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20 febbraio 1987
L. 700
Sped. abbonamento postale
Gruppo 1 bis/70
in caso di mancato recapito rispedut
e: casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
STORIE DI EMARGINAZIONE
Contro rapartheid SierOpOSitivi
Dopo quasi quattro mesi di
assedio, i 30 miia di Bourj-elBarajneh, stipati neile baracche
di latta e cartone o assiepati nel
campo profughi, sono riusciti
ad ottenere qualche manciata di
cibo. Tre camioncini con un manifesto gigante di Khomeini appeso ai radiatore sono riusciti ad
effettuare una prima distribuzione di farina e latte. Poco dopo, si sparava di nuovo, con armi leggere e con cannoni. L’assedio continua, in quest’allucinante connubio fra popolazione
sciita e profughi palestinesi.
Quanto durerà ancora questa
situazione? Potranno ulteriori
soccorsi giungere con una certa
regolarità? Nel frattempo chi
può, cerca di sottrarsi colia fuga alla trappola alternativa della « resa o morte », come scrive un corrispondente da Beirut:
le milizie sciite sparano su tutto ed hanno anche assassinato
dei bambini cbe tentavano di
fuggire.
Quest’assedio — ma non è
certo l’unico — costituisce, dopo
gli ormai dodici anni di guerra
in Libano, uno degli episodi più
disumani e barbari che sia dato
di registrare in questi ultimi
tempi. Madri che bruciano i
propri figli per evitar loro una
morte ancora più limga ed atroce, richieste alle autorità religiose di potersi cibare dei propri
morti, donne e bimbi che, quando ce la fanno, evadono da questo immenso lager mortale abbandonando mariti, padri, fratelli. I quali, a loro volta, stanno per andare incontro all’ultimo massacro, come già successe a Tall-el-Zatar o nei campi
di Sabra e Cbatila, quando i profughi palestinesi senza patria
sparirono nel nulla.
Che dire di una situazione del
genere, per di più enormemente complicata dalle sue componenti etnico-politico-religlose? Amici di ieri sono i nemici di oggi e vicev.ersa, e poi ancora tutto cambia. Sciiti contro palestinesi, filoiraniani contro israeliani, « hezbollah » contro americani, radicali contro maroniti,
fllosiriani contro sunniti. Questa
è la nomenclatura che compare
quotidianamente sui giornali^ _e
che, oltre a lasciarci inorriditi,
ci rende sgomenti, incapaci di
comprendere appieno il _ loro
dramma. Se a questo si aggiunge
poi il fatto che a capo delte principali fazioni vi sono addirittura i membri del ( seppure disciolto) governo libanese, dobbiamo
ammettere che la condizione di
quel paese non è paragonabile
a nessun’ultra situazione. _ Nel
contempo, a poche centinaia di
metri verso nord — dicono ancora i corrispondenti di guerra
— Beirut non appare diversa da
una qualsiasi città in pace: abiti
firmati nelle vetrine, gioiellerie,
night-club, il casinò affollato.
Certo, è questa una situazione
che non si può risolvere con
qualche appello o qualche camionata di viveri, magari per
tacitare la propria coscienza.
Tutto quanto si riconduce alla
questione fondamentale: finché il
problema palestinese non verrà
affrontato in spirito di reciproca
comprensione continueremo ad
essere spettatori impotenti di
una tragica realtà che supera la
più fosca fantasia.
Roberto Peyrot
Gesù ricostruisce autentici rapporti umani
Il regime dell’apartheid segrega milioni di persone ¡a causa del
colore della loro pelle, mette in prigione coloro che lottano contro
questo stato di cose. Il nostro giornale raccoglie da questa settimana
fondi per sostenere progetti delle chiese sudafricane (vedi articolo
a pag. 8).
Su un quotidiano ho letto la
cronaca della drammatica testimonianza che, presso la Camera del Lavoro di Milano, durante una pubblica assemblea, Rina
Franca G. ha dato della propria
esperienza di tossicodipendente
sieropositiva.
Ho ripensato alla storia contenuta nel Vangelo di Luca al
capitolo 7.
Gesù, invitato a cena a casa
di un fariseo, accoglie una prostituta che, non invitata, entra
provocando l’irritazione deH’importante uomo politico e religioso che avrebbe voluto che
Gesù, in osservanza ai principi
religiosi che la ritenevano impura e contagiosa, la cacciasse sulla strada da dove era venuta.
Mi sembra che le due vicende abbiano diversi punti in comune. Sono le storie di due donne diseredate, hanno fatto ambedue l’esperienza dell’abbrutimento fino al limite delTautodistruzione fisica e morale.
Ambedue, in qualche modo.
PREDICAZIONE E STORIA
Quando la fede
legge i documenti
« Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché s’adempisse la
parola delTEterno pronunziata per bocca di Geremia, TEtemo destò lo spirito di Ciro, re di Persia, il quale a voce e per iscritto,
fece pubblicare per tutto il suo regno questo editto...».
(Esdra 1: 1 segg.)
Il sorgere della dominazione
persiana mentre all’orizzonte tramontava, per sempre, quella babilonese fu caratterizzato, nei resoconti biblici, da un importante
episodio per la storia d'Israele.
Il re Ciro di Persia, intorno al
538 a.C., decretò la fine dell’esilio babilonese degli ebrei dando
loro facoltà di tornarsene a casa
e di ricostruire il Tempio, aiutati dai fondi del tesoro regio.
Nel libro di Esdra la narrazione dei fatti si apre con il testo
del decreto di Ciro che mette fine alla deportazione degli ebrei
in Babilonia. Troviamo inoltre
l’elenco di molte attrezzature in
oro ed argento che il re Nabucodonosor aveva sottratto al Tempio portandosele a Babilonia come bottino di guerra e l’elenco
delle famiglie rimpatriate.
Confortati dal decreto di quel
grande restauratore che fu re Ciro, incalzati quotidianamente da
predicazioni profetiche che spingevano il popolo a ricostruire —
per la seconda volta — la « casa
di Dio » a Gerusalemme, i primi
esuli si misero con entusiasmo
al lavoro. Tuttavia, man mano
che il « sacro edificio » prendeva
forma, alcuni anziani del popolo
che ricordavano il Tempio di Salomone (prima che fosse distrutto da Nabucodonosor nel 587)
cominciarono a fare apprezza
menti negativi sul nuovo edificio
non più splendido come il precedente. Ma non fu questa la
principale ragione del calo dell’entusiasmo dei costruttori. La
difficoltà maggiore riguardò piuttosto l’ostruzionismo dei tradizionali nemici d’Israele che ostacolarono, in tutti i modi, l'ambizioso progetto degli esuli. Sicché
per parecchio tempo il cantiere
restò fermo. Per rimetterlo in
moto ci volle la riscoperta negli
archivi di Babilonia del decreto
originario di Ciro che ordinava la
ricostruzione del Tempio fissandone addirittura le dimensioni e
i criteri da seguire per finanziare la colossale opera.
Leggendo questa vicenda che
ho riassunto in poche righe si
può scorgere, in filigrana, la tesi
teologica dell’antico autore: Dio
punisce per mano di un re straniero (Nabucodonosor) il popolo infedele (distruzione del Tempio ed esilio). Dopo anni di « cattività » e sofferenza il popolo ha
ormai capito la lezione ed è pronto per iniziare un nuovo rapporto con Dio che coincide — grazie nuovamente ad un re straniero (Ciro) — con il ritorno dall'esilio e la ricostruzione del Tempio, segno tangibile della presenza di Dio in mezzo al popolo.
I fatti storici vengono così interpretati teologicamente. Ma
prima della teologia c’è la storia. Prima della fede c’è la realtà quotidiana. L’elenco delle famiglie deportate, l’elenco degli
oggetti del culto asportati dal
Tempio di Gerusalemme, i testi
dei decreti di Ciro (spesso corrotti dalle varie trascrizioni) sono documenti storici che ci aiutano a capire cosa sia realmente
successo in quei lontani anni. Ovviamente più documenti scritti
ci sono, più è agevole ricostruire
i fatti e minore è il rischio di
adattare la storia alla teologia.
La teologia non può cambiare
la storia, può solo cogliere nella
storia l’azione di Dio. Più la documentazione storica è completa, più vi appare chiara l’azione
di Dio, non solo nei racconti antichi ma anche nella nostra storia. Più si fa storia, più si fa
teologia. Una storia mitizzata,
gonfiata, stravolta rende un cattivo servizio alla teologia perché
la storia dell’umanità è il luogo
dell’azione di Dio. Una predicazione che non « vede » l’azione
di Dio nella storia rischia l’astrattezza e, al contrario, prendere gli avvenimenti storici per
adattarli a esigenze teologiche è
una falsa concretezza. E allora?
Si tratta di ricostruire, senza distorsioni, i fatti storici di ieri evitando, per quanto è possibile,
di essere parziali o incompleti. Nel ricostruire la storia gli
occhi della fede vedranno i segni della presenza o dell'assenza
di Dio. E solo allora la storia diventa predicazione.
Giuseppe Platone
oggetto di violenza, di pregiudizi morali, psicologici, di ostracismo da parte dei moralisti laici o religiosi per i quali quello
che conta è salvaguardare e applicare certi principi.
La storia di due donne che non
accettano più il destino al quale sono state inchiodate. Donne
che osano, che sfidano il disprezzo, infrangono tabù e barriere.
Là, nel. Vangelo, la prostituta
irrompe nella casa del fariseo,
esprime con speranza a Gesù il
suo desiderio di amore e di dignità compiendo anche dei gesti
che il fariseo e i suoi commensali avranno qualificato come
sconsiderati.
Qui, nelTassémblea nella Camera del Lavoro, Rina Franca
racconta crudamente la sua storia che suona come richiesta di
accoglienza, dì aiuto. Racconta
come era arrivata al totale disprezzo di se stessa fino al desiderio di autodistruggersi, senza ricevere un gesto di solidarietà.
Il fariseo ed i suoi amici considerano la presenza di una
prostituta in casa come un pericolo di contaminazione e, quindi, una rovina per la loro reputazione di garanti dei principi religiosi e morali che dovevano far rispettare. Nel suo
paese della provincia di Nuoro,
Rina Franca è circondata da sorrisi significativi, da allusioni;
alcuni medici non mostrano riguardo nelTespcrre ai loro allievi, in sua presenza, i microbi
che la minacciano.
Le due donne reagiscono, vogliono vivere, essere delle persone, hanno bisogno di recuperare la loro dignità violentata,
perduta, venduta, estorta. Ambedue hanno vissuto solo una parodia di amore, ed ora invocano
amore vero.
Ma a questo punto le due storie sembrano divergere.
La prostituta del racconto di
Luca è accolta da Gesù che la
perdona. Il perdono non è im
concetto religioso. Perdono: Gesù la onora come donna, le dona amore, dignità, la aiuta, cioè,
a ricostruirsi come persona. La
salva.
Rina Franca, al termine dell’assemblea, dice che la fatica
di vivere è pesante come una
montagna, la volontà non basta
da sola. Resta entro i confini del
privato, in altre parole se la deve vedere da sé: « Cerco di non
lasciarmi andare. Devo censurare i miei sentimenti. Devo impedirmi di innamorarmi ». Da dieci anni è disoccupata: ma chi darebbe lavoro a una tossicodipendente. a una sieropositiva? La
vita è bloccata.
L’articolo conclude: l’appello è
lanciato. Qualcuno lo raccoglierà?
Un giorno in una città della
Galilea qualctmo ha accolto Tappello di Quella donna ed è ancora lui che oggi rivolge questo
invito: « Venite a me voi tutti
che siete travagliati, stanchi,
sviliti, ed io vi darò riposo ». E’
l’annuncio di speranza che vorrei far giungere a Rina Franca
affinché il suo desiderio di vita
riceva una conferma.
Valdo Benecchl
2
2 commenti e dibattiti
20 febbraio 1987
XVII FEBBRAIO 1987
La nostra libertà
La libertà a cui ci riferiamo è il rifiuto di essere silenziosi di fronte
alla realtà ed il rifiuto del dogmatismo - La libertà dei figli di Dio
17 febbraio. E’ una data importante nella coscienza collettiva di noi valdesi, nella coscienza degli
evangelici italiani. E’ una data che vorremmo importante per tutti gli italiani per ciò che rappresenta:
l’affermazione (tardiva) nel nostro paese del principio di libertà religiosa e dell’idea di tolleranza.
Per noi da oltre un secolo è un’ occasione per riflettere, per legare il passato al presente, nella consapevolezza di non poter agire e testimoniare nella
storia se non conoscendo la storia stessa e che essa
segna profondamente il presente e il nostro futuro.
E’ questo il senso delle rievocazioni storiche, dell’opuscolo che la Società di studi valdesi edita ogni
anno in occasione del « XVII », dei drammi storici
che le filodrammatiche hanno recitato per generazioni e che oggi vedono una ripresa di interesse.
