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V. Vi.
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SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE BATTIS11 , METODISTE, VALDESI
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
ANNO 3 - NUMERO 43
'r
LA GIUSTIZIA IN ITALIA
IL DIRITTO
E LA CRITICA
OIORQIO GARDIOL
Il nostro sistema giuridico
continua ad essere al centro del dibattito politico e della valutazione critica dei cittadini. Il ministro della Giustizia è stato sfiduciato e il fatto
ha dato origine alle dimissioni
del governo annunciate per la
fine d’anno. Si stanno celebrando processi e vengono
condannati i potenti e gli intoccabili di solo qualche anno
fa. Giudici ed ex pubblici ministeri si sentono protagonisti
e pensano anche si costituire
nuovi movimenti politici.
Con i processi contro il terrorismo degli anni ’70 e i
processi contro la mafia degli
anni ’80 e ’90, e l’azione giudiziaria contro la corruzione
pubblica degli anni ’90, la
magistratura ha acquistato
un’autorevolezza e un ruolo
istituzionale impensabile solo
pochi anni fa. Con il potere
della magistratura è cresciuta
parallelamente la voglia di
giustizionalismo, che però è
ben altra cosa dalla giustizia.
È comprensibile perciò che il
mondo politico in questa situazione stia agendo, da una
parte, per accapparrarsi il
consenso dei giudici più noti e, dall’altra, stia tentando
di crearsi di spazi di controllo
e di condizionamento della
magistratura. Tipici di questo
atteggiamento politico sono
la campagna contro i poteri «atipici» del Consiglio superiore della magistratura
(Csm) dell’allora Presidente
della Repubblica, Francesco
Cossiga e, oggi, i conflitti tra
gli ex ministri Alfredo Biondi
e Filippo Mancuso e alcune
procure italiane.
Giovanni Calvino, il riformatore, nella sua opera principale, rIstituzione cristiana;
chiede ai credenti riformati di
«amare la giustizia e di studiarla con attenzione». La
giustizia, che è il dono gratuito di Dio, ci conduce infatti
ad amare il «diritto» contro
l’arbitrio e a «operare con
equità». Il diritto e l’equità
sono i due poli con cui valutare il sistema giudiziario.
Sotto il profilo dello stato
di diritto possiamo essere abbastanza soddisfatti: l’autonomia della magistratura è rispettata, i potenti rendono
conto delle loro azioni a giudici che giudicano «in nome
del popolo italiano». I giudici
esercitano il loro potere di
controllo della legalità sull’
esercizio degli altri poteri e
vengono perseguiti gli abusi e
i delitti. Anche se c’è chi si
sente «perseguitato» per questo e alcuni procuratori si
sentono investiti di compiti
«etici» di «risanamento morale del paese» che va oltre lo
stato di diritto.
Alcuni diritti individuali
non sempre vengono rispettati, specie quando sono sotto
processo non i potenti ma i
senza potere. Penso qui ai
provvedimenti di molti giudici in materia delle libertà personale e più in generale alla
deformazione inquisitoria del
processo penale che cerca ancora la confessione dell’indagato più che l’acquisizione
delle prove, ai troppi «dimenticati» in «attesa di giudizio».
L’organico e gli strumenti
della giustizia sono ancora
troppo scarsi e ciò si traduce
in carenze sul piano dell’
equità tra i cittadini. Il processo civile è lunghissimo, e
nel processo penale un buon
avvocato, capace di agire sui
tempi del processo, fa sì che i
potenti e gli abbienti, a parità
di reato, escano dall’azione
giudiziaria con conseguenze
di gran lunga inferiori dei cittadini «normali». Così la legge perde la sua capacità regulativa sul piano sociale, uccide il senso pivico del diritto e
offre alibi e coperture al malaffare. Oggi i potenti alimentano questo malcontento parlando di un’istituzione giudiziaria viziata da protagonismo politico. Attenzione; anche il fascismo ha criticato le
istituzioni. Il risultato e stato
che durante il Ventennio
l’azione penale dipendeva
dalla volontà del governo.
Critichiamo pure: è nostro
dovere (i giudici giudicano in
nome nostro, del popolo) ma
salvaguardiamo il principio
dello stato di diritto.
Come possiamo avviare il dialogo di fede tra le generazioni che spesso non si parlano
La fede racconta una storia di liberazione
ENOS MANNELLI
«Quando in avvenire il tuo figliolo ti
domanderà: “Che cosa significano queste istruzioni, queste leggi e queste prescrizioni che l’Eterno, l’Iddio nostro, vi
ha date?" tu risponderai: “Eravamo
schiavi di faraone in Egitto, e l’Eterno ci
trasse dall’Egitto con mano potente ’’»
(Deuteronomio 6, 20 ss)
Il Sinodo di quest’anno ha invitato le
chiese metodiste e valdesi a «impegnarsi in un dialogo tra le generazioni
che iricluda un confronto tra i rispettivi
modi di vivere la fede cristiana». Questo
dialogo è una «necessità» e una «ricchezza da valorizzare». Quanto è difficile però realizzarlo!
In Israele vi era lo stesso nostro problema: comunicare alle nuove generazioni la fede dei padri e delle madri. Ci troviamo di fronte a una situazione di testimonianza all’intemo della famiglia, a un
«catechismo domestico» (Giovanni
Miegge). La risposta del padre al figlio
non contiene nozioni che egli può anche
trovare sui libri, ina un «credo», una
confessione di fede che descrive le gesta
salvifiche di Dio. Penso che una delle ragioni, o meglio la fagione che sta alla
base deir allontanamento dei nostri figli
dalla chiesa e dalla fede in Cristo, consista nel fatto che essi non hanno più l’occasione di chiedere alle nonne e ai padri:
«Perché siete evangelici?»; «Perché andate in chiesa e contribuite con parte dei
vostri beni?»; «Chi è Dio per voi?».
Non possiamo tranquillizzarci dicendo
che è colpa del benessere (che sta finendo!), delle numerose distrazioni, del
crollo di molti ideali, delle tante religioni, ecc. In parte può essere vero, ma
penso che il motivo fondamentale stia
nel fatto che i giovani non vedono nessuna differenza sostanziale tra il nostro
modo di'vivere e quello degli altri. Il
grosso inteffogativo che sta alla base di
tutto è sapere se la nostra fede in Cristo
ci porta a differenziarci, a uscire dalla fila, a fare qualcosa di alternativo alle
suggestioni, alle proposte che ci giungono oggi dai vari predicatori. Per i primi
discepoli 0 per i «protestanti» della Dieta di Spira nel 1529 si poteva dire che
essi erano stati con Gesù o che «confessavano» la loro fede. Ma di noi oggi,
’ che cosa può essere detto?
I nostri nonni e le nostre madri avevano, non c’è dubbio, molto meno cultura e
ricchezza di noi, ma le loro chiese erano
formate da credenti che potevano presentare, non in se stessi ma in Dio, un’alternativa valida a quella «vita senza senso»
ereditata dai loro padri (I Pietro 1, 18),
dicendo: eravamo schiavi del peccato, del
nonsenso, della motte, ma ora in Cristo
siamo passati dalla motte alla vita! Non
dobbiamo limitarci a parlare ai nostri figli
e figlie di religione, di differenze tra cattolicesimo e protestantesimo, ma dobbiamo insegnare Ipro a vivere la propria vita
come persone che sanno che «la religione
prende l’uorao e lo lascia com’è; l’Evàngelo prende Puomo com’è, ma qe fa ciò
che deve èssere» (Y. T. Seamands), cioè
una creatura la cui vita è stata rifondata
dall’incontro con l’amore di Dio in Gesù
Cristo. Questo incontro ci fa assumere un
atteggiamento diverso, alternativo, rispetto all’amore per il denaro, al consumismo
imperante, all’uso del tempo libero, ai
rapporti interpersonali, all’esistenza quotidiana, alla sofferenza e alla morte.
Tutto questo non viene da noi, in un
batter d’occhio, ma è l’opera quotidiana,
paziente, instancabile di Dio il quale,
avendo «cominciato in voi un’opera
buona, la condurrà a compimento fino al
giorno di Cristo Gesù» (Filippesi 1, 6).
Solo allora può darsi che inizi un dialogo con i nostri cari figli e figlie e, mentre muoverà i primi passi, ci accorgeremo che la nostra vita sarà più piena, più
sensata, più ricca: sarà una vita secondo
la volontà di Dio.
Bibbia e attualità
La pace
del Messia
LUCIANO DEODATO
Cercare la chiave dell’assassinio di Yitzhak Rabìn nei circoli fondamentalisti israeliani è giusto, rna
non sufficiente.
Ratin erà ebreo e, anche
se non credente, va comunque considerato membro del
«popolo eletto». Un militare
che a un certo punto della
sua vita aveva «trasformato
la sua lancia in roncola e la
sua spada in vomere», come
cantarono un tempo Isaia e
Michea, per portare la pace
a Gerusalemme. Ma la pace
a Gerusalemme la porta solo
il Messia.
Impressionanti le immagini del funerale di Rabin. Il
Gotha dei potenti del pianeta, effluiti da ogni continente
verso Gerusàlemmè, preoccupati per il destino della
pace di Gerusalemme e del
mondo. Già, perché stranamente, oggi, là pace di Gerusalemme non è come la pace
in Ruanda o in Mongolia o
nel Chiapas, ma una questione che riguarda tutti. Gerusalemme centro del mondo?
Così pensavano Isaia e Michea, quando cantavano che
verso il «monte della casa
dell’Eterno» più alto di tutti
gli altri monti sarebbero affluiti i popoli del mondo. Nei
giorni della tragedia gli occhi di tutti si sono rivolti a
Gerusalemme, cercando una
pace che non c’era più. Perché la pace a Gerusalemme
la porta solo il Messia.
E allora? Dobbiamo attendere «la fine dei tempi»?
Fórse sì, forse no. Tra i molti
problemi che Israele deve risolvere c’è anche quello del
rapporto tra profezia e storia, tra promessa e compimento. Riguarda il cuore
della fede d’Israele. In attesa
che Venga (o ritorni) il Messia, come vivere nella storia?
Noi cristiani abbiamo
scelto di proiettare tutto nel
futuro, nell’escatologia, e ci
siamo accontentati di una dimensione «spirituale» del
Messia e del suo regno. Ma è
una soluzione parziale é
provvisoria, come dimostrano i movimenti «integralisti»
sorti in epoche diverse e con
diverse connotazioni un po’
in tutte le chiese. In fin dei
conti abbiamo scelto di relegare Dio nel cielo, mentre
noi abbiamo preso il controU
lo della terra. Isaia diceva:
«...venite, camminiamo alla
luce dell'Eterno» (Is. 2, 5),
Il cammino non è ancora
la meta. È però movimento.
In un cammino ci sono tappe, cartelli, segnali. Rabin è
stato uno strumento di pace
nel grande progetto di Dio
per la vita del mondo. L’incontro, per un giorno, dei
grandi della terra sulla collina di Sion è un segno [che
ci rimanda a quell’altro
giorno che, insieme a Israele, tutto il mondo attende.
Solo il Messia porterà la pace a Gerusalemme e nel
mondo. Chi lavora oggi per
la pace, è un segno che annuncia la pace di domani, la
pace del Messia. ___________
\ ,
2
V
PAG. 2 RIFORMA
Ecumene
venerdì 17 NOVEMBRE 1995
SI sono svolte a Tolosa le Assise della Federazione protestante di Francia
«Non possiamo vivere senza condividere»
impegno comune dei protestanti francesi
Dal 27'al 29 ottobre scorso
460 delegati e invitati hanno
partecipato alle Assise della
Federazione protestante di
Francia (Fpf), a, Tolosa, sul
tema: «Partager, c’est vivre»
(Condividere significa vivere). Nel suo messaggio ai delegati il pastore Jacques
Stewart, presidente della Fpf,
ha sottolineàto l’impegno delle chiese nella lotta contro
quello che oggi viene chiamato «frattura sociale»: «Di
fronte a queste situazioni di
povertà e di esclusione, come
recepiamo e interpretiamo il
messaggio dei profeti, il messaggio delle Beatitudini e
l’annuncio, da parte di Gesù,
del compimento oggi della
Buona Novella del regno di
Dio?».
Fedeli a una certa etica
protestante, le chiese e le associazioni della Fpf si sono
sforzate, in questi ultimi mesi,- di collegare la riflessione
all’azione. Il dossier pubblicato lo scorso anno su «Lavoro, cóndivisione, esclusione» ha risposto alle aspettative di molte chiese e ha suscitato un certo numero di azioni specifiche. D’altra parte, la
campagna ecumenica «Accogliere lo straniero» ha permesso di sensibilizzare molte
Durante un’assemblea dei protestanti francesi al «Musée du Désert»
persone sulle gravi difficoltà
che Sfanno attraversando gli
immigrati o i profughi.
Alludendo al recente sondaggio sulle credenze e i
comportamenti di coloro che
si sentono vicini al protestantesimo, Jacques Stewart si è
interrogato sul poco interesse
dei protestanti per il messaggio della grazia: «Certo - ha
detto - la fede non si traduce
solo in formule teologiche e
non si misura all’esatto rigore di queste formule, però...
ci sono limiti in cui l’appros
simazione della convinzione
può diventare preoccupante».
Secondo i nuovi stamti della Fpf, le questioni amministrative della Federazione sono ormai di competenza
dell’Assemblea generale che
si riunisce ogni anno. Le Assise di Tolosa hanno quindi
avuto il tempo sufficiente per
dibattere e approvare undici
«raccomandazioni», poste
all’attenzione del Consiglio
esecutivo della Fpf. Le «raccomandazioni» riguardano:
la Scod (Società cooperaliva
Il messaggio finale delle Assisie di Tolosa
Perché tutto è grazia e tutto ci viene da
Dio, perché siamo interdipendenti gli uni dagli altri, qui e su tutta la terra, non possiamo
accettare di vivere senza condividrae, anche
se la condivisione ci è a volte difficile e perfino dolorosa. Essa non è un favore occasionale che concediamo ad alcuni per permettere loro di sopravvivere, essa è la vita stessa.
Viviamo grazie ai legami che tessiamo.
Soffochiamo la vita se cerchiamo soltanto di
conservarci e di proteggerci.
La fede ricevuta dal Cristo vivente e dallo
Spirito del Padre ci provoca per le condizioni in cui sono costretti a vivere oggi donne e
uomini di questo mondo, e ci chiama a rifiutare la logica di una società che banalizza
l’esclusione sociale e che moltiplica le fratmre tra le società, tra le culture, tra i gruppi
umani, tra le religioni. La condivisione ci
costringe inoltre ad interpellare continuamente i poteri pubblici affinché essi assumano le loro responsabilità nel campo della
giustizia sociale.
Confessiamo l’amore gratuito di Dio per
tutti, la buona novella della grazia che ci dice la speranza indefettibile offerta ad ogni
uomo, ad ogni donna, ad ogni bambino della
nostra terra.
Pertanto, rifiutiamo di cadere nella disperazione.
Il condividere è un atto di umanità, è il superamento delle nostre timidezze, delle nostre paure, delle nostre vulnerabilità.
Non dimentichiamo che ogni dignità e
ogni integrità della persona rimane un bene
inalienabile di cui siamo' debitori agli altri
come a noi stessi.
Pertanto, rifiutiamo che il «vivere insieme» venga distrutto dal disprezzo o dall’
umiliazione. Il condividere ci offre la gioiti
di accogliere, di andare verso gli altri con le
mani aperte e non chiuse.
Affermiamo che Gesù ha voluto dare accesso alla parola, anche ai senza voce,
aprendo ogni esseré, ogni riflessione, ogni
azione, anche la più modesta, alla dimensione dell’amore.
Pertanto, rifiutiamo di immaginare di avere un qualunque monopolio di spiritualità, o
di ridurre l’altro ad oggetto di generosità, di
togliergli la possibilità di essere attore della
propria esistenza.
Il condividere ci permette di camminare
con gli altri, in progetti e rischi comuni.
Siamo consapevoli che il progresso, ricercato con frenesia dalle società cosiddette
avanzate, non può costituire un polo di speranza per il pianeta, se non c’è l’equilibrio di
una giusta condivisione tra gli esseri umani:
la gestione dell’intera terra concerne ogni essere vivente.
Pertanto, rifiutiamo il «tutto economico»
quale unico criterio, dimenticando i volti, le
mani, gli sguardi e i nomi di coloro che ne
sono esclusi. Il condividere ci illumina di un
vero giubilo, nella bellezza e la fiducia ricevute dallo sguardo degli altri.
Desideriamo metterà le nostre capacità di.
intelligenza alla ricerca di soluzioni adeguate
di giustizia ed equità per ogni essere umano.
Pertanto, rifiutiamo di sacralizzare qualunque cosa umana o religiosa. Il condividere,
gesto profetico produttore di senso, ci libera
e ci mobilita con l’insieme della terra abitata.
Scopriamo che il dialogo teologico, approfondito con energia, coerenza e perspicacia, può essere oggi un vero fermento di liberazione delle mentalità, di lotta contro le
discriminazioni, di scoperta di nuove solidarietà, di vittoria sui nostri integralismi.
Pertanto, rifiutiamo il perdurare di ignoranze e di sospètti mentre la storia del mondo rimane segnata da troppe tragedie.
Il condividere può essere il luogo di riconciliazione delle memorie, che permette di dire le sofferenze, di assumere le paure, di arricchirsi delle differenze. È il gesto necessario per aiutarci a sorridere di noi stessi quando siamo tentati di crederci unici. Non è questa anche una diaconia necessaria della pace?
Sappiamo che l’Evangelo ci convoca sempre di nuovo alla sua condivisione anche se
dobbiamo pur ammettere che i linguaggi di
chiesa vanno continuamente rinnovati, segnati come sono dalla cultura.
Pertanto, ci rallegriamo di avere, nel cammino federativo della Federazione protestante di Francia, delle convinzioni comuni e una
via di sperimentazione che costituisce una
posta in gioco privilegiata, sorprendente, dinamica.
11 condividere suscita intelligenza, audacia, invenzione di gesti nuovi che danno senso alla speranza. È la vita!.
