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Asso vm — N. 4.
II SEHIK
28 Febbeajo 1859.
LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la verità uella carità. — Epbs. VI. 15.
PREZZO DI ASSOCIAZIONE
Per lo Stato [franco a destinazione].... £. 3 00
Per la Svizzera e Francia, id........... t» 4 25
Per r Inghilterra, id................... „ 6 60
Per la dermania id................... „ 5 50
Non si ricevono associazioni per meno di un anno. \
LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
In Tobiko airUffizio del Giornale, via del Principe
Tommaso dietro il Tempio ValdeseNelle Peovincib per mezzo di franco-bolli postali, che dovranno essere inviati franco al Di*
rettore della Buoiìa Novella.
AU’estero, a’seguenti indirizzi: Parigi, dalla libreria C.Mcyrueis, rue RìtoIì;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franco-bolli
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
Festa della emancipazione nelle Valli valdesi. — Studj biblici, il dltavio in (ved. N. 1 e S). — Società di Nizza per la publicazione d’opere cristiane In lingua italiana, ausiliaria della Società dei
Trattati, in Torino. —Il cristianesimo di V. Gioberti, giudicato da un cristiano evangelico.—Cronaca della quindicina.
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FESTA
DELLA EMANCIPAZIONE NELLE VALLI VALDESI.
Carissimo Amico!
Voi sentirete con gioja, come molti lettori del vostro
giornale, che giovedì scorso, 17 corrente, abbiamo celebrato
l’undicesimo anniversario della nostra Emancipazione. Per
non moltiplicare le feste, e forse per un certo riguardo ai
nostri cattolici romani, il Sinodo avea deciso che se ne celebrasse una sola, quella dello Statuto, la quale, essendo puramente civile, deve interessare egualmente l’intera popolazione. Ma la nostra gioventù del Collegio non si scandalezzà
d’un giorno festivo di più nell’anno, e vuole rallegrarsi delle
franchigie religiose non meno che delle civili. Già da due
o tre anni incorsero il castigo, per aver dato vacanza ai prò-
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fessori, e quest’anno ancora si sapeva che erano disposti a
subire la stessa pena. Si è creduto più opportiino di prevenire il delitto ; e non furono date che parte delle lezioni.
Gli studenti si sono divertiti in modo decente ed onesto.
Passando per la Torre, Monsignor Reynaldi, vescovo di Pinerolo, gli fecero riverenza ; e rincrebbe loro, quando dissi
ch’egli era uno di quei generosi che avevano supplicato per
la nostra Emancipazione, di non avergli in qualche modo
attestato la loro gratitudine.
Il Pastore di Torre riunì nel tempio i ragazzi delle
scuole, in numero di quattro in cinque cento. Ogni scuola
portava la bandiera tricolore. Fu fatto un culto adattato a
quel gentil uditorio, e s’andò, come in giorno di primavera,
a terminare la festa nella prateria che stendesi davanti al
tempio dei Coppiers.
A San Giovamii furono le Signore che fecero pranzo d’allegria. Non furono però sole a celebrare la festa. Mentre
esse òccupavano la scuola delle ragazze, la benemerita
“ Unione Valdese, ” adomava la scuola maggiore che doveva, alla sera, raccogliere i numerosi socii delle comunità vicine, di Prarostino, Angrogna, Torre, Villar e
Rora. Si fece pieno e zeppo quel locale a voi ben noto e
caro. Era presente il Pastore del luogo, con quelli di Torre,
d’Angrogna, i quali, dopo la lettara del Capitolo v aiGalati,
fatta dal presidente, furono invitati specialmente a prendere
la parola. La libertà era l’argomento interessante dal quale
non piaceva a nissuno che si uscisse. Si parlò generalmente
dei frutti morali e réligiosi che l’Emancipazione avrebbe
dovuto partorire ; ed un rapporto preparato da uno studente,
su quell’argomento, confermava la dolorosa riflessione già
fatta, sulla mancanza di cotali frutti. Potrei dirvi ancora
del lieto e semplicissimo banchetto che seguì, dei giulivi
canti che lo precedettero e lo seguirono. Ma per non riempire le vostre colonne di troppe cose che non sono d’interesse generale, mi permetto di trascrivei’vi piuttosto le
spiegazioni che fui invitato a dare, del primo versetto del
capitolo sovraccennato. “ State adunque fermi nella libertà,
“ della quale Cristo ci ha francati, e non siate di nuovo
“ ristretti sotto il giogo della servitù.
“ Libertà ! parola potente ! Che si proclami iu un paese, e
vedete universali trasporti di gioja, e d’entusiasmo, che si
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rinnovano d’anno in anno, come avviene da noi, sin dai bei
giorni della nostra Emancipazione e della Costituzione. Che
si profferisca in un esercito il nome di libertà, e si accenni
ad essa come fine di una guerra, e vedrete ogni soldato correre alla pugna, anelante a vittoria ovvero a morte, come
ciò si vide, or sono undici anni, e come si vedrà forse ancora.
“ Quale bel favore, qual precipuo bene, quale prezioso
dono è dunque, secondo il parere di tutti, la libertà !
“ Amici cari ! il Vangelo bandisce pur esso una parola di
libertà ; e quest’annunzio ben inteso, desta gioja che non è
più placida, se non perchè è più permanente, perchè è sempiterna, perchè scende nell’interno del cuore, sale alla fronte,
splende nello sguardo, avanti di scoppiare sulle labbra.
