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ECO
DELLE VALU VALDESI
BÎ BL Î OT EGA V ALDESE
10066 TOtlRE PEIL ICE
Settimanale
della Chiesa Valdese
Anno 111 - Num. 40
Una copia Lire 100
f L. 5.000 per Tinterno
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* L. 6.000 per Testerò
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TORRE PELLICE - 11 Ottobre 1974
Amm.: Via Cavour. 1 bis • 10066 Torre Pellice ■ c.c.p. 2/33094
Uno sguardo diverso
Domenica scorsa abbiamo riaperto la scuola domenicale. Anche
nella chiesa di cui faccio parte i
ragazzi erano lì, proporzionalmente numerosi (non tutti, però)
e così i loro genitori. Tutti insieme abbiamo cercato quel che il Signore aveva da dirci e gli abbiamo chiesto che sia un anno buono, in cui conoscerLo meglio e
sforzarci di amarlo e ubbidirlo di
più.
Cresciuti, i ragazzi: un’estate
può costituire un bel gradino, a
quell'età. Le monitrici li troveranno anche intellettualmente sviluppati, diversi cambiano di livello
scolastico, si aprono interessi nuovi e, pur con tutte le carenze scolastiche che conosciamo, l’intelligenza cerca orizzonti nuovi, s’infervora in nuove prospettive. Crescono, si, sotto i nostri occhi, fisicamente e interiormente, e li ritroviamo uguali e diversi.
Ma con quale sguardo, in fondo, li osserviamo e cerchiamo di
conoscerli? Ce lo siamo chiesto,
nel culto e l’apostolo Paolo ci ha
risposto, da parte di Dio; « L’amore di Cristo ci costringe; siamo
giunti a questa conclusione: che
uno solo morì per tutti, quindi
tutti morirono; e ch’egli morì per
tutti affinché quelli che vivono
non vivano più per loro stessi
ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Sicché d’ora in
poi noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e se anche
abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora però non lo conosciamo più così. Se dunque uno è
in Cristo, è una nuova creatura; le
cose vecchie sono passate: ecco,
sono diventate nuove » (2 Corinzi 5: 14-17 e ss.).
Il richiamo a questo passo mi
era venuto di recente, da uno degli studi biblici che un monaco ortodosso greco presentava all’assemblea della Conferenza delle
Chiese europee: commentando
questo passo, ricordava che, secondo la liturgia ortodossa del
del battesimo, la madre del battezzando, subito dopo che la sua
creatura è stata battezzata, si inginocchia e le bacia la mano in segno di omaggio: in essa non vede
più soltanto la carne della propria carne, ma « il tempio dello
Spirito Santo ». Come accade, a
volte, questo particolare mi aveva
colpito. Naturalmente rifiuto la
teologia sacramentale ortodossa,
quanto quella cattolica. In quel
piccolo gesto della madre credente, tuttavia, si esprime quello
« sguardo diverso » che 1 apostolo
Paolo dichiara richiesto a chiunque sia « in Cristo »; naturalmente non è tanto al momento del
battesimo, ma nella vita quotidiana che esso conta.
Come li guardiamo, questi ragazzi che crescono fra noi e intorno ai quali ci raccogliamo, in
un’occasione come questa? Solo
con lo sguardo carnale dei nostri
sensi, del nostro cuore, della nostra mente, stupendoci di trovarli
così allungati, compiaciuti di vederli svilupparsi e maturare? Questo sguardo c’è, naturalmentej genitori e nonni covano con gli occhi i rampolli, e la loro freschezza
è un soffio d’aria fresca e serena
per tutti. Speranza e nostalgia,
amore schietto e affetto possessivo si impastano nel nostro
sguardo di carne posato su questa giovane carne che racchiude
nella sua fragilità quelle che si
usano chiamare le promesse della
vita. D’altra parte, vedendoli lì vispi e lustri, ben messi se^non eleganti, come non ’’vedere i tanti
e tanti bambini malati a morte,
affamati a morte, battuti a morte,
i ragazzi del lavoro minorile, i ragazzi sulla strada, stracciati, abbandonati, sviati...? E come impedirsi di pensare che anche loro,
comunque, un giorno morranno;
che tutto quel che costituisce il
nostro orgoglio di vivere è solo
travaglio e vanità, perché passiamo presto, via col vento?
Uno sguardo diverso ci è però
offerto, e richiesto. Su tutto e su
tutti, e quindi anche su questi
bambini. È la conseguenza del
cambiamento di mentalità, del
ravvedimento che ci è anch'esso
offerto, e richiesto. Noi li conosciamo, o crediamo, o cerchiamo
di conoscerli, nel ’’bene” e nel
INCONTRO
CON LA NOSTRA DIASPORA
Neirinterno si legga la periodica doppia pagina curata dalla
Federazione Femminile Valdese:
proseguendo nella ricerca di un
incontro con la nostra diaspora,
viene presentata la nostra presenza nella Valle d’Aosta.
male, nei lati luminosi e nei lati
d’ombra del loro carattere così
presto sostanzialmente formato,
nei loro tratti fisici che si evolvono, nello schiudersi della loro intelligenza e dei loro interessi; nelle loro malattie e debolezze, talvolta nelle difficoltà e nelle minacce che incombono su di loro e
ci fan stare col cuore sospeso.
Però — questo ci è offerto, e richiesto — non li conosciamo più
« secondo la carne », o almeno,
per essere schietti, non più così
soltanto.
Essi sono, come noi, e come
ogni creatura umana, investiti da
una luce particolare, inavvertibile
all’osservazione fisica o interiore
deH’uomo ’’naturale”, cioè lasciato a se stesso: la « speranza viva »
costituita dalla presenza e dalla
potenza di Cristo. L’agenda della
loro vita è ancora quasi tutta da
girare, e che cosa si scriverà quotidianamente, anno dopo anno in
quelle pagine, veramente, Dio solo
¡0 sa. Ma Dio lo sa. E ci chiama a
credere che i loro nomi, come i
nostri , sono scritti nei cieli; e a
rallegrarcene di grandissima allegrezza, perché tanto grande è
l’amore che egli ha per noi, per
ognuna di queste sue minime, insignificanti creature.
Chi crede questo, lo spera intensamente, in questa prospettiva
ama e opera; di fronte alle contraddizioni e alle delusioni — che
non mancano: e se ne diamo noi
agli altri, continuamente, perché
non dovremmo riceverne? — continua ad aggrapparsi alle tre cose
che durano perché vengono da
Dio.
Ci sia dato, giorno per giorno,
di aiutare anche questi piccoli a
conoscere non secondo la carne,
cioè non secondo una distaccata
osservazione storica, quel Cristo
che è stato carne e storia — il Gesù di Nazareth dei primi tre decenni della nostra èra — ma in cui
Dio ha incarnato la sua eterna Parola creatrice. Da lui ci viene uno
sguardo nuovo per le cose nuove
che ha cominciato a creare e in
cui ci vuole coinvolgere.
Avere, e ritrovare ogni volta
che lo si è smarrito, questo sguardo diverso nei confronti dei nostri bambini, « santi » cioè amati
e chiamati, nati non da volontà di
carne ma creature nuove in Cristo
e destinati a vivere non più per se
stessi ma per lui che è morto e risuscitato affinehéi ^vesserà vita
esuberante; avere e ritrovare questo sguardo non solo nell’orà raccolta in cui si apre la scuola domenicale e sono tutti lì in fila, re-,
lativamente angelici, ma nella vita quotidiana e nella lotta per la
loro formazione (che è anche sempre nostra formazione): questo ci
è offerto, e richiesto. Cominciando da casa nostra e dalla « famiglia di Dio », ma senza alcuna
esclusione: infatti per tutti, senza
eccezione, finché c’è vita c’è questa speranza. In quanto portatori
— e frutto — di questa speranza,
abbiamo ricevuto da Dio il ministero della riconciliazione con lui.
Gino Conte
DOVE IL GAFFE’ COSTA 200 LIRE AL CHILO...
Una domenica a Nyogbo
Quando un cristiano europeo predica I Evangelo in
una chiesa africana, le parole si fanno particolarmente pesanti di responsabilità
Togo, 8 settembre 1974.
Il pulmino Volkswagen avanp sulla
strada nazionale che da Lomé porta
verso il nord del Togo sotto ad un vero diluvio mentre i tergicristalli che
funzionano alla massima velocità stentano a mantenere un minimo di visibilità, già compromessa dagli spruzzi
dell’acqua sull’asfalto che formano una
nebbia sulla strada. Meno male che è
la stagione delle piccole piogge! Gli
acquazzoni si susseguono senza durare a lungo e così si percorrono 100 Km.
Davanti alla chiesa evangelica di
Nyogbo, nell’interno del Togo, dopo il culto : nel
quadro della sua
partecipazione al
Consiglio della
CEvAA, a Lomé,
il past. Davite ci
racconta la domenica indimenticabile vissuta con i
fratelli togolesì.
di savana interrotti da una mezza dozzina di villaggi allineati lungo la strada o nascosti fra le alte erbe, punteggiati da grandi alberi isolati; baobab,
alberi del kapoc, banani ed alcune
piantagioni di palme da olio. Più avanti le lievi ondulazioni della pianura si
accentuano, inizia la foresta tropicale
che forma un muro ai lati della strada e, più lontano, appaiono le. montagne fra gli squarci di nubi. Altri 50
Km. e, in alcune radure aperte nella
foresta che ricopre i monti fin sulle
cime, biancheggiano alcuni grossi villaggi, con i loro campi di ignàme, di
caffè e di cacao. Uno di questi è Nyogbo, un grosso agglomerato di oltre
3.000 persone, sede di una comunità
evangelica e di un ospedale costruito
alcuni anni or sono con i fondi offerti
dal Brot für die Welt tedesco.
Nyogbo è un villaggio che si sposta.
L’apertura di una strada carrozzabile
ai piedi della montagna ha provocato
la discesa del villaggio verso la via di
comunicazione dove il governo ha anche organizzato alcuni servizi di urba
nizzazione (acqua potabile alle fontanelle pubbliche e così via). Dalla carrozzabile le strade salgono diritte verso la montagna, come in certi villaggi
calabresi o siciliani con le case che si
elevano a destra ed a sinistra, oltre i
profondi rigagnoli che servono a smaltire l’acqua dei rovesci di cui abbiamo
conosciuto l’intensità nella savana. Le
case sono rettangolari di mattoni fatti
con laterite (la famosa « terra » rossa
africana) impastata con poco cemento
e pressata in grossi blocchi. Il tetto è
di lamiera o di foglie di palma.
ECUMENISMO
Evangelici e cattolici in itaiia
L’uscita — 4 6 ottobre scorso — del
primo numero del nuovo settimanale « Com-Nuovi Tempi » nato dalla
fusione di un periodico cattolico
(« Com ») e di uno evangelico (« Nuovi
Tempi ») è un fatto nuovo e significativo nella breve storia ecumenica del
nostro paese. È la prima volta che un
fatto del genere accade in Italia; non
sappiamo se sia già accaduto in Europa.
E chiaro che l’incontro e, ora, la fusione dei due gruppi redazionali è stata facilitata e forse determinata da
una crescente convergenza su due esigenze fondamentali: la prima è la volontà di lottare per il superamento
dell’attuale società borghese e « per la
costruzione di una società diversa, più
giusta, più libera, più umana », come
dice l’editoriale del 1° numero del nuovo giornale; la seconda è la necessità
di ripensare e riscoprire, nel quadro
di questa impegnativa battaglia politico-sociale e culturale, il senso e la portata dell’evangelo cristiano, dopo aver
constatato che « davanti alle sfide di
questo tempo cattolici e protestanti sono egualmente sprovveduti e confusi ».
Si può dunque dire che il primo giornale ecumenico italiano nasce da un
progetto politico comune e da un comune interrogativo di fede. Questo
progetto politico e questo interrogativo di fede sono ciò che accomuna cattolici ed evangelici raccolti intorno a
« Com-Nuovi Tempi ». C’è cornunione
di programma sul piano politico; c e
comunione di problemi sul piano teologico. « Com-Nuovi Tempi » è dunque,
almeno per certi aspetti, un giornale
di frontiera, con i rischi e le promesse
che questo comporta. Il Sinodo valdese, in un suo ordine del giorno, ha affermato che la fusione Com-Nuovi
Tempi « rappresenta una possibilità di
predicare l'Evangelo ». Il nostro vivo
augurio è che questa possibilità diventi realtà. Nessuno si nasconde la difficoltà dell’impresa. Oggi come ieri,
nelle chiese tradizionali e fuori di esse,
molti predicano ma pochi predicano
l’evangelo. Ciò nondimeno, la ragione
della nostra esistenza come chiesa è e
resta la speranza di trasmettere alla
nostra generazione quella parola di
Cristo che ci fa vivere.
La nascita del nuovo giornale ripropone il discorso, in fondo abbastanza
negletto, dei rapporti tra cattolici ed
evangelici in Italia. Ci limitiamo qui
a un paio di osservazioni.
La prima è che come evangelici non
dobbiamo credere che gli unici ambiti del cattolicesimo italiano interessati e disponibili per un autentico dialogo ecumenico siano quelli etichettati
come ’’dissenso cattolico”. La priorità
data (giustamente, a nostro avviso) ai
rapporti con il dissenso cattolico non
deve sfociare in un atteggiamento settario nei confronti di altri possibili
interlocutori cattolici. Occorre liberarsi da classificazioni sommarie e troppo
schematiche. NelTambito del cattolicesimo italiano ci sono degli uomini, del
le forze, dei gruppi che non si collocano nel quadro del dissenso ma con i
quali è possibile e auspicabile un confronto autentico e fecondo per loro
come per noi. Sarebbe veramente peccato, per nostra negligenza o per una
visione troppo angusta del nostro impegno ecumenico, ignorare o trascurare gli spazi ecumenici reali ma largamente inesplorati oggi presenti nel
cattolicesimo italiano.
La seconda osservazione è complementare alla precedente anche se a
prima vista sembra contraddirla. Ci
chiediamo: che ne è oggi di una vera
opposizione teologica al sistema cattolico-romano? Con il sorgere delle forze
del dissenso cattolico percorse da forti esigenze evangeliche, ha preso vita
una forma nuova di opposizione interna al cattolicesimo italiano, in cui confluiscono istanze diverse, sia politiche
che religiose. Si ha peraltro l’impressione che il discorso propriamente teologico non venga, in generale, condotto
fino in fondo. Anche i « cattolici del
no », costituitisi in movimento a seguito del referendum sul divorzio, non
sembrano intenzionati ad opporre al sistema romano il «no» radicale, che è
quello della fede. Spetta dunque in
modo particolare alle chiese evangeliche il compito di elaborare una opposizione teologica aggiornata al sistema
romano, che anche dopo il Concilio
continua ad essere quello che era.
Paolo Ricca
La parte alta del villaggio è ormai
poco popolata e dovrà presto essere
abbandonata perché là foresta avanza
implacabile e non c’è più abbastanza
gente per tenerla a bada. Mentre salgo
il sentiero immerso nella foresta che
unisce le due parti di Nyogbo, penso
con riconoscenza al pastore Elias Awumé che aveva predicato l’anno scorso
a Frali e che ieri mi aveva detto: «Manderò anche te in montagna ». Fra montanari ci si intende sempre.
Quando mi era stato chiesto di predicare nel Togo mi si è posto un serio
problema. Che cosa può dire un fratello occidentale a fratelli del terzo mondo? Li può veramente ed onestamente
chiamare « fratelli » fino a che i paesi
industrializzati, di cui il credente europeo fa parte volente o nolente, si
comportano in modo tale che il terzo
mondo non può far altro che continuare a perdere terreno? La cosa mi aveva
veramente angosciato perché non si
percorrono 6.000 km. per andare a dire delle banalità o delle superficialità.
Avevo esposto la mia preoccupazione
ai pralini ed agli altri fratelli nel corso
di un culto dell’estate e nelle conversazioni che ne sono seguite è emerso un
testo e una interpretazione; l’amicizia
fra Gionathan e Davide in I Samuele
18-20. I cristiani occidentali non possono promettere miracoli ai fratelli africani, ma forse possono impegnarsi ad
assumere nei loro confronti l’atteggiamento del figlio di Saul verso Davide
con tutte le implicazioni che questa
scelta comporta.
Predico questo testo in un tempio
stipato di gente: dai ragazzi della scuola domenicale che hanno difficoltà a
star fermi sulle prime panche, alle tre
corali; quella « classica » con tocco e
toga, quella della « società di cucito » e
quella africana, modestamente sul fondo del tempio, con i tamburi e le percussioni. L’uditorio è molto attento, decisamente interessato fin da quando,
all’inizio, chiedo loro quanto viene pagato il caffè che producono (circa 200
lire al kg.) ed alla fine del culto l’adesione della comunità viene espressa
dai padri dei due bambini che devono
essere battezzati, i quali chiedono a me
di amministrare il battesimo.
Dopo il culto: riunione con alcuni
responsabili della chiesa; il pastore, il
catechista, alcuni anziani, il maestro
nella cui casa ci si riunisce intorno ad
un fresco bicchiere di birra locale. Il
tema della predicazione è ripreso a fondo; quale impegno concreto comporta
per gli europei? È una possibilità reale oppure solo un desiderio? Fino a
che punto gli europei sono disposti ad
impegnarsi su questa via? A queste
domande ho potuto rispondere solo
parzialmente perché questa tematica
deve essere ancora affrontata da noi.
Ma ha suscitato molto interesse ed anche una ragionevole speranza. Una sorella (membro del Concistoro e presi
Franco Davite
(continua a pag. 3}
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pag. 2
N. 40 — 11 ottobre 1974
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Elezìorie e nrissione d'Israele
(Romani 9: 1-14)
Iniziamo oggi una serie di articoli
sul contenuto dei cap. 9-10-11 dell’epistola ai Romani in cui l’apostolo Paolo
tratta il problema del popolo d’Israele
come popolo di Dio.
Qualcuno potrebbe obiettare circa
l’opportunità o meno di questi studi
biblici sul « destino » d’Israele, tanto
più che oggi, la sorte di quel popolo è
visibilmente connessa con la crisi politica dei popoli del Medio Oriente e
con i fattori economici e politici che la
caratterizzano. Perciò, molti, per ragioni di attualità e di storicità, anziché
riferirsi al pensiero di Paolo ritengono
che converrebbe parlare di Israele sotto il profilo pKjlitico, cioè sul conflitto
con l’Egitto, sul destino dei Palestinesi,
sugli « exploits » del generale Dayan
ed anche sulla trasformazione di vaste
zone deserte in campi e giardini fruttiferi.
Il problema d’Israele, tuttavia, non
è essenzialmente un problema d’ordine
politico, bensì religioso, malgrado ogni
apparenza contraria; è un problema di
elezione e di testimonianza, in mezzo
alle nazioni del mondo. Come scrive
il prof. W. Vischer di Montpellier, «concordo con chi afferma che il grande
evento della costituzione di un nuovo
Stato d’Israele, pur apparendo come
un chiaro segno della fedeltà del Signore verso il suo popolo, non risolve
il problema della esistenza d’Israele e
della sua sopravvivenza ». La soluzione
di quel problema non si trova sul piano della storia e della strategia bellica.
Il fatto che quel popolo abbia sopportato attraverso i secoli sofferenze inaudite (si pensi ai campi di concentramento, ai forni crematori, ai 6 milioni
di Ebrei uccisi durante gli anni della
seconda guerra mondiale) senza scomparire costituisce, come diceva Karl
Barth, una prova dell’esistenza di Dio.
Pertanto la storia di Israele non ha
soltanto un contesto sociale e politico;
ha più ancora un contesto biblico, prima di tutto nell’Antico Testamento.
Che cosa pensa la chiesa cristiana a
proposito del « destino » d’Israele? Esiste im rapporto fra il popolo d’Israele
e la chiesa cristiana? Se è vero, come
scrive l’apostolo Giovanni, che « la salvezza viene dai Giudei » (Giov. 4: 9),
come potrebbe la chiesa cristiana dissociarsi totalmente dal popolo d’Israele, seguirne le vicende con disinteresse, accontentarsi di pronunciare un
giudizio politico facilmente unilaterale? L’Israele di oggi, in qual misura ha
la consapevolezza d’essere l’Israele di
Dio in una prospettiva biblica e escatologica?
* * *
Paolo ci aiuta a dare una risposta a
questi interrogativi e lo fa non per
difendersi da presunte accuse di antisemitismo; anzi, il suo intervento iniziale è stato definito come « un cri du
coeur », nato dal contrasto tra l’affetto
dell’apostolo per il suo popolo e le
esperienze nel campo evangelistico dove le maggiori ostilità alla sua predicazione provenivano quasi sempre dagli ambienti giudaici, assai meno da
quelli pagani. Ad ogni modo, l’apostolo
affronta quel problema con un animo
profondamente triste, perché gli uomini di cui egli parla sono suoi « parenti secondo la carne », cioè consanguinei. Paolo si considera « ebreo
d’ebrei, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino ». Il destino del suo
popolo. Paolo lo vive intensamente e
ne parla con espressioni particolarmente forti, fino a dire: « Ho un continuo
dolore nel cuor mio; perché vorrei essere io stesso anatema, separato da
Cristo, per amor dei miei fratelli ».
Con sentimenti analoghi Mosè s’era rivolto all’Eterno in questi termini:
« Ahimè, questo popolo ha commesso
un gran peccato e si è fatto un dio
d’oro; nondimeno, perdona ora il loro
peccato. Se no, cancellami dal tuo libro che hai scritto » (Esodo 32: 32).
