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la luce
2 aprile 1993
spedizione in abb. postale
gruppo II A/70
In caso di mancato recapito
si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BAT1TSTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 2 APRILE 1993
ANNO I - NUMERO 13
MARTIN LUTHER KING
PREDICATORE
BATTISTA
ANNA MAFFEI
yy ^ ^ qualcuno di voi sarà
*3 presente, quando dovrò affrontare il mio giorno,
sappia che non voglio un lungo discorso al mio funerale...
Desidero che sia detto che ho
cercato di amare e servire
l’umanità».
Parlare di Martin Luther
King a 25 anni dalla sua tragica morte, non è un fatto
semplicemente celebrativo,
quanto piuttosto un atto dovuto di riconoscimento per la
vita di un uomo che ha ispirato e ancora ispira oggi molti
di noi e di profonda gratitudine verso Gesù Cristo di cui
egli ha sempre affermato di
sentirsi umile e debole testimone.
Martin Luther King fu leader nero per i diritti civili.
Seppe dar voce al bisogno di
giustizia della minoranza
afroamericana del suo paese,
discriminata attraverso inique
leggi razziali in molti stati,
soprattutto nel Sud degli Usa.
Per questa causa egli si spese
fino ai limiti della disobbedienza civile, subì vari
agguati e attentati, fu varie
volte imprigionato. Dal carcere di Birmingham una volta
scrisse: «Forse è facile a coloro che non hanno mai sentito le frecce della segregazione dire: “Aspettate”. Ma
(...) quando sentite la vostra
lingua torcersi bruscamente
se cercate di spiegare alla
vostra bambina di sei anni
perché non può andare al
parco dei divertimenti di cui
ha appena visto la pubblicità,
e vedete spuntare le sue lacrime quando sente che il luna park è chiuso ai bambini
neri, e scorgete le nuvole minacciose del complesso di inferiorità cominciare a formarsi nel suo piccolo campo
mentale, e deformare la sua
personalità, (...) quando vostra moglie e vostra madre
non sono mai chiamate “signora”, quando (...) lottate
quotidianamente contro un
sentimento che vi stordisce, e
che vi induce a pensare “io
non sono nessuno”, allora
comprenderete perché noi
troviamo così difficile aspettare».
Martin Luther King fu predicatore battista. L’esperienza
di fede, biblicamente fondata,
emotivamente forte e coinvolgente, allora come oggi
caratteristica delle chiese battiste nere degli Usa, fu l’humus spirituale in cui maturarono molte delle sue scelte
più importanti.
Le chiese nere furono fin
dall’inizio anche il luogo fisico in cui si affermavano le
ragioni spirituali e si elaboravano le strategie per dare
concretezza alle azioni di resistenza nonviolenta organizzate dal movimento. Il canto
appassionato degli antichi
spiritual neri fu insostituibile
conforto, la fede radicata nel
Dio di Gesù Cristo schierato
dalla parte dell’umanità cro
cifissa fu la sua forza soprattutto quando le minacce e gli
attentati, frutto della violenta
reazione bianca, si moltiplicavano.
Memorabile a riguardo è
un’esperienza che King stesso amava raccontare così. Teso all’estremo, torturato dall’
ansia, incapace di organizzare
le esperienze.che andava facendo, giunto al limite della
sua resistenza, una sera del
gennaio 1956 nella cucina
della sua casa pensò: «Sono
qui e prendo posizione per
ciò che ritengo giusto, ma
ora ho paura. La gente mi
chiede di guidarla e se io mi
presento a essa senza forza e
senza coraggio anch’essa vacillerà. Sono alla fine delle
mie forze. Non mi rimane
nulla».
E fu in quel momento che
egli sperimentò la «presenza
del divino» e che sentì la
tranquilla assicurazione di
una. voce interiore che gli diceva: «Difendi la giustizia,
difendi la verità e Dio sarà al
tuo fianco per sempre». Nella
sua autobiografia King commenta: «La mia incertezza
scomparve. Ero pronto a affrontare qualunque cosa».
Martin Luther King fu profeta della nonviolenza. Alla
scuola di Gandhi, da cui apprese molto presto la filosofia
SEGUE A PAGINA 9
Il terzo comandamento non è rivolto agli atei ma ai credenti
Non usare il nome dell'Eterno invano
LUCIANO DEODATO
«Non usare il nome dell’
Eterno, che è l’Iddio tuo, invano; perché l’Eterno non
terrà per innocente chi avrà
usato il suo nome invano».
(Esodo 20, 7)
Nei tram di una volta si
potevano vedere due targhette; sulla prima era scritto
«Vietato sputare per terra»
(suppongo che fosse consentito nel fazzoletto) e sull’altra
«Non bestemmiare» (suppongo ad alta voce).
Viaggiando, questi due divieti ballavano davanti agli
occhi e si imprimevano nella
memoria. Delle due campagne la prima mi pare abbia
avuto un certo risultato; non
così la seconda, a stare a
quanto ha denunciato ultimamente il papa.
A me la bestemmia ha dato
sempre fastidio; per la sua
gratuità e insulsaggine, per il
senso cattivo, negativo, di rivolta che contiene, per la
menzogna che esprime. Ma è
una questione di malcostume,
come appunto sputare per ter
ra. Chi bestemmia in realtà
non conosce il «nome» di Dio
e perciò si illude di maledirlo;
non conosce il suo perdono,
la sua liberazione, il riscatto
dalla morte, l’abbondanza di
vita della resurrezione. La bestemmia non è da confondere
con V «usare il nome di Dio
invano».
Può usare il nome di Dio
invano solo chi lo conosce e
cede alla tentazione di strumentalizzarlo per i propri fini. Una volta si pensava al
falso giuramento o alla magia, 0 alla stregoneria.
Ma non bisogna limitarsi,
credo, solo alla «devianza» o
alle zone periferiche della
chiesa; ma guardare invece
proprio dentro, all’interno
della compagine ecclesiastica, tra i credenti e, tra questi,
a quelli incaricati di un ministerio particolare.
Dunque ai pastori, ai predicatori locali, ai catechisti e
monitori, agli anziani di chiesa, a chi scrive meditazioni, e
per quanto riguarda chiese
che hanno il sacerdozio, ai
sacerdoti in primo luogo. Mi
sono sempre domandato se il
chiamare un essere umano
«sua santità» non fosse una
specie di aggressione al nome
«tre volte santo di Dio». Lo
dice in modo chiaro il profeta: «Sono Dio e non un uomo,
sono il Santo in mezzo a te...»
(Osea 11,9).
Il terzo comandamento non
è rivolto agli atei, ai pagani,
agli increduli, ai miscredenti,
ma a Israele, al popolo di
Dio, e oggi dunque anche alla
chiesa se si vuol porre (come
si pone) in una qualche continuità con Israele. È questa la
realtà esposta al rischio di
profanare il nome tre volte
santo di Dio; e non soltanto
perché lo pronuncia invano,
ma perché non ne osserva la
volontà.
Lo dice in maniera unica il
profeta Geremia, per il quale
la profanazione del nome di
Dio avviene nel momento in
cui non è rispettata la legge
del giubileo, quella che consentiva agli schiavi di riacquistare la libertà (cfr. Geremia 34, 16).
Rispetto della dignità e dei
diritti dell’essere umano,
azione a favore della sua li
bertà e santità del nome di
Dio si trovano ad essere mescolati insieme in un tutto che
ci invita a riflettere con attenzione su come noi viviamo
(o, piuttosto, non viviamo) il
terzo comandamento. È nell’
intreccio tra predicazione e
prassi che si gioca la santificazione 0 la profanazione del
nome di Dio.
Se così è, chi di noi, credenti, può starsene sicuro in
sella senza temere di venire
disarcionato e gettato nella
polvere? «E poiché per lo più
si abusa di questo nome,
quando lo si invoca - diceva
Calvino - prestiamo ascolto
a quel che qui ci è comandato».
Per quanti sforzi possiamo
fare, noi useremo sempre invano il nome di Dio. Perciò,
pur parlando di lui con timore
e tremore, diremo sempre,
come il Signore Gesù ci ha
insegnato: «Sia santificato il
tuo nome», perché la causa
del nome, come quella del regno e della volontà di Dio
non siamo noi a poterla difendere ed affermare, ma Dio, e
lui soltanto.
Battisti
Firmata
l'Intesa
Lunedì 29 marzo, alle ore
11, presso la sala delle Repubbliche marinare di Palazzo Chigi (Roma) il presidente
del Consiglio dei ministri, on.
prof. Giuliano Amato, e il pastore Franco Scaramuccia,
presidente dell’Unione cristiana battista d’Italia (Ucebi), hanno firmato l’Intesa tra
la Repubblica italiana e le
chiese facenti parte l’Ucebi.
L’Intesa è lo strumento giuridico previsto dall’articolo 8
della Costituzione per disciplinare i rapporti e la condizione giuridica delle varie
confessioni religiose in Italia.
La previsione della Costituzione non è stata attuata per
molti anni e solo il 21 febbraio 1984, dopo lunghe trattative, è stata firmata la prima
Intesa tra lo stato e la Tavola
valdese, in rappresentanza
delle chiese valdesi e metodiste. Successivamente lo stato
ha stipulato intese con
l’Unione delle comunità
ebraiche, con le Assemblee di
Dio e con l’Unione delle
chiese avventiste.
L’Intesa raggiunta ora con
l’Ucebi prevede la non applicazione nei confronti dei batti,sti della vecchia legge fascista sui «culti ammessi», riconosce l’autonomia dell’«ordinamento battista», il diritto di
«non avvalersi dell’insegnamento delle religione cattolica», «gli effetti civili del matrimonio» celebrato da un ministro battista, la possibilità di
dedurre la somma massima di
2 milioni di lire relative a offerte per le chiese dell’Ucebi,
la tutela del patrimonio culturale e artistico dell’Ucebi,
l’esenzione di ogni gravame
fiscale per le iniziative di manifestazione del pensiero religioso.
L’Ucebi, per sua scelta,
non parteciperà invece alla ripartizione dell’8 per mille
deirirpef.
(Cronaca, testo dell’Intesa e commento alle pagine 5, 6, 7, 8)
La polemica
sui rotoli
del Mar Moño
pagina 2
All’Ascolto
Della Parola
Il servo
dell’Eterno
pagina 4
L’Intesa
con l’Ucebi
pagine 5, 6, 7 e 8
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PAG. 2
RIFORMA
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VENERDÌ 2 APRILE 19Q-^
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Messaggio del Consiglio delle chiese del Medio Oriente al presidente Clinton
Le chiese del Medio Oriente aspirano
ad una nuova era della politica americana
Il segretario generale del
Consiglio delle chiese del
Medio Oriente (Cerno) ha inviato i propri auguri, a nome
delle chie.se di quella regione
che fu la culla del cristianesimo, al presidente degli Stati
Uniti Bill Clinton.
In una lettera spedita poco
tempo dopo l’insediamento
del presidente, Gabriel Habib
scrive; «Vediamo nel suo
insediamento un segno di
speranza per un avvenire migliore.
Desideriamo una nuova direzione per gli Stati Uniti,
una direzione che possa trasformare il pragmatismo politico e militare, fondato su
concezioni ristrette di interesse e di sicurezza nazionale, in una autentica solidarietà e in una vera condivisione tra nazioni e popoli»
Le chiese del Medio Oriente «aspirano ad una nuova
era della politica americana
nei confi-onti della nostra regione», prosegue Gabriel Ha
bib, e sono preoccupate di vedere che «“il nuovo ordine”
promesso in questa regione
continua ad appoggiarsi sulla forza militare», portando a
«nuove tensioni e alla guerra».
Molti sono coloro che vedono gli Stati Uniti applicare
due misure, «promuovendo la
libertà e l’uguaglianza per i
propri cittadini e appoggiando roccupazione militare e
regimi non rappresentativi
all’estero».
«I popoli del Medio Oriente - continua Habib - continuano a soffrire della divisione, del sottosviluppo economico, di varie forme di discriminazione, di occupazione
militare e di conflitto... Le
nostre speranze di vedere
rafforzarsi la democratizzazione sono rinviate, i redditi
delle nostre risorse naturali
vengono dilapidati e servono
a comprare nuove armi a potenze occidentali, e le nostre
società rimangono povere e
Israele: giovani paiestinesi cristiani nei territori occupati.
sottosviluppate».
Le frustrazioni subite dai
popoli potrebbero trasformare
il conflitto politico in una
guerra religiosa
Il modo in cui i cristiani occidentali hanno trattato gli
ebrei e i musulmani, aggiunge Gabriel Habib, ha reso la
vita ancora più difficile per i
cristiani del Medio Oriente.
«La guerra e la pace, ambedue imposte dall’ Ovest,
hanno trasformato i cristiani
della regione in vittime. Siamo messi da parte perché
siamo impotenti sul piano politico, anche se crediamo che
la forza spirituale e creatrice
di coloro che non hanno alcuna speranza possa anche
trasformare la storia».
Rotoli del Mar Morto: lo studioso ebreo Lapide contesta la tesi di Eisenman
Sarebbe Paolo «l'uomo della menzogna
»
Lo storico americano Robert Eisenman, in un suo libro uscito lo scorso anno,
identifica la comunità di
Qumran, riscoperta attraverso
i rotoli del Mar Morto trovati
in una grotta nel 1947, con la
comunità cristiana primitiva.
Recentemente Pinchas Lapide, studioso ebreo del Nuovo Testamento ha contestato
questa tesi già solo sulla base
della datazione biochimica
dei rotoli finora pubblicati.
Anche dalla maggior parte
dei frammenti fotocopiati,
che sono stati pubblicati in
due volumi da Herschel
Shanks per conto della «Biblical Archological Review»,
risulta evidente - secondo Lapide - che lo sviluppo della
comunità di Qumran «che ha
subito molte metamorfosi
spirituali», già verso la metà
del I secolo a.C. era concluso.
Mentre la comunità cristiana
ha iniziato la sua fioritura
quasi cento anni dopo. Non è
quindi possibile identificare
Qumran con la chiesa primitiva.
Lapide afferma che il metodo usato da Eisenman «non
ha nulla di scientifico». Dei
1800 frammenti pubblicati
Eisenman ne avrebbe «pescati con una scelta assolutamente arbitraria» una cinquantina e quindi, sulla base
di questa scelta, avrebbe fatto
«delle affermazioni totalitarie
e delle dichiarazioni apodittiche».
Ciò vale anche per l’affermazione di Eisenman secondo cui il «maestro di giustizia» citato dai rotoli di Qumran sarebbe Giacomo, il leader della chiesa primitiva e
«l’uomo della menzogna».
scomunicato, sempre secondo
gli stessi testi, sarebbe l’apostolo Paolo. «È incredibile la
fantasia del sig. Eisenman dice Lapide - che con due o
tre particolari riesce a costruire un edificio di sei piani».
Il «decreto di scomunica»
di Qumran, datato fra T80 e il
70 a.C. è un anatema nei confronti di un giudeo che non
viene nominato e non può essere identificato; egli viene
considerato un traditore perchè pare non condivida
l’ascetismo fanatico e le interpretazioni dei seguaci di
Qumran. «Dal punto di vista
degli adepti di Qumran, di
giudei del genere ve n’erano
molti, e ciò valeva probabilmente anche per la comunità degli esseni del MaiMorto».
Lapide critica duramente la
dequalificazione che Eisenman fa dei Vangeli definendoli «favole ellenistiche»;
«Non è certo un contributo
positivo al dialogo ebraicocristiano». Per quanto riguarda l’identificazione di Eisenman tra Gesù e l’immagine guerriera del Messia in
Qumran, il teologo ebreo sottolinea che nei documenti di
Qumran non si parla mai di
un Messia venuto, ma di un
Messia atteso con grande impazienza. «Come può Eisenman, che afferma di non conoscere Gesù, parlare di questa persona a lui ignota come
del Messia di Qumran?».
Non c’è nulla che giustifichi
queste conclusioni, secondo
Lapide.
Può essere che Gesù negli
anni della sua formazione abbia trascorso un po’ di tempo
a Qumran, che era certamente
un centro dove si recavano
molti giudei motivati teologicamente e alla ricerca della
verità. Ma Gesù non era certo
stato un membro della comunità essenica con i cui insegnamenti si trova in genere
in disaccordo.
Anche Paolo potrebbe aver
trascorso, più tardi, qualche
anno presso di loro. «Se indaghiamo con attenzione - dice
Lapide — notiamo in entrambi
una scelta eclettica di insegnamenti qumranici, che talora vengono riconosciuti come validi, talaltra modificati
e spesso respinti».
L’eventuale momentanea
presenza di entrambi a Qumran testimonierebbe «soltanto
un desiderio di approfondimento intellettuale e teologi
co, non certo una identificazione con gli esseni».
Eisenman - conclude Lapide - affronta dei problemi
teologici assai difficili con
una “sfrontatezza incredibile.
Come se uno volesse scrivere
la storia della seconda Guerra mondiale cominciando con
r affermazione: Churchill non
so chi sia” ».
Il documento è stato firmato nel 1973
La Concordia di
Leuenberg ha 20 anni
La Concordia di Leuenberg (Svizzera) è un documento firmato nel 1973 dalla
quasi totalità delle chiese
riformate e luterane d’Europa, nonché da alcune chiese
unite e dalla Chiesa valdese
(circa 80 chiese).
Questo documento che dichiara e stabilisce tra queste
chiese d’Europa una piena
comunione ecclesiale (intercomunione e intercelebrazione) è il risultato di un dialogo teologico nazionale e intemazionale, che pone fine ai
dissensi ereditati dal XVI secolo.
Questo lavoro è assicurato
da una struttura molto leggera; un Comitato esecutivo
(precedentemente chiamato
Comitato di coordinamento)
e un segretario che agiscono
sotto l’impulso e il controllo
dell’Assemblea generale che
si riunisce cigni 6 anni circa
(la 4° assemblea è prevista
per il 1993).
Il mutuo riconoscimento
dei ministeri (predicazione e
sacramenti), una comprensione comune dell’Evangelo
(resa possibile dall’evoluzione storica delle chiese e da
una migliore interpretazione
delle intenzioni fondamentali
dei Riformatori), hanno così
permesso di dichiarare superate le condanne del passato.
La «Concordia» non è una
confessione di fede né un
tentativo di unificazione organico. Questo termine proviene dal XVI secolo, in particolare dalla «Concordia di
Wittenberg» del 1536, tra
Lutero e Bucero, firmata anche da Calvino, che offriva
un tipo di accordo e un metodo per superare le divisioni
teologiche.
Da quando si sono costituite, le chiese nate dalla Riforma non hanno mai conosciuto l’unità. Esse avevano
dottrine differenti sulla Cena,
il Cristo e la predestinazione.
11 posto e il ruolo della confessione di fede è senz’altro
oggi il maggiore punto di divergenza tra riformati e luterani.
Questi ultimi le attribuiscono un’importanza decisiva per constatare l’unità e
fanno della giustificazione
per fede l’interpretazione
privilegiata dell’Evangelo.
I riformati hanno molte
confessioni di fede per cercare di preservare la ricchezza
e la libertà della Parola di
Dio. (Bip)
Mondo Cristiano
Premio Paolo VI a
Oscar Cullmann
PARIGI — Il premio intemazionale Paolo VI, di 64.000
dollari, è stato assegnato al teologo protestante francese Oscar
Cullmann. Originario di Strasburgo, amico personale di Paolo
VI, Oscar Cullmann ha dedicato la propria vita alla promozion?
dell’unità dei cristiani. ^
Egli è autore, tra l’altro, di «Unité dans la diversità» (Cerf
1986) e di «Les Voies de l’Unité chrétienne» (Cerf, 1992).
Laurea ad honorem per
Rigoberta Menchù
EL SALVADOR — Rigoberta Menchù, guatemalteca, prernio Nobel per la pace, ha ricevuto il 2 febbraio la laurea honoris causa dall’Università di E1 Salvador. Nel motivare il
conferimento del dottorato il rettore, Fabio Castillo, ha menzionato la lotta «per i diritti degli indios in Guatemala e nell’America Latina». Rigoberta Menchù ha 33 anni, è una indiana quiche e ha imparato a leggere e a scrivere solo da adulta. Attualmente vive in Messico e ha compiuto una brevissima visita di
due giorni a E1 Salvador per ricevere il riconoscimento. Il governo del paese ha informato che non è stato possibile incontrare il presidente Alfredo Cristiani a causa di impegni da lui
precedentemente assunti.
Università battista in Indonesia
BANDUNG — Dopo molti anni di tentativi l’Associazione
battista indonesiana di Bandung ha ottenuto il permesso di
aprire un centro universitario nella città che inizierà corsi di
economia, di teologia e attiverà anche dei corsi per la preparazione di quadri ecclesiastici per l’isola di Giava.
Rinnovamento religioso
in Albania
TIRANA — Unico stato ad aver conosciuto un regime strettamente ateo, l’Albania si è appena aperta a un atteggiamento
meno ostile nei confronti della religione. Una delegazione del
Consiglio ecumenico delle chiese lo ha recentemente constatato in occasione di un viaggio nel paese. La delegazione era
composta di ortodossi, cattolici e protestanti.
Sul posto, la delegazione ha rilevato che una cinquantina di
imrnobili ecclesiastici, che durante il regime comunista erano
stati trasformati in cinema, bar, ristoranti e palestre, è stata rinnovata e restituita al culto ortodosso. La presenza ai servizi religiosi è notevole e continua a crescere. L’interesse per la Bibbia è importante, anche tra gli atei.
Un primo progetto di legge sulle confessioni religiose
. riconosceva soltanto l’Islam, l’ortodossia e il cattolicesimo romano. Questa legge è ora in fase di revisione; essa dovrebbe
garantire una libertà religiosa completa. Secondo una fonte
«evangelica» l’Albania, la cui popolazione è di 3,1 milioni di
persone, conterebbe quasi un milione di musulmani, 160.000
ortodossi e 124.000 cattolici.
I protestanti «evangelici» contano 25 comunità con circa
5.000 membri. Sono essenzialmente battisti, avventisti e pentecostali.
Russia: incontro tra ortodossi
e metodisti
MOSCA — Responsabili della Chiesa metodista unita degli
Stati Uniti e della Chiesa ortodossa russa hanno deciso, in un
incontro svoltosi nel gennaio scorso, di formare una commissione comune allo scopo di disinnescare alcune tensioni causate dalle attività dei metodisti in Russia.
Secondo «Religious News Service», l’incontro fa seguito alle
preoccupazioni espresse da alcuni ortodossi di fronte al manifestarsi di gruppi evangelici protestanti in Russia dopo lo smantellamento dell’Unione Sovietica. Per Bruce Robbins, segretario generale della Commissione dell’unità cristiana metodista,
anche se «la Chiesa ortodossa russa mette i metodisti uniti in
una categoria diversa rispetto alla moltitudine di gruppi religiosi», il patriarca Alessio II ha manifestato una certa preoccupazione riguardo alle loro attività.
I partecipanti, precisa una dichiarazione comune, hanno esaminato «l’evolversi della situazione tra le due chiese, e discusso degli sforzi umanitari dei metodisti uniti, dello sviluppo delle parrocchie e della creazione di un ufficio episcopale metodista unito a Mosca». L’incontro è sfociato su «un reimpegno nei
confronti della lunga relazione» tra le due chiese, «partner ecumenici, in particolare nel quadro del Consiglio ecumenico delle
chiese».
Nell’agosto scorso i metodisti uniti hanno nominato Ruediger Minor a capo dell’Ufficio episcopale di Mosca, la cui apertura è stata autorizzata nel 1992 dalla Conferenza generale della chiesa. Ruediger Minor si dedicherà a promuovere lo sviluppo delle comunità metodiste nell’ex Urss e i rapporti con la
Chiesa ortodossa russa, in particolare nel campo dell’aiuto
umanitario.
Battesimi in India
GUWAHATI — Il pastore battista Runa Ao, di Guwahati,
nello stato indiano dell’Assam, ha battezzato 16 nuovi convertiti della tribù Amri Kabi. I battesimi sono stati amministrati il
giorno di Natale del 1992 in un freddo torrente di montagna.
3
VENERDÌ 2 APRILE 1993
Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Interessante iniziativa culturale
Studenti romani
scoprono le chiese
Il 19 marzo si è svolto a
Roma un incontro fra le
classi 3F, 4F, 5F e 3E del liceo scientifico «Pitagora» accompagnate dai proff. Tiziana De Amicis, Dario De Luca
e Franco Giuseppe Maccarrone e la comunità valdese nel
tempio di piazza Cavour.
L’iniziativa rientra in un programma di' scambi culturali
fra i giovani e le diverse
realtà religiose.
La teologa Maria Bonafede, pastora di questa chiesa,
ha brevemente illustrato l’origine del movimento sorto
nella Francia meridionale nel
XII secolo e le innumerevoli
persecuzioni di cui fu vittima
a partire dal 1181 e dalla pubblicazione della Bolla «Ad
abolendam» di Lucio III. Nel
settembre 1532 il Sinodo di
Chanforan decise poi l’adesione alla Riforma. Si aprì in
seguito un nuovo periodo di
persecuzioni terminato in Italia con il decreto del 17 febbraio 1848 che attribuiva ai
valdesi i diritti civili.
Il discorso, dopo l’excursus
storico, si è incentrato sui
fondamenti ecclesiologici; la
Bibbia quale base di fede e
verità; la negazione della
transustanziazione; il diniego
della validità della messa, del
culto dei santi e dei morti; il
rifiuto dei «verticismi»; la
struttura democratica della
chiesa, il sacerdozio di tutti i
credenti e il medesimo potere
dato a ogni membro.
I ragazzi, interessati, hanno
rivolto domande precise motivate non solo da curiosità.. Si
sono affrontati temi come il
rapporto con lo stato («libera
chiesa in libero stato», secondo l’affermazione di cavouriana memoria); che cosa significhi essere minoranza e quotidianamente testimoniare la
propria fede mediante il culto,
la preghiera, l’azione sociale e
una preparazione puntuale e
rigorosa di ciascun appartenente alla comunità; come
quest’ultima si pone di fronte
agli attuali problemi etici e sociali: aborto, immigrazione,
contraccezione, eutanasia.
I giovani hanno ricevuto risposte oneste, che miravano
alla tutela, al diritto e alla dignità della libertà di scelta,
purché dettata dalla coscienza
e dal rispetto di se stessi e degli altri nei rapporti che l’essere umano si crea nella vita.
Gli studenti, fra i 16 e i 18
anni, hanno manifestato solidarietà e rispetto per la capacità di «resistenza» dimostrata dai valdesi nel corso
della storia, per la loro forza
di testimoniare e vivere la fede con un ardore che può nascere solo da Dio e dalla
profonda consapevolezza di
essere oggi una minoranza:
ma in futuro?
L’incontro si è concluso con
la visita alla Facoltà di teologia e alla biblioteca, che vanta
diversi incunaboli e numerosi
volumi non reperibili altrove.
Chiesa valdese di Catania
Casa della solidarietà
CLARA PANASCIA
La «Casa della solidarietà», protagonista di
una serie di interessanti collaborazioni e iniziative con
gruppi extra-comunitari, è un
progetto creato e gestito dalla
Chiesa valdese di Catania
che, consapevole del carattere
di multirazzialità della nostra
società, si è impegnata nel
rapporto con varie comunità,
religiose e non, di origine extraeuropea. Già da diversi anni, per esempio, il rapporto
con la comunità eritrea costituisce un esempio concreto su
come il semplice offrire dapprima dei punti di incontro,
poi l’organizzare dei corsi di
alfabetizzazione, si sia risolto
anche in un rapporto di amicizia e di scambio culturale.
Con la comunità senegalese, creatasi a poco a poco e
con difficoltà iniziali di tipo
pratico davvero enormi, si è
seguito un lungo iter di lavoro e assistenza, per poter inizialmente adibire a comunità
alloggio il largo spazio che si
trova presso il tempio di via
Naumachia, in pieno centro
storico.
Lo stesso spazio successivamente è stato denominato
«Casa della solidarietà», cioè
essenzialmente un punto d’incontro, uno spazio libero per
chi si trova lontano dalla terra
d’origine, nella necessità di
perpetuare certe proprie abitudini religiose e di vita anche per ragioni di identità
razziale, oltre che individuale.
Qui il rapporto recente, ma
cordialissimo, con il gruppo
mauriziano Tamil ha portato
la condivisione di momenti di
festa, come il rito «Cavadee»,
che si ripeterà a maggio, e la
possibilità di conoscere meglio r induismo e il carattere
della popolazione Tamil.
Questa generosa e simpatica
comunità ha ricreato in uno
spazio definito, all’interno
della «Casa», un tempietto
dove avere i propri momenti
di culto.
Importante sottolineare che
si è svolto, ancora presso la
«Casa», un raduno regionale
di musulmani senegalesi, in
occasione di una loro festa religiosa nazionale. E, ancora
tramite la nostra chiesa che
ospita attualmente un gruppo
di ragazze senegalesi, si è
creato una sorta di mercato
del lavoro per chi cerca una
sistemazione e che ha la sua
utilità, oltre che nella ricerca
di un’occupazione, anche nel
garantire il lavoratore extracomunitario dallo sfruttamento.
Nino Scuderi è l’animatore
del progetto, sia per quanto
concerne l’assistenza-ricerca
di abitazioni, lavoro, aiuti immediati ecc., sia per il coordinamento delle attività; capace
di coinvolgere nell’impegno,
come per altre attività della
chiesa, elementi della comunità e simpatizzanti.
A distanza di alcuni anni
dall’inizio di questo lavoro,
l’intensità dei rapporti umani
e r arricchimento culturale reciproco, ripagano certamente
delle difficoltà incontrate, in
termini concreti di dialogo
positivo tra culture e popoli
differenti nel segno della fratellanza e di una civiltà precorritrice del futuro.
MONACHE
TORRE PELLICE — È con gratitudine al Signore che
riconosciamo che un buon numero di giovani della nostra comunità è seriamente impegnato in vari campi di
attività. Questa è una constatazione che abbiamo potuto
fare anche domenica 14 marzo quando, in occasione
della giornata che prevede la colletta speciale per la
Egei, il culto è stato interamente a cura dei giovani:
dalla parte liturgica, alla riflessione, al canto del coretto. Ci auguriamo che sempre altri giovani trovino in
questi spazi la gioia dello stare e crescere insieme.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunziato in
occasione dei funerali di Elda Eynard ved. Giordan,
Emilio Gatti, Sandro Sarti, Valdo Rivoira.
VILLAR PELLICE — La corale di Torre Pellice, diretta
dal m.o Ferruccio Corsani, ha animato la serata musicale di sabato 13 marzo, che ha avuto come oggetto il
Credo, le cui proposizioni, dopo un brevissimo commento, sono state accompagnate, sottolineate e commentate da inni dell’innario. Esprimiamo viva gratitudine a questi amici e alla corale locale, cbe ha organizzato il lieto momento comunitario che ha seguito il
concerto, le cui offerte sono state devolute per la manutenzione dei nostri stabili.
• Siamo grati a Albert Lazier per il messaggio che ci ha
rivolto nel culto da lui presieduto.
• Ci rallegriamo con Giovanni Charbonnier e Stefania
Berruti per la nascita della primogenita Sabina e auguriamo ogni bene nel Signore a lei e ai genitori.
• Durante il culto della Domenica delle palme saranno
accolti quali nuovi membri responsabili della chiesa
attraverso il battesimo o la confermazione Alessia Barolin, Roberta Barolin, Doris Bonjour, Monica
Cbarbonnier, Alain Cogno, Cristelle Cordin, Daniele Costantino, Olivier Davit, Patrick Demaria, Danilo Garnier, Isella Garnier, Bruna Geymet, Adriano
Geymonat, Stefania Geymonat, Consuelo Giordan,
Daniele Giordan, Donatella Gonin, Alberta Gönnet,
Michel Lausarot, Michel Pascal, Gabriele Tuminello.
