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Anno V
numero 28
dei 18 luglio 1997
L. 200
Spedizione in a. |>. comma
a,t. 2 legge 549/95 nr. 28/5
in caso di mancato recapiti
si prega restitolre al mittei
presso l'Ufficio PT Torino C
L'iditore si impegna a
corrispondere il diritto dì i
SETTIMANALE DELLE CHIESE KVANCELICHE JLAITISIE, MEiODlSTE, VALDESI
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PADRE NOSTRO
CHE SEI NEI CIELI...
«Padre nostro che sei nei cieli»
Matteo 6,9
\TELL'lNVOCAZIONE della prei\l ghiera insegnataci da Gesù ci sono tre elementi che costituiscono un
intero progetto di vita cristiana. «Padre» fa riferimento a una relazione
umana: per presentarci come l'uomo si
relaziona a Dio e Dio all’uomo, si utilizza l’immagine genitoriale. Così, nel
guardare alla relazione fra Dio il Padre nei confronti di Gesù Cristo, il Figlio, abbiamo il paradigma fondamentale del rapporto Dio-uomo/donna. Non si tratta di un dato naturale,
ma di una analogia che nasce dalla fede, che deve quindi essere scoperta, letta e vissuta nella fede. E non si tratta
di un rapporto univoco, ma reciproco:
vale per noi (figli) e vale anche per Dio
(Padre). Abbiamo qui la dimensione
«verticale» del rapporto fra Dio e le
persone umane. Questo rapporto vive
nella storia e conosce tutte le gioie e le
amarezze, i conflitti e i momenti sereni
tipici di tutti i rapporti umani. Potremmo dire che questo è un rapporto
personale, immediato, molto intimo.
Se ci fosse solo questa espressione, potremmo vedervi la ricerca molto personale di un Dio privato da parte di un
singolo. Ma questa ricerca avrebbe un
orizzonte troppo esiguo e limitato: sarebbe destinata a morire per asfissia.
TKTOSTRO»: così la dimensione
''1V orizzontale entra di prepotenza nella nostra preghiera fin dall’inizio. Ci viene ricordato che non siamo
soli neanche nella preghiera, momento molto personale. Siamo parte di
una comunità molto grande, composta da tutti quelli che si rivolgono a
Dio negli stessi termini. Nessuno di noi
è autorizzato a rivolgersi a Dio e dire
«Padre mio»: lo può fare (e lo ha fatto)
soltanto Gesù. Con l’espressione «nostro» confessiamo il legame che ci unisce a tutti i credenti. Dovunque si prega rivolgendosi a Dio come «padre nostro» c’è un dare e un ricevere comunione. Si instaura una comunione con
tutti coloro che si sono rivolti a Dio
con le stesse parole. Si viene quindi a
realizzare quella comunione dei santi
che oltrepassa le barriere del tempo e
dello spazio. L'orizzonte dei credenti è
veramente molto ampio.
yy/^HE sei nei cieli». In questa espressione si colgono subito almeno tre aspetti: la polemica contro
ogni localizzazione geografica di Dio
(Gerusalemme, Garizim, il tabernacolo...). Dio non è legato a un luogo circoscritto e definito. Poi c’è il dato della
sovranità: ritenendo che il cielo fosse il
luogo in cui risiedono tutte le potenze
che incidono sul mondo e sulle persone, con queste parole si confessa che
quel ruolo è riservato esclusivamente a
Dio e a nessun altro. Se Dio regna nel
cielo, vuol dire che ogni altro potere gli
è sottoposto. C’è infine il terzo aspetto
che segna, la separazione: Dio è nei cieli, l’uomo sulla terra: fra i due esisterà
sempre una diversità a vantaggio di
Dio. Molto li unisce, ma non possono
essere confusi l’uno con l'altro. L’uomo
non potrà mai muoversi «da padrone»
nei luoghi frequentati da Dio, o porsi
nlla pari con lui.
AJELL’INVOCAZIONE del Padre NoA V stro c'è quindi una dialettica fra
personale e collettivo, lontananza e vieinanza, somiglianza e differenza. Ebl^ene, questa triplice polarità deve essere salvaguardata. Non si può sovraccaricare uno degli elementi a danno
dell’altro in quanto si determinano re^Iptocamente. Scopriamo qui la proposta di un progetto di vita, un progetto aperto: uno spazio in cui vivere la
Ptopria vocazione come figli di Dio.
Domenico Tomasetto
Gli ultimi episodi criminosi nel Napoletano ripropongono un problema di cultura
Criminalità: l'esercito non basta
Oltre agli episodi direttamente messi in opera dalla camorra, la regione deve fare i conti con
un'illegalità diffusa, che può essere affrontata solo con la collaborazione di tutti i cittadini
ANNA MAFFEI
Arrivano ì nostri! Forse c’è
anche stato qualcuno che qui
a Napoli ha vissuto queste giornate estive con l’ingenua convinzione che una volta «arrivati i nostri»
una nuova fase di pace e serenità
si sarebbe inaugurata nel far west
partenopeo. Ci si aggrappa a tutto. Ma io, anche ora che i «nostri»
sono arrivati, non vedo intorno a
me molta convinzione che qualche centinaio di giovani militari di
leva in più, possa davvero risolvere il problema della criminalità né
a Napoli né in quell’hinterland
napoletano e casertano dove la situazione è ancor più fuori controllo, un’area che conta in tutto
circa tre milioni di abitanti. Se ci è
dato di vedere qualche poliziotto
in più per la strada, beninteso, se
non si esagera, non credo in fondo che sia male. Questo già avviene da parecchi mesi nel centro
cittadino, e ci ha fatto piacere
(perché nasconderlo?) ma nessuno si illuda che questi provvedimenti possano scalfire molto più
che la superficie di un fenomeno
grave e complesso che purtroppo
affonda saldamente le sue radici
in un tessuto sociale da alcuni decenni assuefatto alla illegalità.
«Chi di noi - affermava qualche
giorno fa il giornalista napoletano
Sandro Ruotolo, cugino di Silvia,
uccisa recentemente in uno scontro a fuoco fra camorristi da una
pallottola vagante - dire di non
aver mai comprato sigarette di
contrabbando, o un’autoradio di
occasione, o giocato qualche volta
al totonero, o pagato il parcheggiatore abusivo organizzato dalla camorra? Chi non ha fatto almeno
una di queste cose? Io l’ho fatto.
Ne basta una sola per non essere
più credibili. Per essere corresponsabili dei crimini più efferati».
Queste amare affermazioni di
Ruotolo sono vere. Esiste, al di là
della linea nera marcata «camorra», una larga indistinta fascia grigia di illegalità diffusa, che non
produce di per sé camorra, ma costituisce l’humus culturale in cui la
criminalità si ingrassa e si impone.
Piazza Plebiscito a Napoli
È l’abitudine quotidiana a qualche
illegalità, magari piccola, che fa
prosperare grandi illegalità.
Poi a Napoli ci sono stati decenni bui in cui la città è stata governata da una classe politica rapace
e senza scrupoli, che ha messo
gente «sua» in posti chiave. E queste cose, per quanto in gran parte
smantellate (ma lo sono davvero
tutte e definitivamente?), presentano negli anni conti salati in termini di credibilità delle istituzioni
e generalizzata sfiducia che valga
la pena in questa città essere davvero onesti. C’è stata tutta una generazione di politici di cui molti
esponentcostituiscono precedenti
pericolosi da emulare magari da
gente diversa e sotto forme diverse ma con la stessa spregiudicata
voracità. Ci sono sempre grandi
appalti da affidare, a Bagnoli per
esempio, e quando ci sono grandi
tentazioni la carne diventa debole. E se le istituzioni non vigilano... Una magistratura molto
rinforzata negli organici, in primo
luogo.
Bassolino e la sua giunta fanno
moltissimo perché la gente recuperi fiducia e anche un po’ di fierezza, eppure un’amministrazione veramente sana ha bisogno
della collaborazione di tutti; cittadini e istituzioni. E ci vogliono
programmi a lungo respiro perché le cose cambino davvero. «La
realtà che viviamo ora va interpretata guardando a cosa è avvenuto a Napoli nell’arco degli ultimi cinquant’anni - mi dice Nunzio Giuliano, della famiglia dei
boss Giuliano di Forcella, egli
stesso da quasi vent’anni allontanatosi dall’ambiente -. La camorra è un fenomeno che ha avuto
varie fasi. Non era ancora da con
siderarsi camorra il contrabbando delle sigarette iniziato nel dopoguerra come attività illegale di
sopravvivenza.
Solo con l’influenza della mafia
negli Anni 70, che per prima organizzò il traffico di droga, e l’attività incessante di organizzazione
del crimine ad opera di Cutolo
negli Anni 80, che si estese a macchia d’olio con la complicità del
potere politico, si può parlare di
camorra vera e propria. E ora, fallita l’operazione di organizzazione unitaria di Cutolo, rimane in
forma frammentata ciò che allora
fu seminato, e che ancora si
diffonde. Il territorio non è stato
mai occupato dalla legalità. Qualsiasi spazio lasciato vuoto viene
occupato da bande che con la forza prendono il sopravvento. Sono
armati, organizzano il contrabbando, il traffico di droga, fanno
estorsioni, uccidono».
Giuliano insiste; «Sto scrivendo
una lettera a Bassolino in cui dico
che nella realtà di Napoli si deve
sostituire l’illegalità con la legalità,
con il lavoro onesto. Se tolgono
solo l’illegalità rimarranno migliaia di famiglie che non sapranno come guadagnarsi da vivere. La
chiave è portare a Forcella, alla Sanità, nei Quartieri spagnoli lavoro,
scuola, cultura, integrazione sociale». Insamma altro che un esercito armato! Un esercito di insegnanti e di assistenti sociali ben
motivati insieme a proposte serie
di sviluppo produttivo. Ciò che
Giuliano dice non è facile, beninteso. Eppure se non c’è un piano
coordinato di tutte le forze in
campo, se non c’è chi si lancia con
passione secondo le proprie competenze, chiese comprese, in
un’impresa ambiziosa ma bella,
emozionante, non si risolverà mai
niente. «E ognuno di noi può fare
qualcosa per cambiare le cose» incalza Nunzio Giuliano, che lui la
sua parte la fa, portando in giro
l’esperienza di uno che ha condiviso per un tempo un modo di vivere, ma che a un certo punto sentendosi in conflitto con se stesso,
ha deciso di cambiare vita e ci è
riuscito. E se ci è riuscito lui...
Delegazione Fcei alla Commissione Affari sociali della Camera
Gli evangelici italiani e i problemi di bioetica
L’8 luglio, presso la
Commissione Affari sociali della Camera, è stata ascoltata una delegazione della Federazione
delle chiese evangeliche
in Italia (Fcei) su «Procreazione medicalmente assistita» in vista della
stesura di un testo unico
di legge da sottoporre al
Parlamento. Invitati dalla presidente della Commissione Affari sociali,
Marida Bolognesi, facevano parte della delegazione il past. Domenico
Tomasetto, presidente
della Fcei; il prof. Ermanno Genre, decano
della Facoltà valdese di
teologia nonché membro del «Gruppo di lavo
ro sulla bioetica» della
Tavola valdese; il past.
Massimo Aprile, cappellano dell’ospedale Villa
Betania di Napoli, e Silvia Rutigliano, anch’essa membro del «Gruppo
di lavoro sulla bioetica».
Gli evangelici presenti
hanno affermato la loro
preferenza per un testo
di legge «leggero» che
renda giustizia della
pluralità delle visioni
etiche in materia; Tauspicio che il testo non
preveda espressioni del
tipo «fin dal concepimento si considera
l’embrione un essere
umano»; la richiesta che
non sia posto un limite
troppo rigido alla pro
creazione assistita solo
ai coniugati e alle coppie stabili; la necessità
di riconoscere e valutare
l’effettiva scientificità
dei centri che praticano
queste metodiche; la
possibilità di tutela da
parte del Servizio sanitario nazionale per evitare le logiche spinte di
mercato e di profitto e il
diritto da parte di chi fa
richiesta di procreazione assistita, di ricevere
una informazione corretta e disinteressata
sulle possibilità di successo della terapia e sui
possibili risvolti psicologici del nascituro.
Gli evangelici auspicano inoltre un’integra
zione della legge sulla
procreazione assistita
con una revisione di
quella sulle adozioni.
Gli evangelici, infatti, si
identificano in questa
pratica in una risposta
eticamente più adeguata al desiderio di fraternità e modernità della
coppia. Al termine dell’incontro la delegazione evangelica ha consegnato alla presidente
Bolognesi e ai parlamentari presenti l’opuscolo «Bioetica. Ricerca
e orientamenti» contenente i documenti in
materia e elaborato dal
«Gruppo di lavoro sulla
bioetica» della Tavola
valdese. (nev)
LA II ASSEMBLEA ECUMENICA EUROPEA DI GRAZ. Nelle otto pagine che
dedichiamo a questo importante avvenimento, i lettori potranno rendersi conto
di quanto siano state numerose le sollecitazioni che venivano da ogni parte ai delegati e ancor più ai semplici osservatori,
e del profondo coinvolgimento, anche
emotivo, a cui erano sottoposti. Non tanto per la presenza concomitante di
«grandi nomi» di cui in genere si legge
sui giornali, quanto per la partecipazione
genuina del «popolo di Dio», avido di conoscere, di condividere, di essere parte
attiva nelle varie manifestazioni. «Un bagno di chiesa» lo ha definito qualcuno,
ma non di una chiesa chiusa nelle sue
strutture, nel suoi riti, prigioniera della
storia, bensì di una chiesa fatta dì donne
e uomini che si sentono chiamati a testimoniare il loro desiderio, la loro esigenza di fraternità e sororità. L'aspetto più
positivo, insieme a quello della presenza
di tanti giovani e di tante donne che comincia a erodere l'immagine di chiese
guidate da vecchi misogeni e sordi al pulsare della vita. (pagg. 3-10)
2
PAG. 2
RIFORMA
All’A;
Della
venerdì 18 LUCI in
«Nel principio era
la Parola e la
Parola era presso
Dio, e la Parola era
Dio. Essa era nel
principio con Dio.
Ogni cosa è stata
fatta per mezzo di
lei; e senza di lei
neppure una delle
cose fatte è stata
fatta. In lei era la
vita, e la vita era la
luce degli uomini.
La luce splende
nelle tenebre,
e le tenebre
non l’hanno
sopraffatta.
Egli era nel
mondo, e il mondo
fu fatto per mezzo
di lui, ma il mondo
non l’ha
conosciuto»
(Giovanni 1,1-5,10)
«Cristo infatti non
mi ha mandato a
battezzare, ma ad
evangelizzare, non
però con sapienza
di parola, affinché
la croce di Cristo
non sia resa vana.
Infatti il messaggio
della croce è follia
per quelli che
periscono,
ma per noi che
siamo salvati
è potenza di Dio.
Sta scritto infatti:
“Io farò perire la
sapienza dei savi
e annullerò
l’intelligenza degli
intelligenti”. Dov’è
il savio? Dov’è lo
scriba? Dov’è il
disputatore di
questa età? Non
ha forse Dio resa
stolta la sapienza
di questo mondo?
Infatti, poiché nella
sapienza di Dio il
mondo non ha
conosciuto Dio
per mezzo della
propria sapienza,
è piaciuto a Dio di
salvare quelli che
credono mediante
la follia della
predicazione,
poiché i Giudei
chiedono un segno
e i Greci cercano
sapienza, ma noi
predichiamo Cristo
crocifisso, che è
scandalo per i
Giudei e follia per
i Greci; ma a quelli
che sono chiamati,
sia Giudei che
Greci, noi
predichiamo
Cristo, potenza di
Dio e sapienza di
Dio; poiché la follia
di Dio è più savia
degli uomini e la
debolezza di Dio
più forte degli
uomini»
(I Corinzi 1, 17-25)
SAPIENZA
in vari testi del Nuovo Testamento la Sapienza si manifesta nell'azione di far
conoscere la verità, cioè la misericordia di Dio e la sua grazia rivelate in Cristo
FRANCESCA COZZI - GYSHLAINE GUIGNARD DUTOIT
COLLEGANDOCI alla pr
parte di questo stucfic
il
irima
io riprendiamo l’idea della Sapienza
come manifestazione dell’infinita saggezza e misericordia di
Dio. Nel Nuovo Testamento ci
sono molti paralleli tra Cristo e
ciò che della Sapienza viene detto nel Primo Testamento e nei
libri deuterocanonici. In alcuni
di questi ultimi la Signora Sapienza è sinonimo di Dio o del
suo Spirito. Nel Nuovo Testamento i doni dello Spirito sono
equivalenti a quelli della Sapienza e, come lo Spirito in Gen.
1, 2, la Sapienza è presente all’inizio della creazione. Oltre a
ciò, nel Nuovo Testamento sono
molti i testi che collegano la Sapienza a Gesù Cristo, il Logos, il
Verbo di Dio.
Nella lettera ai Colossesi (1,
16) si afferma che Cristo è .
creatore di ogni cosa, afferma
zione che i Proverbi riferiscono
alla Sapienza. Il tema della creazione si ritrova anche nei salmi
104, 24 e 135, 5 e nel libro deuterocanonico della Sapienza 7, 21
e 9, 9. Proverbi 8, 22, che non
identifica la Sapienza con Dio,
dice però che essa è il primo essere creato. Allo stesso modo
Colossesi 1, 15-17 asserisce che
Cristo fu generato prima di ogni
altra creatura e chiama Cristo
«l’immagine del Dio invisibile»;
così Sap. 7, 26: la Sapienza «è un
riflesso della luce di Dio, un
specchio lucido, ti fa vedere che
Dio agisce ed è un’immagine
della sua bontà» ed Ebrei 1, 3 in
cui Cristo è splendore della gloria di Dio, impronta della sua
essenza e sostiene tutte le cose
con la parola della sua potenza.
Il capitolo 8 di Proverbi e Baruc 3, 32, che descrivono la presenza della Sapienza quando Dio
creava il mondo, trovano un’eco
nel prologo di Giovanni: «Nel
principio era la Parola» (1, 1).
Conzelmann sostiene che la Sapienza ha subito una trasformazione cristologica, venendo identificata con il Logos e quindi con
la persona storica di Gesù. Ma
già Agostino aveva fatto questo
accostamento commentando
Matteo 23, 27, in cui Gesù si lamenta; «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a
te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina
la sua covata sotto le ali e voi non
avete voluto!». Agostino avverte:
«Facciamo in modo che non venga detto a noi... Infatti quella gallina è la Sapienza Divina».
La Sophia
Altri paralleli si trovano nel
Preghiamo
Tu sei il pane, e tu la mensa, l’Amore
che serva alla nostra festa. Tu sei il lievito della
promessa fra di noi, la Vita in ogni seme.
O Dio delle galassie, del tempo e dello spazio.
Sapienza all’opera nel nostro mondo,
reggi la nostra fragile terra che vive
sulle tue ali di pace.
monaci del Priorato di Weston, Vermont
(Tratto da E. S. Fiorenza, Gesù figlio di Miriam, profeta
della Sofia, Claudiana, p. 181)
L Vangelo di Giovanni, in cui
Cristo è la via, la verità e la vita
(14, 6), con i Proverbi dove la
Sapienza è la via della saggezza
e della rettitudine, che assicura
la vita (Pr. 4, 11, 22, 26). Come
nel prologo di Giovanni anche
la Sapienza è definita Parola di
Dio in Siracide 24, 3 e Sapienza
9, 1-2. Altri punti di contatto si
trovano in Sap. 7, 27 in cui è
detto che la Sapienza fa tutte le
cose nuove, e che possiamo
confrontare con II Cor. 5, 17;
«Se uno è in Cristo è una nuova
creatura; le cose vecchie sono
passate: ecco, sono diventate
nuove» e con Ap. 21, 5; «Ecco, io
faccio nuove tutte le cose».
Infine, anche l’uomo storico
Gesù viene chiamato Sapienza
di Dio (Le. 11, 49 e I Cor. 1, 24) e
a lui si riferisce Matteo (11, 19):
«Alla Sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere» (nel parallelo sinottico di Le. 7, 35 «dai
suoi figli»).
L’abbondanza dei riferimenti
a cui abbiamo solo accennato richiede uno studio più ampio,
ma qui possiamo evidenziare almeno tre piste: 1) Gesù-Sophia;
2) Sapienza-follia della croce; 3)
la comunità della Sophia.
Secondo una tradizione della
Sapienza personalizzata, in cui
questa invita a sé gli esseri umani, Gesù e Giovanni Battista, il
suo testimone, sono considerati
bocca della Sapienza che salva
chi ascolta la sua voce (Mt. 11, 19
e Le. 7, 35). Ma il mondo non accoglie questa luce (Gv. 1,10-11) e
perciò a questa generazione viene preferita la regina del Sud (di
Saba) che partì per incontrare il
sapiente re Salomone (I Re 10);
in Mt. 12, 42 Gesù esclama:
mone!». In questi passi Gesù è visto come voce della Sapienza o
come Sapienza stessa, che viene
sulla terra. La Sapienza-Cristo
proclama la verità.
Anche in Gesù dodicenne (Le.
2, 42, 50), di cui è detto che cresceva in sapienza e grazia,
l’azione della Sapienza si manifesta come conoscenza della Torah. Secondo la concezione giudaica la Sapienza coincide con
la conoscenza della Torah, e anche in Matteo 13, 54 gli abitanti
di Nazaret si stupiscono per la
grande sapienza del figlio del falegname.
In questi testi la Sapienza si
manifesta nell’azione di far conoscere la verità, cioè la misericordia di Dio e la sua grazia rivelate in Cristo. L’azione creativa
della Sapienza consiste nel portare vita nuova, la vita di figli e
figlie di Dio (Gv. 1,12-13).
Il fatto di trovare nella Sapienza un’immagine femminile di
Dio ha indotto alcuni commentatori cattolici a identificare nella madre di Gesù ma, oltre alla
totale assenza di sostegno nei
testi biblici, questa interpretazione pretende di spiegare la figura di Sophia in un ruolo materno. Abbiamo visto invece che
questo è piuttosto estraneo alla
Sapienza che, come Gesù, invita
ad ascoltare la parola di Dio e a
metterla in pratica, come nella
risposta di Gesù alla donna che
aveva detto «Beato il grembo
che ti portò e le mammelle che
tu poppasti!» alla quale Gesù replica «beati piuttosto quelli che
ascoltano la parola di Dio e la
osservano» (Le. 11, 27-28).
Il Cristo-Sapienza diventa così
un riferimento importante per le
donne, aiutandole a non rinchiudersi in un ruolo e a cercare
attivamente la verità.
33; 9, 3): essa cerca la gente nelle
piazze e negli incroci affollati,
grida il suo appello da sopra i tetti. La Sapienza non insegna nella
quiete delle aule o nella sicurezza di una cattedra. La donna che
grida per le vie il suo richiamo
agli stolti è scandalosa, perturbatrice dell’illusione di sicurezza
che religione e potere pretendono di dare. Essa scende in mezzo
alla folla, cerca con passione di
convincere quante più persone
possibile a cambiare strada ed a
seguire la via dell’intelligenza,
che l’Ecclesiaste riassume con:
«Temi Dio e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il
tutto per l’uomo» (12,15).
La Sapienza che grida per le
strade e il Cristo-Sapienza crocifisso sono pazzia per coloro
che cercano onore, forza e che
si vantano della propria conoscenza. L’autoelevazione risulta
essere una ribellione a Dio e un
rifiuto del suo amore e perdono
gratuiti.
Questa sapienza, rifiutata dagli intelligenti, è accolta dai
semplici. Questa caratteristica
della Sapienza sovverte i valori
«normali», i ruoli, le gerarchie
del mondo e crea il regno di
Dio, dove gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi.
La comunità della Sophia
IN questa direzione, è impor
f- ■ ■
La follia della croce
sapienza di Dio
Lf APOSTOLO Paolo contrap( pone alla sapienza umana
«Ec
co qui uno più grande di Salo
la follia della croce. La sapienza
di Dio è considerata pazzia dagli
esseri umani, ma la follia di Dio
è più savia di loro e la debolezza
di Dio è più forte degli uomini.
Anche Giobbe, nel capitolo 28,
riconosce che la sapienza di Dio
è nascosta allo sguardo degli esseri umani: «l’uomo non ne sa la
via, non la si trova sulla terra dei
viventi» (28, 13).
A questi passi si può accostare
anche l’immagine della Sapienza
che grida per le strade (Pr. 1, 20
tante notare ancora come Gesù ha incarnato la Sapienza di
Dio nei rapporti con le persone,
accogliendo sempre gli emarginati, i «peccatori» e gli impuri,
scegliendo delle donne per discutere delle cose del regno di
Dio, indicando quale esempio i
bambini.
La comunità a seguito di Gesù-Sapienza è una comunità
aperta e accogliente, una comunità di discepoli e discepole resi
uguali dall’amore di Dio. «Come
Gesù, i discepoli sono mandati
ad annunziare a tutti in Israele
che la Basileia, il futuro misericordioso di Dio, è presente tra
gli impoveriti, gli affamati, i pubblicani, i peccatori, le prostitute.
I disprezzati ricevono dignità e
fiducia in sé come figli/e amati/e
del Dio Sophia» (E. S. Fiorenza,
In memoria di lei, p. 161).
I discepoli annunciano lo shalom, continuano quello che Gesù ha fatto: rendere accessibile
all’esperienza la realtà della Basileia di Dio e a bontà del DioSophia di Gesù che accoglie e
abbraccia tutti.
(2-fine)
Note
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ognuno è vincitore
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1997
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PAG. 3 RIFORMA
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/\Craz la seconda Assemblea ecumenica europea
Riconciliazione^ dono di Dio
e sorgente di vita nuova
EMMANUELE PASCHETTO
i:
ri questo numero Riforma ha voluto dare ampio spazio all’evento dell’anno per
me\ che concerne la vita delle chiese del
mostro continente, la seconda Assemblea
jcunienica europea che si è svolta a Graz,
hAustria, dal 23 al 29 giugno.
Nelle otto pagine dedicate all’avveni
|a giusti 'mento 1 lettori potranno rendersi conto di
” quanto siano state numerose le sollecitazioni che venivano da ogni parte ai delegati
j ancor più ai semplici osservatori e del
rettitXatofondo coinvolgimento, anche emotivo.
cui erano sottoposti. Non tanto per la
scere la presenza concomitante di «grandi nomi» di
>cietà. Il jyj jn genere si legge sui giornali, quanto
per la partecipazione genuina del «popolo
. ¡I [^^'''diDio», avido di conoscere, di condividere,
jonne^ di essere parte attiva nelle varie manifestanazion ¡zioni. «Un bagno di chiesa» lo ha definito
ito coni ¡^qualcuno, ma non di una chiesa chiusa
Í salvifii „elle sue strutture, nei suoi riti, prigioniera
cjjeiia storia, bensì di una chiesa fatta di
ie elari e uomini che si sentono chiamati a
TO°per (testimoniare il loro desiderio, la loro esiinico D gePza di fraternità e sororità.
questo I Questa è stata senz’altro la realtà più evi3 cresca sdente e qualificante deH’Assemblea.
’tremi» ILdspetto più positivo, insieme a quello
3¡,;j 'della presenza di tanti giovani e di tante
¡ dellai ¡donne che comincia a erodere l’immagine
iati dui 'dichiese guidate da vecchi misogini e sordi
) "ino al pulsare della vita.
- pel oi Sarà duro riuscire a capovolgere l’imma®'^j|®^Xüne millenaria di certe chiese che sembraMollenl paura della potenza liberatrice del?, p. 101 lo Spirito, che pure opera fortemente anche in esse. Sarà la scommessa che ci attende nel prossimo secolo, l’impegno di
milioni e milioni di credenti che chiedono
foné spazio e voce, non per il gusto di contrapporsi alle gerarchie ma nella piena cosciendio èf za di avere il diritto e il dovere di mettere al
partei semizio della chiesa e di tutta l’umanità la
le al w
ia, 19»
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redicaz!
el regi*
i e vital,
onnef
ti.
grande varietà e ricchezza di doni che il Signore ha distribuito per l’utile comune.
In questo noi protestanti abbiamo una
responsabilità inequivocabile. Al nostro interno innanzitutto dobbiamo superare lo
scandalo delle nostre divisioni, accogliendo la vitalità spirituale che ci viene dal
mondo carismatico e lavorando per un riconoscimento reciproco reale e teologicamente limpido fra le varie famiglie evangeliche, dall’anglicanesimo al pentecostalismo, che ci consenta, ognuno secondo la
vocazione ricevuta, di proclamare unitariamente l’Evangelo della Grazia e della riconciliazione e di agire concordemente al servizio delle donne e degli uomini della nostra generazione.
Ma esiste per noi anche una grossa responsabilità nei confronti del cattolicesimo
e dell’ortodossia che ci guardano con timore misto ad interesse; se infatti noi non vogliamo che la nostra libertà sia giudicata
dalla coscienza altrui (I Corinzi 10, 29), la
nostra libertà non deve esser motivo di
scandalo alla chiesa di Dio (I Corinzi 10,
32), la nostra presunta conoscenza non deve danneggiare il fratello e la sorella per i
quali Cristo è morto (I Corinzi 8, 11).
Solo se saremo animati dall’amore, che
non annulla la possibilità di esprimere liberamente la propria esperienza di fede e
anche l’eventuale dissenso nei confronti di
fratelli e sorelle di altra cultura, altra tradizione, e sensibilità spirituale, «con mansuetudine e rispetto» come ci insegna
l’apdstolo Pietro, potremo proporci come
ambasciatori di riconciliazione verso
l’umanità intera.