E’ anche l’occasione per interrogarci sulla nostra
azione di testimonianza, per prendere posizione su
importanti questioni riguardanti il problema della libertà. Così è stato nel recente passato quando le nostre chiese hanno organizzato le settimane della libertà, che hanno presentato all’attenzione di tutti
problemi di libertà.
Libertà, un concetto che viene da lontano nella
nostra memoria storica, dalla decisione di Valdo di
seguire la sua coscienza e di non adeguarsi agli imperativi religiosi dell’epoca. Libertà di coscienza di
fronte a tutti i poteri, che è stata riaffermata nella
adesione del movimento valdese alla Riforma. Si
potrebbe leggere la storia del movimento e della
chiesa valdese alla luce di questo concetto.
Nel corso dei secoli si è affermato dai pulpiti e
nella pratica di ogni giorno il concetto di libertà di
coscienza ed oggi la nostra mentalità — lo riconoscono in molti — è diversa da quella dominante in
Italia.
L’impegno nella professione, nella vita sociale,
Giorgio Gardiol
BOTTA E RISPOSTA
Sud Africa: non è così semplice
Ho letto con vivo interesse l’articolo « Un dialogo per la liberazione in Sud Africa » della signora Febe Cavazzutti Rossi, di
cui ho avuto modo di apprezzare il coraggio e la serenità di
giudizio durante una conferenza
sull’argomento, dalla quale si poteva trarre un’ulteriore prova
che non c’è giustizia senza libertà d’opinione e parità di diritti.
Tuttavia l’abitudine dei mass
media di dare rilievo solo a un
certo tipo di notizie sul Sud
Africa ha — a mio avviso — avuto una grossa parte nel suo stupore per le accuse del past. Giovanni Conte all’African National
Congress (n. del 9 gennaio).
Eppure, cercandole, troviamo
testimonianze che mettono in
difficoltà il diffuso schematismo
nell’interpretare i fatti di laggiù.
E cosi sappiamo che Oliver Tambo, uno dei due capi dell’Anc
(l’altro, Slovo, è un ex colonnello del Kgb sovietico), ha dichiarato pochi giorni fa al « New
York Times » che « sporadiche
uccisioni di bianchi possono dare soeranza ai neri » (« il Giornale » 25-1-87, p. 8), che il leader
del gruppo più numeroso fra i
neri, gli Zulù, ha nettamente negato la validità delle sanzioni
economiche, che un vescovo protestante è stato aggredito da
estremisti di sinistra (M. Cervi,
dopo un viaggio in S.A., « il Giornale » 21-12-86 e precedenti), che
« Sowetan », giornale considerato fervente oppositore dell’apartheid, il 13-5-86 scriveva: « La nostra paura è che, se il governo
non interviene per porre un termine a questa serie di crimini
in Soweto, questo paese vedrà
realmente qualcosa di orribile ».
Quali crimini? Gli stessi cui alludeva Winnie Mandela il 13-4-86
in un comizio: « Con le nostre
scatole di fiammiferi e i nostri
collarini, noi libereremo il Paese ». Si tratta di questo. I pre
sunti collaborazionisti, cioè sindaci, amministratori e poliziotti, neri, delle townships e coloro
che non obbediscono agli scioperi, ai boicottaggi o alle richieste di contributi dello United Democratic Front (diramazione dell’Anc) vengono portati in un
« tribunale del popolo » le cui
sentenze più comuni vanno dalle 200 frustate alla morte. In
quest'ultimo caso al condannato
vengono legate le mani con filo
spinato, oppure tagliate in caso
di reati « gravissimi », poi gli
viene messo al collo un pneumatico cosparso di benzina e quindi incendiato. Le esecuzioni a
giugno, prima dello stato d’emergenza, erano quattro o cinque al
giorno (G. Coccia su « il Giornale » 28-12-86, p. 8 ; il filmato di
un’esecuzione è andato in onda
in « Controcorrente » a dicembre, Italia 1).
Andrebbe anche ricordato che
Nelson Mandela ha rifiutato la
libertà perché condizionata alla
promessa di non incitare alla
violenza, che reparti multirazziali sudafricani intervengono in
aiuto del nero Savimbi che tenta di liberare l’Angola dai bianchi cubani e sovietici, che tra
chi tuona contro l’apartheid c’è
il dittatore etiopico Menghistu
che deporta e stermina per fame
e piombo le minoranze del suo
paese, e che tra chi si indigna
per la censura di Botha ci sono
i sostenitori dell’Urss, che i maggiori beneficiari delle sanzioni
contro l’uranio e l’oro di Pretoria sono gli altri grandi estrattori dei due minerali, Canada e
Urss.
Da questo e dai pareri citati
dal past. Conte si può vedere
che le cose non sono così semplici, né risolvibili con l’appoggio all’Anc o alle sanzioni.
Parlando poi delle precise prese di posizione politiche (sui
principi, specie sull’opposizione
all’apartheid, siamo tutti d’accordo) di una certa maggioranza
intellettuale della nostra chiesa,
ben testimoniate da questo giornale, mi aspetterei più prudenza da chi ha alle spalle altre campagne d’opinione che, ispirate a
nobili propositi, autodeterminazione dell’Indocina e libertà in
Iran, hanno spianato la via ai
tre milioni di omicidi di Poi Pot,
all’espansione militare di Hanoi
e alle follie di Khomeini. Ma ora
il Vietnam non è più di moda e
dell’Iran si parla solo per i pasticci di Reagan: sono l’Anc e i
sandinisti i liberatori di turno.
Lucio Malan
Spiace che il nostro lettore ci
accusi ancora una volta di unilateralismo. Il Sud Africa ci interessa e ci coinvolge in prima persona. Sono nostri fratelli in fede
sia chi governa, che si riferisce
alla tradizione riformata, sia chi
è vittima dell’apartheid. Siamo
chiamati a discernere le responsabilità e francamente ci sembra
di dover affermare che la violenza maggiore, quella diffusa a
tutti i livelli è propria del sistema dell’apartheid. Con noi leggono così la situazione non solo
la quasi totalità degli inviati delle chiese che hanno visitato quel
paese, tra cui anche Febe Rossi
Cavazzutti, ma anche l’Alleanza
Riformata Mondiale di cui la nostra chiesa fa parte, il Consiglio
Ecumenico delle Chiese, l’ONU,
la CEE e l’elenco potrebbe continuare.
In Sud Africa la maggioranza
del popolo sta manifestando la
propria volontà di boicottare il
governo che impone il regime
dell’apartheid. Certamente in questo si possono commettere violenze, ma la violenza dell’oppresso non può farci dimenticare la
violenza dell’onpressore.
g- g
I CULTI A
RADIO FIRENZE
ed anche nella politica è il frutto di questa concezione. Il nostro modo di parlare della libertà di Dio
è anche un modo di parlare della libertà dell’uomo
e della sua vita, della società e quando parliamo di
democrazia, di solidarietà, di giustizia sociale, mettiamo in relazione dialettica questi concetti con la
fede cristiana.
E questo non è poco, oggi. In una società dominata dalla razionalità formale degli imperativi economici, scientifici, tecnici, il dibattito delle nostre
chiese introduce in questi imperativi il problema del
significato ultimo e della ricerca etica. Di fronte ad
una visione dei problemi che per essere « scientifica », diventa sempre più tecnocratica, affermare la
libertà di scelta e dell’esame collettivo che ci viene
da quella grandiosa scuola di pedagogia democratica,
che sono la scuola domenicale e gli studi biblici in
una chiesa riformata, è un contributo importante al
modo di impostare e risolvere i problemi complessi
della nostra società.
Pensiamo solo alla questione dell’energia nucleare. Di fronte alla tecnocrazia che diceva: « Tutto va
bene », le chiese, anche la nostra, ben prima di Cernobyl avevano chiesto una moratoria per poter esaminare tutti gli aspetti del problema e decidere collettivamente. E oggi di fronte all’ingegneria genetica
la questione è analoga.
La libertà che il 17 febbraio ricordiamo è questa: il rifiuto di essere silenziosi di fronte alla realtà ed il rifiuto del dogmatismo. Non è la strada più
semplice: è entrare nei problemi della realtà quotidiana, compromettersi — con il pensiero e con
l’azione — ma conservando la libertà di colui che
sa per fede che il Regno di Dio è vicino, ma che
sa anche che c’è molto lavoro da fare.
Nel riquadro riportante ■■ aicuni dati », le prime trasmissioni del "culto
radio" vengono datate 1945, con l'indicazione delle località ove iniziarono
le trasmissioni. Firenze non è stata
indicata e vorremmo dare alcuni ragguagli su questa città, ove nel febbraio
1945 Radio Firenze, allora sotto controllo alleato, era diretta dai Gap.
Astley che, tramite il Cappellano della
RAF D. Wiseman, propose alle chiese evangeliche fiorentine di tenere
un culto domenicale alla radio della
durata di mezz'ora e da inserire tra
le 17 e le 19, L'offerta fu discussa
dal Consiglio dei Pastori nel quale
erano rappresentate le Chiese Battista, dei Frateili, Metodista e due Vaidesi, ed accettata stabilendo modalità,
ordine dei culto. L’annuncio alla radio
doveva indicare il nominativo dei Pastore senza caratteristiche denominazionali.
La prima trasmissione ebbe luogo il
4 marzo successivo col Pastore Ignazio Rivera della Chiesa Battista. Nell'aprile, senza alcun preavviso, il
tempo a disposizione fu ridotto a 20
minuti, su disposizione pervenuta da
Roma, il Consiglio dei Pastori espresse il proprio rincrescimento alla direzione fiorentina e chiese anche l'interessamento del Presidente del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale perché non venisse .<■ lesa o
menomata questa libertà della minoranza evangelica, a cui da tanto
tempo si è aspirato e che corrisponde al bisogno di molte diecine di migliaia di cristiani evangelici della città come delle campagne, che non
hanno Chiesa... ». Ma nonostante tutto i venti minuti restarono per ancora un anno per essere ulteriormente ridotti a quindici e nel 1948 a dodici con spostamento d'orario al mattino alle 9.15. La trasmissione cessò
col novembre 1950 a seguito dell'applicazione di accordi internazionali stipulati a Copenaghen agli Inizi di quell'anno.
C.R.M., Firenze
LA RISTAMPA
DI OLIVETANO
Gentile direttore,
accogliamo volentieri le sue sollecitazioni rispondendo alla lettrice che
è rimasta sconcertata dal prezzo della
ristampa della Bibbia di Olivetano.
La casa editrice A. Meynier ha cercato di fare non già un'operazione
commerciale, ma una ricostruzione « filologica » della traduzione di Olivetano, pubblicata nel 1535.
Dei 106 esemplari esistenti al mondo (di cui una certa parte fuori Europa), uno solo a nostra conoscenza
presenta ancora la rilegatura originale
del '500. L'editore ha voluto riprodurre (nell'edizione più cara, in soli 20
esemplari) questa rilegatura, esattamente come nell'unico originale rimasto: in pelle di capra, con le borchie
di ferro lavorate a mano ed i nervetti
del tipo di quelli in uso ai tempi di
Calvino. Per confezionare un solo
esemplare occorrono alcuni giorni di
lavoro di un artigiano altamente specializzato. di quella razza purtroppo in
via di estinzione, il costo del materiale e dell'opera è considerevole.
A tutto ciò si aggiunga (anche per
l'edizione meno cara, in 400 esemplari, che è identica all'altra, rilegatura a parte) il costo per la riproduzione fotografica delle 870 pagine
in-folio del testo. La ristampa della
Bibbia di Olivetano non è infatti semplice come quella di un libretto qualsiasi, che si compra usato, si smem
QUESTA PAGINA
è dedicata ai commenti evangelici su fatti di attualità e non, ed
al dibattito dei lettori.
Preghiamo i lettori che desiderano intervenire di contenere i loro
scritti (dattiloscritti con interlinea
2) ad una cartella se lettere, ed
a due cartelle se interventi per il
dibattito.
bra e si riproduce: è libro prezioso,
ohe le biblioteche non danno certo in
prestito e che deve essere riprodotto
nel gabinetto fotografico della biblioteca stessa: per avere un risultato
sicuro, sono quasi sempre occorse
dalle 2 alle 4 pose per pagina.
Ma le difficoltà non sono terminate.
Bisogna ancora considerare il fatto
che, a 450 anni dalla sua prima — e
unica — edizione, è impossibile reperire ancora uno di questi 106 esemplari con tutte le pagine intatte (cioè
non danneggiate, tipograficamente nitide, senza macchie, scritte posteriori,
ecc...). Ciò ha comportato una ricerca
(e una fotografatura) nelle biblioteche
di quattro città europee, per poter
riuscire ad ottenere un layout di buon
standard per ogni pagina del testo.
