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Anno VII
numero 1
del l'’ gennaio 1999
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IL DIO DEI POPOLI
«Il Signore degli eserciti preparerà
per tutti i popoli su questo monte un
convito di cibi succulenti... Annienterà
per sempre la morte; il Signore, Dio
asciugherà le lacrime da ogni viso... In
quel giorno, si dirà: “Ecco, questo è il
nostro Dio; in lui abbiamo sperato, ed
egli ci ha salvati. Questo è il Signore in
cui abbiamo sperato; esultiamo, rallegriamoci per la sua salvezza!”»
Isaia 25,6-9
TONOSTANTE tutto ciò che di male le nazioni hanno compiuto e
compiono, ancora una volta Dio non
si smentisce: continua a essere il Dio di
tutte le nazioni, di tutti i popoli, e conferma il suo Patto con l'umanità. Da
questo brano impariamo a guardare i
popoli e le nazioni (fra cui l’Albania, il
popolo curdo, l’ex Jugoslavia, l’Iraq)
dal punto di vista di Dio. Egli non risparmia il suo giudizio, ma lo colloca
nel suo Patto di amore. Dio, secondo
l’immagine di Isaia, organizza un convito per tutti i popoli, stabilisce il menu e predispone le varie portate. L’immagine dell’abbondanza di cibi succulenti e di vini vecchi non è sufficiente
per illustrare il fiume di grazia che
sgorga dalla generosità di Dio. Egli riserva per sé un menu del tutto speciale. Il testo ebraico, con le consuete efficaci immagini, dice che Dio in questo
convito «inghiotte» il tragico velo di
cordoglio e di sofferenza che copre
l’umanità, un velo tessuto di orgoglio,
peccato, violenze, guerre.
Ma il piatto forte dello speciale
menu di Dio è descritto nel versetto 8: «Annienterà per sempre la
morte». Paolo riecheggia: «La morte è
stata sommersa nella vittoria» (I Corinzi 15, 54). Isaia completa poi il banchetto con una tenera immagine materna. Dio si inchina ad asciugare le
lacrime dai visi umani come una madre cancella la tristezza dal viso del
suo bimbo. Giovanni riprenderà questa immagine: «Dio asciugherà ogni
lacrima dai loro occhi» (Apocalisse 7,
17). A questo punto Dio invita le nazioni e i popoli a unirsi in un canto di
lode: «In quel giorno si dirà: ecco questo è il nostro Dio; in lui abbiamo sperato ed egli ci ha salvati. Esultiamo,
rallegriamoci per la sua salvezza» (v.
9). Le nazioni hanno conosciuto il severo giudizio di Dio, ora possono gustare la sua misericordia, il suo amore,
la sua tenerezza e rallegrarsene. «In
quel giorno si dirà». E quel giorno è venuto quando il regno di Dio in Gesù
Cristo è entrato nel mondo.
TTN messaggio bello, ma che non ci
C/ convince sempre. Infatti, vorremmo essere noi a organizzare il banchetto, fissarne la data, scegliere il menu.
Vorremmo salvarci con i nostri mezzi,
autogiustificarci e non solo essere giustificati. Fra i vari testi «fai da te» della
nostra biblioteca vorremmo anche
quello che ci fornisce la ricetta per essere i protagonisti della nostra redenzione, oltre che della nostra felicità e del
nostro successo in amore o in campo finanziario. Davvero il nostro orgoglio
umano non ha limiti. Ma quando restiamo soli con noi stessi, e sono i momenti più propizi alla riflessione onesta, ci rendiamo conto che la nostra
presunzione non funzionerà mai, anche perché ci confrontiamo con i nostri
limiti, con il raffreddamento delle relazioni un tempo ardenti, con l’alito della morte che sentiamo sul collo. Ma
poi, purtroppo, ci scuotiamo di dosso
queste «debolezze», riprendiamo in
mano il nostro destino. Il mondo è nostro, i menu della nostra vita li prepariamo noi Torniamo ad essere gli orgoglio: , residenti «della grande città
nella quale tutti coloro che avevano
navi >n mare si erano arricchiti con la
sua magnificenza» (Apocalisse 18,19).
Valdo Benecchi
St^TTTMANAI E DELLE CHIESE EVANGELICHE BÀTTISTE, METODISTE. VALDESI
A cinquant'anni dalla storica Dichiarazione dell'Onu resta ancora molta strada da fare
La lunga marcia dei diritti umani
L'intervento angloamericano in Iraq ha nuovamente evidenziato la debolezza del massimo
organismo internazionale. Il ruolo delle chiese nella battaglia per i diritti fondamentali di tutti
______JEAN-JACQUES PEYRONEU______
La prima decisione della Camera
dei Lords di Londra sul caso Pinochet avrebbe potuto essere il più
bell’omaggio alla Dichiarazione
universale dei diritti umani, a 50
anni dalla sua adozione da parte
dell’Onu. Ma dopo l’annullamento
della sentenza (proprio per il fatto
che uno del giudici è un difensore
dei diritti umani!) e la partecipazione della Gran Bretagna, a fianco
degli Usa, ai nuovi bombardamenti
sull’Iraq, dobbiamo amaramente
prendere atto che la Carta dei diritti umani continua ad essere sistematicamente violata, anche da parte dei paesi che hanno maggiormente contribuito alla sua stesura.
A maggior ragione appare urgente
la necessità, come prevede il Trattato firmato a Roma nel luglio scorso, di giungere alla costituzione di
un tribunale penale internazionale
che, sotto l’egida dell’Onu, abbia
l’autorevolezza necessaria per giudicare i crimini contro l’umanità e
che possa porre fine allo scandalo
dell’impunità e rendere giustizia a
tutti i diritti umani elencati nella
Carta dell’Onu.
La Dichiarazione intendeva preservare l’umanità dagli orrori che
avevano segnato la prima metà del
secolo. In realtà, nasceva in concomitanza con l’inizio della «guerra
fredda» in un mondo diviso in due
blocchi contrapposti e infatti non
fu votata dagli otto paesi membri
comunisti, che vedevano in essa
solo «una collezione di pie frasi»
(come la definì il rappresentante
dell’Unione Sovietica), né dal Sud
Africa, né dall’Arabia Saudita. E così anche la seconda metà di questo
secolo è stata sconvolta da nuove
atrocità: dal Bangladesh al Vietnam, dalla Cambogia alla Bosnia,
dal Medio Oriente al Ruanda... un
elenco che non finisce mai, con i
suoi milioni di morti, di invalidi, di
profughi, di donne e di bambini
violentati e sfruttati.
Eppure la Dichiarazione rimane
una pietra miliare nella storia dell’umanità contemporanea perché
per la prima volta un consesso
mondiale di paesi ha proclamato,
scritto e sottoscritto i diritti fondamentali di ogni essere umano in
ogni parte del mondo. Il testo della
Dichiarazione fu preparato da tre
persone: un ebreo (René Cassin),
una protestante (Eleanor Roosevelt) e un greco-ortodosso (Charles
Maleck). Il redattore principale,
René Cassin, vedeva nei dieci comandamenti una delle basi storiche essenziali della Dichiarazione.
E non è un caso che l’Articolo 1
riecheggi l’affermazione della Genesi secondo cui ogni essere umano è creato «a immagine di Dio». È
altresì significativo che ognuno dei
30 articoli inizi con le parole «ogni
individuo», segno di una visione tipicamente ebraica (e protestante)
del rapporto personale esistente
tra Dio e ogni essere umano. Questa visione, di stampo occidentale
e liberale, costituì quello che è sta
to definito la «prima generazione
dei diritti umani», quella dei diritti
individuali, essenzialmente civili e
politici. Ad essa è subentrata una
«seconda generazione» che si è affermata tra gli Anni 50 e 70,
sull’onda delle lotte del movimento operaio per la giustizia sociale
ed economica, e centrata sulla rivendicazione di diritti collettivi.
Per quanto riguarda l’Europa occidentale, essa ha portato alla realizzazione dello «stato sociale» che
oggi viene minacciato dall’ondata
neoliberista per la quale i diritti sociali fondamentali sono solo zavorra. È sintomatico che i padri
fondatori dell’Europa si fossero
semplicemente dimenticati di
questa questione.
Se è vero che la Dichiarazione ha
indubbie radici giudeo-cristiane,
non si può dire che le chiese ne siano sempre state sostenitrici coerenti. Troppe volte le chiese «han
Una delegazione ha incontrato la Commissione parlamentare
Gli evangelici e la futura legge sulla libertà religiosa
Unà delegazione di responsabili di chiese evangeliche è stata ricevuta il
15 dicembre dal Comitato ristretto della Commissione affari costituzionali
della Camera (presieduta
dall’on. Maccanico, presente il segretario, on.
Maselli) per l’audizione
sul disegno di legge sulla
libertà religiosa. La delegazione, concordata nell’ambito della Commissione chiese evangeliche
per i rapporti con lo stato, era composta da Domenico Tomasetto (presidente della Federazione chiese evangeliche),
Gianni Rostan (valdese).
Franco Becchino (metodista), Giuseppe Di Masa
(Assemblee di Dio), Renato Maiocchi (battista).
Ignazio Barbascia (awentista), Roberto Mazzeschi
(apostolico).
La delegazione evangelica ha sottolineato che la
nuova legge, che prende il
posto della legislazione
sui «culti ammessi» del
’29-30, non può sostituire
le ulteriori Intese che verranno richieste da confessioni religiose presenti in
Italia. Si è anche precisato
che la legge unilaterale
dello stato non può modificare leggi di Intesa bilateralmente convenute. Si
è fatto presente che quella parte del disegno di legge che si riferisce al rapporto con le confessioni
(diversamente da quella
relativa a materie riguardanti i diritti dei singoli)
potrebbe configurarsi co
me violazione dell’art. 8
(quello che stabilisce la
stipula di Intese con confessioni diverse dalla cattolica), terzo comma, della Costituzione, e quindi
originare un conflitto di
costituzionalità.
Si è anche chiesto alla
Commissione che la materia dei rapporti fra chiese e stato, attualmente di
competenza del ministero
degli Interni, così come è
avvenuto per la trattativa
per le Intese, sia di competenza della presidenza
del Consiglio e comunque
affidata alle prefetture e
non più alle questure, nori
trattandosi di problemi
relativi all’ordine pubblico. È stato poi sollevato il
problema, assai delicato,
della definizione di «con
no fallito» e sono state complici di
sistemi ingiusti, come ha affermato
recentemente l’arcivescovo anglicano sudafricano Desmond Tutu,
presidente della «Commissione verità e riconciliazione». Eppure è altrettanto vero che in moltissime situazioni di conflitti in questi ultimi
decenni, molti singoli cristiani o
gruppi di credenti hanno incarnato fino in fondo lo spirito della Carta Gnu: Desmond Tutu, Beyers
Naudé e Mandela in Sud Africa,
Martin Luther King in America,
John Hume in Irlanda del Nord,
per non parlare della miriade di
singoli, gruppi e comunità di ogni
confessione che, ovunque nel
mondo, stanno dalla parte degli
esclusi e lottano quotidianamente
per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato.
Come è noto questo è uno degli
impegni prioritari del Consiglio
ecumenico delle chiese (Cec), che
ha appena concluso la sua Vili Assemblea nel cuore dell’Africa, uno
dei continenti che, insieme all’America Latina, cerca di rinascere
dopo essere stato letteralmente
spogliato della sua stessa identità
da parte di colonialisti cristianissimi. Nelson Mandela, intervenuto
alla cerimonia di celebrazione del
cinquanténario del Cec ad Harare,
ha affermato: «Dobbiamo tutto alle
chiese». E ha lanciato un appello alle chiese affinché si impegnino a
promuovere la democrazia e lo sviluppo, senza i quali non ci potrà
mai essere pace. Così facendo,
Mandela ha dato il suo autorevole
avallo alla «terza generazione dei
diritti umani», quella del «diritto allo sviluppo» dei popoli e delle nazioni, che non è solo una questione
di mera crescita economica, ma di
uno sviluppo autocentrato nell’ambito del quale ogni popolo e ogni
persona possano vivere davvero
nella dignità e nella libertà. Nell’era
della globalizzazione che rischia di
ridurre tutto alle «leggi del mercato», questa è la sfida che la Dichiarazione universale dei diritti umani
continua a lanciare alle chiese e ai
credenti del «villaggio globale».
fessione religiosa» e quello della possibilità di Intese «per adesione», con le
quali si accetterebbero
materie già presenti in altre Intese e si tratterebbero soltanto materie specifiche derivanti dalle diversità delle singole confessioni. La presidenza
della Commissione ha
fatto presente che il disegno di legge, una volta in
aula, non potrà più subire
emendamenti: questo significa che eventuali proposte di emendamento
dovranno essere presentate alla Commissione
stessa entro e non oltre la
fine di gennaio. La delegazione evangelica si è
impegnata a far pervenire
in tempo le sue osservazioni scritte. (nev)
Grazie a Dio in Cristo
dì GIOVANNI ANZIANI
Una stella come guida
di ANNA MAFFEl
SOCIETÀ!
Immigrati e rifugiati
di S. BRIGUGLIO, T. PERNA ^
A pagina/
EDITORIALE.
L’Iraq e il Medio Oriente
di EUGENIO BERNARDINI
COMMENTO*
«Èssere chiesa oggi»
di BRUNO CORSANI
2
PAG. 2 RIFORMA
■«
*
All’A;
Pai
VENERDÌ P GENNAIO 1999
“ A . genero
riconoscenti.
La parola di Cristo
abiti in voi
abbondantemente;
istruitevi ed
esortatevi gli uni
gli altri con ogni
sapienza;
cantando di cuore
a Dio, sotto
l’impulso della
grazia, salmi, inni,
e cantici spirituali.
Qualunque cosa
facciate, in parole
o in opere, fate
ogni cosa nel nome
del Signore Gesù
ringraziando Dio
Padre per mezzo
di lui»
(ColossesiS, 12-17)
«Ma voi non è così
che avete imparato
a conoscere Cristo.
Se pure gli avete
dato ascolto e in
lui siete stati
istruiti secondo
la verità che è
in Gesù, avete
imparato per
quanto concerne
la vostra condotta
di prima a
spogliarvi del
vecchio uomo
che si corrompe
seguendo
le passioni
ingannatrici;
a essere invece
rinnovati nello
spirito della vostra
mente e a rivestire
l’uomo nuovo
che è creato a
immagine di Dio
nella giustizia e
nella santità che
procedono dalla
verità»
(Efesini 4, 20-24)
«Rivestitevi,
dunque, come
eletti di Dio,
santi e amati,
di sentimenti
di misericordia,
di benevolenza,
di umiltà,
di mansuetudine,
di pazienza.
Sopportatevi gli
uni gli altri e
perdonatevi a
vicenda, se uno
ha di che dolersi
di un altro. Come
il Signore vi ha
perdonati, così fate
anche voi.
Al di sopra
di tutte queste
cose rivestitevi
dell’amore che
è il vincolo della
perfezione. E la
pace di Cristo,
alla quale siete
stati chiamati
per essere un solo
corpo, regni nei
vostri cuori; e siate
RENDERE GRAZIE A DIO IN CRISTO
Dio ci conferma
contradditoria e ci
nel suo Patto di amore con tutta la nostra
chiama a manifestare con forza al mondo
umanità limitata e
la «parola di Cristo
»
GIOVANNI ANZIANI
Nella prima domenica dell’anno, le chiese metodiste
di tutto il mondo celebrano un
culto particolare chiamato:
«Rinnovamento del Patto». Tale
tradizione nasce nella metà del
’700, in un tempo di gravi difficoltà per le nascenti comunità
metodiste. Il fondatore del movimento metodista, John Wesley, ebbe l’intuizione di istituire, in queste nuove comunità,
un atto particolarmente significativo, mediante il quale i credenti potessero rinnovare l’impegno assunto al momento della loro conversione, richiamandosi al «patto» che a suo tempo
Dio aveva stabilito con il suo
popolo e aveva rinnovato in Cristo. Secondo alcuni storici inglesi, il fatto che ogni anno queste sparute comunità evangeliche si riconsacrassero in un patto con Dio, fu tra le ragioni che
determinarono l’influsso positivo dei metodismo stesso nella
società del tempo.
Oggi questa tradizione è diventata un’occasione significativa per tutte le nostre chiese. Dovendo indicare un tema per questo appuntamento, ritengo utile
questo: «Rendere grazie a Dio in
Gesù Cristo». Questa espressione potrebbe essere utilizzata come base del rito che quasi tutte
le comunità cristiane ritengono
sia stato istituito da Gesù all’ultima cena, cioè «l’eucarestia».
Nella nostra riflessione cercheremo di comprendere il «rendere grazie» non nella sua particolarità sacramentale: anzi vorremmo rifiutare questa riduzione a sacramento di un tema che
coinvolge invece tutta la vita del
credente. Una prima riflessione
parte dal testo stesso della lettera ai Colossesi: un’esortazione
centrata su Cristo, sulla sua
azione per la vita dell’umanità e
la speranza che avvolge a nuovo
il credente. Questa azione, la
«parola di Cristo», deve essere
oggetto di istmzione e di esortazione perché la vita comunitaria
non può avere altra formazione
se non Cristo e la sua parola.
Preghiamo
Signore, io non appartengo più a me stesso, ma a te.
Impegnami in ciò che vuoi, mettimi a fianco di chi vuoi;
che io sia sempre tuo testimone, sia nella pienezza delle
forze sia quando le forze vengono meno, sia che io mi
trovi nella gioia sia che io mi trovi nel dolore. Liberamente e di pieno cuore mi sottopongo alla tua volontà e
metto ogni cosa al tuo servizio. Tu sei il nostro Dio e noi
siamo il tuo popolo. Amen.
(da «Liturgia culto di Rinnovamento del Patto»)
La «parola di Cristo»
IN tutta l’epistola incontriamo
una particolare riflessione su
Gesù Cristo, sia perché lo scritto
deve confutare le eresie gnostiche del tempo, sia perché la
chiesa ha bisogno di fare memoria dell’unica fonte della
propria speranza. È importante
insegnare «la parola di Cristo»
attraverso attività particolari e
programmi didattici forniti da
insegnanti ben motivati. Vi è da
intravedere la costituzione di
una scuola moderna e all’altezza del compito. In questa scuola
diviene più che importante
scambiarsi gli uni gli altri esperienze e testimonianze di un
vissuto nella fede per rendere
stabile nel tempo l’insegnamento ricevuto; in particolare per
rendere tale insegnamento parte determinante ia vita stessa.
Ciò che avviene in questa
«scuola» è qualcosa di molto originale; cantare di cuore a Dio!
Non è l’intelletto ad essere istruito ed esortato, ma il centro vitale
del credente. Per fare questo lo
strumento è il canto. Ho immaginato che in quella antica comunità l’attività della «corale» fosse
determinante il tutto, fosse la
prima e anche l’unica attività attraverso la quale la fede in Cristo
veniva manifestata ogni giorno:
elevare a Dio canti spirituali.
Vorrei sottolineare un aspetto
di questa esperienza antica. Esso riguarda l’immensa gioia che
è presente in quella comunità.
Una gioia profonda, espressione
di amore e di fede, ricca di speranza e vivente nella pace. Una
gioia non controllata dall’intelletto e dalle regole del comportamento civile, ma libera manifestazione di una nuova vitalità
che determina i sentimenti, le
emozioni, le parole e gli atti di
ogni credente. Una gioia comunitaria, affinché tutto di noi renda possibile relazioni di pace.
Nel nostro tempo questa «gioia» ci è estranea o l’abbiamo di
proposito allontanata da noi. Abbiamo dimenticato l’allegrezza
del credere in Gesù Cristo e ci
siamo, tante volte, caratterizzati
come chiese della riflessione più
che della passione. Più esortati a
ragionare per capire che ad
ascoltare il Signore che ci esorta
a cantare. I nostri fratelli e le nostre sorelle provenienti dall’Afri
ca e dall’Asia, stanno riproponendo a tutti noi un nuovo modo
di manifestare la fede e di essere
istruiti nella fede: il canto e la
gioia come elementi stabili nel
tempo! Il nostro «essere chiesa
insieme», cioè riscoprire nuove
forme di comunione fraterna tra
diversità spirituali per essere fedeli solo a Dio, è oggi una ricchezza da non sciupare nella
preoccupazione delle difficoltà
organizzative determinate da
tanta nuova e impressionante
manifestazione di fede. Costruiamo in questo nuovo anno un
cammino di gioia e di canto, di
stabilità in questa manifestazione di amore e di riconoscenza
per vivere come chiesa istruita e
esortata ad amare e quindi per
«rendere grazie a Dio».
stizia. Siamo, in sostanza, resi
giusti per la grazia di Dio senza
nostri meriti.
Il nostro impegno
per il nuovo anno
Ricercare la gloria di Dio
UNA seconda riflessione parte proprio da questa considerazione: una chiesa raccolta
nel canto! Il tempo del culto è
dunque quello della «eucarestia» cioè del «rendere grazie» a
Dio. Ma questa chiesa che canta
non è ferma nei momenti liturgici del culto; vuole manifestare
la propria fede e il proprio ringraziamento a Dio nella attività
normali della vita. Utilizza le
proprie parole e i propri atti come strumenti di ringraziamento.
Essa ci fa comprendere che dire
«grazie» non è un gesto di buona
educazione, né è un modo per
stabilire una relazione umana,
ma un mezzo che ci permette di
impostare i nostri giorni nel
continuo ringraziare Dio.
Giovanni Calvino, in una lettera al cardinale Sadoleto, affermava di non avere più la preoccupazione per la salvezza della propria anima, ma si sentiva ogni
giorno impegnato nella ricerca
della gloria di Dio e del «rendere
grazie» perché «viviamo infatti in
funzione del Signore, non di noi
stessi». Questo diviene possibile
partendo da due semplici considerazioni. Innanzitutto la consapevolezza di aver ricevuto e di
essere stati fatti oggetto di un dono da parte di Dio. Il Signore rinnova il suo Patto mostrando il
dono della sua grazia in Cristo
proprio nei nostri confronti, proprio nella concretezza della nostra esistenza limitata e contraddittoria dove prevale il peccato.
Slamo noi l’umanità tanto amata
da Dio in Cristo pur se non possediamo offerte di riconoscenza
e opere di amore dato che proseguiamo la nostra vita nella ingiu
ABBIAMO poi la certezza che
il dono di Dio non è stato e
non è oggi, uno tra i molti, forse
il più bello. Esso è unico, essenziale, determinante la vita. Potremmo fare a meno di tanti doni (forse potremmo fare a meno
di quanto è in nostro possesso),
ma di questo dono di grazia e di
fede, di amore e di speranza non
potremo mai fare a meno. Esso
produce vita, esso è vita per noi,
esso rende piena la nostra esistenza di doni traboccanti e permette ad ognuno di noi di avere
speranza. Così noi nella prassi
quotidiana e anche nella normalità di parole e gesti, abbiamo
la responsabilità di questo dono
per quello che noi chiamiamo
futuro: il nuovo anno 1999.
Come altri anni di questo secolo, questo sarà riempito di nostre parole e di nostri atti. Saranno cose nostre, umane. La storia
è fatta dagii umani nel bene e
nel male, ma Dio ci apre un tempo e ci conferma nel suo Patto di
amore con tutta la nostra umanità limitata e contraddittoria.
Parole e atti nostri! Questo «rende grazie a Dio Padre», e questo
consentirà al mondo di glorificare il «Padre vostro che è nei cieli»
(Mt. 5, 16). Il nostro sarà tempo
di parole e opere spregiudicate
presentate nella complessità e
nella sofferenza perché sempre
incapaci di manifestare con forza la «parola di Cristo». Pur essendo parole e opere nostre, esse sapranno indicare al mondo
che il Signore Gesù è l’unica speranza della nostra vita e l’unico
bene per il mondo.
Il nostro sarà anche tempo
per vivere in luoghi non privilegiati, protetti dalle cadute e dalle vanità del tempo. Le certezze
e le garanzie di una via di bene
non potranno mai essere frutti
sul nostro cammino, perché
sarà vita molto umana. Ma in
questa debolezza noi incontreremo la forza dello Spirito Santo
e ogni giorno istruiti, esortati dal
suo fuoco sapremo «cantare a
Dio» e sapremo «rendere grazie»
affinché i segni forti della grazia
che sono in Gesù Cristo diano
frutti di pace e di giustizia nel
nostro mondo.
Note
omiletiche
L'occasione della scelta
del testo biblico riguarda
l'appuntamento per il culto del Rinnovamento del
Patto, di tradizione
dista e ora in parte anche'
delle chiese valdesi. Si
chiede di riflettere sul CI IHi
«ringraziare Dio» come tema del culto stesso. Nella
parenesi contenuta nelle.--------
lettere dell'apostolo Pao
lo, incontriamo tante vol-k ^OSÈ
te l'esortazione a «rende-VJ. srae
re grazie» a Dio. Cosi l'epi.,nna di f
stola ai Colossesi inizia conotte nel
un rendimento di graziejjgj-^^ i
(1, 3) e viene da pensare aLjgotajj,
ringraziamento come un^,,i,a a r,
elemento del rapporto^®^ -i i
con Dio e non a un sempli.®'-®® .
ce gesto di cortesia nelleF®
relazioni umane. Questo^ raccont
ringraziamento come vie-i stella c
ne presentato? i Orient
In primo luogo notia-lotOi fin
mo la necessità di «fareo dove e
abitare», cioè di farei fermò s
prendere diihora stabileo nella r
nella nostra vita quello^e guida
che è per Paolo la «Paro-hiamò S;
la di Cristo». Non ci vieneQj-jgote !
spiegato che cosa si in-[^g ¡-¡dus^
tende qui per «parola di, :■ "
Cristo», ma tutta la lette-“ j
ra contiene una partico-?’.^“^* V
lare cristologia; Cristo
l'immagine rivelatrice del* .