Finché delle donne piangeranno,
lotterò,
finché dei bambini avranno fame e freddo,
lotterò,
finché ci sarà un alcolista,
lotterò,
finché ci sarà una ragazza che si vende,
lotterò,
finché ci sarà un uomo in prigione e che
ne uscirà solo per tornarci di nuovo,
lotterò,
finché ci sarà un essere umano privato
della luce di Dio,
lotterò, lotterò, lotterò!
(William Booth, fondatore
dell’Esercito della Salvezza)
ecumenica per lo sviluppo), il
dono del sangue, la disoccupazione e l’esclusione, gli
handicappati, il servizio nazionale (civile e mihtare), il
dialogo con l’Islam, la costruzione europea, l’accoglienza degli stranieri, la condivisione tra chiese, i test nucleari nel Pacifico.
Alle Assise hanno partecipato numerosi invitati,- tra i
quali mons. Duval, presidente della Conferenza dei vescovi di Francia; padre André, della Chiesa ortodossa;
Jean-Marie Bouillon, della
Chiesa protestante unita del
Belgio; mons. Collini, arcivescovo cattolico romano di
Tolosa; il pastore Hugh Johnson, della Chiesa protestante
d’Algeria; Frère Sébaatien,
della comunità di Taizé; Jacques Martin, dell’Unione
buddista di Francia; Milan
Opocenskij, segretario generale dell’Alleanza riformata
mondiale; Hans^ Schmocker,
della Conferenza delle chiese
europee (Kek); Konrad Kaiser, segretario generale del
Consiglio ecumenico delle
Chiese (Cec); Peter Bouman,
della Scod. Era inoltre presente la cantante americana
di «gospel», Liz Mac Comb,
che ha dato un concerto molto apprezzato. Alla tavola rotonda presieduta da Olivier
Abel ha partecipato la nota
economista Suzan George,
specialista dei rapporti NordSud, autrice di un libro molto
critico nei confronti della
Banca mondiale. (bip)
Ringraziamenti
Una lettera
dai protestanti
della Polinesia
Nel corso delle Assise, il
pastore Jacques Stewart ha ricevuto la seguente lettera di
ringraziamento dal pastore
Jacques Ihorai, presidente
della Chiesa evangelica della
Polinesia francese (Eepf):
«Mauruuru (grazie) a Lei e
alla Fpf di aver permesso che
rEepf sia meglio capita dal
popolo francese e dai mass
media... ^iamo molto sensibili a questa azione che manifesta la vostra solidarietà con
la nostra lotta, per uh Pacifico libero da ogni arma nucleare e per una pace che rifiuta la miruiccia e la forza.
Non eravamo venuti a Parigi per costringere il presidente della Repubblica ma
per convincerlo del nostro
dolore e della nostra sofferenza.
Così, domani, la memoria,
gli scritti sulla storia della
Polinesia, come una cicatrice
sulla pelle, ricorderanno e
racconteranno ai nostri figli
ciò che avete fatto per loro e
per il nostro popolo, ciò che
avete condiviso con noi riguardo alle preoccupazioni e
al rispetto per la creazione di
Dio.
Se è vero che la società in
cui viviamo oggi e nella quale
ognuno è chiamato ad essere
attivo, non sa più coniugare il
verbo condividere, presso di
voi ho incontrato personalmente delle sorelle e dei fratelli che hanno quell’imperativo nella loro vita, nei loro
pensieri, nel loro cuore, nella
loro fede: condividete».
Dal Mondo Cristiano
Russia: crescono i luterani
ma mancano i pastori
SAN PIETROBURGO — La Chiesa luterana in Russia,
Ucraina, Kazachstan e Asia Centrale si trova in difficoltà finanziaria e con un numero insufficiente di pastori. A questo proposito il vescovo, Georg Kretschmar, che risiede a San Pietroburgo ed è stato anche professore di teologia ad Amburgo e a Monaco di Baviera, ha affermato che la sua chiesa ha un’urgente
necessità di aiuti dall’estero e ha chiesto che vengano stretti
maggiormente i legami fra le chiese luterane dell’Europa occidentale e la Chiesa evangelica luterana dell’ex Unione Sovietica. Dopo il collasso del sistema socialista «un’intera nazione è
alla ricerca delle sue radici», ha detto il vescovo, aggiungendo
che ciò vale anche per le piccole comunità luterane che risalgono addirittura al 16° secolo e che, dopo decermi di persecuzioni
e dispersioni, si stanno óra riorganizzando. Accanto alle comunità della Siberia, del Kazachstan e dell’Asia Centrale, in crescita e caratterizzate da una grande fraternità, anche nella Russia europea si assiste alla costituzione di molte nuove chiese,
composte prevalentemente da intellettuali e famiglie della media borghesia. Nella sola Russia europea le comunità luterane
sono passate in due anni da 30 a 150.11 vescovo Kretschmar ritiene che il rafforzamento della Chiesa luterana sia necessario
anche per controbilanciare l’espansione dell’evangelismo settario. Per seguire la crescita dei luterani in questi paesi, ha ancora
detto il vescovo, dobbiamo riuscire a preparare predicatori e
pastori, procurarci Bibbie, innari, e altro materiale di lettura,
costruire nuovi edifici ecclesiastici. , (epd)
Svizzera: film documentario
sull'Esercito della Salvezza
LOSANNA — n 18 ottobre scorso, presso la Cinemateca
svizzera di Losanna, la cineasta etnologa Jacqueline Veuve ha
presentato un suo film documentario sull’attività dell’Esercito
della Salvezza, intitolato: «Oh! Quel beau jour». Il film presenta rattività di cinque ufficiali dell’Esercito della Salvezza,
due coppie e un singolo, fra i quali una donna medico e un ricercatore, dottore in biologia. Il film portado spettatore dalla
scuola di formazione di Basilea fino ai luoghi in cui questi ufficiali svolgono il loro ministero (La Neuveville, Rouen e Parigi). «L’Esercito della Salvezza fa un po’ parte della mia vita» ha spiegato la cineasta, che ha conosciuto il movimento
protestante fondato dal pastore metodista William Booth durante la sua infanzia a Páyeme: «Ho molta amicizia per loro,
ma non sono affatto salutista». Jacqueline Veuve pensa di realizzare un secondo documentario sul lavoro dell’Esercito della
Salvezza in Africa (Zaire). Lo metterà a disposizione
dell’«Esercito» per promuovere il suo lavoro ita i più poveri e
gli esclusi. Questi due film documentari sull’Esercito della
Salvezza andranno ad aggiungersi al libro uscito a suo tempo
nella collana «Que sais-je?». (spp)
Romania: aperto un seminario
avventista
BUCAREST —7 La Chiesa avventista del settimo giorno ha
aperto nel mese di ottobre un seminario teologico nei pressi di
Bucarest, in Romania. Gli iscritti ai corsi teologici, uomini e
donne, sono 135.
Nuovi membri nel Consiglio
ecumenico delle chiese
GINEVRA — Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha
accolto nove chiese come nuovi membri. La decisione è stata
presa nel Comitato centrale del Cec nella seduta del 15 settembre. Le chiese membro del Consiglio salgono così a 332, per
un totale di oltre 400 milioni di cristiani. Dall’Africa sono state accolte l’Unione battista del Camerún, la Chiesa evangelica
luterana del Kenia, la Missione evangelica pentecostale
dell’Angola, la Chiesa evangelica riformata dell’Angola, la
Chiesa riformata unita del Sud Africa, la Provincia anglicana
del Sud Africa. Due chiese sono asiatiche: la Chiesa cristiana
del Timor orientale e la Chiesa evangelica di Sabah (Malesia).
DeH’America Centrale è l’Unione battista della Giamaica. La
Chiesa di Schaumburg-Lippe (una chiesa luterana regionale
della Germania) che aveva sospeso la sua adesione al Cec nel
1978 perché non ne condivideva la linea politica, è rientrata
nel Consiglio, dopo che il suo Sinodo si era pronunciato per la
richiesta di riadesione. (epd)
Lettonia: le teologhe luterane
fondano un'associazione
RIGA — Diciotto teologhe luterane, tra cui quattro pastore
della Lettonia e tre degli Stati Uniti, hanno fondato il 17 luglio
a Riga l’Associazione delle teologhe luterane lettoni. Il successivo 25 agosto, in un culto speciale tenuto a Riga nella
principale chiesa luterana, hanno ricordato il ventesimo anniversario delle prime pastore luterane ordinate in Lettonia. La
presidente dell’associazione, Vaira Bitens, ha detto che unirsi
è stata una necessità «perché i nostri colleghi maschi non hanno comunione con noi e ci emarginano e nel lavoro nelle nostre comunità siamo lasciate sole. Questa associazione ci serve
per sviluppare amicizia e solidarietà». Scopo dell’associazione
è anche quello di far prendere coscienza ai credenti e alla stessa popolazione della discriminazióne fra i sessi che ancora esiste nella chiesa. (Reformierte KZ)
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venerdì 17 NOVEMBRE 1995
Vita Delle Chiese
Il IX convegno «Uomini e religioni» chiede più attenzione per la pace; ;
Per costruire «terre di pace» servono anche
le azioni di riconciliazione delle religioni
Il pastore valdese Salvatore Ricciardi, membro dell’esecutivo dell’Alleanza riformata mondiale (Arm) ha partecipato al
IX incontro internazionale «Uomini e religioni» svoltosi a Firenze tra il 21 e il 25 ottobre. All’incontro, promosso dalla comunità di Sant’Egidio di Roma, hanno partecipato oltre 200
rappresentanti di confessioni cristiánele di religioni del mondo. Al centro della riflessione i temi della pace. Pubblichiamo
qui il «rapporto» sull’incontro dello stesso Ricciardi e l’«appello di pace» approvato dall’incontro.
SALVATORE RICCIARDI
I ■’ erre e cieli di pace»
>> X era il tema dell’incontro: in linea con la tematica
che da quando questi appuntamenti hanno luogo è al centro dell’interesse. Infatti, oltre
ai cristiani delle diverse confessioni, convengono rappresentanti di moltissime religioni di ogni parte del mondo.
Eravamo circa 200, e una
quantità strabocchevole di
pubblico si è aggregato per
ascoltare le varie tavole rotonde (23) che fra il lunedì, il
martedì e il mercoledì mattina si sono svolte in vari saloni della città.
Lunedì mattina, insieme
con la presidente delle comunità ebraiche, Tullia Zevi, e
l’arcivescovo di Otranto,
mons. Francesco Cacucci, sono'stato correlatore della tavola rotonda sul tema «l’Italia si interroga», dove ho
espresso la speranza che
l’enunciato potesse davvero
fare a meno di punto interrogativo, e ho cercato di delineare quali possano essere le
linee lungo le quali interrogarsi e i presupposti evangelici che come testimoni cristiani possiamo indicare.
Ho assistito poi a tre tavole
rotonde: la prima sulle questioni dei fondamentalismi
politici e religiosi, la seconda
sull’attuale situazione nell’Irlanda del Nord, la terza che
consisteva in un incontro a
due voci (Arrigo Levi e Carlo
Maria Martini) sul come credenti e non credenti possono
guardare al futuro. Per ragioni di spazio mi limiterò a riferire un particolare aneddotico
della seconda: gli oratori so
no stati ben sette, ma due soli
di loro, un sacerdote e un pastore, fronteggiavano il pubblico ai lati del moderatore di
turno; tutti gli altri, rappresentanti delle diverse parti
politiche, andavano al microfono alzandosi dal loro
posto fra il pubblico, per non
sedere allo stesso tavolo! Ma
non si deve perdere del tutto
la speranza: la sera, al ricevimento offerto dal presidente
della Provincia, erano seduti,
per lo meno, alla stessa tavola... da qualche parte si dovrà
anche cominciare.. Ho riferito
questo episodio in tono scherzoso, ma esso mi ha dato la
misura della strada che rimane ancora da fare.
Ospiti di riguardo alla cerimonia di inaugurazione, nella Sala dei Cinquecento, erano Lech Walesa e Corazon
Aquino. Non mi hanno entusiasmato più di tanto i loro attesi e applauditi interventi:
Walesa si è limitato a un breve e generico discorso sui valori della democrazia; un po’
più di spessore nel discorso
della Aquino, che ha raccontato, col calore di chi ha vissuto in prima persona e anche
da protagonista avvenimenti
importanti e anche dolorosi,
la storia dell’involuzione democratica nelle Filippine e ha
parlato dell’illegalità fatta sistema nel regime di Marcos.
Un momento forte, che a
mio avviso resta tale anche
spogliandolo di tutta la inevitabile coreografia, è stato 1”
incontro con i rappresentanti
del corpo diplomatico, avvenuto la mattina del 25 sulla
spianata di San Miniato, con
gli sguardi aperti sul panorama ineguagliabile di Firenze.
Un appello di pace, il cui testo è pubblicato a parte, è stato consegnato da alcuni rappresentanti delle varie religioni ai rappresentanti dei governi di molti paesi; un ulivo,
proveniente da Gerusalemme,
è stato piantato e innaffiato
con U concorso di un po’ tutti. Speriamo che il significato
a cui esso allude sia davvero
presente nei cuori.
Due osservazioni critiche,
per finire: 1) bisognerà, a mio
avviso, riflettere seriamente
sull’opportunità che un incontro di questo genere cominci
con una solenne liturgia eucaristica: essa appaga i cattolici,
sottolinea la centralità, per
non dire la preminenza, di
Agli uomini e alle donne delle religioni
La pace è fragile
«Uomini e donne di differenti religioni,
provenienti da differenti paesi, riuniti a Firenze per pregare Dio e domandare la pace,
affermiamo solennemente: le religioni non
giustificano mai l’odio, la violenza e la guerra. Di fronte al mondo ricordiamo a noi stessi e a tutti che le religioni non sono per la
guerra, ma per la pace. .
E un’affermazione antica che è scaturita
con nuova energia dalla profondità delle diverse tradizioni religiose: Dio vuole la pace
e non la guerra. Chi usa il nome di Dio per
odiare il fratello esce dalla religione pura e
senza macchia, perché i tanti nomi di Dio
non significano mai guerra ma, tutti insieme,
compongono la paròla pace.
Parlare di guerra di religione appare una
assurdità. Per questo da Firenze, nei colloqui, parte una forte convinzione e un appello, per ogni donna e ogni uomo: che la parola e la vita delle religioni sia la pace. La pace
è l’appuntamento che si sono dati i credenti
delle diverse tradizioni per incontrarsi, comprendersi e collaborare. La pace, infatti, è un
bene indivisibile, che viene da Dio e appartiene all’intera umanità. La guerra è empia
ed è la madre di tutte le empietà. Non è lecito a nessuno e a nessun popolo profanare la
pace con la guerra.
Tante voci, nel cuore di questo incontro
interreligioso, hanno chiesto la fine della
violenza e dei conflitti. Vengono da ogni
continente e testimoniano Forrore distruttivo
della guerra è dei suoi metodi. Queste voci
ci spingono a interrogarci se, nelle nostre ri
spettive comunità religiose, abbiamo lavorato per la pace. Chiediamo perdono per le nostre mancanze e per quelle dei nostri correligionari e ci impegniamo a spingere in
profondità il rinnovamento dei cuori e della
vita sulla via della pace.
Molte voci dal Sud del mondo hanno chiesto di non dimenticare la parte meno sviluppata del nostro pianeta, ravvivando, nel rispetto reciproco, le politiche di cooperazione
e accendendo una quota per lo sviluppo nei
bilanci nazionali. Molte testimonianze hanno
messo in luce la scia di dolore che è legata
all’esasperazione dei nazionalismi in un
tempo che, per altro verso, tende alla mondialità. Le religioni, che abbracciano realtà
umane dislocate in diversi continenti, non
possono non far proprio questo appello del
Sud del mondo e delle vittime delle guerre.
La pace è scritta nel futuro, ma non nel
presente, di tante parti del mondo. Ma se
tanti in questo nostro tempo possono iniziare
una guerra, anche molti possono fare la pace. Il nostro sogno è che ogni credente si impegni per la pace con audacia e contagi, così,
ogni donna e ogni uomo di buona volontà.
La pace è fragile: per questo rivolgiamo il
nostro appello a noi stessi, ai credenti, ai governanti, a tutti. La pace è il potere di ognuno. Occorre lavorare. Ma, soprattutto, rivolgiamo 1^ nostra invocazione a Colui che è
più grande di noi, perché pieghi il cuore dei
violenti, sradichi i disegni di guerra, di ingiustizia e di terrore, e faccia presto il grande dono della pace».
questa confessione, ma mette
in imbarazzo i cristiani non
cattolici e riduce a spettatori i
non cristiani. L’avevo già osservato ad Assisi l’anno scorso; quest’anno ho trovato modo di parlarne con alcuni responsabili della Comunità di
Sant’EgidiO; non servirà a
nulla, ma almeno l’ho detto.
2) sarà pure da inventare
qualcosa di diverso dalle preghiere giustapposte dei rappresentanti delle diverse religioni, tutte allo stesso orario
ma ciascuna in un luogo diverso. Mi sembra la sottolineatura di una divisione, però
non saprei proporre alternative. Può darsi che l’esperienza
e il tempo insegnino qualcosa.
Pramollo
La chiesa
disputa le
9,5 tesi
PAG. 3 RIFQRtji^
Il nuovo pastore di Pramollo, Winfrid Pfannkuche, ha
fatto giungere alle famiglie
della chiesa, nel giorno della
domenica della Riforma, le
sue 9,5 tesi perché la chiesa
ne «disputi». Quali sono?
La prima è il «Solus Christus» cioè il rapporto intimo
con Cristo; la seconda è «la
preghiera» specie nei culti familiari; la tèrza è il «culto
domenicale» e in esso il ruolo del canto e dello studio biblico, la quarta la «scuola domenicale» cioè l’insegnamento ai figli, la quinta «il
catechismo» cioè l’accompagnamento alla fede dei figli;
la sesta è «lo studio biblico»
cioè il nutrimento della fede;
la settima «la visita»; l’ottava
«la riunione quartierale» cioè
il senso della comunità; la
nona «il corso di tedesco»
per capire Lutero. Infine
(9,5) il saluto di pace. È il
contenuto del programma di
lavoro del Concistoro e del
pastore per questo anno ecclesiastico.
Giornata di preghiera delle donne
li
Questa testimonianza è stata condivisa nel pomeriggio
del 5 novembre durante la celebrazione della giornatà .
mondiale di preghiera delle donne battiste a Pozzuoli..