Ci rendiamo conto che il prezzo del
volume appare a prima vista alto, soprattutto a chi non si interessa di
questo tipo di pubblicazioni e non
conosce il lavoro e le difficoltà che
ci sono alle spalle. Ma l'unicità dell'impresa e dei prezzo non sono sfuggite a chi ha pratica di costi tipografici di opere simili: tant'è che le 20
copie dell'edizione più cara si sono
esaurite in meno di una settimana.
Molte altre cose potremmo dire sulla
ripubblicazione di questa Bibbia, la cui
traduzione e stampa già per i Valdesi
del 1532 fu impresa costosissima e
difficile, certo più della ristampa attuale. Aggiungeremo solo che questo
volume (nuovamente disponibile per
studiosi, bibliofili e biblioteche che potranno finalmente acquisirlo), sarà
completato a fine anno da uno studio
di carattere linguistico-filologico-storico-teologico, opera di un professore
universitario parigino, che è forse attualmente il maggior studioso della
traduzione ohe Olivetano fece della
Bibbia.
La ringraziamo per l'ospitalità e la
salutiamo molto cordialmente.
A. Meynier editore, Torino
ERRORI DI METODO
Desidero precisare una nota di
« metodo » in risposta alle due lePere sui punto di vista del numero 12
die. '86. Ben ha fatto il collega E.
Bernardini a precisare anche la questione del rapporto tra ■■ tempi storici e biologici ». E' certo una que." .ione ohe va tenuta presente: un brevissimo « punto di vista » non è che
una brevissima notioina che intende
stimolare. E' sulla lettera della s:g.
Vera Buggeri che vanno fatte p'ccisazioni. Non c'è affatto, nella mia
nota del 12 die., la collocazione di
,« natura o cultura » a livello teologico! Ciò che non accolgo è l'accettazione del dato ■■ naturale » quale premessa al discorso teologico. Neppure
il cattolicesimo cade nell'equivoco di
fare del « naturale », senza mediazione, il “ dato » teologico. L'errore sta
nel porlo come fondante premessa.
A questo errore di metodo si rimprovera di costruire così un'etica fondata su presunte leggi naturali... Occorrerebbe aprire poi la questione del
rapporto tra « cultura o ragione e
etica teologica ». C'è o non c'è tale
rapporto? lo credo di sì. Può essere
rapporto antitetico? Certamente. Ma
l'erroneo presupposto da cui, sembra, parte Vera, è che l'antitesi sia
insanabile. La « cultura » o la « ragione » è da ricondurre, massicciamente, sotto la categoria negativa
di « frutto della carne »? Non direi
proprio, neppure nel pensiero di Paolo. Qualunque teologia si intenda costruire non si può saltare la mediazione di una « cultura storicamente
data ».
Alfredo Berlendis, Venezia
Pubblicazione
integrale
Con richiesta eli pubblicazione integrale. Riceviamo alcune lettere che
portano in evidenza questa richiesta.
Quando possiamo, evitiamo di tagliare
( ma per questo bisogna restare nei limiti di spazio assegnati)^ a volte però
siamo costretti a farlo condensando i
concetti in poche frasi. Chi richiede
la pubblicazione integrale rischia così di non veder pubblicato il suo scritto. In ogni caso non pubblicheremo lettere contenenti insulti contro terze
persone. g. g»
3
r
r
20 febbraio 1987
fede e cultura 3
NELLA RIVISTA ’’OUVERTURES’
Medici protestanti
di fronte aila revoca
deli’Editto di Nantes
«Ouvertures» è una rivista
pubblicata dall’Associazione medico-sociale protestante di lingua
francese e tratta in modo particolare i temi di etica medica.
Nel numero 42 del 1986, ai consueti argomenti di carattere professionale, si affiancano due articoli storici collegati al periodo
della Revoca dell’editto di Nantes, e ai suoi riflessi nei riguardi delle professioni sanitarie esercitate dai protestanti.
Nel primo scritto, lo storico
Philippe Joutard dichiara di essere rimasto colpito — da quando studia la persecuzione regia
e la resistenza protestante — da
come le autorità del tempo abbiano particolarmente tenuto
presenti nella loro repressione le
professioni sanitarie: medici, chirurghi, levatrici, farmacisti (che
ovviamente a quel tempo, dovendo preparare galenicamente i
farmaci, avevano grosse responsabilità).
Già dal febbraio 1680 (e quindi cinque anni prima della Revoca dell’editto), la prima interdizione professionale riguarda le
levatrici. La legge parla chiaro:
si proibisce ai praticanti la « religione pretesa riformata » di fare le funzioni di levatrice. Vengono al riguardo invocati tre motivi. Innanzitutto, il potere teme che i « pretesi riformati »
non battezzino i neonati in pericolo di morte; in secondo luogo
ritiene che « le madri non verranno avviate ai sacramenti »;
infine pensa che vengano nascoste le nascite cattoliche illegittime « per poter allevare i bambini nella religione pretesa riformata ». La prima professione sanitaria vietata è dunque situata
al primo scalino della gerarchia,
ma è la più importante dal punto di vista strategico, come sottoline-a lo storico.
La seconda interdizione professionale precede la Revoca di
due mesi: essa concerne i medici, non però a causa della loro
funzione verso i malati ma perché, essendo state proibite ai ri
formati già da cinque anni le
professioni giuridiche, si stava
verificando un notevole afflusso
verso gli studi medici.
Qualche settimana dopo, un’altra disposizione proibisce « a tutti i chirurghi e farmacisti, che
professino la religione pretesa riformata, di esercitare la loro arte (...) allo scopo di impedire i
cattivi effetti derivanti dalla facilità che essi hanno — in virtù
della loro professione — di recarsi frequentemente in tutte le
case, col pretesto di visitare i
malati, e impedendo così a tanti
"religiosi” di convertirsi alla religione cattolica ».
Subito dopo la Revoca le misure repressive nei confronti delle
professioni sanitarie si moltiplicano: queste professioni vengono infatti considerate come àventi un ruolo decisivo nei confronti dei due momenti dove veniva determinata l’appartenenza
religiosa: la nascita e la morte.
I preti devono vigilare sulla fedeltà religiosa delle levatrici,
mentre esse hanno l’obbligo ai
avvertirli immediatamente delle
nascite perché essi possano procedere al battesimo dei bimbi.
Da parte loro, i medici hanno
l’obbligo di avvisare i morenti
della loro condizione, unitamente
a quello di informarne i preti perché essi possano disporre per gli
ultimi sacramenti. I morenti vengono obbligati a rinnovare la loro adesione al cattolicesimo: se
rifiutano, i loro corpi saranno
privati della sepoltura e gettati
nei depositi delle immondizie,
mentre i loro beni saranno confiscati. Qualora qualche morente sopravviva verrà inviato alle
galere se uomo o imprigionato
se donna.
Il comportamento più frequente dei protestanti è quello di evitare di rifiutare l’ingresso nella
camera del malato al prete: bisogna nascondergli la gravità
della malattia, dicendo magari
che egli è affetto da un male
contagioso acuto, oppure chiamare dopo il decesso dicendo
NELLA TEOLOGIA ZWINGLIANA
Una Maria biblica
Furono « mariani » i riformatori cinquecenteschi? Che bella
domanda fatta poco prima della proclamazione papale dell’Anno Mariano! Se furono davvero
« mariani », in quale senso lo furono? E, soprattutto, fino a qual
punto il loro pensiero su Maria
divergeva, e come, dalla dogmatica cattolica tardo-medioevale?
Di queste e di altre questioni
tratta il be] volume del nostro
Campi, che ho letto tutto d’un
fiato. Sì, è possibile enucleare
non solo da Lutero e da Calvino, ma anche da Zwingli delle
prese di posizione mariologiche.
In particolare lo Zwingli pronunciò un sermone proprio sulla
Vergine Maria « eternamente pura, madre di Gesù Cristo redentore nostro» (cfr. vers. it. pp.
57-92).
Se Zwingli ammette entrambe
le definizioni di Maria come madre di Cristo (Christotókos) e
perciò anche di Dio (Theotókcs),
egli però le intende sempre in
senso cristologico, insieme con
quella di vergine eternamente
pura: « Prima ancora di essere
titoli mariani, servono ad illustrare in modo intuitivo, evidente, il significato deH’Incarnazione
e della Redenzione» (p. 55). Da
questa nuova angolatura, intesa
a « mettere in risalto il significato autentico di Maria, liberarla da ogni posteriore sovrapposizione, restituirla alla sua primitiva immagine biblica » (ivi), le
altre definizioni della mariologia
tradizionale (Immacolata, Assunta e Regina del Cielo) non trovano nel riformatore zurighese
nessun riscontro positivo, in
quanto l’unica funzione reale di
Maria, nell’economia della salvezza, non è quella di « mediatrice », bensì di « testimone » dell’unico salvatore Gesù Cristo.
Giovanni Gönnet
EMIDIO CAMPI, Via antiqua, Umanesimo e Riforma. Zwingli e la Verginei
Maria. Torino, Albert Meynier Editore, 1986, 8°, pp. 118 (« Il tempo
delle riforme religiose »).
che, il paziente è improvvisamente morto di un colpo: in questo
grosso gioco a « nascondino » —
come sottolinea lo storico — il
medico occupa veramente ima
posizione strategica: a seconda delle sue personali convinzioni, egli può permettere alle famiglie protestanti di evitare il
peggio o, al contrario, obbligarle
ad una scelta drammatica.
Nel concludere il suo intervento Joutard sottolinea ohe, di fianco aH’interpretazione classica della Revoca, intesa come uno degli ultimi atti delle guerre di religione. si debba anche considerare onesto fatto storico come
rinquietante preannuncio del totalitarismo. « Nell’editto di Fontainebleau vi è la volontà di una
società e del suo Stato di utilizzare una ideologia (nel caso specifico la religione cattolica gallicana) come una barriera contro un’altra ideologia contrapposta. Ecco perché — egli termina
— il 1685 ci interpella oggi ancora, ben al di là di ogni barriera
confessionale ».
Nel secondo intervento, di
Jean Pimi Pittion, docente all’Università di Dublino, si espone la
situazione a La Rochelle, la nota città sull’Atlantico, capitale
del partito ugonotto nel XVI secolo e sede del Sinodo protestante del 1571. Questa città viene comunque citata perché essa,
a causa delle sue attività commerciali e della sua posizione
geografica, costituisce un valido
esempio anche dal punto di vista sanitario. Nel 1671 si contavano 7 medici, di cui 4 protestanti. Pochi anni dopo, nel 1678,
i medici cattolici diventano maggioranza e nel 1680 presentano
alle autorità un nuovo statuto
che comporta anche la clausola
di cattolicità per l’esercizio della professione. Naturalmente, i
medici protestanti fanno opposizione, ma le lettere patenti del
Consiglio reale confermano la
cosa. Viene fatta una nuova opposizione al Parlamento di Parigi, ma invano: i medici riformati devono cessare l’attività,
sotto pena di forti ammende.
Secondo l’analisi dello storico
queste repressioni non sono che
l’effetto a lungo termine dei violenti conflitti a carattere confessionale che hanno lacerato nel
XVII sec. la società francese, ai
quali l’Editto di Nantes non aveva in realtà posto un termine.
Un altro punto vale la pena di
essere sottolineato: la legislazione antiprotestante è sovente nata da decisioni legislative locali
che vengono poi successivamente adottate a livello nazionale
mediante leggi-quadro. Negli anni che precedono la Revoca, od
a maggior ragione in quelli seguenti, la nuova legislazione, alla ricerca dell’uniformità religiosa, eleva i sanitari alla funzione
di pubblici ufficiali. « Questa
promozione della nrofessione a
ruolo di "agente di Stato” —
conclude Pittion — costituisce
uno dei fattori che hanno contribuito, negli anni che hanno seguito la Revoca, a potenziare la
funzione del medico nella società francese, trasformando la professione da mestiere ad arte e
dandogli una nrecisa collocazione, che ha conferito ai suoi detentori un rango sociale più elevato di quanto non fosse in precedenza ».
Roberto Peyrot
PROTESTANTESIMO IN TV
Il « mensile di attualità,
cultura e vita evangelica » del
9 febbraio si è aperto con là
citazione di alcuni passi dell’Esodo di toccante attualità:
« Non maltratterai lo straniero e non l’opprimerai » e
« Siavi un’unica legge per il
nativo del paese e per lo straniero che soggiorna tra voi ».
