamente
collegato e inquadrato nella personalità ricchissima e polivalente di questo uomo certamente
non comune. E vengo ora alla
seconda e ultima parte, che è
quella destinata a enucleare alcune delle componenti della teologia di Bonhoeffer che a me
paiono più significative.
Eredità teologiche
La prima eredità che all’interno della tradizione teologica cristiana merita di essere segnalata a proposito di Bonhoeffer è
che egli risponde in qualche maniera sia a Feuerbach che a
Nietzsche. Feuerbach diceva in
sostanza; Dio è il grande vampiro deH’umanità, colui che ne
succhia il sangue, la cui forza è
costituita dalla nostra debolezza.
Questa visione, questa concezione di Dio viene rovesciata da
Bonhoeffer il quale segnala il
cristianesimo come incontro tra
l’uomo forte e il Dio debole e lo
contrappone all’incontro feuerbachiano tra l’uomo debole e il
Dio forte. A proposito del tema
della debolezza di Dio vorrei segnalare un aspetto che a mio
giudizio è importante, anche se
Bonhoeffer non ne parla mai direttamente. Dobbiamo infatti
renderci conto che tante cose
Bonhoeffer non le dice; dobbiamo pure saper leggere, in quello die ci ha lasciato, con gli occhi del cospirato, che usa anche
un linguaggio criptico. L’aspetto
che credo debba essere tenuto
presente quando si parla di
questo Dio impotente è il vis
à vis nazista, è il Dio legato
all’ordine del potere e della vittoria. Bonhoeffer dice: Dio non
è lì, non è mit uns. Ricordo a
questo proposito una risposta
che egli diede al pastore Visser’t Hooft, pastore olandese
più tardi segretario generale
del Consiglio Ecumenico delle
chiese, che nel 1941, nel momento culminante delle vittorie naziste su tutti i campi di
Europa, gli chiedeva: « Signor
Bonhoeffer, per che cosa sta
pregando lei in questi giorni? ».
Risposta: « Prego per la disfatta del mio popolo ». Questa risposta esprime appunto il fatto
che l’impotenza di Dio va anche
letta in contrappunto polemico
con l’onnipotenza del dio nazista
che mette a fuoco e fiamme l’Europa. Prego per la disfatta del
mio popolo, prego, potremmo dire, per la sconfitta del Dio potente. Nietzsche aveva detto; la
vita comincia quando togli Dio
di mezzo, quando togli la croce,
il crocifisso. Bonhoeffer — che
pure ha letto, conosce Nietzsche
Paolo Ricca
(continua a pag. 121
8
8 ecumenismo
17 maggio 1985
ALSAZIA: ASSEMBLEA ANNUALE DI « CHIESA E PACE
»
Chiese nonviolente e resistenza
Dobbiamo essere sottomessi alle istituzioni umane, ma quando queste richiedono cose che
un cristiano in coscienza non può fare, dobbiamo aqire anche contro le strutture della società
Dal 28 febbraio al 3 marzo
scorso ha avuto luogo a Liebfrauenberg (Woerth) nell’Alsazia
l’assemblea annuale di « Chiesa e
Pace », un coordinamento di chiese, comunità e persone singole
impegnate nel lavoro per la pace con la nonviolenza.
Il tema dell’incontro era « Resistenza e non resistenza per i
discepoli di Cristo ».
Erano presenti come membri
o come amici jjersone della Chiesa Mennonita e della Chiesa dei
Confratelli (Brethren) — due
chiese storicamente pacifiste —;
dei Quaccheri, del Movimento
Internazionale della Riconciliazione; dell’Iniziativa Shalom
(Movimento per la Pace delle
Chiese tedesche battiste); della
Comunità della Théophanie (Comunità carismatica cattolica
francese per la nonviolenza e la
pace); di Eirene (Servizio cristiano di volontariato internazionale); della Comunità di
Grandchamp (religiose evangeliche svizzere molto attive in campo ecumenico); del Laurenziuskonvent (comunità luterane);
della Comunità di Caulmont;
degli Hutteriti (Bruderhofe)
(comunità composte da villaggi
di centinaia di persone); della
Comimità di lavoro « Cristiani
per la pace » a Dortmund (evangelici e cattolici); della Comunità dell’Arca (comunità che cerca di vivere la nonviclenza in
tutti i suoi aspetti economici, educativi eoe); della Comunità
Jona in Scozia; del Serpaj
(Coordinamento di gruppi e movimenti nonviolenti dell’America
Latina); ed altri.
Ho avuto la gioia di rappresentare le nostre chiese a questo
convegno come chiese amiche.
Oltre aU’approfondimento della conoscenza reciproca i più di
100 partecipanti hanno cercato
insieme delle vie concrete per
il lavoro per la pace. Tra l’altro
hanno deciso di aiutare il gruppo nonviolento per gli scomparsi e per la pace nel Guatemala
che ha fatto le sue prime azioni
nonviolente, una marcia alla capitale in ottobre e «l’invasione»
degli uffici del governo in novembre per essere Analmente
ascoltato dalle autorità. L’aiuto
consiste nel mandare lettere o
telegrammi di solidarietà e pubblicare un grande annuncio su
un quotidiano del Guatemala a
pagamento.
Per una migliore collaborazione di tutte le chiese per la pace
« Chiesa e Pace » sta preparando
un grande convegno europeo che
avrà luogo nel 1986 o più tardi.
I gruppi di studio erano sugli aspetti teologici ed etici del
tema, sugli aspetti biblici, sull’obiezione di coscienza nelle sue
varie forme inclusa quella Ascale
e quella al lavoro bellico, sulla
resistenza e la nonviolenza nel
Terzo Mondo, sui problemi EstOvest, Nord-Sud (lotta ai missili, disubbidienza civile al riarmo, ecc.), sull’educazione alla
pace, sulla resistenza, la nonviolenza nella vita quotidiana.
David Schröder, mennonita canadese, professore di Sacra
Scrittura e di etica del Nuovo
Testamento a Winnipeg, ha parlato sul tema del convegno riferendosi alla prima lettera di
Pietro.
Ecco un estratto della sua
conferenza:
I cristiani sono ubbidienti
anzitutto a. Cristo (cap. 1: 14 e
22). Essi sono stati comprati col
suo sangue prezioso, appartengono a Lui e non possono riconoscere un’autorità superiore alla sua. (Questo signiAca che non
si comportano più in conformità
con il mondo (cap. 2: 1-3).
Questa lettera si rivolge ai
cristiani come persone libere e
responsabili che debbono rendere conto a Dio del loro agire. Ma
nella società di allora le donne,
gli stranieri e gli schiavi non
avevano nessun diritto; ecco la
novità: le donne e gli schiavi
vengono considerati abbastanza
liberi di vivere la fede cristiana
anche se il marito o il padrone
non sono credenti ricevendo così un certo potere. Questo è
contrario alle norme e alle usanze di allora e provoca l’ira
dei non cristiani, la persecuzione.
Ma la resurrezione di Cristo
dà coraggio a chi soffre, la certezza di partecipare alla sua vittoria.
Le conseguenze per noi oggi:
siamo di Cristo e poliamo
conoscere la sua volontà per
noi oggi. Lo spirito di Dio agisce nella comunità dei credenti, Egli ci libera dalle autorità e
dalle potenze che vogliono renderci schiavi e ci lega alla volontà di Dio.
L’esempio di Gesù è molto importante per noi oggi, Gesù ha
parlato mediante la sua vita,
con le sue azioni, ha creato un
Informazioni dalla Comunità
Evangelica di Azione Apostolica
varco nelle strutture della società di allora.
Gesù ha spezzato le strutture
della legge che i farisei avevano
imposto al popolo. Egli ha guarito la mano malata nel giorno
del sabato (Marco 3: 1-6) e questo andava chiaramente contro
la legge orale dei farisei.