SAN GERMANO — È un tempo particolarmente denso
quello che prepara la Pasqua per la nostra chiesa. Si è
iniziato sabato 20 marzo con un concerto di musica sacra organizzato dalla corale, con la collaborazione delle
voci femminili della corale di Villar e Bobbio Pellice,
dirette da Gisela Lazier, le voci soliste di Elena e Irene
Martin e Riccardo Bertalmio e gli strumentisti Efix Puleo, Daniele Griot, Tonina Roberti e Walter Gatti.
Nel corso della serata sono state eseguite musiche di
Bach, Lübeck, Monteverdi e altri. Il numeroso pubblico ha dimostrato di apprezzare l’iniziativa e la qualità
delle esecuzioni.
Il giorno successivo, nel corso di un’assemblea di chiesa, è stato affrontato il tema del disagio giovanile e delle risposte che può offrire la chiesa. Nel corso del dibattito sono stati toccati molti temi, senza però riuscire
a esaurire un argomento così vasto. L’assemblea ha dato pertanto mandato al Concistoro di promuovere un
gruppo di lavoro che prepari un nuovo incontro da tenere entro breve termine, in cui si esamini tra l’altro la
richiesta di avere nel circuito un posto di animatore
giovanile.
• Il Concistoro intanto incontra i catecumeni che hanno
fatto domanda per diventare membri di chiesa, a dimostrazione del fatto che il tema del rapporto con i giovani è sempre di attualità. La confermazione è infatti imminente, con il suo portato di speranze e di timori; non
dimentichiamo però che questo è anche il tempo in cui
la chiesa si deve raccogliere nella preghiera per i suoi
giovani a cui è richiesta una dichiarazione di fede.
PRAROSTINO — L’assemblea di chiesa del 21 marzo
ha nominato come delegati alla Conferenza distrettuale
Laura Griglio e Laura Avondet; deputati al Sinodo
Laura Griglio e Amilda Gay.
• Il 4 aprile. Domenica delle palme, sei catecumeni
confermeranno il loro battesimo: Marta Bertorello,
Raffaele Costantino, Katia Gay, Elisa Long, Raffaella Paschetto, Patrick Rostagno. Sarà un’occasione di gioia e fraternità espressa anche nel pomeriggio
organizzato per loro e le famiglie dall’Unione femminile.
• La comunità si è raccolta intorno ai familiari di Enrichetta Revel Paschetto, Emilio Odino e Clementina
Jenny Robert, deceduti nelle ultime settimane, ed
esprime la sua simpatia alla sorella Dora Liliana Paschetto per la perdita della mamma.
CUNEO — Nei locali della Charitas diocesana, per il
programma di «Formazione ecumenica» curato dal Comitato ecumenico ha avuto luogo, il 10 marzo 1993, un
incontro su La Riforma protestante, dalla prospettiva globale alla realtà nella nostra provincia.
Si è trattato del primo di una serie di incontri che mirano ad un ulteriore sviluppo dei contatti fra cattolici ed
evangelici della città.
Il pastore della Chiesa evangelica di Cuneo, Herbert
Anders, ha presentato una visione globale della Riforma, soffermandosi sul pensiero di Lutero, Zwingli e
Calvino e illustrando la realtà ecclesiastica del battismo. Emanuele Locci ha poi rievocato brevemente la
storia della Riforma e Controriforma in Cuneo e provincia, per passare poi agli ultimi decenni dell’800 con
il rispuntare di germogli evangelici a Cuneo, Castelletto Stura, Mondovì, Verzuolo ecc., fino a giungere
all’apertura al pubblico di un locale evangelico in Cuneo nell’ultimo dopoguerra.
I vari interventi al dibattito che è seguito hanno fatto
notare molto interesse all’argomento presentato.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Nel corso del culto della Domenica delle palme saranno ammessi come membri comunicanti della nostra chiesa, ricevendo il battesimo o confermandolo. Vanni Avondet, Stefano Bellion, Davide Boiero, Barbara Bolognesi, Ketty Borno. Marco Caffarel, Emanuele Cannariato, Enrico
Chiavia, Stefano Gamba, Federico Gaydou, Gisella
Gaydou, Ivan Malan, Alessandra Mariotti, Maurizio Pons, Vera Pons, Floris Trombotto. Il Signore
aiuti questi giovani a vivere giorno dopo giorno i suoi
insegnamenti e a essere sempre disponibili al servizio
di Cristo e della sua chiesa.
• L’assemblea di chiesa ba eletto quali deputati al Sinodo Daniele Gardiol e Sergio Turtulici (supplente Enrico Fratini); come delegati alla Conferenza distrettuale
Mario Geymonat, Paola Pontet, Luciano Jourdan
(supplente Franca Pecchia).
• Come già negli anni scorsi da aprile a ottobre, presso
la cappella dei falla, alle ore 18, si terranno i culti domenicali. Il primo appuntamento è per domenica 4
aprile.
POMARETTO — La comunità si rallegra con Luca Malatesta e Lucia Bounous per la nascita di Roberta, alla
quale diamo un cordiale benvenuto.
BOBBIO PELLICE — Domenica 4 aprile avremo il culto alle ore 10, con battesimi e confermazioni a cui parteciperà la corale. Saranno battezzati Elisa Charbonnier, Enrica Charbonnier, Paolo Charbonnier, Patrizio Gönnet. Saranno confermati Monica Bertramino, Ivana Cairus, Ivan Charbonnier, Giovanni Michelin Salomon, Erica Rostagnol. Tutti loro confesseranno la loro fede in Cristo.
• Venerdì 9 aprile, alle 21, avremo il culto con Santa
Cena. Domenica 11, Pasqua, il culto alle 10 prevederà
la Santa Cena a cui parteciperanno anche i nuovi membri di chiesa.
SAN SECONDO — Domenica 4 aprile, alle 10, ci sarà il
culto con confermazioni (Davide Coucourde, Paola
Gardiol, Manuela Gay, Cristian Ribet) e battesimi
(Cristian Basso, Daniele De Stefanis, Elisa Morero).
Giovedì 8, alle 20,30, ci sarà il culto con Santa Cena;
venerdì 9 culto alle ore 10; la domenica di Pasqua, culto con Santa Cena alle 10.
• Ringraziamo Rino Cardon e Attilio Fornerone che
hanno predicato le ultime domeniche di marzo.
VILLASECCA — L’inverno ecclesiastico, che di solito
è la stagione più attiva, è stato disturbato anche da noi
come presso tutte le chiese di alta valle dalla copiosa
nevicata di inizio marzo, che ha costretto a sospendere
alcune riunioni quartierali.
Tuttavia il grosso momento di riaggregazione rappresentato dal XVII febbraio ba lasciato anche quest’anno
un ricordo gradevole, con i falò, il culto con Santa Cena a Villasecca, l’agape fraterna a cui ha partecipato
Gabriella Ballesio dandoci alcune interessanti informazioni sulle sue ricerche d’archivio.
I giovani della filodrammatica si sono esibiti con una
commedia brillante e con una farsa di Franco Roberto
sabato 27 febbraio (con partecipazione della Banda
musicale di Pomaretto), domenica 28 febbraio e, nuovamente, sabato 27 marzo, questa volta con la partecipazione del coro Eiminàl. Vivamente applauditi sia gli
attori sia i suonatori e i cantori.
Ci accingiamo ora alle celebrazioni pasquali. Domenica 4 aprile avremo il piacere di avere ben sette giovani
che saranno ammessi come membri di chiesa, i nostri
catecumeni Federico Barus, Francesco Massel, Patrick Massel, Ivana Peyronel, Fabrizio Tron, a cui si
aggiungono Luca Civra, che proviene dal cattolicesimo, e Tatiana Ghigo, che ha chiesto di essere battezzata dopo aver ricevuto dalla famiglia un’educazione laica con libertà di scelta tra la Chiesa valdese e la
Chiesa cattolica.
• Lunedì 5 aprile, alle 14.30, ci sarà il culto di Pasqua a
Bovile. Venerdì 9, alle 10, culto del venerdì santo a
Chiotti. Domenica 11, ore 10, culto ai Chiotti con Santa Cena.
PRAMOLLO — Domenica 21 marzo si sono sposati
Vanda Bounous e Roberto Vicino. Ci rallegriamo con
loro e chiediamo a Dio di benedire la loro vita.
• Sabato 20 marzo abbiamo trascorso una piacevole e
interessantissima serata: dopo una cena comunitaria
Dario Tron e due suoi compagni di viaggio ci hanno
presentato le diapositive scattate durante il loro soggiorno in Madagascar, l’estate scorsa. Abbiamo così
conosciuto, sia pure indirettamente, una realtà molto
diversa dalla nostra, dove i fiori e il paesaggio sono
meravigliosi ma dove la vita è molto più dura, perché
c’è una povertà che neppure immaginiamo e i bambini
sono contenti se hanno due vasetti dello yogurt o uno
spago per giocare... Tutto questo ci ha aiutati a riflettere anche sulla nostra condizione e ci siamo resi conto
che dobbiamo per lo meno essere grati per tutto quello
che abbiamo, che consideriamo appena sufficiente,
mentre per molti meno fortunati sarebbe una ricchezza
immensa. Un grazie di cuore anche a chi ha lavorato
per preparare l’ottima cena.
• Durante il culto della Domenica delle palme, tre giovani catecumeni chiederanno di entrare a far parte della
comunità confermando il loro battesimo: Cinzia Long,
Etra Martina! e Diego Long.
• Ci ha lasciati, all’età di 84 anni, il fratello Emilio Plavan. Ai familiari la solidarietà cristiana della comunità.
4
PAG. 4 RIFORMA
Della Parola
^ ^ -I * ‘ :
VENERDÌ 2 APRILE 19Q>^
IL SERVO
DELL'ETERNO
BUGCERO MARCHETTI
uesto testo è Tultimo di
una serie di canti che,
nella seconda parte del libro
di Isaia, presenta la misteriosa e affascinante figura di un
«servo deH’Eterno», il quale
giungerà alla sua gloria e
condurrà gli uomini alla salvezza attraverso tutta una serie di sofferenze che dovrà
subire.
In questo canto, in particolare, la missione del servo è
vista come già compiuta; egli
è stato ormai glorificato, tutti
hanno riconosciuto il significato e la portata universale
della sua missione, e «coloro
che erano inorriditi dinanzi
al suo aspetto sofferente e sfigurato, ora sono pieni di meraviglia, e sono ammutoliti,
perché si rendono conto di
quello che, sinora, non ave
e umiliava»), e dall’altro lato
non si può non esultare di
gioia perché adesso sappiamo
che, proprio in quest’uomo
umiliato e offeso, Dio stesso
ha agito e ci ha donato la salvezza. Ecco; questo è il servo
dell’Eterno. Una figura davvero impressionante, che attinge gli estremi della umiliazione più totale, fino ad essere «stritolato con la sofferenza», e al tempo stesso
viene «innalzato, elevato ed
esaltato» al di là di ogni
grandezza umana sino a aver
parte alla gloria stessa di Dio.
Un uomo che «non ha
splendore né prestanza per
attirare gli sguardi e che nessuno può apprezzare» ma che
proprio in questo modo «folle», così come è folle l’agire
di Dio, porta a compimento le
«Disprezzato e abbandonato dagli uomini,
uomo di dolore, familiare col patire,
pari a colui dinanzi al quale ciascuno
si nasconde la faccia,
era spregiato, e noi non ne facemmo
stima alcuna.
E, nondimeno, eran le nostre
malattie elisegli portava,
erano i nostri dolori quelli di cui
s’era caricato;
e noi lo reputavamo colpito,
battuto da Dio, ed umiliato!
Ma egli è stato trafitto a motivo
delle nostre trasgressioni,
fiaccato a motivo delle nostre iniquità;
il castigo, per cui abbiam pace,
è stato su lui,
e per le sue lividure noi abbiamo
avuto guarigione.»
(Isaia 53, 3-5)
vano compreso affatto».
Si rendono cioè conto che
quest’uomo che essi avevano
disprezzato, ripudiato e dato
in preda alla sofferenza, in
realtà è la sola fonte di giustificazione e di salvezza davanti a Dio. Che mentre era
«condotto al macello e umiliato e condannato», in realtà
egli portava in silenzio le iniquità degli uomini e pagava,
innocente, per tutti...
E allora davvero, davanti a
questo eletto di Dio che, per
la fedeltà alla vocazione ricevuta, ha accettato di essere
imprigionato, condannato,
trafitto e schiacciato; che è
giunto sino ad es.sere colpito
a morte ad opera di iniqui e
ad essere sepolto innocente
insieme agli empi e ai malfattori, non si può ora non
provare da un lato rimorso e
pena (egli soffriva tutto questo per noi, e «noi lo ritenemmo un peccatore che Dio
stesso giustamente castigava
promesse e le speranze di
Israele.
E lui, infatti, «il profeta simile a Mosè sulla cui bocca
Dio porrà la sua parola», atteso sin dai tempi dell’Esodo
(cfr. Deuteronomio 18, 15
ss); è lui «il discendente di
Davide che consoliderà per
sempre il trono» in Giuda e
in Israele (cfr. 2 Samuele 7,
12 ss); ed è ancora e sempre
lui «il rampollo uscito dal
tronco di ¡esse sul quale riposerà lo spirito del Signore e
che recherà la pace al mondo» (cfr. Isaia 11,1 ss).
Il «servo di Dio»
A questo punto in tutti noi
sorge, spontanea e scontata, una domanda; chi è il
«servo di Dio» cantato dal
Secondo Isaia?
Da duemila anni, sin dalle
sue primissime origini, la fede cristiana ha visto in Gesù
il pieno compimento di que
sta profezia; Gesù è stato ed è
il vero e solo «servo dell’
Eterno».
E così, già nel Nuovo Testamento, troviamo citati alcuni versetti di questo e degli
altri canti del servo di Dio a
illuminare e a darci il senso
pieno della passione, della
morte, della risurrezione di
Gesù; egli è colui che «ha
portato le nostre infermità, si
è addossato i nostri dolori» e
che «è stato condotto al macello come un agnello, e come pecora muta davanti ai
tosatori non ha aperto bocca»', colui che «è stato strappato dalla terra dei viventi ed
è stato percosso a morte per
le nostre iniquità».
E Gesù che «è stato sepolto
con gli empi, benché non
avesse commesso violenza e
non vi fosse inganno sulla
sua bocca»', ed è ancora e
sempre Gesù che è stato poi
«grandemente esaltato» nella
sua risurrezione e così, davanti a lui, «i re e le nazioni
sono rimasti attoniti e stupiti».
Ecco; se c’è nella Scrittura
una profezia che sembra aver
trovato pienamente e meravigliosamente il suo compimento nella storia, è proprio
questa; sono proprio questi
oracoli sul servo di Dio che,
ancora oggi, ci lasciano sbalorditi e impressionati e costituiscono per noi una delle testimonianze più significative
che veramente Gesù è il Messia atteso e sognato da Israele, e che davvero la parola
della Bibbia non è una semplice parola umana, ma la Parola dell’Iddio vivente.
Un'altra ipotesi
A questo punto vorrei però
allargare la nostra riflessione ad un’altra ipotesi che è
stata ed è ancora portata
avanti circa l’identità del «ser
vo di Dio».
Facendo ricorso a questa
immagine, si dice, il profeta
non pensa tanto a una singola
persona, a un individuo ben
preciso, ma piuttosto il servo
è per lui il simbolo del popolo di Israele tutto intero, nella
sua missione nell’ambito della storia universale.
E a favore di questa ipotesi
abbiamo tutta una serie di argomenti non trascurabili; i
canti del servo fanno parte,
abbiamo detto, della seconda
parte del libro di Isaia. Ebbene, qui sovente Israele è chiamato dal profeta «servo di
Dio», e allora il contesto potrebbe far pensare che anche
il «servo» di questi canti sia il
popolo visto nel suo insieme.
Inoltre dobbiamo sempre
ricordare che questi testi sono
stati scritti all’epoca dell’esilio in Babilonia e che, allora,
l’autore può benissimo parlare delle sofferenze del servo
pensando alle terribili sofferenze del suo popolo sconfitto, massacrato e deportato.
E infine, e questa è forse la
prova più convincente, nel
secondo canto del servo, Dio,
rivolgendosi a lui, dice esplicitamente; «Tu sei il mio servo, Israele, nel quale mi voglio gloriare» (49, 3). Ecco
che allora qui il servo di Dio
è, in modo molto chiaro,
identificato con la totalità del
popolo di Dio.
Cosa pensare di tutto questo?
Io credo che in questi canti
vi sia una profonda «ambiguità», una duplice valenza.
Hieronymus Bosch, “Via Crucis
per cui la figura del servo ora
è chiaramente un individuo
che deve, ad esempio, «radunare Israele» (49, 5) e che
perciò non può essere identificato con il popolo stesso; e
altre volte invece è una figura
collettiva che sintetizza in sé
tutto Israele nella sua vocazione e nella sua missione sovente dolorosa di popolo eletto da Dio per essere una
benedizione per tutti gli altri
popoli della terra.
Credo sia bene conservare,
senza cercare di risolverla,
questa «ambiguità». E allora,
se l’identificazione «servoGesù» è e rimane legittima
sotto tutti gli aspetti, ci è consentito d’altra parte sostenere
anche la verità dell’altra
identificazione «servo-Israele».
Il popolo d'Israele
Q uesto ci permette di avviare una breve riflessione teologica sull’adempimento della profezia del servo nella storia del popolo
ebraico dall’evento-Gesù in
poi.
Già a meno di quarant’anni
dalla morte di Cristo sulla
croce, le legioni di Roma si
avventeranno contro Gerusalemme, la distruggeranno totalmente e disperderanno gli
israeliti su tutta la faccia
dell’Impero.
Segue la lunga, tragica storia dei rapporti degli ebrei
con i cristiani. Una storia fatta di emarginazione, di maledizioni (i «perfidi giudei che
hanno messo a morte il Figlio
di Dio»), di persecuzioni, di
ghettizzazioni. Una storia che
avrebbe dovuto quasi fatalmente portare alla scomparsa
di questa gente, senza più una
patria, senza più una terra,
senza più diritti.
E invece, pur martoriato e
umiliato, Israele vive! E questo è davvero un grande mistero!
Tutti gli altri grandi popoli
dell’antichità via via scompaiono, inghiottiti dalla ruota
sempre in movimento della
storia; sono più potenti, più
forti, più saldi di Israele. E
spariscono... Israele no...
Animato da una forza straordinaria, esso continua lungo i
secoli e lungo i millenni il
suo cammino.
E un cammino duro il suo,
bagnato di lacrime e spesso
di sangue. Pure Israele va...
Procede in mezzo a uomini e
donne che lo odiano e lo colpiscono, davvero ben rappresentato dalla figura leggendaria eppure tanto vera dell’
«ebreo errante», condannato
ad andare ramingo per l’eternità senza mai poter morire e
senza avere dove poggiare il
capo, lungo il fluire delle generazioni.
E così arriviamo ai nostri
giorni, al nostro civile «bestiale» XX secolo. E quando
la disumanità dei nostri contemporanei arriva al suo culmine, quando un uomo folle
ma dal potere demoniaco che
gli consente di impossessarsi
della coscienza di quello che
pure è uno dei più grandi e
civili popoli del mondo,
quando Adolf Hitler scatena
la più grande guerra, il più
grande macello di uomini e di
donne che la storia ricordi,
ecco che egli mette in pratica
le sue farneticazioni sulla
«soluzione finale» del problema ebraico.
E così, al cuore di questa
carneficina, c’è Israele. C’è
Auschwitz. C’è l’olocausto di
questo popolo, chiamato a
soffrire come mai in passato
e a riassumere, nelle sue terribili sofferenze, gli spasimi di
tutto un mondo impazzito.
E poi, anche dopo l’olocausto, altre lotte, altre guerre, altri odii coinvolgono
Israele, ora ancora vittima e
ora carnefice, ma comunque
sempre alle prese con l’odio e
con la sofferenza...
Ecco. Proviamo a pensare a
questa lunga, dolorosa, meravigliosa sopravvivenza di
Israele.
E proviamo ad applicare a
questa storia lunga ormai
duemila anni la profezia del
servo deH’Etemo, alcune delle parole del canto di Isaia
che oggi è risuonato in mezzo
a noi; «Molti si stupirono di
lui, talmente sfigurato era il
suo aspetto... disprezzato, ripudiato dagli uomini, uomo
dei dolori che ben conosce il
patire... noi lo ritenemmo come un castigato, un percosso
da Dio ed umiliato... al Signore piacque stritolarlo con
la sofferenza...».
Non toccano forse, queste
parole, così come il cuore
della sofferenza di Gesù, anche il cuore della sofferenza
di Israele?
E allora... se le cose stanno
così, dobbiamo applicare a
questo che è e rimane il popolo di Dio anche le altre parole di questo oracolo. Dobbiamo riconoscere che Israele
è stato «trafitto a causa dei
nostri peccati, schiacciato a
causa delle nostre colpe».
Che questo popolo «ha offerto» se stesso e la vita di
tanti suoi figli «in sacrificio
di espiazione». E che così
«grazie a lui si compie la volontà del Signore». Accanto
all’uomo-messia, il popolomessia. Accanto a Gesù crocifisso sul Golgota, Israele
crocifisso sull’altare delia
storia!
E lecito questo accostamento che forse a molti potrà
sembrare blasfemo? Per me
sì, anche se - certo - non
possiamo e non dobbiamo dimenticare che, diversamente
da Gesù, Israele non è innocente ma, come tutti noi, porta il peso dei propri peccati.
Pure, se guardiamo le cose da
un punto di vista teologico
(dalla prospettiva di Dio e
non da un’ottica umana), io
penso sia lecito, e sia anche
affascinante vedere in qualche modo il popolo di Dio e
il Figlio di Dio nato da questo
popolo uniti nella missione di
«pagare» per la salvezza del
mondo.
Ed è anche bello allora
pensare che, come Gesù
attraverso la sua sofferenza è
poi giunto alla sua esaltazione e alla sua gloria, così anche Israele sarà un giorno
«grandemente innalzato, elevato ed esaltato» davanti
agli uomini e davanti a Dio.
¡I piano di Dio
«Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Non sia
mai detto! Infatti io stesso sono un israelita, della
discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino.
Dio non ha ripudiato il suo popolo, eletto nella sua
prescienza... Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, il piano misterioso di Dio... Uindurimento parziale di Israele è in atto fino a che la totalità dei
Gentili sia entrata nel regno, e cosi tutto Israele
sarà salvato... Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare misericordia a tutti. 0
profondità della ricchezza, della sapienza e della
scienza di Dio! Quanto insindacabili sono i suoi
giudizi e incomprensibili le sue vie! Chi conobbe infatti la mente del Signore? o chi fu suo consigliere?
o chi gli ha dato qualcosa per primo, così da poter
avere il contraccambio? Poiché tutte le cose provengono da lui, esistono grazie a lui, tendono a lui.
A lui la gloria nei secoli. Amen».
(Romanill, 1-?, 25-26,32-36)
5
venerdì 2 APRILE 1993
PAG. 5 RIFORMA
Roma, Palazzo Chigi, 29 marzo 1993: si firma l’Intesa tra la Repubblica italiana e l’Ucebi
Firmata l'Intesa tra la Repubblica italiana e l'Ucebi
Il pluralismo religioso
è un dato essenziale per il paese
LUCA MARIA NEGRO
Palazzo Chigi, qualche minuto prima delle undici di
lunedì 29 marzo: mentre nella
sala delle Repubbliche marinare affluiscono gli invitati
alla firma dell’Intesa fra lo
stato e l’Unione cristiana
evangelica battista d’Italia
(Ucebi) nello studio del presidente del Consiglio, il presidente deirUcebi, pastore
Franco Scaramuccia, offre a
Amato - antico compagno di
studi all’Università di Pisa tre doni simbolici: una Bibbia
(nella traduzione Riveduta), il
testo della Confessione di fede battista e una copia
dell’opera di Giorgio Spini
Protestanti e Risorgimento.
Questi doni, come Scaramuccia ha spiegato più tardi
ai giornalisti, stanno a indicare il fondamento della fede
(la Bibbia, sul cui frontespizio è stato riportato il versetto
delle Lettera ai Calati che
chiude il discorso del presidente deirUcebi), l’affermazione dei grandi principi della
Riforma, unitamente alle peculiarità della tradizione battista (la confessione di fede,
approvata nel 1990), e infine
il radicamento degli evangelici nella storia del nostro paese (il libro di Spini).
Alle undici ha inizio la cerimonia: Mario Schinaia, presidente della Commissione
interministeriale che si occupa delle Intese, legge i 25
articoli del testo concordato,
poi Amato e Scaramuccia firmano l’Intesa e il relativo
verbale di firma (e, come
vuole la tradizione, si scambiano le penne); seguono i discorsi.
Amato parla a braccio,
esprimendo soddisfazione per
un impegno «che da molti anni avevo preso con me stesso», e affermando che «il pluralismo religioso è un dato
essenziale in un paese civile».
«Quando i battisti, nel secolo
scorso, hanno iniziato la loro
predicazione - prosegue il
presidente del Consiglio difficilmente si sarebbe pensato o sperato che lo stato
italiano sarebbe giunto a
questo livello di civiltà: riconoscere le religioni come un
dato spirituale di fondo della
convivenza civile».
«Non è stravagante - aggiunge ancora Amato - «che
il presidente del Consiglio
firmi questa Intesa mentre
tante valanghe stanno cadendo sul sistema politico istituzionale italiano: è anzi un
modo per rafforzare il tessuto
sociale e civile del paese, di
fronte al rischio di un generalizzato “8 settembre”, davanti al crollo di tanti legami
che mostrano la corda».
È il turno del presidente
deirUcebi, che nel suo discorso sottolinea la peculiarità dell’Intesa battista: il
riconoscimento della pluralità
di ministeri presenti nell’ambito delle chiese battiste, del
ruolo fondamentale delle
chiese locali, della tipica
comprensione battista della
«separazione» fra stato e
chiesa. Scaramuccia sottolinea anche la decisione di non
partecipare all’attribuzione
dell’otto per mille, spiegandola alla luce del tradizionale
«separatismo» battista ma anche di motivazioni politiche:
lo stato non deve abdicare alle sue responsabilità di intervento sociale e umanitario
verso le fasce deboli, in Italia
come nel Terzo Mondo.
L’intervento del pastore
Scaramuccia si conclude con
una citazione dalla Confessione di fede battista (Tati, su
«Chiesa e Stato») e con una
citazione biblica, che vuole
esprimere lo spirito di servizio con cui i battisti accolgono il loro nuovo «status»
all’interno del paese: «Voi
siete stati chiamati a libertà;
soltanto non fate della libertà
un’ occasione per fare i vostri
interessi, ma per mezzo
dell’amore servite gli uni agli
altri» (Calati 5, 1.3).
La cerimonia è terminata. I
membri della delegazione
battiste si intrattengono ancora con Amato, e lo storico
metodista Giorgio Spini gli
ricorda la vicenda di Conscientia, la rivista pubblicata
dai battisti negli anni ’20, diretta da Giuseppe Gangale
con la collaborazione di firme
illustri come quelle di Gobetti, Basso, Banfi.
«Settanf anni orsono - ricorda Spini - il regime fascista estingue una dopo l’altra
tutte le fiammelle di libertà.
L’ultima voce libera a essere
chiusa fu proprio quella di
“Conscientia” : è questo un
merito storico dei battisti italiani».
il discorso di Franco Scaramuccia, presidente deH'Ucebi
L'Intesa è causa
dì ringraziamento a Dìo e dì
soddisfazione per la Repubblica
Signor Presidente,
a nome delle Chiese aventi parte
nell’Unione Cristiana evangelica battista
d’Italia, desidero esprimere la nostra piena soddisfazione per la firma della presente Intesa fra la Repubblica italiana e le
nostre chiese.
È un ulteriore passo che la Repubblica
compie nel suo cammino di libertà ed è
un riconoscimento della nostra esistenza
come confessione cristiana con le sue
specificità. La nostra presenza sul territorio italiano data dal 1863 e da allora attendiamo, dopo le opposizioni e ostilità
dei primi tempi fino al regime oppressivo
degli anni ’50, un riconoscimento della
nostra realtà, che avviene oggi mediante
l’applicazione nei nostri confronti della
visione pluralista del rapporto stato-chiese disegnata dal costituente.
Mi sia permesso dire che, se per noi è
causa di ringraziamento a Dio, ritengo
che possa essere anche un motivo di soddisfazione per la Repubblica e un pubblico riconoscimento a Lei a al Suo governo
per l’attenzione puntuale ai diritti di libertà delle confessioni, della nostra come
di altre, con le quali sono in corso trattative, di cui auspichiamo un altrettanto felice esito.
Già durante la nostra trattativa abbiamo
avuto chiari segni della volontà politica
di dare concretezza alle garanzie costituzionali. Avevamo buoni motivi di pensare che prevalessero ancora, non diciamo
opposizioni, ma certamente una non
completa comprensione, nella nostra società, di esigenze che dovrebbero apparire elementari in un moderno stato laico e
che invece nella nostra cultura appaiono
talora come stravaganze o addirittura devianze. Durante la trattativa, gli esperti
battisti hanno invece incontrato attenzione molto viva verso i nostri principi e
hanno constatato che la tutela e il rispetto
delle nostre esigenze erano compresi e
sollecitati addirittura anche dai membri
di parte governativa della commissione.
L’Intesa garantisce alcuni nostri principi peculiari: mi riferisco in particolare alla pluralità di ministeri presenti nell’ambito delle chiese battiste, al riconoscimento delle chiese locali secondo la nostra concezione congregazionalista, alla
comprensione teologica tipica dei battisti
della separazione fra lo stato e la chiesa,
come espresse nel nostro ordinamento, la
cui autonomia la Repubblica riconosce
nel testo che abbiamo sottoscritto.
Credo che anche una parola debba essere detta per quanto riguarda la nostra
non partecipazione all’attribuzione della
quota pari all’otto per mille dell’Irpef,
frutto di un lungo dibattito al nostro interno. Nella dialettica fra le ragioni del
«sì» e del «no» ha pesato la particolare
sottolineatura (propria della nostra tradizione) della netta distinzione fra compiti
delle chiese e compiti dello stato. La
scelta compiuta è legata anche all’attuale
contingenza politica nella quale ci è sembrato opportuno, con questa rinuncia, affermare la necessità che lo stato non abdichi alle sue responsabilità di intervento
sociale e umanitario verso i più svantaggiati in Italia come nei paesi del Terzo
Mondo.
Signor Presidente, guardiamo con
preoccupazione la situazione difficile che
il nostro paese attraversa. Ci sembra utile
richiamare quanto afferma in proposito la
nostra confessione di fede: «Noi crediamo che l’autorità stabilita da Dio è ordinata alla convivenza pacifica, libera e
giusta dei singoli e dei popoli. Noi riconosciamo che lo stato democratico moderno, pur nelle contraddizioni che sono
proprie di tutte le strutture umane, conserva elementi inequivoci dell’opera di
redenzione di Dio nella storia. Il ruolo
della Chiesa di Cristo, distinto e separato
da quello dello stato, consiste nel perseguire la propria missione ora in coordinazione con gli ordinamenti dello stato, ora
in contestazione delle sue degenerazioni,
che limitano la libertà e corrompono la
giustizia».
In conformità con questo principio di
fede, noi ci sentiamo richiamati a un atteggiamento leale, ma vigile e critico, nei
confronti delle istituzioni dello stato.