Si è così introdotto il discorso sulla recente legge 943
concernente gli immigrati irregolari. Essa è stata illustrata nei suoi particolari dal dirigente dell’Ufficio stranieri
della questura di Roma e di
nel quadro di un coordinamento organizzato. Si cerca
di venire incontro alle esigenze primarie di questi fratelli
che sono in sostanza le seguenti: un posto letto, il nutrimento per sopravvivere in
attesa di una sistemazione lavorativa ( sia pure precaria o
forse transitoria), aiuto e consulenze di vario tipo, un minimo di informazione e assistenza sanitaria, corsi di lingue perché possano comunicare almeno a livelli elementari, soprattutto l'offerta fraterna di “punti di riferimen
Immigrati
spone che tutti i “migranti"
entrati in Italia fino al 27 gennaio ’87 (si tratta infatti di
una sanatoria) abbiano la possibilità di regolarizzare la loro posizione entro tre mesi.
Questo significa in pratica
permettere loro di godere dei
diritti di tutti i lavoratori anziché alimentare il lavoro nero e lo sfruttamento sulla base di fasulli “permessi turistici" concessi a chi è stato
costretto per ragioni di sopravvivenza a lasciare il proprio paese.
Ritengo che l’approvazione
di un provvedimento di questo tipo non possa che rallegrarci profondamente sia come cittadini che come evangelici. Come cittadini, in quanto (ben consci che l’Italia è
stata per lunghi decenni terra di emigrazione) ci troviamo di fronte a disposizioni
eque e sanamente realistiche
e come evangelici, ricordando
che pochi anni fa avevamo
individuato proprio nel problema dello straniero « che
sta nelle nostre porte » l’argomento su cui dibattere e riflettere in occasione del 17
febbraio.
La trasmissione è proseguita con l’illustrazione (da parte delle persone che se ne occupano direttamente) delle
iniziative messe in atto a Roma a favore dei “migranti"
dalle chiese facenti capo alla
FCEI, dall’Esercito della Salvezza e dall'YWCA - UCDG,
to". Da questo quadro emerge determinante l’apporto dell’Esercito della Salvezza che,
con l’Albergo del popolo, mette a disposizione un elevato
numero di posti letto e di pasti, e fornisce assistenza morale e materiale. (La recente
aggressione a questa struttura da parte di giovani mascherati testimonia ancora
una volta delle opposizioni
cui va incontro ogni realizzazione dell’amore di Cristo che
si attui nel concreto).
Il progetto messo a punto
dall’UCDG si rivolge jmrticolarniente alle necessità delle
donne. Per questa associazione si tratta dunque di un ambito di intervento rispondente alla sua più autentica vocazione.
Il pastore B. Tron del “Servizio migranti" della FCEI ha
messo in evidenza fra l’altro
i lati positivi dell’incontro con
culture diverse.
Si può forse osservare che
è mancata, nel servizio realizzato, la voce dei diretti interessati: sarebbe stato bello
sentire da loro come hanno
accolto l’intervento legislativo
e come vedono e vivono le
iniziative a loro rivolte.
La trasmissione si è conclusa con la risposta di Franca Long ad una lettera che ci
chiede « se crediamo alla Madonna » e con una intervista
a Paul Ricoeur sul rapporto
fede-filosofia.
Mirella Beìn Argentieri
Nella « Collana della Facoltà Valdese di Teologia » esce
il n. 15:
H. J. BIRKNER, M. DESPLAND, R. OSCULATI
S. SORRENTINO, F. TESSITORE, G. MORETTO
Schleiermacher
e la modernità
Prefazione di S. Rostagno
pp. 160, L. 18.000
Il libro raccoglie gli Atti del Convegno organizzato dalla
Facoltà Valdese di Teologia a Roma, con la collaborazione
del Goethe Institut, nell’ottobre 1984, nel 150° anniversario
della morte del grande filosofo-teologo. Scrive S. Rostagno:
« ...interessa certamente i filosofi della religione,, ma anche
tutti quegli uomini di cultura laica o cristiana che non si
sottraggono alla responsabilità di chiarire lealmente i vincoli
tra la propria opera intellettuale ed una vocazione trascendente ».
CLAUDIANA — Via Principe Tommaso, 1 — 10125 TORINO
4
4 prospettive bibliche
20 febbraio 1987
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
SAPIENZA
DEI PROVERBI s
Non si nasce
savi
« Il principio di ogni saIpienza è:
acquista la sapienza...
Va' a letto con lei, e ti edu
[cherà.
Farà la tua gloria, se l'ab\_bracci ».
(Proverbi 4: 7-8)
E' un padre che parla (4: 1).
E come ogni padre si preoccupa
per il figlio. Vuole anzitutto
trasmettergli ciò che ha imparato. E, pare, essendo stato a suo
tempo un figlio perfetto...i padri
non hanno mai molta memoria.
Forse è meglio così!
Ecco ancora qualche Proverbio commentato succosamente dall’esegeta e predicatore riformato francese; ricordiamo ohe questi testi sono ripresi dal settimanale « Réforme ». I testi biblici li abbiamo ritradotti
dalla traduzione originale francese del Maillot; i lettori potranno utilmente confrontarla con le versioni italiane o in altra lingua di cui
dispongono: questo è, anzi, sempre un esercizio vivace e interessante che
raccomandiamo.
a cura di GINO CONTE
listico e pur cosi bello. La vera re », con annesso saper fare
amante, quella che non inganna [« faire savoir » — « savoirmai, quella che non si rimpian- faire »]. Una sapienza vera, scoge mai di avere conosciuta, è la prendo quali sono stati i propri
sapienza. sforzi, scopre anche che è un do
La vera iniziazione consiste no condiviso affinché resti se
nell'acquisire sapienza. Da me- stessa.
ditarci, in quest'epoca di educa- Ciò che è senza prezzo, si dà.
zione sessuale.
Da meditare anche quest'affermazione sottintesa: « Non si
nasce savi ». E' una delle verità
più evidenti per i savi di ogni
paese. Si ha bisogno di essere
corretti, rettificati, per imparare
Non altro dirà il Nuovo Testamento.
“Non sapevo...
Il
Poi vorrebbe che il figlio fre- la sapienza. Istintivamente l'uo
quentasse la scuola degli scribi
piuttosto che i templi cananei
dove le prostitute sacre dovevano godersela a scaltrire (religiosamente) i giovani israeliti.
Ecco perché questo padre
parla questo linguaggio così rea
mo non l'ama, non ne vuol sapere.
E il pazzo più pazzo sarebbe
il savio che si credesse arrivato,
che credesse di avere trovato la
sapienza. Guai a chi si crede arrivato!
La verità schiaccia i prezzi
« Acquista la verità e non
\_la vendere.
Fa' così anche per la sapien\_za, l'educazione, l'intel[ligenza ».
(Proverbi 23: 23)
Si tratta senz'altro di un Proverbio "perso" in mezzo a consigli relativi al rispetto dei genitori e alla loro gioia quando
un figlio ha avuto successo (v.
22, 24, 25). Poco importa!
Ciò che anzitutto importa è
questo primo consiglio abbastanza singolare: « Compra la
verità... ». Certo, questa parola
« verità » aveva una vastità di significato assai più grande di
quella che ha oggi: ciò che segue la mette in parallelo con la
sapienza e con l'intelligenza. Ma
quest'ordine: « Compra... » resta pur sempre singolare, anche
se è vero che l'insegnamento dispensato da molti savi non do
veva sempre essere gratuito.
Credo però che, in questo
contesto, voglia dire: « Compra
a qualunque prezzo... perché la probabilmente un Proverbio re
« Libera i condannati a
[morte!
Per quelli che vacillano da[vanti al supplizio, ti
[asterrai?
Dirai: "Non lo si sapeva"?
Colui che pesa le intenzio[ni vede tutto;
colui che sorveglia i tuoi
[sentimenti sa tutto
e tratterà ciascuno come
[ha agito ».
(Proverbi 24: 11-12)
Un Proverbio più o meno unico nel suo genere. In origine era
verità e la sapienza non hanno
prezzo! Impegnaci tutto il tuo
capitale; consacra loro le tue
ore, il tuo tempo, la tua passione... ». Perché esse non si concedono che a coloro che le vogliono davvero. Non c'è verità
senza passione della verità. La
verità non sopporta i tiepidi e
i dilettanti.
E il consiglio seguente, « Non
la rivendere », non è soltanto
una botterella a quei sapienti
che vendono il loro sapere, ma
ci ricorda che la verità, l'intelligenza, la sapienza non ci sono
concesse perché si fermino a noi
bloccate, spente. Se ci sono date, è affinché subito le trasmettiamo ad altri.
Un sapere vero deve sempre
trasformarsi in un « far sape
gale, esortazione, da parte di
uno scriba coraggioso, alla clemenza e all'esercizio del diritto
di grazia detenuto dai re (e reucci). Un buon re dev'essere anche
un re buono.
Ma questo piccolo Proverbio
dice, contro la pena di morte,
più di tanti trattati o articoli:
Renditi conto del potere che ti
è affidato: puoi salvare, puoi far
vivere quelli che stanno per morire! La morte? Chiunque può
darla. La clemenza, invece, è una
vittoria eccezionale, è una nascita. E' il modo regale di compiere una gestazione e una nascita.
E' anche una vittoria: la maggiore, per un re... E ora, guarda!
Guarda bene questi esseri umani votati alla tortura e alle grinfie della morte; guarda la loro
paura; non sono nemmeno piu
degli esseri umani, e qualunque
cosa abbiano fatto, non son più
altro che angoscia; immagina
ciò che accade dentro di loro.
Ebbene, hai il potere di cambiare tutto questo nel suo opposto; della loro paura e della loro
angoscia puoi fare della speranza; della morte puoi fare la vi La.
Puoi trasformare tutto questo
in un'esplosione di gioia e di
speranza. Perché rifiuteresti a
te stesso questa gioia e la prova del tuo vero potere? La clemenza non permette forse di
mostrare che si è « padroni di
sé come dell'universo »?
S'intende, questo Proverbio
si è democratizzato; è rivolto 'ei
cortigiani, ai giudici, poi a tutti.
E forse anche a coloro la cui testimonianza o la cui mancata i estimonianza rischiava di comportare la pena capitale.
Il V. 12 ricorda al re (e a tutti): r che Dio sa quel che accade; 2° che Dio osserva il re (e
gli altri) per vedere se usano nùsericordia; 3° che dunque egli
gradisce che gli uomini usino il
loro diritto di perdono; 4° che la
retribuzione finale appartiene a
Dio.
Inoltre, sotto la sua forma attuale — e poco importa se è o
no quella originale — questo
Proverbio vieta la scusa pur così
facile: « Non si sapeva ». Non
abbiamo dunque il diritto di
ignorare le torture, le esecuzioni (legali o no) che si verificano
attorno a noi. In ogni caso non
potremo presentarci davanti a
Dio dicendogli: « Non sapevamo ». Se, infatti, Dio ha occhi
per vedere, ha dato anche a noi
occhi che, se non hanno la potenza dei suoi, sono creati affinché guardiamo e ci informiamo.
Questo Proverbio, che denuncia ad esempio la scusa invocata
dal popolo tedesco dopo il 1945:
« Non abbiamo saputo... », o
dai francesi durante la guerra
d'Algeria etc. etc., ci ricorda
che, se non c'è peggior sordo di
chi non vuol sentire, non c'è
peggior cieco di chi non vuol
vedere.
Alphonse Maillot
5
r
20 febbraio 1987
obiettivo aperto 5
I PRIGIONIERI DIMENTICATI
RICORDARE
TUTTE LE VITTIME DELLA GUERRA
Il dramma dei superstiti italiani, difficilmente risolvibile nell’Immediato dopoguerra, è però rimasto sotto silenzio per oltre quarant’anni: la strage di Leopoli è una delle tante pagine su cui è necessario fare piena luce
Non abbiamo notizie precise sugli eccidi di militari italiani nella zona di
Leopoli, anche se in questi ultimi giorni stanno venendo
fuori documenti e informazioni
per lungo tempo nascosti o rimossi. Ma questi eccidi non sono l’unica pagina dimenticata
della guerra italiana di 40 e più
anni fa. Disponiamo ormai di
molta memorialistica autentica
e di buoni studi sulle operazioni
e le battaglie italiane della seconda guerra mondiale (anche
se un’altra parte della produzione ha un taglio commerciale e
sensazionalistico, con superficialità e falsificazioni); ma non
sappiamo ancora con ragionevole sicurezza quanti italiani caddero in quegli anni (circa 200.000
morti nel 1940-43, non è possibile dare una cifra più precisa),
quanti furono i feriti, gli invalidi, i civili uccisi. E non abbiamo quasi nulla di serio sulla nostra occupazione in Jugoslavia,
in Albania, in Grecia. Venti anni fa, quando il turismo non
aveva ancora travolto le coste
della Dalmazia, bastava risalirne
le strade interne per trovare
quasi a ogni tornante un piccolo
monumento ai partigiani e civili caduti nella resistenza contro l’invasione italiana (così come sul vecchio stradone tra Torre e Villar Pellice si trovava il
ricordo dei nostri morti partigiani); ma quanti italiani sanno
oggi che le nostre truppe agli
ordini di Mussolini misero a ferro e fuoco una parte non piccola della penisola balcanica? Certo, i tedeschi hanno fatto di peggio, per qualità e quantità: basta questo a autorizzarci a dimenticare?
