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I
Anno 114 - N.4
27 gennaio 1978 - L. 200
Spedizione in abbonamento postale
1° Gruppo bis/70
biblioteca
10066 TORRE FEIL ICE
dette valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
L’ASCOLTO DELLA PAROLA: SALMO 53/1
Il coraggio di
avanti senza
andare
tacere
18-24 GENNAIO
Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani
Quale unità?
L’indipendenza spirituale della Chiesa sta nella sua disposizione a
’’portare” la croce di Gesù Cristo, non solo a predicarlo.
Un insieme di fatti in buona
parte indipendenti dalla nostra
volontà ha messo le chiese evangeliche nel bel mezzo dei problemi e delle polemiche del nostro tempo: ed è ormai ben difficile che le nostre chiese riescano a sottrarsi al compito, affascinante quanto rischioso, di essere una delle componenti della
trasformazione civile e culturale del nostro Paese, a trent’anni
dalla fine della seconda guerra
mondiale, e nel bel mezzo d’una
delle peggiori crisi della nostra
storia nazionale. Da questa crisi, o si esce tornando indietro
verso un’Italia vecchia, materialmente e spiritualmente logorata, o si esce andando avanti, verso un'Italia nuova, più giusta e
democratica, e anche più laica.
Chiudersi davanti a questa evoluzione equivarrebbe a un’abdicazione morale: avanti si va, indietro non si deve tornare.
Ma anche partecipare ciecamente allo sviluppo del Paesp
sarebbe un grave errore. In realtà, quanto più' partecipiamo alla trasformazione culturale e sociale del nostro Paese, tanto più
dobbiarno essere chiari sul contenuto della nostra predicazione.
Per sottolineare questa necessità di chiarezza abbiamo scelto di leggere, in apertura di questa meditazione, la parola del
salmo 53: « lo stolto ha detto
nel suo cuore: non c’è Dio ». Da
questa parola sono state tratte,
a dire il vero, infinite considerazioni filosofiche: noi invece
vogliamo solo riceverne uno stimolo, un invito a prendere sul
serio la Parola di Dio, e a predicarla fedelmente a quegli stessi uomini in mezzo ai quali intendiamo operare per la giustizia. Quali sono i punti sui quali
la nostra testimonianza deve essere estremamente chiara? Vorrei indicarne tre.
Il primo è la trascendenza di
Dio, quella che la Bibbia chiama la « gloria di Dio ». Una volta se ne parlava troppo, e molte volte a sproposito. Adesso se
ne parla troppo poco, o sottovoce. Così, piano piano, l’uomo
di oggi si abitua a mettere al
posto di Dio qualcos’altro: molti, per esempio, al posto di Dio
mettono il mondo, l’universo:
dicono che è infinito, eterno,
buono. Cioè attribuiscono al
mondo le stesse caratteristiche
che una volta i filosofi (non la
Bibbia) attribuivano a Dio; e invece di adorare Dio, adorano, o
almeno ammirano l’universo.
Altri invece osservano che il
mondo non è poi tanto buono,
non è affatto sicuro che sia eterno, ed è infinito solo in un certo senso: l’uomo non deve né
ammirarlo né adorarlo, ma può
trasformarlo: non è sicuro che
ci riesca, ma vale la pena di provare: qui sta tutto il senso dell’esistenza umana: dare un senso a un universo che ne manca,
e sul quale regnano, spietati, il
caso e la necessità. In questo caso non il mondo, ma l'uomo
prende il posto di Dio: s’intende, non l’uomo com’è, ma come
può essere; non l’uomo di oggi,
che è sbagliato, ma l’uomo di
domani, che potrà essere giusto
o almeno più felice e più forte.
Noi dobbiamo avere il coraggio di dire con tutta chiarezza
che queste sono illusioni, che
l’universo e l’uomo sono semplicemente creature: realtà non
eterne, ma provvisorie; non
buone, ma limitate; non assolute, ma relative.
Dobbiamo però subito aggiungere che queste realtà provvisorie, limitate e relative, sono oggetto di un amore infinito da
parte di Dio. E questo ci conduce al nostro secondo punto che
chiameremo così: vedere tutta
la vita attraverso la croce di
Gesù. Anche della croce si è
parlato troppo in passato: ci si
è serviti di questo simbolo
per invitare i poveri a soffrire
ih silenzio, a pagare tutto senza
mai chiedere il conto. Sotto il
segno della croce si sono perfino organizzate delle guerre di
sterminio, e dei partiti di governo. Adesso però questa vecchia
« ideologia della croce » è stata
semplicemente rovesciata, e si
predica un po’ dovunque un
incredibile ottimismo umanisti
co: l’uomo è buono, si dice, ed
è anche sapiente: la scienza risolve un problema dopo l’altro,
e appena anche la società sarà
organizzata in modo razionale,
scompariranno tutti i mali dovuti ai secoli dell’ignoranza. A
pensarci- bene, è incredibile che
un ottimismo di questo genere
si sia diffuso proprio nel nostro
secolo, questo secolo in cui sono stati compiuti i più grandiosi massacri della storia: questa
generazione che sa che presto
le mancherà il petrolio, ma non
le mancheranno mai le bombe
atomiche; questa generazione
che non ha pietà per i vecchi e
in compenso distrugge le speranze dei giovani: a questa generazione suicida viene insegnato: abbi fiducia, l’upmo è buono.
A questa generazione noi dobbiamo invece dire che l’uomo
non è e non diventa né buono,
né felice, né ragionevole: ma
che è perdonato, liberato della
sua malvagità, infelicità e stoltezza nella croce di Gesù di Nazareth detto il Cristo: debbiamo dirgli che attraverso la croce di Cristo Dio lo ha amato e
lò ama d’un amore creativo, che
dona e perdona. Se accetta questo perdono, l’uomo è giustificato
per grazia mediante la fede:
non c'è altro criterio per interpretare la storia dell’uomo dinanzi a Dio se non quello della
giustificazione per sola grazia.
Lutero aveva ragione, ed Erasmo aveva torto. Ma la giustificazione per fede non permette
Giorgio Bouchard
(continua a pag. 8)
Nella ricorrenza della « Settimana di preghiere per l'unità
dei cristiani» (18-25 gennaio),
si ritorna ogni anno a sottolineare la necessità dell'ecumenismo fra le chiese. Sono diversi
decenni nei quali l'espressione
"ecumenismo" è usata particolarmente ai vertici delle chiese;
ma crediamo che sia estremamente utile — come in tutte le
cose serie — avere idee chiare
sul significato di tale termine.
Ovvero occorre sapere con chiarezza cosa vogliamo, cosa intendiamo fare, cosa ci proponiamo
di raggiungere.
Se per ecumenismo si tratta
di unificare le varie istituzioni
ecclesiastiche,. ” dobbiamo dirci
francamente a quale unificazióne (o unità) ci riferiamo. Si è
parlato di unità “sacramentale",
di unità “dottrinale" ed anche
di unità “istituzionale". Cosa
vuol dire tutto questo? Forse
che si vuole arrivare a sottomettere tutte le varie chiese sotto
l'autorità di Roma? Indubbiamente no (e lo vogliamo sperare!). Ed allora? Forse istituire
un unico organismo nel quale
ogni chiesa si riconosca? Una
specie di federazione di chiese?
Ma una soluzione pressappoco
di quésto genere esiste già nel
Consiglio Ecurrtenico delle Chiese; che comprende quasi tutte
le chiese del mondo. Basterebbe
quindi che a questo organismo
aderisse pure la chiesa cattolica. Ma la chiesa cattolica — lo
sappiamo — insiste nell'autodefìnirsi la "sola" e la "vera" chiesa, e perciò non può amrhettere
____APPELLO DEL CONSIGLIO ECUMENICO DELLE CHIESE
Solidarietà con l’India
Ginevra. Un appello per la
raccolta di 5.000.000 di dollari
USA è stato lanciato dal Consiglio Mondiale delle chiese a sostegno delle vittime dell’uragano che ha devastato vaste zone
dell’India negli ultimi giorni di
novembre ed ha ucciso molte
migliaia di persone.
Questo ulteriore appello (una
prima richiesta di 50.000 $ USA
fu lanciata il 30 novembre) viene diramato in seguito ad una
visita effettuata nella zona colpita da quattro esperti, guidati
da M. Stanley Mitton, agente
del C.E.C. per i casi di Emergenza e Ricostruzione.
La delegazione ha visitato le
zone disastrate ed ha avuto contatti con governatori e con agenti ad alto livello del Governo
degli stati di Andhra Pradesh e
Tamil Nadu e con esponenti della Chiesa dell’India del Sud, della Chiesa evangelica Luterana,
di alcune chiese Battiste, dell’Esercito della Salvezza e della
Chiesa Caldeo-Siriana.
La « Church’s Auxiliary for
Social Action» (CASA), organismo che affianca la Chiesa per
gli interventi sociali in India,
sta coordinando l’opera di soccorso per le chiese ed è già stata lodata dai giornali indiani
come la prima organizzazione
di volontari che ha mobilitato
tutte le sue forze e si è messa
all’opera.
A tutt’oggi la CASA ha ricevuto 312.198 $ USA, e la Commissione Interecclesiale per il
Soccorso, i Profughi e l’Assistenza Mondiale (CICAR'WS)
ha, in cassa, o sotto forma di
impegni di pagamento, più di
400.000 $ USA.
Il servizio di soccorso USA ha
donato alimentari, coperte e vestiario per circa 500.000 $ USA,
che sono già stati distribuiti tramite i 45 centri operativi nell’area interessata. Circa 700.000
dosi di vaccino e 1.000.000 di tavolette per sterilizzare l’acqua
sono state inviate per via aerea
nella zona di Bombay e Calcutta e sono in attività sei squadre mediche attrezzate per vaccinare 5.000 persone al giorno.
Il Servizio Mondiale di Soc
corso delle Chiese e la sezione
Soccorso e Sviluppo del Consiglio Nazionale delle Chiese di
Cristo dell’USA hanno anche
dichiarato che il servizio di soccorso USA garantisce che un
milione di dollari USA sono stati raccolti e saranno inviati entro il 28 febbraio. Altre organizzazioni di soccorso a livello
mondiale hanno già reagito a
quella che è stata la peggiore
catastrofe della regione dal 1834.
(Comunicato del Consiglio
Mondiale delle Chiese)
(continua a pag. 8)
UNITA’ DEI CRISTIANI
Non più stranieri
Voi non siete più stranieri:
queste parole dell’apostolo Paolo rivolte agli Efesini costituiscono il tema scelto quest’anno
per la tradizionale settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani.
Oggi le posizioni tendono a
cristallizzarsi: non si aspettano
progressi spettacolari dell’ecumenismo.
Il lavoro ecumenico è inteso
soprattutto come approfondimento dei problemi relativi su
piano locale: scambio di documenti, dialogo fra singole comunità, collaborazione attiva sul
piano sociale.
« Per realizzare l’imità — ha
sottolineato il past. Lukas Vischer, segretario esecutivo del
dipartimento Fede e Costituzione del Consiglio Ecumenico delle Chiese — i cristiani devono
lanciarsi al di sopra degli ostacoli che rendono diffìcile il cammino verso l’unità. Devono cominciare ad agire ed a pensare
come se si trovassero già all’altra sponda.
Infatti, se continuano a muoversi nella prospettiva delle divisioni, il risultato del loro pensiero e della loro azione sarà
sempre ancora la divisione...
Se, in uno spirito di preghiera, la visione dell’unità anima i
loro cuori, allora progressivamente diminuiranno gli ostacoli, per dare spazio a ima nuova
comunione, per la quale la speranza non viene mai meno...».
le altre chiese allo stesso livello
di parità. Naturalmente, lo riconosciamo, è tutfaltro che semplice la questione! B una questione che rimane aperta e
certamente verrà il giorno che
sarà trovata una qualche soluzione. Ma sarà pur sempre una
unità (o unione) di istituzioni,
non di persone. Ed è appunto a
questo proposito che desideriamo esprimere il nostro parere
circa l'unità verso la quale vogliamo muoverci.
L'unità che noi auspichiarno
vuole essere non una unificazione a livello di istituzioni (anche
se di istituzioni cristiane), bensì una unità di uomini liberi.
Ed incominciamo a chiedere:
« Perché l'uriità dei cristiani? »
Soltanto di essi? E gli altri: i
non cristiani? I credenti in altre religioni, gli agnostici, gli
atei, li abbandoniamo a loro
stessi? Ma non sono forse anche questi nostri fratelli e figli
di un solo Padre? E poi, chi può
stabilire nel modo più assoluto
chi sono i “cristiani" e chi non
lo sono? Solitamente per “cristiani" si intende quelli appartenenti a questa o a quella chiesa, mà è valido questo criterio?
Qual è il giusto criterio che possiamo usare per suddividere gli
uomini in diverse categorie? Riteniamo che solo il Signore può
giudicare in merito. Gesù ha lasciato detto: « Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli: se vi amate gli uni gli altri » (Giovanni 13: 35). Dunque,
non se appartenete ad una chiesa, non se avete ricevuto i sacramenti, ma piuttosto e soprattutto « se amate ». Ecco quindi il
criterio infallibile col quale possiamo distinguere i cristiani dai
non cristiani, senza ricorrere alle istituzioni ecclesiastiche coi
loro riti e le loro dottrine!
Ed allora, anziché parlare e
pregare perché le chiese siano
unite, preghiamo e adopriamoci perché non questi o quelli siano uniti, ma perché “tutti” gli
uomini siano uniti, legati dal
vincolo dell'amore fraterno. Infatti Gesù, nella sua preghiera
al Padre, così diceva: « Padre,
fa che siano tutti una cosa sola »
(Giovanni 17: 21). “Tutti", chi?
Tutti quelli che credono in lui,
Gesù; vale a dire; tutti quelli
che sapranno amare. E poi:
« che siano tutti una cosa sola ».
Ovviamente non una istituzione
sola, bensì una "cosa sola”, cioè
di un cuor solo e di un'anima
sola.
Pensiamo quindi che non occorre pregare perché i cristiani
siano uniti, poiché gli autentici
cristiani — cioè quelli che si
amano — sono già uniti dal loro amore reciproco. Preghiamo
piuttosto perché tutti gli uomini di tutti i .paesi, di tutte le razze, di tutte le religioni, ed anche quelli che si ritengono senza religione, che tutti siano veramente "una cosa sola". E che
ogni uomo riconosca nell'altro
uomo un proprio fratello, non
da sfruttare, non da opprimere,
non da soggiogare ad alcuna autorità, non da mandare ad uccidere in guerre fratricide, bensì un fratello da servire e da
amare nella giustizia e nella libertà. E questo perché vi sia
una salda pace, una fattiva libertà ed una vera fraternità nel
nostro tormentato Paese ed in
tutti i paesi del mondo.
Questo — secondo noi — può
essere il vero ed il costruttivo
“ecumenismo” per il quale vale
la pena di pregare il Padre non
soltanto una volta all'anno, ma
tutti i giorni della nostra vita.
Giuseppe Anziani
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27 gennaio 1978
PROTESTANTEStMO IN TV
Lucio Lombardo Radice, non credente, intellettuale di fama, citando teologi protestanti e accusando
la generale disinformazione biblica
(« insomma in Italia la Bibbia chi
l’ha letta? ») ha condiviso la necessità di a deconfessionalizzare l’ora
di religione » nella scuola pubblica.
Sia Radice che Comba, animatore
del dibattito, hanno detto chiaramente : (c più che di ora di religione bisognerebbe parlare di ora
di dottrina o di cattolicesimo ».
Due brevi filmati spezzavano piacevolmente il dibattito : nel primo
missione della fede) che per eccellenza spetta alla famiglia e alla comunità cristiana. L’agibilità scolastica — ha precisato Bouchard —
dev’essere garantita per un confronto pluralista, all’interno della scuola, sulle diverse posizioni religiose.
Le diverse argomentazioni hanno ruotato su due poli : innanzitutto è emerso chiaramente che la
tede la si conosce e la si testimonia nella comunità cristiana e aon
può diventare oggetto di un insegnamento scolastico. Secondariamente, qui Bouchard e Radice son
L’ora piü discussa
una madre lamentava la manipolazione religiosa a cui era sottoposto il figlio alla scuola materna e nel secondo, una classe liceale spiegava le motivazioni del proprio autoesonero in massa dall’ora di religione.
■^Sgr®ssiva e ricca di esperienze nel campo dell’insegnamento,
Franca Mazzarella si è chiesta se
non sarebbe meglio, nella scuola,
allargare i confini dell’ora di storia per inglobare, in una visione
critica, la tematica della religione. Saldamente ancorato alle decisioni sinodali, Oiorgio Bouchard
ha sottolineato che è una scommessa perdente delegare all’ora di religione a scuola quel compito (la tras
statì espliciti, la religione dev’essere conosciuta criticamente senza
che venga monopolizzata dall’imperante dogmatismo cattolico che finisce col precludere ogni confronto,
ogni ricerca alternativa.
