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ECO
DELLE VALLI VALDESI
Slg. FEYROT Arturo
Via C. Gabella 22/5
16122 GENOVA
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 107 - Num. 20
Una copia Lire 70
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TORRE PELLICE - 15 Maggio 1970
Amm.: Via Cavour 1 - 10066 Torre Pellice - c.c.p. 2/33094
Le cose
di sopra
« Cercate le cose di sopra dove Cristo
è seduto alla destra di Dio. Abbiate
l'animo alle cose di sopra, non a quelle
che son sulla terra ». È l’apostolo Paolo che rivolge ai cristiani questa esortazione (Colossesi 3: 1-2) per il tempo
successivo all’Ascensione, ora che Gesù
è alla destra di Dio. All’innalzamento
dei Cristo, salito dalla terra al Padre,
deve coi rispondere nei cristiani la ricerca delle « cose di sopra », senza cedere al richiamo di quelle « che son sulla terra ».
Oggi, l'appello apostolico a cercare le
cose di sopra ha molte probabilità di
essere frainteso sia dai credenti che dagli increduli e, fra i credenti, sia dai
conservatori che dai contestatori. La
reazione immediata che esso suscita
può esser così formulata; Ma è proprio questo il richiamo di cui i cristiani di oggi han più bisogno? Non son
già fin troppo dediti a cercare le realtà
celesti dimenticando quelle terrene?
Non bisognerebbe piuttosto far loro Iq
raccomandazione opposta, esortandoli
a occuparsi di più e meglio delle cose
umane — dei cosiddetti « problemi penultimi »? Non è forse giunto anche per
i cristiani il tempo di accogliere senza
riserve l’invito appassionato che già intorno al 1880 Federico Nietsche rivolgeva a tutti gli uomini per bocca del
suo Zarathustra: « Vi scongiuro, fratelli miei, restate fedeli alla terra »?
L’accusa sovente mossa ai cristiani
di avere tradito la terra non è priva di
fondamento. Se il mondo è quello che
è, non è solo per la presenza del Maligno ma anche per l’assenza dei cristiani. Non che sian scomparsi, ma è difficile, da fuori, accorgersi che ci sono.
Dio li ha mandati nel mondo, ma essi
si son ritirati nelle chiese. Dovrebbero
essere' in prima linea, su tutti i fronti
della fede, della speranza, dell’amore,
della giustizia, della pace, della libertà,
della verità; invece, nelle battaglie che
si combattono sulla terra, occupano di
solito posizioni di retroguardia, mentre in avanti vanno gli increduli a compiere, paradossalmente ma realmente,
la volontà del Padre e a precedere nel
Regno i figliuoli di Abramo. Così gli
ultimi diventano primi, e i primi ultimi.
In verità, non sarebbe fuori luogo
esortare i cristiani, che sulla terra sernbrano essere più assenti che presenti,
ad aver l’animo alle cose che son sulla
terra, alle cose che accadono nel loro
villaggio, nella loro città, nel loro paese.
Non sarebbe fuori luogo ricordare ai
cristiani che il prossimo da amare è
sulla terra e non in cielo. « Oggi molto
dipende da questo: se noi cristiani
avremo forza sufficiente ad attestare
al mondo che non siamo sognatori e
non viviamo nelle nuvole; non lasciamo andare le cose come vanno e la nostra fede proprio non è l’oppio che ci
consente di essere contenti in mezzo a
un mondo ingiusto... È davvero inevitabile che il cristianesimo, che all’inizio fu così rivoluzionario, debba ora,
per tutti i tempi, essere conservatore? »
(D. Bonhoeffer).
Eppure, il richiamo di Paolo a « cercare le cose di sopra » è quanto mai
opportuno proprio per i cristiani di
oggi, a patto però che non venga frainteso, come può esserlo facilmente: dai
conservatori, se lo considerano un invito alla fuga nelTinvisibile e all’evasione dalle responsabilità terrene; dai
contestatori, se lo considerano un discorso mitico e alienante, una prospettiva superata di cui occorre liberarsi.
Cosa sono, dunque, « le cose di sopra »? Sono le cose di Dio: il suo amore
(non il nostro), la sua sapienza (non la
nostra, la sua giustizia (non la nostra, la
sua pace, la sua verità, la sua libertà,
la sua salvezza, la sua vita (non le nostre). Le cose di Dio si trovano in Cristo il quale, appunto, è seduto alla destra di Dio e non — come molti dicono — « incarnato » qua e là sulla terra.
Le cose di Dio non si trovano né nell’intimo deH’uomo né nel grembo della storia, ma ir Cristo. Perciò cercatele in lui,
e non altrove. Cercatele per gli altri,
ma non negli altri; per il mondo, ma
non nel mondo; per la storia, ma non
nella storia. Le cose di Dio cercatele in
Cristo.
Cercate le cose di sopra, non di sotto, le cose di Dio, non dell’uomo. Questo è il compito dei cristiani. Solo cercando in Cristo ciò che devono vivere
nel mondo i cristiani impareranno a
essere presenti nel mondo senza perdersi in esso. Un cristianesimo che non
cerca « le cose di sopra » o perché pensa di averle già in sé o jterché ritiene
di poterne fare a meno, di cristiano ha
solo il nome, non la sostanza.
Paolo Ricca
la guerra dilaga: intervento americano in Cambogia [j ppj|||3 COIltGrGIIZB
u r-% • I II I ■noniiiale dei cristiani
Quei che prendon la spada per ia paiestina
periscon per la spada,,
(Matteo 26, 52)
La notizia dell'ulteriore, improvviso allargamento del conflitto in
Indocina con l’invasione della
Cambogia — finora neutrale — da
parte di truppe statunitensi e sudvietnamite, ha suscitato dolore,
costernazione, riprovazione ferma
condanna in moltissimi ambienti,
in primo luogo negli stessi Stati
Uniti. A Washington, sabato scorso, s’è svolta una stupenda marcia
di protesta di 100.000 persone, in
maggioranza giovani: una « giovane America » diversa da quella che
approva o accetta l’intervento
americano in Indocina. I dimostranti hanno, per così dire, cinto
d'assedio la Casa Bianca: un assedio morale che vale infinitamente
di più di qualunque prova di forza militare o di qualunque passo
diplomatico. Né sono da dimenticare i quattro studenti dell'Ohio
uccisi pochi giorni prima nel corso di manifestazioni giovanili contro la nuova iniziativa bellica: uccisi dalla polizia.
Nell'ultima pagina di questo numero vi è un'analisi politica della
vicenda. Ma nessuna analisi politica può esaurire un problema che è,
prima di tutto, morale e spirituale.
Il Presidente Nixon e il Pentagono (che tra l'altro hanno scavalcato il Congresso americano, decidendo l'intervento in Cambogia
senza chiedere il suo parere e senza disporre della sua autorizzazione) possono addurre, in appoggio
al loro operato, ragioni militari e
strategiche più o meno valide. Ma
dove sono le ragioni morali? Non
ce ne sono — a nostro avviso —
né per la presenza americana in
Indocina né, e ancor meno, per
l'invasione della Cambogia. Perciò
quest'azione dev'essere condannata senza riserve e senza attenuanti.
Non basta, per giustificarla, invocare la ferrea logica della guerra. Tanto meno basta il proposito
di Nixon che vuole « a tutti i costi
difendere la vita dei 400 mila soldati americani che si battono eroicamente in Vietnam». Il settimanale cattolico torinese « Il nostro
tempo » osserva giustamente a
questo proposito, che « per questi 400 mila si mette in pericolo la
vita di milioni di asiatici inermi.
Si bruciano villaggi, si mitragliano civili, si distruggono civiltà, si
sparge la violenza nel mondo, si
porta alla miseria e alla disperazione popoli interi, si incendiano
con il napalm svuole e bambini. Si
invade una ru.zione neutrale per
difendere l'tndme che impone la
nazione più forte e più ricca della
storia dell'umanità ».
Nixon ha ancne detto di non volere vedere l'America ridotta a potenza di secondo piano. Ma non
è certo invadendo la Cambogia che
si scongiura una diminuzione di
prestigio internnzionale, che proprio in questo modo viene ulteriormente compromesso. E comunque
Dio non ci chiederà conto del nostro prestigio m i ci chiederà conto della vita dei nostro prossimo.
Una sola vita umana vale infinitamente più di tutto il prestigio del
mondo. Misero prestigio quello,
che dev'esser difeso spargendo
sangue.
L'incursione in Cambogia, comunque vada sul piano militare,
è fin da ora e irrimediabilmente
una forte sconfitta morale, che
nessuna vittoria militare (del resto improbabile) potrebbe mai
cancellare.
Ma accanto al problema morale,
vi è anche un problema spirituale,
che si riassume in una domanda
Lettera di E. C. Blake a U Thant
Sempre più i governi ricorrono
aila forza e aiia vioienza
Signor Segretario generale,
se ho deciso di rivolgermi a Lei in
questa forma poco abituale, l’ho fatto
a causa della violazione crescente dei
diritti e della dignità dell’uomo, al servizio dei quali Lei e le Nazioni Unite
sono impegnati senza riserve, come
pure tutte le Chiese associate in seno al
Consiglio ecumenico delle Chiese.
Nel corso di questi ultimi mesi e in
particolare delle ultime settimane mi è
pervenuta un’ondata crescente di appelli alla giustizia e alla riparazione, nei
quali uornini e donne affermano che si
attenta ai loro diritti civili e religiosi.
Questi appelli, documentati, mi sono
stati inviati da un numero così grande
di nazioni, che mi è impossibile tacere.
Secondo questi ricorsi, vi sarebbe violazione dei diritti civili e religiosi dell’uomo e delle sue libertà fondamentali
nei paesi seguenti, il cui elenco non è
del resto completo: Angola, Brasile, Cecoslovacchia, Grecia, Guatemala, Lesotho, Mozambico, Rhodesia, Sud-Africa, URSS, USA.
Le ragioni addotte dai vari governi
per giustificare le crudeltà della polizia e l’applicazione arbitraria e discriminatoria delle leggi sono generalmente le stesse: « Dobbiamo proteggere il
nostro paese daH’anarchia e dalla sovversione », documentando talvolta l’appoggio straniero a tale sovversione. I
sistemi economici e sociali dei governi
contro i quali si levano questi ricorsi e
le ideologice politiche alle quali quelli
si rifanno si situano nei vari Stati dell’est e dell’ovest, del nord e del sud.
La rivalità delle grandi potenze che
lottano per estendere la loro sfera d’influenza sulle potenze minori, tende a
rendere necessaria l’istituzione di « re
gimi d’emergenza », soprattutto nei
vecchi territori coloniali.
D’altra parte, anche nelle grandi potenze o nei « paesi ricchi » la legiferazione e l’applicazione delle leggi vanno
acquistando un carattere sempre più
arbitrario e discriminatorio. È difficile
non trarne la conclusione che, in generale, i governi fanno sempre più ricorso alla forza e alla violenza, senza
tener conto delle loro varie tradizioni
in fatto di diritto e di libertà, nè della
loro ricchezza materiale presente, né
delle loro dipendenze ideologiche.
Può Ella, Signor Segretai'io generale,
prendere una qualche iniziativa tramite la Commissione delle Nazioni Unite
per i Diritti dell’uomo, o almeno lottare contro la tendenza — crescente, pare — dei governi a prendere misure politiche contro i propri stessi concittadini, in nome della legge e dell’ordine?
È possibile che le grandi potenze accettino di rinunciare a sostenere regimi di cui condividono le vedute, quando tali regimi violano le norme della
libertà civile e religiosa che i paesi
membri delle Nazioni Unite si sono
impegnati a rispettare? È possibile che
le grandi potenze esaminino i metodi
ai quali ricorrono anch’esse, a questo
proposito?
Penso infatti che qualsiasi speranza
di instaurare un ordine mondiale e di
istituire nella pace una giustizia maggiore fra le nazioni dipende in primo
luogo dalla moderazione dei governi e
delle loro istituzioni nell’uso della loro
potenza.
Con profondo rispetto Suo
Eugene Carson Blake
Segretario generale
Consiglio ecumenico delle Chiese
Una civiltà che per affermarsi deve calpestare così apertamente i
diritti altrui, che civiltà è? Lo stesso forcing militare di questi giorni non è forse il sintomo di un
grande smarrimento interiore, di
un crescente vuoto spirituale? È
una civiltà spiritualmente minata
quella che dimostra di credere
tanto in se stessa e che brandisce
così facilmente la spada. Una cosa
è la potenza politica, economica,
militare di un paese, un'altra cosa
è la sua sostanza spirituale. Chi
dimostra di credere tanto nella
ragione delle armi, finisce per non
credere più in nient'altro.
P. R.
La prima Conferenza mondiale dei
cristiani per la Palestina ha avuto luogo a Beirut, nel Libano, dal 7 al 10
maggio.
Durante la seduta ecumenica di
apertura, tenutasi presso il palazzo
dell’Unesco, è stata letta la relazione
introduttiva e sono stati precisati gli
obbiettivi della Conferenza.
Successivamente, i dibattiti hanno
avuto luogo per gruppi secondo gli
schemi proposti da sei commissioni
preparatorie ed hanno puntualizzato i
vari aspetti del problema palestinese:
quelli storici, politici, economici, sociali e giuridici. Una giornata è stata riservata all’aspetto teologico della questione.
Il pastore Gino Conte ha presenziato alla Conferenza, organizzata congiuntamente dal settimanale cattolico
« Témoignage Chrétien » e dalla Cimade, l’organizzazione assistenziale ecumenica francese. Nel prossimo numero egli ci darà un’ampia informazione
dei problemi dibattuti e delle risoluzioni finali.
iiimituiiimiiiiiimiiiwMHtti
La corsa agli armamenti
125 mila miliardi all'anno
Il nostro settimanale si occupa
abbastanza frequentemente del tragico fenomeno della corsa mondiale
agli armamenti — convenzionali,
chimici ed atomici —. e nel n. 9 del
27 febbraio scorso abbiamo avuto
occasione di presentare dei dati ben
precisi a questo proposito, illustrando anche la incredibile circostanza
che parecchie fra le più « qualificate » industrie produttrici di armi
sono giunte al punto di reclamizzare i loro « prodotti » tramite cortometraggi cinematografici e sui rotocalchi!
Leggiamo ora un articolo di A. Di
Nola su « La Stampa » di Torino
che riprende questo argomento e ne
rileviamo i punti salienti per affidarli alla meditazione di quei lettori
che non hanno avuto occasione di
prenderne visione.
Secondo il rappresentante francese, dal 1951 al 1961, presso la Commissione del disarmo dell’Onu, Jules Moch, che è anche uno dei più
autorevoli studiosi del problema,
59 dei 126 stati membri delle Nazioni Unite - più la Cina, le due Coree e i due Vietnam (e cioè i tre
quarti deH’umanità) spendono per
gli armamenti una somma pari a
105 mila miliardi di lire annui. Se
poi si aggiungono gli altri stati che
non fanno parte deH’organizzazione
internazionale, la spesa globale an
mia per la preparazione delle guer
re si può valutare intorno ai 125 mi
la miliardi di lire.
Vale a dire come se ogni essere
umano versasse per gli armament
una somma annua di ca. 40 mila li
re, mentre mille milioni di uomin
non dispongono per il proprio so
stentaniento di 60 mila lire all’anno
Alcuni dati; i paesi più sviluppa
ti dedicano in media agli armament
il 6,8% del prodotto nazionale lor
do. Percentuale che sale al 7-8% in
Europa (l’Italia con 1.500 miliard
destina il 15% del bilancio statale
per questo scopo), al 13% nel mon
do arabo e raddoppia quasi nei due
Vietnam, dove infuria la guerra.