Dio invisibile ed è la pie-OStruita
nezza «della deità» (2, 9),’Oriente,
parola fine su tutte le le-ia» nell’e
gislazioni dell'A.T. L'azio-ia spesso
ne di Gesù è di nuova vi-anienza (
ta per coloro i quali sonoimpre vi
morti nei peccati, ha tol-anteme
to ogni ostacolo e haigtteinci
trionfato sulla condanna yjj.
attraverso la sua croce, j^^va di
Per tale motivo la vita del ., j,
cristiano deve essere im-'^ .. f
postata in un servizio
Gesù Cristo nella quoti-'^
dianità e nel rendimento*®*^®
di grazie a Dio Padre. * Caldea
Questa «parola di Cri-Ervenne
sto» è posta in modo sta-dativami
bile al centro dell'istruzio-le stelle
ne e della esortazione per. Ma per
la crescita della chiesaaaggio di
stessa attraverso una atti-i realtà a
vità particolare: non un^pg terra
lezione fatta con parole^jw^^g j
sapienti, ma di una serie °
di movimenti per il canto.--------
La chiesa è esortata a restare ferma nella fede in
Gesù Cristo attraverso un
continuo momento di
canto, preghiere e attività
cultuale. La vita comunitaria deve essere tutto un ¡y|gg| yg
«cantare salmi». ^^^anip
In secondo luogo affermiamo che l'esistenza A
stessa dei credenti, la lo- ** cresce
ro vita normale e umana ** P^esaj
deve essere il centro nel un barn
(Prima di una serie
di tre meditazioni)
quale si manifesta il «rendere grazie» a Dio. Il cuito non è più l'unico luo- " ..
go e l'unico momento ®®ngii(
della vita della fede in Gerusal
Gesù Cristo. Abbiamo an- (mjiT-as
che il parlare e l'agire Aoy’Xj
delle donne e degli uomi- .
ni, e questo loro «fare»
diviene il nuovo modo di fiuandc
manifestare la fede e sconvoi
l'amore in Cristo attraver- siconsi
so il ringraziamento a
Dio (il rendere grazie co- ,
me «eucarestia»^ '
Vi è forse uno sposta- Rapiti, e
mento dai iuoghi della re- trasfom
ligione ove tutto è sacro |>qj.q
ai luoghi della mondanità i.
dove tutto é profano?
è forse l'esortazione a lasciare il luogo sacro per
vivere la fede nel luogo Deldiav
profano? Queste sono neraltr'
forse domande dettate da j . ì
nostre problematiche. Nel “ *
testo biblico vi è invece la
esortazione a manifestare
la fede nel Cristo risorto
(Col.3, 1) nella normalità
della vita sociale e umana, quella vita segnata .._____
proprio dalle nostre parole e dalle nostre opere. Un
Per
approfondire
- B. Corsani, Introduzione al Nuovo Testamento, voi.2, Claudiana.
- AA.W., Le Lettere minori di Paolo, Paideia.
- AA.W., Dizionario
Concetti Biblici del Nuovo
Testamento, Edb.
- K. H. Schelkle, Paolo,
Paideia.
3
o 1999
venerdì jg gennaio 1999
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E Spiritualità
PAG. 3 RIFORMA
;he La Bibbia ci parla di Dio con immagini e metafore
Una stella come guida
Ila scelta
riguarda
)er il cuiento del
Ìe aSAnche se oggi siamo smaliziati, la stella
tere sul ci interpella ancora. «Guardare il cielo
come te- *
ANNA MAFFEI
SO. Nella
Jta nelle:olo Pacante voli ^OSÉ e il popolo di I«rende-VX sraele ebbero una co-osì l'epi-)nna di fuoco per guidarli di
nizia cotiotte nel deserto della loro
li graziejjertà, i sapienti astrologi
fosare alj-jgjjjgjj ebbero invece una
-ome uri(.gjj^ 3 mostrar loro la via
n'^g°gl|’erso il luogo di nascita del
sia nellf® giudei». «Partirono Questo' racconta Matteo - ed ecco
ome vie-i stella che avevano veduto
1 Oriente, andava dinanzi
0 notia- loro, finché, giunta al luodi «fareo dove era il fanciullino, vi
di farei fermò sopra». Un camrhi3 stabileo nella notte, una stella co3 quelite guida. Dall’Oriente Dio
a «Paro-hiamò Sara e Abramo, dalci vieneQj.igme soffiò il forte vento
'^;he ridusse per gli ebrei fugrarola dijggchi il mare in terra asciutrfartirn^’ dall’Oriente torna, nella
Cristo del profeta, la gloria
trice del' Gerusalemme ri
è la pie-Dstruita (Ezechiele 43, 2).
à» (2, 9),’Oriente, che è anche il «pritte le le-ta» nell’ebraico, è nella Bib'. L'azio-ia spesso il luogo della proluova venienza di Dio, di colui che
lali sonoimpre viene prima, che co, ha tol- antemente precede chi si
10 e ha^ette in cammino.
)ndanna stella precedeva e
^ ^/°j*ltidava dall’Oriente un grup' ® etto di persone abituate a
rvizio a'^^^stigare il cielo. L astrolo3 quoti-'^ allora una scienza
dimento'olto sviluppata in Oriente,
dre. 1 Caldea soprattutto. Lì si
3 di Cri-ervenne alle prime nozioni
odo sta-ilativamente certe intorno
istruzio-le stelle e ai loro movimenione per. Ma per allora c’era un lin
1 chiesajaggio del cielo che parlava
jna atti-i realtà anche delle vicende
3on ungila tgrra. Cielo e terra erano
1 parolejjiggajg ¡jj maniera stretta e
na sene
11 canto.)ta a refede in
/erso un
?nto di
; attività
comunitutto un
misteriosa. E il cielo parlò a
quei saggi di un tempo speciale, un tempo e anche un
luogo dove, per gli insondabili disegni di Dio, cielo e terra si sarebbero per un momento toccati. In un bimbo.
Sì, si trattava solo della nascita di un bambino, eppure
quel bimbo aveva cambiato il
corso delle stelle.
Smaliziati e disincantati
osservatori e, se pur per interposta persona, esploratori
di galassie, non crediamo più
in queste cose. E va bene così
se, ammantate di antiche verità, si fanno strada ancora
oggi credenze semi-religiose
legate a influenze astrali e
ascendenti di costellazioni.
Sappiamo bene che il cielo
non si trova al di sopra della
volta trasparente del firmamento e che le stelle non sono grandi lampadari celesti
agganciati sotto la volta per
illuminare le nostre notti.
Il percorso
indicato dalla stella
nza
I lo
lana
nel
renculluonto
3 in
an3 ire
3 reacro
inità
1? Vi
3 laper
ogo
ono
e da
Nel
Magi versati nel segreto sapere,
strani portenti osservano il cielo.
Per calmare il demonio?
Il trascendente male?
il presagio sublime
un bambino ascendente!
Sellarono i cammelli, presero i loro arnesi,
un percorso essi segnano che una stella ha indicato,
con gli occhi fissi in alto, rinunciando alle carte.
Gerusalemme da domande è scossa
(mirra silenziosa, incenso e oro) ;
«Dov’è il gran Signore,
la nascita del quale
quand’è annunciata sposta le stelle,
sconvolge la terra?».
Si consultano scribi e sacerdoti e assentono;
e dice Erode: «Io mi inginocchierò;
andate dritti a sud, verso Betlemme».
Rapiti, essi fronteggiano la sola luce del mondo;
trasformati, gettano davanti al Figlio
l’oro che seduce,
la mirra che affascina a morte,
dei sacerdoti il mistico aroma,
su dall’abete in fumo.
Del diavolo il potere ormai è infranto;
per altra via ritornano avvertiti.
La vita è incominciata e i ciechi vedono!
ma
ata
M. Fraser
(da Hans-Ruedi Weber, Emmanuel,
Claudiana Editrice, 1986, p. 67-68)
re pdiU'
“ " Una preghiera ortodossa
Con la venuta dell’Emmanuel è iniziata un'era nuova.
ìdir€ Chiesa ortodossa d’Oriente essa viene proclamata
nei vespri di Natale con questa preghiera.
itrodu
stamen- La tua natività, o Cristo nostro Dio,
a. ha diffuso nel mondo la luce della conoscenza:
tere mi- poiché cosi coloro Che adorarono le stelle, '
eia. ad adorarti appresero attraverso una Stella,
o na n 0 0 Sole di giustizia, e a conoscerti.
Nuovo Aurora ddl’alto, 0 Signore, gloria a te!
Paolo,
(da Hans-Ruedi Weber, Emmanuel,
Claudiana Editrice, 1986, p. 68)
dei magi d'Oriente
e non odiare mai»
Pensiamo oggi di essere molto più sapienti degli antichi
sapienti e facciamo fatica a
credere che la nascita di un
bimbo possa aver cambiato il
corso delle stelle.
Eppure quella stella ci interpella ancora. E ci incanta.
C’è ancora in quella pagina
della Bibbia un cielo che ci
parla della terra, e un bimbo
sulla terra che ci apre una
breccia nel cielo. Quel bimbo
poi divenne un uomo e percorse la terra toccando anche
le parti più basse di essa. Eppure non cessò mai di guardare il cielo, anche sospeso
in cima ad una croce. Ne parlo spesso, ognuno di noi ha
dei ricordi che si scolpiscono
nella mente e orientano i
suoi pensieri. Qualche anno
fa ho visto un film che parlava dei ricordi di un bambino ebreo. C’era sua madre in
un campo di concentramento che riusciva di tanto in
tanto ad incontrarsi con lui.
Gli portava piccole quantità
di cibo, come poteva, e poi
gli diceva spesso due cose:
«Guarda sempre il cielo» e
«Non odiare mai».
Perfino da un campo di
concentramento, dal cortile
di una prigione, dalle recinzioni di un campo profughi è
possibile intravedere un pezzettino di cielo. Guardare il
cielo è un piccolo possibile e
a volte potente antidoto
all’odio. Ciò avviene qualche
volta e solo per una grande
fede. Tale fede, allora come
oggi, è il più grande miracolo
che Dio possa fare. Solo per
fede ancora oggi una stella
può parlarci di Dio!
Una meditazione poetica della teologa Dorothee Sòl le
La notte in cui le rose fiorirono nella neve
In questa notte
lasciarono le stelle i posti a loro assegnati
e accesero i fuochi segnaletici
a velocità ultrasonica.
In questa notte
lasciarono i pastori i loro stazzi
e risuonarono nei rozzi orecchi
le nuove parole d’ordine.
In questa notte
lasciarono le volpi le tiepide tane
ed il leone scosse la testa:
«Questa è la fine,
è la rivoluzione».
In questa notte
scomparvero le rose dalla terra
e cominciarono a fiorire
nella neve.
Dorothee Solle
(tratto da Meditationen und Gebrauchstexte
Wolfgang Fietkau Vertag, Berlino 1969, p. 20.
Traduzione di Alfredo Del Zanna)
Una storia della tradizione orientale
Due stelle sulla montagna
Da un volumetto che raccoglie, a cura di Anthony De
Mello, antiche storie di saggezza orientale riportiamo questo
piccolo testo. Parla con categorie a noi estranee di come è
stato a volte vissuto il misterioso rapporto fra cielo e terra.
Come diceva Gandhi, anche
cogliere un filo d'erba su questa terra può cambiare il corso
delle stelle.
Viveva un tempo un uomo
molto austero,
il quale non toccava né cibo
né bevanda
finché il sole non scompariva
dal cielo.
Una stella lucente, quasi il
segno
dell’approvazione celeste per
le sue rinunce,
brillava in cima a una montagna vicina,
visibile a tutti anche in pieno
giorno,
sebbene nessuno sapesse
come fosse arrivata fino lì.
Un giorno l’uomo decise di
salire
sulla montagna e una ragazzina del villaggio
insistette per andare con lui.
Faceva caldo e presto i due
ebbero sete.
Egli incoraggiò la bambina a
bere,
ma lei rifiutò e disse che doveva farlo anche lui.
Il poveretto era in un grave
imbarazzo:
non voleva rompere il digiuno
ma neppure far soffrire la se
te alla piccola.
Alla fine bevette e lei fece lo
stesso.
Per molto tempo egli non osò
più guardare
in cielo, per paura che la stella
fosse scomparsa.
Si può quindi immaginare la
sua sorpresa
quando dopo un po’ alzò gli
occhi
e vide due stelle lucenti che
splendevano
sopra la montagna.
(da Anthony de Mello,
La preghiera della rana, voi. II,
Ed. Paoline, Milano, 1997)
L'eco del racconto della Genesi
Guarda il cielo e conta
le stelle come Abramo
MASSIMO APRILE
. .T) 01 lo condusse fuori e
gli disse: “Guarda il
cielo e conta le stelle se le
puoi contare”. E soggiunse:
“Tale sarà la tua discendenza”» (Genesi 15, 5). Abramo
quella notte si sarà rigirato
cento volte nel suo giaciglio
incapace di prendere sonno.
«Come si fa a vivere solo in
virtù di una promessa e a sperimentarne la sua quotidiana
smentita?». Se si hanno cent’
anni e una moglie sterile è difficile non sorridere davanti a
questa promessa. Sarà stata
l’insonnia notturna o quella
strana inquietudine. Abramo
si sentì come condotto fuori
dalla tenda.
Poi una voce interiore gli
chiese di alzare gli occhi. Nel
buio fitto del campo, 11 cielo
stellato in quella nitida e calma notte si presentò con una
bellezza sfavillante. Le stelle
come un manto di luce brillavano nel cielo. Si può essere
vecchi centenari, ma dinanzi
a questo spettacolo ci si sente
un po’ tutti come bambini,
rapiti dallo stupore di tale
manifestazione di grandezza.
Che grandi pensieri su Dio,
tornitore delle stelle, suscitava quello spettacolo! E, proprio come da bambino, Àbramo rifece quasi istintivamente il suo gioco preferito delle
serate estive, in cui gareggiava
coi suoi amici a chi ne contava di più. «Contale, Abramo,
se le puoi contare».
E similmente a quanto accadeva al termine di quell’ingenua gara. Abramo desistette. «Tale sarà la tua discendenza!». E mentre gli pareva
di sentire quella voce che gli
confermava un’impossibile
promessa su cui aveva scommesso tutta la sua vita, una lacrima gli rigava il viso perdendosi tra le rughe del suo volto
di vecchio disincantato. «Abramo credette al Signore,
che gli contò questo come
giustizia». Forse più commosso di lui fu quella notte, Dio
stesso, colpito da quella fede
più volte passata al setaccio
delle traversie della vita eppure ancora fresca e sincera.
A Gerusalemmè oggi c’è un
luogo che più di tutti richiama il cielo stellato della promessa: è quello della «Galleria
dei bambini» a Jad wa-Shem.
È una galleria sotterranea che
si percorre, tenendosi a un
corrimano, in un buio totale,
nel quale si accendono e palpitano piccole luci, come stelle, mentre una voce dice i nomi, l’età e la provenienza del
milione e mezzo di bambini
ebrei uccisi nella Shoà. Quella
voce impiega due anni per dire tutti quei nomi. È una straziante discesa agli inferi in cui
brillano solo le stelle di quelle
vite che avrebbero dovuto essere e non sono state a motivo
del! ingiustizia umana eretta a
sistema. Così oggi non riesco
più a guardare il cielo stellato
senza ricordare la benignità di
Dio e la sua fedeltà alla promessa della vita e, dall’altra
parte, la sconcertante violenza dell’animo umano che
quella discendenza ha cercato
di sterminare per sempre.
Guardo le stelle e le conto.
Desisto, mi fermo. E questa
volta è il volto di Dio che vedo bagnarsi da una lacrima. E
nessuno l’ha asciugata.
4
PAG. 4 RIFORMA
l*«
Ecumene
venerdì GENNAIO 19
VEI
i
A barare, in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario
Mandela: «Grazie al Cec per il suo sostegno»
Il presidente sudafricano ha fatto parte del suo sogno di un «rinascimento africano)
Accolto con favore il progetto di un «Forum ecumenico delle chiese cristiane»
Si è conclusa il 14 dicembre
ad Harare, capitale dello Zimbabwe, la Vili Assemblea del
Consiglio ecumenico delle
chiese (Cec), evento ecumenico di enorme portata, che ha
visto riuniti per undici giorni
i delegati delle 339 chiese
membro protestanti, anglicane, ortodosse, per un totale di
circa 4000 partecipanti. Il 10
dicembre l’Assemblea ha eletto il nuovo Comitato centrale,
che resterà in carica per i
prossimi sette anni: con una
percentuale del 24,6% le chiese ortodosse sono attualmente le più rappresentate; le
chiese riformate hanno ottenuto il 22% dei rappresentanti, quelle metodiste e anglicane il 10%. Il 39,4% dei membri
del nuovo Comitato centrale
(in tutto 150 persone) sono
donne, il 24,7% giovani; i laici
sono il 43,3%.
A conclusione dell’Assemblea restano delicati i rapporti con alcune chiese ortodosse. Con una lettera datata
27 novembre, indirizzata al
segretario generale del Cec,
Konrad Kaiser, il patriarca
Maxim di Bulgaria ha informato che la Chiesa ortodossa
bulgara ha ufficialmente deciso di ritirarsi dal Cec. Nella
seduta del 12 dicembre l’Assemblea ha stabilito di creare
una commissione speciale,
composta da membri nominati per metà dalle chiese ortodosse e per metà dal Comitato esecutivo del Cec, sul tema della partecipazione e del
Nelson Mandela
ruolo delle chiese ortodosse
nel movimento ecumenico.
Il lavoro della commissione
durerà al massimo per tre
anni e verterà sui «necessari
cambiamenti nelle strutture,
nello stile e nel “ethos” del
Consiglio».
Dopo il voto sulla commissione, la delegazione della
chiesa ortodossa russa ha annunciato che sospenderà la
partecipazione al Comitato
centrale finché la commissione non abbia condotto a termine le proprie deliberazioni.
«Se saremo soddisfatti dei risultati della commissione, riprenderemo il lavoro nel Comitato centrale - ha dichiarato all’agenzia ecumenica Eni
Hilarion Alfeyev, capo della
delegazione della chiesa ortodossa russa - altrimenti dovremo ritirare la nostra partecipazione dal Cec». «La commissione - ha affermato a tale
proposito Kaiser - non dovrà
occuparsi esclusivamente
della struttura del Cec, ma
dovrà andare alle radici del
sentimento di marginalizzazione e di alienazione percepito dalla Chiesa ortodossa».
Il 12 dicembre il neoeletto
Comitato centrale ha nominato il Comitato esecutivo: il
patriarca («catholicos») Aram
Keshishian, della Chiesa apostolica armena di Cilicia (Libano) è stato rieletto moderatore. L’Assemblea ha ap
provato la proposta della
creazione di un «Forum delle
chiese e delle organizzazioni
cristiane», che potrebbe portare alla creazione di un «tavolo ecumenico» aperto a
molte chiese che attualmente
non sono membro del Cec, in
particolare la Chiesa cattolica
romana e le chiese pentecostali ed «evangelicali». Il documento «Per una comprensione e una visione comuni
del Cec», che contiene la proposta del Forum, è stato discusso e ricevuto dall’Assemblea il 12 dicembre.
Il presidente del Sud Africa,
Nelson Mandela, è stato ospite dell’Assemblea il 13 dicembre, in occasione delle celebrazioni per il 50° anniversario del Cec: «L'Africa sogna
un “rinascimento africano” ha affermato il leader della
battaglia contro l’apartheid per superare, attraverso la ricostruzione e lo sviluppo,
l’eredità di un passato devastante e per assicurare che la
pace, la difesa dei diritti
umani, la democrazia, la crescita e lo sviluppo siano una
realtà per tutti gli africani».
Mandela ha ripetutamente
espresso gratitudine per il sostegno e la solidarietà del Cec
nei confronti della gente sudafricana nella battaglia contro l’apartheid. Il Cec ha contribuito, secondo Mandela,
ad attirare l’attenzione mondiale sul problema della discriminazione e dei diritti
umani net suo paese. (nev)
«
I 500 anni dalla nascita di Katharina von Bora, moglie di Martin Lutero
Signor Käthe», la donna più famosa della Riforma
Di soprannomi ne ebbe
molti: Lutero chiamava sua
moglie il «Signor Käthe»; per i
colleghi e gli amici, del riformatore era «la dottoressa» e
ancora oggi Katharina von
Bora, nata il 29 gennaio 1499
a Lippendorf, in Sassonia, a
sud di Lipsia, è ricordata da
molti come la «Luterà». Per il
500° anniversario i visitatori
potranno vedere i luoghi più
importanti della sua vita e
farsi un’immagine di quella
che è stata la donna più famosa della Kiforma. I cinquecento anni della nascita faranno del 1999, nella Germania luterana, l’anno di Katharina von Bora.
Le celebrazioni si sono
aperte a Wittenberg il 31 ottobre, giornata della Kiforma, con una conferenza della nota teologa femminista
Elisabeth Moltmann-Wendel. È quindi previsto un fitto
calendario di manifestazioni,
che va dalle mostre alle conferenze, dai seminari aH’allestimento di pezzi teatrali, ai
concerti; circa 150 occasioni
per conoscere questa donna.
La maggior parte delle iniziative si svolgerà a Wittenberg,
dove visse tra il 1523 e il
1552; altre sono previste a
Grimma, dove entrò nel convento del trono di Maria nel
1509 e a Torgau, dove passò i
suoi ultimi anni dopo la
morte di Lutero.
La pubblicità per le diverse
manifestazioni offerte dall’
anno di Katharina è già in
piena funzione. Sono stati
approntati dei medaglioni
commemorativi e all’inizio
del 1999 uscirà un francobollo. L’interesse per la moglie
di Lutero è covato a lungo
sotto la cenere senza mai svilupparsi, forse per la mancanza di materiale che potesse alimentare una tradizione
particolare, dice Martin Treu,
Katharina von Bora, ritratto di Lukas Cranach
direttore della «Lutherhalle»
di Wittenberg. La sua casa,
che è considerata il più grande museo della storia della
Riforma, per la fine di marzo
1999 esporrà 350 oggetti che
costituiranno la più vasta e
completa esposizione su
Katharina von Bora.
«Di lei ci sono giunte solo
otto lettere» riferisce Treu,
sottolineando che in esse risalta la figura energica di
Katharina, figlia di una nobile
famiglia della Bassa Sassonia
e «generai manager» della vita
di tutta la famiglia. Nei periodi di punta, infatti, in quella
che oggi è la «Lutherhalle» a
Wittenberg vivevano una
trentina di persone fra studenti, orfani, dipendenti e
ospiti. E Katharina, sei volte
madre, non si occupava solo
del ménage familiare e dell’educazione dei figli, ma anche della direzione e dell’amministrazione di quella piccola comunità-impresa che
comprendeva anche una fabbrica di birra e una fattoria.
Katharina ha avuto in
fluenza anche sulla politica
ecclesiastica e sulle questioni
teologiche, come ci riportano
diverse testimonianze. «La
“dottoressa” era l’unica donna ammessa a quelle famose
conversazioni a tavola in cui
Lutero si circondava dei suoi
studenti e seguaci», racconta
Treu. Ma ovviamente non
pareva opportuno che una
donna esprimesse le sue opinioni, per cui il suo nome
non compare mai nelle relazioni. Che la sua posizione
fosse particolare tra le donne
della Riforma lo dimostrano
anche, secondo il direttore
del Museo, i numerosi ritratti
che le furono fatti. Lukas Cranach la ritrasse parecchie
volte e la eternò sulla sua famosa pala dell’altare del duomo di Wittenberg. «Delle mogli degli altri riformatori di
Wittenberg, come Filippo
Melantone o Giovanni Bugenhagen conosciamo solo i
nomi» dice Martin Treu.