Ad ascoltare Radice, direttore
della rivista « La riforma della
scuola », veniva da pensare che se
è vera, come credo, la sua accusa
d’ignoranza biblica nelle scuole italiane, i sacerdoti-insegnanti usano
ben male lo spazio che il Concordato fascista garantisce loro. Anche
da questo punto di vista è giusto
che gli venga al più presto sottratto.
g. P
TRIBUNA LIBERA
* Denunciamo solo
il male degli altri?
Soltanto oggi mi giunge l’Eco del 25
dicembre e vi leggo con tristezza l’articolo « Per una scuola confessante ».
Soprattutto per una frase « è spiacente
che la rinnovata campagna contro alla
scuola Valdese... sia assunta da... che
ex allieve della scuola latina hanno ampiamente approfittato... ». Chi ha ricecevuto deve essere grato, ma non avrebbe diritto di pensare, proporre, e se
ha proposte da fare, dovute all’evolvere dei tempi, sarebbe un reprobo? Sarebbe questa la confessione e la testi
monianza cristiana?
Ignoro fino a che punto si rinnovi
una campagna contro alle scuole Vaidesi. Comunque, ovunque il tempo
esige evoluzione. Vi fu un tempo, nel
medio evo, quando i Conventi erano
centri di cultura (non esistevano università) ed erano anche un servizio
per i viandanti (rifugio, asilo) e per
ammalati (non esistevano gli ospedali).
Ma oggi? La Chiesa Valdese ha unito
istruzione e conoscenza biblica, in questo seguendo la prassi della Riforma.
Riconoscenza quindi a Beckwith per le
sue scuole quartierali e centrali, riconoscenza a chi ci ha permesso di avere
il Collegio e la Scuola Latina. Ma oggi? Anche fuori delle Valli vi furono
scuole Valdesi, specie in Sicilia, quando Io stato era inefficiente, oggi quelle
scuole son scomparse ed alle Valli le
scuole elementari non son più Valdesi
ma statali. Analogamente con l’obbligo scolastico prolungato e la scuola
media, sembrerebbe logico che cessi
quello che è stato un servizio quando
«Bozze 78»
E’ il nome della rivista mensile diretta dal cattolico-critico Raniero La
Valle. Veste modesta, abbonamento abbordabile (10.000 L.), con un respiro
internazionale (nel prossimo numero
un ampio servizio sulla Spagna), la rivista vuole misurarsi con i problemi
che attraversano la Chiesa e la società
civile del nostro Paese. Nel comitato di
redazione, dove compaiono personalità
e studiosi di forte rilievo, non abbiamo
riscontrato nominativi protestanti anche se — cosi pare dal ” taglio ”
del primo numero — non vi saranno,
in futuro, preclusioni nei confronti delle altre confessioni religiose diverse dalla cattolica.
Gioventù evangelica
L’ultimo numero (48) della rivista è dedicato al movimento delle donne sotto diversi aspetti. Nella rubrica
dibattiti segnaliamo di A. Cericola un
intervento sul Mezzogiorno. La riflessione teologica d’apertura è di Gabriele
Dietrich : La famiglia nella vita di Gesù. Abb. L. 4.000. sul c.c.p. 35917004
vi era mancanza da parte dello stato.
Ricordo quando a Torre esistevano
le scuole Mauriziane elementari e nell’ambito Valdese si tuonava contro al
confessionalismo e settarismo cattolico
che impediva a tutti i fanciuUi di
istruirsi nelle scuole di stato... oggi
perché non tuonare contro ad un nostro settarismo e confessionalismo?
Il male si denuncierebbe solo negli
altri? Inoltre, m coscienza, si può affermare che i nostri istituti siano una
testimonianza di fede? Un tempo la
distinzione da altri istituti di istruzione secondaria era un culto settimanale al quale si andava tutti, inquadrati
per classe... tutto lì. Vi era sì la testimonianza di professori cristiani e
non potrebbero i professori cristiani di
oggi continuare a testimoniare personalmente anche se dipendenti dallo
stato? Abolire quindi i nostri istituti
valdesi di istruzione secondaria? No,
ma trasformarli. Abolire in tre anni
la scuola media valdese e sostituirla
invece con un istituto che sia un servizio, per Valdesi e non, alle VaUi: liceo linguistico? Altri istituti? Chi abita oggi alle VaUi può meglio conoscere le necessità, ma si cessi dall’illudersi che si testimonia sostenendo scuole
confessionali accanto a quelle governative, e si pensi maggiormente al dovere dei cristiani, delle chiese, di render
servizio dove lo stato non è presente.
Questo è il mio parere.
Cordialmente
Guido Rivoir
■ Il ’fermo di polizia’
non è una tragedia
Il cappello redazionale che avete posto all’articolo del Pastore Vinay « Terrorismo: quale via d’uscita?» mi trova nella sua conclusione, piuttosto in
disaccordo. « ... sola via è ricercare e
combattere la radice della nostra disgregazione sociale ». Sarebbe bello;
ma per conseguire un qualche positivo
risultato occorrerebbe che tutte le parti
la smettessero di accapigliarsi, come
fanno, con tanta ferocia. Che ricordassero insomma che essendo le radici sottoterra, discernerne la sostanza vera è
talvolta non meno arduo di quanto la
sia il penetrare in quelle che stanno in
cielo.
Proprio il pastore Vinay, in una sua
conferenza tenuta a Milano diverso
tempo fa, tuonò contro il fermo di polizia. Può darsi che avesse ragione; io
so soltanto che se — civilmente, beninteso — gli « sbirri » mi trattenessero
in loro compagnia per ventiquattro ore,
non credo che considererei la disavventura (specie pensando agli innocenti
che da mesi e mesi attendono in carcere il processo!) una sconvolgente tragedia.
Per concludere : certo le opinioni che
ho voluto esprimere sono c< poco politiche ». Ma spero che questa non sia
una buona ragione per non condividerle.
Ezio Pinardi
La chiesa non va finanziata
le opere sociali sì
E’ giusto rifiutare per principio qualsiasi finanziamento dello Stato?
Le decisioni riguardo alle intese con lo stato, pur essendo
state prese con un voto unanime dei membri del Sinodo congiunto, non sono condivise dalla totalità dei membri delle nostre chiese. Riteniamo che non ci si debba stupire di questo
fatto (ci si dovrebbe se mai stupire del contrario!) e che una
delle funzioni del nostro giornale sia di proseguire il dibattito,
senza fermarsi al voto unanime, in modo che la linea decisa
dalle nostre chiese sia sempre meglio compresa e chiarita. Pubblichiamo perciò questo contributo fortemente critico di un
membro del "Servizio cristiano” di Riesi che tuttavia precisa
di scrivere unicamente a titolo personale aprendo così un dibattito su questo tema.
■ Vorrei esprimere la mia preoccupazione sorta a seguito dei lavori e delle delibere sinodali di
quest’anno riguardo al fatto che
si è data la precedenza alle intese tra Stato e chiese valdese e
metodista rispetto ad altri argomenti secondo me più interessanti (energia nucleare, emigrazione) come se la nostra testimonianza evangelica dipendesse dalla riuscita o meno di queste intese.
Ma la mia preoccupazione riguarda anche il contenuto di queste intese. È su qùesto punto
che intendo intervenire.
Dato che il Sinodo ha detto
categoricamente: « Niente più
soldi dallo Stato », vorrei dividere l’argomento in due parti:
a) finanziare la chiesa; ù) finanziare le opere sociali della
chiesa.
Per il punto « a », sono concorde nel non volere assolutamente
niente dallo Stato (la fede l’abbiamo noi e siamo noi che dobbiamo testimoniare con i mezzi
che abbiamo).
Per il punto « b », la cosa è diversa.
Le opere gestite da noi non sono solo nostre, ma sono dei servizi resi ai cittadini, anche non
evangelici. Non solo, ma sono nate, non perché è compito intrinseco della chiesa fare certe opere, ma perché si sono inizialmente sentite certe esigenze « sociali ». esigenze a cui dovrebbero
badare gli organi competenti.
A mo’ di esempio, mi soffermerò sulla scuola, perché sono insegnante (...di appoggio) nella
scuola elementare gestita dal
Servizio Cristiano di Riesi. Preciso però che, benché membro
del Servizio Cristiano, la responsabilità di quest’articolo è solo
mia e strettamente personale.
_ 1) In tutti gli Stati più avanzati, le scuole private vengono
aiutate dal governo, perché espressioni di libertà.
2) Se da noi c’è questo problema, visto in maniera così
drammatica è perché ci sono le
scuole cattoliche (alcune delle
quali non funzionano correttamente e speculano), ma questo
non significa: chiudere gli occhi
alla gestione che comporta una
scuola e fare lo stesso discorso
indiscriminatamente per tutte le
scuole private.
3) Noi tutti vorremmo che
ogni scuola fosse dello Stato.
Dobbiamo però avere gli occhi ;
la mente non su uno Stato ideale, ma sul nostro Stato e sulla
nostra scuola.
4) Ci sono anche scuole laiche e non solo confessionali private, che richiedono finanziamenti.
5) Diverse scuole private (Firenze — anche se da tempo ha
una convenzione statale —, Rimini, Milano, Santa Marinella, ecc.)
hanno una parola da dire e delle
indicazioni da dare alle altre
scuole. Chiediamo loro di chiudere perché private?
6) Facciamo prima funzionare le scuole statali, si facciano
contemporaneamente seri controlli sulle scuole private (per
constatare se vanno bene o no),
lo Stato prenda poi su di sé gli
oneri economici delle scuole
che vale la pena di continuare (istituendo comitati paritetici, per un periodo limitato, affinché si possa seguire la linea originaria): solo dopo, parliamo di
statalizzazione di tutte le scuole.
7) Se si fa il cammino inverso. si ri.schia di cadere nel ridicolo e di procurare più danni di
quelli che già ci sono. Il discorso
cioè che si fa (in pratica) è que
sto: anche se le scuole statali
vanno male (non tutte naturalmente), ci dispiace, ma chiudiamo un occhio e speriamo che
cambino; anche se delle scuole
private vanno bene, dato che
(per principio) tutto deve essere
dello Stato, se non riescono a
continuare da sole: chiudano!
8) Conseguenze in una eventuale chiusura delle scuole private, oggi: a) grave perdita di scuole funzionali e indicatrici; b) esigenza di inserire gli studenti a
spasso nelle strutture scolastiche; c) togliere la possibilità a
questi studenti di frequentare una scuola ’’diversa” (e, se ci sono strutture che danno tali possibilità, non è nostro dovere toglierle di mezzo per poter mettere tutti sullo stesso piano, ma
è nostro dovere lottare perché
certe strutture gradualmente
vengano a far parte di ogni scuola); d) aggravare ulteriormente il
bilancio dello Stato, perché i 20
miliardi che attualmente spende
per « aiutare » le scuole private
non basterebbero a colmare le
lacune causate dalla loro chiusura.
9) Cerchiamo di non renderci prigionieri dei princìpi astratti. Guardiamo con libertà la realtà e cerchiamo di modificarla in
meglio e non in peggio. L’agape
è Vantiprincipio per eccellenza.
L’agape guarda l’uomo, le sue
esigenze e cambia il suo atteggiamento in ogni singola situazione
e non mette mai princìpi categorici che possano impedire tale
libertà. Nel fare questo articolo,
sto pensando non al principio,
ma alle maestre che perderebbero il loro posto di lavoro e ai
bambini.
10) Il Sinodo cosa chiede?
Un esempio! A spese di chi? solo
delle nostre scuole. Le altre scuole private continueranno a chiedere -e noi (per amore del principio) resteremo con le mani « pulite ». Pulite di che? Di niente!
11) Con la decisione del Sinodo infatti a cosa assistiamo?
Non certo ad un tentativo di risolvere la situazione scolastica
italiana!Non si chiede allo Stato,
per esempio, di diminuire il finanziamento militare per investire i soldi tolti nella scuola; non
si chiede allo Stato di assumere
più responsabilmente l’onere dell’istruzione pubblica e di fare più
seri accertamenti nell’ambito
delle scuole (sia private che statali); si chiede alle sole scuole
evangeliche di rifiutare i soldi
dello Stato, perché vogliamo essere completamente indipendenti. Certo, ripeto, la chiesa deve
essere indipendente dallo Stato!
Ma le scuole che i privati o le
chiese fanno devono interessare
pure lo Stato, perché non si occupano di bambini diversi o di
gente astratta, ma di futuri cittadini così come una qualsiasi
scuola. Ecco perché non condivido il 3° comma dell’art. 33 della
Costituzione, che in definitiva dice così: chiunque può fare una
scuola, basta che non chieda
niente allo Stato. Non chiedere
niente allo Stato significa però
pure: non chiedere niente alla
scuola. Il che non è giusto.
12) Infine, pongo una domanda.
Come Servizio Cristiano abbiamo un problema. Tutti i nostri
soldi provengono da amici (soprattutto) dell’estero. A parte il
fatto che non credo che possano
arrivare finanziamenti all’infito, questa dipendenza dall’estero sembra ad alcuni di noi che
ostacoli i rapporti fra riesini e
noi, perché causa degli equivoci sul nostro reale ruolo in seno alla comunità e sulla gestione
della scuola stessa, anche se attualmente siamo costretti a continuare cosi.
La domanda è questa: è meglio andare avanti come siamo
andati sino ad ora e, quando non
arriverà più niente, chiudiamo
(dato che la Tavola non ci può
aiutare), dando comunque sempre quell’impressione ai riesini
oppure cerchiamo delle formule
(non si sa bene ancora quali)
perché si statalizzi gradualmente
la scuola (gradualmente, perché
non ci sentiamo di darla semplicisticamente in mano a degli incompetenti... anche se statali...)
con tutte le conseguenze di rapporti e di finanze che tale ricerca
comporta? Qual è la via più onesta?
E’ un problema che pongo e
aspetto risposte. Grazie.
Nino GuUotta
LA SPEZIA
Domenica 8 gennaio i ragazzi
della S.D. hanno offerto alla Comunità il loro messaggio di Natale.
Sotto la guida intelligente delle
monitrici i bambini hanno condotto a termine un lavoro di notevole impegno.
Hanno infatti riesaminato il
programma svolto lo scorso anno nelle lezioni della S.D. «La
passione di Gesù » ed hanno
drammatizzato il « Complotto
contro Gesù » recitando dialoghi
o monologhi elaborati da loro
stessi e ovviamente riveduti e
adattati dalle Monitrici.
Il gruppo al completo è stato
quindi autore, editore, attore e
scenografo e... scusate se è poco!
La Signora Mannelli, in veste
di regista, ha avuto la pazienza
di amalgamare il tutto.
Attuali e intonatissimi cori
tratti dal Canzoniere di Agape e
da « I Negro Spirituals » e aderenti al tema della giornata hanno rallegrato il pomeriggio concluso con una ricca merenda a
ristoro degli esausti, scatenati ed
eccitatissimi attori.
29 GENNAIO 1978
XXV GIORNATA MONDIALE
CONTRO LA LEBBRA
Cari fratelli ed amici,
anche quest’anno l’ultima domenica di gennaio sarà celebrata la Giornata Mondiale della lotta contro la lebbra alla
quale tutti sono cordialmente invitati a partecipare. Essa dovrà assumere un rilievo particolare trattandosi del 25° anniversario di una iniziativa comune a tutte le Organizzazioni
che fanno parte dell’ILEP (International Leprosy) e che
nel mondo sono impegnate nella lotta contro il morbo che
tante vittime ha mietuto e miete sul suo micidiale cammino
In riferimento a questa ricorrenza il Comitato italiano
della Missione Evangelica contro la lebbra vi rivolge il suo
invito a dedicare in modo particolare quella giornata al pensiero per i 15 milioni di uomini nostri fratelli (tra i quali
non meno di 5 milioni di bambini) che soffrono di quel male;
per l’ammirevole stuolo di uomini e di donne che consacrano il loro tempo e le loro energie all’assistenza medica, morale e spirituale di tanti infelici; e per coloro che, con non
minore impegno, sono alla ricerca di mezzi sempre più efficaci per combattere il male e, se possibile, prevenirlo
MISSIONE EVANGELICA CONTRO LA LEBBRA
Past. Guido Mathieu Via Pasteur, 60 - 18012 Bordighera (IM)
Tel. 0184/264.295 -Ccp 2/35862
3
27 gennaio 1978
UN INTERVENTO DI OSCAR CULLMANN
Facoltà di Teologia
ed ecumenismo
echi dal mondo cristiano,
a cura di BRUNO BELLION
Per un valido contributo all’ecumenismo occorre offrire un quadro autentico degli aspetti distintivi della propria teologia, senza attenuazioni
In occasione del centenario
della Facoltà di Teologia Protestante di Parigi, celebrato lo
scorso ottobre, il prof. Oscar
Cullmann ha scritto un articolo
sulla Revue d’Histoire et de Philosophie Religieuses che mette
a fuoco il compito ecumenico
di quella Facoltà. Poiché le sue
riflessioni valgono in parte anche per altre situazioni, mi sembra utile riferire qui i cinque
punti in cui il Cullmann articola la sua riflessione.