“ L’apostolo ci parla qui di quella libertà che da Cristo
ci è stata procacciata, e che è l’oggetto speciale dell'Evangelio !
“ Egli è relativamente all’antica legge ed agli effetti della
medesima, relativamente al peccato ed al promotore del
medesimo, cioè il maligno, che il Vangelo tratta di libertà,
limitandosi a quei punti fondamentali, essenziali dai quali
ogni altra libertà dipende.
“ Ed ecco in che consiste queU’aiFrancamento della legge;
senza essere astretti alle forme rigorose di Moisè, alle purificazioni ceremoniali, ai sacrificii, alle continue effusioni di
sangue, godiamo gratuitamente in Gesù Cristo non solo il
vantaggio d’essere il popolo di Dio, ma quello ancora molto
maggiore d’una reale espiazione dei nostri peccati, locchè
ci vale moltissima libertà nel cuore e nell’azione. Quello è
l’affrancamento dalla legge cerimoniale ; ma non è l’unico.
“ Eziandio riguardo a quei comandamenti della legge
morale, che costituiscono la regola immutabile dei nostri
doveri. Cristo ci ha emancipati. Infatti che dice egli ? Egli
non dice ; “ a patto che facciate tutte quelle cose che vi
sono prescritte, viverete ; (poiché sarebbe questa parola sentenza di condannazione, e nulla più ;) ” anzi ei dice : io
sono la vita : credete in me, ed avrete vita eterna. ” Codesto
sommo dono dell’eterna vita, giungendoci gratuitamente,
per G«sù Cristo, senza merito di opere, e senza condizione
legale, operate non più (tome servi per meritare salvezza,
ma come figliuoli diletti perchè siete salvi, e bramate di
mostrarvi degni di una cotanta grazia.—Gesù Cristo avendo
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tolto su di sè i nostri peccati, ce ne ha sgravati, e ci giustifica. Codesto impareggiabile dono di giustificazione, giimgendovi gratuitamente, pei soli meriti di Gestì Cristo, per
una sentenza emanata dal trono superno di grazia, mediante
la fede, quando ancora non siete che un empio, vi arreca
istantanea emancipazione : il sommo comandamento di “ amare Dio con tutto il cuore e tutta l’anima, ” il cui adempimento vi era impossibile, perchè l’inclinazione di natura
gli è ribelle ed av\^ersa, per quella manifestazione della grazia di Dio, passa nei vostri cuori, xì si scolpisce, e lo praticate allora, e con esso la legge intera, per brama di santità anziché di perdono e di giustificazione, per la libera elezione, anziché per paura o servilità.
“ Voi lo vedete, amici cari, Gesù Cristo coU’aifrancarci
dalla legge, non ci ha procacciato libertà di peccare. Infelice
colui che in siffatto modo travolgesse il senso della' parola
evangelica ! La libertà che Cristo ci ha procacciata non è
di peccare, ma al contrario, di non peccare. Di fatti non
ha egli posto in chiara luce, davanti ai nostri intendimenti
ottenebrati e traviati, quello che sia vivere secondo Iddio,
e somministrato, coll’esempio suo, il più sicuro mezzo di
evitare il peccato, che altrimenti, secondo l’espressione d’un
profeta, tranguggieremmo come acqua, senza accorgerci del
male che fixcciamo? Non ha egli fatto palese l’amore immenso di Dio, e per così efficaci attrattive, sciolto i cuori
presi nelle insidie della corruzione, della cupidigia ? Egli è
in questo modo che Cristo ci ha francati dal peccato, e da
Satana promotore del peccato.
“ Che fra tutte le emancipazioni questa sia la più preziosa,
voi che r avete assaggiata, non ne dubitate. Ed ognuno
potrebbe di leggieri convincersene. Consideratene il prezzo.
Ella costò il sacrifizio deH’Unigenito di Dio ! Or se ogni bene
vuole essere apprezzato dal prezzo che costa, quale altro è
pareggiabile a questo ? Considerate il peso onde Cristo ci
affrancò : il peccato, e la condanna, l’eterna perdizione che
altrimenti ci sarebbe inesorabilmente riserbata ! Se ogni
liberazione si apprezza in proporzione dei mali scansati,
quale può dirsi più preziosa ? Considerate i vantaggi positivi
che Cristo ci ha procacciati : la pace con Dio, la partecipazione alla beatitudine divina sin dal tempo presente e per
l’eternità!
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“ Forti (li questa libertà cristiana, apoggiati al Vangelo
che l’assicura-, i nostri antenati antiposero un giogo ferreo,
anzi che dividere cogli altri cittadini i vantaggi civili, nelle
tenebre dell’errore, sotto il dominio clericale. Ora che siamo
per opera del magnanimo Carlo Alberto emancipati e partecipi dei comuni beni, non staremo noi fermi nell’antica
libei-tà che Cristo ci ha largita ?
“ Ma per tenersi fermi sovra un punto, fa egli d’uopo
osservare, che primieramente occorre averlo rinvenuto, esservisi fissati ? E come si tratta qui di libertà che non può
procacciarsi chi si trova inceppato, non dobbiamo noi
primieramente essere stati posti in quella franchezza, per
opera dell’Evangelio ? Ha l’Evangelio conquistato a Dio i
vostri più intimi affetti, disperso le illusioni, portato in voi
luce, convincimento, pace ? Perseverate allora a non voler
dipendere per la vostra salute, se non da Gesù Cristo ; e
guardatevi dal cadere di nuovo nei lacci della cupidigia,
delie passioni, o delle false massime del mondo.
