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ECO
DELLE mil VALDESI
BIBLIOTECA VALDESE
10066 TORRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 109 - Num. á ABBQNAMENTl | L. 3.500 per Tinterno Sped. in abb. postale - I Gruppo bis/Vo 1 TORRE PELLICE 2l Gennaio 1972
Una copia Lire 90 l L, 4.5UU per Testerò Cambio di indirizzo Lire 100 1 Amm.; Via Cavour 1 - 10066 Torre Pollice - c.c.p, 2/33U94
Si profila una svolta storica per la cristianità?
Chiesa e potere
L epoca del dialogo è chiusa: verrà quella della conversione delle Chiese?
« In realtà... le chiese non mettono veramente in questione le grandi opzioni
della società contemporanea. Nei confronti del potere esse sono largamente
conservatrici, timidamente riformiste,
eccezionalmente contestatrici, mai rivoluzionarie. La violenza delle rivolte
le spaventa; la violenza delVordine e
della sua repressione permanente le
spaventa molto più di rado. Al livello
profondo del loro inconscio collettivo,
esse sono prigioniere dello statu quo
e solo pigramente prestano ascolto al
Dio della giustizia... In effetti esse hanno optato per la conservazione di ciò
che è contro la speranza che è contestazione in nome di ciò che viene.
« Le loro reticenze a proposito delle
riflessioni attuali sulla violenza e la rivoluzione dimostrano sempre più chiaramente fino a che punto esse sono state contaminate dai valori della società
attuale.
« Del resto le loro stesse strutture ne
sono profondamente influenzate: tranne qualche eccezione, le chiese sono ancora in larga misura il tipo di cellule
patriarcali, autoritarie, antifemministe
(4 donne su 75 delegati al Sinodo nazionale della Chiesa Riformata di Francia) e clericali, che corrispondono abbastanza berte all’ordine sociale... ».
Queste affermazioni, non del tutto
nuove ma lungi dall’essere condivise
dalla maggioranza dei cristiani, si trovano nella parte conclusiva di un importante documento dal titolo « Chiesa
e Poteri » recentemente diffuso dalla
Federazione Protestante di Francia, con
una lettera di accompagnamento del
suo presidente Jean Courvoisier che,
senza nascondersi la natura controversa delle analisi e delle tesi svolte nel
documento, ne raccomanda lo studio
alle chiese perché può « favorire la
presa di coscienza di un grosso problema troppo spesso e troppo a lungo tenuto lontano dalle nostre preoccupazioni di cristiani per delle ragioni nessuna
delle quali probabilmente è buona ».
Il grosso problema colpevolmente
ignorato dalla chiesa è quello dei suoi
rapporti con il Potere, nelle sue varie
espressioni e ramificazioni, e con i Potenti che lo personificano e lo esercitano. Il mondo contemporaneo, a cominciare da quello detto « libero », è in
realtà un mondo asservito, in cui i margini di libertà reale, cioè effettivamente praticata e non solo astrattamente
sancita, si fanno sempre più stretti. Ma
accanto all’evidenza di un mondo asservito si sta facendo strada l’ipotesi
di una chiesa altrettanto asservita: asservita perché integrata.
Era stata l’assemblea generale del
protestantesimo francese riunita a
Grenoble nell’autunno del 1969 a chiedere alle chiese di interrogarsi sia sui
loro rapporti con i poteri economici e
politici dominanti sia sui rapporti che
corrisponderebbero realmente alla loro
missione nel mondo. Il documento della Federazione Protestante francese è
una prima risposta a quell’invito. Non
si tratta, ovviamente, di una specie di
enciclica o di un pronunciamento ufficiale o ufficioso del protestantesimo
francese sulla questione. Si tratta di
un documento di studio, da ricevere
con gratitudine e valutare criticamente. Il problema è troppo complesso per
essere suscettibile di soluzioni immediate. Gli estensori del documento presentano sobriamente il loro lavoro come il risultato di una « missione esplorativa »: è il primo passo di un lungo
cammino ancora da percorrere e di cui
è impossibile ora prevedere gli sbocchi
finali. C’è da augurarsi, per parte nostra, che l’Editrice Claudiana curi al
più presto la traduzione e la diffusione
in Italia di questo documento.
Non c’è bisogno di insistere sul fatto — tanto esso è evidente — che i rapporti tra Chiesa e Potere mettono in
movimento dei problemi teologici di
importanza fondamentale. La questione
politica dissimula in realtà una questione di fede. L’atteggiamento di Gesù
verso le potenze e i potenti del mondo
resta esemplare: in presenza dei potenti e delle potenze umane Gesù afferma
la potenza di Dio. « La potenza di Dio
si dimostra perfetta nella debolezza »
dice la Scrittura (2 Corinzi 12: 9). Questa parola non è detta solo a conforto
di una chiesa perseguitata, è un avvertimento per la chiesa non più perseguitata, che da profetica diventa facilmente diplomatica e da testimone del Regno degenera in cappellano del « secolo presente ».
I rapporti tra le nostre chiese e i poteri economici e politici vigenti sono
da analizzare lucidamente e con ogni
probabilità da ridefinire. La nostra fisionomia di grande diaspora evangelica disseminata su tutto il territorio na
zionale e la nostra posizione fortemente
minoritaria con nessun peso politico
ed economico, non ci immunizzano dalla possibilità di alleanze, tacite o pubbliche, occasionali o durature, con i
poteri dominanti, oppure da un atteggiamento di neutralità che quasi sempre significa complicità. Anche come
chiese minoritarie, che però agiscono
e reagiscono ancora largamente in base a « riflessi costantiniani », possiamo
essere altrettanto integrati quanto le
grandi chiese nazionali all’estero. La
stessa domanda si pone a noi come a
loro: Qual’è la fede di una chiesa integrata? Da questa domanda elementare
può iniziare una svolta storica della
chiesa nel mondo. Paolo diceva: «Quando sono debole, allora sono forte ». La
chiesa del nostro tempo deve dire il
contrario dell’Apostolo, e cioè: «Quando sono forte, allora sono debole ». Essa comincia ad accorgersi che la sua
forza di chiesa integrata è la sua debolezza.
Se la chiesa riuscirà a impostare in
maniera veramente nuova rispetto al
passato e al presente i suoi rapporti
con il Potere, se riuscirà ad abbandonare la sua posizione tradizionale di
neutralità che diventa complicità ed assumere quella di libera critica in nome
dell’Evangelo, se insomma la Chiesa
tornerà alla profezia rinunciando alla
diplomazia, allora potrà forse rifare
l’esperienza dell’apostolo Paolo e dire
con lui in una situazione storica completamente diversa ma in una sostanziale continuità di fede e di vita:
« Quando sono debole, allora sono
forte ».
Paolo Ricca
temle a
Karl Barth; la ehlisa
estinguersi nella Stgunria
di Gasi
A tre anni dalla sua morte occorre
già fare delle battaglie per il cumulo di
strumentalizzazioni ecclesiocentriche
del suo messaggio.
Barth ha richiamato la Signoria di
Gesù sugli uomini, per gli uomini e tra
gli uomini. Il resto del suo messaggio
va subordinato a questa verità prima,
mai fatto precedere né logicamente né
praticamente. Ma, purtroppo, le chiese
e le fasulle polemiche antibarthiane
hanno sempre usato ben altro metodo
di ascolto e di interpretazione: Barth
esistenzialista, Barth ortodosso, Barth
uomo « di chiesa », teologo della crisi,
teologo del Totalmente altro...
Le chiese europee incapaci dì mettersi sotto il fuoco riformatore si sono
ecumenicamente aggregate per sciogliere il fuoco in piccoli tiepidi canali
diplomatici che fanno tutto il decadente tepore ecclesiastico delle nostre assise religiose.
Vorremmo dire brevemente come ciò
non rende giustizia al pensiero di Barth
e rivela soltanto l’infeudamento borghese e piccolo-borghese delle chiese.
Invitiamo a riprendere in mano Tantologia « L’Eglise » (Labor et Fides, Genève, 1964).
Nel titolo ho indicato in maniera sintetica quello che mi sembra l’essenziale
di questo discorso: la tendenziale estinzione della chiesa nelTaffermarsi della
Signoria di Gesù sulla storia; la sparizione tendenziale della mediazione ecclesiastica di fronte alTincalzare del
rapporto tra l’umanità e Cristo. Una
verità correlativa che qui occorre richiamare, anche se non potremo farne
un’analisi, è la sparizione tendenziale
del potere dell’uomo sull’uomo e dello
stato che ne è l’espressione emblematica di fronte alla fraternità che è conseguenza di quella Signoria. I rapporti
sociali e la loro organizzazione sono
spinti dall’azione incisiva del ritorno di
Gesù al nocciolo del nuovo patto: nessun altro Signore e nessuno signore tra
fratelli (il primo e il secondo comandamento). La chiesa e lo stato sono invece forme provvisorie non solo in rapporto alla fine dei tempi ma a quella
consumazione del tempo che si avvera
tutte le volte che Gesù viene ad essere
Signore tra gli uomini (ciò che Barth
chiama l’avvenimento).
Queste affermazioni spiegano perché
Barth non conduce né alTecclesiocentrismo né al secolarismo, confessando
quel Nome di fronte al quale chiesa e
Stato sono ministri e vengono imprigionati come potenze aliene, come ministeri trasformati in Potestà sugli uomini.
Dopo aver così enunciato il tema vorremmo fornire le indicazioni nel testo
citato per permettere a ciascuno di andare a rileggere e a riflettere per suo
conto.
1) « Gesù stesso è il Vangelo, come
è lui stesso il Regno di Dio contenuto
nel Vangelo. Il ministero dei discepoli
iiiiiiniiiimiiiiiiiiiiimiiiimiimimimiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiMmiiiimmiiiiiiiiiiiiimiiiniiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiimimmiiiiiiimiiii iiiimiiiiiiiiimiii iiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiii
Secondo il card. Pellegrino, in una lettera pastorale alla diocesi torinese
'la scelta dei peri, indicata dai Vangete, implica
in una sncietà industriala una scelta di classe'
La scelta dei poveri, indicata dal Vangelo e ribadita dal Consiglio, significa
per la Chiesa che vive in una società
industriale una « scelta di classe » a favore del mondo operaio, povero non
solo per i « bassi salari ancora diffusi »
ma soprattutto per « Vasservimento di
imponenti masse alle decisioni di gruppi ristretti che traggono il loro potere
dal possesso dei capitali e delle tecnologie ». Questa scelta « non implica odio
contro il ricco; è anzi la via per indicargli la sua stessa salvezza ».
Chi sosteneva queste tesi non era
un rappresentante del dissenso cattolico, o diciamo pure cristiano, ma il cardinale Pellegrino che al Circolo della
stampa subalpina presentava sabato
15 gennaio la sua lettera pastorale alla diocesi torinese intitolata « Camminare insieme »; un documento che tira
fra l’altro, le fila di un anno di studi
e dibattiti dei Consigli diocesani pastorale e presbiteriale e di vari piccoli gruppi spontanei costituiti da sacerdoti e da laici. Riferiamo, per il
momento, soltanto su relazioni altrui,
non avendo ancora sott’occhio il documento nella sua intierezza.
La lettera pastorale si basa sul trinomio « povertà, libertà e fraternità,
principi a cui si deve ispirare il lavoro
nella diocesi ».
Povertà. Ciascuno è invitato a « interrogarsi sull’uso dei beni economici,
secondo le necessità proprie e della famiglia, tenendo conto dei bisogni degli
altri. (...) Qccorre una radicale revisione della mentalità, ancora largamente
dominante, secondo cui ognuno è padrone dei propri averi e ne fa quello
che vuole, mentre la proprietà privata
non costituisce per alcuno un diritto incondizionato e assoluto ». Va poi denunciato « il consumismo attraverso
cui, stimolando bisogni artificiali, si
creano nuove forme di sfruttamento
dell'uomo e di attentato alla sua libertà a solo benefìcio della produzione e
del capitale »; e senza limitarsi a velleitarie denuncie, « i credenti devono inserirsi concretamente nelle vicende
umane con l’attività sociale e politica,
svolta nelle forme richieste dalla vocazione di ciascuno, per far evolvere la
strutture e adattarle ai veri bisogni
presenti ».
Libertà. Nessun uomo — scrive monsignor Pellegrino — può vantare diritti
di padrone, nel pieno senso della pa
rola, su di un altro uomo »; nella fabbrica, nelTufficio « il padrone è un eguale con cui il lavoratore ha stipulato un
contratto. Questo contratto dovrebbe
riconoscere al lavoro umano un valore
superiore agli altri elementi della vita
economica »; invece spesso « mentre
poche persone dispongono di un ampio
potere di decisione, molti mancano
quasi totalmente delle possibilità di
agire di propria iniziativa o sotto la
propria responsabilità, permanendo talvolta in condizioni di vita e di lavoro
indegne di una persona umana ». Di
conseguenza, ricordando quanto sostenne nell’aprile 1966 in un’omelia nel
duomo, in merito alle lotte sindacali,
dev’essere rigorosamente rispettato « il
diritto di partecipare liberamente alle
attività delle organizzazioni dei lavoratori senza incorrere nel rischio di rappresaglie ». Esigenze di umanità e di
bene comune « richiedono a tutti lo
sforzo costante per comporre pacificamente i conflitti ricorrendo a un dialogo sincero tra le parti. Ma lo sciopero
può rimanere, anche nelle circostanze
odierne, un mezzo necessario, benché
estremo, per la difesa dei propri diritti
e la soddisfazione delle giuste aspirazioni dei lavoratori ». In queste lotte
« la solidarietà si impone come un dovere. Nessuno ha diritto di far violenza
alla libertà del singolo. Ma sarebbe
egoismo riprovevole mancare di solidarietà con i propri compagni di lavo
ro, solo allo scopo di evitare noie, nell’attesa di sfruttare i vantaggi derivanti dai sacrifici degli altri ».
« Quanto ho detto a proposito di libertà — conclude il cardinale — introduce la riflessione sul terzo elemento
del nostro programma: la fraternità ».
Essa impone « iniziative concrete per
superare le divisioni di ogni genere fra
gli uomini (...) con riguardo tutto speciale a chi è più oppresso, emarginato,
sofferente ».
Ho l’impressione — forse il documento nel suo insieme potrebbe modificarla — che questa « pastorale » spiacerà un po’ a tutti.
Spiacerà alle destre, con la sua messa in discussione della proprietà privata, l’invito alTimpegno politico-sociale,
l’insistenza sul diritto di sciopero e il
biasimo per il crumiraggio. Ma, insomma, coi tempi che corrono, poteva essere peggio.
Spiacerà alle sinistre, perché gli elementi appena citati non sono sostenuti
in modo radicale, ma sostanzialmente
riformista, e in termini abbastanza moralistici. Ma, insomma, meglio di nulla,
e in un intervento ecclesiastico « ad alto livello », poi.
Mi pare che ci troviamo di fronte a
un documento politicamente ambilo,
che evita di scegliere fra visione libe
Gino Conte
(continua a pag. 6)
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiitiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Giornata della Missione
In questi ultimi anni Tultima domenica di gennaio è stata dedicata alle
missioni. Su richiesta del comitato missionario del I distretto, la Tavola ha
indicato a tal fine la
domenica 30 gennaio.
Dopo la decisione del Sinodo di aderire alla neonata Comunità Evangelica di Azione Apostolica (vedi TEco-Luce del 24 settembre ’VI) appare di particolare importanza che la riflessione su questo compito comune nel quadro
della testimonianza delle chiese si approfondisca e non rimanga un interesse
locale delle Valli Valdesi, collegato ad una ormai lunga tradizione. La Tavola
raccomanda perciò a tutte le chiese di voler dedicare quella domenica alla meditazione su questo tema, sottolineando la responsabilità comune tra le chiese
dell’Europa e del terzo mondo. Vi saremo grati se vorrete dedicare a questo
fine anche la colletta domenicale, inviandone alla Tavola l’ammontare.
Roma, 10 gennaio 1972.
Per la Tavola Valdese
Neri Giampiccoli - Mcderatore
e della chiesa è importante, ma il regno
di Gesù sui discepoli e sul popolo, dentro e fuori della chiesa, è ancora più
importante. Il suo appello agli uomini:
Venite a me, voi tutti che siete stanchi
e affaticati e io vi darò completo riposo è speranza che resta valida e non
può essere infranta. Gesù ce lo garantisce: questo sollievo è veramente dato
a tutto il popolo, e un giorno si vedrà
che è così. Ma allora non dimentichiamoci ciò: ci saranno dei primi che saranno gli ultimi, e degli ultimi che saranno i primi! » (pag. 208).
Questo testo si può così commentare: per Gesù conta più il popolo che
la chiesa. Conta di più nel senso che
la chiesa è solo strumento mentre gli
uomini sono il fine della salvezza. E
ancora nel senso che quando compare
il rapporto con Cristo la chiesa come
realtà separata, mediazione tra uomo e
Cristo, tende a scomparire, a meno che
tra gli uomini stessi vi siano esperienze di dipendenza e oppressione che la
lasciano sussistere come loro giustificazione religiosa. Questo processo di
estinzione non ha un tempo determinato (ultimo o penultimo); Gesù Signore
della storia ha assunto il tempo degli
uomini e lo penetra di sé.
2) « La congregazione vive in un
tempo particolare, il tempo della fine.
È il tempo dove si svolge l’ultima fase
della storia dei rapporti tra Dio e TuOmo. Esso è cominciato con la risurrezione di Gesù tra i morti. E sarà compiuto e perverrà al suo termine al momento in cui sarà rivelata la riconciliazione, che si è prodotta in lui, tra Dio
e ogni creatura » (pag. 108).