Israele spende il 20% del prodotto nazionale, pari a circa 180 mila
lire prò capite, contro le 15 mila lire dell’Egitto, le 230 mila lire degli
Stati Uniti, le 100 mila lire della
Unione Sovietica. La Cina investe
negli armamenti il 10% del prodotto lordo, ma la spesa prò capite è
minima in relazione aH’enormità
della popolazione.
In questa corsa, nessuno si salva,
neppure i paesi « non impegnati » o
neutrali, neppure quel miliardo di
uomini che muore di fame (non loro, evidentemente, ma chi li comanda!).
L’autore dell’articolo precisa poi
che quando apparvero i primi sottomarini « Polaris » armati lon sedici missili a testata nucleare, fu
calcolato che ogni sommergihile di
quel tipo aveva una potenza di fuoco superiore a tutte le cannonate e
le bombe esplose nella seconda guerra mondiale. Ora, decine di <c Polaris » — ognuno dei quali costa oltre
60 miliardi di lire — solcano gli
oceani ; ne hanno costruiti, o li stanno costruendo, l’U.R.S.S., la Gran
Bretagna, la Francia. I missili di uno
solo di quei sottomarini potrebbero
distruggere la vita di un paese come
l’Italia.
L’articolista conclude poi che il
disarmo è ormai una questione di
vita o di morte, senza contare il fatto che senza armi i popoli vivrebbero certamente meglio. Coi 125 mila
miliardi sottratti agli armamenti si
potrebbero costruire ogni anno 10
milioni di case a tre piani o raddoppiare il livello di vita del miliardo
dei « paria » che abitano la terra.
Commentare quanto sopra esposto
ci pare del tutto inutile e fuori luogo : sono cifre e dati che parlano da
soli. Inoltre non vorremmo essere
tacciati di retorica o di demagogia
— specie da quelli di noi che ritengono che « l’equilibrio del terrore »
sia l’unico mezzo per tener lontana
la guerra — nell’affermare che la
sete di potenza e di prestigio acceca
a tal punto gli uomini sì da rischiare la loro stessa totale distruzione.
Più che mai, oggi la questione della corsa alle armi si è trasformata
in un fatto tecnico-industriale, per
cui assistiamo al sempre più stretto
connubio fra la grande industria bellica ed il potere politico.
È verso questa direzione che i cristiani devono agire con la massima
energia ed in armonia con tutte
quelle forze sinceramente amanti
della pace, se ritengono — come devono ritenerlo —- che sia un loro
preciso dovere adoprarsi in tutti i
modi per evitare —-sì —- che un conflitto possa investire l’umanità intera, ma operando innanzi tutto con
una costante azione politica per rimuovere le cause prime — sempre
economico-sociali .— che a loro volta rendono così precaria la pace
mondiale.
Roberto Peyrot
2
P'g ^
N. 20 — 15 maggio 1970
La IX Conferenza della Chiesa Metodista d’Italia
Roma, 6-10 maggio 1970
TAVOLA ROTONDA ECUMENICA
Dibattito sul papato
Bruno Corsani, Alan Kigliley e
Giorgio Spini hanno aperto, col culto, le tre giornate piene flella IX
Conferenza della Chiesa Evangelica
Metodista d’Italia, la cui sessione
plenaria è stata inaugurata alle ore
21 di mercoledì 6 maggio e si è conclusa domenica 10 col culto presieduto, nel tempio di via Firenze, dal
Presidente Mario Sbaffi, nel corso
del quale Ivo Bellacchini ha tenuto
la predicazione. Non ci sono state
consacrazioni pastorali, ma ci sono
stati diversi fratelli che, nel corso
della Conferenza, sono stati ricevuti
o confermati nei vari ministeri che
la Conferenza riconosce.
Chi segue i lavori della Conferenza metodista pensando anche al Sinodo valdese non può non fare due
rapide constatazioni; 1) un’assemblea di una sessantina di membri lavora con una speditezza che i nostri
sinodi devono poter ritrovare con
urgenza; 2) le varie votazioni, disseminate nel corso del dibattito, vedono più o meno lo stesso numero
di votanti dalla prima all’ultima,
mentre relegate in fondo...
L’ordine del giorno che accludo,
con l’invito alle Comunità a riflettere sul senso della propria vocazione; con l’apertura a possibili ristrutturazioni delle attività ecclesiastiche
tradizionali, culto compreso, pur
nella consapevolezza che si tratta di
esperimenti limitati e fallibili; con
l’invito a riconsiderare il culto nel
suo legame col servizio e la testimonianza; col cauto ottimismo nei confronti di rapporti con quel cattolicesimo del dissenso che si dimostri
ispirato ad un autentico rinnovamento biblico; può riassumere più o
meno tutti i motivi di fondo della
Conferenza ed i suoi orientamenti.
Sono stati anche approvati, fra l’altro, due ordini del giorno: uno di
protesta per le violenze che si sono
estese dal Vietnam alla Cambogia,
l’altro per sollecitare i responsabil
a non tenere, se possibile, l’Assem
blea luterana mondiale a Porto Ale
gre, considerando la situazione at
tuale del Brasile e soprattutto la po
sizione assunta da quella Chiesa lu
terana nei confronti dello stato.
Non ha avuto luogo, anche per
mancanza di tempo, un dibattito
sulla stampa. Sono state approvate
le relazioni presentate sulla stampa
interna, è stata rimandata ad altra
sede (l’Assemblea della Federazione ilei prossimo novembre) la discussione su « Nuovi Tempi ».
Gli stabili e le finanze sono anche
per i metodisti oggetto di qualche
preoci'upazione : i guai della Chiesa
visibile... Sono stati unificati i tre
circuiti dell’Italia meridionale e insulare, per ridurre l’isolamento e la
dispersione di quelle comunità. Si è
riaffermato l’impegno a proseguire
nell’apj)oggio alla Federazione.
Quanto ai rapporti con la Chiesa
valdese, le cose essenziali sono:
1) valutazione positiva degli incontri fra Tavola e Comitato Permanente e del lavoro che la commissione mista per i regolamenti e le discipline ha avviato; 2) valutazione
positiva dell’integrazione in corso
fra la Comunità metodista di Napoli
e la Chiesa del Vomere; 3) l’auspicio che le Comunità metodista di
Scicli e valdese di Vittoria, vicine
geograficamente, possano un domani lavorare in collegamento; 4) l’au
spicio che si possa ])rocedere nell’iiitegrazione delle strutture circuitalidistrettuali; ,3) la decisione presa di
spostare al 1972 —- se il Sinodo valdese voterà nello stesso senso — la
sessione congiunta fissata per il
1971, in quanto nel 1971, stessa data, avrà luogo negli Stati Uniti il
Convegno mondiale metodista.
Concludo queste note telegrafiche
con la menzione di Mario Sbaffi,
Presidente designato, e di Gian Paolo Ricco, Vice Presidente designato;
membri del Comitato permanente,
parzialmente rinnovato, sono Aurelio Sbaffi, Ivo Bellacchini e Vezio Incelli (pastori), Sergio De Ambrosi,
Pietro Trotta e Paolo Forma (laici).
A tutta la Chiesa l’augurio di un
anno benedetto al servizio di Dio,
nella speranza e nella gioia.
Salvatore Ricciardi
Il documento Gonclnslvo
La IX Conferenza della Chiesa Evangelica Metodista d’Italia, esaminati i rapporti dei Circuiti e del Comitato Permanente, constata che
diverse comunità, muovendosi sulle linee indicate d ia VII Conferenza
e dal convegno pastorale di Ecumene, hanno avvialo una profonda riflessione sul senso della loro vocazione avvertendo necessità di una
riforma della loro vita interna e del loro rapporto Coa il mondo.
In tale quadro si è avviato un processo di rinn>: /amento del culto,
allo scopo di consentire che lo stesso sia espressione più piena dei doni
individuali e consapevole partecipazione di tutta la Chiesa all’annunzio
dell’Evangelo.
Si è, altres'i, ricercata la possibilità di ristruttur/re le attività ecclesiastiche tradizionali, dando vita a gruppi di servizio più idonei ad esprimere nelle situazioni concrete la vocazione missior^aria della Chiesa.
Tali gruppi sono espressione della necessità che 1 ' comunità non si
astraggano dai problemi in cui l’uomo moderno si dibatte e si rendano
disponibili per le nuove vie di testimonianza che il ¿ignore indica.
La Conferenza riconosce che tali esperimenti di rinnovamento, pur
nella loro limitatezza e fallibilità, costituiscono un’esperienza positiva
per la vita di tutta la Chiesa. Invita, perciò, tutte le comunità ad esaminare le indicazioni che emergono da tali esperienze e incoraggia coloro
che già le vivono a proseguire sulla via intrapresa affrontando le eventuali tensioni che ne derivino con spirito di fraterna carità.
La Conferenza afferma che culto e servizio sono due aspetti della
predicazione della signoria di Gesù Cristo sul mondo intero in vista del
Regno che viene, per cui il rinnovamento del culto non può essere concepito solo come modificazione di forme staccata da un impegno di testimonianza, così come il lavoro dei gruppi di servizio non può prescindere da una sempre rinnovata vita comunitaria.
La Conferenza ha altresì, preso atto che alcune comunità vivono a
stretto contatto con gruppi del dissenso cattolico. ^
Alcuni di tali gruppi sembrano guidati nelle loro azioni da un costante riferimento alla Scrittura come unica norma, da cui traggono
i principi della salvezza per grazia, del sacerdozio universale e della comunità quali elementi primari in opposizione al concetto gerarchico e
sacerdotale. Partendo da tali premesse, detti gruppi ricercano una nuova impostazione dei rapporti con il prossimo in aderenza alla logica del
Regno di Dio.
La Conferenza, pur nella consapevolezza che, in atto, non sono prevedibili gli ulteriori sviluppi di tale movimento, esprime la propria riconoscenza al Signore per questi segni di rinnovamento, e invita le comunità metodiste a stringere con simili gruppi legami fraterni, evitando
ogni possibile fraintendimento di proselitismo o strumentalizzazione,
per dare vita ad un comune confronto con l’Evangelo.
iimiiiniiimiiiimiiimimi
iimimiiiiimiiiimiiiii'Niniiiiiiiiiiii
Dal 1 al 3 maggio, nel centro giovanile di Ecumene (Velletri)
Conginsso Nazionale della Gioventn Metodista
Un Congresso, come quello che ha
riunito i giovani metodisti ad Ecumene, che non si trovava davanti il compito specifico di elaborare una « linea », intendendo con questa parola il
complesso di scelte di fondo che presiedono al lavoro dei gruppi, (è stata
infatti accolta la linea emersa nel corso del Congresso GEI dello scorso anno) ha da una parte recepito dalla
realtà evangelica italiana un certo
numero di problemi per riproporli su
di un piano generale, dall’altra ha
stabilito un certo numero di obiettivi
da raggiungere in futuro.
Il giudizio che è possibile dare in
questo momento è limitato alla prima
parte del lavoro del Congresso, vale
a dire alla definizione dei problemi,
mentre il giudizio sulla seconda parte
è da rimandare al futuro, quando sarà possibile constatare se e in quale
misura le cose progettate saranno di-,
venute realtà.
Come si può anche rilevare da una
analisi sommaria degli ordini del giorno approvati, quello che abbiamo indicato come prima parte del lavoro
del Congresso si può riassumere in
due punti;
1) problema dell’inserimento nella comunità e nei gruppi giovanili di
coloro che vengono variamente denominati giovanissimi, catecumeni, confermandi, cadetti, con una generosità
di termini che si può malignamente
prendere a simbolo del volontarismo
e della improvvisazione con cui la
questione viene molto spesso affrontata:
2) problema dei gruppi di servizio,
inteso soprattutto nel senso dei loro
rapporti con le comunità.
Ritengo che il giudizio da dare a
questi spunti di meditazione e di iniziative concrete sia decisamente positivo, sia perché sono problemi che
condizionano la continuità e la chia
rezza del lavoro giovanile, sia perché,
nella loro stessa formulazione, si ampliano a tutta la Chiesa (metodista
nel caso specifico, ma non è diffìcile
estendere il discorso a tutte le Chiese nel loro complesso e nelle loro singole componenti) rendendola corresponsabile nella loro soluzione.
Si perviene così alla seconda parte
del lavoro del Congresso, vale a dire
al problema che con una punta di
pomposità possiamo deflnire « istituzionale », dello scioglimento o meno
del movimento GEM, problema nato
in seguito alla costituzione della EGEI
e alle successive decisioni della FUV.
Esso è stato affrontato non in maniera diretta, rispondendo ad una domanda diversa, che ritengo molto più
realistica: può o no il permanere del
movimento essere di utilità alla crescita della Federazione nel suo complesso e nei suoi strumenti di base,
vale a dire le Federazioni Regionali?
La risposta è stata affermativa; secondo il Congresso resistenza del movimento ha ancora un senso sia per
ampliare ed approfondire la tematica
unitaria in tutti i gruppi, cosa che
oggi, anche per motivi oggettivi, non
è pienamente realizzata, sia per assicurare un sostegno organizzativo e
finanziario alla Federazione, Ano a
che essa renda inutile nella realtà la
esistenza del movimento.
L’o.d.g. che il Congresso ha votato
su questi problemi chiede, tra l’altro,
che il Segretariato nazionale, nei
prossimi due anni, « si adoperi essenzialmente per una adesione non solo
formale, ma responsabile ed operativa, di tutti i gruppi GEM alla Federazione Giovanile Evangelica Italiana » e che la Conferenza Metodista
consideri « attentamente » la possibilità che il movimento giovanile metodista in un prossimo futuro « si sciol
La settimana scorsa, alla Casa della
Cultura di Milano, in occasione della
presentazione del volume Da Pietro al
Papato di Fausto Salvoni, pubblicato
dall’Editrice Lanterna di Genova, è stato discusso tra cattolici ed evangelici
uno dei problemi più effervescenti dell’attuale momento religioso: rautorità
del Cattolicesimo.
L’interesse del pubblico è stato notevole sia per d numerosi interventi come
per la vivacità e la qualità delle domande poste ai relatori. L’argomento è intatti sentito dai credenti più impegnati
come il modo teologico più rilevante
nel reciproco avvicinamento verso una
sola chiesa. Ma ecco in sintesi il contenuto delle relazioni.
F. Salvoni
Ha parlato per primo l’autore, il professor Fausto Salvoni, membro della
chiesa di Cristo e, tra l’altro, uno dei
maggiori collaboratori della Bibbia
Concordata. Egli ha tracciato « dall’interno » la trama del suo libro che si
divide in due parti. La prima vuol documentare attraverso l’esegesi dei vari
passi neotestamentari e gli scritti storici immediatamente seguenti che il
primato di Pietro non ha nessun fondamento biblico e storico. La seconda
parte studia le cause storiche che hanno fatto sì che la chiesa dei vescovi
divenisse la chiesa del papato. « L'istituzione del papato — ha detto Salvoni
— non è altro che la conseguenza di
alcuni principi errati introdotti nel cristianesimo primitivo ». Egli ha indi concluso auspicando un ritorno alla purezza delle chiese del Nuovo Testamento e riferendosi all’attuale super-organizzazione ha ricordato che quel che
è « sapienza per gli uomini è stoltezza
per Dio ».