Confermiamo nel contempo il nostro impegno nella preghiera e nel servizio perché la crisi morale e spirituale che il nostro paese attraversa giunga a un esito
positivo nel rinnovamento della politica,
delle istituzioni, della società tutta.
Nell’augurarle buon lavoro vorremmo
offrirle, signor Presidente, quale parola
conclusiva, un testo biblico che bene
esprime lo spirito della nostra vocazione:
«Perché, fratelli e sorelle, voi siete stati
chiamati a libertà; soltanto non fate della
libertà un’occasione per fare i vostri interessi, ma per mezzo dell’amore servitevi
gli uni agli altri...» (Calati 5, 13).
Il movimento anabattista, la cosiddetta «ala sinistra della Riforma»
che è indirettamente all’origine degli
attuali battisti, fu ampiamente diffuso nell’Italia settentrionale, e particolarmente nel Veneto. La presenza
battista vera e propria inizia nel nostro paese nel 1863, quando i pastori
battisti inglesi James Wall e Edward
Clarke fecero un viaggio in Italia per
esaminare la possibilità di intraprendere un’opera missionaria.
Nello stesso anno Wall si stabilì a
Bologna, mentre Clarke iniziava nel
1866 un lavoro a La Spezia, dando
vita alla «Spezia Mission for Italy».
Ai missionari inglesi si affiancò nel
1870 una missione americana: la presenza di missionari stranieri fu tuttavia sempre limitata, perché ben presto si formò una classe pastorale italiana. Nel 1884 le tre missioni, due
inglesi e una americana, si collegarono nell’Unione cristiana apostolica
battista, con una ventina di chiese e
25 pastori. Nel 1901 le comunità
dell’Unione erano una quarantina,
con altrettanti pastori. Nel 1901 fu
fondata a Roma la Facoltà teologica
battista; nei primi decenni del secolo
attorno ad essa e al suo professore
BATTISTI ITALIANI
130 ANNIDI PRESENZA
Lodovico Paschetto, insigne archeologo, si raccolse un gruppo di intellettuali che diede vita a due importanti riviste: Bilychnis, che per oltre
un ventennio fu un punto di riferimento per gli studi storico-religiosi
in Italia, e Conscientia, il cui direttore, il filosofo e glottologo Giuseppe
Gangale, introdusse in Italia l’opera
di Karl Barth e fu artefice della riscoperta della teologia della Riforma.
Dopo la prima guerra mondiale,
una delle due missioni inglesi abbandonò il campo, e nel 1923 si diede
vita all’Opera cristiana evangelica
battista d’Italia, con 51 chiese, mentre la «Spezia Mission» continuò il
suo lavoro in modo autonomo, pur
conservando buoni rapporti con gli
altri battisti. Negli anni del fascismo
le restrizioni e le vessazioni costrinsero alla chiusura di alcuni locali di
culto, e l’Opera attraversò un perio
do di gravi difficoltà, anche sul piano
finanziario. Dopo la seconda guerra
mondiale il lavoro battista riprese
con vigore e nel 1956, con la trasformazione dell’Opera battista in Unione cristiana evangelica battista d’Italia (Ucebi, fu sancita l’autonomia
dalla missione americana della
«Southern Baptist Convention». Nel
1966 anche le chiese della «Spezia
Mission» confluirono nelTUcebi.
L’Ucebi conta attualmente un centinaio di chiese con 50 pastori (fra i
quali 7 donne) e 5.000 membri ; poiché le chiese battiste contano come
membri di chiesa effettivi solo gli
adulti battezzati e attivi, la popolazione battista complessiva, inclusi
bambini, giovani e i numerosi
simpatizzanti, può essere valutata tra
le 15.000 e le 25.000 unità. Il massimo organo deliberativo delTUcebi è
l’Assemblea generale biennale, composta dai delegati delle chiese e dai
pastori con cura di comunità. L’Assemblea generale elegge un presidente, un vicepresidente e un comitato esecutivo. Tutte le cariche elettive
durano al massimo sei anni. La preparazione teologica dei candidati ai
ministeri e dei predicatori locali è
curata da un dipartimento di teologia; il dipartimento di evangelizzazione si occupa della missione interna e della questione dei diritti umani.
Le istituzioni dell’Ucebi includono
un orfanotrofio, due case di riposo,
quattro centri di incontro, un centro
per la produzione di audiovisivi
(Spav) e una cooperativa tipografica.
Da alcuni anni i battisti italiani hanno avviato un rapporto di stretta pollaborazione con le chiese valdesi e
metodiste. Tale rapporto include il
reciproco riconoscimento dei membri di chiesa e dei ministri, e un settimanale comune, «Riforma», che
esce regolarmente dal gennaio 1993.
L’Ucebi è membro costituente della
Federazione delle chiese evangeliche
in Italia (Fcei); a livello intemazionale, fa parte della Conferenza delle
chiese europee, del Consiglio ecumenico delle chiese e della Alleanza
battista mondiale.
6
PAG. 6 RIFORMA
i Attualità
VENERDÌ 2 APRILE igg'it
L'INTESA TRA LA REPUBBLICA ITALIANA
E L'UNIONE CRISTIANA EVANGELICA
BATTISTA D'ITALIA
Preambolo
La Repubblica italiana, richiamandosi ai principi
di libertà religiosa garantiti dalla Costituzione e ai
diritti di libertà di coscienza e di religione garantiti
dalla Dichiarazione universale dei diritti deH’uomo,
dalla Convenzione per la salvaguardia per i diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con
Ì6gge 4 agosto 1955, n. 848, e successive integrazioni e ratifiche e dai patti intemazionali relativi ai diritti economici, sociali e culturali e ai diritti civili e
politici del 1966, ratificati con legge 25 ottobre
1977, n. 881,
- e l’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia
(da ora in poi Ucebi), richiamandosi alla parola
dell’Evangelo da cui discendono, al fine della presente intesa, i seguenti principi:
1. il battesimo dei credenti e la pari responsabilità
di essi davanti a Dio e nei reciproci rapporti ecclesiastici;
2. il valore della Chiesa locale, quale autonoma
assemblea di credenti in cui si esprime visibilmente
la Chiesa di Cristo;
3. la non ingerenza reciproca fra Stato e Chiese
nel rispetto dell’ordinamento costituzionale dello
Stato;
considerato che in forza dell’art. 8, commi 2 e 3
della Costituzione, le confessioni religiose hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti e che i
loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base d’intese con le relative rappresentanze;
ritenuto che la legislazione sui culti ammessi del
1929 e 1930 non idonea a regolare i reciproci rapporti;
riconosciuta l’opportunità di addivenire alla predetta intesa;
convengono che la legge di approvazione della
presente intesa sostituisce a ogni effetto la legislazione sui culti ammessi nei confronti dell’Ucehi,
delle Chiese, delle persone, degli enti, istituzioni, associazioni e organismi in essa Ucebi aventi parte.
Nell’addivenire alla presente intesa la Repubblica
italiana prende atto che:
-1’Ucebi, a nome delle Chiese da essa rappresentate e dei singoli che in queste hanno parte, afferma
che la fede non necessita di tutela penale diretta,
- r Ucebi, a nome delle Chiese da essa rappresentate e dei singoli che in queste hanno parte, dichiara,
coerentemente con i principi della loro fede, di voler
continuare a sostenere tutte le spese inerenti all’esercizio del culto senza oneri a carico dello Stato o di
altri Enti Pubblici.
Articolo 1
(Abrogazione della normativa sui culti ammessi)
1. Con l’entrata in vigore della legge di approvazione della presente intesa cessano di avere efficacia
ed applicabilità nei confronti dell’Unione Cristiana
Evangelica Battista d’Italia (Ucebi), delle Chiese da
essa rappresentate e degli enti, istituzioni, associazioni, organismi e delle persone che in essa hanno
parte, le disposizioni della legge 24 giugno 1929 n.
1159 e del regio decreto 28.2.1930 n. 289.
Articolo 2
(Libertà religiosa)
1. La Repubblica italiana dà atto dell’autonomia
deirUcebi, liberamente organizzata secondo il proprio ordinamento. La Repubblica italiana, richiamandosi ai diritti di libertà garantiti dalla Costituzione, riconosce che le nomine dei ministri, l’organiz
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Articolo 8
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di intese con le relative jmppni
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zazione dell’Ucebi, delle Chiese da essa rappresentate, degli enti, delle istituzioni, delle associazioni e
degli organismi in essa aventi parte; le relazioni fra
essi intercorrenti; gli atti in materia disciplinare e
spirituale si svolgono senza alcuna ingerenza da parte dello Stato.
Articolo 3
(Ministri dell’Ucebi)
1. L’Ucebi, attesa 1’esistenza di una pluralità di
ministeri al suo interno, comunica agli organi competenti i nominativi dei ministri designati per i compiti previsti negli articoli 5, 6, 7 e 10 della presente
intesa.
Articolo 4
(Esercizio della libertà religiosa)
1. L’appartenenza alle forze armate, alla polizia o
ad altri servizi assimilati, la degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche, la permanenza
in istituti di prevenzione e pena, non possono dar
luogo ad alcun impedimento nell’esercizio della libertà religiosa e nell’adempimento delle pratiche di
culto secondo quanto disposto dagli articoli 5, 6 e 7.
Articolo 5
(Assistenza spirituale agli appartenenti alle forze armate, alla polizia e ad altri servizi assimilati)
1. Gli appartenenti alle forze armate, alla polizia e
ad altri servizi assimilati che lo richiedono, hanno
diritto di partecipare, nel rispetto delle esigenze di
servizio, alle attività religiose ed ecclesiastiche delle
Chiese rappresentate dall’Ucebi nelle località ove essi si trovano per ragione del loro servizio.
2. Qualora nelle località ove essi si trovano per
ragione del loro servizio, non esistano Chiese rappresentate dall’Ucebi, i soggetti di cui al comma 1
che lo richiedono possono comunque ottenere, nel rispetto delle esigenze di servizio, il permesso di frequentare la Chiesa evangelica più vicina. Ove in ambito provinciale non ci sia alcuna attività di culto di
Chiese rappresentate dall’Ucebi, la Chiesa più vicina
invia il ministro a ciò designato per prestare l’assistenza spirituale e presiedere le riunioni nei locali
messi a disposizione dall’ente competente.
3. In caso di decesso in servizio dei soggetti di cui
al comma 1 aventi parte nelle Chiese rappresentate
dairUcebi, l’ente competente adotta le misure necessarie, d’intesa con i familiari del defunto, per assicurare che il funerale segua secondo le liturgie delle Chiese battiste.
4. I ministri dell’Ucebi, che prestano servizio militare o assimilati, sono posti in condizione di poter
svolgere, unitamente agli obblighi del servizio, anche il ministero di assistenza spirituale nei confronti
dei militari che lo richiedano.
5. Tali forme di assistenza si svolgono senza alcun onere finanziario per lo Stato.
Articolo 6
(Assistenza spirituale ai ricoverati)
1. L’assistenza spirituale ai ricoverati, aventi parte
nelle chiese rappresentate dall’Ucebi è agli altri ricoverati che ne facciano richiesta, negli istituti ospedalieri, nelle case di cura o di riposo o nei pensionati, è
assicurata dalla Chiesa più vicina fra quelle rappresentate dall’Ucebi. L’accesso nei suddetti istituti dei
ministri, designati dalle Chiese a prestare assistenza
spirituale, è libero e senza limiti di orario.
2. Le direzioni di tali istituti sono tenute a trasmettere alle Chiese suddette le richieste di assistenza spirituale ricevute dai ricoverati.
3. Tale assistenza è prestata senza alcun onere per
lo Stato o altri enti pubblici.
Articolo 7
(Assistenza spirituale ai detenuti)
1. Negli istituti penitenziari l’assistenza spirituale
ai detenuti è assicurata dalle Chiese rappresentate
dairUcebi attraverso ministri da loro designati e inclusi dalTUcebi nell’apposita lista di cui all’art. 3.
Tali ministri sono compresi nella categoria dei soggetti che possono visitare senza particolare autorizzazione gli istituti medesimi.
2. L’assistenza spirituale è svolta nei suddetti istituti a richiesta dei detenuti o delle loro famiglie o
per iniziativa dei ministri designati, in locali idonei
messi a disposizione dalla direzione dell’istituto penitenziario.
3. La direzione informa di ogni richiesta proveniente dai detenuti la Chiesa più vicina fra quelle
rappresentate dall’Ucebi perché possa provvedere in
merito.
4. Tale assistenza è prestata senza alcun onere finanziario per lo Stato e per altri enti pubblici.
Articolo 8
(Insegnamento religioso nelle scuole)
1. La Repubblica italiana, nel garantire la libertà
di coscienza di tutti, riconosce agli alunni delle scuole pubbliche non universitarie il diritto di non avvalersi di insegnamenti religiosi. Tale diritto esercitato
ai sensi delle leggi dello Stato dagli alunni o da coloro cui compete la potestà parentale o la tutela su di
essi.
2. Per dare reale efficacia all’attuazione di tale diritto l’ordinamento scolastico provvede a che l’insegnamento religioso non abbia luogo secondo orari e
modalità che abbiano per gli alunni effetti comunque
discriminanti e a che non siano previste forme di insegnamento religioso diffuso nello svolgimento dei
programmi di altre discipline.
3. In ogni caso, non possono essere richieste agli
alunni pratiche religiose o atti di culto.
Articolo 9
(Richieste in ordine allo studio del fatto religioso)
1. La Repubblica italiana, allo scopo di garantire
che la scuola pubblica sia centro di promozione culturale, sodale e civile aperto al contributo di tutte le
componenti della società, assicura alle Chiese rappresentate dalTUcebi il diritto di rispondere alle richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie e
dagli organi scolastici, in ordine allo studio del fatto
religioso e delle sue implicazioni, nel quadro delle
attività culturali previste dall’ordinamento scolastico
dello Stato.
2. L’esercizio di tale diritto avviene senza alcun
onere finanziario per lo Stato.
Articolo 10
(Matrimonio)
1. La Repubblica italiana riconosce gli effetti civili al matrimonio celebrato davanti ad un ministro,
cittadino italiano, a ciò designato da una Chiesa
avente parte nelTUcebi a condizione che la celebrazione sia preceduta dalle pubblicazioni nella casa comunale e che Tatto di matrimonio sia trascritto nei
registri dello stato civile.
2. Coloro che intendono celebrare il matrimonio
secondo la previsione del comma 1 comunicano tale
intento all’ufficiale dello stato civile al quale richiedono le pubblicazioni.
3. L’ufficiale dello stato civile, dopo aver proceduto alle pubblicazioni, accerta che nulla si oppone
alla celebrazione del matrimonio secondo le vigenti
norme di legge e ne dà attestazione in un nulla osta
che rilascia ai nubendi in duplice originale. Il nulla
osta, oltre a precisare che la celebrazione nuziale seguirà secondo la previsione del comma 1 e nel Comune indicato dai nubendi, deve altresì attestare che
ad essi sono stati spiegati, dal predetto ufficiale, i diritti e i doveri dei coniugi, mediante lettura degli articoli del Codice civile al riguardo.
4. Il ministro, davanti al quale è avvenuta la celebrazione nuziale, compila immediatamente dopo, in
duplice originale, Tatto di matrimonio, al quale allega uno dei nulla osta rilasciati dall’ufficiale dello
stato civile. Non oltre cinque giorni dopo la celebrazione, il ministro, davanti al quale questa è avvenuta,
trasmette alTufficiale dello stato civile del Comune
del luogo un originale dell’atto di matrimonio ed il
secondo originale del nulla osta.
5. L’ufficiale dello stato civile, verificata la formale regolarità dell’atto e l’autenticità del nulla osta
trascrive Tatto stesso entro le ventiquattro ore dal ricevimento, dandone notizia al ministro che glielo ha
inviato.
7
spedizione in abb. post. Gr II A/70
In caso di mancato recapito rispedìre-a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle "^lli mLDESi
venerdì 2 APRILE 1993
ANNO 129 - N. 13
URE 1200
Intervista al dottor Gianluigi Boveri, amministratore straordinario dell'UssI 44
Il futuro della sanità nel Pinerolese:
come si potranno migliorare i servizi?
PIERVALDO ROSTAN
Confluiranno le due Ussl
delle Valli in una unica
Ussl pinerolese, l’attuale 44
che ha una popolazione di circa il doppio della 42 e della
43 (circa 85.000 persone contro 40 mila)?
Oppure in qualche modo il
cambio della guardia all’assessorato regionale alla Sanità
modificherà quella che era
una strategia abbastanza definita dall’ex assessore Maccari,
da pochi giorni nuovamente in
libertà dopo il coinvolgimento
nella tangentopoli piemontese?
O ancora, se pure non passerà l’ipotesi di Ussl coincidenti con il livello provinciale, il Pinerolese sarà compreso
in una area più vasta che comprenda, ad esempio, anche
parte della cintura torinese
(Orbassano)?
Gli amministratori delle
Valli formuleranno qualche
altra proposta alternativa?
Sono questi alcuni degli interrogativi che coinvolgono la
sanità nel Pinerolese; su questa base intervistiamo l’amministratore straordinario dell’
Ussl 44, dott. Gianluigi Boveri. Recentemente avete presentato un modo nuovo di avvicinarvi al cittadino malato,
parlando di miglioramento
della qualità dell’approccio;
cosa si intende fare?
«Si tratta di un progetto che
riguarda alcune divisioni di
servizi coinvolgendo tutti gli
operatori (medici, infermieri,
caposala, personale amministrativo agli sportelli) di quattro reparti dell’ ospedale
Agnelli: pronto soccorso, dialisi, medicina e ortopedia oltre al laboratorio di analisi.
Vogliamo arrivare a un miglioramento dell’erogazione
dei servizi e del rapporto con i
pazienti attraverso una revisione dei meccanismi di informazione e della comunicazione. Amo dire che in questo periodo in cui non è pensabile
un grosso aumento di risorse
finanziarie è possibile soltanto migliorare i rapporti interpersonali presso i servizi
dell' Ussl».
Si tratta anche di razionalizzare i servizi, di renderli più
vicini alle esigenze degli utenti che in questo caso sono malati e non semplici cittadini;
ma quanto tempo passa oggi,
ad esempio, tra la richiesta di
un’analisi e la consegna del
referto?
«I tempi di attesa sono abbastanza brevi; siamo cioè
nell’ordine di tre o quattro
giorni. Inoltre la prenotazione
può avvenire anche presso i
distretti grazie ad un sistema
di informatizzazione».
Uno dei problemi più diffusi nella sanità è dato dalla cronica carenza di personale infermieristico; come sta l’ospedale di Pinerolo?
«L’ospedale ha un organico
in via di completamento; si è
fatta nel ’92 una delibera per
incrementare la pianta organica trasformando posti vacanti; la Regione sembra però
intenzionata a non autorizzare
Pinerolo: l’ospedale civile «E. Agnelli»
altro che il turn-over».
La sanità pinerolese dovrebbe, secondo i piani del precedente assessore Maccari, da
tempo contare su una nuova
struttura adiacente l’ospedale
Agnelli per il dipartimento di
emergenza e accettazione e
per la rianimazione. Lo stesso
Maccari ne parlò come di un
dato imminente già nel ’91, ai
tempi cioè della forte polemica con russi 43 che aveva avviato un sistema di soccorso
urgente. La concessione edilizia comunale è del maggio
1990, i lavori sono fermi da
mesi, direttore dei lavori è
l’architetto Antonio Savoino
coinvolto a sua volta in tangentopoli e recentemente in
terrogato anche su possibili
estensioni pinerolesi del sistema delle mazzette. Perché i
lavori sono fermi?
«In passato mi sono espresso ipotizzando dei tempi che
poi sono stati smentiti dai fatti; non sono perciò in grado
di fare previsioni. La realtà si
è complicata; ci sono problemi con le imprese che non siamo in grado di pagare e che
di conseguenza non completano quello che dovrebbero
completare ritenendosi già
esposte per cifre troppo elevate».
In chiusura non può mancare un riferimento all’ipotesi di
una unica Ussl pinerolese; come vede, dott. Boveri, tutta la
proposta e sarà in grado l’Ussl
44 di assorbire senza traumi
per la gente una popolazione
che globalmente è di circa il
50% dell’attuale 44?
«La revisione delle Ussl mi
pare in generale un fatto positivo; in Piemonte ci sono Ussl
di dimensione talmente piccole da non giustificarne resistenza. Quanto alla nostra zona credo sarà molto importante non avere timori particolari; le strutture dei servizi, le
attività dovrebbero rimanere.
Non bisogna farsi prendere
troppo dal discorso campanilistico: infondo una Ussl pinerolese non diventerebbe poi
di dimensioni tali da non essere gestibile».
Pubblicità di pompe funebri nei pressi degli ospedali
Il commercio e il buon gusto
MARCO FRASCHIA
Che la pubblicità sia l’anima del commercio è un
dato di fatto. Siamo circondati
dalle più svariate forme di
pubblicità: spot televisivi o radiofonici, sponsorizzazioni,
pagine intere di giornali, strade tappezzate di manifesti,
cassette della posta riempite di
volantini. Si è raggiunto un livello di saturazione tale che
per riuscire a farsi notare bisogna scandalizzare: facendo
parlare di sé, la pubblicitàscandalo aumenta la forza e il
potere del messaggio promozionale.
Notiamo una particolare
manifestazione rilevata nel Pinerolese, ma probabilmente
presente anche altrove: la pubblicità di agenzie di pompe funebri posta all’uscita o nelle
vicinanze degli ospedali. Se
prima il fenomeno riguardava
Pinerolo, ora un cartello ha
fatto la sua comparsa anche a
Torre Pellice, davanti all’
ospedale valdese.
La bambina appena nata,
immortalata e diffusa dalla
campagna pubblicitaria di Be
netton alcuni anni fa, non ha
suscitato tutto quello scandalo
di cui si è tanto parlato
all’epoca del misfatto; anzi, in
mezzo a tante immagini di
morte, una che rappresentasse
l’inizio della vita è parsa positiva e di buon auspicio. Il fatto
che uscendo da un ospedale ci
si imbatta in un cartello pubblicitario di un’agenzia di
pompe funebri lascia invece
per lo meno perplessi.
Forse dietro una scelta di
questo tipo non c’è l’intenzione di scandalizzare (sarebbe
controproducente per la ditta
stessa); vi è però sicuramente
un preciso calcolo economico,
attento alle necessità di mercato. Che gli ospedali forniscano
una consistente percentuale di
potenziali clienti va da sé (ormai morire a casa propria è un
privilegio di pochi) tuttavia il
giocare con i sentimenti altrui
è di pessimo gusto.
Chi si reca in ospedale a fare visita ad un parente o un
amico gravemente malato ha
bisogno di speranza e di
conforto, non certo di un freddo messaggio pubblicitario
che gli indichi a chi rivolgersi
I problemi dei portatori di handicap
Dalla Provìncia
all'UssI: chi paga?
qualora il proprio caro venga
sopraffatto dal male.
Iene e avvoltoi si precipitano su animali moribondi senza
aspettare che muoiano: sono
bestie e seguono l’istinto;
l’uomo, invece, è un essere razionale, capace di pensare;
spesso però questa tanto decantata ragione è messa esclusivamente e meschinamente al
servizio di freddi calcoli di interesse.
Forse che senza quella pubblicità all’uscita dall’ospedale
i familiari colpiti dal lutto si
rivolgerebbero a chissà quale
altra ditta? Le imprese di
pompe funebri in vai Pellice si
contano sulle dita di una mano
e non pare ci sia una concorrenza tale da doversi accaparrare i clienti a tutti i costi. Tuttavia, quand’anche fosse, la
serietà, il decoro e il rispetto
del dolore altrui sono credenziali decisamente più efficaci
di un freddo cartello pubblicitario.
Infine sorge spontanea un’
altra domanda: a quando la
pubblicità vicino ai ricoveri
per anziani, altra inesauribile
riserva di potenziali clienti?
Come volevasi dimostrare.
Il passaggio di competenze dalle Province alle Regioni
in materia di assistenza ai portatori di handicap sta producendo problemi non indifferenti a tutti quei centri che in
qualche modo si occupano di
minori e di persone i difficoltà.
Anche l’istituto Uliveto di
Lusema San Giovanni non vive giorni facili; ne parliamo
con la direttrice, Claudia falla.
«Dal mese di gennaio fino a
pochi giorni fa quando la Ussl
43 ha versato 60 milioni noi
non abbiamo avuto alcuna entrata; questa situazione è
estremamente grave per noi
che non abbiamo certo risorse
infinite e che comunque abbiamo cercato di garantire il
servizio. Nel corso dell’ultima
riunione del comitato direttivo
era stato deciso di sospendere
il versamento degli stipendi
qualora non fosse arrivato del
denaro. La cifra ricevuta è un
acconto di quanto dovuto e
comunque da una sola Ussl,
mentre noi abbiamo ospiti da
diverse zone».
Facciamo un salto indietro
nel tempo; prima della nuova
legge il vostro rapporto era diretto con la Provincia che
mensilmente erogava un anticipo poi conguagliato; ora si
tratta di pervenire ad apposite
convezioni con ognuna delle
Ussl da cui proviene almeno
un ospite dell’Uliveto...
«Effettivamente è così; attualmente la maggior parte
dei 19 ragazzi proviene dalle
Ussl 43 e 44; dovremmo definire una convenzione base
con la Ussl del territorio e
successivamente le altre dovrebbero rifarsi ad essa. Certo il problema economico per
istituti come il nostro diventano rilevanti; se il nostro bilancio si aggira sul miliardo e
seicento milioni all’anno,
mensilmente l’Uliveto costa
circa 120 milioni».
Al di là della legge, a chi attribuire la responsabilità di
questa situazione?
«La Provincia ha passato le
competenze ma non le risorse,
la Regione ha dovuto attingere a fondi propri per poter garantire in qualche modo il
servizio, le Ussl hanno così ricevuto pochissimo e non sono
certo nella condizione di poter
anticipare questi soldi. C’è un
problema in più dato dalla
probabile riduzione di 11 mila
lire al giorno della retta giornaliera da parte della Regione».
Come vivono questo difficile momento i dipendenti della
casa?
«Fra i 33 dipendenti c’è comunque una atmosfera serena
e di collaborazione. Certo il
ritardo negli stipendi preoccupa; si è parlato di uno sciopero che in realtà avrebbe voluto semplicemente dire rinunciare a quelle attività
esterne che normalmente si
fanno. Abbiamo quotidianamente davanti a noi dei casi
veramente drammatici che richiedono continua vicinanza
da parte degli educatori. Vorremmo poter migliorare il servizio, la qualità della vita per
tutti, e invece ci troviamo in
questa situazione».
Un'idea del Museo ferroviario regionale
Il treno e il turismo
ENRICO FUMERÒ
Treno & Turismo: è questo
il marchio che offrirà a turisti
italiani e stranieri la possibilità di trascorrere una domenica diversa.
L’idea è partita dal museo
ferroviario piemontese, un organismo privato formato da
appassionati che da anni operano per salvare dalla distruzione, restaurare, rendere utilizzabili per manifestazioni e
iniziative turistiche rotabili
ferroviari di grande interesse
tecnico e storico.
Locomotive a vapore, automotrici, vecchie locomotive
elettriche, carrozze «centoporte» con gli ottoni riportati al
vecchio splendore tornano così a circolare fra il ronzio delle
videocamere e il lampeggiare
dei flash. Il museo ferroviario
ha preparato un piano che dovrebbe rendere sistematiche
queste iniziative, in modo da
trasformarle in una costante
attrattiva per visitatori e appassionati provenienti dalla
Svizzera e dalla Germania.
Questo progetto ha ottenuto
la «sponsorizzazione» delle
autorità regionali piemontesi,
ma le difficoltà di avvio dovute allo scarso coordinamento
fra i numerosi enti interessati
hanno costretto alcune agenzie a dirottare gruppi di turisti
su analoghe offerte effettuate
in Lombardia.
Per ora, vista la disponibilità riscontrata anche in sede
locale, il museo ferroviario ha
deciso di puntare sulla vai
Pellice e sulla vai Sesia, mentre in prospettiva Treno & Turismo potrà coinvolgere la
Valle d’Aosta, le valli di Lanzo, il Canavese.
Torino-Torre Pellice e Novara-Varallo sono dunque le
linee che per prime ospiteranno i convogli di Treno & Turismo.
Sono attualmente in programma il recupero di alcuni
fabbricati in disuso facenti
parte dell’area della stazione
di Torre Pellice per ospitare
mostre di interesse storico e
turistico e la rimessa in funzione degli impianti per il
rifornimento delle locomotive
a vapore. L’arrivo del primo
gruppo di ospiti è previsto per
la fine di giugno.
8
PAG. Il
ss E Eco Delle Aàlli ¥vldesi
VENERDÌ 2 APRILE I993
'^5W%.
■ ii'f} ^ colloquio con ragazzi e ragazze delle scuole medie superiori e delTUniversità
«Tutto ormai ha perso credibilità»:
il disinteresse dei più giovani per la politica
Un momento di socialità alle valli
PINEROLO: ESPOSTO DELL’ALTERNATIVA — Il
gruppo per l’Alternativa ha presentato una memoria-esposto alla Procura della Repubblica sulla questione deH’informatizzazione dei servizi comunali. Approvata nel 1989 con
una delibera che definendo l’informatizzazione un provvedimento d’urgenza consentiva al Comune di aggiudicare la
fornitura col metodo della trattiva privata, in realtà, «all’inizio del ’93 - dicono quelli dell’Alternativa - non si era ancora proceduto all’acquisizione di tutto quanto era previsto
nel capitolato e sono state concesse proroghe senza applicare le penali previste». «È logico — si legge in un comunicato
diffoso daH’Altemativa - che determinate pratiche abbiano
un iter così lungo? E inoltre quantificabile il danno procurato ai cittadini dai tempi così lunghi per procedere all’informatizzione in termini di servizi resi, necessariamente più
lenti?».
OMICIDI IN VAL PELLICE: È IL MOMENTO DELLE
SENTENZE — Per due dei delitti avvenuti la scorsa estate
in alta vai Pellice è il tempo delle sentenze. Mercoledì scorso l’epilogo per l’uccisione del pastore Luigi Rambaud, avvenuta all’alpeggio Giulian ad opera di un giovane vicino.
Non chiare le motivazioni che portarono al gesto; il
diciassettenne Giovanni A. ammise dopo alcuni giorni il delitto. Ora è stato condannato a trascorrere tre anni in una comunità agricola; «era immaturo» hanno concluso i periti.
«Il giovane - dice l’avv. Storero che ha tutelato la famiglia
dell’ucciso - continua a non reagire e sembra mantenere un
atteggiamento assolutamente distaccato rispetto alla vicenda». Non si dovrebbe invece concludere prima della fine di
aprile il processo che vede coinvolto Ezio Bertin di Angrogna, accusato di essere il responsabile della morte di Fabrizio Davit avvenuta dopo una notte dai particolari ancora
oscuri e una probabile lite nella conca del Pra. Nuovi testimoni avrebbero affermato di aver parlato a lungo col giovane, poi deceduto, nella notte del 2 agosto; dunque il Davit
non aveva perso subito conoscenza. Altre perizie sono state
chieste dai difensori di Bertin.
I PENDOLARI PREOCCUPATI PER LE TARIFFE —
Con un volantino diffuso sul treno in questi giorni i pendolari della Torino-Torre Pellice lamentano l’aumento delle
tariffe degli abbonamenti a fronte di mancati investimenti
sul miglioramento del servizio. Tutti i progetti attesi da
tempo verranno rinviati negli anni a causa della riduzione
dei finanziamenti. I pendolari pongono ancora una volta
l’accento su problemi quali il raddoppio di una parte delle
linea (Candiolo-Airasca) e sulla possibilità di rendere passante la stazione di Pinerolo.