C’erano circa una settantina di donne provenienti dalle
Unioni femminili delle chiese battiste del Vomero, via Foria, Fuorigrotta, Arzano, Casavatore, Bagnoli e Pozzuoli.
All’incontro ha partecipato la vicepresidente del Moviménto femminile battista, Pina Cozzolino. Angela D’Isantq è
membro dèlia chiesa battista di Pozzuoli.
ANOEU D-ISANTO
Stasera come donna
sento il desiderio'di
portare la mia testimonianza
a partire dal passo biblico di
Marco 5, 25-34, quello che
parla della donna che 'da dodici anni soffriva di perdite
di sangue e che poi incontra
Gesù e viene guarita. Ogni
volta che leggo questo passo
non posso fare a meno di
identificarmi con questa
donna che ha portato per anni il peso di una malattia
che la rendeva ripugnante e
immagino la sua sofferenza
per il fatto che tutto quello
che faceva doveva farlo di
nascosto perché ogni cosa
che toccava diventava ripugnante è impura come lei.
Per questo era condannata
alla solitudine e al silenzio.
Lei desiderava tanto guarire che era stata da molti
mèdici, ma la situazione era
solo peggiorata. Così quando sente parlare di Gesù architetta qualcosa come un
piano.(Pensa che può fare
tutto di nascosto così come
era abituata, e in silenzio.
Tremante per il timore di essere scoperta, si mescola tra
la folla e si spinge avanti fino a riuscire a toccare il
lembo della veste di Gesù.
A quel punto sente di essere
guarita e vorrebbe probabilmente sparire, sgattaiolare
via in silenzio, come sempre, ma qualcosa accade.
Gesù si era reso conto che
qualcosa era avvenuto e si
guardava intorno per cercarla fra la folla. Io credo che
qui avviene la vera guarigione. Il testo dice a questo
punto che “la donna paurosa
e tremante, ben sapendo
quello che era avvenuto in
lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità’’
e lo fa davanti a tutti, davanti alla folla che fa improvvi^
sámente il vuoto intorno a
lei e T ascolta. È qui che la
donna si apre e parla, parla
di sé, della sua vita quasi
clandestina, della sua sofferenza e del suo silenzio di
tanti anni; è qui che esce
dalla sua solitudine perché
c’è finalmente qualcuno che
l’ascolta, che vuole sapere
di lei, che non è indifferente
0 ostile alla sua esistenza.
Ecco, io per anni ho vissuto
chiusa in me stessa una esistenza nascosta. Parte di una
famiglia numerosa ho avuto
per anni l’impressione che
semplicemente non contavo
nulla per nessuno e giorno
per giorno mi ammalavo.
Non era una malattia fisica
eppure era una malattia, una
malattia interiore.
Ero afferrata da úna grande paura e anche quando volevo parlare con qualcuno di
questa mia paura, nessuno,
mi prendeva sul serio. Nessuno mi ascoltava davvero,
era una specie di non esistenza. Io volevo guarire, e
quindi sono andata da tanti
medici, ma proprio come dice la Bibbia, la situazione
peggiorava, perché non era
questione di medicine. Ma
non mi rassegnavo. Sono’
sempre stata una credente e
quando stavo male pensavo
che solo Dio mi potesse liberare. Ma non sapevo co- *
me. Così ho cominciato a
leggere la Bibbia e a fre' quentare la comunità, hp
sentito che r Evangelo era
per me una possibilità di liberazione e pian piano la,
parola di Dio mi faceva seùr
tire di nuovo viva.
L’incontro con Cristo mi
ha cambiata, mi ha restituito
a me stessa e sono gradualmente uscita dal mio sflen-,
zio e dalla mia solitudine.'
Eppure la mia guarigione
non era completa. Solo oggi, davanti a voi, si compie
lamia vera e coitìpleta gua^
rigione. Oggi solo, tremante
come mi vedete, ho aperto
il mio cuore a voi e davanti
a tutte voi finalmente parlo.
Parlo della mia solitudine e
del mio silenzio di prima
che oggi finalmente mi lascio alle spalle, oggi davanti'
a tutti ritrovo la parola per
dire quello che Cristo ha
compiuto nella mia vita e
come mi abbia davvero liberata. Esco definitivamen-,
te dal mio nascondiglio e
parlo e so che voi non siete
indifferenti, mi ascoltate, nji
capite.
Questo pomeriggio abbianio ascoltato della vita, e dei
problemi di tante donne che
in tutto il mondo soffrono
fame, miseria e ogni sorta di
schiavitù, abbiamo ascoltato, anche se da lontano, le
loro voci e abbiamo pregato
per loro. For§e la mia è una
piccola storia eppure non
credo che sia fuori tema. È
una storia, come quella della
Bibbia che parla di libertà e
di salvezza. Quando la donna deli’Evangelo racconta
tremante la sua storia a Gesù, lui non la disprezza né la
sottovaluta. È attento e alla
fine le dice: “Figliuola, la
tua fede ti ha salvata”.
L’incontro di òggi è sulla
speranza e io ho voluto parlarvi della speranza che ho
ritrovató in Cristo e che og-,
gi finalmente vivo qui insie-;
m^ a voi. Vorrei che fosse
così anche per tutte le altre
donne». '
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PAG. 4 RIFORMA
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
Convegno a Adelfia sull'esperienza degli obiettori di coscienza
11 serviziacivile è un modo
per dire sì alla vita umana
STEPHAN MOHLICH*
Già da tempo avevamo
voglia di incontrarci tra
giovani a partire da una comune esperienza di servizio
civile e così lo abbiamo fatto
ad Adelfia il primo week-end
di ottobre. Un obiettore tedesco in servizio in Italia, un altro che ha fatto il servizio civile in Germania, un obiettore
italiano che ha fatto il servizio
civile vicino a casa e in un ente quasi prescelto, altri due
che hanno svolto il servizio
civile in località inaspettate,
l’uno con esperienza positiva,
l’altro negativa. Condividiamo qui le nostre riflessioni e
la speranza di incontrarci di
nuovo in futuro, obiettori di
coscienza, in servizio e non,
ed enti convenzionati per un
incontro più allargato.
L’obiettore di coscienza
nella nostra società resta ancora un emarginato. Bastano
pochi mesi d’esperienza di
servizio civile per capire come non solo una legge inadeguata e ostile ma anche la
mentalità comune ostacoli il
diffondersi del servizio civile
come alternativa di sostanza
al servizio militare. È infatti
opinione diffusa quella di
considerare l’obiettore come
persona debole e timorosa
delie difficoltà e dei disagi
della dura vita di soldato. E
non è tutto: anche quando, discutendo al bar o sul lavoro,
si riuscisse a portare il discorso sul piano della scelta morale e sociale altri tabù militaristi verrebbero sbandierati con
orgoglio come: «Ma questo
mestiere, ancorché sporco,
qualcuno lo dovrà pur fare, altrimenti il paese resterebbe
sguarnito e impotente...», argomentazione questa un tempo riservata all’operato del
boia. Oppure: «Così quando
ci sarà la guerra voi ve la
scansate e restate nelle retrovie, mentre i nostri figli rischieranno la vita per tutti...»
o ancora, non ultimo: «Non
potete negare che certi ragazzi
hanno proprio bisogno di restare un anno lontano dalla
gonna della mamma...».
A queste domande chi intende svolgere il servizio civile dovrà prepararsi a ri
Obiettori sqlle spiagge della Sicilia
spenderà e non sarà facile
perché dietro c’è tutto un
mondo di ovvietà e pregiudizi
difficili da abbattere. Per la
domanda: «Servizio civile
perché?» noi abbiamo trovato
uno slogan piuttosto promozionale: il servizio civile va
promosso come una proposta
di servizio più utile per la società. Utile non semplicemente per me che non faccio il
servizio militare o per i bilanci finanziari dell’ente a cui
fornisco una forza lavoro a
basso costo. La parola utilità
va intesa in termini diversi e
nuovi, ossia in termini di
scelta fra la vita e la morte,
come un modo di esprimere
una priorità per la vita umana
intesa in senso pieno. Scegliere il servizio civile è più
utile perché va unicamente
nella direzione della vita in
sfavore di una società più civile mentre il servizio militare
va anche, e soprattutto, nella
direzione della morte.
Stimolante è stato per noi
conoscere un po’ di più la
realtà tedesca dove il servizio
civile è più accettato e più
diffuso al punto che senza
obiettori la Germania si troverebbe in serie difficoltà.
D’altra parte è diventato quasi difficile trovare una numero minimo necessario di ragazzi disposti a fare il servizio militare. Un incubo per i
militari che perdono la loro
ragion d’essere? Secondo noi
uno stimolo alla discussione
su che cos’è davvero il bene
della società.
Sarebbe importante secondo noi anche uscire dai limiti
Il teologo Eugen Drewerman a Napoli
Sfida alle chiese
SItVU DE CRI8TOFANO
!
La saggezza del cuore e la
dolcezza della Parola: in
questo messaggio credo sia
racchiuso tutto il senso e lo
spirito dell’incontro con il
professor Eugen Drewermann, presso la Sala Santa
Chiara, messa a disposizione
dal Comune della città di Napoli in occasione della presentazione del suo libro «I funzionari di Dio» da poco pubblicato in edizione italiana.
Alla ba.se dell’opera, vasta e
ampia, sta l’analisi del soffocamento esercitato dalla chiesa di Roma, megastruttura oppressiva della libertà individuale e spirituale dei fedeli,
tramite l’apparato censorio,
asfittico e conservatore dei
chierici e dei sacerdoti, responsabili della cura d’anime.
L’autore, sensibile teologo
tedesco (egli stesso sospeso a
divinis nel 1992), raffinato
studioso di filosofia, conosci
tore della psicoanalisi è apparso molto fermo e combattivo nel mettere sotto accusa
il papato e la classe dirigente
vaticana poco partecipe delle
sofferenze della gente comune. Ma, cosa ancor più significativa, ha saputo trasmettere
agli astanti, assiepati all’inverosimile in ogni ordine di posti, la gioia universale di poter finalmente sperimentare la
conoscenza di un Dio antiautoritario, che si è incarnato in
Gesù Cristo per amore verso
l’essere umano. Quest’ultimo, grazie all’incontro con
Dio, è chiamato nel profondo
a nascere di nuovo, secondo
l’etica della consapevolezza,
della fraternità, della responsabilità e della grazia, vera rivoluzione evangelica nei riguardi di qualsiasi censura o
morale ecclesiastica terrena,
nonché unico mezzo di emancipazione da ogni schiavitù
normativa, contraria a rendere il cristiano libero e adulto.
di una prospettiva strettamente nazionale. I militari già ci
provano coUaborando a vari
livelli. Perché non indirizzare
anche il servizio civile verso
una prospettiva europea?
L’esperienza di obiettori tedeschi nelle opere della Chiesa valdese in Sicilia è in generale vissuta molto bene.
Perché non si apre anche per
gli italiani la possibilità di
svolgere all’estero il servizio
civile?
Inoltre per far diventare il
servizio civile veramente un
servizio più utile occorre una
collaborazione migliore fra
enti convenzionati e obiettori.
Sappiamo che non è facile
anche perché gli obiettori italiani vengono assegnati agli
enti senza un accordo reciproco, un fatto che spesso
può pesare sulle motivazioni
al lavoro. Gli enti corrono il
rischio di reagire alle esperienze deludenti gestendo gli
obiettori sotto la legge militare come manodopera che non
ha diritti sindacali oppure non
chiedendone più l’assegnazione, finendo così col rientrare nella logica militare che
marginalizza la realtà del servizio civile.
Nell’ambito delle nostre
chiese occorre dare spazio a
un dialogo continuo fra obiettori e rappresentanti delle nostre opere. Una tappa in questo senso sarà un convegno
che si terrà a Riesi i primi di
gennaio dell’anno prossimo.
* in collaborazione con Nunzio Costantino, Daniel Noffke,
Benjamin Rossbach, Marcello
Salvaggio
Genova
Ecumenismo
bioética
scuola
La Chiesa valdese di Sampierdaréna, in due assemblee
tenutesi l’8 ottobre e il 5 novembre, ha definito le sue attività per l’anno 1995-96 e ha
scelto i temi a cui dare priorità nella ricerca e riflessione.
Nella prima assemblea sono
stati eletti come anziano Saro
Solarino, da molti anni presidente del Consiglio di chiesa,
e come nuovi diaconi Adriano
Bertolini e Roberto Zanatta,
ai quali è stata data la mano di
associazione nel culto del 5
novembre. Al termine della
seconda assemblea, dopo vivace discussione, è stata approvata all’unanimità la seguente mozione.
«L’assemblea straordinaria
della Chiesa valdese di Sampierdarena, svoltasi il 5 novembre;
ascoltate le relazioni sul
documento del Sinodo ’95 su
“Papato ed ecumenismo”, sui
matrimoni interconfessionali
dopo l’approvazione, da parte
della Cei, dell’intesa cattolico-valdese in materia, sul documento sulla bioetica prodotto dall’apposito comitato,
su scuola pubblica e privata,
nonché le proposte di Giancarlo Giovine per la costituzione di un comitato evangelico per interventi nelle scuole pubbliche e per un’azione
concreta della chiesa a favore
dei più emarginati;
decide di dare la priorità
agli argomenti della bioetica
e della scuola per elaborare
una sua riflessione in proposito e pervenire a indicazioni
utili per la conoscenza e la
condotta della comunità;
accetta la proposta di un
comitato evangelico per interventi nelle scuole pubbliche
che dovrà essere presentato
dalla Federazione delle chiese
evangeliche della Liguria e
del Piemonte meridionale
(Fcelpm) alle istituzioni scolastiche governative (provveditorato agli Studi, Sovrintendenza scolastica regionale e
Irrsae) e degli enti locali (assessorati all’Istruzione del
Comune e della Provincia);
ritiene realizzabile un’opera, nei limiti ovviamente delle
possibilità della chiesa, di acculturazione e alfabetizzazione a favore clegli immigrati».
Ricordo del pastore Paolo Sanfilippo
impegno sodale
e la ricerca storica
FBANCO SCAHAMUCCIA
Mercoledì 1“ novembre
1995 a Chiavari il pastore emerito Paolo Sanfilippo ha terminato in serenità il
suo lungo tempo terreno
(avrebbe compiuto 93 anni
nel luglio 1996). L’ha concluso avendo nella mente e nella
bocca la certezza espressa
dall’apostolo Paolo (I Corinzi
15, 28) del «Dio tutto in
tutti». Era stato l’argomento
di un suo volumetto pubblicato nel 1936 a Pisa presso il
past. Calassi La riconciliazione di tutte le cose: le argomentazioni esposte gli avevano fatto correre il rischio di
essere addirittura espulso
dall’Opera battista. Ma il coraggio non gli mancò mai: né
in quell’occasione né dopo.
Fin da giovane, nella natia
Sciacca, assumendosi la responsabilità di ciò di cui era
convinto e incurante delle
conseguenze a cui andava incontro, fu prima repubblicano e poi anche protestante.
Iscritto a Roma alla Facoltà
teologica battista, dopo rincontro con il periodico Conscientia di Gangale, fu battezzato a Roma stessa nella
chiesa di via del Teatro Valle
e, dopo conseguita la licenza,
fece il periodo di tirocinio alla chiesa di Cagliari.
Poi, inviso al fascismo per
le mai nascoste simpatie repubblicane, non ottenne dal
ministero degli Interni la richiesta autorizzazione e fu inviato, con un compromesso,
in un paesino di collina della
provincia di Reggio Calabria,
Gaiatro, quasi fosse un confino. Servì successivamente
nelle chiese battiste di Barletta, Fioridia, Siracusa, Gioia
del Colle, Bari e Conversano,
Ancona e infine Chiavari. Fu
fondatore nel primo dopoguerra della chiesa di Siracusa, e la statuetta piangente degli anni ’50 (ora diventata
Madonna delle lacrime, consacrata da un monumentale
tempio inaugurato da Wojtyla) pianse proprio dietro via
Agatocle, dove era sorto il locde di culto battista: allora si
disse anche per i protestanti
che avevano osato aprirvi un
luogo di testimonianza.
Ricercatore instancabile, è
stato definito «storico delle
cose minori», nel senso che
andava a cercare con pazienza i più piccoli particolari. La
sua prima pubblicazione è del
1935: Calvino, edita dalla
Scuola tipografica dell’istituto Comandi di Firenze; seguì
nel 1936 La conciliazione di
tutte le cose edito dalla Vedetta cristiana di Pisa; nel
1955 venne L’idolatria nella
Chiesa e nella storia edito a
Roma dall’Opera evangelica
battista d’Italia (ebbe tre edizioni); nel 1959 L’Italia battista edito a Roma dall’Ucebi; nel 1978 fu la volta di Costantino Reta edito a Genova
dall’Associazione mazziniana; nel 1974 arrivò Le vicende elettorali di Giuseppe
Mazzini edito a Napoli dal
Centro di studi mazziniani;
nel 1978 Mazzini e i protestanti edito a GenoVa dalla
Lanterna; nel 1979 La Chiesa
evangelica valdese di Favaie
edito dalla Federazione delle
chiese evangeliche in Liguria;
nel 1981 Giuseppe Gangale,
araldo del nuovo protestantesimo (Genova, Lanterna); nel
1983 Mazzini a Chiavari, edito a Chiavari stessa dal Gruppo mazziniano; nel 1986 fu la
volta di Centenario della
morte di Saverio Friscia (Genova, Lanterna).
Questi sono i libri editi: ma
a questa produzione vanno
aggiunti tantissimi articoli e
alcuni opuscoli dattiloscritti,
la cui distribuzione fu ovviamente limitata (fra gli altri:
Vita di Manfredi Ronchi, Vita
di Paolo Paschetto, Poesie di
Gangale, Maddalena di Capua, moglie di Gangale). Va
anche ricordata la collezione
di francobolli, frutto di accurate ricerche, da lui intitolata
Storia del protestantesimo nel
mondo mostrata con francobolli: essa è stata regalata poco prima della morte al Centro culturale valdese (Torre
Penice), dove verrà esposta.