È un difficile sentiero quello che ci sta
davanti, irto di difficoltà, ma anche carico
di speranza e possiamo intraprenderlo con
ragionevole entusiasmo. Forse un giorno
riguarderemo indietro a Graz come all’avvio che lo Spirito di Dio ha voluto imprimere al nostro cammino.
i*' La seconda Assemblea ecumenica europea è stata molto più di un incontro di diplomazie ecclesiastiche
Il movimento ecumenico è una risposta all'opera di riconciliazione compiuta da Cristo
ANNA MAFFEt
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IL movimento ecumenico è
una cosa seria. È certamente una cosa difficile, che
comporta una volontà ostinata e tanta pazienza, ma è comunque una cosa seria, una
cosa importante. Per quelli di
noi che ci credono, non si
tratta neppure di una scelta
propria. La sperimentiamo
come una scelta dello Spirito,
come una sia pur tardiva risposta all’opera di riconciliazione compiuta da Cristo. È
per questo che veder consiuerare la seconda Assemblea
ecumenica europea di Graz,
come è avvenuto per gran
parte della stampa italiana,
alla stregua di un qualsiasi incontro fra diplomazie ecclesiastiche, mi è apparso come
falsarne completamente il
senso e soprattutto tradire un
provincialismo tutto italiano
„ riesce a leggere gli eventi
Migiosi solo con una miope
attica vaticanista.
Bisogna dire a chiare lettee che a Graz il Vaticano non
®ra protagonista, anche se
yviamente non mancavano
cuni suoi autorevoli espo®nti, e che Graz ha rapprentato di più di un incontro
a delegazioni ufficiali, di
B ^ una discussione fra
fdi più che la ricerca
icosa di accordo fra tesi di^ ^untrapposte da far
yuire in alcuni testi uffi1, '■ q Graz si sono in primo
dpiP **l'^oritrate, al di là delle
di ufficiali, migliaia
che quotidianagg . ^ ® prima a casa propria
^^ttono tutta perché
fusolo di Cristo sia an
primato sulle pa
role umane, e perché l’amore
sia il criterio ultimo per esprimere la comune testimonianza. A Graz si sono incontrati giovani e meno giovani
che l’Europa la vogliono vedere unita non dalla potenza
dell’Euro ma (Nord, Sud, Est
e Ovest) dalla fratellanza fra i
popoli, daH’accoglimento
delle differenze, dall’arcobaleno delle culture. A Graz si
sono incontrati i militanti del
dialogo, quelli che da mille
angoli dell’Europa hanno
spinto le proprie chiese perché dopo otto anni da Basilea
ci si incontrasse nuovamente, e perché al centro non si
mettessero innocui argomenti di buona educazione
ma la spinosa situazione dei
nostri vecchi e nuovi conflitti
e della nostra responsabilità
verso un mondo disorientato
e abbrutito nei confini dei
propri interessi.
Chi si è stupito che non
siano avvenuti a Graz grandi
incontri al vertice su cui costruire titoloni di prima pagina mostra di non conoscere
la complessità delle questioni
e soprattutto mostra di non
saper cogliere al di là degli
ostacoli sul cammino per
l’unità, cosa sta succedendo
alla base delle chiese, indipendentemente e a volte
«nonostante» gli stessi vertici.
E a Graz si è fatta sentire una
parte significativa di questa
base: le donne, per esempio,
e non solo le donne protestanti fra cui c’erano tantissime giovani pastore, ma anche le cattoliche. Una manifestazione avvenuta davanti
al Plenum a favore dell’estensione alle donne del ministero sacerdotale, anche se rivisto e corretto, ha interrotto
per più di mezz’ora il lavoro
dei delegati ufficiali il pomeriggio di venerdì 27 giugno.
Rimanendo nell’ambito del
cattolicesimo si sono fatti
sentire i rappresentanti del
movimento di democratizzazione interna «Noi siamo
chiesa» e a sostegno di tale
movimento sono intervenuti
teologi del calibro di Hans
Kùng e Norbert Greinacher.
Certo, si potrà dire, questi e
altri «personaggi scomodi»,
non sono stati accolti come
oratori ufficiali, ed è vero, ma
per il popolo cristiano intervenuto questo faceva poca
differenza, anzi, serviva a rimarcare la distanza fra gli
aneliti di riforma sentiti da
tanti e il disagio e la paura di
reali cambiamenti da parte
delle gerarchie.
Questo è stato Graz, ancor
più che Basilea. Un evento
che riguardava le chiese nel
loro complesso, rappresentanti ufficiali e movimenti di
base, tutti insieme fianco a
fianco, imbarazzati a volte, e
quasi costretti ad ascoltarsi. E
si è notato in questo la diversa ecclesiologia delle confessioni presenti: poco o nullo il
divario fra delegati ufficiali e
partecipanti di base fra le
chiese anglicane e protestanti presenti, da sempre abituate a confrontarsi, distanza
notevole se pur con accentuata gradualità fra cattolici.
Caso a parte gli ortodossi.
Non che fossero pochi i partecipanti di base provenienti
dalle chiese ortodosse, erano
anzi molti di più che a Basilea, ma ancora ai primi passi
nel rivestire un ruolo attivo
anche nei propri paesi in
strutture ecclesiastiche tuttora molto clericalizzate; poco
abituati ad esprimersi autonomamente l’hanno fatto in
sordina e, soffocati dalle dichiarazioni ufficiali dei primati presenti, pochi se ne sono accorti. Eppure anche per
loro quale scuola di partecipazione e dialogo è stata
Graz! Quale possibilità di riconoscere l’altro, il diverso.
[| culto di chiusura
non come una minaccia ma
come un’opportunità preziosa di apprendimento e di crescita! In conclusione, è possibile un bilancio che tenga
conto delle ambivalenze e dei
limiti ma anche della ricchezza delle esperienze vissute
nell’ambito e anche ai margini della seconda Assemblea
ecumenica europea?
Positiva mi sembra sia stata
la «contaminazione» avvenuta, come ho detto, non soltanto fra le chiese ma anche
fra gruppi diversi delle stesse
chiese operanti a livello europeo. Positiva è stata la possibilità offerta a tutti di parlare
apertamente dei conflitti antichi che hanno sedimentato
pregiudizi e hanno diviso le
chiese e i cristiani, e i cristiani
dagli altri, dagli ebrei per
esempio. Importante è stato
anche confrontarsi sulle distanze attuali fra cristiani di
diversa confessione su che
cosa significhi evangelizzazione, come responsabilità
ecumenica. Se i conflitti non
vengono nominati, conosciuti e ri-conosciuti non possono
essere superate le conseguenze che ancora oggi pesano sui
nostri reciproci rapporti. Positivi e quasi sempre anche
emotivamente coinvolgenti i
momenti di preghiera e di
culto in cui non sono mancate testimonianze di credenti
che cercano di vivere l’anelito
e la preghiera per la riconciliazione in luoghi, come la
Croazia, la Georgia, l’Irlanda
del Nord e i Paesi baschi dove
il conflitto non ha ancora cessato di essere sanguinoso.
L’amaro in bocca l’hanno
lasciato invece alcune dichiarazioni e alcune autoesclusioni, soprattutto da parte del
patriarcato ortodosso russo.
Non si è trattato solo dell’irrisolto contrasto sul trinomio
proselitismo-evangellzzazione-libertà religiosa, ma anche
di alcune dichiarazioni che
escludevano un possibile futuro incontro di tutti i cristiani intorno al tavolo della cena
del Signore e infine il ritiro di
parte della delegazione russa
sia dalla partecipazione al
culto conclusivo sia, probabilmente, dalla votazione del
testo base approvato dalI’Assemblea, votazione alla quale
si sono sottratti, per altro, anche molti delegati cattolici
italiani, fra cui alcuni vescovi.
Un po’ di amarezza anche per
come faziosamente si siano
accesi e, comunque,in fretta,
spenti i riflettori dei mass media italiani sull’evento. La Rai,
diversamente da altri paesi
europei, non ha mandato il
culto conclusivo in diretta eurovisione.
Insomma, Graz avrà avuto
un qualche valore per tutti,
anche per le nostre chiese, se
riusciremo a considerare
questo evento, umilmente,
come una tappa, anche se
una tappa importante, del
cammino per l’unità della testimonianza cristiana nel
mondo e se, dopo Graz, riusciremo a non fermarci. Forse però, perché l’operazione
di conoscersi e ri-conoscersi
fra cristiani europei possa
riuscire, l’intervallo fra una
Assemblea e un’altra non dovrebbe essere così lungo.
Perché non organizzare un
Kirchentag ecumenico europeo ogni due o tre anni in
luoghi diversi dell’Europa?
Costerebbe troppo? Ma non
sarebbe questo un buon investimento?
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PAG. 4 RIFORMA
)PECIALE UrRAZ
VENERDÌ 18 LUGLIO i
Intervista all'arcivescovo di Milano, cardinale Carlo Maria Martini
Il movimento ecumenico va avanti
(Le chiese hanno avuto il coraggio di ricominciare sempre e di nuovo a lavorare
per l'unità del cristianesimo». Ma per un Concilio universale ci vuole tempo
GIUSEPPE PLATONE
La conferenza stampa si è
appena conclusa; l’arcivescovo Carey, primate della
chiesa anglicana, e il cardinale Martini hanno affrontato
una vasta serie di temi: dal
ruolo delle donne nella chiesa, al «sogno» del Concilio
ecumenico universale, alla
nuova spiritualità ecumenica.
Attendo Martini all’uscita
dell’incontro e ho la fortuna
di accompagnarlo, senza la
continua ressa dei giornalisti,
tra alcune Halle della Fiera di
Graz. Gli esprimo le perplessità di alcuni evangelici italiani circa il gesto di riconciliazione espresso da una delegazione ufficiale cattolica nella
chiesa valdese di piazza Cavour a Roma, lo scorso febbraio. «Bisogna andare più in
là dice Martini riprendendo
qui un’idea che è del vescovo
Chiaretti di Perugia responsabile delle relazioni ecumeniche - occorre esaminare le ragioni profonde dei passati
conflitti proprio per metterli
storicamente a fuoco.
Bisognerebbe istituire un
gruppo di studio che, al di là
dei miti e delle semplificazioni, studi i documenti del passato per ricostruire problematiche che non si possono
eliminare solo perché sono
dolorose da ricordare». Continuo a snocciolare la serie degli imbarazzi accennando
all’operazione Sindone e
quella successiva del Giubileo
che non può che lasciare i
protestanti non solo perplessi
ma fortemente critici. C’è il
rischio concreto di congelare
per un lungo periodo il cammino ecumenico; «Non bisogna enfatizzare troppo queste
questioni interne al mondo
cattolico - replica Martini - la
Sindone ci rinvia alla sofferenza di Cristo e il Giubileo è
vissuto anche come l’anniversario di Cristo quindi può
essere una grande occasione
di ripensamento sulla figura
centrale della nostra fede».
Sostanzialmente d’accordo
sull’idea espressa da Konrad
Kaiser, segretario del Consiglio ecumenico delle chiese,
di giungere a un Concilio
universale ecumenico di tutte le chiese. Martini ritiene
che «la realizzazione di questo progetto pieno di speranza non sarà per domani. Anche l’eucarestia in comune
con tutti cristiani non è per
domani. C’è chi la interpreta
come la “Gerusalemme celeste” ( e quindi non su questa
terra) e chi come un banchetto universale nel cammino
ecumenico. Ma prima di arrivare a un gesto così rivoluzionario bisogna giungere all’accettazione delle varie comprensioni della cena del Signore nella varie confessioni
e quindi giungere al riconoscimento dei vari ministeri
delle chiese; da questa premessa si può cominciare a
credere che la cosa sarà possibile». Martini valuta positivamente l’incontro di Graz:
«Non bisogna aspettarsi conseguenze enormi dalla settimana ecumenica di Graz nella vita della chiesa ma almeno è emerso il fatto che il
movimento ecumenico è ricco, anzi ricchissimo di varie
esperienze».
Secondo il cardinal Martini
l’ecumenismo in questi anni
è comunque andato avanti,
ha saputo lottare contro le
forze della divisione. «Le
chiese - dice - hanno avuto il
coraggio di ricominciare
sempre e di nuovo a lavorare
per l’unità del cristianesimo».
Prudente, tòni sinceri, prima
di congedarmi esprime gran
Il cardinale Martini con ii patriarca Aiexis II e il katholicos Karekì'n
de stima per i valdesi. Di
fronte a un cattolicesimo così
biblicamente informato e
pronto a ogni azione che
possa gettare dei ponti tra le
confessioni Martini rappresenta certamente il meglio
della sua chiesa. Ma appunto
di quale cattolicesimo si tratta ? Qui a Graz c’è quello ecumenico e la presenza italiana,
sia cattolica che evangelica, è
abbastanza numerosa. Ma la
diocesi di Milano non è tutta
la chiesa di Roma e in fondo
la sensazione di partecipare
al gioco ecumenico per vincere la partita rimane.
Ho colto in Martini più che
il raffinato stratega di politiche ecclesiali il credente sinceramente coinvolto dalle
problematiche evangeliche.
Fare ecumenismo vuol dire
anche uscire dai pregiudizi e
fare teologia non solo sui documenti ma anche nella dimensione non scritta, quella
dello scambio immediato,
del dialogo ovvero la dimensione della piazza che qui è
fortemente presente e che
non verrà interamente registrata: ma segnerà pur sempre un passo in più nella reciproca comprensione.
Si pensi al tema della giustizia, oggi particolarmente
legato non tanto alle questioni di pace e guerra ma alla disoccupazione giovanile, alla
mancanza di senso, di prospettive. Una fede evangelica, fortemente sostanziata da
un impegno etico alla condivisione, all’incontro, alla tol
leranza può aiutare la società
a ritrovare se stessa e a riprogettarsi sulla base di una
nuova scala di priorità.
In effetti Graz è più etica
che teologica; è più ecologica
che politica; è più Est che
Ovest. Non nella partecipazione ma nella preoccupazione collettiva che gli ortodossi, pur con accenti diversi, hanno saputo mettere al
centro dell’attenzione. Abbiamo finalmente incontrato
il mondo ortodosso. In questo intreccio di Est e di Ovest,
di possibilità vissute e sognate la trasversalità dell’ecumenismo tornerà a casa irrobustita, forse anche disorientata dall’estrema varietà di
proposte, di discorsi, di possibilità. Ci vorrà tempo per
digerire tutto ma prima di allora bisognerà indire un nuovo appuntamento internazionale, perché tutte le cifre
confermano il desiderio dell’incontro, del dialogo, dello
scambio. Basilea è ormai
lontana, non se ne parla; era
una situazione politica completamente diversa, il prima
del muro.
Un piccolo stand nell’
«agorà» vuole ricordare Basilea; le foto, i documenti...
Non c’è tempo per ricordare
il passato. Il presente è meno
euforico di quel lontano 1989,
è tutto più faticoso, complesso e costruire un cammino
insieme non è facile.
Intervista con monsignor Giordan
I nostri problemi sono
anche le nostre speranze
s,
Mons. Aldo Giordano, cuneese, segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, è stato una delle persone più impegnate
fìella preparazione dell’Assemblea di Graz. Lo abbiamo
intervistato un paio di giorni
dopo l’inizio dei lavori.
- Mons. Giordano, come è
stata la preparazione di questa Assemblea, che problemi e
difficoltà avete avuto?
«La mia impressione è che
ogni cosa che abbiamo sentito come problema è al tempo
stesso una speranza. La prima difficoltà è certamente
quella del rapporto OvestEst. Nel movimento ecumenico si è sviluppata in questi
anni una certa problematica
piuttosto all’Ovest; anche a
Basilea il cuore dell’Assemblea era la cristianità dell’Europa occidentale pur essendoci il grande sforzo di integrare tutte le culture del continente. Oggi questa esigenza, dopo il crollo dei muri, è
ancor più grande e vi sono
nuove difficoltà. Sia l’Est che
l’Ovest, tutti i paesi, tutte le
chiese sono protagonisti di
questa Assemblea. Indubbiamente l’Ovest è maggioranza
e ha condotto gli sforzi organizzativi: ma mi sembra di
poter dire che abbiamo fatto
un’Assemblea veramente europea. Il problema Est-Ovest
è particolarmente delicato a
causa della nuova situazione
europea. Gli orientali devono
confrontarsi con la modernità, con una nuova cultura.
Tre pomeriggi dei lavori sono stati dedicati ai forum per
Gli ostacoli che si frappongono all'unità della
il dialogo
chiesa
MARTIN IBARRA
Tre pomeriggi dell’Assemblea sono stati dedicati a
un programma di dialogo fra
le chiese nei cosiddetti «Fora
per il dialogo». Un forum toccava i nuovi movimenti religiosi, due i rapporti con
l’ebraismo. Altri sei erano dedicati ciascuno a uno dei sei
temi dell’Assemblea: a sua
volta ognuno di essi si divideva in tre sessioni di tre ore. Il
loro proposito era stimolare
la discussione fra i delegati e
il resto dei partecipanti, fare
il punto sul cammino ecumenico in Europa, informare su
iniziative, problemi, speranze dell’ecumenismo europeo,
offrire idee per le raccomandazioni finali dell’Assemblea
alle chiese.
I «Fora» sono stati una palestra di dialogo e una delle
iniziative più seguite da tutti i
partecipanti. Preparati da sei
gruppi nominati dal Consiglio delle chiese europee e
dal Consiglio delle Conferenze episcopali europee, sono
stati affidati, per il loro svolgimento a Graz, a diverse organizzazioni. Il forum più seguito è stato quello dedicato
alla ricerca dell’unità visibile
fra le chiese.
«Mi rifiuto di passare ai
miei figli i miei pregiudizi,
rancori, odi e divisioni...»; con
queste parole toccanti esordiva uno dei partecipanti alla
prima sessione di questo forum. In questo dialogo ricco e
variegato si è cercato innanzitutto di identificare i segni di
unità già esistenti, sia a un livello di esperienza sia a un livello più istituzionale. L’insieme di esperienze disegnava una mappa della situazione e del momento che viviamo riguardo al nostro comune «pellegrinaggio» verso il
Cristo, fondamento della riconciliazione. Si è parlato degli incontri giovanili di pre
II prof. Paolo Ricca a Graz
ghiera (Romania, Francia),
dei pellegrinaggi ecumenici
(Trondheim, Bari); di programmi ecumenici di studio e
catechesi in Inghilterra; delle
chiese ecumeniche costituite
in diversi luoghi, usate dalle
varie denominazioni: della
Concordia di Leuemberg sottoscritta da più di cento chiese luterane, riformate, metodiste, fondata sul consenso,
sul cuore del Vangelo e sul reciproco riconoscimento fra le
chiese, prototipo di un processo ecumenico stimolante
per tutti; dell’Accordo di Misson fra luterani e anglicani e
della Dichiarazione di Porvoo
dove le chiese firmatarie si riconoscono chiese sorelle. È
dunque possibile che chiese,
in conflitto nel passato, camminino insieme, si ospitino
reciprocamente nella mensa
del Signore. Questi esempi e
le testimonianze dirette dei
presenti hanno mostrato il
desiderio di andare oltre: il
processo ecumenico deve
proseguire qualunque sia
l’esito di Graz.
Il secondo giorno è stato
molto più impegnativo, il tema era difficile: «Affrontare
gli ostacoli all’unità»; che cosa abbiamo imparato dalla
nostra storia travagliata? Qui
si è constatata la distanza esistente fra i desideri e le speranze di unità e le aspettative
ragionevoli del presente.
L’accento è stato posto su
una delle maggiori difficoltà
del dialogo ecumenico: l’interpretazione della storia,
cioè i modi diversi in cui le
chiese leggono la propria storia, quando sono state vittime
o artefici di persecuzioni. Nel
persecutore si crea una specie di complesso d’assedio,
nel perseguitato il complesso
di vittima. In entrambi i casi
la storia diventa un carcere
che imprigiona la memoria e
paralizza l’azione concreta
nel presente. Per sanare le
memorie occorre innescare
un processo di confessione e
riconoscimento delle proprie
colpe, ma anche la disponibilità al perdono: così si instaura un rapporto fecondo con la
propria storia e il presente diviene sfida alla qualità della
nostra testimonianza.
Il terzo giorno è stato dedicato a due temi. Il primo, il
processo di ricerca di una
espressione dell’unità visibile
nella fede, nella testimonianza e nella diaconia. Alcuni risultati dei dialoghi teologici
bilaterali sono stati analizzati. La ricerca di una comune
espressione e confessione
della fede avvicina le chiese e
rappresenta la speranza di
una comunione piena. In
questo forum è stata data voce anche a istanze non ufficiali. Paolo Ricca, della Facoltà valdese di teologia, ha
presentato l’accordo sui matrimoni misti in Italia, suscitando entusiasmo per la sua
difesa del dialogo: «Siamo
stati creati per il dialogo - ha
affermato tra l’altro -; il dialogo rende uguali i disuguali
e porta sempre frutto perché
le persone coinvolte cambiano. Vale dunque la pena dialogare, non è un lusso, ma il
nostro pane quotidiano».
Il secondo tema è stato
Tintercomunione: tre teologi,
un ortodosso, un evangelico
e un cattolico hanno presentato le diverse comprensioni
della dottrina e della prassi
eucaristica e le difficoltà e le
possibilità future per giungere all’effettiva ospitalità alla
mensa del Signore.
L’Assemblea di Graz non è
che un passo in un lungo pellegrinaggio che ci vede coinvolti in prima persona verso
l’unità visibile delle chiese.
Come ogni momento della
storia anche il presente è pieno di luci e di ombre. La responsabilità di ogni cristiano
è aprire spazi alla riconciliazione dentro di sé e attorno
in ogni situazione e luogo dove si trovi.
Graz non poteva essere il
luogo e il momento della riconciliazione piena tra i cristiani, ma chi afferma che
l’Assemblea è fallita dovrebbe
spiegare in cosa e perché.
Graz è stato un onesto osservatorio per prendere il polso
alle difficoltà e alle prospettive dell’ecumenismo. Solo chi
si trovava lì ha potuto sentire
e toccare con mano le frustrazioni e le speranze, i dolori e
le gioie della ricerca dell’unità
visibile tra le chiese.
con uno stile di chiese
noi qui abbiamo sviluppai
¡nunpa
ciò li pone in una situazioj
di incertezza: Dobbiamo ( ^
fenderci da questa cultur PPP'^^P,
Accettarla? Lasciarci “occ
pare”? È un nemico da coi ^
battere? L’Est è in un m |c®gliei
mento di travaglio. D’alt
parte noi dell’Ovest
mo sforzarci di capire lai« ti/Porp
cultura. Noi crediamo tropi
velocemente di aver capii ^
forse perché queste questio
le abbiamo affrontate a
tempo e superate. Vedo
questo problema come sp àiHe chic
ranza e sono certo che fai
mo dei passi avanti. jfolmentc
Un secondo problema
gran varietà di chiese che
mo, il pluralismo di tradiap™^®'^®
jstiano
ni ed esperienze. Abbiai
Mstiano
punti di vista diversi,
siologie diverse: i cattoli ^
hanno una tendenza, laP®*.®P°
forma un’altra, gli ortodoi^®® *
ancora un’altra. Abbiamo frF®P?
to un grande sforzo per ®
tare di mettere insieme
ste diversità.
Un’altra difficoltà è
di raggiungere il popolo:
siamo organismi a livello ! , . ,
ropeo, talvolta molto Ionia j .
La nostra preoccupazione! \
dare degli impulsi che
vassero alla base e ascoltr!” .
gli impulsi che venivano d'“,.
la base. Il rischio è semi“':’
che si facciano progetti ®
vengono “imposti” o chenl , . ..
arrivano là dove c’è la bai
Anche qui possiamo parlJ;
di speranza perché abbiali
visto che in tutti i paesi ci»j,
no dei germi per un ecuii.^^ ,
nismo di popolo. Non c’è]!
qualche profeta isolato, _
che gruppo particolarmeiil,
attento, non si tratta di q#
stioni di vertice. Se il popoj g
si muove anche le gerarci!
intuiranno quest’onda esi|._
ranno “costrette” a seguire^M
- Che cosa potrebbe i?M**!sate ha d
cambiare dopo Graz? ¿ej
«Spero che si crei un’onidell’Assei
di fiducia, perché sento ^ ^
c’è paura del dialogo, dell’ìsensQ g j
cumenismo, della riconcilidocyjjjg
zione, quasi che riconciliaimisti. q
significhi perdere qualcoSfìfjjj^jQ
ma se perdiamo, perdianiOpfesjqgjj.
superfluo. Chi pensa di a''%uini, d;
la verità deve perdere un ^Tavola v
della sua certezza, chi esalstaa g q
il pluralismo deve cecier>I’Op(.gp^
un po’, idem per l’unitàfRelatgq
meglio essere riconciliati: «del Segi-g
stano i problemi, rimang®*nismo e
le fatiche, ma riconoscia®Qdaretti
che non è un disastro in®“!Giusepp
trarsi». , hanno pi
- Ho visto una presenzaf 'tn^ cop]
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bel segno per il nostro paes^^isnni e
«Ho ricevuto inoltissim'*®Posati
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- » - . — ciche (
ma forse si è percepito yue esso
anche per l’Italia la questi»®b|ramb
ecumenica è una cosa s® alivenj
Sotto sotto mi sembrala a su)
capire che la tendenza
non considerarla import®, Pca (ad
non considerarla impon
data la grande maggiof® .
rhp ahhiamn Invpre a pO» ® ^uies
poco si è percepito che
„prche’Porterài
cosa molto seria
guarda tutta la cristianit protes
è il nostro contributo a» n sec
ropa e al mondo».
5
iFRPi 18 LUGLIO 1997
PAG. 5 RIFORMA
danoP^ La centralità di un confronto produttivo
Il dialogo cristiano-ebraico
Si impone a tutte le chiese una nuova sensibilità che
cancelli i troppi secoli di antigiudaismo cristiano
lidia maggi
1.
-flf AUANDO la prima bozza
W Udel documento di Graz
» ^vò alle chiese, molti tra
joi si meravigliarono di vedeil dialogo cristiano-ebraico
ittato sotto il tema del diaio interreligioso. Tra gli
idamenti più numerosi
^ati a Graz dalle chiese
0 la prima bozza del dolente c’era proprio quello
^lese rune richiedeva di scorporare
loppa‘Ir,?'
ituazin»onto con 1 ebraismo. Molte
"*^'iiese d’Europa ritenevano
ippropriato che si considesullo stesso piano delle
religioni la fede ebraica,
iccogliendo il suggerimento
Ielle molte chiese europee,
t dobbippr^ri^ho quelle protestanire la iJti, l’organizzazione di Graz
IO troni'® solo ha deciso di scorpo^r capifc H ma di creare un
questijliruni speciale sul confronto
ate asplsriano-ebraico. Tutto ciò
/'edo prostra come la sensibilità
ome spfH® chiese europee nei conche dell’ebraismo sia note%lraente cresciuta. Queste,
lejnaètC®'Ooha fatica, hanno inie che#hl° ormai 50 anni a ini tradi#®ogarsi sulTantigiudaismo
^bbia*®stiano, degenerato fino a
si eccP®ohwitz. Le chiese cristiane
cgttoipc™no fare i conti con una
za la pioria dolorosa; il genocidio
ortodor®^'* ebrei è avvenuto in un’
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^ nelle nostre chiese. Bisogna
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tità in contrapposizione alla
fede ebraica, sono state derubate su alcune coordinate, tipiche della religione ebraica
che avrebbero permesso loro
una maggiore comprensione
della fede cristiana. Esse iniziano perciò a scoprire che
hanno bisogno di dialogare
con l’ebraismo prima di tutto
per capire la propria identità.
Il cristianesimo nasce all’interno dell’ebraismo, Gesù
stesso era ebreo. Il nostro Dio
si è incarnato in un contesto
specifico, non solo figlio di
falegname, ma parte di un
popolo con una propria identità e un’esperienza religiosa
unica al mondo. Gesù era
parte di questo mondo: capirlo meglio significa anche
dover fare seriamente i conti
con la fede e la cultura all’interno della quale ha agito. I
cristiani e gli ebrei hanno in
comune la fede nello stesso
Dio, unico, Dio di Abramo, di
Sara, di Isacco, di Mosè...
Dialogare con l’ebraismo significa perciò porsi seriamente il problema della propria identità, chiedersi da dove viene la nostra fede e ritrovare le nostre radici. Israele è
perciò per noi che sentiamo
la passione per il dialogo cristiano-ebraico la radice santa
estirpata dalla storia del cristianesimo attraverso Tantigiudaismo.
Dialogare con l’ebraismo ci
permette di far crescere questa radice, ci permette una
maggiore comprensione della nostra fede. Abbiamo perciò bisogno di dialogare con
Israele. Il dialogo è però asimmetrico. Noi, legati alla
fede ebraica da una storia
che nasce e si sviluppa alTinterno dell’ebraismo non possiamo fare a meno di dialogare; la fede ebraica sì, può rifiutare il confronto non soltanto per il dolore e la ferita
della sua storia di persecuzioni, ma anche perché il suo
sussistere è autonomo dalla
nostra identità. Con questa
asimmetria dobbiamo confrontarci. Adesso che all’interno delle nostre chiese è
cresciuta la sensibilità sul
dialogo cristiano-ebraico, ci
stupiamo per il disinteresse
che spesso troviamo nei nostri interlocutori: tale disinteresse è sì legato alle memorie
dolorose delle persecuzioni
antisemite nate nelle nostre
chiese, ma anche al fatto che
l’ebraismo non ha nel cristianesimo una radice diretta.
