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Anno 127 - n. 18
3 maggio 1991
L. 1.200
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Gruppo II A/70
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a : casella postale - 10066 Torre Pellice
delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
CERNOBYL CINQUE ANNI DOPO
Un cimitero con 33 mila tombe di bambini
Un’ampia regione della Bielorussia è da considerarsi morta, ma gravi danni e contaminazioni non cesseranno: gli effetti dell’incidente uccidono ancora - La « teologia del processo » e le prese di posizione del Consiglio ecumenico
Cernobyl cinque anni dopo. Le
immagini scorrono, drammatiche ed eloquenti, sui nostri teleschermi. Una trentina di donne marciano nella campagna
ucraina cantando. Si fermano davanti ad un campo. Una di esse
pianta una piccola croce di legno sulla terra radioattiva a significare che lì, per alcune centinaia d’anni ancora, la terra è
morta; non ci saranno più raccolti di grano, del famoso grano della Bielorussia.
La terra è morta aUe ore 1,23
del 26 aprile 1986, quando è
esploso il reattore nucleare n. 4
della centrale. Un evento fino allora dichiarato « altamente improbabile » dagli scienziati.
Le cifre — ufficiali — parlano
da sole: 28.000 kmq di terre contaminate dal cesio; 830.000 persone abitano in zone ancora altamente contaminate e ricevono
per questo loro « rischio » un’indennità di 55 rubli al mese. Non
è stato possibile trasferirle altrove.
Le autorità sovietiche (ma anche quelle del mondo intero)
non sono state capaci di gestire la situazione della decontaminazione né di seguire l’evoluzione delle conseguenze sanitarie e
genetiche dell’esplosione. Mancano i mezzi finanziari e, soprattutto, le conoscenze scientifiche.
Cosi apprendiamo che l’involucro di cemento messo sulla
centrale si sta sfarinando sotto
l’azione delle radiazioni. Tra dieci, venti anni — dicono gli esperti — se non si pone rimedio
daila centrale si alzerà una polvere altamente radioattiva... Dall’alto della loro scienza gli esperti della Agenzia internazionale
per l’energia atomica sentenziano: « Quattordici reattori installati in Unione Sovietica e in altri paesi dell’Est sono ormai vetusti e non rispondono più alle
norme di sicurezza internazionali ».
Siamo avvisati. Ci sono altre
14 Cernobyl possibili. Ma chi darà l’energia necessaria alla traballante economia dell’URSS e
degli altri paesi dell’ex socialismo realizzato?
Il dramma più grande è quello dei bambini. Le radiazioni al
dj sopra dei limiti hanno colpito 2 milioni e mezzo di persone, tra cui 600.000 bambini. Il
settimanale Moskovkla Novosti
ha pubblicato, nel giorno dell’anniversario di Cernobyl, la foto
di un bimbo con un solo braccio e le gambe corte, nato a
Minsk nel 1987, con questa didasealia: « Sono questi i bambini
del nostro futuro? ».
Secondo le autorità sanitarie
di Minsk nelle regioni di Cornei
e Mogilev, le più colpite dalle
radiazioni, i bambini cbe hanno
ricevuto radiazioni superiori a
15 rem sono stati almeno 36.000;
di questi quasi il 10% è stato
colpito alla tiroide da una radiazione pari a 200 rem (i limiti internazionali sono di 7
rem).
Vladimir Javoristkj, presiden
te della commissione parlamentare della Repubblica ucraina
incaricata di studiare gli effetti
della nube radioattiva sulia popolazione, parla di 330.000 bambini che vivono ancora oggi in re
gioni contaminate. Di questi il
10% è destinato aUa morte precoce. « Ve io immaginate un cimitero con 33.000 tombe di bambini? », ha detto Javoristkj ricordando ai giornalisti, il 26
aprile, l’anniversario di Cernobyl.
Leucemia, cancri, anomalie genetiche; come l’antico dio semìtico il Moloc dell’energia nucleare non cessa di prelevare la sua
decima sulla vita e sulla speranza: i bambini in primo luogo
e dappertutto in questo paese
d’Ucraina e di Bielorussia colpito dalia più insidiosa delle calamità, il male nucleare.
. Cernobyl, 5 anni dopo. Forse
l’abbiamo «limenticata. Le immagini sono lì a ricordarci che no,
non possiamo e non dobbiamo
dimenticare. Siamo anche noi responsabili di Cernobyl e delle
altre catastrofi possibili.
Il nostro modello di sviluppo,
il nostro stile di vita richiedono un consumo crescente di
energia. Il prezzo (non queUo in
moneta) è alto, troppo alto.
La questione nucleare, dunque, ci interroga e ci chiede di
cambiare. Albert Schweitzer
(1875-1965) ci ha ricordato che
il « rispetto per la vita » è U
principio etico fondamentale per
il credente. Il rifiuto del nucleare va visto — per noi — in quest’ottica.
Giorgio Gardiol
Le chiese e recolegía
Le chiese, e quelle protestanti
in particolare, hanno affrontato
da almeno un ventennio la questione nucleare. Sotto la spinta
del Consiglio ecumenico delle
chiese è stata condotta a livello
mondiale una riflessione critica
sui modelli di sviluppo e sulle responsabilità dei credenti di fronte alla creazione. Nella Conferenza di Bucarest del 1974 il Consiglio ecumenico ha chiesto alle
chiese di elaborare proposte etiche per l’utilizzazione delle risorse naturali.
-I teologi si sono cimentati con
temi lasciati sino ad allora un
po' da parte: la natura e la creazione.
La cosiddetta « teologia del
processo]»^ (process theology),
che più di altre si è occupata della cosa, insiste sul fatto che la
creazione è un fatto compiuto, finito e limitato e che gli uomini
e le donne sono i guardiani della
natura creata; essi devono proteggerla e non distruggerla, devono non solo saperne cogliere i
frutti, ma anche custodirla.
Nel 1975 all’Assemblea del
Consiglio ecumenico di Nairobi
il biologo australiano Charles
Birch, predicatore metodista, ha
chiesto alle chiese di impegnarsi
in una ricerca « sul significato
dell'unità della natura, dell'uomo
e di Dio alla luce della scienza e
di un ecumenismo più largo ».
Nel ’77 anche il Sinodo delle
Chiese valdesi e metodiste ha
criticato il piano energetico nazionale che prevedeva la costruzione di alcune centrali nucleari
ed in materia nucleare ha auspicato « decisioni responsabili allo
scopo di salvaguardare sia il diritto della popolazione alla qualità della vita, sia il loro dovere di
rispettare al massimo — per sé e
per quelli che verranno — l’ambiente naturale che è stato loro
affidato ».
La Conferenza del Consiglio
ecumenico su « Fede, scienza e
futuro » (Boston), nel 1979, ha
ricordato ai cristiani la missione
data da Dio agli uomini di servire la creazione e di essere custodi della terra ed ha posto l’acoento sul concetto di sostenibilità (dal termine inglese sustainable = sostenibile, convalidato,
confermato) dello sviluppo. Il
f€ LA TUA FEDE T’HA SALVATO »
La creatività della fede
« E il cieco, gettato via fi mantello, balzò in
piedi e venne a Gesù» (Marco 10: 50).
E’ la vita che esplode; il regno dei cieli è qui.
Bisogna far violenza alla realtà: vivere da vedenti,
fifichc. sB la cecità c fcalc. .
I ciechi rimangono dei nonvedenti. Ma qui un
cieco vede. La breccia, dunque, è aperta; c e un se
^'^^KnZ^no ttraio, però, quello che si realizza
quando Gesù si ferma e chiama Bartimeo Secondo
la parola che troviamo m Giovanni (9. 39) Gesù e
venuto perché « quelli che non vedono, vedano, e
auelli che vedono diventino ciechi^). Qualcuno potrebbe dire: Allora è bello essere ciechi come Bartimeo' Certo che è bello. Se bello è essere mendicante, vivere di elemosina, abbandonato a se stesso,
essere un povero emarginato dalla società. Dice
infatti il racconto che Bartimeo «sedeva», era
«cieco» e «mendicante». Si può dire che erg.
specializzato in « relazioni pubbliche », infatti diceva a tutti: «Abbiate pietà di me!».
Solo se incontri una grande misericordia e bello
essere come Bartimeo.
Gesù fermatosi, disse: « Chiamatelo ». Alzati,
egli ti chiama, può vincere la tua cecità. Ma se non
ti alzi e rimani al tuo posto, sei perduto.
* *
II mantello: niente a che vedere con i capi di
vestiario « firmati » che ricoprono il nostro prezioso corpo. .
Ci dicono che l'abbigliamento esprime la nostra
collocazione sociale.
Detto in altre parole, il sistema ti veste o ti spoglia. O sei tra quelli che contano, e allora firme a
non finire anche sulla mantellina che metti al tuo
cane quando fa freddo; o sei tra i derelitti, che di
firmato hanno soltanto gU scatoloni di cartone sui
quali dormono.
Bartimeo getta via il mantello. Questo gesto
diviene un atto liberatorio; un atto di profonda
contestazione al sistema che gli ha messo sulle
spalle un mantello firmato « cieco-mendicante ».
Egli si è liberato di tutte le firme, perché Gesù
lo ha chiamato.
* * *
Tre tratti caratterizzano Bartimeo (vers. 46):
1) è cieco; 2) è descritto il suo atteggiamento: sedeva; 3) è indicato il posto: al bordo della strada.
Secondo il versetto 52, colui che era stato designato come cieco « riacquista la_ vista »; colui che
era seduto, immobile, è in movimento, « lo seguiva »; colui che era al bordo della strada si trova ora
« per la strada ». ...
Si è prodotto un triplice cambiamento, i cui
differenti aspetti sono legati tra loro. Dobbiamo
dunque interrogarci su ciò che è avvenuto, facendq
del cieco « un veggente »; di colui che era immobile
« uno che segue »; di colui che era emarginato « uno
che fa parte di una comunità ».
* * *
La spiegazione di ciò che è successo a Bartimeo
si può trovare nelle parole di Gesù: « La tua fede
ti ha salvato ». Il comportamento di quest'uomo
è interpretato come la manifestazione della sua fede: una fede che gli vale la salvezza, in cui potrà
avere ben di più che il ricupero della vista.
Dopo aver ottenuto la guarigione, Bartimeo non
se ne va. Fedele alla logica della fede, si mette a
seguire Gesù. Senza dubbio non sa ancora dove
tutto ciò lo condurrà. La strada è quella di Gerusalemme: è quella della croce. L'essenziale è stare con Gesù. Lui indica la strada: non resta che
seguirlo. Giuseppe Morlacchetti
concetto di sostenibilità è visto
dalla conferenza come « giustizia
per le generazioni future ».
Questa conferenza ha una importanza fondamentale nello sviluppo del pensiero etico e teologico delle chiese protestanti in
quanto ha permesso im confronto diretto tra scienziati e teologi
ed ha messo in rilievo i limiti
della scienza: «Tutto ciò che è
possibile non è necessariamente
desiderabile ».
La ricerca scientifica deve essere accompagnata da una riflessione etica e da una estrema attenzione alle conseguenze politiche ed ecologiche delle decisioni
e delle opzioni tecnologiche.
Da allora — specie in occasione
di avvenimenti catastrofici per
colpa dell’uomo — le chiese hanno prodotto documenti basati su
una rielaborazione dei concetti
di Boston. Così ad esempio il
Consiglio delle Chiese evangeliche tedesche e la Conferenza
episcopale tedesca, nel 1985, hanno approvato un vero e proprio
catechismo di morale ecologica
dal titolo «Per la salvaguardia
della creazione ».
La Conferenza europea su « Pace, giustizia e salvaguardia del
creato » di Basilea (1989), nel suo
documento finale, ha chiesto una
drastica riduzione del consumo
di energia nei paesi industrializzati (50%) ed ha affermato che
« l'energia nucleare non dovrebbe essere la base della provvista
energetica futura a causa dei suoi
rischi sociali, tecnici, ecologici e
militari ».
La Convocazione ecumenica di
Seoul (1990) ha affermato che
« la vita nel mondo è oggi in pericolo perché l’umanità è venuta
meno all’amore per la terra vivente » ed ha preso un solenne
impegno per « la creazione di una
cultura che sappia vivere in armonia con la salvaguardia del
creato ».
Da ultimo il documento finale
dell’Assemblea del Consiglio ecumenico di Canberra (febbraio
1991), dopo aver richiesto una
nuova etica dell’economia e della
ecologia, afferma: « Quello di cui
abbiamo bisogno è un nuovo concetto di valore basato non sul
denaro e sullo scambio, ma piuttosto sulla sostenibilità e sull'utilizzo » ed auspica l’adozione
di « una dichiarazione universale
degli obblighi dell’uomo nei confronti della natura » che abbia lo
stesso valore della Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo.
G. G.
' La process theology ha origine dal
pensiero filosofico del matematico A.
N. Whitehead (1861-1947) ed ha tra i
suoi esponenti principali J. B. Cobb.
W. N. Pittenger e D. D. Williams. Si
colloca nella linea del protestantesimo
liberale: la teologia si sviluppa nel
confronto con la Bibbia, la scienza e
la tradizione confessionale. E’ in revisione perpetua; è in process, appunto.
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fede e cultura
3 maggio 1991
NOVITÀ’ CLAUDIANA
IL FILM DEI 7 OSCAR
La coscienza
dei vaidesi medievaii
Una sintesi del dibattito storiografico e un’apertura sulle nuove
frontiere della ricerca - I « nuovi apostoli » e l’identità cristiana
Con questo nuovo testo* Grado G. Merlo complete la sua ricerca su « Valdesi e valdismi medievali » presentandoci, per così
dire, la seconda puntata. La prima è stata pubblicata, sempre
dalla Claudiana, nel libro Valdesi e valdismi medievali. Itinerari
e proposte di ricerca.
Le tre parti in cui è composto
l’attuale testo, più l’appendice,
sono percorse da una serie di domande che nella loro formulazione riflettono da un lato la sintesi
del dibattito storiografico sui movimenti ereticali medievali e dall’altro si pongono come punto di
partenza per una nuova apertura
di studio storico. Bilancio e critica bibliografica, in altre parole,
servono a Merlo per meglio muoversi sulla frontiera dove vuol situarsi: l’approfondimento di quei
suoi valdismi e valdesi medievali
colti nel « fatto » e nella « coscienza del fatto », nell’« evento »
e nella rappresentazione dello
stesso da parte di chi lo ha vissuto o di chi lo ha sentito narrare.