Ha permesso a delle donne di
essere sue discepole (di essere
con Lui: Luca 8: 1-2). Egli ha
parlato pubblicamente con le
donne (Giov. 4: 17) e questo gli
scribi non potevano tollerarlo.
Egli ha attraversato la Samaria
e ha parlato ai samaritani, e
questo gli ebrei non lo facevano
(Giov. 7: 17). Egli ha mangiato
con i peccatori, guarito ì lebbrosi, difeso la donna accusata
■ di adulterio e fatto molte altre
cose buone. Facendo questo Egli ha tanto urtato le aspettative della società che è stato crocifìsso.
Noi dobbiamo essere « sottomessi » alle istituzioni umane,
all’crdine creato, Dio ci ha creato in modo che non possiamo
vivere senza delle « strutture di
ordine »... ma nello stesso tempo siamo responsabili per far il
bene in queste strutture, adempiere la volontà di Dio.
In seguito al peccato queste
strutture possono oggi richiedere delle cose che un cristiano che
segue Cristo fedelmente non può
fare. In tali situazioni i cristiani debbono agire contro queste
strutture della società.
Milan Opocensky, professore
di etica sociale alla Facoltà di
Teologia Comenius a Praga parlando della teologia della resistenza ha fatto uno studio sui
primi cristiani che vivevano nell’apparente contraddizione di Romani 13 e Apocalisse 13, due te
sti complementari. Il loro riAuto al servizio militare rispecchia un’attesa Anale che pone
il fondamento per una tradizione di resistenza e di protesta
dalla quale nacque la Riforma.
Con la « Prima Riforma » Opocensky, come Amedeo Molnàr,
designa i Valdesi, gli Hussiti e
l’antica « Unitas Fratrum ».
Questa riforma viene portata
dalla fede che Cristo prende il
dominio sul mondo e che gli ordinamenti di questo mondo vengono cambiati da lui. L’Evangelo
deve perciò essere inteso come
regola che ha delle conseguenze per la vita individuale e anche per le strutture della società.
Purtroppo nella Seconda Riforma questo messaggio escatologico è stato ridotto alla vita
eterna nel senso individuale. All’inizio la Riforma era nonviolenta, il più esplicito in questa
linea era il ceco Petr Chelcicky
che è stato molto vicino alla tradizione valdese. Meno conosciuto
è il suo attacco frontale a tutte
le strutture della società feudale.
Inoltre M. Opocensky ha parlato della testimonianza di D.
Bonhoeffer e Karl Barth.
Ricordando il teologo ceco J.
L. Hromadka (morto nel 1969)
egli dice che dalla nostra fede
viene il nostre senso di responsabilità per il mondo, che la relazione con esso è determinata
dal pentimento: « Siamo corresponsabili... il cristiano può impegnarsi per la giustizia perche
sa che il suo Signore realizza il
suo piano per l’umanità ». Sulla,
questione dei mezzi: la violenza,
secondo Opocensky « fa parte
delle necessità, ma Gesù Cristo
ha dato agli uomini la felice
possibilità («chance») di uscire dal regno della necessità ».
Nella discussione, Opocensky
cita come suoi padri spirituali i
due Blumhardt e Leonhard Ragaz, socialisti religiosi.
Il convegno ha avuto luogo
nel centro della Chiesa Riformata francese, Liebfrauenberg, in
piena campagna. Ogni mattina e
ogni sera ha avuto luogo un culto, si è cantato molto, e questo
ha contribuito a creare una atmosfera di pace e di profonda
comunione fraterna.
Hedi Vaccate
Rifugiati a Gibuti
La situazione dei rifugiati dall’Etiopia nella piccola repubblica
di Gibuti (340.000 abitanti, superAcie di 23.000 Kmq, indipendente
dal 1977) è seguita con crescente
preoccupazione dalla chiesa protestante locale, presso la quale
lavorano due coppie di « envoyés » della CEvAA.
Dall’aprile ’83 al dicembre ’84
gli sforzi congiunti dei governi di
Etiopia e di Gibuti e dell’Alto
Commissariato deH’ONU per i
rifugiati, erano riusciti a varare
un programma di rimpatrio volontario, che permetteva ai rifugiati, provenienti da zone agricole, di ritrovare qualche forma di
sussistenza in Etiopia.
Questo rimpatrio ha interessato circa duemila persone, ma
ancora altrettante si trovano a
Gibuti: sono decisamente troppe
per sperare in un loro assorbimento nel mercato del lavoro, in
un paese privo di risorse proprie!
Purtroppo, inoltre, queste cifre
sono aumentate notevolmente in
questi ultimi mesi, nerché la siccità, che devasta l’Etiopia, spinge
a Gibuti un rilevante numero di
persone provenienti dall’Ogaden.
Questa affluenza inquieta le autorità locali che devono attingere alle riserve alimentari destinate ai rifugiati per distribuirle
agli affamati. Uno dei campi di
transito vede ormai la coesistenza di più di 6.000 persone.
La chiesa protestante ha in
progetto un servizio di distribuzione di razioni alimentari (sei
pasti settimanali) a ogni richiedente asilo, ma l’aumento costan
te dei profughi rischia di far annullare il progetto.
Gli incessanti movimenti di popolazioni intere, le differenze
etniche, i racket, creano un clima di insicurezza nei campi-profughi. In quello gestito dalla
chiesa, sicuramente sono presenti spie e le stesse forze dell’ordine organizzano rapimenti e stupri a danno di ragazze appena
arrivate dall’Etiopia.
Gli « envoyés » Guy e Catherine Moser, in un loro rapporto,
denunciano tale situazione: « Vogliamo poter dire a questa gente — scrivono ■— che la loro sofferenza è conosciuta da fratelli
e sorelle nel mondo, che l’opinione pubblica è informata su
ciò che succede qui, che le chiese
sorelle stanno agendo c pregando ».
(DEFAP, Journal des Missions)
• La presa di posizione del
DEFAP (Dipartimento Missionario 'Protestante Francese) del 30
novembre scorso in seguito alla
crisi in Nuova Caledonia, ha creato delle vivaci reazioni da parte
di un certo numero di membri
delle chiese francesi.
Alcuni accusano il DEFAP di
« fare politica », altri di « buttare
olio sul fuoco », altri di dimenticare la minoranza bianca, e di
tenere le parti dei kanaks. Il supplemento di febbraio al Journal
des Missions contiene un ampio
chiarimento sulla posizione assunta da DEFAP, CEvAA e Federazione Protestante Francese
riguardo alla Nuova Caledonia.
• Nelle prossime sedute di giu
gno, il Consiglio della CEvAA
prenderà una decisione circa le
domande di altre due chiese che
chiedono di entrare a far parte
della Comunità. Si tratta della
Chiesa Valdese del Rio de la Piata e della Chiesa evaneelica dell’Isola di Réunion.
• Ecco i « postes à pourvoir »
(posti da coprire) per gli inviati
in missione tramite la CEvAA
(per ulteriori informazioni gli interessati si rivolgano al past. Renato Coisson, Pomaretto).
Benin: un pastore per la Chiesa di Savalou.
Costa d’Avorio: due professori
di matematica, uno di fisica, un
infermiere/a.
Lesotho: insegnanti di francese, un pastore, un training Officer.
Madagascar: un pastore, un
tecnico di costruzioni, due professori di teologia.
Nuova Caledonia: un pastore
insegnante di Antico Testamento, un professore di economia, insegnanti di varie materie
(matematica, filosofia, francese,
biologia, chimica).
Camerún: professori di fisica,
matematica, filosofia, contabilità;
periti meccanici ed elettrotecnici; tre medici; un segretario di
direzione.
Repubblica Centrafricana: un
pastore per la parrocchia di Cristo Re.
Togo: un medico, un infermiere, un segretario di direzione.
Svizzera: un pastore/insegnante (proveniente da Africa o Oceania).