A. Agnoletto
Ha preso poi la parola il professor
Attilio Agnoletto, docente di storia del
Cristianesimo presso l'Università di Milano. Ha esordito richiamandosi allo
straordinario interesse che oggi i giovani tornano a nutrire per la storia
del Cristianesimo. Dopo essersi dichiarato consenziente sull' analisi che ha
svolto il Salvoni nella prima parte del
libro (che è «quella che resterà», ha
sottolineato) ha detto di ritenere che
« a livello di fonti, per quanto la Bibbia ci dice, non esiste il primato di Pietro e nemmeno una sua preminenza »,
come invece afferma il Cullmann. Per
quanto riguarda la seconda parte del
volume. Agnoletto ha invece manifestato una riserva. Ha infatti affermato:
« Personalmente credo che il cattolicesimo sia nato autoritario e rimarrà tale
perché ci vuole una confessione cristiana autoritaria. C’è della gente che ama
l’autorità e perciò occorre tollerarla
proprio per un fatto cristiano ». Infine,
dicendo di non voler entrare nel merito degli aspetti teologici delle sue affermazioni, fatte da storico. Agnoletto ha
anche aggiunto che il Vaticano II non
ha cambiato una virgola al Tridentino
ed anzi sotto certi aspetti lo ha peggiorato. La novità è la tolleranza manifestata dal cattolicesimo verso le altre fedi, per quanto di fronte a questioni che toccano i fatti fondamentali
della vita (per esempio il divorzio) rispunta in pieno l’antica tradizione cattolica.
ga per confluire interamente nella
Federazione GEI ».
Hf *
Credo sia importante sottolineare la
presa di posizione del Congresso su
due problemi che non sono esattamente ecclesiastici, ma di fronte ai
quali non era in nessun caso consentito il silenzio: la ripresa dei bombardamenti sul Vietnam del Nord e la
convocazione della Assemblea Luterana a Porto Aiegre.
Sul primo problema il Congresso,
dopo aver condannato la ripresa dei
bombardamenti, chiede alla Conferenza di « manifestare, a nome della
nostra Chiesa, la profonda umiliazione per il fatto che un governo guidato da un uomo che si dichiara cristiano, quale il Presidente Nixon, possa
rendersi responsabile di una politica
cosi brutalmente oppressiva ». Sul secondo problema, il Congresso, considerando che la prevista Assemblea
della Federazione Luterana Mondiale
a Porto Aiegre (Brasile) «costituirebbe, nella attuale situazione brasiliana, un inammissibile appoggio al governo militare e poliziesco del Brasile », rivolge, tramite il Dipartimento
della Gioventù del Consiglio Ecumenico, « un fraterno appello » alla delegazione giovanile all’Assemblea « ad
unirsi a coloro che chiedono la sospensione dell’Assemblea stessa ».
♦ * *
Concludiamo indicando la terna pastorale proposta alla Conferenza della
Chiesa Metodista, all’interno della
quale deve essere scelto il Segretario
della GEM per il prossimo biennio;
Paolo Sbaffì, Vezio Inceli!, Aurelio
Sbaffi e la terna laica del Segretariato eletta dal Congresso stesso; G. Paolo Ricco, Luca Zarotti, Bernardo
Pensa.
Luca Zarotti
G. Boucharcd
nire quella del dottore-teologo che con
il suo carattere di discernimento evita
al cristianesimo di divenire religione,
cioè evasione in un’aldilà fittizio. Buon
ultimo — ha detto ancora Bouchard —
viene il controllo pratico cioè l’autorità
dei vescovi. In conclusione ha poi auspicato che la chiesa del futuro non
sia un cenacolo di intellettuali (come
rischia di essere ia chiesa del dissenso
cattolico e protestante), ma una comunità corposamente storica liberata da
un’autorità « legata giuridicamente con
lo Spirito Santo », e cercata collettivamente nella comunità locale.
A. Asnaghi
Il quarto relatore è stato il professore Adolfo Asnaghi, insegnante di teologia al Seminario di Venegono. Ha
anticipato il suo desiderio di non voler
nemmeno difendere le incrostazioni
che si sono depositate nella chiesa come l’autoritarismo, il conservatorismo,
le alleanze con il potere e quindi la tirannia. Ha però detto che come cattolico può condannare il papismo, ma
non persuadersi della non esistenza del
primato di Pietro. Asnaghi è poi passato o chiarire in quale modo debba intendersi l’autorità nella chiesa. Occorre
cioè rifarsi -all tipo di rapporto che intercorre tra chiesa e Cristo risorto ;aella storia. Se si sceglie un tipo di escatologia chiusa, allora -la questione non
si pone; 'm-a se Invece, come egli ha sostenuto, si è per un tipo di escatologia
aperta e storicizzata, la chiesa diven-t:i
il veicolo storico della trasmissione del
messaggio di Cristo nella storia e l’autorità la garanzia storica di questo trasmettersi. In questo modo il teologo
cattolico ha affermato di non vedeic
offesa verso Cristo, per quanto sia vero
che lo stile societario -della chiesa è
quello più soggetto alle tentazioni del
mondo. Questo resta perciò il modo più
adatto per trasmettere la salvezza ricordando che la chiesa e -Tautorità restano sempre da riformare.
M. Gentili
Il terzo relatore è stato il pastore valdese Giorgio Bouchard, direttore di
« Gioventù Evangelica ». Egli ha anzitutto riconosciuto al volume del Salvoni
« competenza, vigore e apertura », è
passato poi a due domande rivolte a
quanti si interessano oggi alle sorti
della chiesa con particolare riferimento aH’autorità. Si è anzitutto chiesto
se la svolta .storica ha determinato il
passaggio dalla chiesa dei vescovi a
quella del papato non possa ricevere —
come decisione di uomini, sotto la loro
responsabilità e rimettendosi al giudizio di Dio — una valutazione positiva.
G. Bouchard si è detto così del parere
che questa svolta è stata un fatto di
rottura per creare un tipo nuovo di
chiesa (quella latino-occidentale), quando questa non era altro che un reparto
ministeriale del grande impero bizantino. A questo punto, ha proseguito
Bouchard, -si aprirebbe da una parte
un-a chiave per comprendere la fecondità del pensiero latino e dall’altra per
comprendere la storia del papato non
in maniera mitica ma nella sua bipolarità negativa e positiva. E’ per questo
che oggi i protestanti possono chiedere un ridimensionamento del papato
nelle sue -strutture storiche e teologiche e perciò legate al tempo... per
quanto sembra che nulla di ciò stia
avvenendo.
La seconda domanda, apparsa a tutti
molto significativa, è stata ricollegata
alla prima. Bouchaixi si è infatti chiesto qual è nel Nuovo Testamento la
priorità delle autorità. In primo luogo
— egli ha dotto — quella profetica:
indicare vie nuove, mettere a nudo i
pensieri dei cuori. E' un’autorità che
deve e.ssere riscoperta perche ci sia una
vera testimonianza cristiana nel mondo. Dopo, ma molto dopo, potrebbe ve
Ha preso per ultimo la -parola il moderatore del dibattito, l’avvocato Marcello Gentili, direttore di « Momento »
e, come membro deH’Isolotlo fiorentino, esponente del dissenso. Gentili ha
detto che dopo la lettura -del Nuovo Testamento e in particolare dei quattro
famosi passi del primato (Matteo 16,
Matteo 18, Luca 22, Giovanni 21) non
può non vedere una preminenza di Pietro. Una preminenza e un primato che
si -pongono -tuttavia come un servizio
nella comunità. Se i passi non vengono
limitati al loro contesto (come a suo
dire avrebbe fatto il Salvoni), -ma inseriti nella storia, allora da e.ssi salta
fuori la figura -di un Pietro che interpreta il circolo di vita comunitaria della prima chiesa. E’ lui che raccoglie in
sé l’autorità profetica, quella di chiarimento teologico e quella di controllo
pratico.
Dopo le cinque relazioni che hanno
tenuto il pubblico presente in appassionato ascolto per più di due ore,
sono iniziati i vari interventi che, come si è detto, sono stati quanto mai vivaci e signifi'cativi. Ha chiuso il dibattilo la replica finale di Salvoni, il quale
ha ribadito che se tutti i credenti e le
chiese chiedessero alla Parola di risolvere le proprie questioni, si arriverebbe
pian piano allo smussameli to progressivo di tante difficoltà per avviarsi a
una chiesa di testimonianza profetica
esemplace e feconda.
Lino De Benetti
Secondo un teologo cattolico
Dio è nella base
« Quando si chiede ai dirigenti ecclesiastici una specie di dipendenza dalla
base, non è perché noi crediamo che la
base in quanto tale è una fonte automatica di potere apostolico, ma perché
sappiamo che questa base è la sede di
Dio, la cattedra dalla quale Dio si rivela agli uomini, anche agli uomini di
Chiesa, il santuario dove lui proferisce
i suoi oracoli. Ossia noi non guardiamo
la base con occhi profani, la guardiamo con occhi di fede, scopriamo che la
base è la sede di Dio. Quindi noi diciamo al vertice; Voi dovete essere vicini
alla base perché altrimenti non .siete
vicini a Dio ».
Questa è una delle tesi centrali sostenute dal noto teologo cattolico J. M.
Gonzales Ruiz in una conferenza pronunciata il 27 aprile scorso a Pinerolo,
presso l’Asilo di San Lazzaro.
« Il Giornale di Pinerolo e Valli » del
10 maggio scorso pubblica il testo integrale di questa conferenza intitolata
appunto « Dio è nella base ».
In un senso, questa tesi è diametralmente opposta a quella cattolica tradizionale sul papa.
In un altro senso, le rassomiglia molto in quanto pone ancora una realtà
ecclesiastica (« la base») — anziché la
Parola di Dio — come « fonte assoluta
dell’autorità ecclesiale ».
3
15 maggio 1970 — N. 20
pag. 3
Nel venNcinquesimo anniversario della morfe di D. Bonhoeffer
Ogni mattina ieggeva la Bibbia
Son trascorsi 25 anni da quando, su ordine di
Adolf Hitler, il pastore e teologo luterano Dietrich
Bonhoefler è stato fucilato, insieme ad altri sei prigionieri, nel campo di concentramento di Flossen'Germania Occidentale). Bonhoeffer aveva 39
■ ih^. Sono circa 120.000 i tedeschi che dal 1933 al
1945 morirono nelle prigioni e nei campi di concen
tramento tedeschi per la loro opposizione al Nazismo. Molti di questi, come Bonhoeffer, appartenevano della Chiesa Confessante, che fu uno dei centri della Resistenza anti-nazista.
In occasione del venticinquesimo anniversario
della morte di Dietrich Bonhoeffer, ecco un suo profilo, scritto dal pastore Giorgio Tourn.
Al momento della sua morte,
25 armi or sono, Dietrich Bonhoef■ ora qiaisi del tutto sconosciuto
ragli ambienti protestanti tedeschi; interrotta la sua carriera universitaria a Berlino non faceva
parte dei "grandi” della cultura
accademica, insegnante per alcuni
anni nei seminari clandestini della
Chiesa confessante non aveva cariche ecclesiastiche di rilievo, incarcerato a causa della sua attività politica nel momento più grave del conflitto, aveva trascorso i
■joi ultimi anni di vita nel silenzio i 1 carcere senza poter interlirettamente nei problemi
delia vita nazionale. Del tutto sconosciuto o quasi all’estero, eccezion fatta per alcuni ambienti specializzati e ristretti specie ecumenici. Oggi il suo nome ricorre sui
giornali ecclesiastici e sugli stessi
quotidiani laici e non c’è opera
teologica seria che non faccia in
qualche sua pagina, riferimento
alla sua produzione ed al suo pensiero. Conversione improvvisa alla
sua teologia? Scoperta di un pro■ fa sconosciuto? Semplice feno; ■-'no il ritardo culturale per cui
scoprono sempre con 20 anni di
1 Ce do le idee e le persone? Forse
ur ■: queste cose insieme: un fat!'■ ■ .erto Bonhoeffer non è più
, .'CO sconosciuto, un nome che
s hi ¡liiziati sussurrano nelle biblioteche e negli atenei, è un nome
cd un simbolo vivo ed eloquente
per la Chiesa evangelica moderna.
Cdl ambienti in cui si incontra
con r;'.aggior frequenza la sua persona, e citazioni del suo pensiero
aoiiu susiaii^iaiinenie aue; la teologia della secolarizzazione e l’impegno politico. Nel primo caso interes.sa il Bonhoeffer teologo. Nel
secondo ¡1 inartirc della resi:,ten■ c CUtari'ìo .s) rifieti.c sul tema delia .secolarizzazione, della crisi della tede ne! mondo moderno, della
’ .o..'rtia'--j.;;nc della società si ri-o; !'-■-nhocifer e ad alcune del
sità di scoprire la presenza di Dio
nel cuore della vita e non ai margini della morte da un lato e la
teoria dell’uomo e del mondo moderno come realtà adulta dall’altra c’è una distanza qualitativa
enorme, la distanza che c’è fra le
sentenze dei profeti biblici ed i
commenti degli scribi.
• .iitermazioni riguardo al
b' ' per dimostrare che egli
■ 'ùo, in modo particolarmenm .■•cuto, il problema l’interroga' ' ù della fede e lo ha in qualche
! ¡odo risolto prospettando la soluzione di una fede cristiana, un Cristianesimo non religioso.
Il teologo
Fra le lettere scritte dal carcere
esistono realmente affermazioni
significative ai riguardo, ma si
tratta di frasi incomplete, interrogativi lanciati ad un amico lontano, abbozzi di schemi interpretativi molto lontani dalle formulazioni precise e definitive, dai sistemi, dalle teologie organiche che
vanno ora girando il mondo come
« 'eoJogia della morte di Dio ». Il
mondo secolarizzato, la realtà delI uomo insensibile alla parola e
chiuso al discorso religioso non è
per Bonhoeffer una tesi, una dottrina, una teoria inventata nel suo
studio, a tavolino, leggendo inchieste sociologiche sul grado di ateismo della società è un esperienza
vissuta con dei compagni di prigionia, è una scoperta tragica, è il
doloroso svegliarsi di fronte alla
realtà delle cose. I teorici posteriori hanno elaborato la dottrina
della secolarizzazione come fatto
positivo, come passo necessario
per la fede cristiana; non hanno
torto perché le cose stanno così,
ed anche per Bonhoeffer non si
torna indietro si affronta la realtà
del mondo moderno così com’è e
la si affronta non con rimpianti e
nostalgie del passato ma con la
certezza coraggiosa della testimonianza, ma tra le sue frammentarie e sofferte affermazioni riguardo al mondo, all’uomo moderno,
al silenzio della fede ed alla neces
II politi
ICO
Non diversa è la distanza che
separa il martirio del pastore Bonhoeffer e la dottrina dell’impegno
politico sostenuto da altri che fanno riferimento a lui. Non il teologo interessa in questo caso, l’autore dell’etica e di Nachfolge, ma
il resistente, il credente che nel
nome della sua fede in Cristo si è
gettato nella rischiosa avventura
della lotta politica attiva. Anche in
questo caso i fatti sono fatti e non
si possono negare, come le parole
scritte sono scritte e non si possono negare: Bonhoeffer ha fatto
una scelta essenzialmente politica
e si è incamminato da solo, o quasi, e con anni di anticipo, sulla
strada della testimonianza nel
mondo in una forma che molti giudicano ancora oggi insolita e rischiosa. Ha fatto politica pur essendo credente, anzi ha fatto politica proprio in quanto era credente. Eppure la sua morte sul fronte
della testimonianza compromessa
non è riducibile ad un caso già
previsto e catalogato di impegno,
non è un caso etico che garantisce
la validità di impegni politici
a cui è stato condotto suo malgrado.