È ovvio che il popolo d’Israele sia,
per ragioni diverse, un popolo particolare. Di quali privilegi è rivestito?
Quali sono veramente la sua gloria e
la sua dignità? Qui la Bibbia ci viene
in aiuto e dichiara che Israele è il popolo « eletto », il popolo che Dio ha
scelto e messo da parte non perché
fosse o diventasse una nazione potente
e ricca, non per raggiungere un alto livello culturale e finanziario, ma perché divenisse attraverso i secoli e di
fronte alle nazioni del mondo testimone dell’Iddio vivente: « Or dunque, se
ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i
popoli il mio tesoro particolare. Poiché, dice l’Eterno, tutta la terra è mia;
e mi sarete un regno di sacerdoti e una
nazione santa » (Esodo 19: 5). Paolo
riconosce e rievoca i privilegi concessi
da Dio al suo popolo, ai « miei parenti
secondo la carne, che sono Israeliti: ai
quali appartengono l’adozione e la gloria e i patti e la legislazione e il culto
e le promesse; dei quali sono i padri
e dai quali è venuto, secondo la carne,
il Cristo, che è sopra tutte le cose Dio
benedetto in eterno ».
Bisogna riflettere su questi privilegi
concessi da Dio al popolo d’Israele;
, non si tratta però di privilegi nell’ordine della « giustificazione » e della
« salvezza ». Quei privilegi da soli non
danno la salvezza così come non offrono, da soli, la possibilità di rispondere con « l’ubbidienza della fede all’iniziativa divina di cui pure erano
l’espressione ».
Israele non è un popolo come gli altri popoli della terra. Forse molti
Ebrei del nostro tempo non se ne rendono conto perché ignorano il loro
passato e se ne fanno un motivo di superiorità settaria e razziale. Se gli
Ebrei fossero semplicemente Ebrei
come i Francesi sono semplicemente Francesi, gli Italiani semplicemente Italiani, la storia degli Ebrei
nel mondo sarebbe stata molto diversa, soprattutto sarebbe stata meno tragica, il loro destino meno inquietante;
invece Israele è stato « eletto » da Dio
nella sua sovranità e nei suoi piani misericordiosi. « Proprio il fatto della elezione caratterizza in modo cosi singolare la vita e la fede deH’antico Israele;
Jahvè ha eletto la comunità israeliana
quale suo popolò, scegliendolo fra gli
altri popoli della terra ha dimostrato
questa sua scelta intervenendo direttamente nelle vicende umane con decisioni e azioni » (G. Tourn: Amos. Claudiana, p. 110). Le vie di Dio per la salvezza del mondo passano prima di tutto attraverso il popolo d’Israele.
BIBBIE per fa RUSSIA
E nota la "fame” di Bibbie presente
in tutti o quasi i paesi dell’Est europeo, e in particolare nèll’URSS. Le autorizzazioni alla stampa e all’importazione sono sempre molto al di sotto
della richiesta, per cui copie delle
Scritture si vendono al "mercato nero” (1), in Russia, fino a 100-150 rubli, il
corrispettivo di un mese di salario. Sono informazioni date, in una recente
riunione a Zurigo, da rappresentanti
della « Missione cristiana all’ Est »
(Christliche Ostmission, Postfach 42,
3075 Rùfenacht - Svizzera), riferendo
sull’attività dell’organizzazione, in particolare per l’importazione clandestina
di Bibbie e porzioni bibliche oltrecortina. Partecipavano alla riunione anche
membri dell’Istituto « Fede nel Secondo Mondo » (Zùrichstrasse 155, 8700
Kùsnacht), che hanno ricordato che
ogni visitatore dell’URSS può portare,
come proprietà personale, una Bibbia
in russo. Il menzionato Istituto può
dare indicazione dei punti nei quali, a
Mosca, si possono lasciare queste Bibbie.
Questa attività clandestina è curata
da varie organizzazioni "indipendenti".
È noto infatti che l’Alleanza Mondiale
delle Società Bibliche ha deliberatamente rinunciato a queste vie clandestine per non ostacolare il lavoro, proporzionalmente modesto, ma continuo,
di collaborazione con le Chiese del
l’Est europeo e di fornitura "ufficiale”,
ad esse, di copie della Bibbia e di porzioni bibliche nelle lingue nazionali.
Illlllllllllllllllillllllllllllllllllllllllliiiilliiiliiiiiiiiiiiimiiiiiiiii
Alla redazione di questo numero hanno
collaborato, oltre al gruppo di sorelle
valdostane, Marie-France Coïsson, Bruno
Corsani, Paolo Giunco, Paolo Ricca,
Giorgio Tourn, Elsa e Speranza Tron.
Ermanno Rostan
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiini(iiiuiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMii>iiiiniiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Il Nuovo Testoioiioto "io liogua comte"
Ho letto con molto interesse il breve scritto della Sig.ra L. Rochat che
mette a fuoco il problema della lettura della Bibbia dal punto di vista della difficoltà del linguaggio: il fatto che
la Bibbia sia un libro tradotto (in parte daH’ebraico, in parte dal greco) e
l’acribia dei traduttori delle passate
generazioni ne hanno fatto effettivamente un testo di lettura accessibile
solo con una certa cultura; nell’ambito
delle nostre comunità evangeliche, la
cultura abituale di chi è passato attraverso la trafila-'della Scuola Domenicale e del catechismo; fuori dalle nostre
comunità evangeliche, la cultura della
piccola borghesia. A meno che ci sia
un fondo (o un sottofondo) di tradizione religiosa evangelica, o un’esperienza di conversione, la Bibbia così come
è nelle nostre traduzioni non è uno
scritto immediatamente accessibile alle persone semplici.
Proprio per ovviare a questo stato
di cose, in molti paesi e aree linguisti
che si è provveduto a pubblicare traduzioni (per lo più del Nuovo Testamento, per ora) <?in lingua corrente »;
sono traduzioni bibliche che non solo
cercano di evitarfe i tecnicismi delle
traduzioni abituali, ma anche di snellire il periodare degli autori (specialmente delle epistdle di Paolo). Non bisogna dimenticar^' infatti, che il greco
usato dal Nuovo Testamento non era
quello dei classiq greci, e neppure
quello delle classi'coïte, bensì il greco
delle persone semjjlici, delle lettere familiari, dei docum^ti dei bottegai, artigiani e altri picdqli imprenditori, in
una parola, il grecò usato come « lingua corrente » dalla gente non colta,
dalle persone oualsiasi nei loro rapporti umani più semplici e immediati.
Una traduzione che lo trasformi in un
italiano colto (o comprensibile solo alle persone colte) ne falsa la natura.
Per fare una traduzione italiana in
lingua corrente};, analogamente a quelle che, esistono già in francese, inglese,
IIIIIIIIililinilllllHMIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIi
Sostenere la diffusione della Bibbia, va bene: ma
DUALE TIPO n UBBIA?
Come ogni anno la Società Biblica ci
invita ad una colletta per la diffusione
della Bibbia, colletta da farsi in occasione della domenica della Riforma.
Volentieri daremo come ogni anno
questo piccolo contributo alla Società
Biblica. Nello stesso tempo ci sembra
logico porre alcune domande sul tipo
di Bibbie che la Società appunto ci
fornisce, e che vengono oggi diffuse
nelle chiese e fuori.
Illllllilllllllllllllllllllllllllllililllllllllllllllilllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllllllllllllllllllllilllllllllilllllllilllllinilllllillllllll
Leggendo
il sermone
sui monte
L’anticaino
Il primo ammonimento deH’antica legge del quale il Signore
Gesù nel sermone sul monte, insegna la maniera efficace e profonda di metterlo in pratica, è quello conosciuto come il sesto
comandamento.
Dice il Signore Gesù: « Voi avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere; ma io vi dico: chiunque si adira contro al
suo fratello » e nutre nei suoi riguardi sentimenti di disprezzo
e di odio, sarà distrutto (Matteo 5; 21-22). Il dovere della benevolenza e della concordia fra gli uomini precede persino quello
di rendere culto a Dio. Infatti, l'apostolo (Giovanni dice, nella sua
prima lettera: « Chi non ama il suo fratello che ha veduto non
può amare Dio che non ha veduto » (1 Giovanni 4: 20).
L’abitudine all’odio, allo spirito di contraddizione e di gelosia, l’amar se stessi più degli altri, e il desiderio che altri diminuisca perché noi possiamo crescere, offusca la vita dell’uomo,
che non può cosi più discernere le cose che non si vedono e prender da esse il solo nutrimento che produce la vita eterna. Lo spirito di sopraffazione è uno dei mezzi più comuni che l’Avversario
adotta per trarre in inganno l’uomo nel suo desiderio di aver
vita ed esuberanza: gli fa credere di poter vivere solo strappando agli altri quello che gli occorre.
Ma i beni della terra non servono a procacciare la vita vera,
e l’uomo che li cerca, senza farsi scrupolo di toglierli agli altri,
alla fine si trova con nulla in mano. Invece la rinunzia a quello
che non serve ai fini eterni rende possibile il desiderio e la ricerca dei veri beni, e la capacità ad aiutare anche gli altri a conseguirli. Il considerare gli altri uomini per quel che sono, cioè
creature imperfette che camminano con noi su di una strada di
cui non tutti vedono la fine è un mezzo col quale anche noi, consigliandoli ed aiutandoli, cioè evangelizzandoli, possiamo conseguire e irrobustire la nostra fede, senza la quale nulla di quello
che facciamo può farci raggiungere lo scopo che anche inconsciamente cerchiamo: la vita eterna.
Lino De Nicola
Non c’è bisogno di descrivere queste
Bibbie, dall’aspetto non molto soddisfacente. Uno potrebbe pensare che
ogni decennio che passa dovrebbe portare ad un costante miglioramento nella presentazione e leggibilità dei testi
biblici. Invece accade proprio il contrario. Le Bibbie precedenti al sorgere
delle Società Bibliche avevano commenti ed illustrazioni che oggi non ci
sognamo ed anche il testo era tipograficamente ben presentato. A duecento
anni di progresso tipografico, critico,
archeologico fa riscontro un impressionante regresso nelle edizioni della
Società Biblica. Abbiamo testi sempre
più fitti, sono scomparsi libri che sarebbero utili anche nell’insegnamento
dell’epoca « tra i due Testamenti », si è
rinunciato a qualsiasi illustrazione —
che dico — al più piccolo e innocente
fregio, si è espunto il minimo chiarimento introduttivo, persino le cartine
geografiche in fondo al volume cent’anni fa erano più chiare di quelle di oggi e più utili.
Stando così le cose vien voglia di dire: basta, basta con le Società Bibliche, torniamo per favore alle Bibbie
dei Riformatori e dell’Ortodossia!
La spiegazione di tutto questo non
si trova forse nella politica delle Società Bibliche? E sostenendo queste Società sosteniamo la diffusione della
Bibbia oppure una determinata visione dei Libri Sacri, un modo di considerarli e presentarli tutto particolare?
Sergio Rostagno
tedesco, spagnolo ed altre lingue, lavora da 15 mesi un comitato apposito,
di quattro persone, assistito da una
commissione di revisori (dieci) a cui si
aggiungerà, fra breve, un ampio comitato di consulenti. Un saggio del nostro lavoro apparirà fra poche settimane, con la traduzione « in lingua
corrente » della lettera di Giacomo.
I! lavoro è fatto sul piano interconfessionale, e le sedute, a cui partecipano evangelici e cattolici in ugual numero, per quattro o cinque giorni consecutivi ogni volta, sono sempre di grande arricchimento. Infatti non si tratta
soltanto di trovare i termini italiani
più adatti per la traduzione: si tratta
anche di chiarire bene il pensiero di
ogni singolo passo del Nuovo Testamento, perché, come diceva Boileau, ce qui se conçoit bien s’exprime
clairement, et les mots pour le dire se
formant aisément. La scorsa settimana abbiamo discusso in questo modo
le epistole ai Galati, agli Efesini, metà della I Giovanni e alcuni capitoli
di Luca. Speriamo, con l’aiuto di Dio,
di essere pronti per, la pubblicazione
del Nuovo Testamento nel 1976.
Vorrei pregare tutti quelli che condividono le preoccupazioni della signora Rochat di prendere a cuore questo
progetto per rendere la Bibbia accessibile alle persone che nel nostro tempo non hanno uno sfondo culturale
ecclesiastico (e sono tante!). Abbiamo
bisogno della vostra intercessione e —
quando usciranno i primi saggi — anche dei vostri commenti. E naturalmente siamo tutti a disposizione per
dare maggiori informazioni sul nostro
lavoro e sui criteri che lo guidano.
Bruno Corsani
Opera Pia
Luserna San Giovanni
L’Amministrazione comunica che sono vacanti i seguenti posti in organico
presso l’Istituto:
1 Posto di Infermiera professionale
capo sala. Stipendio lordo annuo
L. 2.100.000.
1 posto di Infermiera professionale
Stipendio lordo annuo L. 2.000.000.
2 posti di infermiera e generici. Sti
pendio lordo annuo L. 1.700.000.
Al personale viene inoltre corrisposto:
a) la 13® mensilità;
b) l’indennità speciale integrativa
di Lire 460.800 annue per il 1974.
Le retribuzioni sono soggette alle ritenute di legge.
Indirizzare le domande alla Commissione degli Istituti Ospitalieri Valdesi
in Torre Pellice - Via Caduti per la Libertà n. 10 (CAP 10066). Tel. 91.536.
Il Presidente: E. Aime
Luserna San Giovanni
Offerte per ia costruzione
del nuovo Asilo Valdese
Elenco dei doni per la nuova costruzione
permevuti durante il mese di agosto 1974.
In memoria di Attilio Peyrot la figlia Vanda ed il genero Edvy 50,000; Chiesa dei Fratelli di Calosso d’Astì 100.000; Scuola Domenicale di Angrogna Capoluogo 3.000; Comunità di Rimini, tramite prof. D’ARI Ada
10.000; Eben-Ezer 20.000; Paolo e Matilde
Bonjour in mem. zia Susette 5.000; N.N.
10.000; Sig. Nicola (Asti) 5.000; Lenti Rachele e Pallavidìni Luigi (To) 5.000; N.N.
(XV Agosto) 10.000 Bellion Luigi e famiglia 15.000; Evang. Gemeinde Genbenbach
200.000; Z. e H. Kott-Corby (G.B.) 7.550;
Revel Stefano in mem. della moglie Bianca
Potocnik 10.000; Martinat Erminia in mem.
dei genitori (Bibiana) 5.000; Ribet Dorina in
mem. dei suoi cari 10.000; Fiorina Durand
(Rorà) 10.000; Biglione Enrica (Ge-Nervi)
45.000; Prof.ssa Lupo Graziella (Como)
10.000 Ivonne Godino-Costantino in mem.
del marito Sigfrido (To) 20.000; Silvio Long
(Lugano) 10.000; Mourglia Stefania (Parigi) 10.000;Emilia Allio-Ayassot in mem di
Roberto Allio 50.000; Provento del XV agosto 1974 1.365.000.
MiniiiiiHiiMiiitimiiiiimiiiiiiiiiiiiiniiiimiiiimiiiiimmiiiiii
Nuovo canone
d’abbonamento
• L. 5.000 per l’Italia
• L. 6.000 per l’estero
I lettori ci scrivono
COME E PERCHÉ
VADO IN FACOLTÀ
Luserna S. Giovanni, 7 ottobre 1974
Signor direttore,
Scrivo per eliminare alcuni fraintendimenti apparsi nella lettera del Past. Nisbet in
merito al mio articolo « Perché vado in Facoltà ».
Non intendevo affatto dire che «curare la
Chiesa di Dio » sia un compito marginale
del pastore anzi sono convinto che questo
debba essere il compito principale per chi intende esercitare il ministero pastorale, così
come è compito principale del pastore « annunziare TEvangelo ai malati, ai moribondi,
insegnare ai giovani a leggere la Bibbia,
ecc. ». In questa nostra società dove la Chiesa è cosi inserita nel mondo che la circonda,
non possiamo però dividere la sfera d’azione
ecclesiale del pastore da quella d’azione sociale, altrimenti ecco che ricadiamo nel «ristretto
ambito ecclesiastico » che non ha nulla da
FACOLTA VALDESE DI TEOLOGIA
s L'anno accademico 1974-75 si apri1 rà, D.V., il 26-27 ottobre 1974. La proi lusione sarà tenuta sabato 26 ottobre
i alle ore 18, nell'Aula Magna della
I Facoltà, dal prof. J. Alberto Soggin
= che parlerà sul tema: «Gerico: anaEE tomia di una conquista ».
1 II giorno seguente, domenica 27 ot§ tobre alle ore 11, la Facoltà sarà ospi§ te della comunità di Via Teatro Valle
1 per il culto d'apertura de»l'anno acca= demico, che sarà presieduto dal prof.
= Bruno Corsani. Al culto sono invitate
anche delegazioni delle altre chiese
evangeliche della città
Lo svolgimento regolare dell'attività accademica avrà inizio il giorno
seguente. Il Convitto sarà aperto dal
23 sera.
Eventuali domande di iscrizione di
studenti regolari ancora in sospeso
dovranno essere presentate improrogabilmente per l'inizio dell'anno. Domande di studenti esterni (corso per
diploma in teologia protestante) possono essere accettate fino al 15 novembre.
dire al mondo esterno e che tutti (e penso
il Past. Nisbet per primo) rifiutiamo.
Un’ultima considerazione : vado in Facoltà
perché il mio è un desiderio di ricerca biblica e di annunzio della Parola di Dio; i problemi politici e sindacali li approfondirò comunque altrove, in quanto i fratelli a cui
spero di riuscire ad annunciare l’Evangelo si
troveranno sicuramente a contatto con queste
tematiche ogni giorno della loro vita ed io
sarò costretto (se vogliamo che una predicazione evangelica sia incisiva e sì occupi dei
problemi reali dei credenti) ad occuparmi di
questo! Cordiali saluti.
Claudio Pasquet
CORSO DI AGGIORNAMENTO
DI FRANCESE, A PEROSA
Torino, 8 ottobre 1974
Signor direttore,
esattamente un anno fa. Le chiedevo di segnalare un corso di aggiornamento di lingua
francese che stava per svolgersi nelle Scuole
elementari di Torre Pellice a cura delFAssociazione nazionale insegnanti di lingue straniere (ANILS) e del Centre Culturel francoitalien di Torino.
Detto corso essendo stato accolto con simpatia, l’ANILS ed il Centre Culturel ne organizzano un secondo, aperto ai maestri ed
alle maestre delle Valli del Chisone e della
Germanasca già precedentemente iscrittisi, ed
a quanti s’interessano aU’insegnamento del
francese.
Il nuovo corso di aggiornamento (recyclage) avrà luogo presso la Direz. Didattica di
Perosa Argentina, presumibilmente il 17, 24
e 31 ottobre 1974, dalle 9 alle 13. Per altre
informazioni rivolgersi ai Direttori Didattici
di Perosa Argentina e di Villar Perosa.
Riconoscente per l’interesse con cui accoglie ogni iniziativa circa il problema del perfezionamento dell’insegnamento della lingua
francese nella Valli Valdesi, la saluto cordialmente.
Liliana Ribet
3
11 ottobre 1974 — N. 40
pag. 3
Liberi per predicare
Settimana biblica delle scuole domenicali di Napoli
- La terza riforma della chiesa comincia dalla Scuola domenicale?
Nel complesso positivo ci è parso anche quest’anno l'esito della « settimana biblica » della scuola domenicale,
tenutasi a Napoli, dal 25 al 28 settembre, con la partecipazione delle chiese
valdo-metodista del Vomero e valdese
di via dei Cimbri.
Numeroso copie sempre 'il gruppo
dei piccolissimi, che, come altre volte
s’è detto, richiedono particolare attenzione ed un discorso il più possibile
adatto e vicino alle loro esigenze di
concretezza. Il tema prescento, « La
reazione di Dio e la risposta del credente », esemplificato dall’esperienza
di Valdo, ha avuto più ampia articolazione nel gruppo dei medi e grandi (813 anni), quest’anno assai vivace e vario per attitudini e doni. Si è cercato
infatti di dare spazio alle più diverse
forme espressive, dal canto al disegno,
al collage, alla ricerca comune, sicché
ognuno ha trovato la maniera più efficace di impegno e di realizzazione
personale.
NeH’ultima giornata di sabato 28, tutti i ragazzi si sono incontrati nei locali
di via dei Cimbri, dove hanno tenuto
la lezione e anche pranzato. La riunione conclusiva del pomeriggio, con la
partecipazione dei genitori, è stata per
i grandi l’occasione di leggere una loro riflessione sul tema dell’ultima giornata « Liberi per predicare » che prendeva lo spunto dal testo di Atti 5, nonché dalle vicende del popolo valdese.
Fssi hanno sottolineato la responsabilità che sempre la libertà comporta per
il credente. Dopo secoli di soggezione,
osTgi siamo liberi di predicare e di manifestare la nostra fede. Ma usiamo bene la nostra libertà? Come per Pietro e
per Giovanni, la libertà è per noi esclusivamente in funzione dell’annunzio e
della predicazione? E ancora; quale
co’^t°nuto diamo oggi alla predicazione? Se il mondo sembra essere vaccinato e impermeabile al nostro annunzio, se lo considera una ideologia perfino interessante e giusta, ma in so
stanza equivalente a tante altre ideologie che il pluralismo odierno mette
in vetrina, di chi è la colpa? È il mondo troppo secolarizzato, o forse è la
predicazione inefficace?
