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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Si distribuisce ogni Venerdì. — Per cadun Nimer» centesimi 10. — Per caduna linea d’inserzione cenlesimi 20.
Candizioni d’Asaoeiazioii« i
PerTowxo — Un Anno L. S. —Adomicilio I,. « . — Protixcii L. • *0.
Sei mesi > S. — > S &• — ■ 8 ».
Tre mesi • •. — • t SS _ . » m.
Per Francia e Srizzera flranco a destinazione, e per l’Ingtailterrs franco al confine lire >
per nn anno, e lire S per sei mesi.
Le AMociazIoni si riceroDo; in Tomsoall’Ulll*lo ilol «¿tornaIr,viole dei Re, rum. 31.
— A Genova,alla VultlpK«*, innia di S. Chiara.
Nelle [irovincic, preuM miti gli Uffirii poilali permeizudi Fufliia,che dovranno cuere inviati
[ranco al Direttore della Hix»a Novella e uon altrinirati.
Alfestero, ai seguenti indirizzi: Logora, dai sigK. Mstliell e C. librai, 21 Bernpr«-itr*et;
Parigi, dailalibreria C. Mejrucis, ruc Tronchel, 2 ; Nimf.is dal slg. Poyrot-Tinel libraio; Lioiii;
dai sigg. Deni» el Pelil Pierre librai, me Neuve, la; GiMEVRA.dal sig. E. Hciond libraio
Losak.na, dal sig. Delarouiaine libraio.
Sommarlo.
Appendice : Cenni storici sulla Riforma in Italia nel
secolo XVI. — Breve saggio intorno alle principali
contrarietà tra le dottrine della Chiesa Romana e quelle
delle Chiese evangelidie. Introduzione.— Corrispondenza tra un Padre Cappuccino ed un Evangelista della
nostra Chiesa. — L'nomo fossile. —Lo Stato romano svelato, Vili.—Notizie : Russia. Egitto.
BREVE SAGGIO
iitano ali« priiKÌpali conlrarietà In le dotlriM della Clliesa ronaiia
e fnelk Mie Chiese erugelidie.
INTRODUZIONE.
L!origiue della Chiesa k dagli uni niìrata nella
«lezione doi discepoli ; dagli altri con più ragione in quella gran conversione di gente che
ebbe luogo alla Pentecoste per la predicazione
dell’Evangelio e l’efficacia dello Spirito Santo.
Fin allora i discepoli non formavano una societii distinta con un rito loro particolare ; ignoravano ancora il vero conduttore della Chiesa,
cioè lo Spirito; e Gesìi medesimo, nel dire a
Pietro : su questa pietra edificherò la mia Cbiesa,
avea dato ad intendere che per allora non piantava che le fondamenta, ma che erigerebbe l’edifizio in altre condizioni. Solo quando vedrete
sorgere un’assemblea, una società di fedeli
convcrtiti per l’Evangelio, e battezzatfnel nome
di Gesti, perseveranti nella dottritìa degli apo
APPENDICE
CENNI STORICI
DELLA RIFORMA IN ITALIA
nel secolo XVl.
XXXVll.
L’emigrazione italiana era in certo qual modo
l’immagine delle soppresse chiese d’Italia, vale
a dire un miscuglio di varii elementi tutt’altro
che omogenei ; i quali avean comune bensi l’avversione cattolica e le sciagure dell’esilio, ma
non comuni egualmente le virtù, le aspirazioni
e le dollrine; i semi d’arianismo, d’anabattismo
stoli, nolla comunione, nel rompere il pane, e
nell’orazione, potete diro : Ecco la Chiesa 1
L’ordinamento di essa Chiesa in parte k dato
nella stessa sua formazione. Gli apostoli, con
allri compagni d’opera, muniti dei doni dello
Spirito Santo, si trovano preposti como fondatori alla direzione generale, la quale si perpetua, mediante la loro testimonianza scritta. In
breve poi si fa sentire il bisogno di uffizi speciali, permanenti, regolari, di diaconi jier la
distribuzione di elemosino, di anziani 0 vescovi
0 pastori e dottori per le cure spirituali, per il
ministerio della parola. D’un primato di Pietro,
d’una monarchia ecclesiastica romana non .se
ne rinviene l’ombra
Quell’ordine primitivo suM modificazioni non
lievi. Dopo gli apostoli, I vescovi che in principio erano pari agli anziani, e per uflìcio addetti a chiese particolari, ujurparono una autorità vieppiù estesa. Cominciarono coll’elevarsi
sopra gli anziani. Hic enim episcopus est qui
inter presbyleros primus est, di.sse già Ilario.