Certamente con Paolo Sanfilippo scompare una figura
notevole del battismo italiano
del primo dopoguerra: una
traccia lasciata non solo nelle
chiese di cui è stato pastore
ma anche e soprattutto negli
scritti.
È morta all'età di 97 anni la primogenita di una grande famiglia valdese di Pachino
Ester Panasela: una vita nutrita dalla fede
Domenica 8 ottobre, in un
culto presieduto dal pastore
Leonardo Magri, la chiesa di
Pachino ha dato l’ultimo saluto alla sorella Ester Panasela. Ricordando con affetto
questa piccola donna che sapeva trasmettere una fede
gioiosa e fiduciosa, esprimiamo la nostra fraterna solidarietà a tutti i familiari. Ester
Panascia è stata un punto di
riferimento per molte persone. A tal proposito, riportiamo alcuni brani scritti dal fratello, il pastore Pietro Valdo
Panascia.
«Primogenita di sette figli,
Ester finì col rinunziare al
matrimonio, per essere nella
casa un aiuto prezioso. Per
me, nato nel 1910, e per Ettore, nato nel 1914, fu una
seconda madre, perché fin
dalla nascita ci tenne per
molti anni fra le sue braccia.
Nella famiglia i figli danno
sempre, chi più chi meno,
qualche dispiacere ai loro ge
nitori. Non ho memoria che
ne abbia mai dato alcuno.
Era buona d’animo e mite di
carattere. Mio padre la chiamava “foglia di paradiso”.
Lavorava molto in casa e nel
giardino e, se occorreva, anche nella campagna...
Per tutto il vicinato, nella
zona a sud-est di Pachino, in
fondo alla via Torino (lato
Marzamemi), era un personaggio, una matrona per tante
famiglie. Era confidente delle
madri, delle fanciulle che
crescevano all’ombra della
Villa Pax. Amava teneramente i fanciulli. Una volta, parecchi anni fa eravamo al mare, all’Isola delle Correnti, e
andavamo verso la spiaggia.
Air improvviso, alcuni giovani (appena trentenni) la videro e le corsero incontro. Avevano riconosciuto la signorina Esterina che non vedevano da molti anni, in quanto
trasferita a Palermo. Erano
felici di rivederla e di salutar
la. Erano i piccoli monelli
che un tempo entravano
nell’agrumento, scavalcando
il muro e intrecciando il reticolato, facendo razzia di tutto... Nondimeno lei voleva
loro bene.
Alcuni anni fa era venuto
da noi un giovane di famiglia
terremotata che voleva in affitto la nostra casa di via A.
Moro. Appena la vide si ricordò che, quando era bambino, era entrato a Villa Pax;
era salito su un albero di frutta ma, quando si accorse di
essere stato visto, per paura
cadde dall’albero e si ferì a
una gamba. “Mentre cercavo
di fuggire - mi raccontava ed ero tutto spaventato, la signorina mi venne incontro,
mi portò a casa, mi fasciò la
ferita, mi regalò la frutta rubata e mi diede molte carezze”. Ma la bontà d’animo e la
dolcezza di carattere nascondevano un temperamento forte ed energico».
Per diversi anni, quando, la
sorella Clelia e i fratelli andarono via da Pachino, Ester rimase sola a Villa Pax «e riuscì ad amministrare da sola la
campagna, che allora rappresentava per lei l’unica fonte
di reddito. Fu perciò costretta
al ruolo non facile di custode
della casa e di guardiana della campagna. Ma non soffriva più di tanto la solitudine.
Si sentiva protetta sotto le ali
di Dio e non aveva mai paura. Il suo grande amore per
l’Evangelo era alimentato
dalla lettura quotidiana della
Bibbia e dalla preghiera. Tutte le mattine, appena si alzava, soleva aprire la finestra
della sua stanza, mettere un
piccolo cuscino a terra e in
ginocchio pregava....».
Sabato 7 ottobre, all’età di
97 anni, Ester Panascia ha
chiuso serenamente gli occhi
su questa terra per riaprirli alla luce della resurrezione e
della vita in Cristo.
5
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
Vita Delle Chiese
PAG. 5 RIFORMA
UKÊ
Iniziative culturali delle chiese evangeliche di Chieti-Pescara
Dietro Pemargìnazione spesso
c'è la crisi della famiglia
0. CABLO PI GAETANO
Dopo gli interventi a carattere storico da parte
dei proff. Giancarlo Rinaldi e
Massimo Rubboli, nella prima conferenza di cultura biblica svoltasi la settimana
precedente (v. Riforma n. 41),
gli evangelici di Chieti-Pescara hanno proseguito la riflessione sul tema «La famiglia in una prospettiva cristiana». In questa seconda conferenza il tema è stato affrontato, da un punto di vista più
propriamente biblico, da Rinaldo Di Prose, professore di
Nuovo Testamento presso
ITbei di Roma.
Dopo aver definito la famiglia cristiana come «un nucleo sociale caratterizzato dal
timore di Dio e dai rapporti
stabili ma differenziati in cui
i bisogni di ogni membro sono oggetto di attenzione da
parte di tutti». Di Prose ha articolato la sua riflessione in
tre momenti. Innanzitutto si è
soffermato sui rapporti differenziati e stabili che dovrebbero caratterizzare la famiglia
cristiana, con la correlazione
tra differenza e stabilità ruotante intorno al fattore «creazionale» della complementarità tra i sessi e tra i ruoli.
Solo sulla base del fattore
creazionale, è il secondo punto, infatti ha senso il discorso
biblico sui «compiti reciproci» e sulle funzioni specifiche che si esercitano nell’ambito familiare da parte di uomo e donna. Questi due momenti della riflessione biblica
a proposito della famiglia cristiana sono stati confrontati
da Di Prose con un insieme
Una famiglia italiana negli anni '50
di dati riguardanti sempre la
famiglia, ma che provengono
dal contesto culturale e sociale del mondo moderno: la
peculiarità del discorso biblico infatti non permette di allinearsi né con visioni tradizionali e conservatrici della
famiglia, né con le visioni
«avanguardiste».
Il confronto con le problematiche contemporanee riguardanti la famiglia è un elemento essenziale di qualunque discorso sulla famiglia
stessa: interessante è stata la
constatazione fatta a proposito di tutta una serie di soggetti emarginati dalle nostre società nei confronti dei quali
Tunica conclusione sembra
essere quella del fallimento
delle stmtture sociali o di assistenza nel prendere in carico tali soggetti. Ma l’aumento
della povertà, evidente nella
figura del «barbone», i malati
di Aids, i bambini violentati,
le donne sole e sfruttate non
sono solo il sintomo di un fallimento dell’assistenza e in
parte della solidarietà; dietro
questi fallimenti emerge il
fallimento dell’istituzióne familiare; là dove la famiglia
fallisce, comincia tutta un’altra serie di fallimenti.
Il terzo e ultimo momento
del discorso di Di Prose si è
concentrato sulle dinamiche
concrete della vita di coppia,
rilanciando il ruolo fondamentale della comunicazione
tra i coniugi. Un’unica conclusione può fungere da comune denominatore di queste
due giornate abfuzzesi: se
Tanpuncio della salvezza in
Gesù Cristo è il cuore del
mandato cristiano ed è il tratto maggiore dell’identità
evangelica e protestante (così
come aveva insistito il prof.
Rinaldi), sulla sua base c’è
ragione di fondare una testimonianza pratica e verbale
(culturale) nei confronti delle
«istituzioni creazionali» che
regolano la vita di tutto il
mondo. Tra loro l’istituzione
della famiglia è sicuramente
una delle fondamentali.
Mortola
Un culto
al mese per
evangelizzare
VIRGINIA MARIANI
Il 29 ottobre, cogliendo
l’occasione della Domenica della Riforma, nella comunità battista di Mottola ha
preso il via l’impegno di dedicare un culto mensile all’
evangelizzazione, cogliendo
così la proposta dell’ultima
Assemblea/Sinodo.
La giornata ha visto nella
mattinata la celebrazione del
culto, in cui il fratello Domenico D’Elia ci ha guidati nella
meditazione della Parola anche attraverso il pensiero di
Dietrich Bonhoeffer sulla
«comunione dei santi», una
realtà che per la sua intima
essenza è chiamata ad essere
aperta e comprensiva delle
diverse realtà esterne. Dopo_
l’agape ha concluso il mo-'
mento di .comunione un incontro pomeridiano curato da
giovani e giovanissimi, ricco
di canti corali, letture e scenette a testimonianza del nostro desiderio di vivere uniti
nel nome del Signore Gesù
Cristo, «unico santo» da annunziare a tutta l’umanità.
Il numero di amici e amiche che hanno accolto l’invito a partecipare a questa domenica speciale è stato indicativo di come la nostra evangelizzazione debba procedere massimamente secondo
uno spirito di spontaneità e
allegrezza, e debba comunicare la volontà di apertura e
accoglienza nella predicazione della Parola. L’impegno
richiesto è notevole, ma non
superiore alle possibilità di
ognuno; il nostro operare
sarà già pregare che il Signore sia con noi.
Chiese evangeliche della Liguria e del Piemonte meridionale
La testimonianza a S. Margherita
Si è svolta domenica 29 ottobre l’annuale assemblea
della Federazione delle chiese
evangeliche della Liguria e
del Piemonte meridionale, alla presenza del presidente
della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, pastore
Domenico Tomasetto, che ha
dichiarato di seguire con attenzione il lavoro della Federazione ligure, che anticipa
talvolta quella nazionale, e ha
illustrato le prossime attività
federali e l’insostituibile ruolo della Fcei per tutto l’evangelismo italiano, compreso
quello «non storico», che partecipa ai lavori della Commissione unitaria per i rapporti con lo stato.
Sono state poi accolte all’
unanimità le richieste di adesione della Chiesa battista di
Albisola (Savona) e di quella
metodista di San Marzano
Oliveto (Alessandria). È seguita, da parte del presidente
Adriano Bettolini, la relazione sull’operato del Consiglio.
I fatti più salienti dell’anno
trascorso sono stati la partecipazione all’opera di soccorso
a favore degli alluvionati nella zona di Canelli, e i conseguenti più intensi rapporti con
le associazioni di volontariato; il convegno di tre giorni a
Genova su Dietrich Bonhoeffer a fine marzo, che ha aperto interessanti possibilità di
collaborazione con altri centri'
culturali di Genova; alcuni
collettivi teologici e infine
l’avvio della cooperazione
con gli avventisti di Genova,
Domenico Tomasetto, presidente della Federazione delle chiese
che ha permesso di preparare
insieme l’incontro di due
giorni di fine settembre a Borgio Verezzi sui diversi tipi di
spiritualità cristiane.
Bertolini ha sottolineato
l’importanza del gruppo
«Charlie Brown» per stabilire
una rete di contatti tra i giovani di diverse chiese, federate e non, anche con la promo-,
zione di culti interdenominazionali preparati dagli stessi
giovani nelle varie comunità.
Particolare attenzione è stata
poi dedicata alla possibilità di
una testimonianza evangelica
inaspettatamente apertasi a
Santa Margherita Ligure, dove il Comune ha offerto alla
Federazione l’uso gratuito di
una sala.
La relazione finanziaria,
curata da Manuel Kromer, ha
messo in evidenza la difficoltà in cui si trova il Consiglio attuale a gestire un bilan
cio non più di un paio di milioni ma di circa 30, conseguente soprattutto alT organizzazione del convegno su
Bonhoeffer, la cui contabilità
è lungi dall’essere chiusa. Il
bollettino Evangelici insieme
non sarà più pubblicato perché le comunità non ne hanpo
coperto le spese.
Dopo un appassionato dibattito le due relazioni sono
state approvate all’unanimità.
È stato infine modificato il
regolamento per consentire
l’adesione alla Federazione di
singoli soci sostenitori, che
possano concorrere alle spese, e l’aumento dei membri
del Consiglio da 5 a 7. Sono
stati eletti nuovi consiglieri
Loris De Gaspefi e Francesca
Giacone, e confermati Adriano Bertolini, presidente» Giacomo Grasso, Manuel Kromer, Marta Marzioli e Paola
Stagnato.
4° circuito
Un progetto
di uso efficace
delle risorse
Alla presenza dei delegati
delle chiese del 4° circuito si
è svolta sabato 21 ottobre, a
Torino, nei locali comunitari
della chiesa valdese, l’assemblea di inizio attività che si è
aperta con una lunga relazione della candidata al ministero Daniela Santoro su «Religiosità infantile e inizio della
catechesi», che ha suscitato
un dibattito vivace e coinvolgente. Inoltre l’assemblea,
presieduta dal sovrintendente
pastore Milaneschi, ha chiesto al Consiglio di circuito di
inviare alle chiese una mappa
dei bisogni e delle possibilità
in vista della definizione di
un progetto organico per
l’uso ottimale delle energie
secondo quanto richiesto dal
Sinodo.
A quest’ultimo proposito si
è inoltre deciso di convocare
una prossima riunione dei
presidenti dei Consigli di
chiesa presenti nel circuito
per elaborare un questionario
che possa in qualche modo
«fotografare» la complessa
situazione del circuito. Infine
la collaborazione con il mondo battista, tradizionalmente
buona, sarà ulteriormente intensificata anche alla luce dei
risultati della recente Assemblea/Sinodo di Torre Pellice
proprio per mettere insieme
le energie per una più efficace utilizzazione in vista della
testimonianza a Cristo.
Cronache
FERENTINO — La Domenica della Riforma è stata celebrata dalla comunità donando alla Biblioteca comunale dei libri sulla Riforma e sul movimento protestante. L’iniziativa
è scaturita dalla volontà delle due catecumene (Katia Bondatti e Francesca Sortemi) che quest’anno hanno confermato la loro fede. Non avendo trovato nella Biblioteca materiale sufficiente per una ricerca sulla Riforma, hanno chier
sto che non fosse fatto un regalo a loro dalla comunità nel
giorno della loro confermazione, avvenuta a giugno, e che
invece venissero donati dei libri alla struttura pubblica per
colmare la lacuna. Dopo il culto la consegna è stata effettuata nelle mani dell’assessore alla Cultura, da parte prò*
prio di queste due sorelle. La comunità ringrazia in modo
particolare il prof. Giovanni Gönnet che con il dono di alcune sue opere ha contribuito all’iniziativa.
GHIA VARI — Il 3 novembre nella chiesa battista si è svolto
il funerale del pastore Paolo Sanfìlippo, con predicazione
del pastore Franco Scaramuccia e con l’intervento di numeroso pubblico. Il presidente dell’Unione battista. Renato Maiocchi, e il vicemoderatore della Tavola valdese.
Franco Becchino, hanno portato un messaggio di saluto e
di consolazione alla famiglia e di ricordo dell’opera e della
persona di Sanfìlippo. Il «Secolo XIX» di Genova ha dedicato all’avvenimento un trafiletto, pubblicando anche una
foto del funerale.
BOBBIO PELLICE — È stato rinviato a data da destinarsi il
culto in francese già fissato per domenica 26 novembre.
Nel corso del culto del 12 novembre è stata battezzata Jessica Mlanavella, di Dante e di Maura Geymonat.
• Un gruppo di una decina di fratelli della nostra comunità
ha provveduto, con l’ausilio di alcuni trattori, alla raccolta,
trasporto e sistemazione di una grossa quantità di legna di
recupero per il riscaldamento di tempio, locali sociali e
presbiterio. Grazie a tutti nel Signore.
• A partire da quest’anno te riunioni quartierali non avranno più luogo a Roccia d’Giors, nella casa tanto ospitale di
Anna Bertinat Grand, Annette per quanti la conoscono. È
un po’ triste per tutti noi dover abbandonare, dopo svariati
decenni, questa simpatica consuetudine, a motivo della salute di Annette; a lei è comunque riconoscente tutta la chiesa. In via provvisoria la prima riunione è stata tenuta in casa di Ilda Charbonnier ai Payants.
praMollo — Ci rallegriamo vivamente con Ugo Travers
e Franca Zepegno per la nascita di Debora, a cui diamo un
caloroso benvenuto nella nostra comunità.
PINEROLO — La chiesa si è stretta attorno Stefano
Gallian, che è stato battezzato di acqua domenica 12 novembre, e alla sua famiglia. I catecumeni del IV anno hanno ricordato il significato del battesimo e la corale ha cantato un inno, mentre la pastora 2^11 ha predicato sul tema
dell’acqua nella teologia cristiana. ^
MOTTOLA — Le donne della comunità, in occasione della
«Giornata mondiale di preghiera delle donne battiste» ci
hanno offerto un culto allegrissimo e coinvolgente: per il
programma proveniente dalla sorelle africane, si è pensato
bene di scegliere per la lode musicale esclusivamente canti
dalTAfiica e nero-spiiitual presenti nella raccolta «Cantate
alTEtemo un cantico nuovo». La liturgia, curata dalla sorella De Crescenzo, dopo la lettura dqlla testimonianza
dell’africana Selebano è stata arricchita dall’esperienza
della sorella Sasso, conosciuta come «la nonnina» nel centro di Rocca di Papa, dove ha incontrato il suo unico Signore Gesù Cristo. Nella predicazione della Parola, la sorella Speranza ha annunciato che <Cristo è in voi speranza
di gloria» (Col. 1) deve essere in noi certezza di gioia e pace per mezzo dello Spirito Santo; dopo gli esperimenti atomici e ora dopo l’assassinio di Rabin, ha continuato, è difficile e arduo per i credenti non perdere la speranza e ancora di più annunciare che «felice è Tessere umano che mette
ogni speranza nel Signore suo Dio» (Salmo 146). Noi siamo chiamati ad essere veicolo di speranza ed esempio di
solidarietà, in ogni momento della storia umana. Il culto si è
concluso con la raccolta di fondi per aiutare i progetti presentati dalle donne di tutto il mondo.