Si comprende che gli interrogativi
posti da questi ragazzi sono al centro
del dibattito e della riflessione che oggi la Chiesa porta avanti sul tema della
terza riforma che certamente passa attraverso un profondo rinnovamento
della predicazione.
Senza voler avere la presunzione di
dare suggerimenti dogmatici, mi sembra che la nostra fede e la nostra testimonianza, infine una possibilità reale di terza riforma della chiesa, si gioca oggi nell’impegno politico. Francamente mi pare la via più seria e la più
costruttiva. Quando i giovani affermano che il problema non è tanto di far
diventare più buoni, più evangelici o
magari più poveri quelli che incontriamo, ma di agire perché muti la situazione che consente l’ingiustizia, la povertà, lo sfruttamento, se non sbaglio,
indicano una soluzione per via politica di questi problemi. Il credente non
può agire da dilettante. Ha il dovere di
usare gli strumenti che la moderna
scienza sociologica gli fornisce perché
deve poter tentare la soluzione radicale dei problemi, non occasionale, non
sporadica.
E allora, mi chiedo, è lecito esprimere il travaglio della Chiesa alla ricerca
di nuove e più efficaci forme di iilipecno cristiano per avviare la terza riforma . con lo slogan « meno soldi più
preghiere », fortunato, forse, perché éspressivo, come tutti gli slogan, ma
certamente riduttivo del problema, che
non è, lo ripeto. Quello della povertà,
ma quello dell’analisi attenta della società per compiere in essa un’efficace
azione di testimonianza?
E ancora, in chiave pedagogica, è importante oggi educare i nostri figli a
rinunziare al loro giocattolo più bello
« perché c’è un altro bambino che non
Messaggio alle Chiese della KEK
MIIX' IN tnmo E MCE uà MONDI
Noi, membri della Settima Assemblea della Conferenza delle Chiese europee, ci siamo riuniti in Svizzera, a Engelberg, dal 16 al 23 settembre. Abbiamo
ascoltato insieme la Parola di Dio negli studi biblici quotidiani, abbiamo pregato gli uni con gli altri e riflettuto in comune sui problemi delVunità in Cristo
e della pace nel mondo. La situazione europea, in tutta la sua complessità, le
sue opposizioni, le sue preoccupazioni, le sue perplessità e le sue speranze ci
era presente mentre discutevamo.
Nel corso dei nostri colloqui sul tema « Pratica la Parola » abbiarno scoperto che abbiamo bisogno, come Chiese e come individui cristiani, di ascoltare nuovamente la Parola di Dio. Se non lo facciamo, vorrebbe dire che pensiamo di conoscere già la Parola e che ci rinchiudiamo in una sufficienza ecclesiastica che ci rende impermeabili al messaggio nuovo che Dio ci rivolge nel
nostro tempo e nella nostra situazione specifica. Stentiamo a dire con una sola
voce ciò che riteniamo di udire. Come possiamo, come Chiese incapaci di celebrare insieme il pasto della riconciliazione, annunciare in modo credibile il messaggio del principe della pace a un mondo delle cui divisioni siamo partecipi?
I.
Nel corso di queste giornate abbiamo capito che le Chiese non possono fare
qualcosa di realmente utile per la pace del mondo se non rendono visibile agli
occhi di tutti l’unità che confessano di avere in Cristo e se non incarnano in modo evidente nella loro vita la riconciliazione che annunciano. Il mondo osserva
le Chiese da vicino per vedere come supereranno i loro conflitti, se e in quali
termini esse si esprimono riguardo alle proprie tensioni, le eliminano e le sopportano, quali modelli di vita comune e di collaborazione possono offrire. Ci
rallegriamo perché lo Spirito di Dio ci ha costantemente liberati, nel corso di
questa conferenza, affinché potessimo aprirci gli uni agli altri, ascoltarci a vicenda, e siamo felici che sia costantemente venuto a trarci dalle riserve che abbiamo gli uni verso gli altri.
Ci siamo resi conto del fatto che le Chiese d’Europa devono rendere visibile l’unità che hanno in Cristo, nella loro variopinta diversità, altrimenti nessuno più prende sul serio l’evangelo della riconciliazione. Ma non è questa la
sola ragione. Le Chiese d’Europa devono guardare oltre l’Europa e dirsi che
hanno esportato le loro divisioni confessionali in altri continenti. Il modo in
cui metteremo fine alle nostre separazioni avrà ripercussioni su quelle regioni.
E inversamente avremo da imparare dalle Chiese d’Africa, d’Asia e d’America
latina e dalla loro testimonianza cristiana.
II.
Preoccupandoci del problema di sapere ciò che le Chiese e i cristiani possono
fare concretamente per la pace nel mondo, ci siamo pure resi conto che non
possiamo limitarci all’Europa, perché la pace è indivisibile. I popoli e gli Stati
europei non possono realizzare un’unione economica a spese dei popoli del terzo mondo. L’aiuto ai paesi in fase di sviluppo non è leale se non impone ai ’donatori' di limitare se stessi in modo sensibile. Le Chiese europee hanno il dovere di farsi difensori accaniti, nelle loro società e nei loro Stati, della causa
dei popoli che in varie regioni del mondo sono minacciati dalla miseria, dalla
fame e dal terrore.
Salutiamo la distensione conseguita in Europa. Le Chiese dovrebbero incoraggiare i governi dei loro paesi ad afferrare ogni possibilità offerta dai trattati
conclusi.
Con profonda costernazione l’Assemblea ha udito un rapporto di rappresentanti di Chiese protestanti e cattolico-romane d’Irlanda del Nord sulla situazione dolorosa di questo paese, apparentemente senza via d’uscita. L’Assemblea
si rallegra che la Conferenza delle Chiese europee abbia creato un Fondo d’aiuto
d’emergenza all’Irlanda del Nord, gestito in comune da cattolici e protestanti.
Siamo pure turbati dagli avvenimenti di Cipro. Assicuriamo al governo legale,
alla Chiesa e a tutti gli abitanti di Cipro il nostro appoggio ai loro sforzi per
ristabilire la pace e la giustizia.
Tenendo conto di questi focolai di conflitto in Europa, la Conferenza sulla
sicurezza e la cooperazione europee acquista un carattere di urgenza anche maggiore. L’Assemblea esprime la speranza che questa conferenza d’importanza decisiva per il nostro continente porti presto a risultati positivi. Preghiamo con
forza tutti i responsabili della conferenza di non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà sollevate dai problemi da risolvere.
Avremo ancor più bisogno della Conferenza delle Chiese europee, in futuro.
Ci occorre urgentemente un’istituzione che permetta alle Chiese europ^ di incontrarsi, di scambiare le loro esperienze spirituali, di consultarsi e m agire
insieme. Preghiamo le Chiese che ci hanno inviati a quest’Assemblea di sostenere i lavori della Conferenza delle Chiese europee con le loro preghiere e con
i loro contributi finanziari.
Ce ne partiamo per andare a ritrovare la nostra vita quotidiana e i suoi
compiti. Sappiamo che Dio ha bisogno di noi quali suoi collaboratori. Restiamo
tutti uniti in Gesù Cristo che è per tutti noi « la via, la verità e la vita ».
La Settima Assemblea
della Conferenza delle Chiese europee
se lo può comprare », alimentando in
loro un insopportabile senso di presunzione spirituale, ovvero un senso di
inevitabile frustrazione psicologica? O
non è forse più importante educarli a
comprendere perché l’altro bambino il
gioco non se lo può comprare, abituandoli, proprio nella scuola domenicale,
ad impadronirsi di quegli strumenti
fondamentali di analisi sociale, senza
i Quali l’Evangelo rischia di ridursi ad
un raccontino d’altri tempi, oppure ad
un manuale di buone maniere?
Senza volersi nascondere la difficoltà di un discorso di questo genere che
è totalmente diverso, tutto da inventare, direi che questa tuttavia mi sembra un’educazione veramente liberatoria e capace di consentire la crescita e
la responsabilizzazione ai problemi.
Una terza riforma della Chiesa richiede in definitiva uno sforzo comune
per comprendere da capo, ed in chiave politica, non solo morale, né solo
teologica, il nostro compito di testimoni di Cristo.
Rosanna Nitti
Un altro centro del dissenso cattolico
costretto all’esodo
Unn librerìa caubia pelle
Per ¡1 « Corriere della sera » la Corsia dei Servi
era «.una tessera di grande spicco nel mosaico delia cultura milanese », ma per la Curia ambrosiana
una spina nel fianco - Ora, sotto forma di centro di
studi teologici, è ospitata presso la locale chiesa
valdese
L’appello del CEG per Cipro
Le prime risposte
h .
A fine agosto il CEC aveva lanciato
un appello per la raccolta di centomila dollari (circa 65 milioni di lire) a favore dei rifugiati ciprioti. Ecco le prime risposte; 4.000 coperte dal Church
World Service statunitense, 1.000 tende
dalla Svezia, 50.000 marchi (circa 10 milioni di lire) da « Pane per il mondo »,
Germania occ., e lO.OOfi sterline (15 milioni e mezzo di lire) da « Aiuto cristiano », Gran Bretagna. ¿Questi i‘ doni
maggiori, ma altri continuano ad affluire. I doni in denaro servono all’acquisto di tende, coperte, viveri, abiti
per i quasi 200.000 civili cacciati dalle
loro case. La Chiesa (ortodossa) di Grecia ha subito stanziato 5.000 dollari per
un primo aiuto d’emergenza ai rifugiati che giungevano in Grecia, mentre un
primo dono di 10.000 dollari del neocostituito Consiglio delle Chiese nel Vicino Oriente è andato alle necessità
più urgenti della popolazione civile cipriota.
La crisi cipriota e i suoi duri contraccolpi sulla popolazione è stata vivamente avvertita dalla Conferenza
delle Chiese europee — di cui la Chiesa (ortodossa) di Cipro è membro —
riunita recentemente per la sua T assemblea a Engelberg; tale simpatia si
è espressa in una mozione votata dall’assemblea, pur cosciente della propria impotenza di fronte al dramma.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiniinmiui
9 La Chiesa presbiteriana unita nelle Nuove Ebridi (Pacifico) ha inaugurato a
Navata un centro di rormazione agricola. La
scuola, definita « urea nuova avventura » per
questa Chiesa, è stata creata per aiutare gli
abitanti a passare da un’economia basata tradizionalmente sull’orticoltura all’allevamento. Questo si diffonde cosi rapidamente nell’arcipelago, che fra 10-15 anni rappresenterà <c Za fonte principale- di reddito nazionale ».
La scuola, con tre insegnanti, è diretta da un
australiano.
% Il past. Hemi Potatau, pastore a riposo
delia Chiesa presbiteriana della Nuova
Zelanda (Sinodo Maori) ha ricevuto dall’Università di Auckland il titolo di ’’Bachelor of
Art” (laurea umanistica), alle soglie del suo
70° anniversario. Egli è stato consacrato nel
1933, ha servito il suo popolo fino al 1967
cc senza avere il tempo di studiare ». Durante
la seconda guerra mondiale ha fatto parte
del battaglione. Maori, in servizio oltremare,
quale capo d’un servizio d’informazione delle forze armate, nelle quali ha pure a tratti
prestato servizio di cappellano. Dopo la sua
emeritazione, si è iscritta all’Università di
Auckland: vi ha, fra l’altro, imparato il ci
Una domenica
a Nyogbo
(segue da pag. 1)
dente della società di cucito) mi diceva; ho cominciato a capire che cosa
significa la parola « ecumenismo ».
Mi è capitato raramente di poter discutere così a fondo una mia predicazione come in questo villaggio africano
assediato dalla foresta.
Più tardi, durante il pranzo all’ospedale, un collega in pensione mi ha lungamente interrogato sul problema della comunicazione della fede al giorno
d’oggi e della predicazione. Mi ha colpito il tono accorato, ma anche la chiarezza di idee, di questo anziano collega che, come molti di noi in Europa,
si trova alle prese con questo problema
di dimensioni mondiali.
» # *
Il resto della giornata sono « note
di un viaggio turistico » in cui il tapino europeo è molto fiero di aver superato la prova del pitone (domestico,
ma sempre un pitone) e della pietanza
con la paprica in misura autenticamente africana. Nel pomeriggio bellissime danze tradizionali in occasione
della festa del raccolto.
In questo incontro con i fratelli e le
comunità afriane mi è divenuto assolutamente chiaro che, per noi europei,
partecipare alla CEvAA significa prendere impegni e posizioni molto precise. Quali ne siano le implicazioni e le
conseguenze dovremo ancora vederlo e
studiarlo a fondo. Ma non c’è dubbio
che questa adesione, che il Sinodo decise a suo tempo senza badarci troppo,
notrà portarci più lontano di quanto
non abbiamo pensato finora.
Franco Davite
La libreria della Corsia dei Servi,
uno dei centri più attivi e culturalmente più attenti del cattolicesimo di
Milano, ha dovuto chiudere. E questo
l’ultimo atto di una battàglia che dura
dal tempo in cui questa attività ha visto la luce, ma che già nell’aprile scorso aveva visto una vittoria parziale degli avversari della Corsia, vittoria che
chiaramente lasciava intendere come
sarebbe terminata.
La Corsia dei Servi era nata nel 1952
soprattutto per iniziativa di due frati,
Camillo De Piaz e Davide Turoldo, e di
alcuni laici ed aveva preso il nome dell’antico nome dell’attuale Corso Vittorio Emanuele, che si riferiva all’Qrdine dei Servi di Maria cui era affidata,
e lo è tuttora, la Chiesa di S. Carlo
presso cui da tempo fiorivano interessanti iniziative. Già nel 1944 proprio
nel convento di S. Carlo al Corso era
stato fondato da Eugenio Curiel, Gillo
Pontecorvo, Dino del Bo, Alberto Grandi e dallo stesso padre Camillo De
Piaz il « Fronte della Gioventù ».
Questo aggancio allo spirito e alle
prospettive della Resistenza non era
mai stato perso e neanche*mai considerato un punto di arrivo, bensì un
punto di partenza che doveva sfociare
poi nelle prese di posizione sulla guerra nel Viet Nam, sulla strage di stato
(P. Camillo De Piaz è stato l’unico sacerdote cattolico presente ai funerali
di Pinelli), sul Referendum abrogativo
del divorzio. Questo senza dimenticare
l’attività di studio biblico che fin dall’inizio ha caratterizzato il centro.
La Corsia, dunque, nacque come centro culturale con tre principali attività; le edizioni, che durarono tma decina d’anni, la libreria che ora è costretta a chiudere e che era come il polo di
attrazione per quei cattolici che cercavano una strada nuova ed una risposta nuova ai sempre crescenti dubbi e le domande, ed infine le conferenze ed i dibattiti, che tanto per fare un
esempio, hanno visto di recente nomi
come Diez-Alegría, Dom Franzoni, Giulio Girardi e Gonzales Ruiz. Tutti nomi che dicono molto nel mondo del
cattolicesimo del dissenso o semplicemente della critica.
E chiaro come questo, che da tutta
Milano era considerato « una tessera
di grande spicco nel mosaico della cultura milanese », come è stato definito
dal ’’Corriere della Sera”, per la curia
milanese risultasse invece una spina
nel fianco. Le posizioni avanzate, la
messa in questione delle direttive del
Vaticano e l’anticonformismo non potevano passare inosservate ad una curia diocesana che negli ultimi anni sta
sistematicamente emarginando tutte le
voci del dissenso. L’intera questione
ad occhio nudo si presenta come ima
questione interna tra il convento dei
Serviti e questa iniziativa che essi non
si sentono più di appoggiare. Già in
aprile, come detto, le due parti erano
arrivate ad un compromesso; la libreria rimaneva, ma la Corsia non avrebbe più usufruito della sala per conferenze di proprietà deU’Qrdine. Sembrava una soluzione durevole, ma le pressioni dei responsabili Serviti e dell’autorità ecclesiastica milanese inducevano il priore provinciale ad accantonare la prima idea; tutto tornò in discussione ed infine è prevalsa l’idea di
chiudere ogni attività della vecchia
Corsia ed allontanarne i responsabili.
« Ciò che non era riuscito prima del
Concilio — dice una loro lettera agli
amici — quando la nostra posizione
non era meno critica (pur nel solco,
mai abbandonato, di una sostanziale
fedeltà alla Chiesa, nel Vangelo), è stato possibile ora. Ciò indurrebbe ad
amare riflessioni ».
In questo frangente la Chiesa valdese di Milano è stata loro vicina ed
insieme a due organizzazioni laiche ha
offerto alla Corsia l’uso dei propri locali perché non cessino le attività culturali e di incontro; è un gesto semplice, che può scandalizzare chi ritiene
che i valdesi siano sempre pronti a rimestare nelle mene interne del cattolicesimo, ma tra le autorità ecclesiastiche che imponevano la chiusura e la
Corsia che era costretta a chiudere
non ci è stata difficile la scelta. Ora la
rinata Corsia si pone come programma, in base agli aiuti ricevuti e che
spera di ricevere, di proseguire nella
sua attività dando maggior spazio alla
riflessione teologica attraverso corsi e
seminari a carattere continuativo e
sistematico. Il tema del prossimo anno sarà « la libertà cristiana » e la sua
trattazione si dividerà in cinque momenti; uno storico, in cui si studia
anche la Riforma, uno biblico, uno
dogmatico, uno di teologia morale, ed
infine uno socio-politico, in cui sarà
affrontato il tema fede-politica. E un
programma ambizioso ed impegnativo,
ma le premesse per la sua riuscita non
mancano, poiché l’interesse che si è
creato attorno alla nuova Corsia è
molto grande (tutti i giornali, dal Corriere all’Unità, hanno preso severa posizione nei confronti dalTAutorità ecclesiastica su questo fatto) e perché il
desiderio di approfondire teologicamente il proprio pensiero è forte in
tutto il movimento cattolico di base.
Ed anche questo ci induce ad una riflessione; mentre i seminari diocesani chiudono e — questa volta non per
volontà del Vescovo — fuori, in una
sede di fortuna si apre un seminario
teologico per il quale molto viva è
l’attesa.
Paolo Ribet
IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHIIIIIIIIIIMIIIIIIIII
Fine del “Movimento
7 Novembre”
Roma (ANSA) - Il Consiglio nazionale del
Movimento 7 novembre » ha deciso lo scioglimento dell’organizzazione dopo una contrastata attività durata circa tre anni; il movimento sorse infatti al domani del sinodo dei
vescovi del 1971.
Il punto di divisione interna del movimento è stato il contrasto fra una maggioranza che escludeva l’ipotesi di a un’altra chiesa » e non credeva all’esodo dalla Chiesa istituzionale come unica possibilità del rinnovamento religioso in Italia, e una minoranza
(rappresentata dalla corrente che ora fa capo
al nuovo periodico « Com-Nuovi Tempi ») che
crede nella comunità di base come alternativa
da contrapporre alla Chiesa istituzionale. La
mozione approvata dal Consiglio nazionale
nella seduta del 7 settembre scorso ritiene che
i due orientamenti « reore siano conciliabili
nell’azione », e quindi esprime il parere « anche se diferentemente motivato, che si sia
addivenuti alla impossibilità di continuare il
movimento stesso ». La mozione approvata
dal Consiglio è stata inviata a tutti i dirigenti dei movimenti che si erano riuniti nel « 7
novembre » per un parere responsabile sia
sulla proposta di scioglimento, sia su quella
di indire una apposita assemblea generale.
FINORA 48 sr
Concordia di Leuenberg
Altri studi sono stati dedicati al problema dell’immortalità dell’anima e la
discussione che ne è seguita è stata vivace e polemica. Un altro studio è stato dedicato al significato della S. Cena.
Quindi, nefl’imminenza del refereridum, si è ripreso il problema del divorzio già trattato lo scorso anno. E
in questo campo, a parte qualche voce
isolata, unanime è il consenso al divor‘nid oosidoDuoo is uou oiuenb ut oiz
neppure nella nostra Sicilia, un’unione tenuta su forzatamente da una legge assurda; poiché vere unioni sono
considerate quelle basate sull’amore e
sulla comprensione reciproca in una
comunità di sentimenti e di affetti che
nessuna legge può imporre ma che nascono e vivono spontaneamente sotto
lo sguardo di Dio.
Nelle ultime settimane, infine, abbiamo tenuto gli studi su « le donne vaidesi nella storia », anche questi propostici dalla F.F.V. Gli studi ci sono apparsi veramente interessanti e costruttivi, ci hanno indotto a una seria riflessione sulla nostra vita di credenti a
volte, purtroppo, cosi priva di vero
senso cristiano; ci hanno costretto a
riesaminare la nostra fede a volte, purtroppo, cosi debole dinnanzi alle difficoltà.
Finora 48 Chiese luterane, presbiteriane e riformate d’Europa hanno
espresso al Consiglio ecumenico delle
Chiese, a Ginevra, il loro accordo sulla
« Concordia di Leuenberg ». Fra queste, tutte le Chiese delle due Germanie, ad eccezione della Chiesa luterana
di Baviera, che però ha già approvato
in prima votazione la legge ecclesiastica relativa. Non è invece giunta ancora alcuna accettazione dalle Chiese
scandinave, fra le quali già in passato
si erano manifestate le mag^ori perplessità e resistenze. Ricordiamo che
il Sinodo ’74 della Chiesa Valdese, malgrado ribadite riserve su certi aspetti,
ha accettato cordialmente la « Concordia » ; la decisione sarà definitiva dopo
il voto della sessione sinodale sud-americana, a primavera.