Siamo dunque al tempo finale, quello che conduce alla rivelazione della riconciliazione tra Gesù e l’uomo. La congregazione dei credenti deve solo « rendere presente, agente, feconda la testimonianza profetico-apostolica, consegnata alla Sacra Scrittura, in riferimento a Gesù Cristo, e rendere manifestamente visibile l’autorità di questa testimonianza in mezzo ai tentativi
successivi degli uomini di sondarlo,
spiegarlo, predicarlo » (ivi).
La chiesa c’è dunque tra quegli uomini che dichiarano e fanno presente il '
senso che Gesù ha nella storia umana.
Anzi perché ciò avvenga occorre che
la « congregazione vivente » di questi
uomini offrano anche « l’indicazione
della portata temporale, politica e sociale della salvezza manifestata in lui »
(pag. 109). La congregazione dei credenti che non dichiara la propria prassi
politica non può attestare Gesù nella
predicazione, si sottrae alla Crocei
3) Anche in questo compito di attestazione (anche in chiave scopertamente politica) la congregazione è « minacciata », « in pericolo » e può addirittura dare adito alla « falsa chiesa, la
psepdochiesa ». Oltre che tendere a sparire nel rendere efficace il suo servizio, nell’incedere della diretta Signoria
di Gesù tra gli uomini, la chiesa può
diventare im ostacolo, un tradimento.
« Allora possono accadere due cose: o
la congregazione morta da tempo vive
giorni particolarmente felici nel mondo, nelle sue relazioni con la società e
lo Stato, a causa del suo carattere inoffensivo; o la sua impotenza evidente
nel mondo attesta pubblicamente il giudizio che la colpisce » (pag. 112). Barth
elenca da pag. 109 a 112 alcuni elementi che mettono in pericolo l’autenticità
della chiesa che è bene leggere direttamente, per la loro incombente attualità.
4) « Cos’è la secolarizzazione del
mondo, della società e della politica,
in confronto a ima chiesa che pretende
strutturarsi da sola, che non s’interroga più o male sulla volontà divina e
agisce in contraddizione con essa? »
(pag. 129). Barth sa che il suo discorso
sulla congregazione come avvenimento di Gesù fu subito pensare che occorre provvedere alle « strutture » della
chiesa. Ebbene queste dipendono solo
da Dio e dalla storia umana, dalla luce
della testimonianza profetico-apostolica da portare nel rapporto tra Gesù e
gli uomini.
Le strutture sono solo definibili come la disponibilità del servizio da rendere. Ma allora la chiesa non può permettersi niente che faccia pensare alte
organizzazioni di potere che spezzano
la fraternità umana. La chiesa deve es
Peppino Orlando
(continua a pag. 2)
2
pag. ¿
N. 3 — 21 gennaio 1972
ACCOSTARSI alla BIBBIA
OSTACOLI DA SUPERARE
OlKtaH, maestn di aula lalilea
La lettura dell’Antico Testamento
non è sempre facile. Incontriamo talvolta delle difficoltà che ci sembrano
insormontabili e che c'impediscono
di capire il senso degli avvenimenti.
Altre cose sono inadeguate al nostro
modo di concepire i rapporti con Dio
ovvero urtano la nostra sensibilità religiosa. Vediamo dunque alcuni di
questi ostacoli, non dimenticando che
la rivelazione di Dio nell’Antico Testamento avviene in un contesto storico,
sociale, religioso ed umano che Dio
non ignora e che occorre tener presente per la comprensione del nostro
testo.
Ci sono innànzi tutto alcune concezioni di Dìo che sono al di sotto dei
modelli più alti e che contrastano, almeno apparentemente, con l'idea di
un Dio santo e misericordioso. Pensiamo, per esempio, al Dio il quale
manda Samuele dal re Saul per ordinargli lo sterminio completo degli
Amalekiti (I Sam. 3: 3); ovvero al Dio
di Elia che punisce i profeti di Baal
facendone scannare ben 450 dal popolo; o ancora all’Iddio delle battaglie il quale ordina l’interdetto e tollera che, nella legge mosaica, la distruzione totale di una città sia « come un sacrifizio arso interamente all’Eterno, che è il vostro Dio » (Deut.
13: 16).
Quali sono le nostre reazioni o le
nostre spiegazioni al riguardo? È difficile rispondere adeguatamente, a meno che non si pensi di risolvere il problema, dicendo: Dio è sovrano nelle
sue azioni, l’uomo non può ergersi a
giudice dell’Eterno. Dovremmo tentare altre vie d’uscita ed affermare che
è assolutamente necessario in quei casi mantenere un senso storico, situando gli avvenimenti nel loro tempo e
nel contesto della intera rivelazione
di Dio, di cui l’Antico Testamento è
una parte soltanto e, ad ogni modo,
inferiore certamente a quella del Nuovo Patto, che è « un patto anch’esso
migliore, -fondato su migliori promesse» (Ebrei 8: 6). Potremmo anche
pensare che, avvenimenti come quelli ora menzionati, sono la tremenda
prova della serietà e della severità con
cui Dio giudica il peccato e l’idolatria
di coloro i quali offendono il suo nome e si oppongono ai suoi disegni.
Non per questo sarà lecito dire che
Dio benedice le guerre sante o che
l’Antico Testamento è una fonte di
violenza e di immoralità. Certo, ognuno può trovare nei libri dell’Antico
Testamento ciò che egli vi cerca;
ognuno può vedere in quelle pagine
l’umanità vera con le sue tenebre ed
i suoi raggi di luce, ma c’è ben altro
che un Dio violento e non compassionevole nella rivelazione dell’Antico Testamento. Non esiste un Dio dell’Antico Patto diverso dal Dio del Nuovo
Patto; un Dio che si adira e non ama
accanto ad un Dio che ama e non si
adira mai. C’è un solo Dio. il quale ci
ama, ma non rimane indifferente di
fronte alle offese che subisce, alle bestemmie che salgono verso di lui, alle
infamie che si compiono nel suo nome. Senza mai dimenticare queste
belle parole del salmista: « L'ira sua
è solo per un momento, ma la sua benevolenza è per tutta una vita» (30:5).
Non ci dilungheremo a parlare degli
« antropomorfismi », cioè dei vari modi di presentare Iddio sotto una forma umana. Nessuno ha mai veduto
Iddio, perché, come dice l’Eterno a
Mosè: « l'uomo non mi può vedere e
vivere» (Es. 33: 20). Ma come-potremmo raffigurarci Dio se non nelle sembianze di un uomo, dal momento che,
quando i tempi furono compiuti. Egli
stesso è venuto a noi nella veste umana di Gesù di Nazareth, « pieno di
grazia e di verità »? Come avremmo
potuto ascoltare la voce di Dio se, invece di rivolgersi a noi mediante una
parola umana, ci avesse parlato in un
linguaggio angelico incomprensibile
sulla terra? Biagio Pascal diceva: « Dio
solo parla bene di Dio » e noi possiamo parlare di Lui soltanto perché Egli
si è rivelato. Chi rifiuta di ascoltare
la voce di Dio che ci parla per mezzo dei suoi testimoni, e soprattutto
mediante il Figlio, rischia sempre di
farsi degli idoli, falsi e bugiardi.
Accenniamo anche ad alcuni aspetti
della vita sociale che rispecchiano una
concezione morale inferiore a quella
del Nuovo Testamento.
Nei tempi antichi, la schiavitù fu
necessaria in Israele, perché la classe
degli operai salariati sorse soltanto
più tardi. La legislazione al riguardo
era piuttosto complessa, tuttavia specialmente nella fase deuteronomica
essa contiene molti precetti umanitari a prò degli schiavi, dei poveri e perfino degli animali. II padrone israelita
dovrà rispondere a Dio del trattamento usato verso lo schiavo. Accanto alla schiavitù, la poligamia: poligamia
dei patriarchi, conforme ai costumi
dell’epoca, poligamia dei re Davide e
Salomone, quando l’harem reale ben
fornito era un requisito essenziale di
un monarca che si rispettasse. Non
leggeremo più l’Antico Testamento per
queste ragioni? Sarebbe puerile! Diremo che la Bibbia insegna la poliga
mia e incoraggia la schiavitù? Certamente no; anzi, ci convinceremo che
è necessario superare questi ostacoli
con un riferimento ai costumi e alle
istituzioni sociali di quel tempo e, soprattutto, cercheremo di non peccare
d’ipocrisia nel formulare un giudizio
sulla vita sociale del popolo d’Israele.
« Last but not thè least », come dicono gli inglesi, ultimo ma non il minimo come importanza, il problema
della storicità di certi racconti, specialmente nei primi capitoli della Genesi. Diciamo subito che i libri dell’Antico Testamento non sono disposti in ordine cronologico, come se la
Genesi fosse il primo e Malachia l’ultimo libro in ordine di tempo. Secondo il Rendtorff, « una vera e propria
produzione storica si riscontra in
Israele solo a partire dal tempo di Davide ». Alcuni antichi racconti sono
stati indubbiamente trasmessi di generazione in generazione prima di essere trascritti e conservati nella loro
forma definitiva.
Che cosa dobbiamo pensare di quei
racconti? I giorni della creazione eb
bero la durata di ventiquattro ore?
Nel giardino dell’Eden il serpente parlò realmente ai nostri primi progenitori? Certo la Bibbia è anche, se pure
non in primo luogo, un documento di
storia; ma, come dice J. A. Soggin,
« ciò non significa che in tutti i punti
della Bibbia la storia si presenti qualitatiyamente costante ». Si tratta indubbiamente di racconti a sfondo mitologico dell’antico mondo pagano assiro babilonese o egiziano, perché nel
loro linguaggio particolare essi sono
una testimonianza di fede in Dio, Signore e Creatore di ogni cosa. Il racconto della creazione è come un quadro firmato da un grande autore. È
l’autore che conferisce valore all’opera. È la presenza di Dio « nel principio » che ci spinge non soltanto a contemplare l’universo, ma a confessare
la nostra fede in Colui che ci ha fatti
per la sua gloria e per il suo servizio.
Talvolta sarà difficile determinare il
grado di storicità di certi racconti.
Non importa; l’essenziale è che sappiamo cogliere la voce di Dio e che
possiamo discernere in quei racconti
le verità che Dio vuole insegnarci: la
nostra dipendenza da Lui e l’ubbidienza alla Sua parola.
Ermanno Rostan
Il nome di Olivetano è abbastanza
conosciuto nella storia valdese, in
quanto legato alla famosa traduzione
della Bibbia, fatta stampare dai Vaidesi a Neuchâtel nel 1535. Per quanto
egli si chiamasse « l’humble et petit
translateur », la validità e la bontà
della sua traduzione gli sono state
sempre riconosciute, ed essa lo colloca tra i grandi eruditi propagatori della Riforma nei suoi primi decenni.
Vi è peraltro un aspetto meno noto
della vita di Olivetano, quello dedicato all’insegnamento religioso: ne vogliamo dare un rapido accenno. Occorre però ricordare che Louis Olivier
(che poi latinizzò da umanista il suo
nome in Petrus Robertus Olivetanus)
era cugino di Calvino, e come lui di
origine piccarda; dopo gli studi a Orléans e a Parigi, era stato costretto nel
1528 a rifugiarsi a Strasburgo per motivi religiosi, ed è lì che ebbe come
insegnanti di teologia i riformatori
Bucero e Capitone. Da quel momento
egli appartenne alla riforma luterana,
e nel 1531 lo ritroviamo a Neuchâtel
quale maestro di scuola: infatti egli
si rifiutava di predicare, adducendo il
pretesto che ciò oltrepassava le sue
possibilità. A Neuchâtel egli certamente fu in contatto con Farei, che vi predicava le nuove dottrine.
L’anno dopo, 1532, lo si ritrova a Ginevra, come precettore dei figli di un
ricco mercante, Jean Chautemps, il
IMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIir IMIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIillimilllllMimilllllllllllllllMllllllimilllllllMIIIIIIIIIIIflIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIII miiiiiiiiiiimiiiiiii
I
Soci della Società
di Studi Valdesi
L’interesse per una attività si verifica
considerando il numero delle persone
che vi partecipano, la vitalità di una
società culturale, sportiva, didattica si
giudica dal numero dei suoi soci. Lo
stesso può dirsi anche della Società di
Studi Valdesi di cui andiamo discorrendo. Al rendiconto annuo, nel corso
della seduta di agosto, il cassiere comunica all’assemblea il numero dei membri, non sempre in regola con la quotai, iscritti nel suo registro; quest’anno
la cifra è di poco superiore alle 300
unità. Il fatto è davvero sintomatico.
Le nostre comunità hanno reagito abbastanza fortemente, nel corso degli ultimi anni alle innovazioni, che si sono
introdotte a tutti i livelli nella vita comunitaria, e si sarebbe tentati di pensare che queste reazioni siano determinate da un eccessivo attaccamento
alle tradizioni, al passato, ai valori di
ieri e che naturalmente la Storia valdese costituisca uno dei punti fermi di
questo amore per la tradizione. Se i
giovani si riferiscono nei loro pensieri
e nelle loro proteste ad attività e interessi aperti al futuro, anche discutibile,
gli anziani si riferiscono al ieri ed alle
espressioni ed attività che lo valorizzano. In realtà le cose non stanno affatto
così.
Se esaminiamo la collaborazione dei
membri della Società di Studi Valdesi
constatiamo che è egualmente ignorata
da progressisti e conservatori, tradizionalisti ed innovatori, anziani e giovani.
Sfogliamo brevemente l’elenco dei soci
cominciando dalle Valli (che si presume siano il punto centrale delTinteresse per la Storia valdese).
La situazione è assai poco incoraggiante. Naturalmente il nucleo maggiore si raccoglie in Torre Pellice (38 membri), seguito da Luserna S. Giovanni
con 17 e Pinerolo con 19 (di cui però
2/3 almeno non sono membri della comunità valdese). Per il resto è come
viaggiare in un deserto in cerca di oasi:
4 soci a Pomaretto, 2 a Perrero, uno a
S. Secondo. Neppure gli organismi ufficiali della chiesa sembrano interessati:
il solo concistoro di Massello è membro della Società e poche comunità contribuiscono con una offerta (Pramollo,
Pomaretto).
Considerazioni non molto migliori si
possono fare per quanto riguarda le comunità in Italia. Prendiamo in esame
tre centri: Torino, Milano, Roma. Contiamo rispettivamente 45, 19 e 11 soci,
cifre ragguardevoli ma sproporzionate
alla consistenza numerica delle persone
che potrebbero essere interessate alla
ricerca della Società stessa ed al suo
lavoro. Per il rimanente della penisola
non si supera mai la decina di soci in
qualche zona privilf^iata, nel restante
regna il più fitto silenzio.
Che dire dei pastori? Anche qui considerazioni interessanti si potrebbero
fare: i 42 soci sono nella quasi totalità
membri del corpo pastorale valdese, i
pastori delle altre denominazioni semlirano mantenere un assurdo isolamento considerando « valdese » una precisa
denominazione italiana senza coglierne
lo spirito e la storia non regionale ma
europea, altro segno del nostro provincialismo culturale. Fra i pastori della
Chiesa valdese il numero più ragguardevole di soci è rappresentato naturalmente dagli anziani, ma ci si può domandare se la loro sia molto più che
una adesione di principio, quanti sono
infatti presenti alla seduta della Società la sera del Sinodo? Troppo pochi in
verità.
Quali possono essere le nostre conclusioni? Si può iniziare anzitutto con
un piccolo mea culpa da parte del Seggio della Società che forse non ha sa
lUiiiiiiiiiiiiiiiiimniiiiiiiiiiiiimiiiiii'iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiKiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMmii
Una raccolta di brevi saggi
sulla prima Epistola di Pietro
Non è facile dare una valutazione
d’insieme di questo volumetto che
raggruppa ben 8 interventi di autori
diversi. Nell’ordine si susseguono: la
traduzione, l’analisi e contenuto dell’epistola (I. Minestroni); il problema
dell’autenticità (E. Edwards); l’esegesi
di 3; 18-20 e 4: 6 « Cristo andò nello
spirito a proclamare agli spiriti in
carcere » (F. Salvoni); l’esegesi di 5:
1-5, « Anziani, ministero e giovani »
(A. Berlendis); « La posizione della
donna », 3: 1-7 (L. Caddeo); « Il battesimo », 3: 21 (L. Salvadori); « Stato e
chiesa », 2: 13-17 (L. De Benetti); « Il
sacerdozio del popolo di Dio », 2: 4-10
(G. Giavini). Risulta evidente, dalTeienco dei problemi trattati, che si tratta di spunti esegetici assolutamente
indipendenti l’uno dall’altro e che si
sforzano di mettere in luce e spesso
di attualizzare i problemi che emergono da questi passi dell’epistola.
Senza voler entrare in merito ai singoli contributi, cosa che richiedereb
be troppo spazio, ci permettiamo di
fare le seguenti osservazioni di carattere generale.
1. Ci pare che i problemi esegetici
sollevati siano stati liquidati un po’
troppo frettolosamente senza la dovuta trattazione. Soprattutto ci sembra che non si sia fatto sforzo sufficiente per cercare di situare i vari
passi in un contesto storico e teologico a cui potersi riferire, dopo aver risolto ed essersi pronunciati senza pro
ve convincenti in favore dell’autenticità e dell’unità dell’epistola.