Riconciliazione delle chiese cristiane con il popolo
ebraico significa prima di tutto «Teshuva», parola ebraica
che significa conversione,
cambiare strada, voltarsi in
un’altra direzione. Abbiamo
definito per secoli la nostra
identità in contrapposizione
all’ebraismo, è tempo di fare
la fatica di definirla in dialogo, in ascolto. Dobbiamo rivedere perciò le nostre liturgie, i nostri catechismi per
eliminare quei semi delTantisemitismo che hanno portato
a voler sterminare un popolo
accusato ingiustamente di
deicidio. Tutte le confessioni
sono chiamate a prender
parte a questo progetto ecumenico: dalla delegazione
italiana è uscita la proposta,
accettata a Graz, di invitare
tutte le confessioni cristiane
a non leggere il tetragramma
sacro, il nome di Dio, a tradurlo con «il Signore» o con
«l’Eterno», come preferisce
fare la Diodati. Un gesto simbolico con cui le chiese, riscoprendo nell’ebraismo il
divieto di nominare il nome,
riconoscono la necessità che
il lungo processo di elaborazione spirituale e teologica
vada avanti in dialogo con il
popolo d’Israele.
Presentato il documento sui matrimoni interconfessionali
L'ecumenismo vissuto dalle famiglie
ELIANA BRIANTE
N gruppo di persone
, — molto attente e interes
P ^ ha dato vita, nel quadro
„,„j“®'gruppi di discussione
^ tn '^^ssmblea ecumenica di
, II', a una discusssione sul
u il valore del recente
'^°"tL'^°®umento sui matrimoni
°^^i Il documento è stato
a metà giugno dal
® ridia Gei, Camillo
^ rid moderatore della
tfi Piai valdese, Gianni Ro
ÌèderilS ® Pi-esidente del
, „¡fà D I Valdo Benecchi.
j.jH erano il presidente
Segretariato per Tecume" ri riialogo, mons
incoi e il pastore valdese
™ L*'*®®PPe Platone; con loro
. preso inoltre la parola
s-CTZfli'una coppia mista di esperti,
5,p.^'’®eiuta e apprezzata:
0 pfli ^Gianni e Miriam Marcheselli,
issimi posati da più di 35 anni.
si è svolto su due
esplicativo
primo ® giunti al docu
PpÌ rio riifficoltà delle va"^ualiRranl'^^* ®ri accettarlo: il
£|pu rie valore ecumenico
•pitoC'riief
ri' rfio»entTo**u''^®^'^riiude in quanto
posizioni dottriLise analizzate, pre
'^"^Lainum u accettate: le
‘^¿¿pLe7j°®dbilità che esso
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L"PSmonÌr".?«°rica, il maÌri^rhé'iPorterà'^''^^’ d si com!fà*uÌDrnt ri®rlealtreconfessio
lan',®»"'protestanti?).
IO all ^ rin secondo livello, più im
VitH
Mons. Chiaretti e il pastore Platone
pegnativo e ancora pieno di
domande; che cosa aspetta
queste coppie una volta che
sono sposate? Verranno lasciate sole o, come accade
sempre di più, saranno accompagnate nel loro cammino dal rispettivo prete/pastore? Ma soprattutto che cosa
ne sarà dei figli che nasceranno da questo matrimonio interconfessionale? Ci sarà la
lotta per vedere chi delle due
chiese è la più forte, oppure
come appare sempre più logico e auspicato dal documento
si lascerà ai genitori la scelta
di cosa e come comunicare ai
propri figli? E ancora: quando
si penserà a sviluppare insieme una catechesi ecumenica
per i figli (non solo di coppie
interconfessionali)? Infine:
Grdzer msss
Immaiimi
quando si potrà finalmente
celebrare insieme la cena del
Signore? Domande su domande, ma un punto fermo
c’è, ed è un ottimo punto di
partenza: il documento che
riconosce alle coppie la possibilità di sposarsi, sapendo che
la propria chiesa ne accetta la
scelta. Non dimentichiamo
però che è solo un punto di
partenza e che ci aspetta ancora tanto lavoro.
Il movimento «Noi siamo chiesa»
Un'occasione di incontro
EMMANUELE PASCHETTO
IN Austria, a Innsbruck, è
nato circa quattro anni fa
un movimento di rinnovamento all’interno della Chiesa cattolica che si è via via via
allargato ad altri paesi europei, innanzitutto Germania e
Svizzera. Questo movimento
si denomina «Wir sind Kirche», «Noi siamo chiesa» e i
suoi obiettivi principali sono
l’abolizione del celibato dei
preti, l’ammissione delle
donne al sacerdozio, Tintercomunione con i cristiani
non cattolici, la concessione
della comunione ai divorziati, una morale sessuale'che
lasci libertà di coscienza ai
singoli credenti. Su questi vari temi «Noi siamo Chiesa» ha
lanciato un referendum fra i
cattolici, che ha raccolto milioni di firme, oltre 400.000
nella sola Austria il che significa circa il 7% della popolazione cattolica adulta.
A Graz il movimento era
presente e abbiamo avuto
l’opportunità di parlare a
lungo con il suo fondatore,
l’austriaco Thomas Plankensteiner che ci ha raccontato
delle grosse difficoltà per poter essere presenti aU’Assemblea: la loro richiesta di avere
uno spazio per degli incontri
e uno stand nell’Agorà è stata
bocciata in un primo tempo
per la pressione della Conferenza episcopale cattolica
della Germania e solo in extremis è stata accolta. Alcune
loro iniziative durante l’Assemblea sono state boicottate, sempre per intervento
delle gerarchie cattoliche: per
esempio l’organizzazione di
un incontro di preghiera interconfessionale con un’agape fraterna che sfociava in
una celebrazione eucaristica
interconfessionale. L’iniziativa è stata poi accolta parzialmente da una chiesa evangelica della città, in un culto
con Santa Cena aperta.
Attualmente la parola d’ordine circolante fra le gerarchie cattoliche dei paesi dove
L’ufficio stampa italiano e spagnolo
il movimento agisce sembra
sia quella di ignorarne la presenza. «Wir sind Kirche» ha
risposto con alcune singolari
iniziative. La prima è T«Aktion Weinberg», Azione vigna,
con la quale vengono censiti
gli uomini sposati e le donne
che si sentono chiamati al sacerdozio. C’è stato un seminario di una settimana in Austria, in cui circa 90 donne si
sono incontrate con pastore
protestanti e donne sacerdote della Chiesa vecchio-cattolica per discutere il problema
e studiarlo insieme scambiandosi esperienze.
La seconda è l’iniziativa
«Stola lilla», con cui i sostenitori del movimento vengono
allo scoperto indossando durante la messa o in altre significative occasioni, una
stola di colore violetto per ricordare quanti sono ancora
esclusi dal sacerdozio.
Infine vengono scritte delle
«Lettere del gregge», parafrasando le «Lettere pastorali».
Una sulla sessualità è già
uscita suscitando un certo
clamore. La seconda tratterà
dell’autorità, del potere, della democrazia all’interno
della chiesa, la terza del sacerdozio femminile.
Graz è stata una preziosa
occasione di collegamento
tra gli aderenti al movimento
giunti da diversi paesi e una
vetrina da cui far conoscere
le proprie idee e posizioni ad
un più vasto pubblico.
vi Iona Community
Per un secondo
Concilio di
Gerusalmemme
Una petizione forte di
12.000 firme è stata presentata il 26 giugno dalla «Iona
Gommunity» (Scozia) all’Assemblea ecumenica. In essa
si chiede al papa di convocare un secondo Concilio di
Gerusalemme e ciò in risposta all’enciclica papale sulTecumenismo «Ut unum
sint». Il messaggio che si rivolge al papa per sollecitarlo
a prendere questa iniziativa
è stato adottato dopo una
settimana di consultazioni
sull’isola scozzese di Iona da
45 membri di nove tradizioni
ecclesiali diverse di Scozia,
Inghilterra e Galles, riunitisi
per promuovere il progetto
della comunità intitolato
«Appello per il 2000: una comunione indivisa». La petizione, lanciata nel 1993,
chiedeva alle chiese di estendere le possibilità di intercomunione a specifici centri e
incontri ecumenici, raccogliendo, come si è detto,
12.000 firme.
L’idea è venuta dal fatto
che il primo Concilio di Gerusalemme, descritto al cap.
15 del libro degli Atti degli
Apostoli, «ha risolto un’importante disputa tra cristiani
e promosso l’unità». La comunità di Iona chiede quindi
un meeting a Gerusalemme
nel 2000, «chiamato a promuovere il processo iniziato
dal documento papale “Ut
unum sint” e dalle molte risposte che ha ricevuto».
Nove membri della Chiesa
cattolica hanno avuto un
ruolo di rilievo durante l’incontro sull’isola scozzese come consulenti per il testo
adottato sotto forma di undici quesiti, riguardanti temi
come l’ordinazione delle
donne e il ruolo dei laici non
ordinati. La comunità scozzese chiede al papa di iniziare personalmente il dialogo
con i leader delle confessioni
cristiane.
La testimonianza di una coppia italiana
Eucaristia: per una celebrazione comune
MYRIAM VENTURI MARCHESELLI
A questa seconda Assemblea europea le proposte
di approfondimento, innumerevoli e in contemporanea
hanno spinto ognuno a scegliere un percorso che meglio
rispondesse ai propri interessi. Per mio marito e per me è
stato quasi d’obbligo seguire
il tema dei matrimoni interconfessionali con le relative
problematiche: debbo dire
che l’offerta è stata abbondante e qualificata.
fJel forum «Sulla via di una
celebrazione comune dell’Eucaristia» è stata data la parola
per una testimonianza a Ruth
Reardon, segretaria del gruppo inglese «Interchurch Families», unica voce di speranza, dopo le presentazioni ufficiali delle posizioni statiche
delle chiese sull’argomento.
Un po’ di profezia non guasta
nel grigiore delle ostinate posizioni restrittive.
Poco prima, quello stesso
pomeriggio di giovedì 26 giugno, il testo comune redatto
da cattolici e valdesi-metodisti italiani sui matrimoni interconfessionali, veniva pre
II «Testo comune» sui matrimoni tra cattolici
e valdesi o metodisti, sottoscritto il 16 giugno
scorso dalle parti, è disponibile nel dossier
n. 32 pubblicato dalla Claudiana e curato dal
pastore Ulrich Eckert.
sentato in un apposito atelier, come esempio di riconciliazione fra chiese, mentre
il past. Paolo Ricca lo prendeva a paradigma del buon
frutto di un dialogo ecumenico, in sé molto sorprendente,
fra due comunità che si sono
osteggiate o ignorate per secoli e che sono tuttora in posizione di squilibrio (Telefante e la formica).
Più delle parole però mi
hanno colpito alcuni gesti. La
celebrazione della preghiera
serale di mercoledì 25 giugno
nella Mariahilferkirche è stata organizzata dalle famiglie
pluriconfessionali tedesche e
austriache ed era intitolata:
«Le chiese separate viste dalla base».
Il sermone è stato mimato
e il suo messaggio è stato estremamente incisivo. Nella
preghiera iniziale si è chiesto:
1) Dov’è la tavola allestita per
i membri di una famiglia interconfessionale? 2) Chi prepara la tavola per noi e ci invita? 3) Dove trovare una patria spirituale per tutta la famiglia nel suo insieme? 4)
Dove poter celebrare insieme la cena del Signore? 5)
Come si può render evidente
ai figli che si può vivere Tinterconfessionalità in famiglia, quando si è divisi nel sacramento dell’amore?
Si è poi constatato che è
difficile trovare parrocchie
che prendano sul serio la situazione delle coppie miste e
non siano invece infastidite
dal problema, per cui spesso
le famiglie interconfessionali
si rassegnano e non frequentano più alcuna chiesa. A
motivo di ciò vengono accusate di essere tiepide, mentre
in realtà sono frustrate dalle
incomprensioni, stanche di
mendicare attenzione.
Si è giunti infine alla pantomima-sermone. Due gruppi di persone in due cerchi
fingevano di scambiarsi il pane e il calice, la coppia interconfessionale raggiungeva
prima un gruppo e poi l’altro,
invano tentando di unirsi alla
loro comunione, il gruppo si
rinserrava e li lasciava fuori;
venivano accolti solo se si separavano come coppia, ognuno nel proprio gruppo.
Veniva poi portato al centro della chiesa, davanti all’altare, un tavolino con sopra il calice e un cestino per il
pane, ma due persone munite di una sega si ponevano ai
due lati e, con colpi bene assestati, dividevano in due la
tavola, mentre cestino e calice cadevano a terra.
La lettura di Giovanni 21,
1-13 (Gesù che si presenta in
riva al lago ai discepoli ma
non viene riconosciuto, distribuisce poi il pane e il pesce pescato secondo le sue
stesse indicazioni proprio a
chi non osa chiedergli chi
egli sia) ha concluso questo
breve ma intenso momento
di preghiera e di riflessione.
Alla fine diverse persone erano commosse.
6
PAG. 6
RIFORMA
)PECIALE UKAZ
venerdì 18 LUGLIO li
L'elemento religioso nei conflitti dell'Europa centrorientale
A Est il peso della memoria
Una tavola rotonda organizzata dalle chiese polacche ha riproposto
all'attenzione una storia che continua a produrre gravi e profonde ferite
PAWEL GAJEWSKI
Lf EUROPA centrorientale
I come superficie e popolazione, ma anche come posizione geografica, rappresenta una parte fondamentale del continente, anche se,
vista dalla prospettiva occidentale essa è spesso esclusa
dai nostri grandi discorsi
sull’unificazione economica
e sulla riconciliazione sia religiosa che politica. La cortina
di ferro che fino al 1989 separava nettamente le due parti
dell’Europa certo non ha favorito né la conoscenza, né la
comprensione reciproca.
L’Assemblea ecumenica europea di Basilea lanciò i primi segnali in questa direzione, ma solo a Graz la presenza di rappresentanti da Polonia, Bielorussia e Ucraina è
diventata veramente visibile.
Queste terre nascondono
un enorme «peso della memoria»; è la memoria dei più
grandi conflitti di questo millennio, nei quali l’elemento
religioso era tutt’altro che irrilevante. Nella stessa misura
esse contengono anche la
potenzialità di diventare il
principale luogo di riconciliazione sotto tutti gli aspetti
in quanto luogo di incontro
tra Oriente e Occidente, tra
mondo salvo e germanico,
tra cultura bizantina e latina.
Questo peso della memoria
sulla realtà dei nostri giorni è
stato l’argomento principale
di una tavola rotonda organizzata dal Consiglio ecumenico polacco e la Chiesa evangelica tedesca il 27 giugno
a Graz. Questo incontro è
stato animato dalla presenza
dei maggiori esponenti delle
varie realtà ecclesiali del
Centro-Est europeo e la composizione del pubblico, molto numeroso, confermava
questa nuova realtà ecumenica del dopo Muro. I problemi con la fine della cortina di
ferro non sono però spariti
nel nulla, tutt’altro, forse in
questo nuovo clima di libertà
politica si sono accentuati
ancor di più.
Uno dei problemi più gravi
è la vicenda delle cosiddette
chiese uniate (vedi scheda).
La loro identità confessionale
derivava non tanto da una
scelta di fede quanto da un’
alleanza politica. Dichiarare
fedeltà allo zar e quindi al patriarca di Mosca oppure fare
la stessa cosa con il re di Polonia e quindi col vescovo di
Roma è stata nel 1596 una
partita architettata principalmente dai più alti vertici del
potere.
Le conseguenze di questa
politicizzazione della religione si vedono molto chiaramente fino al giorno d’oggi.
La nascita, pochi anni fa, della Repubblica Ucraina, per la
prima volta stato indipendente nella storia di questa
nazione, era dovuta tra l’altro
a un forte legame con la
Chiesa uniate come elemento di identità nazionale e fattore non indifferente di lotta
contro il governo di Mosca.
D’altro canto però, dal Settecento in poi buona parte degli uniati, soprattutto in Bielorussia, erano rientrati nuovamente nelle chiese ortodosse dipendenti da Mosca,
non senza manipolazioni del
regime zarista prima e di
quello sovietico poi, che vedevano nelle chiese uniate
un reale pericolo politico.
I territori della Polonia
orientale sono anche attualmente tormentati da conflitti
aperti tra cattolici di rito latino, uniati e ortodossi. Un caso sintomatico è rappresentato dal diverbio sorto intor
Al culto di chiusura
no alla cattedrale di Przemysl, capoluogo della diocesi sia
del rito latino che di quello
orientale. Tutte e due le parti
rivendicano i diritti di proprietà di un edificio che nel
corso della storia ha cambiato spesso titolari a seconda
delle contingenti tendenze
politiche. D’altro canto si fa
notare un certo risveglio
nell’ambito ortodosso soprattutto in Bieolorussia. La Chiesa ortodossa, fino a qualche
tempo fa ridotta praticamente solo all’aspetto di un culto
completamente clericalizzato, sta riscoprendo ora la sua
dimensione sociale e un’enorme ricchezza insita nel
coinvolgimento dei laici nella
vita della chiesa.
Non è oggi, e non è mai
stato indifferente in questo
contesto il ruolo della Germania. Sin dalla fine della seconda guerra mondiale le
chiese tedesche, soprattutto
quelle evangeliche, si sono
impegnate nell’opera di riconciliazione, cercando principalmente di dare un sostegno materiale a tutte le
espressioni di fede, senza
nessuna discriminazione
confessionale, il che ha consentito anche alla Chiesa ortodossa di rinforzarsi. Ora
però la stessa Germania si
trova in una posizione piuttosto imbarazzante. Da un lato la Chiesa cattolica tedesca
insieme a quella polacca sono diventate pedine strategiche per la politica del Vaticano. L’espansione del cattolicesimo in entrambe le sue
forme (latina e uniate) nei
paesi dell’ex Unione sovietica
è finanziata con risorse tedesche in centri di formazione
collocati principalmente in
Polonia. D’altro lato in Germania le chiese evangeliche,
soprattutto di denominazione luterana, tuttora mantengono buoni rapporti con le
chiese ortodosse. Accade
però che questa testimonianza evangelica e la presenza
della diaspora luterana e
riformata, nonché la presenza degli uniati in Polonia,
Ucraina e Bielorussia, venga
di nuovo usata dai governi
dei rispettivi paesi e dai vertici delle chiese cattoliche e ortodosse come elementi del
gioco diplomatico tra Mosca,
Vaticano e paesi dell’Occidente, soprattutto quando si
tratta di aiuti economici e
umanitari. Ci troviamo davanti a un altro vicolo cieco
del dialogo ecumenico?
Anche se la gravità dei problemi è evidente, i partecipanti a questa particolare ta
vola rotonda hanno lasciato
molti messaggi di speranza.
Mons. Alfons Nossol, vescovo
di Opole, diocesi della Polonia occidentale con una forte
e numerosa minoranza tedesca e inviato della Conferenza episcopale polacca, ha
sottolineato che la riconciliazione non può essere mai separata dall’autentica conversione intesa come ritorno al
messaggio di Gesù. Il vescovo
Jeremiasz, delegato dell’episcopato ortodosso della Polonia, ha ricordato che la religione deve essere compietamente depoliticizzata e cioè
non deve essere mai oggetto
di trattativa politica.
Guardando all’Assemblea
di Graz dalla prospettiva di
questo incontro e del contesto politico e religioso che
esso ha rappresentato, mi
sembra che la politica-religione-fede debba ritrovare
una strutturazione completamente diversa. La mia affermazione non riguarda solo l’argomento specifico delle chiese uniate ma la situazione di tutti i paesi, dove le
chiese sono diventate «uffici
affari religiosi», partecipando e condividendo pienamente le manipolazioni dei
governi e dei partiti. Le piccole chiese di diaspora hanno qui un vantaggio (sempre
relativo) di non essere prese
troppo in considerazione
nelle strutture cesaropapiste.
Solo una decisione di fede
individuale e/o collettiva
può diventare fondamentale
per una scelta esistenziale di
tipo religioso e la politica in
questa ottica non può essere
altro che un impegno per
salvaguardare dignità e libertà dell’essere umano.
Allora il compito di tutte le
chièse d’Europa, grandi e piccole, rimane sempre quello
di annunciare e testimoniare
proprio questa dimensione
del cristianesimo fondato
sull’Evangelo e non sugli
editti degli imperatori.
La lunga vicenda delle chiese uniate
Un millennio di tensioni e conflitti
Le chiese uniate sono quelle chiese che dopo lo scisma
d’Oriente (1054) conservarono la comunione con Roma o
vi ritornarono in seguito.
Uno dei momenti storicamente più significativi di
questa riunificazione fu la
cosiddetta unione di Brest in
Polonia (1596) con la quale i
ruteni (ucraini) e la loro chiesa di rito slavo-bizantino ritornarono alla comunione
con Roma. Ecco alcuni dati
per comprendere il contesto
storico della riunificazione.
Con la caduta di Costantinopoli (1453) cadeva l’impero bizantino. Il cristianesimo
orientale era all’epoca già
composto principalmente
dagli abitanti delle terre russe. Di questa situazione approfittava immediatamente
Mosca che si proclamava
«Terza Roma». L’impero russo con confini ben circoscritti ancora non esisteva. Mosca
e Kiev erano soprattutto centri spirituali e commerciali
con nessun rilievo militare.
Cresceva nel frattempo la
potenza politica e militare
della Polonia. La sconfitta
dell’Ordine teutonico nella
battaglia di Tannenberg
(1410) aveva segnato l’inizio
di una nuova configurazione
dell’Europa. Quando nel
1525 il gran maestro Alberto
Due delegati della Chiesa armena
di Prussia aderì alla Riforma,
la Prussia si trasformò in Ducato ereditario vassallo della
Polonia. La Polonia del ’500
però era anche il più forte
baluardo del cattolicesimo
romano nella sua versione
migliore, fedele al papa ma
anche aperto e tollerante.
In Russia, lo zar Ivan il
Grande (1505) voleva costruire una compatta struttura
politica e religiosa unendo i
due poteri: spirituale e secolare. Questa simphonia fra
stato e chiesa avvenne compiutamente solo sotto Ivan il
Terribile (1584).
L’istituzione del «Patriarcato di Mosca e di tutta la
Russia» sul modello bizantino (1589) costituì una formalizzazione di questo processo. Esso fu riconosciuto anche dal patriarca ecumenico
di Costantinopoli.
In questo contesto i popoli che occupavano le terre
delle attuali Ucraina e Bielorussia si trovarono in mezzo
a uno «scontro fra giganti»;
in Oriente l’impero russo in
rapida crescita, in Occidente
un antico impero in trasformazione formato dal papa
di Roma e dai suoi vassalli
spirituali, tra i quali la Polonia era il più forte. Con
l’unione di Brest si scelse di
cadere nell’orbita politica e
religiosa della Polonia e
quindi di Roma.
Laszio Tòkes e il metropolita Daniel
Lo spirito di Timisoara
infiamma l'Assemblea
GIUSEPPE PLATONE
UNA delle delegazioni più
numerose a Graz è stata
quella romena: 1.200 persone. Il metropolita Daniel della Moldavia è stato una delle
figure chiave delle giornate
dell’Assemblea. Una grande
spiritualità, una profonda conoscenza biblica accompagnata da un forte amore per
la Chiesa ortodossa. Ma a
rompere l’incantesimo della
spiritualità ortodossa ha pensato Laszlo Tòkes, il vescovo
riformato di Timisoara, meglio conosciuto come l’eroe
della resistenza al regime di
Ceausescu.
Tòkes, un bel sorriso, figlio
di un noto professore di teologia, non ha dubbi: la Chiesa ortodossa in Romania non
rispetta le regole del gioco.
Mi regala il suo ultimo libro
(in inglese), in cui si ripercorrono le tappe di quello che
sembra un faticoso cammino
verso la democrazia di un
paese ancora schiacciato da
un’economia che non riesce
a decollare. Leader della
grande minoranza ungherese
riformata in Romania, Tòkes
accusa la Chiesa ortodossa di
non voler restituire le scuole
e le chiese della Chiesa riformata (in totale 277 edifici).
«In Parlamento - dice - è in
preparazione un disegno di
legge per la libertà religiosa e
la chiesa ortodossa è considerata chiesa nazionale. Per chi
non è ortodosso, come i cattolici romani o il milione di
riformati, la vita non è così
facile poiché ci è stato espropriato tutto, scuole e chiese, e
non intendono restituire nulla. È uno scandalo, non possiamo ricostruire il nostro sistema educativo (circa 200
scuole) poiché non abbiamo
più nulla. La filosofia del mio
paese è: una nazione, una patria, una chiesa; per noi minoranza ungherese ci sono solo discriminazioni».
Per cercare di capire ho
sentito anche il patriarca Daniel della Moldavia, che getta
acqua sul fuoco: «Tòkes è un
brillante politico - afferma - è
al governo, può difendersi con
gli strumenti della democrazia. Le chiese e le scuole appartengono alla Chiesa ortodossa perché i fedeli sono tornati all’ortodossia, che costituisce oggi il 92% della popolazione. Non bisogna drammatizzare. Le continue azioni
proselitistiche o d’invasione a
colpi di denaro nella nostra
situazione, economicamente
depressa, ci mettono sulla difensiva, perché si rischia di
distruggere il valore di una
grande tradizione religiosa.
Certo siamo poveri, non pos
siamo come i cattolici avé_
cinque Facoltà di teologia n ^
270.000 fedeli e neppure ^
que vescovi, e non abbiamn
mezzi di certe sette ameria,)
ne, siamo poveri nel popoi
così come siamo stati con l
anche negli anni deU’ateis)
trionfante. Ma nel nostro nÀ
se oggi c’è la libertà religia
ci sono 16 culti riconosci^
ogni formazione religiosa jn i
richiedere di fare lezioni t
scuole pubbliche a spese di, t
stato. In realtà si vuol farei I
confessionalismo spintA
questo ci obbliga a difende^ ■
in un lento processo di nt
dernizzazione che non p|k
tradire le nostre tradiziojiii,
l’insegnamento biblico».
A Daniel allora ricordo cl
nell’Assemblea sono emet
le riserve ortodosse sul rui
delle donne nella chies
«Anche qui - risponde -o '
corre capire. La nostra trai
zione è rimasta intatta attti \
verso i secoli, abbiamo mal,
donne che studiano teolo§
fanno le assistenti socia
molte che scelgono di sposi
dei preti e quindi dedicarsU-^
lavoro di testimonianza si
za risparmio. Abbiamo ii
tre molte donne nei nosi
conventi: anche questa è uii
'■;w
scelta che va rispetiata,
corriamo dietro alla
nità in una corsa senza fii
ma ricerchiamo la fedeltìt
quella parola che era vali
ieri come lo è oggi. Evideit
mente il dialogo è interessa
te perché le posizioni soi
differenziate: abbiamo rii
vuto molto a Graz e sperim
anche di avere dato un co:
tributo».
Tòkes tuttavia non è co
vinto: «La Chiesa ortodossi
ribatte - si sente esclusi
proprietaria di un territoi
secondo l’antica concezii
del “cuius regio eius religiò
Chi ha ragione? Daniel mii
vita in Romania per vedi
direttamente come stanno
cose, Tòkes mi dice chei
marzo del prossimo ani
sarà in Italia, lo invito a pi
dicare nella mia chiesa e 1
accetta. Però, gli dico, niei
polemiche perché in Ital
quei problemi sonct lontai
Sorride e aggiunge: «Sesia
protestanti e per di più mio
ritari mica ci faremo metti
il bavaglio?». E poi predi
«A livello popolare i rapf
tra riformati e ortodossi p
zionano molto bene. Ci ii'
spetta e ci si aiuta: quello i
rovina tutto sono le geli
chie, i giochetti di potere. Il
senza di democrazia riè
chiesa». Non so perché,a
questo discorso mi pare^
averlo già sentito da quali
parte. E non si parlava d»
Romania...
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coedizione in a.p. comma 26
gita lega® 549/95 - nr. 28/97 - Torino
in caso dì mancato recapito si prega restituire
al midante presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere il diritto di resa.
Fondato nel 1848
Oltre 200 posti di lavoro sono a rischio nel «polo industriale» di Luserna San Giovanni; mentre la Turati e la Manifattura di Pralafera vivono settimane tutt’altro che facili, a destare
le maggiori preoccupazioni è il futuro della Graziano trasmissioni. «11 18 luglio - spiega Vittorio Federico, della Cgil
di Pinerolo - l’azienda intende comunicare, in sede di Unione industriale, il progetto di trasferire tutte le lavorazioni a
Cascine Vica, Sommariva Perno e in parte anche a Bari». Sarebbero dunque a rischio un centinaio di posti di lavoro; la situazione è grave: già alcuni anni fa venne prospettata un’analoga ipotesi poi bloccata. Ora sembra che i margini di discussione siano assai limitati anche se è già annunciato l’impegno, oltre che del sindacato, delle amministrazioni locali.
Delle
VENERDÌ 18 LUGLIO 1997
ANNO 133 - N. 28
LIRE 2000
he cosa credono i val^\^desi?». Due domeniche fa, quando a Prali è ripresa l’esperienza del «tempio
aperto», la domanda ci è stata
posta da molte persone un po’
curiose e un po’ perplesse. La
stessa domanda ci è stata rivolta da un volontario di
Agape durante la serata a tema dedicata alla fede. Ci siamo resi conto in questo caso
di come sia difficile dare
un’unica risposta. Innanzitutto perché noi valdesi non costituiamo una realtà univoca e
monolitica. In secondo luogo
perché chi pone questa domanda cerca qualche cosa di
specifico che riguarda la sua
fede, aspettandosi quel mondo di immagini e concetti che
gli è familiare. Così non è la
CHE COSA CREDONO I VALDESI?