II credente
Il Bonhoeffer ridotto a questi
due slogans: « Per un Cristianesimo non religioso » e « bisogna fermare il pazzo » non è il Bonhoeffer
che vive nella comunione dei santi
è l’uomo alla moda, giornalisticamente inserito in un sistema di valori e di scelte che è il sistema nostro, è la bandiera di cui ci si serve nella università e nei convegni
giovanili, nelle aule e nelle manifestazioni per coprire se stessi e le
proprie scelte. Un Bonhoeffer di
questo genere è solamente più il
personaggio alla moda, non il
fratello in fede. Ed è invece proprio la dimensione nascosta del
credente Bonhoeffer che dobbiamo
ancora scoprire, la realtà profonda che stava dietro la sua analisi
della testimonianza ed i suoi interrogativi e dietro la sua scelta di
irnpegno. Quella realtà che ha nutrito di forza sempre nuova e di
coraggio la sua esistenza e che
giornalisticamente non è rilevante,
che non fa materia di saggio, che
non ha risalto nel discorso. Il teologo oggi alla moda ed il martire
esemplare fu prima di tutto un
semplice credente che rifletteva
ogni mattina sul versetto delle letture quotidiane ed accendeva, secondo la tradizione luterana, la
candela della corona d’avvento. E
proprio le cose che costituirono
la realtà fondamentale dell’uomo
Bonhoeffer, ci sono quasi del tutto
estranee: la sua riflessione interiore, la sua preghiera liturgica, la
sua lettura biblica, i suoi ricordi
sentimentali, le nostalgie per la
vita della comunità, l’aria conventuale ed un poco monacale dei suoi
seminari teologici. Questo mondo,
che erroneamente qualifichiamo di
« interiore », non ci interessa o
non ci parla più perché non corrisponde a necessità interiori nostre. La fede non religiosa e l’impegno politico corrispondono ai
nostri problemi e ci diamo da fare
per cercare a destra e manca testi
autorevoli ed appoggi per convalidare le nostre ricerche e le nostre tesi, saccheggiamo in fondo
Bonhoeffer come una miniera per
cavarne quello che ci preme.
Dovremmo opporre alle precedenti una nuova interpretazione?
Cercare di tratteggiare un Bonhoffer pietista? Lungi da noi questa
intenzione. Dobbiamo solo chiederci se il nostro modo di leggere
la sua teologia e la sua vita, il nostro modo di leggerlo partigiano
e strumentalizzante non denuncia
l’intima carenza della nostra vita
cristiana. Lo leggiamo così perché
siamo così: teorici della secolarizzazione, indui/l ¡ámente seri e tesi
nella ricerca u profeti dell'impegno, focosi ed arrischiati nell’enunciare le nosti e tesi ma leggeri, senza sostanza, come fogli di carta
argentata che : i muovono e fanno
rumore ma so::0 del tutto privi di
consistenza. L, nostre analisi non
sono molto d'- ùmili da quelle che
fece Bonhoelfc- né le nostre scelte
diverse è solo Eversa la dimensione « deH’uomo .nteriore » come direbbe Paolo; la lezione che egli
ci ha lasciato ■ in sostanza questa
vocazione all., realtà dell’essere
prima che del pensare e del fare.
A questa reabà non si interesseranno mai nt- giornali né editori
,olo credenti. Qui
oggi maestro.
Giorgio Tourn
ne critici ma
Bonhoeffer ci
La tecnologia
e le Chiese
Ginevra (soepi) — La crisi deH’ambiente umano, le conseguenze dei progressi della ricerca genetica e biochimica per il controllo del comportamento umano, la ricerca di un nuovo
umanesimo e di una nuova etica sociale: ecco alcuni dei temi che verranno
affrontati in occasione della conferenza di studio su « L’avvenire dell’uomo
e delta società in un mondo tecnologico », organizzata a Ginevra dal 28 giugno al 4 luglio prossimi.
Si prevede la presenza di un centinaio di partecipanti: biologi, biochimici, fisici, specialisti in demografia ed
etica sociale, uomini di chiesa, che verranno da ogni parte del mondo.
« Il movimento ecumenico interviene
un po’ in ritardo nel dibattito sulla
scienza e sulla società » ha dichiarato
il pastore P. Albrecht, direttore del dipartimento Chiesa e Società, responsabile della Conferenza. « E solo a partire dal 1966 che abbiamo iniziato a
prendere sul serio le conseguenze per
l’uomo della rivoluzione tecnologica ed
abbiamo impegnato un dialogo con gli
scienziati ed i tecnici. Noi tentiamo
ora di trovare rapidamente delle soluzioni, lasciando da parte i presupposti
fondamentali della tecnica moderna ».
In questo dibattito, il Cec può portare il suo contributo favorendo lo studio dei problemi a livello mondiale e
permettendo ai sottosviluppati del
Terzo Mondo di farsi ascoltare, ha sottf)lineato Albrecht. Finora, ogni discus
sione si è limitata ai problemi dei paesi industrializzati. Ma la dominazione
occidentale per mezzo della potenza
tecnica pone un grave problema ai
paesi dell'emisfero meridionale.
Si tratta della prima Conferenza cui
il Cec invita un così gran numero di
scienziati. La loro presenza contribuirà certamente a portare una nuova dimensione allo studio ecumenico delle
questioni sociali. Si deve anche aggiungere che il tema offre un punto di
incontro ai cristiani e ai marxisti, ad
esempio, al di là delle barriere ideologiche.
I partecipanti alla conferenza avranno, come scopo principale, quello di
procedere a un esame critico e alla
scelta dei problemi essenziali sui quali
il Cec dovrebbe riflettere per i prossimi due anni.
Gruppi giovanili
olandesi crilicano
la prossima Assemblea generale della
Federazione Luterana Mondiale
L’appello che il « Gruppo di evangelici laici romani » ha lanciato in favore
del popolo brasiliano e contro il prossimo riunirsi a Porto Alegre dell’Assemblea generale della Federazione luterana mondiale (FLM) — da noi pubblicato due settimane or sono — ha suscitato una certa eco, perché è stato
ripreso da vari servizi stampa ecclesiastici e confessionali. Particolarmente significativo — e rallegrante — il
fatto che il documento è stato segnalato tempestivamente e in parte citato
dal servizio stampa della FLM.
Nel medesimo fascicolo e ricollegata
con la notizia precedente, è pure riportata la notizia di una critica recisa,
proveniente dall’Olanda, contro il volume di documenti preparatori (200 pagine) che la FLM ha diffuso fra i membri dell’Assemblea convocata in luglio
a Porto Alegre, in vista della sua preparazione. Secondo il mensile giovanile
luterano d’Olanda, « Sola Fide », il volume preparatorio dà la falsa impressione che tutto fili sull’olio, in Brasile.
« Con vero terrore ho letto le notizie
superficiali date con indifferenza relativamente al Brasile — scrive Martin
Rupper, di Amsterdam, sul citato mensile —, mentre l’attuale problema di
fondo di questo paese continua a essere che si trovi una forma di governo
la quale prenda in considerazione i diritti dell’uomo ».
L’organo giovanile olandese soggiunge che i documenti di lavoro della
FLM sono in contrasto flagrante con
tutto il programma dell’assemblea.
Inoltre, un sinodo generale, che in misura così assoluta intenda prefiggersi
scopi unicamente ecolesiastici, interni
e introversi, meglio farebbe a non riunirsi affatto. I fondi con i quali tale assemblea viene finanziata ■— si afferma — potrebbero essere usati meglio
in favore dei popoli oppressi nel
mondo.
iiiiiiimiiimiiinimmimin oi
mi.....
mniiiiiiiiiiiiimmimiiiiiimi
Rapporto sul Sinodo della Chiesa Riformata di Francia
La Chiesa deve porre alla società
—' • cf'. —
le istanze decisive dell’Evangelo
La .bella città di Digiune, famosa per
i suoi monumenti antichi, i prestigiosi
villi delta Borgogna c la piccante mostarda, è stata dal I al i Maggio, sede
del tìiiiodo nazionale della Chiesa Ritormata di Francia. Un Sinodo metà del
nostro (88 voci deliberative), die dura
meta tempo del nostro (tre giorni), per
una Chiesa trenta voile più numerosa
della nostra, li Sinodo nazionale è composto unicamente dalie delegazioni dei
quindici Sinodi regionali e dibatte soltanto materie di interesse generale con
un unico tema di fondo oen introdotto
da un rapporto diffuso con grande anticipo ai memori uei sinodo stesso. Il
Smodo si apre con la relazione del Presidente del consiglio INazionaie cne consiste in una specie di panoramica sulla
situazione delia Chiesa. Seguono il rapporto di gestione del Segretario Genelaie, gli o.d.g. dei Sinodi regionali e le
relazioni delie varie commissioni (istruzione, evangelizzazione, finanze, della
disciplina. Facoltà di Teologia), in particolare e stato dibattuto e approvato
in via sperimentale un progetto di ridimensionamento della « carta regionale
e concistoriale ». I confini delle regioni
sono riesaminati in modo da dare alle
vane circoscrizioni ecclesiastiche un
nuovo equilibrio adeguato agli spostamenti di popolazione, alla creazione di
nuovi centri industriali, alla perdita di
importanza di altri, all'apertura di nuove vie di comunicazione, ecc. Nelle zone
soggette a spopolamento si sono raggruppate le veccffie parroochle in centri di diaspora, curate da due o più Pastori con ministeri specializzati, in collaborazione con laici, che irradiano da
un nucleo centrale.
Ma il tema di fondo dibattuto dal Sinodo di quest’anno è stato; « la nuova civilizzazione e il raccogliersi della
comunità » (Civilisation nouvelle et rassamblement de la communauté chrétienne), presentato dal Past. Delteil. La
civiltà moderna mette in crisi le forme
tradizionali in cui la comunità si raccoglie e esprime la sua attività e la sua
esistenza. Questo fatto crea nella Chiesa, molto spesso, una situazione di
smarrimento e disorientamento. Alcuni
insistono nel « tener duro », nel non
cedere, quasi che le forme tradizionali
di esistenza della Chiesa fossero le uniche possibili. La Chiesa assume allora
un atteggiamento di difesa, di conservazione e resistenza passiva davanti ai colpi e ai sussulti della vita moderna. Ma
la Chiesa non deve confondere la difesa della propria tradizione con la difesa dell’evangelo. Anzi la vocazione evan
gelica non la chiama alla difesa, ma
all'attacco, non a salvare se stessa conservando le strutture del passato, ma
di inserirsi nella società moderna annunciando la grazia in Cristo, il suo
Regno e portando Tappello al ravvedimento e alla conversione rivolto a tutti
gli uomini. La Chiesa deve, in uno sforzo di immaginazione creativa, « inventare » nuove forme di vita, un nuovo
linguaggio, non per convincere meglio
0 dar forma a una nuova apologia
(è solo lo Spirito che convince l'uomo),
ma per aprire un dialogo con il mondo
su realtà concrete, per porre alla società le istanze deli Evangelo in una
lingua comprensibile, per chiamare
1 uomo di oggi a una scelta tra Dio e
Mammona, alla decisione della fede.
La Chiesa 'esiste e vive non per il peso
della sua istituzione, ma per un atto
sempre rinnovato dell'amore di Dio e
per la sua costante comunione con il
Cristo, Ma, si chiede Delteil: « questa
comunione in Cristo perde tutta la sua
credibilità se essa non si esprime in
una Iratemità militante per un mondo
ove gli uomini si riconoscono. i\on è
appunto la frattura tra questa volontà
di comunione fraterna e l'assenza di
traduzione politica di questa fraternità,
cne snatura il messaggio cristiano nel
mondo di oggi? Come comprendere in
tutte le dimensioni della vita sociale,
politica, economica e culturale, Tampiezza della liberazione in Cristo Gesù? La guarigione degli ammalati che
nell’Evangelo esprime il rinnovamento
del mondo in Cristo Gesù, non dobbiamo oggi tradurla in termini politici, in
termini di emancipazione umana? Come diceva Philippe Maury; « La politica ò il linguaggio della predicazione
evangelica ». Senza dubbio, a causa della tradizione che le ha formate, le nostre comunità sono poco preparate ad
assumere questo compito, disorientate
davanti al rischio di una parola che
compromette, preferiscono la sicurezza
di un ripiego sul « religioso ». Ma neppure quella che abbiamo imparato nella nostra generazione, da M. Niemoller,
D. Bonhoeffer, a M. L. King, ci insegna
a non rinunciare a una confessione politica delTEvangelo. Citando ancora E.
C. Blake: « La Chiesa deve identificarsi
molto più radicalmente con gli interessi dei poveri, degli sconfitti, degli
abbandonati e delle vittime dell’alienazione. Oggi il segno della presenza del
Messia atteso è nel fatto delTEvangelo
predicato ai poveri e dove i prigionieri
sono restituiti alla libertà ».
Ma il rapporto non si limita a fare
una analisi della società in cui viviamo,
né a tentare alcune stimolanti, quanto
generiche, nuove impostazioni ai vita
e pensiero della Chiesa, ma cerca anche, partendo dalla situazione ecclesiastica concreta, di indicare alcune direttive di marcia per un rinnovamento
delie comunità. Egli vede soprattutto
in sei direzioni, cne chiama « ipotesi
di lavoro per la Chiesa di oggi: a) la
formazione teologica dei laici, b) il pluralismo e la diversificazione comunitaria, con la lormazione di gruppi impegnati in situazioni diverse, dal che
deriva, c) il cambiamento delle torme
parrocchiali oggi siandardizzate; d) la
partecipazione arie responsabilità sul
piano sociale e umano; e) l'impegno
nella costruzione umana della società
fu Che può anche voler dire contestaría); t) il rmnovamenio del culto.
Il lungo « rapporto Delteil » (35 pagine dattiloscritte), verrà pubblicato e
uiiiuso nelle Chiese come prezioso materiale di studio. Esso è una vera miniera di riflessioni stimolanti e, data
la similarità dei problemi, non ci resta
che da avanzare che sia largamente ditiuso anche tra noi, come fautore stesso ha auspicato, al fine di suscitare reazioni e spunti, stimolando quella "immaginazione creatrice ' cne è oggi il
compito a cui la Chiesa deve essere
resa più attenta per uscire dalTimpasse, in CUI minaccia di arenarsi.
Ma prima di terminare voglio riferire brevemente una decisione che il
Sinodo ha adottato e che riguarda in
parte anche la nostra Chiesa. Nella revisione della disciplina, è stato inserito
un paragrafo che attribuisce voce consultiva presso i sinodi regionali a due
rappresentanti di chiese associate all’estero nella zona di frontiera direttamente confinante. Per quel che ci concerne ci è data la possibilità di stabilire un contatto più diretto tra la Conferenza distrettuale delle Valli Valdesi
e il Sinodo regionale della XII circoscrizione (Alpi-Kodano) e forse quella
del li Distretto con la XI regione (Provenza). I^eventuale decisione dovrà essere perfezionata con accordi bilaterali e sarebbe auspicabile offrire la reciprocità della rappresentanza. È un’altra occasione, questa volta molto concreta, per stabilire un nuovo legame
con la Chiesa Riformata di Francia,
così simile a noi e dalla quale viene un
notevole arricchimento di pensiero e
riflessione evangelica sui problemi del
nostro tempo.
Alberto Taccia
4
pag. 4
N. 20 — 15 maggio 1970
Un 'test’ ecumenico che Roma non ha superato
La nuova istruzione pontificia sui matrimoni misti commentata dal prof. Giorgio Peyrot e dal pastore Alfredo Sonelli
Una battuta d’arresto
Una disciplina sui matrimoni misti
riguarda, sia pure indirettamente, anche ambienti confessionali diversi da
quello nell’ambito del quale viene emanata; pertanto è utile esaminarla dal
punto di vista dei rispettivi ordinamenti.
Le nuove norme che con lettera del
31 marzo 1970, resa nota il 29 aprile
scorso, il Pontefice romano ha dettato
per i cattolici che intendano contrarre
matrimonio con persone di confessione religiosa diversa, debbono anzitutto esser valutate nel quadro del diritto
canonico. Posto che lo stesso Pontefice nell’udienza generale del 29 aprile,
rilevando il disagio determinato dalla
contestazione interna, ha denunciato
tra l’altro che « l'indispensabile ordina« mento canonico, che è l'involucro pro« lettivo dei misteri della rivelazione,
« della comunità, dei carismi dello Spili rito, è qualificato come giuridismo
« arbitrario, compressivo e repressivo », giova considerare il portato delle
nuove disposizioni canoniche in tema
di matrimoni misti in rapporto al suddetto fine ed alla qualificazione sopra
denunciata.