2. Con stupore abbiamo notato la
quasi totale assenza di opere in lingua tedesca che certamente uno studioso del N. T. non può ignorare. Così
l’uso del Kittei (ThWNT) non sembra, dalle poche citazioni riportate,
essere stato sfruttato a fondo; non
sono state consultate le introduzioni
al N. T. di Feine-Behm-Kiimmel, né di
W. Marxen, né la teologia del N. T. di
sg. ecc., R. Bultmann, Theologie des
Bultmann (cfr. per es. R. Bultmann,
Theologie des Neuen Testaments, 1965,
p. 505 sg.; 530 sg. ecc.), tanto per cidalla nota bibliografica a p. 173, ci si
può accorgere come la maggior parte
delle opere siano di autori piuttosto
fondamentalisti. E non è certo facile
riuscire a produrre un’esegesi convincente dei passi sopra citati alla luce
di una teologia fondamentalista!
3. A queste note di critica generale
aggiungiamo la pessima cura tipografica: le note a pie’ di pagina sono regolarmente fuori posto, rendendo scomoda la lettura; numerose opere sono
date per citate pur non essendolo. Mi
limiterò ad iridicare le pagine in cui
ho notato delle imperfezioni: 41, 43,
49, 50, 51, 57, 71, 72, 78, 87, 89, 95, 98,
118, 121, 122, 124, 126, 130, 131, 136, 147,
148, 149, 168. E. G.
puto negli anni passati impegnarsi a
fondo per una ricerca di nuovi membri,
che non si è dato da fare, come si dice
con espressione popolare. Darsi da fare
in un clima di incertezza e disinteresse
però non è sempre facile perché si diventa attivi nella misura in cui ci si
sente appoggiati.
In secondo luogo però si deve reagire in modo deciso e costruttivo ad una
situazione che ha dell’assurdo. Per
quanto concerne le Valli si deve dire
che l’appoggio da dare ad una associazione che si occupa di storia, che studia il passato delle nostre comunità e
delle nostre istituzioni, alla cui direzione sono stati, e sono, uomini di indiscusso amore per le Valli è cosa normale, è la prima elementare manifestazione di interessamento per la propria tradizione. Di fronte al silenzio di tanti
fratelli ci gi deve domandare dove stia
di casa quell’amore per il passato, la
chiesa di ieri, i padri e la loro fedeltà!
Come potranno giovani della chiesa di
domani interessarsi al ieri, rileggere la
propria storia con occhio nuovo e costruttivo se nessuno ne parla, se il passato non è oggetto di amore costruttivo
ma solo di retoriche evocazioni?
Non esistono però soltanto le Valli,
c’è in Italia un campo vastissimo di interessi da scoprire, di persone da interessare alla ricerca sulla Storia religiosa della nostra patria e sulle vicende spirituali di ieri; c’è un numero cospicuo di giovani da inserire in questo
colloquio con la ricerca storica che deve essere impegnato. Le disponibilità
economiche sono in aumento non in diminuzione e la somma di 2.000 lire di
quota annua è davvero ridicola se si
considera che pagano alTincirca la
stampa del materiale che si riceve in
cambio dell’abbonamento: l’opuscolo
del XVII febbraio ed i due numeri del
Bollettino annuo.
Il problema non è però solo finanziario, anzi lo è in modo secondario, primario è invece per la vita ed il successo delle iniziative della Società l’interesse dei soci, la loro partecipazione attiva alle attività, la loro opera per la
diffusione del materiale edito, la ricerca di nuovi amici, la raccolta di materiale (di cui parleremo un’altra volta),
l’organizzazione di incontri, conferenze,
dibattiti nelle loro sedi di residenza
sulla storia dell’evangelismo italiano,
della Riforma in Italia ecc. ecc.
Sarebbe auspicabile che per il centenario del 1973 (8° centenario della nascita del movimento valdese!) la Società ampliasse la sua attività ed aumentasse il numero dei suoi soci; raggiungere il traguardo del migliaio, triplicando il numero attuale, sarebbe veramente impossibile? Non lo è se si sviluppa
l’interesse attuale, come un piccolo
granello...
Giorgio Tourn
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimiiiiiniiiiiiiii
A Torino, il 25 gennaio
La prima lettera di Pietro. Autori vari,
ed. Lanterna, Genova 1971, p. 174,
L. 1.500.
Incontro ecumenico
di comunità
Martedì 25 gennaio, alle ore 21, in
Via Parini 12 si terrà un incontro ecumenico di comunità centrato sul tema: Dio, Padre dei giusti e degli ingiusti. Sono previsti tre interventi introduttivi al dibattito: un commento
biblico a Matteo 5: 45 (past. Paolo
Ricca), verifica della situazione ecumenica (sac. prof. Pier Angelo Gramaglia, del Seminario di Rivoli) e della
situazione politico-sociale (don Matteo
Lepori, delle AGLI) alla luce di questo messaggio evangelico.
quale aveva installato in una delle sue
case il tipografo Pierre de Ving’.e, piecardo anche lui, e stampatore tre anni
dopo della Bibbia di Olivetano. Fu lì
che i due piccardi collaborarono alla
stampa di parti della Bibbia, e fu forse già in quel tempo che Olivetano si
esercitò nella traduzione dei sacri testi; non avrebbe avuto tempo in poco
più di due anni (dal sinodo di Chanforan alla data della prefazione intercorrono 30 mesi) di tradurre completamente Antico e Nuovo Testamento,
se già non ci si fosse messo prima!
Non sappiamo con sicurezza se Olivetano fosse presente al Sinodo di
Chanforan del settembre 1532: ma in
quello stesso autunno egli era presente nelle Valli quale maestro di scuola
0 catechista, utilizzando un testo che
aveva composto a tale scopo, ancora
in manoscritto, e intitolato « Instructions des enfans ».
In questo senso, Olivetano fu il primo « maestro » protestante nell’ambiente delle Valli: e dobbiamo immaginare che il suo insegnamento non si
rivolgeva soltanto ai giovani, ma a
quanti desideravano istruirsi soprattutto nelle Sacre Scritture e nei problemi religiosi.
Così l’influenza grandissima di Bucero sui Valdesi, che l’avevano interpellato nel 1530, come l’influenza determinante del polemico Farei a Chanforan, si ritrovavano ancora rappre
sentate e proseguite dal modesto, ma
coltissimo Olivetano, discepolo del
primo e grande amico del secondo...
E chissà che Olivetano non avesse personalmente conosciuto a Strasburgo i
barba valdesi Morel e Masson, co'à
giunti nel 1530 per consultare Bucero
sui problemi di dottrina e di organi:«zazione!
Al principio del 1533, Olivetano lasciava Ginevra e si insediava nelle
Valli per lavorare alla sua traduzion-'
della Bibbia, e per continuare l’opera
di maestro-evangelista tra i Valdesi.
Nello stesso anno, il suo manuale
«Instruction des enfants» veniva stam
pato a Ginevra, e verosimilmente esso
fu il primo libro di lettura a stampa
usato nelle Valli: l’affermazione po
trebbe essere soggetta a qualche dubbio, Se non si tenesse presente quanto era importante per i riformatori la
istruzione. Il manuale contiene anche
una lettera a Antonio Saunier (lui pure presente a Chanforan) scrittagli da
un certo M., che è stato identificato
nel barba Martin Gonin, ma che potrebbe anche essere Morel: la lettera
presentava appunto il libriccino « che
tu avevi già visto al di là delle Alpi... »,
e cioè nel manoscritto usato da Olivetano alle Valli.
Il 12 febbraio 1535 Olivetano dettava la sua prefazione « des Alpes », e
cioè dalle Valli e si recava poi a Neuchâtel dove il De Vingle aveva trasfe
rito la sua tipografia, per seguire ca
vicino la stampa, che ultimava il 4
giugno dello stesso anno. E terminava così anche il periodo di insegnamento tra i Valdesi, in cui Olivetano
aveva layorato tra i « maitres muetz »,
1 maestri muti, cioè i libri, e in mezzo a grosse difficoltà pratiche: « Tu
vedi la distretta in cui mi trovo sia di
carta che di altre cose ».
I! ruolo di Olivetano negli anni 15321535 (sinodi di Chanforan, di Frali
1533, e ancora di Chanforan 1535) fu
certamente importante, come ci lasciano capire le poche notizie che abbiamo qui presentate; peccato che non
abbiamo altri documenti sull’opera
dell’« umile e piccolo » traduttore de'
Grande Libro!
Augusto Armand Hugon
miiiMiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiimiiiiiiiiii iiiiimiiiiiiiiiiiiii
Karl Barth: la chiesa
tende a estinguersi
nella Signoria di Gesù
(segue da pag. 1)
sere povera, come i poveri del suo tempo e dar conto ad essi sul senso che
assume questa povertà.
In tutti questi testi Barth richiama il
concetto di struttura come concetto di
disponibilità, sola garanzia che il governo della comunità dei credenti sia
di Gesù e di nessun altro signore.
Or corne è altrimenti possibile che le
comunità di credenti verifichino la attualità della loro condizione disponibile
e povera, se non sono dominate, controllate e egemonizzate dai poveri in
senso storico, dalla realtà, dalle lotte
e dalle speranze del proletariato?
Barth ha visto come ha potuto questa verifica e certamente i suoi scritti
politici e la lotta al fascismo mostrano un cammino di verifica abbastanza
serio. Ma la storia e la consapevolezza
politica dei credenti può fermarsi là?
E in virtù di quale norma dovrebbe
farlo? Il prossimo che interpella le comunità non può essere determinato per
sempre da un teologo, né dalla chiesa.
La realtà delle forze produttive e dei
rapporti sociali di produzione sono davanti a noi e in noi e ci sono gli strumenti per analizzarli e capirli.
Non chiudiamo gli occhil « Non addormentiamoci sulla Bibbia! » direbbe
Barth.
L’eredità di Barth oggi passa attraverso questo problema e le forme confessanti di convivenza nella fede e di
testimonianza gridano dentro tutte le
chiese invitandole alla conversione, a
mostrare che le loro strutture sono disponibili aH’avveniraento della Signoria di Ge,sù tra gli uomini. Guai alle
spose incinte nel giorno del Signore!
Peppino Orlando
3
21 gennaio 1972 — N. 3
pag. 3
LA CHIESA E LA SUA MISSIONE NEL MONDO
La fesHmonianza di un missionario caffolico nel Camerún
Un pozzo per una stazione missionaria
Suli'incriininazione del pastore Cruse
Un anno fa Guido Odin, pittore e
fotografo valdese, incontrava p. Alain
Playoust fra le montagne rocc ose del
Camerún settentrionale. La visita de^
missionario cattolico è stata resa a
Torre Pellice, a fine dicembre, e in un
pomeriggio già in piena atm >sfera natalizia abbiamo lodato insieme il Signore.
Da cinque anni, contro altri sei membri della Missione cattolica, pére Alain
ha lavoiato fra diverse tribù animiste
nella savana, nei villaggi primitivi, in
un mondo brullo di arbusti spinosi
che solo alla stagione delle piogge, do
po sei lunghi mesi di siccità, rinverdi
sce nel calore tropicale. Le popolazioni montanare credono che il cosmo
sia abitato da spiriti malefici: lo spi
rito della montagna, quello del fuoco,
spirili che si nascondono nei boschi,
nei temporali e che è necessario pia
care con sacrifici rituali, ricercando il
favore del dio buono e potente.
La situazione della donna è dura:
le donne kirdi fanno i lavori più pesanti, trasportano l’acqua attinta dai
pozzi, raccolgono faticosamente la le
gna, rara su quelle montagne nude
lavorano i campi, seminano, preparano 0 i.'uociono le pallottole di miglio,
che c la « polenta » locale quotidiana;
sulle alture cresce pure una qualità di
riso, i-c donne, pur molto belle in gio
venti!, a 50 anni sono decrepite e quasi nt.'-;sLina raggiunge i 70. Assai presto
anche i lanc'ulli vengono impiegati in
queso lavori faticosi.
Le li ibù si diversificano per i ta
tuagei. incisi già sui neonati che
muoiono spesso d’infezione; ma i ge
nitOi. non nnuncerebbero mai a quegli Li-; secolari.
Il i,-ord dei Camerum è stato invaso
(conit: la vicina Nigeria, dalla quale in
parte provengono) dai Foulbé musulmani scesi dal settentrione, che si so
no ieipadroniti dell’amministrazione,
sì che : giovani indigeni riescono a stento a igmngere una condizione sociale d lite senza aderire in qualche
misur;. all’islam.
ni protestanti (luterana e ri
foni ’ c cattolica, all’opera da decenr paese, sono al lavoro da una
venh . d’anni nella regione Kapsiki.
Ovu!K,uc, oggi, in Africa come altrove,
nuo-o -isioni improntano la testimo
niai, nissionaria. Pére Alain ci spie
gava c', consapevoli delle loro carenze, ma.- anti di personale, si sforzavano d; aiutare quelle popolazioni —
diver,, ormai la loro famiglia: il
popo' e appartiene a Dio — a ren
dersi . .’ito esse stessi della necessità
di a.'jiiisi vie nuove, di seguire nuovi
idean .1, darsi strutture nuove. Evan
geli?',' messi in contatto con il Dio
d’aip! ' i- , in particolare i giovani e le
nuov. generazioni più colte, meno
chiù;.-: nella schiavitù delle tradizioni
scopri : anno una nuova vita.
La r-iesenza musulmana rappresenta uì ‘reno a questo anelito di libertà.
Colo:-; che si convertono al cristiane
simo nuuggono l’armonia della società, primitiva; e appena accade una
disgid ,a. sono accusati i cristiani. C
vuole mia volontà robusta per perseverare: 1 musulmani si beffano di loro, li clan li disprezza. Se un Kapsiki
cristiano si arricchisce, i figli saranno
avvelenali!
Non è certo rimasto deluso, chi la
sera del 18 dicembre scorso ha accettalo l’invito, presso la Foresteria valdese di Torre Pellice, alla conferenza
interconfessionale sul Camerún, illustrala dalle diapositive a colori di
Guido Odin: prese dal vivo, ci hanno
toccati. Il trionfo dei colori tropicali,
la bellezza dei tramonti, i rumori misteriosi portati dal vento e registrati,
la dolce musica degli strumenti primitivi, il tam-tam ritmante le danze del
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
li Centro ortodosso
di Ginevra prepara
il Sinodo generale
della ortodossia
È stato recentemente aperto a
Chambésy presso Ginevra, in una villa patrizia, acquistata con i fondi degli ortodossi emigrati, un centro studi
del Patriarcato ecumenico. L’importanza del centro è sottolineata dal
latto che il Patriarcato di Costantinopoli soilre delle restrizioni imposte
dal governo turco; il centro di Ginevra si avvia pertanto a diventare anche un ufficio di rappresentanza del
Patriarcato. Compito statutario del
centro è l’insegnamento della ortodossia c lo studio e il contatto con le altre confessioni cristiane; il centro pubblica un Bollettino quindicinale intitolato « Episkepsis ». Recentemente il
centro è stato incaricato del lavoro
preparatorio per il Concilio generale
dell'ortodossia, che dovrebbe aver luogo nel prossimo anno.
(« Neue Ziircher Zeitung »,
9 gennaio)
l-j messi e delle stagioni ci hanno lasciato un’impressione profonda. La na
tura grandiosa dell’Africa si dà in
spettacolo, ma talvolta non ne restano che rovine. Come diceva André Gi
Urta radazza camerunese in una bella foto
di Guido Odin
de: « Questo paese è uno dei paesaggi
più nobili del mondo ».
Eppure ancora più viva ci rimane in
cuore e nel pensiero la m'siria delle
malattie. Un’epidemia di meningite ha
distrutto molta gente nelle montagna
isolate. Una suora si occupa degli orfani di madre, aiutata da donne afri
cane che li curano per due anni, seguendo in tal modo l’uso indigeno:
fino ai due anni i piccoli dipendono
dalla madre, poi il clan se li riprende.
Parecchi fanciulli, nutriti, curati e
amati a Nakoli, tornati nei loro villaggi muoiono di stenti e disperazione.
Gli africani ci danno, da un lato,
begli esempi di vita autenticamente
comunitaria; ma tutti devono seguire
la tradizione, che a volte non è altro
che usanze e tabù. Soltanto Cristo,
liberandoci dalla schiavitù delle nostre abitudini e delle nostre usanze, ci
fa veramente liberi; e, radicati nel suo
amore, possiamo mettere in comune
ciò che abbiamo, vivere come una comunità vera, alla sua presenza.
Ma i missionari sono pochissimi.
Due suore dirigono l’ospedale centrale di Sira, ma soltanto una volta per
settimana, il venerdì, apre le porte
l’ambulatorio perduto nell’immensa
savana: una lunga fila di malati e di
feriti vi si recano a piedi (quando lo
possono), camminando per dieci, venti, fino a quaranta chilometri in cerca
di quel debole aiuto...
La scuola attira i giovani africani.
Purtroppo sono spesso i genitori a
impedir loro di frequentarla. Soprattutto i più anziani si rendono conto del
pericolo racchiuso nell’ins:gnamento,
che non tarderà a sco.,volgere la loro
società ancora assai primitiva.
Qual parte di responsabilità personale assumiamo nel gran campo del
mondo, di cui Cristo è il padrone?
Intenso è stato il momento in cui
Guido Qdin offrì al suo amico il dono
di mezzo milione di lire raccolte in
memoria della sua Vera: offerte per
le missioni che lavorano fianco a fianco in gran semplicità, prive di tutte
le comodità di cui godiamo. Pére Alain,
che va a cercare T’acqua con la jeep
a 8 km. di distanza, ha deciso di utilizzare il dono per la costruzione di
un pozzo a Sira, che diventerà fonte
viva per neri e bianchi. Il missionario,
che è francese di Lille, dopo un periodo di relativo riposo sta per riprendere la missione fra i kirdi. Restiamo
uniti nella fede vissuta e fraterna che
abbiamo avvertito nella sua presenza,
come un segno tangibile del’o Spirito
di Dio. Gesù ha detto: « Chi beve dell’acqua che io darò, non avrà mai più
sete; anzi, l’acqua che darò diventerà
in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna ». Signore, dacci di
quest’acqua.