INTERROGATIVI
ERICA CORRENTI -ERIC NOFFKE
stessa cosa spiegare a un cattolico perché la nostra chiesa
non ha immagini oppure parlare della peculiarità dell’essere valdese con un protestante che viene da altre realtà europee. Ci si impone allora una
riflessione profonda su che
cosa voglia dire essere valdesi
oggi: se, infatti, significa ancora far parte di un popolochiesa, vuol dire anche essere
soggetti attivi nel nostro tem
po. E ci pare che la nostra
chiesa non sia sempre preparata a tale compito, soprattutto a livello di base.
Negli incontri serali è
emersa anche un’altra questione: cercando di assolvere
alla richiesta di presentare la
nostra identità in positivo (in
negativo ci riesce facile dire
chi siamo: quelli che non
hanno il papa, non adorano la
madonna, non venerano i san
Fondi comunitari
Per piccole
e medie
imprese
Un «Vademecum» sui fondi strutturali comunitari per le
aree a declino industriale (tra
le quali l’intera provincia di
Torino) è stato pubblicato
dalla Regione Piemonte. L
’iniziativa, che è stata presentata il 4 luglio a Torino, si
propone di informare i soggetti interessati sui contenuti
e su come accedere al programma per il triennio ’97-99
che prevede investimenti per
3.484 miliardi di lire.
«Si tratta di uno strumento
pratico - dice il presidente
Enzo Ghigo - che può offrire
agli imprenditori pubblici e
privati un aiuto per orientarsi
fra le numerose opportunità
dei finanziamenti comunitari.
L’obbiettivo è di coinvolgere
sempre più operatori disposti
a raccogliere la sfida dell’innovazione per assicurare al
Piemonte prospettive di sviluppo e di occupazione degne
della sua cultura industriale e
imprenditoriale».
Per il triennio ’97-99 la
giunta regionale ha preparato
un documento unico di programmazione che prevede
sette assi di intervento (che
vanno dallo sviluppo delle
piccole e medie imprese al turismo, alla valorizzazione del
patrimonio culturale alla riqualificazione urbana a progetti integrati di sviluppo
economico) che ritiene capaci
di creare i presupposti favorevoli a un modello integrato di
sviluppo che abbia come protagonisti le piccole e medie
imprese. Le direzioni verso le
quali agisce sono: privilegiare
la specializzazione in settori
di qualità ad elevato contenuto innovativo nel contesto di
uno sviluppo compatibile con
d rispetto delTambiente, favorire lo sviluppo di un’attit'ttà di servizi qualificata,
promuovere e tutelare l’ambiente nel contesto dello sviluppo sostenibile, valorizzare
lo risorse umane.
Anche per il Pinerolese si prospettano nuove opportunità dai Fondi strutturali
Avviare i progetti aspettando i finanziamenti
PIERVALDO ROSTAN
Altri miliardi europei stanno per calare sul Piemonte; tre aree della nostra
regione sono state inserite
nell’ambito dell’obiettivo 2
del regolamento Cee 2081/
93: parti di Torino e tutta la
provincia, il Verbano-CusioOssola e la valle Scrivia. La
scelta è caduta in base all’esigenza di riconversione di aree
gravemente colpite dal declino industriale. Secondo le indicazioni del documento unico di programmazione per il
triennio ’97-99 in questo periodo in Piemonte si dovrebbero realizzare investimenti
per 3.484 miliardi. Nello
scorso bando sul medesimo
regolamento, buona parte dei
finanziamenti vennero distribuiti alla vai di Susa, destinata di lì a poco ad ospitare i
campionati del mondo di sci e
dunque bisognosa di infrastrutture; nel prossimo triennio che cosa accadrà?
Due linee di intervento previste dal documento di programmazione regionale indicano il Pinerolese fra le aree
da sostenere: il Pinerolese è
fra le aree per cui gli obiettivi
indicati sono «sviluppo e sostegno delle attività turisticoterziarie nelle aree produtti
Nuovo arredo urbano a Ghigo di Prali
ve»; le valli Pellice, Germanasca e bassa vai Chisone sono invece indicate fra quelle
aree che necessitano di «sostegno allo sviluppo turistico
delle aree vallive marginali».
Come si possa ipotizzare lo
sviluppo indicato è chiarito
dal documento regionale dove vengono descritte le tipologie di intervento previste:
«Realizzazione, recupero,
adeguamento e ampliamento di impianti e strutture turistiche quali, in particolare,
strutture per l’accoglienza e
l’informazione turistica, strut
ture per il ritrovo e l’intrattenimento turistico culturale,
strutture congressuali e convegnistiche, impianti ricreativi di uso turistico, rifugi alpini, infrastrutture per la qualificazione ambientale delle località turistiche». Il contributo sarà concesso nella misura
massima del 70% della spesa.
Saranno inoltre possibili
contributi alle piccole imprese turistiche (alberghi, campeggi, villaggi turistici) nonché per la realizzazione di
iniziative promozionali e
pubblicitarie. In particolare
per la realizzazione o il potenziamento di infrastrutture,
i possibili destinatari saranno
essenzialmente gli enti pubblici (le Comunità montane in
primo luogo), le associazioni
turistiche, quelle sportive,
culturali o naturalistiche non
a scopo di lucro. I bandi per
l’accesso ai fondi non sono
ancora stati pubblicati (ciò
avverrà presumibilmente a
settembre) ma fin d’ora si sa
che la richiesta è di progetti
integrati atti a favorire lo sviluppo turistico con la tutela
dell’ambiente.
Non è possibile oggi come
oggi dire su quali linee si
muoveranno operatori e amministratori delle Valli; per
ora si è preso atto delle opportunità offerte dal regolamento Cee nel corso di incontri ufficiali di presentazione.
Già due anni fa vennero presentati diversi progetti, alcuni
dei quali ottennero il finanziamento; seconda tranche
del progetto Crumière a Villar Pellice piuttosto che rinnovo delle seggiovie a Prali:
questi potrebbero essere due
dei progetti per cui chiedere
un finanziamento. Ma la fantasia, gli assessori, gli operatori e i tecnici sono già
all’opera per verificare tutte
le possibilità.
Stazione di Courmayeur. Ancora una
volta non si tratta di una stazione
sciistica, come verrebbe spontaneamente
alla mente leggendo questo titolo, ma del
piccolo gruppo evangelico che nasce, il
primo nella Valle d’Aosta, in questo
sperduto paese di montagna. Ma dal rapporto della Tavola del 1859 apprendiamo
che oltre cento uditori sono presenti alla
predicazione dei nostri coraggiosi evangelisti. Con grossi sacrifici viene costruito il tempio con annessa casa pastorale.
Si invoca collaborazione per la copertura
di un deficit di circa 4.000 franchi! Intanto l’azione degli evangelisti si propaga dalla Valle d’Aosta attraverso il Canavese fino a Ivrea.
La presenza degli evangelisti è richiesta nelle località più disparate da famiglie, uomini e donne che hanno udito
IL FILO DEI GIORNI
STAZIONE DI
COURMAYEUR
ALBERTO TACCIA
l’Evangelo e vogliono estendere ad altri,
amici e parenti, i benefici dell’ascolto.
Vengono affittati dei locali e la colletta
serve per pagarne il costo. Ma accanto
agli aspetti positivi, talora esaltanti, dello sviluppo deH’evangelizzazione, non
mancano ogni volta la descrizione delle
ti...), non abbiamo incontrato
solo difficoltà ma sono emersi spunti interessanti: noi siamo l’altemativa cristiana non
fondamentalista; noi siamo
quelli che lottano per le libertà; noi siamo quelli della
Bibbia. Ma è ancora un’immagine autentica? Per esempio, quanti nelle nostre chiese
leggono e conoscono veramente la Bibbia? Non è che
testimoniamo una facciata,
che non corrisponde alla realtà dei fatti? Imparare a presentarci in positivo ci aiuterebbe sicuramente a capire
meglio chi siamo e che cosa
offriamo, per essere così una
proposta concreta e, siamo
convinti, scoprire molti aspetti della nostra fede positivi
non soltanto per noi.
Numero
gravi difficoltà, ritorsioni, ostacoli, minacce, ricatti a cui sono sottoposti coloro
che si accostano alle sale evangeliche.
Dei due culti che hanno luogo ogni domenica a Courmayeur quello del mattino
è meno frequentato, perché coincide con
la celebrazione della messa a cui molti,
per paura, non osano rinunciare. Riferisce la relazione di un evangelista: «Un
canonico di Aosta diffonde pubblicazioni calunniose per ingannare la gente
semplice», ma prosegue: «Coloro che
nella prova sono rimasti fedeli all’Evangelo, sono ora disposti a tutto sacrificare piuttosto che rinnegarlo. Benedico Iddio nel constatare i seri progressi che
alcuni hanno compiuto nella fede. La
persecuzione li ha maturati, hanno molto letto le Sacre Scritture e ne hanno
tratto grande beneficio».
Alpini in Bosnia
Un contingente di stanza
a Pinerolo è ritornato, un
altro si appresta a partire.
L’apporto del 3° Reggimento alpini al mantenimeto della pace in Bosnia
è importante e ben recepito
dalla popolazione. Ne parliamo con il colonnello
Giuseppe Vaccino.
Pagina II
Rifiuti soli
Il consorzio Acca ha recentemente siglato degli
accordi con altri consorzi
operanti nella cintura di
Torino, per una collaborazione attiva nel campo dello smaltimento dei rifiuti
solidi urbani.
Pagina li
Massello
Fa ancora discutere, e
suscita una certa animosità, la questione della
azienda faunistico-venatoria. Ne ha parlato il Consiglio comunale aperto di
venerdì 11 luglio.
Pagina III
Parco naturale
L’ipotesi di realizzazio
ne di un parco naturale in
alta vai Pellice suscita reazioni positive ma anche
perplessità. Per questo il
comitato promotore la sta
illustrando in un giro di in
contri nei vari Comuni.
Mercoledì 9 se ne è parlato
a Bobbio Pellice.
Pagina III
Doc Pinerolese
Un marchio a tutela della qualità di vini ricavati
dalle uve pinerolesi sarà
certamente una garanzia
per il consumatore e una
tutela anche per i produtto
ri. Se ne è parlato nella
presentazione svoltasi recentemente presso la Cantina sociale di Bricherasio.
Pagina III
8
PAG. Il
RONACHE
IL FORTE IN FIORE — La Pro Loco di Fenestrelle e l’Associazione Progetto San Carlo propongono per il 25 e il 26
di luglio una grande esposizione di piante e fiori aH’interno
del Forte (foto). Il gruppo Cedas di Torino esporrà inoltre i
quadri su Fenestrelle, il Forte e i dintorni nelle stanze del
Palazzo del Governatore. Scopo principale della rassegna è
quello di valorizzare attraverso Pinserimento di fiori e piante ornamentali il patrimonio storico architettonico e paesaggistico della Fortezza. Sulla piazza d’Armi i floricoltori ofr
friranno all’occhio del visitatore gli spazi espositivi più articolati, creando vere e proprie oasi botaniche a tema, oppure
in base al proprio gusto metteranno in scena effimere rappresentazioni verdi. Sabato 26 luglio alle 16 saranno proiettate le diapositive sulle piante alpine con il commento e la
spiegazione del botanico Massimo Bruatto; alle 21,30 sarà
proiettato il film «Segreti e bugie». Palma d’oro a Cannes
1997. Domenica 26 premiazione dei tre quadri presenti nella mostra. L’esposizione sarà aperta con i seguenti orari:
dalle 11 alle 13, dalle 14,30 alle 18,30 e dalle 21 alle 23.
BOBBIO PELLICE: UN CENTRO DI EDUCAZIONE
AMBIENTALE — Dovrebbe nascere il località Chiot d’ia
Tajà un centro di educazione ambientale. Il Consiglio comunale di mercoledì scorso ha esaminato i progetti di massima
e dato il via al complesso iter burocratico. Lo stabile individuato, di proprietà comunale, verrà ristrutturato in parte con
i fondi regionali del «progetto borgate» della Comunità
montana vai Pellice, ceduto in comodato all’ente di valle
che a sua volta lo darà in uso alla cooperativa culturale La
Tarta volante. La cooperativa investirà a sua volta proprie risorse per rendere la casa utilizzabile per piccoli gruppi di
studenti finalizzando la struttura a esperienze di educazione
ambieritale. L’impegno nei confronti della Tarta volante è di
60 anni e riguarda anche una parte di terreno circostante, sia
per consentire un ampliamento della casa, sia per avere uno
spazio da utilizzare per le attività ludiche e didattiche.
TECNOLOGIE LATTIERO-CASEARIE — È stata stipulata una convenzione tra la Regione Piemonte e l’Istituto lattiero-case^io e delle Tecnologie alimentari di Moretta (Cn)
per la fornitura di consulenza e assistenza tecnico professionale nel settore lattiero-caseario a tutti i margari e alle Comunità montane che ne faranno richiesta.
FORUM PER LO SVILUPPO DEL PINEROLESE — Il
«Forum per lo sviluppo del Pinerolese» che riunisce i vari
livelli istituzionali presenti sul territorio e opera dall’inizio
dell anno, dopo varie sedute di riflessione alle quali hanno
via via partecipato anche soggetti esterni, ha ritenuto necessario impegnarsi per la predisposizione di un patto territoriale, finalizzato allo sviluppo del Pinerolese. Sabato prossirno a Pinerolo il forum si confronterà a partire da tre relazioni: «La situazione del Pinerolese oggi», «Le prospettive
e le esigenze dell’impresa nel nostro territorio», «L’agricoltura e l’Europa: prospettive per il nostro territorio».
DEMOCRAZIA SUI LUOGHI DI LAVORO — Nell ambi
to delle iniziative a sostegno della raccolta di firme per le
cinque proposte di legge di iniziativa popolare, tra le quali
quella riguardante le «Norme in tema di democrazia, rappresentanza e rappresentatività» nei luoghi di lavoro, l’Associazione lavoratori pinerolesi propone per venerdì 18, alle
21, al Centro sociale di via dei Rochis a Pinerolo, una serata
con Fon. Giorgio Gardiol che illustrerà la proposta di legge
da lui presentata alla Camera all’inizio di giugno e che dovrebbe essere discussa in autunno; interverrà Raffaello Renzacci della commissione lavoro di Rifondazione comunista.
XXI RASSEGNA DI ARTIGIANATO — La XXI Rassegna
dell’artigianato del Pinerolese si svolgerà nel periodo dal
30 agosto al 7 settembre, anche quest’anno nei locali
dell’Expo Fenulli e di Palazzo Vittone. Chi è interessato a
partecipare come espositore deve presentare apposita domanda indirizzata al Comune di Pinerolo entro il 4 agosto
1997. Il facsimile dell’istanza è reperibile sia pres.so l’ufficio commercio del Comune sia presso le locali sedi delle
organizzazioni sindacali della categoria artigiani.
CORALI IN VAL BREGAGLIA — Una trentina di coralisti,
in maggioranza di Pomaretto e poi di Luserna San Giovanni, Rorà, Torre Pellice, ha partecipato al 2° raduno degli
evangelici di lingua italiana in Svizzera, con un concerto insieme ad altre corali a Bondo e un culto teletrasmesso dalla
televisione svizzera da Vicosoprano. Per molti valdesi è stata 1 occasione per conoscere una bella valle, per vivere una
calda ospitalità e anche per cono.scersi e fraternizzare nel
canto e nel viaggio tra membri delle diverse corali valdesi.
SEMINARIO MUSICALE — Prosegue fino al 9 agosto
1 Vili Seminario di tecnica e interpretazione musicale, corso di violino, corso di musica da camera per archi e pianolorte, organizzato dal Centro culturale valdese e dal Collegio valde.se. Si tratta di corsi «full immersion» condotti da
Daniele Gay, Antonio Capuano e Daniela Novaretto, rivolti
a quanti intendono perfezionare e migliorare tecniche e
strumentazione. Gli allievi che si sono distinti avranno la
possibilità di esibirsi in alcuni concerti finali che si svolgeranno presso il tempio valdese di Torre Pellice e a Luserna
sotto la Loggia dei Mercanti ai termine del corso.
Eco Delle ^lli ^ldesi
venerdì 18 LUGLIO iqq.
A colloquio con il colonnello degli alpini Giuseppe Vaccino
Filo diretto Pinerolo-Bosnia
PIERVALDO ROSTAN
Da pochi giorni gli alpini
del 3° Reggimento partiti
quest’inverno per una missione di pace in Bosnia sono tornati in caserma a Pinerolo; la
scorsa settimana c’è stata anche la cerimonia ufficiale alla
presenza di autorità militari e
civili. Già poco prima della
partenza avevamo interpellato
il comandante del reggimento,
colonnello Giuseppe Vaccino,
sulle finalità e sul significato
della missione: l’idea di cercare di riportare un po’ di pace fra quelle popolazioni era
stata più volte indicata. È possibile oggi valutare se la missione, sotto questo aspetto, sia
riuscita? «Sarebbe stato troppo riuscire a risolvere i problemi di convivenza che ci
sono in Bosnia - afferma il
colonnello Vaccino -; abbiamo dato il nostro contributo
per il raggiungimento della
pace. Certo gli odi fra le parti
sono talmente forti che ci vorranno anni e anni per arrivare
alla pacifica convivenza. Ci
siamo mossi non soltanto sul
piano militare ma in più occasioni abbiamo avuto modo di
intervenire in aiuti umanitari,
di incontrare la popolazione;
ci sono stati ufficiali e sotto
ufficiali che hanno adottato
bambini a distanza, ci sono
state collette a favore dei più
diseredati. La situazione è comunque più disastrosa di
quanto si possa percepire dai
mezzi di comunicazione».
- Come siete stati accolti
dalla popolazione?
«Credo che siamo riusciti
ad avere rapporti cordiali con
tutte le etnie; sia i serbi che i
croati che i musulmani ci hanno accolti senza la minima intolleranza, pur se si deve aver
presente cosa vuol dire uscire
da quel tipo di conflitto, soprattutto per la popolazione.
Devo aggiungere che tutti
Rifiuti solidi
Accordi
fra consorzi
DAVIDE ROSSO
Il cortile della caserma Berardi, sede del battaglione alpini «Susa»
chiedono che si rimangaì, anche dopo il giugno ’98 quando
le forze di stabilizzazione dovrebbero ripiegare, nel timore
che ritorni la guerra».
- Avete dovuto intervenire
anche militarmente e con
quali rischi?
«In certi casi abbiamo dovuto intervenire con una certa
durezza per ricondurre i comportamenti dei singoli ai canoni degli accordi di Dayton.
Non posso naturalmente entrare nel merito degli interventi per non eompromettere
la missione di quanti oggi sono in Bosnia: devo però dire
che il rischio, in un’operazione militare, non è eliminabile
in assoluto; sta ai comandanti
mettere in atto tutte quelle
misure necessarie per ridurlo
al minimo».
- / soldati partiti da Pinerolo erano tutti volontari; con
quale spirito sono tornati?
«Sono convinto che ognuno
sia tornato arricchito sicuramente professionalmente, ma
anche dal punto di vista umano; siamo stati in zone dove
.davvero mancava tutto, dove
un pezzetto di saponetta che
magari noi si sarebbe buttato
diventava un dono enorme».
- C’è una realtà di «normalità», o almeno una speranza?
«Passato un po’ in secondo
Villar Pellice; la scomparsa di Paolo Frache
Servizio nella laicità
ADA CAIRUS
FIORELLA PASCHETTO
Giornata di lutto per la
Chiesa valdese e per tutta la cittadinanza di Villar
Pellice lo scorso venerdì 11
luglio: nel tempio gremito e
nel piazzale antistante una
folla commossa era riunita
per dare l’ultimo saluto a
Paolo Pietro Frache. Nato a
Villar Pellice nel 1920, seguì
gli studi presso il Collegio
valdese, conseguì il diploma
magistrale e svolse la sua
preziosa attività di insegnante
nella nostra valle fino al
1977, con un’unica triste interruzione durante il periodo
bellico, quando si unì ai partigiani albanesi e subì poi tre
anni di carcere e prigionia.
Schivo, quasi rude nella sua
franchezza. Paolo Frache ha
saputo lasciarci un esempio
di «servizio», di testimonianza laica e di fede nei vari
campi in cui ha operato durante la sua vita: nella scuola,
dove intere generazioni hanno acquisito da lui non solo i
rudimenti del sapere ma anche la capacità di pensare e di
ragionare autonomamente, e
sono stati avviati all’amore
per il canto e per la musica;
nella chiesa, dove è sempre
stato organista apprezzato,
dove per anni si è occupato
delle Unioni giovanili come
presidente e come animatore,
dove ha fatto parte del Conci
storo e del Comitato «Miramonti», prima e dopo l’apertura di questa Casa per anziani di cui fu uno dei più convinti fautori; nell’amministrazione del bene pubblico, dove
ha guidato con equità, competenza e autorevolezza il suo
Comune durante i 35 anni in
cui ne è stato sindaco.
Ora Paolo Frache non è più
in mezzo a noi, ma nella dimensione della comunione
dei santi lo ricordiamo con
profonda riconoscenza al Signore per tutto ciò che egli ci
ha dato per mezzo di questo
nostro fratello, di questo suo
servitore la cui esistenza è
stata segnata da una vocazione ineludibile a un servizio
molteplice.
La sua Bibbia del tempo
della prigionia è piena di date
e di sottolineature. L’ultimo
giorno dell’anno del Signore
1944, nello «Stammlager» di
Standbostel, dove si trovava
con altri prigionieri valdesi.
Paolo Frache mise in rilievo
alcuni versetti del Salmo
130; «O Eterno, io grido a Te
da luoghi profondi! Signore
ascolta il mio grido (...). Io
aspetto l’Eterno, l’anima mia
l’aspetta, ed io spero nella
sua Parola». Crediamo che
quella confessione di fede e
di speranza in un Dio che va
atteso, nata nel tempo dell’
angoscia e della guerra, abbia
oggi ricevuto piena risposta
nella luce di Dio.
piano il problema dei cecchini resta, ad esempio, quello
delle mine: ve ne sono milioni e rappresentano un pericolo enorme per le persone e in
particolare per i bambini che
possono essere colpiti. Certo
Sarajevo è cambiata: tanti
piccoli esercizi commerciali
stanno riaprendo, ma la grande industria stata distrutta
dalla guerra. È una ricostruzione ancora molto lontana.
Anche l’Italia è coinvolta in
progetti molto belli: un nucleo del Genio sta lavorando
per la ricostruzione della facoltà di Matematica dell’Università di Sarajevo».
Fra poche settimane da Pinerolo ripartiranno gli alpini;
con loro non ci sarà più il colonnello Vaccino che dopo
molti anni trascorsi a Pinerolo verrà trasferito a Bolzano,
secondo le norme che regolano la vita militare. «Mi piace
ricordare - conclude il colonnello Giuseppe Vaccino -, fra
le tante iniziative che abbiamo realizzato in Bosnia, una
palestra di roccia naturale;
molti in passato si sono suicidati da quella parete; ora speriamo che possa diventare
unostimolo, un prezioso punto di incontro e di aggregazione sportiva per giovani
delle diverse parti».
Il consorzio Acea recentemente si è accordato con i|
consorzio Cidiu (consorzio
che opera nella zona di Gru.
gliasco Collegno Rivoli) e i|
consorzio intercomunale Torino Sud avviando una collaborazione per la costituzione
di un polo integrato di gestione dei rifiuti solidi urbani per
l’area sud-occidentale della
provincia di Torino. Lunedì 7
luglio nei locali del Comune
di Pinerolo si è tenuto un incontro in cui il presidente
dell’Acea, Franco Santiano, e
l’assessore provinciale all’
Ambiente, Giuseppe Gamba,
hanno illustrato alle associazioni e agli amministratori le
linee del progetto e le problematiche ad esso legate. Nel
suo intervento l’assessore
Gamba ha evidenziato come
fra i possibili bacini individuati dalla provincia di Torino solo quello Sud-Ovest sia
riuscito a creare i presupposti
per dare vita a un accordo e
diventa quindi importante valorizzare il metodo di lavoro
seguito dai tre consorzi e lo
schema che si sono dati.
Il presidente Santiano invece, spiegando l’accordo più
nel dettaglio, ha evidenziato
la necessità di muoversi
nell’ottica di un sistema integrato di gestione dei rifiuti e
quindi di avere un bacino di
300.000 abitanti, cosa che ovviamente l’Acea da sola non
ha. «Il progetto completo - ha
detto Santiano - va oltre la
semplice raccolta e la realizzazione di tutte le parti del sistema, che sono lasciate ai
singoli consorzi in completa
autonomia e prevede T unificazione delle forze per la realizzazione di un impianto di
termovalorizzazione con recupero energetico e dovrebbe
essere completato in 10 anni».
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Attività giovanili alle Valli
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ELENA E MARCO BENIGNO
Avete mai pensato che ci
sono gruppi scout anche
nelle chiese valdesi? Ebbene
sì, quest’anno si sono formati
tre gruppi: uno a Pinerolo,
uno a Pomaretto (per le valli
Chisone e Germanasca) e
l’altro a Torre Pellice (per la
vai Pellice). Noi di Torre Pellice eravamo in otto, con tre
responsabili: Marinella, Miriam e Massimo. I due altri
gruppi erano più numerosi di
noi ed è anche per questo che
invitiamo tutti i ragazzi e le
ragazze in età compresa fra i
7 e i 12 anni a unirsi a noi e
se non siete della vai Pellice
ci sono gli altri due gruppi:
insieme ci divertiremo.
Quest’anno ci siamo trovati
un sabato al mese, ognuno
col proprio gruppo, e abbiamo fatto due gite tutti insieme. A Torre ci trovavamo alla Casa unionista. Le gite che
abbiamo fatto alla Rocciaglia
ad Angrogna e a Bovile (Perrero) sono state molto divertenti. A Angrogna eravamo
tutti nella Foresteria e siccome era inverno e c’era molta
neve, abbiamo passato il tempo giocando fuori e abbiamo
fatto anche una passeggiata
notturna. A Bovile invece siamo stati in primavera e abbiamo dormito una notte nelle
tende. Questa volta la passeggiata notturna è stata sostituita da un appassionante gioco
notturno in mezzo ai boschi.
Il giorno dopo, malgrado il
tempo fosse pessimo, siamo
andati a fare una camminata.
Le due gite erano di due
giorni e seguivano il tema che
abbiamo trattato durante l’anno: la storia dei nostri antenati. Abbiamo visto la loro cucina, i loro giochi e passatempi, i loro abiti, ecc. È stata
quindi una bella esperienza
che ci ha fatti conoscere e divertire, imparare, giocare, discutere e costruire. Inoltre il
nostro gruppo di Torre Pellice ha fatto ancora una bella
gita sopra Bobbio Pellice a
vedere la lavorazione del formaggio. L’attività di quest’
anno si conclude con il campeggio estivo dal 13 al 20 luglio a Lazzarà (Pramollo).
Speriamo quindi di vedere e
conoscere molti altri ragazzi
e ragazze alla ripresa delle attività in autunno.
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18 LUGLIO 1997
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jobbio Pellice: il Consiglio incontra il comitato promotore
ro e contro ¡1 parco naturale
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Si è discusso del progetto di
^0 naturale della vai Pellijnel corso del Consiglio cojunale di mercoledì 9 luglio;
I comitato promotore del parsta incontrando tutti i Conigli comunali e le giunte per
(aiutare la proposta, chiedere
iQDsensi e osservazioni. Il
(Ogetto fin qui discusso prende un’area delimitata a parti coincidente con l'attuale
jsi faunistica del Barant e
(l’area denominata pre-parco
omprendente il territorio di
(Iti i Comuni della valle al di
opra degli 800 metri. Una
le differenze più importanè che il divieto di caccia è
dativo al solo parco e dunae non verrebbe ampliata la
ona interdetta a questa pratij, mentre per quanto riguar1 il pre-parco i vincoli e le
rescrizioni possono essere
>uali, inferiori o addirittura
jperiori al parco, a seconda
à «piani di area» che l’ente
arco dovrebbe definire per
ascuna zona. I promotori soengono la validità dell’iniativa ricordando che la prezza in zona parco diventa
la opportunità in più di acpo a vari finanziamenti sia
jd settore agricolo che imteditoriale in genere, le opprtunità di lavoro sul posto,
1 collegamento col parco refonale del Queyras.
Si è discusso animatamente
ja, a stare alle apparenze, in
lodo decisamente poco cotattivo. Un dialogo fra sordi
iparso, in molti momenti,
aiello che ha visto di fronte
siovanni Borgarello e altri
romotori del parco e il sinda0 di Bobbio Aldo Charbonier. Non era questo il primo
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incerti legati al Collegio
ildese che si ten'anno inve‘Slla fine del corso di violi’ a musica da camera. Le
‘te e i luoghi sono: giovedì
agosto e sabato 9 agosto al® 21, nel tempio valdese
Pon-e Pellice.
¿RADIO
BECKWITH
evangelica
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e FM 96.500
tei. 0121-954194
incontro e, dagli approcci precedenti, ci si aspettava un
confronto, sicuramente serrato ma serio e sui problemi.
Invece il sindaco ha avanzato subito due pregiudiziali:
«Non è accettabile che il parco insista tutto sul Comune di
Bobbio mentre gli altri hanno
solo il pre-parco; o il parco è
solo di Bobbio Pellice, e quindi anche il pre-parco, oppure
gli altri Comuni assumono
una parte del proprio territorio
in area parco», ha affermato
Charbonnier che ha poi polemicamente rilevato: «'Visto
che molti dei promotori del
parco sono fra quanti a suo
tempo mi hanno inviato le
cartoline contro la pista del
Pra, oggi essi devono riconoscere di aver sbagliato».