1. Carismi diversi
Di fronte a un « falso ecumenismo » che mira aH’uniformità, alla fusione di chiese, la Bibbia insegna che lo Spirito Santo
agisce diversificandosi. Un vero
spirito ecumenico deve valorizzare il càrisma della propria
chiesa, e rispettare quelli delle
chiese altrui senza tendere a imitarli; solo cosi] si può ottenere
un arricchimento reciproco.
Il Cullmann, pur rendendosi
conto del pericolo di schematismi eccessivi, definisce il cà^
risma protestante come la concentrazione biblica della fede, e
il càrisma cattolico come l’universalismo. Come ogni dono della grazia, i due carismi sono
esposti al pericolo della degenerazione. La concentrazione protestante sull’essenza biblica della fede rischia di diventare
strettezza, il càrisma cattolico
dell’universalismo rischia di diventare sincretismo. La missione ecumenica del protestantesimo sarà dunque, egli dice, di
impedire (con il suo càrisma
della concentrazione biblica) al
cattolicesimo di cadere nel sincretismo. Perciò una Facoltà di
teologia protestante dovrà evitare di incamminarsi sulla via
del sincretismo: al contrario,
dovrà dare l’esempio di un pensiero e di una ricerca che si rifà
continuamente al centro del
messaggio biblico.
2. Facoltà 0
« Istituto Ecumenico »?
3. I vantaggi di Parigi
e di Roma
mi di Alberto Revel molti anni
fa (quando la nostra Facoltà
era ancora a Firenze) e in questi anni i colleghi Gönnet, Peyrot e Soggin.
4. Analogie e differenze
con le Facoltà cattoliche
Mentre con gli Istituti profani di scienze religiose una Facoltà di Teologia Protestante ha
in comune l’impiego di taluni metodi e strumenti di ricerca, con
le Facoltà cattoliche ha in comune il fatto di svolgere il suo
lavoro teologico « dal di dentro». In questa comune posizione rispetto al lavoro teologico,
tanto più prezioso sarà il contributo ecumenico di una Facoltà protestante, in quanto sia
capace di realizzare e valorizzare il càrisma della concentrazione biblica, resistendo alla tentazione dell’« aggiornamento » e
della secolarizzazione; solo così
si eviterà il rischio di cadere in
un « ecumenismo della comune
abdicazione » che qualche volta vede teologi cattolici e protestanti fianco a fianco grazie
alla rinunzia degli uni e degli
altri alle loro posizioni.
5. Praticamente...
...che cosa significa tutto ciò
per le varie discipline teologiche? Non possiamo riprendere
l’analisi che ne fa il Cullmann
nel suo quinto e ultimo paragrafo. Per le scienze bibliche
in particolare, egli prende atto
del grande avvicinamento degli
studiosi cattolici alla metodologia e ai risultati delle ricerche
protestanti. Però osserva al
tempo stesso che « può accadere paradossalmente che degli
esegeti cattolici sostengano, in
teologia biblica, delle tesi più
radicali dei loro colleghi protestanti perché hanno la possibilità di sfumarne gli aspetti negativi con il correttivo che trovano nella tradizione. Gli esegeti
protestanti, per i quali la tradizione non ha il valore normativo che ha per i cattolici, daranno spesso un peso maggiore
alle affermazioni bibliche... ».
Anche lo studio della Riforma
avrà un grande peso per la
comprensione ecumenica : l’importanza che ha la storia della
Riforma nelle Facoltà protestanti può contribuire a dissipare i pregiudizi che ancora albergano in campo cattolico. Al tempo stesso, gli storici protestanti,
senza sorvolare sulle critiche
necessarie, dissiperanno taluni
pregiudizi protestanti dei loro
studenti quando si occuperanno
dèlia storia del cattolicesimo.
Non si tratta dunque di istituire nuove cattedre di « ecumenismo », ma di svolgere il
proprio lavoro di ricerca e di
insegnamento senza perdere di
vista la prospettiva dell’informazione reciproca e del reciproco
arricchimento. B. C.
Aiuti deiie
chiese americane
ai Vietnam
Gli Stati Uniti invieranno un
aiuto in viveri al Vietnam. Di
questa spedizione si incaricherà
il Church World Service (CWS),
un dipartimento del Consiglio
Nazionale delle chiese statunitensi particolarmente incaricato
dei problemi dello sviluppo e
dell’aiuto sul piano internazionale. Questa spedizione, valutata intorno a circa 10.000 tonnellate di grano, sarà il primo aiuto concreto in viveri che gli
USA forniscono direttamente al
Vietnam dalla fine della guerra.
Normalmente il governo degli
Usa assume a suo carico le spese di spedizione per tali aiuti,
ma per il Vietnam probabilmente sorgeranno difficoltà, in quanto esiste un embargo decretato
dal governo americano nei ritardi del Vietnam. Il CWS ritiene comunque di poter far
fronte alle spese con la generosità dei doni, che al momento
attuale, compresi i doni di grano da parte di molti produttori,
ammontano a circa due milioni
di dollari. Ma il CWS ritiene che
chiese e organizzazioni possano
fare un ulteriore sforzo proprio
in vista dei costi di si^dizione.
I fondi verranno distribuiti,
in Vietnam, da un comitato per
l’amicizia e la solidarietà col popolo americano e saranno destinati in primo luogo a scuole ed
ospedali sotto forma di pane e
di pasta alimentare.
L’ONU ha valutato che, in seguito a una delle maggiori sic
Una respohsàbilità collegiale
Ad aprile ’78 l’assemblea che eleggerà il nuovo presidente: forse
Torre Pellice l’assemblea del 1982
Una Facoltà di teologia, per
rendere un servizio ecumenico
alla chiesa, non avrà bisogno di
trasformarsi in uno dei tanti
« Istituti ecumenici » sorti dopo
il Concilio Vaticano II. L:ì si rischia talvolta di cadere nel compromesso o di sacrificare, per
malinteso spirito ecumenico, le
accentuazioni particolari di ciascuna confessione. Questo pericolo non esiste per una Facoltà
di Teologia. La sua ricerca e il
suo insegnamento si svolgono
nella prospettiva teologica della
sua tradizione, quindi una Facoltà offre alle altre chiese un
quadro autentico degli aspetti
distintivi della propria teologia.
La Facoltà di Teologia Protestante di Parigi ha il vantaggio
di un impianto ecumenico all’interno del Protestantesimo,
essendo al tempo stesso riformata e luterana (come quella di
Strasburgo). Inoltre la sua collocazione nella capitale rende
possibili gli incontri e gli scambi con l’Istituto ortodosso di St.
Serge o con l’Institut catholique,
per non parlare degli stretti rapporti, p. es., con i dipartimenti
di storia delle religioni dei vari
Istituti dell’università di Parigi.
E qui non è fuori luogo ricordare che opportunità simili si
possono presentare anche a
Roma. Scambi nell’uso delle Biblioteche tra la Facoltà Valdese e le Facoltà Pontificie e dell’Università statale avvengono
da molti anni ; inviti reciproci
per conferenze e corsi particolari di docenti stranieri, anche; e
diversi docenti della Facoltà valdese hanno svolto — anche con
regolarità — corsi in Università
Pontificie o tenuto incarichi all’Università statale, a Roma o
in altre sedi: ricordiamo i no
La Conferenza delle Chiese
Evangeliche dei Paesi Latini
d’Europa ha un nome molto
lungo, che può dare l'idea di un
grosso organismo, di un apparato dalla struttura complicata.
La realtà è invece molto più
modesta: per esempio, non esiste nemmeno uno statuto o un
regolamento, ma semplicemente una prassi acquisita e facilmente modificabile.
Attualmente la Conferenza ha
un'Assemblea che si riunisce
ogni quattro anni e che dà un
indirizzo al Comitato di Continuazione. Quest’ultimo è formato dal Presidente, dal segretario
e dai « corrispondenti nazionali », uno per paese; si riunisce
di regola una volta l’anno. Le
attività promosse dalla Conferenza sono state, in questi ultimi anni essenzialmente dei momenti o delle occasioni di collegamento tra persone impegnate
in determinati settori: migrazioni, educazione religiosa, responsabili dei « centri », ecc.
L’idea è quella di arricchire
coloro che operano in tali settori mediante lo scambio di
esperienze con persone che lavorano anch’esse in situazione
di minoranza e in un quadro
culturale alquanto affine. Le
esperienze delle chiese tedesche,
scandinave, anglosassoni sono
senza dubbio interessanti, ma
non possono costituire un modello operativo per la nostra
situazione, per l’eccessiva differenza di mentalità e di dimensioni del loro lavoro. Viceversa
quello che accade in Francia o
in Spagna nell’ambito delle chiese evangeliche può essere per
noi un’occasione di confronto,
di stimolo e di scambio fruttuoso di esperienze; talora anche di
coordinamento.
Non è avvenuto finora, ma potrebbe avvenire, che la Conferenza fosse anche la sede di un
minimo coordinamento delle iniziative in campo ecumenico. Nei
comitati del Consiglio Mondiale delle Chiese si pratica per sta
tuto una certa distribuzione dei
posti per denominazioni e per
altri criteri tra cui quello delle
aree geografiche. Accade così che
certe persone siano nominate in
quanto appartenenti alle chiese
evangeliche dei paesi latini. Le
nomine sono personali e i designati non hanno una delega formale, tuttavia sarebbe logico e
opportuno che potessero se non
altro prendere migliore conoscenza dei problemi e degli atteggiamenti correnti nelle chiese della cui area culturale sono
in qualche modo i portavoce. Tale scambio informativo potrebbe utilmente avvenire nel quadro della Conferenza delle Chiese Evangeliche dei Paesi Latini.
un luogo di incontro per collegamenti di base.
Nuove iniziative
Strutture leggere
Si è parlato anche della possibilità di organizzare qualche
raduno evangelico di massa:
qualche cosa di analogo al Kirchentag tedesco. Per ora il progetto non è stato portato avanti
anche per le difficoltà pratiche
e per i dubbi sulla sua possibile
accoglienza da parte delle chiese.
Esiste infine anche un progetto di interscambio sul terreno delle trasmissioni radiofoniche.
Tutto ciò mostra come la Con-.
fetenza delle Chiese Evangeliche dei Paesi Latini d’Europa
non costituisca un « centro di
potere », tanto è vero che non
ha né fondi né edifici né grossi
programmi da amministrare, se
non i pochi soldi che permettono
di organizzare le sedute e gli incontri. Questi ultimi, poi, producono raramente documenti e
prese di posizione, ma si limitano a creare la coscienza di una
comunanza di situazione e di
testimonianza tra i partecipanti
e uno scambio di materiali, informazioni ed esperienze. Non
un centro di potere, dunque, ma
uno strumento di contatto e dn
lavoro. Non un « vertice », ma
cità che la regione vietnamita
abbia conosciuto negli ultimi 3()
anni e ad una inondazione di
proporzioni disastrose, il deficit
nel fabbisogno di cereali sia pari a circa 1,2 milioni di tonnellate, equivalenti alla razione annua per circa 7,2 milioni di persone.
Paul McCleary, direttore esecutivo del CWS, ha inoltre dichiarato che a questa situazione
eccezionale si deve aggiungere
la interruzione degli aiuti americani e cinesi. Inoltre, sempre
secondo McCleary, che ha visitato recentemente il Vietnam insieme a due altri esponenti del
CWS, occorre tener conto dei
disastri provocati dai lunghi anni di guerra, per cui circa un
terzo delle terre arabili è stato
lasciato incolto durante le operazioni militari e una percentuale anche più alta è stata resa improduttiva, per molti anni
a causa dei defolianti e delle devastazioni causate dalle bombe.
Berna: la Rifarma
ha 450 anni
Per celebrare questo avvenimento il Consiglio Sinodale invita tutte le chiese riformate del
Cantone a riflettere sul senso della loro presenza. Oggi.
Nel quadro di questa riflessione il teologo cattolico Hans Kiing
e il segretario generale del CEC
pastore Philip Potter rivolgeranno alcune « domande alla Riforma, 450 anni dopo ».
CONFERENZA DEI PAESI LATINI D’EUROPA
Le risposte
al documento
di Accra
Per mancanza di spazio siamo stati costretti, la scorsa settimana, a rimandare una parte
della relazione sulla visita a
Torre Pellice del direttore dì
« Fede e Costituzione » pastore
Lukas Vischer. Si tratta di uno
dei punti più interessanti, perché le chiese hanno dedicato
molto tempo ed energie allo
studio ed alla discussione dei
documenti di Accra.
La Conferenza delle Chiese
Evangeliche dei Paesi Latini di
Europa ha insomma alcuni —
se non tutti — i caratteri di
quelle « strutture leggere » che
non richiedono grossi immobilizzi di denaro o di personale,
ma che funzionano finché producono risultati e possono venir
smantellate o trasformate senza
perdite e senza problemi appena la situazione cambi. Mentre
le chiese continuano a eccedere
nell’investire in templi, scuole,
immobili, che spesso col tempo
si trasformano in una palla al
piede, la Conferenza Paesi Latini indica la via di investimenti
minimi, in puri e semplici strumenti di contatto e di collegamento; strumenti destinati a far
vivere le comunità, e non a precostituire i monumenti che ne
perpetueranno la memoria quando non ci saranno più.
Tra parentesi: il rapporto tra
« strutture leggere » e « immobili » sarebbe un tema di urgente studio da parte di chiese che,
come le nostre, stanno sempre
più in situazione di diaspora.
Tornando a questioni più immediate: la Chiesa riformata di
Francia, che in questi ultimi anni ha messo gratuitamente a disposizione una parte del tempo
di uno dei suoi pastori per il lavoro di segreteria sarebbe probabilmente disposta a continuare nella stessa linea per qualche
tempo, anche se nel prossimo
quadriennio la presidenza fosse
assegnata a qualche altro paese.
Nella prossima Assemblea,
dell’aprile 1978, il Comitato
uscente proporrà infatti che —
salvo imprevisti — per il periodo ’78-82 la presidenza sia assunta da un italiano e che l’Assemblea dell’82 si tenga a Torre
Pellice.
Aldo Comba
Le risposte al documento
di « Fede e Costituzione » su
battesimo, eucaristia e ministero
sono state in tutto 140. La risposta della Chiesa Valdese, ha detto Vischer, è stata molto apprezzata. Una difficoltà sentita dappertutto è stata Tincertezza sulla sede (chiesa locale, sinodo o
direzione ecclesiastica) che doveva elaborare la risposta. La
maggior parte delle Chiese non
ha ancora delle strutture che permettano di partecipare al lavoro
del C.E.C.; sentire questo per noi
valdesi è stato consolante.
Le reazioni sono state naturalmente di diverso tipo, a seconda
delle chiese da cui provenivano.
Interessanti le reazioni a proposito della questione dei sacramenti. Non solo chiese di origine
europea, come Esercito della Salvezza e Quaccheri, non hanno
l’uso dei sacramenti, ma la questione si fa seria soprattutto su
terreno africano e asiatico. I
Kimbanghisti dello Zaire non
hanno battesimo, mentre si sono
decisi per la celebrazione della
S. Cena soltanto in vista della loro adesione al C.E.C. In India
centinaia di migliaia di indù accettano il Cristo ma rifiutano il
battesimo. Evidentemente il concetto di sacramento, elaborato in
occidente, pone non poche difficoltà ad altre culture. Ma è significativo anche il fatto che nessuna chiesa abbia riprodotto ■ la
posizione di K. Barth.
Come si procederà? Per il momento, non sarà elaborato un
nuovo testo; una commissione di
40 persone è stata incaricata di
preparare le risposte alle Chiese,
sollecitando contributi per migliorare i testi. Una nuova redazione del documento è prevista
per la prossima Assemblea del
C.E.C. (probabilmente nel 1982).
B. Rostagno
is'
4
27 gennaio 1978
I MINISTERI NELL’ANTICO TESTAMENTO
©
Il peso deiristituzione soffoca
la libera espressione dei doni
Il concetto di elezione concerne tutto il popolo e non soltanto alcune categorie di persone La spontaneità carismatica praticata nelle tribù si scontra con il potere istituzionale della
monarchia che dà inizio ad un irreversibile processo di emarginazione
Nella sua Storia della civilizztizione d’Israele {p. 139) A. Bertholet ricorda un’antica poesia
beduina d’Arabia in cui i capi
e il popolo sono paragonati ai
puntelli e ai picchetti di una tenda da campo.