Questo anniversario deve
dunque servire non solo a ricordare Katharina von Bora,
ma anche le altre donne
dell’epoca della Riforma. «Fino ad oggi, nello scrivere di
storia, il punto di vista femminile è sempre stato trascurato» sottolinea Jutta Jahn del
laboratorio di Wittenberg per
il giubileo di Katharina von
Bora. Ed Erika-Pauline Fechner, responsabile della sezione «donne» della Chiesa evangelica della Sassonia dice
che l’idea di ricordare Katharina è nata proprio nel 1996,
durante la celebrazione dei
450 anni della morte di Lutero: «Ci siamo chiesti perché si
è sempre parlato così poco
del ruolo delle donne e sulla
loro situazione durante la
Riforma e abbiamo deciso di
far conoscere Katharina von
Bora non soltanto come moglie di Lutero». (epd/eni)
Mondo Cristiani
Il teologo metodista josé Miguez Bonino
favorevole all'estradizione di Pinochet
SANTIAGO DEL CILE — José Miguez Bonino, uno dei tee
gi protestanti più noti dell’America Latina, si è dichiarato
vorevole all’estradizione in Spagna del generale Pinochet.
margine ad una conferenza che ha tenuto a Santiago del Q
il teologo argentino ha sottolineato che un chiarimento giu,
ziario o morale del caso Pinochet non è realistico in Cile
teologo metodista è impegnato da molti anni in un movinif
to argentino per il rispetto dei diritti umani. Egli ha dichiari
di comprendere gli sforzi degli stati stranieri in vista di p
cessare Pinochet davanti ai propri tribunali poiché non est
ancora una Corte penale internazionale sotto l’egida dell’O
e che un simile processo non è immaginabile nel paese dell
dittatore. «Pinochet non è un fenomeno puramente cilen
ha precisato Miguez Bonino, ricordando le implicazioni int
nazionali dell’ex giunta militare e il fatto che le vittime n
sono soltanto cilene. Del resto, un membro dell’ex gover
militare argentino era già stato condannato in Francia [
aver assassinato una suora francese. «Dobbiamo agire pere
i responsabili dei crimini di un governo possano essere pi
cessati ovunque nel mondo», ha sottolineato Bonino. Ile
cente di teologia è dunque sulla stessa linea della Chiesa b
todista cilena che di recente ha espresso in una lettera ai «f
telli e alle sorelle europei» la sua speranza di giustizia. fj(
La Chiesa luterana del Cile
prende posizione sul caso Pinochet
SANTIAGO DEL CILE — Con una formulazione molto
tenta e moderata, la Chiesa luterana del Cile (lelch) ha pri
posizione sul « caso Pinochet». Ricordando gli innumere!
appelli rivolti al popolo cileno e alle autorità del paese sui
mericano in anni passati per giungere «alla verità, alla giui
zia e alla riconciliazione», i luterani cileni chiedono che
compia ogni sforzo per «sconfiggere l’arroganza di chi coi
nua a ignorare le violazioni dei diritti umani compiute in pi
sato» e si rammaricano che un eventuale processo al gener
Pinochet «che sarebbe dovuto essere un preciso compito i
popolo cileno» possa essere tenuto all’estero. (nevk
Cina: 140 cristiani clandestini sarebbero
stati arrestati nella provincia di Ho-nan
HO-NAN — Secondo una lettera datata 9 novembre 19:
oltre 140 cristiani clandestini sarebbero stati arrestati ne
provincia di Ho-nan. La lettera è stata spedita da un cristia
cinese che chiede alla comunità internazionale di esortar
governo cinese a liberare quelli che sono stati arrestati. La 1
tera lamenta «una nuova ondata di persecuzione religiosa
Cina». Tuttavia, un portavoce dell’Ufficio per gli affari relig
si della Cina ha dichiarato di non sapere nulla su questi p
sunti arresti. La lettera è firmata «David Chang, portavt
aU’esterno delle “chiese di casa” della Cina». La lettera, pi
blicata dall’ufficio per i diritti della persona in Cina, che
sede a New York, è stata indirizzata al Segretario gener
dell’Onu, al presidente degli Usa, al Congresso e al Dipa
mento di Stato Usa, ad Amnesty International nonché ad al
associazioni di difesa dei diritti umani. Il documento aggii
ge che la polizia ha arrestato questi cristiani nel corso di d
«riunioni di casa» nella provincia di Ho-nan il 26 ottobre e
novembre scorsi. Fra le 23 province cinesi, Ho-nan, provin
interna a sud-ovest di Pechino, conta una delle più forti j
polazioni di cristiani in Cina (circa 3,5 milioni). Le autorità
cali hanno fama di essere più consérvatrici di quelle de
province del litorale, relativamente tolleranti nei confro
delle chiese non registrate. Fonti vicine alle chiese somme
segnalano inoltre che dei responsabili del Movimento d(
tre autonomie, organizzazione cristiana riconosciuta dal |
verno cinese, hanno dichiarato che le chiese non registri
sono eretiche. Un responsabile ecumenico degli Usa, espe
di questioni asiatiche, ha confermato che ci sono stati no
voli problemi a livello dei rapporti tra stato e chiese a Ho-r
in questi ultimi cinque anni, ma ha espresso dubbi circa il r
mero degli arresti e circa l’accusa di eresia. (spp/e
Austria: la Chiesa protestante confessa
di essere stata complice dell'Olocausto
VIENNA — La Chiesa protestante austriaca ha confessi
di essere stata complice dell’Olocausto. La risoluzione app
vata dal Sinodo generale della chiesa (63 voti favorevoli
contrari e 3 astensioni) ha un duplice obiettivo, ha dichiari
uno dei deputati al Sinodo, Johannes Damine: «Da un la
essa chiarisce in che modo la Chiesa protestante si è n
complice dell’Olocausto». D’altra parte, le questioni teoio
che dovrebbero porsi diversamente per tutta una parte df
popolazione dopo questi crimini. «È con vergogna che cos
tiamo che le nostre chiese si sono mostrate insensibili i
confronti del destino degli ebrei e di altri innumerevoli per
guitati» afferma la risoluzione. «Con questo testo - ha aggii
to Damine - ci rivolgiamo alla comunità ebraica con un m
vo intento: vogliamo avvicinarci all’interpretazione ebra
della Bibbia ebraica». Le prime reazioni della comunità isr
litica sono state «straordinariamente positive». Si sono svi
colloqui preliminari in vista di un incontro pubblico tri
Chiesa protestante e la comunità israelitica. fsj
Cuba: soddisfazione del Consiglio delle
chiese per la riabilitazione del Natale
L’AVANA — «Grande soddisfazione» è stata espressa dal O
sigilo delle chiese di Cuba per la decisione del governo di ria
mettere il Natale tra le festività nazionali. In un documento (
fuso alla stampa, il Consiglio (che riunisce tutte le 1.600 chi
protestanti dell’isola con circa 2.000 pastori) sottolinea che '
«lo stato ha cessato di essere ateo tornando ad essere laico»
esprime parere favorevole sul fatto che non sia previsto Fin
gnamento della religione nelle scuole pubbliche, «un inseg
mento che va svolto nelle famiglie e nelle chiese». (nev/gh
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Il Male a fine millennio caratterizza il «Noir in festival» di Courmayeur
Il diavolo si nasconde nel Monte Bianco
Film, incontri con gli autori per cercare di capire dove si collocano i confini
tra azioni giuste e ingiuste in una società priva di punti di riferimento
ALBERTO CORSARI
CHE cosa lega i detenuti di
San Vittore a un doppio
omicidio nel Nuorese di fine
Ottocento? La violenza metropolitana Anni 50 dei romanzi di Mickey Spillane ai
serial killer di oggi? E registi,
scrittori, critici a confrontarsi
con tutto ciò che richiama alla mente il problema del Male in questa fine millennio?
Lo spiega forse l’evento centrale del Noir in festival, il
film Campo corto girato dai
detenuti. Evento centrale,
perché in un festival dedicato
ai nuovi confini tra Bene e
Male, proprio la conferenza
stampa con loro ha permesso
di capire quanto siano ingannevoli gli aspetti esteriori: le
loro riflessioni, filmate e svolte in sala, magari rispondendo agli allievi del locale Liceo
linguistico europeo e della
scuola media, sono state esemplari per la lucidità dello
sguardo su una condizione di
vita ma anche per l’ironia, per
il senso dell’amicizia che traspare dalle storie narrate e
per la scelta deliberata di non
piangersi addosso. Il film
narra del «campionato mondiale» interno al carcere, dove le varie «nazionali di calcio» si sfidano sul terreno di
cemento del cortile e su questo canovaccio si affastellano
rimpianti, nostalgie, battute,
aspirazioni. A non saperlo
prima, il confronto con due
degli autori, detenuti entrambi di origine sudamericana, poteva far pensare alla
conferenza stampa di due
professionisti del cinema o
anche di due sociologi.
Si diceva della difficoltà di
Un momento delle riprese di «Campo corto»
cogliere il confine tra Bene e
Male, tra lecito e illecito:
questo è un tratto caratteristico della nostra epoca. Pensiamo alle nuove frontiere
della genetica (ciò che si può
fare, sembra vada fatto senza
altre valutazioni) o alla vicenda dei panettoni avvelenati da chi dice di agire per il
bene del Terzo Mondo, ma lo
fa con lo strumento del terrore. Difficile tenere la rotta,
difficile dare giudizi. Proprio
il poliziesco, ovvero il Noir
(che solo in Italia è stato
chiamato «giallo» dalle copertine degli albi Mondadori
Anni 30) sembra fornire delle
indicazioni per districarsi nel
viluppo delle passioni, degli
interessi e delle tensioni sociali. Ci troviamo in un tem
po in cui l’incarnazione ultima del demonio, per dirla
con le parole del direttore
del Festival, Giorgio Gosetti,
«collima coi miti di massa,
con la sovrapposizione del
bello sul giusto, con il trionfo ambiguo della potenza
del denaro e del consenso».
Nuovi sforzi di indagine vengono chiesti a tutti gli attori
della società per superare
l’incertezza etica, possibilmente non nella direzione di
una rigida normativa morale,
ma nella riflessione e nella
consapevolezza della responsabilità di tutti e di ognuno.
Fra i molti film visti, che
narrano di poliziotti corrotti,
di perversioni sessuali e di
marginalità sociali, non bisogna pensare tuttavia che il
Festival proponga la sola attualità: sarebbe piuttosto banale, e un qualunque tg ci offre un campionario di orrori
che supera ogni fantasia. Si
sono viste anche opere che
tentano la sintesi tra le suggestioni del presente e le lezioni
della storia, come il romanzo
Sempre caro presentato dall’autore Marcello Pois (ed.
Frassinelli). L’amhientazione
del suo libro nelle campagne
nuoresi del 1898 pone in rilievo le lacerazioni dell’identità
di un popolo isolano nei confronti dell’Italia da poco unita, i rapporti con le istituzioni, il senso di colonizzazione
larvata, di espropriazione del
proprio quadro di riferimento morale: tutti concetti di
estrema attualità in Italia e
nella nuova Europa. Se poi,
come nel libro, ogni tanto ci
scappa il delitto (o i delitti),
agli organi repressivi tocca la
repressione dei reati, ma a
tutta la collettività compete
di interrogarsi sui propri
punti di riferimento morale,
sul perché funzionino o meno. Allo stesso scopo si presta
la riduzione teatrale, curata
da Luisa Aureli Bergomi e Eligio Milano come contributo
dell’ente turistico del Monte
Bianco, del «Processo al diavolo», cronaca vera di una
istruttoria condotta nel 1601
nella località valdostana di Issime e che coinvolse la popolazione intorno a «fenomeni
meravigliosi», con tanto di richiesta di esorcismi al vescovo e atti di espiazione collettiva. Chissà se da allora, come
si dice nella presentazione, i
demoni siano rimasti imprigionati nelle pendici del Dente del Gigante?
■ I Un appuntamento coinvolgente
Discutere di crimini e misfatti
con mezzi creativi
LUISA AURELI BERGOMI
Lf IMMAGINE di primo
( piano è quella di un Festival dedicato alla cinematografia Noir mondiale, ma
l’elemento realmente caratterizzante dell’appuntamento è
sempre stato lo sforzo di mettere in evidenza come la cosiddetta «narrativa di genere»
sia di fatto uno stimolante e
spregiudicato occhio indagatore sulla realtà del nostro
tempo e sugli scenari prossimi venturi. Il «Noir in festival»
di Courmayeur, di cui si è
svolta la sesta edizione nella
prima settimana di dicembre,
non si è infatti mai limitato a
proporre una rassegna di
eventi cinematografici di sicura presa commerciale o di
presenze di richiamo: basti ricordare l’anteprima mondiale
di Alien Resurrection che ha
aperto l’edizione ’97, la presentazione in videoconferenza della ormai penultima serie
di telefilm X-hles nel ’96, la
retrospettiva su Dario Argento
del ’95. Da sempre il Festival
si è anche dato il compito di
allargare il suo campo di azione sia nella direzione della
letteratura (con i premi «Alberto Tedeschi-Mondadori» e
«Scerbanenco -La Stampa»
oppure il «Raymond Chandler
Award», assegnato nell’ordine
a Frutterò & Lucentini, Lady
P. D. James, Ed McBain, James Crumley e nel 1998 a
Mickey Spillane, assieme a
una menzione speciale per
l’emergente autore spagnolo
Arturo Perez Reverte, il cui
Club Dumas ha avuto recente
fortuna in Italia), sia in quello
della storia e dell’attualità.
Tramite le retrospettive de
«L’Italia in Giallo e Nero»,
(che negli anni hanno riproposto cult-movies quali II Te
stimone di Pietro Germi, la
Sfida di Francesco Rosi, Indagine su un cittadino al di
sopra di ogni sospetto di Elio
Petri e La donna della domenica di Luigi Comencini), nel
corso delle sei edizioni sono
state infatti ripercorse le luci
e le om-bre dei vari decenni
del dopoguerra italiano, un
itinerario di «memoria in nero» che è stato accompagnato da convegni e incontri sul
presente e sul futuro, nei
quali giornalisti ed esperti
(come Ilda Boccassini del
Pool di Milano) sono stati
chiamati a riflettere su temi
quali l’internazionalizzazione del crimine o sui nuovi
confini tra Bene e Male alle
soglie del terzo millennio.
«Ritengo - ha detto Giorgio
Gosetti, direttore della rassegna del Monte Bianco - che il
Noir come genere sia una
sorta di specchietto che ci dice costantemente come sta
cambiando il mondo, a volte
molto meglio degli articoli di
cronaca, di politica, delle
grandi inchieste; e questo
perché il giallo, essendo il genere più popolare di questo
secolo, diventa per forza un
elemento rivelatore di come
cambiano il gusto della gente
e le attese del pubblico, e in
generale il clima della realtà
in cui viviamo».
Una rassegna personale del regista
Robert Guédiguian: periferie
e giovani in cerca di amore
Un posto a parte merita il «Primo piano» dedicato da
Torino film festival ’98 a Robert Guédiguian perché mi
sembra riassuma efficacemente quel che di nuovo si è visto e si vedrà nei prossimi anni. Guédiguian è conosciuto
in Italia grazie a Marius et Jeannette, distribuito nelle sale
la scorsa primavera: è la storia dell’incontro fra un uomo e
una donna, lui guardiano di un cementificio, lei cassiera in
un supermercato: un amore raccontato con toni lievi, che
lascia spazio all’ironia e si fa corale, coinvolgendo gli amici, i vicini, i figli.
Tutti gli altri film di Guédiguian sono un raccontare con
trame diverse la stessa storia, ambientata nello stesso quartiere, la periferia operata dell’Estaque-Riaux di Marsiglia,
zona di cantieri navali, cementifici e fabbriche chimiche; i
protagonisti sono sempre gli stessi o quasi: donne dotate di
un robusto senso pratico, uomini generosi e capaci di comprensione, ragazzi volitivi e semplici, uniti in una concreta
ricerca della felicità possibile. In L'argent fait le bonheur,
un prete setaccia ogni mattina le strade alla ricerca di siringhe e sembra voler dire ad ogni battuta che condannare
non serve, quel che conta è l’uomo: insieme alle donne salverà il quartiere dalla disgregazione rapinando una banca e
butterà la tonaca alle ortiche. Nell’ultimo lavoro del regista,
A la place du coeur, due ragazzi, lui nero lei bianca e incinta, vogliono vivere insieme e ci riusciranno, anche se dopo
non pochi problemi: anche qui è l’amore il protagonista,
un amore che sorprende lo spettatore perché descritto con
semplicità, così com’è nelle immagini e nelle parole, privo
dei toni enfatici e falsi a cui ci ha abituati la pornografia
sentimentale del cinema commerciale.
Ma l’amore di Guédiguian non è solo fra uomo e donna,
è anche tra genitori e figli, tra fratelli, tra amici, è un amore
che si fa sociale e politico, laddove è posseduto da un proletariato ancora capace di rivoluzionare se non il mondo,
almeno il quartiere. Certo il regista corre il rischio della retorica più di una volta, ma glielo si concede volentieri, se si
raccoglie il suo cinema come un’esortazione: finiamola di
guardare con distacco il disfacimento delle città e dei suoi
abitanti, la violenza degli assassini nati, sono cose già viste
e che sappiamo a memoria. Proviamo invece a riproporre,
ma calato nel mondo, l’amore (quanto comprensibile timore per questa parola abusata!) nella working class, l’unica ad avere ancora qualcosa da dire: non sarà forse de! tutto una follia se dall’altra parte della Manica sta facendo lo
stesso uno come Ken Loach.
La rassegna torinese cambia nome e direttore e si conferma di alto livello
Rapporti interpersonali e realtà sociale al Film festival
FEDERICA TOURN
PER commentare l’ultima
edizione del «Torino film
festival», che ha occupato le
sale di uno dei più grandi cinema del capoluogo piemontese dal 20 al 29 novembre,
proviamo a cominciare dalla
fine: il primo premio è stato
vinto da un film del Tagikistan, Parvaz-e zanbur (Il volo
dell’ape) di Jamshed Usmonov e Min Biong Hun, pellicola d’esordio di due studenti
della scuola di cinema di Mosca. Ma il Festival torinese è
qualcosa di più di un semplice concorso internazionale di
registi poco o per nulla conosciuti: è una rassegna tra novità e retrospettive (sarebbe
stata da vedere quella di quest’anno su Jean-Daniel Pollet,
autore poco conosciuto della
Nouvelle Vaglie) che si vuole
informale ma che cresce di
anno in anno e che in questa
edizione, la sedicesima, ha visto non pochi cambiamenti.
Il nome, innanzitutto: non
più «Cinema giovani» ma
«Torino film festival», a sottolineare, caso mai non fosse
abbastanza chiaro, che non si
tratta di un divertissement
per adolescenti ma di un appuntamento culturale di ampio respiro. Poi il direttore,
che non è più Alberto Barbera, chiamato alla Mostra di
del cinema di Venezia, ma
Stefano Della Casa. Infine, la
comparsa di un grande sponsor ufficiale, la Nestlè, che
non ha mancato di suscitare
polemiche: oltre alle dimostrazioni del «Comitato torinese per il boicottaggio alla
Nestlè», che condannava la
distribuzione del latte in polvere nel Terzo Mondo, presunta causa di morte per migliaia di bambini, sono stati
Ken Loach, premio Cipputi
alla carriera, e il suo sceneggiatore Paul Laverty a mettere in guardia contro le multinazionali che cercano di guadagnare in immagine sostenendo manifestazioni di indubbio valore come questo e
altri festival.
E ora, privilegiando la fiction, qualche film. In primo
luogo i due che sono usciti
nelle sale in questi giorni: il
bellissimo II mio nome è Joe,
ultimo lavoro del regista inglese Ken Loach (autore tra
gli altri di RiffRaff, Piovono
pietre. La canzone di Carla),
storia d’amore tra un disoccupato ex alcolizzato e un’assistente sociale, in una Glasgow vista dai pub, in cui si
smercia droga e dagli sterrati
in cui si gioca a pallone; e
l’orribile Ecco fatto dell’italiano Gabriele Muccino, com
Robeit Guédiguian
Una scena dal film «Il mio nome è Joe»
media giovanilistica sulla gelosia che non provoca nel
pubblico né riso né sorriso
ma solo il desiderio che la
proiezione si inceppi. Cosa
che non accade a Muccino,
naturalmente, ma alla copia
restaurata di The touch of
Evil (L’infernale Quinlan,
1958), uno dei capolavori di
Orson Welles, che solo dopo
non pochi problemi si riesce
a vedere nella versione integrale, così come Tavrebbe voluta il regista.
Ancora (nella speranza che
ricompaiano in futuro in
qualche circuito cinematografico): bello l’argentino
Pizza, birra, faso di Adrián
Gaetano e Bruno Stagnare,
asciutto ritratto di un gruppo
di squatter in una Buenos Aires sporca, notturna e corrotta: Benny’s video e in genere i
film dell’austriaco Michael
Haneke (già noto per Funny
games, film scandalo, per la
crudezza delle situazioni, a
Cannes) per la capacità di
chiamare in causa lo spettatore nella rappresentazione
della violenza, tanto più cruda quanto insensata; Sue,
dell’israeliano Amos Kollek,
sulla solitudine di una donna
e di una New York invernale
in cui l’amore e la gentilezza
forse esistono ma non bastano a salvare. E poi i documentari, la retrospettiva sul
cinema africano, altri film e
video: ma non si poteva davvero vedere tutto.
6
PAG. 6 RIFORMA
VENERDÌ P GENNAIO 1999
Un libro che racconta la vita dell'ebreo polacco Marek Edelman
Il comandante del ghetto
Dopo la fine della guerra ha iniziato l'attività medica, in seguito è stato anche
attivista di Solidarnosc: un'esistenza di cui il protagonista parla poco in pubblico
PAWEL GAJEWSKI
.. Ç ONO semplicemente il
' guardiano delle tombe
del mio popolo», dice di se
stesso Marek Edelman, comandante dell’insurrezione
nel ghetto di Varsavia nel
1943. Questa sua espressione
ha dato titolo al libro II guardiano. Marek Edelman racconta (Palermo, Sellerio,
1998) scritto da Rudi Assuntino e Wlodek Goldkorn e presentato il 25 novembre scorso a Roma durante una tavola rotonda organizzata dal
Centro ebraico italiano «Il Pitigliani». Edelman non ama
lunghi discorsi, si potrebbe
dire che decisamente preferisce agire, come.ha sottolineato Wlodek Goldkorn nella sua
introduzione.
La vita di Edelman deve essere letta proprio in questa
ottica. Aveva poco più di
vent’anni quando, nell’aprile
1943, diventò uno dei comandanti dell’insurrezione
del ghetto di Varsavia, la prima ribellione in Europa contro i nazisti, l’unica reazione
armata contro lo sterminio
degli ebrei. Miracolosamente
sopravvissuto è diventato
cardiologo, passando la vita
tra casa e ospedale e diventando sempre più famoso
nella città di Lodz, non come
un eroe di resistenza ma come uno dei migliori medici
di questo grande centro urbano di quasi un milione di
Truppe naziste al rientro in Germania dopo aver occupato la Polonia
abitanti. A metà degli Anni
Settanta è stato coinvolto
nelle attività dell’opposizione democratica polacca. Arrestato dalla giunta militare
del generale Jaruzelski dopo
il golpe del 1981, è stato liberato grazie a una grande mobilitazione internazionale.
Come leader del movimento
Solidarnosc in clandestinità
nel 1989 ha preso parte al cosiddetto «Tavolo rotondo»
che, dopo quarant’anni di
totalitarismo, ha stabilito le
regole delle prime elezioni
democratiche in Polonia.
La vita di Edelman è profondamente segnata dalla
sua educazione familiare.
Era cresciuto in una famiglia
di militanti del Bund, il partito socialista degli ebrei che
La chiesa nel corso dei secoli
Una storia teologica
FULVIO FERRARIO
La collana «L’abside» delle
Edizioni San Paolo, dedicata prevalentemente a manuali di teologia a uso dei seminari e delle facoltà teologiche, si arricchisce di un importante volume del benedettino Ghislain Lafont, uno
degli teologi più noti dell’
area francofona’*. Fondamentalmente si tratta di una storia della teologia, prevalentemente di quella occidentale
e, per il periodo successivo alla Riforma, di quella cattolico-romana.L’autore si sforza
di superare il modello tradizionale della rassegna di autori e correnti, per situare la
vicenda intellettuale nel quadro della vita spirituale della
comunità cristiana. In questa
prospettiva, il percorso si
svolge lungo due assi, indicati
nel sottotitolo: il primo («Itinerario») di carattere cronologico, il secondo «Forme»)
dedicato all’analisi di alcune
strutture teoriche permanenti
della teologia cristiana, significativamente gravitanti intorno al problema del male.
La riconosciuta competenza di Lafont garantisce ampiamente la qualità scientifica della trattazione; dal punto
di vista manualistico, la struttura dell’indice del libro ne
rende la consultazione leggermente più complessa rispetto a un manuale tradizionale, ma ciò è ampiamente
compensato dalle prospettive
metodologiche e contenutistiche che vengono aperte.
Per il lettore e la lettrice protestanti le sezioni forse più
interessanti, oltre a quelle relative alla Scolastica medievale, riguardano forse le fasi
meno studiate della teologia
cattolica, come quelle sul Settecento e l’Ottocento: qui
l’itinerario storico si ferma, e
la discussione delle proposte
più recenti è svolta, tra le righe, nella parte sistematica.
L’interpretazione della
Riforma come «umanesimo
interrotto» è non solo teologicamente un po’ primitiva,
ma anche storicamente insoddisfaciente, dato che il
rapporto tra Riforma e Umanesimo è molto più dialettico
di quanto Lafont, e simmetricamente anche molta storiografia protestante, mostrino di credere. Dispiace ritrovare in un’opera di questa
qualità stereotipi privi di fondamento storico-teologico,
come quello per cui la Riforma considererebbe la chiesa
come realtà «fondamentalmente spirituale e invisibile»
(p. 201). Ma appunto, non è
in questo ambito che va cercata la forza del libro, che invece è un’appassionante cavalcata all’interno del mondo spirituale della chiesa romana (e di quella indivisa,
antecedente alla Riforma, vista in prospettiva romana),
che il teologo benedettino sa
illuminare con acuto senso
storico, e critico.
(*) G. Lafont: Storia teologica
della Chiesa. Itinerario e forme
della teologia. Cinisello Balsamo,
San Paolo, 1997, pp. 382, £ 60000.'
Per la pubblicità
su
tei. 011-655278
nella Polonia d’anteguerra
lottava per l’autonomia culturale dalla nazionalità ebraica e contro il fascismo.
Se fosse per Edelman si saprebbe poco di lui e delle sue
molteplici attività. Ama tuttora la clandestinità ed evita
ogni forma di pubblicità, ha
detto Rudi Assuntino. Infatti
durante rincontro presso «Il
Pitigliani» parlavano più gli
ospiti della serata che il protagonista stesso. Giacoma Limentani ha tracciato un ritratto di Edelman attraverso
una rete di collegamenti e di
incontri durante la fase finale
della seconda guerra mondiale. In questo caloroso monologo rivolto direttamente
all’anziano militante del
Bund, la Limentani ha cerca
to di trovare collegamenti
con la propria tradizione
ebraica vissuta in un contesto sociale ben lontano dalla
realtà polacca.
Erri De Luca, noto scrittore
e cultore dell’ebraismo, ha
raccontato la sua esperienza
dell’incontro con la realtà
degli ebrei in Polonia vissuta
a Varsavia nel 1993, durante
la celebrazione del 50° anniversario dell’insurrezione del
ghetto. Per De Luca, radicato
nella cultura mediterranea,
la scoperta dello yiddish e il
successivo studio di questa
lingua sono state tappe importantissime per comprendere l’anima del popolo ebraico e quindi l’intera storia
della nostra civiltà.
Edelman, durante la tavola
rotonda, si è limitato a poche
battute piuttosto laconiche.
Si riesce a ricavare molto di
più dal suo racconto racchiuso nel libro di Assuntino
e Goldkorn. È un racconto
che ripercorrendo la storia
contemporanea della Polonia invita il lettore a una
profonda riflessione sui problemi del nostro continente,
soprattutto su quelli che si
inseriscono nell’itinerario
simbolico che porta da Auschwitz a Sarajevo. Il sogno
di Edelman è sempre quell’ambizioso progetto del movimento Bund di sessant’anni fa: un’Europa democratica, laica, in cui regna la fratellanza di tutti i popoli.
' Lo sceneggiato tv sul profeta Geremia
Il film non rende l'epopea
RENZO TURINETTO
Recentemente un collega pastore mi faceva
carico, con garbo, di qualche
eccesso razionalista in amichevoli conversazioni comunitarie su temi biblici. Adesso
Riforma mi chiede 50 righe
su Geremia. Ho fatto il comune spettatore quale sono «raziocinante e credente» e in
accordo con il binomio di
Paolo riferito alla preghiera,
spirito e intelligenza (I Corinzi 14, 15). Ho visto Geremia
fanciullo chiamato da Dio nel
sonno: dovrà dire al popolo
di Giuda che Dio gli rinfaccia
di averlo tradito con gli dei
pagani; le leggi date a Mosè
sono ritrovate nel tempio di
Gerusalemme, il popolo dovrà tornare a obbedirle, ma
intanto verrà duramente punito dal tallone di Babilonia.
