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la luce
12 febbraio 1993
spedizione in abb. postale
gruppo II A/70
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si prega restituire a
via Pio V n. 15
10125 Torino
ORMA
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTISTE, METODISTE, VALDESI
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
SETTIMANA DELLA LIBERTA
LA NOSTRA
SPERANZA
GIORGIO BOUCHARD
Questo è rultimo di una
serie di 4 articoli preparati dalla «Commissione studi» della Federazione allo
scopo di inquadrare l’iniziativa della Settimana della libertà, che è ormai in pieno
svolgimento. Nel primo Paolo Naso rivendicava la perenne attualità della questione
meridionale, il suo significato
nazionale e europeo. Nel secondo e nel terzo Sergio
Aquilante illustrava la dimensione spirituale dell’attuale
crisi del paese e la necessità,
appunto, di una risposta spirituale a questa crisi.
L’evidente novità di questa
impostazione dipende dalla
globalità della crisi nazionale:
non è possibile isolare il fenomeno mafia, come non è
possibile isolare il fenomeno
Tangentopoli.
Non è possibile pensare che
basti amputare la «parte malata» dell’Italia (il Mezzogiorno) e mandare in galera
tutti i politici disonesti perché
di colpo la «parte sana» del
paese rifiorisca a nuova vita,
vergine di ogni errore e di
ogni colpa: è tutto il corpo
che è malato, come già diceva il profeta Isaia (1, 5-6).
Da ciò la richiesta di una vera
e propria rigenerazione spirituale del paese: ciò che i nostri padri avrebbero chiamato
una Riforma.
Ma la proposta d’una riforma spirituale del nostro paese
include una idea profonda di
democrazia:', non ci accontentiamo della tendenza oggi prevalente (e alludiamo alla campagna di moralizzazione condotta da La Repubblica, ma anche da vari altri giornali) per
cui è sufficiente sostenere i
giudici contro mafia e tangenti,
riformare il sistema elettorale,
e puntare sulla vitalità della cosiddetta «società civile» (cioè,
in parole povere, sull’indipendenza degli industriali e sulla
serietà dei professionisti).
La crisi è talmente grave che
bisogna andare più a fondo:
dobbiamo rivedere il nostro
concetto di democrazia alla luce del concetto (biblico!) di
giustizia. Non è giusta soltanto
la società che dà a ognuno il
suo, che rispetta le regole e garantisce i diritti: è giusta la società che si ispira a quanto disse, da parte dell’Etemo, il profeta Isaia (58, 6-7) parlando
del digiuno:
«11 digiuno di cui mi compiaccio è questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami
del giogo, che si lascino liberi
gli oppressi, che s’infranga
ogni sorta di giogo. Il vero digiuno è questo; che tu divida
il pane con chi ha fame, che
tu conduca a casa tua gli infelici senza asilo, che quando
vedi un ignudo tu lo copra, e
che tu non ti nasconda a colui eh’è carne della tua carne».
Il profeta parla in una di
mensione messianica e
confessante; ma questa è anche la dimensione della speranza. Ed è proprio la speranza che noi dobbiamo portare
in questa Italia travagliata e
sofferente: la speranza del
Regno, certo, ma anche la
speranza d’una ripresa di
creatività morale e civile da
parte del nostro popolo, come
è accaduto durante il Risorgimento, come è accaduto durante la Resistenza.
Alcune «denunce civili»
(come L’inferno di Bocca,
che è pieno di notizie vere,
ma manca d’una prospettiva
di riscatto, manca di speranza) che hanno animato il dibattito nel nostro paese mancano proprio di questa dimensione di speranza: forse tocca
a noi riproporla.
Tra la predicazione del ravvedimento e l’annuncio della
speranza non c’è, nella Bibbia, alcun contrasto; ne è la
prova il libro di Giona, dove
il Signore impone al suo profeta riluttante una predicazione di ravvedimento che sfocia
nella salvezza di Ninive, città
malvagia e peccatrice. Non
per nulla Gesù ha considerato
il libro di Giona come una
metafora della Risurrezione.
L'attualità del profeta Osea in un mondo che ricerca la giustizia
Cercare l'Eterno, questa è la nostra salvezza
_______PAOLA BENECCHI_____
«Seminate secondo la giustizia, mietete secondo la misericordia, dissodatevi un
campo nuovo! Poiché è tempo di cercare l’Eterno, finch’egli non venga, e non
spanda su voi la pioggia della giustizia».
(Osea 10, 12)
Oggi come 2.700 anni fa,
con grande amore e passione, il profeta Osea instancabilmente predica il ravvedimento e la conversione a un
popolo come il nostro, ormai
alla deriva, sull’orlo della rovina, frantumato dalla menzogna e dalla disonestà. Il viscerale attaccamento a idoli
morti, di carta, di legno e
d’oro che promettevano salvezza, sicurezza e potere hanno condotto il popolo a costruire una società iniqua e
corrotta; ma è tempo che i
nodi vengano al pettine e che
gli idoli morti arroganti e pretenziosi rivelino la loro carica
pericolosa e distruttiva.
Osea con dolore annuncia al
popolo: la vostra idolatria si
è spinta oltre ogni limite, ora
pagherete duramente le
conseguenze del vostro peccato, ora sperimenterete
l’amaro silenzio di Dio.
E così è accaduto. Israele, i
suoi capi, i suoi sacerdoti,
avevano confidato nella forza
militare dell’alleata potenza
assira, credendo così di assicurarsi protezione e sicurezza, salvandosi nel contempo da eventuali attacchi di
popolazioni vicine; avevano
adorato gli idoli della fertilità
e della natura credendo in
questo modo di ricevere ottimi raccolti e frutti della terra.
Ma nulla di ciò che speravano
si è verificato, anzi, Israele è
stato distrutto dalTAssiria, la
popolazione è stata deportata
e la terra si è ricoperta di spine e di rovi (Osea 10, 8).
Il popolo non aveva mai
rinnegato il Dio della loro
storia di liberazione, ma aveva voluto aggiungere a quel
Dio gli dei di Canaan per assicurarsi un presente e un futuro più florido e soddisfacente; quel tentativo però si
era risolto in un doloroso fallimento.
Ma Osea non si ferma di
fronte a questa sconcertante
visione di decadenza e degrado, e proprio nel tempo della
caduta e dell’amaro giudizio
lancia una parola di speranza
e di futuro: Dio non rimarrà
lontano per sempre, non permetterà la vostra completa rovina perché questo «è il tem
po di cercare l’Eterno,
finch’egli non venga e non
spanda su voi la pioggia della
giustizia».
Questo ci dice Osea, è dunque il tempo di cercare l’Eterno, in modo finalmente autentico ed esclusivo e forse
solo ora, a un passo dal disfacimento e dalla dissoluzione
definitiva, sarete in grado di
distinguere tra la salvezza che
viene da Dio e le illusorie
promesse degli idoli che hanno affollato la vostra vita fino
a oggi.
Cercare Dio: questa è la nostra speranza e il nostro impegno.
Cercare Dio significa in
primo luogo ammettere dolorosamente la lontananza e il
silenzio di Dio nella nostra
vita: si va alla ricerca solo di
chi non c’è, di chi è lontano,
di chi non si incontra da lungo tempo.
Cercare Dio significa ammettere il nostro fallimento
nel vano tentativo di essere
autosufficienti, significa riconoscere che non bastiamo a
noi stessi; significa confessare il nostro peccato di presunzione e di superbia.
Cercare Dio significa rivolgerci in preghiera a Dio per
chiedere con forza di rompere
il suo silenzio, per tornare fi
nalmente a noi, per camminare al nostro fianco, per donare
alla nostra vecchia vita frantumata un nuovo senso e un
nuovo vigore.
Questo è dunque il tempo
di confessione di peccato, di
ravvedimento e di preghiera;
cercare Dio richiede umiltà,
grande curiosità e tanta voglia di ricominciare a vivere
in modo nuovo.
La ricerca di Dio infine non
può essere solo identificata
con un cammino spirituale
personale e individuale: così
non era per Israele, così non è
oggi. Osea parlava al popolo,
alle sue guide, ai suoi capi
politici e religiosi: «Seminate
secondo giustizia, mietete secondo la misericordia, dissodatevi un campo nuovo», agite secondo equità e amore.
Saranno solo le vostre concrete azioni, il vostro impegno quotidiano per la giustizia, per la rettitudine e l’integrità a rendere efficace e autentica nella vostra vita la ricerca del Dio che vi ama, che
si commuove e che vi salva
dalla rovina.
Osea oggi, attraverso le nostre voci, richiama il nostro
popolo dal minimo al potente: cercate TEtemo, questa è
l’unica vostra salvezza, questa è la sola vostra speranza.
ANNO I - NUMERO 6
UNIONE BATTISTA
SI APRE
L'ASSEMBLEA
Si apre sabato 13 febbraio a
Santa Severa l’Assemblea generale straordinaria dell’
Unione cristiana evangelica
battista d’Italia (Ucebi). Due
gli argomenti in discussione:
l’Intesa con lo Stato e l’istituzione del segretario generale.
Dal 21 novembre scorso
una delegazione battista sta
trattando con il governo italiano per raggiungere un’Intesa ai sensi dell’articolo 8
della Costituzione. La trattativa sta procedendo celermente e gran parte delle posizioni già approvate
dall’Assemblea dell’ Ucebi
sono già state accettate della
delegazione governativa. Su
due punti, l’otto per mille
deU’Irpef e la defiscalizzazione delle offerte alle chiese, la delegazione battista si
trova in un’impasse. Come si
ricorderà l’ultima Assemblea
generale dell’Ucebi del settembre scorso aveva chiesto
alle chiese di riesaminare la
questione per giungere ad
una decisione rappresentativa dell’orientamento delle
chiese.
Il Comitato esecutivo
deirUcebi ha chiesto alle
chiese di dibattere la materia
ed ha convocato un’Assemblea straordinaria appunto per
il 13 e 14 febbraio.
Le chiese hanno dibattuto a
fondo in un clima sereno anche se le opinioni rimangono
molto diverse.
L’Assemblea generale è ora
messa in grado di assumere
una decisione che sarà portata
al prossimo incontro con la
delegazione governativa che
è prevista per il 25 febbraio.
L’altro tema in discussione
è una modifica regolamentare
che permetta l’istituzione di
un segretario generale
dell’Unione, cosa che dovrebbe consentire una maggiore funzionalità all’Unione
stessa.
ALTRI SERVIZI
ALLE PAGINE 3 E 5
Dalla sciavitù
alla libertà
pagina 6
Intervista a
Valdo Spini
pagina 7
La fede
dei campioni
pagina 8
2
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
Ucraina subcarpatica: visita di una delegazione ecumenica internazionale
Tra i 120.000 riformati delPUcraina
dopo 45 anni di completo isolamento
MARIE-FRANCE MAUBIN COÌSSON
NeirUcraina subcarpatica,
circa 120.000 riformati
hanno vissuto per oltre 45 anni completamente isolati dal
resto del mondo. L’estate
scorsa il Comitato europeo
dell’Alleanza riformata mondiale (Arm) - allargato ad altri organismi, tra cui la Coppie (Conferenza delle chiese
protestanti dei paesi latini
deU’Europa) - ha potuto
manifestare la sua solidarietà
visitando queste chiese. Solo
nell’89 una piccola delegazione le aveva potuto
visitare, grazie all’aiuto ecumenico della Chiesa ortodossa russa.
Una volta parte dell’impero
austro-ungarico, poi data alla
Cecoslovacchia, quindi annessa airUrss nel 1945, 1’
Ucraina subcarpatica diventò
una zona militarizzata, all’incrocio tra cinque paesi; Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Urss. Alcuni
pastori vennero deportati proprio perché pastori in questa
regione.
Eravamo una trentina di
persone provenienti da una
quindicina di paesi europei
dell’Est e dell’Ovest. La domenica, divisi in gruppetti,
abbiamo visitato 22 comunità
(ce ne sono 90, con solo 24
pastori).
I culti affollati ci hanno
particolarmente impressionati: chiese luminose, banchi
disposti in quadrato, il che
permette di non vedere solo
schiene, ma la gente è ben
separata; donne da una parte,
bambini da un’altra, uomini
da un’altra ancora; inni molto
lenti guidati da cantori; uscita
dalla chiesa in perfetto ordine, iniziando dalle donne.
Dappertutto ci hanno manifestato la loro amicizia distribuendo garofani a ciascuno
di noi.
Volontari
per un mese
Come ogni anno, la
«Fondation John Bost» di
La Force (Francia) organizza, da giugno a settembre, un cantiere sociale internazionale di giovani
volontari ultradiciottenni,
per occuparsi di handicappati e di malati mentali.
L’impegno richiesto è di
un mese. I volontari ricevono vitto e alloggio é il
costo del viaggio, (treno,
2° classe) dal confine
francese fino a La Force,
viene rimborsato.
La Fondazione John Bost è un’opera protestante
riconosciuta dallo stato. Vi
risiedono oltre 1.000 handicappati e malati mentali,
ripartiti in una ventina di
padiglioni sparsi in mezzo
ai boschi, su una |Hoprietà
di duecento ettari.
La partecipazione di volontari durante il periodo
estivo aiuta a mantenere la
qualità della vita nella Fondazione e permette di scoprire un mondo poco conosciuto.
La Fondazione si trova a
La Force (Dordogne), a 10
km da Bergerac, nella regicHie del Périgcnd.
Per iscriversi: La Fcmdation Jdm Bost, Service du
PersOTinel, 24130-La Force (Francia).
Fra i molti problemi attuali
c’è quello dei 9.000 bambini
che finora non hanno ricevuto
alcuna istruzione religiosa. La
formazione dei catechisti è
iniziata due anni fa: l’anno
scorso erano solo 5, ora sono
48. Gli studenti in teologia devono andare a studiare in Ungheria: i primi due hanno potuto iniziare nell’89, ora sono
19 ragazzi e ragazze. Prima, i
pastori anziani formavano a
casa loro i più giovani con la
teologia della loro gioventù;
gli studenti hanno ancora difficoltà a partecipare ad incontri all’estero perché spesso ottengono il passaporto quando
rincontro è già terminato. Ormai i pastori hanno diritto di
visitare gli ospedali e le persone anziane. Ci sono 800 giovare in campi estivi, cosa prima impensabile.
Il problema principale è il
ricupero dei beni immobili.
Su 90 case comunitarie che la
chiesa riformata possedeva
solo 6 le sono state restituite,
in cattive condizioni. Ad una
delegazione del nostro gruppo
le autorità statali hanno promesso di restituire gli stabili
quando coloro che li occupano li avranno lasciati. I
riformati, però, sono molto
perplessi sulle relazioni chiese-stato, perché per ora non
c’è uniformità di trattamento.
Se queste chiese sembrano
tradizionali, e se hanno tendenza ad identificare fede e
nazionalità, forse è perché
questo era necessario per sopravvivere. Da 3 anni la chiesa riformata ungherese invia
bibbie e iimari.
La situazione delle donne
nella società e nella chiesa ci
è sembrata più che precaria.
Tutte lavorano. Non c’è l’acqua in casa, quindi nessuna
lavatrice (e i gabinetti sono
fuori). Fanno lunghe ore di
coda davanti ai negozi, a volte un’ora per un litro di latte.
Mietitura in un campo di grano in Ucraina, ii nuovo stato indipendente era considerato come ii «granaio» deii’ex Unione Sovietica.
A livello ecclesiastico, le
donne non fanno parte dei
Consigli di chiesa. Qualcuno
ci ha detto: è perché non hanno tempo. Sarà forse per questo che il loro solo modo di
esprimersi è il «profetare»
come è successo, tra una relazione e l’altra, all’incontro
generale con pastori e anziani? Ad un tratto, dall’assemblea, una donna si è messa a
parlare con entusiasmo di una
sua visione. Sarà stata considerata semipazza? Con le delegate dell’Arm abbiamo parlato a tutti del Decennio ecumenico di solidarietà delle
chiese con le donne.
Per quanto riguarda la vita
quotidiana, sembra di essere
nel dopoguerra: marciapiedi
distrutti, pozzanghere, auto
bus fangosi, poche automobili, molti sidecar, benzina scarsa, coupon al posto di denaro,
nei negozi scaffali vuoti oppure pieni di secchi di ferro.
J. Reuter, dell’ex Germania
Est, presidente dell’Arm europea, notava la miseria economica e la mancanza di
esperienza politica necessaria
per affrontarla.
Un giovane pastore ceco si
chiedeva come valutare «il
nostro passato socialista, siamo sull’elenco dei collaborazionisti».
Quest’esperienza ci ha lasciato forti impressioni: cambia un po’ la nostra visione
del mondo e ci apre ad una
nuova comprensione della
vecchia Europa, in vista della
nuova Europa da costmire.
Un fenomeno che si estende sempre di più nel subcontinente
In America Latina gli evangelici
aumentano di 400 ogni ora
Secondo lo storico Franz
Damen, circa 400 persone
ogni ora diventano evangeliche in America Latina.
L’aumento del numero degli evangelici supera le
statistiche e molti paesi stanno vivendo una sorta di
rinnovamento all’intemo delle chiese costituite.
Questa crescita vertiginosa,
ammessa anche dalla Conferenza episcopale del Brasile
che, nel 1990, riconosceva
che circa 600.000 cattolici
brasiliani avevano aderito ai
movimenti religiosi evangelici abbandonando la loro vecchia fede, suscita una riflessione in seno alle chiese
evangeliche che rifiutano di
considerare questa espansione in uno spirito di trionfalismo, ma vogliono vederci
una sfida lanciata alla responsabilità e alla testimonianza
dei cristiani.
Per questo il Consiglio delle chiese dell’America Latina
(Clai), nel lanciare la convocazione per la sua terza Assemblea generale che avrà
luogo a Concepcion (Cile)
nel febbraio 1995, ha deciso
di scegliere come tema un testo biblico che si riferisce a
questo rinnovamento ma lancia anche un’interpellazione
ai credenti.
Il testo scelto, «Rinascere
per una speranza vivente» (1
Pietro 1, 3), precisa la posizione delle chiese membri del
Clai di fronte a questo rinnovamento evangelico.
Il nuovo vigore acquisito
dal movimento evangelico sul
continente latinoamericano è
un appello alla testimonianza
e all’impegno nella lotta per
la vita, in una regione in cui
la crisi sociale ed economica
che colpisce la maggior parte
degli abitanti sembra togliere
ogni speranza.
Nel decidere di tenere la
sua terza Assemblea generale
in Cile, il Clai riconosce «la
presenza vitale e forte di un
popolo evangelico che, in poco più di cento anni, è diventato un settore importante
della società cilena».
D’altra parte la regione in
cui si trova la città di Concepcion, nel sud del paese,
comprende la percentuale più
alta di evangelici in tutto il
Cile.
Per il Clai questa crescita e
la forza di questa presenza
«non devono diventare motivo di trionfalismo né di aspirazione a posti di potere» ma
devono rappresentare invece
un appello alle chiese perché
esse vivano nella società latinoamericana «non come colui
che siede alla mensa, ma come colui che la serve».
Per le centoquarantacinque
chiese protestanti e organismi
ecumenici membri del Clai,
l’aumento del numero degli
evangelici rappresenta «un
apporto supplementare alla
ricchezza e alla diversità culturali» che esistono in America Latina e «V occasione per
le chiese di partecipare attivamente all’edificazione di
una grande casa, con un posto per tutti» su un continente
«ricco di speranze e di molte
possibilità».
Bosnia-Erzegovina: la Cimade
invia una équipe ecumenica
PARIGI — In collaborazione con il Consiglio ecumenico
delle chiese, la Cimade propone di installare per diversi mesi in
Bosnia-Erzegovina un’équipe ecumenica mobile, con i seguenti obiettivi;
1 - Individuare e accompagnare gli operatori locali impegnati:
a) nella riabilitazione delle vittime, in particolare le donne
vittime di stupri e le loro famiglie;
b) nella realizzazione di progetti economici e sociali a favore
delle popolazioni più colpite;
c) nel rispetto dei diritti umani e nel ripristino della giustizia
in una prospettiva di pace e di riconciliazine.
2 - Stabilire con questi partner delle priorità d’azione e formulare dei programmi di sostegno da sottoporre alla solidarietà
intemazionale.
3 - Essere un tramite per l’informazione operativa verso
l’esterno sulla situazione nella zona.
Una ffima missione si è recata sul posto per un mese: i pastori Jean Costil e Jean-Paul Nunez, responsabili della Cimade
a Lione e a Montpellier sono partiti il 27 gennaio per prendere
tutti i contatti necessari, riportare informazioni sui bisogni prioritari e quindi valutare il ruolo che potrebbe svolgere quell'équipe se le condizioni lo permetteranno.
Croazia: aiuti dei luterani
OSIJEK (Croazia) — In collaborazione con altri organismi
non governativi (Ong) impegnati nella regione, la Federazione
luterana mondiale ha avviato un programma di aiuti di 500.000
dollari in Croazia, sulla costa dalmata e nella città di Osijek. In
questa città dove, prima della seconda guerra mondiale, si trovavano circa 200.000 cristiani evangelici di lontana origine
germanofona, rimane ora una chiesa di circa 1.000 persone guidata dal pastore Turk e da sua moglie Barbara, teologa.
Chiesa evangelica in Renania
BAD NEUENHAR — Dal 7 al 13 gennaio si è svolto il Sinodo annuale della Chiesa evangelica in Renania. Questa chiesa protestante «unita» raggmppa chiese luterane e riformate e
copre una delle zone più industrializzate d’Europa. Essa ha deciso di giocare una parte attiva nel processo unificatore del
continente. Secondo le parole del suo presidente, il pastore Peter Beier, si tratta della transizione da una chiesa provinciale
verso una provincia della Chiesa universale.
La situazione della Germania, il processo di riunificazione e
la responsabilità di questa generazione per il futuro del mondo
rappresentano alcuni dei punti forti del messaggio del presidente Beier al Sinodo. I temi teologici e ecclesiologici erano dedicati ai rapporti con la Chiesa cattolica romana (lettera indirizzata al cardinale Ratzinger) e a una nuova definizione della
chiesa locale.
Francia: il past. Jacques Stewart
incontra François Mitterrand
PARIGI — Il presidente della Federazione protestante di
Francia, pastore Jacques Stewart, è stato ricevuto dal presidente François Mitterrand il 26 gennaio scorso. Oggetto dell’incontro il problema dell’ex Jugoslavia. «François Mitterrand mi
ha fatto parte della sua ostilità ad un intervento militare della
Francia - ha detto Jacques Stewart - ma è molto favorevole alla presenza di una forza intemazionale, l’Onu, per favorire la
mediazione, l’interposizione ed il rispetto della sicurezza delle
persone».
Altro tema affrontato l’accoglienza responsabile dello straniero in Francia. «Ho avuto la netta impressione che il capo
dello stato sia personalmente preoccupato di vedere la Francia
impegnarsi in una politica di accoglienza dei rifugiati», ha spiegato il pastore Stewart.
L’incontro è avvenuto in seguito ad un recente colloquio tra
il pa.store Stewart e il primo ministro Pierre Bérégovoy, in cui
avevano affrontato gli stessi problemi.
Rivedere i rapporti tra la Chiesa
d'Inghilterra e la monarchia
YORK — Per mons. John Habgood, arcivescovo anglicano
di York, sarebbe opportuno riesaminare i rapporti istituzionali
tra la Chiesa d’Inghilterra e lo stato monarchico. Come è noto,
il primate della Chiesa anglicana viene scelto dal primo ministro britannico e il re, o la regina, è di diritto «difensore della
fede e governatore generale della Chiesa d’Inghilterra». John
Habgood ritiene che tali legami avessero un tempo lo scopo di
preservare l’unità della nazione ma che oggi è necessario tener
conto del fatto che «viviamo in una società ecumenica e multiconfessionale».
Nigeria: centocinquant'anni
di cristianesimo
LAGOS — La Nigeria festeggia quest’anno il 150° anniversario dell’introduzione del cristianesimo nel paese. I metodisti
giunsero in Nigeria nel 1842. I missionari cattolici vi erano
presenti fin dal 15° secolo ma la loro attività calò dopo due secoli. La Chiesa anglicana vi è presente dal 1853.
3
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 3 RIFORMA
Il 13 e 14 febbraio, a Santa Severa, l'Assemblea straordinaria delle chiese battiste
Franco Scaramuccia: «C'è una volontà
di collaborazione verso il Patto di unione»
EMMANUELE PASCHETTO
Poiché questo numero di
Riforma esce a ridosso
dell’Assemblea straordinaria
dell’Ucebi del 14-15 febbraio, abbiamo intervistato il
pastore Franco Scaramuccia,
presidente dell’Unione battista, per fare il punto su una
serie di questioni che riguardano sia l’Assemblea stessa
sia l’Unione in generale.
- Secondo le indicazioni
dell’ Assemblea generale
dell’Ucebi del settembre
1992 viene proposta la creazione della figura del segretario generale. Fino al 1978
esisteva il segretario esecutivo, mentre il presidente
dell’Unione non era a pieno
tempo. Si tratta di un ritorno
al passato?
«Ritengo utile precisare innanzitutto che non si tratta di
un progetto presentato autonomamente dal Comitato esecutivo, ma di una specifica richiesta dell’Assemblea del
settembre 1992, che ha delineato la figura del segretario,
tracciandone i contorni, per
certi aspetti anche nel dettaglio.
Non credo che si tratti di un
ritorno al passato: mi pare
che la situazione del 1978
fosse un’altra. Da una parte si
vuol andare verso un’organizzazione simile a quella già
collaudata in tutte le Unioni
battiste europee; dall’altra si
vuole mettere l’ufficio e l’ente patrimoniale nelle mani di
un capace “manager” (come
si dice oggi), che garantisca
la continuità della gestione,
indipendentemente dai cambi
di indirizzo generale, espressi
nell’Assemblea e concretatisi
nell’elezione dei vari Comitati esecutivi. E, aggiungo io,
ben venga finalmente un non
pastore a fare il segretario generale».
- Il fatto che il segretario,
così come si legge nella proposta del Comitato esecutivo,
non risponda direttamente
all’Assemblea suscita perplessità. Non si potrebbe prevedere una sua elezione in
Assemblea, con rinnovo ogni
4-6 anni, per garantire maggior continuità al suo lavoro
ma lasciare che sia l’Assemblea ad esprimersi sul suo
operato?
«La proposta che viene
avanzata risponde ad una logica (già espressa nella relazione del Comitato all’Assemblea del 1992, per quanto
riguarda i segretari dei dipartimenti, e sulla quale si sono
manifestati in svariate occasioni molti consensi): salvaguardare i funzionari e le
continuità del loro lavoro dai
“colpi di mano” assembleari.
In altre parole, coloro che so
V PROTESTANTESIMO
IN TV
DOMENICA 21 FEBBRAIO
. Ore 20,30 circa RAIDUE
i Replica
LUNEDI'r MARZO
Ore 9 circa RAIDUE
L'Italia a una svolta:
crisi morale e libertà
dalia inaila
In studio Giorgio Bouchard,
presidente Fcei, Graziella
Priulla, docente universitaria, e l'on. Luciano Violante,
“ presidente della Commissio' ne parlamentare antimafia.
no responsabili della linea
“politica” devono rispondere
all’Assemblea, non sono rieleggibili più di tre volte consecutive, non sono a pieno
tempo ecc.; mentre chi è impegnato a pieno tempo in un
lavoro ha bisogno di un minimo di garanzia; non è però
senza controllo, perché è subordinato al Comitato esecutivo, di cui si limita a mandare ad effetto le delibere e a
cui risponde del suo operato.
E questo è esattamente il
mandato conferito dall’Assemblea scorsa riguardo al
segretario generale; basta anche una lettura corsiva per
rendersene conto.
Non ho notizie di perplessità su questo punto; nulla
vieta però all’Assemblea
straordinaria di modificare il
progetto, inserendo, ad esempio, una ratifica assembleare
della nomina. A me pare,
però, che ciò indebolirebbe
la figura del segretario generale, perché gli impedirebbe
di lavorare serenamente e lo
sottoporrebbe ai mutevoli
umori dell’Assemblea. E, in
un momento di fondazione e
di costruzione qual è quello
presente dell’Unione, è necessario un segretario che
possa dedicarsi al suo lavoro
con tranquillità. Certamente
dovrà operare sotto la direzione del Comitato e dovrà
essere controllato dall’Assemblea ma, secondo me, le
eventuali decisioni assembleari dovranno scaricarsi sul
Comitato. A scanso di equivoci, colgo l’occasione per
confermare che non sono
candidato al ruolo di segretario generale».
- Sappiamo che le «intese»
stanno avviandosi alla conclusione. A che punto siamo
con l’otto per mille e la defiscalizzazione delle offerte?
«Il prossimo incontro con
la delegazione governativa
sarà il 25 febbraio (e abbiamo
buone ragioni di ritenere che
possa essere l’ultimo, dopodiché si procederà alla sigla da
parte dei rispettivi commissari). Questo ci consentirà di
prendere una decisione sul
problema, dopo che sarà stata
sentita in merito l’Assemblea
IS. Severa: il presidente dell’Ucebi Franco Scaramuccia con la moglie
Cerignola
Dialogo
ebrei-cristiani
Promossa dal Centro ecumenico della nostra città si è
svolta, il 17 gennaio scorso,
una manifestazione ecumenica per il dialogo ebraico-cristiano. Nell’episcopio del
duomo si sono incontrati, per
la prima volta nella storia della città, cattolici e valdesi. La
manifestazione è stata caratterizzata da letture bibliche,
riflessioni e preghiere, ma il
momento più significativo è
stata la riflessione davanti al
quadro (proiettato in diapositiva) «Crocifissione bianca»
di Marc Chagall con sottofondo musicale della canzone «Non tutti gli uomini» di
Luca Barbarossa.
Il 22 gennaio invece si è tenuto un incontro ecumenico
nella Chiesa cattolica dell’
Assunta, al quale hanno preso
parte il pastore Franco Carri
ed il parroco Nicola Petronelli (ac).
straordinaria. In altre parole,
il referendum conoscitivo non
sarà utilizzato dal Comitato
esecutivo, perché non ce n’è
bisogno».
