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Roma, 20 Marzo 1909
SI pubbli«« ogni Sabato
ANNO II N. - 12
LA LUCE
Propugna gl’interessi sociali ,’corali e religiosi in Italia
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Italia : Anno L. 3,00 — Semestre L. 1,50
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Direttore e Amministratore : B. Celli,yVia Magenta 18, Roma
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Jffa prima conferenza ^&Ì prof. Marioli
Domenica scorsa, alle 18 e mezzo, nel
nostro Tempio di Via Nazionale in Roma,
l’illustre Padre Giorgio Darteli, ex redattore della Civiltà Cattolica, ha incominciato la prima serie delle sue Conferenze
innanzi ad un uditorio svariatissimo, che
non avrebbe potuto essere più numeroso
per la nota proprietà fisica dei corpi :
Timpenetrabilità ; il tempio infatti era zeppo,
nei banchi, nelle seggiole davanti al pulpito, sotto e sopra la cantoria.
Presentato simpaticamente dal pastore
locale, signor Ernesto Comba — che annunziò un inno, lesse alcuni braui delle
S. Scritture, e proferì una breve e sentita
preghiera al principio e il Credo alla fine
— il Padre Bartoli parlò per circa un’ora
sul tema : « 11 Cristianesimo primitivo : religione di libertà e di verità ».
Dare un sunto della Conferenza è impresa che supera le nostre forze. Il suo
fu uno di quei discorsi che bisogna o stenografare parola per parola o rinunziare
a riassumere. Un gran numero di idee; di
tanto in tanto, lampi vividissimi di luce
spirituale; loquela facile; forma improvvisata, e però non già in quinci e quindi, ma
per questo appunto più sincera ed impressiva; momenti di vera eloquenza, e poi, da
cima a fondo, un qualche cosa di indefinibile, ma che — tanto per esprimerci —
chiameremo convinzione contagiosa, entusiasmo fresco e giovanile, trascinante, affascinante. " ”
11 Padre Giorgio Bartoli è un uomo che
produce e lascia un segno indelebile nell’animo degli ascoltatori.
L’idea centrale svòlta nella conferenza
— idea alquanto complessa — ci è sembrata essere questa ; « Paganesimo e Giudaismo erano ridotti ormai a forme esteriori di religione. E che cosi fossero ridotti
per appunto, è prova la morale o corroti.a
o ipocrita. Ma venne il Cristo I E il Cristo
suscitò negli animi il pensiero e il desiderio della vera religione, che è religione
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«Rivince ogni sinDio. Ma anche
mani d’uo
a
di libertà, e legame
gola anima direttamen^-.*il Cristianesimo — afiir-àùi?
mini — era suscettivo di corruzione ; e
fin dai primissimi tempi noi vediamo ch’esso
si corrompe infatti sotto l’influsso del formalismo dei Cristiani giudaizzanti e sotto
quello non meno fatate della Gnosi, che
fa della religione spirituale di libertà e di
verità una fantasiosa filo.sofla, la quale
crea dommi e indefinitamente li moltiplica,
disconoscendo i limiti che il così detto Credo
Apostolico — tanto semplice e tanto sufficiente — fissa alle anime; disconoscendo
specialmente l’Evangelo, che è il codice
genuino di ogni genuino cristiano. Per tal
modo, il Cristianesimo si convertì a sua
volta in religione tutta esteriore, di forme,
di riti e di pompe; in religione di oppressione e di schiavitù; giacché i dommi da
gli uomini creati dovevano necessariamente
essere da gli uomini imposti ai loro simili.
Spezziamo queste catene del tutto umane !
Come nella Scienza si è tornati alla Natura,
e così in religione si deve tornare all’Evangelo! Spezziamo le catene umane e mettiamoci in personale e diretto contatto col
Padre nostro che è nei cieli, mediante il
nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo! ».
Efficace assai l’allusione che il Bartoli
— parlando in terza persona —fece all’epoca solenne della propria vita, quando,
per confutare un teologo evangelico, egli
si diede a studiare gli scritti del più cattolico dei padri della Chiesa — San Cipriano — che gli aprirono gli occhi su
l’errore papìstico. E bella assai e commovente l’illustrazione desunta da quella tal
pianta dell’India, la quale reca su l’estrema
punta delle foglie — un poco simili a quelle
della nostra magnoglia — un calicetto ricoperto, che al bacio della frescura notturna s’apre e si empie di rugiada, soave
ristoro in quella torrida regione tropicale.
Cosi Tanima ha da aprirsi, per ricevere,
senza interposizione d’uomini, la feconda
e avvivatrice rugiada celeste, divina !
IL CRISTlflNESinO FRiniTlYO
Siamo lieti di poter offrire ai Lettori an sunto
discretamente ampio e perfettamente esatto della
prima conferenza proferita dal prof. G. Bartoli nel
Tempio Valdese di Via Nazionale e di cui abbiamo
dato i;n cenno di cronaca nel precedente articolo.
Il sunto è dovuto all’agile penna e alla felice
memoria del nostro caro amico Arturo Mingardi.
• Una donna samaritana, umiliata nella visione
triste delle proprie colpe, conobbe che Cristo era il
profeta e volle udire da lui la verità circa la qnistione
religiosa che divideva i Giudei dai Samaritani. Questi
adoravano Dio sul mcaite. Dherizim, ma i Giudei dicevano chie in Gerusaléifime. conveniva adorare. Donna,
rispose Gesù, credimi che l'ora viene, che voi non
adorerete il Padre nè in questo monte, nè in Gerusalemme. Iddio è Spinto, perciò couvien che coloro che l’adorano, l’adorino in spirito e verità.
(Gio. IV,, 24 24).
E un’altra volta Gesù disse ai Giudei : ♦ Se voi perseverate nella mia parola, conoscerete la verità, e
la verità vi renderà liberi ». (Giov, Vili, 31-32).
Il Cristianesimo è religione di verità e quindi di
libertà, vale a dire è la vera religione umana redenta dalla degenerazione a cui l’avevano assoggettata
la superstizione e il filosofismo umano,
1. Quando Cristo asci a predicare il suo Vangelo,
la religione era ridotta a un apparato esteriore di
cerimonie e ad una sofisticheria di legulei.
Tacito volendo definire la religione del mondo
pagano, non trovò miglior espressione di questa:
coeremoniae romanae.
La città dei Cesari aveva raccolti tutti gli dei
della terra e li adorava colla pompa dei riti. Lungo
le vie di Roma passavano in trionfo le divinità e
gli uomini offrivano ad esse sacrifici d’incenso e di
vittime, ma i cuori erano corrotti e l’iniquità innondava il focolare domestico, il trono e il tempio.
Paiicis hnmanum virit genas, proclamava tristemente Lucano nei più bei tempi dell’impero. Ancor
oggi l’umanità è proclive a far della religione una
cerimonia esteriore e vana : ma tale non dev’essere,
chè altrimenti i selvaggi dell’India avrebbero la
miglior forma di religione, poiché non vi è spettacolo più bello e seducente dei riti sacerdotali e delle
danze delle sacerdotesse della dea Bhovani e del dio
Krishna.
Il mondo giudaico oltre avere le sue coeremoniae
judaicae, aveva sostituita alla religione la legge tradizionale degli nomini. La parola di Dio era di fatto
annullata e gli Scribi e i Farisei imponevano al popolo i loro commentari.
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LA LUCE
Le religioni si corrompono mediante il formalismo
e filosofismo, come pur troppo avviene in tutte le
umane cose. v
Nelle aule parlamentari i rappresentanti la Nazione fanno le leggi, cioè limitano la libertà dei
sudditi; distruggono .i vecchi privilegi; riparano'al
male comune come meglio possono.
Ma ecco che sorgono i legulei che col sofisma
eludono le leggi, le falsificano e le rendono inefficaci. Avviene altrettanto nelle religioni.
Dio ha dato la legge nella coscienza umana, il
Decalogo sul monte Sin.ii.
L’uomo deve portare il giogo del Signore, giogo
soave e leggiero : al contrario cerca di sottrarsene,
ingannando la coscienza e interpretando la legge ;
allora è la casuística che tiene le veci della legge
religiosa.
Così era avvenuto nel mondo giudaico al tempo
di Cristo. Egli però per distruggere le false religioni non ne fondò una nuova, ma semplicemente
richiamò in vigore la vera religione umana : ado-1
rate il Padre in spirito e in verità; e la verità vi!
francherà. Basta aprire il Vangelo per ammirare la !
divina semplicità e la sapienza degli ideali di Cristo, i
i quali compendiano quella religione personale senza i
la quale nessuna anima può andare a Dio.
2. Sembrerebbe che gli uomini non avessero mai
a menomare la propria libertà, invéce per degenerazione molti amano la schiavitù e l’ubbidienza cieca,
simili airnccellino di gabbia, il quale torna spontaneamente nella sua prigione, dove per altro sa di
trovare un buon cibo senza fatica...
Guardate i primordi del Cristianesimo, quali ci vengono descritti nel libro degli Atti apostolici. Cristo
era venuto a liberare gli uomini dal giogo insoffribile delle umane leggi e dalla superstizione; ed
era appena salito al cielo, che già una parte dèi
primi seguaci si lasciava vincere dalla nostalgia delle
vecchie forme religiose e portava la discordia tra i
fratelli che vivevano nella carità come una sola
anima.
Di qui la lotta di alcuni degli apostoli contro i
giudaizzanti. < State fermi nella libertà, della quale
'■•.Cristo ci ha francati e non siate di nuovo ristretti
sotto il giogo della servitù ».
• Ah I fosser pur eziandio recisi coloro che vi
turbano! ». scriveva Paolo ai Galati V.
La seconda lotta che il Cristianesimo primitivo
ebbe a sostenere per la libertà fu contro la « Gnosi »,
la quale sotto un altro rispetto spingeva gli uomini
alla schiavitù dell’intelligenza.
Come la morale evangelica era contenuta nella
legge di libertà nell’amore vicendevole; cosi tutta
la dottrina del Cristianesimo primitivo era compendiata nel Simbolo di fede, cosi detto degli apostoli.
Quando un novello cristiano si presentava al fonte
battesimale per essere aggregato alla società dei
redenti il diacono diceva ; * tradite sgmbolum, recita
il Simbolo di fede ». Non altro gli veniva richiesto.
Infatti nel Credo apostolico vi è tutta la dottrina
dell’Evangelo. Esso contiene i misteri religiosi del
Cristianesimo. Questi misteri si possono bensì credere, ma non spiegare : essi non sono in maniera
alcuna contrari alla scienza, perchè transcendono
Puman* intelligenza.
Se li accettate, siete Cristiani, se no, non lo
siete.
Che cosà fece dunque la Gnosi ? Quello che fa
il modernismo oggi. Volle spiegare colla ragione i
misteri inacceasibili di Dio, e le sue arbitrarie spiegazioni volle imporre alla coscienza umana. Non vi
è violenza più inumana di quella che vuole imporre
agli uomini i dommi creati dall’umana sofisticheria.