Sedici anni dopo Geremia
si prepara a sgozzare il suo
primo agnello in sacrifizio al
Signore e poi a sposare Giuditta. Non la sposerà: primo
perché Dio lo reclama tutto
per sé; secondo perché da
Babilonia arrivano tre «bravi»
del re che la vuole; infine perché Giuditta sarà uccisa difendendo proprio Geremia.
Dio si ripresenta più volte,
gli fa vedere una pentola rovesciata, segno di Giuda travolto da Babilonia. A Geremia si affianca Baruc, scrivano del tempio che mette su
pergamena la volontà del Signore pronunciata dal suo
profeta. Gerusalemme non è
distrutta ma predata dai tesori del tempio e oppressa da
forti tasse. 1 capi di Giuda
non accettano la pesante mano di Dio che la vuole sotto il
nemico per aver rotto il patto
da lui stabilito nelle tavole
della Legge: il falso profeta
Anania cerca un’infida alleanza con l’Egitto, spezza il
giogo di legno che Geremia
porta sul collo come simbolo
della temporanea sottomissione a Babilonia. «Eppure ci
sarà un giogo peggiore, di
ferro», e il re di Giuda lo imprigiona per disfattismo. Tuttavia i profeta compra un
campo, la patria sarà perdonata e rifiorirà. Nabucodonosor lo libera, lo rinvia nella
sua terra, dove Dio «ricostruirà il tempio e i cuori».
Questo mi sembra di avere
visto e capito. Dopo (non
prima) ho riletto i capitoli
22-25 del II Libro dei Re, dove Geremia non compare, e
lo sviluppo mi è parso ben
più impressivo. Ma in fondo
è impresa insostenibile filmare o inscenare un’epopea
o una vita. Accadde perfino
con il celebre regista Cari Th.
Dreyer, portato in teatro a
Torino in «prima» mondiale
24 anni fa con il suo Gesù
(sceneggiatura per un film
che il regista non realizzò
mai, ndr) con il giovane Franco Branciaroli e un eccellente
cast. Se simili tentativi si proponessero di fare leggere la
Bibbia (avvicinare a Dio, si
diceva una volta), si potrebbe
non storcere la bocca per la
relatività e inadeguatezza
della rappresentazione. D’altronde cbi parla e scrive di
Geremia, di Gesù, di Dio e
avanti, non è altrettanto abissalmente relativo e inadeguato? In effetti lo scopo di queste produzioni è bassamente
mercantile: vendere. L’apostolo Paolo sapeva di disarmoniche predicazioni su Gesù e si pronunziò così: «Ma
che importa? Comunque sia,
o per pretesto o in sincerità.
Cristo è annunziato; e io di
questo mi rallegro e mi rallegrerò ancora» (Filippesi 1,
18). Possiamo chiederci se
penserebbe lo stesso del Geremia televisivo.
(Geremia il profeta, Raiuno,
14 dicembre).
RACCONTO
Il concerto di Natale
di Oscar l'«Oscuro»
PIERA ECIDI
1 bambini avevano addobbato l’albero, splendente lì in un
angolo, e adesso i loro visi intenti spiccavano nella penombra in prima fila a ogni brillare intermittente delle luci. La corale dei giovani si era disposta intorno, in un fruscio appena
delle larghe tuniche bianche e stavano lì pronti, intorno
all’organo, abbracciati dall’ampia abside di legno scuro, nervosi come puledri pronti allo scatto.
Entrò a larghi passi Oscar, il solista, tutto vestito di nero
con il viso olivastro e i baffi neri e gli occhi neri lampeggianti
emozione. Entrò e si inchinò agli applausi, e così dietro di lui
il maestro. 11 pubblico di padri, madri, amici e fedeli applaudì caldamente. Anche i bambini applaudirono. L’organista andò all’organo, e dopo essersi inchinata si sedette. La
chiesa, avvolta dalle sue mura di legno sembrò palpitare e
trattenere il respiro, contenendoli tutti.
Ed ecco la più giovane, forse, alta e incerta incespicando
nei passi staccarsi e farsi avanti, davanti al leggio;
Ho paura di dire di sì, Signore
Dove mi condurrai?
■ - leggeva con voce sottile
Ho paura di estrarre la pagliuzza più lunga
- diceva - Ho paura di firmare infondo alla pagina bianca...
Oscar era lì pronto in prima fila, solo davanti agli altri, con
la tensione di ogni concerto che gli vibrava sottopelle, fosse
pure quel semplice concerto per la sua chiesa, un concerto
di beneficenza, il concerto di Natale: e percepiva una specie
di fremito collettivo di tutti gli altri alle sue spalle, pronti a
scattare, ciascuno secondo la nota giusta...
Ho paura di dire di sì. Signore
Ho paura di tenderti la mano...
Erano tutti artisti, chi per diletto chi per professione, ciascuno col suo dono, ciascuno vicino a Dio. Gli artisti sono
sempre vicini a Dio, anche quando sono oscuri peccatori.
Oscar, artista professionista, oscuro: scuro di pelle, scuro di
baffi, una vita all’oscuro. Non nelle luci del palcoscenico, no,
ma nel senso di una vita di notte. Una vita a cantare nei teatri, in giro dappertutto. Una vita di spazi chiusi, di sciarponi
d’inverno e di finestrini sbarrati d’estate ad evitare ogni spiffero, di ore e ore di gargarismi e di vocalizzi. Non una famiglia, non una donna, e sempre questa accusa di egoismo, di
non potersi occupare degli altri, di narcisismo.
Hai fatto il deserto intorno a me
E ho fame, e ho sete,
e il mondo intero non potrebbe nutrirmi...
La ragazza che leggeva fremeva di emozione, la sua coda
di capelli neri, corvini, ondeggiava sulle gracili spalle avanti
e indietro:
Signore, tu mi hai ajferrato e non ho potuto resisterti
Ho corso a lungo, ma tu mi inseguivi,
Eacevo dei lunghi giri, ma tu li conoscevi,
Mi hai raggiunto, mi sono dibattuto, tu hai vinto!
- gridò la ragazza con tutte le sue forze...
Se lo spirito di Dio si muove in me
- intonò Oscar con la sua bella e calda voce di solista
Io canto come David...
cantò ancora, come una risposta:
Io ca-anto, io ca-anto
Io canto come David
- proruppe aH’unisono il coro.
I bambini risero, gli adulti batterono le mani, tutta la cappella di legno sembrò illuminarsi di un abbraccio di gioia;
Io ca-anto, io ca-anto
Io canto come David!
OSPEDALE EVANGELICO
INTERNAZIONALE DI GENOVA
Salita superiore S. Rocchino 31 A
Concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di un dirigente medico di II livello Disciplina «Medicina interna»
In esecuzione alla deliberazione n. 287 adottata in data 23-lO1998 è indetto: avviso pubblico per il conferimento di un incarico
quinquennale di
Dirigente medico 2® livello
disciplina «Medicina interna» presso Unità operativa
«Medicina» dell’Ospedale evangelico internazionale.
Il termine di presentazione delle domande di partecipazione scade il giorno 11 gennaio 1999.
Il testo integrale del Bando di concorso pubblicato sul Bollettino
Ufficiale della Regione Liguria n. 47 del 25-11-98 può essere richiesto al Servizio personale dell’Ospedale evangelico internazionale, Salita superiore San Rocchino 31A, 16I22 Genova. Tel. OlO5522-301-233 - fax: 010-5522-200.
Spedizione
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Spedizione in a.p. 45%
art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Filiate diTorino
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ial mittente presso l’Ufficio PT Torino CMP Nord.
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Fondato nel 1848
GIORNATE DI FESTA — Fra Natale e l’Epifania:
giornate di festa per molti, un lungo ponte da utilizzare
sulle piste di sci (almeno dove c’è neve sufficiente), o per
altri con vacanze nei luoghi esotici, alla ricerca del caldo.
Ma è soprattutto il momento della festa dei più piccoli; anche nelle nostre chiese queste due settimane sono trascorse
all’insegna delle «feste dell’albero». Giornate di gioia ma
anche l’occasione per ricostituire la comunità, spesso sfilacciata con i culti frequentati solo da persone coi capelli
bianchi. Intorno ai bambini, ai canti e alle recite, è tutta la
famiglia che si riunisce nel tempio.
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T
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VENERDÌ P GENNAIO 1999 ANNO 135 - N. 1 LIRE 2000
La caccia, con il complesso del territorio su cui
viene esercitata, è regolamentata da leggi nazionali e regionali. Le aree locali sono state
definite comprensori alpini
nelle zone montane e ambiti
territoriali di caccia in pianura; a gestire questi organismi
sono dei «comitati di gestione» in cui sono presenti, secondo la legge, rappresentanti
dei cacciatori, del mondo ambientalista, di quello agricolo
e degli enti locali. Questo perché il legislatore ha ritenuto
che non si possa isolare una
pratica, quella venatoria, dal
territorio su cui viene esercitata; e sul territorio qualcosa
di importante da dire ce l’hanno anche i Comuni, gli agricoltori che ci lavorano e gli
CHI GESTISCE LA CACCIA?
OLTRE IL FUCILE
PIERVALDO ROSTAN
ambientalisti che quel territorio vorrebbero fosse tutelato.
A fine ’98 sono scaduti i
mandati dei membri dei comitati che hanno operato negli ultimi anni e la Provincia
ha sollecitato ai vari enti la
nomina dei propri rappresentanti. Potrebbe essere il momento di una svolta oppure
della continuità. Fin qui, quasi sempre le Comunità montane hanno nominato ammini
stratori locali cacciatori: le
organizzazioni agricole nominano agricoltori cacciatori', i
cacciatori ovviamente sono
tali e restano gli ambientalisti
che, almeno loro, non sono
cacciatori. In questo modo la
stragrande maggioranza dei
membri di un comprensorio
alpino ha come interesse prevalente quello di avere il
maggior numero di capi possibili da uccidere. Poi si ac
quistano i famosi fagiani
«pronta caccia» e magari, ovviamente fuori dalle decisioni
del comprensorio, si immettono nuovi cinghiali a cui
sparare. La caccia, e con essa
il territorio su cui si svolge,
dovrebbe essere gestita da
persone portatrici di istanze e
di «culture» diverse ma ciò
non accade: c’è un solo pensiero prevalente e non ha certo attenzione per il mondo
agricolo né per i problemi del
territorio. Sarebbe bene che
Comuni e associazioni agricole avessero ben presente il
problema della rappresentanza e di cosa vanno a dire le
persone che verranno nominate. Non è necessario essere
cacciatori per operare in un
comprensorio alpino...
Fra breve a Pinerolo
Un nuovo
carcere in
frazione Riva
I locali della Casa circondariale di Pinerolo (il vecchio
carcere pinerolese chiuso a luglio di quest’anno) diverranno
parte integrante del confinante edificio del municipio che
li ha richiesti all’amministrazione penitenziaria per poter
ampliare e risistemare i propri
spazi. 11 carcere, chiuso nei
mesi passati per carenze strutturali e «inadeguatezza igienico-sanitarie» tali da rendere
difficoltosa una sua ristrutturazione al fine di ospitare adeguatamente la popolazione
carceraria, verrà sostituito da
un nuovo complesso che sorgerà nella frazione Riva di Pinerolo. Sarà un carcere di
concezione moderna che potrà ospitare fino a 100 detenuti e die risolverà l’attuale problema del trasferimento dei
detenuti a Saluzzo e in altre
strutture, con conseguente sovraccarico degli altri penitenziari. L’amministrazione comunale di Pinerolo, che ha
proposto questa soluzione al
problema della chiusura del
carcere, si è impegnata a localizzare e ad acquisire dai privati e dal Demanio il terreno
idoneo, per altro in parte già
individuato dal Piano regolatore della città, che verrà
quindi consegnato in permuta
aH’amministrazione penitenziaria in cambio dei locali
della vecchia Casa circondariale. «La risposta affermativa
dell’amministrazione penitenziaria alle nostre solecitazioni
- dice il sindaco di Pinerolo,
Alberto Barbero - è un fatto
estremamente positivo perché
se da un lato permette alla
città di mantenere una struttura importante come la Casa
circondariale dall’altro permette al Comune di allargare i
propri locali garantendo così
queir ampliamento e riorganizzazione delle strutture che
da tempo si erano rese necessarie per un miglioramento
della macchina comunale».
Sono maggiori del previsto i contributi regionali per le iniziative di sviluppo turistico legate ai fondi europei
Docup: è ¡1 momento delle scelte definitive sui progetti
_________DAVIDE ROSSO________
Pare destinato finalmente a
partire il piano di recupero del «Teatro sociale» a Pinerolo. Il Consiglio comunale
ha recentemente approvato la
vendita di una parte dell’immobile che fa parte dell’isolato del «Teatro» (per la precisione la parte che si affaccia
verso piazza Tegas) rendendo
così più agibile economicamente il piano di recupero
della restante parte dello stabile. Il progetto verrà finanziato in parte con fondi provenienti dagli interventi economici previsti dai Docup (i piani di sviluppo approvati a settembre dalla Regione) e per il
resto dal Comune di Pinerolo.
L’intervento prevede oltre
al completo rifacimento del
teatro, che sarà utilizzabile
anche come centro congressi,
la costruzione dei servizi necessari all’attività culturale
che si svolgerà nell’edificio
(ad esempio i camerini), oltre
che il completo recupero dei
locali per attività commerciali
e residenziali. In questi giorni,
tra l’altro, in tutte e tre le Comunità montane si stanno
prendendo le decisioni definitive sui progetti che verranno
finanziati. La situazione sembrava essersi complicata a settembre perché insieme ai pareri ora favorevoli ora negativi sui vari progetti presentati,
che comprendevano sia interventi pubblici che privati, era
anche giunta la notizia che i
fondi a disposizione erano inferiori alle attese e quindi, se
si voleva procedere con gli interventi, alle Comunità montane non rimaneva che ricercare nuovi fondi o rinunciare
ad alcuni progetti a scapito di
altri: il tutto entro la fine
dell’anno quando occorrerà
dichiarare quali interventi
possono essere resi esecutivi.
Questi mesi sono serviti in
molti casi per recuperare i
fondi mancanti, e in aiuto è
venuta anche la Regione che
ha fatto sapere di avere più
fondi a disposizione di quelli
previsti (anche a causa di rinuncie da parte di alcuni enti). Ma vediamo più nel dettaglio come è andata nelle tre
Comunità montane del Pinerolese. Alla Comunità pinerolese pedemontana, che si
era vista approvare a settem
Î ; A' Æ4y
Uno scorcio della zona ex Stamperia di Torre Pellice
bre molti dei progetti presentati, sembra esserci soddisfazione anche perché, con la
maggiore disponibilità finanziaria dichiarata lo scorso
mese dalla Regione, è stato
possibile reinserire negli interventi pubblici previsti il
completamento di un itinerario turistico che attraverserà
le colline che vanno da Cumiana a Pinerolo e si è potuto
rimpolpare economicamente
i progetti che riguardano il
«Teatro sociale» di Pinerolo e
il parco montano di Cumiana.
In vai Pellice invece andranno avanti praticamente
tutti i progetti accolti dalla
Regione: infatti dopo vari incontri fra gli amministratori,
ogni Comune ha deciso di
realizzare i progetti esecutivi
e di dare il via ai lavori. Singoli mutui copriranno la differenza. Si realizzeranno così
le aree turistiche ipotizzate, il
percorso ciclabile di Lusema
e numerosi altri interventi; i
più interessanti sono però a
Il Lombardo-Veneto è «conquistato»
dal pastore Turino, già cappellano
evangelico a Costantinopoli (1852-54) e
in Crimea (1855), vero pioniere
dell’evangelizzazione che nel 1861 impianta una prima comunità a Milano,
provocando reazioni violente da parte del
clero. Turino è capace di predicare anche
sette volte alla settimana. Nel 1862 la
chiesa di Milano ha già trentacinque
membri comunicanti, ma ai culti intervengono centinaia di uditori e i locali sono strapieni. Di là Turino fonda le chiese
di Argegno e di Como (1864), nata casualmente con una conversazione in un
caffè. Il Turino viene lapidato a sangue
da un sicario dei preti, ma in breve riprende la sua predicazione raggiungendo
anche San Fedele d’Intelvi, dove i culti
si tengono in casa Andreetti. Qui, in
mezzo a minacciose sommosse popolari,
matura la vocazione del giovane Pietro
Andreetti (morto nel 1879) futuro pastore Turino fonda poi i gruppi e le chiese
IL FILO DEI GIORNI
TURINO
_____________MARIO CIGNONI______________
di Brescia (1863), di Guastalla (1865)
nel Mantovano, di Guidizzolo e di Castiglione delle Stiviere (1866). Con la terza
guerra d’indipendenza, a cui partecipa un
migliaio di valdesi, il Veneto entra a far
parte dell’Italia e Turino si spinge nella
nuova regione. Predica a Verona, dove
esisteva un piccolo tempio protestante
frequentato anche da Radetsky, a Mantova e a Bergamo (...). E raggiunta anche
Venezia dove, appoggiato dai tedeschi
luterani. Turino predica in locali di fortuna: in due mesi la sua opera fiorisce
splendidamente. Il suo successore, pastore Emilio Comba, prenderà in affitto il
salone Gambata e costituirà la chiesa,
con 150 membri (1867), le scuole e nel
1868 acquisterà il palazzo Cavagnis dove
stabilirà la sede definitiva. In Toscana i
predicatori valdesi non sono più presenti
dal 1848-51. Nel frattempo la repressione
del Granduca contro gli evangelici è stata
pesante. Sono sopravvissute segretamente
alcune comunità dei Fratelli e continuano
da lunga data le chiese estere.
Nel 1860 i valdesi, pur con qualche reticenza dettata dalla prudenza ma vinta
dallo slancio missionario, si sono affrettati a trasferire a Firenze la Facoltà teologica con i due professori Revel e Geymonat, in via della Vigna Nuova (1861-63).
Ma il rev. Robert Stewart, pastore della
comunità scozzese di Livorno dal 1845
procura i fondi per comprare dai Ricasoli
il palazzo Salviati in via dei Serragli. Qui
si inaugura nel 1863 la nuova sede della
Facoltà teologica.
da / valdesi in Italia (1848-1870, in Dalle
Valli aU’ltalia. J848-1998, ed. Claudiana
carico dei privati: ricordiamo
a titolo esemplificativo il rifugio escursionistico alla
Vaccera e la sala polivalente
di Villar Pellice. Era rimasto
fuori, dopo il primo vaglio
della Regione, il complesso
progetto dell’istituto Malva
Arnaldi di Bibiana per un
centro sulla biodiversità in
campo botanico: «Abbiamo
ricevuto circa 200 milioni in
più del previsto - annuncia
GianClaudio Magra, responsabile del settore Turismo in
Comunità montana - e i sindaci sono stati d’accordo nel
finanziare almeno un primo
lotto di interventi alla Malva». Entro la prima decade di
gennaio privati ed enti pubblici dovranno riapprovare il
«patto associativo» fra tutti i
soggetti portatori di un progetto e subito dopo la Comunità montana invierà in Regione tutta la documentazione. Intanto sempre sulla base
di finanziamenti europei, si
sta definendo il progetto di
recupero di una parte dell’ex
Stamperia di Torre Pellice;
oltre a zone residenziali e artigianali, sorgeranno una sala
polivalente utilizzabile per
esposizioni, mostre, incontri e
feste pubbliche: un importante recupero in un contesto urbano fortemente degradato.
In vai Chisone e Germanasca infine i progetti sono stati
tutti confermati anche perché
tutti i Comuni coinvolti, là
dove era necessario, hanno
aumentato il loro investimento e la documentazione è stata già spedita alla Regione.
«Da noi - dice Erminio Ribet, presidente della Comunità montana - ci sono stati
inizialmente solo alcuni problemi con i progetti di alcuni
privati ma sono poi stati superati. La Regione lo scorso
mese ci ha fatto sapere che
avevamo circa 500 milioni in
più e questi ci sono serviti
per garantire gli interventi
previsti alle seggiovie di Prali, il progetto “Abitare in valle” di Pinasca e alcuni interventi a Gran Dubbione».
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PAG. Il
Delle \àlli "valdesi
VENERDÌ D GENNAIO li VENE
Gli impianti di Sestriere
TORINO 2006: GLI AMBIENTALISTI NON CI STANNO
— «Avevamo avanzato alcune indicazioni e suggerimenti
per evitare che le Olimpiadi (eventuali) si traducessero in
interventi insostenibili, sotto il profilo dell’equilibrio ambientale come purtroppo è avvenuto troppe volte in passato
in Piemonte per manifestazioni di portata decisamente inferiore» hanno ribadito Pro Natura, Legambiente, Italia Nostra, Wwf e lo specifico «Osservatorio» sorto sui progetti
olimpici di Torino. «In realtà i progetti presentati dal comitato promotore disattendono gran parte delle richieste e delle proposte da noi presentate», aggiungono le associazioni
che esprimono pertanto un giudizio fortemente negativo sugli interventi proposti. Fra le opere più criticate la costruzione della pista permanente di bob con annesse gradinate
che causerebbe un forte impatto sulla montagna e difficilmente sarebbe riutilizzabile; stessa critica per il salto col
trampolino a Pragelato, la pista di biathlon. Altre forti perplessità riguardano i villaggi olimpici («una nuova città dalle dimensioni di un comune come Ceva costruita nel cuore
di Torino per 15 giorni di Olimpiadi»); i tre palazzetti del
ghiaccio a Torino tra cui quello per le gare di velocità, «più
grande della stazione di Porta Nuova, per ospitare una sola
gara olimpica, e inoltre due stadi del ghiaccio vicini allo
stadio di calcio, ingestibili sotto il profilo economico dal
giorno dopo la conclusione delle Olimpiadi».
TORRE: APPALTATI I LAVORI PER IL PARCHEGGIO STAZIONE — Sono stati appaltati la scorsa settimana i lavori per la realizzazione di un parcheggio intermodale a monte e a valle della stazione Fs di Torre Pellice. Le
aree, in buona parte di proprietà delle Ferrovie, sono state
concesse in affitto al Comune che provvederà ora a realizzare le opere. Una boccata d’ossigeno per il centro cittadino e per la sosta dei pulmann; una risorsa anche in funzione del vicino palaghiaccio: soprattutto in occasione delle
partite di hockey le auto finiscono per invadere ogni angolo
del paese. I lavori (affidati in subappalto alla ditta Ferruccio Zublena) dovrebbero iniziare entro l’anno.
NOMINATA LA RAPPRESENTANZA DEI SINDACI
PER I RAPPORTI CON L’ASL 10 — I 47 sindaci
dell’Azienda sanitaria 10 di Pinerolo si sono riuniti lo scorso 9 dicembre su convocazione del presidente della Conferenza dei sindaci Alberto Barbero: all’ordine del giorno
c’erano alcune modifiche del regolamento interno, la relazione sui risultati conseguii dall’Asl 10 nell’anno passato e
sui progetti per il 1999. E stata inoltre evidenziata la necessità di dare attuazione al progetto di Distretto montano potenziato che interessa le nostre valli: a questo proposito è
stata comunicata l’avvenuta adesione del progetto presentato alla sperimentazione regionale. L’assemblea ha poi nominato i cinque sindaci che hanno il compito di mantenere
i rapporti con la Asl: Alberto Barbero per Pinerolo, Ezio
Borgarello per la vai Pellice, Roberto Prinzio per le valli
Chisone e Germanasca, Elvi Rossi per Cumiana e Airasca,
Mario Boiero per Vigone e Cavour.
UN AIUTO PER I DANNI ALLA FRUTTICOLTURA —
La Regione Piemonte ha stanziato 15 miliardi per aiutare le
aziende frutticole che realizzino impianti per la difesa dai
danni del gelo e da brina. Ciò è stato possibile nell’ambito
del programma Ue 2328/91 relativo al miglioramento
dell’efficienza delle strutture agrarie. Sono comprese negli
aiuti i frutteti di melo, pero, drupacee, actinidia gestiti in
modo professionale. Le aziende interessate dovranno fare
domanda alla Regione, settore per l’Agricoltura, enro il 1°
marzo 1999; gli interventi, in conto capitale con differenti
percentuali a seconda della fascia altimetrica, potranno essere sostenuti nella misura massima di 130 milioni.
IL VECCHIO MACELLO DIVENTA CASA POPOLARE
— Grazie ai «contratti di quartiere», una iniziativa del ministero dei Lavori pubblici il vecchio macello di Pinerolo
sarà abbattuto e al suo posto si realizzeranno due case popolari con 34 alloggi. Ma tutta l’area sarà ristrutturata e una
cinquantina di alloggi, costruiti negli Anni 50 avranno co.sì
servizi adeguati. In tutto dallo stato arriveranno 9 miriadi,
cui si aggiungeranno 3 miliardi e mezzo dalla Regione.
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ASSICURAZIONI
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AGENZIA GENERALE
Coreo Gramsd, 2 - Torre Pellice - Tel. 0121-91820 -Fax 932063
I problemi e le prospettive future per le poche sale rimaste in funzione nel Pinerolei
II cinema attira ancora i propri spettatori
FEDERICA TOURN
Non è difficile prevedere
per le vacanze di Natale
una maggiore presenza nelle
sale cinematografiche: c’è più
tempo libero, il tradizionale
pomeriggio del 25 dicembre è
consacrato ai cartoni animati
con i bambini, nelle sere dei
primi giorni dell’anno è piacevole riprendersi dallo stress
del Capodanno allungati nelle
sale riscaldate a vedere le novità. Bene lo sanno d’altronde
registi e distributori, che in
questo periodo programmano
a valanga le uscite dei film
più attesi, preannunciati da
mesi di trailer e pubblicità.