- Per anni si è trascinata la
questione del passaggio delle
proprietà della Missione
americana all’ente patrimoniale dell’Ucebi. Poi, recentemente, anche in questo settore c’è stata un’accelerata;
siamo anche qui in fase conclusiva?
«Ho avuto un incontro molto costruttivo a Roma, il 22
gennaio scorso, con il fratello
Sam James, vicepresidente
del Foreign Mission Board
(Fmb) per l’Europa e il Medio Oriente ed egli mi ha assicurato che nulla osta e che
la decisione è già stata presa
in modo favorevole e definitivo. Stiamo ora attendendo
che venga trasmessa la procura legale al rappresentante in
Italia perché si proceda al rogito. Fino a ieri l’atto non era
ancora pervenuto, ma spero
che ciò avvenga al più presto
e comunque non oltre il 25
febbraio».
-Una volta risolte la questione patrimoniale e siglate
le Intese quali sono le priorità emergenti per il battismo
italiano?
«L’atto n. 48/AG/92 votato
dalla scorsa Assemblea è preciso al riguardo e indica le linee prioritarie: a) Piano di
cooperazione; b) collaborazione fra battisti, metodisti e
valdesi (Bmv); c) ordinamento; d) giustizia, pace e integrità del creato; e) piano di
dislocazione delle sedi pastorali; f) potenziamento dei dipartimenti.
Qualcosa è già stato avviato (collaborazione Bmv, potenziamento dei dipartimenti,
piano di cooperazione), ma
bisognerà lavorare sodo, anche sul piano patrimoniale
per reperire le risorse necessarie, mandare ad effetto le richieste e non deludere le
aspettative.
Finora Intesa, passaggio di
proprietà dal Fmb e Assemblea straordinaria ci hanno
assorbito molto; con aprile
speriamo di essere fuori da
tali impegni e dovremmo
perciò occuparci più in
profondità delle direttive assembleari. Dalla mia elezione ad oggi ho già visitato una
ventina di chiese (da Matera
a Meana) ed ho trovato in
tutte volontà di collaborazione, spirito costruttivo e sostanziale buona disposizione
verso l’Unione: soprattutto
mi è parso evidente che tutte
manifestano piena lealtà nelle intenzioni e nei comportamenti verso il Patto d’unione, che hanno liberamente
sottoscritto. Io mi auguro che
scompaia definitivamente
quello che qualcuno ha chiamato “litigiosità” e che si
possa capire che l’Unione
non si può portare avanti se
non con la condivisione dei
doveri e con la consapevolezza che i diritti da far valere non sono tali se ledono
l’interesse generale, l’impegno comune e il patto sottoscritto insieme».
. ■m
Gli incontri della «Settimana per l'unità»
L'ecumenismo
si fa più manifesto
CATANIA
Il 22 gennaio, alle 19,30, si
è tenuto nei locali della Chiesa battista un incontro ecumenico di preghiera.
È stata questa la risposta che
alcune chiese evangeliche
(battista, valdese, Esercito della Salvezza, luterana), alcune
comunità parrocchiali della
città (Monserrato, Sacro Cuore), gruppi spirituali (focolarini), curia arcivescovile, simpatizzanti e persone di buona volontà, hanno dato all’invito a
celebrare Formai consueta settimana per l’unità dei cristiani.
Il tema era tratto dalla lettera
ai Calati (5, 22-23): «Lo Spirito produce amore, gioia, pace,
comprensione, cordialità,
bontà, fedeltà, mansuetudine,
dominio di sé. La legge certo
non condanna quelli che si
comportano così».
Il locale gremito di persone
(circa un centinaio), gli inni
cantati con grande partecipazione, gli interventi dei pastori Rapisarda, Causs, Pons e
dell’arcivescovo Bonmarito e
le preghiere spontanee di varie persone hanno realizzato
momenti di vera edificazione,
gioia, pace.
La colletta della serata
(191.200 lire) è stata devoluta
alla «Missione evangelica
contro la lebbra».
Dopo la conclusione dell’
incontro i responsabili delle
comunità presenti hanno programmato le date dei prossimi
incontri ecumenici di studio e
di preghiera che, a partire dal
10 febbraio, avranno come tema un recente documento
dell’arcivescovo Bonmarito:
«Memoria, fraternità, missione: linee di programmazione
pastorale 1992/95». I relatori
degli incontri saranno i sacerdoti A. Barbagallo, L. Chiovetta ed il pastore M. Pons.
MOLISE
Il 23 gennaio, per iniziativa
del vescovo di Termoli-Larino, si è avuta nella chiesa parrocchiale di S.Giacomo degli
Schiavoni (CB), con la partecipazione dei membri della locale chiesa valdese, una riunione con canti, letture bibli
Isola del Uri: primo incontro ecumenico tra evangelici e cattolici
I lupi non fanno più paura
_______ROSANNA PI PASSA______
Non di molti anni fa è un
volantino che il precedente parroco aveva distribuito, intitolato 11 lupo perde il pelo ma non il vizio (in
cui il lupo erano i protestanti), a seguito di un volantinaggio fatto dalla comunità
battista nel paese e dintorni,
in cui proclamava semplicemente il messaggio di Cristo.
Grazie a Dio i tempi sono
cambiati anche qui da noi: il
nuovo parroco ha accolto volentieri l’idea di un incontro
tra le due comunità in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Abbiamo avuto due incontri: uno nella sala parrocchiale attigua alla chiesa principale del paese, con circa
150 presenze, in cui ha predi
cato il pastore battista, e una
nella nostra comunità, dove
ha predicato il parroco. Oltre
alla predicazione, che abbiamo voluto al centro degli incontri, ci sono stati momenti
significativi dedicati alle preghiere spontanee, ai canti, per
lo più conosciuti da entrambe
le comunità, fra la gioia e la
commozione di tutti.
La citazione di parole della
Bibbia da parte di fratelli e
sorelle cattoliche ha stupito e
ben disposto la componente
protestante, come il racconto
di un gruppo parrocchiale che
cerca di mettere in pratica
ogni mese un pensiero, una
frase, un insegnamento di Gesù, raccontando agli altri le
esperienze fatte.
La parte cattolica è stata
colpita dalle nostre preghiere spontanee e credo dalla
predicazione del pastore,
centrata sul fatto die l’ope
ra dello Spirito porta alla libertà, a sua volta centrata
su due basi: la qualità della
vita di fede, che è caratteristica della tradizione battista e puritana; il fatto che la
fede vada «vissuta» (i padri
puritani fecero la prima rivoluzione dell’era moderna).
Nella nostra comunità,
molto affollata, ci siamo lasciati con l’impegno di incontrarci di nuovo, presto, e alla
fine di questa esperienza ci
sono rimasti due pensieri forti: il Signore è all’opera e noi
spesso non sappiamo cogliere
i segni del suo intervento nella storia delle donne e degli
uomini che ci circondano;
l’Evangelo dove viene letto
porta i suoi frutti, anche se
spesso noi crediamo che senza il nostro intervento protestante questo non sia possibile.
che e preghiere. Al centro della liturgia, concordata dai rispettivi organismi ecumenici e
condotta anche da fratelli e
sorelle delle due chiese, la
predicazione del pastore Enos
Mannelli e del vescovo Domenico D’Ambrosio.
Durante rincontro è stata
effettuata una colletta a favore delle società bibliche in
Albania.
A significare «la necessità
della conoscenza per poter
avere un dialogo» il vescovo
ha donato al pastore una copia del «Catechismo della
Chiesa cattolica». La Chiesa
valdese ha invitato la comunità cattolica, in occasione
della «Settimana della libertà», a partecipare ad una
riunione di riflessione e di
preghiera per giungere alla
«libertà dalle mafie». L’invito è stato accolto con gioia e
disponibilità. Sono previsti
anche incontri periodici su temi teologici di attualità.
«La prima esperienza ecumenica nella storia della diocesi di Termoli-Larino», come l’ha definita il vescovo,
sembrerebbe aver aperto una
buona strada!
A Ripabottoni (CB), dove è
presente una delle comunità
battiste del Molise, domenica
24 gennaio, nella chiesa parrocchiale, Dario Carlone della Chiesa battista di Campobasso, su espresso e amichevole invito del sacerdote Antonio Di Lalla, ha pronunciato l’omelia durante la messa
del mattino.
L’iniziativa si inserisce nel
quadro di un percorso «ecumenico» da diversi anni in atto, anche se a fasi alterne, nel
paese molisano. Partendo da
Matteo 4, 18-22 è stato ricordato ai presenti che il riconoscerci discepoli di Cristo, pur
appartenendo a confessioni
diverse, non solo non ci permette di escluderci vicendevolmente o di ignorarci, ma
ci deve portare ad affermare
la convivialità delle differenze, ad interrogarci ed ascoltarci alla luce della chiamata
che il Signore rivolge ai credenti, come ai primi discepoli
sulle rive del mare di Galilea.
TRIESTE
Anche nella nostra città,
come è ormai consuetudine,
si è svolta la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Il primo appuntamento è
stato presso il tempio metodista di Scala dei Giganti e l’incontro più significativo si è
avuto nella Basilica di S. Silvestro della Chiesa valdese
ed elvetica. Otto diverse comunità cristiane erano rappresentate: cattolica, greco-ortodossa, serbo-ortodossa, valdese, metodista, avventista,
elvetica e augustana.
La notizia è stata riportata
in modo scorretto dal quotidiano locale «Il Piccolo» che
ha presentato l’avvenimento
come una iniziativa della
Chiesa cattolica triestina collegata alla «settimana di preghiera per la pace» di Assisi
indetta dal pontefice romano.
Esaltando «i rapporti di concordia e di fiducia reciproca,
nel massimo rispetto dell’autonomia di ciascuno» che farebbero di Trieste un’isola felice nel panorama dei rapporti
ecumenici «Il Piccolo» ha
inoltre accusato ortodossi, anglicani e protestanti di fomentare l’ostilità nei confronti della Chiesa cattolica.
4
PAG. 4 RIFORMA
Vita Delle Chiese
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
VERSO L'ASSEMBLEA STRAORDINARIA DELLE CHIESE BAHISTE
Difendiamo il principio di separazione
e distinzione tra Chiesa e Stato
AMNA MAFFEI*
Avendo appreso, dal recente sondaggio indetto dal Comitato esecutivo in tema di defiscalizzazione delle liberalità e di otto per mille dell’Irpef, che emerge l’orientamento per il
«sì» ad entrambi, pur senza ripetere
dettagliatamente le ragioni del nostro
dissenso, riteniamo nostro dovere ribadire che la scelta di prendere l’8 per
mille deirirpef a favore dell’Ucebi sia
gravemente lesiva degli interessi della
nostra Unione, per una ragione di principio e per diverse ragioni di opportunità politica.
Il principio: noi sosteniamo e difendiamo il principio di «distinzione e separazione» della chiesa dallo stato
(art. 16 Confessione di fede). Riteniamo che questo principio caratterizzi la
nostra storia e qualifichi la nostra testimonianza.
Non essendovi gravi e fondati motivi per indurci ad un diverso comportamento, non comprendiamo la ragione
per contravvenire a questo principio
che sarebbe smentito nei fatti da un finanziamento chiaramente privilegiario.
Opportunità politiche: le nostre
chiese non sono pronte per una simile
decisione; l’ultima Assemblea dell’
Ucebi l’ha dimostrato. Infatti nessuna
delle mozioni presentate è riuscita a
raccogliere la maggioranza e anche secondo l’ultimo sondaggio emerge una
netta diversità di opinioni.
Riteniamo dunque che si debba rimandare la decisione per consentire,
col tempo, di maturare un consenso di
cui abbiamo assolutamente bisogno per
scongiurare divisioni. Voler forzare la
mano perché si decida ora, significa assumersi delle gravi responsabilità.
Innanzitutto, così facendo, si ricono
sce che è lo stato, anzi questo governo,
a stabilire i tempi entro cui dobbiamo
prendere le nostre decisioni anche
quando si tratta di questioni molto
controverse.
In secondo luogo abbiamo appreso
con dispiacere di fratelli che metterebbero in seria questione l’appartenenza
stessa alle nostre chiese nel caso passasse una tale decisione.
Non decidere oggi non significa affatto rinunziare alla possibilità che si
acceda a questo regime di finanziamento domani dopo aver, però, ancora
discusso e pregato per cercare assieme
una soluzione che non produca fratture. Inoltre, una probabile nuova legge
per il finanziamento pubblico dei partiti attraverso il meccanismo dell’otto
per mille potrebbe rimettere l’intera
questione sul tappeto, facendo venir
meno l’attuale aspetto privilegiario.
Nel frattempo quei fratelli e sorelle
che proprio non si sentono di destinare
la loro quota dì otto per mille dell’Irpef allo stato, potranno darla anche ad
altri evangelici che la devolveranno a
scopi sociali e umanitari.
Se l’obiettivo è quello di destinare
una cifra delle nostre tasse per aiutare
organismi umanitari questo, almeno per
l’immediato, può essere raggiunto senr
za forzature. Perché allora imporre ad
ogni costo una decisione che comporterà delle divisioni e comunque un grave disorientamento nel nostro mezzo?
Inoltre viviamo una situazione di
trasformazioni politiche epocali. Non
possiamo non tener conto del fatto che
in questo momento storico emergono
gravissimi fatti di corruzione politica
al più alto livello.
La logica della spartizione di danaro,
legale e illegale, tra i partiti politici,
quasi tutti coinvolti, ci dovrebbe spingere ad un gesto profetico che ci porti
ad affermare che al di sopra dei soldi
ci sono altri valori e altri principi su
cui è giusto fondare le proprie scelte.
Quand’anche la nostra decisione di
accedere alla ripartizione della quota
Irpef non dovesse essere percepita come puramente opportunistica dall’opinione pubblica del nostro paese, essa
contribuirà comunque a sottrarci
quell’autorevolezza morale di cui abbiamo bisogno per ricercare con i nostri connazionali di risalire la china e
riportare il dibattito e la vita sociale e
politica del nostro paese dal piano del
cinico pragmatismo a quello del confronto sulle idee e sui principi di giustizia su cui una società democratica si
fonda e cresce.
Riteniamo perciò necessario che con
spirito di preghiera e disponibilità ad
una nuova consacrazione alla causa
dell’Evangelo, noi tutti ci facciamo carico di questo compito che il Signore
ci affida «aspettandoci gli uni gli altri»
(I Corinzi 11, 33).
Il semplice principio della democrazia formale non può, cari fratelli e sorelle, rimuovere il disagio e il travaglio
di molti nostri membri di chiesa, per
una decisione che proprio mentre comporta incomprensioni e divisioni tra
noi, se non vanifica certamente indebolisce la testimonianza dell’Evangelo
che vogliamo rendere assieme in Italia.
Questo nostro scritto non vuole essere una illegittima forma di pressione, è
dettato da una sincera premura e
preoccupazione per l’unità e l’efficacia
della nostra missione.
* Scritto con Massimo Aprile, Lello
Volpe, Marinetta Gannito, Nicola Pantaleo, Umberto Delle Donne, Elena Girolami, Francesco Casanova, Irene Vianello,
Blasco Ramirez, Rossana Di Passa, Lidia
Giorgi.
Rivediamo alcuni articoli Compromesso
ELENA PEZZINI
Come studentessa in giurisprudenza e come cristiana evangelica battista desidero dare un contributo al dibattito sui temi della prossima
Assemblea generale dell’Ucebi.
L’art. 2 del Patto costitutivo, che
specifica i fini dell’Ucebi, agli occhi
di un profano non testimonia la nostra identità religiosa e agli occhi del
giurista non persegue scopi puramente spirituali ma anche di lucro.
A mio avviso sarebbe sufficiente
riassumere in un unica definizione
cristiana su quali basi noi confessiamo di essere battisti.
In merito alla disciplina assembleare, invece, l’art.7 non riflette il
principio di rappresentatività in
quanto i ministri ecc., non sono i
soggetti di cui all’aij.3, bensì solo i
delegati rappresentano i membri
dell’Unione.
Infine sarebbe opportuno, a mio
avviso, distinguere quando dobbiamo riunirci in Assemblea ordinaria
e quando in Assemblea straordinaria, con che modalità e con quali diritti deliberare su temi particolari,
quali ad esempio il bilancio. Certa
che ogni cosa cooperi al bene di coloro che amano Iddio.
Nota della redazione
Per una maggiore comprensione dell'intervento riportiamo qui il testo degli articoli
citati dalla nostra lettrice:
Art.2 del Patto costitutivo:
«I fini dell'Unione sono i seguenti :
a) esprimere sul piano organizzativo
r unità della fede, attuare una linea comune
di testimonianza e di servizio, coltivare la
speranza del compimento del Regno di Dio;
h) stimolare e promuovere la comunione
delle chiese, riconoscere le loro associazioni;
c) promuovere, coordinare e potenziare la
missione che le Chiese svolgono in Italia e
all’estero mediante l’evangelizzazione, la te
stimonianza (singola e collettiva) e la fondazione di nuove chiese;
d) costituire e coordinare istituzioni e organismi operativi aventi scopo di evangelizzazione, di istruzione, di diffusione della cultura evangelica, di beneficienza, di assistenza;
e) rappresentare le chiese verso gli organismi dello stato, gli enti pubblici, e gli organismi internazionali; curare i rapporti con le
istituzioni battiste di altri paesi, con le altre
chiese cristiane, con gli organismi
interecclesiastici e con le diverse confessioni
religiose;
f) amministrare per gli scopi comuni i beni
provenienti dalle libere contribuzioni delle
chiese e dalle elargizioni di enti e privati».
Art.3 del Patto costitutivo:
«Le chiese membro dell'Unione, mentre
accettano il presente Patto costitutivo e si
obbligano a osservarlo, conservano la loro
autonomia, per quanto attiene al loro governo interno, e si impegnano a provvedere a!
mantenimento delle attività loro proprie.
L'ammissione è deliberata dall’Assemblea
generale su domanda della chiesa, sentito il
rappresentante della stessa e il parere del
Comitato esecutivo, che riferisce sulla costituzione .sui principi professati, sulla consistenza della chiesa richiedente. La delibera
relativa deve ricevere il voto favorevole dei
due terzi degli aventi diritto al voto.
La qualità di membro dell’ Unione si
perde per unilaterale recesso o per esclusione. L'esclusione è deliberata dall’Assemblea generale, su proposta del Comitato esecutivo e .sentiti il collegio degli Anziani, i rappresentanti della chiesa interessata. La delibera relativa deve ricevere il
voto favorevole dei due terzi degli aventi
diritto al voto. La cessazione della qualità
di membro non dà diritto alla restituzione
di contribuzioni o elargizioni fatte
ali Unione a qualsiasi titolo.
Art. 7 del Patto costitutivo;
« L'assemblea generale è così composta da;
a) i delegati delle chiese
b) i ministri con cura di chiese
c) i responsabili di istituzioni e organismi
operativi di nomina assembleare
d) i membri del comitato esecutivo
e) i revisori».
__________ROBERTO MOLLICA_________
Le affermazioni teoriche valgono
poco o nulla se non sono coerenti
e seguite da fatti concreti. Tutti coloro
che si oppongono all’otto per mille dimenticano che abbiamo già accettato
privilegi dallo stato (contributi previdenziali per i pastori ecc) senza tante
proteste. Coloro che invocano la questione di principio dovrebbero anche
protestare contro tutti i privilegi di ieri
e di oggi, grandi e piccoli; non credo
che le questioni di principio possano
essere paragonate ai petali di una margherita; questo sì, questo no... L’idealismo è una bella cosa ma ha il prezzo
altissimo della coerenza assoluta.
È miopia ideologica affermare che
non c’è bisogno delle nostre opere di
assistenza. Chiunque abbia avuto necessità per i propri cari, oppure svolto
del volontariato nelle nostre istituzioni,
è consapevole del servizio cristiano
che esse praticano e delle gravi difficoltà finanziarie in cui si trovano.
Se la maggioranza delle chiese fosse
in realtà missionaria dell’Evangelo,
decimista nelle offerte, dedicata con
spirito di servizio per il prossimo bisognoso potremmo rifiutare tutti i privilegi dello stato e contestare quelli che
li accettano. Personalmente ritengo che
accettare l’otto per mille non sia basilare sulla questione di principio ma
semplicemente un compromesso, in
buone fede e fra tanti anche meno nobili, di cui è piena la vita della chiesa e
di ogni credente.
In vhta deU*A$sembka
Smia dett*Vcebi Ü nostra s^
SmuUe uno spazio di dibattito. Chi moie intervenire
iifwi alia mSeione S Torino U
suo simtíco eontribakf.
L’ingresso della Chiesa metodista di Padova
ESPERIENZA A COSENZA
LA «SEHIMANA
»
EROI?
TEODORA TOSATTI
E COSÌ, anche questa «Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani» si è conclusa; chissà se manterremo
le varie promesse (da marinaio?) di rivederci durante
l’anno...
Difficile da valutare, però;
da un lato, alcune chiese non
hanno neppure affisso i manifesti, mentre altre hanno deciso di non partecipare; dall’altro, e almeno per quanto mi
riguarda, la settimana è andata meglio che non negli anni
precedenti, e questo sia per la
buona partecipazione, soprattutto di giovani, sia per due
incontri particolarmente significativi: il primo al cimitero di Cosenza, che comprende una piccola sezione
dedicata ai fratelli ebrei
morti nel vicino campo di
prigionia di Ferramonti (anche se si trattava di un campo particolare da cui, a
quanto mi risulta, nessuno è
mai'stato deportato verso
ben altri campi...). Ci si è
trovati uniti nella fede in colui che tiene morti e vivi
nelle sue mani, e noi valdesi
abbiamo voluto sottolineare
l’invito di Primo Levi a non
dimenticare, la necessità
della memoria, per respingere fin dalle origini qualunque rigurgito razzista e qualsiasi tentativo di mistificare
il passato e negarne i crimini.
L’altro è rincontro tenuto
nella storica Abbazia Florense, quella fondata da Gioacchino da Fiore. Delegata
l’omelia al nostro amico cattolico-bizantino Mario Aluise, i rappresentanti dell’
ebraismo e delle chiese vaidesi e avventiste hanno potuto brevemente esporre storia
e caratteristiche di ciascuno;
la gente intervenuta, tantissima, è apparsa vivamente interessata.
E proprio questa è la mia
maggiore perplessità. Se si
tratta di pregare siamo tutti
d’accordo; la preghiera è diventata talmente rituale che
non dà fastidio a nessuno;
quando invece si propone un
incontro di studio o di confronto, quando si chiede di
potersi far conoscere per
quello che si è, di dire le ragioni della propria fede, allora cominciano i guai. Di
solito vengono riservate a tal
fine interessanti conferenze
per addetti ai lavori, oppure
momenti brevissimi e mal
preparati; raramente si apre
un autentico spazio di colloquio e scambio con i fedeli
di una parrocchia; se questo
accade, davanti a una critica
ragionevole, a una diversa
lettura biblica (sui sacramenti, per esempio, o sul governo della chiesa), subito fa
capolino la paura, si sente il
bisogno di ribadire i classici
argomenti dell’apologetica
tradizionale, e l’esposizione
delle proprie idee si trasforma in un pubblico contradditorio.
Così, in una trasmissione
televisiva a cui ho partecipato, per tutta risposta a una
mia affermazione mi sono
sentita ripetere, senza una
virgola di diverso, quegli
stessi luoghi comuni che avevo appena messo in discussione.
Già: l’altro, il diverso da
noi che vive con noi; quanto
siamo coscienti della sua reale esistenza, quanta voglia
abbiamo di incontrarlo, di capire come la pensa e perché?
Durante un incontro, un
fervoroso predicatore ci ha
esortati, in nome di Cristo,
ad amare tutti, ma proprio
tutti i cristiani, senza eccezione... Davanti a lui, a un
metro di distanza, c’era il
rappresentante della comunità ebraica! Che fare? Vale
la pena di andare avanti? lo
direi di sì.
Prima di tutto è un dovere.
Non dobbiamo esimerci dal
predicare, quando ne siamo
richiesti. Poi si incontrano
persone diverse, si scoprono
nei posti più disparati fratelli
di fede e possibilità di collaborazione; è noto che l’unione fa la forza, e forse per
qualcuno è importante anche
sapere che esistono alternative altrettanto (almeno) cristiane.
Infine, diverse volte, dopo
predicazioni semplicissime,
sui grandi temi della nostra
fede comune, mi sono sentita
ringraziare «Pastore, nessuno
ce lo aveva mai detto»; sarà
bene che la predicazione della parola di Dio continui, e
usiamo pure tutti i pulpiti accessibili!
5
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
LA SETTIMANA DELLA LIBERTÀ DELLE CHIESE EVANGELICHE
LIBERI DA... LIBERI PER...
Pubblichiamo un calendario delle
principali iniziative, di cui siamo venuti a conoscenza, che le chiese hanno
preso in occasione della «Settimana
della libertà»
TORINO
- Sabato 20, alle ore 17,30 nel tempio, si tiene un incontro di riflessioni e
testimonianze sul tema Liberi dalle
mafie, con Luigi Ciotti, presidente del
Gruppo Abele; Pina Maisano Grassi,
senatrice dei Verdi; Jean-Jacques Peyronel, già direttore del Servizio cristiano di Riesi; Valdo Spini, sottosegretario agli Esteri; Nicola Tranfaglia,
docente di storia contemporanea; Raffaele Volpe, pastore battista a Lentini
(Sr). Partecipano la corale evangelica,
il coro della chiesa battista di via Elvo,
il coro africano della Christian Eellowship e il coro dei bambini della scuola
domenicale. L’iniziativa è organizzata
dalla Chiesa valdese in collaborazione
con le chiese battiste, il Centro evangelico di cultura «A. Pascal» e la Egei.
IVREA
- Mercoledì 17 si tiene il culto seguito da un’agape e da una conferenza
del past. Fulvio Ferrario sul tema del
Pietismo come fenomeno storico frainteso. Un’altra iniziativa si terrà in marzo; martedì 16 il past. Giorgio Toum e
mons. Enrico Chiavacci (Studio teologico fiorentino) discuteranno sul tema
della Settimana; sono previsti banchi
libri e un «volantone» dadistribuire..
ONEGLIA
- Da mercoledì 17 a sabato 20, nella
sala municipale di piazza Dante, si tiene una mostra con banco libri. Venerdì
19, alle 20,30, conferenza del past.
Fulvio Ferrario sul tema: Libertà del
cristiano. Domenica 21 si tiene un culto pubblico sul tema: Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi.
SANREMO
- Il culto e l’agape si terranno domenica 21.
VALLECROSIA
- Domenica 14 si tiene il culto con
agape.
GENOVA
- Domenica 14 si tiene il culto con
Santa Cena e pranzo comunitario.
MILANO
- Mercoledì 17, alle ore 21 presso la
chiesa metodista, si tiene una tavola
rotonda sul tema: Razzismo e antisemitismo a cui intervengono il prof.
Mino Chamla e i dott. Roberto Calmi e
Paolo Naso. Sabato 20, alle ore 17
presso la chiesa valdese, si svolge un
incontro-dibattito sul tema: L’Italia a
una svolta: contro la mafia e la corruzione politica. Intervengono Nando
Dalla Chiesa e . Giorgio Bouchard.
BRESCIA
- Domenica 14 il culto sarà seguito
da agape. Nel pomeriggio sarà proiettata una videocassetta sull’ebraismo.
COMO
- Domenica 14 dopo il culto agape
fraterna. Nel pomeriggio conversazione del past. Ennio Del Priore sul tema:
Protestanti e libertà..
TRIESTE
- Domenica 21, presso le comunità
evangeliche elvetica e valdese, si avrà
il culto con Santa Cena, seguito dal
pranzo comunitario e da un incontro
con Lino Lubiana, pastore a Fiume.
FELONICA PO
- Domenica 21 si tiene presso la
chiesa valdese il culto presieduto dal
pastore battista di Ferrara Carmine
Bianchi, a cui seguirà un’agape fraterna. Alle 15,30, nella Biblioteca comunale, si avrà una conferenza del
prof. Mario Miegge sul tema: La
responsabilità dei cristiani italiani di
fronte alla crisi del paese. L’VIII circuito aderisce a questa iniziativa, mentre nelle altre comunità, nel corso della
settimana, si avranno incontri di preghiera, riflessione, canto.
SVIZZERA
- Le chiese del IX circuito hanno organizzato, congiuntamente alle chiese
di lingua italiana riunite nell’Acelis,
una «tournée» di Marco Jourdan e del
past. Laura Leone, che incontreranno
le varie comunità.
LIVORNO
- Venerdì 19, alle ore 17, nei locali
della chiesa valdese (largo dei Valdesi
1), si tiene una conferenza-dibattito sul
tema: Per la riscoperta etica di un impegno civile. Intervengono il past.
Giorgio Bouchard e Giovanni Moro,
segretario nazionale del Movimento
federativo democratico.
REGGELLO
- Presso Casa Cares, sabato 20 si
tiene un incontro nel pomeriggio e nella serata che si concluderà con l’accensione del falò. Il past. Giuseppe Platone parlerà sulla situazione della Sicilia.
FIRENZE
- Domenica 21 il culto in via Micheli sarà tenuto dal past. Giuseppe Platone. Seguirà un’agape e nel pomeriggio
ci saranno interventi e testimonianze
di fratelli battisti, metodisti e delle altre denominazioni sul tema: Testimoniare di Cristo in terra di mafia..
MONTESPERTOLI
- Lunedì 22, nella serata, si ripeterà
l’iniziativa di Firenze in un locale pubblico, con esposizione di libri.
ROMA
- Sabato 20 nel tempio di piazza Cavour si tiene un culto interdenominazionale con messaggi da parte delle
chiese battiste, metodiste e valdesi e
del past. Francesco Toppi delle Assemblee di Dio. L’incontro sarà incentrato sul tema: Libertà dalle mafie «Dio ha scelto le cose deboli per svergognare le forti» (I Corinzi 1, 27).