Pur troppo il Giudaismo e la Gnosi finirono per
avere il sopravvento quando il Cristianesimo divenne
una chiesa gerarchica e burocratica e mondana, e
la pura e semplice religione del Vangelo cadde dalla
verità nella menzogna e dalla libertà nella schiavitù (1).
Perchè tutta questa rovina? Gli nomini amano la
menzogna e la schiavitù : vogliono essere ingannati
dalle pompe; si illudono volentieri di essere salvati
per mezzo di cerimonie.
La vera vita cristiana è una fede semplice e una
morale immacolata; ma i mortali fiicilmente si lasciano sedurre dalla fantasia e preferiscono il grande,
lo splendido e ciò che colpisce l’immaginazione al
vero e al bene.
Non sia cosi di voi, fratelli. Mentre la scienza diviene sempre più positiva e l’arte più naturale e la
vita civile vorrebbe essere meno artefatta, anche la
religione torni alle pure sorgenti del Vangelo e le
anime ritornino direttamente all’nnione con Dio che
Cristo ci insegnò a chiamar Padre.
V’è nell’India una pianta di meravigliosa struttura dalle cui foglie pendono altrettanti piccoli calici, i quali raccolgono dal cielo la rugiada, che mentre
alimenta la pianta serve anche di bevanda agli uccelletti dell’aria.
La bella pianta (Nepente) non cresce che a solatio :
l’ombra degli alberi colossali della foresta l’aduggiano
e la fanno perire. E’ cosi l’anima nostra; essa
vuole raccogliere la rugiada che viene direttamente
da Dio. Troppo spesso l’organismo colossale di una
chiesa, le dorate soffitte e le cupole maestose dei
tempi aduggiano l’anima che cerca la rugiada di Dio.
Rvtxxvo CQitigatidi
;l)Qui l’egregio oratore fece un rapido cenno alla propria intima evoluzione verso il Vangelo puro e alle
lotte sostenute contro l’autoritarismo romano, il quale
dopo di averlo privato dei mezzi indispensabili per una
vita di studio; gli proibì di predicare l’Evangelo senza i
commenti approvati dalla teologia papale. Disse come
con forte proposito si staccò dalla Chiesa ufficiale per
predicare liberamente il Vangelo, contento di appartenere a quella Chiesa veramente cattolica sparsa su
tutto l’Orbe, per appartenere alla quale basta professare il Simbolo apostolico e praticare la morale del
Vangelo.
Il prof. Bortoli tra i fanciulli
Un’altra volta in questa settimana avemmo il piacere di udire il prof. Bartoli : non in un tempio affollato; ma in mezzo ai ragazzi di un orfanotiofio,
in mezzo ai ragazzi dell’Istituto Gonld. L’uditorio
non era però tutto composto di ragazzi : alla destra
dell’ oratore un bel gruppo di signore, di signori,
di signorine e di giovanotti pendeva dal labbro di
lui, e di tanto in tanto scoppiava in una di quelle
risate che sembrano indicatissime a produrre un’oncia almeno di buon sangue.
Di che parlava il prof. Bartoli ? Oh, di qualche
cosa di molto semplice e veramente adatto per ragazzi ; parlava degli animali, di tre o quattro animali di queU’India afosa ch’egli ha abitata per una
dozzina d’anni all’incirca. Ma che conversazione piacevole ! Quanti motti spiritosi! Che gustose balzellette ! L’elefante intelligente, lo sciacallo avido e
antipatico e un uccello o due curiosissimi sfilarono dinanzi aH’imaginazione dell’eterogeneo uditorio,
come figure agili d’un cinematografo ; e pareva proprio di vederle quelle palme gigantesche, quegli alberi del ferro dal tronco enorme, quelle foreste intricate di piante intatte e di erbe gigantesche, dove
gli elefanti passano a mandre e i serpenti si slanciano di ramo in ramo.
Chi volesse farsi un concetto del multiforme ingegno del Bartoli, della sua prontezza di parola,
della sua svariatissima erudizione, e specialmente
della sua potenza di... adattamento agli uditori più
opposti, alle capacità intellettive più diverse, vada
prima in via Nazionale 106, domenica prossima alle
sei e mezzo pomeridiane, e poi, quando il Bartoli
continuerà al Gould, in Via Magenta 18, le sue conversazioni su gli animali dell’India, procuri di andare anche li, e ne sarà pienamente sodisfatto.
Abbiain tanto goduto lunedì sera, tra ì ragazzi
dell’orfanotrofio Gonld, che non ci è stato possibile
resistere alla tentazione di prender la penna e di
buttar giù queste quattro parole.
Bravo, professor Bartoli !
Due parole al “RinuoYamento” di Milano
la ; ----
L’ultimo numero Rivista modernista Milanese « Il fìinnovamento » contiehe una recensione del
libro del prof. Bartoli: La religione degl'Italiani.
L’autore della recensione confessa che il libro « è assolutamente veridico e sincero e descrive gl’italiani
quali essi sono realmente in fatto di religione *; non
gli risparmia, quindi, lodi ed encomi per la sua sincerità e chiarezza di vedute. In una cosa sola il
recensore non conviene col Bartoli, cioè, neU’nltimo
capitolo del libro, colà dove è accennato, più che
descritto, il rimedio al male religioso che travaglia
l’Italia. Il rimedio, secondo il Bartoli, consiste in
un franco e sincero ritorno al Vangelo, al Vangelo
autentico, al Vangelo senza commenti, in una parola, al Cristianesimo primitivo, quale viene attuato,
più 0 meno perfettamente, nelle Chiese evangeliche
scisse da Roma. Il recensore, da buon modernista,
non può inghiottire la pillola. Egli crede l’idea del
prof. Bartoli una bella e buona utopia per la semplice ragione * che la critica avendo distrutto il
Vangelo, manca la base per fondare su di esso la
religione deH’avvenire ». Questo è il concetto, se
non le parole, del chiaro recensore.
Io conosco chi si nasconde sotto il velo delle tre
iniziali A. d. S. E’ un’anima bella, buona, sincera e
convinta nella sua incredulità. Ora, a quel caro ed
egregio giovane io rivolgo una preghiera ardente.
Studi i Vangeli sotto altra scorta che non sia quella
del Loisy, e vi troverà la verità, E le scorte contrarie al Loisy e soci ipercritici sono molte. Non
dimentichi l’egregio amico che il Vangelo ha resistito
ad altri attacchi, ed ha trionfato, E’ vero : nei nostri Vangeli, tanto rispetto alla loro critica testuale,
come anche riguardo alla cosi detta alta critica,
occorrono non poche difficoltà : ma esse non sono
poi in numero cosi grande come gripercritiei ci
vorrebbero dare a credere. Inoltre, ad alcune di
queste difficoltà fu già, da Origene fino ai giorni
nostri, risposto esaurientemente. Altre poi, ma poche
in numero, sono misteriose e non ammettono risposta alcuna, nè nel senso tradizionale cristiano,
nè in quello razionalista. Le più finalmente, sono
certamente dovute a mende ed errori di copisti, a
note marginali introdotte nel sacro testo o a difetto
di compilazione. Ma la sostanza del Vangelo, l’autorità e la veracità del racconto evangelico non ne
vengono perciò a soffrire. Il Vangelo è opra insieme
divina ed umana. Se non vi fosse in essa nessun
difetto, cesserebbe d’essere umana ; se, per contrario,
contenesse tali errori che ne viziassero la stessa sostanza, cesserebbe d’essere divina. Il Vangelo non
è nè l’uno, nè l’altro. Esso sta nel giusto mezzo.
Chi cerca in esso, come in un sole divino, la luce e
il calore, li trova e abbondantemente : chi ferma il
guardo nelle sole macchie, trova anche le macchie :
ma a suo danno e a suo costo. X.
Brontoli! àe\y Italie
Il giornale v.L’Italie*, nel dare ai suoi lettori
un resoconto della prima conferenza tenuta dell’ex
padre Bartoli, nel tempio Valdese di Roma, esprime
il suo dispiacere per il nuovo orientamento spirituale
deU’illustre redattore della Civiltà Cattolica.
« De jésuite passerà être (1)prédicateur vaudois,
c’est vraiment une décadence», esclama l’articolista.
Bisogna quindi dedurre da questo grido del cuore
che riteniamo sincero; che il giornale «L’Italie» ha
assai maggiori simpatie per i segnaci di Loiola e pei
loro sistemi di coercizione che non per la libertà
di coscienza predicata dagli Evangelici!
Prendiamone nota!
____________ n- p.
(1) Che elegante francese... di Tivoli! (N. d. D.)
CCSIinNI ùel Pastore André-Viollier. — Volume
UuIiniUni di 180 pagine.— Prezzo di favore L. 1,20.
— Dirigerò con Cartolina-Vaglia alla Traduttrice: Carmen Silva, 9 Via Rusconi — Como.
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LA LUCE
CINEMATOGRAFIA UMANA
Un giornalista coscienzioso
[Ufficio del Direttore del giornale L’Italie. Il Direttore seduto alla scrivania. Entra nell'ufficio un suo
vecchio amico, signor Riberi].
Diekttoee — Baongiorno, Riberi, che buon vento
ti porta qui ?
Ribeei — Passando sotto il tuo ufficio, ho guardato in su ; ed ho provato una gran voglia di farti
le mie congratulazioni...
Dieettoee — Di che cosa?
Ribeei — Per la tua conversione.
Dieettoee — {sbarrando tanto d’occhi) conversione, dici ? Non t’intendo 1 Spiegati !
Ribeei — Mi spiego subito. Tu, vecchio odiatore
dei gesuiti, ieri sera hai fatto loro un complimento
di primo ordine.
Dieettoee — A proposito di che ?
Ribeei — Di quella tua noterella intorno alFxgesuita Baiteli. L’ho letta e l’ho gustata un mondo.
Bravo. Fernando ! Dunque, per te, il Bartoli, col
diventare un predicatore valdese, si è degradato !
I gesuiti, dunque, sono nella tua estimazione di gran
lunga migliori dei Valdesi e a loro superiori... E
tu dici di tali cose, tu, vecchio odiatore dei gesuiti ?
Mi meraviglio di te !
Dieettoee — Non farmi il bambino, Riberi mio.
Si, io ho disapprovato il Bartoli... E come fare altrimenti ?
Ribeei — Alla fin fine quell signore ha seguito
la sua coscienza. A me pare che in questi tempi
di vigliaccheria universale egli ha dato un bei esempio di coraggio personale.
Dieettoee — Ma... santo Dio ! Gli evangelici sono
cosi impopolari!.. Perchè... Ecco... mo’! Io non disapprovo punto quello che egli ha fatto... Già si
capisce... La libertà di coscienza... Ma, santo Dio 1
Perchè non secolarizzar.si? Poteva fare come il Murri..
Vedi don Romolo ? Egli combatte il Papato più o
meglio dell’ex-padre Bartoli. Ma egli continua a tenere la sua brava sottana e a proclamarsi cattolico...
Ribeei — E lo chiameresti un atto di sincerità
il suo, eh ?