Nella collana «Meditazioni bibliche’^
Jörg Zink
Ulta manciaia di pranza
Meditazioni
Edizione italiana a curaW Ghààm Gandotfo '
144 pp, copertina con aletta, L..19.00Ò,
Òggi, dii ha speranza è consìdemto per .lo.ftì&
o un st^atore, oppure un disperaio. '
die «datano motivi per sperar«
pefcbé Jl .futuro dei mondo non è
aneom scritto in modo immutabt1«, in pani caso non nel senso di
una catastrofe; sta in mani diver-"
se da quelle deH’uomo. Nel mon»
(Rt opera una saggezza ben df-'
versa da quella dell’essere umano. B libro - scritto dall’autore di
Come pregare - traccia un itinerarìo attraverso le antichissime
Immagini con cui la Bibbia «aria
dd nostro futuro, del significiatcre
del motivo della nostra spi^anm |
6
»
päg.6 riforma
All’Ascolto Della Parola
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
PAROLA E DIACONIA-1
andare oltre
I CONTINI
GÉRARD DELTEIL'
^ Con questo numero iniziamo la pubblicazione di una serie di tre studi biblici sul rapporto tra Parola e diaconia. I tre studi sono
stati tenuti dal pastore francese Gérard Delteil durante il convegno organizzato dalla Federazione europea della diaconia a Mit
tehvihr (Alsazia) nell’ottobre scorso. Gérard
Delteil è professore emerito della Facoltà
protestante di teologia di Montpellier; attualmente è segretario esecutivo della Cepple
(Conferenza delle chiese protestanti dei paesi
latini d’Europa).
Prima di essere degli attori
sociali, vogliamo essere
degli uditore della Parola. Vogliamo ascoltare, cioè lasciarci sorprendere, penetrare, provocare da una Parola che non
conosciamo mai in anticipo.
Questa è la posta in gioco del
nostro lavoro biblico: un ritorno alle fonti, là dove si alimenta la nostra visione. Un
certo modo di situare i nostri
progetti e i nostri dibattiti.
La Bibbià ci parla spesso
proprio là dove non ce rispettavamo. Non c’è un passaggio diretto, automatico,
dalla Bibbia alle nostre situazioni. Nessuno può fare a meno del rischio dell’interpretazione, che costituisce appunto
il nostro «lavoro biblico».
Entriamo quindi in questa ricerca senza la preoccupazione troppo immediata di strumentalizzare la Bibbia, per
piegarla alle nostre domande,
ma cercando piuttosto di
esporci alle domande che essa ci pone. /
Da quale luogo interroghiamo la Bibbia? La diaconia lavora nei luoghi di cónfini: là
dove la vita è minacciata, dove i legami sociali sono precari, dove l’èssere umano è
confrontato ai propri limiti.
La diaconia opera in quelle
zone di frattura, di esclusione
o di disperazione sociale. Essa si situa in quella zona di
confine dove la vita si scontra
ve sequenza dell’evangelo di
Marco, in cui Gesù esce dai
confini di Israele, della «terra
promessa», e si avventura
fuori dai confini. È un momento importante, forse decisivo, nel racconto di Marco,
questa uscita dal territorio, e
questa partenza all’estero.
Momento tanto più importante in quanto unico. C’è inoltre
tutto un gioco sulla parola
«confine»: Israele e gli altri,
l’identità e la differenza, la
salvezza e la disperazione,
l’integrazione e l’esclusione.
Tre episodi si intrecciano.
Oggi affrontiamo il primo:
rincontro di Gesù con la donna sirofenicia.
La comunicazione
impossibile
A prima vista, questo racconto appare come unft
messinscena della comunicazione impossibile. Tutto concorre ad evidenziare la separazione, la frattura, l’incomunicabilità. Gesù oltrepassa il
confine. Ma lo ha realmente
oltrepassato? n confine non è
solo una linea tracciata sul
terreno. Oltrepassare il confine vuol dire andare verso
l’ignoto, scontrarsi con un’altra lingua, con un’altra cultural, vuol dire prendere il rischio di esporsi agli altri, e
diventare noi stessi stranieri.
Il confine non è soltanto geo
«Poi Gesù patii di là e se ne andò verso la
regione di Tiro. Entrò in una casa e non voleva farlo sapere a nessuno; ma non potè restare nascosto, anzi subito, una donna la cui
bambina aveva uno spirito immondo, avendo
udito parlare di lui, venne e gli si gettò ai piedi. Quella donna era pagana, sirofenicia di
nascita; e lo pregava di scacciare il demonio
da sua figlia.
Gesù le disse: **Lascia che prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini”. *‘Sì, Signore”^ ella rispose, *^ma i cagnolini, sotto la
tavola, mangiano le briciole dei figli”. E Gesù le disse: “Per questa parola, va*, il demonio è uscito da tua figlia”. La donna, tornata
a casa sua, trovò la bambina coricata sui letto; il demonio era uscito da lei»
(Marco 7, 24-30)
con l’esperienza della perdita,
del fallimento, del rigetto,
dell’handicap. La diaconia fa
parte di quello sguardo sul
mondo «a partire dal basso»
di cui parlava Bonhoeffer,
«dalla prospettiva degli esclusi, delle persone sospette, dei
maltrattati, dei senza potere,
degli oppressi e dei traditi, insomma dei sofferenti»'. Questo suo essere sul confine, tra
Tautonomia e l’assistenza, tra
il diritto e il non diritto, tra il
normale e il patologico, tra
l’ordine e il caos, insomma
tra la vita e la morte, è quello
che fa la difficoltà e la ricchezza della diaconia.
Ho scelto come trama del
nostro lavoro biblico una bre
grafico. È uno sguardo sugli
altri, plasmato da una storia,
da pregiudizi, da risentimenti
a volte. Il confine, lo portiamo dentro di noi. Esso ci attraversa, ci abita.
Dall’altra parte del confine,
che cosa succede? Nel luogo
segreto in cui Gesù voleva
nascondersi, fa «subito» irruzione una donna. È questa
voce di fuori, questa voce
della notte, che strappa Gesù
al suo incognito. Questa donna è solo un grido. Tutta la
sua vita è in questo grido. In
Marco, tutto avviene a livello
del corpo: essa si precipita, si
getta ai piedi di Gesù. Nel
racconto parallelo di Matteo,
essa grida ed è un grido quasi
animalesco. «Essa grida commenta France Quéré come una bestia»^ Il confine,
qui, è anzitutto quello della
disperazione.
A questo confine se ne aggiunge un altro, legato alla
sua origine, alla sua identità.
Chi è questa donna? Per un
ebrèo è una straniera, una fenicia, quindi una pagana. Loy
straniero è 'colui di cui abbiamo una definizione soltanto,
negativa, come scrive Julia
Kristeva: «Colui che non fa
parte del gruppo, colui che
non vi appartiene, l’altro»L
In questa zona di confine si
mescolano le razze e le culture, ma si cristallizzano anche,
i conflitti. C’è tutto uno sfondo sociale, razziale, economico, dietro questo racconto
fatto di tensioni e di risentimenti tra Tiro, la grande metropoli commerciale, con la
sua ricchezza, e i piccoli coltivatori ebrei della campagna
attorno, dominati, disprezzati, spesso spossessati del loro
grano a beneficio di Tiro.
Qui il confine penetra nella
storia e plasma le mentalità,
n gesto della donna ne risulta
tanto più significativo. Lei
che, secondo Gerd Theissen,
fa probabilmente parte dei
privilegiati, della classe colta,
si getta, supplicante, ai piedi
di questo profeta che invece
fa parte di questi piccoli galilei disprezzati“.
Un'umiliazione gratuita
Al confine della disperazione si aggiunge quello
della discriminazione. La frattura. Il muro. Questo confine
diventa posta in gioco. Questo
è l’oggetto del confronto tra
la donna e Gesù. La drammaticità di questo incontro rende
questo episodio unico nel
Vangelo. Matteo accentua ancora di più questa dranunaticità della non comunicazione.
«Gesù - dice - non le rispose
parola». Una donna grida la
sua disperazione ai suoi piedi.
E lui tace. Nulla. Un silenzio
di morte. Il muro.
È peggio di un rifiuto, è
un’umiliazione. «Lascia che
prima siano saziati i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini». Parola che la colpisce come uno schiaffo. Come
se la disperazione potesse
aspettare, come se non soffrisse già abbastanza senza
vedersi aggiungere questa
umiliazione gratuita. La risposta di Gesù è così scioccante
cl)e gli esegeti e i predicatori
sono ricorsi a tesori di sottigliezza (e non ne mancano)
per attenuare, spiegare, giustificare. È notevole che l’Evangelo non abbia censurato questa durezza di Gesù, che l’abbia conservata tale quale,
scioccante, quasi cinica. Gesù, qui, segna il confine, lo
sottplinea, lo approva nel nome di non so quale «preferenza nazionale». Egli parla da
ebreo, da uomo del proprio
popolo, della propria cultura.
Nella sua risposta c’è forse un
eco lontano della sofferenza
di questo piccolo popolo palestinese al quäle i potenti di Tiro strappano anche il pane: «I
figli... i cani...». I privilegia
ti... gli esclusi... Disperazione
contro disperatone. Confine
più che mai.
Per la donna, queste parole
suonano come un insulto alla
sua disperazione. Siamo ancora nel Vangelo? Gesù è soltanto un messia ebreo per gli
ebrei? È possibile che egli rimanga prigioniero di questa
visione ristretta, selettiva, nazionalistica? Siamo proprio in
presenza della messinscena
della comunicazione impossibile. A questo punto la risposta della straniera fa ribaltare
il racconto. «Sì, Signore, ma i
cagnolini, sotto la tavola,
mangiano le briciole dei figli». E molto di più di un’abile replica. La donna si impadronisce della parola che la
respinge e la ricambia con
una parola che libera. Sente
quel «no» di Gesù, che la
condanna alla sua disperazione ma, al di là e nonostante
questo «no», percepisce un’
altra parola, un «sì» che rappresenta tutta la sua speranza.
Sperimenta l’incomprensione, il rigetto. Non ha altra evidenza che questo rifiuto, non
sente altro, ma trasforma questo schiaffo in una promessa.
Parla contro Gesù con le parole stesse di Gesù. Egli non è
quello che ha appena detto.
Non è il Messia di un clanyiil
Messia degli uni contro gli altri, neppure degli uni senza gli
altri. Egli è portatore di vita,
portatore della vita per tutti. E
dunque anche per lei, l’ultima. Il pane che porta straripa
dalla tavola, non crea esclusi.
Quanta audacia in questa
straniera: fa appello a Gesù
contro Gesù stesso. Non sei
quello che tu dici. Non sei
quel Messia che divide, che
esclude, che elegge gli uni a
spese degli altri, non sei soltanto la salvezza d’Israele,
non sei soltanto il salvatore
della chiesa: tu sei il Cristo
degli altri, di tutti gli altri, di
quelli persi di vista, degli
emarginati, dei dimenticati
sull’orlo della strada, dei senza voce, dei senza diritti. Ecco quello che cerco in te.
quello che saluto in te, in anticipo. Ecco il tuo vero nome:
Cristo per tutti.
Gesù scopre
la sua vera identità
E Gesù dà ragione a questa
donna. Le dà ragione
contro se stesso. Egli riceve
questa parola, e vi coglie la
verità della propria vita. Accoglie quest’atto di fede della
straniera che, contro ogni evidenza, ha riconosciuto in lui,
per prima, il Cristo di tutti.
Egli vivrà di questa parola
che, letteralmente, lo partorisce. Agirà secondo questa parola. «Per questa parola, va’ ;
il demonio è uscito da tua figlia». La guarigione viene
dopo. È come cancellata dal
racconto. Ciò che viene prima, è il passaggio del confine: questa nascita dell’Evangelo fuori dai confini.
Ho voluto seguire questo
racconto passo passo, lasciarlo vibrare in mezzo a noi, per
il suo fortissimo impatto e i
suoi molteplici risvolti. Ne
sottolineo soltanto due:
1) Qui la reciprocità si
iscrive nella relazione d’aiuto. Ogni racconto di guarigione, e questo ne è uno, mette
in scena una relazione unilaterale tra il guaritore e il disperato. Il forte viene in aiuto
al debole. Esiste un’asimmetria fondamentale che si ritrova più o meno in ogni relazione d’aiuto, e che è dovuta
alla differenza di status, di
funzioni, di situazioni.
Qui invece questa asimmetria viene in qualche modo
modificata dall’interno da un
fattore di reciprocità. Ognuno
viene alterato dall’altro, perché ognuno è vulnerabile. La
parola non passa unilateralmente dall’uno all’altro ma
prende corpo tra i due, nello
scambio, in quel andirivieni
in cui ognuno impara dall’altro la propria identità. Nessuno ha il possesso della parola,
neanche Gesù. Essa avviene
in quel confronto in cui ognuno viene modificato dall’altro.
Ciò che la guarigione potrebbe comportare di potere e
di dominio sull’altro, viene
così spezzato a beneficio di
una reciprocità in cui ognuno,
a turno, viene rivelato a se
stesso dalla parola dell’altro.
2) L’identità di Gesù si afferma nella trasgressione del
confine. Chi è Gesù? Questa
domanda, posta fin dalla prima pagina dell’Evangelo,
viene posta nuovamente e
continuamente ad ogni tappa
del cammino. Qui il confine/
diventa posta in gioco: è un
Messia che divide gli eletti
dagli esclusi, i nazionali dagli
stranieri, gli ebrei dai pagani,
i puri dagli impuri? È alla
prova del confine che emergerà l’identità di Gesù: in
quella trasgressione del confine, cioè dei tabù, degli esclusivismi, delle discriminazioni
e delle maledizioni.
Noi ricostituiamo sempre le
nostre classificazioni, le nostre linee di separazione tra
noi e gli altri, tra i concittadini e gli altri, tra i credenti e
gli altri. Può darsi che non
possiamo fare a meno di questo bisogno di segnare così i
limiti. Ma qui Gesù ha trovato il proprio nome: egli è il
Cristo degli altri, di tutti gli
altri, degli stranieri, degli
esclusi, dei maledetti. Egli è
dato a tutti senza protezione,
e senza eccezione. È nel trasgredire a nostra volta i confini che lo riconosceremo laggiù, presso gli altri, per quello
che è: il Cristo di tutti.
(1) D. Bonhoeffer: Gesammelte Schriften, Bd 2, München, Chr. Kaiser Verlag, 1965,
S. 441
(2) F. Quéré; Les femmes de
l’Evangile, Paris, Seuil, 1982, p.
64.
(3) J. Kristeva; Etrangers à
nous-mêmes. Fayard, 1988, p.
139.
(4) Vedi G. Theissen: Lokalkolorit und Zeitgeschichte in
den Evangelien, Freiburg, Univ.
Verlag. Göttingen, Vandenhoeck
und Ruprecht, 1989.
(1 - continua. Traduzione di
Jean-Jacques Peyronel)
7
Spedizione in abb. postaie/50 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
Fondato nel 1848
I.,/
al mittente presso l'Ufficio PT Torino CMP Nord.
L’Editore si impegna a corrispondere
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I diritto di resa.
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Una ventina di volontari, malgrado la giornata non proprio ottimale, ha lavorato alacremente domenica scorsa a rijlulire la stazione Fs di Lusema San Giovanni. Cerano amministratori, più di minoranza che di maggioranza, cittadini,
pendolari; sono state riportati alla luce i 'marciapiedi su cui
era cresciuta una fitta vegetazione. «È solo un primo passo
- dicono! promotori - perché pensiamo di riproporre l’iniziativa per domenica 26 novembre, sperando di avere un
tempo migUore». Intanto procedono i contatti fra Comune,
Comunità montana e Ferrovia; negh spazi della stazione dovrebbe nascere un centro di aggregazione per i cittadini.
venerdì 17 NOVEMBRE 1995
ANNO 131 - N. 43
URE 2000
Ci sono ancora tra queste
valli delle forze vive e
coraggiose disposte ad affrontare con intelligenza e determinazione quelli che apparentemente sono i loro problemi,
ma che in realtà fanno parte
delle nostra collettività. Queste forze, a ragione, devono
trovare spazio e confronto nei
mezzi di informazione. Si
stanno studiando da tempo
diverse ipotesi che potrebbero
portare alla valorizzazione di
molteplice energie presenti
sul teiTitorio. Tutto quanto
può essere fatto in questa direzione: agricoltura, turismo,
cultura. Mi chiedo anche se
non si dovrà guardare in modo particolare alla montagna
come un luogo di nuovi insediamenti, al fine di presidiarla
RILANCIARE LA MONTAGNA
SARACENI
ITALO PONS
e conservarla come difesa del
fondovalle e della pianura.
Un tempo le montagne avevano formidabili sistemi di irrigazione; un’ampia catena di
muri e muraglie tali da preservare il terreno da frane e
sniottamenti. Quelli che poche -decine di anni or sono
erano pascoli e prati a fieno
scompaiono diventando boschi o radura incolta. Senza
dimentjeare il perehne perico
lo degli incendi boschivi. Il
riforno della popolazione è
una garanzia e investimento
per chi vive a valle, ma è anche vero che di tempo di crisi
sociale e lavorativa, a diversi
livelli, ci possono essere persone che si sentono spinte a
installarsi nelle zone montane.
Occorrono progetti, fondi,
incentivi che sappiano rinsaldare da una parte la volontà
dei pochi a restare e dall’altra
aprire nuove possibilità di inserimento. Forse addirittura
una nuova professione, tutta
da inventare, una sorta di
guardiano della montagna.
Molti secoli fa nelle nostre
valli giunse una popolazione
che veniva'dal mare: erano
abili costruttori:, scavarono
canali, costruirono argini,
fabbricarono case di stile particolare, a spina di pesce. Portarono anche delle colture,
grano saraceno e segale; si
sostiene che di lóro siano riitìaste tracce nei cromosomi
di qualche abitante della bassa vai Pelhce che ancora oggi
ha la pelle più scura della media. Si può escludere che questa storia, o leggenda, in un
giorno forse non lontano diventi nuovamente realtà?
Servizi sanitari
Tutelare
i diritti
dei cittadini
Sabato 28 ottobre a Torino
presso ritis «Avogadro» si è
svolto un convegno sul tema
«Carta dei servizi sanitari e
tutela dei diritti dei cittadini:
quale rapporto?», organizzato
dalla Provincia di Torino, assessorato alla Solidarietà sociale, e dal Movimento federativo democratico, Tribunale
per i diritti del malato.
Ha presieduto i lavori Aldo
Miletto, assessore alla Solidarietà sociale della Provincia
di Torino; sono intervenuti
Alessio Terzi, segretario regionale del Movimento federativo democratico, Antonio
D’Ambrosio, assessore alla
Sanità della Regione Piemonte, Teresa Petrangolini, segretaria nazionale del Tribunale
di diritti del malato.