Il silenzio è caduto specialmente sui prigionieri di guerra.
Non è una prerogativa italiana,
anche negli altri paesi i prigionieri non sono mai ricordati volentieri perché testimoniano le
sconfitte e i cedimenti. E della
nostra prima guerra mondiale i
testi citano sempre i 650.000 caduti e non mai i 500.000 prigionieri, un decimo dei quali morì
nei campi austriaci (naturalmente anche queste cifre sono approssimative). Tra il 1940 e il
1943 quasi 600.000 militari ita
liani si arresero agli anglo-americani : furono trattati quasi
sempre in modo corretto (però
i 4O.0(X) nei campi francesi del
Nord Africa ebbero un trattamento durissimo, anche bestiale, e morirono a migliaia), ma si
logorarono per anni e anni nei
chiusi carnpi di prigionia o nel
lavoro obbligato per i vincitori,
accumulando frustrazioni e amarezze impossibili da far capire
anche ai familiari che li avevano attesi con ansia. Per costoro
il paese non ha avuto celebrazioni né memoria, soltanto per i
più fortunati (e neanche tutti)
una misera pensione dopo penose trafile burocratiche.
Gli unici prigionieri di guerra
che non sono stati dimenticati
sono quelli fatti dai russi nell’inverno 194243, circa 60.000 (un
totale che resterà sempre approssimativo, perché non possiamo calcolare quanti degli
85.000 italiani dispersi in Russia
siano morti in combattimento,
quanti nella durissima ritirata e
quanti in prigionia). La grande
maggioranza di costoro scomparve nel giro di pochi mesi, nei
trasferimenti a piedi o in carri
bestiame effettuati in condizioni allucinanti, per la fame, il
freddo e poi le epidemie micidiali per organismi indeboliti.
Ne sono tornati 10.000 soltanto.
Un dramma spaventoso ; ma è
triste che sia stato pubblicizzato soprattutto per una speculazione politica, per attaccare la
Russia e i comunisti italiani, come se questi fossero i responsabili dei lutti della guerra fascista. La prima reazione del ministro Spadolini dinanzi alle notizie degli eccidi di Leopoli rientra in questa tradizione di rozzo
anticomunismo : non bisogna dare credito alle denunce sovietiche di massacri tedeschi, perché
i nostri nemici di ieri e di oggi
sono i russi.
Quello che il ministro Spadolini mostrava di ignorare è che
i morti di Leopoli sono soltanto
una piccola parte degli italiani
uccisi in terra straniera dai tedeschi in questi tragici anni.
Quando la sera dell’8 settembre
1943 la radio annunciò che l’Italia si era arresa agli anglo-americani, le forze tedesche si mos
Nota bibliografica
La prima delle testimonianze citate è dell’alpino cuneese Battista
Olivero, in N. RevelII, La strada
del dava!, ed. Einaudi, Torino 1966,
p. 445. La seconda è del sottotenente fiorentino Nicola Delia Santa, in ANEI, Resistenza senz'armi,
ed. Le Monnier, Firenze 1984, p.
409.
Gli studi russi e polacchi editi
in Italia sono J. Wilczur, Le tombe
deH'Armir, ed. Sugar, Milano 1964
[ristampa ed. Mondadori, Milano
1967) e V. Mikhailov - V. Romanovski. Non bisogna perdonare, ed.
Mursia. Milano 1967. Pur con molti
difetti e qualche confusione, entrambi riportano testimonianze russe, polacche e italiane, che avrebbero
dovuto essere verificate e sviluppate, invece di passare sotto silenzio.
Sulla prigionia di Russia ricordiamo le testimonianze raccolte nel
volume già cit. di N. Revelli, La
strada del davai, e la rassegna com
mossa e equilibrata di Valdo Zilli,
pubblicata sulla « Rivista di storia
contemporanea », 1981, n. 3.
Sui prigionieri italiani negli Stati
Uniti si può vedere il recente studio di F. Conti, 1 prigionieri di
guerra italiani, ed. Mulino, Bologna
1986.
Sulla prigionia dei militari italiani in Germania citiamo soltanto testi recenti e reperibili in libreria,
come la raccolta di testimonianze
già cit. curata dall'ANEI, Resistenza
senz'armi; P. Sissa, Sapore di mele, ed. Vangelista, Milano 1981; C.
Sparacino, Diario di prigionia. Un
siciiiano nei Lager, ed. La Pietra,
Milano 1984. Inoltre la mia rassegna della memorialistica, pubblicata
su » Italia contemporanea », 1986. n.
163, e gli atti del convegno I militari italiani internati dai tedeschi
dopo l'8 settembre 1943, ed. Giunti,
Firenze 1986 (che gli ex-internati
possono richiedere all'ANEl di Firenze, p.za San Pancrazio 2).
sero subito, secondo piani prestabiliti, per disarmare e catturare le truppe italiane dislocate
in Italia, nei Balcani, nella Francia meridionale. Il re Vittorio
Emanuele e il maresciallo Badoglio, capo del governo, preoccupati soltanto di tutelare la segretezza delle trattative di resa e
la loro incolumità personale, avevano evitato fino all’ultimo di
ordinare ai comandi italiani quale atteggiamento tenere, se cioè
arrendersi ai tedeschi oppure
combatterli; il risultato fu che
le truppe italiane furono prese
di sorpresa e facilmente sopraffatte, malgrado combattimenti
generosi e duramente pagati
Nell’Italia centro-settentrionale
morti furono pochi e molti sol
dati riuscirono a fuggire, aiuta
ti dalla popolazione ; ma nei
Balcani migliaia e migliaia di
italiani furono massacrati dai
tedeschi, per ammonimento e
per vendetta, e tutti gli altri fatti prigionieri. Il comportamento
dei tedeschi fu più brutale nelle
regioni più lontane: rientra nella «normalità» nazista che, se
c’erano ancora soldati italiani
nelle retrovie del fronte russo,
come sembra fosse il caso di
Leopoli, coloro che rifiutavano
di arruolarsi subito nelle SS o
di passare comunque dalla parte nazista venissero uccisi sul
posto.
L’arruolamento nelle file tedesche fu proposto a tutti i militari italiani catturati nei giorni
successivi all’8 settembre, come
racconta un alpino cuneese:
« I tedeschi poi ci radunano
e parlano. Un interprete traduce parlandoci in piemontese: ’Volete andare in Italia
a combattere per i tedeschi?’.
Noi si risponde: ’No’. Perché
tornare in Italia per ammazzare i nostri fratelli? Piuttosto ammazzo un tedesco, ma
non do un scio pugno a un
italiano ».
Dovunque la grande maggioranza dei prigionieri rispose
« No » : ma erano troppi per fucilarli in massa e la Germania
aveva ormai bisogno di braccia
per la produzione bellica. Però
anche Mussolini aveva bisogno
di soldati per l’esercito fascista
che intendeva ricostituire e quindi i tedeschi insistettero con minacce e maltrattamenti, distribuendo razioni da fame per indicare il destino di chi non collaborava. Questa è la testimonianza di un ufficiale:
« A Deblin un giorno ci inquadrarono tutti sul piazzale
per farci ascoltare l’appello di
un ufficiale della repubblica di
Salò venuto a reclutare volontari. Eravamo sporchi e affamati, ma nessuno aderiva. Il
comandante tedesco a un certo punto intervenne e fece ordinare dall’interprete : ’Quelli
di voi che nella vita civile sono ’iscritti al partito fascista
vengano avanti’. Vi fu un attimo di silenzio, quasi un’intesa
tacita, poi tutti insieme ci avanzammo di un passo. Il tedesco rimase sorpreso e disse:
’Allora chi di voi vuole restare fedele all’ideale fascista
esca dalle file’. Nessuno si
mosse. F\i la riprova, voluta
dagli stessi tedeschi, che il fascismo per noi era morto ».
I dati disponibili per questi
prigionieri sono ancora più approssimativi del solito : furono
circa 650.000, quasi tutti depor
Fanteria italiana in una marcia, per molti senza ritorno.
tati nei campi tedeschi e polacchi (la Polonia era allora sotto
amministrazione tedesca), in
parte minore trattenuti nei Balcani. Passarono dalla parte dei
nazifascisti circa il 10% dei soldati e il 25% dei 30.000 ufficiali,
sottoposti a pressioni particolari perché la loro adesione in
massa avrebbe rafforzato la repubblica di Salò messa in piedi dai tedeschi per Mussolini òl
quale si vendicò ottenendo che
i militari italiani perdessero la
qualifica di prigionieri di guerra per diventare prima anonimi
« internati militari » e in seguito
« lavoratori civili », senza che
cambiasse il durissimo trattamento).
La grande maggioranza dei
prigionieri resistè al nazifascismo per la combinazione di diversi motivi: la difesa della propria dignità di uomini, la fedeltà alle istituzioni, il rifiuto istintivo del nazifascismo e della sua
guerra; e nei Lager si sviluppò
una resistenza collettiva che vide uniti uomini di diversa origine e fede. Nel campo per ufficiali di Sandbostel si formò anche una piccola comunità evangelica condotta dal candidato in
teologia Giorgio Girardet. Tutti i soldati e una parte degli ufficiali furono obbligati a un lavoro pesante e umiliante, aggravato dalle frequenti violenze e
dalla fame assillante; e molti,
circa 40.(KX), pagarono con la vita la loro resistenza, stroncati
dalle privazioni e dalle malattie
0 assassinati dai carcerieri.
Nella primavera 1945 l’avanzata delle armate russe e angloamericane liberò questi prigionieri, ma fino all’ultimo i tedeschi continuarono a uccidere :
130 soldati italiani furono impiccati a Hildesheim il 27-28 marzo,
150 fucilati a Treunbrietzen il 23
aprile. Una goccia nei massacri
nazisti di prigionieri e deportati, che vengono alla luce ancora
oggi. I superstiti rimpatriarono
nell’estate, ma la loro tragica vicenda e la loro resistenza furono subito dimenticate. Lo scarso interesse delle autorità e dell’opinione pubblica si può in parte comprendere, nel dopoguerra
1 reduci erano troppi e soprattutto troppo diversi tra di loro:
combattenti e prigionieri della
guerra fascista del 194043, partigiani e perseguitati politici, deportati militari, politici e razziali e combattenti della guerra
^ liberazione, senza dimenticare
i reduci di Salò due volte scon
fitti e i civili che in molte zone
avevano duramente sofferto. Affrontare seriamente i problemi
e le rivendicazioni di tutti costoro comportava un riesame
collettivo della partecipazione
italiana alla guerra mondiale (e
prima ancora delle adesioni al
fascismo) che il paese non voleva affrontare. Il problema dei
reduci fu quindi tacitamente accantonato e sepolto.
Questo disinteresse si è colpevolmente protratto per quarant’anni, l’Italia democratica ha
fatto solo superficialmente i conti con il regime fascista e la seconda guerra mondiale, che i
giovani che escono dalle nostre
scuole ignorano quasi compietamente. In particolare nessuno si
è più curato dei reduci dalla prigionia in Germapia, le autorità
militari hanno dimenticato o distrutto la documentazione disponibile, non sono mai stati presi
in esame gli archivi tedeschi. E
nessuno si è accorto della traduzione italiana di studi russi e
polacchi sui massacri tedeschi
di soldati italiani in Polonia.
Molto lentamente, questo quadro va forse cambiando. In questi ultimi anni sono usciti in
Italia i primi studi sui prigionieri italiani di guerra e volumi
di memorie che hanno avuto una
certa eco. La televisione italiana
sta ultimando una trasmissione
storica sui prigionieri italiani di
tutti i fronti, che andrà in onda
in marzo sulla I rete, speriamo
non troppo tardi nella sera. E
malgrado confusioni e cedimenti sensazionalistici, la reazione
dell’opinione pubblica e della
stampa dinanzi alla recente denuncia degli eccidi di Leopoli
sembra testimoniare un nuovo
interesse per quéste tragiche pagine del nostro passato. Non sappiamo cosa sia davvero accaduto a Leopoli ed è difficile che la
commissione finalmente nominata dal ministro Spadolini lo
possa accertare al di là di ogni
dubbio, perché troppo tempo è
stato lasciato passare. Ma non
è troppo tardi perché siano avviate ricerche ampie e sistematiche e perché l’Italia di oggi ricordi con serietà i morti di ieri,
i reduci e tutte le vittime di una
guerra spaventosa per dimensioni e lutti. Speriamo che la retorica e il trionfalismo sempre
in agguato non riescano a soffocare il fermo « no » alla guerra,
a tutte le guerre, che oggi ci dicono i superstiti della prigionia.