Dieettoee — Santo Dio 1 Non mi uccidere colla
tua logica ! Beh 1 facciamo cosi ! Io avrei preferito
che il Bartoli avesse imitato il prof. Minocchi. Perchè non ha deposto l’abito ? Un bel paio di calzoni,
un grosso sigaro in bocca, e, se occorre, una bella
signora sotto il braccio, e noi giornalisti, contenti
contentoni !
Ribeei — Ah ! caro Fernando ! C’è una gran differenza fra il Minocchi e il Bartoli. Quel signore
non crede piu, mentre quest’ultino crede. E perchè
crede, e crede fortemente, sente il bisogno di predicare. Non essendogli più lecito ii predicare nelle
chiese cattoliche, predica in quelle evangeliche. Sai
che c’è ? Io non so capire perchè mai voi altri giornalisti facciate tanta festa quando un frate o un
prete getta il collare al fico per darsi in braccio della
incredulità, mentre poi, se un sacerdote lascia la
Chiesa Romana per seguire il Vangelo, gli fate intorno la congiura del silenzio, ovvero lo coprite di
vituperi. Per esempio, per voi altri, l’incredulo Ardigò è un semidio, il Bartoli invece è un decadente...
Dieettoee — (sorridendo) Kh ! tu non capisci ? E
pure è abbastanza chiaro. Prima di tutto, l’ateism o
è alla moda; il Vangelo, per contrario, è terribilmente fuori di moda. Poi, noi giornalisti odiamo accanitamente gli uomini dì prinoipii... che non siano
i nostri... e questi evangelici sono nomini di principii... abbastanza opposti ai nostri. Per esempio:
ci scommetto la testa che** non c’è un valdese che
legga \Italie.
Ribeei -—(ridendo) Ah ! capisco 1 Se a’ tuoi cento
abbonati si aggiungessero un due o tre cento valdesi,
il padre Bartoli ti sarebbe snbitò simpatico... Tante
grazie !..
Dieettoee — Ma certo... .certissimo. Bisogna pur
vivere! Inoltre gii evangelici sono gente indipendente,
che amano giudicare col proprio cervello... già, quel
benedetto libero esame !.. Noi, invece, abbiamo bisogno di pecore, che bevano tutto, credano tutto,
inghiottiscano tutto. Quel giorno che l’Italia tutta
seguisse il Vangelo, addio giornalismo italiano ! Bisognerebbe far fagotto...
Ribeei — Sai ? mi viene un’idea. Chiama il Bartoli a far parte della tua redazione. E’ una buona
penna. Sa più lingue, poi è rapido e scrive di tutto.
Dieettoee — Per l’amor di Dio ! Il Bartoli fra
noi ? Fra noi che voltiamo casacca otto giorni per
settimana ? Nè manco per sogno ! Come si farebbe
a vivere con un uomo simile ? No ! no ! stia lontano !
stia lontano !
Ribeei — Ma l’anno scorso quando egli usci dalla
compagnia, il tuo giornale ne parlò con grande simpatia.
Dieettoee — Verissimo. Ma allora noi si sperava
che sarebbe diventato razionalista od ateo, ovvero
sarebbe rimasto cattolico romano, nemico però del
Papa e del Vaticano.
Ribeei — In verità non ti capisco, Fernando. Tu
approvi, in fondo in fondo, l’ipocrisia e la mala
fede. Io...
Dieettoee — Va là, tu non sai stare al mondo!
Il cattolicismo è comodo, amico mio. Una messa alla
domenica, un po’ d' olio in punto di morte, e poi,
via in paradiso ! Il Vangelo invece è duro... duro...
duro. Non è pane pei vostri denti. Se lo ma.stichino
ii Bartoli e i suoi valdesi, e sopra tutto ch’egli stia
lontano di qui. Hai altro da dirmi ? Vedi ? Ho molto
da fare ! Debbo fabbricare di sana pianta alcune notizie autentiche per quei pecoroni de' miei lettori...
Te ne vai ? Addio ! A rivederci questa sera all’Aragno. Salutami tua moglie, sai ?
Ribeei {discendendo le ècah). Affé mia, che i Vaidesi sono dei grandi ingenui. Perchè non comprano
una mezza dozzina di giornalisti ? E’ questione di
lire e di soldi. Questa gente è più venale degli avvocati e delle... Ma forse il pazzo sono io, sono i
Valdesi ed il Bartoli. Mundus rult decipi. Il mondo
vuol essere ingannato, ed i giornalisti lo contentano.
Buon prò ti faccia, o umanità intelligente ! Mi ti
levo tanto di cappello!
miles Chpisti
Colloquio col prof. Giorgio Bartoli
Nessuno meglio di noi sarebbe in grado di riferire
intorno alle idee, e alle intenzioni dell’ex Padre
Bartoli, perchè abbiamo il bene di vederlo tutti i
giorni e più volte il giorno; tuttavia ci è grato
per ora raccogliere quello che di lui si dice nei
giornali quotidiani e non quotidiani che si pubblicano d’intorno a noi. Riportammo già il colloquio
del nostro illustre Amico col Sorani del « Nuovo
Giornale » di Firenze ; ed ecco qui in extenso il
resoconto d’un altro abboccamento che Furio Lonzi
pubblicava domenica scorsa nell’elegante ed equanime giornale romano La Vita.
Appena io sono entrato nella stanza da studio del
professore Giorgio Bartoli, stanza piena di libri, di
giornali e di lettere, illnminata da un vivace raggio di
sole che penetrava dalla piccola finestra, ed ho scorto la
figura deirnomo che andavo a intervistare, io ho pensato a Lutero. Mi è sembrato, quasi, che per un fenomeno medianico mi si fosse presentata l’immagine del
fiero monaco di Wittemberga, e io stesso di essere
diventato uno di quegli oscuri religiosi che da ogni
pa rte della Germania accorrevano verso il riformatore
per vedere il suo viso, per richiedere un consiglio, per
implorare aiuto aU’auima travagliata : e per un momento ho sostato, sulla soglia, tutto compreso da un
senso indefinibile di rispetto di meraviglia e di gioia.
Padre Giorgio Bartoli, ei-gesmta, ei-redattore della
Civiltà Cattolica, una delle menti più forti e più sane
che fino all’anno scorso il cattolismo italiano poteva
vantare, mi ha accolto con la più squisita cortesia. Piuttosto alto, sempre sbarbato, con gli occhiali che non
nascondon lo sguardo vivacissimo, irrequieto, penetrante^
con una veste da camera violetta, il mio intervistato
ha, veramente, una figura che impone rispetto, ma, insieme, simpatia e quasi confidenza,. Molto gentile, sorridente, incoraggia all’ingrato ufficio dell’inquisitore. Ha
ancora il colletto ecclesiastico : pare che, nella fretta
di uscire — se pure ha avuto fretta quest’uomo che il
suo passo ha studiato bene e pesato — pare che nella
gioia di uscire dal cattolicismo, da quella chiesa che
ormai nou soddisfaceva più alla sua anitra religiosa,
si sia, svestendosi, dimenticato di lasciare quella apparenza della vecchia chiesa : ma, parlando con lui —
ci si persuade subito che di cattolico romano padreBartoli ha solamente il colletto. Sembra, infine, anodi quei vescovi inglesi che, insieme ad una famiglia e
con idee religiose avanzate, hanno l’abito ecclesiastico
Se non m’inganno, ho scorto un senso di meraviglia
in lui quando gli ho dichiarato che venivo per parte
della Vita. Il nostro giornale, evidentemente, ha fama
di non nutrire tanta simpatia per le persone e le cose
religiose.
— Sa, ho detto io, la Vita è un giornale sinceramente
di libertà e si occupa spassionatamente di tutte le
quistioni. Ella vorrà essere cortese di darmi pei lettori
della Vita qualche interessante notizia.
E la conversazione è cominciata.
— Io odio i giornali, l’avverto subito - ha protestato
vivacemente il prof. Bartoli e ne ha spiegate le ragioni,,
ragioni d’indole morale, che del resto tutti i giornali
onesti condividono.
— Ma non odierà i giornalisti — ho detto io.
— Anche !
Ricordandogli che ancora lui è giornalista, io gli ho
chiesto in che modo è avvenuta la sua conversione dal
cattolicesimo al protestantesimo. Gli ho chiesto, anche,
se crede che fra i sacerdoti il suo gesto sarà seguito
coraggiosamente, oppure se rimarrà isolato per una di
quelle tante ragioni che tengono il prete asservito alla
chiesa di Roma.
— Ecco — ha risposto padre Bartoli — ii mio primo
pensiero, quando sentii insostenibile la mia posizione
nell’ordine dei Gesuiti e nel grembo della chiesa romana
fu quello di raccogliere tante altre energie, di unire tutte
le anime come la mia che soffrivano e che speravano
e con queste anime, con queste energie cominciare una
lotta, una campagna aperta senza sottintesi, senza
transazioni, senza paure di sorta coutro tutto quello che
v’è di guasto nella chiesa e nella società : volevo,
insumma, andare per tutta l’Italia a predicare, predicare
liberamente al popolo l’Evangelo di Cristo, unica salute
unica verità, unico mezzo di felicità e di salvezza.
Non doveva essere una chiesa, no : non doveva essere
uno scisma; doveva essere una specie di congregazione
come S. Francesco d’Assisi ideò e volle che portasse
al popolo la buona novella del Cristo. Per riunire
queste forze, per convincere le anime sempre un po’
titubanti, io ho, per lungo tempo, viaggiato, parlato,
esortato, pregato : ho trovato tante coscienze in pena
dilaniate dal dnbbio, ma ahimè! Benché tutti quei miei
compagni, preti e frati, uomini tutti di non comune
intelligenza e di profonda cultura, benché tutti approvassero le mie idee e sentissero come me il peso troppo
grave del giogo di Roma, é doloroso dirlo, nessuno di
essi ha voluto dire la parola coraggiosa, nessuno ha
voluto come me fare il gesto della rivolta, nessuno !
Queste ricerche cosi lunghe e cosi infruttuose, che
potrebbero da una parte sembrare tradimenti e dall’altra parte vigliaccherie, ma che, speriamo, non lo sono,
non mi hanno fatto perdere di coraggio, ed io spero,
io spero che l’esempio mio sarà seguito. Dopo ciò si è
maturato nel mio cervello l’intenzione di entrare nella
chiesa evangelica, ed appartengo adesso alla chiesa 'Valdese, chiesa italiana esistente prima della Riforma, dove
si dovrebbero concentrare tutte le energie degli spiriti
religiosi liberi d’Italia.
— Io son diventato evangelico — ha proseguito padre
Bartoli — non leggendo i libri protestanti ; si sappia
questo, ma leggendo la Scrittura, leggendo i Padri della
Chiesa.
— Mi vuol dire — ho domandato io — quale é la
sua posizione di fronte al modernismo e che cosa
pensa dei modernisti in generale e dei modernisti italiani in particolare ?
— Io e i modernisti siamo partiti dallo stesso punto.