Fra le preoccupazioni più
forti della maggioranza consigliare (lo ha chiarito successivamente il vicesindaco Aldo
Ponte!) c’è quella che la gestione del territorio di Bobbio
sfugga dal controllo dei bobbiesi: il comitato di gestione,
secondo il disegno di legge illustrato, prevede sì una forte
presenza di residenti, ma non
la maggioranza assoluta per
cui sarebbero possibili coalizioni degli altri membri del
comitato in contrapposizione
con la volontà del Comune. Il
gruppo promotore ha per altro
ipotizzato di inserire nella
legge istitutiva una sorta di
«diritto di veto» da parte del
Comune su iniziative non gradite ma questa formula non
ha riscosso l’adesione della
giunta comunale. «Diciamolo
chiaramente - è sbottato ad
un certo punto il consigliere
di minoranza, Marcello Gaietti non c’è peggior sordo di
chi non vuol sentire. Il problema è che alla giunta tutto
quello che viene espresso al
di fuori del territorio di Bobbio non va bene. Questa però
non è una repubblica autonoma!». Il dibattito è stato dunque lungo e poco costruttivo;
non è chiaro se la serata di
mercoledì scorso segni un
passo negativo definitivo o se
ci saranno altre occasioni di
verifica sul progetto. Per l’autunno sono previsti incontri
con la popolazione.
Massello: diversi schieramenti in Consiglio comunale
Quale azienda faunistica?
LILIANA VIGLIELMO
La borgata Perla, all’imbocco dell'Oasi dei Barant
La proposta di costituire
nella parte più alta del
vallone di Massello un’azienda faunistico - venatoria, alla
quale l’amministrazione u.scita dalle elezioni del 27 aprile
scorso si era proclamata favorevole, ha diviso come era
prevedibile la popolazione
del piccolo comune in due
gruppi schierati in dura contrapposizione. I termini della
contestazione (vedi Eco delle
Valli del 2 maggio 1997),
hanno però superato gli stretti
limiti di una lite paesana per
raggiungere il livello delle
questioni di fondo: c’è ancora
un futuro per i comuni di alta
montagna, oppure la cessione
anche solo temporanea di una
bella fetta di territorio non è
che il primo passo verso una
svendita totale agli estranei e
di conseguenza verso la fine
della popolazione residente
che insiste ancora a vivere e
lavorare sulla terra che le appartiene?
L’inserimento nella competizione elettorale di una seconda lista, «Piemonte, nazione
d’Europa», presente in Consiglio con quattro rappresentanti, ha dato appoggio ai firmatari di una petizione in cui si
chiedeva un confronto pubblico tra amministratori e popolazione, chiedendo la convocazione di un consiglio aperto
che si è svolto 1’ 11 luglio nella saletta comunale, troppo
piccola per accogliere tutta la
gente accorsa per l’occasione.
Il sindaco Micol ha dato la parola a chi ne faceva richiesta e
il dibattito si è svolto, a parte
qualche battuta un po’ acculo
Posta
La famiglia
Arnoulet
Mi chiamo Fabrizio Porro e
desidero ricevere informazioni riguardo all’origine del cognome Arnoulet, in quanto
mia madre è nativa di Torre
Pellice, dove abita ancora suo
padre (mio nonno) Davide
Arnoulet. Ho già cercato di
risalire attraverso Internet
all’albero genealogico ma
non sono riuscito ancora a
trovare una risposta. Mi interesserebbe molto conoscere la
storia della famiglia Arnoulet, anche nell’ambito della
Chiesa valdese di Torre Pellice. Sperando che riusciate a
esaudire questa mia richiesta,
ringrazio di cuore e porgo distinti saluti. L’indirizzo della
mia e-mail è: «hyperlink
mailto:Cinghialexxx ©hotmail.com ».
Fabrizio Porro
Presentato il Consorzio a Bricherasio
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«La Doc Pinerolese si presenta»; questo era il titolo con
cui il consorzio per la tutela e
la valorizzazione dei vini Doc
del Pinerolese aveva inteso
presentarsi venerdì scorso a
Bricherasio, sede della Cantina sociale e paese in cui è sindaco Emilio Bolla, neopresidente del consorzio della Doc.
C’è da augurarsi che lo sviluppo sia migliore dell’inizio:
pochi i presenti, forte il ritardo
rispetto ai tempi previsti, praticamente nessun agricoltore.
E dire che invece i presupposti per un buon successo
della Doc Pinerolese ci sono
davvero, dopo il provvedimento ufficiale di meno di un
anno fa. All’interno del territorio della Provincia di Torino (3.300 ettari di vigne,
170.00 ettolitri di vino prodotto) il Pinerolese può giocare le sue chance: la Doc è
stata ottenuta per Pinerolese
rosso e rosato (54 ettari). Barbera (13,5), Dolcetto (1,8),
Freisa (3,6), Bonarda (2,7),
Doux d’Henry (2,7) e Ramìe
(2, prodotto nei soli Comuni
di Perosa e Pomaretto). Del
ruolo della viticoltura e più in
generale della pratica agricola
rispetto al territorio, delle opportunità di lavoro che il settore offre se si punta sulla
qualità si è detto da più parti.
Le stesse caratteristiche della
zona, posta ai piedi delle Alpi
occidentali, sono un elemento
caratteristico della produzione di uva nel Pinerolese.
Da sempre nella coltivazione del vigneto in queste zone
si è proceduto a sostituzioni
parziali dei ceppi in quiescenza per vecchiaia o malattia,
con materiale di propagazione prelevato dalla zona; in tal
modo è ancora oggi assai raro
vedere vigneti in purezza: la
stragrande maggioranza dei
vigneti è costituita da più cultivar, alcune uniche e presenti
solo in questi territori. Oltre
alle varietà prima elencate,
sono tuttavia presenti e coltivate un discreto numero di
cultivar non ancora registrate
a catalogo e per le quali si intende procedere alla classificazione e registrazione attraverso un progetto Interreg denominato «valorizzazione
delle biodiversità in campo
viticolo». Il progetto prevede
tra l’altro la realizzazione di
due vigneti sperimentali a Bibiana e Prarostino, la creazione presso la Cantina sociale
di Bricherasio di un centro di
microvinificazione dove effettuare le necessarie prove. Il
progetto dovrebbe aver luogo
in collaborazione con enti e
istituti francesi.
rata, in modo corretto. È stato
perciò stigmatizzato, in uno
degli interventi, il ricorso alla
presenza della forza pubblica
all’esterno dell’aula consiliare, precauzione considerata
eccessiva.
La minoranza, che si era data
da fare nei mesi seguenti la
costituzione del Consiglio per
raccogliere le espressioni di
malcontento, quando la seduta è ripresa ha presentato una
mozione in cui si chiedeva di
sospendere le trattative per la
concessione dei terreni e di
valutare altre possibili iniziative per lo sviluppo del paese.
La maggioranza ha replicato
con un’altra mozione favorevole al progetto che ovviamente è stata approvata, con
quattro astensioni. Questo atto ufficiale ribadisce così la
decisione dell’amministrazio
ne di Massello, che non intende rinunciare a un introito
di 40 milioni, preziosi per il
suo bilancio. E a parziale risposta delle esigenze dei suoi
cittadini il sindaco Micol ha
annunciato l’avvio, per il periodo estivo, di un servizio
pubblico di collegamento con
Ferrerò. Con un pulmino privato (il costo per il Comune
si aggira sulle 400.000 lire)
sarà possibile scendere da
Massello alle 8,30 del giovedì
quando è aperto lo sportello
bancario di Ferrerò e risalire
alle 11. E un servizio utile
specialmente per le persone
anziane: e mentre nella corsa
di discesa viene chiesto ai cittadini di trovarsi lungo la
strada, per la risalita, in caso
di necessità il pulmino potrà
portare gli utenti fino alle rispettive borgate.
L'azienda faunistica di Massello
Tre ipotesi in discussione
Le ipotesi di gestione della
fauna nel Comune di Massello, discusse nell’assemblea
sono tre:
- la prima è quella di lasciare le cose come stanno,
ed è sostenuta dai cacciatori e
dall’assemblea dall’Arci-caccia. Sulla base dell’attuale
normativa nazionale (legge
157/1992) e regionale (70/96)
la caccia avviene sulla base di
un piano faunistico venatorio
approvato della Provincia e
poi incluso nel piano faunistico venatorio regionale. A gestire la caccia nel comprensorio alpino che dà attuazione al
piano faunistico venatorio. Il
numero dei cacciatori ammessi è stabilito dalla Regione e il Comitato di gestione
stabilisce la quota che ogni
cacciatore deve pagare per la
gestione dell’area di caccia.
La caccia è esercitabile nelle
giornate previste dal calendario venatorio.
- la seconda è quella proposta dal sindaco e dalla giunta
comunale. Prevede la costituzione di una «azienda faunistico venatoria». La legge regionale prevede che la Regione
possa autorizzare in ogni provincia la costituzione di queste aziende e di quelle «agrituristico venatorie» per una superficie non superiore al 15%
del territorio provinciale.
Le «aziende faunistico venatorie» sono aziende «senza
fini di lucro» che hanno «finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina, alla grossa fauna europea», che vanno documentate
mediante programmi di salvaguardia e ripristino dell’ambiente. Sono soggette a «tassa
di concessione regionale». La
caccia è esercitabile nelle
giornate previste dal calendario venatorio. In genere in
queste aziende (in Piemonte
ce ne sono 130) vanno a cacciare coloro che sono «invitati» a pagamento e gli introiti
servono per pagare la tassa di
concessione e il mantenimento della struttura. La peculiarità di questa proposta è la
connessione tra l’attività venatoria dei cacciatori con l’attività naturalistica e di ripristino ambientale.
- la terza ipotesi è quella
proposta dalla minoranza
consiliare e da un gruppo di
cittadini. Questi vogliono
aprire una «azienda agrituristico venatoria». La peculiarità di questa proposta è la
connessione con l’impresa
agricola che può avvenire solo nelle zone in cui si svolge
un’agricoltura svantaggiata.
Al pari dell’azienda faunistico venatoria essa è soggetta
all’autorizzazione e alla tassa
di concessione regionale, ma
diversamente da questa la titolarità deve essere di un imprenditore agricolo (anche di
una cooperativa agricola).
Essa può coniugare insieme
l’attività agricola, l’attività
agrituristica e la caccia. In
Piemonte questa forma di
azienda sta appena iniziando
mentre in altre regioni (Volterra in Toscana) si è dimostrata un’occasione di sviluppo di aree marginali. Le aziende argrituristiche venatorie possono essere autorizzate a gestire anche la pesca, là
dove esistono bacini artificiali che ospitano fauna acquatica di allevamento. La
caccia si può esercitare nei
giorni previsti dal calendario
venatorio.
10
PAG. IV
E Eco Delle "\àlli %ldesi
VENERDÌ 18 LUGLIO I997
Nelle
Chiese
Valdesi
INCONTRO AL COLLE DELLA CROCE —
Domenica 20 luglio si
svolgerà il tradizionale incontro italofrancese al
Colle della Croce con intervento del pastore Giorgio Tourn e messaggi di
altri partecipanti.
GIORNATA DEL RIFUGIO — Domenica 27
luglio si svolgerà l’anuale
festa del Rifugio Carlo Alberto. Alle 10,30 ci sarà il
culto, alle 11,15 l’assemblea degli Amici del Rifugio, alle 12,30 il pranzo
con cucina internazionale
e nel pomeriggio il bazar.
Per prenotare telefonare
alo 0121-909070.
ANGROGNA — Sabato 19 luglio, alle 21, nel
tempio del Serre, si svolgerà una serata storica dal
titolo «La Rivoluzione
francese e i valdesi»; interverranno Giorgio Tourn e
Carletto Arnoulet (canti
della Rivoluzione).
POMARETTO — Do
menica 20 luglio alle 15
riunione quartierale estiva
alle Paure.
RODORETTO-FONTANE — Domenica 20,
alle 9, culto a Fontane.
TORRE PELLICE —
Domenica 20 luglio, alle
10, il culto sarà presieduto
dal past. Alfredo Janavel
che predicherà sul versetto
10 del Salmo 40 «Fermatevi, ci dice, e riconoscete
che io sono Dio».
VILLASECCA — Alle
9 di domenica 20 luglio,
culto a Combagarino.
Prarostino
XV Agosto
ai Badoni
La chiesa di Prarostino
ospiterà quest’anno il tradizionale incontro del XV
Agosto. La località prescelta è Badoni, a circa 1
km da San Bartolomeo. Si
raggiunge agevolmente in
auto, ma chi ne ha la possibilità può anche recarvisi
a piedi. Da San Bartolomeo, giungendo da San
Secondo, superato il municipio, si prende a sinistra e
poi di nuovo a sinistra. La
strada ombreggiata da castagni discende gradatamente per giungere infine
in un ampio pianoro che si
affaccia sulla pianura, contornato da castagni. La località appartata fu teatro di
un tragico episodio durante la Resistenza.
Il programma prevede
alle ore 10 il culto, a cura
della chiesa di Prarostino,
che sarà animato da gruppi
vocali e strumentali. Il tema della giornata sarà centrato su due interventi, uno
di Claudio Pasquet e l’altro di Giorgio Tourn, su
«L’alba del 1848», e vuole
essere una introduzione alle prossime celebrazioni
del 150° anniversario delle
«Lettere patenti». Accanto
a questo vi saranno brevi
interventi e messaggi vari.
La chiesa di Prarostino
organizza un servizio di
buffet freddo e caldo e
quant’altro necessario per
trascorrere una serena
giornata insieme. In caso
di maltempo ci si appoggerà al tempio di San Bartolomeo e alla pista coperta della Pro Loco.
Mostra al Centro culturale valdese
Percorsi pittorici
Nella Sala Paschetto del
Centro culturale valdese a
Torre Pellice, in via Beckwith
3, è previsto un appuntamento di rilievo; dal 19 luglio al
26 agosto sarà possibile visitare la mostra figurativa di
Lia Rondelli e Eddie Alien,
dal titolo «Paintingtrails, percorsi di pittura».
Lia Rondelli e Eddie Alien
presentano opere recenti, accostate nell’intento di suscitare una lettura forse imprevista. Sulle tracce della pittura si possono scoprire influenze reciproche o divergenze tra due artisti di sensibilità e temperamento diversi, e tuttavia impegnati nella
stessa ricerca sul «fare» pittorico. Lia Rondelli ha frequentato l’Atèlier di Parigi
diretto da Hayter, e la Slade
School di Londra; ha lavora
to a Torino e a Amsterdam,
negli studi dello Stedelijk
Museum negli Anni Settanta.
Invitata alla Biennale internazionale di Venezia nel
1978, ha partecipato a mostre
collettive in Europa e Canada. Eddie Allan ha svolto il
suo lavoro a Londra (Space
Studios), a Amsterdam (Prinseneiland Studios), Torino e
Venezia. Ha allestito delle
personali nelle gallerie Morene di Milano, Cavallino di
Venezia, Martano di Torino,
Warehouse Gallery di Londra, Nra Galerie di Parigi. Ha
curato allestimenti di Attività
visive in collaborazione con
Lia Rondelli negli Anni 80.
L’esposizione sarà aperta al
pubblico giovedì, sabato, domenica dalle ore 15 alle 18,
lunedì, martedì, mercoledì e
venerdì dalle ore 14 alle 17.
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per una partita a bocce, a calcetto 0
a ping pong nel nostro dehor estivo
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è garanzia di simpatia, risparmio e cortesia
(a 2 km dal centro di Torre Pellice in direzione Bobbio Pellice)
NOVITÀ NEL VOLLEY
— Diverse le novità nel mondo della pallavolo pinerolese;
il 3S Pinerolo ha raggiunto un
accordo di collaborazione
tecnica col prof. Enrico Sisti,
già responsabile della formazione ragazze del Pap Piossasco; Sisti allenerà la formazione maschile e affiancherà
Marco Gardiol nel settore
giovanile. Intanto Jessica Orticola è stata ceduta definiti
vaente dal 3S Luserna^al Pap
S. Maurizio in serie B.
Corso Lombardini 43 - TORRE PELLICE
fr. Chabriois - tei. 91887 (gradita prenotazione)
Fabrizio Actis Danna e Igor
Violino (3S Pinerolo) hanno
partecipato al trofeo delle Regioni disputatosi a Courmayeur; la difficoltà del girone di qualificazione ha fatto sì
che, malgrado due sole sconfitte, i piemontesi siano giunti
noni assoluti; il titolo nazionale è andato alle Marche.
A settembre il 2° Trofeo
Bongioanni caldaie si disputerà in parte a Cavour e in
parte a Pinerolo; al via Alpitour Traco Cuneo, Gabeca
Montichiari, i tedeschi del
Freidrichshafen e una formazione ancora da definire.
TORNA IL CALCIO A
TORRE PELLICE — Dopo
alcuni anni di inattività tornerà il calcio al campo comunale di Torre Pellice; proprio
nei giorni scorsi un gruppo di
appassionati, guidato da Luciano Ricca, ha deciso di avviare una collaborazione con
la Polisportiva Valpellice costituendo all’interno della società una sezione calcio. Questa pratica sportiva era venuta
meno alcuni anni or sono a
causa di una forte esposizione
economica e solo nello scorso
inverno si era visto nuovamente il calcio a Torre Pellice; si trattava però del Bagnolo che aveva affittato l’impianto per disputarvi la terza
categoria (poi vinta alla fine
di un appassionante campionato). La Valpellice dovrebbe
partire dalla terza categoria;
c’è però l’intenzione di avviare anche una attività giovanile rivolta ai più piccoli.
Intanto domenica 20 luglio,
dalle 9,30, sul campo di viale
Dante si svolgerà la 5“ edizione del torneo quadrangolare
di calcio «Memorial Cipo».
Una formazione giovanile del 3S Pinerolo
Torre Pellice: Giornate di Radio Beckwith
La radio in piazza
Si svolgeranno da venerdì
25 a domenica 27 luglio, a
Torre Pellice, non nella consueta cornice di piazza Muston ma nel cortile del Collegio valdese, le Giornate di
Radio Beckwith. Il programma prevede, venerdì sera, alle
21, concerto dei Blueberry,
Triplo Malto e dei Disco Inferno, ingresso lire 5.000; sabato pomeriggio, alle 17, dibattito su «Occitania: una storia, un mito, un progetto» in
collaborazione con il Centro
culturale valdese: il recente
dibattito pubblicato su «La
beidana» e il serrato confronto fra associazioni a seguito
dell’approvazione del progetto della vai Maira denominato
«Espaci occitan» faranno da
sottofondo al confronto fra
esponenti di associazioni introdotto dal prof. Gino Lusso.
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Appuntamenti
Alle 21 concerto dei Garas
Boys (musica Anni 60 e 70);
domenica mattina, alle 10,
culto evangelico con predicazione del pastore Luciano
Deodato; con l’occasione al
culto si unirà la comunità di
Torre Pellice; dalle 16 pomeriggio musicale con un gruppo di giovani evangelici dalla
Germania. Alle 17,30, presentazione del libro «Gli anni che
lasciano il segno» (l’infanzia
e l’adolescenza di un bambino
ebreo durante il fascismo) di
Angelo Dina; intervengono
Alberto Corsani e Franca Debenedetti Loewenthal. Alle 21
concerto del cantautore Maurizio Volpe e del gruppo di
musica occitana Estorio Dròlo. Sarà in funzione servizio
bar ristorante, banco pesca, libri, stand delle associazioni di
volontariato, giochi per tutti.
17 luglio, giovedì — PINEROLO: Alle 21,30, nel cortile
interno di Palazzo Vittone,
concerto di cover disco musica
Anni 70-80 con il gruppo Night Fever. Ingresso libero.
17 luglio, giovedì — PEROSA ARGENTINA: Alle 21
in piazza 1° maggio serata di
solidarietà per i bambini di Reciza (Bielorussia).
18 luglio, venerdì — SAN
SECONDO: Per «Cinema in
piazza» alle 21,30, in piazza
nuova, «La carica dei 101», ingresso £ 5.000, ridotti 3.000.
18 luglio, venerdì — PEROSA ARGENTINA; Per
«Musica in piazza» alle 21, in
piazza 1° maggio, concerto con
il quartetto italiano con Liboni
e Castellani.
18 luglio, venerdì — TORRE PELLICE: Dalle 8,30 alle
11,30, presso le ex scuole
Mauriziane in corso Gramsci
1, prelievo collettivo di sangue
della Fidas.
18 luglio, venerdì — TORRE PELLICE; Alle 21,15, in
piazza Muston, la Compagnia
Rapatika e Kontrast teatro presenta lo spettacolo di teatro e
danza contemporanea «Le camere di RK».
19 luglio, sabato — FENESTRELLE; Per cinema in
piazza, in località Casermette,
«La carica dei 101».
19 luglio, sabato — TORRE PELLICE: Presso il Centro culturale valdese, nella sala
Paschetto, inaugurazione alle
17 della mostra di Lia Rondelli
e Eddie Alien. Aperta fino al
16 agosto.
19 luglio, sabato — PEROSA ARGENTINA: Per «Musica in piazza» alle 21, in piazza
1° maggio, concerto di «Dimensione musica».
19 luglio, sabato — TORRE PELLICE: In via del Forte, dalle 17, musica occitana.
19-20 luglio — ROURE:
Sabato 19 XII Cronoscalata ciclistica individuale Castel del
Bosco-Gran Faetto di 8 chilometri; domenica 20 festa patronale di San Giacomo al Gran
Faetto.
19 luglio, sabato — TORRE PELLICE; Alle ore 21.
nel tempio, concerto dei «The
White Gospel Group» organizzato daslla Casa delle diaconesse. Ingresso libero
19-20 luglio — LUSERNA
SAN GIOVANNI; Nell’area
del mercato coperto festa sociale dell’Associazione volontari italiani del sangue con pizza e disco music sabato 19, torneo amatoriale giovanile di
ping pong dalle 9,30 di domenica 20 e alle 17 di domenica
inizio del secondo concorso
«La fragola, le sue fantasie dolci»; alle 21 serata danzante.
20 luglio, domenica — PINEROLO; Per «Pinerolo Estate», alle 21,30, spettacolo teatrale della filodrammatica «Excelsior» «Pignasecca, Pignaverde» di Gilberto Covi. Ingresso lire 10.000.
20 luglio, domenica — SALUZZO: Nella piazza del foro
Boario si svolge «Mercantico».
20 luglio, domenica — PEROSA ARGENTINA: Per
«Città d’arte a porte aperte» visite libere e guidate alle chiese
del paese, al Faro della libertà
e ai rifugi antiaerei. Alle 21, in
piazza r maggio, per «Musica
in piazza», concerto dell’Unione musicale di Condove.
20 luglio, domenica —
PRAROSTINO: Corsa ciclistica intitolata «Trofeo della
Resistenza».
20 luglio, domenica — BIBIANA: Nell’area polivalente
di villa Bodo (nella sala parrocchiale in caso di pioggia) cinema all’aperto «La tregua».
20 luglio, domenica —
TORRE PELLICE: L Associazione commercianti ed esercenti organizza alle 8,30 con
partenza dalla rotonda di piazza Muston una caccia al tesoro
in bicicletta; premiazione alle
15,30 e marenda sinoira.
20 luglio, domenica
BOBBIO PELLICE: 6° radano in mountain bike «Da Bobbio al Pra», rampicata non
competitiva di circa 18 chilometri; apertura delle iscrizioni
dalle 8 in piazza, partenza alle
9, premiazione alle 13 al Pra,
alle 13,30 pranzo organizzato
daH’Agrituristica; iscrizione £
12.000, pranzo £ 18.000. È
consigliato l’uso del casco.
20 luglio, domenica — ANGROGNA: Al capoluogo, San
Lorenzo, mostra di pipe artigianali di Luciano Marconi e
musica occitana dalle 15 alle
18: mercatino naturale.
20 luglio, domenica — RI.
FUGIO «BARBARA»: L’Acli
organizza il tradizionale convegno alpinistico aperto a tutti
con possibilità di pie nic 0
pranzo al rifugio (prenotazioni
entro la mattina), con l’aperitivo intorno alle 11 e pomeriggio
di giochi e divertimento.
23-25-27 luglio — PRAROSTINO; «Tre giorni al Faro di
Prarostino», corse ciclistiche in
mountain bike sulle strade e sui
sentieri di Prarostino, mercoledì
e venerdì in orario preserale,
domenica in orario mattutino.
24 luglio, giovedì — PEROSA ARGENTINA: Alle 21
cabaret in piazza 1° maggio.
24 luglio, giovedì — PRAROSTINO: «Balliamo a Prarostino», serata di musiche e:
danze eccitane.
24 luglio, giovedì — SAN
GERMANO CHISONE: Al
parco Widemann, alle 21,30,
spettacolo con Lucia Poli k
«In attesa della catastrofe», in-i,
gresso lire 15.000. ;
25 luglio, venerdì — SAN
SECONDO: In piazza nuova
cinema all’aperto «Il santo»?
ingresso £ 5.000, ridotti 3.000.
TORRE PELLICE; È indi
stribuzione il bollettino n. 81
dell'Associazione Amici del
Collegio con notizie sulla viti
dell’istituto e la presentazione
delle iniziative autunnali.
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Cinema
TORRE PELLICE
cinema Trento ha in programma, giovedì 17, ori
20.30, La carica dei 101, il
magia è vera; venerdì 18,0#
21.30 Shine, sabato 19, ori
21.30, II ciclone, domenici
20, ore 21,30, e lunedì 21,0®
21.30 Romeo e Giulietta,
giovedì 24, ore 20,30 Lillii
il vagabondo,cart. animati.
BARGE — Chiusoperferie
PINEROLO — La multi
sala Italia ha in programn#
fino a domenica 20, alla sali
2cento II ciclone; feriali e domenica 20,30 e 22,20, sabati
20.30 e 22,30; alla sala 5cen«
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minili fino a venerdì 18; s»
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gatto; feriali e domenica 20i
22,20, sabato 20 e 22,30. »
domenica 20 al 17 agosti
chiuso per ferie.
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tei. 0121-323422; fax 323831
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Resp. ai sensi di legge Piera Eg'
Stampa: La Ghisleriana Mondovl
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j Un poco in ombra rispetto all'Assemblea di Basilea il tema della giustizia
Per la democrazia nel mondo
Le chiese devono impegnarsi a fare in modo che ia giobaiizzazione si
accompagni ai rispetto incondizionato per ia dignità deiia persona umana
^___PORIANA GIUDICI_______
La riconciliazione per essere «fonte di vita nuova» ha
bisogno di giustizia, ma questo tema è stato, a Graz, un
poco in ombra. Già la prima
^semblea a Basilea aveva riflettuto su questo tema; forse
di europei sono stanchi di
sentirsi ricordare che l’economia, cioè i parametri di Maastticht, il tasso d’inflazione, il
prodotto interno lordo, ecc.,
sono il collante fondamentale
della prossima unione europea; certamente la caduta del
muro di Berlino ha obbligato
la seconda Assemblea a tener
molto più conto dei problemi
culturali, teologici, politici
dell’Est europeo. In conclusione i temi economico-sociali quali la povertà, l’immigrazione 0 la disoccupazione,
non hanno trovato lo spazio
necessario, sia nel dibattito in
seduta plenaria sia nei vari
gruppi di lavoro.
È vero che nel Messaggio
finale si ricorda, giustamente,
che con la globalizzazione
dell’economia non si corrono
solo gravi rischi per la crescita democratica di ogni paese
ma si possono anche aprire,
per tutti, nuove opportunità;
per essere tali occorre che la
globalizzazione «cresca» all’interno di un tessuto democratico mondiale. È qui che si
può giocare, allora, un ruolo
«profetico» per le chiese cristiane; esse devono infatti
«opporsi», come recita il documento finale di Graz, a sistemi economici che non rispettano «la dignità della
persona e la santità della vita
umana»; devono «rendere
chiaro», cioè evidente, palese, trasparente il loro impegno per la giustizia sociale.
All’inizio dell’Assemblea ci
sono state delle importanti
prese di posizione: il reverendo John Arnold, presidente
della Kek, ha esortato a far sì
che i primi anni del nuovo
millennio siano veramente
degli anni «dopo Cristo» e
non di «Marte o di Mammona»; la segretaria generale del
Consiglio delle chiese sudafricane, Brigaglia Barn, nel
suo intervento in plenaria, ha
ricordato come «la riconciliazione non può essere semplicemente oggetto di dibattiti»
ma occorrono «concreti programmi e progetti» per renderla credibile e attuabile. La
cancellazione del debito dei
paesi africani verso i paesi
ricchi (e cristiani) del Nord
del mondo potrebbe essere
un primo importante atto di
riconciliazione; bene ha fatto
quindi il documento conclu
sivo «a sollecitare i politici»
perché vengano cancellati i
debiti (ormai oggettivamente
insanabili) dei paesi più poveri del mondo verso la Banca mondiale o verso i paesi
più ricchi.
L’impressione è che a Graz
l’attenzione, dai problemi
economici o di giustizia sociale, si sia spostata più decisamente sulla politica, sul
ruolo dei politici e sul rapporto dei credenti con la politica. La stessa scelta di Graz,
forse, non è stata fatta a caso:
il nazionalsocialismo trovò a
Graz un terreno molto favorevole tanto che, quando la
Germania «annetté» l’Austria,
la popolazione si riversò nelle
piazze e nelle strade per inneggiare a Hitler; pochi mesi
dopo fu incendiata la sinagoga. Ma alla fine della guerra
Graz dovette contare più di
1.700 morti fra i suoi concittadini, più di in terzo della
città fu raso al suolo; la ferrovia e tutte le fabbriche (Graz
Alcuni commenti dopo la fine dell'Assemblea
Nel documento il coraggio delle chiese
GIUSEPPE PLATONE
La seconda Assemblea
ecumenica europea (2
aee) che si è svolta dal 23 al
29 giugno si è appena conclusa ed è subito discussione.