Polinesia: uno psicologo scolastico, un consigliere pedagogico,
un insegnante specializzato.
a cura di Franco Taglierò
Echi dai mondo
cristiano
a cura dì CLAUDIO PASQUET
Il papa: un ostacolo
per l’ecumenismo
(SPP) — La chiesa protestante unita del Belgio ha declinato
l’invito della Conferenza episcopale locale a partecipare al servizio di lettura e preghiera, sabato 18 maggio, a Malines, in
occasione della visita di Giovanni Paolo II in Belgio. Tra
gli argomenti indicati come giustificazione di questo rifiuto; le
reticenze delle chiese locali rispetto alla funzione del Papa
come capo della chiesa, il ruolo
centrale giocato dal pontificato,
le visite ai santùari mariani e
la preghiera su una tomba, tutti
elementi che mal si accordano
con la teologia protestante. Questa decisione però non vuole indicare un deterioramento delle
relazioni ecumeniche in quanto
la chiesa protestante belga intende proseguire il dialogo ed
il confronto con la chiesa cattolica romana.
Pacifico: porti chiusi
ai nucleare USA
(Perspectives Réformées) —
Le chiese del Pacifico, la chiesa
unita d’Australia, le chiese metodiste e presbiteriane della
Nuova Zelanda, e la divisione
d’oltremare della chiesa metodista del Regno Unito, hanno
deciso in una riunione di sostenere la decisione del governo
della Nuova Zelanda di proibire alle navi che portano armi
nucleari di attraccare nei porti
del paese.
Evangelici: minaccia
all’unità del Messico
(Dal programma radio BBC
The World Today) — In un recente convegno dei vescovi cattolici del Messico è stato affermato che la crescente presenza
di chiese e attività evangeliche
nel paese rappresenta una minaccia alla unità del paese. In
anni recenti, in Messico, il numero degli evangelici è raddoppiato, mentre diminuisce quello
dei cattolici. I vescovi messicani attribuiscono questo fatto ai
finanziamenti che gli evangelici
riceverebbero dalla CIA.
Un pastore
contro Hitler
(SPP) — Il 9 aprile 1945 veniva impiccato nel campo (fi
sterminio di Flossenbùrg, il
teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer. Egli è il solo pastore
tedesco di cui si conosca l’attiva partecipazione ad un complotto che cercava di uccidere
Hitler.
9
17 maggio 1985
cronaca delle Valli 9
ANGROGNA
Il lavoro difficile
Campagna
elettorale
Domenica 12 maggio siamo tornali a votare.
Indipendentemente dai risultati, la campagna elettorale è stata ira le più deludenti che mi sia
toccalo di vedere dalla liberazione ad oggi.
Tranne rare quanto lodevoli eccezioni, partiti e individui hanno
preferito criticare gli altri o addirittura diffamarli e calunniarli
anziché presentare proposte positive: troppi si sono avvalsi di
mezzi ambigui se non addirittura disonesti: penso per es. a chi,
facendo parte dell'attuale amministrazione, ha adoperato per la
propria propaganda formati e caratteri usati finora per le pubblicazioni ufficiali del comune, inducendo molti in inganno; le benemerenze che i singoli vantavano per chiedere i voti di preferenza erano addirittura ridicole:
« fa collezione di francobolli »,
oppure « gli piacciono i dischi del
'60 » in uno squallido tentativo
di riuscire umanamente simpatici agli elettori.
Quelli che pretendono di amministrarci conoscono così poco la
maggioranza degli italiani da non
rendersi conto che da futuri amministratori pretendiamo che ci
spieghino che cosa intendono fare, con quali e quanti soldi, proponendosi quali priorità?
Ho l'impressione che lo scollamento fra « il palazzo » e « la
piazza » stia diventando addirittura un abisso.
E' ovvio che non esiste scelta
amministrativa che non derivi
da scelte politiche di fondo, ma
in questa campagna sono stati
ben rari i tentativi di calare queste decisioni programmatiche
nella spicciola realtà locale. Si
è combattuto per Roma, non per
la città o la regione che si chiedeva di amministrare nei prossimi anni.
Eppure, per quanto disgusto
possiamo provare, non abbiamo
diritto di scoraggiarci.
Troppa gente intorno a noi si
sta lasciando trascinare dalla delusione ad ascoltare i fascisti vecchi e nuovi, che da sempre coprono i loro programmi di sopraffazione cori le facili critiche
ai regimi più o meno democratici.
Non bisogna dimenticare la
vecchia battuta di Winston Churchill: « La democrazia sarebbe il
peggiore dei regimi possibili, se
non fosse per Tunica alternativa,
il totalitarismo, che è ancora
peggiore ».
E poi, nonostante tutto, siamo
stati costretti ad una scelta, abbiamo potuto manifestare quel
che pensiamo, abbiamo pur trovato, in liste diverse e con programmi altrettanto diversi, persone serie disposte ad amministrare correi lamente la proprietà
comune, e se al posto di queste
nc risulteranno elette altre, meno oneste e competenti, potremo almeno pensare che abbiamo fatto qualcosa perché questo
non avvenisse. Marcella Gay
« L’agricoltura, come ben sappiamo, rende solo da Luserna e
da Viliar Perosa in giù. Ed è non
tanto scarsa quanto novera nelle
alte Valli. Dalle statistiche risulta
che gli addetti all’agricoltura
sono in maggior parte compresi
tra i 50-60 anni e oltre, mentre è
in aumento il caso di gente relativamente giovane (età media 35
anni) che lavora ’’part-time” in
agricoltura ».
Con queste e tante altre osservazioni, compreso anche il dato
che ci sono ormai in Italia più
di 3 milioni di giovani in cerca di
prima occupazione, ij gruppo giovanile valdese di Angrogna ha
cercato il contatto con la gente
nei quartieri. Le cifre e le osservazioni sulla crisi del mondo del
lavoro erano ricavate da una relazione che, tempo fa, Giorgio
Gardiol tenne all’incontro dei pastori delle Valli. La cosa per noi
più interessante è stato il vedere e il sentire come la gente reagiva alla nostra relazione, letta
nel quadro delle riunioni organizzate dalla chiesa.
Ogni quartiere ha reagito diversamente. Pur partendo dai
problemi del mondo del lavoro
in generale, ben presto si è arrivati ai punti sui quali si aveva
voglia di discutere. Al Baussan,
per esempio, dal lavoro si è passati a discutere di inquinamento
alimentare. Pare che in Francia
abbiano legalizzato gli ’’estrogeni” per le mucche, cosa pericolosissima per la salute. Si è dibattuto sulla realtà deUe malattie tumorali, anche m conseguenza dei cibi trattati chimicamente che ogni giorno ingeriamo.
In un altro quartiere, ai Jour
dan, un operaio Fiat osservava
come l’attuale crisi di lavoro sia
un segno di crescita e non di regressione, ma dovrebbero tutti
lavorare di meno per fare lavorare gli esclusi dal mondo del lavoro. La orisi è grave — aggiungeva l’operaio — e sono soprattutto le donne e i giovani che
la stanno pagando.
E sulle prospettive? Bisogna,
dicono alcuni di noi e tanti altri, rilanciare il turismo culturale
in Val d’Angrogna e allargare
l’agricoltura di qualità. Bisogna
intensificare la pratica cooperativistica. L’esempio della stalla
del Rifugio Barbara nella Valle
dei Carbonieri (contenente quasi
100 capi) è la dimostrazione che
l’Ente pubblico aiuta se sei organizzato, se non ti muovi da
solo e se sai utilizzare gli strumenti burocratici. SuH’agriturismo si storce ancora il naso e
sul rilancio dell’artigianato manca ancora un progetto. E’ chiaro ormai che l’agricoltore, se vuole spuntarla, deve sviluppare accanto al lavoro quotidiano un’attività con altri, un’iniziativa cooperativistica per esempio. Bisogna continuare a discutere e insieme trovare delle soluzioni che
non facciano il gioco dello spopolamento delle alte Valli, del
dissesto idrogeologico e della
disoccupazione.