LUSERNA: ANCHE CANALE SI DIMETTE — Nuovo
colpo alla scena politica lusemese che da mesi ormai ha la
propria amministrazione praticamente paralizzata soprattutto dalle beghe interne del Psi: lunedì mattina l’ex vicesindaco Duilio Canale ha rassegnato le proprie dimissioni da
consigliere e nel pomeriggio le ha conseguentemente comunicate anche alla presidenza della Comunità montana dove
ricopriva l’incarico di assessore. «Non ne potevo più di
questa situazione di costante rissa politica e preferisco farmi da parte, almeno per qualche anno. Mi sembra che in
molti casi manchi la voglia di lavorare ben il bene del proprio comune». Caute le prime reazioni del sindaco Badariotti che vorrebbe convocare il Consiglio comunale nella
seconda metà di aprile; a Canale dovrebbe subentrare il primo escluso, il prof. Sgobbi, ma a questo punto, approvata la
nuova legge sulle elezioni nei Comuni, qualcuno potrebbe
anche chiedere elezioni anticipate. Intanto però l’amministrazione deve fare i conti con un considerevole buco nel
bilancio (si parla di oltre 4(X) milioni) e proprio sul documento finanziario Pds e Verdi stanno organizzando una serata pubblica per affrontare la situazione. Ormai insanabile
la divisione fra il sempre più esiguo gruppo consigliare Psi
e segreteria, a questo punto è prevedibile comunque un rimpasto di giunta con la conferma di Fomeron e l’ingresso
nell’esecutivo dell’ex Pds Ernesto Rivoira.
CORSO DI AGRICOLTURA — Anche in vai Pellice, dopo
quello avviato in vai Chi,sone, è partito un corso di aggiornamento per agricoltori e hobbisti. Lo propone la Comunità
montana e lo organizza la Selene, agriservice di Barge. Le
lezioni si svolgono presso la sala conferenze del municipio
di Lusema, in via ex Deportati 18, e sono iniziate lo scorso
23 marzo; l’ultimo incontro è previsto per il 16 aprile. Venerdì 2 aprile, ore 20, si parlerà di giardinaggio e floricoltura.
________FEDERICA TOUBN_______
r a politica? No, non
NyJ^mi interessa: è una
cosa noiosa» e l’argomento è
concluso: sorride e se ne va.
A parlare è Valentina, 14 anni, frequenta il Collegio valdese a Torre Pellice e la sua
risposta non è diversa da
quella di tante sue amiche,
anche più grandi di lei.
«Non mi intendo di politica
dice con un po’ di imbarazzo
Cinzia, 15 anni, allieva
dell’istituto «Bosso» di Torre
Pellice sì, ne sento parlare
ogni tanto alla televisione ma
non ci ho mai pensato molto».
Ma, precisamente, cosa si
intende per «politica»? La
domanda genera un imbarazzo diffuso: «L’attività di
quelli che stanno in Parlamento... che fanno le leggi...
che cercano di sconfiggere la
mafia...» cerca di rispondere
Daniela, 16 anni, allieva del
«Bosso». E «quelli» chi sono? «I politici!» risponde ancora Daniela, intendendo comunque qualcuno di molto
lontano da noi, che non si sa
bene come sia arrivato a occuparsi di queste cose.
Il disinteresse dei ragazzi
per la vita pubblica non è
certo una novità, ma un’evidenza che si può constatare
in ogni occasione.
Meno facile è capire il perché di questo distacco: dal
candore con cui i più giovani
confessano la loro indifferenza, si passa ai tentativi di
spiegazione dei più grandi,
quelli già vicini all’età del
voto. «Sono disgustato dice
Simone, 16 anni, che studia
al Collegio valdese tutto è
allo sfascio, la classe politica
ha perso la sua credibilità».
E se tu dovessi votare? «Voterei Lega Nord, perché mi
sembra l’unico movimento di
riforma presente oggi in Italia».
Nelle loro parole riecheggiano molte frasi usate, prodotto di quello smarrimento
generale di cui si fanno portatori i mass media. D’altra
parte la principale, e in molti
casi unica, fonte di informazione dei ragazzi è proprio la
televisione, soprattutto il telegiornale, ascoltato distratta
mente durante i pasti, facile
sostituto di un più sano (ma
spesso inesistente) confronto
familiare.
Queste sommarie notizie,
non rielahorate, in molti casi
portano i ragazzi ad uno
sconcertante pessimismo, che
non lascia spazio a nessun
desiderio o speranza di reazione: «La politica è soltanto
un giro di soldi che viene
usato da chi è al potere contro la gente comune - spiega
Lucia, del «Bosso», 15 anni e noi non possiamo fare
niente per cambiare questa
situazione perché anche il
voto è manovrato».
Anche fra gli universitari si
respira la stessa aria: «Sono
rimasto deluso dal fallimento
degli ideali della sinistra dice Stèphane, 19 anni, studente del 1 ° anno alla facoltà di
fisica e adesso non credo che
impegnarsi abbia un senso».
Su quest’ultimo punto sembrano tutti d’accordo: «Non
credo all’efficacia dei gruppi
giovanili impegnati politicamente aggiunge infatti Mauro, 20 anni, di Luserna San
Giovanni preferisco spende
re il tempo libero per me,
con i miei amici; privilegiare
la mia vita privata, insomma».
Ma non si può proprio fare
nulla per cambiare in meglio
la nostra situazione politica?
«In una comunità cristiana
evangelica in cui ciascuno
facesse gli interessi degli altri non ci sarebbe bisogno di
uno stato e questi problemi
non si porrebbero...» ipotizza
Stèphane. Più concretamente
interviene Claudio, 21 anni,
di Luserna: «Bisognerebbe
cominciare ad eliminare il finanziamento ai partiti, in
modo da poter considerare la
politica come un servizio volontario completamente gratuito».
E intanto ci si lamenta un
po’, sullo stile degli «adulti»,
si pensa ad altro, si aspetta.
Dimenticandosi che essere
cittadini significa, in questo
caso, anche scoprirsi in qualche modo corresponsabili
di tutto questo disastro, perché, volenti o nolenti, la «politica» continuiamo proprio
ad essere noi; almeno per
ora.
Il rapporto tra scuola e territorio
Pubblico e privato:
una nuova dialettica?
ELIO CANALE
Continuuiamo con questo
articolo la riflessione sui
problemi della scuola e della
formazione culturale. '
Perché lo stato in Italia
acquisisca il suo pieno
significato laico di espressione del patto tra cittadini, deve riprendere il suo ruolo di
realizzatore di giustizia tramite le leggi e di controllore
.severo della loro applicazione da parte di tutti, sia soggetti privati che pubblici.
Tutto ciò emerge come
problema in questo momento
critico in cui «si fanno anche
largo spinte alla privatizzazione o alla deresponsabilizzazione dello stato».
Non possiamo lasciarci
convincere che «privato è
bello», anzi ricordiamoci che
è nell’interesse di tutti che
sia lo stato a fornire alcuni
servizi, sia quando vi sia carenza di offerta da parte privata, sia quando i servizi forniti dal privato non siano accessibili ad una parte della
popolazione che non può pagarseli.
Però in tali occasioni può
essere meno costoso che lo
stato paghi i privati per conto di chi non può, piuttosto
che aprire nuove proprie istituzioni. È stato meglio convenzionare gli ospedali vaidesi piuttosto che mettersi a
costruirne di nuovi!
Il servizio .scuola può rientrare in questo tipo di soluzione? La scolarizzazione di
massa, che è stata obbligatoria fino ai 14 anni d’età e deve essere estesa ai 16 anni, è
stata un successo. Ma ora la
scuola sta soffrendo per il
calo demografico.
A questo problema è stata
opposta solo una evoluzione
sperimentale al fine di garantire il posto di lavoro ad
un numero di operatori ormai eccessivo, con conseguenti oneri a carico dello
stato, senza con ciò aver assicurato il completamento
degli studi a tutti coloro che
vi accedono e senza aver incentivato la continuazione
degli studi dopo la media inferiore.
Stiamo assistendo, per
contenere i costi, alla scomparsa delle sedi scolastiche,
come nelle valli valdesi, senza utilizzare al meglio le risorse disponibili.
Forse bisognerebbe «superare la frammentazione e i
conflitti fra pubblico statale,
pubblico comunale e privato
per creare un sistema integrato pubblico-privato».
Perché il danno che si riceve dalla lontananza delle sedi scolastiche deriva anche
dal fatto che la scuola non è
solo un mezzo per garantire
buone opportunità di lavoro.
Il tempo scuola può essere
una palestra di democrazia e
partecipazione alla cosa pubblica, «sia come governanti
che come governati».
Pochi altri organismi sociali forniscono questa esperienza.
Noi conosciamo le assemblee ecclesiastiche, che offrono un modello e una palestra per i singoli cittadini. La
revisione del patto sociale
italiano passa attraverso tutti
gli organismi possibili, cominciando dalla chiesa e dalla scuola.
Infine. Sì, è vero, da soli
non ce la caviamo. Ma prima
dovremo attivarci tutti singolarmente, non isolatamente
ma nemmeno rifugiandoci
nell’attesa di soluzioni che
vengano dall’alto o da lontano.
FURTO NEL VIVAIO — Negli ultimi 4 anni, l’azienda agricola di Jolanda Barus ha continuato a subire furti di piante
da frutto, quasi tutte di mirtillo gigante. Ogni anno vengono
rubate 4 o 5 piante, alte quasi due metri e capaci di produrre
una media annuale di 4-5 chili di frutti, per un valore commerciale di circa 200 mila lire a pianta. Per ora né una nuova recinzione con cancello né la denuncia alle autorità competenti ha potuto frenare il ladro.
CORSA NON COMPETITIVA A SAN GERMANO — Si è
svolta felicemente domenica 28 marzo la prima edizione
della corsa non competitiva a favore dell’Asilo dei vecchi
di San Germano Chisone. All’iniziativa hanno partecipato
382 iscritti, fra cui i componenti della banda musicale del
paese. La gara è stata vinta dal lusemese Renato Agli, seguito da Marco Gastaut, del gruppo sportivo di Pomaretto e
dal pinerolese Vittorio Serra. In campo femminile si è classificata prima Monica Ghigo di Pomaretto, seconda Manuela Barus, sempre di Pomaretto, a pari merito con Romina
Long deirSkf. Il gruppo più numeroso è stato quello degli
Amici dell’asilo; fra gli altri, la signorina Rosetta Rondi,
ospite da molti anni del ricovero che, pur non vedente, ha
compiuto tutto il percorso di 4 km co un accompagnatore.
VIAGGIO-STUDIO NELLE LANGHE — Le Comunità
montane delle valli Chisone, Germanasca e Pellice organizzano per giovedì 8 aprile un viaggio di studio nelle
Lunghe, con visita guidata del Vivalb di Alba e della Cozooal di Murazzano. Questa iniziativa è promossa nell’ambito dei corsi di aggiornamento in agricoltura che le Comunità montane organizzano a Perosa Argentina e a Lusema.
La partenza è prevista alle 7 da Perosa Argentina, in piazza
III Alpini e alle 7,40 a Lusema San Giovanni, davanti al
municipio. Le iscrizioni si ricevono, entro il 5 aprile, presso
le Comunità montane, telefonando all’81.497 per le valli
Chisone e Germanasca e al 93.22.62 per la vai Pellice.
BIBLIOTECA CHIUSA — La biblioteca comunale «Alliaudi» di Pinerolo sarà chiusa al pubblico, per le consuete operazioni di pulizia e riordino dei libri, dal 5 al 10 aprile. In
questi giorni le schede del concorso «Proponi un libro» potranno essere consegnate presso la biblioteca dei ragazzi di
corso Piave 5 (lunedì, mercoledì e giovedì dalle 14 alle 17),
la biblioteca rionale di Abbadia Alpina (lunedì, mercoledì e
venerdì dalle 14 alle 17), la biblioteca rionale di Riva (martedì e giovedì dalle 14 alle 17), la libreria Elia, piazza Vittorio Veneto 4, la libreria Gianoglio, via Duomo 11, la libreria Giuliani, via Saluzzo 8, la libreria II cavallo a dondolo,
via Montebello 9 e la libreria Perro, via Duomo 4.
PUBBLICAZIONI OCCITANE — La pubblicazione dell’articolo su musica e danze occitane (Eco Valli n. 8) ha suscitato interesse. Ugo Flavio Piton, del gmppo «La tèto aut» di
Roure ci scrive invitandoci a continuare e, definendosi un
«nonno di 72 anni che negli anni ’60 e ’70 ha percorso in
lungo e il largo la vai Cluuzoun e la vai San Martin per riscoprire la parte più gioio.sa della no.stra antica e nobile cultura valligiana, per riproporla in diversi paesi d’Europa e
perfino in Argentina», ci segnala alcune pubblicazioni che
volentieri indichiamo per chi fosse interessato a continuare
il discorso. Si tratta di «La joi de viure de ma gent» (musiche e danze delle Valli Cluuzoun e Sanmartin), collana Ma
gent, 1985; «Joi, travalh e soufransa de ma gent», (biografia
di anziani delle valli Cluuzoun e Sanmartin - 4, 1991).
Sono entrambi scritti in italiano, con terminologia delle
danze, toponimi e soprannomi in patuà.
9
venerdì 2 APRILE 1993
L‘ Eco Delle ¥vlli ¥vldesi
PAG.
Ili
Intervista allo psicologo Maurizio Martucci, coordinatore del servizio UssI
La comunità terapeutica come
possibilità di lotta alla tossicodipendenza
PIERVALDO ROSTAN
Il dibattito sul ruolo delle
comunità di recupero di
tossicodipendenti è di grande
attualità; la scorsa settimana
abbiamo presentato l’esperienza de La verbena di Torre Penice ben consapevoli
che ogni comunità ha sue
proprie caratteristiche e che
non sempre la comunità è la
soluzione ideale.
Le risposte possono essere
molte; una attiva da tempo è
il Seti delle Ussl; in vai Penice questo servizio, pur dovendo fare i conti in passato
con difficoltà di organico,
funziona da tempo.
A coordinarlo è lo psicologo Maurizio Martucci. Qual
è il vostro rapporto con le comunità?
«Va precisato che noi riteniamo che le comunità siano
uno dei possibili strumenti
per affrontare il problema;
su questa base ci muoviamo.
Di fronte alla richiesta di un
giovane verifichiamo con lui
la validità di questa soluzione rispetto al suo caso personale e al tipo di ambiente che
meglio potrebbe giovargli.
Ricordo anche che se la
maggior parte delle comunità sono di tipo religioso, ve
ne sono anche altre laiche: il
panorama nazionale è ormai
molto vasto».
Come avviene F inserimento in comunità?
«Abbiamo un regolamento
che definisce i nostri pro
grammi di recupero; l’inserimento di un giovane in una
determinata Comunità montana avviene nella misura in
cui essa lo accetta.
Sostanzialmente il regolamento contiene quelle che
potremmo definire le norme
del buon senso, oltre ad indicazioni di tipo legale (ad
esempio la verifica dell’uso
dei contributi pubblici che la
comunità riceve). Una volta
ogni tre mesi dobbiamo poi
poter far visita ai nostri utenti per verificare con loro lo
svolgimento dei programmi
personali».
Una delle caratteristiche
della maggior parte delle comunità è l’isolamento rispetto alla realtà esterna, una
specie di protezione che per
un paio di anni tiene i giovani lontani da possibili tentazioni. Il vostro servizio è invece molto più aperto alla società, in qualche modo ne accetta le sfide; cosa ci può dire su questa differenza che
appare sostanziale?
«Ci sono comunità e comunità; la maggioranza è in
grado di esercitare un controllo sociale del fenomeno
chiudendolo fra quattro mura. Pochissime invece sono
comunità veramente terapeutiche.
Ci sono comunità che oggi
hanno in Italia anche centinaia di centri, ma definirle
veramente terapeutiche, cioè
in grado di produrre veri
cambiamenti nella struttura
della personalità del tossicomane, è generalmente assai
difficile. Sgomberato il campo da questa possibile confusione possiamo verificare le
differenze.
Per poter agire in modo
corretto in un servizio pubblico dobbiamo sempre ricordarci che viviamo ogni
giorno con le contraddizioni
che possono portare un giovane alla tossicodipendenza;
in qualche modo occorrerà
superare queste contraddizioni. Ecco che si cerca di
mettere in piedi un progetto
di riabilitazione territoriale.
Nella comunità il ragazzo
sta due anni e mezzo al coperto dalle contraddizioni
esterne, non da quelle interne; credo di poter dire però
che nella stragrande maggioranza delle comunità questo
spazio di superamento delle
contraddizioni interne non si
trova.
Ci si può confrontare con
gli altri, di confronto comportamentale, ma non di
cambiamento interno. Accade così che molti di quelli
che ritornano da una comunità vivono in seguito per alcuni mesi in una sorta di isolamento. Con ciò anche le
comunità ottengono dei risultati positivi».
Ma, dopo un periodo in comunità in cui spesso, si dice,
vengono recuperati determinati valori i giovani sono
pronti a ritornare nella vita
quotidiana senza ricadute?
«Quali sono i valori di cui
una persona ha bisogno? Se
parto dalla mia esperienza
personale posso dire che io
ho bisogno di essere riconosciuto dagli altri per quel che
sono.
Ammesso che questo tipo
di valori sono andati persi
allora possono essere recuperati. Ma se per valori ricominciamo ad intendere la
famiglia, la religione, l’amicizia è difficile riuscire ad introdurli semplicemente con
un periodo in comunità. Farei però molta attenzione alle
vocazioni post periodo in comunità o post servizio territoriale.
Sul recupero prendiamo un
valore su cui tutti puntano: il
lavoro. Una persona che in
tre anni di comunità impara
a strutturare la sua vita su
ritmi lavorativi ben determinati, quando esce dalla comunità, nella migliore delle
ipotesi resta disoccupata per
sei mesi-un anno.
Ecco che il giovane si può
trovare di fronte a una enorme frustrazione ; si ha la sensazione di aver imparato
molte cose in comunità ma di
non poterle usare fuori. Nelle
comunità terapeutiche si cercano soprattutto i momenti
per rendersi conto della propria situazione, per imparare
a parlare di sé con gli altri;
oggi, nella società, quanti
sono gli spazi o gli ambiti in
cui ciò avviene? Pochissimi».
Presentato un catalogo generale delle aziende del settore
[^agriturismo: nuova via del tempo libero
Il 25 marzo scorso, a Torino, è stato presentato dal
«Turismo verde» Piemonte
(il consorzio regionale per
l’agriturismo) il catalogo per
il 1993.
Come da due anni a questa
parte, da quando cioè si è costituito il consorzio, il catalogo propone le diverse opportunità per il tempo libero
che le aziende agrituristiche
offrono a chi voglia fare del
turismo diverso, più a contat
to con la natura e le attività
ad essa legate.
Le aziende agrituristiche
aderenti all’iniziativa del Turismo verde sono attualmente
18, di cui tre si trovano nella
zona del Pinerolese.
A Torre Pellice, a 20 minuti a piedi dalla stazione ferroviaria, si può raggiungere il
«Bacomela», un’azienda
montana circondata dal bosco, con una disponibilità di
12 posti letto e di bagni in
tutti i tipi di
carni
saiami e
saicicce
di produzione
propria
MACELLERIA
MENUSAN
Via Saiuzzo 32 - tei. 0121/374521 - Rneroto
comune; il vitto è semplice,
soprattutto vegetariano e
composto esclusivamente con
prodotti coltivati nell’azienda
stessa.
Per il tempo libero, i proprietari propongono per i fine
settimana delle escursioni,
dei corsi di erboristeria e altre attività culturali. Il costo
del posto letto è di 21 mila lire al giorno; la mezza pensione costa 33 mila lire, la pensione completa 44 mila.
Sempre in vai Pellice, nei
pressi di Bibiana, i soci della
cooperativa «Il frutto permesso» si occupano di tre
aziende agrituristiche, per un
totale di 30 posti letto; la cucina è anche qui strettamente
legata alla produzione aziendale, che è data dalla coltivazione con metodi biologici di
15 ettari di terreno ad orto,
frutteti e campi di cereali.
Gli ospiti potranno assistere alla trasformazione di questi prodotti, seguire l’allevamento dei bovini e dei cavalli, questi ultimi utilizzati per
il turismo equestre. Un appartamento con 12 posti letto
costa 65 mila lire al giorno, a
mezza pensione; a pensione
completa il costo è di 72 mila
lire.
L’azienda aderisce tra l’altro a «una giornata in cascina», un programma specifico per Testate-ragazzi organizzato dal Turismo verde,
che si propone di insegnare
alle scolaresche in modo divertente il rispetto dell’ambiente e la conoscenza delle
sue risorse naturalistiche e,
perché no, storico-culturali.
Fra le attività proposte da «Il
frutto permesso», ci sono
l’osservazione delle diverse
colture arboree, l’insegnamento dei primi rudimenti di
equitazione e le esperienze
dirette di pratiche aziendali
come fare il pane, raccogliere
la frutta, fare succhi e marmellate.
Il periodo disponibile per
questo programma è dal martedì al giovedì durante tutto
l’anno, per un numero complessivo di 70 bambini, a
17.500 lire a testa. Per ogni
25 ragazzi è prevista la gratuità per l’accompagnatore e
comunque sconti per gli insegnanti.
Oltre alle visite giornaliere,
l’azienda è disponibile anche
per vacanze più lunghe: per
due giorni (dal mattino al pomeriggio del giorno seguente) il costo comprensivo di
tutti i servizi è di 60 mila lire
più Iva; inoltre è prevista una
gratuità ogni 15 ospiti paganti.
La terza azienda è «La
Miando», un antico caseggiato di Salza di Pinerolo, circondata da un bosco di conifere e saldamente legata alle
tradizioni occitane, che si
manifestano anche in cucina,
con dei piatti tipici come la
«suppo» o la «caliettha».
Tra le varie attività praticate nell’azienda emergono
l’equitazione, l’alpinismo e la
pesca. Il costo del posto letto
varia da 24 a 28 mila lire, la
mezza pensione da 41 a 49
mila e la pensione completa
da 58 a 70 mila lire al giorno.
Tutte le aziende sono dotate di strutture in grado di accogliere handicappati.
Il laboratorio per il restauro del legno
Una «scuola di restauro» a Inverso Rinasca
Il legno, parte
della nostra cultura
DANILO MASSEL
Nel corso di una piacevole
conversazione con il signor Paure, presso il laboratorio-museo di Pinasca, dove
insieme ai figli esercita la
propria attività di restauro e
fabbricazione di mobili su misura, abbiamo raccolto una
descrizione e una valutazione,
senz’altro positiva, sullo svolgimento di un corso di restauro, recentemente conclusosi,
che ha coinvolto una quindicina di giovani del Pinerolese.
Il corso, iniziato a dicembre e
terminato a febbraio, era suddiviso in una parte teorica tenutasi a Pinerolo presso l’Engim e in tre stages pratici, ciascuno della durata di una settimana presso il laboratorio
della ditta Paure. Il totale delle ore di lezione-esercitazione
è stato di 300, di cui 108 di
restauro vero e proprio.
Il corso era organizzato dalla Provincia di Torino con il
contributo di finanziamenti
della Comunità europea; questo ha permesso anche di fornire ai partecipanti un piccolo
salario orario di 4 mila lire.
Nel corso della parte pratica,
gli studenti hanno lavorato su
schede analitiche che descrivevano i mobili da restaurare
e introducevano man mano le
diverse operazioni da compiere in vista del recupero degli
stessi.
Nelle tre tappe sono stati
prima affrontati dei mobili rustici, quindi dei mobili impiallacciati e infine mobili più
complessi e delicati. L’entusiasmo dei partecipanti è stato
notevole e, secondo le parole
di Paure, diversi di loro hanno
mostrato di potere ottenere ottimi risultati e di essere portati per questa attività.
«Certamente una legislazione abbastanza vincolistica,
che troppo spesso accomuna
realtà industriali e artigianali
oberando queste ultime di
adempimenti spesso insostenibili rende, sul piano pratico,
abbastanza problematici gli
sbocchi occupazionali in questo settore. In realtà però il
mercato è abbastanza vivo e il
lavoro non manca. E per questa ragione che strumenti di
formazione di questo genere
possono essere molto interessanti e fattivi. In futuro stiamo
anzi progettando di tenere anche dei corsi a pagamento.»
Nel concludere. Paure ha
voluto ricordare che nell’ottica di formare e diffondere il
più possibile l’interesse e
l’amore per il legno e per il
recupero di quella parte della
nostra cultura che passa attraverso gli oggetti di tutti i giorni, i mobili appunto, sono già
attivati, in collaborazione con
la direzione didattica di Perosa Argentina e con la scuola
elementare di Pinasca anche
dei mini corsi per i bambini
della IV e della V elementare.
Pinerolo: incontro tecnico
Capire le nuove
leggi amministrative
La legge sulle autonomie
dei Comuni 142 del ’90 e la
241 dello stesso anno, sulla
cosiddetta trasparenza amministrativa, muteranno effettivamente il modo di porsi degli amministratori?
E per farlo i Comuni non
necessitano forse di nuovi
strumenti, anche sul piano
tecnologico?
E ancora: l’istituzione della tassa comunale lei, una
probabile maggiore autonomia impositiva degli enti locali, non porterà inevitabilmente i Comuni a reimpostare gli uffici tributi, cercando
di limitare al massimo l’evasione e l’elusione?
Per concretizzare tutte queste possibilità sono necessari
strumenti che le attuali tecnologie mettono a disposizione; un esperto dell’Ancitel (servizi e tecnologie per
l’informazione degli enti locali) ha illustrato la scorsa
settimana a Pinerolo, a funzionari e amministratori della
zona, le offerte del settore.
La giornata non è stata delle più riuscite vista la difficoltà ad attivare i vari contatti via cavo ed etere cosicché
le proposte di informatizzazione dei Comuni e di accesso a determinate banche dati
non sono parse ricevere
grandi adesioni.
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10
PAG. IV
E Eco Delle ¥vlli %ldesi
venerdì 2 APRILE I993
Le caratteristiche di un'attività che gode di grande diffusione nel Pinerolese
Apicoltura e produzione del miele:
il grosso scoglio è nella commercializzazione
L9 apicoltura è una delle
attività agricole più
diffuse nelle valli; sono in
molti ad avere qualche famiglia di api, generalmente per
il consumo familiare o al
massimo degli amici. Alcuni
apiari assumono invece dimensione di vera e propria
azienda; in questi casi la produzione di miele riesce ad
avere un valore anche economicamente valido.
Uno dei problemi più grandi per Fapicoltura della zona
continua ad essere la commercializzazione del prodotto; tranne rare eccezioni la
vendita avviene quasi esclusivamente direttamente presso la sede dell’azienda.
L’uscita dalla zona del
prodotto valligiano, pur molto valido sotto il profilo qualitativo, è dunque legata a
pochissime aziende o cooperative. Eppure molti centri di
vendita nell’area torinese o
cuneese cercano mieli tipici
italiani; nel caso dei nostri
apicultori che praticano il
nomadismo (cioè il trasporto
degli alveari dalla pianura
all’alta montagna a seguire i
momenti delle fioriture tipiche) si possono ottenere mieli di tarassaco, acacia, tiglio,
castagno, rododendro.
Per consentire una facile
individuazione della zona di
provenienza, oltre alla dicitura imposta per legge «miele
italiano» ed eventualmente il
tipo di fioritura su cui le api
hanno effettuato il raccolto
del nettare, in alcuni casi sono sorti dei marchi di zona: è
il caso della vai Pellice, dove
da anni opera con impegno
un’associazione di apicultori.
Zone montane come le nostre, abbastanza lontane da
grandi correnti di traffico sono sotto questo aspetto assai
vocate per l’apicoltura; e in
qualche modo ci sarebbe ulteriore spazio di ampliamento.
Tuttavia la diffusione, ormai da alcuni anni, anche
nelle valli, di un pericoloso
acaro parassita delle api, la
varroa, ha messo dei forti limiti all’espansione degli
apiari. I sistemi di lotta sono
vari, alcuni classificabili come biologici, altri con prodotti chimici. In quest’ultimo
caso è la serietà degli apicultori e la loro capacità a far sì
che il prodotto miele continui a mantenere le sue caratteristiche alimentari senza
contenere residui chimici dei
prodotti utilizzati.
Indubbiamente la presenza
dell’acaro e la necessità di
cure regolari ha fatto si che
apicultori poco accorti abbiano subito consistenti perdite
di famiglie fino a dover rinunciare all’attività; tuttavia
anche quanti operano con costanza hanno in questi anni
talvolta registrato consistenti
perdite. In ogni caso il lavoro
dell’apicultore è diventato
col tempio assai più difficile;
in alcuni casi tramite le comunità montane e le associazioni di produttori sono stati
distribuiti i presidi sanitari
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L'apicoltura è diffusa anche a livello familiare
indispensabili; sono state diffuse anche notizie circa i metodi di intervento.
La consistenza del patrimonio apistico in conseguenza delle infezioni e delle
preoccupazioni degli apicultori ha subito, dopo anni di
forte incremento, alcune riduzioni, anche se, - dicono i
servizi veterinari delle tre
Ussl del Pinerolese non è
possibile redigere una vera e
certa mappa dell’apicoltura
in zona. Alla fine del 1992 in
vai Pellice c’erano 125 apicultori con 1.560 alveari; nel
le valli Chisone e Germanasca 178 allevamenti e 1.185
alveari; nell’Ussl 44, 169
apiari e 2.014 alveari. Per
quel che valgono le medie,
questi dati evidenziano comunque come le valli Chisone e Germanasca, con il più
alto numero di apiari, siano
anche quelle con le dimensioni più piccole (poco più di
sei alveari per azienda), mentre la vai Pellice ha una medie di famiglie di api per
azienda di oltre 12.
Abbastanza frequente in
tutte le valli il fenomeno già
descritto del nomadismo, va
segnalato anche l’ingresso in
valle di apiari non della zona
che vengono trasportati in
montagna nel periodo estivo.
Cosa fa l’ente pubblico per
meglio sostenere un’attività
così diffusa? Interessante a
questo proposito l’iniziativa
deirUssl 42 che ha organizzato un corso di aggiornamento per i veterinari composto di lezioni teoriche con
docenti universitari e momenti di pratica a Mondovì;
vi parteciperanno veterinari
di tutte le Ussl delle valli.
Perosa: una serata di aggiornamento per gli agricoltori locali
In calo il consumo di carne
LILIANA VIGLIELMO
Il consumo di carne nei paesi dell’Europa occidentale è
in forte calo: per un alimento
che ha costituito in tutti i tempi una parte fondamentale
della nutrizione umana, si registra così una parabola discendente dovuta ad una concorrenza di fattori.
Su questo argomento ha
parlato il dott. Romano Rebecchi, nella serata di aggiornamento per agricoltori a Perosa il 16 marzo. Prendendo
spunto dalle recenti misure
sanitarie per il risanamento
del bestiame colpito dall’epidemia di afta, l’esperto ha
elencato le malattie tipiche
dei bovini, tubercolosi e
brucellosi che, pur combattute
assai meglio che in passato,
causano un abbandono
dell’attività da parte dell’allevatore e sospetti da parte del
consumatore.
Tra gli altri fattori che determinano il calo di interesse
per la carne, si trovano almeno due motivazioni psicologiche: come il vino, che l’accompagna nella discesa del
consumo, essa era considerata
in passato un cibo per ricchi,
quindi indice di una certa
condizione privilegiata. Perciò, col diffondersi del benessere economico, di carne si
fece un larghissimo consumo,
fino a causare sazietà e di
conseguenza un certo distacco da questo tipo di alimentazione. Nello stesso tempo è
cresciuta una coscienza animalista e molte persone provano addirittura un senso di
nausea di fronte alle spoglie
di un animale ucciso.