Al quarto secolo (343) i vescovi delle ciltà sono
per decreto dei concilii di Ancira e di Antiochia riconosciuti superiori a quei di campagna,
cui è tolta facoltà di nominare, senza previa
autorizzazione, preti e diaconi. I vescovi dello
metropoli, 0 capo-luoghi di provincia, sono
considerali come superiori a quei delle città secondarie. I vescovi delle diocesi, cioè di terrilorii che comprendevano diverse provincio, sono
per la stessa ragiono superiori ai metropolitani
e ricevono il titolo di tsarchi ; fra quesli primeggiano poscia i patriarchi, i vescovi di tr«
sedi apostoliche, cioè Gerusalemme, Antiochia,
e di socinismo che avean dato alle chiese della
Penisola i mali frutti delle discordie e degli
scandali, trasportati da alcuni esuli nel suolo
dei Grigioni, non tardarono a germogliarvi e
produrvi le stesse calamità. Da codesti nuovi
sellarii propagavansi le più strane teorie che
distruggevano la base del cristianesimo ; e si
giunse persino a sostenere Dio essere autore del
peccato, e la santità non giovar punto alla salute.
Primi ad insorgere contro le pure dotlrine
evangeliche furono due pastori, uno calabrese e
l’altro mantovano; e convinti d'errore vennero
entrambi deposti. Ma il principale autore di cosiffatte novità era il siciliano Camillo Renato,
uomo pericoloso perchè dotato di molto ingegno
e fornito di gran sapere, insinuante e destro
nelle controversie, e tenacissimo nelle sue opinioni. Prima a Cassan e poi a Chiavenna tirò
a sè non ispregevol numero di partigiani, i quali
Alessandria, 0 delle due capitali d’Oriente e di
Occidente, Costantinopoli 0 Roma. Finalmente
poi al vescovo di Roma fu conforto il titolo di
vescovo universale dallo scellerato Foca, in
cambio dell’assoluzione negatagli dal patriarca
di Costantinopoli per aver fatto morire l’imporatoro Maurizio. Ma codeslo vescovo universalo
ancora non 6 sommo pontefice. Il concilio di
Elvira, 305, escludo quol titolo ; Primar, sedia
episcopus non appellalur jrrinceps sacerdotum,
aulsìmmm mcerdos, aut aliquid hujusmodi,
sed tantum primae sediti episropun. In quanto
al così dotto patrimonio di San Pieiro, egli ò
nolo come l’ottenne poi da Pepino e da CarloMagno. L’aulorità papale, munita già di cori
alta influenza, giunse poi all’apice, e s’innalzò
sopra tulli i troni della terra per opera di duo
papi specialmente, d’ingegno gagliardo 0 di sfrenata ambizione clericale, Gregorio VII e Innocenzo III. Il vescovo di Uoma è addivenuto
niente meno cho vicario di Cristo, Dio in terra I
La tendenza che produsse il papato non pud.
essero un fenomeno indiiTereiito riguardo al
principio vitale dolla Chiesa, la dottrina. II
contrasto che vi colpisce tra Ildebrando e Innocenzo III, 0 Pio rx, se volete, e S. Pietro,
se vi guardate bene, non vi parrà più forte di
quello che esiste tra la Messa e la sacra Cena,
tra 1 insieme della dottrina della salvazione secondo la Chiesa romana, e secondo il Nuovo
Teslamenlo. Se ne vedrà la prova in questo
scritto.
Abbenchè l’autorità papale fosse un buon
mezzo coercitivo per comprimere le divisioni,
siccome ella manca per la baso, fu lungi dal
anziché cedere alle rimostranze del buon Mainardi, preferirono staccarsi dalla comune chiesa
e far setta a parte sotto la direzione del loro,
maestro.
Camillo Renalo sosteneva: che ranima,estint»
il corpo, rimane in uno stato di sonno sino alla
risurrezione; che i peccatori non risorgeranno;
che l’uomo fu creato mortale e sarebbe stato
soggetto alla morte quand’anche non avesse peccato; che non v’è legge naturale la quale insegni agli uomini ciò che devono fare od evitare;
che gli uomini non rigenerali sono creature irragionevoli come i bruti; che il Decalogo è inutile ai credenti perchè la loro legge è lo spirilo;,
che le Scritture nulla dicono dei meriti di Cristo ; che egli aveva in se medesimo i germi della
concupiscenza, e poteva peccare, abbenchè non
abbia peccato; che su lui pesava l’anatema non
già perchè si offriva in olocausto per la salute
de’ peccatori, bensì perchè era stato egli stesso^
2
mantenere salva l’unità della Chiesa. Non solo
ebbe luogo il grande scisma deH’Oriente, ma
non ostante il dominio assoluto che la Chiesa
romana esercitava in Occidente, vi furono dei
• cristiani che protestarono in ogni paese ; in Italia 1 Valdesi, in Francia gli .\lbigesi, i discepoli
di Pietro Waldo, chiamati i Poveri di Lione, in
Inghilterra i Wicleflìti, in Germania gli Ussiti
« Moravi. L’opposizione evangelica s’accrebbe
immensamente al XVI secolo colla protesta di
Germania, colla riforma di Calvino in Svizzera
e Francia, colla conversione d’Inghilterra , di
Scozia e d’Olanda, ecc. ; ed ella potè prendere
un carattere stabile, regolare, elevandosi sul
fondamento della Chiesa primitiva, sopra Cristo
e Sull’Evangelio degli Apostoli nuove chiese,
le quali portano abusivamente i nomi dei loro
promotori, o tale altro nome dato dalle circostanze, ma s’accordano tutte quante nel riconoscere per unica regola di fede le Sacro Scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento.