Rispetto alla fine degli Anni 80, l’affluenza al cinema è
però ridiventato un fenomeno
diffuso, e non solo in città:
110.000 presenze nel ’97 alla
multisala Italia di Pinerolo,
18.000 circa al cinema Trento di Torre Pellice (nel ’98,
poi, si è registrato un 20% in
più di biglietti venduti rispetto all’anno prima), grazie anche al miglioramento delle
tecniche di proiezione e alla
nuova politica della distribuzione. «E cambiato il rapporto con i distributori, che sono
attenti a evitare che la provincia venga dequalificata
con le seconde visioni, come
succedeva una volta», spiega
infatti Gaetano Adelfio, presidente della «Tartavolante»,
la cooperativa che gestisce il
cinema Trento. Ma le mag
Pinerolo: all’angolo del cinema
Italia
glori innovazioni sono state
fatte sul fronte della tecnologia, senza contare le indispensabili norme di sicurezza: «Al cinema devono essere serviti in primo luogo occhi e orecchie, con una luminosità e una risposta acustica
adeguate», afferma deciso
Dario Pons, uno dei gestori
della multisala Italia. Pons si
occupa di sale cinematografiche dal ’56, quando da una
segheria ha tirato su il cinema Edelweiss di Pomaretto,
che è stato aperto fino al ’90:
«Perché abbiamo chiuso? Sono cambiati i tempi: la vai
Chisone e Germanasca è
troppo vicina a Pinerolo, la
gente preferisce venire in
città per il tempo libero».
E ai tempi ci si adegua:
«Nell’86 il cinema Italia ave
Discussione aperta sui finanziamenti
Sì farà a Villa Olanda
il Museo della pietra?
Che sarà di Villa Olanda?
Data in comodato all’associazione «Lou cialoun», che ha
presentato in Regione, per ben
due volte, un progetto da finanziarsi con fondi europei
per realizzare una struttura ricettiva punto di incontro giovanile, la storica villa sita in
Luserna e di proprietà della
Tavola valdese ha riscosso
qualche interess'e in Regione:
ne è nato il progetto di «rilancio economico del territorio:
l’istituto europeo per la valorizzazione ambientale e lo sviluppo delle attività artigianali
della pietra di Luserna e del
territorio» che la Comunità
montana vai Pellice ha redatto
d’intesa con l’assessorato regionale alla Montagna e che
ha avuto un primo necessario
avallo a livello comunitario. Il
costo complessivo del progetto di ristrutturazione di Villa
Olanda, escluso il terzo piano,
supera i 4,5 miliardi, per i
quali potrebbe arrivare un finanziamento europeo nell’ordine del 75% e cioè oltre
3.300 milioni. La differenza
dovrebbe essere coperta dalla
proprietà, dalla Comunità
montana, dai Comuni di Luserna, Rorà e Bagnolo.
Mentre il Comune di Luserna ha già portato in discussione la sua adesione al progetto, qualche problema è
sorto nella definizione del
rapporto fra proprietà (Tavola
valdese) e Comunità montana. Il moderatore della Tavola, Gianni Rostan, ha espresso la disponibilità a cedere
all’ente pubblico la casa in
comodato per 15 anni, ma
sulla definizione della quota a
carico della Tavola c’è forte
divario fra le ipotesi degli enti pubblici e quelle dell’orga
nismo valdese. È di circa 1
miliardo la proposta avanzata
nelle ipotesi della Comunità
montana il peso che la Tavola
dovrebbe sostenere oltre alla
cessione in comodato dell’immobile: «Le possibilità
realistiche della Tavola arrivano a un massimo di 300
milioni» afferma il moderatore in una lettera inviata all’assessore Cesano della Comunità montana. Secondo l’assessore la Tavola ha «frenato» sul proprio impegno; fra
le ragioni la carenza di progettualità circa le prospettive
occupazionali a livello giovanile e forse, anche qualche
dubbio sulla comprensibilità,
alle Valli, di una tale esposizione della Tavola sul «progetto pietra». Il problema che
dunque angustia l’ente pubblico è: come trovare 5-600
milioni in poche settimane?
C’è poi il terzo piano dello
stabile. Attualmente fuori dal
«progetto pietra» potrebbe essere riconsiderato per un’ipotesi ricettiva (è nota la carenza di posti letto in valle), ma
con quali fondi? Qualche contatto è avviato con il mondo
della scuola; Villa Olanda potrebbe diventare anche una foresteria in funzione di un corso di perito minerario attualmente presente solo in due sedi nel Nord Italia. E l’associazione «Lou cialoun», a cui la
Tavola ha affidato la struttura
in comodato? Le due richieste
di finanziamenti europei per
la ricettività sono andate buche: «Nel “progetto pietra” precisa Andrea Ribet, del
consiglio direttivo - sono previsti ruoli di gestione dei servizi, dalla cucina al parco: qui
la nostra associazione potrà
giocare un suo ruolo».
va 773 posti, l’abbiamo rilevato e per una stagione abbiamo proiettato solo film a
luci rosse, per reperire fondi
da investire nei lavori di miglioramento delle strutture racconta Dario Pons - così
nell’ottobre ’93 abbiamo
aperto l’attuale Sala 500 e nel
dicembre ’94 la Sala 200».
Anche il Trento di Torre è
stato rifatto nel 1987, grazie
all’impegno del Comune, che
ne è proprietario: oltre alle
poltrone nuove, è stato dotato
dell’impianto Dolby e di
macchine di proiezione automatiche che valorizzano anche il sonoro.
Il cinema però, «non è fatto
solo di sale», come dice Dario Pons, è fatto di film. «Il
prodotto giusto è quello che
incassa - spiega Pons - per
esempio un film come Al di
là dei sogni, con Robin Williams, la gente lo andrebbe a
vedere anche se dovesse sedersi per terra: ha sbancato
all’Arlecchino di Torino, che
pure ha una sala orribile».
Quali sono i film che incassano? Impossibile, a quanto pare, fare previsioni: i gusti del
pubblico cambiano a seconda
del momento e ogni pellicola
è una scommessa. Qualche titolo fra quelli della scorsa
stagione: litanie, naturalmente,Tre uomini e una gamba,
di Aldo Giovanni e Giacomo,
La vita è bella di Benigni,
Harry a pezzi di Woody Alien o // grande Lebowsky dei
Un incontro a cura della Fgei-Valli
MASSIMO GNONE
Mondo del lavoro e mondo giovanile, formazione e impegno delle chiese:
queste le tematiche affrontate
da Bruno Ricca, esperto in
formazione e incaricato della
Tavola Valdese per l’8 per
mille, nella serie di incontri
che si sono tenuti durante il
fine settimana precedente il
Natale; incontri per sensibilizzare, discutere, capire, anche all’interno della nostra
realtà. Vari articoli su Riforma e L’eco delle valli dello
stesso Ricca nei mesi scorsi
avevano aperto il dibattito.
Dopo l’intervento al Collegio
valdese con gli studenti degli
ultimi tre anni del liceo, ecco
la partecipazione al convegno
organizzato dalla giunta Fgei
Valli per i giovani del I distretto a Villar Perosa, dal titolo «pre-occupiamoci»: un
incontro informativo e di
confronto con ragazzi e ragazze appartenenti a una fascia di età più alta e perciò
più vicini al momento di ingresso nella realtà lavorativa.
Ricca ha inquadrato la questione nel contesto dei cambiamenti della situazione
mondiale e soprattutto italiana, in cui l’occupazione nei
settori agricolo e industriale
sembra perdere d’importanza
a vantaggio del terziario legato ai servizi e aU’amministrazione. Da qui è prevedibile
una netta diminuzione del posto fisso, del lavoro dipendente e garantito. Una diminuzione, anche, della sicurezza e
della stabilità del lavoratore
con nuove forme di flessibilità e precarietà. Ecco l’esigenza, ha sottolineato Ricca,
di formazione e cambiamento
Un [
La
fratelli Cohen. Se sui i
che piaceranno non si poi
no fare previsioni, si poss
però immaginare nuove
da proiezione: è quello cb
Pons, che progetta una tf
sala all’Italia, piccola, da
posti «perché il futuro è n
sale piccole ma comode».
In effetti di sale cinein
grafiche a tutt’oggi dalle
sire parti ce ne sono solo
le due dell’Italia e quella
Trento; gli altri cinema di
nerolo, l’Hollywood e il E
hanno chiuso la scorsa!
gione e per ora non si pari
riaperture imminenti. 1
manca però una certa so
delle pellicole; c’è anchi
rassegna del cinema d’aui
al Trento due sere alla s
mana e il cineforum all’li
il giovedì. Il Trento orgai
za anche «Cinema e scuci
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Calopresti, regista de La
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azzurra, Enzo D’Alò, che
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ricerca del superamento i
mune dei problemi e la sod
sfazione dei clienti e, a live
individuale, la necessità
adeguamento e il bisogno
invenzione di nuove possi
lità. Da parte dei giovani
tervenuti, circa una trenti
la richiesta di chiarimenti (
desiderio di ricerca di fon
alternative di occupazione,
perplessità e l’ansia di froi
alle richieste del mercato.
«Pensiamo di ripetere qi
sti argomenti in altre occas
ni - spiega Bruno Ricca -1
che perché questa visione i
futuro sembra scioccante:
qui le reazioni di rifiuti
preoccupazione». Ricca rii
disce la necessità di infortì
zione, presa di coscienzi
dibattito. Ecco allora la i
scussione di queste tematic
con i pastori e i diaconi d£
distretto nella mattinata di
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nua Ricca - devono rende
conto di questi cambiarne
per mantenere vivo il coni
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che si possono generati
Un’altra categoria sicurami
te interessata è quella dei i
stori delle opere della chic
opere culturale, ricettive e i
cio-culturali di cui si è i
scusso a lungo anche nel 0
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cambiamenti, la funzione
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ha detto ancora Ricca - eh
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Un punto di riferimento per Angrogna
La memoria vivente
di barba Levi Buffa
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PAG. Ili
JEAN-LOUIS SAPPE
I visitatori che, ancora agli
inizi degli Anni 90, passavano nella scuola Beckwith
degli Odin-Bertot, ricorderanno sicuramente con simpatia e
affetto la «memoria vivente»
di quel museo, un vecchietto
arguto che sapeva raccontare
con dovizia di particolari le
storie di una fra le tante «università delle capre» delle valli
valdesi, parlando non solo in
angrognino o in italiano ma
anche in corretto francese parisien appreso tanti anni prima
quando, nel primo dopoguerra, era stato a servizio come
autista in una famiglia «bene»
dell’alta borghesia. Quel vecchietto era Levi Buffa, «Levi
d’ihi Udin», scomparso recentemente dopo breve malattia
all’ospedale di Torre Pellice,
all’età di 94 anni.
Barba Levi non faceva parte àtWétablissement della
Chiesa valdese, non aveva
pubblicato libri di successo,
né tenuto grandi discorsi o
conferenze prestigiose. Come
spesso accade nelle piccole
comunità, alle Valli e nella
diaspora, aveva rappresentato
per oltre sessant’anni un prezioso, fondamentale punto di
riferimento, percorrendo tutta
la trafila di un membro di
chiesa «impegnato», dalTUnione giovanile alla corale, al
Concistoro. Nel Consiglio di
chiesa, prima nella parrocchia
del Serre e poi, in seguito alla
fusione delle due comunità
angrognine, in quella del capoluogo, Levi ha rappresentato il quartiere, per l’appunto
quello degli Odin-Bertot, in
cui era nato e vissuto con i
suoi fratelli, fino al momento
di trasferirsi al Foyer del Serre. Anche in questa struttura,
così come nel villaggio. Levi
diventerà un animatore di
straordinaria vitalità. Così come aveva continuato a frequentare assiduamente i culti,
le assemblee di chiesa e le
riunioni quartierali, non mancava mai agli incontri, ai dibattiti e alle conferenze promosse dal Comune e dalle associazioni locali. Un forte impegno civile, che si era anche
esplicato nella partecipazione
diretta alla vita amministrativa angrognina, quando era
stato chiamato a guidare il
Comune negli anni difficili
del secondo dopoguerra, primo sindaco dopo il ventennio
fascista Così come aveva vissuto, con modestia e semplicità, Levi se ne è andato in un
freddo mattino di dicembre,
lasciando nei molti che lo
hanno conosciuto e apprezzato la testimonianza di un credente che «ha compiuto il
buon combattimento e serbato la fede».
[Finte]
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Singolare mostra a Torre Pellice
Immagini invernali
di Guy Rivoir
Da quasi 35 anni fa il pittore; lui si definisce un «autodidatta» che dopo la ricerca del
disegno è passato allo studio
della paesaggistica e poi ha
fatto ii grande salto, a Parigi.
Parliamo di Guy Rivoir, artista torrese che attraverso l’incontro con vari maestri ha saputo ritagliarsi uno spazio artistico che lo ha portato ad
avere mostre ed esposizioni in
varie parti d’Italia e d’Europa
e che pure alla sua terra natale
è rimasto profondamente legato. Proprio a Torre Pellice Rivoir ha dedicato, nel periodo
natalizio, una «personale»
molto particolare; Torre sotto
la neve, è il filo rosso che unisce i molti dipinti esposti in
questi giorni di fronte o nelle
vetrine di molti negozi del
centro storico. «È lo stesso
spirito con cui d’estate esponiamo i nostri lavori nell’isola
pedonale - dice Rivoir -;
quante persone vanno a visitare una galleria d’arte? Ecco
noi vogliamo portare l’arte in
mezzo alle gente».
Nel mese di dicembre Rivoir ha dato vita anche a
un’altra iniziativa, un vero e
proprio corso per i giovani
promosso dalia Comunità
montana, un laboratorio di pittura che ha il Ciao di via Volta come punto di partenza:
«Sono molto soddisfatto delle
adesioni - aggiunge Guy Rivoir -; si è creato un buon
gruppo e già stiamo pensando
di ripetere il corso, magari in
estate. Questo primo corso
mette al centro del dipinto il
sogno che il giovane ha fatto o
che vorrebbe fare; partendo da
lì vengono create immagini o
forme di colore. Ma dal tratto
e dal colore arriveremo anche
alla lavorazione della creta».
HOCKEY GHIACCIO
È assente Volante per un
lieve infortunio, ma non basta la mancanza del giocatore
di Milano a spiegare le ragioni di una Valpellice a due
facce nella trasferta di Bolzano. Il primo tempo si chiude
sul 2-0 per i valligiani con le
reti di Vasicko e De Luca, la
seconda frazione fila via liscia con il punteggio immutato poi, negli ultimi quattro
minuti il Bozen trova altrettante reti. La partita, sul piano emotivo finisce qui; ci sono ancora due reti per gli altoatesini ma il 6-2 finale lascia l’amaro in bocca dopo
aver visto una Valpe dominare per metà partita.
Non è la miglior Valpellice
quella di questi tempi ma da
qualche tempo, in casa, non
sbaglia un colpo. Domenica
20 è toccato allo Zoldo subire
la legge dei biancorossi che
hanno vinto per 6-5. Doccia
fredda dopo 48”: gli ospiti si
portano in vantaggio e per
qualche minuto la Valpellice
Sparea è sotto choc; ci pensa
un Berti in gran serata che
nel giro di 7 minuti va tre
volte a bersaglio. Una rete
dei veneti tiene l’incontro in
equilibrio. La seconda frazione vede la Valpe allungare il
passo e portarsi sul 5-2 con
due reti di Vasicko, ma il terzo periodo mette in evidenza
la tenuta degli ospiti. Per i
biancorossi segna solo Grannonico; per lo Zoldo tre reti
che mettono i brividi agli oltre 1.000 supporter sugli
spalti. Finisce 6-5, con qualche patema di troppo.
VOLLEY
Vince il Body Cisco in B2
maschile; i pinerolesi conquistano un brillante successo
sulla terza in classifica Cavanna Romagnano per 3-1 si porta a 12 in classifica; in B1
femminile invece il Magic Cerniti perde di brutto a Pistoia
per 1-3 che consente alle toscane di raggiungere i 9 punti.
Nel derby della categoria allieve la formazione 3S ha battuto nettamente il Magic Cerutti Pinerolo per 3-0; nella
categoria ragazze il 3S Luserna è stato superato per 3-0 dal
Rivarolo mentre fra le juniores il 3S ha vinto per 3-1 in
casa dell’Ibiesse volley team.
Nel campionato ragazzi il 3S
è stato battuto per 3-0 dal Valli di Lanzo, mentre fra gli juniores, contro gli stessi avversari, il 3S ha perso per 3-1.
Nel torneo Baudrino guida
sempre il Villafranca con 19
punti, davanti a 3S 14 e Volley Cavour 13.
PALLAMANO
Vince il 3S, nell’under 19
maschile, ma quanta fatica! Il
Biella è stato battuto per 2017 ma per molti minuti sono
stati gli ospiti a condurre;
quando la squadra di Pinerolo
cominciava a giocare ecco arrivare il risultato col 10-7 di
fine primo tempo. Anche la ripresa ha avuto momenti esaltanti alternati a inspiegabili
pause; alla fine chi vince ha
sempre ragione, ma i pinerolesi dovranno acquisire maggiore continuità. Dopo la pausa
per le festività, dal 10 gennaio
riprenderanno i campionati.
Libro sulle presenze «ereticali» in valle Po
I valdesi a Paesana
MARCO FRATINI
Nel Medioevo la presenza
di valdesie, e nel Cinquecento di riformati, al di
fuori delle valli Pellice e Chisone era un fenomeno di notevole portata. Caso esemplare è quello dei cosiddetti
«valdesi di Paesana». La loro
presenza in valle Po e nelle
vallate vicine, parte del Marchesato di Saluzzo, è già documentata a partire dal Trecento; l’episodio più rilevante
è un documento studiato già
nel 1916 da Arturo Pascal: i
cosiddetti Errores Valdensium in Paesana. Redatta da
un inquisitore attivo in zona,
è una lista di 63 capitoli che
esprimono le convinzioni teologiche imputate ai valdesi
della valle Po. Colpisce la radicalità di queste enunciazioni: alle argomentazioni di tipo teologico che minano la
base della dottrina cattolica
(autorità papale, predicazione, giuramento, culto dei san
ti, Purgatorio) si aggiungono
quelle legate a un riscatto sociale (oltre alla comunione
dei beni, la profezia della venuta del «Re di Boemia», che
avrebbe distrutto le chiese e
ucciso tutti i preti). In seguito
alla persecuzione del 1510,
moltissimi valdesi trovarono
rifugio in vai Pellice, per poi
rientrare nelle terre marchionali nel 1512. Il nucleo paesanese avrebbe poi scontato
un certo isolamento, prima di
venire disperso nel corso del
Seicento per opera delle missioni cappuccine. La vicenda
delle popolazioni valdesi occupa ben 40 pagine (su 170)
di un recente libro sulla storia
di Paesana’".
(*) G. Di Francesco-T, VinDEMMio: Paesana. Documenti,
stona ed arte ai piedi del Monviso. 1- memorie dei tempo. Alzani, Pinerolo, 1998, pp. 174, £
35.000 (è inoltre appena uscito
anche il secondo volume, L’evoluzione urbanistica, l’architettura e l’arte).
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Assistenza e business
Giorni fa mi è stato segnalato che su
L'eco a pag. Ili c’era un articolo che mi
poteva interessare. Ho comprato il giornale (la mia copia in abbonamento mi doveva ancora arrivare), ho letto l'articolo
«Saper ascoltare la diversità», sulla Comunità terapeutica per malati psichiatrici
«Du Pare», che mi riguarda da vicino dato che abito nei pressi, e la sera sono andato alla riunione che veniva preannunciata in proposito. Le cose che ho recepito in tale occasione hanno indotto in me
in parte impressioni favorevoli, in parte
maggiore impressioni sfavorevoli. Le impressioni favorevoli sono derivate dalle
spiegazioni serie e meditate del dott.
Fontana circa i benefici che potranno
averne i ricoverati. Le impressioni sfavorevoli sono state indotte:
1 ) dall’organizzazione predisposta di oltre 90 minuti di interventi sostenitori da
parte di una decina di persone adeguatamente preparate, e di una vera e propria
claque da parte di un più ampio gruppo di
persone;
2) dalla contraddizione fra la tesi conclamata secondo cui sarebbe fondamentale
per il bene dei malati l’appoggio collaborativo degli abitanti di Torre Pellice, e il fatto
che i medesimi abitanti siano stati finora
tenuti in larga misura all’oscuro della cosa
e non abbiano pertanto avuto modo di
esprimere su di essa il loro parere;
3) dalla notizia avuta da miei vicini presenti alla riunione, di già constatati comportamenti sgradevoli di taluni ricoverati.
Durante la riunione è stato messo in discussione il fatto che per la prima volta,
con rimpianto di questa comunità terapeutica, si sia insediato nel nostro paese, che
ha una certa tradizione di assistenza, l’assistenza psichiatrica come business, il che
è del tutto difforme da tale tradizione. Inoltre il fatto che l’impostazione delle pratiche
di affidamento sia stata tale da portare,
entro soli 40 giorni dall’avvio della comunità (21 settembre), al rinnovo dell’incarico
fino all’anno 2000.
In conclusione mi sembrano molto opportune le conclusioni espresse dal sindaco, Marco Armand Hugon, secondo il quale la questione, che si è ora cominciata a
dibattere, dovrà essere seriamente approfondita e attentamente discussa dalla
cittadinanza. Fra l’altro, infatti, non si può
escludere che con lo stesso metodo sbrigativo con cui l’iniziativa è stata attuata e
blindata, l’attuale comunità protetta di tipo
B possa diventare di tipo A, con maggiore
probabilità di sgradevoli esperienze per
abitanti e villeggianti.
Augusto Comba - Torre Pellice
Nelle
^ Chiese Valdesi
AGAPE — Dal 26 dicembre al 1° gennaio campo intergenerazionale dai 14 anni in poi su «Atilibasnosper o responsabilità: che faccio della mia libertà?», dal 1° al 5 gennaio
week-end teologico su «Colpa, peccato e perdono».
MONITORI DEL I CIRCUITO — A Torre Pellice dalle 10 iri
poi di domenica 10 gennaio incontro delle monitrici e dei
monitori del I circuito.
INCONTRI TEOLOGICI MIEGGE — Domenica 10 gennaio alle 17 incontro del gruppo teologico «Miegge» nella sala
della chiesa di San Secondo.
INCONTRI TEOLOGICI 3° CIRCUITO — Domenica 10 gennaio, alle 15, nella sala di Chiotti, incontro teologico della
vai Germanasca sul tema: «Dopo la morte? I cristiani e l'aldilà» con studio del libro di A. Gounelle e F. Vouga.
ANGROGNA — Giovedi 31, alle 20,45, culto di fine anno
con cena del Signore nel tempio del Serre. Domenica 10
gennaio nella scuola grande culto in francese.
BOBBIO PELLICE — Domenica 3 gennaio, ore 10,30, nella
sala, culto di inizio anno con Santa Cena; nel pomeriggio
incontro dell'Unione femminile. Martedì 5 gennaio riunione quartierale alle 20,30 al Centro.
LUSERNA SAN GIOVANNI — Giovedì 31, alle 21, culto di
fine anno nel tempio.
PERRERO-MANIGLIA — Venerdì 31 dicembre, alle ore 20,30
culto a Ferrerò.
PINEROLO — Giovedì 31 dicembre alle 18,30 culto di fine anno; seguirà una cena per aspettare insieme la fine dell'anno: per partecipare iscriversi presso Leila La Montagna (tei.
0121-70585). Domenica 10 culto con assemblea di chiesa per
la presentazione del preventivo di spesa dell'anno 1999.
POMARETTO — Giovedì 31 dicembre, ore 20,30, culto di fine anno con Santa Cena. Riunioni quartierali: lunedì 4
gennaio alle 20 a Masselli, mercoledì 6 alle 20 ai Pons, venerdì 8 all'Inverso Paiola alle 20.
PRAROSTINO — Venerdì 1° gennaio, ore 10, nel tempio di
S. Bartolomeo, culto di Capodanno con Santa Cena. A partire da domenica 3 il culto sarà tenuto nella sala del teatro.
SAN SECONDO — Giovedì 31 culto liturgico alle 20,30. Domenica 3 gennaio si incontro l'Unione femminile alle 15.
TORRE PELLICE — Giovedì 31, alle 18, nel tempio del centro, culto con Santa Cena. Sabato 9 gennaio ripresa scuola
domenicale alle 14,30 alla sala unionista; alle 16,30 incontro scout sempre alla sala. Domenica 3 gennaio alle 15 alla
Casa unionista incontro dell'Unione femminile: Maddalena
Giovenale Costabel prosegue lo studio sull'Esodo, seguirà
un intervento di Marilù Gai che parlerà delle opere evangeliche in Sicilia, illustrando il resoconto con diapositive.
Lunedì 4 gennaio, alle 20,45, culto serale alla Casa unionista. Riunioni quartierali; martedì 5 gennaio all'Inverso, venerdì 8 alla Ravadera.
VILLAR PELLICE — Giovedì 31 dicembre, alle 20, culto di fine anno con Cena del Signore.
VILLASECCA — Venerdì 31, alle 20, culto di fine anno ai
Chiotti con agape fraterna. Domenica 3 gennaio, alle 10,
culto di inìzio anno con Santa Cena.
30 dicembre, mercoledì
FRALI: alle ore 20 fiaccolata
dei maestri della Scuola di sci
di Frali.
3 gennaio, domenica
RORÀ: Alle 21, nel tempio
vaidese, il Comune organizza
col patrocinio della Provincia di
Torino un concerto del coro Brio
Boucle.
BRiCHERASiO: Alle 18, in
frazione Cappella Moreri, rievocazione storica della nascita di
Gesù con oltre cento figuranti in
costume che ricostruiscono
l’ambiente dell’epoca con rappresentazioni di antichi mestieri.
5 gennaio, martedì
LUSERNA SAN GIOVANNI:
Alle 21, nella palestra comunale,
serata danzante per la Befana
con «Enzo e Massimo».
6 gennaio, mercoledì
LUSERNA SAN GIOVANNI:
Per la «Befana dell’anziano» visita alle Case di riposo.
PRAGELATO: Ultimo giorno
di apertura del Museo del costume tradizionale delle genti
alpine, in località Borgo vecchio
Ruà, aperto dal 24 dicembre
con il seguente orario: tutti i
giorni ore 10-12,30, 15,30-19 e
20,30-22,30.
7 gennaio, giovedì
TORRE PELLICE: Alle 15,30
alla biblioteca della casa valdese, per l'Unitrè, concerto con
Elena Bossina e Alexia Dino,
pianoforte a 4 mani. Musiche di
Dvorak e Brahms.
9 gennaio, sabato
torre PELLICE: Alle 21,
nel tempio valdese, concerto
del coro «Gabrieli» organizzato
da Radio Beckwith.