È noto che negli ambienti cattolici
romani si erano venute incrementando varie attese per un’apertura in ordine a tale disciplina, fin dal momento in cui l’ultimo Concilio espresse
quel « votum » che il 20.XI.1964 è stato
rimesso al Pontefice « affinché egli
possa formulare un giudizio sull'argomento ». In conseguenza si erano di
poi avute le istruzioni provvisorie
« matrimonii sacramentum » del 18.III.
1966, e quindi l’ampia discussione svoltasi nel Sinodo dei vescovi del 1967.
La materia fu di poi ripresa in esame
dall’apposita commissione cardinalizia
istituita il 19.11.1968, e venne rielaborata in un testo sul quale furono raccolte le osservazioni delle Conferenze
episcopali. Dopo un successivo vaglio,
il 25.111.1970 è stato steso il documento definitivo testé proclamato.
La lettera pontificia del 31 marzo
rappresenta pertanto quel documento
finale sulla disciplina dei matrimoni
misti con cui si conclude la discussione di un problema che ha costituito in
questi ultimi cinque anni un travaglio
di coscienza in numerosi ambienti cattolici.
Attese deluse
Rispetto alle già note istruzioni provvisorie del 1966 le nuove disposizioni
presentano poche novità di contenuto
sotto il profilo canonistico. Tra queste
hanno rilievo: la riaffermata differenza di fondo tra i due impedimenti canonici al matrimonio di una persona
cattolica con altra di fede diversa, a
seconda che quest’ultima sia battezzata o meno; il decentramento delle
competenze in ordine alla disciplina
delle dispense da detti impedimenti assegnata in larga misura alle conferenze episcopali determinando così una
situazione nuova nell’ambito della
Chiesa romana in occidente, in quanto le norme generali ora dettate dovranno essere integrate da norme particolari a carattere nazionale (n. 7).
Inoltre la devoluzione alla competenza
deH’ordinario del luogo (il vescovo) sia
della concessione delle dispense (n. 4),
sia della « sanatio in radice » di matrimoni misti contratti fuori dell’ordinamento canonico con un consenso ritenuto « naturaliter sufficiens » (n. 16);
nonché l’abolizione della scomunica di
cui al canone 2919 per i cattolici che:
o contraggono matrimonio avanti un
ministro acattolico, o si sposano con
la riserva di non educare cattolicamente tutta la prole, o fan battezzare i figli da un ministro non cattolico (n. 15).
La disciplina concreta e di dettaglio
in ordine al rilascio delle dispense è
tuttavia ancora da elaborarsi da parte
delle conferenze episcopali nei vari
paesi; queste dovranno provvedervi
entro il 1.X.1970, data prevista per l’entrata in vigore delle nuove disposizioni pontificie che da quel giorno verranno a sostituire i corrispondenti canoni del codice di diritto canonico
(n. 17).
Per il resto, sul piano della disciplina sostanziale, a parte taluni ammorbidimenti formali, non si notano novità di rilievo nei riguardi delle istruzioni del 1966. Permangono infatti gli
impedimenti per le nozze tra cattolici
ed acattolici, battezzati o meno (nn. 1
e 2); la possibile dispensa da ottenersi
dall’ordinario del luogo (n. 3); le cauzioni da rilasciarsi dalla parte cattolica in ordine ai pericoli per la sua fede, il battesimo e l’educazione cattolica’dei figli, il cui obbligo è ammorbidito nella forma di una « promissio
sincera » di fare tutto ciò che sarà in
suo potere per l’adempimento (n. 4);
il dovere che la parte non cattolica sia
resa consapevole delle cauzioni rese
da quella cattolica (n. 5); l’istruzione
prematrimoniale cattolica per entrambi i nubendi (n. 6); l’obbligo « ad validitatem » della forma canonica della
celebrazione (n. 8); l’eccezionaiità di
una dispensa circa la suddetta forma
celebrativa (n. 9); l’obbligo delle registrazioni ecclesiastiche di tali matrimoni (n. 10); la possibilità che, per le
nozze tra battezzati di confessioni di
verse, il rito abbia luogo « infra missam » (n. 11); la cura post-matrimoniale delle coppie miste da parte del
clero (n. 14).
Pur non potendo qui procedere ad
un’analisi approfondita delle 17 nuove
norme dettate sulla materia, poiché
tra l’altro mancano ancora le disposizioni applicative da emanarsi dalla
conferenza episcopale per quanto riguarda l’Italia, si può tuttavia rilevare
che esse, compendiandosi soprattutto
in un’operazione di decentramento disciplinare, non sembra abbiano risposto alle attese, tant’è che già vari ambienti cattolici europei hanno manifestato la loro delusione ed il loro dissenso al riguardo.
Soluzione unilaterale
Ma anche sotto il profilo ecumenico
le nuove norme dan luogo a talune
perplessità.
Appare indubbiamente chiarificativo
il divieto imposto ai cattolici di celebrare matrimoni misti con rito simultaneo svolto da ministri di confessioni
diverse (n. 13). In tal modo verranno
forse evitate certe promiscuità per le
quali taluni ecclesiastici delle diverse
confessioni si erano resi disponibili
ritenendo, nella confusione delle cose,
di incrementare in tal modo uno spirito ecumenico che si riduceva a mera
compiacenza verso i compromessi
mondani di certe famiglie di cosidetti
benpensanti.
Ma per il resto, il documento rivela
un notevole irrigidimento sulle posizioni tradizionali cattoliche ed un accantonamento per rinuncia, che sembra voler essere definitiva, • di ogni
sforzo per superare le difficoltà insite
nella disciplina di tali matrimoni che
si vedono risolvibili « solo quando sarà ricomposta l'unità dei cristiani ».
Dato die non si cela che un tale problema venne trattato anche in riunioni miste con esponenti di confessioni
diverse, non sembra che sarebbe stato
imprudente sul piano ecumenico cogliere tale occasione per promuovere,
con la partecipazione di altre chiese,
l’iniziativa per pervenire ad un testo
disciplinare relativo ai matrimoni misti steso in comune.
Ed anche se mediante un tal documento ecumenico, oltre a punti di aceoidu bi tubbeiu duvuLc precisare particolari pesanti differenze sul piano
disciplinare, si sarebbe conseguito il
non lieve vantaggio di portare tali differenze innanzi alla coscienza consapevole dei credenti con un testo steso in
comune dalle chiese interessate ed
espresso quindi in linguaggio univoco,
accettevole per tutti, perché indice di
una testimonianza comune foriera di
ulteriore sviluppo. Vien quindi fatto
di domandarsi se, nell’attuale fase delle relazioni ecumeniche e tenendo conto dei non pochi documenti comuni
già redatti tra rappresentanti di chiese diverse, di fronte ad una soluzione
unilaterale autoritativa, l’alternativa
di tentare una disciplina ecumenica
dei matrimoni misti non sia da iscriversi nel novero delle occasioni mancate.
L’essersi poi limitato ad evitare la
commistione delle cose sul piano celebrativo delle nozze (n. 13) per ricercarla invece sul piano della cura pastorale delle famiglie miste (n. 14), pone in risalto quel giuridismo in altra
sede denunciato per cui, nell’insieme,
non sembra che il disposto pontificio
si presenti come il dettato più idoneo
per sormontare gli ostacoli insiti in
una materia per la quale lo strumento
di una disciplina unilaterale si dimostra sempre più inadeguata.
Le pretese di Roma
Sotto il profilo del rilievo che tali
norme potranno avere negli ambienti
evangelici non è qui possibile dilungarsi in un esame dettagliato di ciascuna di esse.
Merita tuttavia precisare alcuni
aspetti tenendo conto che una tale disciplina non riguarda né le chiese evangeliche né gli evangelici come singoli,
se non nel caso in cui taluno di essi,
in occasione di un matrimonio misto,
intenda sottoporvisi accededo a che le
proprie nozze siano celebrate col rito
cattolico.
Anzitutto da dette disposizioni traspare un’accentuazione di esclusivismo
giuridico quasi che il dettato romano
debba essere inteso come norma universale. Che Roma proibisca a coloro
che confessionalmente le ubbidiscono
di celebrare matrimoni con riti simultanei confessionalmente diversi, lo si
comprende e lo si condivide perché
ciò esprime una esigenza di chiarificazione che anche le chiese evangeliche
hanno ripetutamente espresso.
Si comprende meno invece che con
la stessa norma (n. 13) si voglia escludere che, « sia prima che dopo la celebrazione cattolica», si svolga «un'altra celebrazione religiosa del matrimonio per la formazione o per il rinnovamento del consenso matrimoniale ».
Qui vi è un indubbio intervento in re
aliena, indebito circa una materia i
cui problemi sono irrisolvibili da par
te di un documento unilaterale e che
invece solo nell’incontro delle parti sul
piano ecumenico avrebbero potuto
convenientemente impostarsi.
Priva di ogni portata appare poi la
disposizione con cui si prescrive al
clero romano di procurare che anche
i miriistri acattolici collaborino nella
certificazione dei matrimoni misti celebrati canonicamente, « inserendo nei
loro libri la registrazione delle nozze
con la parte cattolica» (n. 10). In tal
modo, mentre con le norme predette
non si dà alcun riconoscimento alla
forma celebrativa dei matrimoni secondo gli ordinamenti delle chiese
evangeliche, si pretenderebbe che queste registrino nei loro libri, come valide, le nozze di loro membri celebrate
canonicamente.
Le nuove disposizioni mantengono
aperto perciò dal punto di vista degli
ordinamenti delle chiese evangeliche,
il problema della validità dei matrimoni misti canonicamente celebrati.
Insistendo in prescrizioni riguardanti
impedimenti, dispense, condizioni, cauzioni ed altri vincoli relativi alla possibilità di contrarre matrimoni tra
persone di confessione diversa, le norme pontificie vengono in sostanza ad
incidere sul piano disciplinare sulla libertà dei credenti di fronte al Signore
ed al loro indubbio diritto al connubio di cui essi soli sono responsabili
dinanzi a Dio. Anche in ordine al matrimonio infatti il compito della Chiesa è quello di annunciare l’Evangelo
agli sposi in modo che abbiano a vivere insieme la loro fede, ancorché
differenziata, in una comune e libera
responsabilità avanti a Dio. Di conseguenza, per le Chiese evangeliche resta tuttora apei'to il problema se un
rito celebrato secondo norme che vincolano e subordinano la volontà degli
sposi e le esigenze della fede alle condizioni poste dalla nuova disciplina
canonistica, possa presentarsi come
una forma che consenta ai nubendi di
contrarre le nozze senza contrastare
allo spirito dell’Evangelo e che pertanto sia idonea a stabilire un vincolo
matrimoniale valido.
Quel che più conta però dal nostro
punto di vista è che il diritto, che noi
teologicamente valutiamo quale compimento dell’atto di Dio che è perciò
giustizia per l’uomo, non debba risultare contorto in una funzione di pretesa protezione umana nei riguardi
delle cose del Signore. Per le suesposte considerazioni le norme da ultimo
dettate in sede canonistica circa i matrimoni misti appaiono come una battuta d’arresto nel «.iaioiuiiiu dol
l’incontro e della pur sempre auspicata unità dei credenf : in Cristo.
Giorgio Peyrot
iiiiiinirimiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiiMi
Si deve andare oltre
L’Osservatore Romano del 30 aprile
pubblica il Motu Proprio « Matrimonia mixta » che Paolo VI ha emanato
in data 31 marzo 1970. Il tono generale del documento causa un sentimento di delusione e di fastidio per
diverse ragioni. Anzitutto esso si presenta come una concessione paternalistica di una autorità che si ritiene
unica e suprema e che contrasta col
principio della « collegialità » che il
Concilio Vaticano II aveva sancito.
Pur riferendosi al Sinodo dei Vescovi, Paolo VI non ha voluto che le norme fossero decise dal Sinodo stesso,
ma ha voluto imporle personalmente,
accentuando così la mentalità che fa
dell’intera chiesa cattolica romana
l’ambito del dominio di un solo uomo
che si pone, sia pure come « vicario »
al posto di Cristo.
Mentalità anti-ecumenica
Il documento è concepito ad uso interno della chiesa cattolica romana e
non dimostra nessuna sensibilità per
le altre chiese cristiane. Non si apre
ad un colloquio ecumenico, ma considera i credenti delle altre confessioni
cristiane soltanto come persone che
dovrebbero ascoltare le pretese della
chiesa romana, senza far valere la
propria confessione di fede e le esigenze della loro fedeltà all’Evangelo.
I credenti delle altre confessioni di
fede sono distinti dai non-cristiani
soltanto in riferimento al battesimo e
non in riferimento alla fede in Cristo. Le forme più retrive della mentalità cattolica pre-conciliare riaffiorano
in ogni espressione del documento, il
quale ribadisce tutte le concezioni
dogmatiche cattoliche tridentine e
mostra di modificare la disciplina soltanto per esigenze esterne e non per
coscienza di un profondo dovere di
revisione dinanzi alla Parola di Dio.
Paolo VI scrive come se il Concilio
Vaticano non ci fosse stato e come se
la teologia cattolica non stesse operando una seria e profonda confronfazione con la Bibbia. Roma si pone
in coda al movimento di risveglio cattolico e mostra di non comprenderne
il significato più profondo.
Nonostante il tono e la mentalità
che ispirano il documento, le norme
che in esso vengono sancite presenta
nn nn nmaro^Qn •npi nnnfr/ìnti (iplla
disciplina precedente e subiscono 1 influsso del lavoro di revisione che la
base cattolica ha compiuto e compie,
specialmente nel periodo post-conci
Assemblea ecumenica di cattolici e valdesi
Sì al divorzio civile
La rivista callolica di testimonianza c di dialogo « Momento », edita a Milano (Via Duccio di Buonin.segna 2.q e diretta da Marcello Gentili, pubblica nel N. 23 uscito in questi
giorni un am|)io documento elaborato dalla « assemblea cristiana del Lorenteggio » sul tema
del divorzio. Lo scritto si intitola: Perché i cristiani devono dire sì all introduzione della legge sul divorzio. Ne ri;>i<)duciamo la parte conclusiva.
Come uomini di fede noi crediamo
nella indissolubilità del matrimonio.
Riteniamo, tuttavia, che la nostra
visione di fede non possa essere imposta a nessuno. Prima che nella indissolubilità del matrimonio, noi crediamo nella dignità e libertà della persona umana. Cristo non ha imposto a
nessuno il suo Vangelo, ma ha rispettato la libertà di ogni uomo. Rifiutiamo perciò l’attuale atteggiamento della Chiesa Cattolica che si serve della
legge dello Stato italiano per imporre
a tutti i cittadini — cattolici e non
cattolici — il principio cristiano della
indissolubilità del matrimonio. Definiamo questo atteggiamento un’aperta e grave violenza al diritto di libertà religiosa.
A noi credenti non è chiesto di dare condanne morali sui matrimoni
falliti. Il Vangelo ci interpella solo
cosi,: «Quale aiuto puoi dare perché
due sposi infelici possano tornare ad
essere felici? »
Una nostra risposta è certamente
quella della testimonianza evangelica.
Ma, prima di questa, siamo obbligati
a garantire a tutti la libertà di cercare soluzioni secondo coscienza ai loro
problemi familiari. Come_ credenti noi
appoggiamo una leipslazione che, con
l’irtroduzione del divorzio, rneglio assicuri al popolo italiano il diritto alla
libertà religiosa.
Sappiamo, infine, che anche i matrimoni di moltissimi credenti e praticanti sono falliti. Questi cristiani si
trovano in situazioni che la Chiesa
Cattolica condanna e sono tenuti lontani da una partecipazione piena alla
vita sacramentale della comunità.