Giorgio Rochat
6
6 vita delle chiese
20 febbraio 1987
CONVEGNO FGEI-VALLI
Giovani e politica
E’ ancora possibile aggregare
i giovani intorno ad una mobilitazione costante? E, dove ciò avvenga, è in vista di obiettivi concreti e tangibili, o solo in difesa
di grandi ideali e valori universalmente riconosciuti e condivisi anche da altre fasce d’età? Ci
si mobilita nelle «piccole lotte
quotidiane» o nei grandi — ma
forse transitori — movimenti di
opinione (movimento pacifista,
ambientalista, antirazzista)?
Sono queste alcune delle domande attorno alle quali hanno
lavorato e riflettuto i partecipanti al convegno organizzato
domenica 8 febb. a Pinerolo dalla
FGEI-Valli. « I giovani e la politica»: questo il titolo del convegno, in apparenza forse ampio, ma introdotto da relazioni
dedicate ad episodi particolari e
specifici quali la mobilitazione
dei cosiddétti «ragazzi deH’85»
e l’ondata degli studenti francesi sfociata nelle manifestazioni
dello scorso dicembre.
Due casi molto diversi tra lo
ro, che partivano entrambi dalla concretezza di alcune situazioni : un progetto di riforma
universitaria in Francia, la cronica carenza di strutture e l’inadeguatezza di alcuni programmi
di studio nel caso italiano, o almeno in quello di alcuni istituti
del pinerolese, presentato nell’intervento di Ester Tomassini.
Nel pomeriggio, dopo un momento di lavoro in gruppi, nel
corso del quale sono stati esaminati materiali fotografici, interviste a rappresentanti del sindacato, testi di un cantautore, e
ci si è chiesti se siano ancora
proponibili agli studenti le tradizionali forme di mobilitazione, Isa De Maria ha tracciato
una storia degli ideali e delle tematiche affrontate dal movimento studentesco del ’68.
Sono state ripercorse le tappe di un movimento variegato,
che, nello specifico del caso pinerolese, vedeva come comp>onenti fondamentali i gruppi di
studenti cattolici ed evangelici.
Le iniziative locali seguirono le
tematiche proposte a tutti i livelli in Italia, ed in relazione ai
gravi fatti che segnavano la politica internazionale di quegli anni : daH’eccidio alle Olimpiadi di
Città del Messico, all’occupazione sovietica della Cecoslovacchia, al Vietnam. Centrale per
capire l’evoluzione del movimento e della consapevolezza dell’irhpegno dei singoli, fu il momento del collegamento con le
prime lotte operaie dell’« autunno caldo » del ’69, al di là delle
negative reazioni della sinistra
storica.
E’ stato poco il tempo per approfondire alcune delle questioni emerse dalla relazione: tuttavia è stato rilevato in un intervento che ciò che maggiormente manca alle iniziative sviluppatesi episodicamente in questi
ultimi anni, è una base di riflessione teorica carica di progettualità: mancano le visioni complessive a rendere coerente l’impegno, al di là della contingenza.
Molto, ancora, si sarebbe potuto approfondire, ed è nelle intenzioni di tutti i convenuti (una
trentina circa) ritornare prossimamente sull’argomento, per
cercare di dare risposte più precise agli interrogativi, grossi, posti in apertura,
Alberto Corsanl
RICORDO
CORRISPONDENZE
Scuola, costituzione e statuto
AOSTA — Sabato 24 gennaio,
alle ore 21, presso la chiesa di
S. Stefano, si è avuto un incontro fra credenti cattolici e vaidesi. Al pulpito della chiesa si
sono succeduti alla predicazione il pastore Roberto Romussi
ed il vescovo di Aosta mons.
Ovidio Lari. Membri delle due
comunità hanno poi letto preghiere di S. Francesco, Lutero,
Karl Barth e cantato inni tratti
dal repertorio di Taizé e dalrinnario evangelico.
Ringraziamo Dio per questa
rinnovata apertura, dopo un lungo silenzio, che promette anche
di fare altri passi congiunti, ad
esempio sullo studio dei documenti BEM e Kairos.
• Martedì 10 febbraio, alle ore
21, presso il salone congressi del
palazzo della Regione, il Comitato Valdostano, «Scuola, costituzione e statuto» del quale la
Chiesa valdese di Aosta fa parte come membro fondatore, ha
organizzato una conferenza con
pubblico dibattito sul tema :
« L’Intesa CEI-Falcucci un anno dopo ». In una sala gremita ed attenta, si nensa vi fossero
almeno 350 persone, la Zarri ha
centrato il suo intervento sulla
laicità, con lo slogan: chiesa ai
credenti e stato ai cittadini.
Lo stato non deve farsi preda
di una confessione religiosa, né
trovare vantaggi nell’appoggiarsi su questa. La chiesa che continua la linea costantiniana si
allontana sempre più dall’insegnamento di Gesù.
Il dr. Aldo Ribet, trattando
anche la parte costituzionale, ha
tratteggiato con una sintetica
rassegna, la storia della religione cattolica nelle scuole dello
stato sabaudo ed italiano, fino
ad arrivare a rendere evidente
l’aspetto peggiorativo dell’ultimo
concordato e la progressiva pregnanza di privilegi in favore della chiesa romana, presenti nelle
Intese CEI-Falcucci, con i protocolli addizionali e tutto questo
con il troppo disinteresse dei
partiti detti laici.
Il prof. Ottino ha ancora trattato del problema della laicità,
ma dalla parte del non credente, che deve trovare una scuola
che gli dia la possibilità di essere se stesso. Ha poi citato molti
casi di sopraffazione e ripudio
delle leggi dello stato, se pur
stipulate con le chiese rappresentate dalla Tavola Valdese,
nelle quali fra l’altro si fa divieto di insegnare religione cattolica all’interno delle varie materie.
Incontro sulla
Palestina
BORDIGHERA - VALLECRO
SIA — Lunedì 19 gennaio la comunità ha ricevuto la gradita
visita del pastore Gérard Cadier, che ha illustrato con diapositive la Palestina. Numerosi
e molto interessati all’argomento gli intervenuti.
Giovedì 29 germaio alla Casa
Valdese di Vallecrosia si è tenuta una riunione di 27 sorelle, tra
le quali numerose le ospiti della Casa. L’incontro è iniziato
con alcune riflessioni sul tema
della gioia nella Bibbia e nella
vita quotidiana. Ogni sorella ha
poi parlato della propria esperienza di fede come donna e come credente. Le testimonianze
si sono rivelate particolarmente
interessanti anche per le diverse provenienze denominazionali
(valdesi, metodiste, riformate,
cattoliche, battiate).
di preghiera
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TORRE RELUCE
Alexandre Nicod
Incontri e visite
SANREMO — L’Unione femminile si è riunita il 15 gennaio
per esaminare il consuntivo del
ricavato del bazar, tenutosi il 15
dicembre e che ha visto una notevole affluenza di fratelli e sorelle, provenienti anche da Imperia, Torre Pellice e dalla Francia. Il risultato finanziario, molto lusinghiero, permetterà di inviare contributi agli Istituti di
beneficenza e alle Opere varie
della Chiesa.
La comunità di Sanremo ha
ricevuto la visita del pastore
Pierre Cadier, accompagnato dal
pastore di Montone, ex missionario in Africa occidentale. Essi
hanno parlato della loro opera
missionaria e della condizione
delle missioni dopo l’era coloniale.
FFEVM - Giornata
Vogliamo ricordare brevemente il past. Alexandre Nicod per
esprimere la riconoscenza di
quanti l’hanno conosciuto ed apprezzato nel periodo che ha servito una delle nostre più disagiate comunità: quella di Rodoretto in Val Germanasca.
Erano gli anni difficili del dopoguerra e del dopo fascismo.
Molto era da ricostruire non solo sul piano materiale ma anche
nel tessuto organizzativo della
nostra chiesa rimasta semi-paralizzata durante il ventennio:
mancavano i mezzi ma anche gli
uomini. Ed ecco, ancora una volta, le comunità sorelle della Svizzera e della Francia venirci in
aiuto con l’invio di alcuni pastori o candidati in teologia che furono destinati alle comunità di
alta montagna dove l’uso del
francese non era di ostacolo alla
loro opera: Jean-Marc Buscarlet
ad Angrogna-Serre, Auguste Febei a Frali, Raymond Debely a
Massello e Alexandre Nicod a Rodoretto.
Si dedicò con entusiasmo al
servizio che gli veniva richiesto
assieme alla moglie, imprimendo
alle varie attività un carattere
nuovo, un po’ risvegliato, cui la
gente non era sempre abituata
e strinse dei legami di affetto
che fu lieto di rinnovare alcuni
anni fa in occasione di una sua
permanenza ad Agape per una
delle pastorali franco-italiane.
Tre delle sue figlie nacquero a
Rodoretto.
Giunto nel 1947 rimase fino al
1956 per~poi continuare il suo
ministero in Francia, in Inghilterra, a Londra presso la Chiesa Svizzera, ed in Svizzera, a Lavey. Da poco in emeritazione si
era ritirato a Poët-Laval nella
Drôme dove aveva scritto un libro « A la découverte - Notes de
voyage » in cui comunica le sue
esperienze di viaggio alla scoperta di credenti di espressioni di
fede diverse, di cui ha cercato
di capire il senso profondo, dai
monaci ortodossi della Russia ai
luterani danesi, ai carismatici
francesi, senza dimenticare Israele, la Jugoslavia, la Grecia, la Turchia, il Marocco, la Svezia, ecc...
Alexandre Nicod è stato nuello che si Duò definire, senza retorica, un uomo per il quale le
frontiere non avevano nè senso
nè peso perché al di là delle frontiere riusciva a scoprire dei fratelli e delle sorelle in Cristo.
La comunicazione della sua
morte ci rattrista ma siamo riconoscenti al Signore per averlo
avuto come compagno di cammino per un certo tempo.
r. c.
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Filmare l’esodo
La Giornata mondiale di preghiera per le Unioni femminili
del I distretto avrà luogo a Torino domenica 8 marzo, a partire dalle 10.30 nei locali di culto
di C.so Vittorio Emanuele 23,
C.so Principe Oddone 7, V. Nomaglio 8, e V. Villa 71 (Lingotto). La predicazione è a cura
delle Unioni femminili del I distretto. Dopo il pranzo al sacco, con primo piatto caldo, l’incontro prose^irà nel pomeriggio nel tempio di C.so Vittorio.
Un servizio di pullman sarà allestito per le due vallate. Prenotazioni (entro dom. 1/3) presso
le responsabili della propria
Unione o Graziella Fornerone
(tei. 0121/70.611).
ANGROGNA — Sabato 21 e
domenica 22, nel pomeriggio dalle 14 alle 19, la troupe di ’Protestantesimo’ in ’TV filmerà alcune scene riproducenti l’esodo
dei Valdesi del 1686/89. Chi vuole fungere da comparsa si trovi alla Sala Unionista alle 13.45
con mantelli, scarponi, zoccoli;
le donne, con scialli, gonne lunghe: costumi il più possibile riproducenti antichi abiti. Le riprese avverranno sabato presso
la Ghieisa d’ia Tana e domenica
sulla strada della Vaccera (località Sabiuna).
• Il ciclo di riunioni sull’Egitto (con diapositive) si conclude lunedì 23 alle 20 nella scuoletta del Serre.
Lutti
VILLASECCA — Jules Grill ed
Emilio Refourn non sono più
tra noi. Ai familiari tutti rinnoviamo, da parte di tutta la comunità, la simpatia cristiana e
la certezza di fede nella resurrezione dei morti in Cristo.
• In risposta all’urgente appello della Tavola, è stato inviato Li. 1 milione per il risanamento deficit 1986. Pur avendo versato per intero l’ammontare dell’impegno richiesto dalla Tavola
per il 1986 e nella modestia delle proprie possibilità finanziarie,
la nostra comunità si è sentita
pienamente coinvolta dalla pre
occupante situazione finanziaria
generale della nostra Chiesa : è
un piccolo contributo di partecipazione.
Giovedì 19 febbraio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Presso il centro
d’incontro di via Repubblica alle ore
20.45 prosegue lo studio sul problema
della pace secondo la Bibbia.
Domenica 22 febbraio
□ ASSEMBLEA TEV
TORRE PELLICE — Alle ore 14,30
presso la Casa Unionista si ' tiene
l'Assemblea mensile del Movimento
di Testimonianza Evangelica Valdese.
□ COMITATO OPERE
1" DISTRETTO
POMARETTO — Presso la sala del
teatro alle ore 14,30 si svolge l'incontro del Comitato delle Opere dei r
Distretto.