Graziella Jalla
iiiiiiiiiiiii!iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!iiiiiiiiiiiiiiiii!iimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi:ii!miiiiiiiiiiiiiiii:iiiMiiiiii
A Mola di Bari con padre Balducci
e con i cattolici del (Ussenso
Quando da noi arriva il « personaggio » non
bisogna perdere l’occasione. Infatti la mattina del 29-12-71 ci ritrovammo a Mola, in
compagnia del Collega Enrico Corsani e di un
salone gremito, fervente nell’attesa, attentissimo nell’ascolto.
La conferenza il cui tema era tutto un programma « Fede ed impegno nella storia » fu
più che altro r::a ccr.-. crsaz: ,.ie che emanava
di una preparazione teologica aggiornata e da
una passione sofferta, abbastanza choquante
per quella parte di pubblico venuta, come chi
scrive, più per l’informazione o per pura
curiosità. Padre Balducci affascina quando
parla, la compiaciuta parlata toscana e il gusto di épater l’uditore per meglio portarlo nel
giro del suo ragionare, come un fiume, che
trascina come il Giorgio Bouchard che noi
evangelici ascoltiamo sempre volentieri e del
quale non ci dispiace affatto la marcata verve
piemontese.
Ho colto alcune frasi che fuori del contesto
sarebbero bastate in altri tempi al redivivo Savonarola a preparargli un bel rogo in piazza
della Signoria. Vale la pena di riferirne alcune. . « Quando non ci saranno più Chiese,
fumanità avrà fatto un passo avanti, perché
allora comincerà la fede come vita e come
im pegno personale. » Ed ancora : « Cristo non
era un anticlericale quando avvertì i discepoli
soggiogati dalla mole del Tempio, che il Tempio un giorno sarebbe scomparso: fu una constatazione di carattere profetico ». « 1 Profeti
sono stati sempre i guasta feste della religione
istituzionalizzata, basta pensare ad Amos ».
La conversazione del quarantenne Balducci
era stata preceduta da una appropriata lettura
del testo evangelico (Matteo cap. 10 vv. 23-41)
fatta da un prete operaio in abiti civili, il quale poi fece la presentazione dei gruppi ecclesiali cioè delle varie frange del dissenso pugliese: la donna attempata e casalinga sedeva
accanto all’intellettuale, per cui mi è sembrato di trovarmi rilanciato nel tempo, qualcosa come quarant’anni fa, ai nostri primi convegni della gioventù evangelica. Il Collega
Bertin ne era un tenace animatore; poi quei
convegni sono andati man mano scemando di
tono, di mordente e di partecipazione giovanile. Certamente perché non c’era più niente
da dire se non da teorizzare. A Mola invece i
respornsahili provenienti da Lavello, da Altamura, da Triggiano e da Conversano riferivano con entusiasmo comunicativo dell’origine
del proprio gruppo sorto sempre alla luce di
una più attenta lettura dell’Evangelo e fiorito
nel campo della contestazione socio-economica
o di marca prettamente sindacale (ACUÌ) e
delle difficoltà da superare per via del conformismo e della sorda lotta elericale.
Che cosa vi era di nuovo per noi evangelici,
calati di colpo in questa nuova realtà mai prima d’ora conosciuta? Di nuovo e perciò di positivo: il linguaggio della franchezza che ogni
creatura può acquisire per la via della ricerca
personale, accostandosi alTEvangelo. Esso è
spada che divide e perciò porta alla scelta.
r< La vostra esperienza — disse Padre Balducci __è come un salto qualitativo di valore uni
versale per la Chiesa di domani che non im
Abbiamo dato notizia, nello scorso
numero, dei singolarissimo caso giudiziario del pastore francese René Cruse, e cioè quello di essere stato denunciato per aver fatto propaganda ad
una legge approvata dal paramento.
Si tratta della legge fra cese sull'obiezione di coscienza (peraltro molto parziale e punitiva), della quale non si
può appunto fare propaganda, secondo un articolo del codice del servizio
naziona'e. La cosa ha ispirato un articolo su «Réforme» a P. J. D slandes
che riportiamo parzialmente qui sotto.
...L’assurdità di tale incrim'nazione
.. tocca improv visamente il grosso pub
blico: ora si sa che un obiettore di coscienza deve raddoppiare la durata de'
suo servizio; si sa che la qualifica di
obiettore non gli verrà rico losciuta se
avrà l’onestà di far presente che la
sua è una obiezione politica (pare an
zi che attualmente TautorÌLà militare
preferisca riformare i gio, ani mal
pensanti supposti, piuttosto c’ e abilitarli al servizio).
Decisione assurda anche per se stes
sa, questa incriminazione ha, in effet
ti, un significato politico che ci riguarda tutti quanti. In questa questione
non viene colpito solo il giovane interessato, ma anche, e nello stesso mo
do, il cristiano. Un giorno Reré Crusa
mi ha detto: « A coloro che mi rimproverano il mio impegno po'itico,
ch'eia se il m'o combattimento è contrario allo spirito de'VEvangelo. Ma
nessu'co osa rispondermi ».
Ecco lo scandalo agli occhi delle autorità: proclamarsi cristiano e denunciare la corsa agli armamenti unitamente alla parte preponderante che vi
ha il nostro paese in campo internazionale; proclamarsi crisfano e anda
re sul terreno, a fianco dei contadini
che si oppongono all’accaparramento
delle loro terre sul plateau d’Albion o
sulla causse del Larzac; proclamarsi
cristiano e trovarsi in prima fila nelle manifestazioni a favore dei lavoratori immigrati minacciati di espulsione.
Per parecchio tempo, in una Chiesa assopita, gli uomini come René
Cruse sono stati molto soli. Allora,
non disturbavano. Ma la Icro azione
perseverante trova oggi il cammino
della nostra fede. L’alleanza fra la
Ch’esa ed i poteri costituiti si sta
sgretolando: ecco quello che agita gli
uomini d’ordine. Essi cercano i colpevoli e cercano di incutere paura: in
questo modo essi stessi, senza volerlo
indicano degli atti esemplari.
Mi ha commosso, qualche settimana fa, lo scritto di Henri Capieu cho
ha qui espresso il suo dispiacere d'
non aver gridato abbastanza forte la
sua denuncia delle torture in Algeria.
La lezione deve essere capita. E ben
vero che a quell’epoca lo stesso Michel Debré (n.d.r.: il ministro francese della giustizia) che oggi incolpa Re
né Cruse avrebbe allora perseguito il
pastore Capieu,. come parecchi altri,
per divulgazione di notizie false e pe.'
attentato al morale dell’esercito.
I lettori ci scrivono
porta sapere fin d’ora come si sagomerà ». E
pertanto il nuovo, di cui siamo stati testimoni
a Mola, diventa come un inquietante interrogativo al quale non è troppo-facile rispondere.
Noi gli eredi di Valdo, i figli dell’evangelizzazione, acquartierati nelle nostre Chiese ci
facciamo la figura di « beati possidentes » che
non commerciano i talenti ricevuti e non
traggono le conseguenze di un hen chiaro mandato perché qualcosa è mancato come all’infingardo : fiducia nel Signore ovvero paura di
rischiare, di viverla in mezzo agli uomini questa nostra fede. Mi sto chiedendo se nel cattolicesimo del dissenso non vi sia come la
verifica del Signore alla pigrizia accoppiata ad
uno stato di sufficienza che caratterizza da un
ventennio, l’evangelismo. Perché avemmo,
negli anni ’50, il nostro Carlo Lupo che ci
additava nei Gruppi del Vangelo la via a
quel risveglio che potrebbe ancora verificarsi.
Ma il Vangelo va letto nel contesto storico, se
no diventa anch’esso accademia per pochi iniziati.
Ora il Signore, che è lo Spirito, se il nostro
orecchio non è chiuso all ascolto, ci fa udire
un suono inconfondibile. Nella Sua sovranità
si sta servendo proprio dei nostri fratelli cattolici, quasi come a dirci che lo Spirito Sanio non si lascia affatto pianificare dagli uomini.
G. E. Ca.sticlione
llllllllllllllllllllllllllllllllllllllffllfffflfffffflfffffffffffffflll'
Contro la legge
detentiva
in Sudafrica
Degli anglicani, dei cattolici romani
e degli ebrei partecipanti a una serie
di pubbliche manifestazioni contro la
legge che, in Sudafrica, autorizza l’arbitraria detenzione dei sospetti, hanno
espresso la loro protesta contro tale
arbitrio.
Alla prima manifestazione organizzata nella città di Durban da un nuovo gruppo d’azione cittadino hanno
preso parte l’arcivescovo cattolico della città, il vescovo anglicano, l’arcidiacono anglicano e il rabbino che sono
poi stati raggiunti dallo scrittore A.
Patón, dai rappresentanti delle comunità quacchera e mussulmana, da suore cattoliche, da studenti e da rappresentanti di altre categorie cittadine.
Frattanto, a Pretoria è stato annunciato che il ricorso del decano anglicano French Beytagh inizierà a Bloemfontein il 21 febbraio prossimo. Il de
cano è stato condannato a cinque anni di prigione dopo essere stato accusato di incitamento alla violenza e per
invio di fondi a persone e a organizzazioni colpite dalla messa al bando.
(bip-snop)
Caro direttore.
Leggo su « Eco/La Luce » del 10 dicembre un ennesimo commento sulla situazione del Vicino Oriente per la penna
del collaboratore regolare del settimanale
Roberto Peyrot. Non è il primo e su molto
di quanto afferma vi sarebbe da ridire, sia
ora che in passato. Comincio dalla fine :
Israele sarebbe intransigente per il suo rifiuto di sgomberare i territori occupati
con la forza, frase ripetuta appunto più
volte anche in passato. È esatto? Risulta
che uno sgombero del genere richiede una
trattativa almeno suUe sue modalità, ma
gli Arabi si sono costantemente rifiutati di
accedere ad ogni trattativa, perfino su
questo punto, ben consci della loro superiorità quantitativa se non qualitativa; questa, se permette ad Israele di vincere delle
battaglie, non conduce mai ad una pace,
ma solo a degli armistizi. È da questa posizione di forza che le nazioni arabe confinanti con Israele traggono il loro atteggiamento politico : perché negoziare, se,
tanto, Israele non potrebbe fisicamente andare più avanti? La frase continuamente
ripetuta dalle autorità israeliane : « Ogni
argomento è negoziabile », viene ignorata,
sia dagli Arabi per le ragioni suddette, sia
dal Peyrot per cause che non conosco. Anche la Cecoslovacchia, accusata nel 1938
di « occupare » il territorio di 2 milioni di
tedeschi, territorio per altro indispensabile
alla sua sicurezza, ne rifiutò dapprima lo
sgombero, finché non vi venne obbligata
dalle grandi potenze di aUora. Quello che
segui è noto. La situazione non è molto
diversa oggi nel Vicino Oriente : scoppiata
la guerra nel 1967 per la denuncia unilaterale da parte dell’Egitto dell’armistizio
del 1956, Israele si trova ad avere in suo
possesso precario (di annessioni non si è
mai parlato, salvo per la parte orientale di
Gerusalemme, la quale per altro rientra
negli elementi negoziabili) una serie di
territori abitati completamente da Arabi.
Strana cosa, l’Egitto insiste sul Sinai, che,
a parte alcune poche località costiere, è
praticamente disabitato. « Sacro suolo della
patria'? » La risoluzione del novembre 1967
del Consiglio di Sicurezza, a parte il fatto
di essere il prodotto di una compromesso e
che, se un po’ di tempo ancora, finirà per
essere completamente anacronistica, prevede lo sgombero dei territori occupati da
Israele, il riconoscimento d’Israele da parte
dei paesi arabi, ma anche certe rettifiche
delle frontiere per rendere queste sicure.
Si tratta dunque di un piano globale, non
di un piano applicabile a rate, e per applicarlo le parti interessate dovranno entrare
in trattative, altra alternativa non c’è, a
meno che il Peyrot non desideri che se
ne occupino le grandi potenze di oggi,
cosa di cui ho ragione di dubitare. La mediazione Jarring è appunto una mediazione; il mediatore « media » (scusa le tautologie, ma sono necessarie), non agisce
in proprio; è quello che ha fatto Jarring in
un messaggio al quale Israele non ha risposto perché andava oltre i poteri del mediatore (febbraio 1971).
In quanto agli Ebrei georgiani, si tratta
di un caso particolarmente strano. Il Peyrot segnala che 50, forse 100 famiglie immigrate in Israele vorrebbero tornare in
Georgia; il totale dei Georgiani in Israele
ammonterebbe a 2 mila. Non è facile fare
delle statistiche in questa maniera; va
detto : (t Su X immigranti, y desiderano
tornare », ovvero « su x famiglie..., y desiderano... etc », altrimenti non è facile
calcolare le percentuali. In ogni caso sembrerebbe trattarsi di una percentuale esigua, mentre scarterei l’ipotesi degli « agenti », un comodo rifugio di chi non riesce
a spiegare un fenomeno politico sconcertante. Ma la spiegazione è semplice. Gli
Ebrei georgiani sono vissuti sempre come
entità a parte nella Russia zarista prima,
in quella Sovietica poi, senza cioè contatti
con quelli delTEuropa orientale se non in
forma precaria. Completamente assimilati
alla popolazione (la cosa non fa onore ai
Polacchi, ai Russi Bianchi, agli Ucraini),
venivano da essa difesi all’epoca dei pogroms, hanno potuto vivere più o meno in
pace anche sotto il regime sovietico. Poiché però la propaganda antiebraica degli
ultimi decenni ha fatto paura anche ad
alcuni di loro, ecco che si sono decisi a
immigrare in Israele. Là due difficoltà di
fondo : da un lato il ministero dell’immigrazione che ha cercato di disperdere un
gruppo molto omogeneo, sperando di affrettarne l’assimilazione, un evidente errore; dall’altro il fatto che si trattava di piccoli commercianti, venditori ambulanti
etc., che in Israele non potevano più
esercitare questo mestiere e dovevano scegliere tra l’industria e l’agricoltura. Di lì
notevoli difficoltà di adattamento per alcuni, di cui una minoranza ha chiesto, a
quanto pare, di tornare nella patria d’origine.
L’Agudat Israel è un partito religioso
con 4 seggi al parlamento israeliano e con
gruppi anche in seno all’ebraismo della diaspora. Non è dunque un’organizzazione
americana. I partiti rehgiosi hanno sempre accusato il governo israeliano di non
essere abbastanza osservante e dalla sparizione progressiva di questi partiti (comunque una scarsa minoranza) dipende
molto del futuro d’Israele come Stato democratico e quindi laico.
Si tratta di piccole, ma importanti rettifiche, per le quali ti ringrazio cordialmente.
Alberto Socgin
Il fatto di commentare una « ennesima
volta » la situazione arabo-israeliana non
mi pare una « colpa »: non tutti i lettori,
al pari di Alberto Soggin, hanno la possibilità di seguirla nei dettagli.
Mi è parso interessante segnalare la richiesta degli ebrei di rientrare in URSS,
proprio perché a suo tempo (e mi scuso se
mi cito) abbiamo dato notizie e commentato « la situazione degli ebrei in URSS, le
loro domande di poter emigrare in Israele,
i processi subiti a Leningrado per i tentativi di espatrio ».
Circa la percentuale dei postulanti —
contrariamente a quanto pensa Soggin
è più che notevole, infatti, secondo i dati
forniti dalle agenzie AFP, AP e UPI, le
50 e forse 100 famiglie che vogliono rientrare in Russia fanno parte del gruppo
dei duemila ebrei georgiani ripartito in
200 famiglie. Se ne ricava una percentuale
che oscilla da un 25 a un 50 per cento.
Che TAgudat Israel sia un partito religioso non lo metto in dubbio. Ma è altrettanto certo che afferma di contare
75.000 membri in America, dove ha appunto tenuto il suo congresso ad Atlantic
City.
Certamente le autorità israeliane ripetono ogni momento che ogni argomento è
negoziabile, ma la cosa viene smentita dai
fatti. Le continue intimazioni delVONU
(che, bene o male, rappresenta gran parte della comunità mondiale) di sgomberare i territori occupati sono del tutto ignorate da Israele. Le ultime corrispondenze
degli inviati speciali dicono che secondo la
« colomba » Eban le alture di Qolan sono
essenziali per la sicurezza dei vicini territori israeliani. E sia sulle alture di Golan
come nel Sinai vengono costruite a tutto
spiano fattorie paramilitari: altruismo
israeliano in previsione di regalarle agli
arabi?
Che le nazioni arabe confinanti con
Israele traggano il loro atteggiamento dalla « loro posizione di forza» a carattere
quantitativo mi pare piuttosto arduo da
sostenere. Molti israeliani ritengono che la
eventuale prossima guerra (che Sadat,
malgrado le « promesse » si è ben guardato dallo scatenare a tutt’oggi) sarà
« vinta » al massimo in duef tre giorni.
R. P.
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pag. 4
N. 3 — 21 gennaio 1972
Cronaca delle Valli
Torre Pollice; inchiesta NOTIZIE DA ANGROGNA
nella scuola media statale
Il problema dell'insegnamento della religione nelle scuole statali pone dei
grossi problemi: problemi che gli stessi ragazzi avvertono. Spesso, perlomeno
da quando alle Valli esiste questa possibilità di insegnare religione nelle scuole
statali, si è considerato questo fatto in senso assolutamente positivo, come una
possibilità benvenuta per infondere nei ragazzi un altro po’ di catechismo: ciò
che non si ha tempo di fare a catechismo, lo si fa a scuola, dove la frequenza è obbligatoria. Molti ragazzi protestano: la religione non può in modo alcuno essere una materia d’insegnamento obbligatorio, come la storia o la matematica. Ed hanno ragione. D’altra parte, tenendo presente la situazione culturale fortemente sottosviluppata, in particolar modo per quanto riguarda i
problemi relativi alla religione, all’esistenza della propria chiesa, è giusto che
si rifiuti aprioristicamente la possibilità di prendere contatto con i ragazzi, discutere con loro questi problemi, chiarirli?