Perché la tenda sia drizzata
bene occorre che i puntelli e i
picchetti abbiano una perfetta
coordinazione. Questa immagine
può aiutarci a non dimenticare
che anche per l’Antico Testamento il concetto di « servizio » è
fondamentale e copre tutti gli
aspetti della vita, da quello politico a quello n'eligioso. L’elezione
comporta la coscienza del servizio. La stessa idea di sacerdozio
universale, che talvolta si ritiene essere una scoperta assoluta
della comunità cristiana, non è
esclusa dalla prospettiva dell’Antico Testaménto. Non a càso
quando gli atti del culto vengono affidati a determinate persp^
ne che assumono un ruolo particolare che comporta delle esclusioni, nascono, i conflitti, conflitti che si accentuano con il nascere della monarchia (si pensi all’episodio di Saul che offre l’olocausto prima detl’arrivo di Samuele: I Sam. 13: 9 sgg.). Ma
qui siamo ad uno stadio avanzato in cui determinati servizi sono già strutturati con una
certa stabilità. L’epoca carismatica dei giudici cede il posto al
potere del re. L’istituzionalizzazione di un certo numero di servizi avviene al momento del passaggio dall’epoca tribale a quella monarchica (profeti, sacerdoti, consiglieri, al servizio del re),
cioè nel momento in cui il popolo perde buona parte del controllo sulla vita politica e religiosa.
Il contributo del Prof. Corsani
pubblicato sul n. scorso (i ministeri nel Nuovo Testamento), ha
chiarito come nel cristianesimo
primitivo si sia presto passati
dal concetto di carisma usato da
Paolo a quello dei ministeri secondo l’ottica difensiva delle epistole pastorali. Orbene l’Antico
Testamento è molto vicino al
concetto paolinico di carisma, o,
meglio. Paolo riprende dalla tradizione dell’Antico Testamento
la sostanza della sua riflessione
sui carismi che lo Spirito suscita per il servizio fraterno. Questo rilievo è importante perché
permette di osservare, a partire
da un retroterra « carismatico »
molto vasto, il discorso che Paolo fa alle comunità cristiane, nella prospettiva del mondo nuovo
di Cristo.
Una prima osservazione generale può essere questa: le figure
che vediamo muoversi nell’Antico Testamento sono riconoscibili a partire dal carisma che hanno ricevuto, dal servizio che hanno svolto all’interno del piano
d’azione di Dio. Non solo, ma
l’Antico Testamento ci presenta
delle figure sconcertanti, di pagani, che assumono, senza che
ne siano coscienti (coscienti solo del loro potere) un ruolo carismatico al servizio di Dio: si
pensi a Nabucodonosor, il re babilonese che saccheggiò Gerusalemme deportandone gli abitanti. Il profeta Geremia gli attribuisce il titolo di « servitore »
dell’Eterno (25: 9; 27: 6), e, più
tardi, il Secondo Isaia definirà
il re persiano Ciro « l’unto » dell’Eterno (45: 1).
Queste affermazioni profetiche
ci ricordano oggi che quando la
comunità di Dio rinuncia al suo
servizio verso il mondo rinnegando Dio stesso, Dio si serve
di coloro che sono considerati
oggetto della missione, per esercitare il suo giudizio. La prospettiva di Paolo contenuta nei capp.
9-11 della sua lettera ai Romani
non è lontana da questa lettura
profetica.
I limiti di questo articolo impongono un taglio ristretto al
vasto discorso che si potrebbe
fare. Mi limito pertanto ad alcuni accenni al ruolo di Mosé, dei
giudici, del re e, successivamente dei sacerdoti, profeti e saggi.
Mosé - Il nome egiziano di
questo personaggio che sta
agli inizi della storia d’Israele è già di per sé un indizio
dell’impossibilità di inserire il
ruolo che egli ha avuto in un ministero definito. In un certo senso Mosé rappresenta la somma
degli elementi carismatici che, in
epoche diverse, si sono individuati nella storia del popolo di
Israele. Quando la tradizione gli
ha attribuito il titolo di profeta
(Deut. 35: 10) ha forse voluto
sottolineare la forza dirompente
dei carismi che Dio gli ha concesso (Num. 11: 25 sgg. — il noto testo usato dai valdesi medievali per difendere il loro diritto
alla libera predicazione). Nella
tradizione biblica la figura di
Mosé appare ovunque: è un jolly
carismatico.
Giudici - Sono delle figure
« carismatiche » per eccellenza: appaiono sulla scena spinte dallo Spirito di Dio e
scompaiono quasi senza lasciare traccia appena il popolo « ritorna» a Dio ed ottiene liberazione. Rappresentano Tantipotere
politico. La loro caratteristica
nella storia delle tribù israelite
è quella della discontinuità; con
loro non c’è possibilità di successione (il carisma non è ereditario), il loro ministero è per l’ora
della necessità. L’elemento della
spontaneità carismatica, come è
stata definita, è la negazione della possibilità di inquadrare i
Giudici in un ministero istituzionale: vivono della chiamata di
Dio. Non a caso, nel periodo mo
narchico, questi elementi di
spontaneità carismatica saranno
ripresi ed utilizzati nella critica
contro l’istituzione della monarchia in Israele.
Re - rappresenta ormai la continuità non solo di una monarchia con tendenze ereditarie ma la continuità e l’istituzionalizzazione di ministeri, di
servizi che sino a questo momento vivevano essenzialmente della
spontaneità carismatica. È vero
che nel regno del nord (Israele)
questa continuità monarchica fu
duramente combattuta e l’elemento carismatico che comportava la decisione popolare fu capace di insorgere (I Re 12), sospinto anche dall’intervento di
alcune figure profetiche (Ahija
di Scilo: I Re 11: 29 sgg.; 14: 14
sgg. ecc.), ma questa resistenza
non riuscì a spuntarla sulla monopolizzazione delle cariche assunte ed imposte dal re.
Nel sud (Giuda) la figura centrale di Davide consolidò presto
e definitivamente l’idea monarchica, riuscendo a legare alla discendenza della monarchia davidica gli stessi concetti di e/eztone e di messia.
La figura del re-messia presente negli scritti messianici, da
Isaia a Zaccaria, rappresenta l’elemento di superamento della
monarchia israelita che è stata
causa di un sistema sociale, politico e religioso che ha estromesso la signoria di Dio sul popolo
eletto. Il re, invece che manifestare la signoria di Dio sulla terra l’ha ottenebrata. Bisogna
guardare avanti, riaprire un’epoca carismatica. Gesù di Nazareth
sarà la fine di questa attesa.
Sacerdoti, profeti e saggi. - In
Ger. 18: 18, il profeta nella
sua dura requisitoria, menziona queste tre categorie di persone. I sacerdoti trovano la loro
identità, il contenuto del loro ministero nella legge <Torà), i profeti nella parola (davar) e i saggi nel consiglio (acàm).
Stabilire la nascita del sacerdozio è impossibile; si può invece precisare alcuni elementi delle sue funzioni. Si tratta di tm
ministero essenzialmente istituzionale, legato ai luoghi di culto;
fra le mansioni fondamentali
quella di spiegare la Torà, di
mantenere netta la distinzione
tra sacro e profano, puro e impuro (Ez. 44; 23), a loro spetta
l’offrire gli olocausti e impartire
la benedizione sulla comunità.
Se per sacerdoti e re si può
parlare di continuità, per i profeti invece è soltanto la -vocazione di Dio che definisce il loro ministero. Il ministero profetico è
caratterizzato dalla parola (Ger.
23: 29; Amos 7: 14 sgg.). Il profeta non ha altro riferimento se
non quello della rivelazione di
Dio. Naturalmente mi riferisco
al profetismo classico, ai profeti
scrittori, e non al sorgere del movimento profetico caratterizzato
da elementi estatici, visionari, di
magia, ecc. Il ministero profetico non consiste tanto neH’annunciare delle cose che poi avverranno, ma nel trasmettere nel
presente e all’interno di una si
tuazione storica determinata, il
giudizio o la salvezza di Dio. Il
ministero profetico è ministero
della parola.
Contro la pericolosa spontaneità carismatica dei profeti.
Deut 18: 9-22 stabilisce una regola per riconoscere il vero dal falso profeta: si tratta di un grosso
problema interno al profetismo
stesso (I Re 22; Ger. 23: 28) e che
non ha soluzioni obiettive; ogni
criterio distintivo rimanda al
mistero dello Spirito nella linea
di I Cor. 2: 11.
Accanto al ministero carismatico dei profeti è però individuabile un ministero istituzionale;
sono i profeti che vivono alla
corte del re e che sovente sono
al servizio del suo potere
(I Re 22), creano il consenso.
Geremia cita infine i saggi,
cioè con molta probabilità i consiglieri politici e militari del re,
quanti devono guidarlo a regnare con saggezza. Un ministero
che appare legato strettamente
alla corte del re ed in cui l’elemento « professionale » è dominante.
Che dire al termine di questo
giro panoramico (terribilmente
incompleto) su alcuni aspetti dei
ministeri nelTAntico Testamento
in riferimento al problema che
stiamo studiando? Direi essenzialmente questo: nella misura in
cui prevale la tendenza ad istituzionalizzare e definire giuridicamente i ministeri, si fa violenza alla spontaneità carismatica.
Ciò non significa avversione ad
una disciplina, ad un regolamento. Ma come impedire all’istituzione di soffocare la spontaneità carismatica e di spingerla ai
margini della chiesa? La preoccupante ascesa del dibattito giuridico dei nostri sinodi avvenuta in questi ultimi anni insieme
all’ordine, sempre necessario,
porta con sé anche, non poche
preoccupazioni che rischiano di
sclerotizzare ancora di più il
santo mandato del sacerdozio
universale. La storia dell’Antico
Testamento contiene numerosissimi avvertimenti, fra cui
questo: l’elemento carismatico
si è progressivamente ridimensionato, in maniera proporzionale al processo di istituzionalizzazione dei ministeri.
Ermanno Genre
LA CONCILIARITA’ IN UNO SCRITTO DEL ’500
Fiducia nel dialogo
per la ricerca della
verità
Il tema della « conciliarità »,
cioè della riunione di un coHcilio universale dei rappresentanti di tutte le chiese cristiane
( cattolica, evangelica, ortodossa), è divenuto oggetto di studio
e di riflessione in campo ecumenico ed è stato discusso nell’ultima assemblea generale del consiglio ecumenico delle chiese a
Nairobi. Il messaggio sull’argomento sarà oggetto di studio e
di discussione nelle nostre comunità per invito dell’ultima
nostra sessione sinodale. Non
apparirà, dunque, superfluo ripensare come si sia presentato
il problema ai riformatori italiani del cinquecento i quali,
per ubbidire alla verità dell’Evangelo, si erano staccati dalla
Chiesa romana, ma erano, per
lo più, riluttanti ad accettare
le divisioni confessionali delle
chiese scaturite dalla Riforma.
Queste divisioni, talvolta tragiche, come nel caso dell’anabattismo, perseguitato e violentemente represso dalle altre chiese evangeliche, finirono per riproporre la questione dell’unità
di tutta la Chiesa cristiana.
Di tutti i nostri riformatori
chi vi ha dedicato maggiormente la sua riflessione è stato l’umanista e teologo Aonio Palearlo (Antonio della Pagliara),
giustiziato a Roma nel 1570. Il
tema di un concilio libero e universale percorre tutta la sua opera teologica, da una lettera ad
Erasmo del 1534 all’Atto di accusa contro i ponteflci, completato un trentennio più tardi,
alla fine del 1566. Ma viene sviluppato, dal punto di vista giuridico-amministrativo, in una
lettera inviata da Siena (o da
Roma) il 20 dicembre 1544 a
Lutero, Melantone, Bucero e
Calvino. Scritta alla vigilia dell’apertura del concilio di Trento, è uno dei documenti più significativi dello spirito ecumenico di alcune Correnti riformate e flloriformate italiane. In
essa l’autore afferma che Paolo
III e la curia romana, con tutte
le risorse del diritto canonico e
dei sofisti, si preparano a riaffermare a Trento il loro dominio non solo sui credenti, ma
anche sull’imperatore, sui re e
sui principi, tal che la loro si
deve considerare una « tirannide iniquissima». Il concilio non
potrà procedere alla riforma
della Chiesa in quanto è assurdo e contrario al diritto che i
giudicandi, cioè i vescovi di vita
corrotta e dimentichi del loro
mandato evangelico, possano
giudicare se stessi, ma confermerà il dominio sulle coscienze, l’uso delle ricchezze e la validità delle tradizioni lucrose.
Occorre, dunque, ricercare un
sistema radicalmente diverso
per indire un concilio « santo,
solenne, irreprensibile, incorrotto». Ad esso debbono partecipare le chiese della Riforma, rinunciando alle loro divergenze
e puntando sulla loro unità nell’essenziale, per respingere e superare in questa adunanza di
tutti i cristiani i nemici del Vangelo.
Per garantirne la indipendenza dalla curia pontificia la indizione sarà affidata al potere laico il quale, in tutti i paesi dove
è invocato il nome di Cristo,
ordinerà 1’elezione di uomini
« esperti delle cose divine » e
per nulla sospetti di legami con
gl’intrighi curiali. La prima elezione spetterà alla «plebs sancta », al popolo dei credenti e
sarà organizzata dalle città. I
deputati della prima elezione si
riuniranno.., poi nel luogo prestabilito dai .^ principi e sceglieranno sei o sette uomini per ogni
nazione, indipendentemente dalla grandezza o importanza. A
loro volta il pontefice e i vescovi sceglieranno dodici vescovi
di « vita specchiata e santità »,
i quali imporranno le mani sugli eletti di secondo grado affinché, ricevano la virtù dello
Spirito santo. Costoro saranno
stabiliti come « giudici di tutte
le controversie » e le autorità,
ecclesiastica e laica, dovranno
preventivamente impegnarsi a
sottoscrivere e recepire le loro
decisioni. Prima della convocazione dovrà essere garantito con
un editto imperiale, e di tutte
le altre autorità ecclesiastiche e
laiche, la piena libertà di parola
di chiunque si vorrà presentare
a questa adunanza per esporre
le sue idee sulla riforma. Vagliate tutte lo petizioni e tutte
le tesi, favorevoli o contrarie, il
concilio, dopo lunga riflessione,
invocata l’assistenza dello Spirito santo, approverà quelle
dottrine e quei provvedimenti,
che risulteranno in armonia con
il Vangelo e la dottrina apostolica, per la gloria di Cristo e il
bene del popolo cristiano.
Questo progetto di una costituente cristiana non poteva trovare ascolto né presso i cattolici, né presso i protestanti. In
campo cattolico perché si rifaceva alle dottrine conciliariste
e annullava l’autorità del papa;
in campo evangelico in quanto
affidava soltanto ai vescovi, eletti dal papa e dagli altri vescovi,
anche quelli ignoranti e corrotti, il potere d’invocare lo Spirito santo sugli eletti. Una contraddizione con la premessa,
giustificata dall’autore con la
necessità di eliminare ogni sen
timento fazioso Ilei riguardi della dignità vescovile, che è da riconoscere ai vescovi «buoni e
pii ». Questo progetto, davvero
rivoluzionario, di un’assemblea
ecumenica eletta direttamente
dalla plebs sancta, la cui scelta
poteva cadere su qualsiasi elemento delle comunità cristiane,
ecclesiastico o laico, magistrato
o popolano, teologo o semplice
credente, purché avesse conoscenza della sacra scrittura, al
di sopra delle divisioni confessionali create dalla Riforma, era
inattuabile allora e lo è ancora
oggi, ma esprimeva dei valori
permanenti per noi evangelici:
primo, fiducia nell’assistenza
dello Spirito santo per coloro
che si riuniscono nel nome di
Cristo in vista della riforma della sua Chiesa; secondo, certezza della superiorità della sacra
scrittura, alla quale il concilio
deve rispondere, sulle dottrine
e sugli ordinamenti delle singole chiese; terzo, la convinzione,
espressa nell’Atto di accusa contro i ponteflci, dove il progetto
è ripreso, che, nonostante le deviazioni, gli errori, le chiusure
teologiche delle singole chiese,
in tutte si trovino gli eletti di
Dio, i veri cristiani, uniti con
Cristo e, pertanto, misteriosamente uniti fra di loro; quarto,
la fiducia nel dialogo come metodo per la ricerca della verità.
Non v’è dubbio: Baleario ha
anticipato di quattrocento anni
il progetto della «conciliarità»
e se i modi della sua attuazione
possono apparirci ingenui, tuttavia esso merita di essere rivisitato oggi come espressione
della sua speranza di una chiesa unita e riformata e come contributo al dibattito in corso.
Salvatore Caponetto
5
27 gennaio 1978
AGAPE: CAMPO INVERNALE
Stato, democrazia, lotta
per il socialismo - Quale ruolo
per le comunità cristiane?
Il confronto con lo Stato non è più quello del 1968 - Democrazia diretta e democrazia delegata - Pluralismo e componenti, due termini
equivoci da chiarificare
Arrivare ad Agape è un avvenimento vecchio e sempre nuovo.