10 gennaio, domenica
PINEROLO: Alle 16, al teatro
Incontro di via Caprini, per la
rassegna «Di festa teatrando»,
il «Teatro dell’erba matta» presenta «Cenerentola».
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VALLI
CHISONE • GERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
VENERDÌ GENNAIO
erosa Argentina: Termini Via Umberto I, telef. 81205
DOMENICA 3 GENNAIO
Rinasca: Farmacia Bertorello
- V. Nazionale 22, tei. 800707
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
VAL PELLICE
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
VENERDÌ 1» GENNAIO
Luserna San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via Blando
4 - (Luserna Alta), tei. 900223
DOMENICA 3 GENNAIO
San Secondo: Farmacia Mollano - via Rol 16, tei. 500112
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
^ PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 167-233111
L'Eco Delle Valli Valdesi
Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo
tei, 0121-323422; fax 323831
recapito Torre Pellice
tei, 0121-933290; fax 932409
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Resp. ai sensi di legge Piera Egidi
Stampa: La Ghisleriana Mondovi
Una copia L. 2.000
10
PAG. IV
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PAG. 7 RIFORMA
Presentate oltre 250.000 domande entro la scadenza del 15 dicembre
Lavoratori immigrati sì, ma regolari
/ decreto del 16 ottobre consentirà la regolarizzazione immediata di 38.000
persone. Gli altri, se provvisti dei requisiti, lo saranno entro un paio d'anniì
SERGIO BRICUGLIO
5 dicembre è scaduto il
mine per presentare la
;sta di regolarizzazione
irte degli immigrati privi
emesso di soggiorno. Già
lettimana prima di queata le richieste avanzate
ontavano a 238.000, ed è
! immaginare che comivamente si supererà il
delle 250.000 domande,
/erno ha già annunciato
utti coloro che saranno
ido di dimostrare il posI dei requisiti fissati per
golarizzazione otterrann tempi ragionevoli, un
lesso di soggiorno, rassiido così quanti temevai restare esclusi dalla
a, peraltro limitatissima,
i.OOO permessi prevista
lecreto del 16 ottobre,
ito annuncio, sebbene
enuto, risolve però solo
ialmente il problema,
te il carattere decisale restrittivo dei requisiti
lestione, non è affatto
I che siano in molti a suro l’esame della docutazione presentata. Ve
0 perché.
primo luogo, la dimoiione della presenza in
1 anteriore al 27 marzo
di entrata in vigore doleva legge). La fissazione
1 requisito del genere
)be avuto senso se la reizzazione fosse stata avI in quella stessa data,
appare come un capricrivo di qualunque giustiione. Per di più, lo stra' è tenuto a produrre doenti ufficiali (permessi
ati, ricevute di alberghi,
ficati di ricovero, e così
:on i quali il tipico danno non è mai venuto in
atto. Vale anche la docutazione rilasciata da aszioni che si occupano di
itenza agli immigrati;
non è stato chiarito, però, in
che cosa debba consistere tale documentazione: se basti,
in particolare, una semplice
attestazione. La valutazione
delle prove è lasciata così, di
fatto, alle singole questure,
quando non ai singoli commissariati, col risultato di fare
a pezzi qualunque forma di
certezza di diritto.
Secondo: la dimostrazione
di disponibilità di alloggio.
Opportunamente è stato stabilito che chi non sia direttamente titolare di un contratto
di affitto possa limitarsi a
produrre la dichiarazione di
ospitalità da parte del proprietario dell’alloggio o del titolare del contratto. Questo
potrebbe risolvere il problema di quanti usufruiscono di
un semplice posto letto in appartamenti-dormitorio. Molte volte, tuttavia, chi dispone
ufficialmente dell’alloggio rifiuta di procedere alla dichiarazione, per timore che emergano situazioni di affitto non
denunciato, o addirittura di
macroscopica speculazione.
In questi casi, lo straniero rischia di essere tagliato fuori.
Terzo: la possibilità di avviare un’attività lavorativa.
Per regolarizzarsi per lavoro
subordinato è necessario che
un datore di lavoro sia disposto all’assunzione, a tempo
indeterminato o determinato
(ma per un periodo non inferiore a sei mesi). Nessuna
chance è data a chi lavora alle
dipendenze di un datore di
lavoro non intenzionato a legalizzare il rapporto, né a chi
abbia lavorato fino ad oggi e
sia stato, come succede, licenziato in tronco sulla base
della semplice richiesta di legalizzazione.
È possibile anche regolarizzarsi per lavoro autonomo. È
necessario, a questo scopo,
ottenere il nulla osta da parte
dell’organismo competente
(tipicamente la Camera di
commercio) per l’iscrizione
nell’albo professionale o nel
registro corrispondente all’attività prescelta. In alcuni
casi, come l’iscrizione nel registro del commercio, gli
adempimenti previsti sono
tutt’altro che semplici (riconoscimento di titoli di studio,
frequentazione di corsi abilitanti o superamento di esami), anche se, positivamente,
è stata data disposizione di
procrastinare l’esame delle
domande quando ci si trovi
di fronte a situazioni del ge
Rifugiati in una struttura sanitaria deiie Nazioni Unite a Gaza
nere. In altri casi (l’iscrizione
nell’albo delle imprese artigiane, in relazione ad attività
quali quella del giardiniere,
dell’imbianchino, del muratore o del sarto) la cosa appare nettamente più semplice:
non è prescritto, infatti, alcun requisito particolare, e la
concessione del nulla osta
dovrebbe essere automatica.
Questa possibilità, purtroppo
ancora scarsamente nota,
potrebbe trasformare una regolarizzazione estremamente
selettiva in un provvedimento ampio ed efficace, tanto
più che nessuno potrebbe
impedire al titolare di un permesso per lavoro autonomo
di iscriversi, all’occorrenza,
nelle liste di collocamento e
instaurare rapporti di lavoro
subordinato.
Si affaccia però un ultimo
problema: formalmente, per
ottenere il permesso di soggiorno per lavoro autonomo
lo straniero deve dimostrare
di disporre di un reddito pari
a quello previsto per l’esenzione dal ticket sulle prestazioni sanitarie. Si tratta di circa un 1 milione e 300.000 lire
al mese. Nessuno ha finora
chiarito come debba essere
dimostrata tale disponibilità;
è ovvio però che non si possa
pensare, per stranieri irregolari, all’esibizione della dichiarazione dei redditi...
Il governo è ora di fronte a
un bivio: nascondere la testa
sotto la sabbia del formalismo o assumere decisioni coraggiose come spiegare come
intende espellere quei 200
mila stranieri (tanto per fare
una cifra) a cui manca la
prova di presenza o la dichiarazione di ospitalità o il contratto oppure il 740. O ancora
dovrà stabilire altre modalità
per certificare la data di ingresso, l’autocertificazione
per la disponibilità di alloggio e di reddito minimo.
Scheda
Il popolo dei rifugiati
I flussi di richiedenti asilo:
andamento e tendenze recenti
L’espressione «richiedente asilo» designa una persona
che richiede lo status di rifugiato in un altro stato, di norma
per un fondato timore di persecuzione nel paese di origine,
ovvero perché corre pericoli per la propria vita o la propria
libertà, a seguito di un conflitto armato e di violenze. I paesi che ricevono il maggior numero di domande d’asilo di
singoli individui si trovano, in prevalenza, nelle regioni più
ricche del mondo: Europa occidentale e Nord America.
Molti altri stati, però, in Europa centrorientale, nel Sud-Est
asiatico, nel Medio Oriente e in Africa sono ptire attualmente impegnati nella creazione di strutture e procedure
che consentono loro di esaminare le domande di coloro
che arrivano isolatamente o in piccoli gruppi.
Le domande d'asilo: alcuni dati statistici
Per comprendere meglio l’andamento recente delle domande d’asilo, bisogna esaminare le cifre a livello regionale. Considerando innanzitutto l’Europa occidentale, U loro
numero è passato da meno di 170.000 nel 1985 a oltre
690.000 nel 1992. A partire dal 1993, tuttavia, le cifre sono
regolarmente diminuite, arrivando a circa 250.000 nel
1996. Se, in Germania, il numero delle domande è calato
dopo la punta del 1992, quando erano state presentate
qualcosa come 438.000 domande, il paese continua a ricevere all’incirca la metà del totale di tutta l’Europa.
II tasso di riconoscimento
L’espressione «tasso di riconoscimento» indica la proporzione dei richiedenti asilo a chi viene effettivamente
concesso Io stams di rifugiato. Fra il 1991 e il 1995, in Europa sono state presentate qualcosa come 2,4 milioni di domande. Su tale cifra, aH’incirca212.00Q (l’ll% circa dei casi
oggetto di decisione) sono state accolte. A una proporzione
quasi identica è stato concesso il soggiorno per motivi
umanitari. In complesso, pertanto, poco più del 20% dei richiedenti asilo in Europa si sono visti concedere, fra il 1991
e il 1995, una qualche forma di protezione.
(tratto dal rapporto dell’Acnur / rifugiati nel mondo 1997-98)
Nel 1997 il numero dei profughi
popolo dei rifugiati chiede
nel mondo è stato di circa 13 milioni
accoglienza e anche giustizia
TONINO PERNA
\CNUR, l’agenzia delle
Nazioni Unite che si ocI dei rifugiati, rileva nel
Jltlmo dossier (/ rifugiati
nondo 1997-98) come,
istante i gravi fenomeni
irso (guerra, persecuzioiniche, ecc.), il numero
arofughi sia diminuito
997 rispetto al top regi;o nel 1993: si è infatti
ati da 18,2 milioni a 13,2
mi. Nel complesso si può
are, utilizzando i dati
agenzia Gnu per i rifu, che negli Anni 90 circa
lilioni di rifugiati abbiamo ritorno alle loro case,
ntariamente o perché
i di alternative. Nonote siano aumentate le
ecuzionl e violenze, il
lero di persone che hanittraversato le frontiere
sfuggire alle persecuzioni
ninuito. Viceversa è cre•0 il fenomeno dell’esodo
iterno dei singoli stati. Il
gior numero di profughi
ava in Africa centrocciale, nel Corno d’Africa, in
meridionale e centromemale, e ovviamente in
io Oriente (in primis i paaesi: sono circa tre miliorifugiati palestinesi che
> assistiti dall’agenzia delazioni Unite per i rifugiati
Medio Oriente, Unrwa).
soprattutto, quello che è
oiato è il clima politicotirale, la disponibilità
all’accoglienza, il rispetto del
diritto all’asilo politico sancito fin dalla convenzione del
1951 sottoscritta da 134 stati.
Oggi i profughi vivono una
condizione che si sta velocemente deteriorando, come
rileva il direttore dell’«Us
Committee for refugees»:
«Assistiamo a un continuo
deterioramento della qualità
della protezione e dell’assistenza che i paesi sono disposti ad offrire a coloro che
fuggono da persecuzioni e
violenze (G. Kramer, Global
refugees flou/ reported, Reuters, 19 maggio 1997)». In
questo senso si è anche espressa, fra gli altri, Sadako
Ogata, nella relazione introduttiva alla 46“ sessione del
Comitato esecutivo dell’Acnur: «Molti paesi chiudono
impunemente le proprie
frontiere, mentre altri introducono, in maniera sempre
più insidiosa, leggi e procedure che hanno l’effetto di
impedire l’accesso al territorio, dunque la minaccia per
l’asilo ha assunto carattere
globale» (Ginevra, ott. 1995).
AH’interno di questo raggelante aumento del quadro
politico-istituzionale la posizione dell’Unione europea,
dopo gli accordi di Schenghen, assume una luce sinistra. La ricca e potente Europa che è riuscita a costruire
una moneta unica, superando secoli di divisioni e guerre
intestine e che oggi si pone, a
livello economico, su un piano di sfida alla superpotenza
nordamericana, ha pensato
di costruire una fortezza
all’interno della quale i suoi
cittadini si sentano sicuri e
protetti. I mass media hanno
rafforzato questo sentimento, e questo bisogno largamente condiviso, enfatizzando la minaccia che viene
dall’esterno, utilizzando un
linguaggio terroristico che
parla di «invasione», di «minaccia islamica» o altro che
produce la banale e allucinante equazione: clandestino-criminale.
Ancora più grave è l’atteggiamento dell’Italia, un paese
che ha il più basso tasso di
immigrazione tra i paesi più
ricchi d’Europa, ma che soprattutto cerca con ogni
mezzo di impedire che i profughi kosovari o curdi arrivino in Italia. I recenti accordi
con il governo albanese vanno proprio in questa direzione: blindare il «paese delle
aquile» impedendo a chiunque di attraversare quel braccio di mare, anche se si tratta
di kosovari che fuggono dai
villaggi bruciati dai serbi o di
curdi che cercano un rifugio
ai bombardamenti sistematici del governo turco. Se pensiamo che la Germania ha accolto più di mezzo milione di
bosniaci durante la guerra
nell’ex Iugoslavia, ci rendiamo conto di quanto sia ridicolo e cinico un paese che
parla di «invasione» respingendo qualche migliaio di
profughi che hanno diritto
all’asilo politico.
Questo atteggiamento culturale e politico non solo è
profondamente disumano,
ma è decisamente in contrasto con le radici bibliche a cui
tanti si richiamano, in Italia e
in Europa, magari quando
serve per avere qualche finanziamento in più per le
proprie strutture ecclesiastiche. Eppure sappiamo che il
Dio dell’Antico Testamento è
il Dio dell’Esodo, sta nettamente dalla parte dei profughi, di coloro che sono senza
patria e che sono alla ricerca
di una «terra promessa» dove
regni la libertà (di espressione, di usare la propria lingua,
di mantenere le proprie tradizioni), dove non ci siano
più guerre e conflitti, dove la
terra venga rispettata e contraccambi quest’amore con i
suoi doni.
Questa nostra civiltà del cosiddetto «benessere» che vuole difendere i suoi privilegi a
tutti i costi è una società cieca
e sorda che, negando le sue
radici cristiane, non riesce
più a vedere e ascoltare il suo
Signore che, attraverso zattere e barconi che sfidano la
morte, viene a domandare:
che cosa ne hai fatto di tuo
fratello? Possiamo scappare e
nasconderci nei nostri locali
dorati, ma a questa domanda
non possiamo sfuggire. Che
Rifugiati paiestinesi registrati presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (dati del gennaio 1997)
cosa abbiamo fatto di questo
mondo, che cosa ne abbiamo
fatto di milioni di donne,
bambini e uomini che muoiono di fame solo per pagare
un debito estero che loro non
hanno contratto? Che cosa ne
abbiamo fatto delle conquiste
della tecnica, delle capacità
della mente umana, se oggi
c’è molta più fame e miseria
al mondo che un secolo fa?
Che cosa ne abbiamo fatto
della terra che ci è stata data
per essere custodita e noi la
rapiniamo, la riduciamo ad
un immane pattumiera solo
per una sete immonda di ex
tra profitti? Il popolo dei profughi non chiede solo accoglienza, per altro dovuta, ma
ci domanda di cambiare strada. Anzi: ci chiede di alzarci
dalla poltrona delle nostre sicurezze e dei nostri comfort e
di rimetterci in cammino. Anche noi, anche se ce lo nascondiamo o ci giriamo attorno (basti solo pensare al crescente e allarmante disagio
mentale nelle nuove generazioni), abbiamo un immenso
bisogno di nuovi cieli e nuove
terre, di riscoprire il senso
della precarietà, la speranza
del popolo dell’Esodo.
12
PAG. 8 RIFORMA
Vita Delle Chiese
VENERDÌ 12 gennaioÍ
~ ------------^ vEI’iir
‘ lavori di preparazione all'incontro internazionale dei protestanti
A Stoccarda il Kirchentag 1999
Una grande attenzione per la realtà delle chiese italiane caratterizza l'edizione che
si terrà il prossimo giugno nella traccia del motto «Voi siete Usale della terra»
GIUSEPPE PLATONE
Dal 16 al 20 giugno a
Stoccarda si svolgerà il
28" Kirchentag evangelico.
Come è noto si tratta di una
festa del protestantesimo tedesco che con il 1999 compirà cinquant’anni. L’appuntamento, che tradizionalmente dura cinque giorni
(inizia il mercoledì sera e si
conclude la domenica mattina con un grande culto conclusivo nello stadio cittadino), costituisce una grande e
singolare esperienza spirituale e culturale specialmente in
campo giovanile. Si tratta pur
sempre della più grande assemblea al mondo del protestantesimo.
Le cifre indicano, anche per
il prossimo giugno, un’ulteriore crescita di partecipazione. Nelle sue ultime edizioni
il Kirchentag ha raggiunto la
quota massima di 120.000
partecipanti. Questa volta
tocca alla città industriale di
Stoccarda, nel Württemberg,
la città della Mercedes, ospitare l’importante evento. Una
città anche molto italiana sia
per l’alto numero di emigrati
sia per il fatto che è l’unica
città in Germania a ospitare
una piccola chiesa evangelica
di lingua italiana, attualmente condotta dalla pastora Gabriella Costabel. Ma non è
certo l’unica comunità straniera. A Stoccarda ci sono 46
diverse comunità evangeliche non tedesche. Nella regione del Württemberg inoltre alcune piccole comunità
valdesi festeggeranno nel
1999 il 300° della loro fondazione. Sorge infatti a Schoenenberg, non lontano da
Stoccarda, il museo valdese,
nella casa di Henry Amaud il
pastore che accompagnò nel
XVII secolo i valdesi nell’esilio in Germania.
Da alcuni anni la Chiesa
valdese organizza in occasione del Kirchentag un suo
stand al «mercato delle possibilità», una sorta di fiera campionaria delle varie iniziative
in campo protestante (volontariato, diaconia, evangelizzazione, cultura, musica ecc.)
che sarà organizzato insieme
da Agape, Collegio valdese.
Centro diaconale La Noce di
Palermo e il Servizio cristiano
di Riesi. A Stoccarda, in un
quartiere facilmente raggiungibile dai mezzi pubblici e in
posizione centralissima la
FriedensKirche ospiterà inoltre un punto d’incontro e di
presentazione del protestantesimo italiano. Gli organizzatori prevedono anche per
tre sere consecutive, nei locali comunitari, di dar vita a un
punto di ristoro all’italiana
anche per attirare pubblico in
vista dei momenti culturali. Si
pensa infatti di avere sia una
serata sulle prospettive e
realtà del mondo valdese in
Germania sia una serata sulla
situazione italiana.
La direzione ha invitato a
tenere studi biblici la pastora
Letizia Tomassone e il prof.
Paolo Ricca, mente chi scrive
dovrà tenere una delle tante
predicazioni d’apertura previste il mercoledì sera nelle
chiese cittadine. Per la prima
volta alla Gast Haus Oekumene (sorta di «villaggio ecumenico») è previsto l’uso della
lingua italiana ovviamente
con traduzione. Poiché l’europeizzazione del Kirchentag
sta progressivamente crescendo si intende organizzare una serie di ambiti linguistici diversi con traduzioni
volanti. Dunque accanto
all’italiano sarà possibile
ascoltare dibattiti e conferenze o brevi informazioni in ce
li Comitato internazionale di preparazione del Kirchentag riunito a
Stoccarda
co, ungherese, russo, polacco, francese, ovviamente inglese che sarà la seconda lingua più diffusa e via dicendo.
Infine ad animare i pomeriggi e le serate culturali alla
FriedensKirche sarà presente
anche la corale valdese di Villar e Bobbio Pellice, i cui
membri presenteranno un
repertorio di canti della fede
e della storia valdese.
Recentemente a Roma si è
riunito il gruppo organizzativo della delegazione italiana
con i rappresentati delle opere per definire i vari aspetti
della nostra presenza in questo importante avvenimento.
U motto del Kirchentag è come sempre biblico: «Voi siete
il sale della terra» (Matteo 5,
13). «Questa parola - nota la
teologa Margot Kaessmann,
segretaria generale del Kirchentag - è un segno di incoraggiamento e un appello ad
avere un ruolo attivo. Come
possiamo rispondere a que
sta sfida? A Stoccarda vogliamo riflettere sul futuro dell’umanità, della società e
quindi della nostra fede. Una
tale riflessione oggi è inconcepibile senza un allargamento della discussione al di
là delle nostre frontiere, in un
orizzonte realmente ecumenico. Nessuna chiesa può
pretendere di rappresentare
da sola il sale della terra. È
solo superando i nostri limiti
nazionali e culturali che come cristiani possiamo portare un arricchimento all’insieme del pianeta. A Stoccarda
vogliamo pregare, dibattere,
celebrare la Cena del Signore,
cantare, suonare, ascoltare la
parola di Dio con tutto il movimento ecumenico mondiale per trovare insieme le soluzioni ai problemi di oggi».
A fine novembre si è svolta
la riunione del Comitato internazionale del Kirchentag
con rappresentanti di 18 diversi paesi (sotto la guida dal
la statunitense pastora presbiteriana Barbara Green) che
è parte attiva nella progettazione dello stesso Kirchentag.
Si sono ridefiniti gli ambiti
stessi della manifestazione
che toccherà soprattutto la
questione del futuro del cristianesimo nel nostro vecchio
continente. Nel quadro di tre
filoni portanti (il futuro della
fede, della persona umana e
della società) si svolgeranno
studi biblici, conferenze, forum, gruppi di studio, culti, liturgie, celebrazioni. Ogni sera
alle 18,30 nei vari luoghi della
città e nelle chiese si svolgerà
la preghiera serale conclusione di una giornata e allo stesso tempo inizio di serate di feste, rappresentazioni, concerti, talk-show e tante altre iniziative. Tutti i luoghi pubblici
capaci di accogliere gente, come le scuole, il centro fieristico, il parco cittadino, il palazzo dei congressi, le chiese il
grande centro culturale di
Liederhalle saranno a disposizione del popolo del Kirchentag che invaderà pacificamente Stoccarda.
Dal Kirchentag, che si svolge ogni due anni (per cui Tanno Duemila viene saltato a
piè pari), come sempre emergeranno nuove idee, progetti,
visioni, letture della realtà. È
una delle poche realtà protestanti che continuano a crescere e a stimolare le chiese
nel loro compito di presenza
e testimonianza nell’attuale
società. Partecipare a questo
grande e vivace laboratorio
biblico teologico costituisce
un esperienza indimenticabile. Speriamo che dall’Italia vi
partecipino molti nostri fratelli e sorelle, specie giovani.
Ne vale la pena (e i costi sono
relativamente contenuti).
Pachino: seminario del Servizio rifugiati e migranti Fcei
Immigrati fra noi: nuova legislazione
e nuove aspettative per chi giunge in Italia
ANNAMARIA MARINO*
MMIGRATI tra noi» è il
"Xtema del seminario di
formazione organizzato a Pachino, dal 27 3 29 novembre
1998, dal Servizio rifugiati e
migranti della Fcei e dalla locale Chiesa valdese. L’iniziativa, quanto mai opportuna, è
venuta a coincidere con l’avvio della tanto attesa regolarizzazione degli immigrati irregolari, in un contesto di sostanziale cambiamento dell’intero quadro legislativo in
materia di immigrazione. Significativa anche la scelta del
luogo: Pachino, grosso centro
agricolo affacciato sulla costa
sud-orientale della Sicilia, è
particolarmente esposto ai
flussi migratori provenienti
dal sud del Mediterraneo. Qui
vivono circa quattrocento
stranieri, in prevalenza tunisini e algerini.
Il seminario aveva l’obiettivo di offrire incisivi strumenti
di conoscenza e di intervento
ai partecipanti, stranieri e
operatori provenienti da diversi centri della Sicilia orientale e, sia pure in minima
parte, dalla Calabria. Le comunicazioni dei relatori, Sergio Briguglio della Caritas e
Anne Marie Dupré del Servizio rifugiati e migranti, sono
state perciò orientate sia all’acquisizione dei nuovi contenuti legislativi relativi
alTimmigrazione e all’asilo,
sia all’acquisizione di precise
tecniche e strategie operative.
Anne Marie Dupré, nella
sua «Introduzione alle tecniche di ascolto e di consulenza per immigrati», ha posto
l’accento sulla diversità di
condizioni esistenziali riferibili al termine «immigrato»,
che sarebbe profondamente
errato ricondurre a un modello unico, indifferenziato,
di integrazione. Dare ascolto,
ha sottolineato, significa porre al centro le motivazioni e
le attese di ogni singolo straniero e dare la necessaria
consulenza perché ciascuno
sia in grado di scegliere da sé
gli strumenti per la propria
integrazione. Conoscenza
delle reali esigenze degli immigrati, attenta valutazione
delle risorse disponibili, scelta delle attività adeguate alle
caratteristiche e ai bisogni
degli utenti; sono questi i parametri, indicati da Dupré,
sui quali si misura l’efficacia
di ogni intervento e ai quali
bisogna fare riferimento
nell’elaborazione di concrete
ipotesi di lavoro.
NelTillustrare la nuova legislazione, Sergio Briguglio
ha sintetizzato i contenuti
della Legge 6 marzo n. 40 rimarcandone gli aspetti positivi, la parte riguardante gli
strumenti di integrazione,
ma anche le carenze e le ambiguità riscontrabili in alcuni
articoli che regolano Tingresso e il soggiorno. Fortemente
critico il giudizio sul disegno
di legge sul diritto di asilo approvato dal Senato. Riserve e
perplessità sono state espresse soprattutto in relazione alla definizione dello «status»
del rifugiato e alle procedure,
ambigue e macchinose, previste per la richiesta d’asilo.
In stretta continuità con le
tematiche del seminario, nel
pomeriggio di sabato 28 si è
svolta una conferenza pubblica, introdotta dalla pastora
Beatrice Grill. Alle comunicazioni di Briguglio e Dupré,
che hanno presentato il decreto sulla regolazione dei
flussi emanato di recente dal
governo, sono seguiti gli interventi di Rhida Ton, in rappresentanza degli immigrati,
e del sindaco di Pachino. Il
primo, pur riconoscendo un
diffuso clima di accoglienza
da parte della popolazione
ospitante, non ha mancato di
evidenziare i grossi problemi
(mancanza di alloggi, consulenza legale...) che rendono
più difficoltosa l’integrazione.
Da parte sua, il sindaco ha ribadito l’impegno dell’Amministrazione comunale in merito ai problemi evidenziati.