Se andiamo poi alle motivazioni di tipo economico, si
capisce subito come i lavoratori di questo settore abbiano
in larga parte gettato la spugna: scompare il macellaio
privato che lavora da sé la
carne nel retrobottega, sommerso dalle infinite trappole
delle norme sanitarie; resiste
soltanto la grande distribuzione, affidata per lo più ai banchi di vendita dei supermercati. Il dott. Rebecchi, come
esempio, ha provato a descrivere un macello in regola con
le norme Cee (costo un miliardo o un miliardo e mezzo)
dove tutte le fasi delia lavorazione richiedono locali separati e controlli igienici da
fantascienza, molto più adatti
a zone di produzione industrializzata che non al tipo di
allevamento in uso nelle nostre parti.
In quanto all’opinione diffusa che la carne non abbia
più «il buon sapore di una
volta», il tecnico ha escluso
che l’alimentazione dei bovini a base di tritato di mais sia
più scadente rispetto a quella
tradizionale a fieno; si tratta
invece di una lavorazione più
affrettata che salta passaggi
importanti per la qualità del
prodotto, per arrivare presto
al consumo; è anche molto
frequente la posa o nessuna
cura per l’animale che viene
maltrattato e quindi accumula
tossine nell’organismo.
Può sembrare un controsenso trattare con tutti i riguardi una bestia che poi viene ammazzata e mangiata,
tuttavia questo ci riporta alle
antiche civiltà presso le quali
la macellazione era un rito religioso, simbolo di un misterioso legame tra l’uomo e la
natura. Ne rimangono tracce
nel termine «sacrificio», che
ancora oggi viene usato per
indicare questo procedimento
e nelle macellazioni rituali in
uso presso musulmani ed
ebrei osservanti, esempi di
una mentalità che contrasta in
modo stridente col frettoloso
«hamburger», consumato in
piedi alla tavola calda.
Torino
Apre lo
sportello donna
E stato inaugurato il 9 marzo, presso l’ufficio regionale
del lavoro e della massima
occupazione di Torino, in via
Cernaia 30, lo «Sportello
donna e lavoro in Piemonte».
L’iniziativa ha il fine di
fornire alle utenti alcune indicazioni su come orientarsi sul
mercato del lavoro piemontese, cercando di facilitarne
l’ingresso, in un clima di parità e di tutela. Lo sportello
opera in stretto rapporto con
le 49 circoscrizioni per l’impiego presenti sul territorio
regionale e con tutti gli enti
che trattano questa materia.
Lo sportello è aperto il
martedì e il giovedì dalle 8,30
alle 12; il telefono è
011/54.51.56.
Un convegno sulle ferrovie in Piemonte
I treni di domani
e l'alta velocità
FEDERICA TOURN
Il treno potrebbe riconquistare il ruolo primario nel
settore del trasporto di merci
e passeggeri, dopo decenni di
dominio dell’auto in questo
campo.
La prospettiva avanzata
dalla Cee di realizzare una rete ferroviaria europea strutturata sul criterio dell’alta velocità sembrerebbe infatti voler
alleggerire il traffico internazionale che oggi corre prevalentemente su gomma.
Il problema non indifferente che ora si pone al nostro
paese è di rispondere adeguatamente a questa esigenza
nella realizzazione del segmento italiano della prevista
rete europea, partendo dalle
diverse esigenze di ogni regione. Le nostre ferrovie sono
rimaste a dei livelli di arretratezza tecnologica e di inefficienza davvero inaccettabili,
che purtroppo coinvolgono
tutti i servizi, dal trasporto
passeggeri ai treni merci, dai
collegamenti nazionali a
quelli regionali e metropolitani.
Queste sono state alcune
delle questioni discusse durante la giornata di studio su
«Alta velocità e sistema ferroviario in Piemonte» che si è
tenuta il 26 febbraio scorso a
Torino.
Il progetto per l’Italia parla
di quadruplicazione della linea Torino-Milano, tratta satura che oggi conta in media
211 treni al giorno, e soprattutto della realizzazione, prioritaria su ogni altra, della linea ad alta velocità MilanoNapoli e Torino-Venezia,
senza dimenticare la discussa
Milano-Lione che immetterebbe direttamente il
nostro paese nel traffico europeo.
Il punto fondamentale, sottolineato da tutti gli intervenuti, è l’esigenza che
l’intervento sull’intero sistema ferroviario interno non sia
posticipato o accantonato rispetto all’iniziativa europea.
Si tratta quindi di progettare
uno sviluppo razionale, adeguando anche le spese in funzione di un miglioramento futuro che vada a vantaggio di
tutti, Europa, Italia e singole
regioni.
«Non dimentichiamo la
precaria situazione che le ferrovie stanno attraversando in
questo momento; per la prima volta - ha detto Stefano
Bernardi, responsabile strategie della Divisione trasporto
locale delle Fs - abbiamo una
diffusa situazione di cassa integrazione; il taglio finanziario che lo stato ha inflitto al
trasporto su rotaia è infinitamente superiore a quello previsto per il trasporto su gomma. Con 6 mila miliardi annui bisogna provvedere a 16
mila chilometri di rete, di cui
2 mila, pari al 18% dell’offerta, dovranno essere eliminati nei prossimi 2 anni. Ad
essere penalizzate saranno le
tratte regionali, ma i tagli dei
cosiddetti “rami secchi” sono
inevitabili se le Fs non vogliono più chiudere in passivo i loro bilanci».
Inoltre, se lo scopo è togliere il traffico dalle strade,
bisognerà riconsiderare la
strategia imprenditoriale delle
ferrovie. «E necessaria una
riorganizzazione generale
dell’offerta - ha affermato
Dino Testa, sindacalista della
Filt-Cgil - perché si possa
sfruttare la domanda potenziale; per esempio si potrebbe
proibire tratti di strada ai
Tir, in modo che si sia obbligati a servirsi dei treni, oppure definire il ruolo dell’auto
nell’area metropolitana, come già avviene in Francia».
Bisogna pensare a dotare i
nodi ferroviari e gli scali di
tutti quei servizi necessari a
rendere rapidi i collegamenti
di persone e merci con la
città. Che senso avrebbe, infatti, viaggiare a 300 km
all’ora per poi perdere tempo
nelle stazioni?
Il progetto deve insomma
ancora essere studiato con
attenzione: a una certa fretta
di realizzazione che si avverte
tra gli addetti ai lavori si oppone anche la questione
dell’impatto che l’alta velocità avrà sull’ambiente. «Sicuramente l’incentivo del trasporto su rotaia è la soluzione più rispettosa dei problemi
ambientali - spiega Mercedes
Bres.so, del politecnico di Torino - ma l’attuale progetto
non pare in grado di affrontare compiutamente le conseguenze disastrose derivanti
dal sistema autostradale italiano. Prima di muoverci
dobbiamo far sì che il ministero dell’Ambiente torni a
considerare come prioritaria
la questione dell’impatto ambientale, ora niente di più di
una vuota procedura burocratica che, contrariamente
alle indicazioni Cee, non dà
ascolto alle regioni e alle popolazioni, dirette interessate
ad un problema ormai indifferibile».
Appuntamenti
- .................
Venerdì 2 aprile — PEROSA ARGENTINA: Alle 20,
presso la sede della Comunità montana, prosegue il corso di
agricoltura. Tema della serata la frutticoltura: pesco, susino, albicocco.
Lunedì 5 aprile — PINEROLO: Alle 21, nel Centro sociale di S. Lazzaro, il magistrato Amos Pignatelli presenterà i
Quesiti referendari proposti all’attenzione degli elettori il 18
aprile.
Mercoledì 7 aprile — TORRE PELLICE: Alle 20,30,
presso il Centro d’incontro di via Repubblica si riunisce il
gruppo Diapsigra per affrontare le questioni attinenti al disagio
legato alle malattie mentali.
Sabato 17 - domenica 18 aprile — VILLAR PEROSA:
Con inizio alle ore 16 del sabato si svolge il precongresso della
Federazione giovanile evangelica italiana.
I gruppi di giovani coinvolti saranno non solo quelli della
Fgei Valli, ma anche quelli provenienti dal resto del Piemonte
e dalla Liguria.
Martedì 20 aprile — TORRE PELLICE: L’Associazione
per la pace. Radio Beckwith e il Centro culturale valdese organizzano alle 21, alla Casa valdese, un incontro con Angelo Del
Boca sul tema della Somalia.
11
venerdì 2 APRILE 1993
E Eco Delle ¥vlli Aàldesi
PAG. V
1 centri ippici e le scuderie alle valli
Cavalli: una nuova passione
CABMELINA MAUBIZIO
Da qualche anno è diventato sempre più frequente nelle nostre valli incontrare gruppi o singoli che passeggiano a cavallo e si sono
diffusi un po’ ovunque nella
zona maneggi e piccole e
grandi scuderie, segnalate da
cartelli turistici che invitano
a seguire percorsi e passeggiate.
Per quantificare l’entità del
fenomeno cavalli e capire
quanto le varie attività ad essi
collegate (allevamento, turismo, sport) siano diffuse nelle nostre valli abbiamo svolto
una piccola indagine nel territorio delle tre Ussl.
Partendo dal fatto che è obbligatorio registrare i capi pena l’impossibilità di movimento (vendita, partecipazione a mostre e fiere, concorsi
ippici), abbiamo condotto un
censimento nel Pinerolese.
Effettivamente la situazione che si presenta attraverso
un rapido esame dei dati a
nostra disposizione è già indicativa di un fenomeno esteso e in probabile espansione,
redditizio per i vari tipi di
operatori del settore ippico.
Infatti complessivamente al
31 dicembre 1992 presso le
Ussl risultano registrati quasi
1600 capi, di cui 1.000 presso la Ussl 42.
Le scuderie sono così ripartite : ne troviamo 342 nel
Pinerolese, 326 in vai Pellice
e 74 nelle valli Chisone e
Germanasca.
Nella zona della Ussl 43
esistono nove allevamenti, di
cui otto che hanno tra i sei e
L’allevamento del cavallo suscita semi
appassionati e si sta
diffondendo discretamente anche nel Pinerolese
i venti capi e uno che ne ha
oltre venti e sempre in questa
area è molto diffusa la vendita di cavalli tra i vari allevatori anche provenienti dalle
altre valli.
Numerosi poi sono anche i
centri ippici di varia grandezza e con un buon giro di
affari, che offrono svariati
servizi: si va, per esempio,
dalle passeggiate di un’ora,
mezza giornata o un giorno
intero a proposte di trekking
per più giorni.
In questi casi, come avviene per esempio alla «Sella»
di Villar Pellice è previsto un
giro organizzato con convenzioni presso altre strutture ricettive della zona.
Un’ora di lezione per imparare le tecniche base per
andare a cavallo costa mediamente 20 mila lire, ma spende meno chi conosce già i
primi rudimenti dell’ippica e
prenota delle passeggiate.
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i costi per il mantenimento
dei cavalli: tra alimentazione,
veterinario, ferratura ogni capo costa mediamente circa
mezzo milione al mese.
«È questo economico spiega il dottor Guerrieri, responsabile del centro equituristico «La Sella» - uno dei
motivi per cui molti provano
ad aprire delle scuderie, dei
maneggi o dei centri ippici
ma poi falliscono.
Dal 1989 ad oggi sono in
molti, tra quelli che avevano
cominciato con noi, ad aver
chiùso »
In generale i cavalli sembrano comunque un settore
che offre al momento nuove
opportunità lavorative nelle
nostre valli e di certo rappresentano un’alternativa valida
per il tempo libero per tutti
coloro che desiderano spendere del tempo all’aria aperta
riscoprendo il gusto antico
eppure sempre nuovo della
passeggiata a cavallo.
Rinsaldati i legami con gli emigrati
La vai d'Angrogna e
I^America Latina
Per circa un mese la vai
d’Angrogna e le sue borgate e
due grandi paesi dell’America
Latina, l’Uruguay e il Paraguay, sono stati vicini idealmente e visivamente.
L’occasione che ha unito
due terre così lontane è stata la
proiezione di circa cento diapositive che presentavano appunto i luoghi e alcuni dei loro
abitanti duranti le riunioni
quartierali del mese di marzo.
Il materiale fotografico è
stato presentato da Ethel Bonnet, per tanti anni maestra in
vai d’Angrogna e oggi in pensione, che ha raccontato attraverso le immagini il suo recente viaggio in America Latina. ^
«E stato un modo per offrire
a persone che probabilmente
non avranno mai la possibilità
di vedere quei posti immagini
di una terra che non è poi così
lontana dalla nostra, sia nella
cultura che per alcune tradizioni, visto che ho potuto constatare di persona - spiega l’ex
maestra - come i valdesi provenienti da queste valli abbiano portato un angolo di Piemonte sia in Paraguay che in
Uruguay».
Così dalle diapositive sulle
grandi estensioni terriere a
quelle che ritraevano piemontesi delle valli oggi residenti lì,
dalle immagini di Montevideo
a quelle di Colonia Val dense
gli angrognini, circa 70 tra le
varie borgate, hanno ascoltato
e osservato con una buona do
se di interesse, soprattutto dove in Angrogna risiedono alcune famiglie che hanno vissuto in Argentina e Uruguay.
«Molti - racconta ancora
Ethel Bonnet - hanno scoperto
e ricordato conoscenti e a volte parenti di cui da molto tempo non sapevano più nulla
proprio attraverso alcune delle
diapositive che ho mostrato
durante gli incontri serali per i
quartieri di Angrogna.
Quasi tutti, e io per prima,
sono stati colpiti dal gran numero di cognomi originari delle Valli. Ho potuto constatare
di persona sfogliando la guida
del telefono quanti Bertin,
Griot, Poét e tanti altri cognomi simili vi siano a testimonianza di un legame molto forte tra America Latina e valli
valdesi».
L’ex maestra ha poi parlato
di alcune delle tante attività
che i vari gruppi svolgono
presso le chiese valdesi locali
e lei stessa ha preso parte durante il suo soggiorno a un
viaggio organizzato dall’Unione femminile.
Ha colpito un po’ tutti poi
sapere che il patuà, il francese
e l’italiano siano parlati costantemente nelle famiglie originarie delle Valli e quanto i
canti tradizionali della montagna siano ancora vivi nella
memoria di coloro che sono
emigrati da anni se non da generazioni, seppure ormai abituati a vivere in mezzo ad
estensioni terriere immense
Pinerolo
No
ai referendum
elettorali
Anche a Pinerolo e valli è
nato un comitato per il «No»
ai referendum elettorali. Lo
hanno promosso la lista «per
l’alternativa». La rete. Rifondazione comunista, i Verdi e
alcuni sindacalisti.
11 Comitato, che ha sede in
via Puccini 17 presso la Rete,
ritiene che «solo votando no
ai referendum elettorali si
può garantire il cambiamento dal vecchio al nuovo con
chiarezza e rispetto di tutte le
regole di democrazia».
Infatti - sostiene il comitato - con il sistema maggioritario non avrebbero rappresentanza istituzionale molte
forze politiche importanti..
Se si fosse votato col sistema previsto da Segni nel
Consiglio comunale di Pinerolo sarebbero rappresentati
due soli partiti: la De con 32
consiglieri e il Psi con 8. La
maggioranza dei votanti non
avrebbe rappresentanti in
Consiglio. «Questa non è democrazia!».
Il sì serve poi - secondo il
comitato - a « scaricare sul
sistema proporzionale colpe
che sono dei partiti di tangentopoli».
La classe politica corrotta
non verrà sostituita solo attraverso il meccanismo del maggioritario. Occorre che nello
stesso tempo la giustizia faccia il suo corso e giudichi
corrotti e concussori, e che
vengano fatte vere riforme
istituzionali.
Il pianeta sanità alla prova dei decreti governativi e del comportamento degli operatori
Facciamo crescere le piante della solidarietà
_______GIOVANNI GHELLI*_______
HO letto con attenzione anche per dovere d’ufficio - l’intervento di un assistente medico presso l’Ospedale valdese di Pomaretto
sulle tante malattie della sanità, contenute ne l’Eco delle
valli del 12 marzo.
Non voglio qui entrare affatto nel merito delle osservazioni fatte circa il nuovo decreto legislativo di riforma
sanitaria, denominato e bollato subito dallo stesso e dal
suo intervistatore come una
legge di Controriforma.
Anche se questa parola
evoca per noi protestanti
spettri ormai lontani, mi sia
solo permesso - per inciso di osservare che un qualcosa
(riforma o Controriforma che
sia) doveva comunque essere
fatto a fronte della letterale
voragine finanziaria che la
spesa per la sanità, così come
era organizzata con le vecchie
regole, stava aprendo e che,
non ci sono dubbi, tutto il
paese doveva sopportare; il
cosiddetto «pianeta sanità»
infatti non è certo abitato da
alieni !
Il motivo però per cui intendo intervenire (e non lo
faccio volentieri) è un altro;
esso risiede essenzialmente
nella lettura della parte centrale dell’intervento del medico in oggetto, là dove si evidenzia che, a seguito dell’attuazione pratica delle regole
del decreto, sarà necessario
attivare per tutti quanti l’arte
di arrangiarsi.
Questa arte è una di quelle
caratteristiche che il mondo
intero indica come peculiare
del popolo italiano; forse nessuno in fondo in fondo ce la
invidia e anzi più volte ce la
attribuiscono con qualche accenno di scherno, perché non
la considerano giustamente
una virtù.
Ebbene io leggo nell’intervento che, se pure sarà necessario seguire questa strada, si
dovranno combinare insieme
le necessità di arrangiarsi e
dei medici dipendenti e degli
utenti (esattamente così come
elencati nell’articolo) i quali
ultimi si conclude che dovranno sempre più pagare di
tasca propria.
Questa interpretazione mi
colpisce subito e in qualche
misura mi offende (come
utente) perché il pagare di tasca propria non è sicuramente
una categoria molto intelligente del concetto di arrangiarsi; probabilmente e forse
più giustamente è solo un
modo molto più nobile ed
onesto di contribuire, per
quello che uno ha a disposizione, alle necessità generali,
comprese le cure gratuite agli
indigenti; si deve tener ben
presente che questo dovere di
partecipazione è anch’esso
costituzionale, così come il
diritto alla salute.
Poi e infine (e forse questo
è il motivo essenziale che mi
ha spinto ad intervenire) io
non capisco e quindi non condivido (anche se qui certamente non mi scandalizzo e
non mi offendo, perché ormai
ho in proposito la pelle abbastanza dura) l’affermazione
secondo la quale i medici
dipendenti dovranno arran
giarsi ricorrendo alla dura necessità (testuale) della libera
professione, in quanto i salari
saranno decurtati e insicuri.
Sempre per dovere di ufficio sono informato sull’entità
dell’onorario riconosciuto alla categoria medica, secondo
quanto stabilito dal Dpr
384/90 e non mi sembra, anche se tutto è relativo, che si
tratti di livelli tali da dover ricorrere all’arte di arrangiarsi.
Posso certificare che lo lov
(Istituti ospitalieri valdesi) si
attiene con molto scrupolo
all’osservanza di quanto
stabilito (compreso dell’incentivazione).
Crediamo quindi che niente
possa eisere obiettato all’ente
amministratore dell’ospedale
circa la linearità dei rapporti e
perciò vorrei veramente invitare il medico estensore
dell’intervento a'ripensare
piuttosto, con molta obiettività, per quanto attiene alla
da lui accennata eventualità
della decurtazione e dell’insicurezza del salario, alle situazioni attuali di altre categorie
di lavoratori come i metalmeccanici, i chimici ecc., i
quali potranno al limite sì arrangiarsi, ma con la cassa integrazione, le liste di mobilità
e similari e non certo ricorrendo alla «dura necessità
della libera professione».
Termino esprimendo comunque al medico in servizio
presso l’ospedale di Pomaretto e anche al suo intervistatore, al di là delle precedenti
osservazioni, la mia stima e
la mia simpatia per la accennata volontà finale di impegnarsi, come operatore sociale, in difesa dei diritti della
gente umiliata e offesa.
Un’etica individuale di servizio per il bene della collettività (e non viceversa) è un
terreno che ci è comune e sul
quale ci possiamo incontrare,
ciascuno nel proprio ambito e
con le proprie competenze.
In questo terreno io credo
che sia desiderio di tutti quello di far crescere le nostre
piccole pianticelle della solidarietà e non certo i nostri
grossi arbusti dell’arte di
arrangiarsi.
Presidente ospedali valdesi
di Torre Pellice e Pomaretto
VIAGGIO IN GRECIA
L’associazione turistico culturale «Clubmet» organiKta fra
il 26 giugno e il 10 luglio prossimi un viaggio in Grecia in nave
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Micene, Atene, Corinto, Epidauro) sia alla scoperta delle radici della nostra fede.
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si ricevono entro e non oltre il 30 marzo. I prezzi per persona
; vanno dalle 650 alle 910 mila lire, a seconda delle sistemazioni
prescelte. I posti sono limitati. ~ ' v
12
PAG. VI
Eco Delle ¥vlli Valofk
'1__________________ VENERDÌ 2 APRILE I993
LA
SAPIENZA
CONTADINA
SI
TRAMANDA
NEI SECOLI
ì»
Fra le tradizioni piii consolidate nelle nostre
valli , la produzione del formaggio rappresenta una realtà economica di tutto rispetto, permettendo alle
aziende agricole di montagna di vivere.
Allo stesso tempo il for
nostra zona, sono le tome, i
tomini il seirass(ricotta salata), il brus la robiola, e non
da ultimo il burro, che da
elemento di condimento diventa, se prodotto artigianalmente con latte di bovini
che si sono cibati di erba pascolata negli alpeggi, una
diverso da quello prodotto
dagli animali allevati in
stalla, e con caratteristeche
organolettiche e nutrizionali
estremamente diverse.
E in ultimo, come prodotto della lavorazione del formaggio; il siero di latte detto
"reiqueito" usato come nu
maggio e gli altri derivati
del latte sono un alimento di
primario interesse in montagna.
Dunque è il latte, la cui lavorazione da i prodotti base
per l’alimentazione del
montanaro e permette con la
vendita lo sviluppo di un’economia di agricola e la presenza di un artigianato di
trasformazione con piccoli
caseifici valligiani.
1 principali formaggi della
vera e propria prelibatezza.
La tecnologia artigiana
per lavorare il latte e produrre il formaggio è un’insieme
di sapienti conscienze e di
tradizioni che si tramandano
da una generazione all’altra.
La bontà dei formaggi non
è data solo dalla lavorazione
ma anche dai pascoli, dall’insieme di erbe aromatiche
di cui il bestiame si ciba e
che forniscono un prodotto
finale: il latte, di un sapore
trimento per i maiali, elemento iniziatore di un altro
ciclo produttivo che finisce
inevitabilmente sulle nostre
tavole.
A sottolineatura di questa
arcana tecnologia, che per
molti aspetti si avvicina alla
«sapienza» contadina che si
esplica nella produzione del
vino diamo qui di seguito
un’insolita ricetta per insaporire uno dei più noti formaggi della nostra zona il
séras.
Dal volume “Vita Montanara e folclore nelle valli
valdesi” di Teofilo Pons edito dalla casa editrice Claudiana di Torino abbiamo
tratto l’antica ricetta per fabbricare la “Bounno” una mistura usata per fare insaporire il seirass o sèras, delicato
e sapido formaggio delle
valli Valdesi:
La bounno
(...) vai la pena di svelare
il cosi detto segreto della
bounno, segreto che pare
che sia stato custodito gelosamente in Val Germanasca
da alcune famiglie, particolarmente interessate alla lavorazione del latte.
Fra queste famiglie, dedicatesi all'allevamento del
bestiame ed alla miglioria
dei diversi prodotti lattiferi,
va ricordata la famiglia
Peyronel del Troussard di
Riclaretto che almeno per
due generazioni, si diede a
coltivare con passione questo lavoro di aromatizzazione dei famosi sèras di Riclaretto ediFaetto.
Dall’ ultimo di questi Peyronel agricoltori-allevatori:
Giacomo il segreto della
bounno fu ad un certo momento svelato ad un suo
amico di Pramollo un Tomaso Ribet, che a sua volta
lo rivelò ad Eli Jahier, i
quali migliorarono così i loro prodotti caseari.
Il Ribet inoltre imparentandosi con la famiglia Menusan dei Chiotti, finì per
rivelare anche a questa famiglia la ricetta alla base
del miracoloso e misterioso
miscuglio. Ora, essendomi
passata tra le mani con altre
antiche carte della Val Germanasca, una “Note de ce
qu’il faut pour faire “bonne” (nota di quel che occorre per fare la “buona” ),
posso svelare T antico segreto.
La nota è molto scorretta
A LUSERNASANGIOVANNI
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Silvia, Pier Luigi e Bruno Vi aspettano
a Luserna San Giovanni
Via r Maggio, 46 - Tel 0121/909087
Chiusura settimanale il lunedì
nell’ ortografia francese in
cui è stata redatta o ricopiata, ma è stata interpretata
con ogni scrupolo, con lo
aiuto prezioso del prof. Beniamino Peyronel, micologo
di fama europea, uno dei figli di Giacomo, detto Coulin
di cui sopra, deceduto nel
gennaio del 1975.
La bornio dunque richiedeva un complicato lavoro
di misure, eseguito metodicamente con svariati ingredienti, indispensabili per la
confezione accurata di questa speciedi presame raffinato.
Si confezionava in una capace tinozza, come quelle in
uso per fare il bucato, con i
seguenti ingredienti; a) mezza libbra di cannella naturale; b) 24 noci moscate; c)
due conce di chiodi di garofano; d) un sacco di 4 emine
di radici d’ortica di buona
qualità e una bisaccia (saquètta piena d’uva carerba
e di cornigles, probabilmente corniole, frutti del corniolo f) un pugno di radici di
jaense verosimilmente ginseng; g) una mezza dozzina
di radici di aigrot “imperatoria osthrutium’ o “Peucedanum osthrutium’; h) un
lievito da 10 a 12 libbre, coperto tutt’intorno da chiodi
di garofano; i) mezza libbra
di cannella sul lievito e mezzo pugno di chiodi di garofano; k) 13 “bouts de melaise”, germogli di larice; l)
due pugni di ortiche fresche
non ancora fiorite; m) ad
ogni pasto due buoni pugni
di sale per conservare il tutto; n)ad ogni pasto versarvi
un secchio di latte ben purgato; o) si purga il latte con
due pugni uva non matura 0
delle “cornigles” (cornouilles), oppure .acetosella pestata in modo da dare una
pinta e mezza di succo poi si
cola in un pezzo di tela rada. si pesta aggiungendo un
pò d’acqua e pestando nuovamente il tutto si mettono
infine da cinque a sei pinte
di vino in un secchio, per fare inacidire il latte che si
deve mettere per primo nella Bouno, e dopo averlo ben
purgato, bisogna colarlo
ancora .
A dire il vero la ricetta
non ci sembra tanto semplice; essa è però molto ingegnosa e deve avere esercitato l’infinita pazienza dei
montanari nei secoli pas.sati. E se i loro sèras hanno
acquistato rinomanza grazie
alla complicata bounno da
essi preparata, gran merito
deve essere dato alla loro
ricetta.
Il Barathler è un liquore naturale ottenuto
tramite la macerazione di erbe scelte,
raccolte In Val Germanasca In periodi
che variano secondo la fioritura.
Il Barathler viene prodotto
dalla ditta Bernard su ricetta "centenaria"
custodita gelosamente.
BERNARD & C.
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POMARETTO - TEL. 0121/8.12.27
13
venerdì 2 APRILE 1993
E Eco Delle Yallì ^ldesi
PAG VII
GUIDA Al FORMAGGI TIPICI
TOME
TOMINI
• •
SERAS & C.
TOMA
È il formaggio più conosciuto fra quelli prodotti nelle valli valdesi.
La toma è stata denominata e riconosciuta con un decreto legge del 1950 ed uno
del 1964.
Si tratta di un formaggio a
pasta dura prodotto con latte
di vacca o misto, non fermentato e con una stagionatura superiore ai tre mesi.
È un formaggio fabbricato
quasi esclusivamente in Pie-,
monte, ha una forma cilindrica e un peso che varia da sei
ai dieci chili.
La toma a stagionatura
breve ha una pasta piuttosto
consistente, di colore paglierino e con piccoli occhi. Il
suo sapore è gradevole e varia da leggermente salato, sa
porito e tendente al piccante,
a dolce e delicato.
La toma a lunga stagionatura presenta una pasta più
compatta e dal sapore decisamente piccante, forte e aromatico. Il colore è giallo oro.
A seconda delle zone di
produzione la toma presenta
delle variazioni organolettiche e di sapore oltre che
strutturali.
Questo formaggio assume
quindi delle denominazioni
geografiche più ristrette.
Nelle valli valdesi sono rinomate le tome di Bobbio,
Angrogna e Frali.
TOMETTA
Prodotto nelle valli, è un
formaggio dalle caratteristiche organolettitche simili alla toma ma è soggetto ad una
stagionatura più breve
Viene considerato come un
formaggio fresco preparato
essenzialmente con latte vaccino intero e si presenta in
piccole forme cilindriche di
12 cm di diametro.
Prodotto in tutte le valli
valdesi. Nell’area immediatamente limitrofa è conosciuta la tometta di Barge.
TOMINO
È prodotto quasi esclusivamente in Piemonte, in piccoli
caseifici artigianali.
L’aspetto è di piccoli dischetti del peso di 50-100
grammi; nei giorni seguenti
la lavorazione presenta una
pasta bianca o bianco-porcellana, molle, friabile e lucida
morbida e burrosa, di un sapore caratteristico, dolce e
HòTel
ENVION
“H ^—I—V
lipóT
È passato poco più di un secolo da quando Filippo Gay
aprì a Torre Pellice il suo piccolo ristorante che con il tempo, si identificò
con il suo stesso soprannome:Flipot. Era il 1882.
Nel volgere di qualche anno, Flipot seppe meritarsi le attenzioni di quella
ricercata mondanità che affluiva a Torre Pellice dalla capitale del regno.
Ancora oggi, la tradizione del Flipot è rimasta inalterata.
A mantenerla viva è Walter Eynard, cuoco eccellente
e gran cultore della tradizione gastronomica valligiana
Corso Gramsci - Tel. (0121) 91.236 -10066 Torre Pellice (TO)
chiuso il martedì
delicato ma allo stesso tempo
acidulo seppur gradevole.
Dopo una stagionatura di
circa un mese la pasta risulta
più compatta, di colore paglierino con sapore piuttosto
forte, aromatico e più o meno piccante.
Questo formaggio generalmente è preparato con latte
di vacca più raramente con
latte di capra o pecora
Fresco si presta ad essere
consumato accompagnato da
salse piccanti.
SÈRAS
RICOTTA
La ricotta è un sottoprodotto della tecnologia di caseificazione.
La ricotta è un latticino ottenuto dal riscaldamento del
siero.
Nella regione è anche nota
come seirass, un nome che
indica la provenienza dalla
lavorazione del latte che viene riscaldato per ottenere la
separazione del formaggio
dal siero.
Il liquido residuo ottenuto
da questa lavorazione a sua
volta viene riscaldato una seconda volta al fine di ottenere la flocculazione della ricotta.
La ricotta è un formaggio
antichissimo e può essere
preparata con latte di vacca,
pecora o capra.
La ricotta piemontese viene presentata nella caratteristica forma di cono arrotondato, ha pasta fine, morbida e
fusibile in bocca, una struttura grumosa e non coerente di
colore bianco.
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Da Giuseppe Faure*& Figli la tradizione
popolare rivive in una collezione notevole di reperti, oggi trasformata nel centro
di documentazione «Abitare in valle»
vero e proprio «Museo dell'abitazione
rustica nelle valli alpine» che è sorto accanto al laboratorio di restauro in Rinasca all'inizio della vai Chisone a 15 chilometri da Pinerolo.