4
Abbiamo questo di comune. Io e i modernisti abbiamo
sentito l’assolnta impossibilità di continuare a vivere
e a pensare come si vive e si pensa nella chiesa di
oggi: ma i modernisti, attraverso i varii contatti con
la filosofia moderna, sono giunti a credere allo stato
dinamico della religione ammettendo cosi che la verità
si trasformi nel tempo e che la religione sia suscettibile di cambiamenti continui ; io, invece, mi sono fermato nella convinzione assoluta dello stato statico del
cristianesimo ed aflermo, si, che quello che era vero
ieri è vero oggi e sarà vero domani e che non ci possiamo sottrarre a quella fede rivelata e accettata senza
rinunciare a chiamarci cristiani.
— Ed il modernismo quale avvenire potrà avere?
Che cosa erede possano fare i modernisti di oggi ?
— Il modernismo, a mio avviso, andrà a finire col
socialismo. Come movimento religioso perirà come è
perito il movimento del neo cattolismo di Gioberti ,
cosi, come al 1830, al 1860, cosi oggi ancora, i modernisti itaiiani di oggi non hanno nulla, quasi più nulla
nelle loro convinzioni di cristianesimo.
— E quale sarà l’avvenire del sentimento religioso ?
— Non so se la lotta socialista, cosi continuando a
rivestire un carattere ateo, riuscirà a gettare il popolo
nell’assoluta incredulità; ma io credo e spero che i
tempi moderni sieno favorevoli all’Evangelo. Già, si
vede da diverse parti, sorgere qualche accordo, sintomo
di buon avvenire ; si vede in diverse parti, armonizzare
il socialismo cristiano con la democrazia, con la grande
massa del popolo. E questo sarà bene. Io ho una grande,
cordiale simpatia pei socialisti ! Oltre a que^E0, un’altra
causa per la quale il nuovo spirito religioso sì farà probabilmente strada sarà quella di non trovare più come
una volta l’ostacolo del potere temporale della chiesa
romana : oggi v’è libertà, e le idee possono camminare
e tradursi in fatto. Io, per esempio, avrei ^ commesso
tanto da essere bruciato vivo a Campo de’ Fiori, ma
' oggi la chiesa non mi può toccare, o posso predicare
le mie idee, e posso liberamente far proseliti.
— E don Eomolo Murri ? Che cosa ne pensa della
sua candidatura ?
— Don Eomolo Murri ha fatto, credo, bene a presentarsi come candidato ; se, come è probabile, riuscirà
vittorioso avrà trovato il campo adatto per il suo temperamento. La politica è l’unico campo dove don Murri
potrà fare molto. Finirà coi socialisti, apertamente, e
non sarà male; perchè, come ripeto, ho grande simpatia, non solo, ma stima pel socialismo. E’ al socialismo che dobbiamo quel vigile controllo nelle grandi
amministrazioni dello Stato : il socialismo ha grandi
meriti, insomma, anche dal punto di vista morale. E
da lamentare però la campagna antireligiosa che si fa
da molti suoi adepti. E perchè poi? a quale scopo?
Credono forse di far bene a togliere al popolo quelle
idealità che incitano alla lotta e gettarlo nello sconforto? La riforma della società si impone, è verissimo,
ma si impone anche la riforma morale ; ed è inutile
cercare altrove, bisognerà ricorrere all’Evangelo.
E qui il padre Bartoli, con quella sua vasta e meravigliosa erudizione, mi illustra la sua idea per la
quale la società può giungere a quelle riforme desiderate; l’unico rimedio ai mali economici del mondo è
la cooperazione, anche morale, in cui la società frazionata in tanti gruppi arrivi alla pace per mezzo della
lotta. Tutto, nella vita, nell’ordine naturale delle cose,
è lotta e se la lotta mancasse avremmo la pace che
,è morte.
In ultimo, io domando a padre Bartoli che cosa sta
per fare.
— Io sono venuto a Eoma per fare, nella chiesa
valdese di Via Nazionale nna serie di conferenze, a
cominciare da doménica prossima, 14 marzo. Parlerò
ogni domenica e ogni giovedì sera fino a maggio ; i
miei temi saranno questi : « Il Cristianesimo primitivo,
religione di verità e di libertà. La religione degli ita.
liani. Il vero cattolicismo dov’è? Il modernismo in.
religione, ossia*. E’ la religione cristiana statica o dinamica? I tre gradini storici del trono papale. Apó
stata ò ipocriti ? La Sacra Scrittura avanti alle obie'
zione degli ipercritici. La Divinità di Gesù Cristo. I
dogmi della scienza. ì dogmi della fede. La costituzione
sociale della chiesa primitiva. Il Vangelo sulle pretese
prerogative del papato. Clericalismo e cattolicismo. La
maledizione del mondo.
— E dopo queste conferenze — ho insistito io —
che cosa ha intenzione di fare?
* _ Dopo queste conferenze ho intiuzione di farne
delle altre. Io voglio predicare, predicare sempre, parlare al popolo, senza riposo. Parlerò per le strade an
LA LUCE
che. E poi — ha aggiunto — se Dio m’aiuta, io fon
derò a* Eoma una Università inijernazionale di teologia
cristiana, la quale non abbia a base un sistema, ma la
Sacra Scrittura interpretata da sè medesima ; e ciò a
fine di impedire ai teologi di adulterare con le loro
ciarle umane le pure fonti della verità religiosa.
E con la dichiarazione di questo meraviglioso progetto che nel campo clericale non sarà accolto certo
con tanto piacere, la conversazione ha termine. Ed io,
ringraziandolo per la squisita gentilezza, guardo fino
negli occhi questa bella figura di ribelle, di apostolo,
di soldato, guardo quest’uomo che ha un’ erudizione
vasta, che ha tanto viaggiato e conosciuto, che è autore di tanti volumi, che è giornalista brillante e polemista vivacissimo e anche letterato e poeta, e penso
di nuovo a quel Lutero che gridava ; Non posso altrimenti : Dio ni aiuti ! e che ai severi studii teologici
alternava le oceupazioni d’arte, scrivendo versi e com
ponendo musica sacra.
Furio Lenzi
Onde appare che tatti, sovrano e vassalli, cercavano in realtà il proprio interesse personale, pur
fingendo di agire ad maiorem Dei gloriam.
Ma, continuando nnlladimeno i mali trattamenti
dei conti di Luserna, intesisi colla Corte ducale, ne
doveva nascere una guerra cruenta e feroce.
OioV. tJalla
__________________
Dopo le elezioni
In barba al Non expedit, don Romolo Murri non
solo è andato a votare, ma si è lasciato portare come
candidato; e nel ballottaggio di domenica scorsa egli
è uscito vincitore da le urne.
Il Fogazzaro, quantunque non condivida le idee
dell’ardito ribelle, sarà contento dell’elezione. Noi
pure ne siamo contenti. Un po’ di varietà, se mai,
non farà male. Il Paese ha bisogno di nuove energie, di nuovi pensieri, di nuovi entusiasmi. Avrebbe
bisogno specialmente di ciò che quasi tutti in Italia
ignorano ancora, l’Evangelo di Gesù Cristo.
*
» *
A Ostuni (Lecce) una scenetta elettorale, degna
d’esser conosciuta, e che la Tribuna dipinge cosi;
«Il vescovo di Brindisi, mons. Morando, aveva
messo il non expedit alla votazione dei sacerdoti
nel nostro collegio, ove erano in lotta 1 uscente Maresca e di Frasso Dentice, entrambi costituzionali; ma
il parroco Laghezza tenne in non cale gli ordini
superiori e si fece promotore di un movimento inteso a intervenire alla votazione. Cosi domenica, nonostante il divieto, gran parte dei preti è andata
a votare. Sono quindi piovute le sospensioni a divinis e altri provvedimenti disciplinari, ai quali
tutti i colpiti si sono cristianamente sottomessi. Produce meraviglia il fatto che il parroco Laghezza continua a celebrare la messa, e pare che si prepari
uno scandalo, poiché il parroco non intende piegarsi.
La popolazione commenta il fatto e si prepara a più
aspri avvenimenti, data la tensione degli animi tra
vescovo e parroco».
pSoìFeWstorìS
I Valdesi d’Angrogna oppressi dai loro protettori
e protetti dai loro porsocutori
Si è veduto Iolanda di Francia, duchessa di Savoia, eccitare, auche con minaccie fierissime, i signori di Luserna ad infierire contro i loro sudditi
eretici, e uno almeno di quei nobili e potenti vassalli osare affrontare lo sdegno sovrano anziché tormentare degl’innocenti. Gli altri però; calcolando il
doppio vantaggio che ricaverebbero, compiacendo
alla duchessa e confiscando i beni dei valligiani, abbandonarono la loro secolare politica di prudente ed
oculata protezione e divennero tirannici. Si videro
allora le posizioni affatto mutate. Jolanda era morta, e suo figlio Filiberto, accogliendo la domanda
fattagli dalle vittime della politica di sua madre,
prendeva sotto la sua protezione trentaquattro famiglie d’Angrogha, per guarentirle contro le «indebite oppressioni dei loro signpri». I pennoni ducali
vennero eretti sulle case di quel remoto vallone,
dove non crasi ancora mai fatta sentire 1 autorità
diretta della dinastia di Savoia. Correva l’anno 1848.
Cosi il duca riusciva a intadcare la potenza di quel
l’antica casa di Luserna, sovrana quasi indipendente
di estesissimi feudi, ed appoggiata alla frontiera de’
finese.
O. P. PONS
Quanti lutti in questi ultimi tempi ! Chauvie, Turino, Coppola! Ed eccone un altro terribile, che
gitta nel dolore un gran numero di famiglie e tutta
queir altra vasta famiglia ch’è la Chiesa Valdese,
sparsa in Italia e oltre l’Oceano. E’ morto dopo breve
malattia, Giovanni Pietro Pons, Commendatore della
Corona d’Italia, Ufficiale dei S.S. Maurizio e Lazarq,
Membro onorario della Società parigina delle Missioni,
Dottore in teologia. Moderatore da oltre vent’anni
della Chiesa Valdese. E’ mortoli 13 di questo mese,
alle ore 4 antimeridiane, a Torrepellice (Valli Vaidesi) e non aveva che 68 anni. La notizia fulminea
ci ha vivamente commossi. L’avevamo veduto pochissime domeniche or sono qui in Roma, e ci eravamo
sinceramente congratulati con lui pel suo ottimo
stato di salate. « Sicuro ! » ci aveva egli risposto
con quel suo spiritoso brio che gli era abituale « A
far i fannulloni, si ringiovanisce 1 » E se n’è già
andato! Così presto! Cosi inaspettatamente! Vien
fatto di ripetere, col cuore stretto da la commozione, la seria domanda apostolica ; « Che cos’è la
vita vostra ?»
« Un vapore ! » Si, un vapore, che sotto forma
di nuvoletta apparisce, attraversa il cielo sospinta
dal vento e si dilegua»; all’orizzonte. Ci par ieri, quando
vedemmo per la prima volta G. P. Pons, a Torrepellice. Egli era stato eletto pastore in quell’importante parrocchia delle nostre cari Valli, e succedeva
al valente prof. Charbonnier. Ahimè, come vola il
tempo! come passa rapidamente^ anche una lunga
carriera !