Se è vero che la nostra chiesa non potrà mai costringere i pastori ad insegnare religione nelle scuole statali, un rifiuto motivato solo teoricamente, senza che prima si sia parlato con i ragazzi e discusso con loro la cosa rischia di
leggerezza. Il problema rimane aperto; cercheremo in una serie di brevi articoli di presentare il punto di vista di un gruppo di ragazzi su questo ed altri
problemi che sono quanto mai attuali e critici. Un’inchiesta che è stata fatta
in questi giorni alla scuola media statale di Torre Pellice ci offre lo spunto per
questo discorso. Ogni intervento costruttivo sarà il benvenuto.
« Ritieni giusto che vi siano kzloni
di religione in una scuola statale? ».
Questa una delle domande a cui hanno risposto 42 alunni della scuola me
dia Leonardo Da Vinci. E questa una
delle risposte: «No, perché al di fro
ri della scuola noi abbiamo modo di
approfondire le nostre conoscenze in
questo campo con il catechismo e la
scuola domenicale ».
Per un pastore, o chi per lui insegni
religione in una scuola statale, una
risposta di questo tono non può non
richiamare la sua attenzione e condurre ad una seria riflessione. Per m:
una risposta di questo genere è un
motivo di incoraggiamento. Incoraggiamento non nel voler continuare a
« fare religione » in una scuola statale, beninteso; ma nel senso che questa risposta lascia intendere che, nella sua estrema semplicità, esiste un
interesse, esiste una capacità critica
di riflessione di gran lunga superiore
a chi risponde in modo favorevole all’insegnamento della religione nelle
scuole. Evidentemente a ragazzi di 1314 anni non si può chiedere una visione giuridica dei problemi che l’insegnamento della religione in una
scuola statale può sollevare. In nuce
però questa riflessione è presente.
È lecito in questo caso « costringere » i ragazzi a seguire le lezioni di religione? Non c’è già qui la possibii tà
di creare in loro una vera e propria
avversione al problema religioso? È
un problema molto delicato e che può
avere delle conseguenze ben più gravi di ciò che si pensa generalmente.
D’altra parte queste risposte « negative » sono spesso condizionate dalle esperienze dei ragazzi, tutt’altro che
positive, della scuola domenicale soprattutto e del catechismo. Il non voler « fare lezione di religione » nella
scuola è determinato anche dal fatto
che i ragazzi temono di dover sent're
sempre la stessa musica, come dicono.
« No perché quello che si impara è
superfluo »; « No perché non mi interessa »; « No perché non ne ho vo
glia ». Sono tutte risposte spontanee,
che hanno la loro origine dalle esnerienze della scuola domenicale o del
catechismo, risposte espresse prima
ancora di sapere su quale argomento
si sarebbe discusso nell’« ora di reli
gione ».
In genere le risposte contrarie all’insegnamento della religione nel Li
scuola sono più spontanee, più since
re di altre che sono invece favorevoli; « Si perché così si impara la religione »; «Si servono per sapere la re
ligione, che cosa dice »; « Si servono
ad imparare delle cosette ».
Occorre, infine, tener conto ¿ell’influenza che i ragazzi hanno gli uni verso gli altri; è sintomatico che una
classe abbia risposto a questa domarda rifiutando in blocco le Icz oni di
religione nella scuola, mentre un al r r
si sia in gran parte espressa in modo
favorevole. Su 42 ragazzi che hanno
risposto, 21 si sono dichiarati contra
ri all’insegnamento della religione nella scuola, 20 favorevoli ed uno non ha
saputo rispondere.
Sarebbe interessante poter conoscere il pensiero dei genitori, che cosa
pensino di questo problema, quale sia
la loro responsabilità che un giorno
hanno voluto assumersi quando hanno fatto battezzare i loro figli!
E. G.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiMiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il secolo di Sorba Henry
Masselli: piccolo borgo sulla destra
della Germanasca, addossato alla montagna, all’imboccatura deha valle; il
sole scompare per tre mesi d inverno;
sulla sinistra del fiume ii villaggio
della Lausa: sorge in una zona soleggiata; e per questo, di recente, la striscia di terra tra la provinciale e la
montagna è stata punteggiata di ville moderne come un ricamo perfetto. Qualche anno fa nell’ultima casa
del vecchio borgo della Lausa una sorella varcò il secolo di vita: Bleynat
Giovanna nata Lageard, originaria degli Enfous. Lettrice assidua dell’Eco
delle Valli e della Bibbia fu ricordata
con gioia dalla comunità. L’onore di
aver avuto una centenaria parve « in
gelosire » il villaggio di froiite: difatti
a un tiro di sasso e nella casa più vicina a quella della centenaria sta entrando nel centesimo anno « Barba »
Henry Ribet, nato il 15 gennaio 1872.
Nativo del Clot Boulard vicino al villaggio natale di « Magna Giantoun »
la centenaria, egli vi ha trascorso la
sua infanzia e adolescenza; in gioventù emigrò in Francia dove passò cinque anni in un orfanotrofio del quale
ricorda con riconoscenza i bambini. A
quarant’anni la famiglia costruì l’attuale casa ai Masselli, in prossimità
del ponte. Enrico Ribet è un contadino di « razza » come lo sono ancora
pochi superstiti nei due villaggi e nel
resto della parrocchia: vita grama d’estate, senza orario, la fa lca continua
anche in autunno e inverno con la
raccolta del fogliame e della legna;
nei ritagli di tempo « barba Henry »
ha portato per lunghi anni il latte nelle case di Pomaretto e precisamente
sino a 95 anni. Le vacarne le ha fatte
d’inverno nelle giornate di neve e di
freddo intenso nel chiuso della stalla,
accanto alle mucche valdostane. Qui
incontro « barba Henry »: raggomitolato nel suo giaciglio di foglie dove
preferisce passare le sue giornate invernali rivela ancora quella robustezza e freschezza di mente insolite per
un uomo di quell’età.
Il passato e il presente.
« Barba Henry » ricorda il suo passato: dal villaggio del Clot la domenica mattina scendevano a frotte le
famiglie per recarsi al culto presieduto dal Pastore Pietro Lantaret. Nella
scuoletta del Clot si tenevano le riunioni, sempre affollate. Ai Masselli invece c’era una scuoletta tipo « Beckwith » che durò poco tempo; il vcc
e tre i gruppi giovanili: dei Joùrdan
del Prassuit-Verné e del Serre, i quali
il 19 dicembre, approfittando di una
magnifica giornata di sole, si sono diretti nelle diverse direzioni della Val
le, portando al tempo stesso il loro
messaggio, il loro canto e un po’ di
gioia.
« Delitto al Central Park »
di A. Tarn.
L’altra iniziativa, quella di recitare
un buon lavoro la sera di Natale, è
stata presa dalla Filodrammatica locale, che ormai da diversi anni offre
al suo pubblico dei lavori sempre più
perfezionati dal punto di vista tecnico e sempre più impegnativi dal punto di vista contenutistico, dimostran
do di non voler soltanto divertire, mi
soprattutto far pensare, porre dei prò
b’emi, far emergere dalle si'nazioni
rappresentate le cond’zioni di ciascuno di noi e fare prendere coec'enza a
ciascuno delle proprie responsabilità
.Proprio in questa linea è il lavori
di quest’anno, il cui tema centrale è
la condanna di una persona imputati
iiiiimiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi|iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiM;ii:mi::iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Cronaca di Ferrerò - Maniglia - Massello
In occasione del Natale i giovani di
Angrogna si sono impegnati in modo
particolare in due direzioni: nella vi
sita alle persone anziane della comunità e nel portare sulle scene la commedia « Delitto al Central Park » di
A. Tarn.
Visita alle persone anziane.
Già da parecchi anni l’Unione Giovanile del Serre e di Pradeltorno ave
va preso l’iniziativa di portare alle
persone ultrasettantenni o ammalate
della zona un piccolo dono confezionato dalla Unione Femminile locale,
accompagnandolo con la lettura di al
cuni passi biblici, col canto di qualche inno, talvolta rinforzato dal suo
no delle trombe, e con una preghiera
Un buon gruppo di giovani visitava
così ogni anno tutte le persone anziane della comunità, prendendo contatto con la realtà in cui vivono, a volte così vicino a noi e così lontane dal
nostro pensiero.
Quest’anno, essendo ormai tutta
Angrogna riunita in una sola comunità, l’iniziativa è stata ripresa da tutti
chio locale appartiene al nostro centenario ed è adibito a deposito di attrezzi, oggetti vari di antica data. Qggl la Scuola del Clot « dégringole »
nell’attesa del miracolo che non costi troppo al quartiere. Le riunioni si
tengono in case private; ai Masselli
dal fratello Marchetti Davide ed alla
Lausa da Bleynat Aldo. La più frequentata è quella dei Masselli, soprattutto dalle sorelle, mentre gli uomini
sembrano temere la predica della Pa
rola di Dio. La media dei presenti è
la più alta della parrocchia. Nel com
plesso l’economia dei due villaggi è
buona; alcune famiglie sono generose
verso la chiesa mentre altre meno. Si
attende lo slancio di tutti per aggior
nare le offerte al costo della vita. Speriamo che la patria dei centenari possa esprimere in misura concreta la
riconoscenza al Signore.
« Insegnaci a contare i nostri giorni ».
Rientrando verso casa dai Masselli
riflettevo sulla lunga esistenza di "barba Henry Ribet’’: cento anni di vita,
più ancora della biblica età del salmo 90. Il salmista ricorda la brevità
dei nostri giorni, tessuti d’tffanno, di
crucci, di infedeltà. Per questo dobbiamo imparare a « contare i nostri
giorni per acquistare un cuor savio ».
Non contano cioè gli anni che si è vis
suto ma il valore dei nostri giorni,
quello che abbiamo collocato in quegli anni. Il salmista ci ricorda che il
valore della vita dipende dal modo
con cui ricordiamo la bontà del Signore, dalla testimonianza che dobbiamo dare in ogni momento della nostra vita non dimenticando di leggere,
meditare la Sua Parola e soprattutt.i
viverla con gioia in ogni pensiero e
gesto della nostra vita. Perciò un altro salmista scriveva; « meglio un
giorno nella tua casa. Signore, che
mille altrove »; meglio cioè un giorno
da credenti che mille vissuti senza la
gioia della comunione con Dio e con
il prossimo. Perciò l’affermazione di
’’Barba Henry » che ricordava la discesa domenicale dei pariocchiani de!
Clot verso il tempio aveva un valore
profondo: soltanto la Parola dava un
senso alla vita dei villaggi.
La Comunità di Pomaretto invia un
pensiero augurale a ’’barba Heni'y Ribet’’ per il suo ingresso nel centesimo
anno chiedendo a Dio di dargli anco
ra della forza nello Spirito, una serena fiducia nel Signore per il tempo
che Dio vorrà concedergli. G. B.
E deceduto a Massello il fratello
Giovanni Tron delle Porte. Era il decano della Comunità ed aveva 93 anni. Rimane nel ricordo della Comunità come una tipica figura di « vaudois
de la vieille roche». Rinnoii mo alli
famiglia la nostra simpatia.
La famiglia di Raimondo e Nadim
Genre a Maniglia è stata allie ata dal
la nascita della piccola Simona e quella di Beniamino e Graziella Lami di
Massello da quella del picc lo Simone. A Simone e a Simona nonché ai
loro genitori i migliori aug r !
I tre primi turni di riunioni stan
no per concludersi e sono stati in genere ben frequentati. E stato discusso il problema delle finanze, quello
dell’ecumenismo, quello del’e Missioni e della CEVAA, sono state riviste
alcune pagine di storia valdese e la
figura e l’opera di Giovanni Miegge
(a Massello). Nella riunione ci quartiere si ha in genere più vivo il senso
della comunità che nel culto domenicale e questo sembra essere apprezza
to da un buon numero di fr telli.
Le Scuole Domenicali continuano
regolarmente il loro lavoro sotto la
guida solerte delle monitrici. Questa
è, ormai, dappertutto un’attività che
si regge in modo autonomo, sulla ba
se di sole forze laiche della chiesa.
L’Assemblea di chiesa c i Perrero
del 5 dicembre ha approvato uno schema di celebrazioni del XVII Febbraio
leggermente diverso da qi e”o provvisorio della precedente asser b ea, con
la partecipazione delle bandiere a'
corteo, per chi le vuole, ma senza invito all’agape delle autorità ron vaidesi.
L’Assemblea di Chiesa del 16 gennaio ha invece proceduto all’e'ezioie
degli anziani e diaconi dei quartieri
che ne erano sprovvisti. Per il quartiere del Crosetto è stato e e to il fratello Eli Peyrot; per quello del Forengo, il fratello Aldo Tron; per quello
del Bessé, il fratello Roberto Massel;
diacono di Maniglia, il fratello Guido
Micol. Mentre auguriamo a q resti di
poter svolgere un proficuo lavoro di
edificazione nella Comunità, ringraziamo sentitamente i Fratelli Luigi Bounous del Crosetto e Edmondo Pasca'
La FilodrammaUca di Angrogna rappresenterà satato 22
gennaio alle ore 20,45 nel a Sala
Albarin di S. Giovanni : « De
litio al Central Park». Un cordiale invito a tutti.
del Forengo per i lunghi anni di servizio come anziani dei loro quartieri.
Le celebrazioni natalizie h nno avuto il loro ritmo solito, purtroppo con
le riduzioni imposte dallo spopolamento. In tutte le Comunità il culto
ha raccolto un numero superiore di
Fratelli rispetto alle domeniche ordinarie — forse che a Natale si adora
un Signore diverso? perché gli altri
culti sono così poco frequentati? —;
le feste dei bambini hanno avuto luogo a Massello, Ferrerò e Maniglia,
mentre non è più stato pos:^ibile organizzarne una a Roda re'tc-Fontane.
Ringraziamo molto i fratelli Bruno
Rostagno e Giosuè Ribet che ci hanno
rivolto i loro messaggi e presieduto
i nostri culti, testimoniando, il primo,
della volontà di collaberazicne con le
comunità della Valle da parte della
Comunità di Agape; cd il se ondo, di
un servizio prezioso svolto nel quadro
dell’anzianato che andrebba maggiormente diffuso. Un grazie anche ai
trombettieri di Pomar.tto per la loro
collaborazione in occasione della fe
sta dei bambini a Maniglia e Massello.
Ringraziamo anche il Pastore Roberto Jahier per la sua visita a Ferrerò e
a Massello, con la proiezione di un
documentario sulla vita di Enrico Arnaud, re.ilizzato attraverso una riusc ta e ricca serie di diapositive che di
mostrano come anche la fotografi.
possa essere un utile servizio per rivedere la nostra storia e, in fondo, an
che, per testimoniare della nostr i
fede.
Un ringraziamento per la stessa ra
gione rivolgiamo al pastore Cipriano
Tourn per la proiezione a Ferrerò del
suo documentario su « come i nostri
padri hanno trascorso la loro adoie
scenza ». Un ringraziamento anticipa
to per la proiezione dello stesso di
questa domenica, 23 gennaio, a Mas
sello.
La sala delle attività di Ferrerò è
stata dotata di un impianto di riscaldamento ad acqua, in sostituzione del
la deviazione del riscaldamento al
aria del tempio, che essiccava l’aria ii
modo tale da rendere troppo secche
anche Is migliori corde volali.
c. t.
di omicidio senza che le accuse siano
sufficientemente provate. Su questo argomento i personaggi in scena, altrettanti giudici popolari di un tribunale di New York, imperniano la loro
discussione: la maggioranza di essi,
servilmente accodati agli interessi de
due « pezzi grossi » della compagnia,
affermano la colpevolezza dell’imputato senza esitazione, ma tre persone
non convinte dell’accusa, vogliono an
dare a fondo della faccenda e sviscerare la questione. Riusciti a conquistare la maggioranza adducendo i lo
ro dubbi sulle prove determinanti l’aecusa, i « pezzi grossi », fino allora piuttosto silenziosi, passano all’oifensiva
minacciando e letteralmente costrin
gendo due dei tre oppositori a desi
stere dalla ricerca della verità, ma i
terzo non si lascia impaurire dalle loro intimidazioni, anche se sa che la
pagherà cara, come già altre volte l’h i
pagata, e butta loro in faccia tutti i
suoi sospetti sulla loro decisione di
togliere di mezzo una persona scorno
da. Resistendo sa benissimo che non
potrà salvare un uomo innocente, m :
la sua è una vittoria morale, una lezione di coraggio di fronte a chi non
può non essere « un cittadino al d
sopra di ogni sospetto ».
Veniva in mente in quel momento il
film « Sacco e Vanzetti »: sempre
esempi di innocenza punita e di vilt'i
premiata, proprio al contrario di
quanto una certa morale ha cercat >
di insegnarci, rivelandosi poi lettera
morta nel vivo della società e dell :
vita quotidiana, fatta di amare de'u
sioni, per cui i più furbi la spuntano
e i più onesti la scontano.