1 rappresentanti dell’Usl e
delle Aziende ospedaliere torinesi hanno relazionato sui
criteri adottati nella formazione delle carte dei servizi
sanitari, comunicando lo stato
dei lavori, già avviati da tutte
le aziende piemontesi, e soffermandosi sui problemi riscontrati'. Le carte dei servizi
sanitari sono state istituite,
secondo una direttiva del
gennaio ’94, per un duplice
scopo: informare i cittadini
sulla qualità e quantità dei
servizi erogati (quantità e
qualità definite da uno standard) e permettere ai cittadini
di agire autonomamente per
tutelare i propri diritti controllando la qualità dei servizi
e segnalando i disservizi.
Intanto in Piemonte sono
state insediate le commissioni
e sono stati stabiliti i programmi: entro gennaio si tracceranno gli identikit di Usi e
ospedali, entro febbraio si
provvederà alla stesura degli
standard di servizio, tra marzo
e aprile si passerà all’applicazione della carta dei servizi e
all’apertura degli uffici che
dovranno rispondere alle esigenze degli utenti.
Treccici Laghi: agevolati i servizi e aumentate le potenzialità degli impianti sciistici .
Frali punta al decollo con gli sport invernali
MILENA MABTINAT
Che nevichi tanto e presto
è ovviamente il sogno di
tutti gli operatori turistici che
lavorano nella stazioni si
sport invernali. Anche Prali
sta aspettando la neve per far
funzionare i suoi impianti di
risalita e accogliere i turisti.
Alcuni sono stati realizzati
nel corso dell’estate: «Siamo
intervenuti in quota, alla Capannina - spiega Carlo Raviol, amministratore delegato
della società Seggiovie 13 laghi - dove abbiamo sistemato
un terrazzo per consumare i
pasti del selfservice all’aperto e un altro per il solarium.
Abbiamo fatto, con terra riportata, dei raccordi per le
varie piste, un nuovo accesso
alla seggiovia e decespugliato le piste; dove siamo intervenuti sul terreno abbiamo
poi seminato dell’erba».
Sono stati anche realizzati
interventi per quanto riguarda
l’innevamento artificiale sulla risalita dello ski-lift Salei e
concluso il piano di approvvigionamento idrico ed elettrico per rimpianto di neve
artificiale. Gli uffici sono stati risistemati all’interno dellà
stazione di partenza della
seggiovia ma è stato messo in
atto, soprattutto, un grosso
lavoro pubblicitario. «Abbiamo partecipato al Salone della montagna - continua Carlo Raviol - e, come Pro Loco, a dei walk shop a Parma,
Rimini e Firenze, per poter
vendere le nostre offerte anche in altre regioni. Penso
che Prali inizi solo adesso a
decollare, grazie anche alla
pubblicità ricevuta dalla presenza negli anni scorsi delle
squadre nazioriali di sci che
hanno scelto le nostre piste
per allenarsi. Nor^ dimentichiamo poi l’opera del nostro Sci Club che si è rinnovato e oggi conta ben 85
atleti nella squadra agonistica. Certo, pensavamo di poter ricevere dei finanziamenti
in occasione dei mondiali di
sci al Sestriere e io-vece pare
che avremo ben pocq; fra tre
anni dovremo comunque sostituire la seggiovia».
Qualche mese fa è stato
proposto un’ipotesi di collegamento con la vai Pellice
mediante impianti di risalita;
che cosa rie pensa? «Per noi
non ci sono problemi - precisa Raviol -; l’importante è
che non ci chiedano dei finanziamenti. Vista la dimensione del progetto non saprei
peraltro chi potrebbe sostenere dei costi così elevati».
Effettivamente i costi sono
sempre un problema; il nuovo
look della stazione ha comportato delle spese a cui hanno collaborato anche i pralini:
«Speriamo sempre di poter
collaborare tutti insieme per
avere una stagione competitiva - conclude Raviol -; siamo sempre fra i primi ad avere la neve, gli ultimi a chiudere le piste fra le pinete e
questo rappresenta un punto
a nostro vantaggio. Proponiamo anche tariffe agevolate
per gruppi, studenti e anziani. Purtroppo la situazione firuinziaria non è florida; per- ,
dite ci sono state ma non tali
da portare a una riduzione
del capitale sociale: speriamo in una buona stagione».
E lo sperano anche alcuni
dipendenti della società che
da diversi mesi vedono i loro
stipendi pagati con un «regolare» ritardo.
I
T a fata si dirige maestosamente
XV1 ^ verso la Germanasca, che le
piogge hanno ingrossato, ferma con un
gesto il corso delle acque e si siede comodamente in mezzo al torrente, aggiustando con civetteria le pieghe della sottana di pizzo. La Germanasca, ubbidendo
poi a un cenno della sua mano, precipita
a valle in cascate e cascatene impetuose
copre’ndo col suo fracasso i gorgheggi argentini della creatura fatata.
Eccola vicino all’arcata di un ponte,
npn china affatto la fronte orgogliosa.
Con un leggero colpo del capo, rovescia
il ponte, che crolla con un rumore sordo
nelle acque tumultuose. La gente accorre
sgomenta e contempla con grida di stupore la “donna bianca” cullata dalle onde, che si trascina, dietro i pezzi del loro
ponte rovinato! La stessa sorte tocca a
tutti gli altri: tanti colpi di testa, 'altrettanti ponti rovesciati. E i contadini odono da lontano, assieme al mugghiare del
IL FILO DEI GIORNI
LE FATE
ARRABBIATE
MARIE BONNET
le onde sempre più possenti, la voce melodiosa della fata che canta.
Arrivando al pontb Raoui, però, la fata
dà segni di impazienza: è troppo pesante
per le sue forze, non potrà attraversarlo,
dovrà chinarsi. Sulle due sponde, la gente si raduna inquieta e triste, per eàsere
testimone della sorte infelice del ponte.
Mostrano i pugni alla fata, mentre scende trasportata dalla rapida corrente. Con
la fronte corrùgata e la faccia,scura, china il capo fremendo. Echeggia un grido
generale: “!! fronte è salvo!”.
Ma la fata, inflessibile e fiera, si volge
verso la folla gioiosa, gridando risentita:
“Ridete, ridete, sventati: ma vi giuro che
non risalirò mai più in questi paraggi”.
Ecco perché la valle di San Martino, priva delle fate benefattrici, è oggi più povera di allora».
Questa leggenda appartiene alla serie
dedicata ai tempestosi rapporti fra le fate e gli abitanti di una località. Nella fattispecie si tratta del raccontò relativo cN
PraU che fece Pietro Rosta, detto «Couzin», di Ghigo di Prali, a Marie Bonriet.
Altre leggende raccontane di questi
«scontri e risentimenti», che originarono
per esempio gli smottamenti nella zona
di Pramollo (la cui etimologia sarebbe
appunto «prato-molle»),
(da Tradizioni orali delle valli
valdesi del Piemonte, Claudiana)
In Questo
Numero
Bobbio Pellice
Un tiirisrao «tranquillo»
e una tendenza al rispetto
dell’ambiente sono le lineé
portanti deir amministrazione di Bobbio Pellice,
che in questa legi.slatura si
trova a confrontarsi, abbastanza produttivamente,
con una minoranza consiliare. Delle prospettive del
Comune, ma anche della
possìbile evoluzione delle
Cornunità montane, abbiamo parlato con il sindaco
Charbonnier.
Pagina li
Palaghiaccio
Ancora rinviata l’apertura al pubblico per le due
piste di Pinerolo e di Torre
Pellice. Gli impianti non
sono ancora ritenuti a norma (Torre Pellice) e i lavori non sono ancora conclusi .(a Pinerolo). A quando
la prossima puntata?
Pagina n
Unioni femminili
Le Unioni femminili
delle chiese valdesi del
primo distretto si sono ritrovate a Villar Perosa per
un corso di animazione bi-,
blica che è stato anche occasione per una tavola rotonda pubblica sul tema
della donna nella società..
Pag^aIII
Dopo la media
È il grande flemma di
,ibgni allievo e di ógni famiglia: dopo la scuola
4éll*obMi^, che indirizzo
lcegUere?1fespcwde a questa demaada il Centro «Ri;à e faói^' Montalcìni» di
PAONA III
«La beidana»
Ua rivista,ha presentato
il programnrii e il nuovo
gruppo redazionale a Torte
Pellice:
, Pagina III
" A
8
PAG, Il
lE Eco Delle Vatxt ^ldesi
I: ■
VENERDÌ 17 NOVEMB^IE 1995
Cottura del pane in un forno a legna
INCIDENTE SUL LAVORO: MUORE OPERAIO DI LU* SERNA — Incidente mortale mercoledì 8 novembre alla
Fiat Rivalta; a perdere la vita è stato un operaio di 37 anni,
Mirko Fenoglio, residente^ a Lusema San Giovanni. Il ¡giovane è stato schiacciato da un carrello elettrico che stava
conducendo; inutile sono stati il soccorso dei colleghi di lavoro e il trasporto in ospedale. Sposato, con un bambino di
dieci anni, Mirko Fenoglio era assai noto in valle anche per
la sua precedente attività di camionista.
SCARICO Nacque superficiali — L’amministrazione provinciale ha éomunicato che tutti coloro che sono
in possesso di autorizzazione espressa o tacita allo scarico
di reflui, rilasciata dalla Provincia stessa o da un Comune
in data anteriore il 17 maggio ’95, dovranno inoltrare con
urgenza all’assessorato Ambiente e risorse idriche della
Provìncia di Torino una dichiarazione di persistenza 0 variazione delle caratteristiche qualitative e quantitative dello
scarico autorizzato. Alla dìchWazioné dovrà essere allegata la copia della vecchia autorizzazione, ovvero copia della
richiesta nel caso di autorizzazione tacita.
RADIO BECKWrm TRASLOCA — Sono in corso i lavori
di trasloco di Radiò Beckwith evangelica; nelle scorse settimane è stata acquisita la necessaria autorizzazione ministeriale che comporterà fra l’altro una serie di modifiche tecniche sulle apparecchiatine trasmittentL Collegati ai lavori di
trasferimento si sono verificati alcuni inconvenienti: è infatti
disattivato temporaneamente il segnale sui 91.200 mhz che
serve essenzialmente la vai Pellice, mentre la frequenza dei
96.500, dopo alcune anomalie, è stata prontamente rimessa
in funzione. A causa del trasferimento nella nuova sede di
Villa Olanda, a Lusema San Giovanni, cambierà anche il
numero telefonico': il 91507 sarà sostituito dal 954194.
FRUTTA GRATIS CONTRO I TUMORI — Sabato 18 novembre, dalle 10, in piazza San Carlo, lato Porta Nuova, á
Torino, i produttori piemontesi di fratta associati ad Asprofrut distribuiranno gratuitamente ai cittadini un omaggio di
mele e kiwi, in un’azione svolta in collaborazione con l’As. sociaziòne per la prevenzione e la cura dei tumori; naturalmente, in cambio della fratta con il marchio deH’ombrello
azzurro, sarà gradita un’oflerta.a favore dell’associazione.
DAL TESTO LETTERARIO ALLA MUSICA — Il prossimo 23 novembre inizierà, a Saluzzo, presso la scuola di alto perfezionahiento musicale in via dell’Annunziata 1, una
serie di incontri con musicologi, giornalisti e scrittori che
con le loro relazioni offriranno strumenti culturali qualificati per una visione d’insieme del fenomeno artistico nel
periodo dal romanticismo al decadentismo privilegiando i
rapporti fra letteratura e musica. L’ingresso è gratuito. Il
primo incontro, alle 15,30, vedrà il prof. Alberto Basso,
presidente della Società italiana di musicologia, parlare su
«La musica in scena: il perché di un’iniziativa».
BONANSEA INTERROGA SULLA CONSERVATORIA
DI PINEROLO — Il senatore Bpnansea ha rivolto un’interrogazione al ministro delle Finanze, Fantozzi, circa il
funzionamento e il mantenimento degli uffici di Conservatoria dei registri immobiliari in Pinerolo. «72 gradini per
raggiungere una sede al 3® piano, impianti elettrici non a
norma, notevole sovraccarico sulle solette, spazi di lavoro
insufficienti» sono>alcuni dei problemi elencati da Bonansea che chiede di «accelerare la procedura per la reperibilità
di nuovi e idonei locali, per altro già individuati, e di assegnare un organico per far funzionare l’ufficio. Perdere la
conservatoria di Pinerolo equivale a privarci di un servizio
essenziale per la città e per tutto il Pinerqlese. Bisogna potenziare l’ufficio anche ampliandone il bacino di utenza».
IL PDS SUI PROBLEMI AMMINISTRATIVI — Il Pds
della vai Pellice organi/zìi una serie di incontri pubblici su
argomenti di interesse tecnico amministrativo. Gli incóntri
sono stati divisi in' due cicli, il primo dei qudi inizia giovedì 16 novembri, ore 20,30, presso la comunità alloggio
in via Angrogna a Twre Pellice. Il sindaco di Torre Pellice,
Marco Armand Hugon, parlerà sulla gestione dei servizi
socio-assistenziali mi Usi, Comunità montana e Comuni. Il
23, stesso luogo e stessa ora, Ezio Borgarello, segretario
comunale a riposo, tratterà dei bilanci comunali.
A • »1C U RAZIONI
nmmsiìta
Agenzia generale
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Intervista a Aldo Charbonnier, sindaco di Bobbio Pellice ' ^
Turismo e ambiente al centro del programma
HERVALDO ROSTAN
LI e ultime elezioni amminii strative, come è noto,
haimo confermato Aldo Charbonnier simiaco di Bobbio
Pellice; alla lista di opposizio- >
ne, interamente composta di
non residenti dopo che alcuni
bobbiesi si erano defilati, andarono un’ottantina di voti:
molte linee programmatiche
non parevano molto distanti
fra loro, alméno negli vobietfivi. Bobbio per altro rimane
una sorta di anomalia politica,
con un’amministrazione collocabile a sinistra e un’opposizione dichiaratamente rossoverde. L’anomalia si ripete in
Comunità montana quando la
minoranza comunale siede in
maggioranza e i rappresentanti di maggioranza sono fuori
dall’accordo che ha portato
alla riconferma di Cotta Morandini alla presidenza.
I tempi delle contrapposizioni forti sembrano però lontani. «Con la minoranza - dice il sindaco Aldo Charbonnier - c’è un buon rapporto,
nel rispetto dei ruoli. Ho colto un’indubbia voglia di collaborare, anche se ultimamente c’è stata qualche defezione. Come amministrazione
abbiamo confermato la voglia di puntate su un turismo
tranquillo, che’ mira ad un
ambiente pulito e che nello
stesso tempo ha bisogno di
alcuni servizi di base come
quelli sportivi, di locali pubblici. La riforma elettorale,
che ha ridotto a due gli assessori, finisce comunque per
penalizzare le 'nostre possibilità di lavorare»..
L’Ingresso di Bobbio Peiiice
Rimane il fatto che in Comunità montana però Bobbio
Pellice non ha rappresentanza
in giunta: «Il nostro ruolo
non è di opposizione preconcetta - continua Charbonnier
-; siamo critici e verificheremo punto per punto l’impegno degli amministratori, disponibili ad appoggiare i
progetti che riterremo corretti. Mi sembra che per certi
versi questa giunta sia un po’
un pastrocchio dove ci sono
persone che fanno riferimento alla sinistra ma ci sono anche esponenti del vecchio
centro democristiano. Non è
detto che questa coalizione
riesca afiavorare in modo sereno e tranquillo. Nel mese di
ottobre la Regione ha concesso un secondo finanziamento
sul regolamento Cee 1401 e
la Comunità montana, che in
occasione della prima tranche aveva condotto un’ampia
consultazione, questa volta
ha deciso alla chetichella di
finanziare un’opera che pro
babilmente va anche bene ma
che nel metodo di scelta ha
ben poco di democratico.
Questo esempio evidenzia un
modo poco simpatico di presentarsi come amministratori
di valle».
In realtà, complice anche la
recente legge regionale sulla
montagna, è lo stesso ruolo
delle Comunità che dovrebbe
essere ridiscusso, «più consorzio fra Comuni e meno ente sovracojnunale», come
precisa il sindaco. Bobbio
Pellice, Comune che negli ultimi anni non ha delegato alla
Comunità montana la gestione dei servizi socio-assistenziali, potrebbe essere sede di
una nuova esperienza per anziani tipo foyer; se ne è già
parlato in Consiglio comunale: «Sui servizi bisogna essere estremamente schietti — afferma Charbonnier -; in passato ci siamo dissociati dai
meccanismi messi in atto dalla vecchia giunta, ma resto
dell’idea che la gestione as
sociata dei servizi, e non solo
di quelli sociali, sia l’unica
soluzione. Pér quanto riguarda il discorso foyer la proposta è giunta dalla cooperativa
“Alveare” qualche mese fa; a
Bobbio abbiamo una caserma
della Forestale che si sta recuperando a fini istituzionali,
come più volte abbiamo chie'sto in passato. Sempre nel
nostro Comune c’è-la caserma della Guardia di finanza
che potrebbe essere utilizzata
come sede di un foyer: l’argomento va avanti un po ’ lentamente anche perché la
commissione creata ad hoc
ha difficoltà a lavorare. Entro l’anno dovremmo comunque definire il progetto e credo ciò sia importante per affrontare alcune situazioni ormai difficili».
Si è discusso molto durante
l’estate della questione dell’
accesso in auto alla conca del
Pra; la legge sulle.piste ne
consente l’uso se si accede ad
attività di agriturismo e da
quando ne è stato aperto uno
le auto alla Conca non sono
mai mancate. Sono stati avviati contatti con la Regione
per ridefinire la materia:
«Personalmente — conclude il
sindaco - resto convinto che
questo tipo di piste debba essere utilizzato da chi in montagna ha una qualche attività: penso all’agriturismo
ma anche ai rifugi del Cai,
all’azienda agricola, al maestro di roccia. Per gli eventuali clienti sarà necessario
un servizio di navetta che potrebbe anche rappresentare
un’occasione di lavoro per
qualcuno».