Al Collegio — come allora si chiamava — cioè
al Ginnasio-Liceo — come adesso si chiama — il
giovane pastore veniva a dare a noi studenti lezioni catechetiche, che noi studenti frequentavamo
con gusto. C’era dell’entusiasmo in quel cuore di
ardito evangelizzatore ; e nulla attira di più i giovani quanto l’entusiasmo. Come eran belli quei tempi !
Sono trascorsi per sempre : e le care figure d’allora
sono svanite quasi tutte l’una dopo l altra, lasciandoci un vuoto immenso nel cuore. Quanto bisogno
abbiamo tutti di stringerci d’intorno a Colui che è
,a Risurrezione e la Vita, per dirgli, quel che certo il
Salmista aveva tante volte detto al Signore : « Prendimi per mano e guidami col tuo consiglio, e poi
ricevi anche me in gloria ».
I funerali del Comm. Dr. G. P. Pons hanno avuto
luogo lunedi alle 3 del pomeriggio.
Abbiamo qui sott’ occhio la lettera di partecipazione, che reca i nomi della Vedova, dei Figlioli e
di un gran numero di altri Congiunti. A tutti, a
tutti l’espressione vivissima del nostro compianto
fraterno e della nostra profonda simpatia cristiana.
a Massello
Il Comm. Dott. G. P. Pons nacque
nelle Valli Valdesi, il 2 di settembre 1842; studiò
successivamente nelle Valli stesse, a Firenze e in
Iscozia; fu consacrato al S. Ministerio il 17 di novembre 1868.
Nei primi anni delia sua fedel vita pastorale, noi
lo troviamo a Guastalla, in provincia di Reggio Emilia (1868-69); quindi a Como (1869-70). A Como — ch’era ambiente piuttosto avverso all’Evangelo — egli ebbe il coraggio di tenere pubbliche
conferenze intorno al famoso Concilio Lateranense,
allora adunato, il quale ebbe a proclamare il ridicolo
domma delf’Infallibilità papale.^
Il XX Settembre, grazie a^ Dio, spalancava le
porte di Roma‘a tutti, anche ai Valdesi, ed i Val-
5
LA LUCE
■desi esultanti vi entravano ad annunziar l’Evangelo
del Cristo. Il pastore Giovanni Eibetti — che predicava airombra del Vaticano — non tardò a provare il bisogno di dividere un poco l’ingente lavoro
con qualche giovane collega. «Crescendo il lavoro»
leggiamo infatti nella Relazione annua presentata
dal Comitato d’Evangelizzazione al Sinodo Valdese
del 1871 « il Comitato ha dato provvisoriamente al
Sig. Eibetti un aiuto in persona del Sig. G. P. Pons
evangelista a Como».
Nel 72 il Pons era ancora a Roma a fianco del
pugnace Eibetti. La Relazione di queU’anno dice,
tra Faltro: «I nostri fratelli signori Eibetti e G- P.
Pons hanno continuato a spiegare in questa, eh’ è
importantissima tra le nostre chiese, uno zelo e
un’attività che vanno ricordate con riconoscenza» .
Ma su lo scorcio di quell’anno (1872) il sig. Pons
era mandato a Venezia, a succedere al fondatore di
quella giovane chiesa, Emilio Comba; il quale era
stato eletto professore di Storia ecclesiastica nella
nostra Facoltà teologica fiorentina.
Dieci mesi dopo, cioè in settembre del 1873, si
apriva di nuovo il Sinodo a Torrepellice; e il Rapporto, che il Comitato d’Evangelizzazione presentava
ad esso Sinodo intorno alla chiesa di Venezia, incominciava con queste elogiose parole: «Il sig. G. P.
Pons ci manda una eccellente relazione che pubblichiamo quasi integralmente».
Nei cinque anni trascorsi nella città regina dell’Adriatico, il nostro Evangelista lavorò accanitamente, affrontando ardimentoso non pochi pericoli.
Oli Evangelici di Venezia ricordano ancora certe
adunanze di culto che, in quei tempi d’intolleranza
e di fanatismo, avrebbero potuto terminare tragicamente a danno del giovane predicatore. Erano quelli
i tempi in cui nemmeno i funerali evangelici erano
rispettati; onde non di rado accadeva che feretro e
accompagnamento funebre venissero accolti, nelle
anguste e tortuose calli, nelle fondamenta solitarie,
sui pittoreschi canali, da una pioggia di spazzature
0 da una grandine di bucce di limone.
A Venezia, ove il clima è umido e le sciroccate
sono frequenti, 6. P. Pons non godeva di buona salute;
sicché — quando la parrocchia Valdese di Torrepellice gli ebbe offerto il posto di pastore — quantunque affezionatissimo ai suoi fratelli di Venezia,
di Treviso, di Pederobba, di Tramonti di sopra e
di Andreis (la quale ultima stazione era stata fondata da lui medesimo) — aderì all’invito, lasciò la
laguna morta, per tornarsene alle vivide aure delle
sue valli native. Nella relazione annua del Comitato
pubblicata in settembre del 1878, troviamo questo
cenno appunto: * Il sig. G. P. Pons chiamato ad
esser pastore della parrocchia di Torre Pedice, è
stato fin dallo scorso febbraio surrogato dal signor
Enrico Meille».
Fu insediato nel nuovo posto la domenica 3 di
febbraio dal pastore dimissionario Prof. G. D. Charbonnier; e parlò sul testo II Corinti IV, 7, innanzi
a un uditorio numerosissimo che empiva tutto il
vasto tempio, gallerie comprese.
Ancor noi assistevamo a quella solenne e commovente cerimonia.
Egli óra da quattro o cinque anni entrato a far
parte del Comitato d’Evangelizzazione.
Nel 1880 presiedette alla dedicazione del tempio
di Verona, predicando su Efèsi II, 20 —22.
Vicemoderatore per alcuni anni, essendo moderatore il Comm. Lantaret, dopo che quest ultimo ebbe
rassegnate nel 1887 le dimissioni G. P. Pons fu
eletto a quell’alto ufficio, che è il primo nell’amministrazione della nostra Chiesa Valdese ; e d allora in poi egli fu sempre rieletto, anno per anno,
fino al settembre scorso e, senza alcun dubbio, egli
sarebbe stato rieletto anche in settembre venturo.
Ma il Signore aveva disposto altrimenti per il suo
fedele e infaticabile servitore.
Nel 1889 cavaliere della Corona d’Italia, nel 1893
cavaliere dei Santi Maurizio e Lazaro, nel 1898 ufficiale di questo medesimo ordine, nel 1904 commenfiatore della Corona d’Italia, il nostro compianto Mo■deratore fu anche creato dottore in teologia, per
cagion d’onore, da l’insigne Università scozzese di
Glasgow.
Evangelista per circa dieci anni nel campo della
missione valdese in Italia e membro del Comitato,
pastore a Torrepellice per quasi trent’anni. Moderatore per più di venti, egli fu anche bisogna
ricordarlo — un fecondo scrittore.
Il Témoin, diretto dal comm. Lantaret, 1 Eco
della Verità (che precedette Vitalia Evangelica e
la Famiglia Cristiana) diretto dal pastore Angusto
Meille, VEcho des Vallées (succeduto al Témoin\
VAvvisatore Alpino, e parecchi giornali esteri di
lingua francese, ma specialmente la Rivista Cristiana, fondata dal sempre rimpianto prof. Emilio
Comba, lo ebbero a collaboratore assiduo e apprezzato.
La Rivista Cristiana fu fondata nel 1873; e in
quello stesso primo anno G. P. Pons vi pubblicava
un erudito studio storico sui Pellegrinaggi. Gli articoli ch’egli scriveva per il suddetto periodico erano
cenni bibliografici d’occasione, come, per esempio,
quello su l’opera di E. Ricotti Della rivolusione
protestante; o trattazioni della quistion sociale, che
— a quanto pare — gli stava assai a cuore; o saggi
di apologetica, come quello intorno alla Risurresione di Gesù Cristo, saggio apparso in quattro
lunghe puntate; o esposizioni d’indole storica e biografica, talora inspirate da fonti d’archivio del tutto
inedite. Fra i lavori storico-biografici citiamo: Erminia Fuà Fusi nato ed Emilia Gould; La battaglia di Legnano e papa Alessandro III al Congresso di Veneaia; Antonio Brmioli, riformatore
veneziano e autore d’una versione biblica.
Come si vede, una vita, non lunga quanto parenti ed amici avrebbero desiderato, ma ricca d attività continua e multiforme. «
Mente lucida e acuta, raziocinatore brioso ed elegante, Giovanni Pietro Pons riesci va assai efficace
nelle parlate sinodali. Amministratore impareggiabile, egli resse con molta prudenza e con perfetta coscienza Pamministrazione principale ed ufficiale della
Chiesa Valdese, che in grazia sua crebbe in istima
presso le autorità e il pubblico italiano, presso gli
amici correligionari dei paesi esteri. Zelante e infaticato pastore, pieno di fede, salda e non gretta,
pieno di carità non finta e di entusiasmo sempre
giovanile, G. P. Pons rimarrà nei ricordi di noi che
gli sopravviviamo un esemplare, e insieme un eccitamento a combattere il buon combattimento, a serbare la fede, a progredire in opere buone, in zelo
operante, a gloria di Dio e per potere, come Colui
che ci ha preceduti, udire il Bene sta, buono e
fedel servitore, e ricevere da la mano del Signore
la corona sempre verde della vita e della gloria.
cano della Facoltà teologica di Firenze prof. E. Bosio,
il vice Moderatore B. Léger cogli altri membri della
Tavola, il presidente del Comitato di Evangelizzazione. I pastori delle Valli e di Torino (aU’infuori del
Cav. Uff. G. Weitzecker infermo) i professori e gl’insegnanti sono tutti presenti., I sindaci e assessori
dei vari comuni della Valle; il pretore e diversi
impiegati e funzionari governativi si notano pure
nell’assemblea.
Il signor C. A. Tron legge il salmo 73, e prende
le mosse del suo dire dal versetto 23 : « Io sarò
sempre teco : tu mi hai preso per la destra, tu mi
condurrai per il tuo consiglio e quindi mi riceverai
nella tua gloria », e ne fa applicazione al dipartito
Fratello.
Sorge quindi a parlare il Vice moderatore signor
B. Léger, il quale, ricordato che Samuele essendo
morto, il popolo si adunò per piangere, ne fa bella
riferenza al caso presente.
Il Presidente del Comitato, letto il versetto 12 del
capo III dell’Apocalisse, si vale deH’immagine quivi
usata di * colonna nel tempio di Dio », per dire quel
che fu il signor G. P. Pons pór la nostra Chiesa,
soffermandosi specialmente a quanto operò a prò
della nostra evangelizzazione.
Il decano della Facoltà prof. Bosio D. D. parlò di
lui nei suoi rapporti colla nostra scuola di Firenze.