L’incontro ecumenico cristiano-musulmano, celebrato domenica mattina nella
chiesa valdese, ha concluso i
lavori ma ha anche aperto
una prospettiva di comune
impegno, in cui le diversità
non siano motivo di separazione, ma occasione di reciproco arricchimento.
* corrispondente per
la Calabria del Servizio
rifugiati e migranti
Kirchentag
Come partecipare
Richiedere il fascicoletto di iscrizione (edito in tedej
inglese e francese) al pastore Giuseppe Platone, via San>
V, 15, 10125 Torino (per il Nord Italia), oppure alla diaco
Karola Stobaus, via Di Blasi 12, 90135 Palermo (per il Si)
Le iscrizioni, per gruppi, si chiudono entro il 31 mara
singoli possono iscriversi anche dopo questa data, rischi
do però di non trovare alloggio presso famiglie o centri >
munitati. Il costo di partecipazione è di 150 marchi co
prendente il programma con la pianta della città, i bigliy
d’ingresso a tutte le manifestazioni in calendario, un tio
per utilizzare nei giorni del Kirchentag tutti i mezzi pubbi
di trasporto in Stoccarda e regione circostante. La direzi«
del Kirchentag si impegna a trovare ai singoli o coppie d
sistemazione presso una famiglia, così come i gruppi posi
no essere ospitati in centri comunitari, scuole ecc. In que
caso occorre portarsi un materassino. In tutti i luoghi d’i
coglienza viene fornita al mattino la colazione. Si possa
inoltre acquistare buoni pasto con modica spesa (7 mai»
1 uno) per il pranzo. Le cene sono a carico dei partecipai
occasione preziosa per gustare la cucina sveva in tutti
sua ricchezza. Con il programma verrà anche fornita it
raccolta di canti e vario materiale informativo.
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Una conferenza a Bari
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Attualità del protestantesiiF
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LORENZO SCORNAIENCHI
IN un tempo segnato dal ritorno a un clericalismo aggressivo, le chiese protestanti
acquistano un ruolo cruciale
nella difesa della libertà e nel
proporre un cristianesimo
fondato sulla Bibbia e non
sulle superstizioni idolatriche
antiche o post-moderne. Il
primato romano si ripropone
in alleanze nuove e inaspettate nella società italiana, rinvigorito e ringiovanito, e questo
ancor più nella «Puglia dei
Tatarella», che è anche e rimane la terra di Padre Pio e di
San Nicola, una terra di cattolicesimo controriformista.
È nell’ambito della riflessione più ampia del ruolo di
una comunità protestante in
tale contesto che si inserisce
la conferenza del past. Giorgio Bouchard che ha avuto
luogo nella chiesa valdese di
Bari domenica 1" novembre
sul tema «Riforma, modernità, libertà». Bouchard ha
tracciato un’ampia panoramica storica, distinguendo
tre fasi: la prima, dal Cinquecento al Seicento, di sviluppo
della Riforma; la seconda, tra
Settecento e Ottocento, incentrata sul mito del progresso e sulla religiosità pietista;
la terza, dalla fine dell’l»
cento al nostro tempo di\
e di rinascita teologici
concomitanza con i gì»
drammi di questo secolo
In questa storia il piy
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teologia liberale e la tee
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La Comunità cristiana riformata di Finale Ligure, per il prc I
sostentamento mette a disposizione per famiglie o gruppi di [
denti la propria sede di piazza del Tribunale 6, dotata di 6 11
letto suddivisi in due camere (locali termoriscaldati e uso cucii I
La disponibilità è valida dal settembre al giugno di ogni i}
per soggiorni di qualsiasi durata (anche una sola notte) a pi >
del tutto contenuti. Per prenotazioni e informazioni telefo 5
alTora di cena al 019-691782 o al 019-691328. La comuni )
riunisce la domenica alle ore 10 e al giovedì alle ore 21.
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ll/la candiclato/a deve possedere il titolo specifico gli educo i
professionale che lo abilita ad esercitare tale mansione
una comunità educativa.
Le domande, insieme al curriculum vitae e alla fotocopia del !
lo abilitante, devono pervenire entro il 31 gennaio 1999
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— Vita Delle Chiesi
6 Al Centro «Emilio Nitti» la festa delle scuole domenicali del Napoletano
Quando i ragazzi raccontano la Bibbia
Una sessantina di ragazzi ha interpretato con recite e disegni alcuni episodi
degli Atti degli Apostoli in un incontro che ha insegnato molto anche ai grandi
PAG. 9 RIFORMA
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EMANUELE CASALINO
IL 6 dicembre si è svolta al
Centro sociale «Emilio Nitti» di Ponticelli (Na), la festa
delle scuole domenicali delle
chiese battiste, metodiste e
valdesi di Napoli e provincia.
È un giorno, questo, molto
atteso dai nostri ragazzi, che
all’inizio di un anno di lavoro
vogliono incontrarsi per conoscersi, per condividere
esperienze comuni e anche
per ritrovare amici/che che
altrimenti sarebbe difficile
incontrare. La festa si è svolta
in un clima gioioso per i tanti,
ragazzi e bambini che nelle
prime ore del mattino di domenica hanno affollato la palestra del Centro sociale.
I ragazzi, una sessantina
dai 5 ai 13 anni, sono stati
suddivisi in quattro gruppi
che, coordinati dai monitori
e dai pastori, si sono messi
subito al lavoro per rappresentare, attraverso la recitazione e il disegno, alcuni episodi della vita dei quattro noti personaggi del libro degli
Atti degli Apostoli: Stefano,
Filippo, Pietro e Paolo. Tutto
è stato accuratamente preparato e, girando per i gmppi, si
notava non solo la felicità dei
ragazzi ma anche il loro lodevole sforzo di identificarsi nei
personaggi da rappresentare.
Terminato il lavoro di gruppo
si sono raccolti tutti insieme
per mostrare finalmente le
loro qualità artistiche e per
strappare qualche applauso
sicuramente meritato.
Il primo gruppo, quello dei
più piccoli, dopo qualche imbarazzo iniziale, ha rappresentato la storia del diacono
Stefano (Atti 6) descritto (e
questo si è visto soprattutto
nei disegni) come uomo buono perché aiutava i poveri e
le vedove e ucciso perché
amico di Gesù!
Il secondo gruppo, molto
vivace, ha raccontato anche
attraverso il canto l’episodio
dell’incontro di Filippo con
l’etiope (Atti 8). La rappresentazione è stata quasi completa: l’angelo del Signore
che invita Filippo a incamminarsi sulla strada che «discende da Gerusalemme a
Gaza», l’incontro con il funzionario africano, la lettura
del rotolo di Isaia 53, 7-8 e
► Un'iniziativa del Comune di Roma
Un «tavolo interreligioso»
per conoscere le varie fedi
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È stato siglato il 3 dicembre a Roma il protocollo di
intesa fra il Comune di Roma
e le comunità protestanti
(battisti, luterani, metodisti,
valdesi. Esercito della Salvezza), ebree, musulmane, buddlste e induiste per l’istituzione di un «tavolo interreligioso» che prevede l’elaborazione e il coordinamento di
iniziative rivolte alle scuole
atte a favorire la conoscenza
delle diverse realtà religiose
presenti nella città. Il progetto, che si inquadra nei programmi di intercultura promossi dall’assessorato alle
Politiche educative del Comune di Roma, intende offrire alle scuole romane seminari, lezioni, tavole rotonde,
unità didattiche «utili ad ampliare la conoscenza degli
elementi fondanti delle diverse fedi e religioni».
Con modalità differenziate
l’iniziativa verrà proposta alle scuole medie e superiori:
cinque incontri di due ore
ciascuno saranno condotti
da rappresentanti delle confessioni religiose coinvolte
nel progetto; alle scuole verrà distribuito materiale di
informazione storico-culturale e una bibliografia di base
su ciascuna religione quale
sussidio per la preparazione
degli incontri.
Presso le scuole che ne faranno richiesta saranno inoltre organizzate delle tavole
rotonde a carattere monografico su temi quali la religione
e la visione della natura e
dell’ambiente, la religione e
la visione della società e dello
stato, l’interpretazione dei
testi e la cultura religiosa con
la partecipazione di esponenti di tutte le religioni interessate. Anche il Vicariato di
Roma, che peraltro non ha
inteso aderire al Tavolo interreligioso, ha assicurato la
propria partecipazione a quest’ultima iniziativa. (Nev)
Il Centro evangelico
di Monteforte Irpino (Avellino)
ha bisogno di volontari
per un periodo non inferiore a tre mesi. Si richiedono motivazione e disponibilità a condividere la vita comunitaria. Si offre: vitto, alloggio,
argent de poche e tempo libero. I settori di impiego sono i seguenti: cucina, pulizie, giardinaggio e manutenzione ordinaria.
Inviare al n. di fax 0825/683942 i dati personali, indicando eventuali precedenti esperienze e il
settore dove si intende offrire la propria prestazione volontaria.
l’annuncio di Filippo della
buona novella di Gesù. Infine
il battesimo dell’etiope. Sullo
sfondo di questa rappresentazione è stato percepito il
messaggio che la predicazione cristiana iniziava a indirizzarsi anche ai pagani e agli
esclusi del tempo.
Il terzo gruppo, formato
dai bambini più grandi, ha
descritto molto bene alcuni
episodi della vita dell’apostolo Pietro: la visione di Cornelio e il suo incontro con l’apostolo (Atti 10). Il racconto
ha mostrato che la visione riguardava l’ammissione nella
chiesa dei pagani «impuri»
perché Dio ha purificato, mediante l’azione trasformante
dello Spirito Santo, sia i pagani che i giudei. Il nuovo po
polo di Dio è quello che ha
fede in Gesù al di là della razza, del sesso, della lingua.
Infine non poteva mancare
l’apostolo Paolo, che sulla via
di Damasco incontra il Signore Gesù risorto (Atti 9).
Questo episodio ci è stato illustrato dal quarto gruppo
quello dei più grandi che con
enfasi ci ha ricordato che anche i più «duri» vengono piegati dalla grazia di Dio e come l’apostolo da persecutore
della chiesa diventa il perseguitato per amore di Gesù. La
vita di Paolo, è stato sottolineato, non fu certamente
semplice ma la potenza del
Signore lo accompagnò in
ogni istante.
Cosa dire. È stato un incontro formativo non solo
per i ragazzi che con parole,
gesti e canti hanno «raccontato la Bibbia», ma anche per
noi adulti presenti perché
quelle parole e quei gesti, pur
nella loro semplicità, possono essere assunti come un
modo genuino di trasmettere
il messaggio biblico. Dopo la
condivisione del pranzo, i ragazzi hanno giocato insieme
fino al momento della partenza quando il dispiacere
della separazione si leggeva
sui loro visi tra abbracci e baci. Un ringraziamento va naturalmente ai coniugi Mena
e Salvatore Cortini per la
gentile ospitalità e a tutti coloro che hanno collaborato
per la riuscita di questa iniziativa. L’appuntamento è
per la prossima primavera.
La ricorrenza il 15 novembre
La Chiesa evangelica francese
di New York compie 150 anni
Dal pastore Alfred Janavel riceviamo la notizia che il 15 novembre scorso la Chiesa evangelica francese di New York ha
celebrato il 150“ anniversario della sua fondazione. Nel suo
rapporto con i valdesi la chiesa è stata provvidenziale nell’accogliere i primi valdesi che emigrarono a New York ai primi
del secolo. Anche più tardi, con la fondazione della Chiesa
valdese, i rapporti furono sempre più che fraterni. Negli anni
1986-87 il pastore Alfred Janavel ha offerto il proprio ministerio in via temporanea mentre la Chiesa evangelica francese
era in attesa di un nuovo pastore. Più di trecento persone
hanno fatto onore alla festosa celebrazione, durata circa tre
ore; erano presenti fra gli altri pastori del Canada, di Marsiglia e del Camerún. Gioire soit è Dieu.
Nev Abbonamenti
notizie evangeliche bollettino settimanale e-mail: L. 30.000
agenzia stampa bollettino itioosile L. 45.000
della federazione su carta:
delle Chiese abbon. cumulatiyo
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in Italia Versamenti sul c.c.p. 82441007 intestato a: nev-notizie evangeliche
e-mail: vie Firenze, 38 - 00184 Roma
fed.evangelica @ agora.stm.it tei. 06-4825120 fax. 06-4828728
Agenda
9 gennaio
CINISELLO BALSAMO — Alle ore 17,30, al Centro culturale
«Jacopo Lombardini» (via Montegrappa 62/b), il pastore
Antonio Adamo conduce il primo di quattro «Incontri con
Gesù» dedicato al personaggio di Zaccheo. Per ulteriori
informazioni telefonare ai num. 02-66010435 - 6600414.
ROMA — A partire dalle ore 10, nella sala metodista di via
Firenze 38, si tiene l’Assemblea nazionale della Rete evangelica fede e omosessualità.
BERGAMO — Alle ore 17,30, presso la Sala conferenze del
Centro culturale protestante (via Tasso 55, p. I), il pastore
Salvatore Ricciardi tiene il primo di sei incontri di studio
sulla Lettera ai Romani. Argomento specifico è: «Un documento teologico e umano (Romani 15,14 -16, 27).
11 gennaio
BERGAMO — Alle 20,45, presso il Centro culturale S. Bartolomeo (largo Belotti 1), il past. Salvatore Ricciardi parla
sul tema: «Ritornare a Dio, rallegrarsi nella speranza L’VIII Assemblea del Consiglio ecumenico delle chiese».
18 gennaio
TORINO — Alle ore 15, nella sede decentrata della biblioteca di Scienze religiose «Erik Peterson» (via Martini 4/b),
Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, e Gian Carlo Andenna
(Università cattolica di Milano-Brescia), presentano il libro: «Storia della Chiesa di Ivrea dalle origini al XV secolo».
22 gennaio
SONDRIO — Alle ore 21, al Centro evangelico di cultura
(via Malta 16), si tiene una conversazione di Gioacchino Pistone, studioso di ebraismo e membro del Comitato direttivo dell’Associazione «Biblia», sul tema: «Gesù ebreo».
Radio e televisione
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul
primo programma radiofonico delia Rai, predicazione e
notizie dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva di Raidue a cura
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche alterne alle 23,40 circa e, in replica, il
lunedì della settimana seguente alle ore 9,15 circa. Lunedì
4 gennaio va in onda la replica del programma del 27 dicembre, sul tema: «Rivolgetevi a Dio, rallegratevi nella speranza. I cristiani di tutto il mondo si incontrano a Harare»;
«Chiaroscuro: un incontro con Paolo Ricca». Domenica 10
gennaio, alle ore 23,40 circa su Raidue andrà in onda: «Con
rispetto di fronte alla morte: una riflessione sul tema
dell’eutanasia»; «Musicando; un incontro con il compositore Luigi Bonafede»; «Incontri; rubrica biblica». La replica
sarà trasmessa lunedì 18 gennaio alle ore 9,15
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica deve inviare i programmi, per lettera ofax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
MANTOVA — Domenica 13 dicembre il pastore Gianmaria Grimaldi ha battezzato Anna, figlia di Daniela Dessy e di Mauro Marchetti. Alla piccola e ai genitori la comunità tutta formula i migliori auguri di una vita benedetta dal Signore.
SAN GERMANO — All’Asilo, dopo un lungo periodo di sofferenze, si è spento Emilio Avondet. La presenza di molte
persone al suo servizio funebre, presieduto dal pastore
Bruno Bellion di Villar Perosa, è stata la dimostrazione che
questo nostro fratello era ben conosciuto dai sangermanesi. Alle figlie e a tutti i loro congiunti la comunità rinnova
l’espressione della sua più affettuosa e fraterna simpatia.
è ora di rinnovare^
di sottoscrivere
un nuovo abbonamento a.J
Abbonamento annuo L. 30.000
Estero L. 35.000 - Sostenitore L. 40.000
Una copia L. 3.500
da versare su c.c.p. no 14603203 intestato a
L’amico dei fanciuili - Tavola Valdese
20159 Milano via Porro Lambertenghi 26
14
PAG. 1 O
RIFORMA
■
venerdì is gennaio
venerdì
Kipomma
L’Iraq e il Medio Oriente
Eugenio Bernardini
I furiosi bombardamenti angioamericani suli’Iraq hanno drammaticamente segnato un altro anno negativo per
il Medio Oriente. Nel 1998, infatti, non un conflitto di
queU’area tormentata è sembrato avviarsi verso una soluzione stabile e positiva; l’Iraq, dopo la guerra del 1991,
quasi otto anni di sanzioni durissime che continuano a
colpire la popolazione civile (circa 350 morti al giorno, soprattutto fra gli anziani e i bambini) e quattro gravi crisi
con bombardamenti più o meno prolungati, continua a essere un focolaio inesauribile di tensione. II conflitto fra
israeliani e palestinesi, quando fa timidi passi in direzione
di mia soluzione realistica e relativamente equa, viene immediatamente bloccata dal terrorismo fondamentalista e
da repentini ripensamenti politici dei vari protagonisti. La
questione curda giace drammaticamente dimenticata salvo acquistare una temporanea visibilità a causa della pasticciata vicenda che vede coinvolto il leader del Pkk Abdullah Ocalan. I regimi autoritari, se non dittatoriali, continuano a essere la regola e non l’eccezione.
Si dirà: è un’area estremamente complessa in cui gli interessi petroliferi (vitali per tutti) e altri interessi ancora,
non esclusi quelli legati ai vari fondamentalismi religiosi,
rendono difficile qualsiasi comprensione, proposta e soluzione. Giusto. Ma quello che fa forse soffrire di più noi è
che l’Occidente si muova in quell’area secondo i più disinvolti, contraddittori e spesso scandalosi interessi di parte:
gli Stati Uniti per i fatti loro, oppure sostenuti da questo o
quel paese europeo, ogni paese europeo accanto all’uno o
all’altro a seconda dei vari partner commerciali e/o strategici nell’area.
Il caso dell’Iraq è esemplare: anche riconoscendo le responsabilità di Saddam Hussein sul mancato rispetto delle
risoluzioni deli’Onu che impongono severi controlli
sull’effettiva distruzione da parte irachena degli arsenali
batteriologici e chimici, controlli che solo un mese fa Saddam si era nuovamente impegnato a rispettare «dovunque
e comunque e in qualsiasi momento», si può veramente
credere che quello che gli ispettori dell’Unscom (la commissione speciale di ispettori dell’Onu) non sono riusciti a
fare da terra sia stato fatto dall’aria grazie alle bombe più o
meno «intelligenti»? E si può credere che sia possibile abbattere un dittatore del calibro di Saddam con una pioggia
di bombe (il doppio rispetto alla guerra del 1991) che ha
causato la morte di im numero imprecisato di civili (è un
segreto militare per tutti i contendenti) senza minimamente isolarlo, tantomeno nel mondo arabo? E si può credere che Saddam meriti questo accanimento più di altri
leader-dittatori dentro e fuori l’area mediorientale? E si
può credere che l’inizio dei bombardamenti non sia dipeso
per nulla dalla situazione personale del presidente americano, o dal fallimento della sua missione in Israele e nel
territori governati dall’Autorità palestinese, o da altri fattori ancora? E si può credere a un nuovo protagonismo europeo se si continua a non avere una «politica estera» coniune? E si può credere a una politica responsabile del
Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che approva risoluzioni che consentono una varietà di interpretazioni
sulla legittimità o meno dell’intervento angloamericano?
Non siamo degli esperti di politica internazionale, ma
abbiamo la sensazione che il Medio Oriente mostri sempre
di più i limiti e le gravi responsabilità non solo di regimi e
culture a noi distanti, ma anche della cultura politica
dell’Occidente che è portatrice di valori umanitari come
l’equità, la giustizia, la democrazia. Siamo dei beati ingenui? Dimentichiamo che gli interessi economici, strategici,
ideologici vengono prima di ogni valore umanitario? Dimentichiamo che in qualsiasi conflitto la pace e la giustizia devono essere volute non solo da uno ma da entrambi i
contendenti (come. Analmente, è successo nell’Irianda del
Nord)? No, non lo dimentichiamo né siamo dei beati ingenui, conosciamo la durezza della realtà e dell’umanità. Ma
vorremmo che, per risolvere i conflitti, le nazioni e i popoli
che si vogliono «civili» sviluppassero con più convinzione
e intelligenza gli strumenti della politica e della diplomazia e che, per affrontare i problemi della sicurezza e della
democrazia, credessero di più alla giustizia e all’equità.
Per tutti, non solo per il Medio Oriente.
Riforma
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E-Maii (Napoii): riforma.na@mbox.netway.it
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DIRETTORE: Eugenio Bernardini, VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Matfei. IN REDAZIONE: Alberto Coreani, Marta D'Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan {coordinatore de L'eco delle valli) Federica Tourn, COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino Di
Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrano, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio
Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martina!, Carmelina Maurizio, Luca Negro,
Luisa Nini, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan, Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Arniand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA; La Ghisleriana s.n.c. Mondovì - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l.-via S. Pio V, 15 bis -10125Torino.
1998
Associato alla
Unione stampa
periodica italiana
Pubblicazione settimanale unitaria
con L’Eco delle valli valdesi:
non può essere venduta separatamente
Tariffe inserzioni pubblicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000
Partecipazioni: mm/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176 del 1® gennaio 1951. Le modifiche
sono state registrate il 5 marzo 1993.
Le diversità non sono un ostacolo alla comunione
«Essere chiesa» nel nostro tempo
Bisognerebbe che tutti riflettessimo di più non sulBunità da
raggiungere ma su quella che, secondo Efesini 4, esiste già
BRUNO CORSANI
Lf ASSEMBLEA del ConsiI glio ecumenico delle
chiese (Cec) a Harare conclusasi nei giorni scorsi e la prossima «Settimana per l’unità
dei cristiani» in gennaio riportano all’attenzione di tutti
il tema dell’unità cristiana.
Quando, ormai si tratta di
molti anni fa, papa Paolo VI
rese visita alla sede del Cec a
Ginevra, ebbe a dire che il papato era il maggiore ostacolo
alla realizzazione dell’unità
cristiana. Malgrado gli anni
che sono trascorsi, ho l’impressione che su tutti i punti
di diversità o di contrasto tra
le confessioni si possa discutere e avere opinioni divergenti, ma sull’ecclesiologia
questo non sia possibile: o le
chiese protestanti, anglicane
e ortodosse accettano l’ecclesiologia romana (cioè che la
chiesa di Roma è l’unica vera
chiesa e che il pontefice ne è
il vertice istituzionale, dottrinale e disciplinare) e si integrano in essa, oppure la chiesa romana rinuncia a questa
sua identificazione e si siede
da pari a pari al tavolo ecumenico con le altre chiese cristiane. Siccome nessuna di
queste due ipotesi appare al
momento realizzabile o prevedibile, il movimento ecumenico registra da alcuni anni una certa stanchezza.
Una prassi
di comunione
Il segretario del Cec, Konrad Kaiser, ha proposto già
nel 1996 di sviluppare una
prassi di comunione senza
condizioni e limiti strutturali,
essendo convinto che la questione cruciale oggi non è tanto di giungere a una unità ecclesiale istituzionale quanto
di sapere che cosa significa
essere chiesa nel nostro tempo (cfr. Riforma del 27 novembre, pag. 4, articolo intitolato «Tutte le chiese dovrebbero sedere intorno allo stesso tavolo»), È un tentativo di
uscire dall’impasse in cui il
Cec si ritrova da alcuni anni.
Ma è lecito dubitare che il
progetto sia sufficiente. Infatti
nel lavoro ecumenico c’è da
sempre il principio che nessuna chiesa partecipante al Cec
ha il diritto di censurare Tecclesiologia delle altre, e che la
presenza di una chiesa nel
Cec non costituisce in alcun
modo una patente di legittimità cristiana all’ecclesiologia
delle altre (o di un’altra). Nonostante queste prudenti
puntualizzazioni, non è stato
ancora possibile avere la chiesa romana al tavolo ecumenico in qualità di membro del
Cec a pieno titolo.
Questa situazione getta
un’ombra su tutto il lavoro
ecumenico, e in modo particolare sui ricorrenti appelli a
«cercare l’unità», a «tendere
verso l’unità», a «pregare per
l’unità». Infatti la situazione
ora descritta legittima il sospetto che l’unità da ricercare 0 da invocare sia appunto
un’unità che abbia come
prezzo 0 la sottomissione di
ortodossi e protestanti a Roma e al papato romano, ovvero la rinuncia di Roma e
del papato a identificarsi con
la chiesa, al di fuori della
quale non vi è salvezza. Mi
domando se, dopo il decennio dedicato alla riflessione
sulle donne, non si potrebbe
ipotizzare ora un decennio
dedicato a riflettere non sull’unità da raggiungere, ma
sull’unità che già esiste.
L'unità di Efesini 4
Esiste un’unità? Un osservatore esterno alle chiese dovrebbe pensare di no, visti 1
reiterati e patetici appelli a ricercarla. Ma un passo della
Lettera agli Efesini ci invita a
riconsiderare la questione. Il
brano (4, 1-6) «indica quale è
il fondamento dell’unità, che
è di ordine ecclesiologico,
cristologico e teologico»,
mentre i w. 7-16 fanno presente che «le diversità esistenti nella chiesa, considerate alla luce di quanto si vede in Cristo, non sono affatto
un ostacolo alla comunione,
ma ne costituiscono anzi il
presupposto» (F. Montagnini. Lettera agli Efesini, Brescia, 1994, p. 242). In altri termini, «un solo Signore, un’
unica fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di
tutti» (w. 5b e 6a) non sono
l’indicazione di un traguardo
a cui tendere, non sono degli
imperativi suggeriti alla vita
cristiana, ma sono il fondamento e il motivo della precedente esortazione (v. 3),
che dice: «Studiatevi di conservare l’unità dello spirito
col vincolo della pace» (H.
Schlier, Lettera agli Efesini,
Brescia, 1965, p. 227). L’apostolo motiva la sua esortazione all’unità con la considerazione che essa corrisponde
alla preesistente realtà in cui
i cristiani vivono (ivi, p. 228).
Le chiese dovrebbero dunque prendere sul serio l’affermazione che hanno un solo
Signore, una sola fede, un solo battesimo, un Dio solo che
è il Padre di tutti; magari aggiungendoci il comune possesso della Bibbia e il comune impegno nel diffonderla,
cose che chiaramente erano
ancora fuori dell’orizzonte
della chiesa primitiva al tempo dell’epistola agli Efesini.