Nei due giorni precedenti il tempio
sarà aperto il pomeriggio e si terranno
delle letture pubbliche del libro di Giona. Parteciperanno le altre chiese
dell’XI circuito e di altre denominazioni.
CAMPOBASSO
- Giovedì 18 è prevista una riunione
di preghiera con interventi vari e la
partecipazione dei fratelli e sorelle battisti.
SAN GIACOMO DEGLI SCHIAVONI
- Domenica 21, alle ore 16, nella
chiesa valdese, si tiene una riunione
ecumenica sull’ordine del giorno sinodale, con la partecipazione del parroco
locale e del vescovo di Termoli, Larino.
PONTICELLI-MONTEFORTE IRPINO
- Domenica 21 la giornata predisposta dàl XIII circuito prevede il culto alle ore 11, presso la Casa del popolo di
Ponticelli, tenuto dal past. Sergio
Aquilante. Seguiranno interventi degli
evangelici napoletani sul rinnovamento del nostro paese.
Alle 17 ci si trasferisce invece a
Monteforte, presso il Villaggio
evangelico, per l’accensione del falò.
Seguirà l’agape fraterna con testimonianze e interventi sui temi della Settimana.
CORATO
- Mercoledì 17 si tiene un incontro a
cui è invitata anche la Chiesa pentecostale. Il past. Giuseppe Platone parlerà
sul tema: Chiesa cristiana e le mafie.
BARI
- Giovedì 18 la chiesa valdese e la
chiesa battista in collaborazione con il
Gruppo ecumenico organizzano un incontro presso la biblioteca Ricchetti
sul tema La chiesa cristiana e le mafie.
Partecipa il past. Giuseppe Platone.
CERIGNOLA
- Domenica 21 si tiene un incontro
fra le chiese di Orsara, Foggia, Venosa
e Cerignola. Dopo il culto e l’agape
fraterna si vedrà una videocassetta sulla storia valdese (Raitre Piemonte) e ci
sarà una riflessione comunitaria sul tema: Libertà dalla mafla.Giovedì 25, alle 18,30, nella sala conferenze del nuovo Palazzo di città, ci sarà una conferenza-dibattito sul tema: Il Dio che libera. Nella serata saranno esposti nel
centro dei pannelli sulla storia valdese.
TARANTO
- Sabato 20, alle ore 18, presso la
chiesa valdese, il prof. Ottavio Di Grazia parla sul tema: Le radici culturali
dell’antisemitismo. Domenica 21, alle
ore 11 si tiene il culto presieduto da
Giovanni Magnifico, e alle 14.30 rincontro della Federazione delle chiese
evangeliche di Puglia e Lucania sul tema dell’evangelizzazione.
DIPIGNANO
- Domenica 21 il culto con Santa
Cena sarà tenuto da gruppo giovani; a
partire dalle 16.30, nella sala e nel
giardino della chiesa valdese si tiene
un’iniziativa organizzata dal gruppo
giovanile e dal gruppo scout sul tema
Liberi da - liberi per. Sono previsti un
intrattenimento di canti popolari, la relazione dello storico Vincenzo Stancati (Che cosa è successo nel 1848?-La
libertà dà diritto a una vocazione ), gli
interventi sul tema: Essere minoranza
oggi di Mario Aluise (minoranza albanese) e Carlos Cañizo (comunità
ebraica). Seguiranno musiche presentate dal gruppo «I facciatuasti», la
spaghettata, il falò e una breve animazione del gruppo scout e canti liberi.
CATANZARO
Sabato 20, alle 17, presso la sala della
Provincia, iniziative sul tema:Libertà
dalla mafia: le chiese evangeliche per la
rinascita del Mezzogiorno. Interviene
Umberto Santino, del Centro «Impastato» di Palermo.
RIESI
- Sabato 13, alle 18, nella sala della
chiesa valdese, si tiene una conferenza
sul tema Donne contro la mafia, con
Michela Buscemi di Palermo.
PACHINO
- L’Apac (associazione pachinese
anticrimine), nata anche dalla chiesa
valdese, organizza un foram con Fon.
Luciano Violante, della Commissione
parlamentare antimafia.
PALERMO
- Venerdì 26, nel tempio di via Spezio, si tiene una conferenza del past.
Giorgio Bouchard sul tema: La responsabilità dello stato e nostra nei confronti dell’attuale situazione.
CATANIA
- Domenica 14 si tiene una fiaccolata in piazza. Sabato 20 si svolge una
giornata di digiuno e di preghiera, e ci
sarà un culto anche in varie comunità
evangeliche non federate. Domenica
21 si tiene una rappresentazione teatrale del gruppo «I triaggianti» sul ruolo
della donna di fronte alla Bibbia.
Un istituto importante per le chiese
I 70 anni della Casa
di riposo di Vittoria
ERICA BUCCHIERI
Il 31 gennaio 1933 veniva
inaugurata a Vittoria (Ragusa) la «Casa di riposo», dopo che si era conclusa l’esperienza delle scuole evangeliche in questo angolo sperduto
della Sicilia sud-orientale.
All’inaugurazione della Casa,
con due soli ospiti in quel
momento, parteciparono le
principali autorità cittadine e
35 fratelli e sorelle della
Chiesa valdese di Riesi accompagnati dal pastore e dalla moglie.
Gli anni sono trascorsi, la
Casa è cresciuta, gli ospiti sono oggi 38 e, con i 60 anni
trascorsi al servizio degli altri
nel nome di Gesù Cristo, per
produrre più umanità e amicizia per gli anziani, essa continua questa sua «avventura nel
Signore».
Il 31 gennaio circa 150 persone hanno festeggiato l’anniversario, tra anziani, amici
e parenti, membri della chiesa
di Vittoria e varie autorità. Il
tempio, attorno al quale ruota
tutto il complesso della Casa,
era gremito di anziani, giovani e bambini che hanno partecipato con gioia. Alla lettura
biblica (Salmo 96) fatta dal
pastore Trobia, è seguito il
messaggio del presidente del
comitato, pastore Paschoud,
che ha dato un caloroso saluto di benvenuto e ha ricordato
a tutti che il 1993 è stato dichiarato «anno dell’anziano».
Paschoud ha affrontato il
problema degli anziani nella
società di oggi, e soprattutto
in quella occidentale, caratterizzata da una forte presenza di persone della terza età.
Particolare attenzione è stata
dedicata al luogo in cui l’anziano trascorre i suoi ultimi
anni, affermando che l’«ospizio» non è più un luogo di
emarginazione, come molti
pensavano, ma un luogo in
cui la persona è accolta e
continua a vivere il rapporto
con il mondo circostante. E
sulla via dell’impegno concreto la chiesa si è avviata a
cercare soluzioni atte a sollevare l’anziano dal disagio in
cui vive.
La Casa è questo luogo che
in 60 anni di vita, tra molte
difficoltà, è riuscito a creare
le condizioni perché ciò sia
possibile.
Sono seguiti i messaggi
dell’assessore ai Servizi sociali, geom. Filippo Cavallo,
del presidente dei centri per
anziani di Vittoria, del pastore pentecostale Antonio Stallone; tutti hanno ribadito il significato profondo dell’opera
e la sua crescita in questi 60
anni. Con gioia è stata accolta
la partecipazione del pastore
Giuseppe Ficara con la moglie e con Giosina Valenza,
in rappresentanza della Chiesa di Riesi.
Non sono mancati i messaggi della Tavola valdese e
di Vincenzo Sciclone e signora, che per lettera si sono uniti ai presenti per chiedere al
Signore di «continuare a benedire e far prosperare quest’opera ormai indispensabile
per la città e per gli evangelici dei paesi vicini».
Il pomeriggio è trascorso
con l’ascolto di vari messaggi, con la partecipazione
ai cori della chiesa pentecostale, alle danze e ai canti degli anziani dei centri cittadini, che haimo anche recitato poesie intrattenendo allegramente i presenti, suscitando le risate di giovani e bambini. L’atmosfera si è anche
«colorata» grazie alla divisa
in camicia bianca, giacca e
gonna blu del personale che
ha partecipato attivamente,
con la signora Trobia, ai preparativi e alla buona riuscita
della festa.
Alla fine sono state
proiettate delle diapositive
che delincavano le tappe
fondamentali della storia
della Casa e ne illustravano
la vita quotidiana. Poi i presenti si sono trasferiti nel
salone e nella sala da pranzo
dove è stato consumato il
buffet fra i lampi di flash, le
risate dei bambini e qualche
lacrima di anziano che avrà
forse pensato al Salmo 71
(v. 18): «E anche quando
sia giunto alla vecchiaia e
alla canizie, o Dio, non abbandonarmi».
CATANZARO — Bruno Gabrielli, 35 anni, di Bergamo, è il
nostro nuovo pastore. Subentra a Samuele Giambarresi e ha
alle spalle quattro anni di lavoro alla «Noce» di Palermo e
un anno di studi in Germania.
Il suo arrivo è coinciso con le feste natalizie, ma l’insediamento ufficiale ha avuto luogo domenica 10 gennaio, con il
culto e l’agape a Catanzaro e la conclusione nel pomeriggio.presso la comunità di Vincolise. A presentare Bruno
Gabrielli, che sarà prossimamente consacrato, è stata Teodora Tosatti, che gli ha ricordato le responsabilità del pastore, tenendo presente che «l’unico degno del nome di pastore
è il pastore Gesù».
Gabrielli, dopo aver ringraziato i fratelli delle chiese pentecostali, delle comunità di base e la delegazione della Chiesa
cattolica con il responsabile per i rapporti ecumenici della
diocesi, don Giovanni Marzillo, ha predicato sul Salmo 72
di Salomone. Un Salmo di- speranza che forse non siamo
più capaci di nutrire. Tuttavia, ha concluso Gabrielli, noi
abbiamo conosciuto in Gesù di Nazareth un re che per noi
cristiani è già venuto e ritornerà; in lui e solo in lui siamo
autorizzati a sperare (ap).
TORINO - Il 23 e 24 gennaio si è tenuto presso la chiesa battista di via Passalacqua un corso sui rapporti di coppia a cura
della pastora Adriana Pagnotti Gavina, segretaria del Dipartimento di evangelizzazione dell’Ucebi. Hanno preso parte
a questa interessante esperienza una dozzina di coppie.
Il corso ha sottolineato che la coppia è il primo terreno in
cui viviamo la nostra fede.
Ecco dunque l’importanza di un corso sul «progetto di coppia» che rappresenta, grazie anche alla professionalità di
Adriana Gavina, un interessante e stimolante modo per vivere questo fondamentale aspetto della nostra vita.
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PAG. 6 RIFORMA
All’Ascolto Della Parola
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
DALLA SCHIAVITÙ
ALLA LIBERTÀ
SALVATORE RAPISARDA
Per una riflessione sulla
«Settimana della libertà»
abbiamo voluto rileggere la
lettera di Paolo a Filemone.
L’accostamento tra «Settimana della libertà» e la lettera a
Filemone presenta alcuni tratti
paradossali. La lettera è scritta
da un Paolo segregato in prigione e tratta di un certo Onesimo, uno schiavo fuggito dal
suo padrone. La vita di Paolo,
come quella di Onesimo, è segnata dalla schiavitù/prigionia. Paolo, e con lui Onesimo,
parlano quindi di libertà, in
contrapposizione alla schiavitù/prigionia, non come disquisizione accademica o salottiera, ma come questione
vitale; vitale per la sorte di
Onesimo, e vitale per la coerenza delle scelte etiche alla
luce del messaggio cristiano.
È proprio il messaggio cristiano che ha fornito a Paolo
e a Onesimo la forza del
cambiamento e che adesso li
sostiene nelle scelte etiche.
Già Paolo era stato cambiato,
convertito, sulla via di Damasco, dall’incontro col Signore
risorto. Onesimo pure è stato
cambiato dal messaggio cristiano. Onesimo è stato come
«generato» (ri-generato) mediante la predicazione di Paolo (v. 10). Infine, anche il pa
dell’Evangelo, ma non si avvale di alcun privilegio apostolico e rimanda Onesimo al
suo padrone, perché sia questi
a operare in modo paradossale: accogliere come fratello,
in forza dell’Evangelo, colui
che prima gli era schiavo e debitore.
Scelta di vita
Qui notiamo la fede di Paolo e di Onesimo, fede come scommessa di vita, fede
come conquista di libertà, come superamento delle paure,
come creazione di nuovi rapporti, come rifiuto della fuga.
Onesimo non continua a fuggire, a nascondersi, a ricercare
nuovi protettori, nuovi padroni. Onesimo non delega ad altri la responsabilità delle proprie scelte, non veste i panni di
una presunta immunità. Paolo,
da parte sua, non si ammanta
di autorità per calpestare i diritti degli altri, per ridurre gli
altri al silenzio, senza creare
comunione.
Così come non prevarica sul
padrone di Onesimo, nemmeno ordina dei comportamenti a
Onesimo stesso. Se lo avesse
fatto, lo avrebbe trattato da
schiavo. Ma ciò è esattamente
l’opposto di quel che Paolo
«.„non più come uno schiavo, ma come da più di uno
schiavo, come un fratello caro
specialmente a me, ma ora
quanto più a te, e nella carne e
nel Signore!».
(Lettera a Filemone, v. 16)
drone di Onesimo ha sperimentato un cambiamento dovuto all’ascolto dell’Evangelo. Di lui Paolo scrive;«C>£(o
parlare dell’amore e della fede che hai nel Signore Gesù
verso tutti i santi» (v. 5). Più
avanti aggiunge: «Il cuore dei
santi è stato ricreato per mezzo tuo, o fratello» (v. 7).
Nell’esperienza di Paolo e
di Onesimo, come del resto
nella vita di Cristo stesso,
l’Evangelo assume i connotati
del paradosso. La potenza si
manifesta nella debolezza, la
libertà nella prigionia, la sapienza nella pazzia ( 1 Cor. 1,
20-25). È la teologia della croce di Lutero, la sfida che ci
viene rivolta a scorgere Dio e
il suo agire nella contraddizione delle nostre aspettative umane.
Paolo conosce bene la teologia della croce; lui, che predica l’Evangelo della liberazione, adesso si trova in prigione. E dalla prigione annuncia allo schiavo Onesimo quel
messaggio che lo renderà libero.
Egli ha l’autorità per ordinare dei comportamenti,
«...benché io abbia molta libertà in Cristo di comandarti...», tuttavia si limita a dire:
«Preferisco fare appello alla
tua carità» (v. 8). Egli vorrebbe trattenere Onesimo presso
di sé perché gli è utile e perché è utile alla propagazione
persegue. Paolo e Onesimo
scelgono la via dell’incontro,
del dialogo, del rischio, rischio
della fede. Paolo manda Onesimo dal suo padrone. Lo fa
accompagnare da una lettera,
la lettera che stiamo meditando. Onesimo che si presenta al
suo padrone e la lettera di Paolo che reca in mano sono due
lati della stessa medaglia, sono
l’aspetto teorico e T’aspetto
pratico della medesima predicazione dell’ Evangelo.
Onesimo davanti al suo padrone è un uomo disarmato
davanti al suo nemico, ma
non fugge. Onesimo è pronto
a porgere le due guance. Egli
sa che potrà essere bastonato,
frustato, ma non aprirà la
bocca. Sarà come la «pecora
muta dinnanzi a chi la tosa»
di isaiana memoria; più ancora, sarà seguace di Cristo.
La scelta di Onesimo, e con
lui di Paolo, non è una scelta
di vigliaccheria, ma di forza.
È la scelta non violenta di chi
vuole conquistare il proprio
nemico, di chi non vuole farsi
schiavizzare dalla paura e
dalla violenza.
Onesimo è utile, questo è il
suo nome, perché ci chiama
al coraggio e alla libertà di
chi affronta scommesse vitali
a fronte alta, forte non delle
armi della violenza, ma del
coraggio della fede. Onesimo
incarna la libertà proprio
mentre affronta, certo con
amore, l’uomo che lo ha tenuto schiavo, il suo sfruttatore, il suo aguzzino; Onesimo
non conosce in anticipo la fine della storia, e nemmeno
noi la conosciamo dopo duemila anni, ma incarna una dimensione profonda della libertà. E la libertà che avvince
anche l’avversario, che mira
a liberare chi è schiavo delle
proprie catene, anche se dorate. Onesimo rifiuta la via breve della soluzione del proprio
problema individuale, senza
nel contempo tentare di spezzare la schiavitù dell’altro.
Inoltre con la sua scelta
Onesimo, che nella lettera rimane muto, ci dice che la via
della libertà non è quella di
dire agli altri che cosa debbono fare, ma è una via che va
percorsa in silenzio, perché è
una via che costa, rischiosa, il
cui esito non è mai scontato.
Di fronte ad Onesimo sta il
suo padrone. Anche lui un
credente. La presenza di Onesimo lo pone di fronte all’esigenza di una scelta: vestire i
panni dell’aguzzino, o quelli
del buon Samaritano. Come
credente, però, non potrà che
essere il prossimo di colui
che si è imbattuto nei ladroni.
Tale era stato Onesimo: uno
schiavo depredato dei propri
diritti, delia propria libertà.
Colui che era stato il padrone
sa che diventerà schiavo della
tradizione, dei diritti acquisiti, del proprio orgoglio carnale se si avvarrà dei propri privilegi di padrone.
La libertà del padrone sta
ormai solo nel gettare le braccia al collo di Onesimo e nel
fare festa. Egli dovrà riconoscere Onesimo come il proprio fratello, come colui che
lo ha liberato dai falsi rapporti tra umani e come colui che
andrà a predicare l’Evangelo,
forte del coraggio già dimostrato, e così sarà strumento
di liberazione per altri. Il padrone di Onesimo, come abbiamo visto, era già un cristiano e, certamente, la nuova
esperienza sarà stata per lui
una grande lezione, una
splendida occasione per vivere con coerenza la fede
confessata.
Discorso comunitario
La lettera a Filemone è indirizzata a più persone.
Esse sono Filemone, Apfia,
Archippo, la chiesa'. Filemone, come si legge, è «compagno d’opera» , certo nella
diffusione dell’Evangelo; Apfia è una «sorella» ; Archippo è «compagno d’armi» ,
ovviamente nella battaglia
spirituale per la propagazione
della fede. Si tratta di uomini
e di una donna responsabili
della chiesa domestica che
viene menzionata subito dopo.
Qui ci interessa cogliere il
senso di questo coinvolgimento comunitario^ in un discorso che sarebbe potuto rimanere un fatto tra singoli.
Così non è perché il fatto di
Onesimo è un fatto significativo, che deve avere valore
per la comunità, la chiesa, e
non può essere relegato alla
sfera del privato.
La chiesa è invitata a discuterne e a trame delle implicazioni pratiche di natura profetica. La chiesa è chiamata a
realizzare i segni del mondo
nuovo di Dio, a ricordare e
attualizzare i gesti compiuti
da Gesù: «Se dunque io, che
sono il Signore e il Maestro,
TV* '.V'i'-------------
Un contadino di Santo Domingo, prima isola scoperta da Colombo. Tra il 1570 e il 1790, periodo della
istituzione dello schiavismo in tutti i Caraibi, circa 400.000 schiavi vi furono portati dall'Africa nera
v’ho lavato i piedi, anche voi
dovete lavare i piedi gli uni
agli altri...» (Giov. 13, 14); al
limite, dare anche la vita.
La chiesa che sperimenta la
liberazione dalle paure,
dal nemico, dai modelli culturali imposti, farà ciò non soltanto nelle cerimonie liturgiche
o nei momenti beati di preghiera, ma saprà affrontare una
pluralità di situazioni, forte
soltanto dell’Evangelo.
Così ora la chiesa sarà un
Paolo in prigione, ma capace
di predicare l’Evangelo della
liberazione; un Onesimo spaventato e fuggiasco che recupera coraggio dalla voce dell’
apostolo; il padrone degli
schiavi che si converte e si
spoglia dei suoi privilegi ; ora
sarà la chiesa confessante che
saprà rifiutare le false autorità
e si fonderà soltanto sulla parola di Dio; la chiesa blandita
dai corrotti-corruttori, o minacciata dai criminali, che saprà ritrovare la giusta dimensione della libertà, della libertà
non solo intimistica, non solo
individuale, ma di quella libertà che sa coinvolgere «l’altro». Questa è la dimensione
del «sogno» di Martin Luter
King, un sogno che è ricorrente, un sogno che non deve essere lasciato nel dimenticatoio
dell’inconscio individuale o
collettivo.
A questo punto vale forse la
pena di chiedersi: quanti Onesimo conosciamo, se mai ne
abbiamo conosciuto? Erano
Onesimo quegli ebrei braccati
dalle SS e rifugiati presso dei
cristiani? Sono degli Onesimo
coloro che sfuggono alle dittature e alle guerre per trovare
scampo tra noi? Ancora, sono
degli Onesimo coloro che fuggono dalla fame dei paesi poveri? Nonostante le molte
analogie e molti punti di contatto, il caso di Onesimo non
può essere trasferito troppo
semplicisticamente a situazioni di oggi. Rischieremmo un
discorso troppo letteralista.
Per evitare ciò il discorso comunitario deve continuare.
E possibile «dire» fuori della
chiesa quel che possiamo «dirci» tra credenti? È possibile
trasferire lo scandalo della croce in categorie economiche.
politiche, giuridiche? E possibile farlo senza cedere alle
tentazioni integriste? Molti lettori della lettera a Filemone rimangono delusi, se non scandalizzati, del fatto che Paolo
non si sia schierato contro la
schiavitù come sistema. Per costoro a Paolo è mancato il coraggio di fare un ulteriore passo nella giusta direzione. Se
Paolo avesse fatto quel passo...
Ma Paolo non lo ha fatto e noi
ne prendiamo atto.
Prendiamo anche atto che se
Paolo avesse fatto quel passo,
avrebbe parlato come politico,
come giurista, come sociologo
ma non come teologo. Se Paolo avesse fatto quel passo egli
non avrebbe predicato lo scandalo della croce, ma avrebbe
imposto la sua autorità alla piccola comunità in cui operavano
Filemone, Apfia, Archippo e
alcuni altri.
Evidentemente non era quello il modello di predicazione di
Paolo. Paolo ha scelto la via
deH’umiltà, del rischio della
propria vita, del servizio. Ma in
ciò ha mostrato tutta la sua forza, come pure quella del suo fi
glio nella fede, Onesimo.
Eccoci posti di fronte
all’alternativa di una teologia
della croce, paradossale, rischiosa, costosa ma coerente
con la prassi di Cristo, e una
prassi di potere, di violenza,
di arroganza. Ancora una volta ricercheremo la libertà nella prassi dell’Evangelo.
(1) L’indirizzo si conclude con
l’augurio al plurale: «Grazia a
voi...». Subito dopo, però, il discorso volge al singolare, e non
ci è dato sapere se l’apostolo si
rivolge a Filemone, ad Apfia o
ad Archippo. Alcuni autori, che
legano la lettera a Filemone con
quella ai Colossesi, sulla base di
Col. 4, 17, vedono Archippo come il vero destinatario della lettera. Archippo, quindi, e non Filemone sarebbe stato il padrone
di Onesimo. Si tratta, tuttavia, di
una ipotesi difficilmente sostenibile in considerazione del fatto
che probabilmente la lettera ai
Colossesi è di 25-30 anni posteriore a quella a Filemone.
(2) Altri nomi menzionati nella
lettera sono: Timoteo, come coscrivente; poi ci sono Epafra,
Marco, Aristarco, Dema e Luca
che mandano saluti.
DESIDERO LA LIBERTA
«Accanto alla libertà per il mio popolo, desidero la libertà dall’odio, la libertà dalla paura,
poiché solo chi è libero dalla paura può fare
qualcosa per gli altri; e la libertà dal proprio
orgoglio, per il quale ci riteniamo migliori dei
nostri fratelli».
Duke Ellington, jazzista
Non mi lascerò più soggiogare
dalle opinioni degli altri:
per grazia tua
i miei pensieri sono liberi,
le mie decisioni chiare,
il mio amore senza illusioni,
la mia bontà indipendente
dagli sbalzi d’umore.
Signore, non voglio più vivere a metà,
essere libero a metà, buono a metà.
Metti tu fine a questa incompiutezza.
Dammi te stesso e sarò libero.
J. Zink, Come pregare
7
spedizione in abb. post. Gr D A/70
tn caso di mancato recapito rispedire a:
CASELLA POSTALE 10066
torre PELUCE
Fondato nel 1848
E Eco Delle Yallì "\àldesi
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
ANNO 129 - N. 6
URE 1200
XVII FEBBRAIO 1993^
LIBERTA
ETTORE SERAFINO
Libertà! Forse non v’èparola più usata, e abusata, di
questa. Le si vuol far dire, e le
si può far dire, di tutto.
Accade di dover riconoscere
che talora rispecchia una situazione che ha invece l’apparenza dell’opposto e, per altro verso, quanto più pare garrire come una bandiera al vento tanto
più è invece simile piuttosto a
una condizione di schiavitù
perché contraddetta e smentita
dai tempi e dai fatti.
1 peggiori, e più feroci, regimi dittatoriali si sono sempre
presentati come difensori della
libertà; non avvedendosi, fino a
quando ne sono stati travolti,
che la vera libertà era quella
dei loro oppositori, di coloro
che li combattevano, e ne cadevano vittime, ma che con il loro sacrificio costruivano le inesorabili premesse del loro crollo.
Questi pensieri si agitano in
me, e certo in molti altri, per
poco che ci si pieghi su noi
stessi a riflettere, nelle ricorrenze che siamo abituati a considerare come «anniversari di
conquista, o riconquistata libertà» e che sono occasioni per
«festeggiare la libertà».
Due date per noi, nel corso
di ogni anno, sono abbastanza
vicine sotto il profilo cronologico; 17 febbraio e 25 aprile.
Diverso certo il tempo nel quale, e conclusione del quale, si
sono imposte come feste di libertà; diversa la conoscenza
che se ne ha, più legata alla
storia di un piccolo popolochiesa la prima, e alla storia di
una grande nazione (almeno
per il numero di cittadini e territorio) la seconda.
Ma in queste due ricorrenze
un eguale interrogativo, senza
voler essere a tutti i costi dei
tragici pessimisti, urge in noi,
ci tormenta e ci angoscia;
quando i falò del 16 sera sui
nostri monti punteggiano
l’oscurità con allegre fiammate
e scoppiettanti faville, e quando il 25 aprile ci riporta al ricordo di quel giorno di quasi
cinquant’anni fa al momento in
cui, come diceva Calamandrei,
al di là dei lutti e delle rovine
«qualcosa di nuovo era
nell’aria».
Siamo noi, valdesi, davvero
più liberi oggi di quanti nei secoli dovettero rendere la loro
testimonianza di fedeltà al loro
Signore, all’Eterno, attraverso
le tragedie delle persecuzioni e
degli esili? Più liberi solo perché non c’è più ghettizzazione
e ci è consentito dire chi siamo,
proclamare liberamente la nostra fede, sentirci perfino, talora, adulati o esaltati? Ma i templi spesso sono semivuoti e la
Bibbia si copre di polvere in un
angolo buio della casa.
Siamo noi, usciti dalla tempesta della guerra, o dalle
sconvolgenti vicende dell’impari lotta di liberazione, davvero più liberi oggi di allora,
quando la libertà era vissuta
come in sogno, ed era la speranza per la quale si combatteva e si moriva? Forse perché
c’è un certo benessere e non vi
è più mobilitazione di giovani
per folli avventure e si può, in
fondo, parlare e protestare e
scrivere senza limiti di spietata
censura? Ma non avvertiamo
invece che intorno a noi la libertà ha l’aspetto, il volto ignobile della corruzione, del privilegio, dell’inganno, della ferocia omicida, del facile arricchimento di pochi a danno di molti; e che per tanti, troppi diseredati questa parola ha un suono ipocrita, è una grottesca
,insultante finzione?
Queste due date (e la prima
è alle porte) ci ridiano almeno
un soffio, un alito di quell’aria
di libertà che le ha battezzate, e
donate agli immemori e immeritevoli.
Chissà che non divengano,
per ognuno di noi, col monito
che ne scaturisce, un punto di
nuova partenza per camminare
verso la libertà; libertà che per
i credenti ha una luce inconfondibile e irresistibile, la
luce che si sprigiona da un dono più che da una conquista.
Un cammino che necessariamente è senza soste, senza arrivi definitivi, almeno sino che
la storia sarà la storia degli uomini.
Penso che avesse ragione
quel pensatore libanese, Gibran, quando scrisse; «In verità
sarete liberi quando l’affanno
riempirà il vostro giorno, e il
bisogno e il dolore la notte».
E ancora: «Se la vostra libertà spezza le catene essa diventa la catena di una libertà
più grande».
È proprio solo, questo linguaggio, un parlare per paradossi?
Un’immagine ciassica dei XVii febbraio aile Vaiii; ii faiò che raccogiie ia comunità (foto Enrico Bertone)
Un'occasione
di riflessione
Le chiese valdesi ricordano nei prossimi giorni la libertà ottenuta con le «Lettere
patenti» di Carlo Alberto nel
1848.
Il 16 febbraio si accenderanno i «fuochi di gioia» in
ricordo di quell’avveniemento, e il 17 le chiese si riempiranno per il culto di ringraziamento a cui seguiranno le
agapi che vederanno l’intervento di numerosi ospiti.
Da alcuni anni però la settimana del XVII è occasione
di riflessione sui grandi problemi di libertà e giustizia
che travagliano il mondo e il
nostro paese.
Quest’anno la nostra riflessione sarà portata sui temi della «crisi economica,
politica, morale e spirituale»
del nostro paese. Due i principali appuntamenti:
- a Pinerolo, venerdì 19
febbraio alle ore 20,30 nel
Tempio valdese ( via dei
Mille 1), i pastori Laura Leone e Mauro Pons introdurranno un dibattito sul tema «Le
chiese contro la mafia»
— a Torino, sabato 20 febbraio nel Tempio valdese
(corso Vittorio Emanuele II)
alle ore 17 incontro sul tema
«Liberi dalle mafie» con la
partecipazione di Luigi Ciotti, Pina Maisano Grassi,
Jean-Jacques Peyronel, Valdo Spini, Nicola Tranfaglia,
Lello Volpe e dei cori battisti, africani, dei bambini e
delle chiese evangeliche torinesi.