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14
PAG Vili
ìE Eco Delle Yalli ¥vldesi
VENERDÌ 2 APRILE 1993
»
Mezzi imponenti per costruire la copertura dei Palaghiaccio
'Proseguono i lavori a Torre Pel lice
Il tetto al Palaghiaccio
Finalmente i lavori alla copertura del palaghiaccio di
Torre Pedice stanno prendendo consistenza.
Dopo la costruzione dei pilastri in cemento tocca ora alla ditta Holzbau di Bressanone (Bz) collocare il vero e
proprio tetto in legno lamellare. I lavori sono iniziati da
circa una settimana e si pro
trarranno per circa un mese.
Le imponenti travature (oltre
60 metri) verranno prima assemblate e successivamente
montate sui piloni.
Resterà a quel punto da fare
l’impianto elettrico ed una serie di interventi tali da rendere agibile la struttura prima
della nuova stagione agonistica.
Pallavolo
Risultati
alterni per le
squadre locali
PALLAVOLO
MASCHILE
1° Divisione
3S Lusema - Valle Susa 1 3
Ancora una sconfitta al termine di una partita deludente
per i ragazzi di Fodor impegnati da un avversario non
trascendentale.
PALLAVOLO
FEMMINILE
2° Divisione
Villafranca - 3S Lusema 1 3
A due giornate dalla fine del
torneo le ragazze guidate da
Marco Gardiol conquistano
brillantemente altri due punti.
Rilevante l’esordio di Paola
Rostagno e Jessica Orticola.
TORNEO STORELLO
(Amatoriale maschile)
Le finali sono state rinviate al
18 aprile con sede da destinare; in quell’occasione si effettueranno le premiazioni
del torneo femminile «Baudrino».
TORNEO BAUDRINO
(amatoriale femminile)
Barge - Perosa 3-2
Pablo Neruda - Porte 2-3
Perosa — Trisfera 3-0
La Torre - Perosa 3 - 1
Barge - La Torre 2-3
Classifica; 3S Nova Siria 28;
Trisfera 20; Porte 18; Pablo
Neruda 16; Cercenasco, La
Torre e Perosa 14; Barge e
Villar Perosa 8; Vigone 0.
Pallamano: l'ultimo incontro dell'anno
Un'occasione persa
3S Graphicart - Rivoli 14 15
Partita dominata dal 3S
Graphicart e persa negli ultimi minuti a causa di un eccessivo nervosismo e alcune
decisioni arbitrali che hanno
finito per penalizzare i lusernesi.
Mancavano pochi minuti
alla conclusione dell’incontro
e il 3S conduceva per 13-11
quando un brutto fallo di Camoglio scatenava una piccola
rissa e due giocatori lusemesi
venivano espulsi mentre nessun provvedimento veniva
preso nei confronti degli
ospiti.
Privato dei suoi due giocatori più validi, Camoglio e
Bertolotto, il 3S Graphicart
subiva il ritorno del Rivoli
che all’ultimo minuto segnava il gol-partita.
Con questo incontro è terminato anche il campionato: i
ragazzi lusemesi non hanno
saputo ripetere il risultato di
prestigio conseguito lo scorso
anno.
La nuova stagione, col ritorno all’attività di giocatori
di prestigio come Dezzana,
Verino e Colombo, si annuncia sotto i migliori auspici.
Il Pinerolo caldo a fondo classifica
Ancora molta sfortuna
Sempre più giù il Pinerolo
calcio nel campionato nazionale dilettanti; ormai è crisi di
fiducia oltre che di risultati.
Un po’ di sfortuna e per i
biancoblù è quart’ultimo posto in solitudine: domenica a
Mariano i pinerolesi sono anche passati in vantaggio con
un’autorete conseguente a bel
calcio di punizione di Salvai
e successivamente avevano
fallito il raddoppio.
Nel secondo tempo la partita cambia volto; i locali spingono sull’acceleratore e pareggiano con Rigamonti. A
pochi istanti dal termine Labrozzo, abituato ad insaccare
nella porta avversaria, con un
ella incantevole cornice del complesso monumentale della Palazzina di
Caccia di Stupinigi, nato dalla volontà
del primo Re ai Casa Savoia, Vittorio
Amedeo II, e dal genio dell'architetto Filippo Juvarra, è aperta la GALLERIA D'ARTE E
D'/WTIQUAklATO JUVARRA. Sita a lato
della Chiesa della Visitazione della Beata Vergine
Maria, a pochi passi dal Museo dell'arredamento e
dalla sede di prestigiose Mostre e manifestazioni
internazionali, inserita in un suggestivo riutilizzo
di antiche stanze, la bottega propone mobili,
dipinti ed oggetti d'antiquariato scelti,
controllati e catalogati con
estremo rigore.
Dal Martedì al Sabato,
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Il caratteristico cervo che si erge dalla cupola
della Palazzina di Caccia ai Stupini^.
colpo di testa a fil di traversa
realizzava una clamorosa autorete che condannava gli uomini di Cavallo alla quinta
sconfitta consecutiva.
Domenica, inizio ore 16,
incontro da vincere al Barbieri con il Vigevano, attualmente penultimo a 4 punti dal Pinerolo: in caso contrario sarà
dramma.
Tennis tavolo
Successo
Buona prestazione delle
squadre della polisportiva
Valpellice impegnate nei tornei di tennis tavolo.
La formazione di serie C si
è imposta a Torre Pellice sul
Ventimiglia per 5 - 3 in virtù
dei punti ottenuti da Rosso
(2), Malano (2) e Gay (1).
Sono state partite molto tirate
poiché i due punti in palio
avrebbero dato la certezza alla formazione vincente di restare in serie C. Nelle altre
partite si sono registrati risultati a sorpresa: il Crdc di Torino ha vinto in trasferta a
Sanremo e il Verzuolo si è
imposto sull’Imperia per 5 3; nell’altra partita il Possano
ha vinto a Genova per 5-0.
Classifica: Sanremo 22;
Possano 18; Imperia 16; Valpellice 12; Verzuolo 10; Crdc
8; Ventimiglia 6; Genova 4.
La formazione D2 ha vinto
senza problemi sul Grugliasco (5 - 2) con punti di Rossetti (2), Piras (2), Ghiri (1).
In classifica il Villar Perosa è
al comando seguito a due
punti da Valpellice e Moncalieri. Sabato prossimo la
squadra C sarà in trasferta ad
Imperia mentre la D2 osserverà un turno di riposo.
t
L’Eco Delle Valli Valdesi
Via Pio V, 15-10125 Torino
Tel. 011/655278
Reg. Tribunale di Pinerolo
n. 175/60
Resp. Franco Giampiccoli
Stampa:
La Ghisleriana Mondovì
Spedizione in abb. post.
Gr 2A/70
Cinema
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma
per venerdì 2 aprile alle 21,15
Un cuore in inverno; sabato,
domenica e lunedì alle 16, 18, 20
e 22,10 proietta Codice d’onore.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma per giovedì 1° aprile Dracula; venerdì
Un’altra vita; sabato Doppia
personalità; domenica Trappola in alto mare. Feriali ore 21,
domenica ore 15, 17, 19 e 21.
Giovedì 1° aprile — TORRE
PELLICE: Al circolo Nautilus,
ore 21,30, gli Omologati presentano E vissero felici e tangenti.
Giovedì 1° aprile — TORRE
PELLICE: Presso il cinema tea-.
tro Trento, alle 21,15, il teatro
degli Illuni presenta lo spettacolo
Giorno d’estate.
Sabato 3 aprile — TORRE
PELLICE : Alle 21, preso il salone Opera gioventù, il teatro
amatoriale J’ amis del Borg di
Moncalieri presenta lo spettacolo
brillante in piemontese ScandoI
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
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Bricherasio: Farmacia Ferraris - Via Vitt. Emanuele 83,
tei. 59774
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CRI - Torre Pellice, tei. 91996
Croce Verde - Bricherasio,
tei. 598790
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Guardia medica:
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Ospedale civile, Pinerolo, tei.
2331
Ambulanza:
Croce Verde, Pinerolo, tei.
22664
15
VENERDÌ 2 APRILE 1993
PAG. 7 RIFORMA
6. Il matrimonio ha effetti civili dal momento della celebrazione, anche se l’ufficiale dello stato civile
per qualsiasi ragione abbia eseguito la trascrizione
oltre i termini prescritti.
Articolo 11
(Riconoscimento di enti ecclesiastici)
1. Ferma restando la personalità giuridica dell’Ente Patrimoniale dell’Ucebi, ente ecclesiastico riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica 20
gennaio 1961, n. 19, sono riconosciute come enti ecclesiastici le Chiese costituite in ente nell’ordinamento battista, ai sensi dell’art. 22 del Patto costitutivo,
aventi sede in Italia. Il riconoscimento è concesso su
domanda del presidente dell’Ucebi, che allega la delibera motivata dell’Assemblea generale unitamente
allo statuto della Chiesa come documenti idonei a dar
titolo al riconoscimento.
2. Possono essere altresì riconosciute come enti
ecclesiastici le istituzioni costituite in ente nell’ordinamento battista, con sede in Italia, che abbiano fine
di culto, solo o congiunto con quelli di istruzione o
assistenza.
3. Agli effetti delle leggi civili si considerano comunque:
a) attività di culto quelle dirette all’esercizio del
culto e alla cura delle anime, alla formazione di ministri, a scopi missionari e di evangelizzazione,
all’educazione cristiana;
b) attività diverse da quelle di culto, quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo
di lucro.
4. Sulla base della documentazione ad essi fornita, i competenti organi statali verificano la rispondenza dell’ente, di cui si chiede il riconoscimento
della personalità giuridica, al carattere ecclesiastico
ed ai fini che l’ente si propone.
5. Il riconoscimento è concesso con decreto del
Ministro deH’Intemo, udito il parere del Consiglio di
Stato.
Articolo 12
(Gestione degli enti ecclesiastici)
1. La gestione ordinaria e gli atti di straordinaria
amministrazione degli enti ecclesiastici riconosciuti
si svolgono sotto il controllo dei competenti organi a
norma dell’ordinamento battista e senza ingerenza
da parte dello Stato, delle Regioni e degli altri Enti
territoriali.
2. Gli acquisti di beni immobili, l’accettazione di
donazioni ed eredità ed il conseguimento di legati
sono soggetti all’autorizzazione prevista dalle leggi
civili per gli acquisti delle persone giuridiche.
Articolo 13
(Iscrizione nel registro delle persone giuridiche)
1. Gli enti ecclesiastici devono iscriversi agli effetti civili nel registro delle persone giuridiche nel
quale, oltre alle indicazioni prescritte dagli artt. 33 e
34 del Codice Civile, devono risultare le norme di
funzionamento e i poteri degli organi di rappresentanza dell’ente.
2. L’Ente Patrimoniale dell’Ucebi deve effettuare
tale iscrizione entro due anni dall’entrata in vigore
della legge di approvazione della presente intesa.
3. Decorso il termine di cui al comma precedente,
l’Ente Patrimoniale dell’Ucebi può concludere negozi giuridici solo previa iscrizione nel registro delle
persone giuridiche.
Articolo 14
(Regime tributario degli enti ecclesiastici)
1. Agli effetti tributari gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, aventi fine di culto, come pure le
loro attività dirette a tale scopo, sono equiparati a
quelli aventi fini di istruzione e assistenza.
2. Le attività diverse da quelle di culto, svolte da
tali enti, sono soggette, nel rispetto dell’autonomia e
dei fini degli enti stessi, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto
per le medesime.
Articolo 1 5
(Mutamenti degli enti ecclesiastici)
1. Ogni mutamento sostanziale nel fine, nella destinazione del patrimonio e nel modo di esistenza di
uno degli enti suddetti acquista efficacia civile mediante riconoscimento con decreto del Ministro
dell’Interno, udito il parere del Consiglio di Stato.
2. In caso di mutamento che faccia perdere all’ente uno dei requisiti prescritti per il suo riconoscimento può essere revocato il riconoscimento stesso con
decreto del Ministro deH’Intemo, sentito il presiden
è
Una folta delegazione delle Chiese battiste itaiiane e deiie aitre chiese evangeiiche assiste alia storica firma deli’intesa
te dell’Ucebi e udito il parere del Consiglio di Stato.
3. La notifica dell’avvenuta revoca dell’erezione
di un ente da parte del presidente dell’Ucebi determina la cessazione con provvedimento statale della
personalità giuridica dell’ente stesso.
4. La devoluzione dei beni dell’ente soppresso o
estinto avviene secondo quanto prevede il provvedimento dell’Assemblea Generale dell’Ucebi, salvi comunque la volontà dei disponenti, i diritti dei terzi e
le disposizioni statutarie, e osservate, in caso di trasferimento ad altro ente, le leggi civili relative agli
acquisti delle persone giuridiche.
Articolo 1 6
(Deduzioni degli effetti Irpef)
1. La, Repubblica italiana prende atto che le Chiese rappresentate dall’Ucebi intendono provvedere al
mantenimento del culto ed al sostentamento dei ministri unicamente a mezzo di offerte volontarie.
2. A decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell’Intesa, le persone fisiche possono dedurre dal
proprio reddito complessivo, agli effetti dell’imposta
sul reddito delle persone fisiche, le erogazioni liberali in denaro, fino all’importo di lire 2.000.000, a
favore dell’Ucebi per i fini di culto, istruzione e beneficenza che le sono propri e per medesimi fini delle Chiese e degli enti aventi parte nell’Ucebi.
3. Le relative modalità sono determinate con decreto del Ministro delle Finanze, previo accordo con
l’Ucebi.
4. Su richiesta di una delle due parti, al fine di
predisporre eventuali modifiche, si potrà procedere
alla revisione deH’importo deducibile di cui al comma 2 ad opera di un’apposita Commissione paritetica nominata dall’autorità governativa e dall’Ucebi.
Articolo 1 7
(Tutela degli edifici di culto)
1. Gli edifici aperti al culto pubblico da parte delle Chiese aventi parte nell’Ucebi non possono essere
requisiti, occupati, espropriati o demoliti se non per
gravi ragioni e previo accordo con l’Ucebi.
2. Salvi i casi di urgente necessità, la forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, in tali edifici senza avere preso accordi con i
ministri delle singole Chiese.
Articolo 18
(Tutela dei beni culturali)
1. La Repubblica italiana e l’Ucebi si impegnano
a collaborare per la tutela e la valorizzazione dei beni afferenti il patrimonio storico e culturale delle
Chiese rappresentate dall’Ucebi.
Articolo 19
(Manifestazione del pensiero religioso)
1. Le affissioni e la distribuzione di pubblicazioni
e stampati relativi alla vita religiosa e alla missione
delle Chiese rappresentate dall’Ucebi, effettuate
all’interno e all’ingresso dei luoghi di culto e degli
edifici ecclesiastici utilizzati dalle suddette Chiese, e
le altre collette a fini ecclesiastici avvengono senza
autorizzazione né altra ingerenza da parte degli organi dello Stato e sono esenti da qualunque tributo.
2. Considerato che l’ordinamento radiotelevisivo
si informa ai principi di libertà di manifestazione del
pensiero e di pluralismo dettati dalla Costituzione,
nel quadro della pianificazione delle radiofrequenze
si tiene conto delle richieste presentate dalle emittenti gestite dalle chiese facenti parte dell’Ucebi operanti in ambito locale, relative alla disponibilità di
bacini di utenza idonei a favorire l’economicità della
gestione ed un’adeguata pluralità di emittenti in
conformità alla disciplina del settore.
Articolo 20
(Regime tributario degli assegni corrisposti ai ministri deir Ucebi)
1. Gli assegni corrisposti per il sostentamento totale o parziale dei ministri iscritti nei ruoli dell’Ucebi sono equiparati, ai soli fini fiscali, al reddito di lavoro dipendente.
Articolo 21
(Trasferimenti di beni)
1. I trasferimenti di beni immobili in favore
dell’Ente Patrimoniale dell’Ucebi dalla Philadelphia
s.r.L, di cui all’atto a rogito del dott. Antonio Califano, coadiutore del Notaio Nazareno Dobici di Roma,
in data 27 dicembre 74, rep. n. 806489/23921, dalla
The Spezia Mission Limited, di cui all’atto a rogito
del Notaio Alberto Politi di Roma in data 9 febbraio
78, rep. n. 2071/697, dalla SPES S.r.L., di cui all’atto a rogito del dott. Nazareno Dobici di Roma in data 13 novembre 74, rep. n. 805445/23733, e dal Foreign Mission Board of thè Southern Baptist Convention, di cui all’atto a rogito del Notaio Alberto
Politi di Roma in data 2 marzo 1993, rep. n.
31787/12226, sono esenti da ogni tributo e onere,
fatte salve le somme già percette dall’amministrazione finanziaria.
Articolo 22
(Norme di attuazione)
1. Le autorità competenti, nell’emanare le norme
di attuazione della legge di approvazione della presente intesa, debbono tener conto delle esigenze fatte
loro presenti dall’Ucebi e avviano, se richieste, opportune consultazioni.
Articolo 23
(Norme contrastanti)
1. Ogni norma contrastante con la presente intesa
cessa di avere efficacia e applicabilità nei confronti
delle Chiese, istituzioni, enti, associazioni e organismi rappresentati dall’Ucebi e delle persone che in
essi hanno parte dalla data di entrata in vigore della
legge di approvazione, ai sensi dell’alt. 8 della Costituzione, dell’intesa stessa.
Articolo 24
(Ulteriori intese)
1. Le parti sottoporranno a nuovo esame il contenuto della presente intesa al termine del decimo anno dall’entrata in vigore della legge di approvazione,
ai sensi dell’art. 8 della Costituzione.
2. Ove, nel frattempo, una delle due parti ravvisasse l’opportunità di modifiche al testo della presente intesa, le parti torneranno a convocarsi a tal fine. Alle modifiche si procederà con la stipulazione
di una nuova intesa e con la conseguente presentazione al Parlamento di apposito disegno di legge di
approvazione ai sensi dell’art. 8 della Costituzione.
3. In occasione di disegni di legge relativi a materie che coinvolgono rapporti delle chiese rappresentate dairUcebi con lo Stato, verranno promosse previamente, in conformità all’art. 8 riella Costituzione,
le intese del caso.
, Articolo 25
(Legge di approvazione dell’intesa)
1. Il Governo presenterà al Parlamento apposito
disegno di legge di approvazione della presente intesa, ai sensi dell’art. 8 della Costituzione.
Il Presidente
dell’Ucebi
Franco Scaramuccia
Roma, 29 marzo 1993
Il Presidente
del Consiglio dei Ministri
Giuliano Amato
16
PAG. 8 RIFORMA
Attualità
VENERDÌ 2 APRILE I993
Prima valutazione dell'Intesa raggiunta tra l'Ucebi e il governo della Repubblica
Ulteriore passo avanti nella realizzazione
del pluralismo religioso nel nostro paese
_______RENATO MAIOCCHI______
Con la stipula dell’Intesa
fra la Repubblica italiana e l’Unione battista il processo di attuazione del dettato costituzionale ha compiuto, a mio parere, un ulteriore
salto di qualità.
Da una parte, questa quinta
Intesa si pone nel solco delle
precedenti, e quindi si avvantaggia della strada aperta
dall’Intesa valdese e del terreno ulteriormente dissodato
dalle Intese successive.
Dall’altra, proprio perché ci
si è mossi rapidamente in un
quadro ormai consolidato e
su una base in buona parte
comune alle altre confessioni
evangeliche che già hanno
un’Intesa, è stato possibile
concentrare il negoziato sulle
specificità delle chiese battiste e quindi sulle innovazioni
necessarie per rendere giustizia a tale specificità. Vediamo quali.
Il preambolo
L’Intesa valdese, formulata
a suo tempo in vista di una
prassi legislativa diversa (una
legge di un solo articolo che
avrebbe dato esecuzione
airintesà) da quella che fu
poi adottata (una legge di approvazione che recepisce uno
dopo l’altro gli articoli dell’
Intesa), conteneva una serie
di affermazioni di principio
che mal si prestavano ad essere incorporate dal legislatore in articoli di legge. Per
questo, nelle Intese successive, le affermazioni di questa
natura furono raccolte in un
preambolo che non si trasforma in un articolo della legge
di approvazione ma costituisce, insieme al resto dell’Intesa, un allegato di tale legge.
Come tale, quindi compreso
il preambolo, viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Il preambolo delle Intese
precedenti costituisce un’unica dichiarazione congiunta,
con la quale lo stato e la confessione religiosa si richiamano il quadro dei principi e
delle norme (art. 8 della Costituzione, Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo,
patti intemazionali, ecc...) nel
quale si colloca lo strumento
dell’Intesa. Solo alla fine
compaiono un paio di affermazioni specifiche della confessione, di cui la Repubblica
si limita a prendere atto.
Viceversa, il preambolo
dell’Intesa battista è costruito
sulla base di due distinte affermazioni:
a) le ragioni dello stato e i
principi a cui esso si richiama
(Costituzione, convenzioni
intemazionali, ecc...)
b) le ragioni dell’Ucebi e i
principi a cui essa si richiama
(la parola dell’Evangelo, e i
principi che ne derivano per
ciò che attiene ai rapporti con
lo stato). In questo modo appare più limpidamente che
l’Intesa è fmtto di due distinte
volontà, ciascuna con la sua
storia e il suo carico di principi e di ispirazione, le quali
convergono verso un obbiettivo comune, che è quello di
regolare i reciproci rapporti
nel rispetto, da parte dello stato, della libertà, dell’autonomia e della specificità della
confessione religiosa e, da
parte di quest’ultima, dei
principi costituzionali (il
«magistrato» di cui parla
l’apostolo Paolo).
La pluralità dei ministeri
Non si tratta di una specificità esclusiva dei battisti,
ma qui viene definitivamente
cancellata una forzatura storica che ha in qualche modo
costretto gli evangelici a indossare un vestito che sta loro
scomodo. Mi riferisco alla
nozione di ministro di culto
che lo stato ha utilizzato finora per identificare con un unico termine due realtà così diverse l’una dall’altra come il
clero cattolico e i ministeri riconosciuti nelle chiese evangeliche. A questa camicia di
forza si poteva sfuggire in
due modi: o sostenendo in sede di applicazione (per esempio per l’iscrizione all’Inps)
che ministri di culto non sono
soltanto i pastori ma anche,
per esempio, i diaconi; ovvero fissando in sede di stipulazione delle Intese una 0 più
categorie di ministri. L’Intesa
avventista identifica tre ministeri: pastore, missionario,
colportore; quella delle Adi
due: pastori e diaconi. L’Inte
sa battista, non potendo né
volendo predeterminare una
varietà di ministeri che appartiene alle chiese di determinare nella loro libertà,
risolve il problema alla radice, separando l’esigenza
dello stato di poter riconoscere le persone autorizzate ad
operare in determinate situazioni (ospedali, carceri, caserme) dalla definizione del
ministerio specifico che ogni
chiesa locale è libera di creare e riconoscere (diacono, anziano, visitatore e quanti altri). L’Ucebi, recita infatti
l’art. 3 dell’Intesa, attesa
resistenza di una pluralità di
ministeri al suo interno, comunica agli organi competenti i nominativi dei ministri
designati per i compiti previsti negli articoli 5, 6, 7 e 10
della presente Intesa. Di conseguenza nell’Intesa non si
parla mai di «ministri di culto» ma di «ministri dell’Ucebi e a livello locale, per i vari
compiti, di «ministri a ciò designati».
La personalità giuridica
delle chiese locali
L’art. 11 regola il riconoscimento da parte dello stato
degli enti ecclesiastici costituiti come tali nell’ordinamento battista. Ma il primo
comma di tale articolo è dedicato specificamente al riconoscimento delle chiese:
«Con decreto del Presidente
della Repubblica sono riconosciute come enti ecclesiastici le chiese costituite in ente nell’ ordinamento battista,
ai sensi dell'art. 22 del Patto
costitutivo, aventi sede in Italia. Il riconoscimento è concesso su domanda del Presidente dell’ Ucebi, che allega
la delibera motivata dell’Assemblea generale, unitamente
allo statuto della chiesa, come documenti idonei a dar titolo al riconoscimento».
Questa possibilità è di fondamentale importanza per i
battisti, perché finora le chiese che desideravano ottenere
la personalità giuridica dovevano adottare la struttura organizzativa prevista dal codice civile. Mentre con questa
norma le chiese che posseggono i requisiti prescritti dal
I rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose italiane
Lo strumento giurìdico delle intese
Le intese previste aH’ultimo
comma deH’articolo 8 della Costituzione consistono in accordi
tra lo stato e una confessione
religiosa diversa dalla cattolica
e sono lo strumento offerto dalla Costituzione per regolare i
rapporti con lo stato.
La legge è il mezzo attraverso il quale il contenuto delle intese entra a far parte dell’ordinamento giuridico dello stato e
per cui le relative disposizioni
vengono applicate nel territorio
della Repubblica italiana.
Inizialmente le chie.se evangeliche italiane non pensavano
di dover utilizzare questo strumento per regolare i loro rapporti con lo stato. Pensavano
che i principi di libertà sanciti
dalla Costituzione fossero sufficienti a tutelare la libertà religiosa di tutti e che - di con.seguenza - la legge «sui culti ammessi» del 1929/30 potesse essere abrogata in breve tempo.
Non solo l’abrogazione non
veniva (e non è ancora avvenuta) ma la puntigliosa applicazione amministrativardella vecchia
legge del ’29 continuava a vessare gli evangelici. Doveva poi
intervenire la Corte costituzionale (istituita nel 1956) per far
cadere le disposizioni delle legge sui «culti ammessi» più vessatorie.
La legge sui «culti ammessi»,
così corretta, rimaneva però
l’unica legge che regolasse i
rapporti di tutte le confessioni
religiose diverse dalla cattolica.
Questa legge non tiene conto
delle diversità di confessioni e
non ne rispetta appieno le esigenze. Per questo motivo negli
evangelici italiani si è fatta strada l’idea che fosse opportuno
regolare i rapporti con lo stato
attraverso lo strumento dell’intesa.
Furono perciò iniziate trattative con lo stato al fine di stipula
re le intese di cui aH’art.8 della
Costituzione.
Solo nel 1984 si arrivò alla
stipula della prima intesa tra la
Repubblica italiana e la Tavola
valdese, che fu firmata il 21
febbraio.
Successivamente furono firmate le intese tra la Repubblica
italiana e l’Unione italiana delle
chiese avventiste del 7° giorno,
il 29 dicembre 1986, tra la Repubblica e le A.ssemblee di Dio
in Italia, il 29 dicembre 1986,
tra la Repubblica italiana e
l’Unione delle comunità ebraiche italiane, in data 27 febbraio
1987 e quest’ultima tra la Repubblica e l’Unione cristiana
evangelica battista d’Italia.
Proseguono le trattative con
la Chiesa evangelica luterana in
Italia.
Per diventare operative le intese devono essere tradotte in
leggi.
Patto costitutivo deirUcebi e
ottengono di essere erette in
ente nell’ordinamento battista
potranno essere riconosciute
dallo stato come tali, potranno agire come soggetti giuridici autonomi, possedere degli immobili, ecc... senza dover modificare di una virgola
il proprio modo di essere come Chiesa battista.
La specificità
dell'Intesa battista
Credo che questi tre punti
siano sufficienti ad evidenziare la specificità dell’Intesa
battista. Ma questa firma ha
anche una portata più vasta.
Essa segna la fine di un’interpretazione del separatismo
che per secoli ha valutato negativamente l’eventualità di
una legislazione specifica per
le confessioni religiose, invocando per esse l’applicazione
del diritto comune. Interpretazione che ha avuto e conserva la sua dignità là dove le
legislazioni statuali tendono a
discriminare, o per converso
a privilegiare, una o più confessioni, ovvero dove sopravvivono sistemi di ingerenza
reciproca o unilaterale fra
chiese e stato. È giusto ricordare, a questo proposito, che
anche in sede di elaborazione
del testo delle Intese da parte
dei battisti italiani si sono levate voci che ritenevano valida anche nell’Italia di oggi
l’interpretazione tradizionale
e proponevano di non andare
alia stipula di un’Intesa con
la Repubblica italiana. Se la
maggioranza ha deciso viceversa di accettare questo strumento, non è certo perché ha
abbandonato il principio del
separatismo, ma perché lo ha
interpretato alla luce dei mutamenti che sono intervenuti
nella forma-stato: Tari. 8 della Costituzione, che impedisce allo stato di legiferare in
materia che tocca le confessioni religiose senza un accordo con le loro rappresentanze; l’art. 19 che tutela la
manifestazione del pensiero
religioso e dell’esercizio del
culto in tutte le loro forme;
l’articolazione complessa delle società moderne, nelle quali i fenomeni associativi non
sono più visti come una realtà
a cui lo stato rimane indifferente, limitandosi a fissare regole per i rapporti individuali, ma in cui al contrario i
gruppi sociali associati sono
visti come strumenti di pluralismo, di promozione della
personalità dei cittadini e di
crescita della società civile,
che lo stato ha il compito di
facilitare e promuovere,
rinunciando sia all’indifferenza nei loro confronti sia, in
si-tuazioni opposte, al monopolio delle iniziative in campo sociale e culturale.
Rischi e tentazioni
Come tutte le scelte storiche, anche questa non è priva
di rischi e di tentazioni. Ma
ritengo che l’avere o il non
avere un’Intesa, come Faccettare il non accettare l’8
per mille, siano scelte che in
un senso o nell’altro lasciano
intatta la responsabilità dei
battisti di ricercare, nelle vecchie come nelle nuove situazioni, la via stretta di una fedeltà alla propria storia, ai
propri principi, che non sia fine a .se stessa ma strumento,
storicamente reinterpretato,
della immutata fedeltà all’
Evangelo di Gesù Cristo.
SCHEDA
I
storia e teologia
Il movimento battista nasce agli inizi del ’600
neiringhilterra postelisabettiana, agitata politicamente per l’altemarsi di monarchi cattolici ed
anglicani e per i fermenti ugualitari repubblicani. In campo religioso diverse correnti di matrice
puritana contestano la Chiesa d’Inghilterra per il
suo carattere statale e di massa. Nel 1607 un piepolo gruppo di «congregazionalisti», guidato da
John Smyth e Thomas Helwys, emigra ad Amsterdam e si fribattezza, influenzato dalla predicazione dei mennoniti, un movimento che si
riallaccia agli anabattisti del secolo precedente.
Ispirandosi parzialmente a loro, ma ben radicato
nella teologia calvinista, Helwys fonda a Londra
nel 1610 la prima comunità battista, a cui presto
se ne aggiungono altre. I battisti crescono notevolmente neiringhilterra del XVII secolo e, rifiutando il disimpegno dal «mondo» tipico degli
anabattisti, svolgono attività politica, battendosi
nelle armate rivoluzionarie di Cromwell e propugnando l’assoluta libertà di coscienza e la parità di tutte le confessioni religiose.
Sin dall’epoca dei «Padri Pellegrini» del
«Mayflower», molti battisti emigrano nel Nord
America e nel corso del ’700 e dell’800 costituiscono, insieme ai metodisti, la denominazione
più vivace, in prima linea nell’espansione verso
Ovest. Le comunità e gli aderenti crescono
rapidamente grazie a ondate successive di «reviváis» provenienti dall’Europa e dalla Nuova Inghilterra, e su questo slancio iniziano le missioni
di ritorno in Europa e negli altri continenti.
I battisti sono «congregazionalisti»; la loro ecclesiologia pone cioè l’accento sulla comunità
locale, che è autonoma, elegge i propri ministri
e, riunita in assemblea, delibera con piena autorità su tutti gli aspetti della vita comunitaria.