Che cosa ci si aspettava, da
parte dei più di cento partecipanti al campo? Io penso ci si aspettasse, visto il tema assai complesso ed il materiale preparatorio sul tema democrazia/socialismo nei testi marxisti classici,
un campo molto pieno e denso
di idee, un campo « teorico » e
impegnato, che gettasse luce su
una problematica che bene o male fa da sfondo al nostro situarci nella realtà sociale, e che desse
al contempo delle indicazioni e
delle linee sul come muoversi
nelle istituzioni e nella società,
in quanto soggetti politici e in
quanto comunità cristiana.
Il grande interesse e la voglia
di discutere suscitati dalle relazioni centrali, le più informative
e analitiche, dedicate alle varie
istituzioni dello stato, alla scuola (relatore Maurizio Girolami),
all’ente locale (Giorgio Gardiol),
alla magistratura (Amos Pignatelli), all'esercito (Gianni Oliva),
suggerisce che ci fosse in molti
l’esigenza di una seria controinformazione su questi fatti: segno che il bombardamento di notizie che subiamo quotidianamente dai mass-media non ha ancora
addormentato la nostra sete conoscitiva. E in effetti la controinformazione c'è stata; il campo
è stato, sotto questo profilo, forse giustamente, meno teorico e
più informativo, meno riferito
ai sacri testi e più attuale.
Interrogativi
La perplessità e il sentirsi
« spiazzati » di alcuni, specialmente dei campisti più giovani,
rispetto alle due non facili relazioni iniziali su « Il problema
dello stato nel dibattito interno
alla sinistra italiana », tenute da
due ricercatori universitari (Massimo Nicolazzi e Silvano Benigni) può forse farci riflettere su
un dato di fatto: l'estraneità reciproca esistente tra cultura politica e sociologica e persone, anche militanti o simpatizzanti di
organizzazioni e partiti della sinistra, o quantomeno la nostra
poca famigliarità con questa cultura.
In ogni modo le due relazioni
non sono scivolate come acqua
sul grasso, di reazioni ne hanno
suscitate. Tra gli interrogativi emersi dal dibattito su questa
prima parte: (qual è il rapporto
tra "democrazia diretta” e democrazia delegata nel nostro paese? Come estendere i centri decisionali e la partecipazione democratica? Da chi e in qual modo vengono prese le (decisioni
fondamentali?
In particolare si è anche rimarcata da molti la mancanza di
un’esposizione esauriente della
posizione e stategia del Partito
Comunista Italiano riguardo allo stato, proprio in un momento in cui pare farsi più prossima
al livello nazionale una sua entrata nella maggioranza o nel
governo.
Una terza considerazione: la
mancanza, registrata nel corso
del campo, di una decisa idea di
contrapposizione frontale allo
stato (quale si poteva registrare,
mettiamo, nelle assemblee del
’68), e la scarsità di interventi
politicamente ’’schierati” in modo esplicito, quasi tutti emersi
solo verso la fine del campo. Segno di stanchezza dei compagni
o desiderio di un’informazione
criticamente ’’distaccata”? Per
la seconda ipotesi depone il fatto che il tono del campo e la
qualità dei dibattiti si sono tenuti quasi sempre ad un buon
livello anche nei momenti più
delicati, come pure la partecipazione e l’interesse dei campisti.
Si notavano però, direi, i segni
della crisi che ci tocca in qualche modo tutti quanti. Affrontata
solo di striscio la crisi politica
delle sinistre, la crisi economica
è rimasta quasi la fata cattiva
non invitata al ricevimento e rimasta nel corridoio: meccanismo di rimozione?
È il caso di dare qualche cenno più concreto sui contenuti.
Bisogna dire che, com’era logico
aspettarsi, più che risposte definitive il campo ha formulato degli interrogativi in modo non ingenuo, e dato degli spunti che
potranno essere sviluppati in altre sedi, nella speranza che il
numeroso materiale, tutto registrato dalTinfaticabile Riccardo,
venga pubblicato.
Problemi aperti
Sarebbe troppo riduttivo enunciare per punti gli argomenti,
trattati in modo ricco ma eterogeneo nelle varie relazioni, e nei
dibattiti: può forse servire di
più ricordare i punti problematici proposti al lavoro conclusivo per gruppi alla fine del campo, cioè nella mattinata del 31
dicembre. Tale lavoro, se è vero che non ha prodotto elementi sostanzialmente nuovi rispetto a quelli già prodotti, ha però
rappresentato un utile momento di « digestione » delle cose ingerite, prima del dibattito finale
in assemblea. Ecco i punti:
1) Come pensiamo di poterci muovere all’interno di questo
stato capitalistico, che è uno stato in crisi? Non si tratta di fare
semplicemente la « lunga marcia attraverso le istituzioni », anche se ovviamente tale strada va
battuta, e ridefinendo la strate
gia, gli obiettivi, i tempi e i metodi di lotta tenendo presenti le
nuove condizioni determinate
dal regime del compromessa storico, ma si tratta anche di trovare un nuovo rapporto tra forme
di democrazia delegata (formale) e di democrazia ’’diretta” (di
base).
2) Il problema della legalità,
che non riguarda solamente i
magistrati, nei termini egregiamente esposti nella relazione di
Amos Pignatelli, ma l’intero popolo ed in particolare il movimento operaio, come ha ribadito lo stesso relatore durante il
dibattito. Si tratta di difendere
non solo la costituzione repubblicana, ma lo stesso stato di diritto measo in pericolo dalla offensiva reazionaria del potere, e
non da oggi, con le leggi sull’ordine pubblico: tali leggi sono
inefficaci contro il terrorismo e
aprono la porta all’arbitrio poliziesco contro i militanti. Esistono alcuni valori « liberali » o libertà democratiche che siano generalizzabili, ossia che possano
essere rivendicate in ogni tipo
di società, anche in quelle del
’’socialismo avvenuto”? Chi desiderasse approfondire quest’ultimo problema potrebbe utilmente leggere le schede su « democrazia e socialismo» pubblicate
su Gioventù Evangelica, e ripubblicate sul servizio informazioni
di Agape del dicembre 1977, in
particolare Lenin {Il problema
della libertà e la democrazia proletaria) e Rosa Luxemburg (La
democrazia non può essere ’concessa’).
3) Nel corso del campo sono
Più di cento giovani hanno partecipato all’ultimo campo invernale
di Agape. Nella foto il prof. G. Peyrot durante la sua relazione.
stati utilizzati due schemi concettuali d’analisi: uno che usa la
categoria delle classi sociali e
uno che usa la categoria delle
componenti culturali (i marxisti,
i cattolici, i laici, e in subòrdine
i protestanti, gli ebrei,...). Il pluralismo, se si accetta il secondo
schema, proposto dal prof. Peyrot, nascerebbe allora dalla crisi delle culture dominanti,- contro ogni pretesa egemonica di
una cultura sull’altra. In questo
quadro, il nostro compito di evangelici sarà quello di usare lo
spazio che lo stato riserva a noi
in quanto ’’componente culturale” tra le altre, per la testimonianza e la predicazione.
Dicendo questo, abbir-mo così
anticipato uno dei temi, anzi il
tema contrale dell’ultima parte
del campo, vale a dire la presenza della comunità cristiana ed
evangelica in Italia, e le « Intese », attualmente oggetto di trattativa fra la chiesa valdo-metodista e lo stato italiano. Ma di
questo terzo punto ci interessa
ora mettere in evidenza il contrasto di fondo tra i due scheipi
concettuali: classi sociali/eóiii-'
ponenti cùltùrali. Ci siamo coì^frontati consapevolmente " còli
questi due modi diversi di leggere la realtà? Nói che ci diciarho
marxisti e che poniamo le classi sociali alla base delle ideologie, abbiamo una teoria e una
strategia degne di reggere il confronto con la teoria e la strategia delle "componenti culturali”? Abbiamo un’analisi marxista
della chiesa oggi?
La nostra predicazione è esente da ideologie per il fatto che
ci diciamo marxisti?
Inoltre, e altrettanto importante: abbiamo un’analisi approfondita della cultura cattolica, e
come connettiamo la lotta contro questa cultura con la lotta
contro il capitalismo nella nostra azione politica?
Saverio Merlo
Concordato e intese
non
La questione delle intese è secondaria rispetto ali’impegno di predicazione - Perche
limitarsi alle garanzie costituzionali? - La nostra identità evangelica non sta nell essere
considerati una componente della società ma nella nostra predicazione
Nel secondo momento del
campo sono stati affrontati questi problemi che sono oggi al
centro dell’interesse nella chiesa e in tutto il mondo politico,
sia in seguito alla presentazione
del progetto di revisione dei Patti Lateranensi, sia in vista del
pronunciamento del governo
sulla, proposta di intese fra lo
Stato e le Chiese Valdesi e Metodiste. Affrontare questi problemi ha significato confrontarsi su questioni centrali per la
vita dei credenti e cercare di
individuare la prospettiva in cui
si devono muovere le Chiese:
come viene considerata e come
si pone oggi la comunità cristiana? è uno strumento di denuncia profetica dell’ordine esistente e cosa vuol dire questo? oppure siamo una componente
della società pluralista, con interessi da garantire e con un
suo specifico contributo etico e
culturale da offrire? oppure ancora come il sale della terra in
cui siamo stati posti?
Due posizioni diverse
La risposta a queste domande
non procede in un’unica direzione: infatti, sia le relazioni tenute dal Prof. Peyrot e dal pastore Giorgio Bouchard, sia i loro
successivi interventi, pur affrontando il problema in termini abbastanza diversi, si sono posti
nella stessa prospettiva di approvazione delle linee portate
avanti dalla chiesa Valdo-metodista in questo ultimo anno, specialmente per quanto riguarda
le intese, mentre nel dibattito è
emersa la problematicità del
ruolo e dell’identità che le comunità evangeliche devono as
sumere nei confronti della società civile e dello Stato.
Nelle sue due relazioni il Prof.
Peyrot ha affrontato il problema dei rapporti tra Stato e Chiesa e tra Chiesa e società con
dei rapidi flash storici, che hanno gettato una luce particolare
e estremamente interessante su
fatti come quello della « detronizzazione » del papa nel periodo dell’unità d’Italia — unico
esempio di monarca che perse
tutti i suoi territori ma non il
potere! —, quello del periodo
Giolittiano e cos'i via. Tutto questo naturalmente per arrivare a
capire il nostro momento storico,
in cui si richiede a tutti i partiti Tavvallo della moderna revisione del concordato : il PCI
sarà disposto a pagare questa
« cambiale » per il suo ingresso
al governo (pare di si) oppure i
partiti della sinistra saranno capaci a dire no al concordato, no
a definire la politica del paese
in senso cattolico e faranno di
questo punto una condizione
imprescindibile per la loro salita al potere?
La relazione del past. Giorgio
Bouchard ha affrontato invece
in particolare il problema delle
intese tra la Chiesa Valdo-Metodista e lo Stato italiano, analizzandone sia gli elementi positivi che quelli critici. La libertà,
per la nostra chiesa, dopo 800
anni di ghetto, è vista unicamente come concessione, ma certo
non come diritto. Potevamo
quindi farci anche noi il nostro
accordino mini - concordatario,
mirando ad ottenere il massimo
numero possibile di privilegi, e
nessuno — visto come vanno le
cose nella vita politica del paese — avrebbe potuto dire «bà».
Ma invece non è andata cosi,, ed
il sinodo ha deciso di interveni
re sul nuovo concordato e sulle
intese contemporaneamente, per
dimostrare che già da ora è possibile una diversa soluzione dei
rapporti tra Stato e Chiesa. La
nostra battaglia , per le intese
non ci porta lontano, nel senso
che queste non sono viste come
un problema decisivo a livello di
massa. È vero, siamo una minoranza che non conta niente,
ma una minoranza che si batte
perché tutte le minoranze possano contare, convinti che senza uguaglianza non c’è libertà.
Indicazioni
Su una linea un po’ diversa
stanno invece le indicazioni
emerse dal dibattito del campo :
provocatoriamente, è stato detto che alla Pgei interessa abbastanza poco, in ultima analisi,
la questione delle intese, quanto piuttosto quella della predicazione alla società civile. E, al
di là del tono polemico, questa
affermazione è forse il centro e
la sintesi di buona parte della
discussione. Non sarebbe infatti
più opportuno limitarsi alle garanzie costituzionali ed orientare la nostra azione piuttosto verso quella parte consistente di
società che da molti anni è ai
margini della Chiesa, cioè verso la classe operaia? In fondo,
agli occhi della gente, accettare
di giungere ad intese con lo stato non vuol forse dire realizzare il nostro piccolo mini-concordato? È più importante essere
cioè riconosciuti come componente culturale (questo è il caso che si verificherebbe giungendo ad una intesa verticistica
con lo Stato) oppure essere conosciuti per mezzo della nostra
predicazione? E certo, queste
sono due alternative diverse che
non si possono confondere.
Tuttavia, nel corso della discussione, è emersa anche un’altra linea, parallela alla prima
per quanto riguarda la predicazione al mondo operaio, ma meno critica nei confronti delle intese. Certo, bisogna togliersi dalla testa che queste siano il non, plus-ultra — sono solo un esempio di possibile rapporto con lo
Stato — ma non si può dire che
confermino una situazione coricordataria. L’idea che possa esistere una società in cui i rapporti tra Stato e Chiesa non siano regolati da nessun accordo
non è sostenibile. Le intese sono infatti necessarie perché lo
Stato non possa intervenire arbitrariamente nelle questioni di
fede della Chiesa, cosa che non
è affatto garantita, invece. Infatti, dopo 30 anni di governo
democristiano, nei confronti degli evangelici continuano ad essere in vigore leggi fasciste e,
come se non bastasse, lo Stato
continuamente legifera su di
noi e ci limita la libertà con varie discriminazioni. In più, Tanno scorso lo Stato ha svolto una
inchiesta illegale sulla Chiesa
Valdese, per avere dei dati aggiuntivi a quelli forniti dalla
Tavola, ed il fatto di non essere
riuscito nel suo intento grazie
ad una tempestiva mobilitazione
degli organi ecclesiastici non
toglie nulla alla gravità dell’azione.
Che cosa
bisogna fare?
Dal campo non è uscita una
linea chiara ed unitaria, data la
vastità e la difficoltà del probleMarco Davite
(continua a pag. 8)
6
27 gennaio 1978
cronaca delle valli
L’isolamento di Frali
vissuto ora per ora
Frali isolata. L’esperienza non
è nuova, ma merita di essere raccontata, per completare le noti2de date fino a questo momento,
e anche perché l’impressione qui
è che non tutto abbia funzionato
come doveva.
Giovedì 12, verso sera, la neve,
che fino a quel momento era venuta in quantità minima, tanto
da far temere la solita spruzzatina che non risolve la situazione delle piste, comincia a cadere
in abbondanza; verso le 23 supera già il mezzo metro, cominciano a cadere le prime slavine. Venerdì la nevicata prosegue senza
interruzione, con folate di vento
e neve che viene forte e secca,
come piccoli chicchi di grandine;
fa pensare al ’72. Nella notte la
temperatura si alza, viene lo scirocco, viene neve pesante, come
se si fosse a fine marzo.
Sabato, alle 7.30, una valanga
di grosse proporzioni piomba
dal canalone di fronte alla borgata Malzat, attraversa il torrente e finisce sulla strada provinciale, all'altezza del distributore di benzina, sfondando una
fila di garages, con danni ingenti alle automobili. Alle 11 un’altra valanga di proporzioni mai
viste invade la strada provinciale
di fronte a Villa. La linea telefonica è interrotta. Intanto la neve
cade sempre più molle; nel pomeriggio a tratti addirittura
piove....
Domenica mattina si cerca di
attivare la radio ricetrasmittente che si trova in municipio. Dopo vari tentativi, finalmente verso le 13 qualcuno risponde: è
« Rondine », una radioamatrice
di Perosa Argentina. Questo collegamento è prezioso, permette
non soltanto di fare avere notizie ai parenti dei pochi villeggianti rimasti dopo le vacanze,
ma anche di assicurare gli interventi essenziali. Anche ih Dottor
Eia si mette in contatto radio da
Pinerolo, assiemando ogni assistenza in caso di necessità. I contatti con « Rondine » continuano
ogni due ore, anche per tutti i
giorni seguenti.
Lunedi sera, verso le 23, manca anche la luce. Il disagio comincia a farsi sentire, tanto più
che non si hanno notizie sullo
sgombero della strada provinciale; si sa che da Pomeyfrè in su
non si circola.
Martedì mattina la fresa del
comune attacca la valanga di
Villa, aiutata da una nutrita
squadra di spalatori, che operano anche con motoseghe, visto
che la valanga ha trascinato giù
tutti i tronchi che poteva.
Nella piazza di Ghigo si scambiano le informazioni; qualcuno
è arrivato dalle borgate più lontane per fare qualche acquisto
e sapere com’è la situazione della strada. Orgere e Pomieri sono
circondate da slavine, ma per
fortuna nessun danno alle case.