Nostra indagine presso alcuni amministratori e operatori sociali in riferimento all'ultimo dibattito sinodale
Fede cristiana, chiese e democrazia politica
Il Sinodo dello scorso anno
dedicò una parte significativa
dei propri lavori al dibattito
su chiese e democrazia; venne
approvato un ordine del giorno in cui si parlava di necessità di «non rinchiudersi nel
privato ma di operare per l’affermarsi della democrazia, assumendo responsabilità in
campo economico, politico e
sociale».
La Settimana della libertà
di quest’anno è caratterizzata
da riflessioni ed incontri su
questi temi.
Abbiamo chiesto ad alcune
persone, impegnate nelle amministrazioni, ma anche nella
società civile, nella scuola o
nel volontariato, di presentarci
alcune loro riflessioni su questi temi (red.).
ERMINIO RIBET (presidente Comunità montana valli
Chisone e Germanasca, sindaco di Inverso Pinasca):
- Il rapporto tra chiesa e
politica, tra credente e impegno sociale è, da sempre, terreno di confronto e dibattito
nelle nostre comunità. Nel triste momento di decadimento
economico, culturale e morale
che attraversa il nostro paese
questo dibattito assume forme
e caratteristiche particolari:
quale ruolo assegniamo oggi
al credente nella vita di questa
società così lontana dai valori
cristiani?
La nostra risposta deve essere un forte impegno di presenza, di testimonianza, di
azione nella ricostruzione di
questo paese che, pur se martoriato da una classe dirigente
indegna di rappresentarlo e di
gestirlo, mantiene intatta la
sua dignità ed ancora viva nei
suoi cittadini una voglia di riscatto, di pulizia, di «essere al
servizio degli altri»: la chiesa
deve porsi, attraverso l’operato dei suoi membri, al servizio
di questa vasta operazione di
rinnovamento.
Due rischi vanno evitati: la
tentazione di delegare ad «altri» questo progetto di rinascita e l’illusione di poterci chiudere nel nostro mondo, non
ancora «contaminato», in attesa di tempi migliori.
Dalla nostra storia del dopoguerra dobbiamo trarre una
importante lezione: le idee,
anche le più nobili ed argute,
rimangono tali se non sono accompagnate dalla piena disponibilità all’azione, dall’impegno a trasformarle in realtà
che richiede, necessariamente,
un coinvolgimento in prima
persona.
Coma la nostra vita comunitaria il sistema democratico
richiede ed esige una presenza
attiva, intelligente, convinta e
costante, unica medicina contro le degenerazioni che in
questi giorni abbiamo sotto gli
occhi: in democrazia non si
può e non si deve stare alla finestra: mai!
ELIO CANALE (preside
Collegio valdese. Torre Penice):
- È corretto che quando vi
siano disfunzioni culturali e
sociali (mafia, corruzione, razzismo) ci si chieda: «E la
scuola cosa ha fatto? Cosa
fa?».
No, non è corretto anche se
la scuola resta il momento
fondamentale della formazione
dei membri della società e diventerà sempre più un «lungo»
momento essendo necessario
un minimo di 13/16 anni di
scuola per poter far parte di
questa società moderna.
Per non ricordarci della
scuola solo quando funziona
male o quando scorgiamo cattivi risultati, dobbiamo assumerci le nostre responsabilità
sia come persone che come
chiesa cristiana.
La scuola può essere occasione di educazione democratica contro corruzione, mafie,
razzismi anche con un modello
di organizzazione autonoma
con una forte partecipazione di
coloro che vi fanno parte.
Eccetto l’esempio francese,
le scuole fortemente centralizzate sono state scuole di regime e non di democrazia.
La scuola italiana ha perso
l’occasione di autonomia offertale dagli organi collegiali
inventati negli anni ’70, che ci
sono e possono essere rivitalizzati, a patto che si spezzino
i legami legislativi di subordinazione burocratica e che genitori, studenti e docenti siano
pronti ad assumersi l’onere
dell’autonoma definizione di
linee generali dei programmi e
della gestione amministrativa
della scuola. Forse allora lo
stato potrà anche svolgere, come non ha fatto finora, il molo
di controllore degli standard
educativi prestabiliti, nel rispetto delle minoranze e della
fmizione del servizio dai minimi.
In questo, che ci piaccia o
no, va inserito il diritto di
gmppi sociali di aprire scuole
in cui il patto educativo sia caratterizzato e che queste scuole siano poste sullo stesso piano di quelle aperte dallo stato,
cioè accessibili a chiunque accetti quel patto senza essere
discriminato per razza, sesso,
religione o reddito.
GIULIA D’URSI (Gmppo
Italia 90 vai Pellice, Amnesty
International):
- Democrazia è poter esprimere liberamente il proprio
pensiero, professare la propria
fede sia essa religiosa o politica, esser accettati come «persona» indipendentemente dal
colore della propria pelle, della propria etnia e, perché no,
della propria età (ricordiamoci
che anche i bambini hanno dei
diritti), essere trattati con umanità e giustizia anche se si sbaglia. .
Questo non avviene in nessun paese del mondo, neanche
in quei paesi che si ritengono
più «democratici» di altri ed è
per questo che Amnesty International, movimento internazionale, denuncia incessantemente le violazioni dei diritti
umani dovunque esse avvengano, chiedendo la librazione
immediata ed incondizionata
di tutti i «prigionieri d’opinione», trattamenti umani per tutti i prigionieri e processi pubblici, equi e tempestivi.
FRANCA COiSSON (sindaco di Angrogna, consigliere
provinciale):
- Mai, forse, appello del Sinodo è apparso così attuale come quello del Sinodo ’92. Esso cade in un momento di prostrazione profonda per il nostro paese, pervaso di morte e
corruzione, scosso dalla crisi
SEGUE A PAGINA IV
8
PAG. Il
L’Eco Delle Valli Valdesi
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
Cronaca
PROCESSO ANARCHICI: PRIMO ATTO — Si è tenuto
il 2 febbraio, a Pinerolo, la prima parte del processo per
l’occupazione, risalente al 1991, da parte di un gruppo di
anarchici, di uno stabile in zona S. Michele di Pinerolo.
Il pretore Pazé ha proceduto allo stralcio della posizione
del gruppo di occupanti, rinviandone il dibattimento a giugno, per occuparsi dapprima del caso dei quattro giovani
pinerolesi identificati dai carabinieri come occupanti,
mentre si trovavano intorno allo stabile soltanto per curiosare.
Facile gioco ha avuto la difesa, fra cui l’avv. Serafino, nel
dimostrare la loro estraneità all’occupazione (e tanto più
alla redazione di un manifesto diffamatorio dal titolo «bastardi» affisso per le strade di Pinerolo); su richiesta dello
stesso pubblico ministero, i quattro sono stati assolti per
non avere commesso il fatto. Condannata invece ad una
multa una ragazza che aveva effettivamente partecipato
all’occupazione.
Da segnalare una piccola ingiustizia nella giustizia: il pretore Pazé ha dovuto rimproverare i carabinieri che, contravvenendo alla recente legge in materia, avevano accompagnato in manette due occupanti agli arresti domiciliari.
La risposta dell’ufficiale responsabile è stata, come altre
volte è accaduto, un silenzioso allargare le braccia.
TRENI REGIONALI — I treni regionali sono tornati alla ribalta della cronaca quotidiana nei giorni scorsi; le Fs paiono intenzionate ad aumentare le tariffe. Si andrà verso
l’abolizione di talune di forme di abbonamento?
«La nostra linea di tendenza — spiega l’ing. Maurizio Liurni, responsabile del traffico locale del compartimento di
Torino — va verso l’individuazione di una tariffa unica;
siamo per altro ancora alla fase delle proposte e siamo disposti ad un confronto con gli enti locali. I provvedimenti
dovrebbero entrare in vigore col 1° aprile».
Intanto le Fs staimo procedendo a riattivare la distribuzione dei biglietti in punti vendita a terra, nelle vicinanze delle stazioni, dopo un periodo di precarietà e sospensione del
servizio.
Proseguirà, intanto, fino al 22 maggio il servizio di autobus sostitutivo di alcune corse festive che, se doveva concludersi al 4 gennaio, è stato prorogato senza ulteriori comunicazioni; che accadrà col nuovo orario estivo?
Ci sarà maggiore chiarezza? Verrà studiato un orario, magari con minori corse ma funzionali e tutte su rotaia o si
continuerà nella attuale incertezza?
INFORMAGIOVANI — Nell’ambito del progetto dipartimentale con i giovani della Comunità montana vai Pellice
sarà aperto, a partire dal prossimo 15 febbraio, uno sportello «Informagiovani» in via Roma 45 a Lusema San
Giovanni (nei locali dell’ex ufficio di collocamento).
Presso l’Informagiovani sarà possibile ottenere informazioni su lavoro, orientamento scolastico, viaggi, vacanze,
concerti ecc. con il seguente orario: dal lunedì al venerdì
dalle ore 14,30 alle 17.
L’ufficio sarà aperto a tutte le proposte e le richieste che
arriveranno dal mondo giovanile.
Sarà inoltre attivo «Spazio adolescenti», uno spazio che
nasce per dare una risposta al bisogno di confrontarsi su
temi fondamentali che vanno dall’identità alla sessualità,
alla vita affettiva e ai rapporti sociali.
In questo spazio si potrà trovare la collaborazione di un
gruppo di persone che conoscono e hanno approfondito
questi temi, e che sono in grado di accompagnare o di appoggiare in caso di necessità, nel rispetto della più assoluta
riservatezza.
L’accesso è gratuito e potrà avvenire a livello individuale,
di coppia o di gruppo; all’interno del servizio opereranno
l’educatore, la psicoioga, la psichiatra, la ginecologa e
l’assistente sociale.
Spazio adolescenti sarà aperto il martedì dalle 17 alle 19; è
attivo anche il numero telefonico 900245.
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Perosa Argentina: nonostante le difficoltà economiche
La piscina: servizio indispensabile
DANILO MASSEL
Dopo una pausa nelle vacanze di Natale, dal 5 dicembre all’11 gennaio, la piscina di valle di Perosa Argentina ha ripreso l’attività.
Di proprietà della Provincia
di Torino, entrata in funzione
nel novembre del 1988, la piscina è stata finora amministrata da un consorzio fra la
Comunità montana valli Chisone e Germanasca e la Provincia. Con il nuovo anno,
abolito lo strumento del
consorzio, sarà la Comunità
montana, in particolare la
giunta, a sovrintendere alla
conduzione dell’impianto. Il
rapporto con la Provincia di
Torino permane sotto forma
di convenzione fra i due enti,
integrata dalla costituzione di
una commissione paritetica
con funzioni consultive, così
come permane nella misura
precedente la ripartizione dei
contributi di finanziamento: il
25% a carico della Comunità
e il 75% a carico della Provincia.
Come ha spiegato il geometra Gino Barai, dell’ufficio
tecnico della Comunità montana, «il finanziamento della
provincia risulta attualmente
previsto per altri due anni, e
dovrebbe associarsi ad alcuni interventi sulle strutture
(coibentazione in particolare)
in modo da ridurre sensibilmente i costi di gestione. Attualmente i costi totali annuali, inclusi 30 milioni circa
di spese di trasporto degli
studenti, si aggirano su una
media di 180 milioni, coperti
per l’85% dagli enti pubblici
già citati: il restante è invece
a carico della società concessionaria degli impianti. La
ristrutturazione, insieme alla
riduzione dei costi di riscaldamento, darà probabilmente
luogo anche ad una ridefinizione su base forfettaria, tramite una gara di appalto, del
contributo pubblico».
La gestione operativa
dell’impianto è stata fin
dall’apertura affidata alla società sportiva «Coop ESL Libertas» di Torino, che da anni
Gli utenti
della piscina
Quanti sono i fruitori
della piscina di Perosa?
Ecco alcuni dati rappresentativi dell’utilizzo,
con la formula dell’abbonamento e delle tessere,
al 1992.
Val Germanasca: 31
privati; 131 studenti.
Val Chìsone: 294 privati; 855 studenti.
Pinerolo: 367 privati;
179 studenti.
Altri: 506 privati; 269
studenti.
La piscina di Perosaf.Argentina: Dn impianto moito importante
per gli abitanti e per tutte le scuote dette vaiti
opera anche nella piscina di
Lusema San Giovanni.
Lo sfruttamento degli impianti si può suddividere in
due blocchi separati: dalle
8,30 alle 12,30-13 e dalle 14
alle 22 (lunedì e sabato dalle
14 alle 19). Le prime sono le
ore a disposizione della Comunità montana, utilizzate da
tutte le scuole elementari e
medie delle valli, talvolta anche dalle materne. Su un totale di 1.100-1.200 studenti la
partecipazione è circa del
90%. Vi sono anche delle
scuole provenienti da Comuni del Pinerolese che, dietro
autorizzazione degli organi
amministrativi, usufruiscono
della struttura.
Nel pomeriggio e fino a sera la piscina è invece aperta
al pubblico e vengono tenuti i
corsi per adulti e ragazzi, articolati su diversi livelli: giocosport, perfezionamento, preagonistica e agonistica (pallanuoto). L’affluenza media
nella mattinata è di circa 50
utenti l’ora, di cui circa 20 di
pubblico e 15 appartenenti ai
corsi. Le ore maggiormente
frequentate vanno dalle 17 alle 20. In estate, a scuole chiuse, vengono tenuti dei corsi
anche al mattino; la frequenza complessiva comunque diminuisce.
La signora Nella Magra, responsabile della ESL Libertas, che cortesemente ha fornito le informazioni su affluenza e corsi, afferma di
aver rilevato un lento ma crescente coinvolgimento della
popolazione e degli studenti
nella pratica del nuoto: «Dopo una certa diffidenza iniziale abbiamo registrato un
interesse crescente, sia da
parte delle scuole che da parte dei singoli utenti, anche di
persone anziane - dice Magra i prezzi contenuti rendono accessibile a tutti il servizio e sono un incentivo ad
un primo contatto con I attività fisica in acqua. I controlli settimanali sulla qualità
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dell’acqua da parte del servizio di igiene e sanità pubblica
ojfrono una garanzia igienico-sanitaria idonea a fugare i
dubbi di coloro che temono di
contrarre malattie quando si
tuffano. I problemi maggiori
rimangono quelli dei costi, in
particolare riscaldamento ed
energia elettrica, connessi
anche ad alcuni problemi
strutturali dell’impianto».
Inverso Rinasca
Nuovo
municipio
Da lunedì 1° febbraio gli
uffici comunali di Inverso Pinasca sono stati trasferiti nel
nuovo palazzo comunale situato appena fuori la borgata
Fleccia, in via 1° maggio 2.
«C’è molto più spazio che
nel vecchio edificio - dice il
sindaco, Erminio Ribet -; abbiamo al piano terra tutti gli
uffici, in quello superiore vi è
l’aula consiliare ed una
grande sala per la banda musicale. Nel seminterrato abbiamo la possibilità di mettere al riparo tutti i mezzi di
proprietà del Comune (scuolabus, spartineve, furgoncino,
automobile) che prima erano
dislocati in luoghi diversi dal
municipio».
I membri della banda musicale sono evidentemente soddisfatti della loro nuova collocazione. «Avendo una sala
così grande - dice il direttore, Alessandro Coucourde si ha la possibilità di disporre gli elementi secondo schemi che permettono loro di esercitarsi in modo adeguato.
È poi da sottolineare la buona acustica del locale».
Valli Chisone e Germanasca
2 miliardi in bilancio
LILIANA VIGLIELMO
Buona parte della riunione
del Consiglio della Comunità montana valli Chisone e Germanasca di venerdì 5
febbraio è stata occupata a discutere questioni riguardanti
il settore socio-assistenziale
amministrato dalla Ussl su
delega dei Comuni.
Il responsabile, Oscar Perotti, ha illustrato il «piano di
attività e spesa» (Pas) che si
occupa della materia. L’aggiornamento di quest’anno
prevede alcune variazioni a
causa del passaggio delle
competenze dalla Provincia
di Torino alla Ussl, ma non si
prevedono modifiche nella
pianta organica.
Non ci sono spese per acquisizione di immobili, ma si
devono adeguare le strutture
alle nuove normative di sic'urezza.In particolare si dovrebbe ristrutturare la comunità
alloggio di Mentoulles che è
di proprietà della Curia di Pinerolo che si farà carico delle
spese relative.
Si è in attesa di un finanziamento per il progetto di
sostegno agli adolescenti a rischio, che hanno due centri a
Perosa e a Villar Perosa. Nel
Centro socio-terapeutico
(Cst) di Perosa sono aumentate di molto le prestazioni
verso gli esterni, ma non si
riesce ad accontentare le richieste delle famiglie che
chiedono la costituzione di
una comunità residenziale. Si
sta progettando anche un corso per educatori professionali. Al termine di questa discussione il Consiglio ha approvato il bilancio di previsione per il 1993 che pareggia sui due miliardi.
Gli altri punti all ’ordine del
giorno erano relativi a due
convenzioni: col centro di Pra
Catinat e con la piscina di Perosa. Sia il centro che la piscina erano in origine consorzi di Comuni della valli, la
Comunità montana e la Provincia di Torino.
La nuova legge sugli enti
locali non prevede più queste
forme giuridiche così la Comunità montana ha deciso di
stipulare una convenzione
con il centro di Pra Catinat
per i corsi scolastici di educazione ambientale e di gestire
in iproprio (fra due anni) la piscina. Per quest’ultimo impianto si sono evidenziati gli
altissimi costi di gestione e
manutenzione.
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9
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
■
L’Eco Delle Valli Valdesi
PAG. Ili
A colloquio con Roberto Delladonna, uno dei responsabili della Caffarel
Il cioccolato dì qualità che viene prodotto
a Luserna e venduto in tutto il mondo
PIERVALDO ROSTAN
Non passa settimana in cui
dal mondo della produzione
non arrivi qualche notizia di
difficoltà, di crisi, di messa in
cassa integrazione; l’unico o
quasi settore che «tira», almeno nel Pinerolese, pare essere
quello dolciario.
Il marchio Caffarel è uno
dei più antichi e lega la sua
immagine alla raffinatezza e
alla qualità. Le stesse materie
prime, provenienti da vari
paesi del mondo, sono scelte
e valutate accuratamente.
Parliamo dell’attività dell’
industria lusernese e delle
prospettive con Roberto Delladonna, uno dei responsabili
della conduzione dell’azienda, mentre nei reparti è ormai
pienamente in corso il confezionamento dei prodotti pasquali.
«Abbiamo chiuso il 1992
con un aumento della produzione di circa il 7% nel peso
e nel fatturato di circa il
13%; questo malgrado a livello nazionale si sia registrato un incremento nei consumi molto più leggero,
nell’ordine dell’ 1-2%. Bisogna poi considerare che il
consumo pro-capite annuo di
cioccolato è molto più basso
che in altri paesi europei:
siamo a un 2 kg contro ad
esempio i 7 della Germania e
i 10-11 della Svizzera; in sostanza per noi il cioccolato
continua ad essere un articolo da regalo e non un alimento».
Il mercato della Caffarel è
prevalentemente italiano o
può anche contare sull’esportazione?
«Per ora siamo presenti
quasi esclusivamente in Italia, anche se stiamo cercando
gli opportuni contatti all’estero; in questo momento il
fatturato si può dividere in un
98% verso ì'interno ed un 2%
verso l’estero. Vogliamo comunque insistere con l’ estero, partecipando ad esempio
a saloni specializzati per far
conoscere il nostro prodotto».
I prodotti Caffarel sono
per altro presenti un po’ su
tutto il territorio nazionale...
«Effettivamente è così;
possiamo contare su una rete
di vendita composta di circa
110 persone che colloca il
prodotto su tutto il territorio,
in negozi di medio-alto livello.
II successo della nostra
produzione, che negli ultimi
5-6 anni si è quasi raddoppiata, è frutto di un’attenta
programmazione condotta
dagli amministratori delegati
che hanno saputo ben dijferenziare la produzione.
Si sono cioè create nuove
serie, magari decorate a mano, introducendo nel listino
parecchi articoli di fantasia;
ogni anno cambiamo buona
parte dei nostri prodotti».
Dal punto di vista delle
tecnologie si sono registrati
miglioramenti e novità?
«Per serie nuove di articoli si sono comprate di conse
Una fase della lavorazione del cioccolato alla Caffarel
guenza linee nuove; in certi
casi addirittura, una volta individuato il tipo di prodotto,
ci facciamo costruire successivamente la macchina in
funzione di quanto vogliamo
ottenere. Dunque per tutto il
ciclo l’azienda usa tecnologie
di prima qualità, dalla tostatura del cacao alla produzione delle dosi vere e proprie».
Un prodotto che punta
sull’immagine significa anche molto imballaggio; come
affrontate la questione?
«Questo aspetto ci crea
dei problemi anche sotto il
profilo finanziario; i nostri
magazzini hanno dimensioni
non indifferenti; siamo stati
ad esempio costretti ad affittare un nuovo capannone a
Bocciardino.
Siamo comunque attenti a
contenere i volumi degli im
ballaggi da un lato e dall’altro ad usare materiali senza
più componenti di cloro, dunque utilizzando materiali
compatibili con l’ambiente».
Nuovi prodotti, ampliamento del fatturato, una vasta
rete di vendite; in che misura
ciò si ripercuote sui posti di
lavoro?
«L’attività resta legata a
particolari momenti dell’anno (Natale o Pasqua); da settembre a marzo vendiamo
circa l’85% del fatturato. Come abbiamo ovviato a questo
fenomeno?
Il cioccolato è un prodotto
alimentare la cui qualità dipende proprio dalla sua freschezza; nell’ ambito della
programmazione del personale avviata nei primi anni
’80 abbiamo trasformato
buona parte dei posti che pri
ma erano tutti a full-time in
part-time. In questo momento
noi abbiamo come occupati,
alla fine di dicembre, circa
460 persone; di esse 90 sono
impiegati e 370 operai: fra
gli operai moltissimi sono in
part-time per nove mesi.
Quando una parte dei full-time va in pensione o si verificano maggiori necessità noi
passiamo i part-time al tempo
pieno. Sul totale comunque
posso dire che negli ultimi
anni abbiamo aumentato il
personale di un centinaio di
unità».
Siamo nel periodo che precede il 17 febbraio; in occasione della festa valdese è data opportunità ai dipendenti
valdesi di non recarsi al lavoro?
«Non abbiamo moltissime
richieste in questo senso, comunque in questo caso i dipendenti prendono un giorno
di ferie. La fabbrica chiude
invece nel giorno del santo
patrono di Luserna».
Sono in programma nuovi
investimenti?
«Stiamo ultimando in questi mesi un investimento di
circa 5 miliardi per il nuovo
reparto zucchero che darà
nuovi posti di lavoro ed incremento alla produzione.
Tengo a sottolineare questa
scelta aziendale di investimento in loco; noi ci siamo
autofinanziati localmente
mentre in altri casi si è preferito investire al Sud»
Conclusa la Conferenza economica
Mettere il lavoro al
centro delHniziativa
FEDERICA TOURN
Si è concluso venerdì 5
febbraio il ciclo di incontri
della Conferenza economica
del Pinerolese, organizzata
dal Comune di Pinerolo con
lo scopo di individuare progetti e soluzioni per la crisi
locale. Le proposte conclusive presentate dall’assessore al
Lavoro di Pinerolo, Rostagno, sono state tre, considerate le più immediatamente realizzabili fra quelle emerse nel
corso delle precedenti riunioni.
Il primo progetto si basa
sulla possibilità di richiesta di
finanziamento alla Cee, come
previsto dal regolamento
2052, per la costruzióne di
aree attrezzate, pensate come
strutture di sostegno di attività economiche. I tempi per
l’ottenimento dei fondi sono
quanto mai brevi: entro aprile
al più tardi dovranno essere
presentati i piani di realizzazione, non senza aver prima
costituito un consorzio d’imprese disposto ad attuarli entro la fine di quest’anno. Il
secondo si appoggia sempre
sui fantomatici fondi Cee per
una risistemazione dei siti industriali degradati, che potrebbero essere riciclati per
realizzare un moderno centro
di servizi. La terza idea riguarda la promozione di un
coordinamento dei vari enti
di formazione e avviamento
al lavoro, che sia finalmente
Intervista al segretario deirUnione italiana dei lavoratori metalmeccanici di Pinerolo
Per risolvere la crisi occorre un livello
polìtico decisionale più vicino alla gente
La Uilm pinerolese si è
riunita per il quarto congresso a Torre Pellice; ospiti sono stati anche numerosi amministratori locali ed esponenti di alcune forze politiche.
In un tempo di forte crisi
di occupazione, ma non solo,
anche di rappresentatività a
tutti i livelli, cosa può dire un
sindacato come la Uil? Che
cosa ha guidato la discussione?
«Nella mia relazione introduttiva — dice il segretario, Daniele Ghigo - ho voluto sottolineare due elementi:
la deindustrializzazione del
territorio, che richiede risposte in grado di non trovarci
presto senza prospettive (ricordo che negli ultimi anni
solo il settore metalmeccanico ha perso 7-8 mila posti sui 15 mila che erano).
Nel settembre del '91 avevamo lanciato la proposta di
provare ad avere delle amministrazioni più vicine ai
bisogni del territorio, magari
con la nascita di una provincia alpina. Non se ne è fatto
di Charbonnier geom. Enrico
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niente ma continuiamo a ritenere importante un livello
politico decisionale più vicino alla gente».
Si avvia a conclusione la
Conferenza economica del
Pinerolese; a molti questi incontri sono parsi un po’ deludenti; la questione di una necessità di una nuova industrializzazione è però venuta
fuori abbastanza decisamente
negli ultimi appuntamenti.
Qual è il pensiero della Uil al
riguardo?
«Prendiamo atto con soddisfazione che anche l'assessore Cerchio, a distanza
però di oltre un anno da
quando lanciammo un chiaro
grido di allarme, si stia accorgendo dei problemi del
Pinerolese.
La Conferenza ha affrontato la questione dell’occupazione in termini molto generici, senza lanciare proposte forti; questa serie di incontri possono essere soltanto un primo passo a cui altri
devono seguire.
Dobbiamo riuscire ad essere più competitivi per pro
porre insediamenti industriali, ma questo finora non è
stato fatto».
Il settore metalmeccanico
è in crisi, il tessile risente
della forte concorrenza estera; allora su quali settori puntare?
«La nostra crisi è quella
di tutto il mondo industrializzato aggravata dalla facilità
con cui oggi si sposta
un’azienda di alcune centinaia di chilometri, dove ci
sono migliori condizioni di
impianto. Non credo per altro ci sia un settore specifico
da sostenere».
Fra i capitoli della relazione presentata da Ghigo si
può leggere di partecipazione; in realtà è molto diffusa
la tentazione di non farsi assolutamente coinvolgere da
qualunque cosa sia un minimo istituzionale.
Il sindacato, basti pensare
alla vicenda della Manifattura di Perosa, sta vivendo anche una crisi di rappresentatività. Cosa vuol dire oggi,
per un sindacato, partecipare?
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«Oggi il sindacato paga le
carenze strutturali del paese;
ci dobbiamo attrezzare per
recuperare il terreno perduto, e alla fine va a finire che
paga sempre il lavoratore;
questo non ci piace anche se,
per esempio nel settore metalmeccanico, non siamo ancora alle forme di accordo
come quello di Perosa. Credo che un posto di lavoro vada difeso con le unghie e coi
denti.
Quando parliamo di partecipazione pensiamo ad un
sindacato che sia in grado di
determinare, insieme alle
controparti, le scelte di base.
Purtroppo in Italia il sindacato è stato partecipativo solo nei momenti di crisi; noi
vorremmo arrivare ad un
ruolo anche nella gestione
della ricchezza prodotta.
Pensiamo anche a forme
di azionariato popolare, pensiamo ad un capitalismo diffuso e non oligarchico come
avviene adesso, e pensiamo
che queste battaglie possano
essere patrimonio dei tre
sindacati in modo unitario».
in grado di fornire delle figure professionali valide e in
grado di essere assorbite dal
mercato del lavoro. Tutti i responsabili di questi enti saranno convocati dal Comune
entro la fine di marzo,in modo da poter cominciare a definire una prospettiva unitaria.
Una quarta proposta è stata
avanzata da Chiabrando, che
ha parlato a nome dei lavoratori autonomi, riguardo
all’opportunità di creare
un’area espositiva polivalente
di 3-4 mila metri quadri, in
grado di ospitare una serie di
servizi permanenti, come un
ristorante, un bar, una sala di
incontri, oltre alle rassegne
artigianali, agricole e commerciali. Non solo: potrebbe
essere l’occasione, ha detto
Chiabrando, per far conoscere al Pinerolese nuovi settori,
come la moda o le risorse del
mercato dell’usato. L’area sarebbe gestita da una società
privata e potrebbe dar lavoro
a una quindicina di persone,
più gli impiegati part-time in
occasione delle rassegne; il
tutto per un costo di 3 miliardi.
L’assessore regionale al
Lavoro, Giuseppe Cerchio,
ospite della serata, ha sollecitato la pronta attuazione dei
progetti avanzati e ha ricordato come i quattro settori portanti del Pinerolese (informatica, chimica, auto, tessile)
siano ormai irrimediabilmente in crisi. Anche i dati
sulla disoccupazione non sono certo confortanti: nell’ultimo anno la cassa integrazione
ordinaria è aumentata del
50% e quella speciale addirittura deH’85%; gli avviamenti
al lavoro sono stati 4.400, ben
300 in meno rispetto al 1991.
Il calo di produzione è esteso
a tutti i settori, compreso il
terziario, ultimo ammortizzatore della crisi, che nel secondo semestre del ’92 ha ceduto
a causa della forte riduzione
dei consumi.