“ Dio ha proclamato una legge di libertà ! Dio ci vuole
liberi dinanzi alla propria legge ; non gradisce se non il
servigio volonteroso, se non l’omaggio d’una coscienza illuminata, d’un cuore fidente ed amante! Quanto irragionevole
è mai dunque il procedere di quei re che sotto pretesto di
religione, non concedono ai sudditi loro simile libertà di
coscienza, di culto ! Quanto dobbiamo congratularci, d’altra
parte, quando, entrando meglio nello spirito del re dei re, i
regnanti non solo lasciano che ognuno serva Dio secondo
la sua coscienza, ma cercano e rinvengono neUa divozione
dei loro popoli affrancati, un’autorità più morale, più gloriosa e più soda !
“ Diciamo adunque, amici cari, gloria, onore, adorazione
a Cristo solo, re dei re, per la libertà che ci ha data, affrancandoci dall’eterna morte!—Onore poi a Carlo Alberto,
per la libertà in cui ci ha posti, emancipandoci dalla servitù
dei secoli scorsi ! Onore e prosperità a Vittorio Emanuele,
per aver mantenuto la Costituzione, e lasciato libero, in
ogni parte dello Stato, l’esercizio del nostro culto !
P. Getmonat
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STUDJ BIBLICI — IL DILUVIO
III
(Vedi num. 1 e 3)
Genesi, vi, tu, vili
Poiché si tratta di cristiani sinceri, mi sarà permesso di affermare
come lo farei per me stesso, ch’è il rispetto loro per la Parola medema di Dio che li ha impegnati nella ricerca. Occorrerebbe dimostrare
che le Sante Scritture, benché non ci sieno state date come un manuale di tutte le scienze umane, tuttavia non sono in contraddizione
coi risultamenti bene avanzati di ognuna delle predette scienze, almeno nell’insieme e nei grandi tratti del loro insegnamento divino.
Ora, per nulla dire della massa d’acqua .straordinaria affatto che sarebbe stato necessaria per ricoprire tutte le più alte montagne del
nostro globo, e sorpassarle di quindici cubiti, senza cessare di riempiere gli abissi del mare, si chiese come tutte le creature, che sono
nell’aria e sulla terra, abbiano potuto trovar riparo e nutrimento, per
pili di un anno, in un’arca, le di cui dimensioni son date con grande
esattezza? Come gli animah che formano ed hanno sempre formato
speciale pertinenza di certi continenti, p. e. l’America e l’AustraUa,
in guisa che i loro fossili non si riscontrano altrove iu alcuna parte,
abbiano potuto trovar rifugio nell’arca, per essere in seguito ricondotti là dove noi li rinveniamo oggidì? Ed è onde sfuggire all’alteraativa di ammettere una nuova creazione dopo il diluvio, ovvero
un’insieme di strani miracoh, cui la Bibbia non fa la menoma allusione, che si potè e si dovette guardare piii da vicino tutti i particolari della narrazione biblica, allo scopo di assicui’arsi del suo reale
valore.
Quando accennai ad un diluvio parziale, avrei dovuto forse spiegar
subito quello eh’ io intenda con ciò. Non voglio di certo dire che il
fine propostosi da Dio sia stato solo in parte compiuto. Cotal fine
era la distruzione della razza vimana, ad eccezione di una sola famiglia, e credo fermamente che il detto scopo sia stato del tutto raggiunto. Io scorgo negli abitanti della nostra terra, qualunque sia il
lor colore o la fisica loro conformazione, dei discendenti delle otto
persone che furono raccolte nell’arca. Ma per riuscire a tale intento,
era forse d’uopo che tutta la faccia del globo fosse ricoperta d'acque?
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Si, senza dubbio, se si provasse che gli uomini avevano già popolata
tutta la terra. Ora è ciò provato? Vi ha la minima probabilità che
così fosse? Si allegò la lunga vita dei primi uomini, e si cercò di
mostrare con cifre che la popolazione della terra, alla vigilia del diluvio, potesse ammontare a più centinaja di milioni.
Si osservi bene però che la narrazione della Bibbia non istabilisce
necessariamente che tutti gli uomini sieno giunti all'estremo limite
e nemmeno al limite medio della vita naturale.
La spaventev^ole corruzione che rapidamente aveva prevalso dovette di necessità riuscire a tutte le fisiche conseguenze che l’accompagnano eziandio al presente. È detto: “ la teiTa era piena di estorsioni cioè di violenza. ” È mai supponibile che quegli uomini di alta
statura, che in ogni tempo sono stati uomini famosi (c. vi, v. 4), abbiano acquistato cotesta fama con mezzi pacifici, e non è meglio
invece ammettere che lo stato sociale, se parlare si piaò di società
con simili uomini, fosse quello di una guerra costante di ognuno
contro tutti e di tutti contro ognimo? Or, non è in tali condizioni,
lo si riconoscerà senza pena, che la popolazione tende ad aumentarsi.
La storia di tutti i tempi è unanime per testimoniarci il contrario. — E naturalmente impossibile d’indicare anche in modo àpprossimativo, quale dovette essere la cifra della popolazione antidiluviana; ma, tenendo conto delle precedenti osservazioni, non siamo
forse lontani dal vero affermando ch’ella potè essere contenuta nella
cinquantesima o sessantesima parte della superficie abitabile del nostro globo.