Si intrecciano vorticosamente le prime valutazioni, i
commenti. In genere la stampa italiana ha dato una valutazione dell’incontro molto
focalizzata sulle vicende conclusive connesse alla votazione del documento finale che
ha visto, com’è noto, astensioni e assenze del voto da
parte di parecchi delegati, soprattutto di parte ortodossa.
Il testo ha comunque raccolto il 92% dei voti favorevoli
esprime chiaramente un
ouon livello di comunione
ha le chiese raggiunto a Graz.
™a evidentemente questo
nato non fa notizia, non «duna il video».
Secondo il decano John Arnold, presidente della Kek, il
nocumento finale ha raggiun0 un «incredibile consenso».
Arnold ha sottolineato il «cotnggio delle chiese» di accodare e raccogliere le tensioni
tilevanti. La cosa più impornnte ora, sostiene sempre
Arnold, è di rendere pubblici
olle chiese locali i vari mes^nggi scaturiti da Graz e così
Pnreorrere successivi passi
ni cammino dell’ecumeni^“nldisfatto dell’incon? ® nnche il pastore Jean Fila ^^Stetario uscente del,*^nk che con la Ccee sono
o > Organizzatori dell’incontro
gv. «11 documento che
p .tAoio approvato non è
Gra ° ^•'titto dell’incontro di
nprt rimane una sfida
il SI chiese in Europa,
0 successo concreto - di
ce Fischer - dipenderà dagli
atti concreti di riconciliazione che ne seguiranno». Fischer inoltre ha respinto le
critiche secondo le quali le
questioni femminili sarebbero state relegate in seconda
posizione: «Se molte chiese
hanno delegato esclusivamente degli uomini - ha aggiunto -, non è colpa della
2aee ma delle reali situazioni
ecclesiastiche che in molti casi sono insoddisfacenti».
Jean Mayland, pastora e
delegata del Consiglio delle
chiese di Gran Bretagna e Irlanda, ritiene che a Graz le
donne siano state sottorappresentate e il fatto che il
Centro donne dell’Assemblea
sia stato relegato in un programma accessorio, quasi
un’assemblea parallela. Secondo il metropolita ortodosso Daniel, Graz ha fatto emergere la profonda differenza tra protestanti e ortodossi: «I protestanti sono
orientati verso un certo umanesimo mentre il mondo ortodosso non corre dietro alla
modernità ma è più cristocentrico», ha detto. Il presidente della Conferenza dei
vescovi cattolici tedeschi,
Karl Lehmann, ha espresso la
sua soddisfazione per il fatto
che a Graz, per la prima volta, ciascuno ha potuto esprimere liberamente il proprio
pensiero riguardo aH’ecumenismo, anche se le posizioni
erano spesso fortemente differenziate. Lehmann ha lodato soprattutto il «nuovo slancio della base che supera
molte barriere».
Miloslav Vlk, cardinale arcivescovo di Praga e presidente della Ccee, ha notato
che Graz ha messo in rilievo
era ricca e fortemente industrializzata) furono distrutte.
Riconciliazione vuol dire
anche «non dimenticare»; gli
errori commessi, i silenzi colpevoli, le alleanze innaturali,
con culture e movimenti portatori di odio e di violenza: se
non c’è una condizione di vita «di pace», non vi è giustizia
sociale; se non vi è giustizia
non si può parlare di riconciliazione.
Ma come «fare politica» da
credenti senza cadere nella
trappola dell’integralismo?
Se lo sono domandato anche
le donne della Cepple, in un
dibattito-confronto su «Donne e politica». Non si può infatti rifiutare l’impegno nel
campo sociale e politico perché il figlio di Dio si è incarnato. Nulla è più lontano
dall’Evangelo di una fede spiritualistica o intimistica. C’è,
però, il rischio di intendere
l’impegno politico come potere e come strumento di
prevaricazione sugli altri.
Non può esistere riconciliazione se non si assumono,
nella libertà, le proprie responsabilità, anche all’interno della nostra società civile.
La diacona Rut Rohrand
della Chiesa luterana di Kiel,
dove, da rinati movimenti
nazisti sono già state incendiate tre chiese cristiane perché «asilo» di immigrati, in
una meditazione serale ha
sottolineato: «Siamo stati riconciliati con Dio da Gesù
Cristo; noi, quindi, possiamo
vivere nella riconciliazione,
ma questa ha senso solo se
noi saremo capaci di portare
agli altri giustizia e pace».
«differenze che occorre accettare e non prentendere di
modificare». Sugli atteggiamenti di alcuni responsabili
ecclesiastici Vlk ha notato
che «l’io ha spesso avuto il
sopravvento alterando il tu;
In tal modo il noi non è stato
possibile. L’ecumenismo necessita evidentemente ancora di un tempo di maturazione». Secondo Francesco Carri, pastore metodista a Cerignola nelle Puglie che ha partecipato a titolo personale,
l’avvenimento di Graz può
procurare a chi vive in una
chiesa di minoranza un orizzonte ecumenico più vasto:
«Come protestanti ci siamo
sentiti un po’ schiacciati dai
due monoliti ortodosso e cattolico - ha dichiarato -; è un
peccato che non in tutti gli
incontri fosse prevista la traduzione in lingua italiana anche se erano presenti almeno
mille connazionali».
Infine secondo mons. Aldo
Giordano, segretario della
Ccee, «Graz ha espresso una
varietà e un pluralismo impressionante; le diversità erano chiare. Tuttavia la maggioranza ha fatto chiaramente intendere che incontrarsi
è sempre una ricchezza. Deve cessare la paura dell’unità. L’hanno percepito gli
ortodossi e i greco cattolici
della Romania, i protestanti e
i cattolici dell’Irlanda del
Nord, le delegazioni ortodosse e cattoliche dell’ex Jugoslavia, della Bosnia e della
Croazia. L’incontro più urgente e più complesso è stato
quello tra Est e Ovest. Ho
avuto spesso la netta impressione che Dio fosse fra noi
durante l’assemblea e guidasse i nostri passi».
, Riconciliazione fra Nord e Sud
Occorre cancellare il debito
dei paesi più poveri
BRUNO TRON*
La lunga storia del rapporto fra l’Europa e gli altri
continenti è segnata, come si
sa, in maniera pesante da
conquiste, rapine ed espropri, il tutto camuffato da missione civilizzatrice. E ancora
oggi, finita l’era coloniale, i
rapporti, se ci sono, hanno
conservato tutta la loro ambiguità che oscilla fra le aperture di strane «cooperazioni»
(là dove si intravedono da
parte dell’Europa interessi
economici o strategici da far
valere) e totale disinteresse o
chiusura quando le situazioni tragiche di paesi «non interessanti» producono sradicati che vengono a cercare
asilo dalle nostre parti.
Le chiese europee convenute a Graz non potevano
non affrontare la domanda
del senso concreto della riconciliazione con il Sud del
mondo. A questa specifica
questione sono stati dedicati
tre affollati forum pomeridiani che avevano per tema generale il «conseguimento di
una relazione bilanciata con
le altre regioni del mondo». A
questi incontri era quasi inesistente la presenza dei partecipanti delle chiese dell’Europa orientale, peraltro numerosissimi a Graz.
Con forza sono emersi due
aspetti econòmici della questione; quello delTindebitamento dei paesi poveri e
quello del mercato equo e
solidale in opposizione a una
mondializzazione della gestione del mercato e del capitale che produce povertà,
asservimento e esclusione
non solo nei paesi del Terzo
Mondo ma anche in Europa.
L’aspetto della condivisione
e riconciliazione culturale e
spirituale è invece passata
purtroppo in secondo piano,
nonostante i forti appelli di
persone dell’Africa e dell’
America centrale che con le
loro testimonianze hanno richiamato noi cristiani d’Europa a non considerare «gli
altri» soltanto come oggetti
delle nostre attenzioni economiche (leggi: gli eterni poveri), ma come soggetti portatori di umanità e spiritualità ai quali aprirci per il nostro arricchimento.
Nel messaggio finale delFAssemblea, letto al culto di
chiusura e rivolto sia alle
chiese sia alla società civile
dell’Europa, si afferma che «il
dono della riconciliazione in
Cristo (...) impegna le chiese
a (...) opporsi ai sistemi economici che inducono gli effetti perversi della mondializzazione (...) e chiedere con
insistenza a chi decide nel
merito (le istituzioni politiche e finanziarie) di cancellare entro il 2000, nello spirito
biblico del giubileo, i debiti
insolubili dei paesi più poveri, assicurandosi che di ciò
tragga beneficio la gente comune».
Di fronte a questo appello
sapremo noi cristiani d’Europa liberarci dalla convinzione che tutto ciò che riguarda economia e finanza
segue ineluttabilmente le sue
leggi, per cui è assolutamente inutile e velleitario provare
a contrastarle? A Graz numerose testimonianze ci hanno
detto che è possibile e ce ne
hanno portato le prove tangibili.
* delegato per la Cevaa
all'Assemblea
A colloquio con Lino De Benetti, parlamentare evangelico
Ecologìa come occasione di ecumenismo
gì troviamo nella sala
stampa con Fon. Lino De Benetti, evangelico, parlamentare dei Verdi, presente a
Graz a titolo personale ma
con occhi attenti soprattutto
ai problemi dell’ecologia trattati nel sesto tema dell’Assemblea. Ha portato all’Assemblea un messaggio del
presidente della Gameta, on.
Luciano Violante.
- A suo giudizio questo tema è stato bene impostato?
Coglie quelli che sono i problemi dell’ecologia oggi?
«Non voglio e non sarebbe
giusto esprimere giudizi sul
fatto che sia stato impostato
bene o male. Che questo tema costituisca uno dei motivi
di questa assemblea ecumenica delle chiese è un fatto di
straordinario rilievo e ne sono molto lieto. Nel corso dei
lavori, nei gruppi, nelle relazioni c’è stato un reale arricchimento. Chiaramente questo convegno ha aperto alcuni problemi. Ritengo che ormai da tutti l’ecologia sia
sentita come una delle interpretazioni della storia umana che ci dà la possibilità di
ricomprendere anche noi
stessi. Ho avuto esempi straordinari di quello che si sta
facendo in Europa, dall’Accademia di San Francesco,
istituto che si propone di inserire nel cammino ecumenico il problema dello sviluppo
sostenibile, al movimento
"Beati i costruttori di pace",
che già conoscevo, che cerca
di orientare i modelli di consumo personale con quello
che chiamano il bilancio
dell’ambiente; centinaia di
famiglie che stanno in sostanza adeguando il proprio
standard di vita alle risorse
L’on. De Benetti
disponibili. Ho scoperto un
istituto a Creta, sostenuto
dalla chiesa locale e dall’università, fortemente impegnato su queste tematiche.
Condivido la proposta di
fare il 1° settembre una festa
dedicata al creato. Una festa
che sia aperta al mondo laico
per esser davvero ecumenica;
potrebbe portare il titolo
“Ecologia come occasione di
ecumenismo”. Per la prima
volta nella storia gli esseri
umani vedono la terra nella
sua interezza, fisicamente,
materialmente e la vedono
con le ferite e i danni infer.ti
dalla nostra azione. Questa
giornata potrebbe essere una
giornata di riflessione, in cui
chiedere perdono per le nostre responsabilità. Chiedere
perdono, come ci ha insegnato Gesù, non è un fatto asettico ma deve costituire l’inizio
delTimpegno comune tra tutti: occasione di cammino
ecumenico per restituire alla
terra la sua dignità. Opera di
remissione e restituzione, dal
debito dei paesi terzi al ripristino delle foreste. Per quan
to ci riguarda, a noi credenti,
in questo caso protestanti,
tocca una particolare responsabilità: far capire che questa
ispirazione che ci coinvolge
nella questione ecologica
proviene dalla parola di Dio.
Custodire il giardino, considerare la terra-creato (come
dice Paolo ai Romani) come
la donna che geme ed è in
travaglio aspettando la manifestazione dei figli di Dio. Viviamo un momento di passaggio, di difficoltà ma anche
di ricomprensione di ciò che
siamo. La consapevolezza
ecologica non è ancora bene
comune, resta ancora moda,
occasione di business, merce
di scambio e quindi i gradi di
coscienza sono vari. Ma queste cose a Graz le ho sentite:
cominciano a costituire un
patrimonio comune, occasione grande di ecumenismo».
- Sono state fatte proposte
pratiche?
«Come ho già ricordato, la
festa di salvaguardia del creato, significativa e importante, stimolo alle chiese perché
incalzino di più la società,
con una funzione profetica. La comunità ecclesiale
deve incalzare le istituzioni
che spesso ubbidiscono alle
lobby internazionali finanziarie ed economiche: banca
mondiale, fondo monetario, i
grandi gruppi che spingono
perché non si faccia niente, e
ciò accade negli Stati Uniti
come in Europa o in Cina.
Qui il ruolo delle chiese è insostitutibile, esse lo faranno
secondo il linguaggio nostro,
della corresponsabilità, del
perdono, ma anche dell’azione che pungola, che mette le
autorità di fronte alle loro responsabilità».
12
PAG. 8 RIFORMA
'r
iPECIALE URA
venerdì 18 LUGLIO
L'esperienza del coro evangelico «Ipharadisi»
La musica che abbatte ogni muro
MARTA D’AURIA
Essere voci diverse che
armoniosamente si fondono in un unico suono che
canta le lodi al Signore: così
noi componenti del coro
«Ipharadisi», insieme al maestro Carlo Leila abbiamo vissuto a Graz la riconciliazione.
Guardando il programma
musicale per l’intera settimana, ci siamo subito resi conto
che non avevamo la possibilità di partecipare ai tanti forum, gruppi di lavoro e altri
incontri che erano stati organizzati per le oltre 10.000 persone presenti alla seconda Assemblea ecumenica europea.
Ci è sembrato quasi di essere
ai margini dell’assemblea, ma
poi con il passare dei giorni,
ci siamo accorti che nel nostro specifico stavamo vivendo le stesse contraddizioni e
speranze che animavano tutti ■
gli altri partecipanti.
L’organizzazione degli eventi musicali aveva deciso
che i 12 cori europei {in maggioranza provenienti dall’Est)
presenti in veste ufficiale a
Graz, si sarebbero fusi in un
unico grande coro internazionale che avrebbe cantato in
occasione del culto conclusivo. Simbolicamente si voleva
rappresentare quell’invito alla riconciliazione che animava tutto l’evento, ma realizzare ciò non è stato affatto semplice. Le prove sono state disertate da alcuni cori: non sapremo mai se le frequenti assenze dei cori bosniaci, croati
e serbi erano dovute ai loro
numerosi impegni canori o a
ferite ancora aperte e rancori
non superati. Inoltre nella
cappella dove avvenivano le
prove, a tratti si respirava una
fredda aria di competizione.
Questa atmosfera che ai nostri occhi strideva profondamente con la ragione per cui
ci ritrovavamo raccolti insieme, si è completamente trasformata in occasione dell’ultima prova generale con l’orchestra, durata più di sette
ore. Eravamo tutti stanchi,
nervosi, eppure allora è nato
rincontro e il dialogo con uomini e donne che con diversità linguistiche, culturali e
religiose si sono infine ritrovati fratelli e sorelle.
Durante i sette giorni il nostro coro, proveniente dalle
chiese battiste napoletane, è
stato impegnato anche in
quattro concerti: nella Karmeliterplatz, nella locale
chiesa battista, in Stiria nel
paesino di St. Nikolai, e nella
Freiheitplatz in occasione de
«La lunga notte dei cori». In
particolare quest'ultimo concerto, in cui in soli 15 minuti
ciascuno dei 12 cori europei
doveva presentare il proprio
programma musicale, è stato
vissuto da noi coristi con
emozione e senso di responsabilità. Quella sera con sem
plicità abbiamo voluto condividere insieme alle migliaia di
persone presenti in piazza,
l’anelito all’unità per cui Cristo per primo ha pregato,
proponendo parte dell’animazione liturgica che per mesi abbiamo proposto a Napoli
in vari ambiti ecumenici.
Sulle note del travolgente
negro spiritual «Joshua fit thè
battle of Gerico» (Giosuè
combattè a Gerico), è stato
abbattuto un muro posto al
centro del palcoscenico quale segno visibile delle tante
divisioni che ancora ci separano. La stessa gioia che ha
accompagnato quel gesto liberatorio, è stata vissuta da
migliaia di partecipanti durante il culto finale dell’Assemblea: tutti i cori insieme
hanno intonato lo spiritual
«Amen», a poco a poco uomini, donne, bambini si sono
uniti al canto e mano nella
mano hanno cominciato a
danzare. Una vera e propria
festa che è stata parabola vissuta e anticipazione gioiosa
della piena fratellanza fra tutti i figli e le figlie di Dio all’avvento del suo Regno.
Il messaggio del presidente della Camera, Violante
Interpreti delle speranze dei popoli
«La seconda Assemblea
ecumenica europea del 23
giugno 1997 a Graz si tiene in
un momento di particolare
importanza per l’Europa.
Mentre è infatti possibile che
assai presto i confini dell’
Unione europea siano ulteriormente ampliati verso Est
e verso Sud, si afferma sempre più la decisa esigenza di
non limitare ai soli parametri
economici e finanziari la costruzione dell’Europa, ma di
spostare il baricentro dell’integrazione sulla costituzione
di una Europa politica, sui
diritti e sui doveri dei cittadini, sui problemi del lavoro.
Nel momento in cui l’attenzione si sposta sulle speranze e sulle richieste dei
tanti milioni di europei, il
contributo delle chiese cristiane e di questa Assemblea
ecumenica può diventare di
straordinaria rilevanza. La
forza delle grandi religioni è
sempre stata la capacità di
essere interpreti delle speranze dei popoli, guide per la
loro crescita, non solo spirituale, ma anche etica e civile.
Sono perfettamente d’accordo sulla necessità, che voi
prospettate, di rafforzare uno
spirito ecumenico mondiale.
La globalizzazione, limitata
agli scambi economici e non
estesa ai valori civili e alle garanzie sociali, esaspera la
competizione internazionale
e determina nei popoli, soprattutto in quelli di più debole condizione, un senso di
insicurezza che può determinare spinte fondamentaliste
I servizi sull’Assemblea
di Graz sono
stati coordinati da
Emmanuele Paschetto
Il presidente Luciano Violante con il moderatore della Tavola valdese Gianni Rostan (foto D. Passanante)
assai pericolose. Un rinnovato impegno ecumenico può
costituire, in un quadro di
rapporti globali, un essenziale fattore di equilibrio e di ricomposizione dei conflitti.
So che nel corso dell’Assemblea avrete modo di discutere della necessità di costruire una “politica della pace” che abbia caratteri permanenti e che si fondi proprio sui valori universali dello
spirito ecumenico. Gredo che
oggi occorra preservare il
senso più autentico della tolleranza e del rispetto per la
vita e le opinioni altrui. La
crisi di fiducia nel futuro genera intolleranza che si manifesta come desiderio di eliminazione dell’avversario inteso
come diverso e perciò minaccioso. Questa realtà deve
preoccupare chi ha responsabilità politiche e chi si dedica
al grande e delicato compito
di pastore e guida spirituale.
Gli esempi di questa tragedia sono sotto i nostri occhi,
e hanno attraversato l’intera
storia di questo grande e travagliato secolo. Oggi, nelle
terre desolate dell’Africa cen
trale, ma anche nel cuore
dell’Europa, continuano a
nascere e ad alimentarsi conflitti profondi fra popoli e
genti diverse: si è vissuto il
dramma della “pulizia etnica” che costituisce un offesa
insopportabile per la comunità internazionale. La difesa
della libertà e della coscienza
di ogni uomo contiene e presuppone il rispetto delle diverse opinioni religiose, indipendentemente dal numero
di coloro che le professano.
L’equità è l’altro elemento
vitale della pace. Non ci sarà
pace senza equità; non ci
sarà pace se i grandi del mondo non sapranno trovare soluzioni coraggiose che restituiscano dignità ai popoli che
vivono in disperate condizioni di bisogno.
Sono certo che voi lavorerete anche per questi valori.
Il compito e le responsabilità
delle autorità politiche europee, e in particolare delle Assemblee rappresentative,
sarà quello di radicare e
diffondere il primato della
democrazia e delle sue conquiste civili e sociali».
Volontariato, gruppi giovanili e altro ancora
A spasso fra gli stand dell'agorà
PRISCA GIAIERO
Attraverso una porta
aperta su un soffitto blu
illuminato da luci al neon
entro nel cuore del «Villaggio
ecumenico», l’agorà, la piazza, e mi immergo in un mondo di cartelloni e volantini
coloratissimi e poliglotti.
Passo dopo passo scopro
stands per la salvaguardia
del creato, per il volontariato
sociale, i gruppi ecumenici
delle donne, gli stands per le
missioni. Mi avvicino al banco di «Beati i costruttori di
pace» e mi porgono un foglio: «Test: sei un consumatore sostenibile?». Mentre rispondo alle domande uno
dei «costruttori» mi racconta
dell’ultima esperienza in cui
si segue il consumo quotidiano di trecento famiglie italiane che ritengono che solo
consumando in modo diverso si possa garantire un rispetto reale per gli altri esseri
umani (specialmente per
quelli del Sud del mondo) e
per l’ambiente, a vantaggio
delle generazioni future. Acquistano prodotti del commercio equo, frutta e verdura
biologica, indumenti di fibre
naturali, prodotti per la casa
e la persona a basso impatto
ambientale, privilegiano il
trasporto pubblico e la bicicletta, utilizzano lampadine
a basso consumo energetico,
prediligono gli spettacoli interetnici, pacifisti e solidali.
Hanno cambiato il loro stile
di vita nella convinzione che
essere cristiani significhi vivere nella solidarietà e nella
preservazione della vita, contro un sistema economico di
sfruttamento.
Proseguo nel mio cammi
Italiani
Incontro della
delegazione
Due volte (mercoledì sera e
sabato pomeriggio) i convenuti a Graz si sono radunati
per nazioni per conoscersi e
concordare qualche proposta
comune. In un grande salone
della Fiera oltre 400 italiani si
sono ritrovati e sotto la presidenza del vescovo Chiaretti e
del pastore Platone hanno
ascoltato il documento sottoscritto a Bari l’l-4 ottobre ’96
nell’incontro ecumenico internazionale che portava il titolo «Mediterraneo, luogo di
riconciliazione fra i popoli».
Sono state quindi accolte
due proposte da presentare
in Assemblea plenaria. La richiesta che in tutta Europa si
abbia (come già avviene in
Italia per il 17 gennaio, alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani) una giornata dedicata
all’ebraismo e la celebrazione
il 1° settembre in tutta la cristianità europea (seguendo
una data in cui gli ortodossi
già riflettono su questo tema)
di una festa della creazione.
È stata anche avanzata la
proposta di chiedere che in
tutta l’Europa nelle scuole si
introduca lo studio della Bibbia, come fondamento comune della fede e della cultura
europea.
Durante i due incontri si è
avuto modo di ascoltare un
messaggio del presidente della Camera, on. Luciano Violante, portato e letto dall’on.
Lino De Benetti, evangelico.
Un grande, lungo applauso
ha accolto il riconoscimento
pubblico che il vescovo Chiaretti ha voluto tributare a Maria Vingiani, fondatrice del
Segretariato attività ecumeniche (Sae) per la sua opera,
unica in Europa, di promozione ecumenica.
no, oltrepasso lo stand di
Madre Calcutta e quello della
campagna contro la Coca e
mi trovo dinanzi a uno striscione di Wir sind Kirche,
«Noi siamo chiesa». È un
movimento nato a Innsbruck, due anni fa, ad opera di
cattolici in disagio per le speranze deluse dopo il Concilio
Vaticano IL Molte sono le cose che chiede questo movimento, a cui ha aderito l’8%
della popolazione cattolica
austriaca: superamento della
separazione strutturale tra
«chierici» e «laici», piena partecipazione delle donne ai
ministeri ecclesiali, riconoscimento alle comunità del
diritto di celebrare l’Eucaristia, la libertà di scelta ai preti tra matrimonio e celibato,
la partecipazione dei divorziati all’Eucaristia, la restituzione dei preti sposati al servizio delle comunità, la libertà di coscienza nel campo
della regolazione delle nascite, il superamento delle discriminazioni nei confronti
degli omosessuali. Affermano inoltre la necessità evangelica di una chiesa umile,
povera e pellegrina a fianco
degli emarginati, degli oppressi e di chi lotta per un
mondo umano e solidale. Mi
mostrano i diversi paesi in
cui sono attivi e mi dicono di
non temere la gerarchia, perché sanno di seguire quanto
è scritto nella Bibbia.
Mi allontano pensando
che queste posizioni mi appaiono molto vicine alle nostre e mi ritrovo davanti ad
una sigla «Eyce», un banchetto pieno di volantini e
fotografie, dietro al quale
scorgo dei giovani. Mi illustrano brevemente la storia
del Consiglio ecumenico dçj
giovani europei (Ecumenica]
Youth Council in Europe)
fondato nel 1968 per ap!
profondire momenti diia,
contro e di lavoro ecumenico
tra le varie confessioni cri.
stiano. Mi informano circa le
conferenze, i seminari ei
campi cbe annualmente organizzano per offrire al pj|
largo numero di giovani poj.
sibilo l’opportunità di vivere
un’esperienza ecumenica.
Li ringrazio e avanzo supe.
rando decine di standse
giungo presso quello dei due
gruppi ecumenici austriaci
«Omosessuali e chiesa»e
«Omosessuali e fede», costi
miti da persone omosessuali
e bisessuali, laiche e non che
si confrontano con la loro
sessualità e con il loro credo
religioso, ritenendo i propri
sentimenti e il proprio corri,
portamento una forma legit.
tima in quanto creata aneli’
essa da Dio. Tra le svariate
attività organizzate da quesfi
gruppi assumono una notevole importanza, a mio avviso, i progetti educativi di in.
contri, dibattiti, conferenze
in scuole, università, parroccbie.
La mia visita si sta concia
dendo, ritorno all’apertoe
penso, accecata dalla luce
del sole, che cosa succederii
dopodomani, quando ciaì
scuno tornerà a casa propiia,i
se saremo ancora capaci i|
dialogare così serenamente'
tra protestanti, cattolici e or|
todossi, se riusciremo a con«
tinuare a osare il percorse
della riconciliazione ponendo Dio sulle nostre frontiere,
e naturalmente confidando
nel suo soccorso nei momenti in cui esitiamo
di
L'accoglienza ai partecipanti
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to serio
Graz, una città in festa
La seconda Assemblea ecumenica europea (Aee2) si è
svolta a Graz, città austriaca
di 250.000 abitanti, capitale
della Stiria, da lunedì 23 a domenica 29 giugno. 700 i delegati delle chiese europee: 350
cattolici, 175 ortodossi, 175
evangelici e anglicani, di 44
paesi.
7.064 i partecipanti registrati ufficialmente, dai 992
della Romania a San Marino,
Liechtenstein e Islanda, presenti con una persona, ospitati in un raggio di 30 chilometri. Altre migliaia di persone sono arrivate senza prenotazione, con camper, roulottes, tende, portando il numero dei presenti ben oltre le
10.000 persone. I più numerosi i romeni, circa 1.200, oltre un migliaio anche gli italiani e i tedeschi.
I lavori sono iniziati con
l’Assemblea generale dei delegati nel pomeriggio del lunedì, seguita immediatamente dal culto d’apertura e dal
benvenuto della città. Momento iniziale di ogni giornata il grande raduno di canto e
preghiera sotto un enorme
tendone, con suggestivi gesti
simbolici, come la croce portata a braccia e piantata davanti al palco dove si alternavano cori, letture e preghiere
e la sfilata delle centinaia di
presenti a deporre davanti ad
essa un lumino acceso.
Centro dell’Assemblea la
Fiera dove si radunavano i
delegati, si svolgevano gli incontri principali, avevano sede i vari uffici e la sala stampa, i ristoranti che preparavano migliaia di pasti. Un
enorme sotterraneo costituiva il Villaggio ecumenico,
detto «agorà» con oltre 150
stand che illustravano le iniziative della «base», dal mastodontico movimento dei
Focolari al piccolo centro d
incontri dell’interno delrUngberia, dal Foro ecumenicii
europeo delle donne cristiane al Gruppo esperantisti
ecumenico, dalla Commissione europea Justitia et Pffl
agli amici di Tur Abdin, isoli
cristiana nella Turchia orientale, staccatasi nel IV secolo
dalla Chiesa ortodossa.
Sparsi per tutta la città il
chiese, accademie, sale, chiostri e via dicendo decine e de
cine di appuntamenti og®
giorno su tutti i temi possibili
ruotanti intorno ai sei file)®
principali della Riconciliazio;
ne: L'unità visibile delle c/it
se, il dialogo interreligiosi
l’impegno per la giustizia si
ciale, la riconciliazione trai
popoli e le nazioni, la respojt
sabilità ecologica, la condivi'
sione con altre regioni d»
mondo. Vi erano anche app®
siti spazi e incontri dedicai
particolari filoni di riflessio’
ne, sulle donne, per esempi®
sui giovani, sui rapporti col
(
l’ebraismo e altro ancora
decine le manifestazioni teatrali e musicali, i film. D*
Nabucco alla Passione secondo San Giovanni di Johan*
Sebastian Bach, dai balletuf
gregoriano, dal Flauto magi'
co di Mozart ai canti della
rale ecumenica di Bari.
Il sabato pomeriggio^!!
puntamento nelle piazze de
la città, ciascuna preside.
da una banda, un coro,
t)l
complesso, dove la citta
offerto spuntini e beva
nde
Migliaia e migliaia i
panti al culto di chiusura ¡i^
parco pubblico la domet".
mattina. Nel rifluire
centro città decine di o®
chetti, ognuno organiz^^j
da una parrocchia, hait .
proposto gratuitamente P ^
volanti e lievande appro^
dai partecipanti.