«Pinerolo non può più
contare sul ruolo trainante
delle grandi industrie “storiche” come la Indesit, la Skf e
la Beloit - ha detto Cerchio ma deve puntare sulla crescita delle piccole-medie aziende, anch’esse a rischio per la
verità, e sulla costituzione di
un sistema diversificato di
servizi, recuperando sul turismo». Cerchio ha anche aggiunto che per le imprese che
impiegano fino a 50 dipendenti è previsto un finanziamento a fondo perduto del
20% e per quelle fino a 200
impiegati un intervento del
10%.
Mille lavoratori rischiano
di non avere né lavoro né sussidio.
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10
PAG. IV
L’Eco Delle Valli Valdesi
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
DALLA PRIMA PAGINA
Chiese e
democrazia
che sta attraversando partiti,
istituzioni, occupazione, economia.
Il grosso pericolo in una simile situazione è il disorientamento dei cittadini, l’abbandono della politica, la fuga degli amministratori onesti, il senso di rassegnazione
e d’impotenza di fronte
all’allargarsi a macchia d’olio
di «tutte le mafie».
Salutare, quindi, forte e
convincente deve essere il richiamo delle chiese al rinnovamento delle coscienze,
dell’azione politica, delle istituzioni, dei partiti per rafforzare i pilastri instabili della
democrazia.
Dobbiamo essere convinti
che nessuno, specialmente i
più deboli, deve essere limitato nei suoi diritti, e nessuno, specialmente i più potenti, deve dimenticare i suoi doveri, le sue responsabilità nei
confronti della collettività.
Sarà bene ricordare che i posti di responsabilità significano servizio e non sfruttamento, amore per il prossimo e
non sopruso.
La nostra storia deve insegnarcelo e dobbiamo pregare
per avere la forza per viverlo
nella nostra società, così travagliata e disorientata.
Inoltre la nostra fede deve
spingerci ad uscire dalla nostra egoistica tranquillità e ribellarci alle atroci violenze
che ancor oggi, dopo le tristi
esperienze vissute nel periodo nazifascista, si manifestano alle porte del nostro
paese, nell’ex Jugoslavia,
specialmente contro le donne,
sottoposte ad intollerabili sofferenze fisiche e morali.
Operatori
turistici
La Provincia di Torino ha
predisposto i termini per la
presentazione delle domande
di partecipazione alla prima
sessione delle prove di esame
per direttore tecnico di agenzia di viaggio e turismo, accompagnatore turistico, guida
turistica, interprete turistico.
Le domande dovranno pervenire alla Provincia di Torino, settore cultura, turismo e
sport, in via Maria Vittoria 12
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Dopo la firma dell'Intesa, le prime reazioni alle valli valdesi
Si aspetta con impazienza
che l'Intesa diventi operativa
PIERVALDO ROSTAN
Con la firma, avvenuta lunedì 25 gennaio a Roma,
dell’integrazione dell’Intesa
fra la Repubblica italiana e la
Tavola valdese del 1984 le
chiese valdesi e metodiste diventeranno, probabilmente
dal 1994, possibili destinatarie di una quota dell’S per
mille del gettito Irpef. La discussione nelle nostre chiese
è stata lunga ed appassionata;
dopo la decisione del Sinodo
del ’91, si trattava sostanzialmente di vedere entro quanto
tempo il governo avrebbe affrontato la questione.
Ma ora che siamo alla firma, qual’è il sentimento dei
valdesi delle valli? È cambiato qualcosa in loro? Quelli
che erano contrari, ora che ve
ne è la possibilità, firmeranno
per devolvere alla loro chiesa
Ì’8 per mille? Abbiamo svolto un piccolo sondaggio
all’uscita dei culti domenica
scorsa.
«Ho sempre sostenuto che
al punto in cui eravamo dice
Aldo, 44enne, membro di
chiesa a Torre Pellice - qualunque scelta avessimo fatto
avremmo comunque perso;
ora che abbiamo votato per
chiedere l’8 per mille e ci
viene riconosciuto, dobbiamo
fare in modo da riuscire a
dare in qualche modo verso
r esterno quel minimo di testimonianza che rischiamo di
non dare più proprio per il
fatto di avere accettato questo tipo di contributo».
«Non c’è stata nessuna
reazione particolare - dice
un rappresentante della chiesa
di San Giovanni era stato
deciso dal Sinodo e dunque si
doveva arrivare a questo
punto».
«Vorrei esprimere soddisfazione per questa decisione
- aggiunge una sorella della
medesima comunità era
ora di arrivare alla firma
concreta sperando di poter
realizzare qualcosa molto
presto».
«Ero contraria quando se
ne è discusso nelle varie assemblee - dice ancora una signora di San Giovanni - ma
ora mi sono abituata all’idea,
a patto che i soldi vengano
utilizzati per le opere e non
per il mantenimento del culto.
La vicemoderatore Gianna Scicione e il presidente del Consiglio
Giuliano Amato si scambiano il protocollo dell’Intesa
C’è comunque il rischio che
la gente faccia confusione su
questo aspetto».
C’è il rischio che qualcuno,
considerando che già la Chiesa valdese usufruisce dell’8
per mille, riduca le sue offerte per la cassa culto?
«Non credo — dice una persona soddisfatta della firma
fra stato e Tavola - poiché
chi ormai contribuisce continuerà sicuramente a farlo».
Più preoccupato il sig.
Adriano (pensionato), che ritiene «più importante pensare al culto, alla scarsa partecipazione; tutto il resto viene
in secondo piano».
Sostanzialmente soddisfatti
anche altri due membri della
chiesa di Angrogna, Umberto
e Linetta, che aspettano il
momento di poter firmare anche loro per dare alla propria
chiesa l’8 per mille; «In fondo anche ad altre chiese è
stata concessa questa forma
di finanziamento».
Diverse ancora le reazioni;
fra due persone entrambe
contrarie a suo tempo alla
scelta di avvalersi di questa
forma di sostegno da parte
dello stato, Giorgio, operaio,
pensa che «ora non resta che
sperare che con questi soldi
si riesca effettivamente a realizzare qualcosa di positivo»,
mentre Paolo, insegnante,
conferma: «Sono soldi dello
stato e per esso continuerò a
firmare nella casella dell’S
per mille».
Nelle chiese valdesi
SAN SECONDO — L’assemblea di chiesa è convocata per
domenica 14 febbraio dopo il culto. In esame la relazione
finanziaria del 1992 ed il preventivo per il 1993, le riunioni
quartierali.
TORRE PELLICE — Domenica 14 febbraio, dopo il culto, si
svolgerà l’assemblea di chiesa; in discussione la relazione
finanziaria, il preventivo per il 1993, e l’elezione dei deputati alla Conferenza distrettuale ed al Sinodo.
FRALI — L’assemblea di chiesa ha deciso di inviare alla tavola valdese la somma raccolta in più per il 1992 di circa 3
milioni e 250 mila lire e di impegnarsi per il 1993 a versare
24 milioni e 990 mila lire.
PINEROLO — Venerdì 19 febbraio, alle ore 20,30, nel tempio valdese di via dei Mille, si tiene un incontro organizzato
dalla Commissione esecutiva distrettuale sul tema: Le chiese contro la mafia. Intervengono i pastori Laura Leone e
Mauro Pons.
RORÀ — Venerdì 12 febbraio, alle ore 20,30, presso la sala
delle attività, si tiene il secondo incontro sull’ecumenismo
dedicato all'ebraismo.
50 anni fa
XVII febbraio 1943
Rispetto al passato sono oggi diffusi due atteggiamenti
che talvolta ci troviamo a dover sfatare o rivedere; «una
volta andava tutto meglio», ovvero «è sempre stato così».
Mentre stavamo pensando ai programmi dell’ormai imminente XVII febbraio ci siamo chiesti: come è stata vissuta in
passato questa data e, più in particolare, come fu il XVII cinquant’anni fa, in pieno periodo bellico? Abbiamo quindi
svolto una piccola ricerca sulla nostra stampa del periodo
febbraio-marzo 1943.
La luce della settimana precedente il XVII febbraio pubblicava al riguardo unicamente una meditazione di Giovanni
Miegge sulla I epistola di Timoteo. «Si facciano preghiere
per i re e per tutti quelli che sono in autorità». In essa si ricordava tra l’altro che «la data del XVII non ha nulla di eroico, è un episodio della storia piemontese, sabauda, italiana. I
valdesi sono passivi, ricevono qualcosa, non fanno nulla. Del
resto la storia valdese non è storia di gesta compiute ma di
grazie ricevute (...). Il XVII febbraio è rimasto la festa valdese, la festa dell’esaudimento, la festa della grazia, la festa
delle nuove responsabilità (...). La domanda della pace esterna è legittima e normale; e la riconoscenza per la pace esterna della chiesa è giusta e doverosa. Questo è il significato
della festa del 17 febbraio».
L’eco delle valli portava nel febbraio del ’43 più evidenti
riferimenti al periodo bellico che si stava vivendo. Su quasi
tutti i numeri si trovavano foto di soldati scomparsi su fronti
lontani. Era in corso una sottoscrizione per inviare il giornale
ai giovani militari valdesi.Periodicamente compariva in neretto uno stelloncino dal significativo titolo Tacere; in esso si
leggeva fra l’altro: «Nessuna ingenuità, nessuna indiscrezione. Il silenzio assoluto su qualsiasi notizia di carattere militare è un dovere di tutti gli italiani (...). Notizie possono
giungere all’orecchio del nemico e arrecare danni incalcolabili». Sul numero àtWEco che precedeva il 17 si trovava un
pezzo del pastore Guido Mathieu in cui, partendo dal Salmo
118, versetto 24 («festeggiamo e rallegriamoci»), ci si chiedeva: «E opportuno festeggiare nei tempi travagliati nei quali viviamo? E forse possibile dimenticare che l’atmosfera che
respiriamo è pregna di gemiti e di sospiri e che la terra che
calpestiamo è intrisa di sangue? (...) I nostri figli combattono
fino al sacrificio e più di mille fra i nostri correligionari sono
al loro fianco e come loro pronti al supremo olocaustol».
Sullo stesso giornale si poteva trovare un saluto del moderatore Virgilio Sommani ai giovani valdesi, in cui fra l’altro
si leggeva: «Non si potranno accendere fuochi di gioia neppure quest’ anno; non tutte le manifestazioni di gioia sono
possibili o s’addicono (...). Nei vostri cuori arda la fiamma
di amore per il Signore!».
C’erano poi le cronache; manifestazioni sobrie come si
confaceva ai tempi. Il 17 febbraio era di mercoledì, esattamente come quest’anno, ma le celebrazioni avvennero quasi
ovunque o la domenica precedente (14) o quella successiva
(21). Già, perché, come non è sempre stato che i falò venis.sero accesi la sera del 16, altrettanto non è sempre stato che le
fabbriche concedessero agli operai di stare a casa il 17. Infatti
la cronaca di Massello (una delle poche comunità a celebrare
il 17 nella data propria) comprendeva un ringraziamento particolare «per la società Talco e grafite che, con gentile disposizione, aveva dato facoltà di astenersi dal lavoro». Anche a
Pinerolo, «malgrado la giornata lavorativa» fu possibile organizzare una serata per il 17 a cui parteciparono anche molti
militari di stanza in città. Per il resto incontri e adunanze
ovunque «in forma austera imposta dai tempi» (Villar Pellice) e «senza tamburi e senza bandiere» (Lusema San Giovanni). A Pomaretto «un pensiero particolare ai 72 militari
assenti» e a Rorà una predicazione su «la famiglia valdese in
tempo di persecuzione». E proprio alla chiesa di Rorà arrivò
(e L’eco la riprese in prima pagina) una bella lettera di Aldo
Toum, anziano di chiesa e soldato in Albania: «Per dure che
siano le circostanze di guerra (...) - si poteva leggere - non
sono da paragonarsi alle privazioni, alle lotte, alle sofferenze sostenute dai nostri antenati per la loro fede e per
queir identità che ancora oggi celebriamo in pace».
Da Giuseppe Paure & Figli la tradizione popolare rivive in una collezione notevole di reperti, oggi trasformata nel centro di documentazione
«Abitare in valle» vero e proprio
«Museo dell'abitazione rustica nelle
valli alpine» che è sorto accanto al
laboratorio di restauro in Rinasca all'inizio della vai Chisone a 15 chilometri da Pinerolo.
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11
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
L’Eco Delle Valli Valdesi
PAG. V
Carlo Alberto, per grazia di Dio re di
Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme,
duca di Savoia, di Genova, ecc. ecc.
principe di Piemonte, ecc. ecc.
Prendendo in considerazione la fedeltà ed i buoni sentimenti delle popolazioni Valdesi, i Reali Nostri Predecessori hanno gradatamente e con successivi
provvedimenti abrogate in parte o moderate le leggi che anticamente restringevano le loro capacità civili.
E Noi stessi, seguendone le traode,
abbiamo concedute a que’ Nostri sudditi
LE LETTERE PATENTI
DI CARLO ALBERTO
sempre più ampie facilitazioni, accordando frequenti e larghe dispense dalla
osservanza delle leggi medesime.
Ora poi che, cessati i motivi da cui
quelle restrizioni erano state suggerite,
può compiersi il sistema a loro favore
progressivamente già adottato. Ci siamo
di buon grado risoluti a farli partecipi
di tutti i vantaggi conciliabili con le
massime generali della nostra legislazione.
Epperciò per le seguenti, di Nostra
certa scienza. Regia autorità, avuto il
parere del Nostro Consiglio, abbiamo
ordinato ed ordiniamo quanto segue:
I Valdesi sono ammessi a godere di
tutti i diritti civili e politici de’ Nostri
sudditi; a frequentare le scuole dentro e
fuori delle Università, ed a conseguire i
gradi accademici.
Nulla però è innovato quanto
all’ esercizio del loro culto ed alle scuole
da essi dirette.
Date in Torino, addì diciassette del
mese di febbraio, l’anno del Signore
mille ottocento quarantotto e del Regno
Nostro il Decimottavo.
Pubblichiamo qui di seguito
r elenco delle manifestazioni delle
giornate.
ANGROGNA
I falò verranno accesi martedì 16
alle 20.
Mercoledì 17, alle 9,30, corteo
dalla piazza del capoluogo e dal
Serre sino al Vengie. Canto del giuro di Sibaud e ritorno al capoluogo.
Alle 10,30 avrà luogo il culto con la
partecipazione della corale e del coretto della scuola domenicale.
Alle 12,30 l’agape nella sala
unionista; ospite della giornata sarà
Gianluca Barbanotti, direttore
dell’istituto evangelico Gould di Firenze. I biglietti per l’agape sono
reperibili presso gli anziani entro il
13 febbraio.
BOBBIO PELLICE
I falò verranno accesi martedì alle 20, preceduti da una fiaccolata in
partenza dalla piazza centrale alle
19,15 alla volta del monumento a
Sibaud.
II culto del 17, ore 10,30, con
Santa Cena, vedrà la predicazione
di Franco Calvetti. Alle 12,30, alla
sala polivalente, si svolgerà l’agape
fraterna; Franco Calvetti parlerà sul
Centro e sulla scuola della Noce di
Palermo. Prenotazione per il pranzo
presso tabaccheria Pontet e dal pastore.
In serata, alle 21, recita della filodrammatica dal titolo «Paese piccolo, gente mormora»; la replica è
prevista per il 27 febbraio, sempre
alle 21 e sempre nella sala.
LUSERNA SAN GIOVANNI
Alle 20 del 16, accensione dei
falò; alle 19,15 i cadetti organizzano una fiaccolata con partenza dal
piazzale del tempio.
Il culto del 17, alle 10, sarà presieduto dal pastore di Catania Mauro Pons. Alle 12,30 nella sala Albarin, si svolgerà l’agape fraterna; il
costo è di lire 20.000. Le prenotazioni si ricevono presso l’Asilo valdese e presso la rivendita di giornali
Malanot.
Alle 20,45 si svolgerà una serata
comunitaria nella sala Albarin. Il
past. Mauro Pons parlerà dell’impegno delle chiese in Sicilia. Parteciperà alla serata la corale con alcuni
canti.
MASSELLO
Il culto del 17 febbraio avrà luogo
alle 11,
FERRERÒ-MANIGLIA
Il 17 febbraio sarà celebrato con
il culto alle 10,30 a Maniglia; la
predicazione sarà tenuta dalla pastora Daniela Di Carlo. L’agape si
svolgerà nel centro sociale alle
12,30; per le prenotazioni rivolgersi, entro il 14, da Lina Barus (tei.
808762).
PINEROLO
Il culto, alle 10, con predicazione
della pastora Erika Tomassone, vedrà la partecipazione della corale e
celebrazione della Cena del Signore.
Alle 19.30, cena comunitaria;
I PROGRAMMI DELLE CHIESE VALDESI PER IL XVII FEBBRAIO
ATTORNO Al FALÒ
ospite della serata il pastore Williams.
PIOSSASCO
Il culto verrà celebrato domenica
14 febbraio alle ore 9,30 con predicazione del pastore Alberto Pool.
POMARETTO
Alle ore 20 del 16 accensione dei
falò.
Il 17, a partire dalle 8,30, cortei da
Inverso Pinasca e Pomaretto con la
partecipazione delle due bande municipali. Il culto, alle 10, vedrà la
predicazione del past. Daniele Bouchard.
L’agape si svolgerà alle 12,30
presso i locali della Pro Loco di Inverso. L’Unione femminile preparerà un banco dolci il cui provento
verrà devoluto ad Amnesty International.
Alle 20,30 è prevista una serata
comunitaria nel tempio con la partecipazione della corale e della banda
di Pomaretto.
FRALI
Alle 20 del 16, accensione dei
falò. Il 17, alle 9,30 corteo per le vie
cittadine. Alle 10,30 culto presieduto dal pastore Plescan, con
partecipazione della corale. Alle
12,30, agape comunitaria; ospite
Piervaldo Rostan dell’Eco delle valli valdesi.
Alle 20 cena comunitaria e, a seguire recita dei ragazzi del catechismo dal titolo «Il tesoro nascosto».
PRAMOLLO
Il culto avrà luogo alle 10 e sarà
presieduto dal past. Ruben Vinti.
Seguirà il pranzo comunitario,
nella sala delle attività; il costo è di
19 mila lire; le prenotazioni si ricevono presso Elvina Peyronel (tei.
58.012) e Rina Ferrerò (tei. 58.425)
entro il 14 febbraio.
La sera, alle 20,30, la filodrammatica presenterà una commedia
brillante di F. Roberto intitolata «Il
giorno della tremarella»; la recita
verrà replicata nelle serate del 20 e
del 27 febbraio, sempre alle 20,30.
PRAROSTINO
Il 16 si svolgerà, prima dei falò
alle 20, la fiaccolata dal Roc a San
Bartolomeo.
Il culto del 17 vedrà la predicazione del past. Giorgio Tourn. Alle
12,30 agape comunitaria presso il
ristorante Tarin. Alle 15,30 Giorgio
Tourn parlerà sul suo recente libro
«I giorni della bestia».
RORÀ
Il culto del 17 prevede la Santa
Cena e la partecipazione della corale; seguirà il pranzo comunitario
(prenotarsi entro domenica 14 presso negozio Cesan, tei. 593144, o Olga Tourn, tei. 902349).
Nel pomeriggio ci sarà l’estrazione della lotteria, i cui biglietti sono
in vendita presso alcuni anziani di
chiesa. Il 16 l’accensione dei falò è
prevista verso le 20,30.
SAN GERMANO
Martedì 16, alle ore 20, accensione dei falò; i giovani organizzano
una fiaccolata.
Mercoledì 17, dalle 9,15, corteo
verso l’Asilo preceduto dalla banda
municipale. Il culto, alle ore 10,30
vedrà la predicazione del past. Glen
G. Williams a lungo presidente della Conferenza europea delle chiese.
Alle 12,30 pranzo comunitario;
costo 20 mila lire, prenotazioni
presso farmacia Tron e salumeria
Bounous. Alle 15, nel tempio, intervento del past. Williams su «30 anni al servizio delle chiese».
SAN SECONDO
Il culto del 17, alle 10, con Santa
Cena, vedrà la predicazione del pastore battista di Torino Massimo
Romeo.
Alle 12,30, agape comunitaria
nella sala.
TORRE PELLICE
La sera del 16, al falò dei Coppieri che come tutti gli altri verrà acceso alle 20, sarà ospite la pastora di
Trapani e Marsala Laura Leone che
parlerà sul suo lavoro in Sicilia.
Il culto del 17 si svolgerà alle 10.
Alle 12,30 agape alla foresteria;
ospiti Laura Leone e Bruna Peyrot.
I biglietti per l’agape si possono trovare all’uscita dai culti domenica
14, oppure presso la foresteria fino
al 15 febbraio, in orario 9-11 e 1517.
La serata sarà allietata dalla filodrammatica che presenterà, alle
20,45, nel tempio, «La torre sul pollaio» di Vittorio Calvino. La recita
verrà replicata sabato 20.
VILLAR PELLICE
Martedì 16, alle 20,30 accensione
dei falò nei quartieri e al ponte delle
mine su cui convergerà anche la
fiaccolata organizzata dai giovani
dell’unione.
Il culto del 17, alle 10, sarà seguito da recito dei bambini.
Alle 12,30 pranzo comunitario al
costo di lire 18 mila; prenotazioni
presso panetteria Gönnet, commestibili Le boulanger, cooperativa
Vemet, negozio Marletto entro il 15
febbraio.
Alle 21, il gruppo giovanile
dell’Inverso presenterà la commedia «I com del milionari»; la serata
sarà replicata sabato 20.
VILLAR PEROSA
Alle 20 del 16 accensione dei
falò; alle 21,30 rinfresco al convitto.
Alle 10 del 17, culto con predicazione di Paolo Naso che sarà ospite
della giornata. Alle 12,30 pranzo al
convitto.
Alle 20,30 nella sala del teatro recita, con la partecipazione della
banda musicale di Inverso Pinasca.
VILLASECCA
Alle 20 del 16 accensione dei
falò.
Alle 9,30 del 17 corteo a cui farà
seguito, alle 10, il culto nel vecchio
tempio di Villasecca con Santa Cena.
L’agape comunitaria si svolgerà
alle 13 (prenotazioni presso Clodina
Balma) a cui seguirà una conversazione di Gabriella Ballesio su «I nomi di famiglia di Villasecca».
Il 27, alle 20,30, nel tempio, la filodrammatica presenta alcune pièces di Franco Roberto. La recita
verrà replicata alle 14,30 del 28.
12
PAG. VI
L’Eco Delle Valli Valdesi i
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
Ogni anno dal 1848
LA «FESTA»
DEI VALDESI:
IL XVII FEBBRAIO
Quando si parla di festa, i
valdesi pensano ad una sola
in particolare, il XVII febbraio.
La ricorrenza del XVII
febbraio commemora la data
dell’emancipazione civile
concessa ai valdesi dal re
Carlo Alberto nel 1848.
Com’è noto, anche se verso il
sovrano sabaudo andò sempre
la riconoscenza dei valdesi, in
realtà egli vi acconsentì più
per pressione politica che per
convinzione, nel clima del
rinnovato anelito riformatore
del Risorgimento italiano. Il
vero artefice delle «Lettere
Patenti» fu invero il marchese
Roberto d’Azeglio che, sostenuto dalla stampa liberale, già
nel dicembre 1847 aveva presentato una petizione in favore della tolleranza religiosa,
firmata da 600 notabili piemontesi (con membri del clero, avvocati e lo stesso Cavour) e diretta ai protestanti
ed agli ebrei.
Lo Statuto venne firmato
l’8 febbraio 1848 e nove giorni dopo i valdesi furono ammessi a godere dei diritti civili comuni a tutti i cittadini del
regno sabaudo, pur restando
la restrittiva dicitura: «nulla è
innovato nel culto» (art.l) e
la religione cattolica romana
rimanendo a fondamento dello stato.
Gli avvenimenti successivi
ne avrebbero imposto un’interpretazione estensiva e più
sostanziale di quanto i legislatori avrebbero voluto;
nell’immediato, tuttavia, nella coscienza dei valdesi contò
solo il fatto che il ghetto in
cui erano stati confinati da secoli era davvero finito anche
sul piano giuridico. L’accordo, firmato il 17 febbraio ap
di Bruna Peyrot
parve sulla Gazzetta Ufficiale
il 24 successivo. Nella notte
uno studente di teologia, J.J.
Parander che ne lasciò memoria scritta, con un amico
cioccolatiere, E. Malan, raggiunse le valli per dare la lieta notizia.
Il 25, venerdì. Torre Penice ospitava il mercato settimanale e la gente che vi si
trovava tornò immediatamente a casa per dire la grande
novità. Anche la popolazione
cattolica venne coinvolta nella gioia collettiva e i campanili di tutte le chiese suonarono a festa. La sera centinaia
di fuochi si accesero sulle
montagne, ancora innevate,
mentre già si stava organizzando la partecipazione del
corteo in
onore di
Carlo Alberto per
la domenica dopo
a Torino.
Delegazioni di tutte
le province
vi giunsero
per inaugurare solennemente il nuovo corso costituzionale; i
valdesi aprirono la sfilata
con un drappello di ragazzi
con la coccarda
tricolore, seguiti
dalla bandiera
«valdese» con su
disegnata la croce dei Savoia.
L’avvenimento s’impresse
profondamente nella coscienza collettiva valdese.
Il 1848 aveva realizzato il
sogno di generazioni di vaidesi, tanto che il Sinodo di
quello stesso anno decise
all’unanimità di celebrare
quella data come giorno di
festa con un culto, per rendere grazie a Dio dei suoi benefici.
L’anno dopo un episodio
verificatosi a San Giovanni
fece sì che il XVII febbraio
diventasse una «festa valdese» attorno alla quale rinserrare le file, almeno una volta
l’anno, per ribadire la propria
identità. I fatti si svolsero nel
modo seguente: il sindaco di
San Giovanni, Michele Pertuso, invitò la Guardia Naziona
àeWEcho des vallées, appena
venuto alla luce, sull’opportunità o meno di chiedere a
dei valdesi una simile prestazione. Il sindaco, cattolico,
per norma amministrativa ribadiva che questo era
nell’ambito delle funzioni
della Guardia ed i redattori
replicavano invece che si trat
che i valdesi volevano ristabilire in modo chiaro. Non fu,
tuttavia, un caso che oltre a
questo episodio, proprio a
San Giovanni apparissero le
prime iniziative, dopo il
1848, di recupero della storia
valdese, grande baluardo di
quell’identità contro l’inevitabile processo di omologa
si ingegnarono, dunque, a
mantenere desto l’interesse
per la storia che con il tempo,
sull’onda del loro impegno,
con la memoria, le commemorazioni, il museo, i luoghi
storici, si radicherà nella consuetudine valdese.
Nel 1852 invece, in Val
Penice, si formò una federa
MfìCUMBfì
MARTEDÌ' 16 FEBBRAIO
A SAN GERMANO CHISONE ALLE ORE 20
GRANDISSIMO FALÒ'
E FUOCHI D'ARTIFICIO
VIN BRULÉ A TUTTI / PARTECIPANTI
MERCOLEDÌ’ 17 FEBBRAIO
CENA DEI «BARBET»
CON SERATA DANZANTE
L35MII SOLO BALLO più
L.10.000 CON CONSUMAZIONE
Corso Torino, 151 - Tel. 0121/374115 - PINEROLO
le, tutta
formata da valdesi (perché il Comune era a stragrande maggioranza valdese) a
presidiare la festa del Corpus
Domini dell’agosto 1848. Ne
seguì un vivace scambio epistolare sui primi due numeri
tava di un’inutile
provocazione. La
mattina del 17
febbraio dell’anno successivo
offrì un’occasione per una
risposta al gesto del sindaco. La Guardia invitò i
suoi aderenti a radunarsi sulla piazza dei Bellonatti di San
Giovanni e marciare in parata
fino alla porta del tempio.
Cadute le barriere fisiche e
legali della convivenza separata fra le due religioni, restavano quelle ideali e culturali.
Il Barathler è un liquore naturale ottenuto
tramite la macerazione di erbe scelte,
raccolte in Val Cermanasca in periodi
che variano secondo la fioritura.
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Qui, infatti, il conflitto fra liberali (più disposti a collaborare con i cattolici in opere filantropiche sovraconfessionali e più «italiani» nel senso
che si identificavano con più
forza con il nuovo nascente
stato risorgimentale) e i «risvegliati» (più tradizionalisti
ed attivi sul fronte della chiesa, impegnati in opere sociali
confessionali e nell’evangelizzazione permanente) era
molto acceso.
I «risvegliati» pertanto
sentirono il bisogno di non
fare perdere l’unità al popolo
valdese in facili ecumenismi.
zinne fra diversi Comuni per
mantenere vivo il ricordo
dell’emancipazione, celebrata
con hanquets fraternel a turno nelle varie comunità aderenti. Il primo si tenne naturalmente a San Giovanni, poi
a Prarostino, Torre Pellice,
San Germano. Per i vent’anni
successivi si perdono le tracce di questi incontri, riesumati negli anni Ottanta dalle
Unioni giovanili, protagoniste
indiscusse delle soirees il cui
programma prevedeva canti,
recitazioni e rinfreschi.
Tratto da: «La memoria
valdese fra oralità e scrittura», SSV 1992.
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VENERDÌ 5 FEBBRAIO 1993
L’Eco Delle Valli Valdesi
PAG. VII
UNA FESTA POPOLARE
Zuppe, dolci, vini e liquori
«di una volta»
RICETTE
TRADIZIONALI
DELLE VALLI VALDESI
FEBBRAIO
■
Il XVII febbraio è un’occasione di festa che permette di riscoprire le tradizioni
culinarie delle valli, una gastronomia «povera» che
esalta i semplici ingredienti
un tempo a disposizione.
Alla base della cucina
valligiana troviamo le minestre come la semplice poutilha, che nel vallone d’Angrogna veniva cotta nel latte
come il semolino, ed aveva
come ingredienti metà farina gialla di granoturco e
metà farina bianca di frumento.