Or, siccome i mezzi di cui Dio si serve nel governo del mondo sono
sempre, per quanto almeno gli piace di rivelarceli, esattamente proporzionati ai risultamenti ch'ei vuole ottenere, così nulla ci obbhga
ad ammettere che il diluvio destinato a sterminare la razza umana
si sia esteso molto al di là dei confini della sua dimora.
Ma qui si presentano ancora una volta dinanzi a noi, nel lor significato, pare, assoluto, queste espressioni: “ tixtte le più alte montagne......ogni carne in cui v’è spirito di vita sotto i cieli......ogni
carne ch’è sulla terra morì. ” Come, senza usar violenza, farle significare, che ogni carne non perì e che tutte le più alte montagne non
furono coperte dalle acque? — Havvi un principio fondamentale che
ogni lettore della Bibbia deve avere presente e da cui non può dipartirsi senza pericolo, ed è di spiegare la Bibbia colla Bibbia stessa; e
dietro tale principio dev’essere fissata l’estensione ed il giusto valore
dei termini suespressi. L'attento lettore della Bibbia avrà di frequen-
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te incontrato, così nel Nuovo come nel Vecchio Testamento, dei passi
iu cui una parte, ed anche qualche volta piccola parte, è presa pel
tatto. Io mi limiterò a citarne alcuni che hanno attinenza con quelli
che ora esaminiamo.
Al capo X, ver. 25 della Genesi ci è detto che al tempo di Peleg,
figlio di Heher, pronipote di Sem, “ la Urrà fu divisa fra gli uomini.
Al capo XLi, ver. 57 dello stesso libro;” che si veniva da ogni paese
a comperar del grano', perciocché la fame s’era aggravata per tutta
la tert'a. “Al primo libro dei Ke, x, 24:” Che tutta la terra ricercava
di veder Salomone. “ In Luca, ii, 1 : ” Che tutto il mondo (propriamente tutta la terra abitabile) fosse rassegnata per ordine di Cesare
Augusto. Nell’Epist. ai Eomani x, 18: “ Che la voce dei messaggieri del Vangelo è andata per tutta la terra, e le lor parole fino,
agli estremi termini del mondo. “ Finalmente negli Atti, ii, 5: Che
v’erano a Gerusalemme, il giorno della prima Pentecoste cristiana
degli Ebrei uomini religiosi, d’ogni nazione di sotto il cielo. — È
chiaro agli occhi di tutti, che nei quattro passi precedenti, le espressioni, tutta la terra, tutto il cielo, termini del mondo, non figurano,
propriamente parlando', che una certa parte, sovente assai ristretta,
della terra e dei cieli; in particolare, i cieli non possono designare
altra cosa che quella parte di cielo che ricopre la parte corrispondente deUa terra. E se alcuno dubitasse, io lo pregherei di leggere
i primi versetti del capo ii, ed i primi del capo vii degli Atti Apostolici, dove la Bibbia stessa restringe tutta la terra ai paesi di
Canaan e d’Egitto; e le nazioni che sono sotto il cielo tutto, ad un
piccolo numero, di quelle che formavano allora l’impero romano.
Forse che sarebbe snaturare queste medesime espressioni nel racconto di Moisè, collo restringerle nel medesimo senso, limitando così
gli effetti distruttori del diluvio a quella parte della terra, qualunque
fosse, che gli uomini avevano già popolata?
Indicai l’argomento tratto dalla capacità dell’arca, e senza volermi fermare più a lungo, dirò semplicemente, prendendo i risultamenti delle ultime scoperte della storia naturale, ch’ella sarebbe
stata appena sufficiente per raccogliere la quinta parte delle specie
d’animali ch’esistono ancora oggidì, senza contar tutte quelle che
si estinsero di certo dopo il dUuvio.
Ma fin qui gli argomenti allegati in favore di un diluvio particolare sono stati essenzialmente negativi, e sento bene l’inconveniente
di tale argomentazione.
Non vi sarebbe dunque nulla nella Bibbia stessa che indicasse in
9
... Di ...
modo positivo, che quanto aveva vita sulla terra non perì nelle acque
del diluvio. -0 io m’iuganno assai, o noi troviamo al capo ix, v. 9,10
deUa Genesi una tal prova, che non si può respingere. “ E quant’-è
a me, disse Iddio, io fermo il mio patto cou voi, e con la vostra progenie dopo voi, e con ogni animai vivente che con voi, così degli
uccelli, come degli animali domestici, e di tutte le fiere della terra,
con voi; così con quelle che sono uscite fuori dell’arca, come con
ogni altra bestia della terra. ” Havvi in queste parole (gli stessi partigiani di un diluvio universale hanno dovuto confessarlo) una distinzione manifesta fra le bestie uscite dall'arca con Noè e tutte le
bestie della terra; queste ultime non sono uscite dall’arca; dunque
non vi erano entrate ; non esisteranno più tardi, ma esistono in quel
momento sulla terra. Laonde io concludo naturalmente che in quanto
alla terra ed agli animali il diluvio non è stato che parziale. Non
ignoro che per isfuggire a cotesta conclusione s’ebbe ricorso alla supposizione di una nuova creazione d’animali e forse di piante ; ma la si
è fatta in vista di un’altra ipotesi ch’io ritengo del pari insussistente.