Il gruppo FGEI
Prassult-Vemé
CONCERTI
Corale tedesca
Alla fine di maggio verrà per una
breve visita alle Valli la Vooalensemble di Heidenheim (Württemberg).
Si tratta di un coro che riunisce un
gruppo di responsabili del canto e della musica (direttori di corali, organisti eco.) di diverse comunità della zona di Schwabish-Gmünd. Sono dunque
tutti professionisti della musica che
hanno dato vita a questo coro molto
quotato ed apprezzato.
Cantano corali di Schütz, Kaminsky,
Brahms, Roger, Schein, David, Bruckner, Wlendelson-Bartholdy e Bach.
Questi amici ci offrono tre concerti
che avranno luogo mercoledì 29 a iu
serna S. Giovanni, giovedì 30 a Pomaretto e venerdì 31 a Pinerolo, e, dietro
loro richiesta, le offerte saranno destinate al progetto di ristrutturazione dell’Asilo dei Vecchi di S. Germano Chisone.
Programma
PRAMOLLO
Mercoledì 29 maggio ore 20.30 nel
Tempio di Luserna S. Giovanni;
Giovedì 30 maggio ore 20.30 nel Tempio di Pomaretto;
Venerdì 31 maggio ore 20.30 nel Tempio di Pinerolo.
Entrata libera; Eventuali offerte a favore dell'Asilo dei Vecchi di S. Germano.
Storia del
pinerolese
il 25 maggio, nelia sala di rappresentanza del Comune di Pinerolo avrà
inizio, alle ore 9, una giornata di studio avente per tema; « Fonti e metodi
per la storia del Pinerolese ».
La giornata di studio è il risultato
di un lungo, approfondito e fecondo
dibattito avviato da questo Assessorato circa tre anni or sono nel Consiglio
di Biblioteca del Comune di Pinerolo
ed esteso progressivamente ai gruppi
ed alle associazioni che hanno maturato esperienze molteplici e conseguito
significativi risultati nella ricerca storica locale.
Essa non è dunque e non vuole essere un « convegno » magniloquente e
celebrativo, ma un primo modesto e
serio tentativo di verifica e comunicazione delie esperienze e del risultati
della ricerca storica.
Programma: ore 9: Apertura e saluto dell’Assessore alla Cultura; R. Nisbet, D. Seglie: L’archeologia preistorica del Pinerolese: nuovi dati; F. Carbone: Fonti e metodi di indagine sulla
civiltà contadina nella pianura pinerolese dal 1850 al 1950; M. Durando: Aspetti della ricerca etno-musicologica
del Pinerolese; L. Pellenco; La ’’Société
d’Histoire Vaudoise” dalle origini alla
prima guerra mondiale; 6. Peyrot:
Obiettivi attuali della Società di Studi Valdesi tra storia e cultura; M.
Coppa: L’abbazia di Santa Maria di
Cavour: problemi e prospettive di una
ricerca; S. Santiano, M. F. Roggero:
Approccio metodologico ad una stratigrafia storico-architettonica della fortezza di Fenestrelle.
. Ore 15: F. Bronzati; Ricerca linguistica e fonti archivistiche; alcuni inediti
deH’Archivio di Stato di Torino; P. C.
Pazé: L’infeudazione di Pinerolo e della
Bassa Val Chisone nel 1331; un falso
diplomatico?; S. Berger; Testimonianze
orali e cronache per una ricerca su
una società contadina nell’Alta Val
Chisone (1800-19001; E. Biaggi; Documenti per la storia della castellanìa
di Miradolo e contea di San Secondo;
A. Bolero; I regesti dell’Archivio del
Capitolo della Cattedrale di San Donato
di Pinerolo; C. Bermond, G. Caligarls:
Per una storia economica del Pinerolese in età moderna e contemporanea; G. Merlo: Conclusioni.
Inaugurato
il Museo valdese
COLLEGIO VALDESE
Scambi culturali
In occasione dell’inaugurazione del museo di Pramollo, sabato 4 maggio nel tempio di
Ruata, si è tenuto un apprezzato concerto della Badia Corale Val Chisone che, di fronte ad
un pubblico accorso numeroso
nonostante il tempo poco clemente, ha ottimamente eseguito
una serie di canti della tradizione valligiana provenzale e piemontese.
L’inaugurazione vera e propria
ha avuto luogo nel pomeriggio
di domenica 5 e un buon numero di persone è salito fin quassù. Molti sono stati gli interventi: il Presidente della Provincia
Maccari ha sottolineato l’importanza del tema scelto, l’istruzione, che lo rende unico e per
questo particolarmente interessante. Il prof. Osvaldo Co'isson ci ha parlato dell’istruzione
nelle Valli Valdesi nei secoli
scorsi, sottolineando come la
Chiesa Valdese abbia da sempre
particolarmente curato l’istruzione, per mettere in grado tutti
di leggere personalmente la Bibbia. Comunque il maggiore impulso per il rinnovamento di
tutta la struttura scolastica avvenne fra il 1830 e il 1850, con
l’aiuto del generale inglese Beckwith; le scuole di quartiere si
moltiplicarono e questo permise la massima diffusione della
cultura. Il pastore Paolo Marauda si è rallegrato molto del
fatto che, con l’apertura del museo, la scuoletta dei Pellenchi
torni a « rivivere ».
Altri messaggi di saluto, di
ringraziamento e di augurio si
sono succeduti ed infine tutti
quanti si sono diretti verso la
borgata Pellenchi per la visita
al museo e dove era stato allestito un simpatico ed ottimo rinfresco ad opera di un gruppo
dell’Unione Femminile; così, assaggiando torte casalinghe e pane di montagna, chiacchierando
con amici e con persone ritrovate per l’occasione, si è conclusa una piacevole giornata.
I. C.
Il Liceo linguistico valdese di
Torre Pellice ha realizzato il
suo primo scambio con la Francia. Sedici alunne del II e III
anno, accompagnate dai loro
professori, hanno trascorso una
settimana a Vienne (30 km.
da Lione) dal 13 al 19 marzo,
ospiti dei loro corrispondenti,
frequentando le lezioni al mattino, avvicinandosi alle recenti
scoperte archeologiche della regione nelle ore pomeridiane.
Altrettanto si è verificato a
Torre Pellice dal 20 al 26 aprile
per gli alunni francesi che studiano l’italiano nel liceo « Robin» di Vienne. Anche qui frequenza obbligatoria al mattino,
visita al Museo Valdese, alla
città di Pinerolo, al Borgo Medioevale, ricevimento del Presidente
della Provincia nel Palazzo Cisterna a Torino nei pomeriggi.
Simpatici incontri serali con
« spaghettata » che hanno visto
riuniti Preside, professori ed alunni.
L’applicazione dell’« immersion
totale» ha dunque funzionato.
Per « immersion totale » s’intende il soggiorno di una settimana che l’alunno italiano che
studia il francese (o l’alunno
francese che studia l’italiano, caso non frequente, purtroppo!)
effettua in seno ad ima famiglia,
condividendo Tinsegnamento, il
tempo libero ed i passatempi
del suo ospite, scoprendo così
abitudini, vita familiare, sistema
scolastico francesi. Questi scambi sono oggetto di preparazione
diligente da parte dei professori
interessati, per mezzo di schedenavetta, accuratamente selezionate, per telefono e per iscritto,
che segnalano età, gusti, preferenze letterarie, artistiche, musicali, sportive, ecc. degli allievi
destinati a fare lo scambio.
Viva soddisfazione per la buona conoscenza della lingua straniera e fraternità fra i due gruppi, il che lascia intravedere
scambi epistolari e reciproci
soggiorni al di qua e al di là
delle Alpi, durante le vacanze
estive.
L. R.
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10
10 cronaca delle Valli
17 maggio 1985
I risultati delie elezioni regionali alle Valli
PCI
DP
Lista Alleanza
Verde Pensionati
MSI
PRI
Part. Naz.