E proprio alla colonna sonora de!
film « Sacco e Vanzetti » si sono riferiti i giovani della Filodrammatica per
trarne un canto eseguito come coro
namento al finale della loro commedia, mentre, sempre per restare ne'
tema, all’inizio avevano cantato « Le
prisonnier de Saluce », legato al pe
riodo della persecuzione dei Valdesdel 1686, e a metà della rappresentazione un canto ispirato all’esi cuzione
di Sante Caserio, accusato di aver uc
ciso Sadì Carnot, presidente cella re
pubblica francese, nel 1894.
Un lavoro da vedere, insomma, poiché ci rendiamo conto di tut e le ingiustizie che capitano intorno a no
e sappiamo affrontarle con maggioro
coraggio e responsabilità.
F. C.
tiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii.i!:iiimiiii;iimi<miiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
Funerali pagani
Le Unioni giovanili del PrassuitVerné e dei Jourdan, dopo aver constatato e discusso il modo in cui avvengono i funerali nelle varie comu
nità delle Valli, dopo aver preso atto
dei numerosi quanto inutili appelli di
alcuni pastori e Conferenze Distrettuali, dei Concistori delle Valli (1970),
ripropongono all’attenzione delle no
stre comunità questo problema, nella
speranza che i pastori in primo luogo e quindi i membri di chiesa si sforzino di ricercare una più autentica testimonianza evangelica.
Senza voler risalire più in su nella
storia, sarà bene ricordare ancora una
volta le prime disposizioni a questo
riguardo, date dai Sinodi della nostra
chiesa. Dagli « Actes des Synodes des
Eglises Vaudoises », risulta che il primo Sinodo che si sia occupato dei funerali risale al 1801. « Les Députés
ayant demandé au nom des Eglises
que les Pasteurs fissent des discours
pieux et instructifs sur les cimitières,
l’Assemblée leur a accordé leur de
mande, dans les lieux pourtant qui ni
seront pas bien éloignés de l’habitation des Pasteurs, et pour les chefs de
famille seulement» (17). Corne si vede, i pastori furono « autorizzati » ad
annunciare la parola di Dio, in cimi
tero, soltanto in occasione dell’inumazione dei capi famiglia. Altre precisa
zioni vennero ad aggiungersi con il Si
nodo del 1823 (8 d) e del 1844 in cui è
detto esplicitamente che: « Le Synode
décrète qu'il sera facultatif aux Pas
teurs et obligatoire aux Régents de li
re la liturgie funèbre sur les cimitières » (25). Dunque, la presenza dei
pastori ai funerali era facoltativa; era
sufficiente ed obbligatoria quella dei
Régents.
I nostri bollettini di chiesa hanno
ripreso più volte questo argomento: i'
pastore R. Jahier aveva dedicato un
lungo articolo sull’« Impegno »; nell’ultimo numero è apparso ancora un
altro richiamo. Ciononostante continuiamo ad assistere a dei funerali chi
sono delle vere e proprie forme di pa
gancsimo. Le nostre Unioni giovanili
propongono quindi, senza riserve, 11
abolizione dei cortei funebri ingiustificabili da un punto di vista evangeli
co. Spesso questi cortei non mettono
in mostra che una superficialità, una
indifferenza, che si esprimono in pet
tegolezzi, in esibizionismo, senza rspettare in fondo il dolore autentic )
di chi soffre. Sono in definitiva un at
to di presenza per giustificare il passato ed il futuro disinteresse per la
famiglia in lutto. Se non si è fatto
nulla prima e nulla si farà dopo per
dimostrare la propria solidarietà cri
stiana con la famiglia che è in lutto,
la presenza in occasione del funerali
è priva di significato. Non si viene
certamente lì per ascoltare l’Evangelo. Perché allora non si va in chiesa?
Perché i locali di culto sono deserti
normalmente, mentre in occasione di
funerali sono pieni zeppi? Si va per
il morto, non per udire la predicazione dell’Evangelo. Nella Bibbia però è
scritto che Dio è l’Iddio dei viventi,
non dei morti.
Per quanto riguarda lo spreco di da
naro in corone, fiori ecc. non si può
far altro che aggiungere che ciò è il
frutto di una mancanza di fece; è triste scoprire che numerose famiglie
danno malvolentieri 1000 lire per la
chiesa mentre spendono senza esitazione decine di migliaia di lire in corone e fiori, per offrire al defunto un
funerale di prima classe. Questo non
sostituisce la fede né è dimos razione
di affetto verso chi non c’è più. Spesso è un voler proiettare nel presente
ciò che non si è saputo dare duran
te la vita di chi è morto.
Le bandiere, i gagliardetti, non fanno altro che appesantire ancora di
più la cosa, incrementare il carattere
pagano del funerale.
Vorremmo infine evidenziare tre
punti che ci sembrano importanti.
1. Pensare di onorare il morto è una
cosa assolutamente priva di senso
per noi evangelici; se la nostra fede
si fonda sulla Resurrezione di Cristo,
la morte non è qualcosa di definitivo
ma è una tappa provvisoria. L’onore
lo si rende ai vivi, non ai morii.
2. Abbiamo già detto che il modo
con cui si cerca di esternare la prò
pria simpatia alla famiglia in lutto è spesso l’atto con cui si vuole giustificare la propria presenza c sbarazzarsi in un momento delle eventuali
responsabilità passate e future verso
quella famiglia. L’espressione delLi
propria simpatia cristiana la si può
dimostrare ed attualizzare in un altro momento ed in altre occasioni chi
non siano quella del funerale.
3. Infine rileviamo che la parte ri
servata al pastore, vale a dire l’annundella Resurrezione, che non sempre
avviene in modo evangelicamente corretto (spesso certi pastori si limitano
ad un panegirico del morto lasciando
in ombra le parola sulla Resurrezione), debba essere rivista. Il pastore
può benissimo recare alla famiglia in
lutto l’annuncio della speranza cristiana, in un giorno che non sia quello
del seppellimento.
Le Unioni giovanili del Prassuit
Verné e dei Jourdan
5
21 gennaio 1972 — N. 3
pag. 5
*^Fui malato...
Emarginati
Fra gli emarginati vi sono, senza dubbio, i malati. Il fatto appare evidente per i malati mentali, in
situazioni così drammatiche che,
portate dinanzi all'opinione pubblica, hanno cominciato a smuovere qualcosa nella struttura assistenziale che la società dedica loro. Ma
ogni malato è, in qualche modo,
un emarginato: il suo stato stesso
sembra forzarlo in questa condizione, messo per poco o per molto,
talvolta per sempre in disparte rispetto al grande flusso della “vita
attiva". Anche il malato più teneramente e accuratamente assistito, il malato esigente che polarizza intorno a sé, talvolta, la vita
di una famiglia, resta pur sempre
un emarginato. Ed è questo un elemento non minimo, anche se magari inconscio, del suo patire. Gli
occhi del malato che vedono il sano allontanarsi, dopo una visita,
sono eloquenti.
Il malato è un emarginato anche
nella chiesa. Certo, essa si è sforzata e si sforza di non dimenticare
l’attività ospedaliera, nella misura
delle sue forze; molti credenti sono impegnati vocazionalmente nell’attività sanitaria; le visite fra gli
ammalati sono fra le non molte vìsite che i pastori, presi da tanti
impegni, ancora fanno con più impegno e regolarità, e non è piccolo
il numero di membri delle chiese i
quali avvertono forten-iente l’es’genza di essere in modo fraterno,
perseverante accanto a chi soffre.
Ma questo — ed è pur sempre poco, se si considera l'universo della
malattia — intacca veramente la
sostanza della emarginazione fìsica
e spirituale del malato, la realtà
della sofferenza che si affronta da
soli? Per quanto animati di sim-patia, nel senso più forte e profondo,
riusciamo a soffrire veramente per
un altro, con un altro? O meglio —
poiché questo è pur possibile, in
qualche misura — non sperimentiamo continuamente che la nostra
più calda e sofferta simpatia è impotente? Siamo a mani vuote, incapaci di vincere la sofferenza, temporanea e duratura, del fratello.
Ma qualcuno ha potuto. Gli evangeli ci dicono quanto del suo tempo, di se stesso, e con quanta efficacia Gesù abbia dato ai malati che
in folla venivano a lui o gli erano
portati, o che incontrava nel suo
andare quotidiano; e la Bibbia intera ci annuncia la portata della
sua sofferenza e della sua morte
per noi, poiché egli si è caricato le
nostre malattie come i nostri peccati. Gesù Cristo è il solo che vinca l’emarginazione del malato: in
modi talvolta misteriosi, spesso
non percepibili, ma la vince. Se
dunque non testimonia di lui al malato, la nostra simpatia lo defrauda
del solo che può e vuole riscattarlo
dalla sua condiz.ione. Testimonianza ardua, di fronte allo sguardo di
chi soffre.
Da tempo si pensava di ovviare
a questa grave carenza, nel nostro
lavoro redazionale: poiché, fratelli
che siete stati o siete malati, la vostra sofferenza è stata emarginata
dalle nostre colonne, come lo è
quasi totalmente dalla riflessione e
dalla predicazione della chiesa, dai
culti radiotrasmessi la domenica
mattina, dalle pubblicazioni delle
editrici evangeliche Ci siamo troppo dimenticati che Gesù non vi
emarginava. D'ora innanzi ci ritroveremo qui, ogni settimana. Molto
semplicemente e umilmente; non
per dare a chi non ha, ma per ricevere irniente dal solo che ha e che
da; per cercare insieme, e insieme
chiedergli; poiché siete non oggetto di una 'cappellania', ma parte
integrante della comunità che si
volge al suo Salvatore e Signore
per averne vita.
Vita, problemi, prospettive delle chiese valdesi
E In occasione della «domenica della Missione» (30 gennaio)
Il nostro posto nella CEVAA
Dopo 150 anni di attività, la Società delle Missioni di Parigi rinasce come Comunità Evangelica di Azione Apostolica
= QUELLO CHE È CAMBIATO
E L - L'iniziativa non è più lasciata agli individui e a singoÉ le Comunità ma alla Chiesa nel suo insieme.
= 2. - La Direzione dell'Opera non è più nelle mani delle
= Chiese Europee, ma del Consiglio della Comunità, do= ve i rappresentanti di tutte le chiese membri siedono
E a titolo uguale.
= 3. - L’invio dei Missionari non è più a senso unico: Euro
= pa — > III Mondo, ma a doppio senso: Europa —> III
E Mondo, e III Mondo — > Europa.
= 4. - È iniziata una Ricerca Comune del modo migliore per
= rendere la predicazione e la testimonianza cristiana
= comprensibili al mondo di oggi, e alle varie culture,
E nelle varie situazioni.
QUELLO CHE NON È CAMBIATO
1. - L’obiettivo essenziale rimane l’annuncio dell’Evangelo
di Cristo a tutti i Popoli della Terra in tutti i continenti senza distinzione.
« Andate per tutto il mondo e predicate
l’Evangelo ad ogni creatura »
(Marco 16: 15)
2. - Per questa opera sono necessari:
Uomini e donne chiamati dal Signore a questa opera
di testimonianza, e
Comunità pronte a sostenerli ed aiutarli spiritualmente e materialmente.
« Come udiranno se non vi è chi predichi e
come predicheranno se non sono mandati? »
(Romani 10: 14-15)
Le chiese membri
della comunità
Chiesa Evangelica del Camerún
Unione Battista delle Chiese del Camerún
Chiesa Protestante Metodista del Dahomey e Togo
Le Chiese francesi seguenti:
Chiesa della Confessione di Augsburg
in Alsazia e Lorena
Chiesa Evangelica Luterana Francese
Chiesa Riformata dell’Alsazia e Lorena
Chiesa Riformata di Francia
Unione Nazionale delle Chiese Evangeliche Riformate Francesi
Chiesa Evangelica del Gabon
Chiesa Evangelica del Lesotho
Chiesa Evangelica Valdese
Chiesa Evangelica nella Nuova Caledonia e le Isole Loyalty
Chiesa Evangelica nella Polinesia Francese
Le Chiese Svizzere di lingua francese
che hanno costituito il « Département Missionnaire Romand »
Chiesa Evangelica del Togo
Chiesa Unita dello Zambia
IL NOSTRO IMPEGNO
Per la prima volta la nostra Chiesa,
realizzando còsi concretamente il voto del Sinodo 1971, si è impegnata ufficialmente a contribuire per le spese
della Comunità Evangelica di Azione
Apostolica
■ Lire 4.000.000
e cioè l’equivalente delle spese per
una famiglia missionaria nell’isola di
Tahiti (Oceania).
UNIAMO I NOSTRI SFORZI
per onorare questo nostro impegno,
quale segno di solidarietà coi nostri
inviati e con le chiese sorte nel passata in vari paesi, con la partecipazione
attiva della nostra Chiesa.
ALTRE FORME
DI PARTECIPAZIONE
1. - Pregare regolarmente per le Chie
se della Comunità.
2. - Interessarsi all’opera missionaria
in tutto il mondo, per mezzo della lettura di libri e riviste.
3. - Abbonarsi al « Journal des Mis
sions Evangéliques » e farlo leggere a parenti e amici. Abbonamento annuo L. 1.500 (per pastori
e concistori L. 1.000) presso Roberto Coisson, Via Matteotti 13,
10066 Torre Pellice (Torino).
4. - Raccogliere francobolli usati. (Si
possono mandare a Roberto Coi'sson).
= iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiii
! iiiiiiiiiiiiiiiiimMiiiiimtiniiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi
Gino Conte
I Catanzaro
E II giorno di Natale, in Catanzaro, con
= un’aria dolce e un sole primaverile, l’Evan= gelo dell’incarnazione del Figlio di Dio ha
E riempito di gioia e d’allegrezza la comunità
E valdese riunita per il culto con s. Cena, du= rante il quale il past. Santoro ha predicato
= Giovanni 1,14: a La Parola è stata fatta car
= ne e ha abitato ("ha piantato la sua tenda"!)
E per un tempo fra noi, piena di grazia e di
E verità ». Per fede ne abbiamo ancora contemE piata la gloria.
= Domenica 2 gennaio la fratellanza, seppure
E non al completo, ha partecipato al primo culto
E dell’anno nuovo. Nella predicazione su GiovanE ni 5: 1-16 (« il paralitico di Bethesda ») il paE store ci ha sollecitato ad ascoltare il comando
= di Gesù rivolto anche a noi, a lasciare il peso
= di ogni miseria passata e seguire Colui che è
E l’artefice della nuova creazione.
I LA « FESTA DELL’ALBERO »
= La sera del 6 gennaio nei locali della no“ stra Chiesa Valdese in Catanzaro abbiamo
E avuto, dopo quasi dieci anni, la festa dell’alE bero di Natale. II nostro pastore prima della
E recita ha voluto leggere il capitolo 1° delE l’Evangelo di Giovanni soffermandosi sul verE setto 5° : « La Luce è venuta nel mondo, ma
E le tenebre non l’hanno ricevuta ». Dal palcoE scenico si sono esibiti alunni della Scuola DoE menicale ed i giovani della F.G.E.I. La prima
E parte del programma è stata interpretata abE bastanza bene dai giovani : tre sorelle erano
E vestite da angeli rappresentanti l’Amore, la
= Pace e la Carità e tre fratelli anch’essi erano
S vestiti come l’Odio, la Guerra e la Discordia.
E È stata una bella esibizione come vera testi= monianza evangelica con la vittoria della naE scita di Cristo e con il trionfo del suo Amore.
E La seconda parte è stata fatta dagli alunni
E della S. D. che hanno recitato dialoghi e poeE sie riguardanti il Natale ed il loro comportaE mento in famiglia. Sono state due ore trascorE se bene con la fratellanza ed amici cattolici
E invitati ad assistere ad uno spettacolo evan= gelico che è stato di vero gradimento, di edi
ERNEST KÆSEMANN
Appello alla liberta
Indagine polemica sul Nuovo Testamento
Introduzione di Sergio Rostagno
8”, pp. 200, L. 1.700 (P.B.T.)
Un quadro della varietà di tendenze teologiche nella
chiesa primitiva che spezza il luogo comune della
uniformità del N. T. È la risposta del grande esegeta
protestante agli attacchi del « Movimento confessante » di stretta ortodossia. Un libro provocante ma sereno e meditato che ha raggiunto in Germania la 4’’
edizione.
EDITRICE CLAUDIANA c.c.p. 2/21641
Via Principe Tommaso, 1 - 10125 Torino
ficazione spirituale. Il pubblico intervenuto
era numeroso, e ha applaudito abbastanza, piccoli e grandi attori, che ringraziamo insieme
alla Signora del nostro Pastore che con pazienza e vero spirito di dedizione ha preparato
questi piccoli attori ed attrici, e al Pastore Santoro per il suo interessamento e per la riuscita della testimonianza evangelica da parte dei
minimi. Voglia il Signore benedire la nostra
gioventù e la nostra infanzia perché sia domani capace di essere inferita nel regno che
UN LUTTO
La mattina di domenica 9 gennaio, in Vincolise veniva chiamato alla Casa del Padre
Celeste all’età di ottanta anni il fratello Rosario Salvatore Gentile. Vecchio credente evangelico della Comunità Valdese di Vincolise,
onesto lavoratore, conobbe l’Evangelo molti
anni fa, durante il periodo di persecuzione da
parte dell’autorità clericale e fascista; non si
spaventò giammai né delle persecuzioni, né
delle lusinghe da parte di chi voleva allontanarlo dall’Evangelo di Cristo, perché come
Paolo diceva : « Io so in chi ho creduto ». Il
servizio religioso è stato tenuto dal pastore
Santoro, con l’intervento di tutta la fratellanza di Vincolise e di S. Pietro Magisano e
di molti amici e parenti cattolici; il predicatore ha dato un messaggio con le parole di vita
eterna, le parole consolatrici dell’Evangelo ;
« Beati i morti che per l’innanzi muoiono nel
Signore perché si riposano dalle loro fatiche
e le loro opere li seguono ». « Il Signore ha
mandato il suo Figliuolo nel mondo non per
giudicarlo ma per salvarlo in tutti coloro che
credono nel suo Nome ». È stata una bella testimonianza per tutti coloro che ascoltavano
per la prima volta la predicazione dell’Evangelo. Veramente, come dice il Salmista: «La
morte dei santi è preziosa nel cospetto del Signore ». Inoltre per i congiunti che piangevano il genitore e il marito è stato un vero messaggio di consolazione.