Se ciò fosse preso sul serio,
le divergenze su tanti altri
punti assumerebbero un rango secondario: importante sì,
come è importante per me
essere riformato e non luterano, valdese e non battista.
Importante, ma relativo, rispetto alla possibilità e al
compito di confessare e proclamare Dio come Padre e
Gesù Cristo come Signore.
Questi punti fondamentali
della fede cristiana dovrebbero prendere un’importanza così grande da impedire le
scomuniche reciproche per
questioni di battesimo o di
teologia eucaristica, di successione apostolica o di escatologia individuale o di etica
socide. Questioni sulle quali
il dibattito dovrebbe rimanere aperto come lo è fra le diverse correnti teologiche
all’interno delle chiese sia
protestanti sia cattoliche ma
senza scomuniche, cioè senza contestarsi reciprocamente l’identità cristiana e la
qualifica di chiesa.
Un'unità
pluralistica
È questa varietà di punti di
vista che fa dell’ecumene
un’unità pluralistica. Non si
discosta molto dall’enumerazione fatta da Efesini 1, 1-6 la
base dottrinale del Cec: «Il
Cec è un’associazione di
chiese che confessano il Signore Gesù Cristo come Dio e
Salvatore secondo le Scritture
e cercano perciò di realizzare
insieme la loro comune vocazione a gloria dell’unico Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo».
Prima di insistere a cercare
un’unità che potrebbe anche
essere un livellamento o un
assorbimento, perché non
confessare e cercare di vivere,
sviluppare e rendere produttiva l’unità che già esiste sulla
base degli elementi menzionati nel cap. 4 della lettera
agli Efesini? Purché, come dice Paolo in Filippesi 1, 18,
Cristo sia annunziato.
m^m.
Il Cec condanna l'attacco angloamericano contro l'Iraq
La guerra non risolve i problemi mondiali
All’indomani dell’attacco
militare degli Stati Uniti e della Gran Bretagna contro 1’
Iraq, il Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), che raggruppa 339 chiese protestanti,
anglicane e ortodosse sparse
in circa 100 paesi del mondo e
che rappresenta più di 500
milioni di fedeli in tutti i continenti, ha espresso il proprio
fermo dissenso nei confronti
della logica e della pratica
della guerra come mezzo per
la soluzione dei problemi internazionali.
«Il Consiglio ecumenico
delle chiese - si legge in un
comunicato diffuso il 17 dicembre - condanna nel modo
più deciso l’attacco contro
l’Iraq». «Chiediamo l’immediata cessazione degli attacchi - continua il comunicato
-. Con il segretario generale
delle Nazioni Unite riteniamo
che questo sia un giorno triste
per la diplomazia internazionale e per il diritto internazionale». Il Cec ha ricordato
che già otto anni fa si era dichiarato contrario alla guerra
del Golfo e aveva espresso
«profonda preoccupazione
sulle conseguenze degli attacchi e delle infinite sanzioni
sulla popolazione civile dell’Iraq; ribadiamo oggi questa
grave preoccupazione».
L’VIII Assemblea del Cec
che si è appena conclusa ad
Harare, nello Zimbabwe, ha
riaffermato l’appello affinché
le chiese e le nazioni pongano
fine «allo spirito, alla logica e
alla pratica della guerra come
soluzione dei problemi mondiali». «Ribadiamo l’appello
per la cessazione immediata
dei bombardamenti - termina il comunicato - e assicuriamo alla gente dell’Iraq la
nostra costante preghiera per
il loro benessere e incolumità.
In questo tempo di Natale ci
appelliamo in particolare ai
leader cristiani degli Stati
Uniti e della Gran Bretagna
perché aprano i loro cuori, si
volgano a Dio e rispondano
alla promessa e alla speranza
offerte al mondo dal Dio onnipotente che ha scelto di rivelarsi al mondo in Gesù Cristo, principe della pace».
Anche il Consiglio nazionale della Federazione giovanile
evangelica italiana (Egei) ha
diffuso il 18 dicembre un comunicato di condanna per
l’iniziativa militare angloamericana. L’attacco missilistico e
aereo, è detto nel comunicato, «non risolve la questione
posta dalla sanguinaria dittatura di Saddam Hussein, ma
colpisce largamente la popolazione civile». (nev)
eíMÍOÍ MU* «»* ,
Il Vaticano e Pinochet
Un dossier sul caso Pinochet (numero del 10 dicembre) illustra anche i rapporti
intercorsi tra il dittatore cileno e il Vaticano, e in un riquadro cita anche l’inchiesta che
condusse il periodico cattolico francese Témoignage chrétien: «Fu questa rivista - scrive L’espresso - povera nella
veste ma pesante nel contenuto, a rivelare, nel 1993, che
il Segretario di Stato Angelo
Sodano si era sperticato in riconoscimenti a un Augusto
Pinochet che festeggiava le
nozze d’oro. La notizia fu poi
divulgata nelle comunità cattoliche dall’agenzia Adista.
Successe il finimondo: il Vaticano venne bombardato di
lettere di protesta provenienti
dalla Francia. E molte di più
arrivarono ai vescovi francesi». La stessa rivista «pubblicò
la foto della lettera con la
quale, sotto il proprio ritratto,
Giovanni Paolo II aveva inviato a Pinochet le benedizioni
di rito». Un riquadrino nello
stesso numero dell’Espresso
pone fra i personaggi «sull’altare» Martin Lutero. «Cancellati i peccati a chi non fuma e
non beve: lo dice il papa nella
bolla per l’Anno Santo. Quattro secoli dopo l’eresia protestante che condannava il
mercato delle indulgenze.
Venti di Controriforma?».
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LA STAMPA
Don Zega e il Giubileo
E a proposito di Giubileo
don Leonardo Zega, ex direttore di Eamiglia cristiana, ora
editorialista del quotidiano
torinese, scrive (6 dicembre) a
proposito della scatola-tò approntata per il 2000: «Dovrebbe contenere: una maglietta
(...) con su stampato il marchio depositato (...) del Giubileo, una candela bianca, un libricciuolo con frasi significative del Santo Padre, ovviamente ritratto a colori vivaci
sul coperchio. (...) Ha un bel
dire il papa (...) che il Giubileo
ha da essere un anno ad alta
concentrazione spirituale. Chi
tiene il campo e la ribalta sono le “grandi manifestazioni”,
le “opere imponenti” che entusiasmano chi mira a lucrare
più commesse che indulgenze». Un pellegrinaggio più vero, e anche più intenso, dovrebbe essere, nelle parole di
don Zega, quello che ognuno
può compiere nel «santuario
della coscienza».
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Di fronte alla scienza
Il quotidiano cattolico affida il commento del martedì
nelle pagine culturali allo
scrittore Eraldo Affinati, che il
15 dicembre riflette sugli interrogativi posti da recenti
scoperte scientifiche e così
conclude: «... non serve a nessuno accecare la scienza. Noi
dobbiamo fare un’altra cosa:
contribuire ad innalzare (...)
la soglia della responsabilità
individuale (...) non quella
giuridica (...) né sociale (riguardo alle tradizioni e alle
consuetudini), e neppure
morale (rispetto ai nostri
principi). Tutte queste forme
di responsabilità cadono a
terra come vecchi manichini
di fronte alla frase che Fèdor
Dostoevskij ebbe il coraggio
di pronunciare una volta: “Io
mi sento responsabile appena un uomo posa il suo
sguardo su di me”».
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PAG. 1 1 RIFORMA
■ Una riflessione sullo spot televisivo delle «Pagine gialle»
L'Italia dei luoghi comuni non è la nostra
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^ LORENZO SCOBNAIENCHI
VIENE riproposto senza
posa in questo periodo
dell’anno il consueto e contestato spot pubblicitario delle
Pagine gialle, che lo scorso
anno aveva suscitato a Milano un imitatore squilibrato,
un rapinatore generoso che
intendeva con la refurtiva far
doni ai poveri poliziotti.
L’aspetto più sconcertante,
a ben pensare, è la concezione che si evince dell’Italia: il
rapinatore è un meridionale,
che non manca di mostrare il
suo accento regionale, così
conte i due poliziotti. Che
cosa possono essere quelli
del Sud se non degli scansafatiche, oppure ladri, mafiosi, rapitori, e poi poliziotti
raccomandati e ignoranti?
E invece di fronte a un gioco a guardie e ladri che si
protrae fino alle ore piccole,
c'è un’Italia seria, quella del
Nord, che urla con altrettanto evidente accento regionale, delle regioni ricche però;
«Basta! È ora di finirla, ché
qui c’è gente che domani va
ala-vo-ra-rel». L’enfasi posta
su quest’ultimo verbo identi
fica quest’altra Italia con il
lavoro e la produttività, con
la ricchezza e la serietà. Non
è forse la parola lavorare
l’epiteto di cui si fregiano i
vari «grandi» personaggi dell’economia italiana?
Certo, si tratta di luoghi comuni, si sa, la propaganda
non solo non è affatto critica
e sovversiva, ma nel far leva
sugli istinti umani approfitta
di luoghi comuni, pregiudizi,
per vendere meglio. Nell’analfabetismo di ritorno della
nostra nazione anche uno
spot pubblicitario diventa un
preoccupante veicolo di cultura, argomento politico (vedi in questo caso le argomentazioni dei leghisti) e costume. La verità storica attende
ancora una sua affermazione,
qualcuno un giorno dirà che
il Sud d’Italia è stato (ed è ancora) il mercato interno che
consente lo sviluppo dell’industria del Nord, e che l’assistenzialismo era il mezzo per
favorire un potere d’acquisto.
Dirà tante altre cose, parlerà
dell’immigrazione interna,
della storia dell’Ilva di Taranto, di come è avvenuto lo sviluppo industriale del Nord.
E intanto, mentre gli Agnelli e Berlusconi di turno, dal
loro balcone (altro simbolo di
potere evidente nella pubblicità, che ricorda altri balconi...) continuano a scandire
la parola lavorare, con il loro
accento regionale, gli operai
dello stabilimento Fiat di
Melfi, disposti a lavorare e
non a giocare a guardie e ladri, affrontano il loro destino
segnato fin dall’inizio di cassaintegrati come regalo di
Natale (il capitalismo italiano
è sempre ricorso puntualmente agli aiuti statali). Gli
incentivi per la rottamazione,
che ci hanno riempito di automobili, sono cessati, l’assistenzialismo dei poveri padroni che nessuno denuncia
è stato troppo breve.
Se noi ragionassimo in
questi termini scopriremmo
una nuova e forte unità d’Italia che accomuna gli operai
di Melfi ai nostri fratelli operai di Mirafiori; sono questi i discorsi che dovremmo
pronunciare. Ma forse sono
troppo impegnativi, è più comoda l’Italia dei pregiudizi,
l’Italia dei forti che ci divide,
l’Italia delle Pagine gialle.
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eo
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liret;, ora
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^eni vedóle di
uno
ario
I Accuse che
fanno del male
«Come si fa in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee, perché
non è permesso loro di parlare; stiano sottomesse, come
dice anche la legge» (1 Corinzi
14, 34). Certo non utilizzerò
questo versetto per spiegare il
mio disaccordo con l’articolo
firmato Anna Grosso su Riforma del 4 dicembre, in cui si
esprimevano delle opinioni
riguardo la riflessione teologica che la «Rete evangelica
fede e omosessualità» (Refo)
sta portando avanti.
D’altro canto la signora
Grosso nel suo articolo cita la
Bibbia e TEvangelo, ma non
sono riuscito a capire quale
sia, a suo parere, la differenza tra le parole della Scrittura
e l’Evangelo. Potrei dire, con
un certo grado di ovvietà,
che non c’è bisogno di essere
cristiani per lottare per i diritti delle donne. Anzi, fino a
non molto tempo fa (per la
Conferenza battista del Sud
negli Usa, questo tempo non
è ancora passato) i cristiani
contrastavano questa lotta,
perché si riteneva che le
donne dovessero essere persone di serie B: lo diceva
esplicitamente la Bibbia! Anche se nelle Scritture non c’è
una parola che condanni in
maniera esplicita comportamenti abominevoli quali la
pedofilia.
Tra i punti che non condivido di questo articolo, ne
scelgo alcuni che mi hanno
colpito profondamente. L’
accusa di conformismo con
le mode correnti fa male,
molto male, soprattutto se rivolta a chi non fa altro che
dimostrare il proprio amore
per chi è discriminato e condannato ingiustamente: nella fattispecie, per i nostri fratelli e le nostre sorelle omosessuali. Non penso proprio
che l’amore, l’agape, sia una
moda conforme alle «ideologie postmoderne, consumistico-edonistiche». Che cosa
faceva Cristo quando provava compassione? Amava le
singole donne e i singoli uomini, soffriva (com-pativa)
per le loro sofferenze e risolveva queste sofferenze. E come? Con la Grazia incondizionata, totale e sufficiente.
Mi stupisce il fatto che, se la
signora Grosso riteneva di
avere opinioni così interessanti da dire, non abbia sentito il bisogno di partecipare al
convegno Refo. Forse, per
conformismo all’omofobia
dominante. Inoltre, dirsi non
stupiti dell’articolo di Panorama, giustificando l’errore del
Nella collana «Cinquantapagine» è uscito il n. 12
J Bioetica,
aborto, eutanasia
Presentazione di Franca Long
pp. 95, L. 8.000
Il «Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza» delle Chiese valdesi e
metodiste ha elaborato 3
documenti che affrontano
questi temi scottanti con lo
fcscopo di avviare la ricerca
di un orientamento etico su
tali problemi etici di grande
rilevanza.
meditrice
m mmeaitnaa
claudmna
VIA PRINCIPE TOMMASO, 1 -10125 TORINO
TEL. 011/668.98.04 - FAX 011/650.43.94 - C.C.P, 20780102
http:/Avww.arpnet.tt/~val(tese/claudian.htm
settimanale con il fatto che
«la gente non capisce» stupisce me: allora dovremmo dire
che va bene quando i giornali
dicono che 1 protestanti sono
portatori di morte (per la riflessione sull’eutanasia)? Bisognerebbe comprenderli,
perché «la gente non capisce 1
sottili distinguo» del Sinodo,
«mentre capisce benissimo» il
clero cattolico che dimostra
attenzione per la vita condannando 1 protestanti come predicatori di morte?
Peter Giaccio - Roma
L'obbligo
della verità
In riferimento alla lettera di
Sergio Ronchi sul n. 42 del 30
ottobre, mi vengono spontanee alcune considerazioni: la
comunicazione come strumento di testimonianza deve
quindi essere sempre molto
edulcorata, diplomatica, da
santi, da appartati dal mondo, sennò la gente non si
converte. Mi sembra un po’
forzato tutto ciò e mi richiama alla mente quel luogo comune che dice «i panni sporchi si lavano in casa», fuori
facciamo vedere che tutto va
bene. Ciò è un po’ contrario
all’imperativo di verità e rigore che ci viene dalla Parola.
Altra considerazione è che
I protestanti italiani non potrebbero candidare Tullia Zevi?
Un'ebrea alla presidenza della Repubblica
MARCO ROSTAN
NELL’AMBITO delle nostre chiese sicuramente qualcuno si è già chiesto: a quando una donna come moderatore della Tavola valdese o come presidente della Federazione? Domanda interessante alla quale
molti di noi, credo, risponderebbero probabilmente che si tratta di trovare persone cpn
i doni e la disponibilità per svolgere questo
servizio. E da questo punto di vista non ci
do^ebbero essere distinzioni di sesso.
È indubbiamente un segno positivo per la
società italiana il fatto che una domanda simile sia stata formulata in riferimento alla
più alta carica dello stato e che ne sia seguita
una proposta concreta, quella della parlamentare europea Emma Bonino. Abbiamo
così letto sui ^ornali le reazioni suscitate, in
gran parte positive per l’indubbio valore della persona che con il suo lavoro a Bruxelles
ha ricevuto il generale apprezzamento di colleghe e colleghi, prescindendo dagli schieramenti politici. Una candidatura anche intelligente, perché in qualche modo «scombina»
anche i classici schieramenti della politica
italiana, i suoi equilibri perennemente giocati sul sapiente dosaggio di cariche e poteri fra
«mondo cattolico» e «mondo della sinistra»;
tuttavia ancora interna e omogenea alla politica di professione e ai partiti.
Poiché un pensiero tira l’altro, mi sono
domandato; ma non si potrebbe invece proporre una persona esterna, non estranea, alle politiche di partito, una personalità di
grande rilevanza umana e culturale? E non
potrebbero i protestanti italiani dire la loro?
Non certo per entrare in logiche di pressione
o di componente religiosa, ma come cittadini profondamente partecipi del proprio paese, del suo futuro, dei suoi organi costituzionali. Sarebbe un segnale importante, in que
sta Italia sempre più contrassegnata confessionalmente, in primo luogo nei mezzi di
informazione, dove la laicità è grandemente
ignorata e le religioni non sono ugualmente
Ubere, dove la cosiddetta fine delle ideologie
legittima soltanto la voce e a volte la prepotenza di un’unica Chiesa, scritta sempre con
la maiuscola e presentata come la coscienza
di tutti gli italiani, sarebbe un bel segnale di
cambiamento poter indicare una personalità
che invece sia simbolo di laicità, di libertà,
del grande contributo che, in una società
aperta e veramente plurale, possono dare le
minoranze e non soltanto la maggioranza.
Ed ecco allora Tultimo pensiero: perché i
protestanti italiani, attraverso gli organismi
più rappresentativi, come il Comitato generale della Federazione delle chiese, non potrebbero considerare la possibilità di proporre come futuro presidente della Repubblica la signora Tullia Zevi? Una donna e
un’ebrea. Certamente, ma in primo luogo
una persona di grande limpidezza e capacità, che nel suo compito di presidenza
dell’Unione delle comunità ebraiche ha ricevuto stima unanime. Qui ci sarebbe una
candidatura che è di una donna e nel medesimo tempo contiene molti significati, anche
simbolici, che possono fare del bene al nostro paese. Al di là del bel francobollo sul
1848 che le nostre poste hanno stampato, sia
pure pochi giorni prima che finisse l’anno,
lasciatemi dire che questa idea un po’ pazza
che i protestanti possano proporre un’ebrea
alla presidenza della Repubblica sarebbe
una bella conseguenza del 1998, nel quale
abbiamo riflettuto insieme, valdese ed ebrei,
e italiani, sui diritti conquistati 150 anni fa,
sulla libertà, su come essa vada sempre e di
nuovo difesa e conquistata, per noi e per gli
altri, su come essa debba essere seminata e
fiorire nella coscienza di tutti.
se c’è un bisogno di esternare
le proprie ragioni nelle pagine di un giornale, considerato di famiglia-comunità, questo bisogno deriva anche da
impegno, travaglio, discussioni appassionate che portano a esternare situazioni vissute (anche dall’intera comunità) come ingiustizie; tutti
noi che per lunghi anni abbiamo vissuto nelle comunità
sappiamo bene come vanno
le cose. Mi sembra riduttivo
liquidare tutto questo a pettegolezzo e fare quindi un
buon uso di forbici.
Un’altra considerazione,
forse più una raccomandazione al direttore: rimanga
Riforma un giornale che faccia sentire la voce delle chiese quale essa sia; si sa, sono
rissose queste chiese, lo disse
una volta Giorgio Spini, ma è
la vita che si svolge in esse,
non si tratta d’altro che di
questo; si distingue Riforma
proprio perché non adopera
miopi censure. Inoltre non
sono le chiese, con i propri
membri, a sostenere gli abbonamenti?
Rossella Saccomani
La Spezia
GENNAIO 1999
/ cattolici sono una minoranza?
Leggi razziali
Quando gli italiani finirono di essere «buoni»
Chiesa cattolica
Democrazia, il papa e l’Austria divisi
Ebraismo
La famiglia nella tradizione ebraica
Dialogo
Semi di pace in Medio Oriente
Confronti-, una copia lire 8.000; abbonamento annuo lire 65.000;:
(sostenitore lire 120.000 con libro in omaggio). Versamento sul ccp 61288007
intestato a coop. Com Nuovi Tempi, via Firenze 38, 00184 Eoma. <
Chiedete una copia omaggio telefonando allo 06-4820503, fax 4827901,
(indirizzo Internet: Http://hella.stm.it/market/sct/home.htm)
Più fedeltà alla
parola di Dio
Nell’articolo «Il primato del
Papa» in prima pagina su
Riforma n. 44 leggo che per la
gerarchia cattolica «...il successore di Pietro è la roccia
che, contro l’arbitrarietà e il
conformismo, garantisce una
rigorosa fedeltà alla Parola di
Dio». La mia «deformazione
professionale» mi porta a valutare le teorie sulla base dei
fatti che esse interpretano e
spiegano. Mi chiedo, pertanto, come possa sostenersi
questa teoria quando la stessa
Chiesa cattolica ha dovuto
modificare il proprio atteggiamento nei riguradi di Galileo,
delle crociate, dell’inquisizione, del popolo deicida, ecc.
Un po’ più di umiltà e di fedeltà alla Parola di Dio da
parte di tutti ci spianerebbe
la via per giungere all’unità
dei cristiani.
Umberto Broccoli
Bologna
Errata corrige
Il salto di alcune parole ba
reso incomprensibile una
frase dell’articolo di Carlo Papinl La novità delle fonti medievali («Riforma» n. 48 del
11 dicembre): «questa Società», di cui si parla alla riga
24, va intesa come Società di
studi valdesi di Torre Pellice.
NelTeditoriale a firma Piera
Egidi (n. 49, p. 10), secondo
capoverso, due refusi hanno
pregiudicato la corretta lettura della frase che così suona:
«...finché non muore uno del
due, e allora la solitudine si fa
sentire e l’indipendenza, almeno quella emotiva, si infrange...».
Nuovo
numero dì fax
La Chiesa valdese di Venezia comunica il proprio numero di fax; 041-5227549. 11
numero telefonico è rimasto
invariato.
Partecipazioni
«Ma quanto a me, il mio bene è
d’accostarmi a Dio; io ho fatto
del Signore, dell'Eterno, il mio
rifugio, per raccontare, o Dio,
tutte le opere tue»
Salmo 73, 28
Il Signore ha improvvisamente
richiamato, da una vita piena
Franco Dupré
Annemarie, Eugenio con Anna
Rita e Filippo, Cecilia con Martin
e David, Caterina con Massimo, i
fratelli con le loro famiglie lo annunciano con gratitudine, tristezza e fede.
Roma, 16 dicembre 1998
La sera del 15 dicembre 1998 è
improvvisamente mancato il professor
Franco Dupré
Alla Chiesa valdese di piazza
Cavour è stato tolto un amico, un
fratello, una persona che ha servito con dedizione, gioia e umiltà.
Non possiamo esprimere con parole né alla famiglia né a noi stessi il nostro dolore, ma come desidererebbe Franco rivolgiamo i
pensieri alla Parola del Signore:
«Tuo fratello risusciterà... io sono
la resurrzione e la vita; chi crede
in me, anche se muore, vivrà».
Chiesa valdese di piazza Cavour,
Roma, 16 dicembre 1998
RINGRAZIAMENTO
«Nel giorno che ho gridato a te
tu mi hai risposto, mi hai
riempito di coraggio
dando forza all’anima mia»
Salmo 138, 3
I parenti tutti della cara
Anita Gönnet
ved. Negrin
sentitamente ringraziano tutti coloro che in ogni modo hanno voluto dimostrare la loro solidarietà
in questa triste circostanza.
Un ringraziamento particolare a
tutti i collaboratori della Casa Miramonti di Villar Pellice, al dott.
Ghirardi, al pastore Gianni Genre
e a Dario Tron.
Villar Pellice, 17 dicembre 1998
AI LETTORI
Il nostro settimanale non
pubblica lettere anonime.
Sono tali anche quelle che
non riportano l’indirizzo
completo (che ovviamente
non pubblichiamo) o ne riportano uno di fantasia.
Fate dunque attenzione e,
soprattutto, siate brevi
(«non per il gran numero
delle parole...»).
16
PAG. 1 2 RIFORMA
IMI
liis»s
.S'i'p '
Nel 1998 sono state oltre 600 le diverse persone che durante ranno
hanno firmato un «pezzo» sul nostro settimanale.
Il nostro è un settimanale comunitario e vuole documentare sempre
di più le speranze e la fede, la storia e la vita dei protestanti in Italia.
Maurizio Abbà, Alberto Abiondi,
Antonio Adamo, Paolo Adorno,
Giorgio Aimo, Ermanno Aimone,
Mario Alberione, Egidio Allaix, Vitea Allegra, Herbert Anders, Paolo
T. Angeleri, Claudia Angeletti, Giovanni Anziani, Giuseppe Anziani,
Luca Anziani, Massimo Aprile, Mariangela Aquila, Massimo Aquilante. Angelo Arca, Cristina Arcidiacono, Edoardo Arcidiacono, Giovanni
Arcidiacono, Mirella Argentieri
Bein, Marco Armand-Hugon, Renato Armand-Hugon, Stelio Armand-Hugon, Italo Artus-Martinelli, Jürgen Astfalk, Marisa Badiale, Maddalena Balducci Roela, Raffaele Balenci, Marco Baltieri, Luca
Baratto, Martino Barazzuoli, Alga
Barbacini, Maria Luisa Barberis, Alberto Barbero, Paola Barbero, Marina Baridon, Franco Becchino,
Uinberto Beltrami, Valdo Benecchi. Italo Benedetti, Piero Bensi,
V^erio Bernardi, Eugenio Bernardini, Giorgio Bert, Oriana Bert,
Renzo Bertalot, Mario Bertinat, Archimede Bertolino, Carlo Bertonelli, Mario F. Berutti, Carla Beux, Annette Birschel, Ivo Blandino, Myra
Blyth, Adriano Boano, Niny Boèr
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Bouchard, Clara Bounous, Peter
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Braschi, Umberto Broccoli, Robert
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Vicentini, Elena Vigliano, Evelina
Vigliano, Liliana Viglielmo, Huguette Vigne-Ribet, Florence Vinti,
Luciano Violante, Antonella Visintm. Paolo Vitali, Sonia Vitali, Gabriele Vola, Giorgio Vola, Raffaele
Volpe, Françoise Vuffray, Lina
Weller Fornasa, Marina Zancanaro, Aldo Zargani, Ugo Zeni, Giuseppe Zisa, Milena Zulianello.
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