Pensionati
Piemont
Verde
Civica
PSI
PLI
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DC
ANGROGNA
BIBIANA
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1980
1985
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1980
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1,69
MASSELLO 1980 1985 % 27 14 19,71 10 13 18,30 — 1 1,40 — 1 3 4,22 — 1 1 1,40
1980 203 26 — — 11 11 — 22
PERRERO 1985 153 48 3 6 16 17 2 —
o/o 21,79 6,83 0,42 0,85 2,28 2,42 0,28 —
- 1980 323 22 — — 10 30 — 9
POMARETTO 1985 248 38 14 8 11 27 2 4
o/o 29,24 4,48 1,65 0,94 1,29 3,18 0,23 0,47
1980 84 2 — — 3 17 — 3
PHAT.T 1985 68 12 1 2 1 7 1 1
o/o 24,46 4,31 0,36 0,71 0,36 2,57 0,36 0,36
1980 31 6 — — 1 1 — 4
SALZA 1985 25 4 1 — 1 1 — —
o/o 43,10 6,89 1,72 — 1,72 1,72 — —
1
0,14
2304 1640 2073 14,23 1117 7,95 1383 9,49 1103 7,86 804 5,52
33 1 4
32 1 2
45,07 1,40 2,81
161 30 27
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17 208 31 44 247
1 4 317 11 30 211
0,13 053 42,70 1,48 4,04 28,47
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1,18 0,15 0,86 1,02 52,09 1,34
2 2 — 37 4
3 1 12 31 10
2,09 — 0,69 8,39 21,67 6,99
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VILLAR PEROSA 1980 1985 o/o 885 891 31,55 48 93 3,29 38 1,34 44 1,56 35 82 2,90 66 116 4,11 10 0,35 43 58 2,06 49 1,73 501 499 17,66 108 82 2,90 186 139 4 92 8t>i 723 25,60
VAL CHISONE 1980 o/o 1985 o/o 3392 27,38 2954 24,51 231 1,89 401 3,33 149 1,24 156 1,29 225 1,84 320 2,65 301 2.47 419 3.47 40 0,33 194 1,54 185 1,53 166 1,37 2791 22,90 3129 25,97 414 3.40 290 2.40 667 5,47 490 4,06 3859 29,45 3350 27,80
1980 4060 297
VAL CHISONE E 1985 28,23 2,06
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1980
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31
5,18
1248
5,26
1024
4,10
3810
4,49
728
780
35,23
76
64
10,70
8580
36,14
7607
30,60
30217
COMPRENSORIO
1985
%
17,139
20,16
2283
2,69
1417
1,67
1012
1,19
1959
5,1
3088
3,64
3849
4,53
1793
2,11
1,55
14,73
7,10
35.60
11
17 maggio 1985
cronaca delle Valli 11
QUARANTENNALE
DELLA RESISTENZA
In occasione del quarantennale della
Liberazione abbiamo avuto modo di vedere sul nostro giornale quante iniziative ci sono state, anche nelle nostre
Valli, intese a riprendere ed allargare
il discorso sul nazi-fascismo e sulla
Resistenza. Alla tavola rotonda organizzata a Torre Pellice dalla libreria
Claudiana per la ripubblicazione dei due
testi su Jacopo Lombardini e sulla
resistenza nelle Valli Valdesi mi ha
però dolorosamente colpita la quasi
totale assenza del nostri giovani e, in
altro ambito, ho sentito dire da qualcuno di loro (e non tra i meno coinvolti nella vita della Chiesa) che quel
periodo « ormai lontano » non li interessa perché « estraneo ai loro problemi •>. Vorrei dire loro che le cose
non stanno propriamente così.
Quel periodo non è lontano nel tempo perché ancora sono tra noi molti
testimoni e protagonisti (e tali erano
i partecipanti all'incontro) che proprio
i giovani dovrebbero avere il desiderio
di interrogare ed ascoltare.
La lontananza è — semmai — riferibile allo spazio in quanto <■ lager »
e torture, sparizioni e guerre sono
presenti purtroppo in tante parti del
mondo contemporaneo.
Ma soprattutto quegli eventi non
sono estranei ai loro problemi perché
la tensione di un Lombardini, di un
Jervis, di tanti giovani e meno giovani e di tante donne (che vi scoprirono
un loro ruolo anche al di fuori del
cliché tradizionale « casa e famiglia »)
per una Italia « diversa », non è stata
fatta propria da chi in questi quaranta
anni avrebbe dovuto continuare la loro opera (e di questo — in varia misura — tutti portiamo una parte di
responsabilità). Bisogna dunque ripartire di là, riannodare i fili, lavorare
perché la libertà si coniughi con la
giustizia, i diritti con i doveri, perché
razzismo, prepotere e violenza siano
seriamente contrastati.
Questo discorso concerne tutti ma
particolarmente i giovani che, per fare questo, per non perdersi nei paradisi artificiali, nella superficialità o
nella depressione, devono capire il
passato per cambiare il presente.
Mirella Argentieri Bein,
Torre Pellice
PIU’ SOBRIETÀ’
Egregio Signor Direttore,
Può capitare un giorno qualsiasi, in
una qualsiasi comunità delle Valli. Un
clacsonare ininterrotto annuncia l'arrivo di un corteo nuziale (all'Ingresso del
centro abitato, è tuttavia ben visibile
un cartello di divieto di segnali acustici): per l'occasione, qualcuno ha
pure montato delle trombe bitonali
(vietate).
Durante la cerimonia nel tempio,
continua il vociare di alcuni rimasti sul
piazzale.
Vi sarà infine anche un po’ di lavoro,
quando il corteo riparte con il solito
fastidioso frastuono, per qualche volonteroso: il piazzale del tempio è stato infatti insozzato con il solito riso
augurale.
Che dire di queste usanze In voga
anche alle Valli da qualche decennio?
Non mi pare siano né nello stile valdese né nello stile piemontese. Da dove
provengono?
QueHo segnalato non è certo un problema di importanza fondamentale per
la chiesa e per la società (ci preoccupiamo infatti anche di questioni ben
più gravi); tuttavia atteggiamenti in apparenza insignificanti sono talvolta indizio di un costume che sta degenerando.
Forse chi ha voce in capitolo potrebbe convincere gli interessati ad evitare simili manifestazioni di dubbia buona
creanza.
Cordiali saluti.
Guido Baret, Pomaretto
PRECISAZIONE
SU UNA FIRMA
Intendiamo con questa breve lettera aperta dissociarci pubblicamente
daH'adesione ad un volantino di propaganda elettorale comparso in questi
giorni a cura della LISTA VERDE.
Essendo stati invitati a firmare un
appello per la denuclearizzazione e a
favore di tematiche ambientali e pacifiste senza sapere che tale iniziativa
si sarebbe in un secondo tempo tradotta in un volantino elettorale che
propone il simbolo e i candidati della
LISTA VERDE per il Consiglio Regionale e per il Consiglio Provinciale, ci
sembra doveroso precisare quanto segue:
— condividiamo l'appello per la denuclearizzazione e la difesa delTambiente;
— non abbiamo inteso e non intendiamo aderire alla parte finale del
volantino in questione che indirizza a votare un particolare simbolo e i relativi candidati per il
Consiglio Regionale e per quello
Provinciale.
Sergio Abate, Daniele Rostan,
Renata Bertolé, Paola Bertolé,
Torre Pellice
IL FRANCESE
NELLA SCUOLA
Approvo che il francese venga insegnato sin dalle elementari, non solo
nel l'area occitanica non valdese, come
propone Gustavo Malan, ma anche e
soprattutto alle Valli Valdesi. Questo
perché i Valdesi stanno dimenticando
questa lingua. Alle Valli infatti il francese viene parlato correttamente soltanto più dagli anziani. I Valdesi giovani e quelli di mezza età che ancora
lo parlano, si servono di una specie
di ibrido, in cui mescolano con penosa disinvoltura vocaboli e costrutti
trasportati di sana pianta dal patois o
dall'italiano. I bambini poi ignorano II
francese, perché genitori, nonni e zii
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non si danno più la briga di parlarlo
con loro, perché in tutt'altre faccende
affaccendati. Inoltre è scomparso quell'ambiente linguistico di stampo prettamente valdese in cui 11 francese
conviveva pacificamente con il patois.