Fanno parte deU’assemblea coloro che sono stati
battezzati da adulti, su loro richiesta. Le varie
chiese locali sono collegate, sul piano regionale
e nazionale, in Associazioni e LFnioni di chiese.
A livello mondiale, esiste una Alleanza battista
mondiale, fondata nel 1905.
II culto battista è molto simile a quello delle
chiese riformate, anche se la liturgia è piuttosto
libera e varia da comunità a comunità. Nel battesimo dei credenti, praticato per immersione, viene sottolineato l’ordine teologico dell’opera salvifica di Dio: prima la grazia del Signore, che si
manifesta nella predicazione di Cristo, poi la fede, che è la conseguenza teologica della Parola,
e infine il battesimo, che è il suggello della grazia e la testimonianza della fede. La chiesa che
si viene così a formare è la chiesa dei credenti
confessanti, a loro volta impegnati nella predicazione e nella testimonianza.
L’area battista raccoglie nel mondo circa 70
milioni di credenti (di cui 37 milioni membri attivi, adulti e battezzati). La maggior parte dei
battisti vive nell’America del Nord (56 milioni;
il 70% della popolazione nera degli Stati Uniti è
battista); in Europa sono circa 2 milioni, 5 milioni in Africa, 4 in Asia, 2’milioni e mezzo in
America Latina e 300.000 in Oceania. Le comunità battiste nel mondo sono circa 150.000, raccolte in 321 Unioni o Convenzioni.
Fra i «personaggi illustri» del battismo vanno
ricordati Roger Williams, fondatore dello stato
di Rhode Island e fautore della libertà religiosa,
il teologo Walter Rauschenbusch, esponente del
movimento delTEvangelo sociale (Social Cospel), il pastore Martin Luther King, leader della
lotta nonvioìenta dei neri d’America. Oggi sono
battisti numerosi uomini politici americani; fra
essi ricordiàmo il presidente Clintcai e il suo vice Go#é, e il leadi» nero lesse Jackson. Fra i teologi contemporanei Vanno menzionati Cornell
WesteHaiveveèE."i^^"W(%‘';"’ r'?
17
venerdì 2 APRILE 1993
PAG. 9 RIFORMA
Nel giro di un anno discusse ben due tesi di laurea sul pensiero del nostro teologo
Una sìntesi della teologìa dì Vittorio Subìlìa:
un^occasìone dì studio da cogliere
GINO CONTE
Dopo la tesi di laurea sostenuta da Antonio
Sampietro, presso l’Università di Milano, sul tema: Il
problema del cattolicesimo
nell’opera di Vittorio Suhilia, un’altra ricerca è stata
condotta sul nostro teologo.
Un giovane studioso del Pinerolese. Franco Betteto, ha
sostenuto, prohatus cum laude, una tesi di licenza in teologia sistematica presso la
Facoltà teologica dell’Italia
settentrionale, a Milano, su:
La teologia di Vittorio Subida.
Mentre il primo lavoro, pur
considerando l’insieme della
ricerca di Subilia, si concentrava sul modo originale e
profondo con cui egli aveva
affrontato il problema del cattolicesimo, Betteto ha considerato l’intero arco del pensiero teologico subiliano, proponendo così la prima sintesi
esistente al riguardo.
Dopo un capitolo sulla Facoltà valdese di teologia e un
profilo bio-bibliografico, la
ricerca si articola su questi
grandi temi: Dio (con le fonti
del pensiero di Subilia - al riguardo è ben presentato il
rapporto debitore, ma non
succube e non esente da riserve, con Barth); la giustizia di
Dio; la parola di Dio; la chiesa; il cattolicesimo (con un
excursus sul cattolicesimo incipiente nel Nuovo Testamento); l’ecumenismo.
A lettura ultimata avevo
scritto a Betteto osservando
che, a mio modesto parere,
aveva davvero letto tutto Subilia, l’aveva felicemente
messo a frutto e ne aveva penetrato il pensiero; pure, avvertivo una certa «distanza» e
provavo un po’ di rincrescimento per la mancanza di una
vera discussione critica, data
la dichiarata non accettazione
di tesi di fondo del pensiero
subiliano.
Betteto mi ha risposto e mi
pare che le sue parole siano
la migliore presentazione del
suo lavoro e del valore dell’
opera di Subilia al di sopra
delle frontiere confessionali.
Ho voluto, scrive Betteto,
«tentare per la prima volta
(...) una sintesi il più completa possibile dell’opera del
teologo Subilia. La ricerca è
stata condotta tenendo conto
delle indicazioni del relatore
mons. Bellini. (...) Mosso
dapprima dall’ interesse per
la lettura subiliana del cattolicesimo, ho poi capito che
essa aveva le sue radici (...)
nel pensiero di Subilia in
quanto teologo protestante;
di questo pensiero ho cercato di individuare (...) i principi e le linee di sviluppo
(...). Nella tesi Lei ha avvertito un po’ di "distanza”, nonostante l’interesse cordiale
che riconosce; forse debbo
questo po’ di distanza alla
preoccupazione di essere oggettivo, che mi ha spinto a
cedere il meno possibile ad
accenti personali. A lavoro
ultimato, posso però dire di
aver scoperto in Subilia un
grande testimone della fede
in Cristo e un maestro dal
quale tutti, anch’io cattolico,
dobbiamo imparare; dalla
“gelosia” per Dio alla vigilanza critica verso le
realizzazioni umane; dal
“saper attendere Dio” alla
capacità di dialogare, pur da
posizioni irriducibili Luna
all’altra, nella speranza che
Dio, di sua iniziativa e in
modo imprevedibile, supererà le nostre divisioni (...).
«E pur vero che nella ricerca ho parlato di non accettazione; espressa però non riguardo a tutta l’opera di Subilia, ma solo per la sua lettura del cattolicesimo; il cattolicesimo ritiene conformi al
volere di Cristo certi elementi
che per il protestantesimo, e
in particolare per Subilia, sono estranei al Vangelo; comprendere il cattolicesimo nello stesso modo di Subilia richiederebbe coerentemente di
opporgli un no inequivocabile. Ho tuttavia anche preso
atto che la critica è mossa
tutt’altro che da astio verso
la Chiesa cattolica, anzi è
mossa dal sincero anelito a
ricondurre gli uomini a Cristo; la critica di Subilia al
cattolicesimo è critica a ogni
chiesa, in una prospettiva che
penso si possa indicare come
ecumenismo della croce».
Si prova gioia nel vedere,
nell’arco di pochi mesi, ben
due tesi di laurea, robuste e
lucide, presentate in ambienti
diversi quali una grande università italiana e un istituto
superiore di formazione di
teologia cattolica, da due giovani studiosi indubbiamente
diversi ma ugualmente interessati e, si può dire, avvinti
dal pensiero ricco e profondo
di Subilia: il quale, penso, si
sarebbe riconosciuto capito a
fondo.
Gioia e, diciamolo, una
punta d’invidia, che si volge
in speranza che anche fra noi
qualche ricercatore, giovane
o meno, lavori a mettere ancora a frutto quello che, con
la fatica di una vita, Vittorio
Subilia ha seminato.
DALLA PRIMA PAGINA
PREDICATORE
BATTISTA
e le tecniche nonviolente,
con il suo movimento difese
fermamente la scelta di lottare con mezzi che fossero
congrui con i fini, anche in
forte dialettica con movimenti di liberazione come
quello del Black Power, di
cui Malcom X era riconosciuto leader, soprattutto nei
ghetti. E se il fine era la libertà e la pace, il mezzo per
ottenerlo non poteva essere
la violenza e la guerra.
Credeva fortemente alla
capacità redentiva dell’amore anche nonostante e attraverso la sofferenza, ma la
sua scelta non violenta fu anche oculata strategia politica,
convinto com’era che questa
fosse l’unica capace di far
fronte al potere bianco che
aveva i mezzi per reprimere
ogni sommossa in un bagno
di sangue.
Negli ultimi anni si schierò
con forza contro l’intervento
americano in Vietnam, sempre più critico nei confronti
del governo; alienandosi anche molte delle simpatie dei
bianchi liberal denunciò con
forza il fatto, di cui si andava
rendendo conto sempre più.
che il razzismo e l’ingiustizia
erano strutturalmente molto
più radicati nel sistema politico e funzionali all’economia americana di quanto non
avesse creduto all’inizio.
Sostenne fino alla fine il
valore morale della scelta
nonviolenta: «Ai nostri più
accaniti oppositori noi diciamo; Noi faremo fronte alla vostra capacità di infliggere sofferenze con la nostra
capacità di sopportarle, andremo incontro alla vostra
forza fìsica con la nostra forza s’animo... Un giorno conquisteremo la libertà, ma
non solo per noi stessi; faremo talmente appello ai vostri
cuori e alla vostra coscienza
che alla lunga vi conquisteremo, e la nostra vittoria
sarà una duplice vittoria».
Non è facile valutare nella
complessità della nostra attuale situazione intemazionale, in questi anni di radicale
quanto epocale trasformazione, ancora drammaticamente
in atto al di là e al di qua delle macerie dei muri della vergogna, in quale misura l’altissima tensione ideale, morale e spirituale del pensiero
e dell’opera di King rimanga
per noi fermo punto di riferimento.
Fra le minoranze degli
Usa, per quella afroamericana in particolare, campeggiano oggi due simboli, nella
morte affiancati, il volto di
King e quello di Malcom X,
forse a ricordare, a pochi mesi dalla rivolta di Los Angeles, che il sogno di Martin
Luther non si è ancora avverato e l’incubo di Malcom
non si è ancora dissolto.
Ma il razzismo non è una
realtà mortificante solo negli
Usa, dove comunque il nuovo corso di Clinton ha restituito a molti, se non altro, la
speranza che qualcosa possa
cambiare.
L’odio razziale sta sconvolgendo con crescente intensità l’Europa, con pericolosi rigurgiti antisemiti a partire dalla nuova Germania e
dalla Polonia fino a noi e una
strisciante quanto miope politica ancor più restrittiva nei
confronti di esuli e immigrati
extracomunitari si va affermando nei disegni delle nuove destre che man mano vanno prendendo piede, e non
solo in Francia.
Nel frattempo violente lotte di potere pretestuosamente
motivate e sostenute da ideologie di «pulizia etnica» sono
drammaticamente sfociate in
conflitti di ferocia inaudita
nell’ex Jugoslavia come in
parte dell’ex Urss.
La strategia dell’intervento
armato si va affermando non
solo per condurre guerre camuffate da atti di polizia
intemazionale, ma anche per
ragioni ufficialmente umanitarie, mentre nel Terzo Mondo si continuano a alimentare
conflitti con un traffico di armi mai internazionalmente
controllato e con una soggezione economica nei confronti dei paesi occidentali
sempre più schiacciante,
mentre in Sud Africa il sistema dell’apartheid seppur in
via di superamento non è stato ancora sradicato, e il suffragio universale rimane il
primo vero obiettivo da
raggiungere.
Rispetto a questa incompleta e disperante panoramica dove lo scoramento e la
rassegnazione sembrano le
uniche reazioni possibili, forse riscoprire oggi il pathos e
la forza morale di un uomo
come Martin Luther King
può farci del bene.
Riprendere a sognare, senza mai smettere di lottare,
imparare a pregare per il Regno coscienti che forse non
entreremo mai nella «terra
promessa», che pure attendiamo di vedere, sperare nel
Dio che in Cristo ha sperimentato l’agonia e la morte
ma ci ha donato per sempre
il messaggio della mattina di
Pasqua; tutto questo è possibile anche per noi come lo fu
per Martin Luther King.
ETICA E MORALE
TRiniCO DI
TANGENTOPOLI
GIORGIO TOURN
La «questione morale» è sempre esistita (già i qu^esimalisti del ’600 si scagliavano contro l’immoralità, la
corruzione dei potenti) da quando esiste la «morale». La
morale è il sapersi comportare. Mentre il sacerdote specialista in «teologia morale», è un «moralista» nel linguaggio
protestante si parla di «etica». I due termini hanno lo stesso significato ma non sono sinonimi né per i filosofi né per
noi gente comune; l’etica infatti è costruita sulla coscienza,
la morale sull’osservanza, (la legge si può solo vivere o osservare), la prima ha a che fare col peccato, la seconda cori
i peccati e la differenza è fondamentale perché i peccati si
assolvono e il peccato è perdonato.
Nell’etica si colloca la candidata ministro statunitense
che deve rinunciare all’incarico perché ha una colf in nero,
nella morale l’uomo politico italiano che distingue fra furto privato e tangente per il partito; in perfetta logica perché
i peccati non sono tutti identici, esiste una casistica: uccidere un principe cattolico è delitto, assassinare Elisabetta
d’Inghilterra o Guglielmo d’Orange, principi protestanti, è
un atto di fede. Quello era nel ’500, oggi siamo nel 2000!
Ma la nostra cultura resta modellata sulla morale e non
sull’etica, sulle singole colpe e non sulla coscienza di colpevolezza. Il meccanismo confessione-assoluzione-penitenza regge tuttora la nostra gigantesca, farraginosa struttura giuridica il cui compito è individuare il peccato per poterlo sradicare. La giustizia è per noi sempre chirurgia del
corpo sociale.
L’assoluzione (in religione) è il condono (in politica); significa la cancellazione del fatto, l’azzeramento del dato,
la restituzione a una innocenza perduta, la verginità post
partum della teologia mariana.
L’indignata protesta del paese affonda le radici nel substrato moralistico della nostra cultura: i peccati si pagano,
le colpe si espiano e la partita è chiusa; nessuno pensa al
futuro perché non interessa; dopo l’assoluzione i giochi sono aperti, può essere che si commetta nuovo peccato, che
no, che si faccia meglio o peggio. Problema non è il dopo
è solo il prima.
Ragionando invece in termini di peccato (al singolare) si
sa che non c’è assoluzione, ciò che è stato seminato nel
terreno della vita pubblica resta, il peccato che corrode la
coscienza dei cittadini piccoli e grandi continuerà ad operare e produrrà altre tangenti. Bella conclusione, dirà qualcuno, un vivere senza speranza in un mondo di furfanti con
la prospettiva di andare di male in peggio! Qualunquismo?
No, consapevolezza del fatto che la vita di una nazione è la
costruzione di un ordine giusto in un mondo di peccato (e
peccato non è la politica ma il contesto sociale, l’uomo che
lo compone; delegittimati non sono solo il Parlamento e i
partiti, e la chiesa, è il cuore dell’uomo).
Il peccato però viene perdonato; quando una nazione assume l’atteggiamento coerente con la coscienza di peccato
e si pente o, per usare una chiara espressione biblica, si
converte, fa una «conversione». Il peccato è perdonato nel
senso che viene oltrepassato il punto di crisi e di condanna
in cui ti trovi e ti viene data la chance di ricominciare da
capo. Un paese che si pente è un paese che pensa al dopo,
a percorrere altre strade, realizzare altri progetti, maturare
una nuova coscienza. Alrbattere gli idoli è facile, recitare il
mea culpa al confessionale dei magistrati pure, indignarsi
costa poco. Costruire prima di tutto se stessi e poi gli altri
in una nuova prospettiva è più difficile.
Le denunce di Amnesty
Sono usciti tra gennaio e febbraio due rapporti di Amnesty
International dedicati a due delle situazioni più incandescenti
del panorama mondiale.
Il primo, dedicato alle Filippine (edizione inglese, febbraio
1992), denuncia che oltre 550 persone sono state vittime di assassinii politici dal 1988 al 1992, per opera del governo o di forze
comunque legate a esso. Altri hanno subito tortura e mutilazioni.
Ufficialmente il governo stesso ha introdotto delle misure
che dovrebbero tutelare i diritti umani; tuttavia finché non saranno perseguiti i responsabili di queste uccisioni, esse potrebbero non avere termine.
Il secondo rapporto (ed. inglese, ottobre ’92 - gennaio ’93) è
dedicato alla Bosnia. Se tutti abbiamo visto le immagini (non
molte) dei campi di detenzione all’interno di una situazione di
guerra spaventosamente feroce, a tutto ciò si aggiunge un elemento qualitativamente «aggravante»: il fatto che i prigionieri
venissero catturati per essere costretti a abbandonare la regione, e questo in nome della «purificazione etnica».
Molti dei prigionieri, oltretutto, non erano stati coinvolti in
azioni belliche, e la loro persecuzione è stata legata alla loro
appartenenza nazionale o alla loro fede politica.
Un capitolo è dedicato ai casi di prigionieri per obiezione di
coscienza perseguiti dal governo della Bosnia. Un’appendice è
inoltre dedicata agli stupri e alla violenza sessuale.
Segnaliamo congiuntamente, sull’ultimo numero del notiziario della sezione italiana di Amnesty, un’inchiesta riguardante
il proliferare delle violenze a carattere razziale perpretrate dalle
forze dell’ordine in alcuni paesi europei. Non è esente l’Italia,
al cui proposito si segnalano episodi di pestaggi ai danni di
stranieri nel carcere di Sollicciano (Firenze).
18
PAG. 10 RIFORMA
Cultura
VENERDÌ 2 APRILE I993
Le nostre chiese di fronte al problema dei media e della comunicazione
I protestanti italiani devono saper dire a tutti
che cosa significa vivere la propria fede
.___STEFANO SICARDI_ ||r* |Fi
Mi propongo di richiamare l’attenzione su un
problema che mi sta particolarmente a cuore: la capacità
del protestantesimo italiano
di parlare alla società in cui
vive, di entrare in comunicazione con essa. Mi sembra
che il problema sia più che
mai aperto; mi sembra che ci
sia molto, da questo punto di
vista, che non va. E, sia ben
chiaro, non ho alcuna intenzione di distribuire critiche
ma solo di riflettere costruttivamente. Si tratta di un problema che ha molte facce.
Quella più facile (ma comunque anch’essa non da poco) riguarda i «mezzi del comunicare». Da questo punto
di vista le carenze sono tantissime (e lo dico scrivendo a
un giornale che apprezzo, con
cui sono lieto di poter collaborare, di cui condivido e sostengo il grande sforzo di
informazione e formazione
che si prefigge).
I protestanti parlano troppo
poco all’Italia, per vie troppo
flebili, con mezzi inadeguati.
C’è indubbiamente una questione di risorse, umane e
materiali, di troppo da fare
con poche persone (che spesso fanno del loro meglio a
prodigarsi) e pochi mezzi.
Ma non è una spiegazione
sufficiente.
Parlare all’Italia solo dalla
finestra televisiva di Protestantesimo, da quella dei culti
radiofonici domenicali molto
mattinieri e da alcune benemerite ma piccole radio locali
è molto poco. E di fronte a
questo poco sta la quantità
assordante di messaggi rovesciati giornalmente sugli
ascoltatori da centinaia di
emittenti (radiofoniche ma
anche televisive) che accanto
Sabato 3 aprile — MILANO: Alle ore 17, in via
Sforza 12/a, il prof. Ugo
Gastaldi parla sul tema:
Presente e futuro del cristianesimo in Asia, Africa
e Oceania.
Sabato 10 aprile — CATANIA: L’associazione
«Nuovi orizzonti» organizza la sua seconda conferenza annuale sul tema: Cristianesimo e società: I’
utopia del mondo nuovo.
Venerdì 16-domenica 18
aprile — TORRE PELLICE: Presso il Centro
culturale valdese si svolge
il convegno sul tema: Giovanni Comenio, i bambini
e l’Europa. Per informazioni tei. 0121/932566.
Venerdì 16-domenica 18
aprile — MONTEFORTE IRPINO: Il Centro incontri organizza, d’intesa
con i responsabili dei centri
evangelici Bethel e Adelfia, un .seminario di formazione sull’animazione di
gruppo. Per informazioni o
prenotazioni: 0825/622698.
Sabato 24-domenica 25
aprile — SPOLETO: L’
associazione «Biblia» organizza un seminario sul tema: I nostri minori fratelli: gli animali e la Bibbia.
Per informazioni e iscrizioni: 055/8825055. Pax: 055/
8824074.
Il nostro modo di essere nella società dipende anche dal rapporto che abbiamo con I media: dopo il convegno su «Protestantesimo» proseguiamo ia riflessione su questo probiema
all’intrattenimento (troppo
spesso di bassissima lega)
propongono fiumi di pubblicità e elenchi interminabili di
maghi e fattucchiere.
Sarebbe assurdo e stupido
tentare un’assurda competizione sul piano quantitativo,
ma certamente da questo al poco o niente ce ne corre. Tante
volte mi sono chiesto se non
sarebbe da pensare seriamente
a un network radiofonico promosso dalla Federazione delle
chiese evangeliche (ma non
necessariamente solo da lei),
con autonomia per le radio del
gruppo ma con una chiara indicazione agli ascoltatori, per
cui chi vuol sentire la «voce
degli evangelici» sappia su
quali frequenze sintonizzarsi
in tutta Italia (Radio radicale e
Radio Maria, due radio non
commerciali molto sentite, forniscono un servizio simile).
Ancora mi chiedo se per il
futuro non si debba almeno
pensare a vendere Riforma
nelle edicole e a fare al giornale una pubblicità che superi
il mondo evangelico; è veramente troppo poco parlare
solo a noi e ai nostri stretti
simpatizzanti o amici.
Che cosa diremo?
Ma c’è un problema ben più
importante di quello che riguarda i mezzi da usare: c’è il
problema del «che cosa dire»
e, importantissimo, del «come
dirlo». Questa è la seconda
faccia del mio discorso e qui,
a mio avviso, le questioni sono qualitativamente molto più
serie. Ben poco importerebbe
infatti avere tanti mezzi se poi
non si riesce a comunicare e
non si sa che dire.
Qui c’è bisogno di un nostro «risveglio»; rispetto alla
nostra fede e rispetto al modo
di parlarne non certo solo nei
nostri recinti, ma alla .società
in cui viviamo.
Troppo spesso lanciamo - a
seconda se protestanti storici
o «evangelicals» - messaggi
o troppo culturali e rarefatti
oppure troppo chiusi e sospettosi della cultura. Insomma:
in tutti e due i casi, messaggi
«settari»; o per il gruppetto
dei «professorini» e degli «intellettuali di area», o per quello dei «carismatici» chiusi al
mondo.
Manca in Italia da sempre
(e oggi forse anche nelle valli
valdesi?) il serio tentativo di
vivere in noi, anzitutto, e poi
di proporre un «protestantesimo popolare». Un protestan- i
tesimo che sia capace di presentarsi come un messaggio
di fede semplice e immediato, non fanatico, un messaggio istruito e attento al mondo, e che sappia però parlare
al cuore delle persone, misurarsi con i problemi quotidiani, con le ansie, le preoccupazioni dei tanti, che affronti i
problemi di fede, di senso, di
morale della maggior parte
delle persone.
Un protestantesimo che
sappia trovare una sintonia
non solo con l’intellettuale
scontento o con il millenarista isolato, ma con quelli
che vanno e vengono dal lavoro, che non leggono 200 libri Tanno, che vanno al bar,
che vedono tutti i giorni la
TV (e hanno il correlativo
vocabolario e universo culturale), e che hanno problemi e
guai familiari «normali» (affrontare la vita con i suoi dolori e le sue gioie, vivere un
buon matrimonio, tirare su
bene i figli, comportarsi come si deve in privato e in
pubblico, avere un senso per
il futuro, ecc...).
E aggiungo: un protestantesimo che sappia presentarsi
come differente da altre opzioni; che sappia chiarire ma con semplicità, con immediatezza - che cosa lo distingue dal cattolicesimo e
dal modo di vivere dei non
credenti (ma i protestanti lo
sanno ancora sul .serio?); che
sappia «spiegarsi» - senza distorcersi - e che sappia dare
qualcosa di comprensibile a
chi (ed è la maggior parte degli italiani) di protestantesimo e delle sue terribili sigle Fcei. Opcemi, Ucebi, Cevaa,
Cec, Kek, ora persino Spuc non ha mai sentito neppur
lontanamente parlare.
Una comunicazione vera
Tutto questo scandalizza?
Badiamo bene che questo non
significa rincorrere la facile
popolarità; questo sarebbe,
oltre che scemo, tradire la fede e il senso delTes.sere protestanti. Significa però cercare, prima di tutto in noi per
poi trasmetterla agli altri, una
«comunicazione vera». Si
sorrideva dei parroci di campagna (che però sapevano comunicare, eccome); ma che
dire invece di certi nostri pastori e predicatori (e di certi
nostri fedeli!) che, non solo
per quello che dicono, ma per
«come» lo dicono, per il modo di fare (e in certi casi
¡’«arietta» che hanno), possono attirare tutt’al più l’attenzione di qualche manipolo di
intellettuali?
Tutto ciò non significa
scimmiottare altri, o smarrire
i nostri caratteri. Anche nel
metodo, anche nel modo di
presentare le nostre prese di
posizione si devono marcare
le differenze.
Non si tratta di contrapporre una «ortodossia» protestante italiana ad altre ortodossie; ma — questo è certo si tratta di proporre un progetto credibile. Un progetto
di fede, un progetto, un piano
di vita per affrontare concretamente i mille problemi
dell’esistenza individuale e
associata, un progetto comprensibile a chi ha studiato e
a chi non ha studiato, a chi
legge riviste colte e a chi vede Retequattro, a chi si impegna nel «pubblico» e a chi vive la sua vita privata di impiegato alle prese con il lavoro e il lunario, di moglie nei
guai, di anziano solo, di malato grave e disorientato.
Un progetto che, se non intende fornire cataloghi chilometrici di peccati grandi e
piccoli, nemmeno può limitarsi, su troppi problemi spinosi, a invocare sempre e solo la «responsabilità di ognuno» (che «fa fine», ma non
impegna e non dà spesso alcun aiuto e orientamento)
senza scendere a più pratiche
indicazioni, lasciando così la
gente in balia di se stessa (o
magari di Maurizio Costanzo,
della fattucchiera radiofonica,
dell’amico di famiglia o, alla
fine, del caso).
Insomma, a mio parere (di
chi è approdato non per nascita al protestantesimo e che
vive in un mondo in cui i protestanti incontrati nel corso
della giornata sono il due per
cento, a dir tanto) il problema
dell’informazione ha, ovviamente, qualcosa di ben più
serio e sostanzioso alle spalle: il che cosa significhi oggi
essere cristiani protestanti, in
particolare qui in Italia.
Il che cosa significhi concretamente e quotidianamente
vivere con impegno personale questo tipo di fede di fronte a Dio e al nostro prossimo.
Forse, pur oberati dalle
mille incombenze quotidiane
che si divorano la nostra vita,
faremmo bene a chiedercelo
con grande serietà e allarme
perché, io credo, questo è il
«problema dei problemi» da
cui ricominciare.
Protestantesimo in televisione
La tragedia della
Bosnia-Erzegovina
MIRELLA ARGENTIERI BEIN
La trasmissione di domenica 21 marzo, dedicata
alla tragedia della Bosnia-Erzegovina, si è aperta con una
esauriente scheda filmata
sull’argomento. Il succedersi
degli avvenimenti, in una logica allucinante di odio, sopraffazione e indifferenza circostante, giustificava ampiamente l’interrogativo posto
nel successivo scambio di
idee con gli ospiti: se cioè le
diverse appartenenze religiose
siano da considerarsi causa
determinante del conflitto.
Naturalmente il discorso ha
toccato anche l’angoscioso
problema del «che fare».
Dall’intervista a un giovane
impegnato nel «Coordinamento aiuti umanitari alla
Bosnia-Erzegovina» risulta
che, dato lo stato di guerra,
l’azione politica è attuabile
solo mediante i soccorsi e il
controllo della loro distribuzione. Dall’iniziale impegno
nella gestione di un campo di
150 profughi musulmani, in
collaborazione con la Croce
Rossa locale, si è passati a
progetti miranti a stabilire
«relazioni umane». Di qui
l’idea di gemellare scuole romane con i bambini del campo e con la scuola della zona
dove esso è situato.
Contemporaneamente proseguono le azioni concrete
quali il recapito, sotto le
bombe, di 54 quintali di patate da semina...
Abbiamo poi ascoltato il
parere di tre ospiti in studio.
Un professore tedesco di teologia, in rappresentanza della
Conferenza delle chiese europee (Kek), osserva che purtroppo nel passato i contrasti
religiosi sono stati causa di
guerre mentre di fronte ai
conflitti sociali le chiese han
no manifestato disinteresse.
Oggi, proprio in vista di uii
processo di pace, è importante instaurare il dialogo sia tra
i cristiani che con le altre religioni.
Per un giovane ingegnere
bosniaco presidente del «Comitato di solidarietà con la
Bosnia-Erzegovina», questa
regione rappresentava un modello di coesistenza e tolleranza tra le diverse etnie e religioni, modello che l’Europa
e il mondo non hanno saputo
proteggere.
Il terzo interlocutore, un sacerdote del movimento «Costruttori di pace» afferma che
oggi non sono le religioni a
provocare la guerra, ma è la
guerra a inquinare le religioni
grazie al commercio di armi
da parte della comunità internazionale. Il suo movimento
prevede non solo azioni dimostrative (come il viaggio
di pace del dicembre scorso)
ma anche aiuti concreti da
realizzare localmente mediante piccoli progetti.
Emerge un suggerimento
comune: ricucire un tessuto
di rapporti puntando sulle
persone che anche in quel
contesto rifiutano la logica
del muro contro muro.
L’impressione ricavata dai
vari interventi è che la diversità di religione non abbia
inciso in modo determinante
sullo scatenamento del conflitto. Tuttavia non si può sottovalutare il fatto che gli
ideali alla base delle varie fedi non hanno costituito, per
chi le professa, un freno
all’esplosione dell’odio. In
una situazione come questa lo
spirito ecumenico dovrebbe
trovare un suo ambito privilegiato di applicazione: purtroppo non giungono in questa direzione segnali sufficientemente significativi.
La colonia fondata nel 1893 in Usa
Valdese^ una storia
nata cento anni fa
Nel 1893 29 valdesi vendettero i propri beni nelle loro
valli alpine e, accompagnati
dal pastore Carlo Alberto
Tron, emigrarono nella North
Carolina fondandovi una città
che chiamarono Valdese. Dopo gli stanziamenti nello Staten Island (1650), nelTUtah
(1850) e a Monet nel Missouri (1875), quella è oggi la più
importante delle colonie vaidesi nell’America settentrionale, anche se oggi i discendenti dei primi coloni,
confluiti nel 1895 nella Chiesa presbiteriana, non costituiscono che il 30% della popolazione.
Fin dai primi tempi essi,
per lo più agricoltori, si diedero un ordinamento basato
sulla comunione dei beni sul
modello della prima comunità
cristiana di Gerusalemme, poi
si dedicarono all’industria
tessile e alla panificazione in
grande stile. Attualmente la
città conta più di 4.000 abitanti, con 12 chiese, 2 scuole
e un museo valdese inaugurato nel 1955.
Ogni estate viene rappresentato un dramma all’aperto
dal contenuto storico-leggendario, intitolato From this day
forward (Da oggi in poi) e
composto di due atti: il primo, ambientato in un paesino
delle valli, con tutti gli orrori
delle persecuzioni patite dai
suoi abitanti a causa della loro fedeltà alTEvangelo; il secondo illustra i travagli sopportati dai valdesi nel loro
primo stanziamento in una
terra ancora brulla e arida.
È già stato pubblicato il
programma delle celebrazioni
centenarie, che culmineranno
a metà agosto con un Waldensian Festival nella Main
Street della città, (g-go.)
PROTESTANTESIMO
aa>intV'--,;:-.:
Domenica 4 aprile ’
ore 23,30 circa - Rai 2
Un testamento
di speranza.