Un bel ventaglio
di propoete
(segue da pag. 6)
tenenti a religione diversa, mancano,
in effetti, di ogni preparazione religio,
sa. E questo « sbandamento » si avverte e crea un senso di colpa e di tormento interiore.
4
pag. 4
N. 40 — 11 ottobre 1974
a cura della federazione femminile valdese
PRESENZA VALDESI
dal salmo 104
Anima mia, benedici l’Eterno!
Egli si ammanta di luce come d’una veste.
Egli ha fondato la terra sulle sue basi;
Le acque s’eran fermate sui monti,
alla tua minaccia esse si ritirarono,
alla tua voce fuggirono spaventate.
Le montagne sorsero, le valli s’abbassarono
nel luogo che tu avevi stabilito per loro.
Egli manda fonti nelle valli
ed esse scorrono fra le montagne,
abbeverano tutte le bestie della campagna.
Gli uccelli vi fanno i loro nidi,
la cicogna fa dei cipressi la sua dimora,
le alte montagne sono per i camosci,
le rocce sono il rifugio dei conigli.
Duri in perpetuo la gloria dell’Eterno,
si rallegri l’Eterno nelle opere sue!
Anima mia, benedici l’Eterno!
Nel presentare la nostra comunità desideriamo mostrare come il
protestantesimo, fino dalle sue origini non ha ignorato la Valle d’Aosta ma che, come in molti altri posti, solo neM’800 è riuscito a portare il suo messaggio. Vorremmo interrogarci reciprocamente su quale è oggi il nostro compito in una regione dai così molteplici volti
alla causa deU’Evangelo sat>
stata la di lui attività quanai
vece di Courmayeur, egli ^1
un secolo fa a Courmayeur...
« Situato affatto in fondo alla
Valle d’Aosta, sulle falde meridionali del M. Bianco, a 3/4 d’ora
non più, dai ghiacciai che ne
scendono, questo villaggio di
qualche centinaio di anime, è celebre per le acque termali che vi
scaturiscono e che, nella stagione estiva, vi attraggono stormi
di bevitori e bagnanti di ogni
paese.
« Uno di questi, il Rev. Buchanan, della chiesa libera di Scozia,
che colà si recò nell’estate del
1856, allo scopo di rifiorir la sua
logora salute, fu primo a portarvi l’Evangelo. Alcune sue predicazioni fecero grande impressio- ne, rendendo qualche persona attenta airavangelo, si che manifestarono il desiderio di avere
un ministro che predicasse loro
La cappella e la casa valdese
sulla piazza principale di Courmayeur; d’estate la sala e aperta, si diffonde stampa evangelica. Nella foto a destra, la chiesa valdese di Aosta, in rue
Croix de Ville, di fronte al
monumento eretto a salutare la
fuga di Calvino, dopo un suo
presunto ma non storico passaggio nella Valle.
la croce di Calvino
La Valle d’Aosta non è lontana
dalla Svizzera e, certamente, gli
echi della Riforma di Ginevra
non tardarono a farsi udire anche nella nostra Valle. Pare quasi certo che predicatori riformati abbiano fatto la loro apparizione in diverse località della regione come Brusson, Torgnon,
Antey, St. Vincent. La comparsa
massiccia dei fermenti protestanti ebbe luogo intorno al 1522,
favorita dai religiosi del convento di S. Domenico di Ivrea, simpatizzanti con la Riforma. Il vescovo Amedeo Berutti cercò di
adottare misure repressive per
arrestare queste infiltrazioni.
Proibì ai cattolici, sotto minaccia di scomunica, di ascoltare i
predicatori protestanti e anche i
predicatori cattolici non esaminati e approvati da lui. L’interdetto fu lanciato contro le parrocchie di Antey e di Torgnon,
nella Val d’Ayas, che risultavano
le più « contaminate dall’eresia ».
Queste misure si rivelarono inefficaci. Nel 1526 la situazione era
talmente difficile che un vescovo,
candidato alla diocesi di Aosta,
non ebbe il coraggio di accettare
quella « sede protestante »! E ciò
« non seulement qu’il se regarde
indigne, mais aussì parca que les
sinistres nouvelles venant d'Aoste Veffrayent ».
Durante il 1529 il partito cattolico sembrò ricuperare terreno nelle parrocchie di Antey e
Torgnon. Ma la vera e definitiva
« vittoria repressiva » contro il
protestantesimo si ebbe nella Assemblea degli Stati Generali ;1
28 febbraio 1536 che segnò senz’altro una svolta controriformista nella storia della Valle d’Aosta. La Valle, per la sua situazione geografica, era allora esposta alle minacele di una occupazione francese nonché alle mire
di annessione da parte del Canton Vallese ed infine alla infiltrazione del protestantesimo. Fu
allora che gli Stati Generali Valdostani decisero di organizzarsi
per resistere a qualsiasi minaccia. Il resoconto dell’assemblea
ci reca il ricordo di una seduta
memorabile e tempestosa. Il
« balivo » Matteo de Lostan presentò un ordine del giorno chiedendo all’Assemblea di pronunciarsi in merito. Fu così che ’
presenti votarono, pare in nome
di tutta la Valle, di rimanere fedeli alla religione cattolica e di
mantenere la loro lealtà al Duca
di Savoia (estromesso invece da
Ginevra). Il resoconto non parla
dei « dissidenti protestanti ». È
certo però che ce n’erano anche
nell’Assemblea (si fanno i nomi
di varie famiglie assai note della borghesia e della piccola nobiltà). Dopo il voto dell’Assemblea. questi dissidenti dovettero
lasciare la Valle ed emigrarono
in Francia e in Svizzera.
Benché gli storici non Faccettino come certa e documentata,
tuttavia viene associata alla infiltrazione protestante in Valle,
una ipotetica presenza del Piformatore Calvino nella città di Aosta e la sua « fuga » attraverso
i colli. Tutti gli storici sono del
parere che si tratti di nn fatto
puramente legstendario. Infatti i
documenti dell’epoca parlano genericamente di « luterani » e non
fanno alcuna allusione alla misteriosa presenza di Calvino ad
Aosta. L’Abbé Henrv (uno studioso valdostano) dà invece per
certa questa presenza. C’è in lui.
evidentemente, l’intento di ingrandire le cose per far risaltare l’eroismo valdostano nei suoi
momenti più gravi e decisivi. Ma
l’origine della pretesa tradizione
si trova in una cronaca anonima
non anteriore al XVII secolo. Secondo questa tradizione, Calvino, venuto ad Aosta in incognito, sotto il nome di Charles d’Espeville, avrebbe preso alloggio in
una casa che si trova ancora oggi in rue Croix de Ville (dalla tipica architettura del XVI secolo). Ma, avvertito dai suoi simpatizzanti della decisione degli
Stati Generali, avrebbe dovuto
lasciare in gran fretta la città e
la Valle e, attraverso il Col Fenêtre de Durand (detto da alcuni
Fenêtre de Calvin), riguadagnare la Svizzera e Ginevra. In ricordo di questa « fuga » le campane
di mezzogiorno suonano tuttora
alle 11.30 e fu eretta una grande
croce in pietra sulla via che già
si chiamava fin dal medioevef: P/atea Crucis, piazza della croce.
Nel 1900 sorgerà il tempio valdese proprio di fronte a quel monumento.
Come sono le vie del Signore!
fedelmente Cristo. Fu loro accordato nella persona del Rev. Curie, francese di nazione, ma a
seryizia della chiesa valdese, le
cui fatiche, benedette da Dio,
riuscirono a formare, fra numerose lotte e diverse peripezie, un
piccolo gregge di una cinquantina di persone fedeli all’Evangelo,
semplici e perseveranti. Si è dato carattere permanente a questa piccola chiesa fornendola di
una cappella, un’aula scolastica
e un alloggio per il ministro e il
maestro ; quest’ultimo, benché
diplomato dal governo, ha visto
la sua scuola chiusa per un certo tempo per intrighi di preti,
ma questo stato di cose durò solo il tempo di ricorrere a Torino
da dove abbiamo ottenuto una
pronta e completa ragione. Si
ascolta con commozione e rendimento di grazie raccontare dall’Evangelista che 1000 Nuovi Testamenti e 500 Bibbie sono state
distribuite nelle famiglie di questi montanari che hanno fatto tali progressi nella conoscenza e
nell’amore delle Scritture, che di
ventano a loro volta propagatori
della verità».
« Avendo poi opinato il sig. Curie che più estesa e più proficua
stabilito la sua dimora a
cosi, fu fatto; e invece di un
nistro non si ebbe più nella;
ma di queste località che uihP
stro di scuola Evangelista, ij
cato di raccogliere di giorno
vra settimana i bambini, di i
tempo e alla domenica gli ai
per impartire a tutti quella i
zione segnatamente religios ^
cui si mostravano così avitì i
rimanente provvedeva il sig i
rie, sia con gite che colà fi
di quando in quando, sia coi
prolungata dimora nella
dei bagni, nella quale, noncS_
bisogni spirituali della genm’
paese, conveniva provved^i
quelli di non pochi bagnanti^
ri che vi accorrevano. E così
seguitato e si seguita ancorali
piena soddisfazione di quei|l
ni alpigiani che in numero (5(
si raccolgono, lieti e costanl^Q
torno a chi ha il grato incarii^,
bandir loro l’Evangelo »..
P
d
(da Rapporto C^mmis^
Evangelizzazione 1861 eP
zione opere di evangeli
zione 1866). g,
ri
...e ad AosH
I860
intervista di Nelly Rostan a Pauline Bert
a La Salle cominciò
COSI...
L’apertura di una chiesa valdese ad Aosta segue di pochi anni
quella della chiesa di Courmayeur. Si legge nei Rapporti della
Tavola al Sinodo, che si è tenuto
a Pomaretto nel 1860, che nella
città di Aosta era stato aperto
un luogo di culto, per la richiesta di alcuni amici dell’Evàngelo
e col consenso, anzi l’approvazione delle autorità locali. Anni felici!
Il culto era celebrato ogni due
domeniche, la media dei partecipanti era una sessantina. La
Bibbia era abbondantemente distribuita nella Valle: ma dove
sono finite tutte queste Bibbie,
penetrate un secolo fa nelle case valdostane? La relazione commenta: «molti antichi pregiudizi cadono rapidamente », e la
chiesa valdese spera che Aosta
sarà un posto importante nella
evangelizzazione.
ne celebrava la estirpazione^
sempre da quella città e valli^
1869 r
Grazie al dono di un amiti
evangelista Revel potè fond
ad Aosta un’piccolo orfanott
nel quale furono ricoverati,
1866
Puoi dirci quando ebbe inizio l'opera di evangelizzazione nell'alta Valle d'Aosta?
fonte dì dispiacere per mio padre.
Quando mio padre iniziò il
suo ministero nell'alta Valle
d'Aosta, vi erano già degli
evangelici in quelle località. Era
l'anno 1890. Egli abitava a La
Salle, non proprio nel centro,
ma in un villaggio chiamato
Challancin. La cappella era a
Courmayeur. Mio padre trascorse 14 anni a La Salle, 2 a Carema e infine 7 a Viering.
Quale era la situazione degli abitanti?
Gli abitanti erano per la maggior parte contadini montanari.
Courmayeur non era, in quel
tempo, il grande centro turistico
attuale. Ma tuttavia vi andavano molti turisti inglesi. La loro
presenza era fonte di un certo
benessere per le popolazioni di
Courmayeur e dintorni, mentre
l'altra parte della popolazione
viveva dei prodotti della campagna. Non c'era miseria. La gente
era istruita : parlava italiano e
francese e, a motivo dei turisti
inglesi, alcuni anche l'inglese.
Ho detto che la gente era
istruita. Vi erano scuole a Courmayeur, a La Salle ecc. Mio padre faceva la scuola diurna e
serale: diurna per i fanciulli e
serale per gli adulti. Con l'istruzione faceva anche conoscere
la Parola di Dio. Ricordo che per
la preparazione della Festa dell'Albero di Natale collaboravano gioiosamente genitori e fanciulli. Gli inni erano molto apprezzati. Dopo molti anni ho incontrato persone che sapevano
ancora a memoria gli inni imparati a scuola. Inoltre a Courmayeur una zia materna faceva
scuola d'inglese e si può dire
che quasi tutte le guide la frequentavano. A Courmayeur,
certo a causa dei turisti protestanti, vi era più tolleranza,
mentre a La Salle e altrove mio
padre incontrò maggiori difficoltà con il cattolicesimo e più
rigidezze. Penso proprio che il
miglior ricordo dell'opera di
mio padre siano le scuole. Ha
lasciato una profonda traccia in
quelle regioni e la generazione
degli adulti e degli anziani ne
serba ancora viva memoria.
timana. La base era Courmayeur dove c'è la cappella. Visitavamo le famiglie evangeliche
dei dintorni e la sera facevamo
la riunione nelle stalle (ho un
vivo ricordo delie belle ampie
stalle valdostane). Facevamo anche riunioni all'aperto ben frequentate. Il capitano Stephens
rivolgeva messaggi che io traducevo. Ho un ricordo molto
bello di quelle tournées e penso, con riconoscenza, che il cap.
Stephens ne assumeva anche
l'onere finanziario. Oggi, la mia
età non mi permette più di visitare quei luoghi, ma li ricordo
e vorrei, da queste righe, rivolgere un saluto a tutte le care
persone che ho conosciuto, che
hanno apprezzato l'opera di
mio padre e sempre mi hanno
accolta e aiutata durante i miei
soggiorni.
Una Relazione dell’opera di evangelizzazione del 1866 riferisce
che l’Evangelista di Aosta esprime un grandissimo desiderio : la
chiesa valdese possiede ad Aosta
uno stabile, ma celebra i suoi
culti nell’interno di un cortile, al
II piano. Sarebbe tanto più bello
che il culto fosse celebrato in un
locale a forma di cappella, al
pian terreno di quella casa, dove
ora sono dei magazzini. Occorrerebbero per il restauro 4000 franchi, ma varrebbe la pena di farlo, perché ciò accrescerebbe il
numero degli ascoltatori della
Parola e in più c’è il fatto che
Quella casa si trova nella via
Croix de Ville, proprio dirimpetto al famoso monumento destinato a ricordare la fuga di Calvino. Cosi « ne verrebbe questa
realmente provvidenziale combinazione: che la porta della cappella, ove dopo scorsi tre secoli,
verrebbe predicato quel medesimo Evangelo per cui tanto faticò
e sofferse in vita sua il grande
Riformatore, aprirebbe proprio
di rincontro al monumento che
bambini i cui genitori erano:
ti del colera del 1857. Si i
manda in quell’anno di aliala
il campo di lavoro per i
della stampa. Ma ciò risult
possibile essendo la stampi
ta in mano ai preti. QualcunSinodo raccomanda la pet
ranza nella preghiera. A qt
mezzo, considerato il più iJ
tante, altri suggerisce di S
care la distribuzione di volai
le conferenze ben fatte, la ft
zione di laici. I Valdesi col
rano la Valle d’Aosta « oggef
sollecitudine sia a causa (
comunità di lingua che ci u
ad essa, sia a causa delle dii
tà che si oppongono a uni
raoida diffusione della luci
l'E'':angelo ». ( Atti del Si
1869).
1878
Venne aperta una scuola.
INTERVISTA A VIERING
Hai qualche ricordo dell'attività evangelistica di tuo
padre?
Hai mantenuto sempre dei
contatti con quelle perso
Ricordo che durante l'estate
ci trasferivamo a Courmayeur
dove soprastante la cappella, vi
era l'alloggio dell'evangelista.
Vi era il culto nella cappella e
riunioni nelle frazioni : Dolonne, Villair, Entrèves ecc. I turisti inglesi, anglicani, celebravano il culto da noi.
A La Salle non c'era cappella,
ma ne venne costruita una con
delle offerte e con il lavoro volontario della popolazione. Ricordo che proprio il giorno dell'inaugurazione, mio padre non
potè assistere alla cerimonia,
perché io ero ammalata, lontano da casa. Questo fu sempre
ne i
Avendo vissuto infanzia e
fanciullezza nell'Alta Valle d'Aosta, vi ritornai sempre. A partire dal 1945 (e fino alla sua morte avvenuta alcuni anni fa) mi
accompagnò il capitano Stephens. Inglese, aveva partecipato alla seconda guerra mondiale. Rientrando in Inghilterra
si fermò alle Valli per fare la
mia conoscenza, dato che sua
sorella si era molto interessata
all'opera di evangelizzazione di
mio padre. Prima gli feci conoscere le Valli, poi ci recammo
ogni anno in Val d'Aosta. Le nostre tournées duravano una set
Quando ha avuto inizio la presenza valdese a Viering?
CATERINA e DANIELE BERGER: Intorno al 1869 quando l’opera di testimonianza evangelica fu affiancata dalla scuola valdese.
Nel villaggio c’era sì, una scuola comunale, ma appena si apri la nostra molti la preferirono all’altra.
Perché?
Perché si insegnava meglio e i bambini imparavano di più.
Ricordate qualche nome dei maestri-evangelisti?
Si, quelli che abbiamo conosciuto perché sono stati nostri maestri : Daniele Rivoir, Pietro Rivoir, Alessandro Rivoir, Gustavo Bert.
Voi siete evangelici per conversione o siete nati da famiglie evangeliche?
Siamo nati da famiglie evangeliche. Sono i nostri genitori ad essersi convertiti.
Le famiglie degii alunni della
scuola venivano ai culti?
Qualcuna... Non molte.
Come mai?
Quello che li interessava era
la scuola dove i figli imparavano
bene. Per il problema religioso
c’era molta indifferenza, come
anche oggi. Però la gente del villaggio veniva in massa alla «festa dell’Albero di Natale»!
Il gruppetto valdese di Viering; nella
foto a destra, la scuola-cappella restaurata.
Quante famiglie
c’erano allora?
Da 10 a 15.
evangeliche
Ricordate aicuni nomi?
Si. I Berger, i Gaudina, i B'
laz, i Tognan, gli Agnesetti
Gevroz, i Rosso, i Cignetti ...
Fino a quando è rima
aperta la scuola?
ARMANDO DURAND: F
intorno al 1915.
Qual’è l’opinione deiia gei
nei nostri confronti?
Dicono che da noi è megli
ma che loro sono nati così e
sì gli hanno insegnato e così
mangono... Però, da queste
sposte, si vede che c’è molta
differenza. Il problema relil
so, spirituale non li intere
Anzi, forse hanno paura
l’Evangelo li obblighi a carni
re non solo le idee, ma la vii
Siete contenti che abbili*
go di incontri? »
OA’TERINA e DANIELE
ceva vederlo andare in rovit.
Avete contatti con i grill
Non molti. Desidereremo
anche se siamo contadini, i
istruiti, studenti, giovani pie
persone anziane (io e Danie^
può incontrarsi anche tra f'
Siamo contenti che i pochi,,
trovino spesso insieme a que
5
11 ottobre 1974 — N. 40
pag. 5
un
IN VALLE D’AOSTA
pugno di valdesi in un canoluogo industriale
In questo Capoluogo (38
ila abitanti circa, in magoranza operai siderurgici,
lili ed impiegati), la nostra
jmunità (70 membri comucanti) è veramente una mi■oscopica minoranza che in
resti ultimi anni è rimasta
imericamente stazionaria.
i CITTA’
Non sono mancati i tentavi di attirare rattenzìone
dia cittadinanza con confe:nze pubbliche su vari arrmenti attuali improntati
irEvangelo. Alcuni anni fa
>no convenute ad Aosta le
orali delle Valli Valdesi che
anno cantato dinanzi a un
ubblico numerosissimo. Anhe in occasione del Centeario della chiesa di Aosta
I partecipazione degli evanelici del Piemonte come pue della popolazione locale
stata numerosa. Da sei ani si prosegue la diffusione,
a città e fuori, del sermone
[omenicale: ogni domenica
[iversi membri di chiesa
(rendono, chi più chi meno,
fogli ciclostilati e li diffonlono presso amici, conosceni ed altri. Di tanto in tanto
fungono attestati di apprez;amento per questo lavoro
:he, ci auguriamo, sia in beledizione per alcuni nostri
:oncittadini disposti a ricevere il messaggio evangelico.
[1 giudizio di massa non è di
sstilità, piuttosto di indifferenza e tradizionalismo,
pgnuno rimanendo sulle sue
posizioni. Difficilmente si riesce a legare anche con i piccoli gruppi di Avventisti,
Fratelli, Scienza Cristiana
che sono in città o nella Val
INCONTRI
I nostri spiragli di fraternità provengono soprattutto
dalle Valli Valdesi; ricordiamo nel periodo bellico i giovani destinati al 4° Btg. Alpini, i quali dividevano con
noi le ansie della guerra; le
gradite visite del Cappellano
militare che riuniva tutti
nella nostra saletta da cui si
usciva confortati e fiduciosi.
Ancor oggi succede di vedere in chiesa qualche alpino;
la provenienza è indubbia e
ne proviamo fraterna gioia.
Per rompere l’isolamento
dei giovani è servita molto
la Colonia Valdese di Vallecrosia che ha sempre ospitato i nostri richiedenti ed ha
loro permesso di incontrare
giovani evangelici di varie
parti d’Italia e di non sentirsi più soli.