Un tempo nelle alte valli valdesi II
francese, se non erro, veniva insegnato ai bambini delle elementari nella
scuoletta dei villaggio; francese era
spesso la lingua usata dal pastore
quando si rivolgeva ai suoi parrocchiani dall'alto del pulpito e in francese erano per lo più i passi bibiioi letti dall'anziano della Chiesa o dal maestro
locale, prima dell'Inizio del culto.
Quando giungeva l'inverno, i contadini, a lume di candela, leggevano la
Bibbia in francese ritemprando così il
loro spirito, dimentichi, nel calduccio
delle stalle, del massacrante lavoro estivo. Le pastorelle, al pascolo, per
sentirsi meno sole e per ingannare il
tempo, riuscivano a conciliare la cura
del gregge con (a lettura di qualche
romanzo francese, preso in prestito
dalla biblioteca parrocchiale.
In questo mondo contadino un po'
chiuso, ma discretamente colto, il
francese era la lingua madre, mentre
l'italiano, che si parlava solo a scuola, era quasi considerato come una
lingua straniera.
Con l'avvento deJI’era televisiva, anche nelle alte valli l'italiano è balzato
in primo piano ed il francese è stato
giustamente relegato in secondo piano. Per molti anni, è vero, si è continuato a parlare il francese, assieme
aH'italiano. Da un po' di tempo a
questa parte però, come ho già detto,
il francese sta scomparendo dalle Valli come lingua parlata. Per correre ai
ripari, l'aiuto della scuola è indispensabile, sin dalle elementari. Ora poi
che l'odiato latino è stato relegato
nel dimenticatoio, nella scuola dell'obbligo dovrebbero essere insegnate due
lingue straniere e cioè; il francese
per rimpiazzare il latino e, come seconda lingua straniera, possibilmente
l'inglese, la lingua più parlata nel
mondo.
Silvana Tron, Pomaretto
9 Hanno collaborato a questo
numero; Renato Coisson,
Ivana Costabel, Luigi Marchetti, Paola Martinelli, Paola Montalbano, Aldo Rutigliano. Franco Taglierò, Erika
Tomassone.
Pro Asilo Valdese
di Luserna San Giovanni
Pervenuti nel mese di marzo 1985.
L. 10.000: Chiabrando Roberto; Famiglia Erica Albarin e Piero Roman, In
memoria del caro cugino Luigi Albarin;
In mem. del cugino Adalberto Durand,
Nini e Pino Capello.
L. 20.000: Sciti Alberto, in mem. di
Attilio Bounous; N. B., riconoscente al
Signore.
L. 25.000: René e Flora Pons, in memoria di Attilio Bounous.
t. 40.000: Michelin Salomon Mery
(osp. Asilo).
L. 50.000: Giusiano Camilla, riconoscente per l’assistenza data alle sorelle; Malanot Anna, in mem. di zia
Emilia; Rostagno Laura in mem. di
Pauline Bleynat, Torre Pellice; N. N.,
Villar Pellice; Famiglie Bodoira e Almani Gemma, in mem. di Attilio Bounous, Torino; Qdette ©almas, in mem.
di Attilio Bounous; Lidia Morel e Rosetta Vittone, in mem. di Attilio Bounous; L. G., in mem. di una persona
cara; Febe Mollica, in mem. del marito; Juliette Marauda ved. Balmas, in
mem. di mio cognato Attilio Bounous;
Graziella Jahier; Vanda Bertin Revel,
in mem. della mamma Nora Revel
(7.3,83-7.3.85) Trieste; Joyeuses Pâques a tout le petit monde de l'Asile,
Edi Pons Tourn.
L. 60.000: Sara e Sauro Gottardi, in
mem. del Pastore Carmelo Mollica, Albisola; Graziella Revel, in occasione
della confermazione di Samuele, Gabriele, Ezio, Luca; Manuela e Massimiliano.
i. 70.000: Manavel'la Eraldo, in memoria della mamma.
L. 80.000: La figlioccia Lidia Morel e
figli, in mem. di Pellegrin Lidia Silvia.
i. 100.000: N. N., riconoscente; Bianca e Rino Hugon, ricordando la mamma Matilde Guazzoni Roman; Elsa ©alma e Giulietta, in mem. del fratello
Arturo, Pinerolo; In mem. dello zio
Attilio Bounous, Dario e Liliana Varese; Revel Elma, in mem. dei suoi cari.
L. 250.000: Rostan Nella, in mem. di
mio marito Aldo, Milano.
L. 300.000: In mem. di Bertalot Luigi, i familiari.
L. 1.888.000: Dipendenti della Ditta
C.I.S.A.. in mem. dell'Architetto Serenella Belli Mirtho, Sassuolo.
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lEHNGRAZIAMENTO
« Padre, nelle tue mani rimetto
lo spirito mio »
(Luca 23: 46)
Il giorno 7 maggio è mancata all affetto dei suoi cari
Luigia Vidossich Mathieu
Con profondo dolore lo annunciano i
dglì: Fernanda, Roberto, Maria Luisa,
Giovanni con la moglie Anna Covacich
ed ì figli Guido e Paola, il fratello, la
sorella e parenti tutti.
I familiari ringraziano sentitamente
il pastore sig. Marco Ayassot e tutti
coloro ohe Ranno partecipato al loro
grande dolore.
Un ringraziamento particolare alla
signora Costanza Ulbertl per l’affettuosa assistenza.
Pinerolo, 14 maggio 1985
La CIOV con i medici e il personale
tutto esprìmono al Dott. Nanni Mathieu e alla sua famiglia la loro viva
simpatia in occasione della morte della
mamma.
RINGRAZIAMENTO
(c Nel mondo avrete tribolazioni;
ma fatevi animo; io ho vinto
il mondo »
(Giovanni 16: 33)
La figlia ed i familiari tutti del compianto
Alberto Forneron
commossi e rìeonoscenti ner la dimostrazione di stima e di affetto ricevuta
per la dipartita del loro caro congiunto, nell’impossibilità di farlo singolarmente, ringraziano tutte le persone che
con fiori, scritti, parole di conforto e
partecipazione ai funerali, Ranno preso
parte al loro grande dolore.
Un sentito ringraziamento è dovuto
ai signori medici e al personale infermieristico dell’Ospedale Valdese di
Pomaretto, al dottor Vittorio Bertolino,
cRe lo Ranno seguito con affetto durante la sua malattia, al signor Riccardo
UgRetto, al pastore Paolo Ribet, ai coscritti, in particolar modo al signor
Oreste Bounous, all’associaziione Alpini, all’associazione AVIS ed ai vicini
di casa.
S. Germano Chìsone, 10 maggio 1985.
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12
12 uomo e società
17 maggio 1985
RASSEGNA NAZIONALE DI EDUCAZIONE ALLA PACE
INTERVISTA AL PASTORE L. DEODATO
Nel cammino della pace Busseremo alla
porta dei grandi
« Non c’è una sola interpretazione della pace » — aiierma
Johan Galtung, da noi intervistato nel corso della 1* Rassegna
nazionale delle esperienze di educazione alla pace e al disarmo, svoltasi a Torino dal 26 al
28 aprile, organizzata dalla Provincia. « Infatti pace non è solo
assenza di guerra, ma — continua Galtung — superamento dei
conflitti familiari, del rapporto
autoritario tra insegnante ed allievo, delle divergenze di opinione. Un superamento in vista di
un dialogo e di un confronto
continuo con l’altro ».