La terra, si dice, fu ilistrutta dal diluvio, cioè, ha subito un cataclisma generale completo, in guisa che tutta la superficie dovette
essere profondamente modificata. È superfluo il provare che dopo la
fine del sesto giorno della creazione Iddio s’è riposato da ogni sua
opera che aveva fatta, cioè, che nulla aggiunse a questa creazione,
limitandosi a governarla per la sua provvidenza, ed a perpetuare le
specie delle sue creature dietro le leggi immutabili da lui medesimo
stabilite. Quanto è vero che non ha creato animali dopo il diluvio,
tanto lo è che non creò allora la vigna, o, dopo la caduta dell’uomo,
il cardo selvatico e lo spino, che presero a disputargli il possesso della
terra. E circa alla distruzione di essa, il ramo d’ulivo che la colomba
aveva strappato dall’albero e ohe teneva nel becco, basta per dimostrare che quella non ebbe la proporzione che si vorrebbe darle,
d’una vera rivoluzione tellurica.
Ancor due parole sugli agenti nell’opera della terribile manifestazione della santa ira di Dio. I testimonj oculari narrarono ciò che
han potuto vedere, le pioggie torrentali cadenti dal cielo per 40
giorni, e le acque del mare e del grande abisso invadenti le terre
lentamente, ma senza arrestarsi. Ciò che non poterono narrare, perchè non veduto, è il sollevamento del fondo di qualche mare e l’abassamento simultaneo ma insensibile de’ continenti, i quali sono
stati forse degli agenti infinitamente più potenti e più efiicaci dell’accrescimento delle acque causato dalle pioggie od anche deU’ap-
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parizione improvvisa sulla faccia della terra di acque rinchiuse nelle
profondità, che l’azione de’ fuochi sotteranei avrebbero fatto sollevare.
Senza dubbio, questa supposizione, ch’altro non è, d’abbassamenti
simultanei o successivi, nou riposa sulla testimonianza diretta della
Bibbia, ma non vi contradice in alcuna maniera, ed ha per lo meno
altrettanto valore di quella deU’eruzione dagli abissi della terra di
quella massa enorme di acque da cui ogni porzione della terra dovette essere coperta all’altezza di 15 cubiti al di sopra delle più alte
montagne.
P. L.
SOCIKTA E>1 rVlZX/t
PER LA PTTBLICAZIONE d’oPERE CRISTIANE IN LINGUA ITALIANA,
AUSILIARIA DELLA SOCIETÀ’ DEI TRATTATI IN TORINO
Nizza 23 Febbrajo 1859
Carissimo fratello.
Io vi mando qui unita la circolare e Io Statuto della Società di pubblicazione, ausiliaria della Società dei trattati in Torino, recentemente stabilita
a Nizza. H 21 del corrente, cotesta Società fece conoscere al pubblico, in
una interessante riunione tenuta nel tempio Valdese, la sua esistenza ed i
suoi piani. Oltre al presidente sign. Pilatte, molti oratori presero la parola
nella radunanza. Il sign. Pilatte, ricordando i principj della Riforma in
Italia, ba mostrato con fatti storici numerosi, che fu da prima nella classe
letteraria che n Vangelo ha fatto le sue conquiste nel secolo XVI, avanti
di propagarsi fra la massa del popolo. Passando ai tempi moderni, egli ha
comprovato che a’ dì nostri, è qnasi esclusivamente fra le persone incolte
che il Vangelo si spande. Nello rallegrarsi di questo fatto, ha chiesto a sè
medesimo se vi fosse mezzo, senza negligere gli altri, d’evangelizzare quella
numerosa classe d’uomini colti, i quali disgustati delle superstizioni romane,
sono travolti nello scetticismo e nella incredulità, ed ha presentato l’opera
della nuova Società come uno de’ mezzi i più proprj a raggiungere tale
scopo.
In una allocuzione bene concepita e pronunziata nel bell’idioma d’Italia,
che non si può udire senza ammirarlo, il sign. Bruschi evangelista ha perorato calorosamente la causa della sua nobile patria, ed ha chiesto il concorso
di tutti per ispandervi la Verità, Dopo di lui, il rev. sign. Biley della Chiesa
anglicana ha mostrato la necessità di prendere dalla cristiana letteratura
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straniera, per tradurli oon cura e addattarli ai bisogni dell’Italia, alcuni fra
i migliori scritti, ed accennò come l’Inghilterra ne posseda di eccellenti in
fatto d’opere apologetiche e di trattati speciali sui principali punti della
dottrina cristiana.
In fine il sign. Mui’doch, pastore scozzese in Nizza, indicò nella letteratura cristiana francese le opere di Vinet, e nella letteratura tedesca contemporanea quelle di molti teologi, come atte a rispondere ai bisogni degli
spiriti colti in Italia. Una coUetta fatta al termine della riunione a prò della
Società produsse la somma di fr. 379. N. N.
Ecco qui appresso la circolare cui allude la lettera che abbiamo
trascritta, unitamente allo Statuto della Società stessa:
« Tutti quelli che si occupano della evangelizzazione dell’Italia hanno vivamente sentito il difetto ed in uno la necessità di opere cristiane, da potersi
diffondere con fiducia, e da essere in parte surrogate alla penuria dei missionari. Sebbene, da qualche anno, sia stato publicato un numero abbastanza
considerevole di trattatelli religiosi e sieno anche apparse in lingua italiana
opere di qualche mole, non è men vero che una letteratura Italiana e Cristiana insieme, non è ancora surta. Infatti, non possediamo nulla, o quasi
nulla, di opere che, unendo l’eleganza della forma e il merito letterario alla
ricchezza di fondo cristiano, si possono convenientemente porre fra mani di
quella classe numerosa d’uomini colti che, per la riflessione loro, furono
allontanati dal cattolicismo e precipitati nella incredulità; e che potrebbero
essere condotti alla fede del Vangelo, presentato nella sua purezza e difeso
come dev’esserlo.