I dommi da quelle chiese professati furono
in principio formulati nelle così dette confessioni di fede, che consideriamo come un espressione bastantemente pura delle verità rivelate
nella sacra Scrittura, la quale rimane sempre
l’autorità suprema.
Poniamo di fronte in due colonne le contrarietà esistenti fra i due sistemi ; con tutta imparzialità ci siamo adoperati a tale opera ; e
per offrire al lettore un criterio sicuro e facile,
mettiamo in una terza colonna alcuni passi
principali della Scrittura.
CORRISPONDENZA
tra DQ Padre Cappuccino ed un Evangelista
della noslra Clliesa
F. Bruschi al Padre Teodosio.
M.to Rev.do Padre Pro.ne Oss.mo,
«La Bibbia è chiara abbastanza? Ma io leggo
« in essa tutto il contrario. San Pietro dice : che
« nelle epistole di san Paolo vi son molte cose
« difficili a capirsi, le quali da uomini ignoranti
« si torcono in pravo senso insieme alle altre
concepito nel peccato originale; che non vi è
alcuna somiglianza fra il batiesimo e la circoncisione; che il battesimo e la cena sono soltanto
segni di fatti passati, e che ad essi non va congiunta alcuna grazia particolare e nessuna promessa. Le quali proposizioni racchiudono gli
elementi del sislema che più tardi fu sviluppato
da Socino. Veramente Camillo non rigettava il
domma della Trinità, ma varii suoi discepoli
finirono col combatterlo.
11 sistema di Camillo non era ancora ben maturato, quando il Mainardi attaccollo ; non pertanto l’ardito siciliano scrisse parecchie opere
per difendere le sue dottrine; accusò il suo avversario di fanatismo e d’ignoranza, e chiamollo
in colpa di tutte le dissidio e gli scandali che
da siffatta polemica scaturivano. Finita questa
(dopò tante peripezie contrarie quando all’uno e
quando all’altro dei contendenti) con la scomunica di Renato, altre ne sorsero e non meno fu
« scritture, facendo cosi servire alla propria per« dizione il dono che Iddio fece loro a salute »
(II di Pietro, III, 16). Son queste le sue parole.
Mi perdoni se non derogo alla’mia vecchia abitudine di riscontrarle citazioni bibliche coi miei
propri occhi. La cosa è troppo importante perchè
Ella nella sua generosità non voglia concedermelo : si tratta nulla meno che di sapere se io
possa, o no, comprendere la parola di Dio, la
quale, come la Paternità Yostra confessa, è un
dono ch’Egli ha fatto agli uomini per la loro soriute. Non joglio consultare l’originale; prendo
in mano la Volgata; quella cioè che si legge
nella Chiesa del papa, dalla quale io debbo presumere che la Paternità Vo.stra attinga le sue
citazioni, qualora non si servisse della versione
di monsignor Martini, arcivescovo di Firenze,
che pure consulteremo. La Volgata dice : « Sicut
« et in omnibus epistolis, loquens in eis de his in
« quibus sunt quaedam difficilia intellectu, quae
« indocti et instabile! depravant, sicut et coetares
* scripturas, ad suam ipsorum perditionem ». E
monsignor Martini traduce : « Come anche in
« tutte le epistole , dove parla di questo : nelle
« quali sono alcune cose difficili a capirsi, le quali
It gli ignoranti e i poco stabili stravolgono (come
Il anche tutte le altre scritture) per loro perdi« zione ». Nel frontespizio della versione Martini si asserisce che la traduzione è secondo la
Volgata. Ma come va, io domando, che il Martini traduce il « de his » di questa Volgata per « di
questo ? ». Come va che mette due punti dopo il
« di questo ? » separando cosi ciò che la Volgata
riunisce? Come va che traduce 1’ «m quibus » per
« nelle quali,» facendo così riferenza alla parola
« lettere * piuttosto che a soggetti o punti dimostrati dal « de ?«>» della Volgata medesima? È
troppo facile l’indovinare il perchè delle martinesche varianti, ed è però che non ne parlo per
ora : solamente dirò che la Volgata, che il Martini tradusse, è la sola che siastata riconosciuta
come autentica dal Concilio di Trento nella sessione quarta tenuta il di 8 di aprile 1546 nel decreto de editione et usu sacrorum librorum : dirò
che questa Volgata dovea dai papisti esser riconosciuta come autentica per ordine di Sisto V ;
e che dalla tipografìa del Vaticano venne stampata per autorità di Clemente Vili, come apparisce dalle di lui lettere in data del 9 di novembre 1592; soggiungerò ancora, che il Martini era
vescovo , un membro cioè di quel corpo che hS,
diritto, secondo Roma, di sedere nei Concilii; e
di più servitore umilissimo del romano pontefice,
neste sulle dottrine antitrinitarie risuscitale dai
celebri Alciati e Blandrata, ai quali poco dopo
si aggiunsero Flario e Turriano e più tardi Soccini e SquarcialupQ. E riuscendo poco efficaci
le confutazioni teologiche, i magistrati grigioni
credettero opportuno di lanciare contro gli esuli
dissidenti la pena del bando. Veramente l’ingerenza governativa non era il miglior mezzo di
troncare la quesiione; e la Repubblica con tal
misura recava offesa alle sue leggi politiche, le
quali in fatto di fede volevano la più ampia tolleranza ; imperocché in essa come in altri paesi
riformati predicavasi allamente ciò che nel
preambolo d’un editto del Gran Consiglio di Berna
s’era posto per base, cioè che « La fede è un
dono libero di Dio, cui nessun vivente può dare,
tórreo guidare colla violenza ; cbe l’impero sulla
coscienza appartiene a Dio solo, e quindi tutti i
sudditi d’uno Stato hanno il dirilto d’abbracciare
quella dottrina che reputan migliore ». Nè vale
da cui aveva ricevutala vescovile consacrazione.