Così, nell’introduzione, l’autore
ripropone l’annosa questione, non
soltanto propria ai medievisti,
del rapporto fra « frammento »
e « insieme », ossia fra particolare e generale nella ricostruzione
storica del passato.
Fra le maglie dei frammenti
una domanda non ha ancora avuto sufficienti spiegazioni: la religiosità critica che pervade costantemente i movimenti ereticali deirXI e XII secolo non basta a spiegare l’ostinata ed estrema coerenza del martirio di individui guidati soltanto da un imperativo etico-religioso come
quello di mantenersi fedeli alla
vita apostolica ed alla povertà
evangelica.
La prima parte, intitolata « Temi di ieri e di oggi », si compone
di due saggi aventi l’obiettivo di
fare il punto sulle ricerche sui
valdesi medievali e preriformati.
L’autore invita a non trascurare
le dimensioni culturali della vicenda dei barba, « una cultura timida e pratica » (p. 33), volte in
prevalenza alla cura pastorale.
Chiedendosi che eredità essi hanno lasciato, ai valdesi riformati,
egli afferma che i valdesi delle
omonime valli del Piemonte hanno assunto « una posizione egemone nella storiografia subordinando a sé ogni altra manifestazione valdese ». Non nacquero
cioè altre chiese valdesi in zone
in cui i valdesi erano consistenti
come l’area austro-tedesco-boema.
Parlando d’identità è inevitabile riferirsi agli studi di Gabriel
Audisio, sostenitore della « morte » dei valdesi con l’adesione alla Riforma. Merlo, tuttavia, in
im’accurata disamina ricorda come la tesi di Audisio in realtà
sostituisca un’ identità voluta
(chiamare i valdesi come si chiamavano loro secondo una delle
tante definizioni, cioè « Pauvres
de Lyon ») ad un’identità attribuita (quella di valdesi appunto)
data loro, come si sa, dai loro
avversari.
La seconda parte del libro tratta del movimento valdese fra XII
e XIII secolo con due saggi particolarmente interessanti. Il primo
sulla cultura religiosa dei primi
valdesi che nei primi quarant’anni della loro vicenda spirituale
intentano processi di imitazione
della cultura « alta » per impadronirsi di strumenti e ragionamenti utili alla controversia ed
alla difesa. Nel loro cercarsi continuo, credendosi i « nuovi apostoli », vivono più percorsi di definizione della loro identità cristiana e ciò spiega le loro divisioni e l’emergere e sparire delle
« misere donnicciuole che predicavano » cui è dedicato il secondo saggio di questa sezione.
La terza parte, infine, densa di
nuovi spunti storiografici e cautamente aperta alle suggestioni
antropologiche, meriterebbe di
essere approfondita e ripresa in
più aspetti. Ne citerò uno solo.
valde.si e vaìdisiiii medievali - Il
Identità
valdesi
nella storia
e nella storiografìa
grado g. merlo
Merlo, nel saggio A proposito del
valdismo alpino, si interroga sulle identità religiose tra le popolazioni delle Alpi occidentali; la
nascita di una mitica della tradizione apostolica non ebbe come
conseguenze l’immersione dell’eresia nel semplice patrimonio
folcloristico. La fede degli eretici, cioè, non appartenne alla cultura popolare tramandata dalla
societas alpina, ma restò sempre
scelta consapevole « tenuta in vita da individui reclutati all’interno del mondo montano e culturalmente preparati alla missione
apostolica » (p. 127).
Conclude il libro una approfondita recensione della « Storia
notturna, una decifrazione del
sabba » di Carlo Ginzburg, che
Merlo interroga dal punto di vista delle fonti usate e dal « senso » generale della storia ricostruita.
Bruna Peyrot
* Grado G. Merlo, Identità valdesi
nella storia e nella storiografia. Torino, Claudiana, 1991.
SEGNALAZIONE
Maria di Magdala
Riflessioni tra immaginazione e eredità, che non prescindono tuttavia dalla base del testo evangelico - Un libro accessibile a tutti
Molto è già stato scritto su
questa figura femminile che troviamo nei Vangeli, ma Maddalena Masutti ci presenta Maria
di Magdala al di fuori degli schemi tradizionali *.
Dairoriginalità del libro scaturisce un interessante intreccio di
rifiessioni tra immaginazione e
realtà che nulla tolgono al profondo contenuto storico-biblico
dei Vangeli, anzi: i motivi di amore e di dolore in tutta la vicenda
dell’« evento Cristo » con le donne e l’intera umanità affiorano
come linee magistralmente tracciate in modo che l’azione, l’arte
e il pensiero diventano le realizzazioni materializzate delle vibrazioni dell’animo umano.
« Gesù era libero e creatore di
libertà. Per poter comprendere
la sua eccezionalità bisogna sotsolineare che era un ebreo. E che
ci teneva ad essere ebreo. Si sentiva tale. Ma senza le ristrettezze
mentali dei suoi connazionali. A
dargli una precisa inconfondibilità era il suo particolare atteg
giamento nei confronti di Dio,
della donna, del peccato e della
tradizione» (p. 12).
Maria di Magdala continua;
« Io sono stata scelta da Cristo.
Il Vivente. Il coinvolgimento nel
mistero di Cristo è avvenuto a
forza d’animo. Nello slancio dello Spirito. In silenzi dettati da
pienezza. Nessuna meraviglia
che la mia vita di donna diventi trasparente. Gesù riusciva a
coscientizzare » (pp. 107-64-65).
Maddalena Masutti penetra
con passione neH’animo della
protagonista. La freschezza ed il
lirismo che caratterizzano lo stile
narrativo dell’autrice rendono il
libro avvincente, accessibile a tutti pur richiedendo ad ognuno attenzione e riflessione. A chi leggerà lasciamo il piacere di godere del suo contenuto. A Maria di
Magdala lasciamo ancora dire:
« Io so perché Cristo ha mandato
le donne ad annunciare agli uomini il messaggio pasquale. Contiene qualcosa che ad essi è sem
pre sfuggito. La storia sa che le
donrie hanno assaporato il dolore di una doppia morte: quella
del venerdì santo e l’altra lunga
duemila armi.
La chiesa, qualunque tipo di
chiesa, non potrà più non tenere conto della risurrezione delle
donne. Scendono il Calvario in
rnassa e non hanno più il timore
di non possedere la forza sufficiente per rovesciare la pietra.
Non vorrei che Gesù sparisse
dalla speranza delle donne affaticate e stanche di tutti i tempi.
Mi diano retta. Egli è venuto a
ricreare, tra le due metà del genere umano, Tavvicinamento, la
comprensione, Tarmonia ». (pp.
16-93-108).
E. G.
I lupi e i valori
Per una volta gli indiani sono i ’’buoni”; ma
non saranno in qualche modo strumentalizzati?
Ferito nella guerra tra nordisti e sudisti, un tenente di belle
speranze viene inviato (per sua
scelta) all’ultimo forte, la classica
« ultima frontiera », in prossimità
dei territori Sioux e di quelli della crudelissima tribù dei Pawnee.
E’ « alla ricerca di se stesso ».
Aspetta una guarnigione, che non
arriva; si sottrae alla sindrome
da Deserto dei tartari perché a
tenergli compagnia ci sono un lupo (giocando con il quale si farà
dare dai pellirosse l’appellativo
« Balla-coi-lupi ») e i primi, timidi
contatti con gli altri, vicini di casa decisamente inusuali. A poco a
poco inizia il dialogo, aiutato anche da una ragazza bianca ma
completamente integrata nella
tribù dopo il massacro della sua
famiglia di coloni. Naturalmente
si sposeranno (secondo il rito
Sioux), il tenente imparerà un po’
di lingua lakota, parteciperà alla
caccia al bisonte, fonte primaria
di approvvigionamento, sarà elemento decisivo (anche grazie ai
fucili della fortezza) nella battaglia contro i cattivissimi Pawnee..
Quando però si decide di spostare l’accampamento, per paura
di una nuova incursione, il soldato ritorna al forte e viene catturato dai rinforzi girmti solo allora. Rifiuta di tradire gli indiani,
è pronto per l’impiccagione per
diserzione, viene salvato dai pellirosse. Lascerà poi il loro villaggio per non esporli a rappresaglie.
La storia è bella, ancorché
scontata; fa giustizia della lunga
e squallida tradizione del western che dipingeva i pellirosse
come selvaggi a caccia di scalpi
(non commestibili, a differenza
dei bisonti) e via dicendo. Ma al
di là delle buone intenzioni il discorso politico (non c’è da aver
paura della parola) non regge,
per il buon motivo che le semplificazioni della realtà non hanno
mai giovato a nessuna, seppitr
nobilissima, causa.
Va bene che il cinema americano ha sulla coscienza centinaia
di western che trasudavano razzismo (quello più vero!), ma non
per questo si può far chiarezza
ribaltando semplicemente i termini della questione. Facendo
cioè dei soldati yankee dei torturatori e dei pellirosse (quelli
buoni, però) i depositari della
vera civiltà. Uno schematismo del
genere non convince, soprattutto
se è superficiale lo sguardo e l’attenzione per il contatto fra il tenente e gli indiani: ci sarà pur
stata qualche incomprensione, di
lingua, di cultural Si parla di
matrimonio, di lutto per la morte di un precedente marito della
ragazza... Niente: tutto ciò qhe
poteva lasciar supporre un confronto tra mentalità lontane e diverse viene passato in cavalleria
per giungere senza problema alla
linearità della vicenda. Non un
ufficiale USA che, per quanto
gretto potesse essere, si preoccupi di sapere perché mai un suo
tenente è passato dall’altra parte. Nessuno ha dubbi di sorta, nel
film.
E allora si scopre che la sua
ideologia è in realtà meno lontana di quel che sembri da quella
del western classico e del cinema
americano in genere (si pensi solo a Guerre stellari o anche a
ET)-, il mondo è diviso in due
schiere, si segnano sul registro di
classe i buoni e i cattivi senza vie
di mezzo, senza ambiguità (categoria pericolosa, da rifuggire). E
poi il tenente lo dice chiaramente nel suo diario: sono allegri,
attaccati alla famiglia, disponibili. Insomma i pellirosse, i vecchi nemici, sono i portatori dei
più autentici valori americani,
come l’età di Reagan ce li ha ricordati.
L’operazione è consistita nell’attribuirli agli indiani, riconoscendo che in fondo sono delle
brave persone. C’è un po’ di paternalismo, ma non è tutto: forse
c’è un’esigenza di riaffermare
questi valori di giustizia, di autenticità di vita, di lealtà e coraggio perché sono in crisi. O meglio, sempre sibandierati a gran
voce (ripensiamo alla guerra nel
Golfo), sono tuttavia dimenticati
da quella fetta tutt’altro che modesta di società che vive ai margini, tra delinquenza, disagio giovanile, nuove povertà, conflitti
etnici, disoccupazione. Non per
caso (forse per motivi inconsci)
la banda dei Pawnee, che uccide per rubare e per il gusto di
farlo, che infierisce gratuitamente, ha le stesse fattezze di una
banda di giovani punk metropolitani, i capelli ritti come i peli di
uno scopettino.
In tanti, in letteratura e nel cinema, hanno cercato l’autenticità
(perduta o, come in questo caso,
misconosciuta) nelle culture diverse, che paiono lontane. Ma, a
seconda dei casi, le descrivono di
per se stesse, lucidamente, spingendo poi chiunque a trarne le
conseguenze (avranno capito la
vita meglio di noi?). Oppure, se si
vuole mostrarne l’interazione con
« noi », occorre mettersi tutti in
questione. Pasolini cercò per molti anni la salvezza nella cultura
contadina, ma stava scomparendo, nel mito greco (Edipo re,
Medea), ma la distanza era troppa. Cercò autenticità nella burla
e nel vitalismo del Decameron,
nella sensualità orientale delle
Mille e una notte. Ma finì per
poi sconfessare questi film, e cercò un’impossibile spiegazione nel
sadismo allucinato delle 120 giornate di Sodoma. In questo modo,
se non altro, ammise la sconfitta.
Di questi tempi, in cui si parla
di dialogo tra culture, e si parlerà degli indiani nell’orgia celebrativa del ’92, Balla-coi-lupi parte
dalle premesse di un sincero desiderio di conoscenza àeW’altro,
e finisce per affermare se stesso.
Peccato, era una buona occasione.
Alberto Corsani
Appuntamenti
* Maddalena Masutti, Maria di
Magdala. Ed. Qualevila, pp. 119, L.
16.000.
(E possibile richiedere il libro direttamente a Maddalena Masutti, via Gemono, 9 - .33170 Pordenone).
Venerdì 3 maggio — TORINO: Alle
ore 20.45, nel salone di c.so Vittorio
23, Franco Giampiccoli e Tede Vetrai! (preside dell'Istituto di studi
ecumenici S. Bernardino di Venezia)
parleranno sul tema: « Prospettive dell'ecumenismo dopo l'Assemblea del
Consiglio ecumenico delle chiese di
Canberra ».
Sabato 4 maggio — MILANO: Alle
ore 17, presso la sala attigua alla libreria Claudiana, si tiene la seconda
conferenza sul tema: « Guerra giusta:
riflessioni sulla violenza e la guerra ”,
che sarà affrontato dal prof. Paolo Ricca dai punto di vista biblico-teologico.
Mercoledì 8 maggio — UDINE: Alle
ore 18.30. presso la chiesa metodista
(piazzale D'Annunzio 9) si tiene una
conferenza sul tema: « Quando le donne fanno teologia: l'esempio della teologia femminista ». Partecipa la pastora Erika Tomassone.
Giovedì 9 maggio — IVREA: Alle
ore 21, nei locali dell'oratorio S. Lorenzo, don Renzo Gamerro e il past.
Gianni Genre parlano sul tema: « Cristiani perché? Le ragioni di una fede
negli anni '90 ».
Domenica 19 maggio — ROMA: Il
SAE organizza l'ultimo incontro della
serie « La "nuova" Europa: compito
ecumenico ». Alle ore 16, presso le
suore missionarie francescane di Maria (v. Giusti 12), il prof. Luigi Sartori ne svolgerà una lettura cattolica.