Aprirà i lavori il pastore Paolo Ribet.
L'incontro è organizzato a cura del
Dipartimento Diaconale del Distretto.
ARREDAMENTI
Mobilificio
GIUSEPPE GRIVA
FABBRICA • ESPOSIZIONE
Via S. Secondo, 38 • PINEROLO - Tel. (0121) 201712
(di fronte Caserma Alpini « Berardi »)
7
20 febbraio 1987
k
valli valdesi 7
USSL 44
LA FORZA DELL’UMILTÀ’
Volontariato
Ricordando zio Mario...
e riforma sanitaria
L’importanza
Un
ne
del rapporto servizi-popolaziocorso di formazione per volontari
Di pari passo con il procedere
della Riforma Sanitaria, il decentramento dei servizi sul territorio e la loro professionalizzazione, ci si rende sempre più
conto che per il buon funzionamento di tutto l’apparato è necessario che si creino dei legami elastici con la popolazione a
cui i servizi sono diretti. Una
possibilità importante per stabilire un collegamento pon rigido è data dalla presenza del volontariato, la cui carica propositiva viene oggi sempre più valorizzata e riconosciuta a partire dalle stesse strutture sociosanitarie. Ma anche il volontariato, a sua volta, non può rimanere generico; a fianco dello
slancio e della disponibilità a
rendere un servizio, vi è la necessità di poter rispondere ai
quesiti che sorgono giorno dopo giorno, quindi l’esigenza di
impostare in modo più corretto
il proprio intervento.
« Oltre a questo — dice il dott.
Perotti, sociologo dell’USSL 44
essere volontari non presuppone solo un atteggiamento di
aiuto complementare alla fase
di cura, ma anche, e qui mi riferisco ad una fascia di giovani
con i quali sono venuto in contatto, avere un’occasione per
proporre un nuovo uso del tempo libero. Ed ancora, la scoperta di rnodi diversi per entrare
in relazione con i gruppi o i settori in cui i volontari intervengono e quindi una capacità di
fare prevenzione a partire anche dal piano delle loro scelte
di vita ».
In quest’ottica l’USiSL 44 Pedemontana, con la collaborazione del Centro di Documentazione dell’A.V.A.S. (Associazione
Volontari per l’Assistenza SocioSanitaria) ha proposto la realizzazione di un corso per la
formazione di volontari.
Questo corso si articolerà in
tre parti. La prima, di carattere
generale, è rivolta sia ai volontari già impegnati che alle persone che richiedono un primo
approfondimento e si articolerà
in alcune serate a partire dal 27
febbraio p.v. In esse si inquadreranno i temi del volontariato nell’ambito dell’integrazione
dei servizi previsti dalla Riforma Sanitaria. Le successive tratteranno i problemi della emarginazione e dei meccanismi del
suo insorgere, ed infine una tavola rotonda con esperienze di
volontariato a confronto — dal
gruppo Abele alle famiglie aifidatarie, dai volontari socio-sanitari a quelli che operano nel
campo della malattia mentale.
La seconda parte ha un carattere specifico ed è rivolta a
ehi ha già maturato una precisa
scelta di intervento. Si articolerà in 7 sabati di lavoro (mattina e pomeriggio) dal 21.3 al 3.5.87
e tratterà sia i temi del volontariato ospedaliero che quello
domiciliare, i rapporti e gli in
VENDO
IN TORRE PELLICE
P.zza Guardia Piemontese
— Alloggio mq. 78
— Monocamera mq. 48
— Negozio mq. 65
L. 600.000 al mq. Nuovi.
Riscaldamento autonomo.
Garages varie metrature
8-9 milioni. Possibilità dilazioni - Mutuo. Telefonare ore pasti 011/9399339.
terventi col malato psichiatrico,
la psicologia del malato, i problemi e l’animazione del bambino ospedalizzato, le tecniche di
colloquio ed infine i metodi per
una ricerca ed analisi dei bisogni e promozione di servizi. La
terza parte, che verrà svolta in
7 incontri serali dal 19 marzo ’87
al 7 maggio, tratterà « Il soccorso di primo intervento ». In essa verranno trattati tutti i temi
relativi ai vari tipi di incidenti:
asfissia, choc, ustioni, assideramenti, avvelenamenti, morsicature ecc. Gli incontri avverranno nel « Salone del Comprensorio », via del Convento di San
Francesco 1, a Pinerolo, e per
quanto riguarda la seconda parte, anche con un programma di
visite nei reparti ospedalieri.
E’ possibile seguire una o più
parti del corso, a seconda degli
interessi e della disponibilità di
tempo.
L’iscrizione è gratuita ed obbligatoria per la seconda e terza parte, mentre la prima parte
generale è aperta a tutta la popolazione.
Le iscrizioni si ricevono presso il Servizio Socio Assistenziale
dell’USSL 44 in via Montebello
39 a Pinerolo, tei. 74.464 interno
414 dalle ore 9 alle 12 e dalle 15
alle 16.30.
Alla fine dei corsi verrà rilasciato un attestato di frequenza
a chi ha presenziato almeno ai
2/3 delle giornate di lavoro.
Adriano Longo
Sulla mia agenda, all'S febbraio ho
scritto: x E' mancato un altro elemento della nostra grande famiglia patriarcale. Ora non ci restano che il
ricordo e l'esempio ». E’ una grande
famiglia ia nostra, ricca di elementi e
personalità diverse tra loro, ma molto
unita. Un ricordo che ci aiuta, un ricordo delle piccole e grandi cose, come ci ha detto il pastore Zotta nella
sua visita. Ma il ricordo delle grandi
cose, io credo, si può chiamare anche esempio. Quando ci si ricorda delle « grandi cose di qualcuno, uomo
0 donna, parente od amico, si ha di
fronte un esempio, una visione globale dell’Individuo in sé, la sua vita
vissuta pienamente e coerentemente
sia nel bene che nel male. Cutolo è un
esempio sballato, ma è un esempio.
Così lo è stato Gandhi. E nella mia
famiglia si insegna più Con l'esempio
Società
di Studi
Vaidesi
Concorso
grafico
Radio
Beckwith
Presentiamo alcuni appuntamenti
settimanali su Radio Beckwith F.M.
91.200.
in particolare da lunedì 16 ogni sera
va in onda alle ore 19 il programma
« Sfida della Parola », 5' a confronto con l'Evangelo e domenica 22 febbraio a partire dalle 16 verrà trasmessa la replica della registrazione integrale del dibattito svoltosi a Torre
Pellice su « Testimoni di Geova e Riformati a confronto ».
Ricordiamo infine il numero di c/c
bancario per offerte a favore del lavoro della radio, all'agenzia IBi di Torre
Pellice, n, 13149 intestato ad Associazione culturale F. Lo Bue.
La Società di Studi Valdesi,
in vista delle celebrazioni del III
Centenario del Glorioso Rimpatrio, indice un concorso, aperto
a tutti, per la realizzazione grafica del bozzetto di im simbolo
rievocativo delle suddette celebrazioni.
Gli elaborati, realizzati su carta, dovranno corrispondere alle
seguenti caratteristiche ;
1) Formato a scelta tra: ovale
(altezza max cm. 12); tondo (0
cm. 10); rettangolare (altezza
max cm. 12).
2) Colori: uso libero fino ad
un massimo di 4.
3) Scritta: ogni simbolo dovrà contenere la frase: «16891989 - 3“ Centenario del Glorioso Rimpatrio».
4) Dimensioni del bozzetto;
gli elaborati andranno presentati in scala doppia (2:1) rispetto
al formato definitivo di cui al
punto 1.
AVVISI ECONOMICI
L’YWCA-UCDG di Torino cerca cop ■
pia evangelica per pulizìia scale e
locali deirAssociazione. Offre alloggio
e stipendio adeguato a partire dal
1° aprile 1987. Scrivere alla Segreteria dell’'U.C.D.G., Via S. Secondo
70, 10128 Torino.
I bozzetti andranno presentati
alla S.S.V., V. Beckwith - Torre
Pellice, entro il 31 maggio 1987.
Detti bozzetti saranno esaminati da un’apposita giuria e il
nome del vincitore sarà pubblicato sul nostro giornale entro la
fine del mese di giugno.
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Tel. 0121/91441.
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EVANGELICO, 46 anni, proprietario
casa e terreni, cerca signorina o vedova, età adeguata, evangelica, possibilmente settentrionale, eventualmente scopo matrimonio. Gradita fotografia. Scrivere a F.P. - Casella
postale - Eco delle Valli valdesi, Torre Pellice
Lettera aperta
ad un pastore
Forse perché sono una donna
e una casalinga, ho sempre fatto
fatica ad accettare il discorso di
Gesù a Marta su Maria che ha
scelto la parte migliore.
La mia prima reazione è di rivolta: quando c’è la riunione
quartierale, preferirei anch'io
star seduta con gli altri a parlare con il pastore, ma rimango
nel mio angolo a girare il mestolo nella polenta o nel minestrone, e lo faccio volentieri pensando alla soddisfazione di tutti,
quando si siederanno a tavola a
mangiare qualcosa di caldo.
Poi mi dico che, nell'episodio
famoso, Gesù non disprezza la
fatica di Marta; la invita solo a
non lasciarsi imprigionare dalle
preoccupazioni terrene, a non illudersi che tutto dipenda dal nostro affannarci a lavorare, la in
vita a cercare anche lei prima di
tutto la perla di gran prezzo. E
qualche volta penso che, forse,
dopo cena Gesù ha suggerito a
Maria di lavare lei i piatti, lasciando anche a Marta la possibilità di sedersi ai piedi del Maestro ad ascoltare la sua parola.
Solo così Marta potrà poi dirgli
la sua fede sicura nella resurrezione, al momento della morte
di Lazzaro.
Perciò ci sono rimasta un po'
male stamattina al culto-radio,
quando lei ha liquidato la povera Marta con due parole sprezzanti, dicendo che sapeva solo
seguire le abitudini di ospitalità
del suo tempo.
Se è vero che Marta ri.schia
di dimenticare le cose più importanti, tutta presa dal suo affannoso sfaccendare, non possiamo fraintendere anche l’atteggiamento di Maria? Non è qualche volta egoistico scegliere un
ascolto reso possibile da tante
Marte che rimangono nell’ombra
a fare i lavori più umili, più ripetitivi, spesso più sgradevoli?
E’ un caso fortuito che, appena
ci è possibile, lasciamo agli immigrati marocchini e alle colf
filippine il mestiere di manovale
e di casalinga, così poco gratificanti, ma così necessari?
Anche Marta amava Gesù, i
suoi errori non significano che
non commettessero errori anche Lazzaro e Maria, e credo che
Gesù abbia amato ugualmente i
suoi tre amici di Betania.
Ma noi troppo spesso traduciamo « la parte migliore » come se
fosse « la parte più comoda » e il
posto di Maria ai piedi di Gesù
rimane vuoto. Così, di conseguenza, rimane vuoto anche il posto
di Marta, tra fornelli e strofinacci, perché non gratifica per
nulla il nostro egoismo.
estremo, ultimo tentativo di lotta, di
contrasto, di voler a tutti i costi dominare, determinare la propria vita.
Da duro, da maschio, da leone. Perché per molti la morte va combattuta, non accettata.
Un po’ di umiltà non guasta. Ricordiamocelo. Marco
che con le parole. Ma quale esempio
può aver dato un semplice sarto, menomato nel fisico, con una vita trascorsa nel lento seguire dei giorni,
priva di ogni élemento ricco, esaltante, profondo? Cosa può dare ai suoi
nipoti, un uomo che non sapeva far
altro che cucire, che non poteva far
altro che cucire, tagliare, misurare,
che non poteva nemmeno giocare a
pallone con loro? L'UMILTÀ’: ecco che
cosa può dare. Mio zio è stato un
grande esempio di umiltà e di accettazione. Una vita trascorsa in quel
modo, un'esistenza dove le cose più
importanti erano la corale, il coro, il
calcio, le passeggiate ed li giornale
non può essere che una vita umile,
vissuta con umiltà ed accettata con
umiltà. Ma umiltà non vuol dire debolezza, stupidità, ignoranza. E' molto
più forte un umile di uno sbruffone, di
un bullo, di un duro. Un umile accetta la malattia, il male, il dolore, anche
fisico. Un duro no. Perché il male è
quello che blocca, lo ferma, gli Impedisce di esprimersi, di essere se stesso, nella forza, nella violenza, nell’avventura. Un umile riesce a convivere
con il male che gli ha bloccato la
gamba, un umile riesce ad accettare i
problemi di pressione che gli fanno
avere i capogiri. Un umile riesce ad
accettare che un occhio non ci veda
quasi più. Un umile riesce ad accettare tutto ciò senza lamentarsi, senza
dire: ■■ Basta, sono stufo ». Un duro
bestemmierebbe. Un umile no! Ed è
così che quell’umile accetta anche
quando il Suo Signore lo chiama,
tranquillamente, sorridendo quasi. Come ha accettato tutto ciò che gli ha
dato nel corso della sua esistenza.