A noi sembra più cristiano tenere
verso questi cristiani un atteggiamento di comprensione. Nessuno di noi
può sapere se questi matrimoni sono
stati realmente voluti da Dio. Non è
sufficiente dire : « Ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi ». Nel caso concreto, non potremo mai sapere se
realmente Dio ha unito quelle perso
ne il cui matrimonio è fallito, e neppure escludere che la Sua Grazia segua fedelmente e con misericordia la
vita di coniugi divorziati. Ci sembra
più rispettoso della libertà di questi
cristiani divorziati e della libera iniziativa di Dio accogliere ed aiutare
questi credenti a cercare la strada
della loro felicità.
Per questo noi. Cattolici e Valdesi,
che abbiamo sottoscritto il presente
documento, ci dichiariamo lieti di
avere tra noi, nei rispettivi momenti
comunitari dell’Eucarestia e della
S Cena, quei cristiani che chiedono
ancora alla fede e all’amore delle nostre comunità un aiuto per la felice
soluzione dei loro problemi familiari.
L’assemblea cristiana
del Lorenteggio
NOVITÀ’:
Giorgio Peyrot - Sergio Rostagno
- Alfredo Sonelli - Valdo Vinay Giorgio Spini - Sergio Bianconi
La posizione
delle Chiese
evangeliche
di fronte allo Stato
Documenti preparatori. Relazioni
e documento finale deH’incontro
promosso dal << Servizio studi »
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Agape, 19-30
Agosto 1969)
8°, pp. 144, L. 1.200
EDITRICE CLAUDIANA
Via S. Pio V, 18 bis
10125 Torino
conto corr. postale n. 2/21641
Ilare. Paolo VI cede, con mentalità
autoritaria e paternalistica, quanto
non potrebbe rifiutare senza suscitare nell’ambito stesso del cattolicesimo
romano reazioni molto gravi. Cede il
minimo, ma già questo minimo è suscettibile di dare nuovo sviluppo al
dialogo ecumenico di base in opposizione allo sterile accademismo del
presunto « ecumenismo dei vertici ».
Le varianti tra il Motu proprio di
Paolo VI e la Istruzione sui matrimoni misti emanata dalla Congregazione
Pro Doctrina Fidei il 19 marzo 196fi in
Se stesse non sono molte, ma sono significative.
Anzitutto la Istruzione era provvisoria, mentre il Motu proprio è definitivo: indietro non si torna. Inoltre
l’Istruzione era un documento della
Curia romana, mentre il Motu proprio, pur nella sua forma paternalistica e autoritaria, si richiama al Concilio Vaticano II e al Sinodo episcopale.
La corrente progressista ed ecume
nica della chiesa romana è riuscita ad
ottenere l’abolizione radicale del canone 2319 del Codice di Diritto canonico (di cui era stato abolito soltanto
il § 1, n. 1) che scomunicava i genitori e i parenti che avessero fatto
educare i figli secondo una confessione di fede diversa dalla cattolica. Con
ciò il problema di fondo non è risolto, ma è stato tolto un aspetto irri
tante della vecchia disciplina cattolica.
Gli aspetti positivi
del “motu proprio,,
Una apertura è avvenuta anche circa la celebrazione del matrimonio. Il
documento pur rinnovando Taffermazione di principio secondo la quale i
matrimoni misti per essere valdi devono essere celebrati secondo il rito
cattolico, attribuisce ai vescovi il diritto di dispensare i cattolici da tale
obbligo e affida alle Conferenze Episcopali di regolare la materia, con I:'
sola condizione che « ci sia sempr,
una celebrazione in forma pubblica »
(n. 9). In tal modo può venire riconosciuto valido non soltanto il matrimo
nio celebrato secondo un rito diverso
dal cattolico, ma ahche il matrimonio civile.
Certamente il principio della di
to in via di principio; un discorso
ecumenico non può prescindere dal riconoscimento reciproco della validit;!
del matrimonio celebrato dinanzi a
Dio e alla comunità, valutando non
la forma esteriore della cerimonia,
ma la fede in Cristo degli sposi e del
la comunità che riceve le loro dichia
razioni. Tuttavia, il fatto che il problema della celebrazione sia deman
dato alle chiese locali è già un fatto
positivo, poiché lascia aperta la prospettiva di un dialogo tra comunità
locali e non più di un discorso diplomatico tra vertici ecclesiastici.
Lo spazio maggiore è dato al tema
della educazione dei figli. Anche in
questo caso, le pretese tradizionali sono riaffermate: il coniuge cattolico
« ha l’obbligo grave di formulare la
promessa sincera che farà quanto sarà in suo potere perché tutta la prole
sia battezzata ed educata nella Chiesa
cattolica»; inoltre «di tali promesse,
a cui è tenuta la parte cattolica, dovrà
esser tempestivamente informata la
parte non cattolica, in modo tale che
risulti chiaro che questa è consapevole della promessa e dell’obbligo della parte cattolica ». Iri questo campo,
l’unica apertura possibile è il fatto
che la disciplina concreta di tali promesse è demandata alle Conferenze
episcopali.
Ciò che dev’essere
nettamente respinto
Abbiamo già detto che il Motu Proprio è rivolto direttamente alla chiesa
cattolica; tutte le attenuazioni portate alla disciplina tradizionale sono viste in funzione della chiesa cattolica,
per ovviare ai pericoli che i matrimoni misti possono presentare per essa
e per arginare le tendenze più aperte
che si manifestano nella stessa chiesa
cattolica. Non c’è nessun indizio di
una mentalità nuova, nessun rispetto
per la fede delle altre comunità cristiane. Anzi, nei confronti degli stessi
cattolici, il documento di Paolo VI
non sa esprimere che una pretesa au
toritaria, imponendo una disciplina o
concedendo delle dispense. Per Paolo VI la fede dei cattolici rimane vincolata senza riserve all’autorità della
gerarchia ; l’idea che il dialogo ecumenico imponga al di sopra di ogni
struttura un netto riferimento a Cristo e alla Bibbia è del tutto estranea
alla mente del papa.
Se tutta la questione dei matrimoni misti dovesse risolversi nei termini stretti del documento, la risposta
dei credenti in Cristo e delle chiese
evangeliche dovrebbe essere, senza
mezzi termini, negativa. Noi non accettiamo di essere considerati diversi
Alfredo Sonelli
(continua a pag, 6)
5
15 maggio 1970 — N. 20
pag. 5
FEDERAZIONE FEMMINILE VALDESE - Pagina periodica a cura di Oriana Ben
Hanno Ghìesin delle braccia e sono arrivati degii uonÉi
La vita degli emigrati italiani Congresso a Venezia
in Germania,
raccontata da Carmen Ceteroni
Nel 'giorno in cui, una volta al
n: '1 • narati italiani in Ger
i , !0 all'Ufficio postale
per spedire a casa una parte del
loro salario, è frequente udire, da
parte del pubblico tedesco, commenti taglienti sulle forti somme
che questi stranieri guadagnano in
Germania.
Ad un esame superficiale questi
commenti possono parere fondati,
ma la realtà si incarica di ridimensionarli. Basta considerare, infatti, che quando il salario di un
op. raio straniero supera (se lo supera) '^llo di un tedesco, è perché remi grato si sottopone a pesanti straordinari e a turni notturni, per guadagnare il più possibile
e in breve tempo, nell'illusione di
tornare presto in Italia e di trovarvi un lavoro che non sia sotto]iagato, come quelli a cui era stato
costretto prima di emigrare. Il
meccanismo è di enorme convenienza per l'azienda, che così aumenta di molto la sua produzione
senza dover aumentare il numero
dei dipendenti. Senza contare il
divario a svantaggio del lavoratore fra le cifre previste dal contratto di lav'oro per le ore straordinarie e iiofturne, e il salario effetti\ r i , percepito.
Quando poi uno di questi emigrati si ammala, non viene curato
Tic! senso proprio del termine, ma
riparato alla meglio come un qualsiasi pezzo di macchina, perché la
macchina torni a funzionare al più
prc.Uo. Ambulatori sovraffollati,
medici della mutua frettolosi, frustrante sensazione di non riuscire
a spiegarsi perché la lingua è straniera. Si rende necessario qualche
volonteroso che interpreti e questo fa perder tempo al medico, che
si spazientisce e respinge ogniqualvolta, alla faticosa esposizione
di un primo male, segue il tentativo di parlare di un secondo male,
come se una persona non potesse
avere due disturbi. Allora nascono
i luoghi comuni secondo i quali
gli italiani hanno un mucchio di
pretese e molte fisime.
Esistono delle malattie particolarmente diffuse fra gli emigrati:
per lo più essi soffrono di disturbi
digestivi e di ulcere, per effetto
della tensione quotidiana sul lavoro e dello sforzo necessario per
capire la lingua. Una buona parola
sarebbe forse la cura migliore: la
loro dignità di persone deve cioè
essere rispettata, invece è frequente che sul lavoro siano trattati
male perché non capiscono gli ordini dei superiori gerarchici.
Il trovar casa è una difficoltà notevole. Da un lato ci sono coloro
che emigrano soli, o perché scapoli o perché costretti a lasciare
la famiglia al paese. Costoro sono
normalmente sistemati nelle baracche od in camere a più letti,
e sottoposti contemporaneamente
alla promiscuità dei compagni di
camera e alla più completa solitudine affettiva. In questa condizione, alcuni si trovano una nuova
compagna creando il fenomeno
delle doppie famiglie e delle vedove bianche, altri, privi non solo di
contatti con l'altro sesso ma anche di normali amicizie, si accontentano di tappezzare lo spazio di
camera di cui dispongono di fotografie pornografiche (e la società
dei consumi tedesca ne produce in
abbodanza), illudendosi così di avere la loro parte di amore.
D'altro lato ci sono coloro che
han fatto emigrare anche le famiglie; la moglie costituisce un fattore di equilibrio, ma per loro sorgono subito altri gravi problemi.
Si trovano a dover affrontare il
prezzo elevato di modesti alloggi,
la speculazione delle agenzie che
li procurano, senza contare che se
possono far telefonare da qualche
assistente sociale tedesca e non rivelare subito la loro parlata, han
no maggiori probabilità (fenomeno non del tutto sconosciuto nei
centri del Nord Italia, nei confronti di chi non ha in bocca un sano
e robusto accento piemontese!!).
Trovato l'alloggio, hanno poco
tempo libero per starci, e i bambini vanno a scuola o giocano in
giro con, al collo, la chiave di casa
legata ad uno spago. Poi questi
bambini sono chiassosi nei loro
giochi e disturbano la quiete dei
vicini, e allora cominciano gli
sfratti. Il loro rendimento scolastico è scarso (come per i figli degli emigrati all'interno dell'Italia)
e vengono progressivamente emarginati, a meno che non s'imbattano in qualche insegnante che
tenta metodi diversi per ricuperare le loro capacità.
In queste condizioni gli emigrati, messi di fronte a tanti problemi
da risolvere, comprano, appena ne
hanno i mezzi, il televisore per evadere dalla realtà quotidiana e trascorrere le loro serate solitarie,
poiché non hanno amici da frequentare, in quanto la popolazione
locale li respinge; e l'automobile,
perché almeno per strada hanno
gli stessi diritti degli altri, e se la
precedenza tocca a chi viene da
destra, lì, se non altrove, nessuno
gliela conculca.
In questo contesto, cade la figura tradizionale del pastore.
Rimane da vedere come sostituirla e come annunciare l'Evangelo.
L'esperimento dei coniugi-pastori
Carmen e Silvio Ceteroni unisce
la predicazione itinerante all'aiuto da dare nelle più svariate situazioni pratiche.
Nel corso di ogni mese essi
stanno quindici giorni al Centro
evangelico di Darmstadt, poi ognuno di loro si sposta in una zona
diversa, nel raggio di alcune centinaia di chilometri, che percorrono negli altri quindici giorni. Durante la loro assenza, sono i gruppi
locali che esprimono la predicazione attraverso predicatori formati durante la permanenza di
questi pastori itineranti. In certi
’’uppi le cose sono facilitate dalla
presenza, fra gli emigrati, di anziani provenienti da qualche comunità evangelica italiana, in altri le
difficoltà sono maggiori.
PALERMO
Il Centro per l'Emigrazione
Il CENTRO PER L’EMIGRAZIONE DI PALERMO è stato istituito nel
1967 in connessione con il Comitato
europeo per le Migrazioni e con il Comitato italiano. Esso è in rapporto
con il Consiglio ecumenico delle chiese e con la Federazione delle chiese
evangeliche in Italia.
Lo scopo del Centro è duplice:
a) condurre una indagine sul fenomeno migratorio in Sicilia, sulla
sua consistenza e le sue motivazioni,
sulle conseguenze che esso ha sul piano sociale, familiare, ecc.;
b) fornire aiuto e indicazioni a coloro che devono emigrare, aiutarli
nelle loro pratiche, prepararli, per
quanto è possibile, alle nuove condizioni di vita, di lingua, di ambiente,
cercando di evitare una emigrazione
che crei dei disadattati.
Attualmente il Centro ha la sua sede in Via Rosolino Pilo e vi prestano
servizio due persone, per alcune ore
giornaliere, a titolo volontario ed una
persona a mezzo tempo.
Offerte per il Centro
Elenco delle collette della Giornata Mondiale di Preghiera delle Donne a favore del Centro per l'Emigrazione di Palermo.
Roma 55.035. Milano 43.625, S. Benedetto
dei Marsi 4.200. Napoli 14.100. San Germano
Chisone 20.500, Bergamo 28.200. Bari 6.500.
Genova 12.000. Campobasso 4.500. Bologna
11.650. Firenze 10.500. Messina 10.000, Torre Pellice 34.550, Pordenone 7.000, Piacenza
6.000. Trieste 25.000. San Secondo di Pinerolo 26.525, Como 31.000.
Totale L. 350.885.
Offerta di Mirella Bcin L. 5.000.
Totale generale L. 355.885.
Ringraziando le Unioni che hanno inviato
le collette sollecitiamo quelle che non l'ave.ssero ancora fatto ad inviarle al più presto a
Gabriella Titta Dreher - Via Monte delle
Gioie. 22 - 00199 Roma. Conto corrente postale N. 1/51921.
La Federazione Femminile Valdese
ha avuto il suo Congresso biennale a
Venezia il 25-26 aprile 1970. Il programma prevedeva la discussione di
argomenti interni, di cui sarà data
notizia alle Unioni mediante una circolare e, soprattutto, mediante la re
lazione delle delegate che hanno preso parte ai lavori. Il Congresso si è
voluto documentare sul problema dell’emigrazione, e rinsp-azia i pastori
P. L. dalla e Carmen Ceteroni per i
loro interventi, ora presentati su questa pagina.
La Federazione Femminile Valdese chiede al Sinodo di mettere all’ordine del giorno dei suoi lavori lo studio delle cause, degli sviluppi e
delle conseguenze dell’emigrazione; raccomanda a tutte le chiese di operare nei modi più opportuni per alleviare le sofferenze dei fratelli costretti all’emigrazione coliaborando, tra l’altro, all’opera del Centro di
Palermo; raccomanda alla Tavola Valdese di aumentare il personale al
servizio degli Cinigrati, nel quadro di una nuova visione del ministero
della predicazlcne.
sonfi gli emigrati?
Un tempo orr.ao prevalentemente
contadini costrcili ad abbandonare le
terre, o operai c ¡ninatori licenziati per
chiusura degli s «. ibilimenti. Oggi la
crisi del Mezzogi io e l’accentramento
industriale coslrmge ad emigrare non
solo contadini c . .*rai ma anche mano
d’opera speciali.' da e giovani studenti
in cerca di priiiu. impiego. Tali nuovi
emigrati non o all’estero certo per
svolgere il loro oro specializzato, ma
sono ingaggiati : me manovali generici. Ciò ovvia ' rote impoverisce di
tecnici e di spi . ..ilizzati le campagne
e le industrie ih a .,ne ma, essendo parte integrante dc' disegno di accumulazione capitalisti .. è ben accetto al padronato italiana ai suoi delegati che
siedono al govc. .''!