Galtung, professore di ricerche sulla pace all’Università di
Oslo, ritiene che l’intervento pedagogico debba innanzitutto
partire dalla coerenza etica dell’insegnante che deve, appimto,
rendersi credibile non tanto per
quello che dice quanto per quello che la. Ekiucare alla pace
non può e non dev’essere un
« fare lezione sulla pace » ma
piuttosto instaurare uno scambievole rapporto con gli allievi,
valorizzando tutte le discipline
scolastiche (compresa anche la
tanto ignorata ’’educazione civica”) in un discorso globale capace di suscitare nuovi valori
etici. Seguendo questo ragionamento emerge il latto che la
forma, nel processo educativo,
ha molta importanza. Non la si
può separare dai contenuti che si
Vogliono trasmettere. « Tutti abbiamo notato quanto sia pesante — conclude Galtung — tutto
ciò che è programma scolastico
mentre è gratificante ed attraente ciò che si legge nel tempo
libero ».
Gratificante è stata anche l’atmosfera che si è andata creando in questo convegno perché si
è scoperto che molti gruppi e
scuole d’ogni parte d’Italia hanno, nel cammino per la pace,
parecchie cose in comime.
Nei diversi gruppi di lavo
• L’Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pinerolo N. 175.
Redattori: Giorgio Gardioi, Roberto Giacone, Adriano Longo, Mauro
Pons, Giuseppe Platone, Sergio
Ribet. Comitato di redazione: I redattori e: Mirella Bein Argentieri,
Valdo Benecchi, Mario F. Berutti,
Franco Carri, Paolo Fiorio, Bruno
Gabrielli, Marcella Gay, Claudio H.
Martelli, Roberto Peyrot, Massimo
Romeo, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Liliana Viglielmo.
Birettore Responsabile:
FRANCO GIAMPICCOLI
Redazione e Amministrazione: Via
Pio V, 15 - 10125 Torino - tei. 011/
655.278.
Redazione l'Eco delle Valli Valdesi:
Via Arnaud, 23 - 10066 Torre Pellice.
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- 10125 Torino.
Registro nazionale della Stampa n.
00961 voi. 10 foglio 481.
Abbonamenti'19851 Annuo L. 24.000;
Semestrale 13.000; Estero 50.000 (posta aerea 74.000); Sostenit. 50 000.
Decorrenza 1° genn. e 1° luglio (semestrale) da versare esclusivamente sul c.c.p. 327106 intestato • L’Eco
delle Valli - La Luce » - Casella postale- 10066 Torre Pellice.
Pubblicità: prezzo a modulo (mm.
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Fondo di solidarietà c.c.p. 11234101
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Stampa: Cooperativa Tipografica
Subalpina - Torre Pellice (Torino)
ro, si è cercato di mettere in
pratica raffermazione di alcuni
relatori secondo cui uno dei
momenti fondamentali per una
educazione alla nonviolenza sta
nella rivalutazione della cultura femminile che permette il
dialogo, il confronto, ovvero un
rapporto orizzontale, non gerarchico e non competitivo. Tale
modello culturale dev’essere contrapposto alla vecchia cultura
maschile, verticale, gerarchica
e competitiva che tuttora prevale nella nostra società occidentale. Un altro dato in comune emerso dai lavori è stata la
coniùnzione che educare alla
pace implica una presa di coscienza dei problemi politici e
sociali del nostro tempo. « Non
si può pensare di educare alla
pace — ha detto Giuliana IVIartirani, dell’Università di Napoli —
senza educare a nuo'vi modelli
di sviluppo, perché alla pace non
si arriva senza operare per la
giustizia in tutto il mondo ».
La dimensione politica della
educazione alla pace è stata illustrata da Antonino Drago, fisico universitario; « Fare politica
nel senso migliore del termine
significa cogliere la realtà in cui
viviamo ed affrontare i conflitti
in noi stessi, tra noi e gli altri
e tra noi e le istituzioni ».
Il conflitto non dev’essere recepito come qualcosa di negativo. Dai conflitti nasce la trasformazione della società. Si tratta
di vedere come risolvere i conflitti, e qui allora è importante
avere di fronte una prospettiva
di pace.
IMagnus Haavelsrud, docente di
scienze sociali all’Università di
Troms'oe, sostiene che parlare
di pace non vuol dire solo sensibilizzare gli alunni contro la
guerra nucleare ma presentare
loro, molto chiaramente, i conflitti esistenti; « Morir di fame
è ancor peggio che morire di
guerra ». Haavelsrud propone,
in maniera schematica, un « Cono della pace » come marchio
e stimolo visivo per evidenziare
il fatto che pace è la risultante
di un’azione dialettica di componenti fondamentali: il disarmo,
lo sviluppo e il rispetto dei diritti umani.
Nell^ scuola
In concreto, come portare la
pace dentro l’istituzione scuola?
Sarebbe lungo raccontare delle
diverse esperienze didattiche,
realizzate — soprattutto nelle
scuole a tempo pieno — attraverso la musica, il canto, la
drammatizzazione e confluite in
questo convegno. Siamo di fronte ad un campo nuovo di ricerca
dove si parte da una realtà in
cui « guerra è una parola forte
— come ci ha ricordato il filosofo Norberto Bobbio concludendo i lavori — e pace una parola debole. Lottare per il trionfo dellà pace è impresa di lungo re^ro».
“ Mà^’^feiagine che più ci è
rimàst'% impressa in queste giornate torinesi dedicate alla pace
è quella antica di Antigone, evocata da Catti dell’ateneo di
Bologna, che ubbidisce con fermezza soltanto ai propri imperativi etici. In altre parole: educare alla pace può volere dire,
anche per degli insegnanti, disubbidire all’ideologia deH’istituzione quando essa soffoca la prospettiva di pace e di solidarietà
che si intende trasmettere.
Per finire, alcuni insegnanti e
operatori sociali, hanno sottoscritto una petizione in cui si
chiede che il 24 ottobre 1985,
giornata del Disarmo, si rifletta,
in tutte le scuole, suU’impegno
di giungere alla totale abolizione delle armi nucleari. Una riflessione ed un impegno, ci auguriamo, che non durino solo lo
spazio di un convegno o di una
giornata ma possano, ogni giorno, essere presenti nella nostra
vita.
Daniela Ferrare Platone
LiUana PeUenc
— Ho saputo che partecipi ad
una iniziativa di pace che ti porterà in varie capitali europee. Di
che si tratta?
— Esatto. Dal 12 al 25 maggio
tutte le capitali europee saranno
visitate da 5 gruppi di persone
che cercheranno di avere un incontro con i singoli governi, per
sottoporre loro una serie di domande intorno alla pace, alla
fame e allo sviluppo. Si tratta
di un’iniziativa promossa da vari gruppi per la pace dei paesi
scandinavi.
— Non ti sembra questo un
obiettivo un po’ ambizioso?
— Certo, è vero; però bisogna anche tener presente che la
guerra non è un evento come un
terremoto o un’alluvione, cioè
qualcosa che devi subire, più forte di te e della tua volontà. La
guerra è qualcosa di calcolato,
programmato, pensato prima lucidamente a tavolino. Perfino la
Bibbia dice che uno, prima di
mettersi in guerra, fa bene i suoi
calcoli, e non attacca se non si
sente abbastanza forte da vincere. Attualmente assistiamo intorno a noi a preparativi enormi di guerra; temo che prima o
poi possiamo trovarci invischiati in un gioco che non ci piace
affatto. Io sono sicuro che la
volontà dei popoli è chiaramente orientata verso la pace; ma
i politici si trovano presi in un
ingranaggio tale per cui sono come costretti ad andare avanti
nella direzione di sempre, nonostante le loro affermazioni di
pace.
— Il viaggio si svolge in un
anno che ricorda molti anniversari: la fine della II guerra mondiale ma anche Hiroshima e Nar
gasaki. C’è un collegamento voluto con questi avvenimenti?