Eppure, ad onta di tutto ciò, ha alterato la parola ed il senso della Volgata, riconosciuta come
autentica da un Concilio della Chiesa papale, e
dichiarata tale da due papi. Ciò, sia detto fra noi,
è per farle rimarcare solamente la buonafede di
certi traduttori dei sacri libri, che appartengono
alla setta papesca ; qual rispetto nutrano per la
divina parola ; e quindi qual conto si debba e si
possa fare delle loro citazioni. — La Paternità
Vostra poi nel trascrivere il sunto di questo passaggio, per errore, involontario senza dubbio, ha
detto che nelle lettere di san Paolo vi sono molte
cose difficili a capirsi : mi permetta di tradurre il
« quaedam » della Volgata per « alcune cose », e
quindi non guarderò al rimanente. Per non fare
torto però nè a Lei, nè a monsignor Martini
esaminiamo questo passaggio colla Volgata alla
mano, e vediamo se la Paternità Vostra abbia
ragione di servirsene per sostenere che la Bibbia
è oscura ; o se io invece possa da esso dedurre
esser la Bibbia intelligibile e chiara in tutto ciò
che concerne la fede eia morale.
Sicut et in omnibus epistolis, loquens in eis de
his. San Pietro ci dice che san Paolo parla nelle
sue lettere « in eis » di queste cose, di questi
punti, 0 di questi soggetti « de his ». Quali saranno questi punti di cui san Paolo parla nelle
sue lettere, e ehe san Pietro vuol designare in
questo versetto ? Il pronome dimostrativo « his »
indica evidentemente dover esser quelli stessi
di cui san Pietro ha immediatamente parlato. Vediamo dunque di che parla san Pietro in questo
capitolo. Egli discorre della seconda venuta del
Cristo impugnata dagli increduli motteggiatori
che sopraggiungerebbero negli ultimi tempi :
premunisco i fedeli contro le perfide loro insinuazioni : gli esorta a prepararsi condegnamente
ed a star pronti a questa venuta : e vuol che sappiano essere effetto della pazienza di Dio (il quale
non vuole che alcuno perisca, ma che tutti vengano a penitenza) il motivo per cui Egli aspetta
a dar compimento alla sua promessa. Questi
son dunque i soggetti di cui deve parlare san
Paolo nelle sue lettere, e san Paolo ne parla di
fatto nei suoi scritti, e specialmente in questi,
cioè : Romani, Vili. — I. Corinti, XV. — I. Tessalonicesi, IV, V. —II. Tessalonicesi, I. ecc., ecc.
Ma siccome in questi passaggi, che ognuno può
riscontrare, chiaramente è esposta la dottrina
della seconda venuta di Gesù Cristo ; ne viene
*di conseguenza che le difficoltà di cui parla san
Pietro non cadono propriamente su questa ve
il dire che I dissidenti erano stranieri, e potevasi contro di essi procedere in via d’eccezione;
'imperocché se cosiffatte misure sono appena tollerabili quando provocate da cagioni politiche e
civili, in materie religiose un Governo che fa
professione di tolleranza non può in modo alcuno giustificarle; tranne che alle dispute non
tengano dietro le vie di fatto con grave pericolo
della tranquillità e dell’ordine della Repubblica.
Era quello un atto impolitico ed anti-evangelico, degno soltanto d’un Governo teocratico;
meno mostruoso forse de'deplorabili eccessi cui
trascorrevano i protesfanti di Ginevra, ma egualmente assurdo. Cosi a Ginevra le dottrine antitrinitarie salivano il patibolo in persona di Servet, e nella Repubblica de’Grigioni erano sottoposte alla pena dell’ostracismo.
3
nuta , ma sibbene sugli accessorii di essa. — In
fatti san Pietro dice : Loqtiens in eis de his, in
quibus sunt quaedam difficilia intellectu. Ora poiché queste « alcune cose difficili » son contenute
in questi soggetti, è manifesto esser quelle da
questi distinte, e quindi su quelle e non su questi cadere la difficoltà. — Ora : chi ha mai negato
che nei soggetti chiaramente esposti nella parola
di Dio , vi sia qualche cosa secondaria, rapportantes! a quei soggetti che presenti qualche difficoltà ad esser capita? Chi ha mai negato in
ispecie che nel soggetto della seconda venuta di
Gesù Cristo vi siano alcune cose difficili a comprendersi? Vi sono , è vero: ma ciò non inferma
punto la mia proposizione, cioè che la Bibbia sia
chiara in tutto ciò che concerne la fede e la morale : imperocché , come dissi, le difficoltà non
cadono su ciò che è oggetto principale e fondamentale della fede cristiana iu questo punto, cioè
la seconda venuta di Cristo , soggetto chiaramente trattato da Pietro e Paolo , ma su cose
che si contengono in questo soggetto medesimo.