Iniziato il Vi i-Ìo verso l’estero, il
lavoratore vieni, a inviato, dal paese di
origine, al Centn. di raccolta e smistamento emigrali di Verona. In questa
città, di fronte una commissione tedesca (gli Italia r.i, già a Verona, non
fanno altro che dare il beneplacito a
ciò che hanno deciso gli « ingaggiatori
di uomini » al .sei-v izio del padronato
tedesco), l’emigrato vede nascere davanti a sé una serie di problemi a lui
incomprensibili ed invece chiari ai
« compratori di carne umana ». Dopo
una serie di visite mediche, i lavoratori sono chiamati a gruppi per « decidere •» in quale fabbrica essere ingaggiati e a quali condizioni, senza che
però siano informati di tutti gli oneri
che sono a carico de! lavoratore una
volta arrivato a desti¡lazione.
I SINDACATI
Ogni emigrante assunto viene portato, prima di iniziare il lavoro, alla
Commissione Interna c lì, senza capire
nulla realmente, viene iscritto al Sindacato. Ma che cos’è questo Sindacato?
I sindacalisti sono stipendiati dalla ditta, come impiegati: la commissione interna, proprio perché stipendiata dai
padroni, non può mai fare gli interessi
dei lavoratori, nemmeno contro gli abusi e i soprusi commessi quotidianamente, specialmente nei confronti degli emigrati, dai « maisters », veri e propri aguzzini. Ogni vertenza sindacale
viene « discussa » tra Direzione aziendale e « sindacalisti ». Durante le assemblee di fabbrica non si può parlare
di lotte e di problemi di lotta, pena il
licenziamento.
Il lavoro in fabbrica è svolto, in massima parte, alla catena, secondo il tempo deciso dal padrone e senza alcuna
sosta; le attività collaterali, quali per
esempio il rifornimento della catena,
sono condizionate al ritmo di lavorò
della catena, per cui il lavoratore deve
svolgere il suo lavoro nel tempo stabilito senza alcuna possibilità di sbagliare, pena il licenziamento. Inoltre, si verificano frequenti discriminazioni che
prescindono dalle capacità individuali:
l’emigrato è sempre impegnato nei lavori più pesanti e più umili, mentre gli
altri sono adibiti a lavori leggeri o costituiscono la grande schiera di impiegati e di « maestri » (ogni 6-7 operai
vi è un « maestro », che passa il tempo
a controllare, richiamare e punire il
lavoratore).
IL RITMO DELLA GIORNATA
Il datore di lavoro fornisce al lavoratore un alloggio riconosciuto conveniente dal competente Ufficio del Lavoro (tedesco), che evidentemente considera tali anche le baracche. E la sistemazione avviene in alloggio collettivo con un numero di 6 letti per stanza. Per l’allòggio il 'lavoratore deve pagare, al mese, una cifra che, moltiplicata per sei, rende circa 70 mila lire
a stanza. Le baracche, ovviamente, sono
della ditta, oppure sono alloggi privati
che speculano nella stessa misura, senza mai migliorare lo squallido arredamento.
La vita quotidiana si svolge con il
seguente ritmo: l’emigrato è costretto
ad alzarsi la mattina alle 4,30 per essere
al lavoro alle 6,40. Entrato in fabbrica,
deve lavorare fino alle 15,10, salvo il riposo di mezz’ora (non pagata). Alle
15,10 esce e deve impiegare altre due
ore per tornare a casa. E cosi, dopo
ben 12 ore e mezza dal l’ora in cui si
è alzato, deve prepararsi il pranzo (una
spaghettata e una birra, tenendo conto
dei soldi che deve mandare al suo paese per far mangiare la moglie e i figli)
liavare le pentole e la biancheria sporca; intanto sono arrivate quasi le otto,
ed è necessario andare a dormire per
alzarsi rindomani di nuovo alle 4,30.
Per tutta la settimana la vita è sempre la stessa. Il sabato, non dovendo
andare al lavoro, la giornata potrebbe
essere trascorsa in modo diverso, ma
anche il tempo libero fa prendere coscienza all’emigrato della sua situazione di sfruttato straniero: in teoria può
uscire, ma quante umiliazioni deve subire?
LE UMILIAZIONI
Le umiliazioni sono di diverso tipo,
e le più importanti derivano proprio
dal suo stato di emigrato. Egli non può
entrare nella società dei tedeschi, i
quali pretendono che egli sparisca il
sabato dalla circolazione per riapparire
d’incanto, il lunedì, fresco e di nuovo
pronto al lavoro. Per tali ragioni esistono perfino i locali pubblici dai quali
lo straniero è cacciato, altri dove al
massimo gli è permesso di bere la sua
birra senza però poter avere contatti
con la popolazione locale. Tutto ciò demoralizza Temigrato e lo rende simile
a una bestia, facendolo chiudere in se
stesso e rendendolo scorbutico e prepotente nei confronti dei compagni di
sventura. Non a caso le baracche sono
fuori dei centri abitati, e costituiscono
veri e propri ghetti in cui lo straniero
è isolato dairambiente vivo della città.
Tutti questi soprusi e discriminazioni
avvengono senza che da parte delle nostre autorità e dei Consolati sia fatto
nulla per alleviare le condizioni di chi
emigra. Anzi, i consolati stessi discriminano e trattano in modo differenziato, a seconda delle idee politiche
professate, coloro a cui dovrebbero dare assistenza indiscriminata.
LA STAMPA
Una parte notevole di responsabilità
in questa campagna contro lo straniero è da attribuire alla stampa tedesca,
la quale non tende ad informare l’opinione pubblica sulla situazione politica
nazionale e internazionale (proprio per
addormentare le coscienze), ma riporta solo fatti mondani e di cronaca nera. E’ opportuno ricordare che la stampa tedesca è quasi tutta padronale ed
appartiene per lo più a Springer e a
Bauer. Nei fatti di cronaca nera, tale
stampa pone in risalto il proprio razzismo; se uno straniero, per esempio,
uccide qualcuno o litiga, tale avvenimento viene stampato con gran rilievo
in prima pagina; se invece ciò avviene
tra locali, Tavvenimento è riportato in
pagine secondarie.
CAUSE DELL’EMIGRAZIONE
L’Italia, dicono, è un paese povero
che non può dar lavoro a tutti. Ma poveri non sono gli industriali del Nord a
cui lo Stato regala miliardi per installare nel Sud stabiiimenti che impiegano poche centinaia o migliaia di operai,
stabilimenti che con il Sud non hanno
niente a che vedere (acciaierie, stabilimenti chimici) solo perché qui la manodopera è tanta e costa poco. Non sono povere le casse dello Stato che specula sulle rimesse degli emigranti, che
butta i soldi per armamenti inutili o
per mantenere una burocrazia oppressiva e inefficiente. Povere sono le popolazioni del Mezzogiorno, perché centinaia di miliardi sono investiti in industrie siderurgiche e in alberghi di lu.sso e quasi nulla di questi miliardi viene
investito nelle sterminate campagne
pugliesi che, se giustamente coltivate,
darebbero lavoro agli emigranti.
Questi dati costituiscono una
presentazione riassuntiva delle
Lettere di emigranti, pubblicate
l’anno scorso da Feltrinelli,
nella serie « Documenti », n. 5
LWRAZIONE,
argomento qualificante
per una Chiesa
Ci sono più di un milione di Italiani in Europa: due o trecentomila
alTanno vanno a trovar lavoro all’estero. L’aumento o la diminuzione
di questa cifra è il riflesso della situazione economica italiana.
Se son cattolici, non ci riguardano? Comunque, fra gli emigrati la
percentuale degli evangelici è superiore a quella dei protestanti in Italia : ce ne sono infatti il 2 per mille
in patria, ma il 2 per cento fra coloro che emigrano.
Come stanno? Ci sono quelli che
s’adattano e si integrano, sposandosi con straniere : appartengono già
mentalmente ad una seconda generazione, e si sono allontanati dalla
chiesa, che era assente al momento
<lel bisogno. Ci sono quelli che non
si adattano, che sono tuttora in crisi: l’adattamento può essere una
questione di tempo, o di paesi: per
lo straniero la vita è più facile in
Svezia e in Francia, più difficile in
Svizzera e in Germania. La mancanza di preparazione culturale, tecnica e linguistica è comunque un ostacolo all’integrazione. Cioè, se l’emigrazione è una libera scelta si adattano di più, se invece son costretti
ad emigrare le difficoltà sono qualcosa che si aggiunge a questa violenza di partenza subita. Gli imprenditori, dal loro punto di vista, parlano di un rifiuto di imparare la lingua straniera, di una mancanza di
voglia di cambiare; gli immigrati invece considerano quel soggiorno forzato con l’atteggiamento mentale
che hanno di fronte al servizio militare, cercando di sopravvivere e sperando che finisca presto.
La Chiesa, che cosa fa? Gli emigrati integrati non ne hanno bisogno, i non integrati hanno bisogno
di tutto, della Parola e dell’assistenza: sono i minimi.
Che cos’è primario? La predicazione senza nuH’altro, o soluzioni
j)iù vaste in cui la predicazione si
affievolisce? Si sono mandati dei pastori all’estero perché predicassero
agli emigrati, ma sono stati travolti
da urgenze di vita. Si è detto che la
predicazione non serve e ci sono
chiese, come quella del cantone di
Vaud, che hanno abolito un pastore sostituendolo con un assistente
sociale. Dobbiamo dar loro la predicazione e l’assistenza; in che rapporto stanno fra loro?
Forme che la predicazione prende
fra gli emigranti.
Nelle vecchie chiese d’emigrazione si è riprodotta una copia conforme delle chiese «Ielle Valli, col risultato che ora esse si trovano in posizione di retroguardia rispetto alle
chiese italiane. Poi si sono tentate
altre vie.
.Attualmente, Carmen e Silvio Ceteroni stanno sperimentando una
forma diversa di j)redicazione fra
gli emigrati in Germania, una predicazione itinerante che forma ilei
predicatori locali.
Sono, queste, forme idonee anche
]ier la diaspora italiana? Sono valide? Sono importabili?
La Chiesa deve dare lì, nelTemigrazione, dei segni del Regno. Pensiamo ai Greci (evangelici e non)
emigrati in Germania: sono perseguitati dal regime di Atene che, anche all’estero li sorveglia pesantemente, per dare la caccia ai dissenzienti politici.
In questo contesto, la trasmissione della fede non è un problema
risolto.
Dalla relazione presentata a Venezia
dal Past. Pier Luigi Jalla
6
pag. 6
N. 20 — 15 maggio 1970
Cronache dalle Chiese
Cerignola
Se il lettore fosse stato presente
nei giorni precedenti, quando si trattò di eiFettuare il trasferimento dai
vecchi locali di fortuna, una gioia
incontenibile avrebbe visto sfavillare negli occhi delle nostre giovani.
Siccome la nuova costruzione sorge su un pianoro e c’era da salire
una rampa di scala lo spettacolo del
trasporto delle macchine e della sup■ pellettile faceva pensare all’assalto
di una fortezza. Ma non era un assalto contestabile bensì una sofferta
e maturata conquista di sette lunghi
anni. Esse, aiutate dalla squadra degli operai del cantiere, disposero
tutte le macchine nell’ampio salone,
scelsero dove mettere i quadri biblici e quelli della Chiesa madrina di
Solingen; sembrava loro di sognare
perché tutto era rispondente ad un
vero e proprio Laboratorio. Ci si accavallavano nella mente tanti ricordi racchiusi nel cuore e nei grossi
dossiers della corrispondenza e da
questo fondo saliva dal nostro cuore
la riconoscenza all’Eterno. Tutto
quello che è in me benedica il Nome Suo Santo.
La mattina del 1® maggio il cielo
era limpidissimo sulla città. I primi
a giungere sono stati il collega Ricciardi e la sua gentile compagna, poi
da Taranto il collega Naso, i fratelli
Armando Russo e Gaetano Valentini; non mancarono gradite rappresentanze delle Comunità di Bari e
Corato.
Ci si raccoglie nell’Oratorio insieme alle lavoranti e ad una parte della Comunità. Nel breve Culto il Pastore Ricciardi centra il suo messaggio sulla liberazione da Mammona
che è condizione indispensabile della gioiosa libertà dei figli di Dio.
Anche ispirati i messaggi che si succedono da parte del collega Naso,
del fratello Russo e della capo gruppo Teresa Locante la quale parla a
nome delle compagne. Poi si passa
nell’atelier dove vengono scattate
fotografie e tutti sciamano nella costruzione attualmente incompleta
che, a Dio piacendo, verrà ultimata
nel prossimo settembre. Speriamo
di avere allora in mezzo a noi il caro Pastore Heinz Flammersfeld.
Al momento da queste colonne
vogliamo dire grazie, mille volte
grazie, ai nostri Amici di Solingen.
Il Signore si è servito anche di loro
per dare una famiglia al solitario e
una liberazione agli oppressi, come
è detto nel Salmo 68 vv. 4-6.
La giornata del 1“ maggio 1970,
pur nel quadro di un avvenimento
circoscritto e relativo alla storia di
una Comunità che sta cercando di
uscire dalla propria clandestinità,
passerà nella storia come un segno
della presenza del Signore che ci ha
accompagnato fin qui con la Sua
benedizione.
G. E. Castiglione
Frali
Il Museo di Frali cerca per il
mese di luglio e di agosto collaboratori volontari per il servizio visitatori. Scrivere al Pastore Davite - 10060 Frali.
Roma
Pomaretto
Le nevrosi moderne sono state spiegate dal
dr Enrico Pascal alla cappella di Perosa martedì 26; molto pubblico anche da comunità
lontane. Tante domande su situazioni diverse
e su categorie diverse di persone, compresi i
Pastori.
« Bene hanno fatto i giovani a contestare il
Pastorato tradizionale — ha detto il dr. Pascal
—; obbligando la comunità dei credenti a
rivedere il problema dei doni; il Pastore non
è un ’’robot” dal quale tutto si chiede ma è
un fratello che ha dei doni particolari esplicabili a ’’pieno tempo” o nel ’’tempo lìbero”.
Nella misura in cui l'uomo trova la sua vocazione e la manifesta nel suo lavoro per il
bene della società le nevrosi scompaiono o comunque si attenuano ».
Linguaggio semplice e appropriato per un
tema non facile ha consentito ai presenti di
cogliere il senso profondo delle risposte. Ringraziamo molto il dr. Pascal per quanto ha
detto e per aver chiarito molti punti oscuri
delle nevrosi e ha messo gli interlocutori sulla
via della riflessione.
L’assemblea di Chiesa del 3 maggio ha ricordato : 1) le decisioni prese nel corso dell’anno sul matrimonio: infatti ia quasi totalità ha accettato la separazione dei due riti e
una buona maggioranza ha ritenuto di far celebrare il matrimonio in occasione del culto,
quale testimonianza degli sposi.
2) Sul problema catechesi e Confermazione
si è approvata una linea di rinnovamenti impegni dei catecumeni, maggiore serietà nella
preparazione al battesimo da parte dei genitori, una maggiore riflessione sulla linea battista e cosi pure sulla professione di fede dei
catecumeni, senza scadenze di età.
3) Sul problema dei riti religiosi, particolarmente funerali, si è ricordato la responsabilità del credente verso i viventi e la massima
sobrietà dei servizi, senza corone od altro.
4) Si è preso atto della costruzione della
seconda sezione della Scuola Materna e dell’alloggio deU’insegnante; ciò ha comportato
la spesa di vari milioni.
Un culto comunitario dei bambini in occasione della festa della famiglia, con lettura,
canti, preghiere fatte dai bambini e catecumeni ha espresso il valore dei doni. In tale
occasione è stata battezzata ; Baret Luisella
di Luigi e Massello Anna Maria. Che Dio arricchisca dei suoi doni questa creatura.