In questo ultimo decennio,
con l’apertura dei trafori del
M. Bianco e del Gran S. Bernardo, si è creato il triangolo dell’amicizia tra le città
di Aosta, Chamonix, Martigny e quindi, di riflesso, tra
le comunità evangeliche di
queste località. È stato organizzato un primo incontro
a Martigny e l’ospitalità è
stata veramente edificante.
Wrato lo stabile e fatto un Ino
GR; Si, molto contenti. DispiaWngono?
■vesserò più familiarità con noi,
® buona. Loro sono cittadini,
mentre noi siamo per lo più
superato i 90 anni!). Ma si
'ersa per abitudini e mentalità,
^'flgazzi e quelli del villaggio si
vengono al « centro evangelico ».
Poi le suddette comunità sono convenute ad Aosta.
Una simpatica occasione
d’incontro con i fratelli di
Ivrea, Torino e con gruppi
isolati della Valle e del Canavese, le abbiamo nel giorno dell’Ascensione. È consuetudine in quel giorno incontrarsi a Viering, nella bassa
Valle, con un programma
che consiste nella predica
l’Unione Femminile
Come Lega Femminile non
possiamo dire di essere un gran
numero e, forse per il fatto che
ci ritroviamo così in poche, ci
sentiamo maggiormente .unite,
come in una piccola famiglia. Alle riunioni vengono generalmente le signore, le giovani si uniscono solo se un particolare argomento le interessa. Ci ritroviamo una V'Olta al mese, ogni
volta con un argomento da trattare, possibilmente di attualità e
di interesse comune e la discussione prende ognuna di noi.
Spesso queste riflessioni ci hanno aiutato ad affrontare i problemi quotidiani che si pongono
ad ognuna di noi come donna e
ancor più come evangelica. Per
molte ci sono stati momenti di
pròva e in essi si è manifestato
l’amore di tutte le altre sorelle.
Ci sentiamo rallegrate se il
Consiglio di Chiesa chiede la nostra collaborazione. Questo è avvenuto quando si è trattato di
restaurare il piccolo tempio di
Viering e ci è stata chiesta una
partecipazione finanziaria. Abbiamo allestito un bazar che da
alcuni anni non avevamo più
fatto. La somma per i lavori era
alquanto elevata considerata la
forza numerica della nostra chiesa e con gioia abbiamo collaborato con il ricavato, come pure
hanno fatto la chiesa di Ivrea e
l’Unione Biblica Italiana, a cui
siamo riconoscenti.
Ora a Viering i lavori sono
terminati, la sala per il culto è
stata abbellita, al piano superiore vi sono tre camere con letti a
castello per molte persone. Quando dei giovani, gruppi di scuole
domenicali o famiglie vorranno
usufruire di questa casa, potranno farlo presente al Pastore di
Aosta. Questa estate Viering ha
funzionato molto, si sono alternati circa 10-12 gruppi e deile
famiglie.
zione dell’Evangelo al mattino è nello studio biblico su
problemi di attualità, con discussione sempre molto animata, nel pomeriggio.
LE PROSPETTIVE
FUTURE?
Constatiamo con gioia che
la scuola Domenicale ed il
Catechismo sono numericamente più frequentati che
nel recente passato e speriamo che, con l’aiuto di Dio,
queste nuove leve possano c
sappiano operare meglio di
noi per tenere desto il senso
dell’amor fraterno e della
missione evangelica affidata
a ognuno di noi.
La Tavola Valdese ha deciso di far eseguire dei lavori di ristrutturazione dello
stabile di Aosta al fine di adibire i locali a una casa per
ferie. Ci auguriamo che questo possa essere un servizio
per famiglie e gruppi evangelici italiani ed esteri e aprireila comunità verso orizzonti|di fraternità più vasti.
Create col progresso le
premesse per più facili rapporti umani, confidiamo che
lo Spirito ci indichi la via
da seguire per rimanere in
ogni circostanza aderenti ai
suoi insegnamenti.
intervista a Ida Viglino su II’autonomia valdostana
NOTRE VALLÈE
La prof.a Ida Viglino insegna Matematica e Fisica nelle cinque classi del Liceo-Ginnasio di Aosta
e dal 1973 è Consigliere regionale, eletta nella lista
del « Rassemblement Valdôtain ». Si è attivamente interessata della questione valdostana fin dal
1944 quando cominciò a lavorare ufficialmente nella Resistenza. Nel gennaio 1945 divenne Presidente
del Comitato di Liberazione. Finita la guerra, entrò
a far parte dell’« Union Valdòtaine » e fu Assessore
tecnico all'Istruzione pubblica. Bai 1955, per ragioni di palute e di studio (doveva ancora presentarsi
ai Concorsi stataiili.. lasciò la politica fino al. 1967,
anno in cui fu fondato il «Rassemblement Valdôtain », movimento per la difesa delle minoranze
etniche e linguistiche, di cui è parte attiva, avendo
soprattutto a cuore l’identità valdostana.
Si parla spesso dei vantaggi
che una regione può avere
con l’autonomia. Ci piacerebbe sapere se, oltre il desiderio di questi vantaggi, nella
volontà di autonomia dei
Valdostani c’è stata una motivazione più profonda, ideale.
Si, la vera motivazione che ha
spinto i Valdostani a richiedere
l’autonomia è stata soprattutto
una motivazione ideale, rivolta
alla difesa della lingua francese
e del diritto di autogovernarsi
per una qualsiasi minoranza etnica.
Le risulta che l’essere cittadini di una regione autonoma stimoli la responsabilità
civica e politica degli abitanti della Valle?
Purtroppo i Valdostani sono
consci dei loro diritti e della necessità di unirsi per difenderli,
soltanto quando sono oppressi.
Dopo quasi 30 anni di autonomia, la politica si è ridotta a una
lotta tra partiti e movimenti per
la scalata al potere e pochi si
battono ancora per un ideale.
La popolazione di Aosta e dintorni è ormai, per l’85%, costi
tuita da immigrati che, oltre a
non conoscere i problemi valdostani, tentano di imporsi con il
sottogoverno. La popolazione dei
Comuni, che dovrebbe costituire
un blocco per opporsi a tale ingerenza — come in Alto Adige —
è invece profondamente divisa
tra D.C., D.P. (Democratici popolari, la sinistra D.C. staccatasi
nel 1970) e l’Union Valdòtaine
che purtroppo alle ultime elezioni ha sub’ito una scissione (la
sua sinistra, che ha formato
ru. V. Progressista).
Altra caratteristica valdostana è il bilinguismo. Ma mi
pare si possa parlare piuttosto di trilinguismo. Ci si
preoccupa di difendere il
« patois »?
Esiste infatti in Valle d’Aosta
un trilinguismo (anzi vi è una
quarta lingua, il tedesco della
Val di Gressoney). Ma si può
dire che la vera lin^a materna
dei Valdostani è il « patois »
(franco-provenzale). Già da tempo si cerca di difendere e proteggere il patois mediante corali, rappresentazioni teatrali iri
patois, pubblicazione di libri dei
poeti locali, concorsi tra gli alunni delle elementari. Se non erro.
la Dichiarazione di Chivasso
Il Convegno di Chivasso, dove si discussero le esigenze delle
popolazioni alpine che la dittatura e il centralismo fascista avevano
oppresso distruggendo le libertà locali e soffocando la lingua e la
cultura regionale, si tenne nella casa del geometra valdese Edoardo Pons, in Piazza d'Armi 2, alle 9 del mattino del 19 dicembre
1943. Si erano dati convegno due rappresentanti della Valle d'Aosta, il notaio Emilio Chanoux e l'avvocato E. Page (Federico Chabod
non avendo potuto essere presente) e 4 delle Valli Valdesi : i dottori Osvaldo Coisson e Gustavo AAalan, e i professori Mario Alberto
Rollier e Giorgio Peyronel. La discussione si fece su dei testi preliminari preparati da tutti i partecipanti. Ne uscì una Dichiarazione
dei diritti delle popolazioni alpine: autonomie politiche e amministrative, autonomie economiche, autonomie culturali. Ci interessa
leggere in un articolo di G. Peyronel che « ...alle libertà civili e politiche Emilio Chanoux volle aggiungere, in omaggio ai valdesi,
per cui egli nutriva una calorosa amicizia, anche quella religiosa »
collaborazione nel Parco
La Valle d’Aosta ha il privilegio di ospitare il più vasto Parco
Nazionale italiano, nella zona del
Gran Paradiso: una grandissima
fetta di montagna, lasciata nella
sua forma naturale, in cui è vietato costruire, raccogliere fiori e
minerali, accendere fuochi e dove sono protetti stambecchi, camosci, marmotte, ermellini, gufi,
aquile, fagiani, scoiattoli, donnole, tassi e altre specie.
Interessantissima, sotto molti
aspetti, la vita solenne e antica
del Parco dove vigono le leggi
fondamentali che regolano la vita degli animali: la legge per cui
vince e domina il più forte, in
vista della selezione, la legge del
possesso del territorio che un uccellino afferma cantando a squarciagola su un albero o un’aquila
delinea roteando cerchi nel cielo,
la legge della gerarchia e tutte
quelle che presiedono all’equilibrio della natura.
Ma, nell’ambito di queste leggi, ciò che lascia proprio interdetti, sono i fenomeni di vita sociale, di collaborazione quasi
umana che gli esperti hanno potuto registrare fra gli animali:
se la marmotta si accorge che
l’aquila è a caccia, lancia un fischio-lampo, pieno di terrore e si
ficca rapida nel buco. Il fischio si
ripete di marmotta in marmotta
e serve anche ad altri animali
che raggiungono svelti le loro tane. Se il fischio è di tonalità più
bassa, è segno che il pericolo viene dalla terra, dalla volpe, dalla
martora, dall’uomo. La catena
degli allarmi, comune anche a
stambecchi e camosci, è uno dei
segni di solidarietà animale. Ma
ve ne sono altri. Quando le madri camoscio stanno per partorire, allontanano da sé, un po’ crudelmente, il nato dell’anno precedente. I piccoli così cacciati
formano delle compagnie un po’
pazze ed è allora che un vecchio
camoscio in pensione, pieno di
esperienza, prende sotto la sua
protezione questi giovani, chiamati dagli esperti « paggetti »: il
vecchio li guida, ma pretende da
loro, che hanno j sensi più acuti,
guardia vigile durante la sua ruminazione. Questa equilibrata
collaborazione tra giovani e vecchi si trova anche fra gli stambecchi, i cervi ecc.
Una vera e propria organizzazione sociale, con capi e vice-capi, viene stabilita per il dominio
sul branco. Se poi il capo-branco diventa debole — il che risulta da un torneo — perde subito
il suo posto ed è sostituito dal
vincitore. Quando i guardaparco
sistemano in primavera dei dischi di sale qua e là nel Parco,
hanno osservato che gli stambecchi arrivano correndo a leccarli,
ma ognuno aspetta il suo turno,
impaziente, si, ma corretto: gli
stambecchi fanno la « coda »... democraticamente!
arhgìanalo
dev’essere sorto a St. Nicolas un
Centro culturale per il patois.
Una delle cose che colpiscono percorrendo la Valle è la
vastissima rete di strade
asfaltate che raggiungono
anche piccolissimi villaggi.
Queste strade frenano un
po’ lo spopolamento montano?
Si è cercato, attraverso una
valida rete autostradale, di evitare lo spopolamento della montagna, ma purtroppo senza grandi risultati. Le cause dello spopolamento sono numerose: difficoltà di natura finanziaria (scarsissimo reddito non integrato
sufficientemente dalla Amministrazione regionale) e inerenti al
tipo di lavoro e ai sacrifìci richiesti allontanano sempre più
la gioventù. La Regione non ha
ancora saputo e voluto trovare
una via per bloccare questo
preoccupante fenomeno.
I Valdesi sono in Valle d’Aosta da più di un secolo e sin
dall’inizio abbiamo rappresentato un punto di contatto
con i paesi protestanti di oltr’Alpe. Che cosa pensa lei
di questa presenza nella
Valle?
Anche se personalmente ho
sempre avuto simpatia per il
gruppo valdese, non ho frequentato abbastanza l’ambiente per
poter valutare il suo inserimento e la sua presenza da un punto di vista politico in Valle, anche se molti problemi delle Valli Valdesi sono vicini ai nostri.
Durante la Resistenza la comunità di Aosta è stata im luogo
d’incontro per molti spiriti alla
ricerca di una chiarezza critica
nei riguardi della dittatura fascista. Storicamente fa testo la
« Dichiarazione di Chivasso » di
cui si è celebrato questa primavera il trentesimo armiversario
alla presenza anche di personalità valdesi.
■ Hanno collaborato a questa
pagina : Caterina e Daniele
Berger, Pauline Bert, Armando Durand, GUda Marconi,
Enrico Peyrot, Giovanni Peyrot, SUvia Rocca, Nelly Rostan, Berta Subilia, Ida Viglino.
L’artigianato nasce spontaneo
per delle esigenze funzionali, sociali, morali; prende le sue forme dall’ambiente, dall’anima della gente del luogo e non è creazione individuale, ma collettiva,
legata a una storia di cultura secolare.
In Valle d’Aosta l’artigianato
ha preso nuovo vigore grazie all’autonomia. Il Consiglio della
Valle lo ha infatti potenziato
creando sia una scuola, sia una
cooperativa artigiana dalla struttura molto semplice: ha fornito
di 5 negozi i luoghi di maggiore
afflusso turistico, e ne paga le
spese. Gli artigiani portano i lavori in un magazzino centrale,
avendoli già segnati dei prezzi; i
lavori vengono smistati nei negozi e alla fine della stagione
gli artigiani ricevono direttamente il ricavato. La maggiore mani
munita di un coperchio. Vi si
beve — tutti insieme — il vino
che passa dall’uno all’altro. Nella coppa dell’amicizia, una scodella in genere ben decorata,
nella quale si aprono 4 beccucci,
si mette invece il caffè bollente,
misto con molta grappa e insaporito di cannella, chiodi di garofano e zucchero. Vi si dà fuoco, la coppa arriva fiammeggiante per l’alcool che brucia e ognuno beve a un beccuccio il liquido bollente.
festazione è la « Foire de St.
Ours », la fiera di S. Orso, ad
Aosta il 30 e 31 gennaio.
Questa « arte rustica » è praticata parte a pieno tempo, parte
in margine al lavoro agricolo, a
tempo perso, a volte per arrotondare le entrate, spesso per gusto
proprio. Inquieto e sereno, tormentato e tranquillo, l’artigianato di qui riflette il contadino valdostano che si esprime col legno
dei suoi abeti, larici, peri ecc., riproducendo le cose della vita
giornaliera : cassapanche, culle,
collari per capre e mucche, mortai, conocchie, coppe da vino,
forme per il burro, statuette rozze di camosci e di santi dal volto
rude di montanari. Le più lineari mucche — un legno per corpo,
una mezzaluna per corna — sono
scolpite dai bambini-pastorelli.
Le dorme Alano, tessono ed eseguiscono pizzi al tombolo.
Vi sono però, fra gli oggetti
dell’artigianato valdostano, due
pezzi tipici di cui notiamo il carattere di fraternità umana: la
grolla e la coppa dell’amicizia.
La grolla, il cui nome deriva, pare, da Graal, risale, si dice, alle
Crociate. È una coppa panciuta
che imita la forma del calice.
iHnDo la valle
-A- Nel 1863 un evangelista
teneva regolarmente i
culti a Verrès, Chàtillon, Arnaz, Carema e
Viering.
In quel tempo una giovane maestra evangelica aveva aperto una
scuola a Arnaz.
La cappella di La Balie
è stata chiusa e venduta al principio degli anni 30.
-ff Tuttora culti hanno luogo a Chàtillon nella casa Fontana Roux - Birago e a Viering.
A Courmayeur i culti
si tengono nella stagione estiva.
Nel pittoresco castello
dei Challant a Issogne,
che è stato per un lungo periodo uno dei principali centri culturali
della Valle, si può leggere su un muro la
scritta : « Aujourd’hui la
messe a resté de dire à
Genève, 28 octobre
1535 ».
6
pag. 6
N. 40 — 11 pttobre 1974
Voci dal mondo I Un efficace metedo di studio biblico
8 CUrd di MdrÌ6-FrdnCB Coìsson | stimolante ricerca comunitaria sperimentata al vivo fra le protestanti alsaziane
GHANA (presbiteriane): «Facciamo tutto quello che possiamo per
migliorare le condizioni di vita di tutta la comunità » : ad es., per aiutare
le madri lavoratrici (prima il sistema familiare permetteva di lasciare i
bambini a nonne o zie) alcuni membri dell’associazione femminile hanno
incominciato a fare funzionare dei nidi in casa loro; o ancora, in città,
spesso a causa delle distanze e dei trasporti deficienti, è difficile per la
gente assistere al culto; alcune donne, che hanno case grandi o verande
spaziose, invitano i loro vicini a riunirsi da loro per un culto.
ZAIRE (presbiteriane): «Nel 1975 organizzeremo 25 seminari di una
settimana per le donne di tutta la chiesa. Speriamo che verranno donne
di tutti i villaggi, anche se analfabete. Insegneremo loro come insegnare
la Bibbia nelle riimioni dei loro gruppi, come evangelizzare, come insegnare a leggere agli adulti...».
CANADA (donne della Chiesa Unita: metodiste, congregazionaliste,
presbiteriane): «Utilizziamo sempre di più lettere circolari a livello regionale per stabilire relazioni più strette tra i diversi gruppi regionali o
locali e le responsabili del comitato esecutivo. Queste circolari aiutano a
rafforzare il sentimento di appartenere a un tutto e a sviluppare i legami d’amicizia (malgrado le grandi distanze)... permettono ai membri di
scambiarsi poesie, idee, problemi, successi e insuccessi nella realizzazione di progetti nella loro regione e provincia ».
_ STATI UNITI (Chiesa unita): Uno degli scopi è di migliorare la posizione della donna nella chiesa, a tutti i livelli: comitati ad hoc lavorano regionalmente secondo le necessità locali particolari. « Bisogna formare delle donne come quadri, affinché un numero sempre maggiore di donne qualificate possano essere messe a disposizione delle chiese. Ed è essenziale lavorare anche, in tutta la chiese, a una trasformazione della
mentalità, affinché la gente sia d’accordo di impegnare delle donne. Il
cambiamento della posizione delle donne nella società ha portato e con.tinua a portare profondi cambiamenti sui piani sociale, culturale ed economico, e su quello dei valori. Questo avrà ripercussioni drammatiche
sulla famiglia. Perciò la commissione ad hoc nazionale studierà i problemi e le situazioni che derivano — per la famiglia — dalla modifica del
ruolo dei sessi, degli stili di vita, della nuova identità dell’uomo e della
donne... del celibato... Ogni anno aumenta il numero eli donne che si preparano al ministero pastorale. Nuove forme di ministeri devono essere
creati per le donne ed i ministeri ecclesiastici tradizionali devono essere
aperti loro».
IRAN (comitato delle donne della Chiesa Evangelica, composta di
una chiesa di lingua armena, 2 di lingua persiana, una di lingua assira).
— Le armene visitano ogni settimana delle famiglie, e tengono le loro
riunioni in diversi posti e in numerose famiglie.
— Armene e persiane hanno avuto una conferenza di ima settimana
nella quale hanno organizzato il programma dei due anni successivi.
Quest’anno, a Pasqua, per la prima volta una donna è salita sul
pulpito per predicare in una comunità persiana, « e fu un avvenimento ».
INDONESIA (donne della Chiesa evangelica di Kalimantan): « Le
madri di famiglia ricevono una formazione per poter dirigere ogni mese
Un culto di famiglia. Per ima grande comunità come Banjarmasin, dividiamo la comunità in 8 sezioni, e ogni sezione ha il proprio programma
di culti diretti da donne. In questo modo possiamo raggiungere un numero massimo di donne che partecipano attivamente al programma ».
GIAPPONE (società femminile del Kyodan).
La «commissione per studiare i problemi delle donne-pastori dice
che attualmente ci sono circa 500 donne pastori nella Chiesa unita del
Cristo nel Giappone : « Hanno problemi speciali precisamente perché sono donne; ad esempio: "come una donna pastore sposata può rimanere
fedele alla sua vocazione e alle sue responsabilità in seno alla propria
famiglia?" In Giappone la situazione della donna sposata implica che
essa passi molto tempo e dedichi molte energie a tenere la casa ed allevare i figli. Mentre si occupano così, della loro famiglia, non hanno tempo per studiare e rischiano di essere pastore solo di nome... O la società
giapponese rifiuta semplicemente di accettare le donne allo stesso livello
degli uomini... Crediamo che siamo state chiamate a questo ministerio
che non conosce discriminazioni e desideriamo essere fedeli a questa vocazione ».
SCOZIA: «Il ruolo delle donne nella chiesa evolve a misura che —
lentamente ma sicuramente — prendono il loro posto nei consigli di
chiesa, nei sinodi e alle assemblee generali. La “Guild” femminile spera
che rimanendo aperta al cambiamento potrebbe sparire in quanto tale o
svolgere un ruolo totalmente diverso... Sperano in un avvenire in cui tutte le comunità e — questo sarebbe l’ideale — tutte le altre denominazioni, cooperino assieme nell’assistenza al prossimo immediato e in
una responsabilità condivisa rispetto al prossimo nel mondo intero ».