Dice uno: « Quando cade la slavina non si perde tempo in discussioni; si cerca solo la via
più breve per mettersi in salvo ».
« Dovrebbero cadere le slavine a
Roma », dice un altro, « così il
governo sarebbe presto fatto ».
La decisione ai pralini non
manca: fin dal mattino è pronta una squadra per andare incontro alla squadra dell’ENEL, nel
caso che si decida a salire. Alle
11.30, sempre via radio, si riesce
a parlare con un capo dell’ENEL
e a mettersi d’accordo per il
congiungimento delle due squadre. Quelli dell’ENEL salgono da
Salza e attraversano la miniera.
I nostri li incontrano alla Gianna. Alle 16.30 arriva a Frali, inatteso, un elicottero dei carabinieri. Qualcuno pensa: « Porteranno
quelli dell’ENEL e il medico ».
Ma l’elicottero non porta niente
e nessuno. « Siamo solo venuti a
vedere com’era la situazione », ci
dicono. Tante grazie per l’attenzione. L’elicottero riparte, portando con sé una famiglia di villeggianti, con un bambino di sette mesi sofferente di mal di pancia.
Intanto la squadra dell’ENEL,
con i volontari pralini, sta salendo lungo la linea, controllando
cabina per cabina. Verso le 24
sono a Frali e la linea è riattivata quasi dappertutto.
Mercoledì il medico dr. Vivalda sale a piedi per visitare una
anziana molto malata a Qrgere
e alcuni altri. Passa un momento
in ambulatorio dove lo attende
un gruppetto di persone per chiedere qualche consiglio medico.
In generale la situazione sanitaria è buona,^ il che non è poco in
questi frangenti.
Finalmente si apprende che la
fresa della Provincia sta salendo
verso la Gianna. Ma la zona delTlndritto dei marmi è ancora
piena di slavine. Si passa a piedi
sul sentiero battuto dalla squadra scesa martedì mattina. Il sindaco Fiorio, che si è dato molto
da fare in Provincia per sollecitare lo sgombero della strada,
sale a piedi per vedere direttamente la situazione.
Purtroppo la fresa della Provincia, arrivata al bivio di Rodoretto, ha un guasto e dev’essere
portata a valle per essere riparata. Nessun altro mezzo la sostituisce.
Giovedì, col tempo sereno, l’elicottero fa tre viaggi per prendere alcuni villeggianti alloggiati
in p>ensione. Il dr. Vivalda sale
a piedi a Rodoretto.
Dopo tanto lavoro, la valanga
di Villa è aperta dalla fresa del
Comune, che però subisce anche
essa un guàsto, im pezzo rotto
da sostituire. Alcuni uomini scen
dono o Pinerolo e tornano
dopo mezzanotte col pezzo
di ricambio. Ma il pezzo è
sbagliato, e il meccanico
deve salire il giorno dopo,
portato fino alla Gianna
dalla jeep dei Carabinieri
di Ferrerò, che in questi
giorni fa la spola lungo il
tratto libero della strada
per tutti i casi di necessità.
Sabato è riparata anche
la fresa della Provincia e
riprende il lavoro all’Indritto dei marmi. Alle 20
le due frese riescono ad aprire la strada, dopo che
nel pomeriggio erano di
nuovo saliti a piedi medico, sindaco e farmacista.
La situazione non è ancora risolta, perché oggi, domenica, continuano a cadere slavine.
Da lunedì la situazione tende a
normalizzarsi: la strada è aperta
e la circolazione può riprendere.
Da parte di tutta la popolazione di Frali c’è stato, come in casi precedenti, il massimo impegno.
Il problema, come sempre, è
quello della strada. Ma questa
volta si ha l’impressione che l’azione di sgombero sia stata particolarmente lenta. Una fresa, in
una situazione simile, è veramente troppo poco, tanto più se si
L’eccezionale nevicata di questi giorni
ha isolato il villaggio di Proli, nell’alta
Val Germanasca.
guasta e non viene sostituita.' Il
risultato è che per dieci giorni
la strada è rimasta bloccata. Alla Provincia si dovrebbe capire
che non è questo il modo per difendere la montagna e per incoraggiare i suoi abitanti a rimanere.
B. Rostagno
Ma l’agricoltura in montagna
ha un
Dalla produzione familiare alle iniziative agricole associate
In tutti i programmi politici,
nei convegni di studio specializzati, nelle iniziative diffuse dai
giornali e dalla televisione, la
crisi dell’agricoltura italiana è
ormai stata analizzata in tutta
la sua complessa realtà.
Non vi sarà certo un nuovo
illusorio miracolo italiano nel
settore agricolo, anche se la parola « rilancio » sono in tanti a
pronunciarla, forse soltanto una
modesta ripresa là dove un’altra
crisi, quella dell’industria, non
consente di trovare occupazione.
Particolarmente difficile è la
situazione dell’agricoltura montana, che si basa più che altro
su prodotti scarsamente commerciabili, limitati al consumo
familiare e fin che restano tali,
non danno certo un reddito
stabile. Un compito, quindi, che
si sono assunte le Comunità
montane consiste nel trasformare, nella misura del possibile,
la produzione familiare in produzione associata, per migliorarne la qualità ed agevolare le vendite.
Il servizio agricolo della Comunità montana Chisone e Germanasca ha preparato due relazioni sulla raccolta del latte e
sulla coltivazione delle piante da
sottobosco che riassumiamo nei
punti essenziali.
La cooperativa
del latte nelle Valli
Chisone e Germanasca
Nell’autunno del 1976 alcuni
coltivatori della zona, decisi a lavorare in più stretta collaborazione, hanno costituito una
cooperativa agricola. La prima
iniziativa che questa società
( denominata Cooperativa Agricola Montana Valli Chisone e
Germanasca) intende intraprendere è la raccolta del latte. Si
aiuterebbero cosi, gli allevatori
delle zone periferiche, che difficilmente riescono a vendere il
loro prodotto e anche coloro
che vorrebbero vendere di più.
La realizzazione dell’iniziativa
è resa più diffìcile dalla natura
del territorio e dalla polverizzazione delle aziende. La Comunità montana è intervenuta per
la fase iniziale con un contribu
to di 45 milioni: 40 per le attrezzature (automezzo e cisterna,
serbatoi refrigeranti) e 5 milioni per le spese di gestione.
I capi bovini da latte. esistenti in Valle sono circa 1500, con
una produzione media giornaliera di 80-100 q. di latte che
vengono oggi destinati all’ingrasso dei vitelli (che però rende
poco), alla vendita diretta al
consumatore o alla latteria, al
consumo familiare, alla trasformazione in burro e formaggi,
lavorazione redditizia solo se
organizzata.
La Cooperativa è in grado di
raccogliere il latte in eccedenza
e quello trasformato in modo
non redditizio, infatti il latte
venduto alla Cooperativa rende
più del doppio di quello destinato all’ingrasso dei vitelli. È
anche possibile rilanciare gli allevamenti aumentando il carico
di bestiame e utilizzando terreni ora abbandonati o mal coltivati.
Si prevede di raccogliere inizialmente 10 quintali di latte, ma
questa produzione può anche
raddoppiare. Il caseificio che ritira il prodotto è disposto a pagarlo 260 lire il litro, le spese di
raccolta sono di 30 lire per litro, ma possono diminuire con
l’aumento della produzione.
II latte, alimento che si deteriora facilmente, deve essere
raccolto e refrigerato rapidamente. Il suo prelievo e il successivo trasporto avvengono con
un automezzo dotato di cisterna refrigerante. Nelle località
più disagiate della Valle, il trasporto può avvenire ogni tre
giorni predisponendo sul posto
dei serbatoi per il raffreddamento del prodotto.
Sono previsti tre percorsi che
coprono più o meno tutto il territorio della Comunità.
La coltivazione
dei piccoli frutti
per valorizzare
i terreni montani
Parlando di lamponi, mirtilli,
ribes e more, vengono in mente i frutti che crescono spontanei nelle zone medio-alte delle
nostre Valli. In realtà queste
specie, selezionate e migliorate.
sono coltivate in molte parti del
mondo come le altre piante da
frutto. In Piemonte si coltiva
soprattutto il lampone, ma la
produzione italiana in genere è
insufficiente, perciò i frutti surgelati, come pure i succhi e le
marmellate vengono importati
dall’estero. La richiesta di mercato è molto elevata, perché si
ha una rivalutazione dei cibi genuini e inoltre i frutti di sottobosco possono essere utilizzati
per sostituire i coloranti artificiali in gran parte vietati. Nelle
zone ove attualmente esistono
numerosi terreni lasciati incolti
da diversi anni, queste specie
danno la possibilità di utilizzare
nel modo migliore le terre abbandonate.
Nelle valli Chisone e Germanasca la Comunità montana ha
fornito nei primi anni le piantine gratuitamente e in seguito
ha concesso contributi per acquistarle. Si contano oggi parecchi impianti, anche apprezzabili, però la superficie coltivata a lamponi è ancora molto
limitata rispetto ad altre vallate del Cuneese e del Trentino.
Si rischia cos’j di perdere una
ulteriore occasione di utilizzare
proficuamente terre abbandonate o coltivate con piante non
redditizie, come la vite, pur esistendo la possibilità di avere
colture alternative.
Anche per questo tipo di produzione è conveniente la forma
cooperativa. Attualmente nelle
valli Chisone e Germanasca, per
la scarsità del prodotto, non
esiste alcuna forma di cooperazione.
Il prodotto rimane in famiglia, oppure viene venduto ai
negozianti locali che forniscono
le confezioni in legno e i cestini di plastica per la raccolta.
Sul piano nazionale, invece, si
utilizzano molto di più i frutti
per la preparazione di surgelati, dolci, marmellate, sciroppi e
bibite.
Nel settore farmaceutico è
molto richiesto il mirtillo per
la produzione di farmaci per gli
occhi e per combattere la fragilità dei vasi capillari (trattamento, ad esempio, dei disturbi circolato.ri, come le vene varicose).
L. V.
Istituti Osp. Valdesi
Partenze
ed arrivi
Edoardo Aime, Presidente della CIOV dal 1967, lascia l’incarico per termine del mandato
sinodale.
Durante la sua Presidenza,
iniziata in un contesto di difficoltà ed incertezze è stato portato avanti e risolto l’inserimento dei nostri Ospedali nella Riforma Ospedaliera, garantendo
la loro autonomia amministrativa.
Dopo un faticoso inizio si sono potute gettare le basi per
una stabile e moderna assistenza ospedaliera, aprendo anche
il servizio alla popolazione esterna, là dove, con gli enti pubblici, ci sì è incontrati sul comune terreno della disponibilità.
La Presidenza del Past. Aime
è stata caratterizzata da una
ampia compartecipazione di
tutti i membri della CIOV nei
vari aspetti di competenza.
Al Past .Aime, che la Tavola
valdese ha ancora concesso alla CIOV per i passaggi di consegna al nuovo Presidente, Past.
Franco Davite, un fraterno ringraziamento per la sua fatica
condotta con animo pastorale.
Antonio Kovacs, dopo 29 anni di servizio, lascia la Direzione
Amministrativa per raggiunta
età pensionistica.
Antonio Kovacs, ha vissuto
questi anni con tormentata partecipazione e sofferenza ai piccoli e grandi problemi. Fu lasciato, sovente solo, a risolvere difficoltà enormi e come tutti gli uomini gravati da responsabilità fu capro espiatorio per
le carenze le cui responsabilità
vanno iscritte in primis al disimpegno di molti: valga l’esempio del deserto dell’aula sinodale, quando, negli anni scorsi, si discuteva sugli istituti.
Valida mente giuridica e sagace amministratore, ha saputo
tradurre nei termini di legge,
quanto è stato proposto ed attuato in questi anni, ideando
arditi piani economici, portati
brillantemente a termine.
Per questo suo impegno, gli
dobbiamo dire un sentito grazie pubblicamente.
Al Sig. Kovacs, succede il
nuovo Direttore Amministrativo, Dott. Guido Boccassini. Nato a Bari, 47 anni fa, apprezzato collaboratore della comunità
di Milano, proviene da esperienze di lavoro aziendali ove le responsabilità dinamiche direzionali si svolgono nel contesto dei
molteplici problemi del mondo
del lavoro. Gli auguriamo che
il nuovo compito gli sia di gratificazione spirituale, considerato il particolare contesto delle
nostre opere.
EUo Tortarolo, torinese, di cinquantadue anni, primo Primario di ruolo dell’Ospedale di
Torre Pellice, si è laureato, a
pieni voti presso la facoltà di
Medicina dell’Università di Torino. Assistente presso la Clinica Medica Universitaria e quindi Aiuto Medicina presso l’Ospedale San Giovanni di Torino ha acquisito le specialità di
cardiologia, malattie del ricambio, apparato digerente e sangue, e di medicina interna. Libero Docente in Patologia Speciale Medica ha svolto attività di
ricerca in cancerologia, malattie infettive e cardiologia.
Il Prof. Tortarolo ha preso
servizio l’il gennaio c.a. secondo la normativa del tempo pieno
Al nuovo Primario gli auguri più
cordiali della popolazione per un
lavoro ricco di soddisfazioni umane e professionali.
_______________POMARETTO
• Mercoledì 18 gennaio mancava improvvisamente Corveglio Iolanda Margherita, moglie
del nostro fratello Ferrerò Eli,
all’età di anni Tutta la comunità gli è vicina in questa
triste circostanza.
9 Giovedì è stata tumulata nel
cimitero valdese di Pomaretto
la sig.ra Moroni Antonia in
Cougn. nroveniente dalla comunità di Genova.
7
27 gennaio 1978
CRONACA DELLE V ALLI
1
PINEROLO
LUSERNA
L’educazione alla fede
Visita dei catecumeni a
SAN GIOVANNI
Torino
Nel quadro della riflessione
sul tema dell’« educazione cristiana in vista della fede », su
cui il sinodo ha invitato le comunità a riflettere, ha avuto luogo sabato sera 21 gennaio, un
incontro fra genitori e monitori della scuola domenicale, per
riflettere insieme su come riuscire ad utilizzare al meglio questo prezioso strumento di testimonianza. Una discreta partecipazione di genitori ha
possibile un utile scambio di
idee e di proposte per migliorare la nostra attività di scuola
domenicale. Le due maggiori lacune sembrano ancora doversi
ricercare nell’assoluta limitatezza del tempo a disposizione
(un’ora alla settimana) e nella
difficoltà per i genitori di poter
in qualche modo proseguire a
casa il lavoro iniziato alla scuola domenicale. È stato auspicato un maggior contatto fra genitori e monitori, attraverso incontri più frequenti, partecipazione dei genitori ad alcune lezioni domenicali, rilettura del
testo a casa con i bambini, scanibio di programmi e di consigli.
È chiaro che il lavoro della scuola domenicale non può e non
deve esaurirsi nell’ora domeiiicale. È necessario che il serio
impegno e la preparazione dei
monitori riescano a trovare un
seguito nella collaborazione delle famiglie. Siamo grati a tutti
i genitori che hanno portato il
contributo delle loro idee e che,
con la loro presenza, si sono dimostrati sensibili a questo problema; contiamo sulla loro collaborazione in vista anche della
attuazione di alcune proposte
pratiche scaturite dalla discussione.
Ha avuto luogo domenica scorsa, 22 gennaio, la giornata mensile di incontro dei catecumeni
di quarto anno. Per l’occasione
ci si è recati a Torino per prendere contatto con una realtà ecclesiastica diversa da quella pinerolese e certamente interessante per i problemi che la testimonianza pone in una grande
città. Al mattino abbiamo partecipato al culto in corso Vittorio ed è stato estremamente interessante poter renderci conto
di persona del come si svolge il
« culto a gruppi », esperimento
che ha luogo una volta al mese
ormai da circa un anno. In genere i catecumeni hanno partecipato attivamente alla discussione sul testo biblico nei singoli gruppi e ne hanno riportato un’opinione favorevole. Dopo
il culto, il pastore Gay ha illustrato brevemente ai nostri giovani la storia della comunità
valdese di Torino.
Ha fatto seguito un pranzo
comunitario con il numeroso
gruppo giovanile torinese, che è
servito alla reciproca conoscenza e ad un primo scambio di
informazioni sulle attività svolte da ognuno.
Il pomeriggio è stato dedicato a una serie di comunicazioni, seguite ognuna da breve discussione. Le comunicazioni sono state: a) sul gruppo giovanile di Torino; b) sul modo di
affrontare il problema del catechismo; c) sul gruppo femminile che si adopera per «la liberazione della donna» insieme
a sorelle del cattolicesimo di base; d) sul gruppo interconfessionale di studio biblico; e) sulla comunità di corso Oddone.