3
3 maggio 1991
vita delle chiese
3
TORINO
CORRISPONDENZE
Domenica della Facoltà: La casa di Abramo
un dialogo con le chiese
Un professore e due studenti in visita alle comunità - Domande e
interesse per la formazione teologica in vista della predicazione
La Domenica della Facoltà non
è un rito abitudinario. Le chiese
valdesi, battiste e metodiste si
rendono sempre maggiormente
conto della presenza ed efficacia
della Facoltà: nella Roma tumultuosa di oggi, fra i numerosi
centri culturali, politici, religiosi
gli evangelici non sono muti, ma
ripensano e comunicano i loro
problemi e le loro « soluzioni »
anche per mezzo della voce di
piazza Oavour - via Pietro Cossa.
In Piemonte professori e stu- '
denti si sono divisi una presenza
diventata « dialogo » con le comunità. A Torino la «porzione»
è stata divisa fra il prof. Daniele
Garrone e gli studenti Massimo
Marottoli e Gabriella Lettini.
Daniele Garrone, che a Torino
è sempre l’amato scolaro della
Comunità ebraica (dove fu iniziato alla conoscenza dell’ebraico), ha presentato il tema La Riforma protestante e gli ebrei. Il
XVI secolo non fu migliore di altri secoli: le condizioni non furono migliori sul piano della tolleranza. I pogrom polacchi e russi, i ghetti restrinsero la zona
libera per gli ebrei. Gli scritti di
Lutero non brillano per tolleranza. Ma non mancano neanche alcune linee che rimproverano ai
« figli dei Gentili » la mancanza
delTamore predicato e non attuato verso i figli d’Israele. Se i Gentili di Alessandria, Antiochia, Roma non avessero incontrato degli
ebrei aperti verso il mondo di
quell’epoca, pochi ebrei sarebbe
ro diventati cristiani e i « pagani » non avrebbero sentito la
gioia di diventare seguaci di Gesù, « rabbino ebreo ».
Garrone ha anche presentato ai
predicatori locali ed amici di Torino, Ivrea, Aosta il libro da lui
tradotto, e pubblicato dalla Claudiana, di Rolf Rendtorff (Introduzione all'Antico Testamento).
Libro importante, utile per pastori e laici; interessante la panoramica teologica fra i vari studi,
da Wellhausen a Gunkel-Begrich,
da Adolfo Lods a Wilhelm Vischer, dalla Chiesa confes.sante ad
oggi, da Giovanni Miegge a Alberto Soggin (magistrali opere
sulla Storia d’Israele e l’Introduzione all’Antico Testamento
pubblicate da Paideia) fino alle
pubblicazioni degli studiosi della scuola di Gerusalemme, fino
alle innumerevoli traduzioni dell’A.T. in lingue moderne. Dopo
la presentazione e la discussione,
Garrone ha presieduto i culti domenicali ad Ivrea e Biella.
A Torino, corso Vittorio, abbiamo partecipato al culto con Santa Cena presieduto da Massimo
Marottoli, membro delle chiese
di Foggia e Orsara di Puglia,
nella nostra assemblea, formata
da un quarto di giovani e poi
da italiani, brasiliani, pugliesi, Marottoli ha portato l’annunzio del « mandorlo in fiore »:
senza saperlo egli ha evocato la
passione di Giuseppe Castiglione
per Cerignola, di Antonio Curdo
per Orsara, di Laurora per Bari.
Gabriella Lettini ha predicato
in casa, cioè in corso Principe
Oddone. Dopo l’agape abbiamo
avuto, nella sala di via Pio V,
un dibattito sul profilo dei pastori, come attualmente si auspicano nelle chiese. Domande: perché
siete andati in Facoltà? La vostra preparazione è teorica? La
teologia pratica è praticata? Quali ambienti culturali frequentate?
Quali relazioni avete con piazza
Cavour, via IV Novembre, via XX
Settembre, con le comunità battiste, con 1 centri ebraici, con gli
ambienti giovanili, con le scuole
domenicali? Andate in p.za San
Pietro a sentire il papa? Partecipate a ’’Confronti” e al lavoro
televisivo per ’’Protestantesimo”?
Il pastore Bernardini frena l’ondata delle domande ricordando le
direttive di Subilia: Siete qui per
studiare, leggere oggi e scrivere
domani! Domande e risposte
sono indicative delle richieste
esplicite ed implicite per studenti e professori: la loro voce è
ascoltata, il loro ’’ruolo” è sentito, le loro difficoltà espressive
in una Roma, tumultuosa arena
di correnti culturali, religiose, filosofiche e politiche non sono
ignorate. Sapendo che una testimonianza evangelica non è facile
né inutile in questa nostra travagliata Italia, le comunità pensano
a voi con preghiera di intercessione, perché il seme sia gettato
nel campo e vi porti frutti di
ravvedimento e di speranza.
Carlo Gay
VILLA SAN SEBASTIANO
Fiduciosa nella promessa:
Dusolina Antonelli
La sera del 10 marzo una telefonata di mia sorella mi dà una
brutta notizia: è morta la nostra
cara amica Dusolina Antonelli.
Se n'è andata in fretta, in silenzio, con pochi giorni di malattia,
senza poter ricevere una visita
da chi Tha amata e stimata
tanto.
Ed ecco nella mia mente, come
in un film, le tappe a me note
della sua vita: era nata a Villa
Giovedì 2 maggio
□ COLLETTIVO BIBLICO
ECUMENICO
TORRE PELLICE — Il gruppo si ritrova alle ore 21, presso il Centro
d'incontro, per proseguire lo studio
dell’epistola ai Calati.
~ Domenica 12 maggio ~
□ DIPARTIMENTO
DIACONALE
TORRE PELLICE — Presso la Comunità alloggio di via Angrogna si tiene un convegno dal titolo: “ Quale testimonianza rendono le nostre opere? ■>.
Alle ore 9: interventi di Bruna Peyrot
6 Elio Canale. Ore 10, culto nella cappella degli Appiotti, a cui segue la
proiezione del video - Strane realtà »
6 la visita all’Istituto. Ore 12.30, pranzo in Foresteria. Nel pomeriggio (ore
14.15) interventi di Sergio Catania e
Sergio Ribet, lavoro in gruppi e conclusioni. Informazioni: Vito GardioI
(tei. 93108).
San Sebastiano nel 1915, viveva
in una casetta in montagna che
a noi, sue allieve, sembrava una
casina di fate tanto era ben messa, linda, graziosa.
Ancora fanciulla era stata 'vittima di un incidente nel mulino
del paese, che le costò la perdita
di una gamba. Nel 1930 fu tra i
primi ad accogliere il messaggio
della Buona Novella. La ricordo
all’asilo della nostra chiesa di Villa, il primo asilo nel paese: era
dolce nel parlare, nello spronarci
e nel dissuaderci. E’ stata lei a
parlarci per la prima volta di
Gesù, ad insegnarci i canti dei
fanciulli, il Salmo 23; è stata lei
che ci ha raccontato le prime favole, che ci ha insegnato tanti
giochi, che ci ha insegnato a parlare in italiano. Il locale dell’asilo
era un garage nel retro della
chiesa, con pochi banchi e una
scansia per mettere i cestini. Al
pomeriggio Dusolina ci accompagnava a dormire nella « sacrestia » del tempio, allora chiuso
dal fascismo. Mentre lo attraversavamo ci faceva cantare: « Questo giovane drappello / o Signore
è sacro a te. / Siam tuoi figli al
primo appello / muoveremo dolce il piè. / E su fratelli avanti
avanti! / Viva Cristo e l’Evangel! ».
Tutti i bambini la chiamavano
« signori ».
Purtroppo, per motivi familiari, lasciò Villa e i suoi bambini
che stavano crescendo; ricordo
qualche nome: Filippo, Maria,
Qsiria, Rosina, Irlanda, Raimondo...
Impegni vari la trattennero m
città, a Roma, dove non smi
se di celebrare e servire l’Eterno
inserendosi nella comunità di via
Firenze. Qgni estate ritornava qui
a Villa, rallegrandoci con le sue
visite. Ci raccontava delle sue difficoltà, sia familiari che sociali:
non si era mai scoraggiata, certa
che la giustizia doveva trionfare;
fidava nel suo Dio, e riuscì a
ottenere delle agevolazioni, potendo così condurre una vita soddisfacente.
Le feci Tultima visita circa 10
anni fa; la sua casa di Roma rispecchiava il suo carattere, e un
arazzo ricamato a mano portava
la scritta: « Io e la mia casa serviremo l’Eterno ».
Sì, veramente lei ha servito
l’Eterno: amando pur non essendo amata, sorridendo pur avendo
motivo di piangere, aiutando gli
altri pur avendo lei bisogno d’aiuto.
Il suo amore per la vita e la
sua fede in Dio le diedero la forza di avere un figlio: Franchino,
come lo chiamava lei, che le ha
dato tutta la sua dedizione per la
vita.
Avevo sentito Tultima volta la
sua voce a Natale. Alla mia cartolina d’auguri su cui era scritto:
« Chi confida nel Signore, non sarà confuso » rispose che era vero,
che il Signore Taveva sempre aiutata e sorretta; ora poi aveva
anche un nipotino.
Penso che lei viva in tutti
quelli che Tbanno conosciuta, e
sono stata felice di averla potuta
aiutare nei momenti di difficoltà
« Q Eterno, rendi salda l’opera
delle sue mani ».
Osiria Valente
IVREA — L’Associazione ’’Casa di Abramo”, nata per iniziativa delle Chiese dei Fratelli di
Ivrea e Chiaverano, della Chiesa valdese, della Chiesa cattolica
e della Comunità ebraica, sta
prendendo forma e diventerà
quanto prima una realtà. Essa ha
10 scopo di offrire un luogo di
prima accoglienza in Ivrea agli
extracomunitari. L’impegno sarà
certamente importante, sia in
termini di tempo che di finanze,
ma confidiamo nell’aiuto del Signore, certi che egli ci aiuterà
ad affrontare più serenamente
ogni problema per l’accoglienza e
l’aiuto a questi nostri fratelli.
• Alcune persone della comunità hanno attivamente partecipato al coordinamento cittadino
contro la guerra che si è riunito
regolarmente tutti i giorni fino
alla fine del conflitto armato nel
Golfo. Sono state organizzate
diverse iniziative, fra le quali
l’appuntamento settimanale delle
’’donne in nero” per un’ora cE silenzio in piazza del Municipio.
Dopo la fine dei combattimenti il
coordinamento ha deciso di proseguire la sua attività suddividendosi in gruppi di lavoro ; educazione alla pace, produzione e
commercio delle armi, problemi
specifici del Medio Oriente e iniziative concrete per aiuti alle popolazioni colpite dalla guerra.
Sabato 20 aprile è iniziata la
raccolta di denaro con un banco nella piazza del Municipio e
11 canale scelto per l’invio delle
somme raccolte è quello proposto dal CEO.
• Domenica 19 maggio la comunità di Frali visiterà la nostra comunità. In occasione del
XVII febbraio, la corale di Ivrea
e diversi fratelli e sorelle di Biella hanno avuto la gioia di trascorrere il fine settimana ad Agape, a Frali, partecipando ai falò,
al culto e al pranzo comunitario.
Questa visita sarà un’ulteriore
occasione per incontrarsi, conoscersi e ringraziare ancora per
l’ospitalità ricevuta.
Giustizia di Dio
e giustizia umana
LA SPEZIA — Venerdì 12 aprile si è svolta, per iniziativa del
collettivo della Chiesa metodista
di La Spezia, la conferenza dibattito sul tema « Giustizia di
Dio e giustizia umana», relatore
il pastore Franco Becchino, magistrato.
Alla domanda di fondo : « Esiste incompatibilità tra la professione di fede cristiana e la giustizia umana? » il conferenziere
ha risposto con una serie di
« pensieri sparsi », avvincendo
Tuditorio per la profondità e la
problematicità delle sue riflessioni, testimonianza di una concreta esperienza di fede e di impegno nel mondo.
Rifacendosi prima alla posizione degli antichi valdesi e a
quella degli anabattisti poi, per
i quali non era possibile conciliare la professione di fede cristiana con quella di magistrato,
il relatore ha fatto luce sulla
posizione attuale del credente riformato, per il quale lo stato,
che rappresenta l’ordine giuridico, è un dono di Dio verso la
realtà umana in peccato. Se lo
stato adempie il suo compito, il
credente non può non rispettare
la sua autorità (1” Timoteo). Secondo Geremia 29, poi, il credente è invitato a partecipare al
buon funzionamento dello stato
e ad impegnarsi attivamente nella società civile.
Sempre richiamandosi alle
Scritture (Apocalisse 13), se lo
stato diventa tiranno, per il credente si pone, invece, la necessità della resistenza, della lotta
contro lo stato ingiusto. In questa linea è possibile quindi dare
una risposta positiva alla domanda iniziale nella prospettiva,
indicata dalle Scritture e dai nostri padri riformati, della giustificazione per fede mediante la
grazia.
Il relatore è poi passato ad esaminare la giustizia di Dio che, rispetto a quella umana, è completamente ’’altra”.
Per l’apostolo Paolo la giustizia di Dio è la croce, la grazia
di Dio, la giustificazione che Dio
fa al peccatore. E’ una giustizia,
quindi, non afflittiva che tende a
trasformare l’uomo, a cambiarlo,
a salvarlo. Se la giustizia umana
punisce il malvagio, quella divina
salva l’uomo, è liberatrice.
E’ comunque individuabile la
possibilità per la giustizia umana
di ispirarsi a quella divina. Pur
nella sua laicità, infatti, la giustizia dell’uomo può mirare a salvare l’uomo stesso per ciò che
concerne la rieducazione del condannato (vedi art. 27 della Costituzione) e per ciò che riguarda
la non adozione della pena di
morte per la quale il pastore
Becchino, in quanto magistrato e
credente, ha espresso la propria
piena condanna.
Domenica
della Facoltà
FELONICA PO — Grande festa il 7 aprile, domenica della
Facoltà di teologia. Un folto
gruppo di fratelli e sorelle delle Chiese battiste, valdesi e metodiste di Firenze è giunto, nella prima mattinata, in visita alla nostra comunità. Con loro
erano i pastori Gino Conte e
Luigi Santini.