— In effetti il 40“ anniversario
della fine della guerra, ma anche della distruzione atomica
delle due città giapponesi è sta
to posto come uno sfondo significativo di questo viaggio. Ci troviamo a 40 anni dalla fine della
guerra mondiale, ma con delle
prospettive molto cupe circa il
nostro futuro. Le nazioni che
aderiscono all’ONU hanno promesso di liberare l’umanità dal
flagello della guerra e della fame. ’Visitando le capitali dei paesi membro dell’ONU (quest’anno quelle europee, e l’anno prossimo quelle degli altri continenti) si vuole ricordare ai governi questa loro promessa e far
presente l’urgenza con la quale
essa deve essere attuata.
— Ma tu pensi che possiate
riuscire a fare qualcosa?
— Non mi pare giusto partire
con scetticismo; significherebbe
essere degli sconfitti in parten
za. Se devo essere sincero ho
molto timore. Mi rendo conte
infatti che un incontro del genere non è di tutti i giorni. E’
un’iniziativa talmente complessa
che, forse, non potrà essere ripetuta entro breve tempo. E’ una
occasione veramente unica nella
quale poter dire ai responsabi
li della vita politica il profondo desiderio di pace e di giu
stizia che anima i popoli, e questo in modo diretto, senza le cancellerie. Capiranno?
— Tu quali capitali visiterai?
— La prima tappa del gruppc
di cui faccio parte sarà l’Islanda
M’interessa molto, perché recentemente questo paese ha negato l’attracco delle navi USA a
propulsione atomica o con armamenti atomici. Poi visiteremo
Atene, Cipro, Malta, Madrid, Lisbona. Il 22 maggio saremo a
Roma. Dunque le capitali del
Mediterraneo. Questo si collega
col discorso sul Mediterraneo
che stiamo cercando di fare; un
mare che anziché unire i popoli
rischia oggi di diventare il punto di confronto non solo tra
Est ed Ovest ma anche tra Nord
e Sud. a cura di G. Gardioi
(segue da pag. 7)
— afferma, e questa è una risposta critica a Nietzsche: non abolendo ma assumendo la croce,
la croce del mondo, la croce dell’uomo, ci si incammina verse
la libertà.
Un secondo elemento è il tema della fedeltà alla terra, tema
appunto ricavato da Nietzsche,
l’idea che il compito del cristianesimo è un compito mondano.
Questo è nuovo nella tradizione
cristiana, almeno in questa forma e con la forza con cui lo
esprime Bonhoeffer. Non fuggite il mondo ma siate forti, dice
nel ’32; chiunque fugge il mondo non trova Dio ma un altro
mondo, il suo proprio e chi fugge Dio per trovare la terra non
troverà la terra di Dio. troverà
se stesso. Credo che all’intemo
della riflessione teologica cristiana sia relativamente inedita l’insistenza sulla fedeltà alla terra,
sul fatto che questo mondo è l’unico mondo, non c’è un altro
mondo se non questo mondo diverso.
In terzo luogo Bonhoeffer è il
teologo che produce la prima
grande riflessione sul significato
della secolarizzazione, su un possibile significato positivo della
secolarizzazione. Abbiamo sentito parlare molto giustamente
delle due culture della secolarizzazione, quella senza futuro e
quella che invece in qualche maniera è essa stessa matrice di
futuro. E’ il primo tentativo
da parte di un teologo cristiano
di piantare — per così dire —
l’albero della fede nel terreno
della non religione. Che questo
tentativo sia riuscito è ciò che
Gian Enrico Rusconi nella sua
Rumore della religione
relazione ha finito per negare dicendo in ultima analisi; Bonhoeffer si propone di elaborare i
temi di un cristianesimo non
religioso ma non ci riesce perché
in fin dei conti ricade necessariamente in un linguaggio, in
una visione del mondo religiosi,
introducendo! categorie religiose
come quella della signoria.
Questa è in effetti un’osservazione che merita di essere discussa. E’ possibile un cristianesimo non religioso? Cioè è possibile una formulazione della fede cristiana in termini assolutamente, radicalmente, esclusivamente laici? Io credo che non
10 sia e penso che in questo senso il valore della proposta di
Bonhoeffer non è tanto nel successo o neH’insuccesso ma è nella pista, nella direzione che indica. Insomma, non importa arrivare alla meta, importa imboccare la strada giusta. E io credo
che Bonhoeffer ha imboccato la
strada giusta anche se non può
arrivare alla meta e credo che
nessuno di noi ci potrà arrivare.
Ma la strada è quella. C’è un
compimento che non c’è, che non
è possibile; il che non vuol dire
che il frammento non abbia valore.
Questa dunque è una pista, una
direzione nuova, inedita in questi termini e, tutto sommato,
estremamente valida. Non ritengo infatti che tutte le risorgenze del religioso, tutti i ritorni
verso la religione di cui siamo
anche spettatori nei nostri giorni, modifichino sostanzialmente
11 dato fondamentale che Bon
hoeffer indica con l’espressione
« il mondo diventato adulto ».
Certo si tratta di un’espressione
che può essere criticata — ricordo che Barth ci diceva a lezione: « Io leggo ogni giorno il
giornale, ma non mi sono accorto che il mondo sia diventato
adulto » — non importa; c’è una
frase famosa nelle lettere: dobbiamo anche dire delle cose contestabili se attraverso queste cose contestabili vengono segnalate delle questioni vitali. E credo che in questa luce vadano
situate alcune delle sue affermazioni più criticabili.
Bonhoeffer è inoltre all’interno della teologia cristiana, colui che ha riproposto il cristianesimo confessante nel senso di
una confessione che passa attraverso l’esistenza della chiesa. Con
quella che celi chiama la sequela (Nachfolge) ba bollato criticamente non solo « la grazia a
buon mercato » ma anche quella che si potrebbe chiamare « la
chiesa a buon mercato ». Bonhoeffer sotto questo profilo ha
orevisto, e in qualche maniera
ha vissuto, un nuovo tipo di comunità cristiana che in sostanza
prende sul serio il sermone sul
monte come statuto del proprio
esistere in mezzo al mondo. Questa tradizione è sempre stata
settaria nel cristianesimo storico e il fatto che un teologo non
settario come Bonhoeffer l’abbia
fatta propria, abbia assunto il
sermone sul monte come magna carta della comunità cristiana nel mondo è un fatto nuovo
che credo prelude a esiti futuri.
Ancora; l’abbinamento tra il
Dio deH’al di qua e la polifonia
dell’esistente. L’innesto di quella che tradizionalmente si chiama la trascendenza nell’immanenza produce, per così dire, una
lievitazione della realtà che acquista una multidimensionalità
per cui la laicità, che diventa
principio interpretativo del cristianesimo stesso, deve essa
stessa essere ridefinita, deve essa stessa anche essere ricostruita: non è soltanto appunto la
laicità data, ma è anche una laicità futura, una laicità in fieri,
quella che Bonhoeffer prevede
nelle sue lettere.
L’ultimo spunto che credo sia
fecondo per la teologia cristiana è il cuore di tutto il discorso: Gesù come epifania, manifestazione dell’uomo, Gesù come luogo in cui l’umanità acquista tutta la sua dimensione e
tutta la sua polivalenza. Insomma a me pare che tutto il discorso di Bonhoeffer alla fine arriva
a questo esito; il vero problema
non è Dio ma l’uomo, il vero
problema è l’uomo. E potremmo
dire: impara ad essere uomo e
così facendo eventualmente imparerai anche ad essere cristiano. Ma in fin dei conti il risultato ultimo è di rendere suT>erfluo anche questo aggettivo,
ma di renderlo superfluo soltanto nella misura in cui c’è
per così dire un inveramento
dell’uomo attraverso la piena assunzione del mondo e di Dio nel
mondo, dell’immanenza e della
trascendenza nella immanenza,
cioè attraverso la piena scoperta di questa multidimensionalità
del reale che credo sia la chiave
ultima di tutto il discorso.
Paolo Ricca