E vaglia il vero : i simboli ricevuti dalla Chiesa
universale non presentano a credere al cristiano
come oggetto principale e fondamentale di fede
in questa materia se non la seconda venuta di
Cristo, e taciono assolutamente sugli accessorii
che vi hanno rapporto. Il cosi detto simbolo
degli apostoli e quello di sant'Atanasio formulano quest’articolo in questi semplicissimi termini : Inde venlurus estjudicarc vivot et mortuoi,
e quello di Nicea ; et iterum venturw est cum
gloria judicare vivos et mortuos. Ora siccome
dalla citazione di questi simboli ognuno comprende facilmente che Gesù Crislo, dopo la sua
gloriosa ascensione al cielo, di là verrà nuovamente, o una-seconda volta con maestà e gloria
a giudicare i vivi ed i morti, comprenderà facilmente ancora la medesima verità leggendola in
san Marco, XIII, 26, in san Luca, XXI, 27, negli
Atti degli Apostoli. I, 2, ecc., ecc. E ciò vai
quanto dire che la Bibbia è chiara in tutto ciò
che concerne la fede e la morale, non solo in
genere, ma ancora nella materia di cui si tratta,
essendo intesa ed accettata da ogni vero credente , a qualunque denominazione appartenga,
questa verità che Gesù Cristo verrà dal cielo una
seconda volta per giudicare i vivi ed i morti, e
non cadendo la controversia fra le differenti comunioni cristiane se non su punti secondarii
riguardanti a quella verità principale.
D’altronde, che le cose siano cosi , emerge
chiaro dal passaggio medesimo che esaminiamo.
Infatti se egli è vero esservi nei soggetti trattati
da Paolo alcune cose difficili a comprendersi ;
se queste « alcune cose difficili » sono state rimarcate a bella posta da Pietro, ne viene di conseguenza che quelle che non ha rimarcate siano
facili, non essendovi altro opposito alle «cose
difficili » che distingue, se non le facili e chiare.
Non so poi. mio Reverendo Padre, come, dall’esservi nella Bibbia alcune cose difficili a comprendersi ella possa ragionevolmente inferire
non doversi per questo motivo leggere e meditare. Io invece tirerei una conseguenza tutta opposta; io direi ; quanto più un soggetto è difficile, tanto più studio ed applicazione richiedonsi
per comprenderlo, e quanto più questo soggetto
difficile è importante, tanta maggiore fermezza
e perseveranza fan d’uopo nello studiarlo in vista
doi vantaggi ehe dall’averlo capito risultano.
Credo che san Pietro medesimo è di questa opinione. In fatti , dopo aver detto che nei soggetti
trattati da Paolo vi sono alcune cose difficili a
capirsi, soggiunge ; crescite vero in gratia et in
cognìtione Domtn» nostri etSalvatorisJesu Christi,
come se avesse voluto dire : se volete capire lo
cose difficili riguardo alla venuta di Gesù Cristo
cercate di approfondirvi nella di lui conoscenza;
ed io aggiugnerò : come crescere nella conoscenza di Gesù Cristo se non leggendo quelle
parole che, uscite dalla sua bocca divina, sono
parole di vita etorna? Senza legger le parole di
coloro che furono nello scriverle inspirati e
guidati dallo spirito di Gesù Cristo medesimo?
Non deesi legger la Bibbia perchè in essa vi sono
alcune cose difficili? Ma che vi ha egli di più
difficile della Profezia? Or bene, quel Pietro che
avverte esservi alcune cose difficili nei soggetti
trattati da Paolo dice in questa medesima epistola,
capo I, verso 19 : habemus fìrmiorem propheticum
sermonem, cui benefacitis attendcntes, quasi lucernae lucente in caliginoso loco, ecc.; che se Pietro
paragona la parola profetica ad una lampana risplendente , qual concetto non dobbiamo noi
avere della chiarezza delle scritture del nuovo
patto, in tutto ciò specialmente che concerne la
fede e la morale? Noti poi quel cui benefacitis
attendente!, che indica tutt’altro che proibizione
di legger la Bibbia. Inoltre , si crede per consenso generale esser l’Apocalisse il libro più difficile del Nuovo testamento, se non nella parte
epistolare , per fermo nella profetica. Ebbene :
egli è in questo libro che si legge al capo I ed
al verso 3 : heattis qui legit el audit verba prophetiae hujus. Se egli è vero, come dissi, esser questo libro frai più difficili della Bibbia, e ciò non
ostante è in esso chiamato beato chi lo legge ,
come , mio Reverendo Padre, non sarà egli a
fortiori beato colui che legge il glorioso Vangelo di Gesù Cristo e le epistole de’ suoi apostoli,
ne’ quali scritti si legge intelligibile e chiaro
tutto ciò che devesi credere e fare ? E se è beato
chi gli legge, quanto non deve essere infelice Ja
sorte di colui che , in materia di fede, in cose
che risguardano la sua eterna salvezza, è costretto a rapportarsene ad uomini peccatori come
lui, ignoranti delle cose di Dio come lui, e che
possono non solo ingannarsi, ma ingannarlo ben
anco ?