Segue il presidente della Commissione esecutiva signor A. Jahier, che si sofferma specialmente all’attività benedetta del signor Pons qual pastore della
parrocchia di Torrepellice.
Parlano ancora con vibrati accenti e molto opportunamente il preside del Liceo Ginnasio prof. M.
Falchi ed il prof. G. Eibetti, presidente delle opere
ospitaliere della nostra Chiesa.
Chiudesi l’impressionante cerimonia, che durò oltre
un’ora e mezzo, col cantico francese ben noto : « Pourquoi des coeurs chrétiens gémiraient-ils encore ? », e
con la preghiera proferita dal pastore di Villarpellice signor E. Tron.
Il lungo corteo si forma g pi svolge in buon ordine accompagnando la salma^ Camposanto. La valorosa vedova del Comm. G. P. Pons ha voluto seguire
fino all’ultimo- la bara deli-amato suo sposo, sostenuta amorevolmente dalla sorella signora A. Berard,
dal figlio signor pastore Emilio Pons e dalla giovane
nuora.
La bara si cala nella tomba di famiglia, dopo la
lettura di pochi versetti é l’orazione domenicale; intanto cominciano a cadere, portati da gelido vento,
fiocchi di neve che ricopriranno le smosse zolle ed
ammanteranno con pari candido velò la dimora dei
morti come quella dei vivi.
Italico.
I funerali del Comin. Dott. E. P. Pons
Ci scrivono da Torrepellice:
I funerali del Moderatore Comm. G. P. Pons ebbero luogo in Torrepellice lunedi, 15 marzo, alle
a pomeridiane.
II vasto Tempio di questa cittadina, prima dell’ora si trovò pieno zeppo, come raramente lo si è
visto.
Alla casa mortuaria venne tenuto un breve culto
intimo. Lesse un brano della Sacra Scrittura il signor pastore Daniele Gay, e fece la preghiera il
pastore della parrocchia.
La salma fu quindi trasportata al Tempio, seguita dalla famiglia e da alcuni amici della medesima. ^ ^
Molte bellissime ^l^one, che hanno dovuto essere
collocate su apposito’barro, attestano della stima e
del rispetto che sodalizi e privati nutrivano pel defunto. Alcuni giovani Pastori tengono ad onore di
trasportare loro stessi a braccia la bara dal carro al
Tempio. ■ r. A
Presiede la funzione funebre il Comm. C. A.
Tron D. D.
Notansi nella parte elevata dell’abside, il sottoprefetto di Pinerolo Comm. Frutteri di Costigliole, il
* consigliere provinciale Comm. Enrico Poèt, il de
](ella Penisola t nelle ]$ote
S. Lucia
La Scuola Domenicale, sempre numerosa, volenterosa, attenta, mi dà molte soddisfazioni, e sono certo infatti che talune di queste pianticelle — coltivate con
lo spirito che viene da alto — diventeranno degli alberi fruttiferi nel campo del Signore.
Mi rallegra pure assai la Scuola quotidiana di 4. e
5., coi suoi 34 alunni assidui, diligenti, buoni. E’ una
porta questa per cui m’è possibile introdurmi presso famiglie 0 cattoliche romane o indifferenti, alle quali io
spiego chi sono gli Evangelici, che cosa essi vogliano
e che cosa intendano di fare:
Nel gennaio scorso, inscrissi 12 giovanotti di venti
e più anni alla Scuola serale
Coltiviamo, educhiamo i giovani che hanno Tanimo
più e meglio aperto al soffio vivificatore e potente deiverità, e qualcosa rimarrà del seme spàrso!
Finoranella Chiesa, non avemmo perdite, grazie Dio;
ahzi, registrammo, con piacete, due battesimi; ed altri
tre si celebreranno tra breve.
Voglia il Signore spandere le sue infinite grazie e
benedizioni sopra queste dilette creature ed i loro genitori. «Chi dimora nel nascondimento dell’ Altissimo
alberga all’ombra deU’Onnipotente «Salmo XCI.»
Enrico Bobutti.
té
6
6
LA LUCE
Gmnova
Ci si fa notare che alla mesta cerimonia dei funerali
del tanto rimpianto Sig. Turino erano presenti tutti i Pastori evangelici delle varie chiese italiane e straniere
di Genova.
Reggio Calabria
(R. P.) Il uostro correligionario Valdese l’avvocato W.
Caifarel, dopo aver esercitato la magistratura durante
dieci anni a Cheren e all’Asmara in qualità di giudice
di quei tribunali regional', ha chiesto ed ottenuto di
esser destinato a Reggio Calabria. Egli vi si recherà
quale presidente di tribunale.
Auguriamo all’egregio magistrato di poter continuare
a Reggio l’opera sua intelligente e coscienziosa, come
già ebbe a fare con meritato plauso, durante i dieci anni
vissuti nell’Er trea.
OLTRE LE ALPI E 1 flRRI ^
Franala
Le Mane — Il deputato Réveillaud ha tenuto una
conferenza, trattando dei Liberi Pensatori e dei Liberi
Credenti. Notevoli gli esempi di intolleranza... liberapensatrice da lui citati.
Nizza — Il Sinodo della Chiesa Riformata della
Provenza si adunerà in questa città il 21 aprile.
Sens — Il consiglio di vigilanza della diocesi di
Sens ha formalmente proibito ai preti di spiegare FEvangelo senza licenza del vescovo e di assistere a radunanze ove si spieghi l’Evangelo !
Parigi — Sotto gli auspici del periodico Poi et Vie,
che ha indetto, come sappiamo, un corso di svariatissime conferenze, Ernesto Chazel domenica scorsa ha
parlato dei Diritti della fede.
Montaaban — Il past. e prof. A, Porret di Ginevra ha terminato le sue belle lezioni sul Buddismo e
Masdeismo,
Alla stessa Facoltà di teologia (evangelica^ sarà
dato un corso di conferenze scientifiche sul « Finalismo e la difesa dell’essere vivente » su « Gli animali dei
fondi marini » su « La telegrafia senza fili » e « su L’aviazione
Montpellier — Dal 9 al 12 febbraio, radunanze di
risveglio con intervento del prof. E. Bois e dei pastori
Saillens, Roui, Tophel e Ullern.
Montélimar — Si annunzia un nuovo giornale evangelico, L Accord. Direttore il pastore di Montélimar
sig. Blanc-Milsand.
Svizzera
Ginevra — Corre voce che il prof. Giorgio Fulliquet
dell’nniversità ginevrina abbia a succedere al Balavoine
come pastore di S. Pietro.
Germania
Il IO luglio si commemorerà solennemente Calvino
nelle chiese di Prussia.
Ungheria
Anche in Ungheria ci si prepara a commemorare il
4- centenario della nascita di Calvino ; e in quell’occasione compariranno parecchi scritti sul grande Riformatore.
Ingh Ut erra
Durante 1 esposizione franco britannica tenutasi a
Londra, quattordici tra i più noti pastori di lingua
francese hanno evangelizzato in radunanze straordinarie e perfino all’aria aperta i Francesi residenti nella
enorme metropoli inglese.
Svezia
Il grande viaggiatore svedese Sven Hedin, che s’è
inoltrato nelle regioni inesplorate del Tibet, tra mille
ostacoli e pericoli, ha proferito, in uno dei banchetti
offertigli, queste parole che dedichiamo ai nostri ateuzzi
da strapazzo ; « Non dobbiamo dimenticare che c’è un
Dio, il quale dirige le nostre sorti I Non intendo di
far violenza a nessuno con l’imporgli la mia fede. Ma
io devo compiangere coloro che non hanno imparato
che le cose stanno cosi. Mi sono spinto alle più «levate
altitudini dell Asia, alle altitudini delle maggiori isontagne del mondo. Mi sono sentito isolato e debole. Ho
sentito che Tuomo non può nulla da sé e che solameute la mano di Dio, che guida e sorregge, è atta
a condurci sani e salvi attraverso i deserti infocati e
gli spazi interminabili ».
»,‘^.«i®"*<>»PPrezzamento di continuo pre
noi andiamo
quanto ci manca anSÌS«® ou® «o/JobWam^ presto poa
sibile, 3) detl’eaiguità delle nostre forze nTorali. ^
I O. Fulliquet
Antioctiia.
Antiochia di Siria giace sa l’Oronte e dista
27 chilometri dal mare. Opinano alcuni sia stata edificata sul suolo medesimo di Riblah, nel paese di
Hamath. Circoscritta a nord e a sud dal monte Silpio ;
ad est e ad ovest dai torrenti Onopniete e Zoiba,
l’antica città sorgeva parte in piano, parte sul pendio
settentrionale, parte sulla sommità di due alti colli.
Le vecchie mura sussistono sempre ; ma in uno stato
di grande disfacimento: erano larghe tanto da potervisi camminar sopra con comodità. Fatta capitale
dell’oriente romano, fu colmata di franchigie e di
onori, specialmente da Vespasiano e Tito, imperatori ; già Antioco il Grande e Antioco Epifane l’avevano allargata, aggiungendovi nuovi quartieri.
Ebbe l’aggiuntivo di Tetrapolis quando altre città,
ciascuna cijita di muro, vennero a collocarlesi intorno successivamente...
Antiochia non possedeva soltanto edifizi pubblici
e cospicui monumenti, si ancora ciò che molte città
della Siria le invidiavano, vale a dire esemplari magnifici dell’arte greca. La mitologia ellenica avea
trovato in Antiochia una seconda patria. Tutta la
città era fanatica pel culto di Apollo e delle Ninfe...
Dafnè, località allettatrice a poco più di quattro
miglia dalla città, fu, pei conquistatori greci, quel
che Capua pei cartaginesi. « Là, circondato da orti
e boschetti incantevoli e voluttuosi sorgeva lo splendido tempio di Apollo, a cui i gaudenti dell’ antichità affluivano in ogni tempo, ma specialmente in
occasione delle feste, o teorie solenni », celebri pel
gran silenzio che vi predominava...
Fra le colonie che gli ordinamenti liberali dei
Leleucidi avevano attirate nella capitale della Siria,
quella degli ebrei era la più numerosa e fiorente.
Essa cominciò a fondarsi ai tempi di Selenco Nicatore e fu retta colle medesime leggi delle colonie
greche. Quantunque i Giudei avessero un governatore proprio, pure le loro relazioni con gli etnici
greci erano frequenti e degeneravano spesso in lotte
ed aggressioni. Questo cozzare degli uni con gli
altri si prestava assai alla propaganda religiosa. Rendendosi il politeismo sempre più incapace di appagare i bisogni intellettuali e morali delle persone
serie, la filosofia dei Greci e la religione dei Giudei
attiravano necessariamente coloro che, nelle vane
pompe del paganesimo, non trovavano la ricercata
soddisfazione. Pertanto, i * prosèliti della porta », e
i « proseliti della giustizia » erano numerosi in Antiochia, e tra questi il Cristianesimo reclutò i suoi
primi adepti.