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18 LUGLIO 1997
Speciale Graz
PAG. 9 RIFORMA
I La presenza delle donne è stata ampia ma controversa
Un'impressione di separatezza
) avvii di in
/ luoghi decisionali delhAssemblea sono sembrati ancora appannaggio
degli uomini: una manifestazione ha posto il problema all'attenzione di tutti
Le italiane presenti a Graz
Pareri diversificati sulla
visibilità nelPAssemblea
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letizia tomassone
UNA presenza esterna e
marginale oppure una
presenza incisiva e decisiva?
L'impressione che si aveva
girando per lo spazio delle
donne era di una grande attività, di una riflessione sviluppata su molti livelli, sociali,
teologici, di spiritualità. Ma
contenuta in luoghi separati
rispetto ai luoghi decisionali
dell’Assemblea.
Per capire meglio questa
separatezza e il perché della
rnanifestazione organizzata a
pietà settimana davanti alla
sala dove si tenevano le plenarie è necessario capire la
struttura di lavoro di questa
seconda Assemblea, che aveva alcuni momenti di discussione e di lavoro, sia in gruppi che in plenaria, riservati a
delegati e delegate; in altri
momenti invece erano organizzati dei forum sui temi ufficiali con la presenza di altre
componenti o rappresentanti
digmppi e movimenti.
La riconciliazione fra uomini e donne non era tematizzata benché molti l’avessero richiesta, e tra questi anche la
rete evangelica italiana per
Graz. Nello spazio gestito dalle donne era però organizzato
un forum ufficiale con il titolo: «La comunità degli uomini
e delle donne nella chiesa». A
questo forum erano presenti
uomini e donne coscienti della difficoltà di parlarsi e di
ascoltarsi. Uno degli organizzatori del forum durante il dibattito aveva deciso di mantenere il silenzio per significare un atteggiamento di ascolto serio da parte maschile.
Come ci ha detto efficacemente il pastore Luca Negro,
spesso gli uomini nella chiesa
ritengono senza importanza
le cose che le donne dicono.
Negro invitava nel suo intervento le chiese a uscire
dall’accoglienza indifferente
che esse spesso fanno alle
donne; infatti le chiese accettano quasi tutto ma senza lasciarsi mettere seriamente in
questione. Negro prendeva
ancora l’esempio di Pietro il
quale, pur non fidandosi della parola delle donne tornate
dal sepolcro vuoto, lasciava
crescere in sé la curiosità e
andava a vedere come stavano le cose (Luca 24, 9-12).
Questa curiosità di seguire
un cammino indicato dalle
donne spesso manca agli uomini nelle chiese.
Nicole Fischer, fino a due
mesi fa responsabile del «Decennio delle chiese in solidarietà con le donne» per il Cec,
rilevava nelle sue numerose
visite alle chiese di tutto il
mondo la presenza paziente
delle donne; da un lato senza
le donne molte chiese crollerebbero, dall’altro si (e ci)
chiedeva: ma perché dobbiamo ancora pazientare? Pazientare senza che le chiese
prendano sul serio un Evangelo che è messaggio di liberazione per le donne come
per gli uomini; eppure le
chiese non praticano l’uguaglianza fra donne e uomini,
non condannano esplicitamente la violenza contro le
donne, non sono luoghi di
consolazione e speranza per
le donne violate e umiliate,
non sono luoghi di presenza
autorevole delle donne.
Benché anche nell’assemblea dei delegati e delle delegate fosse ben visibile la comunità degli uomini e delle
donne, grazie alla presenza di
delegazioni variegate e, come
nel caso di quella evangelica
italiana, con una presenza
femminile forte, in modo costante le plenarie erano pre
siedute dagli uomini. Proprio
per questo, dopo aver ascoltato tante esperienze da ogni
parte d’Europa e da ogni tipo
di chiesa cristiana, le donne
hanno organizzato una manifestazione in cui oltre alle parole, erano compiuti dei gesti
simbolici: un pastore con la
sciarpa viola simbolo della
solidarietà con l’esperienza
femminile, lavava i piedi a diverse donne.
Poi delle donne lavavano i
piedi a donne e uomini. Donne consacrate con l’abito pastorale 0 con il collare bianco
stavano davanti alla sala delle
plenarie per rendere visibile
la loro presenza. Infatti, se è
vero che l’abito non fa il monaco, tuttavia in questi giorni
abbiamo visto tanti abiti religiosi diversi e ostentati dagli
uomini, proprio per dare
un’immagine delle diverse
confessioni presenti. Questa
visibilità dei «religiosi» chiaramente non corrisponde né
a un’abitudine né alla teologia delle chiese protestanti,
ma in questa occasione era
importante far capire a molti
uomini ai vertici delle loro
chiese che le donne nelle
chiese non agiscono solo per
gioco (per esempio portando
i cappellini cardinalizi di cartoncino viola) ma sono impegnate e presenti materialmente e spiritualmente.
Come ha asserito pubblicamente una cattolica austriaca
responsabile del referendum
austriaco sulla chiesa, Martina Heizer, «noi siamo figlie
della luce e camminiamo
verso Dio anche attraverso la
chiesa, checché ne dicano i
chierici maschi».
Venerdì 27 giugno, alle ore
12,30, c’è stato un incontro
con un gruppo di donne italiane presenti all’Assemblea e
una conferenza stampa tenuta da Ina Siviglia, cattolica,
docente di teologia a Palermo, Doriana Giudici, battista,
sindacalista, presidente della
Federazione donne evangeliche italiane (Fdei) e Antonella
Visintin, valdese, della Commissione chiesa e società della Chiesa valdese di Torino.
Pareri contrastanti sono
emersi sulla visibilità delle
donne all’Assemblea di Graz:
se è vero che dei 16 fra relatori e coordinatori di studi biblici 8 sono donne, è stato
però notato che fra le teologhe presenti poche sono cattoliche e nessuna è ortodossa. Doriana Giudici ha ricordato che le chiese sono sostenute dalle donne, con la loro
presenza, la loro capacità di
relazione e mediazione e che
occorre accelerare il processo
del loro inserimento ai livelli
decisionali.
Ina Siviglia ha sottolineato
che secondo il racconto della
Genesi la prima rottura è sta
ta quella con Dio, la seconda
quella tra uomo e donna e
che quindi la riconciliazione
da qui deve ripartire. La donna è la grande risorsa ecumenica, trasversale, che può
produrre unità. Le donne ortodosse hanno cominciato a
incontrarsi, recentemente, a
Costantinopoli. Dalla nascita
di un ponte Ovest-Est fra
donne potrebbe venire un
grande contributo allo scioglimento dei nodi ecclesiastici fra Oriente e Occidente.
Antonella Visintin ha ricordato che nel quadro delle iniziative per il decennio di solidarietà con le donne vi sono
diversi incontri previsti per i
prossimi mesi in Italia. Sulla
questione del sacerdozio
femminile sembra di riscontrare una battuta d’arresto da
parte delle donne cattoliche.
Ina Siviglia ha detto che le
forme di liberazione non sono identiche in tutte le chiese
e che si possono anche accettare certi limiti e battere strade diverse, per non accentuare l’imbarazzo nella Chiesa
cattolica e soprattutto nelle
chiese ortodosse.
Un coro per il culto finale
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La riconciliazione non è cancellare le differenze ma è togliere dalle differenze l'odio e il disprezzo
«Non userò mai questa pietra contro di te per scagliartela, ma per costruire con te...»
CIANNA SCICLONE di DÌO che abbiamo nella no- priorità sul culto da vivono di una vita
:orO’ a
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onieitid
. verso'
di baO'
jnizza]
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nte pä]
jpreza»
SI è conclusa l’XI Assemblea della Conferenza
deile chiese europee (Kek),
anch’essa tenutasi a Graz:
una maratona per chi ha partecipato a entrambe le settiinane... ma valeva la pena
darsi da fare subito per cercare di mettere in atto il «dopo Ciraz». L’Assemblea ecumenica è stata una festa di riconciliazione per molti credenti e alcune chiese, una festa del popolo dei credenti
One ha confessato la fede
nell’unico Signore, leggendo
0 commentando insieme la
“tbbia, cantando molti cantini vecchi e nuovi, condividendo fiori, frutti, preghiere,
ncordi storici, impegni solenni per la pace e la remissione
et debiti dei paesi poveri.
Tutto questo si può fare in
mezzo alle ombre delle diviJétii, ai calcoli più o meno
nusciti della diplomazia ecunnica, alle dimissioni di
gtitìcuno (la Chiesa ortodosn della Georgia dalla Kek)
in contro il troppo
vadente proselitismo prostante, alle accuse dei roeni protestanti contro l’opi^iessione ortodossa. Si può e
^ deve far festa in mezzo alle
j, v^'omi e alle diversità, se si
il In chiamarle con
itonie, se si può ascolrimproveri anche quanse P^oisa di aver ragione,
I rispondere per racdpii/f® propria esperienza
0 nn j che diamo
va"'” .°Ìamo a Dio, le motiDin pregare per esemqiell^^""'* ^ un’icona e
"a 6^"^ respingere un’icoeregare con l’immagine
di Dio che abbiamo nella nostra mente.
Qualcuno penserà che
mettiamo tutto sullo stesso
piano e che vogliamo giustificare tutto e fare del cristianesimo ormai una panacea che
non dice più nulla. Se così
fosse non ci sarebbe il ritorno
alla Bibbia e una sua ritrovata
autorità anche da parte dei
cristiani non protestanti; come protestanti abbiamo una
forte fiducia che la Bibbia
«parli da sola» e faccia passare in secondo piano le molte
cose che gli altri cristiani
hanno sottolineato come rilevanti nei secoli e che noi
abbiamo respinto per sottolineare la centralità di Cristo.
La riconciliazione come tema teologico non tende a
cancellare le differenze fra
chiese, ma a «far diventare altra» l’umanità del peccato,
dell’odio, lontana da Cristo,
perché è Dio che riconcilia a
sé e ci dà questo mandato di
annunciare la sua riconciliazione, ma anche di «farla», di
prenderla sul serio fra noi e
dunque di credere fermamente nella vita nuova che riceviamo, noi e gli altri, per la
resurrezione di Cristo. In uno
dei culti del mattino il gesto
simbolico era tenere in mano
una pietra e-poi consegnarla
al proprio vicino dicendogli:
«Non userò mai questa pietra
contro di te per scagliartela,
ma voglio usarla insieme a te
per costruire una casa che ci
accolga insieme agli altri che
ne hanno bisogno». Di tutti
questi gesti mi è sembrato il
più appropriato.
L’Ecclesiaste parla di un
tempo per raccogliere le pietre di un tempo per scagliar
L’ingresso alla sala delle assemblee plenarie
le: ebbene il compito profetico della chiesa nel mondo
non consiste solo e sempre
nell’esser critici di tutto e di
tutti, non consiste nella salvaguardia della propria identità, tanto è vero che i veri
profeti sono spesso scomparsi 0 sconosciuti, ma nel
dire la parola giusta (di Dio)
al momento giusto; consiste
nell’indicare che cosa è «per
la tua pace». E allora diciamolo: per la nostra pace e
quella del mondo è meglio
oggi che le pietre siano raccolte per costruire che scagliate per condannare e distruggere.
Non so se esiste già una
«teologia della riconciliazione», come accenna Lorenzo
Scornaienchi nella sua lettera
{Riforma del 20 giugno): a
proposito, da quando si giudica un evento prima di viverlo e un documento prima
di scriverlo? L’ultimo documento preparatorio di Graz,
uscito in maggio, era vera
mente buono e coraggioso,
altro che documento della
Santa Sede! Se si riferiva invece al documento inviato nel
settembre scorso aveva in
parte ragione, ma si trattava
in effetti di un testo interlocutorio atto a stimolare le reazioni delle chiese, che ci sono
state e in maniera massiccia
(più di 600 pervenute, in gran
parte anche recepite!).
Ma torniamo alla «teologia
della riconciliazione»: se si
tratta della serie di contributi
biblici e teologici prodotti nel
corso dell’anno, come il libretto della Fcei, mi pare che
si arrivi al cuore stesso dell’Lvangelo; non mi pare che
essa si contrapponga alla teologia della liberazione. Mi
sembra che il suo interesse
principale sia mettere al centro il riscatto dei poveri, il
giubileo biblico, il dar voce a
chi non ce l’ha. «Se il tuo fratello ha qualcosa contro di
te...» (Matteo 5, 23), anche se
avesse torto e tu ragione, devi
dargli la priorità sul culto da
rendere a Dio (lascia la tua
offerta sull’altare), Dio si
identifica con il fratello offeso. «Per il seguace di Cristo il
culto reso a Dio non potrà
mai più esser separato dal
servizio al fratello (...). Il disprezzo del fratello rende falso il culto a Dio e gli toglie
ogni promessa divina (...).
Finché il fratello resta esposto al disprezzo, finché egli
può avere qualcosa da rimproverare a me o alla comunità il sacrificio non può essere accettato (...). Perciò la
comunità di Gesù si esamini
oggi se, nel momento in cui
si presenta a Dio in preghiera
e culto, non si alzano numerose voci di accusa e si pongono fra lei e Dio e impediscono la sua preghiera» (D.
Bonhoeffer, Sequela, p. 109).
L’ecumenismo non è una
tragica necessità, una via
senza ritorno, che ora dovremmo percorrere per non
sconfessare altri che l’hanno
cominciata: è semplicemente
una possibilità di testimoniare con forza la pace, almeno
quella religiosa. «Pace» non
significa assenza di differenze, ma significa togliere 1’
odio dalle differenze, togliere
la contrapposizione, il disprezzo dell’altro, il ridicolizzarlo. considerarlo pazzo,
cioè fuori delle regole umane
che noi abbiamo contribuito
a fissare.
È certo difficile essere ecumenici per gli evangelici italiani, piccole chiese sempre
vissute nella polemica e nella
contrapposizione, anche se
non nell’odio. È invece cosa
scontata per le grandi chiese
di altri paesi del mondo che
vivono di una vita propria e
volentieri dialogano con altre
chiese che consideralo loro
pari, se non nel numero almeno nell’importanza. L’ecumenismo è totalmente respinto da parte delle chiese
fondamentaliste che vivono
nella polemica e insegnano
una «superiorità» di chi è salvato mentre gli altri sono
perduti. Da loro anzi esso ci
viene rimproverato e vengono indicate nella nostra apertura la nostra debolezza e incapacità evangelistica. Ecco
una grande sfida da raccogliere: essere ecumenici pur
essendo radicalmente alternativi, offrire uno spazio di
adorazione nella riconciliazione e non nella superbia e
nel disprezzo di chi si ritiene
unico depositario della retta
dottrina. Lo Spirito Santo
crea molteplici risposte e svariati servizi, infinite liturgie
possibili e doni senza limiti
perché il prossimo sia valorizzato prima di me stessa.
Paolo Ricca ha lanciato ai
cattolici italiani, accorsi per
la prima volta molto numerosi a Graz, una sfida per noi
stessi e per il dialogo ecumenico in Italia: poter dialogare
alla pari, pur nella grande disparità numerica (la formica
e l’elefante), così come si è
approvato insieme il documento sui matrimoni interconfessionali con una commissione paritetica fra cattolici e protestanti. La riconciliazione di Dio ci fa essere
sue creature di uguale importanza, qualunque sia il numero di persone che rappresentiamo. Siamo ministri e
ambasciatori della riconciliaI zione di Dio.
14
T
PAG. 10 RIFORMA
venerdì 18 LUGLIO ]Qo,
.4
Il testo del «Messaggio finale» della II Assemblea ecumenica europea
La realtà della riconciliazione in Cristo
«A Graz abbiamo percepito la realtà della riconciliazione in Cristo
e la benedizione che si incontra sulla strada che porta ad essa ...»
Esperienze
1) Sono passati otto anni dalla prima Assemblea ecumenica
europea tenutasi a Basilea, la
prima nel suo genere, una
gioiosa anticipazione degli importanti cambiamenti che sarebbero avvenuti in Europa: la
diffusa espansione della libertà
e la fine della guerra fredda.
Quando nel giugno del 1997 ci
siamo radunati a Graz, in Austria, per la seconda Assemblea
ecumenica europea, l’euforia
era ormai svanita. La dichiarazione di Basilea sulla giustizia,
la pace e la salvaguardia del
creato secondo la quale «l’Europa sta affrontando una serie
di problemi interconnessi che
mettono a repentaglio la sopravvivenza del genere umano» è stata giustiflcata; anche le
ne che si riconoscono attorno
all’unico Signore. Lo Spirito
Santo, «donatore di vita», ha
creato un clima di fiducia e di
collaborazione nel quale abbiamo potuto aprire le nostre
menti e il nostro cuore l’uno
verso l’altro. Abbiamo anche
sofferto il dolore provocato
dalle persistenti divisioni che
sottolineano quanto sia difficile vivere la riconciliazione da noi proclamata. Per la
conduzione di una così grossa assemblea, alla quale hanno partecipato delegati e leader da più di 150 chiese e oltre diecimila persone provenienti da tradizioni diverse, è
stata necessaria una carità
pratica. Abbiamo sperimentato che un incontro ecumenico comporta un lavoro duro ma contiene anche la gioia
visibile il dono della riconciliazione. Per questo cerchiamo il perdono di Dio ed esprimiamo il nostro pentimento a coloro che hanno
sofferto a causa nostra. Siamo tristemente consapevoli
che queste divisioni esistono
non soltanto tra le nostre
chiese ma anche tra i singoli
membri delle nostre chiese e
tra uomini e donne all’interno delle chiese. Dal momento che queste difficoltà esistono in noi, in quanto individui, e nelle nostre chiese, la
riconciliazione deve partire
dallo Spirito di Dio in Cristo,
cambiando i nostri cuori e le
nostre menti.
7) Nel riconoscere le opportunità che derivano dalla
globalizzazione, siamo consapevoli che a causa di essa
Qui sopra e in basso due momenti del culto finale
crudeltà della guerra sono ricomparse in Europa, lasciando
delle ferite non rimarginate.
2) Sfidati e ispirati dal tema
«Riconciliazione, dono di Dio
e sorgente di vita nuova» ci
siamo recati a Graz, donne e
uomini di ogni generazione,
provenienti dalle molte chiese d’Europa, da Est e da Ovest, da Nord e da Sud. Tra noi
c’erano anche rappresentanti
di altre religioni e di altre
parti del mondo. Come cristiani appartenenti a chiese
tuttora divise avevamo paure, tensioni, problemi e barriere come tutti i nostri concittadini europei e tutti gli esseri umani. Ma nei nostri
cuori c’era forte la speranza
di avviarci sulla via della riconciliazione. Questa speranza è stata rafforzata dalla
presenza e dal contributo di
moltissimi giovani.
3) Ci siamo riuniti nella seconda Assemblea ecumenica
europea in quanto siamo credenti e perché vogliamo vivere il dono di Dio della riconciliazione. Siamo giunti qui
con la speranza che, se siamo
guidati da questo dono nella
vita quotidiana, nella vita
delle nostre chiese e del nostro continente, potremo
promuovere l’unità delle
chiese e dell’umanità.
4) In questi giorni Dio ci ha
benedetti abbondantemente.
1 momenti di preghiera quotidiana sono stati parte essenziale di questa Assemblea e
hanno dato fondamento alla
nostra comunità. Pregando
insieme ci siamo resi conto
che abbiamo un Padre misericordioso e fedele in cielo,
nel quale tutti noi crediamo
come figlie e figli. Riflettendo
sulla parola di Dio abbiamo
sentito nel Vangelo la forza
della sua grazia che cambia la
nostra mentalità e dona nuova vita agli uomini e alle don
di una crescente unità. Infatti
lo stesso movimento ecume
nico e già un cammino verso
la riconciliazione.
Il - Riflessioni
5) A Graz abbiamo percepito la realtà della riconciliazione in Cristo e la benedizione
che si incontra sulla strada
che porta ad essa: la benedizione di richiamare le radici
ebraiche della nostra fede
(Romani 11, 16-18), riscoprendo il nostro prossimo, la
ritrovata amicizia e la reciproca fiducia che cambia entrambi le parti. Ciò ha offerto
l’opportunità di crescere insieme e così di costruire un
futuro comune. Abbiamo
una visione di Europa in cui
non vi sono cittadini, stati,
chiese e razze di prima o seconda classe e dove tutti i
membri della famiglia europea hanno una voce; un’Europa consapevole delle proprie responsabilità e aperta
agli altri continenti. Un impegno rinnovato e vigoroso
da parte di tutte le chiese a
lavorare per la realizzazione
della preghiera di nostro Signore «Come tu. Padre, sei in
me e io in te, siano anch’essi
in noi una cosa sola perché il
mondo creda» (Giovanni 17,
21-22), potrebbe sicuramente
contribuire allo sviluppo di
un’Europa realmente unita.
Crediamo che questa sia una
visione che debba essere
condivisa da tutti e che noi
come cristiane e cristiani, ci
impegniamo a perseguire.
6) Siamo giunti a questo incontro ecumenico non solo
per scambiare idee e condividere esperienze ma per andare oltre le parole verso misure concrete, consapevoli
del fatto che le nostre divisioni e inimicizie provocano ancora conflitti e costituiscono
un serio ostacolo per rendere
le persone possono cadere
vittime di interessi economici e di decisioni che sfuggono
al loro controllo. Il divario tra
ricchi e poveri si sta allargando, non solo nel mondo ma
anche in molte parti d’Europa. Lo sfruttamento spietato
delle risorse non rinnovabili,
l’inquinamento ambientale e
la rottura degli ecosistemi
stanno attualmente causando danni immensi e minacciano il benessere delle generazioni future e di tutto il
creato.
Ili - Sfide
8) Noi cristiani e chiese
dell’Europa ci confrontiamo
con queste sfide, consci della nostra debolezza e dello
scandalo delle nostre divisioni. Non abbiamo alcuna soluzione facile da offrire. Ciò
che ci muove è la nostra visione cristiana della riconciliazione. Il dono della riconciliazione in Cristo ci spinge
a impegnarci a:
- annunciare e comunicare
ai popoli dell’Europa che Dio in
Cristo ha riconciliato a sé il
mondo intero (II Corinzi 5,21);
- portare avanti instancabili il compito dell’unità visibile delle chiese; in questo
contesto dovremmo riesaminare le nostre divisioni domandandoci se esse siano il
risultato di diversità che in
passato erano sentite come
causa di divisione ma che ora
possono essere viste come
fonti di arricchimento;
- iniziare un processo di risanamento delle memorie in
uno spirito di verità storica;
- promuovere la collaborazione in tutti i campi compresi la missione e il dialogo
aperto, ma rispettando la
mutua libertà di coscienza al
fine di evitare una competitività distruttiva;
- affermare l’uguaglianza e
la parità di diritti delle chiese
e dei popoli di minoranza;
- incoraggiare associazioni
locali, pubbliche istituzioni e
organismi europei nel loro
impegno per la riconciliazione;
- portare avanti autentici
dialoghi interconfessionali,
tenendo a mente che anche
in Europa persone e chiese
soffrono ancora per la propria fede;
- organizzare incontri ecumenici a livello locale e regionale, in modo da continuare
l’esperienza di Graz;
- coinvolgere i giovani, affidando a loro la visione ecumenica per il futuro, e la continuazione del processo conciliare su «Giustizia, pace e
salvaguardia del creato».
Le chiese si impegnano a:
- proclamare e difendere
inequivocabilmente i diritti
umani e i processi democratici;
- collaborare al fine di bandire ogni forma di violenza,
specialmente contro le donne e i bambini;
- contrastare al loro interno ogni forma di discriminazione;
- promuovere la posizione
sociale e l’uguaglianza delle
donne in tutti i campi, compresi i processi decisionali,
conservando al tempo stesso
la distinta identità dell’uomo
e della donna;
- rendere chiaro il loro impegno per la giustizia sociale
e la loro solidarietà nei confronti delle vittime dell’ingiustizia sociale;
- promuovere nell’ambito
delle loro attività, politiche ambientali sostenibili;
- opporsi ai sistemi economici che provocano effetti negativi di globalizzazione.
Il nostro impegno personale in questo processo di riconciliazione ci porta a sollecitare i dirigenti politici e i cittadini a:
- promuovere la dignità
della persona e la santità della vita umana;
- ripristinare o mantenere
il primato della persona rispetto agli interessi economici; ciò implica tra le altre cose
la lotta alla disoccupazione.
con particolare riferimento ai
giovani;
- battersi per la dignità e
per la protezione dei diritti
dei rifugiati, degli emigrati e
degli sfollati, e inoltre sostenere il diritto di asilo e di libera residenza dei rifugiati;
- incoraggiare il disarmo e
lo sviluppo di una gestione
nonviolenta dei conflitti, e
inoltre promuovere tempe
ché la riconciliazione
divenire una realtà nella vii
di tutti gli esseri umani.
10) La riconciliazione con
dono di Dio e sorgente di vii
nuova ci incoraggia a colij
borare con le nostre sorelle
fratelli che soffrono perseci!
zione e emarginazione
te su pregiudizi quali pj,
esempio quelli di razza, ses
so, di origine etnica, età e
Jean Fischer, segretario uscente deiia Kek, e Aiexis ii
stivamente i negoziati volti
alla completa eliminazione
delle armi nucleari in conformità con il trattato di non
proliferazione;
- nello spirito biblico del
Giubileo cancellare, entro il
2000, i debiti insanabili dei
paesi più poveri, assicurandosi che la popolazione ne
sia la maggiore beneficiaria;
- prendere le misure necessarie per invertire l’attuale
tendenza verso la distruzione
ecologica e l’esaurimento
delle risorse mondiali, e ristabilire le condizioni che rendono possibile una vita sostenibile per tutta la creazione.
9) Dichiariamo con forza la
nostra convinzione che è indispensabile una dimensione
etica della giustizia in tutti i
campi, nell’ambito politico,
economico, tecnologico e
della comunicazione, affin
ligione, per costruire insiei
una vera comunità umana.
Una spiritualità dellari
conciliazione implica la coi
trapposizione nei confroi
dell’individualismo egocei
trico con il riconoscimeni
che le differenze sono und
no che ci aiuta a scoprirei
meravigliosa diversità del
creazione di Dio, che è unic
11) Noi, in quanto chiese
cristiani europei, siamo imp
gnati a manifestare più pieni
mente la nostra solidarietà et
i bisognosi, gli emarginati ej
esclusi dal mondo nel quale!
viamo. Ogni essere umano èl
sorella o il fratello per la quale
per il quale Cristo è morto ei
sorto, e ciascuna 0 ciascuno
fatto ad immagine del Dio Ti
nitario.
(traduzione provvisoria veri
cala sugli originali a cura deli
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i Riconciliazione
delle memorie
Abbiamo letto su Riforma
del 27 giugno, a pag. 7, il resoconto della Conferenza del
Il distretto a Vallecrosia, ove
si parla abbondantemente
della situazione verificatasi
nelle nostre comunità. Chi
scrive queste righe parla a
nome della maggioranza della comunità di Gorizia che
non ha motivo di contrasto e
di risentimento con il pastore
Martelli.
È vero, la comunità di Gorizia non era rappresentata alla
Conferenza, e ciò per ben
precisi motivi, in gran parte
esulanti dal cosiddetto «caso
Martelli». Si dice che gli assenti sono sempre dalla parte
Ì del torto ed è proprio per
’ questo che, avendo letto dalla stampa come il «caso» sia
stato trattato a Vallecrosia,
vogliamo fare sentire almeno
I ora la nostra voce.
Il moderatore della Tavola
valdese, con grande impegno
e in ben tre viaggi verso la
nostra zona, ha sentito i tre
Consigli di chiesa e il pastore
Martelli, e dopo aver appurato che le accuse mosse al pastore non avevano fondamento ma si poteva al massimo parlare di certe leggerezze e omissioni, ammesse dallo stesso pastore, ha cercato
di scrivere un documento di
«riconciliazione delle memorie» per potere finalmente
mettere una pietra sul «caso».
A Gorizia tale documento è
stato accettato e sottoscritto
da una lar-ga maggioranza
della comunità, che tra l’altro
iti questo periodo ha continuato serenamente le normali attività di chiesa accanto al pastore.
Constatiamo con rammarico che molti hanno perso la
fiducia nel pastore, ma non
comprendiamo che non si sia
disposti a perdonare e riconciliarsi con un fratello che
per ben 15 anni, assieme alla
sua famiglia, ci ha serviti con
tutta l’anima, con ore e ore di
lavoro e rimettendoci pure
una parte cospicua del proprio patrimonio, neppure se
tale fratello avesse veramente
fatto qualcosa di malvagio.
Noi non chiediamo altro
che potere andare avanti sotto la cura del nostro pastore
Martelli che tanto ci ha dato
nel passato e continua ancora a darci. Pure egli sarebbe
felicissimo di poter continuare il suo lavoro a Gorizia, conte pastore locale, cioè senza
retribuzione (particolare da
non sottacere). Pensiamo che
questa sia la migliore via per
una vera riconciliazione, con
il tempo, ahche fra le parti
Ora in dissenso.
Il presidente
del Consiglio di chiesa
Carlo Brunschweiler
Perché mi sono
abbonata
a Riforma
Com’è nata l’idea di abbonarsi a Riforma?
Inizialmente in seguito ad
un casuale colloquio con il
vicario della parrocchia Immacolata nella quale entrambi operiamo: a lui chiesi
di farmi leggere una copia
del giornale, e fu proprio da
questo episodio che nacque
l’idea di abbonarmi. Riforma! Il titolo di questo giornale è tutto un programma;
d’altronde la frase «Ecclesia
semper reformanda» è un’esigenza sempre attuale. Infatti la chiesa, popolo di Dio
in cammino, è sempre stata
travagliata dal continuo anelito a cambiare, a rinnovarsi,
spesso in contrasto con la
chiesa di Roma.