Alle 10.30 si è svolto il culto
con Santa Cena, presieduto dal
past. Gino Conte, il quale si è
ampiamente intrattenuto sull’importanza dello studio della teologia e sulla necessità che le comunità sostengano, anche finanziariamente, gli sforzi di chi intraprende gli studi pastorali.
Al termine il past. Santini, rivolgendo il proprio saluto, ha
manifestato la propria gioia e
il proprio ringraziamento al Signore per essere di nuovo tra i
felonichesi. Ha manifestato il
proprio affetto donando alla comunità una raccolta, in fotocopia, di documenti d’archivio della Tavola, che vanno dagli inizi
del 1900 fino al 1935.
Ringraziamo il past. Santini
per questo dono prezioso e desideriamo ringraziare la sig.ra
Santini, il past. Gino Conte e tutti i fratelli di Firenze perché
con la loro presenza hanno allietato la nostra giornata comunitaria che è proseguita con una
agape fraterna e con una visita
alle località vicine e in particolare alla « Rocca possente » di
Stellata di Bondeno.
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3 maggio 1991
L’INVITO DI CRISTO ALLA SUA MENSA: QUALI INTERPRETAZIONI?
Riscopriamo la Cena del Signore
La Cena del Signore, o Santa Cena
— che la si chiami « messa », « mistero », «eucaristia » o « comunione »
— è qualcosa di buono e grande, di
semplice e profondo, di commovente
e concreto. Cristo ci invita alla sua
mensa; noi siamo ospiti del Crocifisso, che ha promesso di ritornare.
Ma di questo invito, e della Cena
stessa, che cosa ne abbiamo fatto?
Voglio indicare soltanto quattro
esempi per dimostrare che il meglio
è stato abbandonato alla corruzione.
Molto spesso la Cena è rattristata
da un’atmosfera cupa e deprimente.
L'orribile morte di Cristo, il fardello
della nostra miseria e del peccato
personale e collettivo del mondo intero rendono timorosi gli ospiti del
Signore. E' anche vero che costoro
sono confortati dal fatto di essere accettati da Cristo, gioiscono nel ricevere il perdono e di poter andare in
pace. E tuttavia si crea spesso l'impressione che, in quel momento, vengano ricercate, comunicate e realmente vissute soltanto la salvezza individuale e la soddisfazione personale.
Quando e dove il pasto di comunione è ancora un atto e un esempio di
condivisione, d'attenzione e d'amore
reciproci? La gioia si esprime forse
sempre alla presenza di partecipanti
diversi da noi, fossero anche stranieri e oppressi? Sembra che le
preoccupazioni religiose per se stessi
e l'egoismo abbiamo avuto la meglio.
Tutto questo contraddice l’essenza
della Cena. Quanto è diverso il ruolo
dell'eucaristia nelle cosiddette comunità di base deU’America Latina! Qui
l’inclusione e la partecipazione, la sopravvivenza e la dignità dei più poveri fra i poveri diventano il nucleo
irradiante e modellano la forma della Cena.
Per descrivere il mistero della Cena del Signore è stato costruito un
linguaggio specifico, un linguaggio che è certamente erudito, profondo, misterioso, ma difficilmente chiaro e persuasivo. La Bibbia stessa non
parla mai di sacramento, transustanziazione, consustanziazione, transfunzionalizzazione, transignifìcazione, o
simbolo (un segno che indica quello
che realizza e realizza quello che indica. È indubbio che il discorso del
sub una, sub utraque (specie), o sulla concomitanza, non è affatto ben
conosciuto. La Cena è stata avvolta
in una cortina di fumo da un linguaggio teologico molto difficile.
Questo linguaggio ingombrante ha
certo a che fare con le domande
Tra le questioni che dividono la cristianità, la Santa Cena è certamente la più drammatica e la più vistosa: il moimento che dovrebbe
esprimere la « comunione » dei cristiani mette invece in evidenza una
spaccatura che sembra insanabile. Il movimento ecumenico trova qui un
limite esiziale per il suo futuro.
In questa pagina riprendiamo parte dell’introduzione di un’opera di
Markus Barth, professore emerito di Nuovo Testamento, pubblicata recentemente in italiano per i tipi della Claudiana di Torino. Ne consigliamo vivamente la lettura a quanti vogliano approfondire l’argomento.
(red.)
Strane e curiose che sono state poste
in riferimento alla Cena del Signore.
Quando uno rivolge una domanda
sbagliata, è molto probabile che riceva una risposta altrettanto sbagliata.
L’attenzione della discussione sulla
Cena del Signore è stata focalizzata
sulle interrelazioni fra spirito e materia, eternità e tempo, visibile e invisibile; e sono stati creati una serie di
concetti, come « segno efficace », per
colmare la lacuna. Sembra tuttavia
che la domanda se queste argomentazioni filosofiche costituiscano veramente il cuore di ciò che la Bibbia ci
dice sulla Cena del Signore non sia
stata ponderata a sufficienza. Persone teologicamente poco preparate
ben difficilmente riescono a capire
l'argomento che gli studiosi discutono fra di loro, stancamente o con
passione. Alcune loro dispute riguardanti la Cena del Signore sono così
ambigue e impenetrabili da non avere alcun collegamento con la vita e le
necessità di una comunità. È proprio
impossibile andare oltre il linguaggio tradizionale e riempire il vuoto
comunicativo, in modo che ognuno
possa comprendere e gioire di quello che gli esegeti e i teologi sistematici stanno discutendo?
E’ uno scandalo pubblico che molte comunità cristiane strumentalizzino la dottrina e la celebrazione della Cena come mezzo di scomunica.
Questo scandalo dura tuttora, anche
se pastori e sacerdoti, gruppi studenteschi e studiosi, diaconi e i cosiddetti laici hanno fatto dei passi coraggiosi e rischiosi per raddrizzare
questa situazione in molti paesi, specialmente nel contesto delle comunità locali. Ma quanto spesso la funzione dell’eucaristia è stata ed è quella
di separare, di dividere, alla stessa
stregua delle varie concezioni del ministero, inclusa la posizione vaticana
riguardo al papato!
Qualcosa di ben altro dall’indiscutibile diversità o pluralità d’impostazioni bibliche sulla Santa Cena ha
causato fatali e sgradevoli lacerazioni. Alla radice delle divisioni si trova
Markus Barth
Riscopriamo
la Cena
del Signore
PICCOUX COLLANA MODERNA □ EDITRICE CLAUDIANA
•■««««« SERIE 6IBUCA □ NUMERO 64
NOVITÀ’
Riscopriamo la
Cena del Signore
La mia speranza è che questo libro
possa contribuire ad eliminare o a ridurre dispute e divisioni ormai invecchiate e superate sulla Cena, alla quale
Gesù Cristo invita i peccatori quali appunto noi siamo.
Markus Barth
Claudiana editrice - Via Principe Tommaso 1 - 10125 Torino, 1990, p. 144,
lire 15.000.
no l'influenza della filosofia dualistica greca, l’adozione consapevole o
inconsapevole di elementi delle antiche religioni dei misteri e gli adattamenti al pensiero giuridico romano
e alle istituzioni politiche. Il contrasto fra spirito e materia, clero e laicato, sacro e profano, esperienza religiosa e condotta di vita quotidiana,
anche i vari significati inerenti alla
parola simbolo e il potere attribuito
a formule correttamente pronunciate — sono tutti elementi che hanno
rivestito o persino preso il posto del
contenuto e delle intenzioni delle indicazioni bibliche sulla Cena del Signore. Nella Bibbia quello che conta
sopra ogni altra cosa è il ringraziamento rivolto a Dio, l’amore fra sorelle e fratelli e la comune testimonianza alla riconciliazione e alla pace
per tutto il mondo.
Lo studio storico-critico può e deve aiutarci a superare il vicolo cieco
nel quale ci troviamo quando celebriamo la Cena del Signore e ne parliamo nei gruppi di studio biblico.
Un attento studio di quello che la
Cena del Signore voleva essere e di
quello che è diventata, dopo vari sviluppi, potrebbe contribuire alla ricerca dell’unità fra chiese divise.
D’altra parte questa unità è stata
spesso cercata non tanto nella fedeltà alla Bibbia, quanto in compromessi a buon mercato fra liturgie e
teologie. E’ sicuro che negli incontri e negli scritti di esegeti cattolicoromani, ortodossi orientali, protestanti e rappresentanti di chiese libere si realizza spesso un’unità sorprendente. In qualche raro caso questa unità include la disponibilità a
riconoscere e ad ammettere errori ed
abusi sanzionati da tempo. Quel che
segue è un elenco dei cosiddetti risultati degli sforzi di studiosi odierni
(che dobbiamo sottoporre a critica).
1) La forma più antica della Cena del Signore non ci è nota. Né il resoconto di Paolo e/o di Luca, né
quello di Marco e/o di Matteo dell’ultima cena di Gesù sono in grado d’imporsi come testimonianza storica priva di ambiguità. Nessuno quindi può
pretendere di possedere la liturgia,
l’interpretazione e l’applicazione originali della Cena.
2) Il contesto pasquale dell’istituzione della Cena del Signore, che
Marco, Matteo e Luca sottolineano
unanimemente, è storicamente incerto e teologicamente irrilevante.
3) La parola di Gesù sul calice
viene ritenuta un’aggiunta posteriore
fatta dalla chiesa primitiva. L’unico
commento autentico è la dichiarazione sul pane, per il quale Gesù ringrazia Dio, spezza e distribuisce.
4) Alcuni antichi manoscritti del
Vangelo di Luca non contengono né
le parole « spezzato per voi », né il riferimento di Gesù al sangue versato
per concludere il nuovo Patto; il sangue non viene neppure menzionato.
Il cosiddetto « testo breve » di Luca
termina con la parola pane, in Le. 22:
19, con l’omissione del v. 20. Così
nessuna accentuazione particolare
viene posta sul carattere sacrificale
della morte di Gesù o sullo spargimento del suo sangue. D’altra parte,
il testo lucano più breve — come pure il ben più lungo testo completo
dell’ultima cena di Gesù (Luca 22:
14-38) — si armonizza felicemente
con il racconto della lavanda dei piedi ai discepoli e con i discorsi, che
nel Vangelo di Giovanni costituiscono il culmine dell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. In Le. 22:
14-38; Giov. 13: 1-20; ed anche in
Giov. 13: 21 - 17: 26, comunità, umiltà, servizio reciproco e missione hanno rilevanza centrale. Tuttavia forse
la maggioranza degli esegeti storicocritici rifiuta la priorità e la possibile autenticità del « testo breve » lucano. Si tende piuttosto a credere
che sia avvenuta un’omissione nel
corso della trasmissione del testo lucano dell’istituzione della Cena.
5) C’è un accordo crescente fra
cattolici e protestanti sul fatto che le
« sostanze » del pane e del vino non
subiscano alcuna trasformazione nel
corso della liturgia. La dottrina della
« transustanziazione » materiale viene sempre più spesso considerata
una seria e pia aggiunta al significato
originale, storico e teologico, dei testi eucaristici della Bibbia. Era luterani e cattolico-romani non trova più
il minimo consenso la tesi che un’interpretazione attenta e letterale, che
utilizzi i moderni strumenti dell’esegesi, debba condurre alla conclusione
che il Nuovo Testamento insegni la
« transustanziazione », o almeno la
« consustanziazione », cioè una nuova composizione degli elementi consumati da coloro che partecipano alla Cena \
6) Si accetta pure, di solito, che i
testi del Nuovo Testamento che presentano l’ultima cena di Gesù non
costituiscano più l’unica base, fonte
e criterio biblici per una corretta
comprensione e celebrazione della
Cena del Signore. Un’importanza
quasi pari viene ora attribuita ai racconti e ai detti che riguardano la comunione di mensa di Gesù, sia con i
peccatori, sia con i farisei; ai racconti di moltiplicazione dei pani; alle
parabole che parlano dei conviti e
al ruolo dei pasti in alcune parabole;
alla comunione di mensa che Gesù
ebbe con i suoi discepoli dopo la sua
risurrezione (i cosiddetti pasti postpasquali); e alle promesse che si riferiscono al banchetto celeste e alla
gioia che ci sarà nel « seno » di
Abramo (Le. 16: 22).
7) Infine, per quanto non si voglia affatto negare che la Cena del Signore, cosi come viene presentata nel
Nuovo Testamento, abbia implicazioni etiche (per una vita di servizio,
d’amore e di missione), gli studiosi
rifuggono dal descrivere l’essenza, il
significato e la funzione della Cena
del . Signore unicamente come un
« dato etico ».
Markus Barth
^ La « consustanziazione » luterana (ma
il termine non è di Lutero!) non postula
una trasformazione miracolosa della sostanza del pane e del vino (transustanziazione) — come nella teologia cattolico-romana — ma una misteriosa compresenza
del vero corpo e sangue di Cristo « in, con
e sotto » le specie. La constatazione delr« accordo crescente tra cattolici e protestanti » è valida limitatamente alla cerchia
esclusiva dei teologi specialisti. Per i « non
addetti » resta in pieno vigore l’ostacolo
costituito dalle chiarissime norme del Concilio di Trento (Sessione XIII. Decretum
de S.S. Eucharistia), mai dichiarate decadute {N.d.E.).
5
w
3 maggio 1991
obiettivo aperto 5
UN TEMA CHE LE CHIESE NON POSSONO IGNORARE
La povertà nel mondo
Riflettere seriamente sul tema della povertà spaventa chiunque, oggi. Non soltanto per
la complessità incredibile del problema che investe la dimensione economica, culturale, politica e religiosa della nostra vita personale e
collettiva, ma per il semplice fatto che molti di
noi, ormai, sanno bene che la nostra ricchezza
— almeno in quanto appartenenti ad un paese
occidentale fra i più industrializzati — nasconde e si mantiene sullo sfruttamento e sulla miseria di milioni di altri esseri umani che hanno
avuto la sfortuna di nascere in un altro angolo
della terra. Tutti possiamo accorgerci senza difficoltà del carattere demoniaco di un sistema di
vita che è ormai in piena crisi anche nel nostro
paese e che relega in uno stato di povertà non
solo economica frange sempre più consistenti di
popolazione. I segni devastanti di questo profondo malessere sono sotto gli occhi di tutti.