Iniziativa dell'Associazione commercianti
Un convegno sul
turismo nel Pinerolese
Se i campionati del mondo
di sci del ’97 al Sestriere saranno o meno un affare per il
Pinerolese lo scopriremo fra
pochi mesi. Certo sarebbe
grave lasciarsi cullare d^ll’
appuntamento del colle senza
pensare al dopo e in generale
alle alternative; se l’occasione agonistica può rappresentare un veicolo pubblicitario
l’economia turistica del territorio deve andare oltre il «fatidico» appuntamento. Se ne
è accorta anche l’Ascom pinerolese che propone per il
23 novembre il primo convegno sul turismo nel Pinerolese. Una giornata di lavoro
per verificare risorse del territorio dove storia, cultura,
ambiente sono la base per
unà vacanza tranquilla ma
impegnata. «I nostri prodotti
turistici - spiega Fabio Castagna, uno degli albergatori
promotori del convegno sono assolutamente di qualità; costituiscono una “nicchia” interessante».
Settore ricettivo, commercio, servizi, artigianato devono muoversi in stretta unità di
intenti: è questo lo slogan
dell’Ascom pinerolese che ha
lanciato il convegno e che pone l’accento sulla «necessità
di disegnarsi un futuro turistico a lungo termine in base al
quale poi impostare una accorta politica di graduale e
metodica crescita». Siamo
dunque, pare di capire, alla
presa di coscienza che il turismo va non solo gestito ma
promosso e incentivato. Non
basta lo spontaneismo talvol
ta dilettantesco, non è sufficiente l’attività degli operatori: turismo oggi vuol dire accoglienza curata da parte di
tutti i cittadini, è arredo urbano da parte dei Comuni, è
animazione organizzata al di
là di quanto di buono già fanno le varie Pro Loco.
L’appuntamento del 23 novembre, a partire dalle 9 preso il Circolo sociale di via
Duomo a Pinerolo, vuole essere anzitutto momento di
informazione e di formazione, mettendo a confronto le
esperienze esistenti, valutando i possibili supporti finanziari, le potenzialità del territorio e la possibilità di un
progetto turistico per tutto il
bacino di Pinerolo e valli.
A Torre Pellice e a Pinerolo
Corsa a ostacoli per
i due «palaghiaccio»
La delibera assunta dalla
Comunità montana vai Pellice all’inizio di ottobre, contenente le condizioni dell’affidamento temporaneo del palaghiaccio di Torre Pellice
all’H.C. Valpellice, per il momento non otterrà di far riaprire la pista di Torre Pellice
nel breve periodo. Proprio
quando tutto sembrava pronto
per l’apertura, magari limitata
come lo scorso anno ai soci
dell’Hcv, si è registrata una
brusca inversione di tendenza. La forza pubblica ha infatti annunciato di non poter
consentire la riapertura dell’impianto, dopo la visita e il
parere negativo della commissione provinciale di vigilanza dell’anno scorso e sen
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za che, al momento, siano
stati ottenuti tutti i pareri e le
autorizzazioni necessarie.
Eppure sembrava proprio
l’anno buono per la riapertura
deirimpianto. Nel corso degli
ultimi mesi sono stati effettuati lavori per oltre un miliardo sulle tribune, negli spogliatoi, sugli impianti elettrici, sulla struttura esterna; al
momento però, dopo aver
sentito anche la Prefettura,
l’unico utilizzo possibile potrebbe essere delle squadre
delThockey. «Già - ribatte la
società sportiva -, ma come
possiamo coprire i costi di
gestione se non possiamo
aver utili né dal pattinaggio
né dalla presenza di pubblico
a eventuali manifestazioni?».
Quanto durerà l’attesa? C’è
chi parla di poche settimane,
altri di almeno due mesi. Solo
dopo che sarà stato ottenuto il
parere della commissione di
vigilanza sì riaprirà, questo
pare ormai assodato, ma per
poter invitare la commissione
ad effettuare il sopralluogo
occorre avere alcuni certificati ed eseguire alcune opere,
secondarie ma necessarie. E
così la pista resta senza
ghiaccio, quasi in una gara al
contrario con Pinerolo, dove
la vicenda del palaghiaccio è
altrettanto in alto mare: pef la
conclusione dei lavori e per
r affidamento della gestione.
Sarà bellissima la pista di
Torre Pellice, sarà coinpletamente nuova quella di Pinerolo ma, per ora, gli appassionati del pattinaggio devono
recarsi a Torino.
9
Hotiziúríofúei
7T^
T
7
> V
NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
SCUOLA: PRE-OCCUFAZIONI D'AUTUNNO
1. Il disagio immobile.
Le categorie della crisi, del disagio,
dell’inadeguatezza e dell’arretratezza coabitano da tempi immemorabili con il dibattito sulla
scuola italiana. Domenico Starnone nel suo
ultimo libro «Solo se interrogato» ha raccolto
voci presenti e passate che tratteggiano una
scuola abbandonata alla routine, agenzia di
patimento, frustrazione e affanni per alunni e
professori. È un disagio immobile nel tempo,
che cambia le persone, le metamorfizza: come nel recentissimo film «La scuoia», è un disagio che trasforma lo studente «in mosca» e
i professori in «veri ripetenti» («i veri ripetenti
siamo noi!»: è lo sfogo del vicepreside Speroni). È un disagio che vola alto, che coinvolge
tutte le generazioni che popolano l’universo
scuola, è un disagio che si sente ma con il
quale ogni comunicazione è improbabile, e rispetto al quale il buon professor Vivaldi non
può far altro che proporre - per sé e per i suoi
allievi - un «laboratorio interdisciplinare
sull’attenzione».
E di attenzione deve spenderne parecchia
lo studente italiano che vuole percorrere per
intero il tragitto della formazione scolastica
medio-superiore: su 100 giovani italiani iscritti
alla prima media inferiore soltanto in
40 arrivano al diploma di maturità. I giovani
che si diplo
mano in Spagna sono 64 su 100, in Usa,
Gran Bretagna e Francia 75, in Svezia 80, in
Giappone 91. Guardando alla carriera universitaria, 26 dei 40 diplomati italiani decidono di
iscriversi all’università. Soltanto in 8 riusciranno però a laurearsi: meno di 90.000 italiani
l’anno, mentre circa 150.000 sono i giovani
francesi, britannici e tedeschi che si laureano
ogni anno.(l) Se combiniamo i dati sulla dispersione scolastica con quelli della bassa
scolarizzazione (solo jl 20% della popolazione
italiana può vantare una formazione mediosuperiore), con le rilevazioni sui consumi culturali (il 61% della popolazione non legge mai
niente), con i ritardi sull’alfabetizzazione linguistica straniera ed informatica, ci viene restituito un quadro dello sviluppo del nostro
paese segnato da un preoccupante deficit formativo: l’altra faccia della medaglia di un sistema scolastico in crisi.
2. Altri brutti sintomi.
A riflettere su segnali di altro tipo, meno
oggettivi, legati più alla sensibilità diffusa, agli
atteggiamenti, sembrano assumere consistenza una serie di sintomi dello stato di sofferenza in cui si trova la scuola italiana.
a) La crisi dei prestigio che la scuola,
l’istruzione in generale, ha avuto nellà società
italiana: l’istruzione e lo studio non sono più ai
vertici della gerarchia dei valori. L’appetibilità
sociale dei diplomi di maturità è crollata con
l’allontanarsi della soglia anagrafica e sociologica d’accesso al mercato del lavoro e col venir meno delle causalità dirette tra formazione superiore e impieghi socialmente desiderabili.
b) La crisi «depressiva» come
immagine ricorrente associata alla
scuola. I professori sono depressi
«contrattualmente», con gli stipendi
più bassi d’Europa, privi di percorsi
di carriera e, di
^ conseguenza, demotivati. Per i ragazzi e le ragazze la scuola si
ravviva, acquista senso e colore solo c)uando diventa altro, quando
smette i panni
'v di istituzione
giudicante e si
^ trasfigura in
(Giovani e comunità - seminario formazione Fgei per i gruppi dei Nord italia)
UN FIUME DI DONNE
Mi trovavo a Pechino da due giorni ormai,
il tempo necessario per ambientarmi un po’ e
per visitare i luoghi più raccomandati dalle
guide turistiche: la città proibita, il tempio del
cielo, la piazza TIen An Men. In giro per la
città un paio di volte mi era stato chiesto di
posare per delle foto in compagnia di ragazzi e ragazze cinesi. Mi sono prestata, divertita dal fatto che ba
stasse quell'ingombrante targa
appesa al collo, di cui erano
dotate tutte le partecipanti al
Forum, a rendermi così popolare.
La città era tutta addobbata
con striscioni, manifesti e colorate bandiere, segno di benvenuto al
ì di ra- Ci,
^ N. /
KM
le tante donne giunte da tutto il mondo. MI
trovavo a Pechino da due giorni, dicevo, ma
solo il giorno della cerimonia di apertura del
Forum ho cominciato a realizzare l'importanza dell’avvenimento a cui stato prendendo
parte.
Ci ritroviamo alle due del pomeriggio nella
hall dell’albergo. Tutte vestite e truccate
con cura, con una luce particolare negli occhi. Alcune indossano abiti tradizionali indiani ed africani. Saliamo su un autobus, dirette verso lo
stadio dove si terrà la cerimonia.
Per strada la gente ci guarda incuriosita. Guardo incantata i bambini
cinesi. E’ proprio il caso di dire bam
(continua in 4”pagina)
luogo di intensa socializzazione e di espressione di soggettività: durante le occupazioni,
nelle relazioni significative con i propri pari o
con insegnanti attenti che offrono loro ascolto.
c) La crisi dei saperi offerti dalla scuola italiana: altri sono i canali culturali attraverso i
quali si apprendono cose ritenute utili dàlie
giovani generazioni. La forbice tra la percezione di inutilità dei programmi scolastici e
l’utilità della offerta formativa extrascolastica
sembra divaricarsi progressivamente.
D
3. Che cosa domandano I ragazzi e le
ragazze: una scuola reale ed autentica.
La vita continua e i desideri non muoiono.
E se, come nel film di Luchetti, è utopistico
desiderare una Scuola Ideale con cinematografo, tavernetta, camerette per l’amore, ambulatorio per test Hiv, piscina, sauna, officina
per i,motorini, tennis e discoteca, dove non ci
sono aule né sale per i professori, una scuola
dove i docenti non ci sono (ma quando previsti, ballano!), è ragionevole ipotizzare che la
scuola attesa da ragazzi e ragazze risponda
ad un bisogno di maggiore realtà e autenticità.
Una scuola più reale è il bisogno di una
scuola che non perda di vista il mondo, quello
che accade, fuori del portone d’ingresso degli
Istituti, e che se ne preoccupi, che aiuti a
comprenderlo, che insegni a vit/ere e analizzare criticamente i grandi processi di trasformazione e innovazione che attraversano le
società contemporanee. Inoltre, la domanda
di un surplus di realtà che viene rivolta alla
scuola riguarda II suo collegamento, oggi praticamente inesistente, con la realtà con il
mondo delle professioni, che dia maggiore
certezza alla linea di coerenza e continuità tra
percorsi formativi scolastici, formazione professionale e sbocchi lavorativi.
Una scuola più autentica è una scuola che
risponde a quella domanda di senso che cattura prima o poi ogni studente: «cosa ci faccio
a scuola io?». Se la formazione scolastica appare sconnessa dai propri destini professionali, un altro tipo di formazione «prende» i
giovani e dà senso al loro essere a scuola, la
formazione di competenze sociali legate alla
crescita personale, alle relazioni amicali tra
pari, alla socializzazione: le competenze comunicative e relazionali sperimentate con le
esperienze emotive ed affettive di adolescente, la soggettività ricercata e provata in territori extrafamiliari, nella vita di gruppo - formale
0 informale - nei rapporti con le coetanee e i
coetanei dell’altro sesso.,Che sia una dimensione importante e sottovalutata dell’universo
scolastico lo sostiene il rapporto fard, «Giovani anni ’90», quando rileva che
uno dei rimproveri mossi dai
giovani agli insegnanti sia proprio quello di incompetenza
«relazionale prima ancora che
disciplinare». I professionisti
della scuola sono dunque nella posizione di
chi distribuisce risorse simboliche irrinunciabili
per ragazze e ragazzi, e sotto questo aspetto
- affermano i ricercatori lard - «il vero problema della scuola è dunque quello della sua capacità di accogliere e contenere le soggettività degli allievi, che prima di essere tali sono
adolescenti e giovani adulti bisognosi di autonomia e riconoscimento». (2) *
4. Qualche idea da rimarcare.
È ragionevole pensare che i giovani e le
ragazze, guardando oltre i dilemmi scuola
pubblica - scuola privata, autonomia - decentramento, si appassionino intorno all’interrogativo «vado a scuola: ma per viverla come e
per apprendere cosa?». Le suggestioni non
mancano, e in genere si tratta di tasti da battere in continuazione:
/a scuola dei saperi, è una scuola il cui impianto non privilegia gli ambiti classico-umanistici rispetto a quelli matematico-scientifici, o
tecnico-professionali, è una scuola anti-gentiliana che non prevede gerarchie di saperi, ma
li offre all’insegnamento secondo una redistribuzione funzionale ai fabbisogni formativi
dell’intero paese.
la scuola del saper essere: è una scuola
che offre ai propri insegnanti una meta-formazione, che insegna ad insegnare, a motivare
allo studio, che insegna a far apprendere, che
forma alla (comunicazione e alla dinamica relazionale; è una scuola che si riconosce come
luogo di incontro tra generazioni e identità diverse, tra soggettività in crescita, una scuola
che «contiene» il disagio di vivere tutto adolescenziale delle giovani generazioni.
la scuola del saper riconoscere e rispettare: è una scuola in cui si apprende a relazionarsi con la diversità, quella etno-culturale,
quella di fede, quella sessuale.
la scuola del saper parlare: è la scuola che
scommette sull’alfabetizzazione alle lingue
straniere, che forma giovani individui appartehenti a culture transnazionali, aperte e interconnesse, soggette a scambi e influenze.
la scuola del saper navigare: è la scuola
che permette ai suoi e alle sue studenti di apprendere una bussola di base per muoversi
tra linguaggi - informatico, massmediologico,
musicale, dell’informazione e dell’Immagine sempre più potenti, seducenti e complessi, in
continua trasformazione, una bussola irrinunciabile per non restare tagliati fuori da mercati
culturali e simbolici aperti ed interdipendenti.
(1) Dati CENSIS in. De Mauro, Idee per il
governo: la scuola, Laterza 1995, p. 4. Ma
anche Palmonari, Psicologia
dell'adolescenza, Il Mulino 1993, p. 251. Per
la crisi del sistema accademico italiano rinvio
al rovente pamphlet di Raffaele Simone,
L’università del tre tradimenti, Laterza 1993.
(2) Cavalli, de Lillo, a cura di,
«\ Giovani anni '90, Il Mulino 1993,
■'■‘•1 p.31.
Pasquale lacobino (Firenze)
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HotiziQriofgei
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alla ribaftaJ
GIOVANI METODISTI IN EUROPA
« Eccoci qua,
siamoj famigerati, lavativi... cioè i famosi, tàboriosi ragazzi del gruf^ F.G.E.i. di Siena.».
Dopo questa iniziale premessaj^Qmief
possiamo aggiungere che il grup^^’m
anche molto giovane, ci slamo
solo l’anno scorso e alcune delle iscritte non
hanno ancora preso parte al convegni regionali e nazionale per problemi di tempo e di famiglia. Oltre al coro e al catechismo, attività
già avviate negli anni prece<^nti, tutti, insieme aLpg^^^ inizio, l’anno
scor;^^^^ &(àm^mJbwlico sul libro
dell’^i^ms^^KpSia ma attualizzazlone (nonostante il linguaggio simbolico) e per il
profondo messaggio che vuole trasmetterci.
'• Quest’anno abbiamo in programma sia di
continuare a riflettere sull’Apocalisse, sia di
•' J. i
meditare altri brani, leggere Gioventù^Evangelica e, se ci riusciamo, a organizzare qualche animazione bi0l^ M m 1 M
«Ci ritroviamo
tempo, non abbiamÈ^mdl^^rmisi ^ro^tti
per II futuro, rna gioiamo nello studiare la BibbisLln^ieme lodando Dio (Amanda, Pamèla, ‘
\)». «...sfido a trovare in Toscana un
della stessa entità numerica così attivo e affiatato, soprattutto perché in Toscana
non ci sono gruppi di tale entità - o sono più
numerosi o sono più piccoli - (Daniele)». È
vero per le attività di chiesa siamo costanti,
penso però ci sia bisogno di trovarci in altri
momenti oltre allo studio ^ m
biblico per stare insieme e CI m Ck
conoscerci un po’ di wfJ
(Larissa)».
Le idee e le personalità sono diverse, siamo comunque tutti abbastanza concordi sul
fatto che, a livello sia regionale che nazionale, il gruppo Siena rimane un po’ isolato sia
per la posizionepe^Èim^lla 0ttà,^dov^
anche all’inadeguaU^sàde^ 9iecB domMcazione, sia percfieW rtosM^gmseri&a Ma
piena attività regionale è, a volte sporadica.
Sporadica presenza dovuta agli impegni di
ognuno di noi ma anche al fatto che «C’è
l’esigenza di conoscerci meglio tra noi qua a
Siena (Francesco)», «...per tutto ciò rivolgo
un caloroso appello ad un sano isolamento
(Daniele)». Naturalmente Daniele sta scherzando, stiamo solo procedendo a piccole tappe nella speranza di^aper mettere in pratica
realtà che ci
^mor^^^0’'^^^eHa F.G.E.I. Toscana
^Wsopfmétio Sn qWello di Dio.
Elisa Capannoli, Daniele Pavone, Amanda
e Pamela Manche, Sabina Chick-Akwi, Larissa Mascioni, Francesco Pacciani.
Anche quest’ anno, come ormai avviene
da cinque iustri, si è tenuto il Consigiio Europeo della Gioventù Metodista (EMYC), di cui
ia Egei fa parte a pieno titolo.
L'incontro annuale si è svolto questa volta
in Germania, a Stoccarda. Come alcuni sapranno, l’EMYC è una organizzazione internazionale, con cui ia Egei mantiene contatti
diretti, che opera a iivello europeo con l’obbiettivo di mantenere vivi i rapporti fra i ragazzi con simiie tradizione metodista.