PORTOGAUjO (società femminili presbiteriane): Da alcuni anni
questa federazione lavora per raggiungere alcuni scopi ben definiti: appello alle donne perché prendano coscienza di se stesse e in vista dello
sviluppo dei propri doni — aiutare i giovani a trovare migliori condizioni
di vita (organizzano campi di vacanze, e borse di studi) — trovare il modo di aiutare meglio le comunità in vista di uno sviluppo costante, chiamando ognuno dei loro membri a una responsabilità individuale e costante.
(Questa spigolatura di notizie è tratta dall'ultimo numero del Bollettino
femminile dell'Alleanza Riformata Mondiale).
L’incontro delle donne I
protestanti svizzere, a Vaumarcus |
«La morte di Cristo: se fossimo lì?» I
Nessuna delegata italiana ha potuto partecipare quest’anno all’incon- 1
tro di Vaumarcus; però ne abbiamo avuto alcuni echi. Per la prima volta =
non c’era nessuno specialista che portava delle competenze dal di fuori, =
ma le donne stesse si erano incaricate di tutto l’andamento del campo, =
studi compresi. Il tema « La morte di Cristo », attraverso il racconto =
della passione in Marco, è stato affrontato da tutte — con l’aiuto di una =
équipe che ne aveva preparato l’esegesi — in un modo dinamico per mez- =
zo di una rappresentazione in cui si identificavano ai personaggi biblici: ^
briganti, soldati, Simon cireneo...: tramite le domande, le impressioni =
spontanee che si scambiavano, scaricando gli uni sugli altri la responsa- =
bilità deU’awenimento, ognuna ha potuto formulare le proprie reazioni. =
Anche dei cartelloni che si sono ricoperti man mano di figure, poesie, =
« collages », interrogativi... hanno dato le varie interpretazioni che ci si =
fa oggi della morte di (3esù e della morte dell’uomo, e di quello che cam- =
bia in noi a causa della morte di Cristo. ^
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiir
San Germano Chisone
— Desideriamo esprimere da queste colonne tutta la grande simpatia con la quale abbiamo seguito la famiglia Giordano in occasione del lutto che l’ha colpita con la tragica
scomparsa della figliola Andreina. II funerale
è stato presieduto, a San Germano, dal pastore Achille Deodato, la famiglia risiedendo
normalmente a Pinerolo. Nella sua predicazione il pastore Deodato ha sottolineato con
forza che nessun fatto, anche il più tragico,
può farci dubitare della bontà e della fedeltà
del Signore, che salva e riscatta dal nulla nel
quale potremmo sempre cadere.
— Ricordiamo le riunioni quartierali di
ottobre. Quelle dei Gondini e dei Bert hanno
già avuto luogo. In esse sono stati presentati
alcuni argomenti trattati dallo scorso Sinodo.
In particolare ai è rilevato il tono generale
estremamente insoddisfacente della relazione
della commissione d’esame e la discutibilità
della decisione di fondere Com-Nuovi Tempi,
nonché degli attacchi portati da quel giornale al lavoro dei nostri Istituti di istruzione
in modo altrettanto gratuito e cervellotico
quanto la Commissione suddetta aveva fatto
al Sinodo.
La riunione dei Gianassoni dovrebbe aver
luogo giovedì 17; Martinat domenica 20, ore
15, Balmas martedì 22, Costabella giovedì
24, Garossini, mercoledì 30. Si prega di prender nota della conferma della riunione ai
Gianassoni sulla lista esposta in bacheca.
— Domenica 27 ottobre avrà luogo, nel
corso del culto, un'assemblea di Chiesa con
relazione sui lavori sinodali.
— Il Comune, proseguendo nella sua opera di risanamento delle strade del paese, sta
procedendo all’allargamento ed all’asfaltatura
della strada dei Mondoni. Ci rallegriamo per
quanti potranno così circolare più facilmente
in quella zona.
Giovanni Conte
Durante il viaggio dell’Unione femminile nell’Alsazia, la pastofessa Hoffet ci ha proposto un metodo di studio biblico — che d’altronde essa aveva già applicato l’anno scorso nella sua
visita a Torre Pelliee — che ci è parso
molto vivo e proficuo, per cui desideriamo presentarlo sul nostro giornale.
Lo scopo di questo metodo è di stimolare il desiderio di ricerca da parte di
tutte le partecipanti per fare del lavoro biblico insieme, e di evitare che
una sola persona esprima le proprie
idee e parli da sola, perché la luce può
provenire dall'insieme delle idee.
Una volta scelto il passo biblico che
si vuole studiare — un fatto, una parabola, un miracolo ecc. — se ne dà
lettura a tutto il gruppo riunito. In
seguito si stabilisce il questionario generale, che consiste' di quattro punti:
1) vedere qual’è il contesto ove si
trova il passo scelto, inquadrarlo nella sua posizione esatta; cioè studiare
quello che viene prima e dopo; paragonarlo con altri pagsi simili;
2) cercare quali sono tutti i personaggi del passo letto;
3) cercare le parole o le espressioni difficili, e dire che cosa significano;
4) cercare il senso della narrazione- per noi e il messaggio che ne deriva.
A questo punto il gruppo si divide
iri tanti piccoli gruppi di non più di
dieci persone, per lavorare in numero
ridotto. Dopo aver risposto al questionario generale, ogni piccolo gruppo
cerca di- porre ulteriori domande, che
possano suscitare un interesse ed una
partecipazione maggiore. Infine tutte
si riuniscono nuovamente e ciascun
gruppetto fa parte agli altri di ciò che
ha trovato, in tal modo insieme approfondiscono la loro ricerca.
Molte volte per certe domande o per
certi problemi non si trova la soluzione: l’importante è comprendere la necessità della continua ricerca biblica.
Nelle nostre unioni vi sono forse
gruppi più timidi, più passivi, che bisogna cercare di sbloccare con molte
domande dirette: che cosa; ne pensi
tu? che cosa ne pensate voi? stabilen
Un augurio
Di ritorno dall’Incontro di
Strasburgo, ho l’incarico di portare a tutte le Unioni Femminili
Valdesi il saluto delle « Femmes
Responsables » di Alsazia e un
augurio affettuoso della sig.ra
F. Hoffet che la ricerca biblica
e Io studio della Parola ci aiutino tutte a rafforzare la nostra
fede e a meglio servire e a testimoniare nella Chiesa e fuori.
Ade Gardiol
Infine si possono porre buone e cattive domande: Queste ultime consistono in domande chiuse, alle quali c’è
soltanto da rispondere sì o no, che non
portano ad un ampliamento del discorso, e sono naturalmente da evitare. Le
domande buone sono quelle aperte
precise chiare stimolanti.
Se qualcuno pone una domanda difficile, la si può rimandare all’intero
gruppo per lavorarla insieme.
Dopo la pratica di questo metodo
per un certo periodo di tempo, si potrà constatare come le persone diventino capaci di riflessione, di critica, di
spirito d’osservazione, e come, a poco
a poco, riescano ad impadronirsi più
a fondo della conoscenza della Parola
di Dio ed arrivino ad una comprensione più chiara del messaggio biblico.
do come fondamento di urla valida ricerca che ognuna di noi ha bisogno
delle altre per aiutarla.
Al contrario vi possono essere gruppi troppo attivi e parolai,, i quali vanno frenati: non lasciar parlare troppo
le une a scapito delle altre, evitare i
« tête à tête », far spiegare meglio i
lunghi discorsi, non permettere che si
parli a lungo di fatti personali, provocare le persone a dire che non hanno
capito, se è il caso, e a precisare le
cose che dicono.
Per tutto ciò è necessario un’animatrice che sia capace di far parlare,
piuttosto che parlare troppo essa
stessa.
Ecco un esempio di studio biblico
fatto secondo le indicazioni di cui sopra.
' Lettura: Luca 4: 16-30 (Gesù predica
a Nazareth ed è scacciato).
Domande: in quale occasione avviene questo fatto? E dove? In quale disposizione di spirito vi pare che fosse
Gesù quando è venuto in Galilea? Quali
sono i personaggi? Che cosa sappiamo
di ognuno di essi? Trovate parole o frasi difficili in questo testo? Che cos’è
la sinagoga? Chi è il ministro della sinagoga? Che cosa venivano a fare gli
ebrei nella sinagoga? Che cosa è accaduto a Capernaum? Perché Gesù sembra rifiutare di fare miracoli a Nazareth? Perché sono citati proprio Nahaman Siro e la vedova di Sarepta? (Ricercare nella Bibbia gli episodi inerenti a Questi personaggi). Quali sono le
grandi questioni che poné questo passo: fede o miracoli?
Emna Ribet
CONGRESSO YWCA-UCDG 1974, A ROMA
Valori e prospettive di oo iDovioieoto fooiiflioiio
= Nei giorni 20-21-22 settembre si è
^ svolto a Roma nella sède di via Balbo
= il 16° congresso dell’Unione Cristiana
= delle Giovani che ha commemorato la
= sua fondazione di ottant’anni fa a To
= rino. Il tema centrale era infatti « Va
= lori e Prospettive » di cui Margherita
= Gay Meynier ha svolto la prima parte,
= tracciando un panorama storico su
= quanto l’UCDG ,è e ha fatto ne= gli scorsi decenni: associazione pionie
É ra dell’emancipazione femminile in
= uno spirito evangelico, con case per
= la giovane, poi per la donna sola, noi
= per l’anziana a seconda dell’evolversi
= delle necessità nel tempo, oltre a cen
= tri di studi religiosi, culturali, sociali,
= sfociati in iniziative di assistenza nel
= sud, scuole di ricupero, case per le va
= canze: il tutto in armonia col grande
= movimento mondiale della YWCA, atti
= vamente presente in più di ottanta
= paesi.
I LINEE DI RIFLESSIONE
E Di questo grande e autorevole movi= mento femminile il gruppo italiano ha
= precorso e poi seguito anche l’impo
= stazione ecumenica, poiché dal 1950 ne
= sono socie con pari diritti tutte le don
E ne cristiane di qualsiasi confessione, e
= dopo il Consiglio mondiale del Ghana
= nel 1972 vi è stata una svolta che segna
= l’uscita da un modp chiuso d’intende
= re l’Evangelo verso un modo aperto,
= che si fa debito delle gravi ingiustizie
= nel mondo sia esso terzo mondo ex co
= loniale o sottoproletariato delle grandi
E nazioni civili.
= Questa parte del programma è stata
= sviluppata da Giovanna Pons, che ha
= tracciato alcune linee per l’azione fu
= tura, che saranno studiate accurata
É mente nei vari centri dell’associazione
= per improntarvi un’attività incisiva.
= Questa impostazione coraggiosa che
E guarda all’avvenire ha destato, com’era
= naturale, le preoccupazioni della parte
= più cauta delle socie delegate al con
= gresso, con alcuni rilievi di carattere
= conservatore, mentre ha suscitato l’ap
E provazione della maggioranza, special
E mente delle più giovani, che avevano
= avuto nei due giorni precedenti un frut
= tuoso convegno a loro riservato e da
= cui sono state rilanciate idee per il
„= lavoro futuro.
occupato varie ore congressuali, per la
riforrnulazione dello statuto secondo le
nuove norme vigenti per associazioni
come la nostra, di cui rimane però invariata la base religiosa e sociale che
l’ha fin qui guidata.
Il congresso ha avuto il dispiacere di
dover accettare le dimissioni per limiti di età della valorosa segretaria nazionale Mary Rossi, che tanto ha dato
d’intelligenza e di capacità all’Unione,
e l’ha nominata segretaria onoraria,
dando contemporaneamente il più caldo benvenuto alla nuova segretaria nazionale nella persona di Alba Mannuc
ci Rocco, che già da un quadriennio
ha dato molta attività all’associazione:
le auguriamo un lavoro benedetto anche se difficile e impegnativo.
Laa grave crisi finanziaria incide ora
pesantemente sull’UCDG che ha dovuto rivedere quote, tariffe di abbonamento ecc., e che potrà lavorare con
fiducia solo se le socie tutte insieme
sentiranno l’impegno cristiano e fraterno di questo lavoro, che è una testimonianza e insieme un servizio, come già era net pensiero delle sue fondatrici.
K. Comba-Muston
L’Unione Femminile
di Caltanissetta al lavoro
Un bel ventaglio di problemi
LINEE DI ATTIVITÀ'
Sono state particolarmente significative la relazione del segretariato nazionale, la relazione sulla stampa che nel
suo nuovo orientamento trova non poche difficoltà, tra cui gravissima quella finanziaria come avviene oggi per
tutte le pubblicazioni di piccola tiratura, e la relazione sul lavoro sociale,
che ha dovuto registrare la chiusura
del doposcuola in Calabria, riaperto
con notevole successo in Abruzzo, a
S. Giovanni Lipioni, nonché la felice
prosecuzione delTefficace lavoro del
Centro bambine di Napoli, tuttavia accanto alla nota dolorosa della impossibilità di aprire un nuovo centro tra
gli immigrati di Torino come ardentemente si sperava.
L’argomento della ristrutturazione
dell'associazione, validamente portato
avanti dalla ’-•residente Gabriella Titta,
riconfermata all’unanimità dalTassemblea per il prossimo quadriennio, ha
L’Unione femminile ha svolto regolarmente la sua attività anche se, per
motivi di ordine pratico, la frequenza
non è stata assidua da parte di tutte
e anche se — di tanto in tanto — si è
avvertita un po’ di stanchezza.
Comunque, gli argomenti di studio
sono stati trattati e discussi con impegno. Abbiamo cominciato col prendere in considerazione il problema dell'aborto, propostoci dalla F.F.V. E ci è
sembrato opportuno presentare questo
problema a una cerchia più vasta che
non fosse quella della nostra piccola
Unione; per cui la presidente dell’Unione stessa ha tenuto, nei locali della
Chiesa, una conferenza sull’argomento.
Erano presenti, oltre ai membri di
Chiesa, anche un buon numero di amici non evangelici: operai e professionisti, scrittori, poeti e giornalisti e anche un sacerdote cattolico docente nel
liceo locale.
Il problema è stato presentato nei
suoi aspetti legislativo, medico, sociale e religioso. Si è voluto soprattutto
affermare, con chiarezza e decisione,
come l’assoluto divieto all’aborto da
parte della Chiesa Cattolica che guarda alla pura vita fisica in obbedienza
a una legge che non sana la realtà tragica e anticristiana della società in cui
viviamo (tre milioni di aborti ogni anno solo in Italia), diverga dal concetto evangelico che rifiuta la norma generale per attenersi al principio della
libera, consapevole scelta dinnanzi a
una situazione particolarmente pietosa; scelta che va fatta sempre in obbedienza a Dio, nella consapevolezza del
peccato e nel bisogno del perdono. Si è
posto l’accento sul principio che, se si
è creduto veramente in Cristo e se ne
è accolto il messaggio, vera vita è da
considerare quella vissuta al Suo servizio in attesa della salvezza che ci è
stata promessa. Si è infine insistito sul
concetto che il peccato di aborto va
combattuto, come ogni altra forma di
peccato, con la prevenzione, con l’amore, con la persuasione, con una adeguata educazione piuttosto che con la punizione che provoca inevitabilmente ingiustizie e discriminazioni così contrarie allo spirito cristiano. Il messaggio
evangelico è stato ascoltato da tutti
con vivo interesse, in una atmosfera
di attenta riflessione. È seguita, qualche giorno dopo, una « tavola rotonda », sempre nei locali della Chiesa
'Valdese.
Dalle argomentazioni degli oratori
sono emerse teorie diverse prò e contro l’aborto. Il medico dott. Giliberto,
sindaco di Caltanissetta, affermava che
in nessun caso si può sopprimere l’embrione; i! sociologo, dott. Imbergamo,
auspicava una adeguata assistenza ed
educazione da parte dello Stato perché
sia evitato l’aborto; il legale, avv. Cavaleri, con infuocata arringa, rivendicava alla donna l’assoluta e incondizionata libertà di abortire o meno; il sacerdote cattolico, padre Dierna, cautamente rivelava che c’è, anche nella
Chiesa Cattolica, una soluzione « pastorale » per cui in casi particolarmente gravi che comprometterebbero la vita della madre, si può interrompere la
gravidanza. Il pastore Bonnes, infine,
ha insistito sulla soluzione evangelica
della prevenzione perché non si debba
giungere al peccato di aborto. Si sono
avuti alcuni interventi più o meno costruttivi, più o meno interessanti e abbiamo motivo di ritenere che in questo nostro ambiente di Caltanissetta,
nur così gravato dalla tradizione e dalla consuetudine, la maggioranza giudichi necessaria la liberalizzazione dell’aborto limitatamente ai casi veramente difficili, quando cioè Tinterruzione della gravidanza costituisca un
atto di amore cristiano, per sanare una
situazione nenosa.
Durante il corso dell’ànno, poi, nelle
nostre consuete riunioni femminili, abbiamo trattato problemi vari di interesse comune; come quello riguardante i matrimoni misti, tenuto conto che
tutte o quasi le componenti della no“^tra Unione vivono questa esperienza.
Emerge dalla discussione che il problema più difficile da sanare rimane
quello dell’educazione religiosa dei figli. C’è sempre un senso di grave disagio nelle madri evangeliche che hanno accettato il matrimonio misto con
la clausola dell’educazione religiosa affidata al coniupe cattolico. La conseguenza è che i figli di genitori apparLa presidente dell'Unione femminile Eunice D’Antona Moncada
(continua a pag. 3)
7
11 ottobre 1974 — N. 40
pag. 7
PRIMO DISTRETTO
COLLOQUIO PASTORALE
Si terrà lunedì 14 c. m. alle ore 9,30, a Pinerolo, con il seguente ordine
del giorno:
— 9,30: Culto (past. F. Davite)
— 10-12: La CEvAA e il problema della missione
— 13,30-15: Problemi del Distretto - La prossima Conferenza Distrettuale straordinaria.
VERSO LA CONFERENZA DISTRETTUALE STRAORDINARIA
In vista della Conferenza Distrettuale straordinaria, che è in programma per venerdì 1 novembre e che avrà fra i suoi temi l'Insegnamento della
religione nelle scuole, è convocato a Pinerolo (Via dei Mille 1) per Domenica 27 ottobre alle ore 15 un incontro fra insegnanti, monitori e chiunque si
sia occupato di questo problema, per fare il punto sulla situazione attuale.
La Commissione Distrettuale
A POMARETTO E A TORRE PELLICE
Bene iniziato i'anno scolastico
alla Scuola Latina e al Collegio Valdese
L’anno di lavoro della Scuola Latina
di Pomaretto e del Collegio Valdese di
Torre Pellice è iniziato bene. Le due
scuole medie registrano il tutto occupato, e pure al ginnasio-liceo le iscrizioni alle varie classi sono relativamente alte.
L’inaugurazione dell’anno scolastico
si è avuta in primo luogo a Pomaretto,
domenica 29 ottobre. Nella sala del teatro insieme alla novantina di studenti
e ai loro insegnanti si sono raccolti numerosi intervenuti, per lo più familiari dei ragazzi. Il past. Giovanni Conte ha aperto con un breve culto, quindi la preside, prof. Elsa Salma, ha tracciato una panoramica dell’attività assai varia e vivace della Scuola Latina
nell’anno decorso. Il past. Gino Conte
ha recato il saluto augurale della Tavola Valdese. Il past. Franco Davite,
appena rientrato dal Togo, con l’ausilio di una bella serie di diapositive ha
dato un’anteprima dei suoi resoconti
a proposito del suo incontro con quella Chiesa evangelica africana, in occasione della riunione annua del Consiglio della CEvAA. Quindi il sig. Alessandro Ribet ha proiettato il bel film
che ha dedicato al Glorioso Rimpatrio,
seguendone passo passo le tracce. Il
dott. Guido Ribet, presidente del Comitato del Collegio Valdese e della
Scuola Latina, ha concluso.
A Torre Pellice Tinaugurazione dell’anno di lavoro del Collegio Valdese
si è, tenuta il 1° ottobre, come sempre
nell’aula sinodale affollata. La platea
era quasi totalmente occupata da una
piccola e vivace marea di teste giova. ni li. Anche qui una folta cerchia di familiari e di amici faceva corona a studenti e insegnanti, con raggiunta di
una serie di autorità locali, ospiti graditi. E anche qui il pomeriggio si è
aperto con un breve culto presieduto
dal past. Giovanni Conte (a differenza
di Pomaretto, non si è cantato, ed è
stato peccato, anche se comprendiamo
che il maggior numero rendeva forse
più difficile il raccoglimento e soprattutto che era, qui, notevolmente più
forte la presenza non valdese). Quindi
il preside prof. Augusto Armand Hugon ha preso la parola e l’ha tenuta
perché ha avuto da riferire sulla vita
della Scuola Media e del Ginnasio-Liceo, nel primo caso leggendo la relazione della preside uscente, prof. An
na Marnilo. Quindi ha rivolto ai presenti la sua prolusione; nella chiacchierata piacevole e familiare con cui
ha rievocato la vita del Collegio in anni lontani, erano presenti spunti seri
e degni di riflessione, nel confronto
fra situazioni così diverse; egli ha soprattutto sottolineato la forte componente di spirito associativo e di presenza nella Valle, che ha caratterizzato
lo studentato del Collegio. Al termine,
numerosi saluti e messaggi presentati
dal dott. Guido Ribet, presidente del
CCV. Fra questi, quello portato a nome della Tavola dal past. Gino Conte,
che ha ricordato fra l’altro come quello ora aperto sia un anno importante
per la scuola italiana e quindi anche
per questi nostri istituti; i "decreti delegati” presentano, con certi rischi,
nuove possibilità, di cui studenti e genitori devono essere coscienti, con gli
insegnanti, e che devono saper cogliere.