Anche le nostre chiese, in questi ultimi anni,
soprattutto in collegamento al dibattito ecumenico su « pace, giustizia e integrità del creato », hanno cercato di iniziare una riflessione su
questo problema, che interroga non solo la nostra coscienza di esseri umani ma investe e
mette in discussione la confessione stessa della
nostra fede in Gesù Cristo.
In questa pagina riassumiamo un’analisi
sulla povertà nel mondo di Bob Goudzwaard,
professore di economia ad Amsterdam, presentata al Comitato centrale del GEO del 1989 a
Mosca, affiancandola ad una riflessione biblica
singolare ed acuta del past. Eugenio Rivoir.
Guardiamo anzitutto ad alcuni dati di fatto. Attorno al 1967,
nei paesi non socialisti del mondo, il 40% più povero della popolazione usufruiva soltanto del
2,9 del reddito totale: pochissimo. Ma nel 1978, dopo un periodo di notevole crescita economica un po’ dovunque nel
mondo, questa piccola quota della parte di popolazione più povera era scesa al 2,1. Questa tendenza ad un sempre maggiore
impoverimento non solo è continuata negli anni ’80, ma si è
trasformata in un declino assoluto.
Il rapporto 1988 della Banca
mondiale ci dice, per esempio,
che nei paesi dell’Africa subsahariana il reddito pro capite
è sceso dal 1980 di oltre il 10%;
stessa situazione per l’America
Latina, con punte fino al 50%
per il Messico. La tendenza opposta si verifica invece nei paesi ricchi, tranne che per le fasce di popolazione con il reddito più basso.
Dal 1982, la direzione del busso di capitale fra Nord e Sud
del mondo si è rovesciata: questo significa che le nazioni povere oggi alimentano con il loro sangue il sovrasviluppo delle nazioni ricche.
L’illusione
degli anni '70
E’ urgente capire come questo sia avvenuto, perché solo se
conosciamo i motivi di questo
male possiamo combatterlo. Negli anni ’70 l’opinione prevalente, fra gli accademici e i politici occidentali, era che la povertà nel mondo si sarebbe dissolta in una o due decadi. Si
credeva che lo sviluppo, accompagnato da una più equa distribuzione delle ricchezze, dipendesse alla fine semplicemente da
un aumento della produzione e
della produttività e che quest’ultima dipendesse dal giusto inserimento dei quattro fattori che
creano la produzione: il lavoro,
la natura, il capitale e la gestione (management). La conclusione del ragionamento era chiara: se il denaro disponibile era
sufficiente — sia attraverso i
propri risparmi, sia attraverso i
prestiti da altri — e se potevano essere mobilitate sufficienti risorse umane e materiali, allora il libero mercato avrebbe
fatto il resto. La gestione moderna avrebbe poi creato un reddito maggiore sia per i lavoratori, sia per i padroni del capitale, e di conseguenza per la
società nel suo complesso. La
povertà sarebbe inevitabilmente
diminuita. Ancora oggi rnolti
economisti e molti politici la
pensano in questo modo: questo significa che, secondo loro,
la crescita della povertà è avvenuta soltanto perché almeno
una delle tre condizioni non è
stata onorata: la condizione di
avere abbastanza denaro, o
quella di mobilitare sufficienti risorse, o quella di creare i mercati liberi. Ma è certo invece
che negli anni ’70 il denaro sovrabbondava, e nemmeno c’è
stata una carenza di risorse o
di possibilità di libero mercato
e di gestione manageriale. Ci sono invece sempre più indicazioni concrete che ci portano nella direzione opposta.
Il privilegio delle
’’valute chiave”
Cominciamo dal denaro. Il
modo in cui il denaro viene
creato oggi è una delle cause
maggiori della crescente povertà
del mondo. Si tratta del privilegio dei paesi con le cosiddette « valute chiave », come gli
Stati Uniti, la cui valuta è usata dovunque per le transazioni
internazionali. Grazie a questa
situazione, questi paesi possono
mantenere un debito incredibile
sulla propria bilancia dei pagamenti. sapendo che il resto del
mondo continuerà ad accettare
queste valute stampate a basso
costo come un modo per finanziare quel deficit. Si può dire,
con Robert TrifiBn, che il più
capitalista ed il più ricco di tutti i paesi del mondo è attualmente finanziato dai paesi poveri attraverso il modo in cui il
denaro internazionale viene oggi creato. E questo spiega anche la crescita enorme del debito dei paesi del Terzo Mondo.
I paesi ricchi, attraverso la creazione delle « valute chiave », possono creare per sé, praticamente senza costi, ciò che i paesi
poveri devono prendere in prestito ad un costo reale: quello
degli interessi e dell’ammortamentc. Per fare un esempio: durante gli anni del prezzo più alto dell’energia i paesi poveri dovevano contrarre debiti, mentre
i paesi ricchi potevano semplicemente creare il proprio denaro.
Mobilitazione
delle risorse
Passiamo alla seconda condizione, la mobilitazione delle risorse. Qui non si è capito che
la modernizzazione delle risorse
produce sempre effetti profondi
sull’economia tradizionale. Molta gente, nel processo di modernizzazione, perde il proprio appezzamento di terra e il proprio lavoro. E questa gente raramente riesce in un secondo
tempo a godere dei benefici di
questo processo di modernizzazione; non c’è per loro alcun tipo di compensazione. Sono persone doppiamente spogliate: si
tratta dei disoccupati senza terra, dei rifugiati ambientali, dei
bambini cresciuti nelle strade
senza educazione e così via.
Mercato, prezzi,
potere d’acquisto
Passiamo alla terza condizione,
quella del mercato libero. Qui
bisogna subito dire che qualsiasi mercato porta con sé almeno
due limitazioni. La prima è che
nessun mercato riconosce valore
a ciò che non ha prezzo. La se
riconoscere i bisogni umani dove non c’è potere d’acquisto. Il
concetto di mercato si basa infatti sull’incontro fra domanda
ed offerta in termini di denaro.
Ma se si dimenticano questi due
limiti fondamentali di ogni mercato, possono accadere cose orrende. Basta pensare alle necessità di tutte quelle persone chesono così povere da non avere
alcun potere d’acquisto e alle
tante cose della vita estremamente preziose, come l’amore e
la salute, che non hanno alcun
valore di mercato perché non
hanno prezzo.
Nella situazione di oggi, dove
la modernizzazione attraverso il
mercato è diventata la formula
del successo, le cose più preziose della vita sono considerate
come se avessero un valore puramente strumentale con un
prezzo nullo.
La necessità
dell’autoesame
Se queste sono le condizioni,
non possiamo evitare un certo
tipo di autoesame, prima di capire com’è possibile combattere
la crescita della povertà. Hannah Arendt, la grande filosofa
ebraica, spiega nel suo libro sulla condizione umana che ci sono almeno tre elementi essenziali per ogni vita umana. Il primo è il nostro legame con la
natura: tutti noi abbiamo un
corpo, tutti abbiamo bisogno di
cibo. Il secondo è il nostro legame sociale con le altre persone: senza gli altri nessuna
umanità può esistere. E la terza condizione è il nostro legame temporale: tutti nasciamo,
cresciamo, raggiungiamo la maturità e moriamo. La Arendt denunzia il fatto che nella cultura moderna questi tre caratteri essenziali della condizione
umana sono considerati ostacoli
che vanno superati per raggiungere i nostri scopi produttivi. In
questo modo sorge una cultura
che, con le sue istituzioni, vuole superare i nostri limiti naturali, le nostre dipendenze sociali e la mancanza di sicurezza e
di durata della nostra vita. Tutte queste cose vengono tradotte
da noi in bisogni economici per
il cui raggiungimento nessun
prezzo viene considerato troppo
alto, anche se si tratta della morte della natura o della crescita
della povertà.
Che cosa si può fare di fronte a questa situazione? Di che
cosa abbiamo bisogno? Anzitutto di un’obbedienza pratica a
quei valori troppo a lungo trascurati quali la giustizia, l’assenza di avidità e il rispetto per la
condizione umana. L’invito di
Cristo a seguirlo è solitamente
visto come un appello personale, ma questo potrebbe essere
il tempo in cui siamo chiamati
a seguire il sentiero indicatoci
dalle sue parole in quanto comunità, in quanto nazioni, in
quanto generazione.
Il secondo rilievo che voglio
fare è che il riconoscere l’esistenza di una spirale di morte
nell’interconnessione di tutti
RIFLESSIONE
Se qualcuno ti chiede di parlargli del denaro, e di quel
che un cristiano ne possa pensare, cerchi immediatamente
di immaginarti Gesù che parla
con i suoi amici nel corso dei
tanti suoi viaggi. Te lo vedi,
lui che passa da un posto all’altro e — secondo le testimonianze del Nuovo Testamento — cerca ospitalità e rifugio
in mille posti diversi. Ti si dice di lui che non aveva dove
posare il capo.
Più che i discorsi fatti, quindi, ti interessa la sua esisten
che protegge il tuo paese) e
l’ascolto della parola del Signore. Il tempo stringe, non si
può che sottolinearlo. E allora non c’è tempo per discutere a lungo su quale sia il nemico più pericoloso. Così nei
racconti evangelici il nemico
ha solo due nomi, che vanno
all’essenziale: Satana, il tentatore, colui che divide, colui
che ti distrae dai compiti essenziali, dalla ricerca della
fraternità e della comprensione. Mammona, il provocatore,
che dice di darti tutto, colui
Il denaro
za di persona che va, da uno
all’altro, pieno di cose da fare
e di parole da dire. L’urgenza
della comunicazione di qualcosa di importante, la compassione per la gente che soffre,
il tentativo di raggiungere nel
modo migliore coloro che —
anche loro — stanno aspettando, e forse gridano e forse
hanno perduto speranza. In
questo tempo che stringe, Gesù ti appare come colui che
non possiede altro che la sua
vita da dare. Forse si potrebbe
anche dire che non ha niente
perché la proprietà che eventualmente avesse non gli servirebbe a niente. Gesù, mi
sembra, non vuole che coloro
che incontra abbiano di più;
è importante, invece, che imparino a capirsi, a parlarsi; se
si vuole, si può dire che è, importante che imparino a dare.
In questo senso allora la parola evangelica che più colpisce è quella riportata sia da
Matteo (6: 24) che da Luca
(16: 13): «Nessun domestico
può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà
l’altro, o avrà riguardo per
l'uno e disprezzo per l'altro.
Voi non potete servire Dio e
Mammona ». Mammona _ è il
dio della ricchezza, è un idolo,
è qualcuno che non si può
neppure nominare alla leggera, è il tentatore, è l’avversario, colui che vuole contendere
al tuo Signore il dominio su
di te, è il nome di oggi che
corrisponde al vecchio nome
di Baal o di uno degli idoli
della storia antica.
Se cerco di intervenire nel
dibattito di Gesù con i suoi
interlocutori mi pare di capire che Gesù dica che si è arrivati al momento della scelta
tra l’adorazione degli idoli
(uno dei tanti del paese dove
vivi: il dio della fertilità, il dio
della natura, il dio della guerra, il dio della salute, il dio
che ti offre ricchezza, che ti dà
più che agli altri e così ti separa. Non c’è tempo per altri
nomi e per altre specificazioni,
perché davanti a te, a me, a
tutti noi insieme c’è solo colui che cerca di dividerci impedendoci fraternità e comprensione.
Il Signore chiama e mostra
chiaramente il nemico. Mammona, colui che si trasforma e
ti trasforma, che ti fa vedere
le cose (e le persone) in modo
sbagliato, che ti fa sembrare
bello quel che invece è brutto,
che ti fa desiderare quel che è
la tua rovina (e la rovina degli altri, che sono intorno a
te) perché rompe i rapporti
fra di voi, li fa essere rapporti
ingiusti, rapporti di potere. Diventi ricco e ti isoli dagli altri,
ti metti contro gli altri. Non
mi sembra quindi un caso che
Matteo metta questa parola di
Gesù dopo un brevissimo discorso sulla luce: se vedi bene,
se tutto è illuminato, ti accorgi in fretta se chi ti offre qualcosa è il Signore della tua vita
o un tuo nemicai
Ma è tempo di lasciare la
lettura del brano biblico. Il
Gesù che percorreva le strade
della Galilea e della Giudea e
che si fermava a parlare con
coloro che cercavano aiuto è
ora il Signore risorto. Questo,
nel nostro dibattito odierno,
può significare due cose. La
sua parola (« Non potete servire Dio e Mammona», Dio e
la ricchezza) è vittoriosa, cioè
è parola di verità. Detto in altro modo, questa significa:
« Se credi nel Signore risorto,
non puoi servire Mammona ».
Ma anche: La sua parola ci interroga, con la sua proposta
di vita, e aspetta da noi una
risposta. Per capire che cosa
questo possa significare, rileggiamo la storia del giovane
ricco (Luca 18: 18-30).
Eugenio Rivoir
conda è che nessun mercato può questi fatti non è una ragione
sufficiente per disperare. Se indubbiamente siamo di fronte ad
una spirale di morte questo significa che ci può essere anche
una spirale di vita. Si tratta di
passare attraverso un processo
di guarigione e proprio la chiesa deve essere consapevole di
questa possibilità per confermare la sua fiducia nel Signore vivente.
Se ci guardiamo attorno possiamo vedere che ci sono dei segni di speranza, che coniugano
le due considerazioni appena fatte e che sono fonte di suggerimenti reali.
Il primo suggerimento ci viene dal fatto che proprio in questo tempo si sta costruendo un
nuovo rapporto fra l’Est e
l’Ovest; si sta rafforzando la
consapevolezza che il mondo ha
un grande bisogno di unire le
forze. C’è oggi una possibilità
concreta di ridurre le spese militari e di « trasformare le spade in roncole ». Si può parlare
di un collegamento reale tra disarmo e sviluppo, come ha fatto Leontief in un rapporto per
le Nazioni Unite, e questo ci dimostra che è possibile uscire
dalla minaccia della morte per
entrare in una spirale di vita.