Per noi cristiani d’infra i Gentili, la città di Antiochia è degna di grande onore : essa fu la memorabil culla del cristianesimo etnico. Invero, noi
leggiamo nel Libro dei Fatti degli apostoli {11,19-26)
che « i dispersi per la tribolazione avvenuta per
Stefano passarono fino in Fenicia, in Cipri ed in
Antiochia, non annunziando ad alcuno la parola, se
non ai Giudei soli ». Senonchè, alcuni Cipriani e
Cirenei parlarono ai Greci (Ellenisti) evangelizzando
il Signor Gesù : molti si convertirono alla nuova
fede, e cosi la fama di loro pervenne alla Chiesa
di Gerusalemme. Questa mandò Barnaba ai primi
cristiani d’infra i Gentili ; ma Barnaba, bisognoso
d’aiuto, andò a prendere Saulo nella vicina Tarso
sua patria ed entrambi se ne vennero in Antiochia.
Essi per un anno intiero, ammaestrarono un gran
popolo, « e i discepoli primieramente in Antiochia
furono nominati cristiani ». Da ora innanzi, e per
tutti i secoli, non saranno più cpnsiderati come una
setta israelitica, nè additati coàie Namrei o Oalilei,
ma avranno un nome proprio e faranno corpo da sè.
A questa gloria Antiochia ne aggiunse un’altra.
In occasione della gran fame avvenuta sotto Claudio
Cesare, i discepoli determinarono di soccorrere i fratelli della Giudea, e mandarono la loro sovvenzione
per le mani di Barnaba e di Saulo. Cosi, da Antiochia ancora si partì il primo esempio di quella fratellanea pratica, che fa dei Giudei e dei Gentili un
corpo solo, unito nei legami di una medesima fede
e carità (Fatti 11, 27-30; (cfr. 1 Cor. 9, 11).
I
Il primo centro delle missioni presso i pagani
divenne ben presto il qnartier generale del primo
missionario cristiano. Da Antiochia parte Paolo per
i SUOI viaggi, e ad Antiochia fa ritorno, per ivi render conto delle cose meravigliose operate da Dio
per mezzo di lui (Fatti 13,12; U, 26-27; 15, 35-36).
La Chiesa Antiochena divenne una vera « luce da
illuminar le genti », e vi brillarono, quasi stelle, i
profeti e i dottori Barnaba, Simone detto Niger,
Lucio cireneo, Manaen, figliuol della nutrice di Erode
il Tetrarca, e, stella di prima grandezza, Saulo da
Tarso.
Ma in Antiochia altresi avvenne rurtù fra le due
tendente che si manifestarono nelle chiese apostoliche, fra i « Giudei » e i « Gentili » passati al cristianesimo : fra la « circoncisione » e 1’ « incirconcisione ». Il conflitto religioso, nel quale l’Antico
ed il Nuovo Patto si trovarono di fronte, diede luogo
altresì al primo Smodo cristiano tenutosi a Gerusalemme, dove « gli, apostoli e gli anziani si radunarono per provvedeie a questo fatto ».La discussione fu bensì animata ; ma la decisione fu degna di
quei consesso. Pietro ricordò che, lui per il primo.
Iddio avea scelto « acciocché, per la sua bocca, i
Gentili adissero la parola del Vangelo e credessero »,
dando loro, come agli apostoli, lo spirito Santo. Barnaba e Paolo narrarono « quanti segni e prodigi
Iddio avea fatti per loro, fra i Gentili » ; e Giacomo,
riassumendo il dibattito, propose che non si desse
« molestia a coloro che, d’infra i Gentili, si convertono a Dio ». Da una parte fu affermata la salate
per la grazia del Signor Gesù Cristo », senza imposizione di altro peso ; e dall’altra parte venne
raccomandata la carità cristiana (cfr 1 Cor. <^).
Paolo e Barnaba insiem con Giuda Barsaba e Sila,
recarono alla Chiesa di Antiochia la deliberazione
della conferenza di Gerusalemme ; e ♦ quando l’ebber
letta si rallegrarono di consolazione ».
Però la lite non rimase spenta del tutto. Alquanto
più tardi, in Antiochia stessa. Paolo ebbe a riprender
Pietro che « non camminava di piè diritto » (Fatti
15, 1-33 ; Gal. 2, 11-16).
Coll’estendersi del Cristianesimo Antiochia divenne
la sede di uno dei quattro patriarcati di Oriente,
essendo gli altri Gerusalemme, Alessandria e Costantinopoli. L’illustre Crisostomo vi fiori, alla fine del
quarto secolo, destando Tammirazioiie di tutti. Dieci
concilii vi si radunarono. La Chiesa cristiana vi pose
profonde radici, e v’innalzò templi numerosi e splendidi per architettura.
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nel corso del 1909.
Balltria scìEntifìco-reliaiosa
Q. F. Floureo5 (1794-1667).
Fisiologo francese, insigne per i suoi studi del
sistema nervoso, segretario perpetuo delTAccademia
delle Scienze e socio dell’Accademia francese.
Nei suoi numerosi scritti si possono spigolare
sentenze come queste:
«La Provvidenza è l’ultima parola di ogni studio'
che sia serio. Newton la scopriva nell’ordine uno
e mirabile che regge il creato; Cartesio ne vedeva
la prova nell’intelletto». (Discorso sui premi di
virtù).
«Se ponete la natura al posto deH’antore di essa,
la natura sarà Dio. E quale Dio! un Dio soggetto,^
limitato, che opera é non conosce, che mi dà intelletto e non è intelligente.» {S oria dei lavori e delle
idee di Buffon).
«Gli antichi ritenevano che il mondo fosse eterno,
sempre lo stesso. Oggi noi sappiamo che cosi non
7
LA LUCE
Bossaet potrebbe esclamare di nuovo : On voit la
saite des desseins de Dieu... Nei quali disegni
continuati Dio sempre avanza, e non si ferma se
non quando ha' creato Vaiamo {Elogio di Beniamino Delessert.)
<D)po avere creati tanti esseri relativi gli uni
agli altri, Dio volle crearne uno relativo a sè, un
essere che lo conoscesse.* {Storia dei lavori di
Giorgio Cavier).
«Tutte le condizioni necessarie alla vita animale,
cosi mirabilmente combinate ed apparecchiati per
il momento in cui deve quella vita apparire, dimostrano Dio ed un solo Dio.» (Dell'apparizione della
vita sul globo).
«Allorché Newton, giunto all’ultima pagina del
suo libro immortale, ebbe riconosciuto che tutti i mondi sono sottoposti ad una unica legge, scrisse questa
frase degna della seria ammirazione di tutti coloro
che pensano: siccome, v'è in tulle le cose l’impronta
di un medesimo ed unico Dio, così deve ogni cosa
sottoporsi ai un solo e medesimo essere.» (Elogio
di Oeoffrog St. Hilaire). E. M.
EROINE YHLDESI
Nuova Sbrib
XII.
jlniiQ di Savoia
Una Principessa di Casa Savoia sposa e sorella
di martiri della fede evangelica.
Chi da Villafranca o da Moretta scende verso SaInzzo accostandosi al Po, incontra a sei chilometri circa
di distanza, sulle rive del fiume un ameno paesello medioevale non modernizzato ancora dai mezzi attuali di
locomozione, dominato dal cadente ma ancor maestoso
Castello dei suoi conti e baroni di un tempo. Esso si
chiama Cardò.
Questo nome, che al touriste ordinario nulla dice che
l’attragga a visitar quella terra, al pellegrino Valdese
rievoca la memoria d'una delle più gloriose eroine della
sua storia avita.
In quel castello entrava il 28 Maggio 1556 una sposa
sedicenne col giovane sposo, il signore del luogo.
Non un prelato con codazzo di chierici e sfarzo di
arazzi e dì Inmi, celebrò la messa nuziale; ma un barba di Val Lnserna, in presenza del popolo, festante consacrò lo sposalizio giacché ambo gli sposi professavano
la religione dei Valdesi e parecchi del paese ne seguivan l’esempio. Il Conte di Cardò, Giacomo di Saluzzo,
aveva impalmato Anna di Savoia figlia di Claudio di
Savoia, Conte di Tenda, governatore della Provenza e
cugino germano del regnante duca di Savoia Emanuele
Filiberto.
Quanto splendor recò all’ antico maniero la nuova
castellana, quanta vita e movimento vi misero i figli
che poi vi nacquero e crebbero, Enrico di Saluzzo,
primo barone di Cardò e le sorelle Claudina e Susanna!
Per un anno, si videro i Barba delle Valli venire a
celebrare il lor culto in quelle vetuste mura, accolti
con gioia dal popolo come dalla famiglia del castello.
Ma, quando nel Maggio 1557 si seppe esser venuto
da Ginevra e insediatosi pastore Valdese a Lnserna
San Giovanni il famoso predicatore cappuccino Gioffredo Varaglia, la giovine Contessa di Cardò s’intese
colle vicine amiche la marescialla Dehtiermer la Contessa di Moretta, ed altre per andar con loro a sentir
le sue prediche al Chiabazzo. Era una gita di tre ore
coi loro equipaggi, da Cardò passando per Cavour e
Bibiana. Poi al Varaglia martire successe Lentolo come
pastore; e le devote patrizie seguitarono a frequentare
il culto da lui diretto, anche quando l’inìquo governatore Castrocaro tentò coi suoi sgherri d’impedirle.
Scrive Gillìo infatti (1,327) che, appena insediatosi
alla Torre, (1565,) Castrocaro «avendo sentito che la Contessa di Cardò, Madama de Termos ed altre della nobiltà
del basso Piemonte, eran venute a San Giovanni per
fare la S.-tnta Cena al a Pentecoste secondo il solito, vi
accorse accompagnato da gente sua per impedere che
le suddette dume fossero ricevute alla Santa Cena».
Sappiamo che la duchessa Margherita, appena informata mise ordine a tale prepotenza. Già, la duchessa,
naluralmente buona, avea a corte fra le dame più illustri e considerate, la madre stessa della giovane contessa di Cardò, cioè la contessa di Tenda la quale era
una protestante dichiarata. Chiamavasi costei Françoise de Foix; aveva sposato Claudio di Savoia, conte
di Tenda, nel 1539, quando egli era rimasto vedovo
deila prima moglie cattolica, con due figli, Penata (che
fu poi marchesa d’Urfè) ed Onorato, che fu poi Conte
di Sommari va. Françoise restò protestante anche dopo
entrata in Casa Savoia ed educò nella sua religione i
due figli che nacquero, Anna, cioè, e Renato barone di
Ciprières.
Ecco come la Contessa di Cardò si trovava essere
evangelica ed assidua frequeutatrice del primitivo tempio di Luserna San Giovanni. Aveva dessa avuto seco
10 sposo per un lustro soltauto; giacché sin dal 1561
ei Cavea lasciata per recarsi in Provenza a combattere
pei Valdesi insieme col giovine Renato sotto gii ordini di Claudio il quale s’era dichiarato capo e difensore
dai perseguitati Valdesi contro il proprio figlio Onorato,
Conte di Sommariva, fattosi capo dell’esercito cattolico.