All’inizio del sedicesimo
secolo, si avvertiva nell’Europa occidentale un chiaro bisogno di riforma dato che la
burocrazia ecclesiastica era
ufficialmente corrotta. Un
clero assente, occupato nelle
faccende materiali, non offriva più un adeguato sostegno.
Ancora oggi all’interno della
Chiesa cattolica si manifestano segni di malcontento ed
esigenze di rinnovamento.
Prendiamo, ad esempio, la
tanto controversa questione
dell’esclusione delle donne
dagli ordini.
In quale pagina del Vangelo è scritto questo divieto?
Gesù non ha parlato a lungo
con la Samaritana, non si è
incontrato con una donna di
indubbia fama, non ha affidato ad una donna il messaggio della resurrezione?
Le chiese protestanti hanno già fatto un passo avanti:
ricordiamo che a Roma, nella
chiesa di San Paolo fuori le
mura, una donna sposata e
con figli è stata ordinata pastora nella Chiesa anglicana.
Fermenti di rinnovamento,
movimenti sorti sotto il nome di «Noi siamo chiesa» si
sono impegnati a raccogliere
firme in Austria, in Germania
ed anche in Italia, nella nostra terra in cui la fede è ancora chiusa nei rigidi schemi
del passato. Alle soglie del
terzo millennio, ci si augura
una maggiore apertura: verso le donne, verso coloro che
hanno fallito nel matrimonio, verso il celibato, verso il
dialogo ecumenico senza
pregiudizi. E concludendo
cito una frase di Hans Kung
dal libro Progetto per un'etica
mondiale: «Non c’è pace tra
le nazioni senza pace tra le
religioni. Non c’è pace tra le
nazioni senza dialogo tra le
religioni».
Rossana Presciutti
Napoli
La necessità di essere onesti e franchi non deve farci dimenticare la fraternità
Le parole sono pietre, quelle scritte sono macigni
PIERA ECIDI
Le parole sono pietre. Ma le parole
scritte sono macigni. Perché sottovalutiamo sempre le parole? I poeti non
le sottovalutano, perché vengono dal
profondo: lavorano su di esse, ascoltano
la loro musicalità, le intervallano di
pause e di silenzi, le distillano di emozioni, le collocano nel luogo della verità.
Anche i filosofi non sottovalutano le parole: ogni parola un concetto, Tintreccio
di più concetti, diversi significati. Si disputa a lungo su ogni parola. L’eco delle
dispute attraversa i secoli. E gii attori,
come lavorano su ogni parola! Intonazione, sguardi, atteggiamento del corpo.
La parola cade in spazi di pieno e di
vuoto, in sospensioni, esitazioni e irruenze. Anche l’uomo di fede sa Timportanza delle parole. Non le moltiplica
nella preghiera, le avvolge di solitudine
e di silenzio. Se è cristiano, sa gli avvertimenti di Gesù nel Sermone sul Monte,
se è orientale, conosce l’importanza
della meditazione e della contemplazione. E quanto studio praticano i nostri
predicatori su una singola virgola!
Viviamo sbadatamente, di corsa e di
rincorsa. E noi, operatori dell’informazione, lottiamo dietro le parole che descrivono i fatti tra mille condizionamenti: il tempo, lo spazio, il possibile
interlocutore, l’ipotetico lettore o ascoltatore. Come lavoriamo, nei nostri giornali? Con quali competenze, con quali
professionalità? In quali modi e tempi?
Per una volta non faremo il discorso
troppo facile rivolto «al mondo», al solito sensazionalismo dei mass media, alla
superficialità con cui spesso «sbattono
il mostro in prima pagina», per vendere,
per «fare notizia», per battere la concorrenza etc. Per una volta faremo invece
un discorso rivolto a noi stessi, al nostro
interno, come ci invita a fare Mirella
Scorsonelli nella sua lettera dell’ 11 luglio. Tanto più difficile e doloroso quan
do parte da un «caso», qualcosa che
succede, che è lì, che avviene e ci pesa
sul cuore, sul cuore come una pietra.
Stavolta il «caso» riguarda una persona, il pastore Claudio Martelli, un pastore e le sue comunità, un problema di
incomprensioni e fratture che ci auguriamo tutti risanabili, di documenti e
posizioni prese, di istituzioni che si
esprimono, di organismi dirigenti delle
chiese, di assemblee elettive. La comunità dei credenti lavora nei suoi modi,
ed esercita il dibattito interno nelle sue
varie «gerarchie di assemblee», via via
dalle chiese locali, al circuito, al distretto, al Sinodo. La democrazia esige la
trasparenza, la pluralità delle voci,
l’aperta discussione. E fin qui tutto bene, anche se gli accenti «molto duri»,
talvolta «passionali» del dibattito, come
quelli descritti da Jean-Jacques Peyronel sul n. del 27 giugno di Riforma a
pag. 7, nella cronaca della Conferenza
del II distretto, possono far male. E io
personalmente, che ero presente come
delegata, e che mi sono espressa in uno
di quegli interventi di cautela e in difesa di chi non c'era e non poteva dir la
sua, ne ho sofferto. Su questioni tanto
complesse e delicate bisogna fare prima 0 poi un discorso critico sul modi
del funzionamento della nostra democrazia. Ciascuno di noi ha un forte senso di cittadinanza, ciascuno di noi ha il
senso dei pesi e contrappesi necessari.
Perché tutto ciò, di cui le nostre chiese
conservano una primizia e una gloriosa
tradizione, non ci rende più avvertiti in
momenti cruciali? Bene ha fatto ad ammonirci tutti quanti la pastora Laura
Leone nella sua potente predicazione
conclusiva su Gesù e Zaccheo: la predicazione si rivolgeva a ciascuno di noi,
con forte richiamo di ravvedimento.
E veniamo alla cronaca apparsa su
Riforma. Era un cronaca molto difficile
da fare, stretti come si era, oltre alle
coordinate solite del poco tempo e del
poco spazio, anche tra il dovere del resoconto e il rispetto delle persone, di
un fratello e di altre sorelle e fratelli. E
non dimentichiamo che sui nostri giornali scrivono abitualmente tutti: pastori, diaconi, semplici membri di chiesa,
non fior fior di professionisti che facciano questo per mestiere (e che sbagliano anch’essi spesso e volentieri, come si vede aprendo la stampa quotidiana). Se una critica (e un’autocritica) bisogna fare, è che a mio parere in quella
cronaca c’erano sì, gli elementi, ma
mancava un centro, un cuore da cui
poteva irradiarsi una luce diversa, non
«colpevolista» o «innocentista», ma
propositiva, aperta al futuro. E questa
mi è sembrata la posizione espressa
dalla Tavola, e rappresentata da due
suoi membri autorevolmente intervenuti: il vicemoderatore past. Franco
Becchino e la delegata per il II distretto
Marcella Giampiccoli.
La Tavola ha saggiamente invitato alla
«riconciliazione delle memorie», non distribuendo cioè torti o ragioni, ma indicando il difficile cammino della comprensione reciproca. Se come Riforma
abbiamo involontariamente causato altri dolori e incomprensioni ai fratelli e
alle sorelle, al pastore Claudio Martelli
(che peraltro conosce da giornalista
qual è la difficoltà di ogni resoconto),
chiediamo a loro di perdonarci per questo, ed anche a Dio. Forse ci sarà un momento in cui sarà opportuno ritornare
su questa vicenda, con il massimo di fraternità. Credo che ora, per avviare quella
strada delicata di ricomposizione indicataci dai massimi organismi dirigenti, e
che è fatta di tanti piccoli passaggi, di
tante cose piccole e delicate, di tanto
ascolto e di tante sfumature, dobbiamo
bandire le parole, le parole che inciampano come pietre e ostacolano come
macigni, e lasciare spazio al silenzio e
alla preghiera, attraverso i quali possa
farsi stradala risanatrice parola di Dio.
Le iniziative del Movimento nonviolento interessano anche i valdesi
Campi estivi per vivere di persona la nonviolenza
Il Mir-Movimento nonviolento del Piemonte e Valle
d’Aosta organizza per questa
estate dei campi con lo scopo
di diffondere la nonviolenza
praticandola. I campi, rivolti
a coloro che hanno già maturato un orientamento nonviolento e che intendono
confrontarsi con altri, saranno quindi un’occasione di
formazione, approfondimento e solidarietà. I campi prevedono una parte di lavoro
manuale al mattino, come
aiuto concreto alle realtà
ospiti e come scoperta della
bellezza del lavoro condiviso:
un momento di formazione
spirituale al pomeriggio attraverso la riflessione personale, le letture, gli scambi
d’opinione; la convivialità e
la festa serali, per celebrare
l’unità e la fratellanza con
canti, musiche e danze. Per
ogni campo sono previste re
4^^
Torre Pel lice 31 agosto - 2 settembre
Convegno storico
La Rivoluzione francese e
valli valdesi è il titolo del
®KVII Convegno di studi
sulla Riforma e sui moviUienti religiosi in Italia, orgaUizzato dalla Società di studi
yaldesi per i giorni 31 agosto,
1“ e 2 settembre a Torre Pel“9® per la direzione del prof,
l’aolo Romagnani.
Molto ricco il programma
uelle comunicazioni; Miti e
profezie nell’Italia della Risoluzione (Marina Caffiero);
rpPl'icazioni religiose del
^ocobinismo italiano (Vitto>0 Criscuolo); L’organizzalone delle chiese valdesi sot° ^^prministrazione france(Giorgio Tourn); Les proteFrance de la Révo
tfìrn^ ^ ^’Fmpire - 1787u (André Encrevé); Le
donne nelle rivolte del 1797
(Elisa Strumia): La guerra
franco-piemontese e le Valli
valdesi - 1792-1799 (Paola
Bianchi); Reclutamento di
valdesi negli eserciti napoleonici: dalla Legione valdese
al 31 “ Reggimento di fanteria
leggera (Francesco Frasca);
Dall'albero della libertà alle
istituzioni napoleoniche:
esperienze politiche e amministrative dei notabili valdesi (Marco Violardo); Pierre
Geymet sottoprefetto di Pinerolo (Gian Paolo Romagnani); / valdesi e la massoneria
nel periodo francese (Augusto Comba); L’erezione del
tempio di San Giovanni nel
1806 (Claudio Pasquet);
L’emancipazione dei protestanti nella legislazione rivo
luzionaria, in Francia e nelle
«repubbliche sorelle» (Gianni
Long): Daniel Mondon pastore nel Württemberg (Albert De Lange); Una dinastia
di pastori: i Peyran e la Rivoluzione (Stefania Balma, Milena Martinat, Roberto Morbo, Monica Pini).
Questo programma inizia
alle ore 16 della domenica e
termina con la mattinata del
martedì. Come ogni anno il
martedì pomeriggio è invece
destinato a comunicazioni a
tema libero. È possibile soggiornare in camere messe a
disposizione dalla Foresteria
valdese (tei. 0121-91801). Per
iscrizioni e informazioni: Società di studi valdesi, tei.
0121-932179, fax 932566,
dalle 14 alle 16,30.
lazioni e gite. Ecco dove si
svolgono i campi: innanzitutto «Conosciamo il mondo
valdese», dal 20 al 27 luglio
ad Angrogna, in località Nazarotti, tra il Serre e la Vaccera, presso un rustico in ristrutturazione: 10 partecipanti, età minima 18 anni.
Per informazioni telefonare a
Giorgina Momigliano e Franco Nigra (0124-29464 e 01252331302). Le giornate saranno divise in due parti; una
dedicata a piccoli lavori di sistemazione della casa e delle
zone circostanti (pulizia del
bosco, sistemazione dei muretti a secco, ecc.), e una dedicata alla scoperta del mondo valdese nei suoi diversi
aspetti. Gli atri campi sono:
«Maestri di nonviolenza del
’900», dal 20 al 27 luglio ad
Albugnano (At); 15 partecipanti, età minima 18 anni.
Per informazioni: Giovanni
Sburlati (tei. 011-3118793).,
«Ristrutturazione nonviolenta» dal 27 luglio al 3 agosto in
Alta Langa a Lopiano di Bosia (Cn); 12 partecipanti, età
minima 18 anni. Per informazioni Beppe Marasso
(0173-67634). «Strategie per
un cambiamento globale»,
dal 3 al 10 agosto a Cantarana (At); 12 partecipanti, età
minima 18. Per informazioni
Silvana Sacchi e Enzo Borio
(011-357051). «Parlare con la
terra: scoprire il dentro
delTintorno e la solidarietà
naturale», dal 3 al 10 agosto a
Vigna di Pesio (Cn); 15 partecipanti, età minima 18 anni.
Per informazioni Donato
J
TRASLOCHI
preventivi a richiesta
trasporti per
quaisiasi destinazione
attrezzatura con autoscala
operante all’esterno fino a 43 mt
SALA GILLIO
Via Belfiore 83 - Nichelino (TO)
Telefono 011/62.70.463
Cellulare 0336-210807
Bergese (0171-402716 oppure 75166). «Nonviolenza e
trasformazione dei conflitti»,
dal 17 al 24 agosto a San
Martino di Busca (Cn); 20
partecipanti, età minima 18
anni. Per informazioni Renzo
Dutto (0171-943407). «Famiglia, giustizia e scelte quotidiane», dal 24 al 31 agosto a
Vigna di Pesio (Cn); 6-7 famiglie, per tutte le età. Per
informazioni Daniela Fossat
e Andrea Saroldi (011591879). «Giochi, strumenti e
idee per una società interculturale», dal 24 al 31 agosto a
Vasto (Ch); 12 partecipanti,
età minima 18 anni. Per
informazioni Minny Cavallo
ne e Paola Romano (tei. 024474796). «Vivere con il sole», dal 31 agosto al 7 settembre a Vezzano sul Crostolo
(Re); 10 partecipanti, età minima 18 anni. Per informazioni Laura Gentili e Claudio
Greco (tei. 011-9046515).
Per la partecipazioni ai
campi è richiesto un rimborso spese di 150.000 lire, più
altre 50.000 per l’assicurazione infortuni dove richiesto; al
momento dell’iscrizione bisogna versare 50.000 lire sul
ccp n. 20192100 intestato a:
Movimento Nonviolento, via
Venaria 85/8, 10148 Torino,
specificando sul retro a quale
campo ci si vuole iscrivere.
RTECIPAZIONI
RINGRAZIAMENTO
«Solo in Dio trova riposo
l’anima mia: da lui
proviene ia mia salvezza»
Salmo 62, 1
I familiari di
Valentina Long
ved. Cavallotto
rinonoscenti ringraziano i suoceri
Olimpia Raymondo e Alessandro
Besson e tutti coloro che con la
loro presenza sono stati loro vicini
in questa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare
al dottor Griffa e al pastore Vito
Gardiol.
San Secondo, 6 luglio 1997
RINGRAZIAMENTO
«...e fattosi sera
Gesù disse loro:
passiamo all'altra riva»
Marco 5, 35-36
Dopo breve malattia ci ha lasciati la cara
Lina Tron Micol
di anni 75
Ne danno l’annuncio il marito
Ernesto, i figli Giuliana con Adalberto, Renato con Fernanda e
Laura, le cognate Giacomina e
Paolina, i nipoti e parenti tutti.
I funerali hanno avuto luogo
nella chiesa valdese di Mantova
il 7 luglio.
I familiari ringraziano tutti coloro che sono stati loro vicino in
questa triste circostanza, in particolare ringraziano il past. Giulio
Vicentini che ha presenziato al
funerale.
Eventuali offerte in memoria
potranno essere destinate all’
Asilo dei vecchi di San Germano.
Mantova, 7 luglio 1997
RINGRAZIAMENTO
«O Signore,
Signore nostro,
quant'è magnifico
il tuo nome
in tutta la terrai»
Salmo 8, 1
La moglie Mimma, i nipoti Donatella, Luciano e Giovanni Deodato, Gianfranco e Fiorenza
Quattrini esprimono la loro
profonda riconoscenza a tutte le
persone amiche che si sono
strette intorno a loro nel momento della separazione da
Franco Quattrini (Ciccio)
Torre Pellice, 18 luglio 1997
16
PAG. 1 2 RIFORMA
Vita Delle Ghie;
VENERDÌ 18 LUGLIO 1997
Lentini: uno spettacolo della compagnia «1 triaggianti:
Sul palco in ricordo di Hamid
Il legame dei battisti con la propria cittadina e l'adesione
al dramma di un giovane immigrato marocchino
NUNZIATINA FORMICA
.. ARO Hamid, chissà se
I un giorno saremo anche noi invitati alla festa con
Dio». Con questo saluto
drammatico e perplesso (Hamid è morto), «i triaggianti»,
commossi si congedavano
dal folto pubblico lentinese
che gremiva il centro della
villa Gorgia per assistere alla
rappresentazione della commedia «Hamid Er Rioui». Applausi per gli attori e commenti fra gli spettatori che
dalle rumorose risate suscitate dai primi due atti passavano, nel terzo atto, ad un silenzio eloquente e rispettoso.
Era stato loro annunciato che
non si trattava più di una
commedia, bensì di un tragico atto, che non di rado, in
qualche modo conclude la
storia della vita degli immigrati nel nostro paese, com’è
successo al nostro caro amico Hamid, un giovane marocchino di 27 anni investito
fatalmente da un camion
mentre vendeva fazzolettini
sul ponte di Primo Sole.
È la seconda volta che la
compagnia teatrale della
Chiesa battista di Lentini recita nella propria città con il
patrocinio del Comune. Due
mesi fa rappresentò «Cortile
speranza» per gli anziani della città, sul palcoscenico del
nostro locale di culto. In
quell’occasione intervenne il
sindaco e parte deU’ammini
Un momento dello spettacolo
strazione comunale. Nel suo
discorso il sindaco si disse
lieto dell’iniziativa e sottolineò che la presenza della
Chiesa battista nella città di
Lentini non è inosservata e
ha peso nel tessuto sociale.
Invitata a concludere il ciclo
del teatro scuola leontino per
il 14 giugno, la compagnia
questa volta ha scelto di recitare la storia di Hamid per ricordarlo e per dare il suo piccolo contributo alla riflessione sulla condizione degli immigrati, sui disagi e sull’odio
razziale che rende più difficile la loro permanenza in terra
straniera, lontani dagli affetti
più cari. La commedia è stata
preceduta da una introduzione, tratta dal materiale preparato dalla Fcei per l’anno
degli sradicati. Ad Enzo Caruso, autore e regista della
commedia il sindaco ha consegnato una targa ricordo per
la compagnia e ha avuto parole di elogio per la commedia che ha definito di profondo significato. Il sindaco ha
infine ha auspicato che «Cortile speranza», considerato il
tema, venga rappresentata
nelle scuole per la prevenzione e la lotta contro la mafia.
In verità, da quando la compagnia si è costituita in associazione teatrale ha già recitato per le scuole di diversi
Comuni della Sicilia orientale. A Francesco Formica è
stata conferita una grande
medaglia, quale miglior protagonista. Agli altri attori e attrici una medaglietta ricordo.
; Chiavari: incontro delle chiese battiste liguri
Rallegratevi del continuo nel Signore
ERMINIO PODESTÀ
Domenica e luglio è stata una giornata di fraternità e di gioia perché, organizzato dal Coordinamento
della Liguria, si è svolto presso la chiesa battista di Chiavati rincontro delle chiese
battiste della regione. La
giornata ha avuto inizio con
il culto presieduto dal pastore Franco Scaramuccia, incentrato sul versetto 4 del
cap. 4 della Lettera ai Filippesi: «Rallegratevi del continuo
nel Signore, Da capo dico:
rallegratevi».
Sono stati eseguiti alcuni
canti a opera delle corali riunite di Chiavari e Rapallo,
ben dirette dalla sorella di
Rapallo Myriam Grassi. L’inno più significativo, e adatto
all’argomento, è stato uno
spiritual degli schiavi neri
che esprimono la loro gioia
così:«Canta il mio cuore canta la mia gioia». Una ragazza,
cantante blues che frequenta
da circa un anno la chiesa, ha
Il pastore Franco Scaramuccia
Impressioni e speranze in seguito a un «giro» nelle chiese di Napoli
Predicare nelle comunità è un vero privilegio
PIERO bensì
Ho avuto il grande privilegio, daH’8 al 15 giugno,
di trascorrere una settimana
di predicazione a Napoli e
ringrazio i miei colleghi di
quella città (e dintorni) che
mi hanno invitato. Il programma è consistito in sette
predicazioni e una conferenza: un vero «tour de force»,
che invece di essere faticoso
è stato corroborante. La pri
ma impressione che si riceve
visitando così, giorno dopo
giorno, le sette chiese battiste
del Napoletano è quella della
grande varietà dei doni. Ogni
chiesa ha i propri innari, il
proprio modo di fare musica,
di pregare, di organizzare il
culto. Questo rientra proprio
in quella libertà battista tipica della nostra tradizione.
Un’altra caratteristica che
balza agli occhi è la presenza
di tanti e tanti giovani. Per noi
Riforma
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Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il
n. t76 del 1° gennaio 1951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 27 del 11 luglio 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale all'Uffioio CMP
Nord, via Reiss Romoli 44/11 di Torino mercoledì 9 luglio 1997.
che siamo abituati a fare i nostri culti fra persone anziane
(che sono tuttavia un segno di
perseveranza e di fedeltà), fa
piacere vedere così tanti giovani impegnati nelle chiese. A
loro è affidata la musica suonata a tutto volume con strumenti moderni. Ogni volta
che li ascoltavo mi veniva in
mente lo spiritual americano:
«Make a joyful noise unto thè
Lord!» (Salmo 100, 1); certamente quello che più mi ha
«afferrato» è stata l’attenzione
sostenutissima alla predicazione. Era un piacere predicare a quei fratelli e a quelle sorelle, che quasi sembravano
togliermi le parole di bocca e
talvolta sottolineavano con i
loro «amen» le frasi più impressive.
Non so quale parte abbia
giocato in tutto questo il rispetto per... i miei capelli
bianchi, ma è un fatto che in
situazioni del genere si riscopre veramente la gioia della
predicazione dell’Evangelo!
Che va predicato sempre, comunque e dovunque: ma
quando vedi che l’uditorio
recepisce profondamente
quello che dici, le parole
escono quasi spontanee dalle
labbra. Un’esperienza che,
forse, ha fatto più del bene a
me che a coloro che sono venuti ad ascoltare. Il sabato
pomeriggio, a Casa materna,
la nostra corale battista napoletana, diretta dal bravissimo Carlo Leila, ha offerto
una bella selezione di canzoni napoletane classiche, con
tanto di costumi e scenografia: una serata veramente
piacevole. Mi auguro che lo
stesso concerto abbia avuto il
successo che si merita a Graz.
L’ultima domenica ho dedicato l’ultimo mio sermone
napoletano alla nostra comunità di via Eoria. È stato veramente commovente per me
salire (dopo circa dieci anni)
su quel pulpito, così carico di
ricordi. Ho rivisto in un attimo tutto il lavoro del terremoto in Irpinia e le tante lotte sostenute per accellerare i
lavori di risistemazione della
sala di culto terremotata, ben
coadiuvate dal pastore Nicola
Leila. Un periodo eroico sia
per la comunità che per me e
i miei collaboratori. La chiesa
di via Foria è sempre una comunità vivace e ricca di tanti
doni spirituali. 1 saluti e i ringraziamenti finali da parte
dei pastori Aprile e Maffei,
sono stati particolarmente
graditi. Ma in realtà sono io
che devo ringraziare loro.
CONFERENZA
Mercoledì 23 luglio 1997
alle ore 19, presso il Centro
ecumenico internazionale
per la riconciliazione di Nettuno (Roma), il pastore Eugenio Stretti terrà una conferenza su «Walter Lauri: pioniere della riconciliazione».
PERSONALI
Marco Caravella, insieme ai genitori Silvia e Pietro, è lieto di annunciare
la nascita del fratellino
Paolo, venuto alla luce il 7
luglio 1997.
Firenze, 18 luglio 1997
Radio e televisione
Al
ligiy
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche, trasmessa a domeniche alterne
alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della settimana seguente alle ore 9,50 circa. Domenica
27 luglio (replica il 4 agosto) andrà in onda:
«La croce e il calumet - storie degli indiani d’America».
eseguito in maniera stupenda uno spiritual in inglese.
La predicazione ha ben
chiarito che Paolo aveva,
umanamente parlando, ben
poco da gioire, con tutte le
afflizioni all’ordine del giorno. Ma c’era in lui qualcosa
che lo rendeva felice. Anche
noi oggi, comunità cristiane,
nonostante le incomprensioni e le difficoltà, dobbiamo
gettare lo sguardo, alla luce
della fede, al di là del presente. Nonostante tutto dobbiamo trovare la forza e il coraggio di continuare il cammino,
possibilmente insieme, perché Dio ha preparato per noi
qualcosa di grande.
Il presidente del Coordina
Chiesa metodista di Terni
Gioia per la confermazione
FEDERICO ROELA
IL 22 giugno la chiesa di
Terni, in un’atmosfera di
gioiosa partecipazione, ha
ascoltato la dichiarazione di
fede della giovane Cristina
D’Ulizia che ha chiesto la
confermazione e l’adesione
alla comunità dei credenti. Il
pastore Bertolino ha posto
l’accento sull’importanza
dell’evento che coinvolge al
tempo stesso la neoconfermata e l’intera comunità che
insieme, nella fedeltà all’insegnamento evangelico, saranno partecipi della comunione in Gesù Cristo.
La giovane Cristina, fin da
rimonia.
Chiesa evangelica di Cuneo
Ricordo di Sara Begnamino
EMMANUELE PASCHETTO
VENTOTTO anni, un carattere saggio e ribelle allo stesso tempo, Sara aveva
lasciato il suo lavoro a Cuneo
tre anni fa perché non condivideva l’atteggiamento dei
suoi superiori ed era andata a
lavorare a Nizza, come tecnico di radiologia. Lontana dalla famiglia e dalla comunità,
fragile, ma decisa ad affrontare la vita e a spendervi il meglio di sé per i prossimo.
La sua vita è stata troncata
da un balordo, là dove lavorava, che per rubarle l’auto
non ha esitato a travolgerla
uccidendola. L’ultima volta
che incontrai Sara a Cuneo
mi aveva detto: «Sarai tu a celebrare il mio matrimonio» e
invece, insieme al pastore
Michele Foligno, ho dovuto
celebrarne il funerale, martedì 8 luglio. Le comunità
evangeliche del Cuneese si
sono strette attorno ai genitori e alla sorella, distrutti dal
dolore ma capaci di dimostrare una dignità umana e
una fede cristiana incredibili.
Al funerale il padre di Sara
non ha solo ringraziato i presenti per l’affetto dimostrato.
Cronache
mento. Luca Monaco, ha precisato che non era stato fissato nessun programma per la
giornata: si trattava di condividere insieme idee, e progetti, fraternizzando in una unità
di intenti nel nome del Signore. Dopo il culto è stato consumato il pranzo al sacco nella pineta di S. Eufamiano, fraternizzando poi per tutto il
pomeriggio. La giornata si è
conclusa con l’auspicio di ripetere questi incontri, per accrescere la solidarietà fra le
chiese, con la raccomandazione di scegliere ogni volta
una piccola comunità della
diaspora, che potrà trarre da
questi incontri un incoraggiamento e un arricchimento.
bambina, ha frequentato la
scuola domenicale e successivamente, partecipando ai
corsi di catechismo, ha completato la propria preparazione evangelica. La sua dichiarazione di fede e la condivisione della cena del Signore sono state l’espressione più evidente della sua
scelta di vita. Voglia il Signore che questa sua scelta produca molti frutti e che sia
anche un ulteriore segno
della vitalità della chiesa. Il
dono della Bibbia e le parole
di compiacimento del pastore a nome della comunità
hanno concluso la felice ce
rna ha anche chiesto al Signore di tramutare i naturali
sentimenti di rancore verso
l’assassino della figlia in capacità di perdono,secondo
l’esempio di Gesù.
La parrocchia cattolica di
San Paolo che da oltre 15 anni
conduce una bella esperienza
ecumenica con la comunità
evangelica cuneese, unendosi
al dolore della famiglia, ha offerto la propria chiesa per la
mesta cerimonia a cui hanno
partecipato circa trecento
persone.
L’Associazione delle chiese
battiste del Piemonte, le singole comunità, i pastori che si
sono alternati alla guida della
diaspora cuneese. Franco Casanova, Albert Craighead,
Herbert Anders e chi scrive si
associano con le proprie famiglie nel lutto che ha colpito
la chiesa evangelica di Cuneo,
ricordando ad Angelo, Mimma e Daniela le promesse della Parola di Dio: «Né morte,
né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose
future, né potenze, né altezza,
né profondità, né alcun’alto
creatura potranno separarci
dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore».
SAN SECONDO — Due giovani della nostra comunità hanno
conseguito la laurea in giurisprudenza: Monica Fogliami’
con una tesi dal titolo «La teologia del matrimonio e i ma'
trimoni interconfessionali nell’ordinamento valdese» o
Rossano Forneron con la tesi «L’ordinamento della Chiesi
valdese tra intesa e concreta esperienza sinodale», con prò,
ciso riferimento ai finanziamenti pubblici a chiese e en
ecclesiastici. Auguri da tutta la comunità.
• In luglio si sono sposati Paola Gay e Massimiliano Ar^
gio ed è stato battezzato Stefano di Silvio e Laura lahio^
per loro e le loro famiglie vogliamo indirizzare i nostri ari
guri e invocare la benedizione del Signore.
• Alla famiglia di Valentina Long, deceduta ultimamen _
esprimiamo la nostra solidarietà cristiana, nella speran
della resurrezione che l’Evangelo ci annunzia.
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succ
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