Ricorderemo sempre il fratello Gentile per
la sua fedeltà all’Evangelo. Egli lascia la vedova credente, e una numerosa prole, dieci
figli, otto maschi e due femmine, uno solo
dei quali è credente, membro fervente della
nostra Comunità di Vincolise, al quale diamo
le nostre fraterne e affettuose condoglianze
insieme a tutti i suoi, pregando che anche loro
si convertano alla fede del padre. Alla vedova
sorella Volante, alla nuova sorella Fotino Carmela, diletta consorte del fratello Fiore e alla
cara figlia Palmina nel dolore della perdita
del loro caro, le consolazioni del Signore.
Ehnesto Scorza
San Secondo
Favoriti dal bel tempo, i culti c’e'
periodo di Natale e Capodanno sono
stati in genere ben frequentati. La Corale ha dato il suo prezioso contributo, cantando lodevolmente due cori il
giorno di Natale ed un inno la domenica 2 gennaio.
Il ricordo di quelle belle assemblee
viene purtroppo ben presto offuscato
dall’amara constatazione che i più si
sono ora ritirati a vita privata in attesa... delle prossime solennità.
La festa dell’albero per i bambini
ha avuto luogo la sera dopo Natale
nella sala, che era letteralmente gremita. Al ricco programma di recite e
canti hanno pure attivamente partecipato le monitrici ed i monitori della
Scuola Domenicale. A quanti hanno
collaborato alla riuscita della festa
rinnoviamo il nostro grazie sincero.
Il pastore Roberto Jahier ha presieduto il culto del 2 gennaio e, più tardi nella sala, davanti ad un buon pubblico, ci ha regalato ancora una interessantissima proiezione illustrante i
luoghi e le tappe della vita eroica di
Enrico Arnaud. Grazie ancora per le
sue gradite visite.
Sabato 15 gennaio abbiamo ospitato
la Filodrammatica di Angrogna che
ha rappresentato molto bene la commedia in tre atti di A. Tarn: « Delitto al Central Park ». Ai bravi attori, i
presenti hanno manifestato la loro approvazione e riconoscenza con lunghi
applausi.
Il vecchio progetto edilizio che
contemplava la demolizione dell’ex
presbiterio e la conseguente costruzione di un’ampia scalinata in pietra di
Luserna è stato bocciato dall’Assemblea di Chiesa del 19 dicembre.
Gli elettori hanno così votato: 91 favorevoli alla conservazione del detto
stabile e 30 contrari.
È stata, infine, nominata una commissione che dovrà studiare come restaurare la casa in vista dell’uso che
se ne vorrà fare.
Pomaretto
Domenica 30, giornata della Missione.
Mercoledì 26, alle 20,30, riunione a Perosa
presieduta dal past. Cipriano Tourn che presenterà il film « Come i nostri padri hanno
trascorso la loro adolescenza ».
Venerdì 28, alle 20,30', riunione alla Faiola.
Al Centro Evangelico « P. Andreetti »
S. Fedele Intelvi, 29-30 gennaio 1972
Villar Perosa
Dipartenza. — Il 12 die. ci ha lasciati per la patria celeste Luigi Ferrerò
della Germanetta. Aveva 77 anni ed
era i nfermo da molti anni. Erano
quattro anni che non lasciava il letto!
Le sue esequie hanno avuto luogo il 14
alla presenza di numerosa folla. Alla
moglie ed ai figli esprimiamo il nostro cordoglio e la nostra certa speranza nelle promesse del Signore.
Attività varie. — Novembre e dicembre sono stati mesi densi di attività.
Il 7 nov. abbiamo ricevuto la visita
del Pastore Rivoira con la sua gentile
Signora. Presieduto il culto al mattino, nel pomeriggio hanno parlato entrambi all’Unione Femminile. Il 15-16
abbiamo avuto un « fine settimana »
giovanile nella nostra Foresteria, con
la partecipazione di una trentina di
giovani. La sera, il Pastore C. Tourn
ha presentato uno studio, con scambio di idee, sul « Comportamento del
credente oggi ». La mattina seguente,
al culto, i giovani hanno svolto la
parte liturgica e la signora Tourn ci
ha dato la predicazione. Il 5 die. abbiamo ricevuto la visita del Pastore
Conte, accompagnato dalla sua mamma. Dopo aver partecipato alla Scuola Domenicale, il Pastore ha presieduto il culto e poi, in qualità di membro della Tavola, ad un incontro col
Concistoro. Il dopopranzo, alle Chenevières, dinanzi ad un buon gruppo
di sorelle, la sua mamma ha parlato
dell’opera di Tahiti, ove è stata recentemente.
Domenica 12, il nostro culto è stato
presieduto dai nostri giovani che si
sono impegnati a darci una predicazione al mese.
Il 21, messaggi natalizi nei grandi
Refettori della RIV ai tre turni, con
la collaborazione dei Pastori C. Tourn
al mattino, Jahier a mezzogiorno e del
Pastore locale alla sera. Notata l’attenzione degli ascoltatori e molto gradita l’offerta del calendarietto.
Il 23, culto per gli studenti. Mentre
i cattolici si sono recati alla Messa,
gli evangelici (una settantina) sono
venuti nella nostra Foresteria. Ha parlato loro il Pastore Pons.
Il 24, veglia natalizia nella stalla del
nostro Diacono a Vivian. Tre giovani
hanno dato un messaggio e la serata
si è svolta in un clima di letizia fraterna.
Natale. — Abbiamo potuto nuovamente celebrare il culto nella nostra
chiesa ove i giovani avevano preparato un bell’albero offerto da un membro di chiesa. La Corale ha abbellito
il culto con un coro. Numerosi i presenti, totale la partecipazione alla
Santa Cena.
(N.d.r.: siamo spiacenti di dover rimandare la fine di questa corrispondenza),
iiiiimiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Per l’Ospedale Valdese
di Torre Pellice
La sottoscrizione iniziata da un gruppo di
amici dell’Ospedale per la attrezzatura scientifica dell’ambulatorio di oculistica ha raggiunto e superato l’importo prefissoci. Tutta l’attrezzatura è stata acquistata e l’ambulatorio
può iniziare la sua attività fornito di tutto
quanto è necessario. La somma eccedente è
stata utilizzata, udito il parere dei Sanitari,
per l’acquisto di due carrelli di medicazione
per le corsie. I Sanitari, l’Amministrazione
ed il personale ringraziano vivamente tutti coloro che così entusiasticamente hanno contribuito al successo della iniziativa.
Terzo elenco delle offerte: In mem. dei genitori, N.N. 10.000; Sig.ra Manzilli Marcellin.a 5.000; Sig.ra Giulia Tron-Roman 10.000;
in mem. Sig.ra Ida Jalla, il marito e figli
40.000; figli di Federico Pasquet 10.000;
Giulia e Jean Frache 2.000; Paolo Antonietti
3.000; Prospere Plavan 3.000; Olga e Ruben
Rivoira 10.000; Sig.ra Ida Ghigo-Gay 10.000.
Quarto elenco: In memoria di Ghiaie Battista un cognato (Sig. Frache) L. 5.000; Sig.
Luigi Revel 5.000; Pellegrin Luigi (Inverso
Roland!) 5.000; in memoria del cugino F.
Balmas Sig.ra Lilly Robba Pavese (Sampierdarena) 5.000.
La risurrezione
II Convegno
«Fede e Testimonianza»
PROGRAMMA
Sabato 29 gennaio
ore 19,30 - Cena in comune
ore 21 - La risurrezione nella teologia mo
derna. Prima conversazione (Pastore G. Girardel). Discussione.
Domenica 30 gennaio
ore 8 - Colazione.
ore 9 - La risurrezione nella teologia mo
derna. Seconda conversazione (Pastore G. Girardet). Discussione e
conclusione.
ore 13 - Pranzo. Partenza.
Quota di partecipazione a persona L. 1.800.
Prenotazioni entro giovedì 27.
Centro Evangelico « P. Andreetti », S. Fedele
Intelvi, Via Provinciale 17 - Tel. (031)
830418 - Ufficio: Via T. Grossi 17 - 22100
Como - Tel. (031) 27440.
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIMIIIIIII
Per la CEVAA
Riceviamo e trasmettiamo alla Tavola Valdese. per la Comunità Evangelica di Azione
Apostolica, quest'offerta :
In ricordo della cara .sorella Bani. amica
delle Missioni, la Società Missionaria dei Coppieri (Torre Pellice) L. 14.000.
Sig.na Bona Ferrerò (Torino) L. 10.000;
U.G.V. Torre Pellice Centro 10.000.
AVVISI ECONOMICI
simo cristiano.
FINE, elevati sentimenti, quarantenne, istruito. Risposerebbe, piccola, giovane. Scrivere :
Pretelli Vittorio, Fermo Posta Centrale,
10100 Torino.
CASA evangelica in Riviera offre possibilità
di impiego per un cuoco oppure cuoca con
opportunità di lavoro stagionale od a pieno
tempo. Ottimo trattamento economico in
ambiente familiare. Scrivere direttamente a :
Casa Valdese per la gioventù, 18019 Vallecrosia (IM) - Tel. 0184-21283.
RINGRAZIAMENTO
I parenti di
Clementina Fornerone
ved. Gay
ringraziano i Past. Sonelli e Marco
Ayassot; la Direttrice e il Personale
dell’Asilo Valdese di Luserna S. Giovanni come pure i Medici e il Personale dell’Ospedale di Torre Pellice.
Prarostino, 21 gennaio 1972.
6
.lag. 6
N. 3 — 21 gennaio 1972
I NOSTRI GIORNI
UOMINI, FATTI, SITUAZIONI
«Una nuova malattia mentale nell’URSS: l’opposizione»
Beiice,
quattro anni dopo
Fino a quando è destinata a prolungarsi la vergogna del Beiice? Siamo
da pochi giorni entrati nel quinto anno da quando il terremoto causò 350
morti e provocò la distruzione di 14
paesi situati fra le provincie di Palermo, Trapani e Agrigento.
Sono passati quattro anni e nessuno è in grado di sapere quando potranno sorgere le nuove cittadine. Il
ministro dei lavori pubblici, dimostrando un senso dell’umorismo tanto
involontario quanto discutibile ha detto qualche mese fa a Palermo: « L’importante è che si vada avanti in tutta
fretta ».
Intanto le baracche continuano a
cadere a pezzi e si sostituiscono con
altre baracche: nelle ultime settimane
ne sono state montate oltre cinquecento; nel complesso ne sono state realizzate più di.25 mila!
Queste regioni, già vittime di una
secolare miseria, praticamente ora sono del tutto a terra e si prevede che
altre 50 mila persone saranno condannate all’emigrazione se nel volgere
di poco tempo non si muoverà qualcosa che contribuisca al « decollo »
economico e sociale della zona.
Intanto i 163 miliardi stanziati a suo
tempo dallo Stato per le opere di ricostruzione valgono sempre meno e
per fare le stesse cose gli esperti calcolano che oggi (ma che cosa si fa oggi nella valle del Beiice?) occorrerebbero almeno altri 90 miliardi.
“Omicidi bianchi,,
La recente, drammatica catena di
incidenti mortali sul lavoro (i cosiddetti « omicidi bianchi ») riporta tragicamente alla ribalta uno dei tanti
problemi che assillano la società italiana: la questione degli infortuni sul
lavoro.
La loro media annua è forse la più
alta del mondo. Basti tener presente
che su 100 mila italiani, ben 45 perdono la vita per un incidente sul lavoro.
Facciamo un confronto con qualche
altra nazione. Negli Stati Uniti la media è di 9 ogni 100 mila abitanti, in
Francia è di 13, in Belgio è di 25.
L’incremento degli infortuni nel dopoguerra è salito con ritmo costante:
dal 1951 al 1963 esso si concretizza nella percentuale impressionante del 241
per cento, cifra tanto più incredibile
quando si pensi che nello stesso periodo l’aumento della manodopera occupata è stato del 72 per cento. Vediamo gli aumenti di questi ultimi anni: nel 1967 gli incidenti sono stati
1 milione e 473 mila; nel 1968, 1 milione e 495 mila; nel 1969, 1.540.000; nel
1970, 1.572.000. Secondo una stima della CGIL nel 1971 vi sarebbe stato un
ulteriore incremento dell’otto per cento rispetto al 1970. Le punte più
alte si hanno nell’ edilizia, però con
numerose eccezioni. Alla FIAT trattori di Modena il 31 per cento dei
lavoratori hanno dichiarato in^’ortuni;
a Genova su 905 portuali cancellati recentemente dai ruoli, ben 81 sono
morti per incidenti sul lavoro e 384
sono stati pensionati per invalidità
permanente prima dei 60 anni. Da tener presente che queste cifre, di per
sé già agghiaccianti, escludono i « fuori legge » del lavoro e cioè gli abusivi
o irregolari e i bambini. Solo per
questi ultimi — che si calcola siano
500 mila — si parla di oltre mille infortuni all’anno, di cui numerosi di
notevole gravità.
Responsabilità-base di questa situazione è senza dubbio in primo luogo
l’ambiente di lavoro. Infatti, di fronte
agli enormi « progressi » realizzati dalla tecnica, gli altri fattori che avrebbero dovuto andare avanti di pari passo
sono rimasti distanziati di parecchie
lunghezze. Si pensi alle condizioni di
temperatura, di umidità, di ventilazione, di rumorosità, si pensi al ristagno
dei vapori, delle polveri, dei gas, si
pensi alla spaventosa tensione richiesta dai tempi e dai ritmi imposti dalla
produzione. In un’inchiesta fatta prèsso una grande azienda meccanica di
Conegliano (come ricorda l’Unità del
9 gennaio) è risultato che chi lavora
alla catena di montaggio è costretto a
lasciare la fabbrica a 32 anni. Il 40 per
cento di questi operai ha l’esaurimento nervoso, il 17 per cento ha difficoltà
e disturbi nella vita sessuale, il 22 per
cento insonnia. Più della metà non ha
alcuna volontà di divertimento benché
si tratti di gente ^ovane.
Ad aggravare poi la piaga degli infortuni ci si mettono anche i famigerati appalti. Le grandi aziende private ed'anche pubbliche ricorrono a questa soluzione (per diminuire i loro
costi) affidando cioè ad altre aziende
intere fasi dei loro cicli produttivi,
evadendo, almeno parzialmente, gli
obblighi assicurativi e previdenziali.
Un caso illuminante è proprio dato da
quello dei mortali incidenti delTItalsider di Taranto: se i lavori fossero
stati direttamente eseguiti dall’azien
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
da, essa avrebbe fra l’altro dovuto
provvedere a tutte le indispensabili
prevenzioni e protezioni senza scaricare su altri le proprie responsabilità.
Nei tribunali italiani
Maria Diletta Pagliuca è quasi innocente. Non è infatti stata ritenuta colpevole di aver provocato, nel suo istituto, la morte di tredici ragazzi, non
è stata punita per aver chiuso nel bagno tre ricoverati legandoli con una
catena ai tubi dell’acqua e infine non
ha truffato lo Stato di oltre 60 milioni speculando sulle rette. È stata solo
un po’ troppo energica nello strapazzare i suoi ospiti; infatti è stata
condannata solo per « maltrattamenti
semplici ». È una sentenza incredibile,
di fronte all’orrore suscitato dai fatti
appurati e infatti il pubblico ministero ha immediatamente presentato appello. L’imputata stessa è rimasta un
attimo incredula di fronte alla sentenza, dopo di che, allargando le braccia
ha urlato « grazie, grazie, grazie! ». Intanto, ella sarà libera di tornarsene a
Grottaferrata e magari di organizzare
di nuovo l’istituto di cui è proprietaria.
Viricenzo Randazzo di 21 anni, palermitano ma immigrato a Torino, è
stato condannato dal tribunale di Saluzzo a un anno, nove mesi e dieci
giorni di reclusione per furto. Che cosa aveva rubato? Un paio di blue jeans
da quattro soldi appesi ad asciugare
in un cortile.
Abbiamo volutamente accostato le
suddette due condanne per documentare come viene amministrata la giustizia in Italia. È alla luce di queste
sentenze che i discorsi di vari procuratori generali, tenuti nei giorni scor
si in occasione dell’apertura dell’anno
giudiziario, assumono un particolare
significato, quando vi si auspica una
sempre maggior repressione contro le
rnanifestazioni dei lavoratori e dei
giovani; quando si mettono sotto accusa professori e studenti che cercano
di dare un nuovo volto alla scuola;
quando i fascisti per contro vengono
perseguiti (quando lo sono) con blande sentenze, quando non addirittura
vengono prosciolti.
I 14 militari che erano stati arrestati alla caserma Cavour di Torino (ne
demmo a suo tempo notizia) e tradotti al carcere militare di Peschiera perché avevano buttato in pattumiera il
rancio immangiabile, sono stati processati dal tribunale militare, dove erano stati condotti ammanettati come
pericolosi criminali. Cinque di essi sono stati assolti, per altri otto il tribunale ha deciso non doversi procedere
dato che il reato di « sedizione » era
stato derubricato (per loro fortuna) in
quello di « insubordinazione », per il
quale occorre la richiesta di procedimento del diretto superiore. Il quattordicesimo invece è stato condannato
a 5 mesi e 20 giorni con la condizionale per « insubordinazione con ingiuria » a seguito di una discussione avuta con un caporale dopo il fatto. Rimarchevole la « domanda » rivolta agli
imputati dal giudice relatore: « siete
pentiti di quello che avete fatto? ».