In altre zone, come in vai
Germanasca, troviamo delle
varianti di sola segala, di orzo o di avena condite con
una noce di burro. Più ricca
la cosidetta zuppa alla valdese una variante della
«zuppa alla grassa» che utilizza i grissini inzuppati di
brodo e conditi con del sugo
che anticamente era costituito solo da cipolle rosolate
nel burro, il tutto messo nel
forno in una terrina.
La prustinenga consiste
in fricassea di fegato e polmone di vitello o di maiale.
Altro piatto tipico, anche se
non esclusivo delle valli del
Pellice e Chisone sono i batsuà, piedini di maiale lessati
in acqua e aceto, quindi passati in uovo sbattuto e pangrattato e cotti in padella.
La toma è la regina dei
formaggi alpini; famosa fra
tutte è quella di Bobbio che
si presenta delicata se fresca, sfumata al piccante se
stagionata.
Per accompagnare il pa
sto occorre del buon vino di
cui la zona abbondava.
La vite veniva coltivata
un po’ ovunque nelle parti
basse delle Valli del Chisone, del Pellice e della Germanasca. Intere comunità,
come quella di Prarostino,
hanno vissuto nel passato
quasi interamente sulla viticultura.
Attualmente assistiamo
alla riscoperta di alcuni vini
tipici come il Doux d’Henry
prodotto dalle omonime uve
nell’arco collinare di San
Secondo-Bricherasio-Prarostino. Si tratta di un vino
che accompagna opportunamente i secondi. Una citazione doverosa riguarda il
Ramìe, una rarità oramai
quasi introvabile, prodotto
nelle vigne all’imbocco della Val Germanasca, sopra
Pomaretto e Perosa Argentina. Si tratta di un vino rosso
leggermente frizzante ricavato dalla vinificazione di
uve Avarengo, Avanà e
Nebbiolo.
Per dessert i dolci semplici della tradizione popolare,
fra cui la gustosissima crostata, e le specialità dolciarie prodotte dalle industrie
delle valli come i cioccolatini e i fondants.
Per chiudere il pasto non
dimentichiamo i liquori. Le
valli presentano una ricca
varietà di flora che è alla base dei liquori, ricavati per
macerazione delle erbe in
alcol e in acqua zuccherata:
genepì, genziana e kummel
sono le basi di omonimi liquori, mentre da alchimie di
erbe, codificate da ricette
custodite gelosamente, nascono alcuni amari come il
famoso Barathier, prodotto
a Pomaretto all’imbocco
della vai Germanasca.
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14
PAG Vili
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
Gli sport invernali nelle valli: lo Sci Club Angrogna
UReattività senza grandi capitali
ma a contatto con la natura
Sci non è, alle valli, solo
sinonimo di Frali; anche in
vai d’Angrogna esiste un
buon gruppo di persone che,
sotto la bandiera dello Sport
club Angrogna (1954 l’anno
di fondazione), si dedicano
allo sport della neve.
Certo la situazione è ben
diversa dalla vai Germanasca; le piste (al Passel dove
si svolgono in febbraio delle
gare in notturna) o alla Vacuerà, con un bell’anello per il
fondo, risentono troppo
dell’andamento stagionale
per poter garantire una certa
continuità. Molti degli ultimi
inverni hanno visto una
grande carenza di precipita
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tempio di San Giovanni
pliCfiedulQ dal pastore
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zioni nevose e dunque programmare qualcosa diventa
estremamente difficile.
«Proprio per questo - dice Roland Bertin, che dello
Sport club è presidente - abbiamo deciso di puntare di
più su attività tipo escursionismo o ski-roll».
Eppure c’è stato un periodo in cui atleti angrognini si
fecero molto onore, addirittura in campo intemazionale,
sugli sci; erano i tempi di
Willy Bertin e di quella medaglia di bronzo sfiorata alle
Olimpiadi nel biathlon (sci di
fondo più tiro con una carabina). «Willy era nel gruppo
sportivo delle Fiamme gialle
- precisa il fratello Roland e dunque la sua appartenenza alla Finanza gli consenti
di raggiungere buoni livelli
in quello sport. Un po’
sull’onda dei suoi successi,
la federazione ci propose di
lanciare il biathlon con l’arco ed i primi campionati si
svolsero proprio alla Vaccera; per alcuni anni la cosa
funzionò e anche dei ragazzi
della nostra valle furono fra
i migliori, poi tutto si è un
po’ perso».
Dunque oggi, se pure vi
sono fra i 250 iscritti buoni
atleti sia nello sci di discesa
che di fondo, il settore agonistico che da maggiori soddisfazioni è quello dello skiroll...
«Effettivamente abbiamo
alcuni giovani che fanno gare regionali; nel ’91 siamo
risultati i primi in Piemonte.
Nomi come quelli di Luciano
Paschetto, Fabrizio Malan,
Luciano Paimero o Danilo
Negrin sono assai popolari
fra gli appassionati del settore.
Non dimentichiamo poi la
gara che ormai da diversi
anni organizziamo nella
giornata conclusiva dell’Autunno in vai d’Angrogna, il
triathlon della vai d’Angrogna, con una frazione di corsa, una di sky-roll ed una di
bicicletta».
E così senza volere, né
poter affrontare le spese degli impianti dei cannoni da
neve, col rischio comunque
di «bucare» con un simile
investimento, lo Sport club
ha scelto di praticare e far
praticare (cosa sempre più
difficile, aggiunge Bertin)
quegli sport che non necessitano di particolari strutture, ma che consentono, in
certi casi, anche di migliorare aspetto e fruibilità della
valle; è il caso dell’impegno
per l’escursionismo.
Negli ultimi anni molti
sentieri sono stati ripuliti, anche con altri volontari; e per
gli amanti della natura, di
una passeggiata o una corsa
su per una mulattiera, anche
una bella sorpresa, anzi dieci. Tante sono infatti le fontane ripristinate e ripulite in
questi ultimi anni e a disposizione di tutti quelli che
amano riscoprire (o scoprire)
queste valli.
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Il Pinerolo calcio perde rimbattibilità
Sconfìtta casalinga
Bmtta domenica per il Pinerolo nel campionato nazionale dilettanti; i biancoblù
crollano sul campo di casa ad
opera di uno Sparta cui alcune decisioni arbitrali danno
evidentemente una grossa
mano.
Mancano due goleador come Labrozzo e Serra (squalificati) e la partita si fa subito
in salita; già all’8° viene accordato un dubbio rigore agli
ospiti e la successiva reazione
poco produce. In contropiede
invece i novaresi riescono ancora ad andare a rete nel secondo tempo con due veloci
puntate.
È la fine, per i pinerolesi,
di circa due anni di imbattibilità interna; la sconfitta è tutto sommato giusta, il punteggio di 0-3 sicuramente pesante oltre i demeriti dei locali.
Domenica prossima gli
uomini di Cavallo saraimo in
trasferta a Gallarate.
A Paluzza (Ud) successo della Peyrot
Lara vince ancora
Ancora un successo per
Lara Peyrot, la giovane sciatrice di Frali, promossa quest’anno riserva della Nazionale di sci di fondo. La Peyrot è risultata vincitrice, domenica .scorsa a Paluzza
(Ud), della gara nazionale
nella categoria juniores sui 10
km a tecnica individuale.
Anche nelle altre categorie
alcuni giovani valligiani si
sono distinti. Elisa Rostan
(Frali) è giunta 30° nella categoria aspiranti sui 7,5 km a
tecnica classica. Patrick Peyrot (Frali) si è classificato 31°
nell’analoga categoria maschile.
Infine fra gli juniores maschile, Andrea Roggia (Passet
Pragelato) è arrivato 32° sulla
distanza dei 15 km a tecnica
classica.
Venerdì 12 febbraio — SAN GERMANO: Alle 20,30, presso
U palazzo comunale, si svolge un incontro-dibattito sul tema Dove vanno i nostri soldi? Intervengono Alberto Barbero e Alessandro Buffa.
Sabato 13 febbraio — PEROSA ARGENTINA: Alle 16,45,
nella sala della Comunità montana, Pier Carlo Pazé parla
sul tema: Origine del valdismo in vai Chisone.
Sabato 13 febbraio — POMARETTO: Alle 20,30, nel tempio valdese, concerto del quartetto vocale Nugae.
Sabato 13 febbraio — POMARETTO: Alle 21, al cinema
teatro Edelweiss, la Compagnia del bagatto presenta lo
spettacolo «Amore».
Lunedì 15 febbraio — PINEROLO: Alle 21, nel centro sociale di via Lequio, l’Alternativa organizza un incontro
pubblico sul piano regolatore, sui rapporti fra i gruppi politici in città e per una ridefinizione politico-organizzativa del
gruppo.
Sabato 20 febbraio — TORRE PELLICE: Alle 17, presso la
sala Paolo Paschetto del Centro culturale valdese, viene
inaugurata una mostra di pittura di Carla Bertola e Alberto
Vitacchio, che resterà aperta fino al 6 marzo con orario 1518.
Mercoledì 24 febbraio — LUSERNA SAN GIOVANNI: Il
gruppo scacchistico vai Pellice organizza un torneo di scacchi libero a tutti; le partite si svolgeranno presso il bocciodromo ogni mercoledì. Le iscrizioni si riceveranno la sera
di inizio del torneo.
Venerdì 26 febbraio — PINEROLO: Il Telefono amico organizza un corso per nuovi volontari; gli incontri si terranno
presso la sede dell’Avass in via Ortensia da Piossasco 16.
La durata del corso è di otto serate; le iscrizioni si ricevono
entro il 20 febbraio al n. tei. 794262 dalle 18 alle 24.
Lunedì 15 marzo — TORINO: Scadono i tre concorsi per gli
studenti banditi dal Consiglio regionale del Piemonte. Il primo, rivolto alle scuole medie inferiori, riguarda la conoscenza dello statuto della Regione Piemonte.
Per le superiori si potrà scegliere fra i tre temi proposti dal
comitato regionale antifascista (Resistenza, razzismo, criminalità mafiosa) e quelli sull’Europa (Trattato di Maastricht, xenofobia, solidarietà e tolleranza tra i popoli).
Gli elaborati dovranno pervenire alla Regione entro il 15
marzo; ulteriori informazioni si possono trovare direttamente presso le scuole o al servizio relazioni esterne
della Regione Piemonte, via Alfieri 15, Torino.
Per la pubblicità su questo giornale:
Servizi Editoriaii s.a.s.
tei. 0121-32.36.38
TORRE PELLICE — Il cinema Trento ha in programma, venerdì 12 ore 21,15,
Robin Hood il principe dei
ladri (film in inglese); sabato, ore 20 e 22,10, domenica
ore 16, 18, 20 e 22,10, e lunedì ore 21,15, La morte ti
fa bella.
BARGE — Il cinema Comunale propone, venerdì 12, I
protagonisti di R. Altman;
sabato, Mi gioco la moglie
a Las Vegas; da domenica a
giovedì 18 L’ultimo dei
moicani; feriali ore 21, domenica ore 15, 17, 19,21.
PINEROLO — Il cinema Italia propone, fino a mercoledì 17, Codice d’onore; feriali ore 19,45 e 22,20; sabato 19,45 e 22,30; domenica
ore 14,45, 17,45, 19,45,
22,20.
Servizi
USSL 42
CHISONE - GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale valdese, Pomaretto,
tei. 81154.
DOMENICA14 FEBBRAiO
Rinasca: Farmacia Bertorello- Via Nazionale 22, lei.
800707
Ambulanze:
Croce verde, Perosa: tei. 81100
Croce verde. Porte : tei. 201454
USSL 43 - VALPELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENÌCA14 FEBBRAIO
Viiiar Peiiice: FarmaciaAlliop.za Jervis 14, tei. 930705
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 91996
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\7ENERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
Attualità
PAG. 7 RIFORMA
Crisi del partito socialista italiano: intervista a Valdo Spini, sottosegretario agli Esteri
La questione morale e la questione politica
devono essere strettamente congiunte
________SILVANA WITTI_______
In occasione della sua partecipazione a una tavola
rotonda a Napoli, abbiamo rivolto all’on. Valdo Spini,
sottosegretario agli Esteri e
membro della Chiesa valdese
di Firenze, alcune domande
sulla situazione del Partito
socialista italiano.
- Con la fine della segreteria Craxi si chiude per il Psi
un’epoca sulla quale vai forse la pena di riflettere, anche
se la bufera delle inchieste
giudiziarie sembra cancellare
ogni distinzione all'interno di
questi 16 anni. Lei che, anche
quando è stato vicesegretario, non si è mai voluto identificare con il «craxismo»,
che -indizio ne darebbe oggi? E, innanzitutto, vorrebbe
tentare una periodizzazione?
«In una prima fase l’alleanza fra Craxi e i giovani lombardiani si basava sul tema
dell’alternativa, prospettata
anche polemicamente in contrapposizione alla strategia
del compromesso storico.
Con l’esaurimento di questa
strategia, con la cosiddetta
“seconda svolta di Salerno” e
con lo spostamento di Berlinguer sul tema dell’alternativa,
sul Psi tornò l’onere della governabilità.
Nel 1980, dopo uno scontro
fra Craxi e Signorile al Comitato centrale, prevalse l’obiettivo della governabilità. Esso
produsse anche grandi successi (si pensi alla presidenza
Pertini), ma diminuì la carica
ideale del partito. Il punto di
caduta è stato nella scorsa legislatura, quando Craxi, che
si era caratterizzato come il
promotore della grande riforma istituzionale, non volle
trovare il modo di rompere
con la De per attuare queste
riforme. Preferì andare avanti
nell’alleanza con la De, attraverso due governi Andreotti
che hanno portato il paese
nella situazione di difficoltà
in cui ci troviamo, espressa
dal leghismo da una parte, e
dall’incapacità di controllare
il debito pubblico dall’altra.
Una situazione che ha costretto il governo Amato a
prendere i provvedimenti che
sappiamo».
- Dunque Craxi cade non
solo perché la magistratura
colpisce il sistema delle tangenti, ma perché entra in crisi un’ipotesi strategica. Che
cosa c’era di buono in essa
secondo lei, e in che modo è
fallita?
«Penso che merito di Craxi
sia stato nel 1976 ridare un
orgoglio alla tradizione socialista, che in quegli anni veniva considerata in declino.
Ricordo un articolo di Asor
Rosa che aveva parlato del
Pei come del partito erede di
Lenin e di Turati, cioè del
' partito destinato a ricompren! dere in sé tutti i filoni della
i sinistra italiana. Craxi dette ai
swialisti italiani la possibilità
di avere un riferimento politico e ideologico coerente nel
tempo, considerando invece il
Pei come una deviazione che
a un certo punto sarebbe caduta. Cosa che è avvenuta, e
tuttavia non a caso Craxi non
è riuscito a ricavarne, per il
Psi, i benefici che si aspettava. Quello che è venuto meno
è la rendita di posizione che il
nostro partito aveva: il Pei,
pur con la sua forza elettorale, non poteva entrare nella
compagine governativa, e
' questo permetteva a un parti
Valdo Spini, sottosegretario agii Esteri, insieme al padre Giorgio
to relativamente piccolo come il Psi di essere l’elemento
indispensabile al governo del
paese.
Con il crollo del comunismo e la nascita del Pds è
mancata a Craxi la volontà
strategica di entrare in dialogo con questa nuova forza.
Egli considerava il Psi talmente forte da poter semplicemente aspettare che il Pds
fosse costretto a convergere
in esso. E questo non è avvenuto, appunto per le ragioni
a cui accennavo prima: la politica del governo Andreotti e
soprattutto l’irruzione della
questione morale».
- Dunque il 1989 è stata
un’ occasione mancata per
rilanciare il ruolo del Psi,
oppure pensa che fosse comunque già troppo tardi, a
causa di questa applicazione
acritica della politica della
governabilità?
«Nell’agosto ’90, con Augusto Barbera e altri 55 parlamentari del Psi e del Pei, facemmo un documento congiunto per rilanciare il progetto della grande riforma
istituzionale, che avrebbe
consentito alla sinistra di essere la protagonista di un rinnovamento decisivo per il
paese. Forse se si fosse seguita allora quella strada non saremmo oggi al punto in cui
siamo».
- Lei ha voluto distinguere
la sua opposizione alla maggioranza craxiana da quella
di Martelli. Vuole spiegarci
alcuni elementi di differenziazione?
«Io ho più fiducia in una rigenerazione del socialismo
italiano di quanta ne abbia
Martelli, che pensa a un partito democratico. Sui problemi del sistema elettorale io
sono favorevole a un sistema
uninominale a doppio turno
alla francese; lui lo ha accettato, ma all’inizio aveva dichiarato di preferire l’uninominale secca all’inglese. Io
penso che tra un sistema politico come il nostro attuale e
un sistema all’americana ci
sia un cammino da percorrere, per lui ci si potrebbe arrivare direttamente.
Quanto agli schieramenti
interni conta ancora di più il
fatto che io non sono rimasto
convinto della distinzione fra
conservatori e innovatori, ricalcata meccanicamente sulle
due correnti; ho assunto una
posizione autonoma, di rinnovamento più radicale, con
l’intenzione di essere punto
di riferimento e anche di confronto sia con l’una che con
l’altra delle due componenti,
allo scopo di far affiorare le
spinte che vogliono un rinnovamento vero.
Ma soprattutto ritengo necessario far prevalere un primo momento di aggregazione
delle forze di sinistra. Non mi
pare che sia il caso di scimmiottare Segni. Mi sembra
anzi il nocciolo di una politi
ca di sinistra avere un accordo fra i partiti tradizionali, il
Psi e il Pds in primo luogo. E
tutto ciò non è nemmeno pensabile se il Psi non riconquista una sua dignità e non si
ridà una consistenza: una ragione di più per credere alla
questione morale e non solo a
una questione politica. Non
possono che essere strettamente congiunte».
- Come pensa di muoversi
alla prossima Assemblea nazionale? Che progetti ha e
che previsioni fa?
«Io propongo di concretizzare il rinnovamento cambiando il vertice e anche gli
organismi direttivi del partito.
Non dò per scontato che questo avvenga, ma mi sembra
che sia il punto decisivo.
Quindi non porrò veti per
nessuna candidatura alla segreteria purché ci sia un rinnovamento effettivo, accompagnato dalla volontà politica
di rilanciare il ruolo del Psi
nell’ambito di un’alleanza di
sinistra e dentro il quadro della riforma istituzionale.
Comunque è necessario che
la prossima Assemblea sia
veramente il momento conclusivo di questa lunga vicenda del rinnovamento. Se non
lo fosse ci sarebbero conseguenze drammatiche per il
partito».
— In conclusione, quale potrebbe essere oggi il rapporto
tra il protestantesimo e la politica?
«Racconterei un piccolo
episodio che è poco più di
una battuta. Qualche settimana fa sia Amato sia Martelli
hanno dichiarato di fare riferimento, nei loro comportamenti, a Lutero. Evidentemente si sta diffondendo la
convinzione che il protestantesimo ha qualcosa da insegnare in circostanze come
queste. Mi sono permesso di
dire: allora forse in Italia c’è
bisogno di un protestante vero. Ma è solo un modo scherzoso di rivendicare una certa
coerenza che mi sono sforzato di mantenere in questi anni
sui temi della riforma della
politica e della questione morale».
I vescovi cattolici italiani di fronte alia crisi della moralità
Rispettare la vita e operare
per il rinnovamento della società
«Il primo impegno sarà di
gettare le basi di una politica familiare nuova» perché non si dà
rinnovamento morale «e dunque nemmeno culturale, sociale
e politico», se non si riparte dal
«rispetto della vita di ogni uomo». È questo in sintesi il nucleo del messaggio del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana (Cei) in occasione della XV
giornata per la vita che è stata
ricordata in tutte le chiese cattoliche il 7 febbraio.
Nel documento inviato a
tutte le parrocchie i vescovi
sottolineano «l’urgente bisogno di rinnovamento» avvertito e richiesto oggi dalla società italiana, rinnovamento
che non può avvenire «se non
si rinnova la vita morale, per
sonale e pubblica».
È infatti proprio la «perdita di
valori comuni e condivisi, il disorientamento morale» alla radice della illegalità e di ogni
forma di violenza contro la vita.
Quale via, allora, viene
prospettata per conseguire il
rinnovamento? In primis occorre «riscoprire il patrimonio dei valori che hanno guidato la crescita civile
dell’umanità, custodito ed
esaltato dalla tradizione cristiana». Ogni cambiamento in
meglio, sottolinea la Cei, deve passare attraverso il rispetto della vita «dal momento
del concepimento a quello
della morte naturale» ed essere «totale e coerente» perché
non si può condannare la criminalità organizzata e l’emar
Riesi: ritratto di un giudice siciliano
Le leggi dello Stato
e lo stato della mafia
ginazione e approvare l’aborto e l’eutanasia.
«Non ha basi morali autentiche - afferma il documento una società che, mentre afferma
i valori quali la salute, la giustizia e la pace, si contraddice e
rende poveri i più poveri, nega
la solidarietà, strumentalizza la
donna, non rispetta il bambino,
manipola le sorgenti della vita e
considera azione irrilevante o
addirittura una conquista civile
l’interruzione volontaria della
gravidanza».
Occorre dunque che i cristiani diano testimonianza del
rispetto della vita e che «si
associno e coinvolgano le
strutture sociali e civili, impegnandole a creare le condizioni di una più diffusa ed
esigente moralità».
ANNE • MARIE GIROLAMI
Giunto in un’automobile
blindata, accompagnato
da due guardie con mitraglietta, si è fermato sotto i
grandi eucalipti di un luogo
deputato da sempre alla nonviolenza. Il giudice catanese
Felice Lima, fortemente impegnato nella lotta alla mafia
ha accettato, con un’altra
donna magistrato, Marisa
Acagnino, e l’avvocato Enzo
Guamera, membro del Parlamento regionale, di prendere
parte, a fine gennaio, al seminario «Leggi dello Stato, stato della mafia», organizzato
al Servizio cristiano di Riesi.
Parliamo di questo giudice
coraggioso che arriva in quest’oasi del Servizio cristiano
che risalta sul paese giallo,
con intonaci non finiti, con
assenza di verde mentre qui
ci si muove tra cipressi, bouganvillee, muretti in pietra,
ampie finestre. Un Villaggio
internazionale che contrasta
fortemente con l’architettura
anonima del paese.
Quest’uomo ha il viso bruno, bello ed asciutto da siciliano. Ha un aria serena, pensierosa, alle volte rigorosa e
dolce. Parla con chiarezza di
ciò che ogni giorno affronta
senza troppo lamentarsi di essere continuamente custodito.
Non può per esempio uscire
con la propria moglie e figlio
per una passeggiata.
Parla di sé non come un
giustiziere che si lascia afferrare da sentimenti di vendetta, esprime piuttosto la sua
umanità contraddittoria, sottolinea la relazione d’amore
tra giudice e condannato.
Confessa di aver pianto per
un’ora e mezza dopo avere
condannato all’ergastolo un
uomo reo di avere ucciso otto
persone. Quanti drammi e miserie hanno accompagnato e
condizionato l’omicida! Ai
carabinieri, tante volte sfottuti e scherniti per il loro rischioso lavoro, esprime stima. Commenta la criminalità
della sua città; a Catania quasi un omicide e un suicidio al
giorno. Le carceri in Sicilia
sono totalmente indegne di
un paese civile.
Lima illustra l’Mlegalità
profonda in cui viviamo. Su
di essa prospera la mafia e si
autoconvince di essere inespugnabile. Il mafioso del cliché letterario in realtà non
esiste come incarnazione del
male assoluto; di fatto il mafioso ha il volto dell’uomo
qualunque, ben inserito in un’
organizzazione articolata e
complessa che si avvale di
mezzi moderni, che fa regali,
che ricatta e manda in Parlamento gente sicura, capace di
garantire certe dinamiche.
E vero, dopo le stragi di
Capaci e via D’Amelio il governo ha reagito con grande
energia anche perché ha paura e deve ricostruirsi una credibilità sui fatti più che sulle
parole.
Il giudice ci ricorda che
siamo dei privilegiati anche
se abbiamo i nostri problemi
e le nostre contraddizioni, ma
tutto questo non è nulla di
fronte a migliaia di delinquenti che hanno perso speranza, voglia di lottare e che
sono disposti a tutto per pochi
soldi. Occorre amare questa
gente perché da soli non ci si
salva, uscire da quest’infernosi può fare soltanto insieme. Noi continuiamo a criticare lo stato ma dimentichiamo di chiederci cosa fa cia
il giudice Felice Lima (a sinistra)
al «Monte degli ulivi» di Riesi
senno di noi per creare un terreno nuovo di legalità. Occorre entrare nei quartieri di Catania o di tante altre città e
cittadine siciliane, dove nessuno entra salvo chi ci abita.
Nelle casbah del crimine, nei
vicoli della droga e della violenza sulle donne bisogna cominciare ad amare. In concreto, a lavorare nel sociale perché è da quel terreno di emarginazione e violenza che nasce la manovalanza a buon
prezzo del crimine.
Ascoltavo questo giovane
giudice siciliano che parlava
di queste cose di fronte ad un
centinaio di evangelici provenienti da molte comunità
dell’isola. Parlava di santificazione della propria vita nelle cause di giustizia, diceva
che non bisogna diventare dei
Ponzio Pilato che debbono
salvare la carriera ad ogni costo.
Credo che per molti evangelici la testimonianza di
quest’uomo, a suo modo credente pur essendo un laico,
resterà un segno di grande incoraggiamento.
Nel convegno è anche rimbalzata la parola del Sinodo
valdese sulla crisi della democrazia; una crisi non solo
politica ma spirituale e di
prospettiva. Avremo, lo speriamo, altre occasioni di confronto e approfondimento
nell’impegno contro ogni violenza e sopraffazione.
Il Servizio cristiano è nell’
elenco di quei pochi luoghi in
cui non si fanno solo parole
ma si cerca di costruire qualcosa di nuovo insieme agli altri. E singolare lottare così intensamente per la pace, per la
giustizia e l’equità sociale in
una terra fisicamente armonica e solare. Che contrasto tra
il verde degli ulivi, gli immensi spazi collinari, dolcissimi ed eternamente spazzati
dal vento marino e le storie di
crimine, di violenza, di emigrazione, di miseria!
Dobbiamo essere accanto ai
magistrati che lottano per la
verità, ai giovani che credono
in una Sicilia diversa, ai volontari che non prendono nulla ma danno energie preziose
per tutti, agli obiettori, alle
donne che spendono se stesse
perché l’amore non sia una
parola vuota.
A Riesi, ma anche a Catania, Palermo, Trapani, Marsala c’è bisogno di non affrontare da soli un impegno che
solo un grande movimento di
pensiero e nuove idealità possono affrontare e forse risolvere. Questa è la speranza che
ci porta in Sicilia.
16
PAG. 8 RIFORMA
VENERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
Una scena dell’ex Jugoslavia di questi ultimi mesi
EX JUGOSLAVIA
IL CORO
DEI SOLDATI
ALBERTO CORSANI
E capitato nel corso di un
giornale radio Rai mattutino.
Il servizio del giorno dalla
ex Jugoslavia, incentrato come purtroppo altre volte sul
tira e molla di trattative, piani
di pace, rifiuto dei medesimi,
rotture di tregua, notizie sugli
stupri di massa, è stato per
una volta accompagnato da
un canto. Un canto dei soldati
croati.
Non accade spesso, in genere i reportage radiofonici
sono affidati alla sola voce,
anche se abbiamo conosciuto
il suono delle bombe in diretta da Baghdad, o ci eravamo
abituati, in altri anni, agli slogan scanditi dai cortei sindacali. Nei nostri «Gr» la
musica vera e propria entrava
solo da Sanremo, o per la segnalazione di qualche concerto.
Il canto dei soldati è altra
cosa, è una musica tutta particolare. Nasce da circostanze
ben precise, reali; i nostri cori
alpini interpretano repertori
vastissimi di canzoni di guerra, solitamente legate al rimpianto per i cari lasciati al
paese, alla promessa di raggiungere l’amata, al commiato che si rivolge ai commilitoni caduti. A volte l’interlocutore è la montagna
stessa.
Ma non ci sono solo gli alpini. Cantavano, si racconta, i
crociati. VAleksandr Nevskij,
il film storico-patriottico di
Sergej M. Ejzenstejn, raffigurava addirittura il canto delle
truppe accompagnato da un
organo a canne trasportato
appositamente sulla piana gelata, teatro della battaglia.
Dopo l’ultima guerra tuttavia la costanza dello studio e
l’assiduità delle esecuzioni in
sede di concerto o in sala
d’incisione hanno portato il
pubblico italiano a seguire i
canti dei soldati a fianco di
altre musiche (popolari, tradizionali, giocose, magari religiose). II virtuosismo dei
cori migliori, poi, aiuta a cogliere i valori strettamente
musicali, che a volte sono
elevati.
Ma il coro dei soldati croati
era altra cosa.
Non era, a dire il vero.
neanche un coro, era un gruppo di uomini che cantava
all’unisono con qualche imprecisione. Però cantavano
una bella aria, dalle parole a
noi incomprensibili, con grandissima compostezza e convinzione, la convinzione di
chi è in prima linea (nel bene
e nel male, a torto o a ragione), di chi si batte con un
profondo senso di appartenenza e identità.
Nella musica c’era un’unità
di intenti e di gruppo, che forse in altri momenti della giornata si esprime con le armi e
con la violenza.
La bellezza di un canto
può coesistere con la tragedia
della guerra, anzi ce la rende
ancor più insopportabile.
A colloquio con gli sportivi da un punto di vista inconsueto
lo e Dio: gli sciatori azzurri
si interrogano sulla propria fede
_______MILENA MABTINAT________
Sono in corso a Morioka, in
Giappone, i campionati
mondiali di sci alpino, a cui
partecipano anche alcuni atleti
delle valli piemontesi: Gianfranco Martin e Barbara Merlin di Sestriere , Fabio De Crignis e Alberto Senigagliesi di
Bardonecchia.