Seguirono anni angosciosi per la gioviue madre rimasta a Cardò coi figli durante quelle lotte, per lei doppiamente penose perchè aveva il fratellastro nel campo
avverso. Sappiamo che suo padre, iu un intervallo di
pace, nell’Aprile 1563, la visitò a Cardò, senza dubbio
frequenti visite della madre giovarono a sostenerla; ma
11 vero e più potente conforto, essa andava a cercarlo
nelle religiose assemblee del Chiabazzo.
Nel 1566 perdette il padre ma presto riebbe lo sposo
quando sembrò ristabilita la pace iu Provenza. Senonchè nel Luglio 1568, un’ orrenda notizia venne a piombar Tauìma sua, che già sperava giorni migliori, nel
lutto più straziante: Caterina dei Medici, risentita dalla
franca professione di fede evangelica di Renato di Savoia, barone de Cipières, e paventando in lui si prode
già a vent’anni, un troppo terribile nemico, trovò modo
di farlo massacrare a tradimento mentr’ei tornava da
una visita fatta a Nizza alla Corte dì Savoia. Renato,
il fratello diletto della Contessa di Cardò, era morto
martire per la sua fede, a Frèjus, il 3 Luglio 1568.
Non abbiamo per misurar tutto l’effetto che tal mazzata produsse su lei, che un fatto solo: Il 23 Dicembre di queU’anuo 1568, ella arrivava collo sposo, i figli ed un numeroso seguito, a Losanna e vi prendeva
rifugio.
Ma quivi l’aspettavan nuovi guai. Appena insediata
in pace la famiglia in quel tranquillo ritiro, il Conte
di Cardò, al primo squillo della nuova guerra di religione, ripartiva per la Francia. Ahimè! la sposa non lo
dovea più rivedere. Pochi mesi dopo, egli era caduto
sul campo di battaglia; e già il 23 Marzo 1569 leggiamo sul Libro dei Rifugiati di Losanna “Il maggiordomo di Madama de Cardò prende commiato,. Il Conte
era già morto, e la vedova sua riduceva il proprio seguito e la propria servitù a condizioni più modeste.
Ma non durò a lungo la sua vedovanza, l’anno seguente la vediamo sposa d’ n n gran capitano dei protestanti di Francia d’illustre lignaggio, Antoine De
Clermont, Marchese de Renel e per due anni la vediamo nei feudi del nuovo marito, felice sposa e madre
d’una bimba cui essa diede il proprio nome Anna senza
dubbio in memoria delle sue due nonne: la madre di
Claudio Anna Lascaris, e la madre di Françoise Anne
de Villeneuve. Stava scritto che doveva esser perseguitata dalla sventura. Viene il 1572, ed il suo sposo deve
recarsi a Parigi con Enrico di Navarca pel matrimonio
di questi colla sorella dePre; ei partecipa alle feste
sontuose.... e il 24 Agosto, con tanti altri gentiluomini ugonotti ei cade vittima nella notte di San Bartolomeo. Leggiamo nel Martirologio di Crespin: “Antoine
del Clermont, Marquis de Renel, cacciato iu camicia fino
al fiume della Senna da soldati e popolani, e quivi,
fatto salire sopra una barca, venne ucciso da Bussy
D’ Amboise suo cugino, coll’aiuto del figlio del barone
Des Adrets.»
La Marchesa De Renel, ora vedova d’uno dei martiri di quell’eccidio nefando, all’età dì soli 32 anni,
venne ricercata di nuove nozze da un cugino del morto
Marchese, Georger de Clermont, marchese di Gallerande,
anch’egli tra i capi principali dei protestanti; e lo sposò. Non ne ebbe figli; ella potè finalmente passare alcuni
anni tranquilli finché nel 1586 la vediamo trasferirsi
a Parigi ove sua madre stava allora fra le principali
dame della Corte. Non sappiamo più altro di lei se
non che 1’ 11 febbraio 1594 la madre sua faceva testamento a Parigi lasciandola erede universale della sua
fortuna.»
In quanto a Cardò col cui nome resta particolarmente
collegato il ricordo della nostra eroina, l’allontanamento
della sua Contessa Anna segnò anche la fine della prosperità della Chiesa Valdese di quella località. Dice
Gillio (II, 67). “A Cardò ove buon numero degli abitanti erano della religione {Valdese) vi erano tutti tollerati nel tempo che vi fu la lor Contessa la quale
era ad essa ben affezionata, ma quando essa non vi fu
più, essi furono costretti d’andare a messa o abbandonar.le case loro,,. Rorengo c’informa che questo avvenne
nel 1596 per opera del Seuator Rubino, mandato appositamente da Carlo Emanuele I a scacciare dalla pianura Piemontese quanti riformati vi dimoravano; il che ei fece ad
Osasco, Frossasco e Cardò, (Mem, Istor. 143, ,144). Sappiamo che allora non li proteggeva più il capo della
famiglia dei lor signori, il Conte di Saluzzo, già di religione riformista, e da poco fattosi cattolico a Roma
con tre dei suoi 4 figli (Boll, de la soc, D’Hist. Vand, XI
pag. 108). Dobbiamo noi concludere dalle parole di Gillio (“ quando essa non ci fa più,() che allora Anna (restata sempre signora del paese di Cardò) avesse cessato
di vivere quando nel 1596, privi della sua protezione,
i Valdesi di Cardò dovettero partirsene. Comunque sia,
Anna di Savoia ha un posto glorioso nella Storia Valdese, quale eroina invitta che soffrì per la nostra fede
e fu sorella e .sposa di due martiri della medesima.
(Vedi: Haag. “La France protestante,, voi. IX.art. “Savoie,, e Paisse “ Les Comtes de T„).
I NOSTRI IDEALI
L’ideuccia, che intendo esprimere oggi, la dirò proprio in due parole.
E’ necessario passare in rassegna la vita che si vive
d’intorno a noi, per sottoporla ad un giudizio equo,
ad una critica serena e severa al tempo stesso? Senza
alcun dubbio. Ma il nostro foglio settimanale non
deve contenere ciò solamente; chè altrimenti riescirebbe troppo negativo e troppo arido. Sperare di
istillar nell’ animo degli Italiani il Vangelo a dosi
omeopatiche è un’illusione madornale. Il tempo preme,
le occasioni si hanno a cogliere senza indugio ; il
nostro periodico deve divenir sempre più religioso
nel senso buono ed evangelico della parola. I nostri
concittadini hanno bisogno non tanto di un giudizio
su la politica clerico - moderata, non tanto d’ una
confutazione delle vacue elucubrazioni dei Modernisti,
non tanto d’una requisitoria in regola che sveli gli
errori del Papato ; quanto di una franca e calda ed
entusiastica testimonianza della nostra positiva fede
cristiana che ha per ometto tutto quanto 1’ Evangelo
di Cristo. I metodi omeopatici, alla Mattel, saranno
efficaci in medicina - non lo nego e non lo affermo,
poiché non sono competente in questa materia - ma
lasciano il tempo che trovano, quando si tratti di
scuotere coscienze- odi addurle alla fede.
E’ ben lontana da la mia mente l’idea che si abbia
a omettere l’esame accurato ed anche minuzioso della
vita italiana contemporanea ; ma, d’altra parte, sostengo
e sosterrò sempre con tutta l’energia dell’anima che
questo esame intellettuale - morale non basta, é che
se ci preme di raccoglier qualche buon frutto, non
fra cinquant’anni, ma presto, ma subito, ci è forza
manifestare senza veli tutto il nostro pensiero e specialmente tutto il nostro sentimento e tutta la nostra
esperienza cristiana ; poiché qui solo risiede quella
potenza contagiosa che può accendere o ravvivare
negli altri la fiamma della fede. Quindi la nostra cara
Luce^ non deve contenere solamente articolettucci,
come quelli che io stesso ho redatto più d una volta,
su le Elezioni, sul Socialismo, su la Chiesa Papistica
eoe. ecc. ; ma dovrà contenere anche semplici e forti
ed esaffe meditazioni prettamente evangeliche ; semplici, popolari, coscienziosi, e scientifici saggi di apologetica cristiana. L’apologetica può - secondo me riuscir utilissima, oggi che un certo risveglio spiritualistico lo offre un naturale addentellato a penetrare
nelle coscienze italiane e ad illuminarle con la luco
purissima del Cristo dell’Evangelo. Ma di ciò più ampiamente nella prossima conversazione.
Domenico Giocoli, gerente respons(d)ile
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letto nella Rivista Cristiana il vostro programma evangelico, cioè Il Cristianesimo di Cristo. Me né congratulo sinceramente. Iii esso sono pagine di mirabile
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Annotazioni sull’Ecclesiaste .
Babilonia (La), di S. Bonnet.
Beat tudini (Le) . . ■
Contraddizioni della Bibbia
Credo (II) o simbolo apostolico .
Cristo e le Scritture, di A. Saphir
Discorsi sinottici, di Fraser
Dizionario geografico del Nuovo Te
stamento . . • . • . •
Gesù Cristo e il genio, di Giampor
cari........................ •
Gloriosa rivelazione della creazione, d
Jervis...................... • ,
Lezioni (Cento) sulla vita di Gesù
Cristo, di A. Revel . . •
Lezioni su alcuni capitoli della Ge
nesi, di Gaussen . _ . • . ■. „
Note sull’epistola ai Filippesi, di E
Meille.....................
Note sull’epistola agli Ebrei
Palestina (La), di S. Bonnet.
Patrimonio (Vero) di S. Pietro (prim
epistola), di Leighton
Raggi di luce, per 52 Domeniche
Risurrezione di Lazaro, di G. P. Reve
Sermoni, di G. P. Mfille^
Spiegazione dei suggelli dell’Apoca
Studi sui iibri di Mosè, di Burnier
Tavole sinottiche dei Vangeli
Teologia del Vangelo, di Geymonat
Vasellamenti dell’Arca .
Vita e scritti di S. Pietro . .
Scienza della religione, di P. Gey
monat, le 3 parti.
Alcuni martiri siciliani.
Andrea Dunn, parroco irlandese.
Apologetica cristiana, di Paterson
Atto di accusa contro i papi
Apostolo e martire.
Beneficio di Gesù Cristo crocifisso
Cattolicismo apostolico primitivo
Chiesa Romana giudicata (litografia
Considerazioni sullo spiritismo, di
Geymonat . . _ ■
Consigli agli evangelisti
Cristiano (II) emancipato . •
Difesa popolare d. Cristian., di Cado
voi. I, IC e III, ciascuno • . •
Dizionario delle reliquie e dei sant
Indulgenze e Giubilei, di G. Ribetti
Papa (II), di L. Desanctis . .
Paternostro (II), stampato a due co
lori . . • . • ■
Principio della dottrina cristiana
Protestanti (I), di G. Berio.
Regula Fidei . .
Sommarlo della S. Scrittura, di Pa
Iqclt'%0 •••••“
Vero Protestante (II), di Galland
0,10
0,25
0.25
0. 25
1, 0,15
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0,30
0,75
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0,25
0,50
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