Un ultimo esempio. Abbiamo
detto che i privilegi dei paesi
ricchi si fondano sul fatto che
la maggioranza della popolazione di questi paesi non accetta
alcuna diminuzione del proprio
standard di vita. E ogni sforzo
per creare denaro in un circuito internazionale viene vanificato se la gente delle nazioni più
ricche non abbandonerà la propria lotta impossibile contro la
propria condizione umana attraverso una sempre crescente produzione ed un sempre maggiore consumo materiale.
Le chiese del Nord del mondo, per parlare di solidarietà
con i poveri, devono guidare le
proprie società ad accettare uno
stile di vita basato sulla sufficienza, aprendo la strada alla
stabilizzazione dei consumi materiali.
La Bibbia dice giustamente
che Dio non desidera la morte
del peccatore, ma vuole che egli
abbia vita. Ma noi dobbiamo anche confessare qui e adesso che
la giustizia nei confronti dei poveri è diventato l’unico modo
per le nazioni ricche di guadagnare la propria vita e di conservarla.
Bob Goudzwaard
(Traduzione e riduzione
a cura di Gianni Genre)
6
valli valdesi
3 maggio 1991
La Bibbia
e la Lega
CONVEGNO DELL’UNIVERSITÀ’ DI TORINO
Rilanciamo i vitigni minori
Il consumatore cerca la t|ualità ma anche la possibilità di scegliere le molte varietà - Ingegneria genetica per ridurre i trattamenti
« Toh — penso con sorpresa —
la Lega Nord ci ruba il mestiere/». Infatti nell'ultimo numero
di Val Pelis, organo della locale
sezione dei leghisti, un’intera pagina è dedicata alla preghiera.
Insomma, un po’ come la nostra
pagina ’’All’ascolto della Parola”.
Passato il primo momento di
sorpresa, mi metto a leggere con
curiosità, contento che il discorso sulla fede coinvolga realtà
anche esterne alla chiesa, ma
alla fine rimango scandalizzato.
La pagina contiene tre pezzi:
una preghiera di ”un bambino
innocente”, che non ha nulla né
del bambino, né dell’innocenza;
un breve pezzo intitolato ’’parole
della Bibbia" con la citazione di
due versetti tratti dall’Ecclesiastico; e infine la preghiera di un
valligiano.
Fermo restando che ognuno
può esprimere quelle che vuolé,
non tutto ciò che si esprime è
corretto ed utile.
Le preghiere: trasudano razzismo, livore contro le amministrazioni comunali, i partiti ecc.
Preghiere di questo tipo non
hanno diritto di cittadinanza all’interno del cristianesimo. Non
perché siano demagogiche e intendano speculare sul malcontento generale, ma perché sono
preghiere "contro” qualcuno.
Gesù ha dato un insegnamento
completamente diverso: quando
ha preso in considerazione il
problema dei "nemici", lo ha
risolto dicendo: "Amate i vostri
nemici, pregate per (in greco:
ypèr, a favore) quelli che vi perseguitano..." (Mt. 5: 44).
Ogni altra preghiera è blasfema, perché strumentalizza il nome di Gesù e il nome di Dio.
Le parole della Bibbia: si diceva che si tratta di una citazione
dell’Ecclesiastico, e precisamente
dal cap. 11 i versetti 31 e 36,
dove si mette in guardia contro
gli stranieri. Una citazione scelta
non a caso, dato il razzismo dei
leghisti. Ma c’è una sorpresa:
dice il commentatore: « La Chiesa ha sempre considerato questo
libro come ispirato dallo Spirito
Santo e lo mise nel Canone delle
Divine Scritture x. Ma quando
mai? Com’è possibile che il commentatore ignori che questo libro
è tra i Deuterocanonici e che i
protestanti non l'hanno mai accettato nel Canone? E ben a ragione, perché il messaggio di questo, come di altri libri deuterocanonici, mal si accorda col messaggio fondamentale della Bibbia. Lo si vede, per esempio, su
questa questione degli stranieri:
mentre il Deuteronomio insegna
solidarietà, l'Ecclesiastico spinge
all’odio.
Penso che nessun credente possa cadere in queste trappole di
Val Pelis così rozze e sciocche;
dispiace, però, che il responsabile di quella pagina porti un nome
inequivocabilmente valdese. Gli
consiglierei di frequentare un
buon corso di catechismo.
Luciano Deodato
Si è parlato dei vitigni piemontesi, di ima realtà che presenta
caratteristiche tipiche in molte
zone della regione, durante un
convegno svoltosi a Torino, organizzato dalTUniversità. Le diverse
relazioni hanno evidenziato la
presenza di tutta una serie di
vitigni minori, magari esistenti
su aree limitate e tuttavia interessanti sia sotto il profilo storico che squisitamente enologico.
Del significato di questo convegno parliamo col prof. Italo
Eynard.
« L'interesse intorno ai vecchi
vitigni in via di estinzione è crescente; ci si può chiedere come
mai ciò accade, dopo che per
anni queste coltivazioni sono state abbandonate; le ragioni sono
sostanzialmente due.
Ci si è accorti che molti vitigni
potevano dare dei risultati enologici interessanti; spesso si confronta quanto ottenuto da varietà straniere di ampia diffusione
vinificate secondo tecniche moderne con i vitigni antichi, vinificati male: è evidente che in que
sto c’è un atteggiamento sbagliato.
Vinificando invece questi antichi vitigni secondo tecnologie
aggiornate si è visto che i risultati potevano essere molto validi;
questo anche basandosi su un
altro dato importante: oggi il
SCHEDA
Il Doux d'Henry e il Ramie
Fra le numerose relazioni presentate sui vitigni piemontesi due
riguardano le nostre zone e la produzione di due vini, il Doux d'Henry e il Ramìe.
NeH'ambito della viticoltura della provincia di Torino la zona pedemontana pinerolese rappresenta
un'entità importante; il panorama
delle varietà è estremamente vario, anche se negli ultimi 10-15 anni si è assistito all'inserimento di
varietà non autoctone e più produttive. Nel pinerolese l'area interessata dalla coltivazione a vigneto è di circa 2.500 ettari ma,
anche per il fatto che l'attuale
produzione vinicola viene facilmente commercializzata in zona,
l'attività di promozione non è ancora stata affrontata con la necessaria determinazione.
La coltivazione tipica di quest'area, e conosciuta fin dalla seconda metà del 1800, è dunque
quella del Doux d'Henry, oggi sviluppata nella zona pedemontana fino ad un'altezza di circa 600 metri e in particolare nel comune di
Prarostino; ha una buona resistenza alle gelate tardive dovuta al
tardo risveglio vegetativo. Nel 1989
è stato approntato un campo sperimentale a Cumiana.
Nell'ambito dell'indagine condotta sulla viticoltura nel pinerolese
si registra che attualmente il Doux
d'Henry rappresenterebbe ancora
oltre l'1% dell'intera superficie coltivabile nella zona, stimata in 730
ettari; la produzione viene indicata in 500 quintali.
Molto più ridotta è ovviamente
l'area e la produzione del Ramìe;
siamo infatti essenzialmente nella
zona dei comuni di Perosa Argentina e Pomaretto, sul versante
esposto a sud-est, in forte pendenza. La ridotta quantità di ter
reno agrario limita fortemente lo
sviluppo dei ceppi che sono generalmente allevati ad alberello e
di conseguenza le produzioni risultano limitate. All'interno dell'area
si sono mantenute e tramandate
delle varietà di vite rare o addirittura uniche. Nelia costituzione
del vino Ramìe entrano comunque
diverse varietà; la ricerca deH'Università ha cercato di limitare il
fatto, chiedendo informazione ai viticoltori locali, alle uve tipiche locali: tra le varietà che più probabilmente rientravano nel vino
Ramìe si possono considerare
l'avanà, l'avarengo, il neretto, la
lambrusca, più altre varietà minori.
Anche sul Ramìe sì hanno notizie certe fin dalla metà del secolo scorso quando Goffredo Casalis, autore del « Dizionario degli
Stati di S. M. il Re di Sardegna »,
nel 1847 descriveva questo vino,
dotato di una particolare singolarità che lo rende piacevole e « lascia lìbera la testa » se bevuto
con moderazione ma • fa vacillare
le gambe a chi ne fa uso smodato ».
Dal 1989 si è dunque intrapresa la strada di recuperare una pratica di vinificazione, privilegiando
le cultivar locali; l'attività è ovviamente a carattere parziale per
le aziende agricole, quando non si
tratti di pensionati che hanno ripreso la coltivazione delle vigne.
Pur tenendo conto che molti utilizzano in proprio l’uva, il quantitativo raccolto negli anni '89 e '90,
in aumento, è abbastanza ridotto:
nell'ultima vendemmia 560 chili.
Estratto della relazione di G.
Barbero, presentata nel corso
del convegno svoltosi a Torino
il 17 aprile sul tema: « Complessa realtà dei vitigni piemontesi ».
consumatore cerca sì la qualità,
ma è anche interessato da questo
ampio mosaico che è dato dal
numero elevatissimo delle varietà presenti in Italia: ecco dunque
che queste caratteristiche vadano
perdute.
A questo ragionamento si può
aggiungere una seconda osservache diventa importante evitare
zione; un’evoluzione dell’ingegneria genetica potrebbe permettere,
anche in questo settore, non già
di creare delle cose "anormali”
ma, conservando il patrimonio
genetico tipico di ogni singola
varietà, di aggiungere dei geni
che possano conferire un carattere di resistenza a determinate
avversità e quindi consentendo
anche di ridurre i trattamenti
anticrittogamici ».
Dunque anche la ricerca potrà
venire in soccorso ai vitigni locali; nel pinerolese sono note le
esperienze del Doux d’Henry e
del Ramìe: quale futuro per la
viticoltura nelle valli?
« In passato la viticoltura nelle valli non ha avuto uno sviluppo così accentuato come altrove,
nello stesso Piemonte, soprattutto perché le condizioni climatiche, in particolare nel periodo
della vendemmia, sono spesso
caratterizzate da una forte piovosità. Accade così che in molte
annate il viticoltore, per evitare
all’uva attacchi di botrite, vendemmia troppo presto, il che si
traduce in caratteristiche del vino piuttosto scadenti. La diffusione del vitigno barbera dopo
l’invasione fillosserica ha, trattandosi di un vitigno che da noi
matura piuttosto tardivamente,
peggiorato la situazione rispetto
all’epoca in cui dominavano la
scena le varietà locali.
Ora è possibile valorizzare questi antichi vitigni che consentono
di avere dei vini meno acidi e
dunque con caratteristiche organolettiche positive. E' interessante anche l’attività di ricerca che
si sta conducendo da parte della
cattedra di viticoltura dell’Università di Torino, in collaborazione con la Provincia, per l’introduzione di vitigni bianchi che
maturano molto più precocemente dell’uva nera. In questo caso
si stanno ottenendo risultati enologici ottimi ».
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Le proposte di
’’Rifondazione
comunista”
PINEROLO — Venerdì 26
aprile Gianni Alasia, ex deputato, ex consigliere e assessore regionale, ex segretario della Camera del Lavoro di Torino, ha
presentato di fronte ad una sessantina di persone le proposte
politiche di « Rifondazione comunista ». « C’è — ha detto
l’esponente comunista — una necessità del comunismo, che è
critica al modello economico capitalista, e di organizzazione sociale alternativa ». Alasia ha poi
ripercorso la storia dei difficili
rapporti tra i comunisti e gli
attuali dirigenti del PDS affermando che non c’è più possibilità di dialogo; la scissione serve a far chiarezza.
Attenzione alla proposta di rifondazione comunista è stata
manifestata dagli esponenti locali di DP, partito che sta per tenere un congresso che dovrà
sancire l’ingresso dei demoproletari nel movimento « Rifondazione comunista ».
Colloqui
sull’educazione
interculturale
TORRE PELLICE — Una trentina circa di partecipanti, quasi
tutti insegnanti, ha preso parte
ai primi due « Colloqui sull’educazione interculturale » organ^zati dall’Associazione per la pace.
La psicoioga Rita Gay e il sociologo Alfredo Milanaccio hanno affrontato la questione del
dialogo fra culture. La prima relazione è stata dedicata alle « possibilità di incidenza dell’educazione interculturale ai vari stadi
dello sviluppo educativo », con
riferimento ad esperienze che gli
educatori hanno negli asili nido,
nelle scuole materne, ecc.
Il secondo appuntamento ha
proposto una chiave di lettura
« evoluzionistica » per la questione deH’etnocentrismo. Il prossimo apptmtamento è per venerdì
3 maggio, alle ore 17, presso la
Biblioteca della Casa valdese.
Giovanni Salio presenterà « L’incontro tra culture come situazione conflittuale», nel quadro dell’educazione ai rapporti e al
conflitto.
La banda musicale
di Onex in
vai Germanasca
POMARETTO — Proseguendo una tradizione di scambi di
visite la banda musicale di Onex
(Svizzera) ha soggiornato alcuni
giorni in vai Germanasca, allietando i pomarini presenti al
concerto svoltosi nel cinema.
Piervaldo Rostan
Mercatino
biologico e
di artigianato
ANGROGNA — Anche il comune di Angrogna ha deciso di
istituire un mercatino dei prodotti biologici e delTartigianato
locale; le pratiche burocratiche
sono in corso e la prima edizione
dovrebbe aver luogo il 26 maggio
con successiva cadenza mensile.
Questa iniziativa, promossa
nelTintento di valorizzare le produzioni locali, dovrebbe svolgersi
ogni ultima domenica del mese
fino all’Autunno in vai d’Angrogna, momento che già tradizionalmente si conclude con una
mostra mercato.
7
3 maggio 1991
valli valdesH
CRONACA DELLE CHIESE DELLE VALLI
Si eleggono i deputati al Sinodo
LUSERNA SAN GIOVANNI —
L’assemblea di chiesa, che ha
avuto luogo domenica scorsa dopo il culto, ha eletto quali deputati alla Conferenza distrettuale Alberto Bellora, Erminia
Ermini Correnti, Lucio Malan.
Per il Sinodo sono stati eletti
Paolo Gay ed Enrica Benech Malan.
C II culto di domenica 5 maggio alla cappella dei Jalla alle
ore 18 sarà presieduto dal pastore Bellion.