Tutte queste comunicazioni sono state effettuate dai giovani
del gruppo. Infine abbiamo avuto altri due interventi rispettivamente sulla Editrice e sulla
Libreria Claudiana, ad opera
del dr. C. Papini e di ima sorella che lavora nella libreria. Attraverso questo panorama i nostri ragazzi hanno potuto prendere contatto con alcuni aspetti
della realtà evangelica torinese
e dei non facili problemi connessi.
Nell’insieme il giudizio su
questa attività di incontri di
un’intera giornata è stato positivo e ci incoraggia a proseguire su questa strada.
• Presso l’Asilo Valdese, venerei 27 alle ore 20,30 avrà luogo l’annuale Assemblea di Chiesa con la presentazione, da parte dei responsabili dell’Asilo, dei
bilanci e della relazione 1977.
Tutta la comunità è invitata
ad essere presente a questa importante seduta.
• Domenica prossima, ultima
del mese, il culto in lingua francese sarà presieduto dal pastore
Gérard Cadier che ringraziamo
fin d’ora per la sua visita.
Nel pomeriggio dello stesso
giorno, alle ore 14.30, ci sarà una
seduta aperta del Concistoro
sui problemi della comunità.
• 1,’Evangelo della Resurrezione è stato annunciato sabato
pomeriggio in occasione dei funerale del fratello Torino Giuseppe, di anni 84. Era ospite dell’Asilo valdese.
BOBBIO PELLICE
ANGROGNA
• La strada sino a Buonanotte
è stata aperta, in mezzo alla neve, sabato mattina da un gruppo di volontari. Alcuni scouts, a
Pradeltomo, hanno tracciato il
cammino per raggiungere una
casa isolata al Fau e la borgata
dell’Arcia in cui vive ancora una
famiglia.
• Sabato 28 alle ore 16 in Cappella (ex scuola grande) proiezione di diapositive del pastore
Gérard Cadier; alla sera, Cadier
parteciperà al culto a Pradeltorno.
• Il 10 febbraio si chiuderanno le iscrizioni del viaggio comunitario a Roma dal 3 al 6
marzo (L. 40.000 - tutto compreso). Prenotarsi presso il pastore.
Pur senza assumere le dimensioni drammatiche conosciute
da altri centri, la nevicata abbondante degli ultimi giorni ha
causato non poco disagio, soprattutto agli abitanti delle borgate più isolate. Ora, grazie alla collaijorazione e buona volontà di molti, le comunicazioni
sono assicurate, tranne che per
la Valle dei Carbonieri.
Tuttavia un tetto non, ha retto al peso ed i danni sono rilevanti. Si tratta di una stalla con
fienile, dj recente costruzione,
che ha ceduto di schianto nella
notte tra il 18 e il 19. Fortxmatamente la soletta sottostante
ha retto il pesò e gli animali non
hanno sofferto danni. Molti hanno collaborato con la famigiia
Catalin, colpita da questa sventura, ed anche buona parte del
fieno ha potuto essere salvato.
Anche altre case, tutte di recente costruzione, hanno subito
danni, anche se meno rilevanti
e si è giunti in tempo a sgomberare i tetti dalla neve.
POMARETTO
I sunaires usitans
PRAMOLLO
• Ringraziamo l’anziano Roberto Vicino per il messaggio
rivoltoci nel corso del culto da
lui presieduto domenica 8 gennaio e speriamo di averlo ancora in futuro in mezzo a noi.
• L’eccezionale nevicata della
settimana scorsa ha creato anche a Pramollo alto notevoli disagi per la popolazione. Le borgate più lontane dal centro di
Ruata sono rimaste più giorni
isolate, alcune (Ribatti - Micialetti - Case Nuove) lo sono ancora la domenica 22 perché lo
spartineve si è rotto più volte e
nel frattempo la neve continuava ad aumentare. Oltre a questo, alcune famiglie sono rimaste senza luce per 4 giorni poiché molti fili della corrente
elettrica sono stati rotti dal peso della neve. Pian piano la situazione sta migliorando, soprattutto se non nevicherà più,
sarà possibile ripristinare le
strade.
Sabato 21 a Pomaretto, invitato dalla locale commissione
Sport, cultura tempo libero, il
gruppo dei « Sunaire Usitan »
della Val Varaita ha presentato
una serie di ballate e canti delle valli eccitane.
Questo gruppo fa parte del
M.A.O. : movimento autonomo
occitano.
Il M.A.O. pone il problema
occitano sul terreno della lotta
politico-amministrativa e la centralità delle rivendicazioni economiche.
In questo contesto il Movimento evidenzia la situazione tipicamente coloniale dell’Occitania italiana; coloniale: dal punto di vista politico per la mancanza nelle Valli di uno strumento di autogoverno dotato di
reali poteri; dal punto di vista
economico per il mancato sfruttamento a beneficio della popolazione locale delle risorse economiche delle Valli e, infine, dal
punto di vista culturale per la
scomparsa della cultura occitana con l’avanzata di quella piemontese-italiana.
Il M.A.O. si definisce un movimento di liberazione nazionale e questo prende un contenuto concreto con una serie di
proposte politiche, economiche
e culturali che pongono la centralità politica di quell’obiettivo prioritario che è la costituzione di una regione autonoma
occitana a statuto speciale. Tale
movimento per creare un dibattito e per fare prendere coscienza alla gente dell’importanza di mantenere la nostra cultura occitanica, ha svolto una
ricerca e raccolto dei canti e
delle ballate tradizionali e creato dei canti nuovi d’impegno
politico e sociale: es. due canti
presentati sabato trattavano il
problema della emigrazione
« Besè-Paris » e il problema deifi« invasione » cittadina senza rispetto per il duro lavoro dei
montanari « Pavuno e Materin ».
I « Sunaire Usitan » adoperano strumenti musicali tradizionali delle nostre vallate: fisarmonica a semitono, violino, clarinetto, flautino, la ghironda, lo
scacciapensieri...
La partecipazione è stata ottima, la sala del teatro era stra
piena. Questo significa che il
problema linguistico è sentito e
seguito.
Il M.A.O. ha creato anche un
giornale « Ousitanio vivo » che
tratta i problemi etnici linguistici, politici, sociali, economici
e culturali degli occitani d’Italia.
Silvana Marchetti
Lorena Meytre
• Sull’« Eco delle Valli » del
La Società di Studi Valdesi e la Parrocchia cattolica di Torre
Pellice vi invitano a partecipare all'incontro sul tema ;
La conciliarità nel quadro
di una Ricerca ecumenica
Domenica 5 febbraio 1978, ore 15
Introdurranno l'argomento :
— EMILIANOS TIMIADIS, vescovo greco-ortodosso
— MICHELE PELLEGRINO, vescovo cattolico
— GINO CONTE, pastore valdese
Seguirà un libero dibattito.
TORRE PELLICE
sala delle Scuole Comunali ■ Viale della Rimembrante
TORRE PELLICE
• Mercoledì u. s. ha avuto luodci il funerale del fratello Giovanni Cattre deceduto presso il
Rifugio Carlo Alberto; molto
stimato e conosciuto nel nostro
comune per il suo lavoro e per
la sua attività di volontario sia
nella Croce Rossa che nei Vigili
del Fuoco aveva interrotto la
sua attività da molti mesi a causa di una grave infermità che lo
aveva immobilizzato a letto. Alla
moglie ed ai familiari rinnoviamo il nostro fraterno pensiero
di simpatia e di riconoscenza
per quanto il nostro fratello ha
dato alla cittadinanza tutta. In
sua niemoria è stata aperta una
sottoscrizione per il Rifugio, le
offerte possono essere recapitate ai membri del sottocomìtato
della CRI di Torre.
ni della Scuola Domenicale ed
una comune riflessione insieme
à loro sulla storia di Abramo.
Molti i genitori, attenti i bambini per oltre un’ora, lodevole
il lavoro svolto dai gruppi sia
come apprendimento che come
riflessione. La colletta di oltre
100.000 lire sarà destinata alla
sistemazione del locale dell’interrato dell’Asilo dove i cadetti
stanno avviando la loro attività.
• Luned’i 30 alle ore 20,30 nei
locali dell’Asilo avremo una serata di incontro col past. Gérard Cadier della , Chiesa Riformata di Francia. Egli ci parlerà
del suo lavoro di animatore nella regione in cui è pastore illustrandolo anche con una seri.e
di , diapositive su un recente
viaggio compiuto in Israele.
• Il culto di domenica scorsa
tenutosi nella Foresteria (ne
ringraziamo il past. Deodato come per quello di domenica 15) è
stato un incontro con i bambi
• Ringraziamo i membri della CIOV che hanno presieduto
le riunioni delle settimane scorse informadoci del lavoro e dei
progetti ; ricordiamo la riunione dì venerdìi ai Simound ancora a cura della CIOV.
ROR A’
• Sabato 28 gennaio alle ore
20,30, presso la Sala della comunità i Sunaires Usitans suoneranno, canteranno e balleranno
musiche tipiche delle valli occitane. Li abbiamo ascoltati lo
scorso anno e siamo lieti di ospitarli ancora. Un cordiale invito
a tutti.
tà. I numerosi interventi della
assemblea si sono espressi per
continuare questa riflessione ed
individuare una strada da percorrere per il futuro, nella linea
di un recupero del significato
neotestamentario del battesimo.
• Venerd’i 27 alle 20,30 avremo
la riunione quartierale alle Fucine sul tema: educazione alla
fede.
23.12.1977 un articolo di Carla
Longo presentava il grave pericolo che correvano le sperimentazioni del Tempo Pieno a
causa di una circolare che affermava che le insegnanti soprannumerarie occupate nella sperimentazione non avevano diritto
alla supplenza.
Grazie alla presa di coscienza
dei genitori, alle petizioni degli
insegnanti e all’intervento dei
Sindacati confederati la situazione si è risolta in modo positivo: le insegnanti hanno diritto
ad essere supplite, anche per
assenze brevi.
Si è comunque capito molto
chiaramente che l’attacco è contro il Tempo Pieno in genere,
per cui dobbiamo continuare a
batterci e insistere per difendere il nostro diritto per avere
una scuola qualitativamente e
quantitativamente diversa.
Silvana Marchetti
• L’assemblea di chiesa di domenica 22 ha iniziato la riflessione sull’o.d.g. sinodale concernente l’educazione alla fede, discutendo il significato del battesimo nella prassi della nostra
comunità. Dopo un’introduzione
sul significato del battesimo nel
Nuovo Testamento e sulle posizioni emerse al tempo della Riforma (che non ha dato una risposta biblica e convincente agli
interrogativi degli Anabattisti),
si è esaminata la prassi seguita sin qui nelle nostre comuni
• La prossima assemblea l’avremo in occasione della giornata comunitaria del 19 febbraio
in cui affronteremo il tema delle intese con lo stato. Per questa giornata avremo con noi il
pastore Aldo Sbaffi, Moderatore della Tavola valdese, in visita alle comunità delle valli. Le
prenotazioni per il pranzo si
effettuano presso i membri del
Concistoro entro e non oltre il
15 febbraio.
• Venerdì 20 abbiamo accompagnato al cimitero Onorina
Mourglia di 77 anni, deceduta
all’ospedale Mauriziano dopo
non brevi serfferenze. Esprimiamo la solidarietà di tutta la comunità al fratello Lin, ancora ricoverato all’ospedale di Torre,
augurandoci di rivederlo presto
in mezzo a noi.
Doni per TAsilo
di Luserna S. Giovanni
Fondo di solidarietà 1977.
SAN SECONDO
• Continuano le riunioni tenute dai giovani della Pra del Torno in tutti i quartieri. Ricordiamo che nel mese di febbraio si
tratterà delle riunioni del mercoledì, mentre quelle del venerdì saranno tenute dal pastore.
• Domenica 29, domenica missionaria, la colletta sarà devoluta per il lavoro della CEvAA.
• È in distribuzione il rendiconto finanziario della Chiesa
di S. Secondo per l’anno 1977.
Chi vi trovasse degli errori è
pregato di segnalarli. Raccomandiamo anche la restituzione
sollecita della prima busta.
• Le persone al cui telefono è
stato cambiato il nuihero sono
pregate di segnalarlo al pastore
per evitare telefonate a vuòto,
perdita di tempo e spese inutili.
Gennaio: Coniugi Rostagno L. 5.000;
N.N. in memoria di F. Riccio 20.000;
T.M. 100.000; Gobeilo Livio e Dina in
memoria di Elisa falla 10.000; Farolfi
Dina e Dino 10.000.
Febbraio: De Paoli Raffaele 50.000;
N.N. 10.000; N.N. in memoria di E.
Gay 20.000; Spinelli Jole 10.000; Reynaud Lea 5.000; Prof. M. Rivoir 10
mila.
Marzo: Martinat 20.000; L.M.B. 25
mila;H. Berlin 2.200; N.N. 1.500; Reynaud Lea 5.000; De Paoli Raffaele 50
mila; Petrai Dora (retta non goduta)
100.000; Bonin Dorina (retta non
goduta) 119.810.
Aprile: Jalla Pierluigi 5.000; Danna
Lucia 6.000; Comm. Ricev. (Colletta)
21.600; Centro Anziani (eolletta) 16
Alila; N.N. 2.500; Danna Elda 5.000;
Farolfi 10.000; N.N. 25.000; Pastore
Schär 20.700; N.N. 7.800; Gobeilo L.D.
in mem. di Buffa Stefano 20.000.
Maggio: N.N. 2.000; Pastore Schär
17.250; Gruppo del Past. Bouchard 22
mila 500; Reynaud Lea 5.000; De Paoli Raffaele 50.000; Schär Renata 10
mila; N.N. 10.000.
Giugno: Amici di R. Schär 10.500;
Unione Femminile Frali 35.000; N.N.
9.000; Società Pradeltomo 57.000;
Unione di Angrogna 10.000; N.N. 6
mila; A. Mattalia 10.000; Guazzoni
Roman M. 5.000; Jon Scotta 10.000;
Schär Renata 10.000.
Luglio: N.N. 1.500; Comunità di
Cloazze 20.000; Costantino Pietro e Mirella 10.000 N.N. 5.500; De Paoli Raffaele 25.000; N.N. 2.000; Rivoir Enri
co e Besson Alberto 25.000; N.N. 10
mila; De Paoli Raffaele 20.000; Schär
Renata 10.000.
Agosto: N.N. 10.000; De Paoli Raffaele 20.000; Boero Rol M. 5.000; N.N.
10.000; Bounous Guido 10.000; N.N.
10.000; Boer Margherita 10.000; Pons
Giovanna 80.000; N.N. 5.000; Gofìello
Livio 5.000; Schär Renata 10.000.
Settembre: Beiforte Giuseppe 10
mila; P.L. Durand 10.000; Vercelli Felice 3.000; De Paoli Raffaele 20.000;
Reynaud Lea 15.000; Schär Renata
10.000.
Ottobre: N.N. 50.000; Gruppo di Cigliano 14.500; Past. Schär e signora 37
mila 800; Maffeo Angelo 2.000; Schär
Renata 15.000.
Novembre: Varese Aldo 62.000; Russo 50.000;Losano Dante 5.000; (Ddetto
Jvonne 10.000; Jalla Renata 5.000; De
De Paoli Raffaele 40.000; Dipendenti
Asilo 21.500; Unione Dei Coppieri
20.000; Schär Renata 15.000.
Dicembre: De Paoli Raffaele 20.000;
Besson Enrico 10.000; Visentini Maria
10.000; Benedetto Edmondo e Lina
30.000; Bertin 5.000; Bertone Paola e
Vittorio 20.000; Reynaud Lea 3.000;
Allio Ivonne 5.400; Cangioli Margherita 10.000; Martinat Maria 100.000;
Martinat Nene 100.000; Fariello Paola
e Giulio in mem. nonna Boer Margherita 300.000; De Paoli Raffaele 15.000;
Schär Renata 35.000; Jalla Renata
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27 gennaio 1978
LIBERTA’ RELIGIOSA IN SPAGNA
Un cammino simile al nostro?
Si apre in Spagna la battaglia per la libertà religiosa che le chiese
evangeliche italiane hanno affrontato nell’ultimo dopoguerra
Concordato e intese
Le chiese evangeliche spagnole stanno percorrendo il cammino che noi abbiamo conosciuto
tra il 1943 e il 1956; vale a dire
quel tortuoso^ processo di eliminazione della legislazione fascista sulla discriminazione religiosa. Sarà un cammino più breve
del nostro?
Il cammino italiano
Per l’Italia, con la legge fascista del giugno ’29 sui « culti ammessi » gli evangelici entrarono
in un clima di repressione.
La fine del fascismo coincise
con una diffusa presa di coscienza contro ogni « giurisdizionalismo », ogni ingerenza
deho stato negli affari della
chiesa. Uno stato, insomma, nella visione protestante, che non
doveva concedere al mondo confessionale privilegi, né attuare restrizioni. Per cinque anni,
dal 1943 al 1948, si svolse una
grossa battaglia della Chiesa
valdese e più tardi del Consiglio
federale evangelico, per ottenere una effettiva libertà religiosa.