La nostra Società, preoccupata di tal vuoto, ha intrapreso di riempierlo,
per quanto starà in lei e nella misura dei mezzi che le verranno forniti.
Noi desideriamo anzi tutto provocare la composizione d'opere originali
scritte in italiano e in vista dei bisogni speciali d'Italia. Tuttavia, sebbene
siamo persuasi che gli scritti più influenti saranno sempre quelli, a parità
di cose, che verranno composti in italiano e per gli italiani, sentiamo ch’è
necessario togliere dalle cristiane letterature straniere ciò che possedono di
meglio adattato ai bisogni dell’Italia.
Desideriamo adunque fare altresì tradurre e publicare alcune fra le migliori opere cristiane che ■ posseggono Germania, Inghilterra, e Francia.
In vista di quest’opera, noi facciamo appello al publico cristiano, e domandiamo a tutti coloro che s’interessano per l’avanzamento del regno di Dio
in Italia, un concorso efficace e pronto.
Finquì, poche eccezioni fatte, il Vangelo non trovò accesso in Italia che
presso persone poco colte. I più di coloro la di cui intelligenza è stata sviluppata dallo studio, disgustati delle superstizioni romane, son trascinati
neMa incredulità, e rigettano, cogli errori che ripugnano ad essi, un cri-
12
... 60 ...
%
stianesimo che non conoscono. Errano senza Dio e senza speranza al mondo.
Aiutateci a rischiarare queste anime!
n campo aperto ai nostri lavori è già vasto, poiché noi possiamo liberamente difondere gli scritti evangelici in tutta la cerchia degli Stati^Sardi.
Ma, da un giorno all’altro, questo campo si può ingrandire : tutto annunzia
che nuove porte vanno ad aprirsi. In vista di tale avvenire noi desideriamo
prepararci e preparare i mezzi d'agire sovra tante anime che non attendono,
per accoglierlo, che di conoscere il Vangelo nella sua purezza.
I membri del Comitato.
F. Bruschi, evangelista
C. Childers, cappellano -inglese *
E. CoRiNALDi,|]fesonere
F. Fitzrot-Hajiilton, segretario
C. Harris
A. Burn Murdoch, pastore scozzese
L. Pilatte, pastore
G. Trenca, capitono della G. N.
Tutte le lettere e communicazioni relative agli aifari della Società devono
essere indirizzate come segue :
Al segretario della Società di Publicazione, Tempio Evangelico,
Nizza (Stati Sardi).
* Abbiamo il dispiacere di annunziare che il Sig. Childers fu costretto per lo stato
della di lui salute di dare la propria dimissione da membro del Comitato. .
COSTITUZIONE DELLA SOCIETÀ’
I.
La Società ha per iscopo la Publicazione e la Diffusione d'opere cristiane in
lingua italiana.
II.
Ella è ausiliaria della Società dei Trattati in Torino, in conformità alla costituzione di questa.
III.
Gli affati della Società sono amministrati da un Comitato composto almeno di
cinque membri residenti a Nizza o nei contorni, e di tutti queUi che il Comitato
potrà chiamare a seder nel suo grembo, in qualità di membri onorari.
IV.
I membri onorari sono eletti per un solo^anno.
V."
I membri residenti sono eletti, sulla proposizione del Comitato, dall’Assemblea
Generale dei membri della Società. *
13
VI.
II Comitato si riunisce regolarmente il primo martedì di ogni mese, e più 8pes.sc>,
se due de’ membri si uniscano per convocarlo.
VII.
La presenza almeno di quattro membri e la maggioranza assoluta dei voti sanecessari alla validità delle deliberazioni del Comitato.
VIIL
Il Comitato sceglie nel suo seno un Tesoriere e un Secretano.
IX.
Ogni membro del Comitato non è responsabile che per le spese ch’egli ha votate.
X.
Ogni anno, entro gennaio, il Comitato convoca, in seduta publica, l’Assemblea
Generale della Società, onde presentarle il resoconto della propria gestione e, se occorre, onde procedere alla elezione di nuovi membri.
XL
Ogni contribuzione costituisce la persona, che la fa, membro della Società per
l'esercizio in corso.
XII.
La presente Costituzione non potrà essere modificata che dall'Assemblea Generale
della Società e sulla proposizione del Comitato.
IL CRISTIANESIMO DI V. GIOBERTI
GIOBICATO
DA UN CRISTIANO EVANGELICO
Il giusto interessamento che collegasi a quanto si riferisce, da vicino 0 da lontano, al grande filosofo di cui tutta Italia compiange
ancora la morte prematura, c’induce a far di pubblica ragione il
seguente giudicio che, al putito di vista religioso, faceva di lui un
cristiano evangelico che l’avea da vicino conosciuto, durante il suo
soggiorno a Parigi, e che ci è stato da un nostro amico gentilmente
partecipato.
" Gioberti era certamente Cristiano nel vero senso di questa parola.
“ In tutte le comunioni cristiane sonvi i figliuoli di Dio ed i figliuoli del mondo.
Anche in quelle chiese in seno alle quali è meno esaltata la santa Parola, trovansi
dei veri discepoli di Gesù Salvatore, purché il nome di Gesù vi venga pronunziato ;
come esistono, aihmè! e non pochi nelle chiese più scevre di umani insegnamenti,
quegli uomini, che sono figliuoli del mondo, e del tutto estranei, come alle gioje cosi
ai dolori del vero Israello.