FRALI — L’assemblea di chiesa è convocata per domenica 12
maggio: in questa occasione si
dovranno eleggere i deputati alla Conferenza distrettuale e al
Sinodo.
VILLASECCA — L’assemblea
di chiesa domenica 21 aprile ha
approvato la relazione finanziaria. Grazie alla solidarietà di
molti fratelli e sorelle il danno
economico conseguente al furto
avvenuto a febbraio nella casa
pastorale è stato ormai ripianato.
• Sono state elette come deputate al Sinodo Linda Menusan
Benech di Chiotti (Mirella Léger di Villasecca supplente) e
alla Conferenza distrettuale Rina Menusan Bounous (supplente Romana Peyronel Berger).
Dopo una vivace discussione
sulla carta dei diritti delle coppie interconfessionali l’assemblea ha deciso di raccomandarla come base delle decisioni alla Conferenza distrettuale.
USSL 42 - VALLI
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: presso Ospedale Valdese di Pomarotto - Tel. 81154.
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 5 MAGGIO 1991
Porosa Argentina: FARMACIA Dott.
BAGLIANI - Piazza Marconi 6 Telef. 81261.
Ambulanza :
Croce Verde Porosa; Tel. 81.000.
Croce Verde Porte: Tel. 201454.
USSL 44 - PINEROLESE
(Distretto di Pinerolo)
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
fono 2331 [Ospedale Civile).
Ambulanza :
Croce Verde Pinerolo: Tei. 22864
USSL 43 - VAL PELLICE
Guardia medica :
Notturna, prefestiva, festiva: Tele
fono 932433 (Ospedale Valdese).
Guardia farmaceutica :
DOMENICA 28 APRILE 1991
Torre Pollice: FARMACIA INTERNAZIONALE - Via Arnaud 8 - Telefono
91.374.
DOMENICA 5 MAGGIO 1991
Bricherasio: FARMACIA FERRARIS Via Vittorio Emanuele 83/4 - Tel.
59774.
Villar Pollice: FARMACIA GAY Piazza Jervis - Tel. 930705.
Ambulanza :
CRI Torre Pelilce; Telefono 91.996
Croce Verde Bricherasio: tei 59879C
SERVIZIO ATTIVO INFERMIERISTICO: ore 8-17, oresso I distretti
SERVIZIO ELIAMBULANZA, elicottero: tei. 116.
• Domenica 5 maggio, in occasione della Festa di canto del
I distretto, il culto a Chiotti alle ore 10 sarà presieduto da Emilio Rostan, predicatore locale.
PERRERO-MANIGLIA — Las
semblea di chiesa del 28 aprile
ha eletto due nuovi anziani: la
signora Lina Barus Piazzolla per
la zona della Baissa di Maniglia, e Nicoletta Masse! per Perrero. L’assemblea di chiesa ha
anche nominato come deputata
alla Conferenza distrettuale Simonetta Montesanto (sostituto
Aldo Masse! ) e per il Sinodo la
signorina Liliana Viglielmo (sostituta Nicoletta Massel).
O Domenica 12 maggio con
inizio alle ore 14.30 avrà luogo
il bazar presso la chiesa di Perrero.
MASSELLO — Il deputato di
Massello per la Conferenza distrettuale, eletto daH’assemblea
di chiesa del 21 aprile, è Roberto Tron del Roberso (sostituto
Marco Pons).
Assemblea di chiesa
POMARETTO — L’assemblea
di chiesa è convocata per sabato 11 maggio alle ore 20.30 nel
teatro con all’ordine del giorno
relazione annua, 8 per mille.
• Durante il culto del 28 aprile a Inverso Pinasca è stato battezzato Alessio Bounous di Marco e Giorgina Long; domenica
14 aprile, durante il culto nel
tempio di Prali è stato battezzato Matteo Lageard di Giorgio
e Livia Peyrot. Che il Signore
sia sempre accanto a questi genitori e ai loro bambini.
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in occasione dei funerali del fratello
Alberto Tron di Fleccia, deceduto all’età di 62 anni; ai familiari in lutto vada la cristiana
simpatia della comunità.
• Ci rallegriamo con Elena
Calvetti brillantemente laureatasi in legge.
Matrimonio
SAN SECONDO — Sabato 13
aprile, nel nostro tempio, si sono uniti in matrimonio Claudio
Griglio e Mirella Gesmionat,
membri della nostra comunità.
Il Signore benedica questa nuova famiglia che si forma tra noi.
• Il culto di domenica 14
aprile è stato presieduto dal fratello Rino Cardon, lo ringraziamo per la sua disponibilità.
• Al culto di domenica 21
aprile i catecumeni di III anno
hanno dato la loro testimonianza sul tema, studiato durante
l’anno, « Dio, cosa fa per noi? ».
Erano in sette e l’hanno sviluppato così: « Dio è il Padre. Egli
fa un’alleanza con noi. Si rivolge a noi per mezzo della sua
Parola. In Cristo ci libera attraverso la croce e la risurrezione
e ci annunzia una nuova creazione ».
Al culto ha partecipato un
gruppo delle comunità evangeliche della vai di Susa, invitato
dall’Unione femminile a trascorrere una giornata con noi, e dopo il culto v’è stata un’agape
f I*£lt6m3
® L’assemblea di chiesa del 28
croci ugonotte in oro e argento
oreficeria - orologeria - argenteria
di tesi & delmai
via trieste 24, tei. t93U7 /
pinerolo ito)/
aprile ha scelto quali deputate
al Sinodo Mirella Godine Fornerone e Velia Gardiol Rivoira
(supplente Rosanna Revel Paschetto) e alla Conferenza distrettuale P. Augusto Genre, Ugo
Ribet, Rosanna Revel Paschetto
(supplente Piero Griglio).
• L’assemblea ha confermato
la decisione già presa di accettare l’8 per mille.
Concistoro
TORRE PELLICE — Domenica 28 aprile l’assemblea che si
è riunita dopo il culto ha eletto Bruna Ribotta Avondetto quale nuovo anziano del quartiere
Inverso, ed ha confermato Eldina Bellion Messina nell’incarico di membro del concistoro per
un secondo quinquennio. Voglia
il Signore guidare queste due sorelle nel loro lavoro.
® Mercoledì 8 maggio, alle ore
20.30 alla Casa unionista, il concistoro avrà una seduta a cui
parteciperà una rappresentanza
dei gruppi giovanili della comunità, che hanno chiesto questo
momento di incontro per discutere alcuni loro problemi.
• Mercoledì 8 maggio alle ore
20,45, nella Comunità alloggio di
via Angrogna agli Appiotti, avrà
luogo il terzo incontro del ciclo
di studi biblici sull’Apocalisse
curato dal pastore Marchetti.
Tutti coloro che fossero interessati ad approfondire la conoscenza di questo non facile libro
del Nuovo Testamento possono
liberamente prender parte allo
studio. Stavolta la lettura riguarderà i capitoli 4 e 5.
Solidarietà
ANGROGNA — Sabato 20 aprile si sono svolti nel tempio del
capoluogo i funerali di Firmlnio
GMavia, improvvisamente deceduto all’età di 77 anni.
Grande è stata la partecipazione della gente di Angrogna
che ben conosceva Firminio e lo
apprezzava per la sua fede (è
stato per diversi anni l’anziano
del capoluogo) e per il suo saper essere sempre sereno e pronto con tutti ad una « battuta »
capace di far sorridere e di donare a sua volta serenità.
Siamo vicini, nella preghiera
e nella solidarietà cristiana, alla vedova e ai figli.
• Coloro che vanno in questi
giorni in visita al monumento di
Chanforan trovano un luogo reso ordinato e accogliente da tutta una serie di lavori che sono
stati eseguiti in questi mesi: i
gradini delle due scalinate che
portano dalla strada al monumento sono stati rimessi a posto e dei « mancorrenti » in legno rendono agevoli la discesa
e la salita anche ai meno giovani; la siepe tutt’intorno al prato di Chanforan, ormai quasi irriconoscibile, è stata sostituita
da una nuova e si è trovato anche il modo di mettere a disposizione dei visitatori un cestino
per eventuali cartacce, in vimini e legno, che si inserisce molto bene nell’insieme del luogo.
Per questi preziosi lavori ringraziamo il Comitato dei luoghi
storici che, dopo aver risistemato la Ghieisa d’ia tana, ha ora
pensato a quest’altro luogo importante della vai d’Angrogna e,
in particolare, Adriano Chauvie
che si è direttamente occupato
della cosa.
GIOVANI
Invito in
Inghilterra
Le Comunità della « United Reformed Church » (Chiesa unita riformata) in Gran Bretagna invitano un gruppo di una ventina di
giovani (17-22 anni) per un soggiorno di 10 giorni tra il 20 e il
30 giugno. Questa vacanza prevede
una serie di visite alle comunità
e di incontri con i giovani di quelle chiese con spostamenti in treno e in pullman e pernottamenti
in famiglie.
Il viaggio avrà inizio a Torino
il giorno 19 giugno con partenza
la sera con treno per Londra (via
Parigi); il ritorno è previsto in linea di massima per il 30 giugno
o mattino del 1“ luglio sempre in
treno e a Torino. Costo approssimativo L. 400.000.
Tutti i giovani delle nostre comunità, compresi nelle età indicate
e interessati a questo incontro con
un’altra realtà sono pregati di mettersi in contatto con Elena Vigliano a Torino che organizza la vacanza insieme ad una sorella inglese della Chiesa unita riformata.
Telefonare ore ufficio 011-669.28.38,
meglio se di martedì pomeriggio
0 sabato mattina.
Politica
PINEROLO — Il Partito democratico
della sinistra presenterà venerdì 3
maggio, alle ore 17, presso la sala
di rappresentanza del comune, le proprie proposte circa la creazione di una
provincia alpina; interverranno Carlo
Bolzoni (capogruppo in Provìncia), Antonio Monticelli (capogruppo in Regione) e molti amministratori del Pinerolese.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Mercoledì 8 maggio, alle ore 21, al bocciodromo, la Lega Nord Piemont organizza un Incontro sul tema: « Autonomia; quali prospettive •; interverrà il
segretario Gipo Farassino.
Concerti
TORRE PELLICE — Domenica 5 maggio, alle ore 16, presso la sede dell’Esercito della Salvezza in via Cavour 9, si svolgerà un concerto di
musica classica. II trio Maurizio Lusci (flauto), M. Vittoria Venturino (viola) e Laura D. Brunetta (pianoforte)
eseguirà musiche di Mozart, Graun,
Schubert e Poulenc; l'ingresso è libero.
Cantavalli
INVERSO RINASCA — Presso gli impianti della Pro Loco in borgata Fleccia, sabato 4 maggio alle ore 21. nell’ambito della rassegna musicale Cantavalli, il gruppo Padus presenterà musiche tradizionali dell'area geografica
compresa fra Alpi, Appennini e mare
Adriatico.
Mostre
LUSERNA SAN GIOVANNI — In occasione del convegno su Pietro Guglielmo, si inaugurerà sabato 4 maggio, alle ore 11 nel salone delle mostre in via Deportati e Internati 22,
una mostra d'arte contemporanea comprendente una trentina di dipinti e
sculture creati da sette pittori occitani di nazionalità francese; la mostra
sarà aperta fino al 2 giugno.
(i In Te io ho creduto »
Serenamente ci ha lasciati
Felice Cattaneo
di anni 92
Lo annunciano la figlia Egle ed i
parenti tutti, addolorati ma fidenti nel
Consolatore.
Genova, 17 aprile 1991.
RINGRAZIAMENTO
« O Eterno, la tua benignità va
fino al cielo e la tua fedeltà fino
alle nuvole »
(Salmo 36: 5)
I figli, il fratello e tutti i familiari
della cara
Anita Paschetto ved. Pasquet
ringraziano sentitamente tutti coloro
che hanno voluto prendere parte al loro
dolore.
Un ringraziamento particolare al pastore Bruno Bellion, alla dr. Silvana
Pons, al sig. Livio Gobello e a tutto il
personale deirAsilo valdese per anziani
di San Giovanni.
Luserna S. Giovanni^ 20 aprile 1991.
RINGRAZIAMENTO
(c Nel mondo avrete tribolazioni;
ma fatevi animo, io ho vinto il
mondo »
(Giovanni 16: 33)
I familiari della cara
Erica Malan in Beux
commossi e riconoscenti ringraziano
tutti coloro che, con presenza, scritti,
fiori, disponibilità, assistenza e opere di
bene, hanno preso parte al loro dolore.
Un grazie particolare al dottor Della
Penna, alla Croce verde di Porte, alla
farmacia di S. Germano, al pastore Ri^
bet, all’amministrazione comunale e
alla famiglia Forneron.
Inverso Porte, 22 aprile 1991.
RINGRAZIAMENTO
Livio Gobello ricorda con gratitudiue
filiale
Caterina Peiretti Malano
mancata all’età di 90 anni all’Asilo
valdese di Luserna San Giovanni ed
esprime il suo ringraziamento alla signora Amalia Mattalia per la sua costante presenza presso di lei, al personale dell’Asilo ed ai medici curanti per
l’attenzione e le cure prestatele.
Luserna S. Giovanni, 22 aprile 1991.
RINGRAZIAMENTO
« Dio è per noi un rifugio ed
una forza, un aiuto sempre pronto nelle distrette »
(Salmo 46: 1)
La moglie e i familiari tutti del caro
Firminio Chiavia
profondamente commossi ringraziano
per l’affettuosa simpatia da tutti dimostrata e per il conforto donato dal
pastore Marchetti.
Angrogna, 3 maggio 1991.
AVVISI ECONOMICI
A VERCELLI anziana signora sola cerca compagna disposta a vivere con lei
ed accudirla. Offre alloggio vitto e
compenso mensile da concordare. Se
interessate telefonare al pastore Grimaldi, tei. 0321/36293.
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40181 (dopo le ore 18).
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8
8 villaggio globale
3 maggio 1991
]
SCIENZIATI E RELIGIOSI
Un appello per la Terra
Una serie di pericoli, che ci stiamo autoinfliggendo, mettono a repentaglio la nostra e altre specie; occorre un cambiamento radicale
Pubblichiamo il testo di un appello che alcune centinaia di
scienziati e 270 leader religiosi hanno redatto nel meeting di
Mosca « Global forum of spiritual an parlamentary leaders ».