La battaglia, che si richiamava ài « diritto comune », valeva
pier tutti. Bisognerà aspettare la
Costituente per cogliere, sul terreno concreto, la risposta alle
aspettative degli evangelici. La
linea separatista chiesa-stato fu
presto abbandonata poiché apparve sempre più chiaro che là
Costituente trattava della libertà religiosa solo negli angusti
termini dei rapporti tra stato e
Chiesa in un’ottica concordataria. E quello che, evidentemente, non ,si ottenne dall’àpprovazione' del. famoso art. 7 della Costituzione riferito ai Patti Lateranensi,. in parte lo si ottenne
con l’approvazione dell’art. 8
che riconobbe il diritto alle confessioni di organizzarsi secondo le proprie regole e di addivenire. a delle intese per quel che
concerne i rapporti con lo stato. pi fronte a questa scelta
obbligata la Chiesa valdese nel
1947 nominava una commissione per affrontare il problema
sotto il nuovo profilo. Il Sinodo
del 1948 pose il problema delle
intese all’ordine del giorno, dando poi incarico ad una commissione d’iniziare le trattative con
lo stato. Solo nel 1956, con la
nomina della Corte Costituzionale, gran parte del retaggio fascista in materia religiosa decadde e per le confessioni di
nainoranza si aprii una stagióne
di libertà (il che mise un po’
in ombra l’urgenza di portare
avanti le intese).
Oggi stiamo trattando con io
Stato la proposta di intese discussa nel Sinodo 1977
Il cammino spagnolo
Estremamente simile al cammino italiano, che abbiamo velocemente schizzato, si sta pro
Comitalo di Redazione ; Bruno Bellion, Giuliana Gandolfo Pascal, Marcella Gay, Ermanno Genre, Giuseppe Platone, Paolo Ricca, Fulvio Rocco, Sergio Rostagno, Roberto Sbafi!,
Liliana Viglielmo.
Direttore: FRANCO GIAMPICCOLI
Dire«. Responsabile: GINO CONTE
Redazione e Amministrazione: Via
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- economici 150 per parola.
Fondo di solidarietà : c.c.p. 2/39878
intestato a : Roberto Peyrot ■ Corso
Moncalieri, 70 - 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pìnerolo N. 175,
8 luglio 1960.
Cooperativa Tipografica Subalpina
Torre Pellice (Torino)
spettando quello spagnolo. Il
dittatore Franco, morto nel novembre del 1975, ha lasciato in
eredità al popolo spagnolo un
pacchetto di « Leggi Fondamentali » (tuttora in vigore) in cui,
secondo una celebre dichiarazione del « Caudillo » : « todo està
atado y bien atado » (tutto è assicurato e ben assicurato). Nel
secondo ’’principio fondamentale” della legislazione franchista
si afferma che : « La nazione
spagnola considera titolo d’onore l’osservanza della Legge di
Dio, secondo la dottrina della
Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, unica verace, la
cui fede è inseparabile dalla coscienza nazionale che ispira la
sua legislazione».
Nel articolo del « Fuero »
si afferma, altresì che : « La
professione e la pratica della
religione cattolica, che è quella
dello Stato Spagnolo, godrà di
protezione ufficiale ». Da qualche
mese, tuttavia, la costruzione
giuridico-fascista di Franco ha
cominciato ad incrinarsi seriamente. Con reiezione della Camera dei deputati e dei 207 senatori elettivi, nel giugno del
1977, l’Unione del centro democratico, guidata dal capo del
governo Suarez, ha posto le basi, grazie alla maggioranza ottenuta nelle due assemblee, per
concretizzare l’esigenza di una
nuòva legislazioné.
Nel novembre del ’77, una « fuga » di scottanti documenti (una
bozza di una nuova Costituzione elaborata da un gruppo parlamentare progressista) mette
in luce — sulla inateria religiosa — nuovi elementi che la futura Costituzione della Spagna
potrebbe contenere. Per es,
l’art. 3 della bózza afferma; «Lo
stato spagnolo non è confessionale » ; oppure l’art. 15 ; « Tutti
i cittadini sono uguali di fronte
alla legge, senza discriminazione di razza, di sessó, di nascita.
di religione... », e ancora l’art.
17 : « La libertà religiosa e di
culto, le opinioni filosofiche o
ideologiche sono garantite con
il solo limite dell’ordine pubblico. Nessuno potrà essere costretto a dichiarare le sue opinioni
religiose». Mentre si accavallano ipotesi e speranze per una
nuova legislazione rimane in vigore quella vecchia.
Contro queste norme oppressive e discriminatorie un recente documento delle Chiese protestanti spagnole, rappresentate nella commissione di difesa
evangelica, denuncia l’attuale
legislazione in materia religiosa
che «porta una divisione fra i
cittadini adducendo motivazioni religiose » e chiede « una nuova legislazione, adatta ad un
paese democratico, fondata sulla indipendenza assoluta tra
stato e Chiese ». Qualche giorno
dopo questa presa di posizione,
il direttore generale degli Affari Ecclesiastici del Ministero di
Giustizia, Eduardo de Zulueta,
ha dichiarato che il suo dicastero cambierà nome per prendere quello di : « Direzione Generale degli Affari Religiosi ».
Dietro al cambio d’etichetta —
secondo il commento dell’agenzia francese B.IjP. — lo stato intenderebbe allargare i suoi rapporti dalla chiesa cattolica a
tutte le, confessioni. Lo stesso E;
de Zulueta ha dichiarato che il
Ministero di Giustizia si propone di elaborare, nei prossimi
mesi, un nuovo progetto di legge concernente la libertà religiosa. Esso dovrebbe tener conto
dei punti di vista di tutte le
confessioni religiose che verranno consultate in proposito. Si
teme, tuttavia, che il punto di
vista cattolico finirà col prevalere; in ogni caso ci sarà una
svolta nei rapporti tra stato e
chiese.
G. Platone
(segue da pag. 5)
ma. Ovviamente, le conclusioni
sono state molte e diverse a seconda della posizione, anche politica, dell’oratore, e non è possibile sintetizzarle tutte nello
spazio di un articolo. Ne riporteremo quindi solo due, non antitetiche ma dialettiche, con la
speranza di stimolare un dibattito più ampio.
Un tipo di conclusione è stato che « le intese sono la predicazione allo Stato ». Se non si
risolverà in modo chiaro ed inequivocabile il problema del rapporto tra Chiesa e Stato, ci sarà sempre un metaforico semaforo rosso sulla linea che congiunge la Chiesa al movimento
operaio. Per risolvere questo nodo bisogna che i partiti della sinistra si decidano ad affrontarlo nella veste meno comoda e
più macroscopica, quella cioè
del rapporto col mondo cattolico.
Un altro tipo di conclusione
ha invece superato il problema
delle intese e del concordato in
quanto tali per occuparsi di
quello di come intervenire, in
quanto protestanti, a livelli pratici, nella scuola, nel settore assistenziale ecc. Per quanto riguarda la scuoia l’indicazione è
stata quella di intervenire valutando sia l’esperienza del movimento operaio sia le garanzie
dello stato capitalistico, per portare il nostro contributo specifico di protestanti in queste iniziative ; nel settore assistenziale
la linea emersa è stata quella di
intervenire più nell’ambito teologico di cura d’anime che in
quello strettamente tecnico
(ospedali ecc.), cosa che per altro deve fare ló Stato.
Nel loro rapporto con la società civile, i protestanti dovrebbero avere ben chiari tre livelli
di prassi paralleli;
1) di fronte alla ripresa del
cattolicesimo, è necessario procedere ad una demistificazione
teologica del suo preteso plura
, .lismo ;, . ..
2) nei confronti del movimento operaio è necessario intervenire a livello ideologico, sui
: grandi temi deH’attuale dillattito;
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio
Egitto-lsraele: dialogo interrotto?
Mercoledì 11 c. Begin è stato intervistato alla TV francése,
ed ecco i punti salienti delle risposte da lui date a tre questioni di fondamentale importanza.
1) Interrogato sugl’insediamenti israeliani nel Sinai, Begin ha
detto;
« Ho fatto osservare al presidente Sadat che la nostra presenza nel Sinai è pienamente legittima. La guerra del 1967 è stata una guerra di legittima difesa, nozione — questa — che sta
a fondamento di trattati come
quello di Locamo. Per quale ragione tutte le potenze hanno riconosciuto, dopo la guerra, la
presenza dei Sovietici a Königsberg, che oggi si chiama Kaliningrado, se non perché la guerra sostenuta dai Sovietici contro i nazisti, era stata una guerra di legittima difesa? La Francia e altre potenze hanno riconosciuto, ad Helsinki, questa
presenza sovietica nella Prussia
Orientale. Allo stesso rnodo, anche noi abbiamo il diritto di restare nel Sinai ».
Questa risposta è capziosa per
almeno tre ragioni:
a) Non è lecito confrontare
Timperialismo, l’aggressività, la
pericolosità della Germania hitleriana con quelli, presunti, dell’Egitto 1967.
b) La seconda guerra mondiale vide rURSS invasa e devastata dai tedeschi, mentre
Israele non vide, nel 1967, il
proprio suolo nazionale neppure toccato da egiziani, né da armi egiziane.
c) La necessità di reintegrare il territorio della martoriata
Polonia dopo il 1945, distaccava
nettamente, in senso geografico,
la Prussia Orientale (di capitale
Königsberg) dal resto della Germania. Il restituire a questa la
Prussia Orientale avrebbe per
ciò creato immense difficoltà dì
carattere sociale, economico e
politico (neppure confrontabili
per es. con quelle che sarebbero
sorte, se la Jugoslavia avesse restituito Zara all’Italia). Nulla di
paragonabile con la progettata
annessione del Sinai ad Israele.
2) « 7 territori occupati, sarebbero da voi posti sotto sovranità
israeliana, o sovranità araba? »
Risposta: « Si parla della Palestina. Ma che cosa questo vuol
dire? La Palestina è la terra di
Israele, la terra dei nostri antenati. (...) Per la Giudea - Samaria e per Gaza, noi offriamo la
autonomia, ma non l’autodeterminazione. Quest’ultima farebbe
evolvere lo Stato Palestinese nello Stato OLP, e questo sarebbe
un pericolo mortale per milioni
d’israeliani. (...) Inoltre Israele
è a due ore di volo da Odessa,
e ciò farebbe successivamente
evolvere lo Stato OLP in una
base sovietica. Allora noi conosceremmo le sorti dell’Angola,
del Mozambico e dell’Etiopia ».
Osserviamo che la Palestina
non è .soltanto la terra d’Israele,
ma anche quella dei Palestinesi, che vi si erano insediati dopo gl’israeliani. Inoltre non v’è
.somiglianza fra Israele e l’Etiopia, se non parzialmente e a
sfavore d’Israele. L’Etiopia infatti combatte una guerra per
ottenere un suo sbocco al mare, ma disgraziatamente non può
ottenerlo se non a spese di altri
popoli (cioè Somali ed Eritrei).
Israele invece ha il privilegio di
una lunga costa marina, mentre alcuni suoi nemici (Giordania, Siria) non hanno alcuno
sbocco. L’Etiopia figura come
aggressore (e, in buona parte,
lo è): se dunque Israele vuol assomigliare all’Etiopia, ciò significa che si autodefinisce, almeno in buona parte, anch’essa come aggressore. Infine è ancora
3) nei confronti della società intera dobbiamo infine saper
dire se saremo capaci in un domani di disfarci delle strutture
che verranno trasformate nello stato socialista, quali ad esempio i nostri ospedali, le nostre
scuole ecc.
Solo avendo ben chiare queste indicazioni, sarà possibile
portare il nostro contributo specifico di protestanti nella battaglia per la libertà.
Coraggio
(segue da pag. 1)
troppo presto per parlare di
« sorte » dell’Etiopia, sorte che
nessimo, a tutt’oggi, è in grado
di prevedere. Quanto all’Ajigola
e al Mozambico, si potrebbero
dire cose analoghe.
3) « Accusato da un uditore
di non voler riconoscere l’OLP
( = Organizzazione per la Liberazione della Palestina) come
rappresentante legittima dei Palestinesi », Begin ha risposto:
« Che significa la parola "Palestinese”? Anch’io sono un Palestinese. Noi siamo Palestinesi
ebrei, così come esistono Palestinesi arabi. La pretesa OLP è
un’organizzazione che presuppone, nel suo statuto, la sparizione dello Stato d’Israele. Secondo quello statuto, solo gli ebrei
viventi in Palestina prima del
1917 avrebbero il diritto di restarvi. Dove andrei dunque io
stesso? Dove la mia famiglia e
i miei figli? Noi diciamo: “Tutto è negoziabile, salvo la distruzione d’Israele. Noi non tratteremo con un’organizzazione che
uccide le donne e i bambini e
che se vanta” ».
Prernesso che Tautoqualifica
di Begin : « anche noi siamo Palestinesi », non è altro che un
sofisma creante confusione di
linguaggio, osserviamo che, purtroppo, in tutte le guerre vengono uccisi donne e bambini ma
che, non per questo, ci si rifiuta di trattare con le organizzazioni che ne sono responsabili.
Anche gli Anglo-Americani, nel
bombardamento di Dresda (la
notte sul 14.2.’45) che fece circa
250.000 morti (cioè più che Hiroshima e Nagasaki messe insieme), uccisero donne e bambini e, crediamo, se ne vantarono. Gli stessi Israeliani hanno
ucciso donne e bambini nei loro bombardamenti del Libano.
(Le citazioni sono tratte da
«Le Monde» del 13.1.’78).
solo all’uomo di riscoprire il
suo creatore: gli permette anche di riconoscere il suo prossimo come uomo. Perché se Dio
si è rivelato a noi attraverso la
croce di Gesù, allora ogni frammento di storia umana diventa
degno d’infinita attenzione da
parte nostra: le masse silenziose che hanno fatto la storia diventano più importanti dei re
— come il bambino di Betlemme era più importante di Cesare Augusto — gli sconfitti diventano più importanti di quelli
che hanno avuto successo —
come Gesù crocifisso era più importante di Pilato —; allora gli
ultimi giorni di vita d’una madre di famiglia che muore di
cancro diventano più importanti di tutti gli sforzi che pur vogliamo e dobbiamo fare per salvare il nostro paese dalla rovina, per costruire un ordine sociale più umano e più giusto.
Perché se si nega pietà anche
anche all’ultimo frammento di
vita umana, non si ha più il
diritto di parlare dell’Uomo.
Questo ci ha insegnato Gesù:
anzi, lo. ha fatto.
La croce, di Cristo, la trascendenza di Dio: certo, per poter
predicare queste cose, la chiesa deve .essere dotata d’una
grande indipendenza, spirituale
— e questo è il nostro ultimo
punto. La chiesa può e deve
parlare con ■ chiarezza solo se è
fondata unicamente sull’Evan
gelo, non su propri interessi,
tradizioni, alleanze: solo se la
sua yita- interna ed esterna si
impipa quotidianamente .all’Evan
gelp. In altri termini, solo se,
oltre a predicare la croce di Gesù, è anche disposta a portarla;
solo se oltre a predicare la gloria di Dio essa è disposta a ri^
nunzìare. ad ogni gloria propria; .
solo, se, nella grande battaglia
della vita, essa è disposta a
puntare non sulla vittoria, ma
solo sull’amore. Ciò significherà
dunque alimentare nella chiesa
una grande libertà di giudizio, e
una buona misura di coraggio:
il coraggio di andare controcorrente, di tacere quando urlano i lupi e di parlare quando
cala il silenzio del conformismo e delle delusioni. Qualche
volta, semplicemente il coraggio
di dire che 2 -|- 2 fa 4. Altre volte, il coraggio di rischiare, o di
incoraggiare quelli della chiesa
che rischiano anche per noi.
Infine, ciò significherà sempre
che la chiesa non può lasciarsi
dettare da nessuno i contenuti
della sua predicazione, ma li
deve ricercare nella Parola degli apostoli e dei profeti, alla
luce di quello Spirito di Cristo
che c’è stato promesso e che
solo può rendere fecondo l’incontro con l’uomo del nostro
tempo e il confronto con le idee
che volta a volta lo animano e
lo schiacciano. Non è facile, ma
è possibile: anzi è l’unica possibilità che ci sta davanti.
India
(segue da pag. 1)
L’arcivescovo di Madras, Sundar Clark, ha scritto ; « Non vi
è mai stata un’inondazione, un
uragano o una mareggiata che
abbiano portato vìa tante vite,
rovinato tante case, e danneggiato tanti ettari di terreno. Lo
spettacolo è indescrivibile, e
spezza il cuore... Ho pianto per
questo, e molti del mio clero si
sono uniti a me».
L’uragano ha colpito proprio
mentre Andhra era nel momery
to del raccolto e tutte le messi
sono andate completamente distrutte. Si ritiene che ci vorranno dieci anni per ricostruire lo
stato.