Finalmente per quel che riguarda il versetto
in quistione,la Paternità Vostra soggiunge: che
le alcune cose difficili a comprendersi si torcono
da uomini ignoranti in pravo senso insieme alle
altre scritture; facendo essi cosi servire alla
propria perdizione il dono che Iddio fece loro a
salute. E che da questo, mio Reverendo Padre?
Forse perchè alcuni hanno abusato del dono che
Iddio avea loro fatto a salute, noi dovrem rigettare questo dono? A me sembra che la perdizione di quei disgraziati, cagionata dal cattivo
uso che fecero della divina parola, deve ammaestrare a far buon uso di essa; a servircene cioè
per ottenere il fine per cui Iddio ce l’ha data.
Perchè un traditore si serve delia spada che gli
fu consegnata a difesa del re e della patria in
detrimento dell’uno e deH’altra, edha in tal guisa
convertito in suo proprio disdoro ed infamia ciò
che dovea gloria ed onore arrecargli, nessuno
accetterà più l’onore di cingerla? Forse perchè
un insensato perdea volontariamente la vita in
un fiume che, trascorrendo per la città l’imbellisce, ne purifica l’aere col corso perenne delle
sue acque, nelle quali lo stanco operaio tuffandosi nella state seda l’ardore del sangue e nuova
lena ripiglia, verrà in mente ad alcuno di farne
deviare il corso? Ovvero perchè da taluno si
passa la vita in un vergognoso ozio che logora
la salute; o perchè da altri si usa nella deboscia
che verde ancora la rompe; si dirà non essere
dessa un prezioso dono di Dio? Di che non può
egli abusare l’uomo? Pur troppo egli abusa di
tutto; e pur non dimeno tutto è dono del Creatore I Iddio vuole la salute degli uomini, e, ad
ottener lo scopo di questa sua volontà, fa loro
l’inenarrabile dono di sua parola: se alcuno ignorante, poco stabile (e fante volte pur troppo di
mala fede) la convertono in lor propria ed altrui
perdizione, ne verrà egli di conseguenza, io lo
ripeto, che debba rigettarsi un tal dono? Se ad
onta della rivelazione che Iddio ha data all’uomo, questi maliziosamente abusandone si perde,
sarà egli salvato forse senza questa fiaccola che
lo illumini , che sviluppi i suoi sentimenti religiosi, cho moderi l’ardor dei suoi desiderii, che
dissipi le sue illusioni, che lo consoli nello afflizioni, che lo premunisca contro i pericoli della
vita, e specialmente contro le seduzioni del proprio suo cuore? Ma egli è tempo ornai di concludere su questo articolo. — Se egli è vero che
nella Bibbia vi sono alcuno cose difficili a comprendersi, abbiam veduto esser vero altresì cho
queste difficoltà uon cadono menomamente su
cose fondamentali, e quindi ne segue che in questo la Bibbia è e sarà sempre, ad onta dei nostri avversarli, intelligibile e chiara; e quindi in
obbedienza al divino precetto dobbiamo leggerla, e ne ritrarremo lumi sempre maggiori ad
eterna salvezza, qualora la leggiamo però collo
dovute disposizioni, delle quali avremo a parlare
in seguito. — Ma la Paternità Vostra porta ancora due passaggi per provare che la liibbia ò
oscura. Esamineremo anche questi, piacendo al
Signore, nella ]irossima lettera.
Intanto la riverisco.
Della P.tà Sua M.to Rev.da
Dev.mo Servitore
F. Brc.schi.
L’IOMO FOSSILE.
(Continuazione)
Noi certo non vediamo, come alcuni, la necessità di trovar prestamente qualche uomo fossile
per togliere agli increduli un argomento di far
opposizione alla Bibbia : credano pure che il dissidio non è tra la Bibbia e la civiltà, bensi fra la
civiltà e la clerocraxia. Dal non avere i geologi
scoperto ancora fossili umani si vuol forse dedurre che il diluvio è una favola o che la Bibbia
contiene delle ripugnanze e contraddizioni? Eppure la scienza medesima ci dà il diluvio per
cosa certa, e par anche certo che non tutti i fossili, per esempio quelli dei grandi animali, appartengano all’epoca diluviana, ma invece a periodi cosmogonici assai più remoti e difTerenti,
anteriori, chi sa di quanto, al tempoincui apparve
l’uomo; laonde potrebbe darsi che non esistano
fossili umani.
Ora, faremo cenno di alcuni particolari scientifici qua e là raccolti, i quali confermano lo varie
narrazioni mosaiche; poiché in fine si tratta, non
tanto della semplice questione dell’uomo fossile,
quanto di sostenere e difendere la Bibbia che
ci dà, siccome dicevamo, la scienza di tutte lo
scienze.