Molto dignitosa la risposta: « non abbiamo fatto nulla di male; non abbiamo mangiato un rancio immangiabile ». Notevole anche la testimonianza
di un ufficiale, il quale, nell’ammettere
che « il forno non funzionava bene »
ha però soggiunto che il rancio gli
« pareva appetibile ».
Roberto Peyrot
La condanna di Vladimir Bukovskii
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
Coop, Tip. Subalpina - Torre Pellice (Torino)
GLI AFFAMATI DI SEATTLE
ir Seattle è una città degli Stati
Uniti sulla costa dell’Oceano Pacifico,
presso il confine del Canadá nello Stato di VVashington. Conta mezzo milione d’abitanti ed è il principale porto
nel quale vengono imbarcati i prodotti agricoli americani in eccedenza, pe '
esser poi venduti sui mercati esteri.
È una città economicamente sinistrata, e sarebbe già letteralmente morta
di fame se gente pietosa non avesse
pensato a soccorrerla.
« "Allo stato presente, la nazione più
ricca del mondo riceve un aiuto caritatevole dall’altra sponda del Pacifico.
È un fatto grottesco. In ventisette anni di carriera politica, non ho mai subito un’umiliazione simile”.
La personalità umiliata è il senatore Warren Magnuson. Il donatore caritatevole è il Giappone; più precisamente: l'YMCA di Kobe (città a circa
130 km. da Kyoto). Questa ha recentemente mandato un dono di Kg. 500 di
viveri e di 1000 dollari in contanti, per
gli americani affamati.
Questi affamati non sono né indiani, né esquimesi, né giapponesi abitanti in USA: sono operai, ingegneri e
tecnici diplomati (da almeno due anni) nelle officine Boeing a Seattle. (...)
Il tasso di disoccupazione a Seattle è
del 18%. Il centro della città, abitato
in forte proporzione da negri, conta il
48% di disoccupati. La maggioranza
dei disoccupati ha esaurito i propri
diritti all'indennità di disoccupazione.
L’aiuto federale che, su richiesta de’
Congresso, avrebbe dovuto portare un
soccorso d'emergenza sotto forma di
distribuzioni gratuite di viveri e di
aiuto medico, è stato bloccato dalla
Casa Bianca.
Diecine di migliaia di disoccupati
riescono oggi a sopravvivere unicamente in virtù dei viveri che mille volontari vanno a collettare, con quotidiane visite nelle case di americani
non disoccupati. I viveri così raccolti
vengono poi distribuiti in quaranta
punti della città, tre volte al a settimana, a file interminabili di poveri.
Questi vanno spesso a far la coda davanti a più centri di distribuzione, sia
perché i depositi risultano esauriti prima che tutti i richiedenti siano stati
serviti, sia perché le razioni d’stribuite non sono sufficienti a nutrire una
famiglia.
Un ex-direttore della Boeing dice:
« Senza queste distribuzioni, noi s;remmo morti di fame. Sono mesi che
non mangiamo più carne. I nostri pasti abituali si riducono a una minestra in scatola. Se ci è stato possibile
ricevere un pasto caldo il giorno di
Natale, il merito va esclusivamente ad
un vicino che ci ha pagato la spesa
del gas ».
(Da « Le nouvel Observateur » del
10-16.1.1972).
UNA NUOVA IMMIGRAZIONE
« Circa 3000 ebrei sovietici sono
stati autorizzati, nel dicembre scorso,
ad emigrare verso Israele, secondo informazioni provenienti dagli ambienti
occidenta’i di Mosca. Ne'l’insieme dell'anno 1971, circa 12.000 ebrei sono
usciti dall'URSS, dei quali 4450 durante il primo semestre.
Nei primi mesi, gli emigranti appartenevano principalmente alla da se colta dei paesi baltici (agronomi,
economisti, architetti ecc.). A partire
dal settembre 1971 s'è avuto un cambiamento: la maggioranza degli emigranti erano ebrei georgiani ed ucraini, d’ogni età e d'ogni formazione, questa essendo generalmente inferiore a
quella dei Baltici ».
Cosa si pensa in Israele di quest’immigrazione? .« La questione all’ordine
del giorno, in Israele, è l’arrivo in massa degl’immigranti dall’URSS. È questo il problema che preoccupa la gran
maggioranza degl’israeliani, più ancora del conflitto coi paesi arabi.
Il giornale “Haarez” di giovedì 13
ge.nnaio ha pubblicato le dichiarazioni fatte, al suo corrispondente a Washington, da un diplomatico russo.
“Noi sommergeremo Israele d’immigranti”, gli avrebbe detto quello. Mai
una dichiarazione anonima, fatta ad
un giornalista, è stata presa tanto sul
serio dagl’israeliani. Il fatto è che il
numero d’immigranti che arrivano dall’URSS va crescendo. Si può già parlare d’un ponte aereo Vienna-Tel Aviv,
per inoltrare quotidh.namente centinaia di persone. Secondo il diplomatico, le possibilità d’accogVmento, da
parte d’Israele, saranno largamente
superate, e ciò causerà al governo delle gravi difficoltà. “Lasceremo partire
tutti quelli che ne faranno richiesta
(ha aggiunto il diplomatico), ad eccezione di coloro che potrebbero rafforzare la potenza militare d’Israele, e di
coloro che occupano in URSS dei punti, per così dire, nevralgici”.
Il diplomatico ha espresso il parere che le previsioni israeliane, che stimano intorno a 35.000 il numero degli
immigranti dall’URSS nel 1972, scranno verosimilmente in larga misura superate. L’ondata d'immigrazione (sempre secondo il diplomatico sovietico)
potrebbe allora provocare non solo
delle difficoltà economiche, ma anche
aggravare il clima di malessere che
già esiste fra le diverse comunità di
Israele, ed accentuare la d'seordia fra
gli Ashkenezim (originari dall’Euwpa)
e i Sefaradim (ebrei provenienti dal
bacino mediterraneo).
Interrogato sulle ragioni del brusco
cambiamento delle autori'à szv’etiche
a proposito della partenza degli ebre’,
il diplomatico ha risposto: “Molto semplicemente noi abbiamo deciso di liberarci di tutti coloro che non vogliono vivere nel nostro paese".
Mercoledì 12 gennaio il sig. Nathan
Peled, ministro dell’integrazione, h'i
dichiarato al Parlamento israeliano
che bisogna aspettarsi, nei prossimi
anni, l’arrivo di 100-150 mila immigranti all’anno. Già 65 mila sono attesi per l’anno in corso.
Quest’arrivo massiccio crea natura'mente enormi problemi per Israele.
Decorrerà anzitutto costruire a’ioggi,
creare impieghi e sviluppare l’industrializzazione del paese. Le personalità responsabili in Israele non nascondono la propria inquietudine, ma
si dichiarano convinte di poter superare le immense difficoltà che le attendono. Infatti Israele dispone oggi
d’una struttura economica e sociale
In un tribunale della periferia di
Mosca, con l’escussione di soli tre testi, tutti a carico, l’esclusione di incomodi testimoni e una rapidità della
fase dibattimentale che violano le più
elementari norme di tutela dell’imputato, è stato condannato a due anni
di carcere, cinque di campo di rigore
e cinque di ’confino’ lo scrittore russo
Vladimir Bukovskij appartenente al
gruppo di giovani scrittori ’del sottosuolo’ già condannati in precedenti
processi: Julij e Larisa Daniel, Andrej
Sinjavskij, Jurij Galanskov, Aleksandr
Ginzburg e Piotr Grigorenko.
Bukovskij era già stato internato
due volte in manicomio, dal 1963 al
1965, e per sei mesi nel 1966 e una
volta in carcere dall’estate 1967 alla
primavera 1970. Dal manicomio egli
riuscì a salvarsi, senza essere dichiarato ’pazzo’, grazie alla sdegnata reazione di quella parte della ’intelligeneija’ russa, capeggiata dal fisico nucleare e accademico russo Andrej Sacharov, che già salvò dal manicomio
il biologo russo Zhores Medvedev con
una energica azione di protesta e che
ha fondato il « Gomitato per i diritti
umani » nell’URSS.
Al processo, Bukovskij ha detto, parafrasando un noto proverbio russo:
« La società ha già capito che criminale non è colui che butta l’immondizia fuori dalla capanna, ma colui che
sporca la capanna ». « La filosofìa di
questo processo è di nascondere i crimini dell’àutorità, di nascondere la
repressione psichiatrica contro co'oro che non si adeguano all’ortodossia... La nostra società è malata. È malata di paura, una sopravvivenza dell’era staliniana. Ma il processo di guarigione della società si è già iniziato
e non può essere interrotto ».
Da questa ferma convinzione egli ha
poi tratto la conclusione: « Non importa per quanto tempo sarò recluso,
non rinuncerò mai alle mie convinzioni, né a diffondere le mie idee fra tutti coloro che vorranno ascoltarmi...
Anzi, ho un solo rimpianto: nel breve
periodo in cui sono stato libero, un
anno, due mesi e tre giorni, ho fatto
troppo poco per questa causa ».
Precedentemente condannato per
aver diffuso gli scritti dell’ ’eretico’ jugoslavo Milovan Gilas e per aver organizzato una manifestazione di protesta per l’arresto degli scrittori russi
Ginzburg e Galanskov, Bukovskij è
stato ora condannato per aver dato
alle stampe presso la casa francese
« Editions du Seuil » un libro che eloquentemente si intitola Una nuova
malattia mentale nell’URSS: l’opposizione.
Avendo personalmente fatto l’espe
rienza dei ’lavaggi del cervello’ a cui
sono sottoposti negli ospedali dell’URSS gli intellettuali colpevoli di
non-conformismo, Bukovskij raccoglie, intorno a nove casi specifici, una
ampia e impressionante documentazione sugli internamenti abusivi dei
contestatori negli ospedali psichiatrici. Destinato in origine al Congresso
mondiale di psichiatria, nonché al
XXVI Congresso del PCUS, il libro è
accompagnato da una lettera aperta
agli psichiatri occidentali in cui si dice: « Per un uomo sano di mente non
c'è nulla di più orribile di un internamento forzato in manicomio. Spero
che non rimarrete indifferenti a questo appello, che vi occuperete del problema, così come i fis ci, ad esempio,
si preoccupano di lottare contro l’ùnpiego delle loro scoperte per fini di distruzione e di violenza ».
Una testimonianza diretta, quella di
Victor Feinberg, un ebreo arrestato
dopo una manifestazione: « Quando
un detenuto arriva in un ospedale
’speciale’ i medici lo mettono di fronte all’alternativa: rinunciare alle proprie opinioni o rassegnarsi a restare
internato per sempre. Il responsabile
della Seconda Divisione un giorno mi
ha detto: “La sua malattia ha un nome, non-conformismo" ». Un’altra testimonianza, di Piotr Grigorenko, riporta la conclusione degli psichiatri:
« Grigorenko è malato, soffre di uno
sviluppo abnorme, patologico della
personalità con tendenze paranoiche:
le caratteristiche psicopatiche del sua
carattere lo portano ad avere idee fìsse di riforme... ». Sembra di leggere H
mondo nuovo di Aldous Huxley!
Nel dare alcune di queste notizie
« Il Giorno » conclude: « La maggior
parte degli psichiatri dell’URSS si rifiuta, per la verità, di rendersi complici della K.G.B., ma la polizia speciale trova sempre qualche medico disposto a definire ’pazzo’, ’irresponsabile’ o ’socialmente pericoloso’ un oppositore. Il più sinistro ospedale ’speciale’ è l’Istituto di psichiatria giudiziaria Serbski, che dipende dal Ministero della Sanità: cliniche che sono
’case dei morti’ per gli avversari del
regime ». Il quale appena si degna di
dare qualche rara notizia, su qualche
giornale secondario, di questi processi, usando ancora lo stesso tipo di invettive che accompagnavano i processi staliniani degli anni Trenta: « nemico del nostro sistema », « velenoso
e venduto speculatore politico »,
« sporca attività di un nemico maleintenzionato » ecc... Come allora la verità non conta, conta solo il potere.
Giorgio Peyronel
iiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiimiMimiiiiiiiiiimmwiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiii
Scelta dì poi/ed, scelta dì classe
(Segue da pag. 1)
rale e visione marxista; né d’altra parte rifiuta (come potrebbe essere fatto
e da alcuni si fa) quell’antitesi come ormai anacronistica, nei termini classici
ancora correnti, rispetto al procedere
delle fasi della rivoluzione tecnologica.
Ora, « il mondo », di destra o di sinistra, ha diritto di chiedere alla chiesa
e ai cristiani che, se vogliono parlare
di certi problemi in termini politici,
lo facciano appunto in termini politici e non moralistici, e dicano apertamente se ritengono che la via da seguire sia quella liberale oppure quella
marxista, ovvero si sforzino di individuare e proporre un'altra via. Resta
aperto il problema se questo sia compito e vocazione specifica dei cristiani
in quanto tali.
Certo, si può parlare di questi problemi in altri termini: profeticamente. Il
che non vuol dire restare nel vago e
ignorare i termini politici, economici,
sociali etc., ma vuol dire testimoniare
di fronte ad essi la sovranità di Dio, la
sua volontà di giustizia, il suo giudizio
sul cuore umano, il suo appello al ravvedimento, la sua opera di redenzione,
la promessa del suo regno che viene.
È discorso più difficile, e più raro, perché, come quello dei profeti e degli
apostoli, come quello irripetibile di
Gesù, non ignora la nostra realtà, ma
in essa vive e annuncia una realtà diversa. Nella fattispecie, mette in discussione la proprietà privata ma afferma l’assoluta proprietà del Signore;
rifiuta la dominazione dell’uomo sull’uomo ma comanda il servizio dell’uomo all’uomo; proclama una giustizia di
un radicalismo abissale ma anche più
forte il primato dell’amore con cui Dio
perdona e riconcilia in Cristo; canta la
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiimm
che nel 1948 non esisteva: eppure ciò
non aveva impedito allora Israele, per
quanto la sua popolazione ammontasse a 600.000 abitanti, d’accogliere e
d’integrare, in due anni, duecento mila immigranti del tutto privi di mezzi ».
(Da «Le Monde» del 15.1.1972).
Non abbiamo alcun dubbio sull’autenticità degl’impressionanti ed inattesi fatti riferiti in quest’articolo. Non
altrettanto sicuri siamo invece sulla
validità delle valutazioni e delle previsioni espresse in merito.
libertà ma dichiara che è veramente
libero solo chi è reso tale da Gesù, il Figlio; respinge l’alibi della colpevolezza
collettiva e generica, ma mette a nudo
che non c’è nessun giusto, neppure uno.
È un discorso che, pur non essendo
astrattamente apolitico, è politicamente irrecuperabile, da qualsiasi parte:
corne lo sono stati i profeti e gli apostoli, come sopratutto lo è stato Gesù
Cristo, il crocifisso e risorto Signore.
Qualcosa di questa coscienza alita
nella pastorale dell’arcivescovo di Torino. Ma, com’è di regola, raramente
infranta, nella predicazione cristiana
che si avventura in queste acque, ne risulta più ambiguità politica che potenza profetica. Come certamente accade
anche a questo mio scritto.
Gino Conte
Doni prò Eco-Luce
Da Pinerolo: Alice Adelina Long L. 1.500,Giulio Coucourde 500; Alfredo Griot 500;
Elisa Alliaud 300; Davide Roccione 1.000;
Guido Godino 500; Italo Eyuard 1.500; Luigi Caìrus 500; Luciano Long 500.
Da Roma: Alberto Girardet 3.500; Rosa
Giuliani 500; Gino Giovannini 1.500: Maria
Lamberti ved. Zabatti 500; Emilia Albarin
500; Sofia Baldoni 3.000; Francesco Mandola
500; Gabriella Titta Dreher 1.500; Aldo
Long 500; Berta Subilia 5.000.
Da Torino: Elena Pascal 1.500; Roberto
Peyrot 1.500; Bartolomeo Soulier 500; Luciano Giardini 400; Alfredo Camera 500; Francesco Valerio 7.500; Guglielmo Sellar! 500;
Alice Berutti 1.500; Napoleone Trocello 500;
G. e D. Quara 1.000; Enrichetta Pons Fenouil
500; Giovanni Mantilaro 500; Giuseppe Gaydou 1.000; Clemente Beux 500; Anna Duchini 500; Guido Bonnet 500; Guido Vinay
1.500; Giorgio Vidossich 1.500; L. C. 5.000;
Giorgio Bertetto 500; Guido Botturi 1.500.
Da Coazze: Emilia Boero 500; Andrea Ostorero 500; Ambrogio Rosa Brusio 500; Lidia
Rosa Brusiti 500; Elvidio Mattone 500; Nella Boero Alloa 500.
Da Pomaretto: Felix Canal 1.500; Ilda
Vinçon Tron 100; Francesco Genre 500; Remo Ribet 500; Emilia Lantaret 200; Enrico
Martinat 500; Giosuè Ribet 500.
Emilia Honegger,Albino 1.500; Alberiina
Baret Peyrot, Pomaretto 500; Mario Rolla,
Ivrea 500; Elsa Janin, Ivrea 1.500; Ennio
Sasso, Arenzano 500; Romano Maffeis, Bergamo 500; Giovanni Grill, Bordighera 500;
Grazie! / continua )