“ A questa domanda^ sì breve e sì chiara, ad un tempo; “ che mi convien egli di
fare per essere saivaio? l’Evangelo non risjiondc che con una sola condizione. ... una
sola: CREDKRi NEL 9I0N0EE GEsu', cioè a dire, essere in Gesù, posseder Gesù, cono-
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scerlo personalmente, non secondo la carne, ma eecondo lo Spirito, come dice Sau
Paolo.
“ Quelle anime a cui quel buon Salvatore degnossi di rivelarsi, colle quali segretamente conversa e di giorno e di notte... quegli uomini, in una parola, che dal
suo labbro divino raccolsero queste soave parole : Figliuolo mio, t tuoi peccati ti sono
rimessi; vaUenù in pace, e d'ora in poi non peccar pilt... qualunque sia la Chiesa visibile
a cui, o per nascita o per elezione, essi appartengono, e checché ne dica questo o quel
membro di una Chiesa qualunque... sono figliuoli di Dio; e ve ne hanno di tali in
tutte le Comunioni, anche nella Romana, anche fra i Gesuiti ; e l'illustre abbate
Gioberti, che per fermo, non era Gesuita, è uno di quei fortunati figliuoli di Dio.
“ Dal 17 ottobre 1852 fino al 24 dello stesso mese, ma specialmente il 24, che
precedette di due giorni la di lui morte, quell’uomo giustamente celebre ebbe, cou
un cristiano evangelico di Parigi, parecchi colloquii nei quali lasciò travedere,
senza che lo cercasse, una tale umiltà, semplicità di cuore e carità, che non possono
esistere se non unite alla fede in Gesù la più vera e la più vivace. Egli comprendeva bensì, secondo l’usanza della sua Chiesa, sotto l’appellazione di Cristiani, tutti
quanti i battezzati, ciò che non faceva il suo interlocutore ; ma egli sollecitamente
soggiungeva, non esservi, ai suoi occhi, fede che meriti un tal nome, se non la fede
del cuore, la fede secondo 8. Paolo (sono le sue espressioni), la fede che è un dono
di Dio, la fede che mette un’anima in comunione con Dio, per lo Spirito Santo, la
fede a cui tien dietro il sentimento della riconciliazione con Dio e della pace, e che
partorisce di necessità la morale rigenerazione.
L’udire un’uomo come Gioberti (un’abbate, accusato dalle persone del mondo di
non essersi mostrato avverso al gesuitismo, che per ambizione), dire queste cose e
molte altre ancora della stessa specie e bellezza.... era per il cristiano non romano
che lo ascoltava, cagione d’indicibile consolazione; e nell’intimo del cuore, quel
cristiano rendeva grazio al Signore, mentre stringeva la mano del suo fratello in
Cristo, l’abbate Gioberti.
“ Due giorni dopo il colloquio che abbiamo riferito, Gioberti fu trovato spento
accanto al suo letto, chino sui ginocchi, nel contegno di chi prega. ” — “ Alcune
persone, soggiunge l’autore di queste righe, testimoni della posizione in cui fu
rinvenuto Gioberti, non hanno diviso questa opinione. Ma Gioberti avea le pianelle
ai piedi ; egli avea di più la veste da camera ; i due piedi e i due ginocchi erano sul
medesimo livello rispettivo, nell’attitudine, che spesso prendono i Cattolici romani
quando pregano......col sedere appoggiato sulle calcagna... Il suo corpo era inchinato sulla faccia, contro il tavolino da notte rovesciato. Ambedue le mani erano,
non incrocicchiate, ma avvicinate al tronco in modo abbastanza ;simetrico... Evidentemente Gioberti pregava allorquando Iddio richiamollo a se. ”
CRONACA DELLA QUINDICINA
I fogli clericali di questi ultimi quindici giorni non ci hanno parlato che
di politica. Tutti intenti a sostenere il loro partito retrivo, riempirono le
loro colonne della solita frasologia, con cui vituperano governi e governati,
n solo Campanile distinguesi per uno scritto di Mons. di Poitier, che riporta
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a squarci ogni giorno, e nel quale l'illustre prelato, seguendo la scuola
gesuitica, sforzasi di mostrare, che il governo pontificio è il migliore di tutti
i governi. — Egli ci dice che il papa essendo il sovrano ecclesiastico di
tutto l'orbe cattolico è un personaggio d’altissima autorità, e dovrebbero
i popoli riputarsi fortunati di vivere sotto il suo dominio. Infatti il vescovo
di Poitiers, continuando nel suo fantastico treno di pensieri paradossali, ci
assicura, che negli Stati romani, ed in lloma stessa vi sono molti poveri
accattoni; ma che i poveri, come ce lo assicurò Gesù Cristo, vi debbono
essere, e sempre vi saranno. Essi però non vi sono mantenuti nè per tasse,
nè per balzelli, come altrove : vi sono mantenuti dalle caritatevoli istituzioni,
e dalla pubblica beneficenza. Il popolo romano non progredisce gran fatto
nelle industrie, e nelle nuove invenzioni. Esso è, per natiu'a sua, un popolo
conservatore, più interessato nella ricerca dei beni spirituali, che temporali,
ed alieno, come cattolico, da quell'ansia di arricchirsi, come sono i popoli
eterodossi. Non è amante di progresso; è contento solo di quelle arti grossolane che servono al vivere civile, nulla curandosi del loro raffinamento.