I vari quotidiani, sportivi e
non, ne fanno un gran parlare. Interrogativi su quali sarebbero stati gli atleti con
possibilità di parteciparvi,
supposizioni sui vari materiali, sulla forma atletica; iniziano i commenti e le critiche
volte a colpevolizzare qualcuno se i risultati non sono
venuti.
Qualche volta si parla anche di problemi psicologici
per un atleta che ha delle difficoltà ma ai più sfugge il significato di questo, che può
voler dire molte cose. Per
quanto riguarda la spiritualità,
vi sono alcune citazioni in alcuni articoli, alcune esclamazioni, ma «quale ruolo ha Dio
nella vita di una atleta a quei
livelli?». Ad Albertville, durante i giochi olimpici dello
scorso anno, erano stati creati,
per gli atleti e non, dei luoghi
di «cura d’anime». Nessuno
degli atleti della Nazionale di
sci maschile, incontrati durante gli allenamenti a Frali, ha
detto di aver utilizzato questo
servizio, semplicemente per
Joseph Pollg. In basso Gianfranco Martin e, a destra. Luca
Pesando
ché non lo ha notato. Con alcuni di loro abbiamo parlato
anche del loro rapporto con
Dio. Il trovarsi nelle valli vaidesi ha destato in loro molta
curiosità ed anche interrogativi. «Ho scoperto che esistevano i valdesi venendo qui
a Frali - ha detto Fabio De
Crignis, slalomista di Bardonecchia - ne sono rimasto un
po’ stupito, nessuno me ne
aveva mai parlato prima, eppure i miei genitori mi facevano frequentare l’ora di religione a scuola...».
Alla domanda più diretta sul
ruolo di Dio nella loro vita di
atleta, dopo un momento di
impatto segnato da un silenzio
e per alcuni da un «sei la prima
persona che mi fa questa domanda», hanno fatto seguito
alcune risposte interessanti.
«Per me è importante credere in Dio innanzitutto come
persona prima che come atleta — dice Gianfranco Martin,
discesista -; Dio rappresenta
una sicurezza, una tranquillità a livello psicologico, importante per un atleta».
«Penso che ognuno di noi
creda in qualcosa - spiega
Joseph Polig, di Vipiteno non posso dire che sia più
importante un dio con la D
maiuscola, o una parte della
natura o altro, ma credo che
tutto ciò che ognuno di noi
reputa sia la cosa più importante in cui credere, sia come
un fiume. Tanti fiumi quindi,
che corrono percorsi diversi
ma che alla fine sfociano tutti
in un unico mare. Quindi percorsi diversi che portano ad
un unico punto comune, ma
che alla sorgente avevano
nomi diversi».
Per Luca Pesando, gigantista di Bardonecchia, «Dio è un
appuntamento fisso; ogni sera. prima di dormire ho sempre un momento per Dio e,
questo, è un momento importante di ogni mia giornata».
«Credere in Dio? Penso
possa avere la sua importanza,
fino a qualche anno fa per me
era così - dice Kurt Ladstàtter,
slalomista - ma attualmente
credo che un’atleta a certi livelli come noi, non possa attuare il comandamento “Ama
il tuo prossimo come te stesso” . Il campione è un egoista,
deve fare di tutto per vincere
la gara, e per vincere deve andare contro l’avversario, deve
batterlo, non può amarlo e
quindi non può amare Dio in
modo sincero»-, qualche suo
compagno ha disapprovato in
modo forte questa sua affermazione.
Questi atleti, che da molte
persone e da alcune trasmissioni sono considerati dei superuomini, sono del tutto
uguali a tutti gli esseri viventi
di questa terra.
Cinema
Amicizia
tra due donne
Pomodori verdi fritti.* Si
tratta di un piatto, oltre che del
titolo di un fortunato film ancora in programmazione in varie città dopo due mesi abbondanti. Un piatto che si cucinava nel locale gestito da due ragazze molto diverse per educazione, ma molto legate fra di
loro. Siamo tra la Georgia e
l’Alabama negli anni ’30. Il
Ku Klux Klan minaccia chi difende i neri, le sbornie provocano violenza, e Idgie, la protagonista, sfida tutti; maschi,
poteri costituiti, violenti...
La storia è rivissuta nella camera della casa di riposo di
un’anziana signora che si confida con una moglie delusa dal
burbero marito; il confronto
fra le due donne servirà a alleviare la «terza età» dell’una,
ma soprattutto a dare nuove
speranze alla «giovane». Il tono è ironico, a tratti comico,
ma sempre pronto a riservare
delle frecciate di amaro, di tragico; come quando il brutale
marito della socia di Idgie cerca di rapire il figlioletto nato
dopo che lei è scappata alle
botte di lui; come quando quest’ultimo perde sotto il treno
un braccio e cerca di convivere con la menomazione.
Secondo un uso calibratissimo dei toni il dramma non
permea di sé tutta la vicenda,
ma affiora di quando in quando, a dimostrare che la vita riserva sfaccettature diverse,
che un niente (il primo incidente, che costa la vita al fratello maggiore di Idgie) può
trasformare momenti sereni in
sciagure.
Il film vive di molti momenti di buoni sentimenti (troppi,
ha detto qualcuno), ma stemperati dalla lucidità con cui si
guarda alla tragedia incombente. Il lieto fine (l’anziana signora andrà a abitare con la
giovane amica) non toglie
queste ombre, e la commistione fra questi due registri è la
chiave giusta per «leggere» il
film.
(*) JoN Avnet: Pomodori verdi fritti, con K. Bates, J. Tandy,
M. S. Masterson. Usa, 1991
Un volume di Giorgio Rochat raccoglie alcuni suoi studi sulle «imprese» italiane in Libia e in Etiopia
Guerre coloniali: una pagina nascosta della nostra storia
che bisogna conoscere per sfatare molti luoghi comuni
________CLAUDIO CANAL_______
.. Mj’’ ra la mattina del 23
dicembre e :ayevo da
poco attraversato il Tacazzé,
quando comparvero nel cielo
alcuni aeropìani. Il fatto, tuttavia, non ci allarmò troppo,
perché ormai ci eravamo abituati ai bombardamenti. Quel
mattino, però, non lanciarono
bombe ma strani fusti che si
rompevano, appena toccavano ii suolo o l’acqua del fiume, e proiettavano attorno un
liquido incolore.
Prima che mi potessi rendere conto di ciò che stesse accadendo, alcune centinaia tra
i miei compagni erano rimasti
colpiti dal misterioso liquido
e urlavano per il dolore, mentre i loro piedi nudi, le loro
mani, i loro volti si coprivano
di vesciche. Altri, che si erano dissetati al fiume, si contorcevano a terra in una agonia che durò ore. Fra i colpiti
c’erano anche dei contadini.
che avevano portato le mandrie el fiume, e gente dei villaggi vicini».
Così racconta Ras Immirù,
in una testimonianza raccolta
da Angelo Del Boca e riportata da Giorgio Rochat nel
suo libro, che è una raccolta
di precedenti lavori apparsi
su riviste e pubblicazioni difficilmente reperibili ai non
addetti ai lavori*.
Nell’introduzione, scritta
per l’occasione, Rochat rileva
ancora una volta come ci siano voluti decenni perché nel
nostro paese si cominciasse a
tracciare la storia del colonialismo italiano non con i
guanti bianchi della rimozione e dell’agiografia, ma con
gli attrezzi dello storico.
È grazie ai lavori di Del
Boca e agli studi qui raccolti
da Rochat che si può parlare
di una ricostruzione della presenza coloniale italiana in
Africa. Questo a livello, diciamo così, accademico.
Ma se usciamo per strada ci
accorgiamo che la macchina
della memoria costruita nel
ventennio fascista e efficacemente oliata nel dopoguerra è nella sostanza più
che funzionante. Siamo andati tra quelle genti a portare un
po’ di civiltà, abbiamo lasciato strade e scuole, ci sentiamo
ripetere dai più informati. Gli
altri neppure sanno che è esistita una colonizzazione italiana dell’Africa.
Per questo oggi, «nella ricolonizzazione» formato XXI
secolo, un giovane incursore
spezzino può sinceramente
credere che la sua presenza in
Somalia sia leggibile solo come atto pieno di futuro e non
anche un rifacimento di passato.
Nello spappolamento della
memoria storica si è seguito
il sistema della tabula rasa
senza neppure, come altre
storie coloniali, l’identificazione e l’esecrazione del ne
mico, espressione della barbarie da redimere; non c’è
un Toro Seduto da indicare
come il nemico da sconfiggere o i Mau Mau da debellare. C’è semplicemente il
niente. Neppure la dignità
del nemico.
Per questo le pagine che
Rochat dedica alla repressione della resistenza in Cirenaica (Libia) negli anni
1927-1931, con la cattura e
l’impiccagione del capo della stessa, Omar al-Mukhtar,
dovrebbero essere diffuse
nelle scuole di ogni ordine e
grado, e magari anche nelle
redazioni televisive, perché
gli italiani cominciassero a
riconoscere di avere avuto
dei nemici; non solo delle
nullità o degli «amici» a cui
dare una pacca sulle spalle. E
perché si prendesse atto che
la storia al di là dell’Europa
non è detto che abbia le stesse cadenze nostre, Garibaldi,
Mazzini, ma possa anche
passare, se vivi a Tripoli,
attraverso un capo senussita
impiccato a settant’anni dagli italiani.
La testimonianza di Ras
Immirù citata all’inizio rimanda a fatti avvenuti nel
1935. Era una «normale»
guerra chimica che i comandi
militari ritenevano far parte
dell’armamentario bellico tradizionale, come giustamente
fa osservare Rochat. In questo essi erano molto moderni
perché ritenevano che la tecnologia europea dovesse dispiegarsi in tutto il suo fulgore anche sul suolo africano.
La ricostruzione che ne fa
Rochat è esemplare e ci permette di delineare in modo
meno astratto la storia del
rapporto Nord-Sud del mondo, oggi così decisivo.
(*) Giorgio Rochat: Guerre
italiane in Libia e in Etiopia.
Studi militari 1921-1936. Paese
(Tv), Pagus. 1991.
17
\/F.NERDÌ 12 FEBBRAIO 1993
PAG. 9 RIFORMA
Luserna San Giovanni: una conferenza di Daniele Garrone sul nuovo antisemitismo
Ebrei e cristiani: un dialogo necessario
per reagire a una tradizione di sospetto
FRANCO DAVITE_________
Nella sala Beckwith di Lusema San Giovanni colma di un uditorio attentissimo,
venerdì 22 gennaio, il prof.
Daniele Garrone della Facoltà
valdese di teologia ha tenuto
una conferenza organizzata
dal. I circuito sul tema dei rapporti fra protestanti e ebrei.
È la storia del difficile rapporto fra due realtà che sono
al tempo stesso quanto vi è di
più simile e di più diverso, ha
detto Garrone. Infatti cristiani
e ebrei hanno in comune i tre
quarti del documento che è la
base della loro fede, protestanti e ebrei sono «la religione del libro», in quanto la
Bibbia è l’unica base e l’unico
metro della loro fede.
Eppure, a causa del riconoscimento o meno del Messia,
annunziato e atteso, in Gesù di
Nazareth ebraismo e cristianesimo hanno assunto atteggiamenti e percorso vie quanto
mai diversi.
Quel che colpisce negli svariati atteggiamenti antisemiti è
il fatto che essi pervadono in
modo massiccio tutta la cultura occidentale anche in contesti diversissimi fra loro. Comportamenti antiebraici sono
comuni nel Medioevo, ma sono anche conosciuti da certi
illuministi. Il ghetto è invece
invenzione romana, di papa
Paolo IV (1555), ma pochi anni prima Lutero aveva avuto
parole e propositi terribili contro gli ebrei. L’antisemitismo
è comunemente un fenomeno
della destra politica, ma anche
di Stalin.
Inutile parlare del nazismo.
Un milite nazista a guardia di un magazzino berlinese
ma quanti comunisti hanno
fatto dell’antisionismo un
aspetto della lotta di classe
contro la borghesia ebraica?
Un altro elemento che fa riflettere è la capacità che ha
questo atteggiamento di autoalimentarsi anche in mancanza di ebrei; essi sono diventati piccole minoranze in
Europa, ma l’antisemitismo rinasce proprio in quei paesi in
cui il calo è stato più massiccio (Germania e Polonia, per
esempio). Fra i giovani che
negli stadi gridano «rabbino»
per insultare l’arbitro, chi ha
conosciuto personalmente un
ebreo?
Anche se Roma ha conosciuto forme di antisemitismo
prima dell’avvento del cristianesimo, quest’ultimo ha una
responsabilità unica in questo
campo, benché non si possa
collegare direttamente la teologia cristiana con lo sterminio nazista, che cristiano
non era. Bisogna piuttosto
parlare di un millenario insegnamento del disprezzo che
ha pervaso tutta la cultura europea.
Già gli apocrifi del Nuovo
Testamento (i libri scritti a
partire dal II secolo e che non
sono entrati nelle nostre Bibbie) parlano di un Israele sop
piantato dalla Chiesa nell’elezione da parte di Dio, per
giungere nell’alto Medioevo
alla terribile accusa di «deicidio». Non possiamo sottovalutare l’impatto di questi atteggiamenti sulla mentalità europea contemporanea.
Mentre Garrone parlava
pensavo alla nostra responsabilità di monitori della scuola domenicale e di catechisti
che presentano l’ebraismo ai
ragazzi unicamente nella prospettiva della polemica neotestamentaria contro i farisei e i
dottori della Legge, che sono
solo una componente dell’
ebraismo contemporaneo di
Gesù, e della persecuzione
della sinagoga contro il cristianesimo nascente senza sottolineare sufficientemente come Gesù stesso, i discepoli e
tutta la prima chiesa cristiana
fosse composta di ebrei.
Certo il protestantesimo attuale, soprattutto dove è minoritario, ha un atteggiamento
di simpatia e ha manifestato
vera solidarietà durante la persecuzione nazista, dappertutto
in Italia e particolarmente nelle valli valdesi; ma dobbiamo
chiederci che cosa sia necessario fare di fronte alla rinascita di atteggiamenti come
quelli che conosciamo un po’
dappertutto in Europa.
Occorre reagire. Il problema
non è se i giovani neonazisti
siano 700 o 2.000 in Italia, ma
come gli italiani reagiscano di
fronte a questo fatto; in modo
puntuale e energico, oppure
con la passività che ci ha
contraddistinto al momento
delle leggi razziali fasciste del
’38?
■V«
L'affascinante figura di una nobildonna
Esclarmonde:
catara o valdese?
OSVALDO COiSSON
Nel 1912 il dottor Teofilo
Gay, presidente della Société d’histoire vaudoise, dava alle stampe un volume di
Histoire des Vaudois refaite
d’après les plus récentes recherches.
Degli storici che nei primi
decenni del ’900 hanno scritto delle storie valdesi. Gay è
molto meno citato di Jean
falla e Ernesto Comba, ma il
suo libro merita di esser ricordato, specie per la sua seconda parte che è dedicata al
ricordo, con cenni biografici,
dei personaggi che compaiono nella storia valdese fra il
1120 e il 1948, dividendoli
per categorie; i martiri, i barba, i pastori, i capitani, gli
scrittori, le deputazioni, gli
eroi, le eroine, gli amici, i nemici.
È fra le «eroine» che trovo
citata come valdese Esclarmonde de Foix (o Clarmonde,
secondo Gay), mentre ella è
di solito considerata catara.
Questa nobile signora era
figlia di Roger-Bernard I,
conte di Foix (1149-1188) e
aveva sposato il visconte
Jourdain de l’isle. È ricordata
in particolare per essere stata
presente alla disputa di Paniiers del 1207 fra valdesi e
domenicani. Pamiers, piccolo
comune dell’Ariège, allora
facente parte della contea di
Foix, era popolato quasi totalmente da valdesi.
Alla contessa di Foix, che
aveva osato intervenire nella
discussione, il monaco Stefano De Minis diede questo ordine: «Vada, signora, a filare
la sua conocchia, non le appartiene di parlare in un colloquio di questo tipo». («Ite,
domina, filate colum vestrurn,
non interest vestra loqui in
hujusmodi contentione»).
E evidente in questo episodio il contrasto fra la concezione cattolica «Mulier taceat
in ecclesia», con quella degli
eretici che avevano aperto alle donne i circoli religiosi.
Il conte di Foix era noto
simpatizzante per l’eresia,
sua moglie Filippa era valdese (secondo qualche storico),
una sorella (di cui non si conosce il nome) era manifestamente valdese, ciò che
forse ha indotto qualche storico, come Teofilo Gay, a
considerare valdese anche
Esclarmonde; ma secondo la
maggioranza degli storici essa era catara; nel 1204 aveva
ricevuto il «consolamentum», e viveva probabilmente come direttrice di un convento femminile cataro nella
contea di Foix dopo la morte
del marito.
Pietro Maso e il suo ambiente sociale
Una triste storia
della provincia
______PAOLO T. ANGELEBI_____
Racconto impietoso e crudele di un parricidio
meditato, premeditato, immaginato in uno di quegli
apparentemente tranquilli
paesi della bianca provincia
veneta tutta chiesa, oratorio,
parrocchia: con in più due genitori ferventi neocatecumenali, curiosi di esperienze religiose supplementari*.
Il ventenne Pietro Maso,
nella notte fra il 17 e il 18
aprile del 1991, a Montecchia
di Crosara, alle porte di Verona, con tre amici più giovani
di lui, attende il ritorno del
padre e della madre da una
riunione di preghiera: ha deciso di ucciderli per ereditare
da loro quel che, se avesse atteso, suo padre aveva già stabilito di lasciargli da lì a poco, nel ritirarsi in pensione.
Ma Pietro ha fretta, vuol fare
la bella vita, spendere in cose
fatue tutti quei denari.
Gianfranco Bettin, sociologo, ricostruisce l’ambiente
ipocrita e falso di quel paese
- un microsistema divenuto
in pochi anni un grande alambicco in cui tutto affluisce per
trasformarsi in cristalli di denaro - estendendo la responsabilità di quel crimine a
tutti coloro che a questi giovani non avevano saputo tra
Una Volkswagen che fa parte dell’immaginario di molta narrativa
letterale e cinematografica «made in Usa»
Lib
smettere altro che ingordigia.
Fin qui il libro.
Che dire a commento? Se si
fosse trattato della «rossa e
gaudente» Emilia-Romagna,
della «laica e massonica» Toscana, fustigata dal pontefice,
o della trasgressiva Torino,
avvolta nel «fumus diaboli»
dei suoi riti esoterici, non sarebbero mancati richiami curiali alla necessità di un ritorno ai valori della religiosità
ufficiale; ma si è trattato invece del figlio di una famiglia
cattolica, religiosissima, del
bianco Veneto.
E il microcosmo della provincia veneta non è che specchio del macrocosmo della
penisola intera. Di fronte a un
caso tanto pesante, che cosa
possono dire oggi al popolo i
rappresentanti della chiesa ufficiale?
Di certo agli italiani di oggi, in un contesto così putrido
e triste, di disfacimento, non
occorrerebbero prediche, ma
piuttosto un autentico e drastico rinnovamento; «la nascita di nuovo» di cui parla
l’Evangelo (Giovanni 3, 7). E
questo riguarda tutti, nessuno
escluso.
(*) Gianfranco Bettin:
L’erede. Pietro Maso, una storia dal vero. Milano, Feltrinelli,
1992, pp 181, £20.000.
I miti rivisitati
Thomas Pynchon*, classe 1937, è uno scrittore americano
sconosciuto al grande pubblico, che fa parte di una corrente nota soprattutto per racconti e romanzi basati sull’idea della fine
della modernità e della fine del romanzo stesso, dell’impossibilità (dopo le sperimentazioni di linguaggio e di costruzione narrativa dei primi decenni di questo secolo) di raccontare delle
storie come nel periodo classico dell’Ottocento.
Pertanto la loro tendenza è quella di scrivere sì delle storie,
ma delle storie già «mediate» attraverso la citazione di altri
scrittori, di poeti, di musicisti, di miti americani (la strada, il
viaggio, il coraggio...).
È così anche per una raccolta di racconti scritti da Pynchon
nei primi anni ’60, che prende il titolo (Entropia) dal migliore
di essi. È la descrizione di due appartamenti: in uno c’è una festa di studenti che va avanti da due giorni tra alcol, musica, racconti e personaggi stravaganti; nell’altro una coppia che si
prende cura di un uccellino malato. Il tutto con un senso di destino incombente, di tendenza del mondo alla degradazione
dell’energia vitale, in un tono suggestivo e inquietante.
(*) Thomas Pynchon: Entropia. Roma, e/o, 1992, pp 203,
£ 14.000.
Solitudine di scrittore
Robert Walser (1878-1956) non ebbe una vita fortunata. Letterato, dovette adattarsi a umili mestieri per sopravvivere e, dopo una carriera in buona parte incompresa, finì in una clinica
psichiatrica.
L’ultimo suo volume uscito in Italia, riunisce sotto il titolo
La rosa* una serie di bozzetti, di poche pagine, alcuni addirittura di poche righe, in cui lo scrittore traccia dei caratteri, dei
personaggi caratteristici anche se, come avverte acutamente
l’editore, in realtà Walser compie un progressivo autoritratto.
Non è una novità assoluta, per molti altri si può dire che personaggi, situazioni, vicende siano il mezzo per esprimere un
«vissuto» personale. Sta di fatto che probabilmente per Walser
questa operazione era più urgente che per altri, era una forma
di autoconfessione sincera.
I caratteri che emergono da queste pagine sono abbastanza
inquietanti, ma anche abbastanza ironici, distaccati, sarcastici;
mettono in luce ipocrisie, meschinità e debolezze dei comportamenti sociali.
A proposito, ad esempio, del suo scrivere dice; «A me è andata come a coloro la cui esperienza di fondo è passare in fretta accanto a molte persone senza entrare in contatto con loro».
Non per caso La rosa comprende anche una «recensione» a un
libro su Ludwig II di Baviera, il protettore di Wagner, il «re
folle», costretto suo malgrado a occupare un ruolo non fatto per
lui. Di Ludwig, ma probabilmente di sé stesso, Walser scrive;
«Non fate di me quel che io non sono».
Una coincidenza, tragica anche se creativa, di arte e vita.
(*) Robert Walser: La rosa. Milano, Adelphi, 1992, ppl46,
£ 14.000.
Appuntamenti
Martedì 16 febbraio — CINISELLO BALSAMO: Alle ore
21, presso il centro Lombardini, l’africanista Vittorio Graceffo parla sul tema: Somalia: quale via alla pace e allo
sviluppo?
Giovedì 18 febbraio — MILANO: Alle ore 21, nella sala di
via Sforza 12/a, il prof. J. Alberto Soggin parla sul tema: I
farisei, la loro importanza per Israele, la critica del cristianesimo.
Lunedì 22 febbraio — PADOVA: Alle ore 21, presso il collegio universitario «Don N. Mazza» (via Savonarola 176), il
prof. Paolo Ricca parla sul tema: La Bibbia e l’Europa
oggi.
Martedì 23 febbraio — BRESCIA: Alle 20,30, nella sala del
Centro valdese di cultura (via dei Mille 4), il prof. Paolo
Ricca parla sul tema: Il nuovo catechismo cattolico e la
visione ecumenica del cristianesimo.
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PAG. 10 RIFORMA
Villaggio Globale
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
L'aiuto delle comunità evangeliche di Trieste ai profughi dei paesi dell'Est
Un modesto segno di solidarietà in cui
sono coinvolte tutte le nostre chiese
_______RENATO COÌSSON________
Continua l’azione di aiuto
umanitario portata avanti dalle nostre comunità evangeliche di Trieste, a nome e
per conto del Servizio rifugiati e migranti della Fcei.
Nell’anno appena trascorso
molti sono stati gli invii di viveri e materiale igienico-sanitario, in parte fornito da varie
comunità evangeliche e in
parte acquistati (per un importo di oltre 60 milioni di lire) con fondi fomiti al 75%
dalle comunità evangeliche
italiane.
E da sottolineare con riconoscenza questo coinvolgimento in prima persona
dell’evangelismo italiano che
ci permette di portare un modesto segno di solidarietà e
aiuto alle vittime di questa
assurda guerra che non sembra voler imboccare la via
della pace. Per il 1993 contiamo sempre su questo aiuto
diretto dall’Italia, che dà senso alla nostra azione, anche
se abbiamo l’offerta di un
aiuto consistente da parte della «Dutch Interchurch Aid»
dell’Olanda.
Fin dall’inizio la nostra
azione ha voluto essere di sostegno a realtà evangeliche
già operanti sul posto, in appoggio e in risposta a chi conosce le necessità e le urgenze. Se in un primo tempo
questa scelta poteva anche essere vista come sostegno ai
«nostri» che rischiavano, per
la loro situazione di minoranza, di essere dimenticati, col
tempo ci siamo accorti che
questi gruppi erano il canale
migliore per operare «per tutti», non essendo gli evangelici legati a nessuna etnia e religione compromessa nei conflitti armati, ed essendo animati da un notevole spirito di
servizio. Ma vediamo ciò che
abbiamo fatto.
Zagabria: Sostegno all’o
pera del Centro evangelico
(collegato con le chiese battiste) «Duhovna Stvarnost»
che opera sia in città, dove
c’è stato l’incarico di seguire
500 famiglie di rifugiati fornendo viveri e altro materiale
di prima necessità, sia verso i
villaggi toccati dal conflitto.
Per Natale, oltre l’invio di generi alimentari, sono stati
mandati 510 panettoni. Responsabile a Trieste di questa
collaborazione è David Bormann.
Rijeka (Fiume): Sostegno
all’opera della rinata comunità evangelica luterana. Il
pastore Lubiana ha voluto
che fin dall’inizio la comunità fosse impegnata sia nel
campo della predicazione che
nella diaconia. Oggi sono
cento le famiglie che vengono seguite e aiutate in una situazione economica che si sta
aggravando e deteriorando
sempre più. Il pastore Lubiana ci raccontava la settimana
Ex Jugoslavia: immagine di una guerra assurda che non sembra voler imboccare la via deiia pace
Dopo 28 anni di dittatura del corrotto presidente africano
Zaire: il Parlamento provvisorio
chiede la destituzione di Mobutu
Il 29 gennaio scorso violenti scontri hanno opposto le
truppe fedeli al maresciallo
Mobutu, presidente dello Zaire, a un reparto di soldati ammutinati, provocando più di
80 morti tra cui il nuovo ambasciatore di Francia a Kinshasa. I soldati si erano ribellati perché pagati con banconote che l’opposizione politica a Mobutu considera prive
di valore.
Questi fatti sono solo l’ultimo campanello di allarme
della gravissima situazione in
cui versa il paese, da 28 anni
sottoposto alla dittatura personale di Mobutu. Il 5 dicembre scorso la Conferenza nazionale dello Zaire, che dal 7
agosto del ’91 è incaricata di
preparare la transizione verso
un regime democratico, ha
avviato una procedura di destituzione del presidente zairese. La Conferenza, presieduta da mons. Laurent Mosengwo Pasinya, è giunta a tale conclusione dopo aver sentito e approvato i rapporti di
due commissioni d’inchiesta,
quella sui beni pubblici indebitamente acquisiti e quella
sugli omicidi politici. Gli atti
sono stati quindi trasmessi
all’Alto Consiglio della Repubblica, nuovo Parlamento
di transizione insediatosi il 16
dicembre, che ha fatto proprie le accuse contro il presidente.
L’accusato numero uno di
questi rapporti infatti è proprio il dittatore zairese. Esso
viene ritenuto, tra l’altro,
complice dell’assassinio, nel
gennaio 1961, dell’allora primo ministro Patrice Lumumba, e dell’esecuzione, nel
1968, del dirigente dell’opposizione Pierre Mulele. Gli
vengono inoltre imputati tutta
una serie di massacri perpetrati in questi ultimi
trent’anni.
Il 17 dicembre scorso il
Parlamento europeo ha deciso di chiedere ai Dodici e agli
Stati Uniti la confisca cautelativa dei beni di Mobutu, in
attesa che egli risponda alle
accuse. Il Parlamento europeo ha inoltre invitato la
Commissione europea, gli
stati membri della Cee e gli
Usa ad isolare politicamente
e diplomaticamente il dittatore. Finora però nessun governo europeo ha dimostrato
di essere disposto ad accogliere l’invito, anche se tutti
appoggiano ormai le forze
dell’opposizione di cui è
espressione il primo ministro
Etienne Tshisekedi, che Mobutu vorrebbe ora silurare
perché ritenuto responsabile
degli scontri. Intanto, il 15
gennaio, il Parlamento provvisorio ha accusato il presidente di «alto tradimento».
Secondo la commissione
d’inchiesta, Mobutu risulta
proprietario di un immenso
patrimonio personale, acquisito a spese del suo popolo: varie ville e appartamenti
in Belgio, Francia, Italia,
Germania, Scozia, Inghilterra, Spagna e Portogallo, nonché di numerosi conti bancari
in Europa e negli Stati Uniti.
scorsa che i servizi sociali
della città di Rijeka hanno
dovuto aprire una mensa per i
poveri che dispensa ogni
giorno oltre 400 pasti.
La comunità luterana ha
poi ricevuto richieste di aiuto
da tre orfanotrofi della zona,
nei confronti dei quali ci siamo impegnati a portare cibo e
materiale igienico-sanitario
ogni mese: sono la Djecu
«Olga Ban» di Lovran, che
ospita 55 bambini dai 3 ai 18
anni e che è responsabile di
una sezione per bebé con una
trentina di ospiti; la «OstroZavod za Djecu Invalide» di
Kraljevica, con 20 invalidi fisici (dai 7 ai 14 anni) e che
aH’improvviso ha dovuto accogliere 20 invalide psichiche
provenienti da una casa distrutta dalla guerra; la Djecu
«Dom Zagreb» di Selce, 60
km a sud di Rjeka, che ospitava 60 bambini dai 3 ai 18
anni, e che di colpo ha dovuto accogliere 35 bambini
dell’orfanotrofio di Lipik, distrutto dai serbi (benché ospitasse bambini serbi e con parte del personale serbo). In dicembre abbiamo portato oltre
200 paia di scarpe.