Nel libro di Mosò, chiamato Genesi dai Greci
appunto perchè contiene le generazioni del cielo
e della terra, noi vediamo la felicità primitiva
dell'uomo e la comunione ch’egli aveva con Dio;
poscia, la di lui caduta e la promessa di un Riparatore : ebbene, coteste rivelazioni corrispondono alle memorie che gli eruditi e i viaggiatori
4
hanno trovato nelle opere degli antichi sapienti
e fia le ruine dei popoli pagani i più remoti. Il
Leopardi, l’autorità del quale non può essere
sospetta agli increduli, dice : « Fu sentimento
« antichissimo che gli Dei si lasciassero di tratto
« in tratto vedere dagli uomini. — Introdotto il
« delitto nella terra, le apparizioni cessarono
< quasi del tutto : gli Dei ebbero a sdegno il farsi
« vedere da uomini macchiati di sangue e il vi« sitare chi empiamente profanava i loro altari e
€ disprezzava i loro comandi.— Ben tosto le ap« parizioni in luogo di essere desiderate furono
« temute ». (Io intesi la tua voce per lo giardino,
e temetti ; Gen., cap. III, 8, 10). Riguardo ai viaggiatori e agli eruditi d’altra specie , eglino son
d'accordo nell’asserire che hanno rinvenuto dovunque tradizioni sull’anzidetta caduta dell’uomo, sulla promessa del Riparatore, sulla Trinità,
sugli Angeli, ecc.
La Genesi ci mostra pure che Iddio, il quale
ha tutto creato, suscitò nell’uomo anche il linguaggio, e che la specie umana non è più antica
<ii sei o sette mila anni, come precisamente ritengono i geologi, gli storici, gli eruditi, i quali
trovarono eziandio che le lingue semitiche ed
altre perfezionate dovettero essere coetanee all’epoca del diluvio : ora dal principio del genere
umano al cataclisma acqueo, il periodo corso è
breve per supporre che gli uomini da sè abbiano
potuto formare un idioma, non solo perfetto, ma
nemmeno rozzo ; ed ecco la necessità anche in
proposito di ricorrere a Mosè, alla Bibbia, all’azione rivelatrice, quasi creazione di pensieri e
di sentimenti. Non basta, la scienza ha in oltre
buone ragioni per ritenere che la lingua primitiva sia stata semitica, e che l’ebraica ne sia un
dialetto o un residuo.
Adamo, Noè ed Abramo corrispondono ai tre
grandi periodi fisici della cosmogonia, del diluvio
e dell’epirosi ossia del fuoco : ma oltre a questi,
nella natura materiale, vi è una serie di combloazioni successive che si estenderà fino alla consumazione dei tempi : nel nostro sistema attuale
solare, noi ci troviamo in un periodo che non è
uguale ai giorni cosmogonici che Mosè descrisse,
e quei giorni furono certo diversi da altri più
antichi, in guisa che oggidì non è ammissibile
l’opinione di certi geologi che reputano l’ordine
perpetuo e inalterabile delle cose create ; veggasi l’opera di Buckland : Geology and minaralogy
considered with refermce to naturai teology.
Le due sette dei Nettuniani e dei Vuloanisti
nacquero fra i miti cosmologici delle antiche
clerocrazie paganiche, orientali ed occidentali;
trapassarono quindi nei filosofi greci ; furono poi
accolte come dottrine dai geologi moderni.
Cotesti dunque non le inventarono, ma sono
tradizioni, la phiav« storica delle quali ce la
danno benissimo i due sconvolgimenti acqueo ed
igneo che si succedettero aell’intervallo di pochi
secoli e di cui parla Mosè.
Ora, non citeremo tutli i dati scientifici che
provano il fatto storico del diluvio; rimandiamo
gli increduli alle opere dei geologi ; tuttavia noteremo che in tutti i paesi che giaciono all’intorno
del monte Ararat si conserva anche oggidì viva
la tradizione del diluvio ; ed il colonello Chesney, che diresse Ja spedizione inglese la quale
doveva aprire la navigazione dell’Eufrate, dice :
che si credeva rimanessero tuttora alcuni resti
dell’arca di Noè tra le montagne Corciresi dell’Armenia : secondo pure le memorie superstiti,
il Bazit ed il Mesezauyai sono i morii« della nave;
Athauree era il vigneto di Noè ; Ja città di Nalchchivan il sito donde uscirono i primi coloni.
Il diluvio, alcuni dissero, è stato parziale, per
la ragione che la stirpe dei Negri non potè originarsi dai Noachidi; ma tale opinione più non
regge ; i dotti ormai sanno che il colore, le forme
del corpo, le intelligenze s’alterano grandemente
per la diversità dei climi, per la barbarie e lo
stato ferino. In oltre, più non regge, come altri
asserirono, che i Semiti sieno stati una famiglia
distinta, vale a dire una razza di mistici nati dalla
confusione dei Camiti e dei Giapetidi ; più non
regge che l’unità di origine sia un’ingegnosa
finzione ; più non regge che il primo popolo si
trovasse nell’ìndia o nell’Egitto o nella Transossiana i nell'Asia centrale o nella Cina o nella
Siberia o nell’Europa boreale o nella mitica Atlantide o nelle Americhe secondo le varie ipotesi.
In altro numero diremo il perchè non reggono
i suaccennati pareri.
LO STATO ROMANO SVEUTO
Vili.