La predicazione
e l'iniziativa politica
di MarUn L. King
19
r
venerdì 2 APRILE 1993
La
Dei
j
PAG. 1 1 RIFORMA
L'ordinamento deH'Unione cristiana evangelica battista
Sulle rappresentanze dei ministri
________ALDO CAMPENNI_________
In margine all’Assemblea
straordinaria deH’Ucebi
dello scorso febbraio, che ha
visto prevalere per un solo
voto il «no» all’accesso all’otto per mille - dopo un sondaggio referendario che aveva
dato risultati di segno opposto
- si è aperto su queste pagine
un dibattito sul grado di rappresentatività delle assemblee
generali deH’Ucebi, nelle quali taluni (e si tratta, sia detto a
loro onore, di pastori) vedono
una sproporzionata presenza
di pastori rispetto ai delegati
di chiese. Sia consentito a un
«non pastore» intervenire a
difesa della norma dell’ordinamento Ucebi (art. 7 lett. b
del patto costitutivo) che prevede l’ammissione di diritto
all’assemblea dei «ministri
con cura di chiese». E valgano, al riguardo, le seguenti
sommesse riflessioni.
1) Il testo letterale della
norma innanzi citata sta chiaramente a indicare che sono
chiamati a partecipare all’assemblea non i pastori in quanto tali, ma i «ministri» (siano,
0 non, pastori) in quanto abbiano in cura una chiesa.
Poiché la ragion d’essere
(«ratio») della disposizione si
coglie, mi sembra, nel fatto
che nessuno più del ministro
curatore di una chiesa ha il
«polso» della comunità e ne
può meglio interpretare i bisogni e gli orientamenti, è
evidente che egli accede
all’assemblea non per
rappresentare se stesso o interessi di categoria, ma per
rappresentare, al pari dei delegati, la chiesa che cura.
Se è così - e mi pare che
non possano esservi dubbi in
proposito - la partecipazione
dei ministri non lede minimamente l’esigenza di rappresentatività dell’assemblea.
2) Si è detto che il voto di
un pastore equivale a quello
di una intera comunità di 50
membri. Ma si tratta di un rilievo a effetto perché, a ben
considerare, il fenomeno si riconnette ai meccanismi delle
assemblee di secondo grado quale quello dell’Ucebi - in
cui ciascuno dei partecipanti
(e, nel nostro caso, così il ministro come il delegato) esprime un voto equivalente a una
pluralità di voti espressi nelle
assemblee di base.
3) Il grado di rappresentatività di un’assemblea non si
misura in base al mero rapporto numerico tra le categorie che compongono il popolo
cristiano. Se si dovesse applicare un criterio strettamente
proporzionale, stante il rapporto tra il numero di pastori
e quello dei «laici», le assemblee dell’Ucebi non farebbero
posto che a un solo pastore.
Non si vede, peraltro, perché ci si dovrebbe fermare alla distinzione tra pastori e
non pastori e non tener conto
di altre differenze, come per
esempio tra uomini e donne,
vecchi e giovani e così via.
Il vero è che i principi democratici, quando non sono
invocati a proposito o vengono esasperati, sconfinano nella demagogia.
4) Non credo che sarebbe
saggio privare le assemblee
del contributo di esperienza,
di conoscenza, di entusiasmo
che possono dare i ministri
con cura di chiesa. Quand’anche decidessimo di avere assemblee composte di soli delegati, credo che difficilmente
vedremmo ridursi la presenza
dei ministri, perché poche
chiese rinunzierebbero a designarli come propri delegati.
5) Sorprende che i rilievi
polemici si appuntino sulla
composizione delle assemblee, quando il peso della
categoria pastorale si avverte,
in modo ben più marcato, in
altre strutture di governo
deirUcebi.
A mia memoria (e sono
membro di una chiesa battista
da oltre 60 anni) tutti i presidenti e i vicepresidenti prima
dell’Opera evangelica battista
e poi deirUcebi - con una
Riforma
Via Pio V, 15 -10125 Torino - tei, 011/655278 - fax 011/657542.
Via Foria, 93 - 80137 Napoii - tei. 081/291185 - fax 081/291175.
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DIRETTORE: Giorgio Gardioi.
VICEDIRETTORI: Luciano Deodato, Emmanuele Paschetto.
REDATTORI: Stello Armand-Hugon, Claudio Bo, Luciano Cirica, Alberto Corsani, Piera Egidi, Fulvio Ferrarlo, Maurizio Girolami, Anna Maffei, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Jean-Jacques Peyronei, Roberto
Peyrot, Gian Paolo Ricco, Giancarlo Rinaldi, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Piervaido Rostan, Marco Schellenbaum, Florence Vinti, Raffaele Volpe,
GARANTI: Franca Long, Andrea Mannucci, Mario Marziale, Fulvio Rocco,
Bruno Rostagno.
AMMINISTRAZIONE: Mitzi Menusan.
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GII abbonati b f^rma ricevono L'eco deile valli valdesi
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Il presente numero 13 costituisce il n. 13 del 2 aprile 1993 de La Luce. Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
Nella foto di prima pagina: Martin Luther King
sola eccezione per i vicepresidenti - e tutti i segretari dei
Dipartimenti di teologia e di
evangelizzazione sono stati
prescelti fra i pastori.
Se nell’impalcatura dell’
Ucebi si vuol vedere una
qualche venatura di episcopalismo, la si coglie proprio su
questo versante.
Ma non se ne può dare colpa ai né pastori né al regolamento. Alle elezioni provvede infatti un’assemblea composta in netta maggioranza circa due terzi - da non pastori, come è chiaro che sono costoro a volere i pastori ai posti
di maggiore responsabilità
neirUcebi.
Si tratta, come è evidente, di
un problema di candidature;
quelle dei pastori sono più
forti e numerose rispetto
all’esigua pattuglia di «laici»
capaci e disponibili ad assumere gli incarichi più impegnativi. Se vogliamo un’inversione di tendenza dobbiamo
applicarci, prima che alla revisione dell’ordinamento, a un
attento e assiduo lavoro di formazione e di selezione, nelle
chiese, di persone preparate e
volenterose.
Commissione
permanente studi
Esami
Le prossime sessioni di esami avranno luogo nei giorni:
17 aprile, ore 9,30 a Napoli, c/o Casa materna, durante
l’assemblea Upl.
22 maggio, ore 17 a Ecumene, durante la Consultazione metodista.
22 agosto, ore 9 alla Casa
valdese di Torre Peliice, nella giornata di apertura del Sinodo.
Per informazioni rivolgersi
al past. Bruno Costabel, viale
Trento 61/65 - 47037 Rimini.
Tel. 0541/51055.
Posta'
Aiutare
i sofferenti
Ho riletto più di una volta
nel n. 11 di Riforma sia l’articolo di Marco Rolando in prima pagina che il doloroso trafiletto di Laura Carlodalatri
«Senza peccato?». I due scritti, pur con angolature talmente diverse, mi sembra mettano
l’accento su quello che si tende ormai a riconoscere come
il «male del secolo».
Quando qui a Milano si tratta in qualche convegno l’argomento «depressione» le persone che accorrono non riescono
a trovar posto neanche in piedi e questo è indicativo del
profondo interesse che suscita
il problema. Pare che 3 milioni di italiani siano affetti da
questo male oscuro, e questi
sono solo coloro che lo confessano. Quanti sono coloro
che se lo tengono dentro, per
tante ragioni? E sono tante:
quella di non avere i mezzi
per pagarsi le costose prestazioni degli specialisti, quella
di non nutrire fiducia nelle terapie, o la vergogna di dimostrare a se stessi e agli altri di
non farcela a uscirne con le
proprie forze. Delle volte sono
proprio i credenti che si autoaccusano con la domanda:
«Ma allora a che ti serve la fede?». Domanda, come dice
Paul Toumier, che non va assolutamente fatta perché, con
il colpevolizzare, non fa altro
che peggiorare la situazione.
Ebbene credo che, come
scrive Marco Rolando, le nostre chiese dovrebbero sentirsi più impegnate a aiutare le
persone colpite da questa malattia (non solo i giovani) a ritrovare quel coraggio di esistere di cui scriveva Paul Tillich nel suo libro e che già nel
titolo sembra lanciare una fune di salvataggio.
Vorrei suggerire a Riforma
di aprire una rubrica su questo tema, che sia di aiuto ai
lettori, affidandola a persona
esperta e credente. E vero che
siamo una minoranza, e che
le vocazioni sono sempre im
Di
Pubblichiamo qui sotto l’elenco dei doni pervenutici nei mesi
di gennaio e febbraio. Con l’occasione ricordiamo quali sono attualmente le due iniziative in
corso.
La prima riguarda la ricostruzione della Chiesa evangelica
di Tsiroanomandidy in Madagascar, incendiata e distrutta
tempo fa a scopo intimidatorio
dal potere politico nei confronti
della popolazione sia dei pastori
che si battono contro la dittatura
e per ottenere libere elezioni (in
cassa £ 2.900.000 circa: attendiamo altri doni in modo da poter
inviare un contributo un po’ più
consistente).
L’altra iniziativa concerne la
Cooperativa agropastorale di
Kansounkpa in Benin (Africa).
Come già illustrato in precedenza, si tratta di un progetto rivolto
al campo agroalimentare e con
allevamento di animali e produzione lattiero-casearia. L’iniziativa vuole contribuire all’autoccupazione dei giovani, a lottare
contro la fame e la povertà e infine a costituire una guida nei confronti degli abitanti della regio
In Dolceacqua rinomalo
borgo medioevale, entroterra Bordighera, 7 km dal
mare
AFFIHASI MENSILMENTE
STAGIONE ESTIVA
grazioso appartamentino, 5
posti letto, ogni conforto.
Tel. 010/9127248
ne. Questo progetto è a cura della gioventù metodista locale (in
cassa £ 2.000.000 circa).
Le offerte vanno inviate al
conto corrente postale n.
11234101 intestato a La luce Fondo di solidarietà, via Pio V
15 - 10125 Torino, possibilmente
indicando la destinazione (Madagascar o Benin).
OFFERTE PERVENUTE IN
GENNAIO E FEBBRAIO
£ 272.000: scuola «Gesù di
Nazaret» (ev. luterana)
£ 100.000: Delia Fontana, Renata Busani in memoria di Ippolito Ribet Pasqualini, Elena Rosanda in memoria di Silvio,
Odette Balmas in memoria di
Lalla Conte falla e Laura Bertin
Trincherà, Mirella Argentieri,
Valdo Pasqui.
£ 50.000: Giovanni e Rosalba
Giambarresi.
£ 25.000: NN Unchio Verbania.
TOTALE: £ 947.000
TOTALE PRECEDENTE: £
3.894.999
IN CASSA: £ 4.841.999
Hai fatto
l’abbonamento
a
RIFORMA?
pari al bisogno, ma è mai
possibile che tra noi non si
possa trovare qualcuno che
abbia il dono e si senta di
compiere questo ministero in
un campo così trascurato, attraverso un mezzo che può
raggiungere molti, come può
essere un periodico?
Quanto bene ha fatto Paul
Tilllch anche scrivendo!
Come scrive Marco Rolando bisogna prevenire i sintomi, curare la malattia sul
nascere prima che si arrivi alla disperazione e all’ultima
spiaggia dell’alcolismo e della droga.
Penso che dovremmo porre
l’accento più sul bisogno delle persone che sui problemi
delle nostre chiese, anche se
importanti (come la questione
dell’otto per mille): non lo saranno mai quanto i drammi
dei singoli. Del resto Gesù
nel suo cammino si incontrava con gli uomini nelle loro
situazioni concrete e particolari; nel suo orizzonte non
c’era la preoccupazione delle
istituzioni.
Lidia Mauri Paolini
Gastaldi - Milano
Perché
quell'assenza?
Ho letto sul n. 12 del 26
marzo di Riforma la notizia
della campagna evangelistica
di Billy Graham, trasmessa in
mondovisione. Per la città di
Torino alcune chiese evangeliche avevano organizzato la
ricezione al teatro Massaua.
Ho anche letto però, con rammarico e delusione, l’ultima
riga dell’articolo: «Assenti
invece le chiese della Fcei».
Mi domando a cosa sia dovuta la mancata partecipazione delle nostre chiese Bmv
torinesi. Forse alla decisione
di alcuni membri dei Consigli
di chiesa riuniti?
Con pochi altri battisti torinesi ho partecipato a queste
riunioni. Non so per quale
motivo ci sia stato un rifiuto
alla partecipazione, ma qualunque esso sia abbiamo perso una occasione di unità fra
le chiese evangeliche di Torino e provincia. A tutti i convenuti è parso un segno di distacco e molti si sono sentiti
«snobbati» dalle chiese Bmv.
Sarebbe bene, attraverso
«Riforma» conoscere con
chiarezza i motivi. Forse Billy
Graham non è molto simpatico
alle chiese italiane federate o
questa tipologia di evangelizzazione non è eondivisa. Ma
allora qual è il sistema Fcei
per la diffusione dell’Evangelo? Bisogna dirlo, molti credenti potrebbero imparare!
Mi chiedo a questo punto
se questa campagna è stata
guidata dallo Spirito Santo o
se hanno ragione i ragionieri
dell’Evangelo?
Michele Romano
Rivalla Torinese
Isole?
Leggo l’articolo di Marco
Rostan «Da solo non me la
cavo» su L’Eco delle valli
valdesi del 12 marzo. Tutto
vero ma... alcune perplessità
restano. Quante persone hanno sentito il messaggio del
pastore Laura Leone la sera
del 16 febbraio dopo il falò?
Dov’era la Chiesa valdese di
Torre Peliice, fautrice dell’invito allo .scopo di ascoltare la
testimonianza di un pastore
valdese che lavora in una
chiesa «di confine»?
E ancora: quante persone
erano presenti alla serata-dibattito condotta dai pastori
Laura Leone e Mauro Pons a
Pinerolo il 19? Io ne ho contate ben poche. E a Torino il
20? Ah, bèh, Torino è già
fuori dalle valli...
Allora mi chiedo: certo,
dobbiamo «cambiare i punti
di orientamento, i valori...»,
«abbiamo bisogno di tornare
a Dio, di nascere di nuovo, di
ravvederci sul serio» eccetera
eccetera... Ma non dobbiamo
forse cominciare a essere più
presenti, a non mancare cioè
quelle occasioni per ascoltare
e conoscere realtà di cui non
ci immaginiamo neanche lontanamente le fattezze?
Perché è dall’ignoranza che
nascono i pregiudizi, i luoghi
comuni, le frasi scontate e
che si alimenta infine la spaccatura tra Nord e Sud (comune, ahimè, anche alle nostre
chiese!).
Forse che il nostro silenzio
e la nostra assenza (innanzitutto fisica!) non sono un segno di lontananza e di distacco? L’assenza pesa più di una
presenza sgradita così come
l’indifferenza pesa più
dell’odio. Dunque, la Parola
di Dio in primo luogo e il nostro essere valdesi in questi
anni ’90 in secondo luogo (e
non la Settimana della libertà) ci insegni ad apprezzare quella poca libertà che forse ci rimane e a farne l’uso
più corretto e dignitoso, a
partire dalla dimostrazione di
solidarietà ai fratelli che non
vivono in «isole protette», né
vere né presunte.
Monica Natali
Torre Peliice
«E fattosi sera Gesù disse ioro:
passiamo ail'aitra riva»
Marco, 4
Dopo lunghe sofferenze serenamente sopportate è mancata
all'affetto dei suoi cari all'età di 80
anni
Mary Mansuino
A funerali avvenuti ne danno il
triste annuncio la sorella Ada, il
fratello Domenico con la moglie
Anna e i nipoti Daniele e Andrea.
Sanremo, 19 marzo 1993
RINGRAZIAMENTO
«La mia grazia ti basta»
2 Corinzi 12, 9
I famigliari di
Jenny Robert
ved. Paschetto
ringraziano di cuore parenti,
amici e tutti coloro che con fiori,
scritti e presenza, sono stati loro
vicini con tanta simpatia.
Un grazie particolare al pastore
Klaus Langenek e alla direzione e
al personale dell'Asilo valdese di
San Germano Chisone.
Prarostino, 19 marzo 1993
I necrologi si accettano entro le ore 9 del
lunedì. Telefonare al
numero 011-655278 fax 011-657542.
C Organizzazione Trasporti ed Onoranze Funebri ■ v
Giaehero - Bessone - Perassi 1
, ■ ■■■■■■' — I «.n.c.
Sede: Luserna S. Giovanni - Via L. Tegas, 43/4 - tr 0121 /909008
Torre Peliice - Viale Mazzini, 3-'» 0121/932400
Servizio Notturno e festivo: « 909537 - 909723 - 901201
20
PAG. 12 RIFORMA
: Villaggio Globale ì
I risultati delle elezioni legislative in Francia sconvolgono il panorama politico del paese
VENERDÌ 2 APRILE 1993
Una pesante sconfitta
pone fine a 12 anni di
per tutta la sinistra
«socialismo» francese
JEAN-JACQUES PEYRONEL
La sconfitta era neH’aria
da tempo e non ha sorpreso nessuno, a cominciare
dagli stessi socialisti che sapevano che il prezzo da pagare sarebbe stato pesante, ma
pochi si aspettavano una
«débàcle» di tali proporzioni.
L’esito delle elezioni legislative in Francia è stato talmente netto - neanche uno
della sinistra eletto al primo
turno - da apparire come una
vera e propria reazione di rigetto.
A vedere i risultati però, si
deve parlare più di storica
sconfitta della sinistra che
non di travolgente vittoria
della destra. Quest’ultima infatti, «unita» tra neogollisti e
giscardiani per motivi puramente elettorali ma già divisa
sulle immediate prospettive di
«coabitazione» nonché sulla
questione decisiva dell’Europa, ottiene il 40% dei voti che
già deteneva da anni mentre
l’estrema destra di Le Pen si
mantiene su un preoccupante
12,5% che però, per via del
sistema maggioritario a due
turni, non peserà nulla nel futuro Parlamento.
A sinistra invece, la perdita
è secca: il partito socialista,
con il 17,6%, risulta dimezzato. Il partito comunista, con il
9%, conferma il suo inesorabile declino. Le due formazioni «verdi», a cui i sondaggi
attribuivano il 17%, non superano l’8%. In compenso,
con oltre il 30%, il partito degli astensionisti è di gran lunga il primo partito di Francia.
La situazione sociale in
Francia è così disastrosa da
giustificare una così pesante
punizione? Certo, se si pensa
alle promesse del «programma comune» della sinistra che
neH’81 avevano permesso
l’avvio dell’era mitterrandiana con lo slogan «cambiare la vita», il bilancio di 12
anni di socialismo alla francese risulta deludente proprio
per quei ceti economicamente
più deboli e precari che lo
avevano sostenuto con grande
speranze.
Dopo appena due anni, infatti, la grande ondata sociale
che aveva giustificato e stimolato il nuovo governo di
sinistra era già tramontata. Da
quel momento (1983) la scelta dei vari governi che si sono
succeduti è stata il tentativo
di «governare il capitalismo»
nel quadro di un’esplicita
economia di mercato.
Tentativo in gran parte riuscito sul piano economico e
monetario, garantendo una
notevole stabilità, ma pesantemente controbilanciato da
un grave deficit sul piano sociale con un aumento senza
precedenti della disoccupazione (oltre 3 milioni). Questo è sicuramente uno dei fattori che ha pesato di più nella
sconfitta.
Non va dimenticato però
che anche nell’86, dopo 5 anni di governo delle sinistre, la
destra aveva vinto le elezioni
e che erano bastati due anni di
governo neogollista per convincere gli elettori a ridare fiducia alla sinistra.
La storia si ripeterà fra due
Figli di immigrati a Nanterre, nelia periferia di Parigi. La situazione
neile «banlieues» è uno dei probiemi sociaii più scottanti in Francia.
anni al momento delle elezioni presidenziali? Questa è
probabilmente la scommessa
alla quale punta Mitterrand,
che ha già respinto l’invito a
dimettersi, ma questa volta è
poco probabile che bastino
due anni per tornare all’alternanza.
La sconfitta della sinistra
infatti non ha solo motivazioni interne (il predominio delle
esigenze della politica economica rispetto a quelle della
giustizia sociale, gli immigrati, la situazione esplosiva delle periferie, la corruzione, gli
scandali) ma risente pesantemente delle mutate dinamiche
politiche e sociali dell’Europa
dopo il crollo del «socialismo
reale» e si ricollega alla crisi
complessiva della socialdemocrazia europea.
Il recente referendum sul
trattato di Maastricht aveva
già evidenziato un inequivocabile ripiegamento nazionale
e nazionalistico di fronte alle
incognite e alle paure rappresentate dalle popolazioni
improvvisamente liberate del
«secondo mondo» e dalle
masse sempre più affamate
del «terzo mondo».
A vincere oggi sono soprattutto i neogollisti antieuropei,
cioè quella Francia conservatrice e cattolica che 12 anni di
«socialismo» mitterrandiano
non hanno saputo conquista! re. Un recente sondaggio indicava che il 63% dei cattolici
praticanti vota per la destra e
il 9% per l’estremadestra.
Ciò spiega forse perché fra
i tanti socialisti sconfitti figurino i protestanti Jospin e Rocard. Il «big bang» proposto
da quest’ultimo rischia di rimanere, per ora, una lontana
utopia. Ma, dopo 12 anni di
potere assoluto che l’hanno
logorata e screditata, la sinistra francese - nonché europea - ha certamente bisogno
di tempo e di riflessione per
reinventarsi.
La singolare storia di una donna africana, iniziata 50 anni fa nella colonia inglese
Esther Ocloo, una imprenditrice in Ghana
ELVIRA TBEFFINCER
Dopo la maturità Esther
Ocloo fece qualcosa di
assolutamente inconsueto.
La figlia di un fabbro della
regione dell’Alto Volta si fece prestare sei scellini e cominciò, nella cucina della
zia, a preparare della marmellata di arance.
Il suo primo cliente fu la
scuola che aveva frequentato
ad Accra. Questo avveniva
oltre 50 anni fa, quando il
Ghana era ancora una colonia inglese.
I primi affari fatti con la
scuola furono per la ragazza
africana il trampolino di lancio verso il successo. Oggi
che ha 73 anni, la signora
Ocloo è la più famosa imprenditrice del Ghana, ed ha
fatto tutto con le sue forze.
Impegnata da anni nella lotta
contro la sottonutrizione, ancora oggi è spesso in viaggio
per conferenze nel suo paese
e all’estero.
«Erano tutti sorpresi e
molti mi prendevano in giro
quando cominciai il mio
commercio con i barattoli di
marmellata - dice Esther le ragazze che avevano fatto
le scuole superiori si sentivano troppo fini per fare un lavoro del genere».
Nel 1943 un ufficiale della
«Westafrican Taskforce»
guardò con meraviglia quella
ragazza graziosa arrivata in
bicicletta che voleva rifornire le truppe di marmellata
d’arance. «Ma davvero lei
vuol fare questo lavoro?» le
domandò piuttosto scettico.
Ma con la raccomandazione
del direttore della scuola,
Esther Ocloo ottenne l’incarico di rifornire i soldati, prese due locali in affitto, ci mise dei forni di argilla e comprò a credito delle arance,
della legna da ardere e delle
bottiglie usate.
Cinque anni dopo l’indipendenza del Ghana, nel
1962, le cose erano ben diverse: Esther Ocloo, che nel
frattempo si era sposata ed
era madre di un bambino, ottenne il primo credito da una
banca grazie all’intervento
personale del presidente dello stato, Kwame Nkruma.
Insieme al marito costruì
in dieci settimane la prima
fabbrica di generi alimentari
del Ghana, che ancora oggi
dirige.
La fabbrica arrivò ad avere
50 operaie che producevano
succo d’arancia, marmellate
ed altri generi.
L’attività crescente non faceva però dimenticare a
Esther Ocloo la situazione di
miseria di molti suoi concittadini.
Il governo coloniale inglese, negli anni cinquanta, le
aveva consentito di frequentare dei corsi di scienza della
nutrizione a Bristol. Da allora essa ha insegnato a migliaia di donne ghanesi la
tecnica della conservazione
delle scorte alimentari.
«Finché in Africa non saremo in grado di produrre
più generi alimentari, dobbiamo saperli conservare bene e farne un uso oculato» è
il suo motto.
Sulla scrivania nel suo modesto ufficio di Accra ci sono dei barattoli con pomodori cotti, banane essiccate e
farina di Kassava (Manioca).
Nonostante l’età, Esther
Ocloo tiene sempre dei corsi
e viaggia per conferenze sulle donne, sullo sviluppo, sulla fame e la sottonutrizione.
Due anni fa ricevette un premio di 50.000 dollari e con
metà della somma istituì una
fondazione per il superamento della fame senza danneggiare l’ambiente.
Con l’altra metà del premio salvò la sua azienda
«Nkulenu Industries». Infatti
il pesante programma di ristrutturazione che il presidente del Ghana Jerry Rawling dovette intraprendere
nel 1983 su pressione del
Fondo monetario intemazionale, per sanare l’economia
del paese, colpì duramente
anche la fiorente industria di
famiglia.
Le spese pubbliche diminuirono drasticamente, le
aziende statali non attive furono chiuse e furono erette
barriere alle importazioni.
Molti persero il lavoro e numerose aziende fecero fallimento. «Il nostro potere di
acquisto è crollato, la nostra
valuta ha perso rapidamente
■ di valore, il nostro capitale è
evaporato», si lamenta
Esther Ocloo. La disoccupazione è ancora molto alta in
Ghana, le paghe sono basse e
i supermercati sono pieni di
merci straniere, anche se
l’economia ha ripreso a crescere del 5% annuo.
Sostenuta dal marito e dal
figlio minore, Esther Ocloo
continua nel suo lavoro. Abita vicino alla fabbrica, si alza
alle quattro del mattino e lavora fino a sera tarda.
Le sue speranze sono rivolte ora aH’esportazione di
gioielli di moda e di conserve di ananas. Ma c’è difficoltà a trovare fornitori affidabili per lo scatolame ed
Esther Ocloo manca di capitali per sostituire i vecchi
macchinari, divenuti quasi
pezzi da museo, con macchine moderne.
Non è in grado di pagare
interessi del 30% e cerca
quindi un socio che voglia
inserirsi nell’impresa.
«Una volta pensavo che il
segreto del successo fosse lavorare duro - dice Esther
Ocloo - adesso penso che
sia stata la fortuna».
E non si ritiene una eccezione perché in Ghana non
c’è prevenzione verso le
donne imprenditrici e già
molte dimostrano di essere
abili commercianti e organizzano i trasporti con propri
autocarri o navi: «Sono una
tipica donna del Ghana» afferma Esther Ocloo.
Appello urgente della Cevaa
Aiutare il Togo
La situazione politica nel
Togo è sempre più drammatica. Dopo la repressione poliziesca del 25 gennaio scorso
a Lomé, capitale del paese,
che ha fatto almeno sedici
morti, nei giorni successivi
l’esercito ha continuato a sparare sulla folla. Circa 30.000
persone si sono rifugiate nel
Benin e nel Ghana. Anche là,
come nello Zaire di Mobutu,
il presidente in carica, Eyadéma, vuole a tutti i costi mantenersi al potere malgrado il
processo di democratizzazione avviato dalla Conferenza nazionale.
Le chiese del Togo sono attivamente impegnate in questo processo. Recentemente,
la Cevaa ci ha trasmesso un
dossier comprendente tutte le
lettere e prese di posizione
delle chiese fin dal luglio ’92,
indirizzate al presidente della
Repubblica, alle forze armate, ai membri dell’Alto Consiglio della Repubblica, al
governo, alla Conferenza delle chiese di tutta l’Africa (Ceta), ai partiti politici togolesi.
ai cittadini. Tutti gli appelli
sono firmati dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa evangelica, dalla Chiesa metodista e
dalla Chiesa delle Assemblee
di Dio, nonché dal presidente
delle comunità musulmane
del Togo. In ogni appello viene ribadito il ministero della
riconciliazione delle chiese,
l’impegno a costruire un nuovo avvenire di pace e di solidarietà, dopo che il popolo si
sarà pronunciato liberamente
attraverso nuove elezioni. Finora però, tali appelli disperati sono rimasti lettera morta
e la situazione peggiora di
giorno in giorno. Senza pressioni esterne in appoggio alla
volontà democratica del popolo togolese, non c’è da
aspettarsi un cambiamento
istituzionale.
La Cevaa fa quindi un appello urgente a tutte le sue
chiese membro in Europa affinché una pressione intemazionale riesca a sbloccare la
situazione e a rimettere in
moto il processo di democratizzazione.
Colpevole di maltrattamenti e di torture
L'Anc sotto accusa
La direzione del movimento di liberazione sudafricano
dell’African National Congress (Anc) è stata posta nuovamente sotto accusa per violazione dei diritti umani nei
suoi «campi di punizione».
Essa sarebbe «direttamente
ed indirettamente colpevole»
di maltrattamenti e torture,
durante gli anni Ottanta, secondo un rapporto pubblicato
recentemente a Johannesburg
dalla fondazione americana
(Usa) di indirizzo conservatore «International Freedom
Foundation». «Le deposizioni
dei testimoni sono una litania
di orrori continui e senza limiti» è scritto nel rapporto
presentato dall’avvocato Robert Douglas.
L’inchiesta si è avvalsa anche di una indagine interna
effettuata dall’Anc e pubblicata nello scorso ottobre e di
una relazione di Amnesty International. Secondo Russel
Crystal, direttore per il Sud
Messico
Speranza
per gli indios
Le organizzazioni indiane
del Messico hanno salutato
con favore la decisione del
governo di riesaminare i casi
di più di 6.000 indios che si
trovano in carcere, e di liberare quanti sono incarcerati
ingiustamente. Nefi Fernandez Acosta, portavoce degli
indiani Tenek, ha detto a
Città del Messico che molti
dei prigionieri per i quali diverse organizzazioni hanno
chiesto il rilascio già da tempo dovevano essere liberati.
Per eliminare la povertà, la
discriminazione e la ghettizzazione degli indiani è necessario, secondo Acosta, affrontare i problemi in modo
radicale. Non si può continuare a boicottare i programmi d’insegnamento scolastico
bilingue, con la scusa della
mancanza di fondi.
Africa della fondazione, il
rapporto non contiene nuovi
particolari, ma indica per la
prima volta i nomi di responsabili dell’Anc che erano a
conoscenza dei fatti.
Vengono citati Oliver Tarabo, ex presidente ed ora presidente onorario dell’Anc,
Chris Mani, segretario generale del Partito comunista
sudafricano e Joe Slovo, uno
dei bianchi più influenti
dell’Anc.
L’avvocato Douglas giunge
alla conclusione che il Partito
comunista controllasse direttamente l’apparato di sicurezza dell’Anc e lo stesso
movimento di liberazione.
«Speriamo che i veri democratici esistenti neH’Anc ora
facciano pulizia nella loro organizzazione» ha detto il direttore per il Sud Africa Crystal, aggiungendo: «Nessuno
può sottovalutare l’importanza che l’Anc ha per il futuro
del SudAfrica».
Brasile
Schiavitù
nelle fazendas
Nel Brasile meridionale è
stato arrestato un grosso proprietario terriero che costringeva 50 famiglie a lavorare in
condizione di schiavitù.
Una giudice di Tramandai,
nello stato di Rio Grande do
Sul ha emesso il 2 febbraio
un mandato di cattura contro
il 33enne Rogerio Marques, a
seguito di un sopralluogo di
ispettori del ministero del Lavoro che hanno denunciato
che sulle sue proprietà circa
180 persone erano costrette a
lavoro coatto «in condizioni
inumane».
Uomini, donne e bambini
dovevano acquistare i generi
alimentari all’interno della
fattoria a prezzi esorbitanti
per cui si indebitavano e
offrivano al proprietario il
pretesto per continuare a
trattenerli al proprio servizio.