Opatija (Abbazia): Seguiamo Olga Sevovic, nata a
Torre Pellice perché i genitori
erano stati lì profughi durante
la prima guerra mondiale, che
a 76 anni è di nuovo profuga:
la sua casa a Dubrovnik è stata distrutta. È ospite in un albergo adibito ai profughi con
la nipote mentre gli altri parenti si trovano a Belgrado,
senza possibilità di comunicazioni.
Pula (Fola): La comunità
metodista di Trieste aveva già
relazioni con una piccola comunità evangelica. Con i problemi portati dalla guerra
questa comunità appoggia un
orfanotrofio (un gruppo di
bambini è venuto l’estate
scorsa a Ecumene) e un servizio di aiuto umanitario denominato Yothus.
Kosina (in Slovenia, vicino
alla frontiera di Trieste):
Presso un campo di profughi
dalla Bosnia (quindi musulmani) mancava il riscaldamento, e un gruppo pentecostale di Padova ha portato
36 stufe nuove; abbiamo poi
portato materiali igienico-sanitari e lana per lavorare a
maglia, per dare modo alle
donne di occupare il loro
tempo in modo utile e produttiva e forse remunerativo, e
materiale scolastico per i
bambini.
E poi ci sono le emergenze:
la richiesta urgente di disinfettante per tre campi profughi di Zagabria, perché è
scoppiata un’epidemia di
epatite, la richiesta di una impastatrice per preparare il pane...
La nostra posizione geografica ci mette in contatto con
questa parte della tragedia
dell’ex Jugoslavia. Avremmo
voluto spingerci fino a Split
(Spalato), ma gli ultimi avvenimenti ci fanno rinviare il
progetto. Altrove non ci è
possibile andare.
E intanto siamo rimasti... a
terra! I furgoni di due fratelli
di chiesa che ci servivano per
i trasporti hanno pensato bene
di marcare visita e uno dei
due di richiedere la pensione
di invalidità permanente. Come fare? Con le auto normali
siamo abbastanza limitati!
Vedremo.
Questo è quanto, grosso
modo, riusciamo a fare a nome delle chiese italiane.
Appello delle donne dell'ex Jugoslavia
«No all'uso politico
della nostra tragedia
»
Donne musulmane stuprate, in un centro profughi a Tuzia (Bosnia)
LUCIANO DEODATO
Un gruppo di organizzazioni femminili della ex
Jugoslavia ha lanciato, verso
la fine di dicembre, un drammatico appello «alle associazioni per la pace e a quelle
femminili di tutto il mondo»
per sostenere la causa delle
donne stuprate e violentate
nel loro paese. Pur essendo
rimaste favorevolmente impressionate dalle manifestazioni di solidarietà
espresse in molte parti d’Europa e del mondo, temono
tuttavia una strumentalizzazione di questa tragedia.
«Noi temiamo - scrivono
nell’appello - che le donne
violentate possano essere
usate per la propaganda politica, allo scopo di attizzare
l’odio e lo spirito di vendetta,
con la conseguenza prevedibile di provocare ulteriore
violenza contro le donne e di
aggravare il senso di vittimismo dei sopravvissuti».
Si aggiungerebbe così
un’altra tragedia alla tragedia:
alla violenza fisica già subita,
le donne ne affronterebbero
un’altra, più sottile, meno visibile forse, tuttavia ancora
più grave ed odiosa, camuffata da umanitarismo ma in
realtà ipocrita e disumana.
«Molte delle donne stuprate - continua l’appello - hanno presentato pubblicamente
la loro tragica esperienza,
sperando di ricevere comprensione ed aiuto, ma sono
rimaste deluse per non aver
ottenuto ciò di cui avevano
bisogno». La loro vicenda ha
suscitato sensazione; la stampa se n’è impossessata, trattandola spesso in modo non
corretto, sollevando molto
chiasso. Non era questo che
le donne cercavano; così come non chiedevano di essere
messe in centri speciali.
Le donne che sono state
violentate porteranno per tutta la loro vita le conseguenze
di questo crimine; perciò bisogna predisporre un aiuto
adeguato, continuato nel tempo e non provvisorio, così come può essere quello fornito
dai Centri. Per sviluppare un
progetto che fornisca un aiuto
effettivo è necessario avere
anzitutto una comprensione
corretta del problema e poi
disporre di tempo e di molta
pazienza.
Per questo le donne attive
in organizzazioni pacifiste
hanno assunto iniziative concrete nei campi per i profughi, ed una delle prime cose
che hanno sperimentato in
modo positivo è stata quella
della utilità del dialogo tra le
donne stesse. Esse ora vorrebbero allargare l’area del
dialogo tra le donne, coinvolgendo persone anche di altre
nazioni.
«Vogliamo stabilire una rete di relazioni - si ripromettono - tra le donne e perciò
vogliamo iniziare un processo di costruzione di conoscenza e fiducia reciproca
con visite sistematiche ai
campi dei rifugiati». In visite
già compiute esse hanno potuto notare come per delle
donne sia più facile capire il
significato di un trauma quale
quello dello stupro e quindi
comprendere lo stato d’animo
delle vittime ed anche fornire
l’aiuto psicologico, oltre che
materiale, di cui esse hanno
bisogno. Fra l’altro la dimensione della tragedia è enorme,
perché in tutti gli stati della
ex Jugoslavia le donne hanno
subito violenze. Una conferma viene anche da un rapporto redatto da Elisabeth
Raiser, al ritorno da una missione compiuta nei territori
dell’ex Jugoslavia per conto
del Consiglio ecumenico delle chiese, che afferma: «Secondo la logica della guerra
le donne sono sempre state
considerate un oggetto, e la
guerra in quella che fu la Jugoslavia lo conferma in modo
spaventoso. Le donne del nemico sono oggetto di una
aggressione mirata: sono
violentate, in modo da distruggere la loro dignità e da
scoraggiare il maschio nemico. Nella cosiddetta "liberazione” di ogni villaggio e di
ogni città vengono presi territorio, case e donne: le case
vengono distrutte, gli uomini
mutilati o uccisi, le donne
violentate».
Le organizzazioni femminili che hanno sottoscritto e
lanciato l’appello appartengono a diverse aree: l’«Alleanza
indipendente della donne
croate», la «Casa autonoma
delle donne», il «Centro di
informazione e documentazione delle donne», la «Campagna croata contro la guerra».
Per informazioni e contatti ci si
pud rivolgere a:
- Boris Peterlin
Christian frformation Service
Ilica 44
telJfax:003S4l 428 2SS:
* Autonomous Women's House
Tkalciceva 38
tei. 0038 41 688278;
- «Bedem Ljubavi» Mothers for
Peace, Croatia
VlaskafOa
4100 Zagreb
tel. 0038 41 4SI 0S6
fax. 0038 41 4SI 861
• Kareta
Zagorska44
ul. Zagreb
tel. 0038 41 568 86S
- Mmlim Charitable Society
«Marhamet» the Red Crescent
Zagreb
Tomastcevall
id,M384i 412 079; fax. 0038
414S0S21 ___
19
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
■•«r
Pagina dei lettori
PAG. 1 1 RIFORMA
La crisi e
spirituale
Caro direttore,
l’intervento di Rita Gay ci
obbliga a illustrare la genesi
della «Settimana della libertà» 1993 e del suo messaggio, quale si esprime nel
manifesto così severamente
squalificato.
Dunque: il Sinodo 1992
chiede una iniziativa contro
la mafia, la corruzione e il
degrado morale del paese,
iniziativa che si deve esprimere sia come «personale
assunzione di responsabilità
da parte dei credenti, sia nella
predicazione e nelle forme di
testimonianza rinnovatrice
che viene dall’Evangelo; poche settimane dopo l’Assemblea battista «richiamandosi
alla Confessione di fede
deirUcebi» denunciava gli
stessi mali (aggiungendovi
una critica alle Leghe), chiedeva una riforma democratica
della società e dello stato, e
concludeva invitando le chiese «ad essere luogo di preghiera e di impegno per una
società giusta».
Posto di fronte a questo appello, il Consiglio della Federazione affidava alla sua
«Commissione studi per il
Mezzogiorno» la preparazione della Settimana della libertà. La commissione, dopo
un appassionato dibattito,
giungeva alla seguente conclusione: la crisi del paese è
così grave che non è più sufficiente per i protestanti
schierarsi semplicemente dalla parte del «fronte progressista» e ripetere con parole nostre ciò che altri già
dicono, e dicono bene. Occorre andare più a fondo, fino
ai livelli a cui di solito politici e politologi non arrivano;
ed è quanto abbiamo tentato
di fare, sulla scorta di una
lunga riflessione sulla questione meridionale': dietro la
crisi politica c’è una crisi morale, dietro la crisi morale c’è
una crisi spirituale; e la crisi
spirituale dipende dal fatto
che il Signore, fonte d’ogni
vita e d’ogni verità è ormai
rinnegato, se non nelle parole
certamente nei fatti. Come accadeva al tempo del profeta
Amos, di Michea, di Isaia. La
conseguenza diventava per
noi lampante: bisogna chiamare tutto il popolo al ravvedimento, esortare i credenti
alla preghiera.
A questo scopo, abbiamo
fatto ricorso al linguaggio biblico («tornare a Dio»), come
fanno tutti i credenti nei momenti di maggiore crisi, o di
maggiore impegno.
Questo metodo ha numerosi
precedenti: ad esempio il nostro manifesto antirazzista del
1985 aveva un esplicito riferimento cristologico^; questa
volta il fondamento cristologico è meno esplicito, ma certo sottende tutto il nostro discorso: è un «ravvedimento
cristiano» quello che ci sentiamo in dovere di proporre al
paese.
Non proponiamo però una
sorta di «ritorno alla religione»: qui nel Mezzogiorno
dove operiamo, i guasti di una
certa religione gerarchica e
superstiziosa sono troppo evidenti perché un’idea simile ci
possa attraversare il cervello.
Non condividiamo tuttavia
l’ottimismo di Rita Gay sul
«pensiero ateo» quale maestro di tolleranza e di dignità
dell’uomo. La crisi del nostro
tempo dipende non solo dalla
corruzione dei «regimi cristiani» (come il nostro) ma
anche dal tragico fallimento
del più grande tentativo ateo
di costruire la giustizia in terra. Questa constatazione non
ci conduce certo a conclusioni
integraliste: noi ci battiamo
per la laicità dello stato, e
apprezziamo altamente il contributo che molti laici e atei
hanno dato alla lotta per la libertà religiosa. Non a caso il
nostro testo si staglia sullo
sfondo «laico» di una manifestazione antimafia^ ma su
questo sfondo noi sentiamo il
dovere di dire una parola cristiana. La mafia e la camorra
noi le vediamo all’opera tutti
i giorni, a Palermo come a
Napoli: e pur ammirando
Sciascia e Benedetto Croce,
non crediamo che la loro pur
alta parola sia sufficiente a
sconfiggere le forze del male
Ritorma
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Il presente numero 6 costituisce il n. 6 del 12 febbraio 1993 de La Luce. Reg.
Tribunale di Pinerolo n. 176/60. Sped. in abb. postale gr. Il A/70.
che uccidono le nostre città.
Noi pensiamo che a queste
forze si possa e si debba applicare il detto di Gesù:
«Questi spiriti possono essere
scacciati solo con la preghiera»". Gesù non era un oscur2mtista: era «la vera luce che
illumina ogni uomo»’. Questa
è la nostra fede e non intendiamo metterla tra parentesi,
neanche quando ci impegniamo, da liberi cittadini,
nelle lotte civili che tanto ci
stanno a cuore.
La giunta della Federazione delle chiese evangeliche in
Italia.
(1) v. il Quaderno di Diakonia n.
7: «Evangelici e Mezzogiorno».
(2) «Di fronte alla presenza di
centinaia di migliaia di lavoratori africani e asiatici in Italia,
le chiese evangeliche riconoscono in questi fratelli il prossimo con il quale Gesù Cristo
si è identificato quando disse:
“fui forestiero e mi accoglieste” (Evangelo di Matteo cap.
25, 35)»
(3) Per un disguido tecnico
Riforma non ha ricevuto in
tempo il testo completo del
manifesto, ma solo la dicitura.
(4) Marco 9, 29.
(5) Giovanni 1, 9.
La missione
nel Lesotho
Credo che noi valdesi non
dobbiamo dimenticare che
Laura Nisbet, da circa 30 anni, insegna in una scuola a
Morija, nel Lesotho, molto
lontana da noi, nell’Africa
meridionale. Laura scrive;
«Ora che la Tev ha terminato
la sua attività, penso che non
riceverò più delle offerte».
Non deve essere così! Tev o
no, non devono mancare le
sorelle e i fratelli che pensano
a lei, essendo in comunione
con lei e in preghiera. È
l’unica «missionaria» valdese
che abbiamo in Africa.
Le offerte, piccole o grandi,
finora ricevute l’hanno aiutata a integrare il suo lavoro e
hanno permesso ai più disagiati di frequentare la scuola.
Il mio vuole essere un appello, a tutti quelli che sono sensibili, a mandare dei doni, indirizzandoli per ora al padre
(past. Roberto Nisbet, via
Lombardini, 23, 10066 Torre
Pellice). Dato che il pastore
Nisbet è molto anziano, occorrerebbe trovare un collettore che si assuma il compito
di ricevere i vari doni e inoltrarli a destinazione. Così non
saremo assenti.
Tullio Vinay - Roma
Battista
indipendente
Caro Direttore,
qualora i battisti italiani dovessero accettare l’otto per
mille, omologandosi alla logica concordataria e costanti
« Poiché il salario del peccato è la
morte; ma il dono di Dio è la vita
eterna in Cristo Gesù,
nostro Signore»
Romani 6. 23
È mancata
Alda Pellenco in Ferrua
a funerali avvenuti ne danno il
triste annuncio il marito Nicola, i
figli Giuliana con Carlo Alberto,
Paolo con Donatella, gli amati nipoti Luigi e Renata.
Revigliasco, 1 ° febbraio 1993
/ necrologi si accettano entro le ore 9 del lunedì. Telefonare al numero 011655.278 - Fax 011-657542.
niana con la quale la Chiesa
cattolica e varie altre minoranze religiose hanno chiesto
e ottenuto (con le migliori intenzioni, per carità!) di essere
finanziate dallo stato in quanto religioni, si porrà per me
una questione di coscienza.
Premesso che seguiterò a barrare la casella «Stato» sul
modello 740 per ragioni che
in altra parte di questo giornale ho cercato di chiarire,
credo che non mi sarà più
possibile essere iscritto
nell’elenco dei membri di una
comunità dell’Ucebi, accettando di essere tra quelli la
cui fede è finanziata dallo
stato. Beninteso, non ho alcuna intenzione di interrompere
il mio (piccolo) contributo alle attività della comunità e
dell’Ucebi, ma potrò farlo solo come battista indipendente
e non còme membro iscritto.
Spero anche di poter continuare ad essere collaboratore
di questo giornale. Sempre
che questo sia gradito alla redazione e ai lettori.
A proposito: perché, dopo
tanta attenzione all’avvento
del battista Clinton alla guida
degli Stati Uniti, a nessuno è
venuto in mente di ricordare
che i battisti americani non
ricevono nessun «per mille»
dallo stato?
Maurizio Girolami - Torino
Sessuazione
femminile
Ho cercato invano negli
ultimi numeri una notizia sulla lezione pubblica tenuta il
20 gennaio scorso alla Facoltà valdese dalla teologa
femminista Flisabeth Schtissler Fiorenza. Non posso che
constatare che mentre l’incontro Ricca—Ratzinger giustamente fa notizia, la presenza tra di noi di un’altro «teologo cattolico», questa volta
del dissenso, non merita una
riga.
Ci sarebbe da riflettere sul
significato ecumenico di tale
silenzio ma abituata ad esercitare (come il «teologo» in
questione) un’ermeneutica
del sospetto, mi limiterò a sospettare che è la sessuazione
al femminile di Schussler
Fiorenza ad averla resa invisibile (non è la prima volta)
alla nostra brava stampa. Posso immaginare che Riforma
stesse aspettando un articolo
sulla conferenza di Fiorenza
da una delle teologhe nostrane (ci si intende meglio tra
donne) ma dal momento in
cui la conferenza è stata pubblicizzata dallo stesso giornale, essa fu tenuta nell’aula
magna della Facoltà valdese
alla presenza di «professori e
professoresse di teologia,
suore e membri delle chiese
evangeliche di Roma e dei
dintorni, pastori e pastore,
studenti» nonché esponenti
dell’ecumenismo, avrei
aspettato un servizio della redazione.
Elisabeth Schussler Fiorenza ha scritto ampiamente
sull’invisibilità delle donne,
peccato che ne è sempre vittima.
Elizabeth E. Green - Gravina
In ejfetti stiamo attendendo un articolo sull’ avvenimento di cui non ci è sfuggita
r importanza (gg).
COMMISSIONE
PERMANENTE STUDI
SESSIONE DI ESAME
Sabato 20 febbraio 1993
Ore 9, presso la Facoltà valdese di teologia - Via Pietro
Cossa 42 - 00193 Roma
Per informazioni rivolgersi
al pastore Bruno Costabel
(tei. 0541/51055).
CONTRAPPUNTO
TESTIMONI
DELL'EVANGELO
GIOELE FULIGNO
Giornali «laici» e nostre riviste pubblicano da un po’
di tempo a questa parte articoli il cui contenuto conferma quanto profondo sia il disorientamento anche nel
campo della teologia, proprio come succede in quelli
dell’economia, della politica e del sociale.
Non essendoci più riferimenti, ognuno si sente autorizzato a esprimere le proprie opinioni di parte, dando a
esse un valore universale. Penso, per esempio, alla «teologia femminile», a quella «neoliberale», ma anche alla
questione del rapporto «fede-scienza», che tanto va di
moda nelle lobby intellettuali dopo la riabilitazione di
Galileo Galilei da parte della Chiesa cattolica. Ma
dov’erano tutti questi intellettuali quando questa tematica veniva affrontata da grandi teologi (cito fra tutti Karl
Barth?).
Non c’è nulla di grave nel tentare di chiarire le domande che sorgono man mano. Il grave sta nel dimenticare il fondamento del cristianesimo, che è una fede
fondata sulla rivelazione e non una sorta di filosofia, o
«gnosi» (direbbe Barth) con presupposti deisti o teisti.
Alcuni di questi articoli sono espressione di una
realtà complessa e articolata, ma lontani da una chiara
scelta evangelica di professione di fede nel Dio rivelato.
Così, mentre mi trovo a mio agio nello studio di Fulvio
Ferrario, sono a disagio davanti alle proposte di Letizia
Tomassone e mi domando se queste non derivino da un
bisogno, cattolico, di sincretismo.
Non solo, ma perché si deve pensare che una fede
confessante e operante sarebbe un rischio per la fede
stessa, e che la soluzione migliore sia quella di indagare
e cercare al di là di quanto ricevuto? Il Signore Gesù
rispondeva a quanti volevano saperne di più su Dio:
«Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Giovanni 14, 9).
La fede cristiana non potrà mai prescindere dal Signor
Gesù. Egli resta il centro di tutto. Solo partendo da questo presupposto possono derivare nuove e più comprensibili risposte alle domande odierne. Un’operazione diversa da questa può solo generare confusione, insicurezza e tanta (ma tanta!) voglia di ateismo.
In quanto cristiani non possiamo seguire una spiritualità fondata sul soggettivismo di ognuno di noi o di
qualche leader. È sempre presente il rischio di una teologia naturale, o razionalistica o apologetica. Il nostro
compito è quello di essere solo testimoni della «buona
notizia»: Gesù Cristo.
Mi stupisce il cambiamento di fronte alla guerra tra
religione e ateismo. Fino a poco tempo fa si temeva il
trionfo dell’ateismo, grazie alla sua razionalità e chiarezza di idee. Oggi sembra che nessuno, neppure il laico
più ateo, osi mettere in dubbio resistenza di un dio. Anzi, esso viene chiamato in causa, anche se si sostiene la
casualità della sua esistenza, e non si tollera che metta
in discussione il principio del libero arbitrio degli esseri
umani. È un dio, dunque, fuori della storia, disincarnato.
I problemi dell’uomo e della donna verranno risolti
sulla base de! libero arbitrio e dell’etica che ne consegue.
Insomma, anche oggi la fede cristiana si trova di
fronte a sfide impegnative, ma i credenti non sono degli
sprovveduti: sanno in chi hanno creduto.
Nota - mi riferisco in particolare a questi articoli:
Eugenio Scalfari: «Ma Giobbe maledisse i capricci del Signore». La Repubblica, 15 gennaio 1993;
Fulvio Ferrario: «Per una teologia evangelica della creazione. La lezione di K. Barth». Protestantesimo n. 4/1992;
Elizabeth Green: «Liberazione, ermeneutica ed antropologia: un’introduzione alla teologia femminista di E.
Schussler Fiorenza», ibid.;
Letizia Tomassone: «Cinque punti per il lavoro teologico».
Gioventù evangelica n. 138.
Kamol Arayaprateep: «Conversion: a Universal Need».
The ecumenical Review n. 4/1992..
ONORANZE E TRASPORTI FUNEBRI
BERTOT TULLIO
Uffficio: c.so Gramsci, 5 - TORRE PELLICE
tel.0337 -211111
Abitazione; via G. Modena, 8 - tei. 0121 - 932153
■<Il decoro, Vassistenza, il rispetto... sono vostri diritti.
Offrirveli è nostro dovere».
C Organizzazione Trasporti ed Onoranze Funebri ' ' ^
Giocherò - Bessone - Perassi I
MI ™ SJÌ.C.’^
Sede: LusernaS. Giovanni - Via L. Tegas, A3l4--a 0121/909008
Torre Pellice - Viale Mazzini, 3 - ■= 0121/932400
Servizio Notturno e festivo: ® 909537 - 909723 - 901201
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RIFORMA
venerdì 12 FEBBRAIO 1993
Foresteria «Cà d’Ia pala» - Angrogna
20 letti, 5 camere, per gruppi autogestiti
Loc, Bagnóou, Colle della Vaccera, 10060
Angropna
Coordinamento strutture ricettive
tei, e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
Centro ecumenico Agape - Frali
96 letti, 35 camere, escursioni in montagna,
cento di incontri e studi per gruppi, aperto
tutto l’anno.
resp. Letizia Tomassone
tei. (0121) 807514; fax 807690
10060 Frali
Foresteria Valdese
Villar Porosa
resp. Thomas Noffke
tel.(0121)51372
via Àssietta 4
10060 Villar Perosa
Centro vacanze «M.L King»
Meana disusa
resp. Gina Serafino Cammisa, tei. (0122)
49610, viaTorino 11,10053 Bussoleno
Praz. Campo del Carro
10050 Meana di Susa
Casa valdese per ferie - Vlerlng
3 dormitori con letti a casteiio, corredo personaie, prenotazioni tutto l’anno, all’imbocco della Val d’Aosta,
resp. Alice Durand
Viering 39 -11020 Champdepraz
tei. (0125) 960417
Foresteria valdese
«La Rocclaglla» - Angrogna
2 edifici, 20 camere, 40 letti, per gruppi autogestiti
Coordinamento strutture ricettive
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
Casa Fona - Angrogna
tel.(0121)944144
resp. Concistoro di Angrogna
Foresteria «La Glanavella»
Luaerna S. Giovanni
2 edifici nella pineta, 24 letti, 4 camere per
strutture ricettive
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
Foresteria valdese - Torre Pellice
102 letti, 45 camere, centro storico valdese,
escursioni in montagna, 55 km da Torino,
aperto tutto l'anno.
resp. Adriano e Carla Longo
tei. e fax (0121) 91801
via Arnaud 34 -10066 Torre Pellice
Casa valdese per la gioventù
Vallecrosla
127 letti, 24 camere, 5 minuti dal mare, 8
dormitori, 3 bungalow, colonie estive, aperto da febbraio a ottobre,
resp. Sergio Nisbet
tei. e fax (0184) 295551
via Col Aprosio 255 -18019 Vallecrosla
Casa balneare valdese
Sergio Veraci
68 letti, 35 camere sul mare, recentemente
ristrutturato, aperto tutto l’anno,
resp. Albina e Nicolino Canu
tel.(019)611907
c.so Italia 110 -17027 Pietra Ligure
Casa valdese - Rio Marina
48 letti, 15 camere vicino al mare, recentemente ristrutturata con ampio giardino e solarium, aperta da aprile a ottobre,
resp. (irnellaGreIn Rovelli
tei. (0565) 962141; fax 962770
p.zza Mazzini 1 -57038 Rio Marina
Villaggio della gioventù - S. Severa
120 letti, 29 camere sul mare, 40 km da Roma,
saloni a disposizione, aperto tutto l’anno,
resp. Paolo Landi
tei. (0766) 740055; fax 741527
lungomare Pyrgi 13 - 00050 Santa Severa
Foresteria - Cagliari
3 letti ed uso cucina,
resp. Giuseppe Mollica
tel.(070)666876
v.le Regina Margherita 54 - 09124 Cagliari
Campo Sardegna
Casa colonica, 35 letti, 4 camerate, piazzole
per tende e camper, vasta boscaglia medi
terranea, aperta da giugno a settembre, su
richiesta anche in primavera.
resp. Giuseppe Mollica
tei. (070) 493237-666876 (abitaz.)
SS 125 Cagliari-Olbia al km 24,2
Foresteria valdese - Palermo
tei. (091) 6817941/3
via Àngio 56-Palermo
Centro diaconale «La Noce»
Palermo
50 letti, 15 camere, uso cucina per gruppi,
nel centro di Palermo, aperto tutto l’anno.
resp. Karola Stobaus
tei. (091) 6817941; fax 6820118
via Gio. EV. Di Blasi 12-90135 Palermo
Servizio cristiano - RIesI
15 letti, 6 camere, foresteria in allestimento,
aperta tutto l’anno.
resp. Franca Cossa
tei. (0934) 928123; 928139 (abitaz.)
via Monte degli ulivi 6 - 93016 Riesi
Casa valdese per ferie - Aosta
5 minialloggi con 3-4 posti letto ciascuno,
prenotazioni giugno-settembre, centro storico.
resp. Roberto Romussi
tel.(0165)44345
rue Croix de Vi I le 11 -11100 Aosta
Centro evangelico «P. AndreettI»
S. Fedele
7 camere, 25 posti letto, altitudine 750
s.l.m., 30 km da Como e Lugano, aperto tutto l’anno, incontri giovanili e comunitari,
resp. Ennio del Priore
tei. (031) 830418; 525346 (abitaz.)
via Provinciale 55 - 22028 S. Fedele Intelvi
Centro ecumenico «L. Menegon»
Tramonti di Sopra
25 letti, 8 camere, campi studi per giovani e
famiglie in luglio e agosto, a disposizione di
gruppi autogestiti altri periodi,
resp. Silvio Marini
tel.(041)5233449; (0427)869087
33090 Tramonti di Sopra
Foresterìa valdese - Venezia
49 letti, camere ed appartamenti, centro storico, 5 minuti da p.zza San Marco, aperto
tutto l’anno,
resp. Piero Grill
tei. e fax (041) 5286797
Palazzo Cavagnis
Castello 5170 - 30122 Venezia
Centro giovanile (Gouid) - Firenze
72 letti, 25 camere di cui 21 con bagno,
centro storico, 20 minuti a piedi da stazione
Fs, aperto tutto l’anno.
resp. Gianluca Barbanotti
tei. (055) 212576; fax 280274
via dei Serragli 49 - 50124 Firenze
Casa comunitaria - TresantI
Casa colonica ristrutturata, 30 km da Firenze,
resp. Heinz Fritschi, Leopoldo Sansone
tel.(0571)659075; 608828 (ab.)
via Chinigiano 10 - 50025 Montespertoli
Casa Cares - Reggello
55 letti, 16 camere, antica fattoria a 35 km
da Firenze a 500 m sul Pratomagno, chiusa
in gennaio.
resp. Antoinette e Paul Krieg
tei. e fax (055) 8652001
via Pietrapiana 56 - 50066 Reggello
Ecumene - VelletrI
Centro di studi e vita comunitaria, 80 letti,
50 km da Roma, aperto da giugno a settembre e altri week-end.
resp. Ornella Sbaffi
tei. (06) 4743695
Contrada Cigliolo - 00049 Velletri
Centro evangelico battista
Rocca di Papa
60 letti, 13 camere, 9 con bagno, 25 km da
Roma, spazi per incontri e giochi, aperto
tutto l’anno
resp. Vera Marziale latrate
tei. (06) 9499014
via Vecchia di Velletri 26 - 00040 Rocca di Papa
Casa valdese - Roma
56 letti, 29 camere nel centro di Roma a pochi passi da p.zza Cavour, 3 minuti dalla
metropolitana, aperto tutto l'anno,
resp. Aldo Visco Gilardi
tei. (06) 3215362; fax 3211843
via Farnese 18 - 00192 Roma
«La Casetta» - Bari
Camping, 20 piazzole per tende, 1 per caravan, zona alberata nella campagna, autobus
da Bari, aperto tutto l’anno,
resp. Gianna Sciclone
tei. (080) 493084; 333091
via Gentile 106-70126 Bari
Centro giovanile evangelico
Adelfla-ScogllttI
Centro per incontri e vacanze in ristrutturazione, sul mare, 20 posti letto.
Per informazioni: Giuseppe Ficara, tei.
(0934) 929433, via Farad 63,93016 Riesi
Casa valdese
Guardia Piemontese
Minialloggi per famiglie, 10 minuti d’auto
dalle Terme Luigiane e a 15 dal mare, apertura estiva,
resp. Teodora Tosarti
tel.(0984)621490
p.zza della Strage - 87020 Guardia Piemontese
Centro evangelico - Bethel
tel.(0961)922059
88055 Taverna
Villaggio evangelico
Monteforte Irpino
30 letti, 13 camere, sale per incontri, ampi
spazi verdi, aperto tutto l’anno.
resp. Gianni Sagripanti
tei. e fax (0825) 682698
via Rivarano 18 - 83024 Monteforte Irpino