I funzionarii lucranti.
« I prelati, saliti in carica , cercano specialmente d’arricchire; arrivano al posto senza tirocinio ; un impiego civile, al pari di un canonicato
od un beneficio , si dà pel momento u qualche
prelato beneviso. Un vescovo m por<i'6us, nutrito
soltanto di diritto canonico e d’intrighi romani,
deve governare una città, dirigere un ministero,
o passa agli ufficii di giudicatura, alle nunziature, secondo le protezioni : è come alla corte
del Sultano, dove il favore tien luogo della capacità.
« I prelati governatori riuniscono tutti i poteri, essendo in pari tempo capi della polizia,
giudici criminali e civili in prima istanza; è proprio il sistema degli antichi pachalicks-, l’onore
e il riposo delle famiglie, nonché la fortuna, son
nelle mani loro. Secondo l’estro, il prelato amministra dispoticamente , impone delle avanie ,
ammassa danaro, oppure sì diverte e passa il
tempo in feste e in intrighi galanti. Intanto qualche subalterno, uscito dal bagsofondo delle cancellerie romane, governa, giudica, sotto il nome
di Uditore, e dirige lo spionaggio. Sono cotesti
agenti intimi, rotti al vizio, che tengono le fila
del Sanfedismo.
« Dopo alcun tempo di questa bella ammiijistrazione, monsignore torna a Roma in un im- ^
piego superiore, e gli succede altri non meno
qualificato. Le attribuzioni di simili governatori
possono variare secondo il breve che li instituisce. In quanto ai cardinali legati, sono veri Satrapi, risguardandosi come indipendenti ed irresponsabili in faccia alle autorità di Roma. L’a-"*
narckia fu tale in certe epoche da vedere due
autorità far nello stesso tempo leggi contradittorie, 0 dare alle leggi esistenti differente interpretazione ; ed un cardinale far istrappare dai
suoi birri un decreto del secretario di Stato.
« I laici non occupano che i posti secondari e
senza influenza, alle dogane, alla posta, al lotto,
alla bassa polizia; e là pure non hanno sicurezza, nè acquistano diritti, imperciocché ad ogni
mutamento di funzionarii possono esserne rimossi , per favorire creature de’ nuovi prelati
sopragiunti ».
IV O '3T X aE K e:
Russia. — Condizione religiosa. — In genere i
Russi hanno idee limitate di religione : ciò de
riva perchè la maggior parte non sa nè leggere
nè scrivere. Vanno in Chiesa, recitano con molta
divozione certo numero di Pater ed Ave nella
propria lingua o in islavo ; fanno il segno della
croce, mentre il prete celebra la messa, più o
meno pomposa secondo le circostanze e le ricchezze della chiesa. Se chiedete ad un paesano
«v’è Dio? Egli v’indicherà col dito, in genere,
l’angolo della sua stanza dove stanno appese
molte grossolane immagini come rappresentanze
di alcuni de’ loro santi, creduti veri iddii. Sono
rigorosi ne’ lor digiuni : dal venerdì santo alla
messa di Pasqua i più nulla mangiano, passano
il tempo in veglie e preghiere, persuasi appieno
che Cristo muore e ricomparisce tutti gli anni
alla stessa epoca. Ma dopoia messa di Pasqua,
vendicano ampiamente le loro lunghe astinenze:
durante i tre giorni delle feste , sarebbe quasi
uno scandalo il non essere ubbriachi, e i preti
non sono già gli ultimi a dare l’esempio di questi
eccessi di mangiare e di bere. I preti poi son
tenuti in grande venerazione, sebbene molti non
sieno avanzati più della greggia, in fatto di educazione : ve ne sono alcuni che sanno appena
leggere, fuori del breviario che imparano a memoria. La povertà del prete russo è tale, che lo
pone in bal'ia di malvagie inspirazioni : gli annali giudiciarii diedero per dato medio, in tre
anni, più di 15,000 preti condannati per assassinio, furto od immoralità, a pene afflittive ed
infamanti.
E&itto. —Decreto del Viceré.—Il viceré d’Egitto mostra di comprendere bene il suo secolo.
Egli non si presenta, la spada alla mano, per
estirpare l’eresia. cNoi ordiniamo, egli dice, a
tutti gli ufficiali generali, colonelli ed altri capi
de’ corpi della nostra armata, in cui si trovano
militari cristiani, d’invigilare affinché possano
esercitare il culto loro in tutta libertà. A questo
fine prescriviamo che ogni domenica e giorni
festivi, secondo il rito loro, i soldati cristiani
sieno condotti insieme e senz'armi alle loro
chiese, accompagnati dagli ufficiali che, terminati gli esercizi religiosi, li ricondurranno ai
corpi.
[Avenir.)
AL
DEPOSITO DI LIBRI RELIGIOSI
Vide del Re, iV» 31.
LA
SUPREMAZIA PAPALE
Al ÍR1BÜÍÍ.41E DELL’ASTICHIÜ
Prima vemione italimna
dall’originale inglese
IL
ARABIA — NINIVE
CO-'f CABTE LIT(K;RììFICHE
Prezzo Ln. «.
Ciroa.<io DoBienIco sereni«.