Un saluto particolare è stato dato —
spiacenti che non fosse presente di
persona — alla preside Anna Marnilo.
Per 38 anni, iscritta nei ruoli della
Chiesa Valdese, essa è stata insegnante, e poi anche preside nella Scuola
Media del Collegio, e la sua dedizione
alla scuola e a generazioni di ragazzi è
stata grande, come grandi sono la stima e l’affetto che la seguono, con l’augurio di un sereno e operoso pensionamento. Un augurio cordiale anche
alla prof. Speranza Tron, che la sostituisce alla presidenza, per la nuova responsabilità assunta; e l’espressione
della viva gratitudine alla prof. Anna
Ribet che, dopo parecchi anni di servizio assai apprezzato, lascia il Collegio
per altra scuola. Benvenuti, poi, i nuovi insegnanti, tutti giovani, alcuni exstudenti dell’istituto!
Qra il lavoro, pur subito alleviato
dal santo patrono degli scolari d’Italia,
è iniziato e dopo il rodaggio dei primi
giorni procede a pieno ritmo. Riflettendo qui l’impressione lietamente positiva di questi appuntamenti d’autunno, si augura un anno di attività feconda alla comunità di insegnanti e studenti, e al gruppo di lavoro costituito
dal Comitato cui il Sinodo demanda la
conduzione dei nostri istituti d’istruzione secondaria. La stima per il loro
lavoro è larga, nella nostra Chiesa come oltr’alpe.
g
A LUSERNA SAN GIOVANNI
Un biennio sperimentaie unitario
di scuoia secondaria superiore
Roma si muove! All’ultimo rnomento
e quando già da tempo le iscrizioni alle varie scuole superiori sono effettuate il ministro concede (bontà sua) un
« Biennio sperimentale unitario di
scuola secondaria superiore » al comune di Luserna S. Giovanni per i ragazzi della Val Pellice.
Chi era presente alla riunione informativa del 7 ottobre, nella sala comunale di Airali, ha potuto udire con quale stile viene avviata la sperimentazione. In breve; il comune chiede una sezione di scuola media superiore, la domanda giace con chissà quante altre
per vario tempo in un ufficio ministeriale, improvvisamente il Ministro decide che per l’Italia è giunta l’ora degli esperimenti nella scuola. Senza por
tempo in mezzo, prende dal mazzo 60
domande e pone ai comuni l’alternativa; « Volete una scuola; vi diamo il
biennio sperimentale; o questo o niente ».
Problemi dà organizzazione, di regolamenti, di testi scolastici sono superati dando ampie facoltà ai presidi incaricati. Se tanta, anche se tardiva, efficienza investisse più frequentemente
ambienti di governo, non avremmo ragione di dolerci per la posta che non
arriva, per le pensioni che non vengono pagate, per l’assistenza che le mutue non forniscono.
La scomparsa a Foggia
di Pietrantonio Loffredo
Era finito appena il culto di domenica 22 settembre, presenziato dal fratello di Taranto, Roberto Salerno, e ci
si attardava nella chiesetta, come al
solito, a scambiarsi gli ultimi saluti
quando il fratello Pietro Loffredo si
sentiva male. Dopo poco, comprendendo i presenti trattarsi di cosa grave, si
chiamarono dei medici vicini, si telefonò alla famiglia e si apprestarono
al paziente tutti i rimedi del caso. Ma
tutto fu inutile. Il malore, purtroppo,
si rivelava un infarto, tale che dopo
una mezz'ora circa il caro fratello decedeva tra il dolore, l'angoscia, la costernazione impotente di tutti. Grande
fu, e resterà molto a lungo, l'emozione
nella Comunità Valdese dove il giudice Loffredo rappresentava tra i fratelli tutti l'esempio più luminoso di fedeltà evangelica e di attaccamento indefettibile alla Chiesa del Signore.
Aveva compiuti gli studi umanistici
a Torre Pellice, dove era riuscito a recuperare degli anni arretrati, grazie alla sua intelligenza non comune, e s'era
laureato in legge nell’università di Napoli. Dopo avere esercitato la professione di avvocato ad Orsara per alcuni
anni, vinto un concorso di uditore
giudiziario, entrò a far parte della Magistratura di Foggia salendo con rapidità i vari scalini di essa sino a raggiungere il grado di magistrato di Cassazione.
I funerali si svolsero il giorno seguente con la numerosa partecipazione oltre che dei concittadini, di gente
venuta dai paesi della provincia, ma
essi furono particolarmente qualificati
dal commosso omaggio, sincero e generale, del mondo forense dove il magistrato "protestante" esercitò per
anni la sua professione di alta responsabilità sempre con coscienza intemerata e imparzialità scrupolosa, temperando il rigore della Legge con il più
alto senso d’umanità, mai nascondendo i principi di fede d'onde esse scaturivano.
L'avvocato Mastrolilli tenne davanti
al palazzo di giustizia un toccante discorso d'addio, da ogni rigo del quale
traspariva l’ammirazione dei magistrati per il collega "santo" che tra l’aridità e talvolta la disumanità empirica
della Legge mostrava quanto poteva a
favore dei deboli e degli sventurati
la fede nel... "Dio Universale",
II pastore Castiglione di Cerignola,
presa là parola dopo l’avvocato Mastrolilli, illustrò con comprensibile
commozione, i tratti salienti della vi
ta del defunto. Era stato lui, infatti,
pastore a suo tempo ad Orsara, a indovinare le straordinarie doti del giovane Pietro e ad indurre la famiglia
ad inviarlo a Torre Pellice per fargli
riprendere gli studi già abbandonati
ed a mantenere rapporti più che fraterni sino all'ultimo. Rilevò, attraverso
la citazione di toccanti episodi e colloqui privati, l'anima profondamente religiosa dell'amico, la sua ansia continua di obbedienza al Vangelo, la sua
incessante preoccupazione di testimonianza cristiana, la sua autoseverità
calvinista, il suo spirito di incessante ricerca, aperto sempre all’umile
ascolto del nuovo da dovunque venisse, la sua sensibilità poetica evidenziata dalle varie pubblicazioni in versi,
frutto evidente dell’armonia spirituale
ed artistica in cui il vero, il bello, il
bene si fondevano insieme nell'esaltante visione dell'epifania di Dio nella
creazione e nella redenzione del mondo. Dopo l’annunzio della risurrezione
fatta dai past. Giunco nella chiesa che
tanto fu cara al fratello giudice ed ancora risuonante della sua voce che po
che ore prima aveva scandito gli stessi inni, si chiuse il mesto funerale,
che fu l'ultima testimonianza di fede
alla città di Foggia da parte di Pietro
Loffredo. Aveva 55 anni.
Alla straziata signora Anna, ai cinque figliuoli così duramente provati, al
genero Gianni e agli altri intimi di famiglia va tutto il solidale affetto delle
comunità valdesi di Orsara e di Foggia con la certezza che l’Iddio della
Misericordia, anche se permette il mistero del dolore nei suoi imperscrutabili disegni, non abbandona mai le sue
creature che in lui si confidano.
P- g
Un uomo sensibile, un fratello
Sofferente da tempo, l’ultimo malore lo ha colto mentre partecipava al
culto domenicale nella cappella evangelica di Foggia. La piccola assemblea
terminava da poco di cantare l’inno
211 della vecchia raccolta.
Pietro Antonio Loffredo, membro
fedele della comunità valdese di Foggia, amava partecipare ai culti in comunità viciniori.
Così negli ultimi anni lo vedevarno
sempre più spesso sedere con gioia
tra i banchi della nostra chiesa, a Cerignola.
Persone semplici compongono la comunità evangelica, a Cerignola. Gente
semplice, abituata a verificare giorno
dopo giorno il contrasto tra Tinsegnamento evangelico che, parla in termini
di amore, di uguaglianza e la la realtà
della vita quotidiana che vede sempre
più emarginato il povero, il contadino,
il debole.
Si stupiva, si perdoni lo stupire, il
bracciante della nostra comunità; stupore e gioia insieme lo confondevano,
quando il magistrato Loffredo, in tutta semplicità, andava a sederglisi accanto e, con il trasporto e l’esultanza
di un bambino, univa la sua voce sotti
Uri magistrato calvinista
nella terra di Puglia
Certo, questo modo di improvvisare
e di adottare in modo assai poco democratico decisioni che riguardano da
vicino la popolazione non può trovarci consenzienti anche se conviene accettare e fare il possibile perché docenti e ragazzi abbiano un ambiente
di studio non appesantito da polemiche e possano lavorare con serenità.
Sono state date grandi assicurazioni
circa la democraticità di gestione. Il
preside incaricato, prof. De Gregori,
preside dell’Istituto tecnico Buniva, ha
offerto la sua più completa disponibilità per incontri con i genitori e la popolazione per chiarire e risolvere dubbi circa le reali possibilità della sperimentazione.
La scuola si pone come un compromesso, che si spera transitorio, della
frantumazione in una molteplicità incoerente di indirizzi della scuola media superiore; vi sarà dunque un biennio di scuola uguale per tutti e il ragazzo potrà rimandare di un altro paio
d’anni la scelta definitiva del tipo di
scuola verso cui orientarsi. Il programma della scuola è impostato distinguendo 6 gruppi di materie obbligatorie e 6 gruppi di facoltative. Le prime
formano un’area comune di insegna
Paulet
(continua a pag. 8)
Nato ad Orsara di Puglia il 29 giugno 1918, ha chiuso la sua feconda giornata come magistrato a Foggia. Domenica, dopo il culto, nel tempietto
di via Isonzo si accasciò per improvviso malore. Qui, nel giornale della
Chiesa, chiedo un angolino nell’intento
di chiarire, per quanti lo amarono e
ne furono amati, come noi credenti in
Cristo lo vediamo o meglio dovremmo
vederlo: un Suo testimone.
Ogni uomo è ciò che diventa. Se non
diventa è perché non cambia. Come si
possa cambiare non stiamo qui a dirlo. Resta quel che la natura lo fece...:
vano "fuor che nell’aspetto"; futile,
inutile, dannoso. Da questo parametro
non si esce. Qui sorge il problema di
Dio o la scoperta di Dio cui deve far
seguito la scelta o salto kierkegaaràiano. Noi diamo un solo nome a tutto
questo: la fede. Essa non è idealismo,
è vita vissuta con Dio che ha voluto'
apparirci, manifestarsi, epifaneia è il
termine greco. Ma dove più precisamente? Nel Logos eterno, parola di
Dio, Figlio di Dio: Gesù Cristo, tesservi riuscito, il nostro la avvertì come
dono della grazia, ogni attimo per lui
era pieno della pienezza di Dio in Cristo, non ne menava vanto naturalmente. Da qui la nota caratteristica della
sua umiltà e della sua piena disponibilità. Di tutto questo un test interessantissimo avvertimmo nella commossa rievocazione della personalità che
ne fece, davanti alla porta del Tribunale, il collega magistrato dott. Mastrolilli.
Del nostro Pietrantonio Loffredo
mi pare di aver detto tutto. Comunque
lo riassumo nei seguenti tre pensieri
che mi fu possibile sottolineare, all'uditorio vario e attentissimo, giacché
vi erano, oltre ai tantissimi amici, rappresentanze di tutte le Chiese della
Puglia Evangelica.
1) Dunque: nessuno nasce cristiano ma lo può diventare. Il nostro ebbe la fortuna di frequentare il Collegio
Valdese di Torre Pellice — il solo collegio laico che esiste in Italia. E ñ che
ebbe Maestri i quali si preoccupavano
non solo d'istruire ma di formare e
Villar Penosa
In seguito ad imprevisti di forza maggiore, ii Pastore Cortes
deve ritardare di alcune settimane ii suo insediamento.
Perciò è anche rimandato il
sermone d’addio del Pastore
Geymet.
certamente fu determinante nel giovanotto, avido di sapere e di comprendere, quel periodo della sua vita.
2) È vero. Il nostro fu l'uomo di
tutti e per tutti e in pari tempo impossibile di venire accapparrato dalle sette, dai partiti e dalle organizzazioni
istituzionalizzate. A questo proposito
avrei potuto dire tante cose: le offerte
insistenti e sistematicamente rifiutate
di diventare deputato e aprirsi una più
brillante carriera. In quel tempo il suo
motto fu: "Mi spezzo ma non mi piego". Motto vissuto nel periodo in cui,
come indipendente, venne eletto Sindaco di Orsara. Nel gioco delle parti la
sua presenza era diventata pericolosa.
Infine si decise a lasciare il posto, ma
ad un patto: che coloro che tenevano
le. leve del potere si decidessero a costruire un acquedotto che portasse
l'acqua ad Orsara. Era figlio della gleba e si batté arduamente per i cafoni,
suoi fratelli da secoli umiliati ed offesi.
E così fu l'uomo ecumenico quando,
trasferitosi a Foggia, coprì cariche che
lo portarono sempre più in alto. L’ecumenismo tanto discusso, se da farsi al
vertice o partendo dalla base, egli lo
visse nella dimensione della fedeltà in
senso verticale che è discernimento
tra forma ed essenza e quindi scelta.
Quando ci si ritrova in Cristo ci si sente più vicini gli uni agli altri cioè fratelli.
3) Siccome nella grazia del Signore si cresce il nostro, in questo ultimo
periodo, volle darci come il frutto di
una meditata riflessione della vita vista sotto l’angolatura del Cristo Maestro e Signore. Chi più di lui, del resto,
come Presidente del Tribunale per la
difesa dei minorenni, venne in contatto con tante miserie umane cercando
di lenirle e di curarle in una ridda di
problemi spinosi ed insolubili, a volte.
Fu così che ci ha dato il frutto di
una sofferta meditazione dando al tempo stesso sfogo ad una vena artistica
e poetica che gli era congeniale. In
questi scritti c’è dialogo, non presunzione di retore ma ricerca di dare un
messaggio di coraggio e di forza a
quanti soffrono.
A questo punto dobbiamo ripeterlo, innanzi tutto ai familiari, per i quali l’improvvisa dipartenza apre un vuoto incolmabile, e poi a tutti amici e
fratelli nella fede: cerchiamo di non
perdere l’eredità spirituale che ci è venuta attraverso questo testimone. Solo così, raccogliendola nei nostri cuori, la sua memoria continuerà ad esserci in benedizione nel periodo più o
meno breve di questo nostro faticoso
pellegrinaggio.
G. E. Castiglione
le e possente al canto della assemblea
riunita.
Amava ritrovarsi tra fratelli; paziente ne ascoltava tutti i problemi.
E c’era sempre qualcuno che andava
dal fratello Loffredo per consiglio, per
aiuto; nella certezza di trovarlo, con il
perenne sorriso sul volto, disponibile
per ogni cosa.
P. A. Loffredo lo ricordiamo magistrato valente, autore anche di scritti
giuridici e di saggi poetici. A rendergli
l’estremo saluto c’era una folla di gente; colleghi magistrati, amici, conoscenti, più gente semplice, silenziosa,
commossa.
Lo ricordiamo buono e fedel servitore. Per la coerenza con cui, per tutta la vita, ha reso sempre e dovunque
la sua testimonianza all’Evangelo.
Amava con vigore tutto particolare i
bambini, con trasporto ancora maggiore i bambini poveri, soli. Questa la
dedica che è possibile leggere alla prima pagina del suo volumetto « Il divorzio »;
« agli orfani neri di lutto
agli orfani bianchi di abbandono
agli o^ani d’amore,
ai bambini minorati,
colpevoli d'innocenza,
negletti nella sporcizia,
privati di cibo,
illividiti di percosse,
incatenati mani e piedi
di giorno e di notte,
ai lettini di ferro,
ad opera di carnefici
(d’istituti laici e religiósi)
ingrassati dalla civiltà del benessere.
Un giorno il Divino Maestro, respingendo le opposizioni dei discepoli accoglieva e benediceva i piccoli fanciulli, indicandoli a simbolo di cittadini
del Regno. Oggi il Cristo deterge le
lacrime e raccoglie il sangue di questi
muti agnellini, che continuano nel
corpo la passione della Croce ».
M. Campanelli
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AVVISI ECONOMICI
SIGNORE anziano valdese, residente Milano,
cerca, pieno tempo, signora/ina, governante. Stipendio, vitto, aUoggio. Telefonare Milano, ore ufficio, 02/432913 o 4695352 oppure scrivere Ditta ORMA, Via San Vittore 27, 20123 Milano.
La famiglia del compianto
Levy Ribet
commossa e riconoscente per la grande dimostrazione di stima e di affetto
tributata al suo caro, ringrazia tutti
coloro che con presenza, opere di bene,
parole di conforto e scritti hanno preso parte al suo immenso dolore.
Esprime inoltre particolare riconoscenza al pastore Sig. A. Deodato, al
dott. Ros Sebastiano Raoùl ed ai vicini che si prodigarono e furono larghi
di aiuto nella luttuosa circostanza.
Miradolo, 2 ottobre 1974.
RINGRAZIAMENTO
I genitori della cara
Andreina Giordano
profondamente commossi e riconoscenti, nell’impossibilità di farlo personalmente, ringraziano tutti coloro
che, con fiori, opere di bene, scritti,
parole di conforto, vollero alleviare il
loro dolore.
Ringraziano in modo particolare ; il
pastore A. Deodato, il dott. G. Bisacco, il dott. G. Deodato, la Soc. Talco
e Grafite Val Chisone, i sigg. Condomini.
« Ma Iddio riscatterà l’anima mia
dal potere del soggiorno dei morti, perché mi prenderà con Sé ».
(Salmo 49; 15).
Pinerolo, 3 ottobre 1974.
8
pag. 8
I NOSTRI GIORNI
N. 40 — 11 ottobre 1974
Continuando il dibattito
suH’autonomia delle Valli Valdesi
Popilo e chissà, ieri e oggi
Torino, 9 ottobre 1974
Gentile direttore,
dairarticolo di Roberto Nisbet sull’Eco/
Luce del 4 ottobre risulta ribadita Tostilità
verso Tautonomia delle Valli Valdesi da parte della Chi^a Valdese o di chi la rappresentava trent’anni fa. Questa opposizione viene da lontano e cerco di rintracciarne l’origine storica. Credo che si debba risalire al
giro fra il XVII e il XVIII secolo per vedere
i Valdesi perdere o trasformare il loro senso
di indipendenza. È il passaggio da Leger, non
a caso tanto vituperato, ad Arnaud, che
lascerà i Valdesi delle Valli sudditi dei Savoia e ne porterà un’altra parte in Germania
a fare i sudditi di altri principi. Diversa fu la
storia della colonia valdese di Ginevra.
Per alcuni storici siamo negli anni in
cui nasce l’Europa Moderna. I Valdesi
si chiudono in una società pietistica e protetta. È questo il « ghetto » da cui hanno
stentato ad uscire. Questa società aveva una
certa autonomia (scuole, ospedali, e anche
professionisti, negozi, ecc.) di cui in genere
si accontentava. Sul piano culturale si accentuò una dipendenza dal di là delle Alpi fino
ai Paesi nordici, sul piano economico-sociale
l’emigrazione, su quello religioso con il Risorgimento l’azione tornò a volgersi verso l’Italia.
Dopo la Rivoluzione Francese la Chiesa in politica diventò prudente, obbediente, e col tempo volendo essere apolitica diventò antipolitica. Col fascismo il suo comportamento, pur
tenendo conto delle manifestazioni di ammirazione e di imitazione, non è di adesione
come quello della Chiesa Cattolica, ma —
considerate l’intima contraddizione e le conoscenze che si avevano e le conseguenti responsabilità — non stupisce che ci si aspettava molto di più. Difatti questo schema molto
semplificato non riguarda tutta la Chiesa, tutto il Popolo Valdese. Cosi la Chiesa Valdese
nel suo complesso, nelle sue istituzioni, non
si trovò preparata per l’autonomia delle Valli
Valdesi.
Ora due osservazioni. Primo. La Chiesa
Valdese nelle Valli c’è e in politica, volenti o
nolenti, bisogna tenerne conto, come bisogna
tener conto delle sue scuole, ospedali, ecc. e
della sua influenza nella civiltà. Così come si
deve tener conto del fatto che nei Paesi detti
arabi c’è l’Islam, nel Viet Nam il buddismo
e a Roma il Vaticano.
Secondo. Adesso non si tratta di autonomia
dei Valdesi, ma delle Valli Valdesi. È con
amaro divertimento, sìmile a quello che Roberto Nisbet prova a leggere della Repubblica del Sale, che constato che si naviga negli
equivoci e che trent’anni non sono bastati ad
aprire gli occhi. Non sono bastati sia pur
mitigati successi dell’autonomia in Val d’Ao
Biennio sperimentale
(segue da pag. 7)
mento e hanno lo scopo di dare una
preparazione culturale di base, le altre
permettono un primo orientamento
non vincolante e corrispondono all’incirca agli insegnamenti che caratterizzano i licei classico, scientifico e artistico, l'istituto magistrale e l’istituto
tecnico commerciale. È stato infatti
garantito che la frequenza del biennio
ha lo stesso valore della frequenza in
qualsiasi altra scuola media superiore
e che pertanto i ragazzi potranno tranquillamente trasferirsi in un'altra scuola se e quando lo vorranno.