Il forum, organizzato dal prof. Cari Sagan, raggruppa
scienziati ambientalisti (e non solo) e ì leader delle principali
confessioni religiose. Scopo del forum è quello di attirare l’attenzione del mondo sui problemi della salvaguardia e della conservazione dell’ambiente planetario.
Riprendiamo da ’’Sapere” (febbraio ’91) la traduzione del
documento.
La Terra è il luogo di nascita
della nostra specie e, per quel
che ne sappiamo, la nostra sola
casa. Quando il nostro numero
era modesto, e la nostra tecnologia debole, non avevamo possibilità di influenzare l’ambiente del
nostro mondo.
Ma oggi, improvvisamente, quasi senza che nessuno se ne accorgesse, il nostro numero è divenuto immenso, e la nostra tecnologia ha acquisito enormi, addirittura terrificanti, poteri.
Volenti o nolenti, siamo oggi
in grado di provocare devastanti
mutamenti nell’ambiente globale
— un ambiente al quale noi e
tutte le altre creature con le quali condividiamo la Terra ci siamo
meticolosamente e mirabilmente
adattati.
Siamo ora minacciati da alterazioni ambientali autoinflitte
che procedono molto rapidamente, e sulle cui conseguenze biologiche ed ecologiche a lungo termine siamo ancora penosamente
ignoranti: impoverimento dello
strato protettivo di ozono; riscal
damento globale senza precedenti negli ultimi 150 millenni: scomparsa di un acro di foresta ogni
secondo; fulminea estinzione di
specie; e la prospettiva di una
guerra nucleare globale che metterebbe a repentaglio la quasi totalità della popolazione terrestre.
E potrebbero anche esservi altri
pericoli simili di cui, nella nostra
ignoranza, siamo ancora inconsapevoli.
Singolarmente e nel complesso,
essi rappresentano una trappola
tesa alla specie umana, una trappola che stiamo preparando noi
stessi.
Benché ci possano essere giustificazioni nobili e piene di buoni principi (o ingenue e miopi)
per le attività che hanno accresciuto questi pericoli, separatamente e tutti insieme questi pericoli mettono oggi a rischio la
nostra e molte altre specie. Siamo vicini al commettere — e
molti sostengono che stiamo già
commettendo — ciò che nel linguaggio religioso è alle volte chiamato crimine contro la creazione.
FONDO DI SOLIDARIETÀ’
Aiutiamo i profughi;
di guerra
Con la pubblicazione dell’elenco delle offerte pervenuteci nello scorso mese di marzo, sottolineiamo che la quasi totalità
dei doni è destinata dai lettori
a sostenere il lavoro che il Consiglio delle chiese del Medio
Oriente — in collaborazione col
CEC — sta svolgendo a favore
dei profughi della guerra del
Golfo. Come noto, il dramma di
milioni di persone (secondo la
denuncia del CEC, ammontavano già a 700.000 i profughi a
seguito dell’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq) si è ulteriormente ampliato prima, durante la guerra condotta dalla
forza multinazionale e dopo, con
la repressione armata del governo iracheno contro i curdi
al Nord e contro gli sciiti al
Sud del paese.
Mentre speriamo di poter fornire ulteriori dettagli che contiamo di ricevere direttamente,
ricordiamo che gli aiuti d’emergenza sono più che mai necessari dato che, oltre a viveri ed
a generi di vestiario, sono necessarie grandi quantità di prodotti farmaceutici per combattere malattie ed epidemie sempre
più estese: attendiamo ulteriori
e generosi doni dei lettori. Con
l’occasione, comunichiamo che
stiamo per raggiungere la preffssata cifra di L. 6 milioni a
sostegno del progetto CEVAA
per la creazione di farmacie di
villaggio nel Madagascar mentre
— per quanto riguarda l’iniziativa a favore della casa per malati
di Aids di Mestre — ci riserviamo di essere maggiormente precisi con un prossimo articolo.
Le offerte vanno inviate, come
di consueto, al conto corr. postale n. 11234101 intestato a La
Luce ■ Fondo di solidarietà, via
Pio V 15, 10125 Torino.
ELENCO OFFERTE MARZO
L. 1.000.000: Concistoro valdese Massello.
L. 200.000: Familiari di Silvestro Salluzzo. in memoria; Maria e Lidia Vay;
Renata Pons, Torre Pellice.
L. 150.000: Mirella e Ernesto Bein.
L. 120.000: Stefano Costa.
L. 100.000: Alessandro e Clara Vetta: Costanza e Roberto Peyrot; Gudrun e Nino Gullotta.
L. 75.000: Renata e Carlo Busani.
L. 50.000: Gino Long.
L. 20.000: Pino Sacchelli.
Totale: L. 2.315.000.
Totale .precedente: L. 5.982.039.
In cassa: L. 8.297.039.
l’eco delle valli valdesi
Dir. respons. Franco Giampiccoli.
Aut. Trib. Pinerolo n. 175.
Via Pio V n. 15 - 10125 Torino
tei. 011/655278.
Stampa: Coop. Subalpina Torre Pellice.
PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 5 MAGGIO
ore 23.30 - RAIDUE
Replica:
LUNEDI’ 13 MAGGIO
ore 9.30 circa - RAIDUE
BENVENUTI
IN MOZAMBICO
Alla ricerca della fedeltà
evangelica in un paese che
lotta per la sua libertà.
Per la loro intima natura, queste aggressioni all’ambiente non
sono state provocate da un singolo gruppo politico, né da una singola generazione. Intrinsecamente, sono transnazionali, trans generazionali e transideologiche.
E così pure lo sono tutte le soluzioni concepibili. Per sfuggire a
questa trappola è necessaria una
prospettiva che abbracci tutti gli
abitanti del pianeta e tutte le generazioni a venire.
Bisogna fin dall’inizio riconoscere a problemi di una tale grandezza, e alle soluzioni che richiedono una così ampia prospettiva,
una dimensione religiosa oltreché
scientifica.
Consci della nostra comune responsabilità, noi scienziati —
molti dei quali da lungo tempo
impegnati a combattere la crisi
ambientale — facciamo un pressante appello alla comunità religiosa mondiale affinché si impegni, nelle parole e nei fatti, e con
tutta la fermezza necessaria, a
preservare l’ambiente della Terra.
Alcune delle contromosse a breve termine contro questi pericoli
— come un incremento dell’efficienza energetica, il rapido bando
dei clorofluorocarburi o le modeste riduzioni degli arsenali nucleari — sono relativamente semplici, e ad un certo livello sono
già state attuate. Ma altri approcci di maggiore portata, a più lungo termine e più efficaci, incontreranno dappertutto inerzia, rifiuto e resistenze.
In questa categoria sono la
conversione dai combustibili fossili ad un’economia basata su
energia non inquinante, una duratura inversione della corsa agli
armamenti nucleari, ed un arresto volontario della crescita demografica mondiale — senza i
quali molti degli altri approcci
finalizzati alla conservazione dell'ambiente sarebbero vani.
Come in tema di pace, di diritti
civili e giustizia sociale, anche
qui le istituzioni religiose possono svolgere un forte ruolo di
incoraggiamento per iniziative
nazionali ed internazionali, nel
settore privato come in quello
pubblico, e nei diversi mondi del
commercio, dell’educazione, della
cultura e della comunicazione di
massa.
La crisi ambientale richiede
AMNESTY INTERNATIONAL
I diritti umani
dei curdi - 1
La repressione più feroce contro la resistenza più agguerrita - Il bombardamento chimico
Presentiamo qui la prima parte del rapporto di Amnesty International sui diritti umani dei
curdi. Iniziamo con quelli dei
curdi iracheni. Nel prossimo numero i curdi in Iran e in Turchia.
Il Kurdistan
iracheno
cambiamenti radicali non soltanto nelle politiche pubbliche, ma
anche nei comportamenti individuali. La documentazione storica indica chiaramente che l’insegnamento, l’esempio e la guida
religiosa hanno un grande potere di influenza sulla condotta e
sull’impegno personale.
Come scienziali, molti di noi
hanno avuto profonde esperienze
di timore e di riverenza nei riguardi dell’universo.
Comprendiamo che ciò che è
visto come sacro viene con più
probabilità trattato con attenzione e rispetto: la nostra casa
planetaria dovrebbe essere tenuta in questa considerazione. Gli
sforzi per salvaguardare e curare
la Terra devono essere infusi di
una visione sacrale.
Nello stesso tempo, è necessaria una più ampia e profonda
comprensione della scienza e della tecnologia.
Se non comprendiamo il problema, difficilmente saremo in
grado di porvi rimedio. Da qui il
ruolo vitale di religione e scienza. Sappiamo che il benessere del
nostro ambiente planetario è già
argomento di grande dibattito nei
nostri concili e nelle nostre congregazioni. Speriamo che questo
appello incoragggi uno spirito di
causa comune per un’azione congiunta che aiuti a preservare la
Terra.
In Iraq si sono verificate e
continuano a verificarsi le repressioni di più ampia portata
nei confronti della popolazione
curda: i curdi iracheni hanno
infatti sempre rappresentato la
resistenza più matura e organizzata, subendo così deportazioni
di massa in Iran, bombardamenti di interi villaggi ed attacchi
con armi chimiche che hanno
sterminato migliaia di civili inermi, tra cui molti bambini.
Allo scoppio della guerra tra
Iran e Iraq, le autorità irachene ordinarono la deportazione di
migliaia di famiglie curde in
Iran, sostenendo che esse fossero di discendenza iraniana
(« taba’iyya ») essendo iraniano
il loro protettorato di origine.
Fra loro vi erano persone appartenute a famiglie vissute in
Iraq da generazioni, che avevano la cittadinanza irachena ed
avevano prestato il servizio militare nelle forze armate irachene; la maggior parte dei deportati erano donne, vecchi e bambini, mentre i maschi (minorenni compresi) vennero arrestati
ed imprigionati senza alcuna imputazione. Stessa sorte hanno
subito i curdi « feyli », musulmani sciiti.
Parecchie migliaia di curdi iracheni, in tutti gli anni ’80, sono
stati arrestati, uccisi, fatti sparire dalle forze di sicurezza o
dai servizi segreti iracheni. Ad
esempio, 8.000 curdi del gruppo Barzani (fra cui 315 bambini e ragazzi) sono « scomparsi »
nell’agosto 1983 dalla provincia
di Arbil, nell’Iraq settentrionale: nel 1976-77 queste famiglie
erano state costrette dalle autorità a stabilirsi nella provincia. Dal 1° al 10 agosto 1983,
soldati iracheni procedettero ad
un’offensiva in tutta la zona di
Arbil, catturando gli 8.000 curdi (tutti maschi, tra gli 8 e i
70 anni): si è sempre ritenuto
che questi arresti di massa rappresentassero un’azione di rappresaglia contro le azioni del
Partito democratico curdo, di
cui Masud Barzani era leader.
Ad otto anni dall’episodio, degli
8.000 curdi non si sa ancora nulla: le loro famiglie temono che
siano stati giustiziati.
In un rapporto intitolato
« Bambini: vittime innocenti della repressione politica », pubblicato nel 1989, Amnesty International ha prodotto l’elenco dei
315 bambini del gruppo Barzani e le fotografie di 14 di essi,
facenti parte degli 8.000 curdi
« scomparsi ».
Tra settembre ed ottobre 1985,
altri 3.000 ragazzi curdi tra i 17
e i 23 anni sono stati arrestati
dalle forze di sicurezza irachene a Sulaimaniya: pare fossero
stati catturati come ostaggi per
costringere i loro parenti (disertori o combattenti « Peshmerga ») « a consegnarsi alle autorità ». 300 ragazzi sarebbero
stati sottoposti a torture ed almeno 29 di essi sarebbero stati giustiziati. Nel settembre
1987 il governo iracheno ha confermato l’esecuzione di sette ragazzi, senza fornire notizie sulla sorte degli altri.
Nel biennio 1987-88 è stata attuata la più grande repressione
nei confronti della popolazione
curda, soprattutto di civili non
combattenti. Le circostanze in
cui le autorità irachene hanno
usato le armi chimiche, provocando migliaia di morti, indicano chiaramente resistenza di un
disegno politico teso all’eliminazicne dei curdi iracheni. Nello
spazio di due soli giorni, il 16
e 17 marzo 1988, circa 5.000 curdi sono stati uccisi nella città
di Halabja a seguito di un attacco chimico; meno di dieci
giorni dopo, è stato lanciato un
altro attacco chimico nella regione di Qaradash: centinaia di
sopravvissuti, forse 400, sono stati arrestati dai soldati iracheni
mentre tentavano di raggiungere Sulaimaniya per farsi curare: sono stati giustiziati da un
plotone di esecuzione il 2 aprile, presso la base militare di
Tanjaro.
Gli attacchi delle forze irachene seno proseguiti su tutta
l’area abitata dai curdi, che so
no fuggiti in massa verso i confini turco e iraniano: il 31 agosto 1988 le autorità turche hanno confermato di aver dato temporaneamente rifugio a circa 57
mila curdi iracheni.
Tra la fine del 1988 ed il 1990
centinaia di curdi sono stati uccisi in modo sommario dopo essere stati convinti dalle autorità
irachene a fare rientro nel paese, dietro la falsa promessa di
un’amnistia.
Rorà: un paese per tutte le stagioni
MINI-MARKET
Alimentari - Tabacchi
APERTO LA DOMENICA
Ttel. 93.144 - RORÀ
ALBERGO - RISTORANTE
COLLE DI PIAMPRÀ -m. 1150
CUCINA CASAUNGA
Ifcl. (0121) 93.101
hat - Ristorante KOLIBA
NEL PARCO MONTANO
Servizio Ristorante su prenot.
Iti. (0121) 93.139
A 8 km da Lusema S. G. si estende fino ai piedi del monte
Frioland. Centro della resistenza dei Valdesi guidati da
Giosuè Gianavello.
Gite consigliate: Monte Frioland - Comour - Rif. Valanza
- Cave di pietra - Pianprà - Rocca Sera.
Da visitare il museo che contiene una interessante documentazione sulle vicende rorengbe del passato.
Nel Parco Montano vi sono un ristorante, un’area attrezzata per il campeggio ed un anello di fondo di 12 km.