Ricordiamo il culto di Pentecoste con la
Santa Cena alla solita ora, domenica 17, e la
festa di canto nel pomeriggio. In occasione
della Pentecoste avremo come ospiti un gruppo di svizzeri della chiesa madrina.
S. Secondo
Domenica 17 maggio alle ore 21 nella sala delle attività a S. Secondo il
pastore Ernesto Ayassot terrà una
pubblica conferenza col tema;
DOVE VA LA CHIESA VALDESE?
Seguirà un libero dibattito. Tutti
sono cordialmente invitati.
Palermo
L'ultimo numaro del Notiziario del
Servizio Cristiano della Chiesa Valdese
di Palermo conferma ufficilmente quanto già si era saputo, e cioè che il pericolo che il Villaggio « Speranza » a Vita,
venisse demolito per far posto a una
strada, è stato definitivamente scongiurato. Il tracciato della strada verrà
spostato « in modo da non intaccare i
prefabbricati della Comunità Evangelica », ha scritto al Pastore P. V. Panasela il Sindaco di Vita al termine della
vicenda. Una vicenda che se non fosse
vera sarebbe incredibile: si voleva distruggere uno dei pochi villaggi funzionanti e abitabili costruiti (dalle chiese evangeliche) per le vittime del terremoto di oltre due anni fa. Si trattava
di un’iniziativa talmente assurda e cinica che ha provocato una ondata di
proteste così forte da determinare l’annullamento del progetto. Ha ragione
però « L’Ora » di Palermo di osservare
che enormità di questo genere non possono essere semplicemente catalogate
come errori tecnici o sviste burocratiche. « Orinai abbiamo il naso abbastanza affinato per sapere fiutare il vento
della speculazione che s’è messo a soffiare anche sulla povera valle della
morte. Mafia, speculazione e burocrazie
si sono incontrate sullo stesso terrerto
sotto gli occhi distratti, ora benevoli,
ora condiscendenti, dei governanti. E
così è possibile che a Vita si possa pensare di metter mano al piccone non già
per scavare fondamenta, ma per demolire le case già costruite. Forse si vuole
evitare l’esproprio di terreni di qualche
notabile, oppure i tecnici... hanno escluso dal piano le zone poco distanti occupate da ben due baraccopoli vuote,
una già costruita e un’altra in costruzione, perché così ha voluto l’appaltatore! Una speculazione così vale più di
venti famiglie... Le autorità sanno solo
distruggere o costruire baracche che
rimarranno vuote, o realizzare affari... »
È su questo sfondo, così tipicamente
italiano e democristiano, che bisogna
collocare l’assurda vicenda del Villaggio « Speranza », ora felicemente conclusa. Il Villaggio vivrà!
A Palermo, intanto, il lavoro del Servizio Cristiano cresce. Tanto che occorrono nuove forze di lavoro e nuovi collaboratori. Per il nuovo anno scolastico
(ottobre 1970) mancano volontari per
il lavoro nel Convitto e per i lavori di
segreteria. Coloro che si interessano
possono rivolgersi a: Servizio Cristiano, Via Spezio 43 - 90139 Palermo.
L’attività del Servizio Cristiano è già
ben nota anche all’estero, tanto che ad
esso è stata dedicata una parte del documentario sulla Chiesa Valdese trasmesso dalla televisione tedesca il giorno dell’Ascensione (7 maggio).
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Non ostante il cattivo tempo e la neve che
continuava a cadere con abbondanza i pralini
sono stati puntuali e numerosi al bazar annuo
tenuto giovedì 7 maggio. Grazie alla generosità di tutti, tanto di quelli che hanno dato
lavoro e materiali per la preparazione quanto
di quelli che hanno affollato la sala il pomeriggio dell’Ascensione, il bazar ha avuto un
ottimo esito. La rapidità dello svolgimento è
stata anche quest’anno la caratteristica del Itazar, come abbiamo già avuto modo di notare
in passato.
Domenica 10 è stato amministrato il battesimo a Pier Luigi Richard, figlio dell’Anziano
di Villa Alberto Richard e di Irene Pa.scal.
Domenica 26 aprile il culto è stato presiieduto dal prof. Claudio Tron di Ferrerò.
Domenica 24 maggio avrà luogo l’aassemblca di Chie.sa per la relazione annua del
Concistoro e l’elezione dei delegati alla Conferenza Distrettuale e al Sinodo.
L’assemblea di Chie.sa della Comunità di
Via IV Novembre, riunita domenica 10 maggio, ha eletto come suo Pastore Giovanni Scuderi, attualmente all’opera presso la Chiesa
valdese di Venezia.
Il Pastore Giovanni Scuderi succede al Pastore Muido Mathieu. che ha servito la Comunità di Via IV Novembre per 14 anni.
L’ALLARGAMENTO
DEL CONFLITTO IN INDOCINA
« Quello che colpisce, preoccupa,
ed in definitiva spaventa nella decisione di Nixon è il permanente disegno imperialistico ch’essa rivela, o meglio conferma; sono le prospettive,
prossime e lontane, di guerra fredda
manovrata, non di pace, che la politica di Nixon, più gravemente di quella
di Johnson, implica. Sono queste allarmanti indicazioni che spiegano le generali e vivaci proteste dell’opinione
pubblica dei paesi occidentali, al dilà
delle reazioni diplomatiche, caute od
ambigue.
Hanno interesse secondario le valutazioni sulle ragioni politiche e militari dell’invasione della Cambogia, sulla
portata e sugli obiettivi particolari
dell’operazione. Quello che conta è la
affermazione della volontà di questa
politica, ed è meglio dire dell’America
di Nixon: di mantenere la sua presenza ed il suo controllo sull’Indocina, ed
in generale sull’Oriente asiatico.
L’inatteso ampliamento della guerra
dopo le promesse tranquillanti, la ripresa dei bombardamenti protettivi e
quasi umanitari al Nord, le rinnovate
barbarie della “terra bruciata” hanno
invero sollevato burrasca negli HSA.
L’alternanza delle fasi di “escalation”
e di “descalation" rimessa all’arbitrio
del Presidente, ha provocato una così
decisa reazione in difesa dell’organizzazione istituzionale democratica americana, da far pensare che una crisi
politica possa affiancarsi alla reazione
morale dell’opinione pubblica.
La protesta giovanile è esplosa come un’insurrezione, ed ha già avuto i
suoi episodi luttuosi: gli anziani della
nazionale non amano i contestatori e
non tollerano le sassaiole. La cronaca
dei prossimi giorni ci dirà degli sviluppi, e forse mi dirà qualcosa di più sul
valore politico di queste enderniche ribellioni, restandomi sempre insoluto,
al fondo, certo per mio difetto d’informazione, quanto, al dilà delle guerriglie occasionali, lasceranno di valido,
per oggi e per domani, come forza di
rinnovamento della società e della politica americana. È una domanda che
non riguarda solo l’America. (...)
Può far meraviglia come la classe
politica americana abbia sinora reagito piuttosto debolmente contro il pericolo istituzionale e pubblico di questi
poteri occulti (l’autore allude soprattutto al Pentagono e allá CIA), la cui
Contro la fame
degli altri
Purtroppo non abbiamo la
possibilità di pubblicare un nuovo elenco di sottoscrizioni dato
che te stesse hanno subito in
questi ultimi tempi un notevole
rallentamento.
Ricordiamo ai nostri lettori
che è in corso una nuova sottoscrizione per il Centre famìlial
del Gabon, cui contiamo di inviare, non appena possibile, un
altro milione.
Attendiamo dunque con fiducia ed invitiamo i sottoscrittori
ad inviare le loro offerte a: Roberto Peyrot, c.so Moncalieri 70,
10133 Torino, sul conto corr. postale n. 2/39878.
Scuole Domenicali;
dne Feste di Canto
Le Feste di Canto delle Scuole Domenicali avranno luogo alle date e
nelle località seguenti:
Per le Valli del Pellice, di Angrogna, di Luserna: Domenica 24 maggio
alle ore 15 nel Tempio Valdese di Torre Pellice.
Per le Valli del Chisone e della Germanasca: Domenica 24 maggio alle
ore 15 nel Tempio Valdese di Villar
Perosa.
Le prove d’insieme avranno luogo,
a Torre Pellice, nell’aula sinodale ed
a Villar Perosa nel locale che sarà indicato, alle ore 14.
Il pubblico è cordialmente invitato.
La Commissione del Canto Sacro
Matrimoni misti Esposizione all’Uliveto
influenza ed il cui ricatto ha probabil
mente soverchiato in alcune occasioni
e messo dinanzi al fatto compiuto la
responsabilità del Presidente. E potrebbe essere abbia funzionato in questo senso anche nel caso dell’attacco
alla Cambogia. Dovrebbe essere logico
che questo nodo cruciale di una irresponsabile politica pentagonale diventi ora il primo bersaglio della lotta politica a Washington. (...)
Può far piacere ai settari veder l’America imprigionala in questo ingranaggio fatale: a noi dà profonda preoccupazione, anche come una nuova lacerazione di un tessuto di rapporti internazionali già così problematico.
Queste iniziative incredibilmente contraddittorie di Nixon, per ora, buttano
tutto per aria: i negoziati di Parigi per
il Vietnam, le trattative per il SALT, i
discorsi di Ginevra, gVidillici incontri
di Varsavia, le chiacchiere a quattro
per il Medio Qriente, le trovate mediatrici di varia parte. Passerà forse in
frigorifero la politica ad Est di Brandt,
e la inserzione nella Comunità europea dell’Inghilterra, troppo pedissequamente legata alla politica quale si
sia di Washington ».
(Da un articolo di Feri uccio Farri su
« L’Astrolabio » del 10.5.1970).
IL DISCORSO DI KOSSYGHIN
-ff II sen. Farri allude, in quanto sopra, alla « risposta netta e giustamente minacciosa di Mosca e di Pechino ».
Ma che diritto ha Mosca di accusare
gli USA? La risposta non ci sembra
facile. Ci limitiamo a riportare parte
di un interessante articolo di fondo
che « Le Monde » dedica a questo problema (nel n. 7871 del 6.5.’70).
Gli USA s’attribuiscono il ruolo di
"gendarme dell’universo’’: ma anche
l’URSS non esita, ove lo giudichi necessario, a fare il poliziotto nel proprio campo. E com’è possibile denunciare l’invasione dei territori indocine.si, quando si è giustificato Vaiato fraterno” che i soldati russi hanno imposto ai cecoslovacchi? Parole d’oro quelle di Kossyghin, quando condanna le
pretese implicite nell’ultimo discorso
del presidente Nixon. Eppure Kossyghin riuscirebbe molto più convincente, se egli respingesse anche una certa
"dottrina Brefnev” sulla sovranità limitata degli Stati socialisti, e se egli
rispettasse ovunque, nel mondo, la volontà dei popoli, grandi o piccoli, di
disporre di sé stessi in piena libertà ».
(segue da pag. 4)
dai non cristiani (che pure rispettiamo profondamente) per il solo fatto
del battesimo, ma vogliamo essere
presi sul serio per la nostra confessione di fede. Non possiamo accettare
che la chiesa cattolica si senta autorizzata a insegnarci quale è il messaggio dell’Evangelo per gli sposi, ma
esigiamo che sia trovato nella Parola
di Dio. Non vogliamo essere considerati degli incoscienti nella fede, ai
quali si fa sapere che i cattolici hanno l’obbligo di educare nella chiesa
cattolica tutti i loro figli, ma esigiamo che si sappia che noi riconosciamo dinanzi al Signore (e non dinanzi
ad una presunta autorità ecclesiastica) l’obbligo di rendere ai nostri figli
testimonianza dell’Evangelo di Cristo.
Nessun rapporto tra evangelici e cattolici è possibile se alla libertà di Cristo si vuol sostituire la schiavitù di
un presunto potere umano.
Prospettive ecumeniche
Se il papato non riesce a liberarsi
della pesante eredità dei Concili di
Trento e del Vaticano I (che ha sancito l’autorità universale del papa), il
discorso ecumenico non deve lasciarsi
condizionare da esso. Nonostante il
tentativo di rinchiudere la chiesa cattolica nel vecchio, un nuovo spirito
soffia ovunque e ci sembra necessario
che le chiese evangeliche si aprano alle indicazioni dello Spirito del Signore. È necessario che noi stessi rinunciamo di rinchiuderci entro salvaguardie di carattere legale e, mentre ricordiamo ai nostri fratelli nella fede la
libertà e la responsabilità alle quali il
Signore li ha chiamati, ci rifiutiamo
di considerare i cattolici come dei minorenni, condizionati nella loro fede
da autorità esteriori. Il problema dei
« matrimoni misti » non è un problema che va visto in base alle denominazioni cristiane in seno alle quali gli
sposi sono stati battezzati e neppure
in base alle denominazioni cristiane
in seno alle quali saranno battezzati i
figli, ma va visto in base alla fede in
Cristo, Le denominazioni hanno sempre più l’aspetto di strutture entro le
quali la confessione di fede si è quasi
cristallizzata, quando non si è addirittura sostituita la denominazione alla stessa confessione di fede. Non è
detto che per tutti gli evangelici la
Parola di Dio sia la norma della loro
fede e della loro vita, mentre spesso
la riscoperta della Parola di Dio è autentica in molti cattolici. Nessun credente è assolutamente libero da condizionamenti tradizionali nella sua fede e il compito della comunità credente è di aiutarsi reciprocamente nel ricevere la liberazione di Cristo.
Nel concreto, noi non accettiamo né
la soluzione rigida, legalistica tradizionale dei matrimoni misti e neppure l’esaltazione mistica che talvolta
viene presentata con le migliori intenzioni da gruppi ecumenici. I ma
trimoni misti costituiscono un problema che ha tutta la sua gravità, specialmente per il pericolo che essi vengano affrontati considerando la fede
un fatto puramente individuale e
marginale. Il matrimonio misto (nel
senso più preciso di matrimonio tra
credente e non credente) può essere
veramente il rifiuto di Cristo, quando
si pensa che la fede non debba condizionare la nostra vita e i nostri sentimenti. D’altra parte, il fatto di aver
creduto in Cristo in una comunità
cristiana di diversa confessione di fede non esclude che nel matrimonio i
due credenti possano ritrovare Cristo
nella sua autenticità. Nella misura in
cui due credenti affrontano il loro matrimonio misto nella coscienza di riferirsi entrambi a Cristo e nella decisione di ascoltare assieme il messaggio dell’Evangelo, possono realmente
portare un contributo valido al dialogo ecumenico. Non abbiamo alcun diritto di proporre la rottura con la
propria chiesa di origine, ma dobbiamo indicare Cristo come Signore e
liberatore; .sulla base della Parola di
Dio i credenti potranno richiamare
anche le loro chiese alla fedeltà e alla
obbedienza al solo Signore. L’impegno
della nostra chiesa, quindi, non deve
essere nella disciplina, ma nella predicazione e nella testimonianza. Pur
con tutta la gioia di essere protestanti siamo consapevoli che la protesta
ha un solo significato valido, quello
di essere in ogni momento e per tutti
gli aspetti disposti all’obbedienza alla
Parola di Dio. Non è importante sapere per quali vie il Signore ci conduce a sé, ma è importante essere da
Lui e da Lui soltanto liberati e salvati.
Alfredo Sonelli
AirUlivelo, dal 24 al 28 maggio si terrà
una mostra dei lavori eseguiti dai bambini.
Tutti sono cordialmente invitati.
RINGRAZIAMENTO
Le famiglie Arnoulet e Ossola ringraziano sentitamente il Pastore sig.
Rogo. In modo particolare il Dottor
PelUzzaro, i vicini di casa e quanti
hanno preso parte al loro dolore per
la dipartita del loro caro papà
Rodolfo Arnoulet
Cartera - Luserna S, Giovanni
15 maggio 1970
AVVI SI ECONOMICI
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Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 — 8.7.1960
Up. Subalpina s.p.a - Torre Pellice (To)