Iddio, egli soggiunge, pose al fianco dei popoli affannati intorno all’acquisto dei beni temporali, popoli stazionarj, ansiosi solo dei beni spirituali;
e questi debbono essere i sudditi d’un re, capo della Chiesa, come sono
in realtà i popoli degli Stati romani. — Se trar volessimo le conseguenze
legittime, che discendono da questi e da molti altri consimili pensieri, di
cui lo scritto di quel prelato è ripieno, bisognerebbe convenire secolui, che
la povertà e la miseria, sono migliori dell’agiatezza, e delle dovizie; che
la nudità, e la fame dei popoli, non che i loro stessi gemiti, sono migliori
della gioja, e delle comodità della vita. H prelato fantastico si dimenticò,
che secondo il corso naturale delle cose, dalla miseria ne sorgono delitti;
dalla nudità e la fame la disperazione, e le rivoluzioni. Egli cadde, non sappiamo se per ignoranza, o per malizia negli stessi errori di coloro, che abbagliati dall'apparente splendore della corte papale, attribuiscono tutti gli
sconvolgimenti degli Stati pontificj ad una mano di faziosi, od alla corruzione dei popoli. E tale è l’idea gesuitica, che prevale dalla ripristinazione
del sodalizio di Lojola fino a questi giorni. Invano alcuni dei socj, alla
morte del loro generale il P. Fortis tentarono una riforma, adottando
sistemi migliori. I fautori, una quindicina almeno, furono tosto espulsi,
come è stato ultimamente espulso il padre Carlo Passaglia, che propugnava
una modificazione dello statuto di Lojola verso i principj di civiltà e di progresso delle nazioni. Questo savio gesuita presentatosi ai suoi scolari vestito
da semplice ecclesiastico, alla sapienza di Roma, ricevè una vera ovazione.
Segni son questi, che mentre le idee progrediscono fra il popolo, retrocedono però nelle regioni superiori, dove gli uomini vestiti di nero, o di
scarlatto manipolano sempre in peggio le sorti di quelle infelici popolazioni.
Pure il papa stesso non rifugge dal servirsi delle recenti invenzioni.
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Dicesi elle per mezzo del telegrafo spedisse la sua benedizione papale ai
regi sposi, in Bari, mentre eelebrevasi il matrimonio del principe ereditario
di Napoli colla prineipessa bavarese: e compito meglio avrebbe l’opera sua
se, servendosi del telegrafo, avesse mandato una pacifica benedizione al clero
del Ticino che infocato contro il partito liberale nei recenti comizi generali,
preparavasi ad eccitare tumulti e sconvolgimenti. In fatti varj morti, e feriti
vi furono, in tale circostanza, in quel cantone, che attribuiscono in gran parte
al clero, interessato ad abbattere il partito liberale, che pone ostacoli alla
giurisdizione, che i vescovi di Milano e di Como pretendono in quel paese.
Tre preti sono già in mano della giustizia, che loro farà pagare lo scotto.
Inquanto a noi evangelici confortiamoci, che il fervor religioso non vien
meno nelle nostre raunanze, e preghiamo il Signore che si degni d’allontanare da noi i flagelli, che ci minacciano, e che conservandosi illesa la nostra
libertà di coscienza, continuiamo a goder di quella pace, che ci elargì lo
Statuto del magnammo Carlo Alberto, non senza la speciale intervenzione
del cielo. — Anche fra di noi fecesi la colletta per le missioni straniere,
ed a guisa deUa poveretta ammirata dal Redentore, mentre poneva nella
cassa delle offerte un quattrino, ponemmo ancora noi l’obolo, che riuscì,
possiamo dire, abbondante , avuto riguardo alla scarsità del numero, ed
alla povertà. Ma per quel che riguarda le offerte perle missioni straniere,
dobbiamo rivolgerci a quei paesi, dove la riforma della Chiesa è d’antica
data, e dove le sacre Scritture sono il pascolo ordinario dei buoni cristiani.
Ivi fannosi cospicue collette, e maravigliose specialmente in Inghiltbbka,
dove lo spirito del Signore sospinge gli animi si dei piccoli che dei
grandi, e d’ogni ceto di persone. Un milione e dieci mila lire sterline spesero, nel 1857, i protestanti della Gran Bretagna per le missioni straniere,
per i libri devoti, e per le scuole ; ed a loro più che ad alti-i sembra che
Iddio abbia affidato la cura di spargere il suo Vangelo per tutto il mondo.
Ed ora un nuovo movimento suscitasi in quelle cliiese, che, se completato,
non sarà di poco vantaggio. In una parte almeno della Chiesa Anglicana, è
sorto il desiderio di unirsi a tutte le altre chiese, che formano l’Alleanza
evangelica. A capo di questo movimento, trovasi sig. CuUing Eardley Baronetto, ed il Rev. Ugo M.° Nelle, ministro della Chiesa di S. Paolo in
Liverpool. Il loro pensiero è di unirsi, come in uu nodo di reciproco affetta
e di preghiere, cogli Evangelici tutti del Regno Unito, di Germania, d’Olanda
e di Francia, ed avvicinarsi così più che sia possibile a quel principio dell’apostolo Paolo.» « Un Dio solo, una sola fede; un solo battesimo. Si degni
il cielo secondare così nobil proposito per la pace e concordia dei fedeli in
Gesù Cristo. Amen.
Domenico GrosBO gerente.
Jj TORINO — Tìpogfrafia CLAUDIANA, airetta da Trombetta-