Non ho potuto fare a meno di pensare
alle parole di Claudio Villa, mancato
anch’egli in questi giorni: « Vita sei
bella, morte fai schifo », dette In un
RINGRAZIAMENTO
« Vegliate dunque e pregate perché non sapete né il giorno né
l’ora che il Signore verrà »
(Matteo 25: 13)
I figli ed i familiari tutti del caro
Valdo Bounous
profondamente commossi e riconoscenti
per la grande dimostrazione di stima
e di affetto tributata al loro caro, nell’impossibilità di farlo singolarmente
ringraziano di cuore tutte le gentili
persone che si sono prestate e prodigate nella triste e dolorosa circostanza
e sono state di aiuto e di conforto con
parole, scritti e presenza al funerale.
Un particolare ringraziamento ai Cacciatori dei Comuni di Rorà, Lusernetta e
Lusema, al corpo dei Carabinieri di Luserna, al medico legale, al Sig. Stefano
Girardon, all’Arma Nazionale dì Cavalleria Sezione di Pinerolo e alle varie
associazioni a cui egli partecipava attivamente.
Luserna S. Giovanni, 19 febbraio 1987
RINGRAZIAMENTO
I familiari tutti del caro
Mario Jouve
nell’impossibilità di farlo personalmente ringraziano tutte le persone e gli
amici che hanno dimostrato il loro affetto e la loro simpatia nel momento
della prova. In modo particolare ringraziano i pastori signori Tourn e
Zotta, gli amici della Corale Valdese
di Torre Pellice, il Coro Alpino, la
Società Operaia, la dott.ssa Caveggia
ed il dott. Giusti, tutto il personale dell’Ospedale Valdese ed i volontari della
CRI.
Si ringrazia anticipatamente per le
eventuali offerte in memoria a favore
dell’Ospedale Valdese di Torre Pellice.
Torre Pellice^ 16 febbraio 1987
« Vieni, Signor Gesù )>
<Ap. 22: 20)
Il giorno 11 febbraio a Catania il Signore ha richiamato a Sé
Antonio Carco
Lo annunciano la moglie Maria Moscati, la figlia Luisa, il fratello Past.
Salvatore Carco e i parenti tutti.
Catania, 12 febbraio 1987
magna Linota
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomaretto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 22 FEBBRAIO 1987
Villar Perosa: FARMACIA DE PAOLI
- Via Nazionale, 22 - Tel. 840707.
Ambulanza :
Croce Verde Perosa: Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Telefono 74464 (Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tel. 22664.
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva e festiva: Telefono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 22 FEBBRAIO 1987
Bibiana: FARMACIA GARELLA - Via
Pinerolo, 21 - Telef. 55733.
Bobbio Pellice: FARMACIA - Via
Maestra 44 - Tel. 92744,
Ambulanza :
Croce Rossa Torre Pellice: Telefono 91.996.
8
S fatti e problemi
20 febbraio 1987
HANDICAP E FRUIBILITÀ’ DELLE STRUTTURE PoRClO ClÌ
solidarietà
Le barriere non si muovono
e i Comuni restano a guardare...
« Per gli edifici pubblici già esistenti non ancora adeguati alle prescrizioni del decreto del
Presidente della Repubblica TI
aprile 1978, n. 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni competenti piani di
eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge ». Così prescrive l’art. 32, comma 21, della legge finanziaria
deU’Só, approvata il 28 febbraio
dello scorso anno. Ciò significa
che entro la fine del febbraio ’87
tutte le Amministrazioni pubbliche dello Stato italiano dovranno aver adottato i piani di eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto del DPR del
1978. A meno di un mese da questa scadenza non si ha notizia di
alcuna Amministrazione che abbia approntato un qualsivoglia
piano di intervento. Soltanto da
qualche settimana alcuni Comuni stanno facendo indagini conoscitive circa gli edifici di proprietà.
Di fronte a questa situazione
di generale omissione d’atti d’ufficio i gruppi, le associazioni e
i comitati ohe da tempo si battono perché l’ambiente sia predisposto a misura di tutti, in particolare tenendo conto di chi fa
più fatica, hanno preso alcune
contromisure.
r ì
« L'Eco delle Valli Valdesi »: Rea.
Tribunale di Pìnerolo n. 17S.
Redattori: Alberto Corsani, Luciano Deodato, Giorgio GardioI (direttore), Paolo Fiorio, Roberto Glacone, Adriano Longo, Giuseppe Platone (vice direttore). Comitato di
redazione: i redattori e: Mirella
Bein Argentieri, Valdo Benecchl,
Franco Carri, Rosanna Ciappa Nitti, Piera Egidi, Claudio H. Martelli,
Roberto Peyrot, Sergio Ribet, Massimo Romeo, Cesare Milaneschi,
Marco Rostan, Mirella Scorsonelli,
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Responsabile ai sensi di legge:
Franco Giampiccoli
Anzitutto è stato contattato
l’ANCI, cioè l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, affinché attraverso il bollettino
che mensilmente invia a tutti gli
enti locali sottolineasse la rilevanza del problema. Una simile
iniziativa è stata già realizzata
da alcuni comitati locali.
La UILDM (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare) ha
invitato tutte le proprie sezioni
sparse sul territorio nazionale a
presentare esposti alla magistratura, segnalando tutte le inadernpienze rispetto alle normative vigenti.
La Ledha (Lega per il diritto
al lavoro degli handicappati) sta
organizzando un convegno nazionale sull’eliminazione delle barriere architettoniche per la fine
di febbraio, cioè in coincidenza
con il termine indicato dalla legge finanziaria per adottare i piam.
Nel frattempo, a livello regionale stanno nascendo nuovi progetti di legge, che dovrebbero migliorare e rendere più incisive
le leggi nazionali. La situazione
più interessante riguarda la Lombardia, dove il Consiglio Regionale dovrebbe deliberare una
legge da anni sostenuta dal Comitato contro le barriere.
Il rischio è — al solito — di
assistere ad un « annacquamento » dei contenuti a colpi di emendamenti. Per evitare questa
eventualità si sta predisponendo
un’adeguata mobilitazione, soprattutto nei giorni « caldi », durante la discussione della proposta di legge.
Qualora si pervenisse ad una
buona normativa, questa diverrebbe punto di riferimento per
le altre Regioni.
La questione, ovviamente, non
può essere limitata ad un piano
legislativo. Si tratta di far crescere una nuova cultura del progettare.
Il manuale Progettare senza barriere (prima edizione 1980)
curato da Piero Cosulich e Antonio Ornati, edizioni Pirola
di Milano, è un indispensabile
strumento di lavoro per chi vuole interessarsi seriamente alle
barriere architettoniche.
Da segnalare anche il n. 14 del
1985 dei Quaderni del' CER ((gomitato per l’edilizia residenziale) che riporta la sintesi di una
ricerca affidata alla Caritas ambrosiana e all’AIAS (Associazione italiana per l’assistenza agli
spastici) dal titolo: «La casa
senza barriere ». Al quaderno sono allegate alcune tabelle comparative delle normative è dei regolamenti applicati in tutti i paesi europei.
Valido e completo è infine il
testo sulle Barriere architettoniche scritto da Maria Teresa Ponzio per le edizioni Rosenberg &
Sellier nella collana dei Quaderni di promozione sociale.
A Monza è già stata realizzata
una prima indagine e altre stanno per essere avviate a Pavia e
Cremona.
La Regione Lombardia, nel
frattempo, ha inviato a tutti i
Comuni del territorio di competenza una circolare nella quale si
individua una specifica struttu
ra, con sede centrale presso i
servizi provinciali del (Senio civile, in grado di fornire la necessaria consulenza tecnico-amministrativa al fine di promuovere piani per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Inoltre, ha posto il termine ultimo del 31.1.1987 per la presentazione dei suddetti piani. Contemporaneamente una sollecitazione agli Enti locali affinché ottemperino al dettato della legge
finanziaria è stata fatta dalle
Prefetture su tutto il territorio
nazionale. Qualora, trascorso il
termine previsto per gli interventi, le Amministrazioni competenti non avessero rispettato la normativa, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano
devono nominare un commissario per l’adozione dei piani previsti.
Questo, però, avverrà solò nei
confronti di Comuni e Province.
Ciò significa che le Aziende autonome, le Regioni e i Ministeri
che non rispetteranno la legge
non avranno nulla da temere.
Ciò vuol dire che — per l’ennesima volta — i gruppi che lottano contro l’esclusione sociale dovranno contare solo sulle proprie forze, mentre le pubbliche
istituzioni confermeranno una
endemica incapacità a legiferare
seriamente e una estrema disinvoltura nell’evadere le proprie
normative.
Un aspetto, questo, non irrilevante dentro la cosiddetta « questione morale ».
(da Aspe)
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Mìtzi Menusan
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— tramite l’incaricato della tua chiesa.
Con la pubblicazione del presente elenco, siamo lieti di comunicare che abbiamo raggiunto, anzi superato — grazie agli ultimi generosi doni — la
cifra prevista per il sostegno'
all’iniziativa patrocinata dalla
CEVAA a favore del Chipembi
Farm College dello Zambia.
Provvediamo pertanto ad inviare a tale scopo la somma di
sei milioni di lire tramite la Tavola Valdese. Come è noto, quest’opera è una scuola di agricoltura creata per contribuire al
piano governativo finalizzato a
raggiungere rautosufficienza alimentare.
« sic :!<
Come certamente i lettori ricorderanno, fra le iniziative del
nostro Pondo vi è quella di offrire la propria concreta solidarietà nella drammatica situazione sudafricana. Già per il passato abbiamo inviato del danaro a favore della campagna antirazzista del Consiglio ecumenico delle Chiese. Siccome è ormai trascorso parecchio tempo
dall’ultimo contributo, avremmo
deciso di destinare la prossima
raccolta di fondi a questo fine.
Partiamo da una disponibilità
di ca. due milioni (in base alle
indicazioni dei donatori).
Molti di noi, che hanno partecipato all’ultimo Sinodo o che
ne hanno letto i resoconti, hanno ancora vivi nel cuore i momenti dedicati dall’Assemblea a.1
dramma dell’apartheid sudafricano ed alla problematica — a
volte anche diffìcile — che questo stato di cose suscita nelle
persone e nelle Chiese. Non potremo facilmente scordare l’intervento del rappresentante delrAfrican National Congress in
Italia, l’organizzazione clandestina per i diritti civili della maggioranza negra, il cui capo carismatico, Nelson Mandela, è in
carcere da 24 anni.
Ben conoscendo i suoi diretti
contatti con questa tragica realtà, ci siamo rivolti alla sorella
Pebe Rossi Cavazzutti (coll’oc"casione invitiamo i lettori « conservatori » — nel senso che conservano il nostro settimanale —
a leggere o a rileggersi il suo
articolo sul numero del 30 gennaio scorso) per avere da lei una
indicazione su come meglio destinare il denaro che raccoglieremo e cioè sul suo impiego
più immediato e diretto. Ella ci
ha indicato il SAGO, vale a dire
il South African Council of
Churches di Johannesburg. A
suo parere questa Organizzazione interconfessionale di Chiese
è un ottimo destinatario di aiuti: opera in tutto il Sud Africa;
conosce le situazioni più disperate; otto operatori su dieci sono neri e sanno che cosa devono
fare e co-me intervenire.
Ora lasciamo la « parola » ài
lettori, certi che essi vorranno
prontamente e generosamente
sottoscrivere a questa nuova iniziativa in modo da poterci consentire, nel minor lasso di tempo possibile, di fornire una tangibile prova di solidarietà nei
confronti di chi soffre ed è vittima di uña drammatica situazione che purtroppo nessuno può
smentire.
L. 1.100.000; Chiesa Ev. Battista di
Ferrara.
L. 1.000.000: Italo e Giuliana Eynard.
L. 240.000; Gino e Laila Conte.
L. 200.000: Aldo Clemenzi.
L. 100.000: Mirella e Ernesto Bein;
Deiia Fontana; Chiesa Vaidese di Coazze.
L. 50.000: Nino e Gudrun Guliotta.
L. 40.000: Giovanni e Rosalba Giambarresi.
L. 20.000: Elena Rosanda; Luciano
Kovacs.
L. 15.000: Rosebianche Dufey; Maddalena Giordan (per Chiesa Valdese
Uruguay).
L. 10.000: Giovanni Vezzosi.
Totale L. 3.010.000. Tot. prec. L.
5.177.049. Tot. gen. L. 8.187.049. Inviato per Chipembi L. 6.000.000. In cassa L. 2.187.049.