Tuttavia per non lasciarci sfuggire
l’opportunità di avere nella valle questo tipo di scuola superiore occorre
avere un minimo di 15 iscrizioni. Gli
esponenti degli enti locali hanno assicurato la mensa gratuita e un contributo per il trasporto alunni e per i
libri di testo.
Nonostante encomiabili sforzi è doveroso annotare come sulla scuola pesino ancora remore difficilmente accettabili. Manca infatti la volontà politica
di attuare quel salto di qualità che faccia della scuola un centro vivo, sensibile ai problemi reali del Paese. Non
sono soltanto le strutture anchilosate
ad impedire ai docenti di essere meslio preparati. Gli ultimi avvenimenti
fl'ersi abilitanti, stato giuridico) hanno
dimostrato che si preferisce assumere
insegnanti con sistemi che danno scarse garanzie di serietà allo scopo di
mantenere la scuola in uno stato di costante inferiorità, impedendole di sottrarsi ai centri di potere.
Rimane inoltre, per noi evangelici,
la grossa ipoteca della presenza fra le
materie obbligatorie dell’educazione religiosa (cattolica naturalmente). La richiesta di porla fra le facoltative o che
almeno si tenesse conto della situazione locale permettendo ai ragazzi che
lo volessero di avere in quell’ora un
insegnamento alternativo ha ricevuto
una risposta alquanto evasiva. Vedremo se l’ampia discrezionalità che il
preside afferma di aver ricevuto da Roma gli permetterà di attuare quanto
richiesto.
Per il resto speriamo che la scuola
sappia inserirsi nel tessuto sociale della valle cancellando le perplessità fatte affiorare da un sì improvviso ed imprevisto inizio; non ultima quella legata al fatto che siamo in prossimità
delle elezioni amministrative locali.
Direttore responsabile: Gino Conte
Reg. al Tribunale di Pinerolo
N. 175 - 8/7/1960
sta, nel Sud-Tirolo, in Sicilia e Sardegna, né
che tutta la Repubblica Italiana si sia avviata a realizzare le autonomie, come e forse
anche oltre quel che prescrive la Costituzione.
No, quest’autonomia non s’ha da fare. Le
Valli, volta a volta esaltate o irrise, restino
strumentalizzate come un trampolino per la
Chiesa e da ghetto fecondo diventino come
fatalmente sono emarginate, magari beneficate onde assicurar loro un’onorevole vecchiaia.
Conforto ai vecchi e bando ai ragazzi! Qualche lacrimuccia sulle immagini di un mondo
che scompare.
Il problema è quello del delicato passaggio dalla società religiosa alla società civile.
Non si tratta adesso del Popolo Valdese ma di
quello delle Valli Valdesi, che dal primo ha
preso una grande eredità, ma ne è distinto.
Questo non vuol dire che non intercorrono
dei rapporti. Si tratta adesso della scuola di
Massello che chiude. Si tratta adesso di vedere che fare; di quale autonomia, perché il
quadro cambia; di riguadagnare il tempo
perduto. La crisi colpisce ma rivalorizza anche
gli emarginati. Si profila un’inversione di
tendenza. Le frontiere del 700, dopo l’esasperazione nazionalista, sono rimesse in discussione. Le Alpi, nel loro complesso, sono riprese in considerazione. Non si tratta di un’autarchia economica, che i Valdesi non hanno
mai avuto; né di compiacersi qualunquisticamente se i Valdesi, come tanti altri, alla Liberazione od oggi, pressati da esigenze immediate non ce la fanno a guardare più in là
di queste. Si tratta di un’autonomia politicoamministrativa particolare, come particolare
ha da essere ogni autonomia.
Comprendo e non sottovaluto le ragioni di
Roberto Nisbet, e di altri di destra e di sinistra. Ci sono degli equivoci? La « borghesia » valdese si è fatta le sue nicchie (so quanto è equivoca questa parola « borghesia »,
specialmente se applicata ai valdesi, eppure
bisogna usarla), perciò il problema riguarda
innanzitutto gli altri. L’espressione di una
presa di coscienza fu allora di pochi, non soltanto borghesi, e il riflusso generale la soffocò, o piuttosto la mise sotto il moggio. La
cecità impedì a molti di vedere un’aspirazione molto più ampia. È un’impresa difficile.
Me ne rendo ben conto stando a tavolino. I
tempi cambiano, la stessa autonomia si prospetta diversamente, le Comunità Montane
stanno appena nascendo e ci si accorge che
non bastano. I Valdesi non sono più un serbatoio per alpini e carabinieri. Non mi si
fraintenda. Vedo i lati positivi. Parlando di
alpini penso anche a Piero Jahier.
Bisogna farsi greco ai greci e turco ai turchi. Sapranno i Valdesi essere o rifarsi cittadini delle Valli ai cittadini delle Valli senza
con questo tradire quella che credono essere
la loro missione verso l’Italia, anzi eventualmente traendone forza? Io Io credo, o piuttosto lo spero. So che bisogna essere più costruttivi. Che non basta parlare di montanari,
di Europa, di cittadini del mondo, di diritti
civili. Sento la mia personale insufficienza.
Ed è bene così.
Gustavo Malan
Ridurre l'orario
di lavoro?
Niente affatto
Il pastore Karl Heinz Neukamm e
l’intero personale (1700 persone) degli
Istituti Rummelsburger della Missione
Interna evangelica in Baviera, hanno
chiesto che la riduzione dell’orario di
lavoro, la quale con il 1° ottobre verrà applicata a livello nazionale nei pubblici servizi, non venga applicata nei
loro istituti. Il lavoro a immediato contatto con l’uomo non è paragonabile
— hanno dichiarato — con quello che
si svolge nell’industria, nel commercio
e in tanti uffici. C’è da chiedersi se è
possibile e lecito sottrarre per altre
due ore a persone anziane, malate,
handicappate o di difficile educazione
la presenza dei collaboratori, e sottoporle a un ulteriore avvicendamento
delle persone con le quali sono in relazione. Inoltre la riduzione dell’orario
di lavoro avrebbe pure conseguenze
economiche, fra cui anzitutto l’aumento delle rette già assai elevate. Non
è giusto che i più deboli della società debbano soffrire perché i più
forti siano alleviati. Il past. Neukamm
ha espresso la speranza che anche altri gruppi sociali comprendano queste
riflessioni e, chissà, vi si associno.
cronache antimilitariste e di azione nonviolenta
La “disubbidienza civile,,
promossa dai sindacati
La nonviolenza, ci diceva recentemente un amico obiettore di coscienza, è una merce da esportare: la sua
vitalità non può restare prigioniera dei
cerchi ristretti dei movimenti nonviolenti, dei piccoli gruppi di base o delle
chiese.
Un’osservazione questa che viene ad
essere confermata proprio in questi
giorni in cui i sindacati torinesi stanno lanciando una campagna basata su
uno strumento classico dell’azione nonviolenta: la disobbedienza civile.
Un’iniziativa che ha registratoto reazioni contrastanti, provocando se non
diffidenza perlomeno scarso interesse
anche laddove avrebbe dovuto trovare immediata comprensione. Riteniamo perciò che valga la pena di esporre brevemente le motivazioni e le modalità di questa « disobbedienza civile », anche se j giornali ne hanno già
parlato diffusamente; anzi, proprio per
norid - sud - est - ovest
■ Il 14 ottobre tre milioni e mezzo di elettori si recheranno alle urne nel Kenya
per l’elezione del nuovo Parlamento, dopo che
il presidente Jomo Kenyatta è stato confermato per la quinta volta alla guida dello
Stato, senza consultazioni elettorali. Alle
elezioni partecipano settecento candidati del
KANU, Kenya African National Union, il
partito unico del paese.
I I 44 componenti il « Gruppo mondiale
dei Paesi produttori di caffè », riuniti a
Londra, hanno deciso di trattenere il 20%
del raecolto esportabile di caffè della stagione
1974-75, con lo scopo essenziale di controllare l’offerta, iper evitare che grandi quantità
di caffè cadano in mano di pochi speculatori, con il rischio che portino i prezzi al ribasso. Il caffè è il secondo o terzo prodotto di
interscambio mondiale e il suo valore commerciale ammonta a 8 miliardi di dollari (oltre cinquemila miliardi di lire), incluso il caffè
esportabile e quello di consumo interno di
ogni nazione.
H È stata decisa la costituzione dì un gruppo di lavoro incaricato di studiare la ristrutturazione dei cantieri navali messicani,
nel quadro dell’ampia cooperazione industriale tra ITtalia (in questo caso tramite la cc Italcantieri ») e il Messico.
I È stato scoperto nel Gallo di Pohai
(Mar Giallo) un grande giacimento petrolifero, denominato a Shengli », «Vittoria».
Dopo quelli di Taching e di Takang, è que
sto il terzo grande campo petrolifero scoperto in Cina dopo la rivoluzione. La Cina, in
passato considerata povera di petrolio, ha raggiunto rautosufficienza una diecina d’anni fa
e ha cominciato a esportarne.
iiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiitiiiiitiiiintiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimi
Facce di bronzo
Nel corso dell’attuale sessione annua dell’Assemblea delle Nazioni Unite, al Palazzo
di vetro di New York, il ministro degli esteri della Cecoslovacchia, Bohuslav Chnoupek
ha proposto l’apertura di un’inchiesta delrONU e l’adozione di misure adeguate sulle
« gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, perpetrate dalla Giunta militare cilena ».
Il delegato cileno, Julio Duran, ha replicato che il rappresentante cecoslovacco « parla
di una libertà che non conosce » e ha chiesto
se il governo di Praga autorizzerebbe un’inchiesta sull’invasione delle truppe del Patto
di Varsavia, aggiungendo che « sarebbe utile
se il Ministro degli esteri cecoslovacco ci dicesse quanti sono coloro, i quali soffrono a
causa dei diritti civili e della libertà conculcati in quella Nazione satellite » come in altri dell’Europa orientale. « Noi — ha concluso — ci siamo liberati e l’esempio del Cile
dovrebbe rappresentare un esempio per gli
altri popoli liberi sul pericolo del sistema sanguinario, imperialistico e aggressivo dell’Unione Sovietica ».
La sfrontatezza non ha limiti, né colore.
Caop. Tip. Subsipinn - Torre Pelliee (Torino)
SFRUTTAMENTO
Abbiamo riportato, nel n. precedente di questo
settimanale (col titolo: « Operai stagionali in Svizzera »), la prima parte d’un articolo pubblicato da « Voce
Evangelica » del luglio-agosto c. a., e
tradotto dal « Kirchenbote » del cantone di Zurigo. Riportiamo la seconda ed
ultima parte dell’articolo.
« Nel 1973 il Consiglio Federale Svizzero ha emesso nuove disposizioni che
hanno notevolmente peggiorato la situazione degli operai stagionali, imponendo una rotazione forzata, in quanto
essi devono lasciare la Svizzera dopo
un periodo massimo di nove mesi ( in
realtà 8U2), con una pausa di lavoro di
almeno 3 mesi. E durante questi 3 mesi
(come s’è visto la settimana scorsa)
non vale nessuna misura assicurativa.
Questa rotazione forzata di 192.000 stagionali è del tutto contraria alla politica d’inserimento proposta da parte
ufficiale. Il Consiglio Federale si è piegato alla pressione esercitata dai datori di lavoro, che esigevano un maggior numero di lavoratori, nonché alla
pressione esercitata dal consigliere nazionale Schwarzenbach, che prevede eccezioni per quanto concerne la categoria degli stagionali, i quali non possono
essere considerati come parte della popolazione, in quanto non hanno gli
stessi diritti.
Il Centro protestante di Losanna, un
istituto della chiesa riformata del cantone di Vaud, si occupa di questo problema da una decina di anni, e una
parte della presente relazione è basata
sulle sue ricerche. La lunga separazione dalla famiglia mette in grave pericolo i rapporti matrimoniali e l'educazione dei figli. Spesso avviene che le
relazioni extraconiugali diventano più
importanti di quelle legali che si riducono a soli tre mesi di convivenza. Cosicché molte famiglie raggiungono il
loro congiunto alla chetichella e si adattano a vivere nascoste, quasi alla
macchia.
Tali condizioni sono umilianti e non
degne del nostro paese. Per cui o si
rinuncia agli stranieri stagionali o si
garantisce loro condizioni di vita dignitose, una vita familiare normale e migliori diritti legali. Ciò significherebbe
accogliere un numero ancor più ridotto
di stagionali, anche se ciò comportasse
Echi della settimana
a cura di Tullio Viola
restrizioni economiche, ma a patto che
gli stagionali potessero vivere al pari
di noi ».
Dispiace, dispiace veramente che la
ospitale Svizzera, che è sempre stata
aperta e generosa (a parte, s’intende,
la sua proverbiale e raffinata industria
turistica), si comporti così male verso
buona parte del proletariato straniero.
Bisogna veramente concludere che il
capitalismo (e qui si può propriamente dire: "l’alto capitalismo”) riesce, col
tempo, a rovinare anche le migliori
qualità d’un popolo.
PORTOGALLO ATTO TERZO
if Sembra indubbio che i tempi del
travaglio politico portoghese, sono e
saranno molto lunghi. In attesa di tornare, quando sarà il momento, sul tema, limitiamoci oggi a riportare (dal1’« Espresso » del 6 c., artic. di Paolo
Mieli) il « film » degli avvenimenti, soltanto con qualche leggera sottolineatura.
Basterà questo, crediamo, perché i
nostri lettori possano farsi un’idea di
quanto il travaglio portoghese sia complicato e difficile da valutarsi.
« Il primo atto del dramma comincia
il 22 febbraio scorso quando viene
stampato il libro del generale Antonio
de Spinola "Portugal e o futuro": quel
giorno si mette in moto il movimento
dei giovani ufficiali, che il 25 aprile
porterà al rovesciamento della dittatura salazariana con quella che passerà alla storia come “la rivoluzione det
fiori”. Il secondo atto inizia il 22 maggio, quando i partiti di sinistra condannano l'autorizzazione concessa a
Marcelo Caetano per espatrio in Brasile: è il primo sintomo, dicono le sinistre, di un lento slittamento a destra. Lo slittamento continua: il 29
maggio a Porto il generale de Spinola
denuncia “il disordine e l'anarchia che
hanno invaso il paese"; nel mese di
giugno un decreto legge limita la libertà di stampa, il maggiore Mariz Fernandes censura alcune trasmissioni televisive, molte leggi proposte dai partiti di sinistra vengono respinte, un ex
ministro del governo Caetano, Veiga
Simao è nominato
rappresentante all’ONU, non si parla
più della concessione dell’indipendenza alle colonie. Il 9
luglio il presidente del Consiglio Adelino Palma Carlos, un liberale moderato, si dimette ed ha così inizio una
crisi di governo dietro cui si nasconde
il primo braccio di ferro fra de Spinola
e il movimento delle forze armate. Vincono i giovani ufficiali e uno di loro, il
colonnello Vasco Gongalves, è designato primo ministro. Tuttavia la tensione non s’attenua: adesso si procede a
tappe forzate nella concessione dell'indipendenza alle colonie ma de Spinola,
in contrasto con i movimenti di liberazione, vuole che prima siano indetti i
referendum e si riserva di trattare di
persona la questione dell’Angola. In
agosto la polizia spara di persona su
giovani manifestanti. Poco dopo, quando Soares annuncia l’indipendenza del
Mozambico, i coloni ultras che, per
tre giorni, tengono in scacco la città di
Lourengo Marquez, inneggiano stranamente a de Spinola e alle sue proposte
federaliste. Il generale col monocolo,
cinque mesi prima invocato come campione della libertà, ora viene invocato
da quei ceti nostalgici del cinquantennio salazariano che, anche in Portogallo. prendono il nome di “maggioranza
silenziosa”.
Come quella italiana, la “maggioranza silenziosa" portoghese è, solo in parte, espressione della piccola e media
borghesia. Tra le sue fila annovera anche ex agenti della PI DE (la disciolta
polizia politica), gruppi dV'pieds noirs"
portoghesi tornati rapidamente in patria ad "impedire che i comunisti sfascino l’impero'’, seguaci del generale
Kaulza de Arriaga (Vanti de Spinola
del passato), leader dei settori più conservatori delle forze armate. A questa
gente de Spinola rivolge, all’inizio di
settembre, un appello affinché “si facciano sentire” e “incidano” sulla vita
politica portoghese. Tuttavia, fino al
venerdì 27.9, nessuno temeva la manifestazione indetta dalla "maggioranza
silenziosa” per il 28.9.
Soltanto venerdì 27.9 è iniziato, sull’arena di Lisbona, il terzo atto della
rivoluzione”, e nessuno può ancora prevedere come andrà a finire.
questo motivo, poiché sappiamo bene
quanto sviante e distorta può essere
l’informazione data da un certo tipo di
stampa.
Come è noto, nel pacchetto dei decreti governativi recentemente varato
per far fronte all’attuale crisi economica, rientrano anche i provvedimenti
del Comitato Interministeriale Prezzi
n. 34 e 38 relativi all’aumento delle tariffe elettriche.
«La logica di questi provvedimenti,
si legge in un documento approntato
dalla federazione dei sindacati elettrici CGIL-CISL-UIL, non si discosta da
quella dei decreti legge, e cioè: far pagare in pratica il costo della crisi alle
classi menq abbienti, e rastrellare con
l’aumento delle tariffe i fondi necessari non solo al risanamento dei bilanci
delle singole aziende dei pubblici servizi (ferrovie, trasporti urbani, acqua,
gas, luce...) ma soprattutto per finanziare i programmi di investimento dei
medesimi, facendo gravare essenzialmente sui ceti più popolari la fornitura dei servizi sociali. Ancora una volta
il governo con il metodo del decreto
legge (in questo caso con un provvedimento CIP) ha impedito al Parlamento di affrontare per la prima volta i
problemi connessi al sistema tariffario
dell’energia elettrica e, più in generale,
alle scelte di politica energetica dell’ENEL ».
Questo mentre esisteva un preciso
impegno a dibattere preventivamente
in Parlamento tutta la materia (Art. 6
legge 253 del 1973: ...Entro il mese di
giugno 1973 il governo presenterà al
Parlamento un progetto di riforma generale della tariffa elettrica chiaramente finalizzata: 1) a permettere all’Ente di realizzare programmi a lungo termine di sviluppo del settore energetico, con particolare riguardo al settore
nucleare; 2) a promuovere lo sviluppo
della piccola e media industria; 3) ad
incentivare lo sviluppo del Mezzogiorno e delle zone depresse del paese).
Le nuove tariffe porteranno così all’ENEL circa 750 miliardi annui in più.
di cui 400 dovuti all’introduzione del
sovrapprezzo termico, e 350 all’aumento vero e proprio delle tariffe. Di questi ultimi, il 45% verrà pagato dagli
utenti domestici, il 52% da commercianti, comuni, artigiani, dalla piccola
e media industria, mentre solo il restante 3% graverà sulla grande industria, che consuma ben il 18% del totale dell’energia prodotta.
« 750 miliardi annui in più — concludono i sindacati — senza avere uv controllo sulle scelte e gli investimenti
dell’RNEL. Finora l’Ente ha costruito
quasi esclusivamente centrali termiche,
senza nessun sviluppo della produzione nucleare e l’utilizzazione piena di
tutte le risorse naturali esistenti fcarbone, acqua) per poter ingrassare i petrolieri (vedi il maliardo passato dai
petrolieri attraverso l’ENEL alle casse
dei partiti governativi) ».
Da questa situazione viene la decisione dei sindacati di « disubbidire »,
rifiutandosi di pagare gli aumenti sino
a quando non si riunirà la Commissione Nazionale per il riesame delle tariffe, secondo gli impegni assunti dal Ministro dell’Industria. Più precisamente
i sindacati chiedono ai lavoratori di
non pagare le bollette, ma di versare
su moduli predisposti dai sindacati
stessi il 50% dell’importo richiesto,
quale acconto sulle nuove tariffe che
dovranno venire contrattate. Il tutto
richiederà ovviamente un lungo e paziente lavoro di sensibilizzazione, nel
quale i sindacati saranno affiancati dai
comitati di quartiere.
È una decisione che non possiamo
non definire responsabile e coraggiosa.
Responsabile, poiché non chiede altro
alla legge se non di rispettare se stessa, accogliendo un metodo di lotta nonviolento e responsabilizzante; coraggiosa, perché rappresenta una delle prime « sortite » delle organizzazioni dei
lavoratori dall’ambito del posto di lavoro: dallo sfruttamento nella fabbrica a quello nel quartiere, nella vita
« civile ».
Non ci resta dunque che augurare
un esito positivo all’iniziativa, non solo sotto il profilo del suo successo materiale, ma anche sotto quello della crescita e della maturazione politica e democratica dei lavoratori.
Luca Negro
La FIAT e la “Pro Dea"
Roma (Relazioni Religiose) - La FIAT ha
deciso di affidare alla università cattolica
» Pro Deo » di Roma l’organizzazione dei corsi per la formazione manageriale e la gestione della Fondazione industria-università, della Scuola di amministrazione industriale e
dell’Associazione scuole di formazione. Tali
iniziative erano sinora gestite per conto della
FIAT dalla Fondazione Agnelli, anche essa
appartenente al gruppo FIÀT. La gestione di
tali iniziative da parte della « Pro Deo » assicurerà all’istituzione cattolica un notevole
reddito finanziario.