Una settimana all’anno quindi, è dedicata
intènsamente all’organizzazione di attività, incontri, approfondimenti che i vari delegati affrontano dividendosi in commissioni; ciò infatti
rende il confronto più diretto e partecipato. Vi
sono cinque commissioni; che si confrontano
sui problemi dei giovani nelle rispettive chiese
(tema molto attuale nella Egei), sul concetto
di evangelizzazione, sul rapporto giovani,
chiese e società, e sulle possibilità di incontri
e confronto diretto fra ragazzi provenienti da
diversi contesti culturali, ma con una medesima fede e tradizione religiosa e storica.
Quest’anno eravamo circa una sessantina
di persone, ospitate in un centro molto accogliente della Chiesa metodista di Stoccarda, Giebel, ma provenienti da venti stati diversi.
Lascio a voi immaginare l’atmosfera...
Spero abbiate immaginato bene. Parlare a
tu per tu con persone giovani provenienti da
p^esi quali l’Ucraina, la Serbia, la Macedònia,
la Bulgaria, ecc. non capita tutti i giorni. Vo.glia di ascoltare, scoprire, ma anche di parlare, scoprirsi, desiderio di pregare insieme,
ognuno secondo la propria cultura, il proprio
«sentire», la propria esperienza di vita, portano senza dubbio ad una maggior conoscenza
di se stessi, della propria identità, non solo
culturale, ma soprattutto religiosa.
Tanti i modi per esprimere la propria fede,
ma unico il punto d’incontro; Dio.
Personalmente, ritengo molto importante la
partecipazione di noi, giovani protestanti italiani a eventi di questo genere. L’entusiasmo,
la carica che in questi giorni hanno colmato il
mio cuore, mi stimolano a perseverare nella
mia ricerca di fede, passo dopo passo, perché so di non esser sola, ma di aver scoperto
tanti fratelli al di là di confini di casa mia.
Vi vorrei proporre la risoluzione che quest’anno l’EMYC ha adottato. Riguarda un problema a tutti troppo noto (e allo stesso tempo
non abbastanza): gli esperimenti nucleari che
il governo francese sta continuando a fare
nell’oceano Pacifico. Riporto qui di seguito il
contenuto della suddetta:
«L’EMYC disapprova qualsiasi tipo di test
nucleare. Perciò propone ai giovani delie
chiese protestanti in Europa, di reagire contro
i test nucleari francesi, boicottando i prodotti
francesi, organizzando incontri di preghiera e
di riflessione, spedendo una lettera al proprio
ambasciatore di Erancia, scrivendo lettere ai
politici... e di battersi per la pace, la giustizia
e la tutela del creato».
Francesca Schirò (Gorizia)
ik ik ’ù ik ik ik ik ^ ■'Ct ik ^
CHE GIANDAIA MARINA SEI?
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ovvero: come nidificano i giovani neiie nostre comunità?
ik
Giovani e comunità era il tema del seminario di formazione fgei per i gruppi del nord Italia, che si è tenuto a Rivoli (TO) pressò il centro Filadelfia dal 27 al 29 ottobre 95.
Quale miglior paragone se non col comportamento animale per giungere a capire a
capire noi stessi e, in questo caso particolare,
il nostro rapporto/approccio con le comunità?
Al centro delle nostre discussioni sono stati: il nostro modo di intendere una comunità,
che porta inevitabilmente (o quasi) a desiderare a/cun/camb/amenf/, e quindi la nascita
della questione del dialogo intergenerazionale. .
AV’ihizio, con la partecipazione di Claudio
Pasquet (che ci credeva più critici), sono stati
esposti i diversi cohcetti di “comunità” e, secondo la maggior parte dei presenti, vale la
■pena starci partecipando anche alle attività,
senza essere però considerati “gruppo a parte” in quanto giovani.
Nel pomeriggib'ogni gruppo ha potuto dare
sfogo alle proprie ambizioni costruendo un
• progetto di cambiamento per un’ipotetica comunità, che doveva nascere da uno o più bisogni reali. La validità dei progetto è stata
àmpiamerite criticata (o apprezzata, ci mancherebbe!) da un improvvisato Consiglio di
Chiesa.
Dopo una divertente serata trascorsa a
cercare i bigliettini di Simon Pietro nascosti
nei posti più impensabiii dei centro, cantando
qualche canzone, abbiamo conciuso il convegno la Domenica mattina scrivendo degli slogan 0 delle proposte a favore del dialogo tra
le generazioni.
Infine la partecipazione al culto con la comunità battista di Rivoli, pranzo, baci, saluti e
abbracci.
Silvi^ GardioI (S.Secondo)
* numero verde
sonol^^te^^Bbili.
Se vogliamo aiutare Telefono Azzurro a
sopravvivere possiamo versare i nostri
contributi sul c.c.p. 550400 intestato a;
Telefono Azzurro
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HoP/ziariofgei
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ATTENZIONE!
NUOVA RUBRICA!!
HO SCOPERTO
•••.
Raccontateci dei vostri libri preferiti, dei film che vorreste consigliare, delle canzoni che
amate... scrivete alla redazione del Notiziario!
«Tutto è puro per i puri di cuore». Questa è probabilmente la chiave di lettura che la stessa
Jeanette Winterson dà del suo romanzo autobiografico «Non ci sono solo le arance» (ed. Mondadori 1994, pp. 206, £. 28.000). È la storia
■ , ' di una credente omosessuale cresciuta
, ui 7 in una comunità tradizionalista da cui
c/o Redazione Riforma
via Pio V, 15 10125 Torino
tei, 011-655278
fax 011-657542
riceverà anatemi, critiche di ogni genere e persino, un esorcismo. Tutto ciò
viene descritto con delicata ironia, mai
vi è una condanna da parte delfautrice. Il giudizio infatti non le interessa:
solo l’amore, la tolleranza, l’innamoramento riguardano i «puri di cuore».
L’ho letto in un batter d’occhio,
aspettando di imbarcarmi all’aeroporto
di Amsterdam... leggetelo, leggetelo,
leggetelo!
Emma Olivieri (Napoli)
Dopo il consiglio allargato può essere utile, per chi c’era e soprattutto per chi (per sua
sventura!) non era presente, dare uno sguardo ai temi di cui abbiamo parlato. Se non lo
avete già fatto, leggete la prima pagina di
questo numero del Notiziario, o quanto meno
voltate pagina e date uno sguardo aH’articolo
di Pasquale lacobino sulla scuola: ecco,
adesso anche voi che non c’eravate sapete
qualcosa in più sul consiglio allargato, dato
che nella prima parte della nostra riunione
congiunta è proprio di scuola che abbiamo
parlato, avventurandoci con l’aiuto di Pasquale per un sentiero non sempre pianeggiante.
Proviamo a fare una panoramica degli argomenti che ci hanno tenuto occupati il 14 e
15 ottobre. In primo luogo...
ria e il gruppo Aleph di Torino fa ben sperare
per la situazione generale della regione. Ma
purtroppo non è così ovunque: in generale il
Sud sembra in questo momento più in difficoltà rispetto al Centro e al Nord. Anche i dati
sulle adesioni del ’95 presentati dalla segretaria mostrano che i gruppi del Sud nell’ultimo
anno hanno avuto un vistoso calo. Nel prossimo futuro bisognerà seguire con attenzione
alcune specifiché situazioni (ad es. Sicilia e
Campania).
*Desideri e aspettative...
Una fruttuosa novità dell’ultimo consiglio
allargato è stato l’Incontro tra la segreteria nazionale e le segreterie regionali (a tale proposito vedi il commento qui di fianco di D. Del
Priore). Attraverso due animazioni condotte
da Silvia si è cercato di far emergere le reciproche aspettative e le eventuali difficoltà, di
lavoro e di relazione. Un accento particolare è
stato posto sull’Importanza delle relazioni interpersonali. Da una relazione più diretta fra
le persone, meno mediata dai ruoli che abbiamo, nasce la possibilità di vivere il nostro impegno in maniera più «leggera», ma anche
più proficua.
*A che punto siamo.
Attraverso le relazioni delle segretarie e
segretari regionali abbiamo avuto un quadro
della situazione abbastanza variegato, che
presenta - cosa inevitabile - i suoi punti di
forza e quelli di debolezza. Ad alcuni segnali
incoraggianti, ad alcune situazioni regionali
floride, si affiancano infatti situazioni più difficili. Ad esempio: il fatto che in Piemonte abbiano aderito quest’anno per la prima volta
due gruppi vivaci come quello di Rivoli-Vena
*Pensando al Congresso...
È bene cercare di arrivare al congresso
attraverso un percorso di riflessione sul futuro
della Egei. Sarebbe opportuno che dedicassimo un po’ del nostro tempo (nei mesi che ci
separano da Pasqua ’96, ovvero dal congresso) a qùesto tema così importante. Come valutiamo il lavoro svolto dallo scorso congresso
ad oggi? Quali strade ci piacerebbe percorrere in futuro, quali temi ci sembrano imprescindibili? Quali progetti abbiamo per la Egei? Se
riusciremo ad arrivare al congresso (e ovviamente ai precongressi) avendo riflettuto su
qualcuna di queste domande... una parte del
lavoro sarà già stata fatta!
Purtroppo al consiglio allargato non siamo
riusciti a dedicare a questo tema tutto il tempo
che avrebbe meritato. In ogni caso abbiamo
pòtuto esprimere qualche desiderio/progetto
circa i temi a cui vorremmo dare priorità e
l’impostazione che vorremmo dare af congresso. Ecco, in sintesi, alcuni dei punti discussi:
- La ricerca teologica senza dubbio è stata un punto di forza della elaborazione della
Egei negli ultimi anni. Abbiamo esplorato diversi sentieri, molto lavoro è stato fatto, a più
livelli (il Grulateo, i vari convegni regionali o
nazionali, i campi...), abbiamo prodotto idee e
materiale, siamo cresciuti/e insieme sui terrii
che ci appassionano. Il congresso sarà di sicuro l’occasione giusta per rilanciare questo
tema.
HA ÓIAMO -^icaUjl CHE SIA QOESTO
IL "CONòK^LlO ALLAUSATO'' ?
r
atti
S. Severa 14-15 ottobre 1995
94. Si decidono ie quote di sottoscrizione a GE perii 1996:
- ordinario L 45.000
- sostenitore L. 90.000
- estero L. 60.000
- formuia 3x2 L. 90.000 ,
cumuiativo GE-Confronti L.85.000 ‘
95. ^i decidono ie quote di gruppo per ii 1996.
' ■ ''''Pi
pe, s/ incarica Leiio Voipe di preparare ia scheda cuito-Fgei sui Proverbi.
\
97. Si incarica ia segretaria di chiedere a Danieie Bouchard ia preparazione di una
scheda cuitò-Fgei suil’Apocaiisse.
S.Severa 14-15 ottóbre 95
- Ma non dimentichiamp che del lavoro è
stato fatto anche sul nostro rapporto con l’etica e la politica (per es. il campo studi - gennaio ’95). Anche questo filone è stato segnalato fra quelli che non potranno essere trascurati dal congresso.
- Ancora un elemento a cui vorremmo dare spazio: ci pare che sempre di più la Egei
guardi con attenzione alla realtà giovanile delle chiese nel suo complesso. I cosiddetti
gruppi non federati stanno diventando per noi
interlocutori interessanti non meno dei gruppi
che fanno riferimento alla Egei. La domanda
non è più (o non solo) «perché non vogliono
aderire alla Egei?» bensì «che cosa possiamo
fare assieme a loro?», ovvero: su che basi
possiamo coordinare il nostro lavoro? Un
esempio: in Lombardia è nato un Coordinamento regionale di cui fanno parte 4 gruppi
giovanili; nonostante qualche difficoltà iniziale, i gruppi daranno vita, nei mesi futuri, ad un
programma comune. È interessante notare
che di questi 4 gruppi soltanto uno (il gruppo
Egei di Milano) è federato.
*Lo «specchio amico».
Ge nuova versione: abbiamo avuto (sabato pomeriggio) una lunga visita dei direttori
della rivista, Giorgio Guelmani e Michele Rostan. È stata un’occasione per esprimere le
nostre valutazioni sulla rinnovata veste di Ge;
ma non solo questo, datò che ci è stata rivòlta
una precisa richiesta, che può coinvolgere
gruppi 0 anche singole persone della Egei.
L’operazione «specchio amico» dovrebbe infatti servire ad avere valutazioni sulla rivista'
un po’ «pensate», ad esempio sotto forma di
lettere elaborate da gruppi e spedite alla redazione. È importante che il nuovo gruppo di
lavoro che si occupa di Ge abbia un «ritorno»
da lettori e lettrici della Egèi, dunque cosa
aspettate? Mettete in ordine su un foglio i vostri pensieri, le reazioni, i suggerimenti, le critiche e fatele pervenire alla redazione!
Accanto a questo resta molto importante il
sostegno materiale alla rivista, in termini di
abbonamenti (informatevi sul fantastico 3 x
2!) e diffusione. - *
Assicuratevi che il vostro gruppo sia abbonato! : , ' 1
' J . Lula Nitti (Napoli)
Un commento
La Fgei non è fatta soio di riunioni, di organizzazione, di Consigiio e segreteria naziona//, di «quadri»; è fatta di ragazze e ragazzi che
giocano, si arrabbiano, discutono, soffrono, si
divertono, si incontrano.
in questi uitimi anni c’è stata un'attenzione
particoiare da parte delta segretaria nazionaier Silvia, e di tutto il Consiglio, all'importanza
dell’incontro fra ie persone, alla valorizzazione delle relazioni interpersonali.
Credo che questo sia stato un grande aiuto
per ia Fgei, e credo anche che nel nostro lavoro futuro, nei contatti fra I gruppi (federati e
non), nel dialogo con le nostre comunità,
nell’incontro fra le generazioni, quésta sia una
scommessa che vale sempre la pena giocare.
Questo significa pensare alla relazione fra
le persone come a qualcosa di necessario per
lavorare insieme con serenità, per camminare
fianco a fianco, pér incontrarsi.
Forse anche solo per sentirci un po’ meno
ingabbiati nei ruoli che abbiamo e un po' più
liberi di sorriderci. Non è poco.
Daniele Del Priore (Milano)
Jéf pròprio'teimi:©
c i,,roprie,Ìori;B a
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c6 Croce, via Satve-'^'<{;
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12
Hotiziariofgei
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(continua dalla rpagina)
bini data la netta superiorità numerica dei maschi rispetto
alle femmine. Quasi giunte
al luogo di des tinazione
ci fermiamo davanti ad
un semaforo rosso:
una ventina circa di
autobus carichi di donne ci passano davanti.
Mai come quella volta
mi è piaciuto rimanere
ferma davanti ad un semaforo. Finalmente l'autobus giunge a destinazione. Scendiamo. Lo spettacolo davanti ai miei occhi è straordinario: migliaia e migliaia di donne camminano per la strada e man mano altre donne,
scendendo dagli autobus vanno ad ingrandire
il fiume che percorre la strada che conduce
allo stadio. Siamo tante, siamo veramente
tante. E’ straordinaria la sensazione di forza,
di potere, di energia che mi ha dato il vedere
così tante donne raccolte nello stesso luogo,
unite dalla volontà di affermare i diritti di tutte.
Ho sentito dentro di me questo senso di forza
crescere e crescere man mano che il numero
di donne aumentava e in quel momento i
grandi temi della conferenza, i temi dei workshops riportati dalla guida e quello che io sentivo a livello più istintivo divenivano un’unica
cosa: il numero, la determinazione, l’essere
insieme e dirìgersi insieme verso una meta
comune rende forti le donne. ,
La cerimonia dì apertura è stata sicuramente il momento più esaltante del mio soggiorno in Cina. In sessanta mila abbiamo applaudito all’urlo di “benvenute sorelle di tutto il
mondo”. Non mi soffermerò ulteriormente a
descrivere lo spettacolo di altro livello che ha
visto impegnate 5000 artiste (ed artisti).
f giorni ad Huariou sono stati estremamente arricchenti, ma anche faticosi. Si camminava moltissimo per sostarsi da una tenda all’altra, da una costruzione all’altra. Soprattutto si
camminava sotto la pioggia e spesso nel fango e se si prendeva molta acqua al rriattino, si
rischiava di rimanere bagnate per tutta la giornata. Se questo, in qualche modo, ha comportato qualche disagio per me, è facile immaginare quanti ne abbia comportati alle tante donne che per dieci giorni hanno vissuto la .
stessa esperienza su una sedia a rotelle.
Giunte da molto lontano, perso anche a quanto faticoso debba essere stato il loro viaggio.
Eppure erano lì a dare uno straordinario
esempio di impegno è di determinazione.
La mìa attenzione era costantemente attratta dalle donne africane ed asiatiche, vestite dei loro abiti tradizionali. Bellissime e fiere,
camminavano per,Huariou ed accettavano di
mettersi in
posa per
farsi fotografare.
Diverse
sensazioni
mi suscitava la vista
di donne
musulmane
tutte avvolte nei loro
abiti neri
che lasciavano scoperti solo
gli occhi.
Ed allora
mi veniva
da pensare
che la strada per
l’emancipazione e per
la liberazione delle
donne è
ancora lunga. Ma una
PECHINO
cosà ho capito:!
ognuna ha dirittc\
a portare avanti
le sue lotte nel modo più consono alla sua
cultura ed alla sua sensibilità. Ho sentito donne africane difendersi dall’accusa di non avere fatto nulla per eliminare la pratica deH’infibulazione nei
loro paesi. Quanto affermano è che
sono almeno duecento anni che tale pratica è combattuta. Solo che le
donne africane portano avanti le loro battaglie con i loro tempi, a modo
loro, in un modo che forse non è
comprensibile alle nord americane o
alle europee.
Laboratori di canto, musica, poesia e
danza hanno avuto luogo per tutta la durata
del Forum. “ Guardare il mondo attraverso occhi di donna” ha significato anche esprimersi
a partire da una propria prospettiva con un
proprio linguaggio. Un linguaggio creativo, intenso, estremamente comunicativo. La danza
è stata anche usata per trasmettere un grande dolore ed una grande rabbia. Più volte ho
assistito alle manifestazioni delle donne co
X
u
bJ
Cl.
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1 ' «-' i
roane vittime di “schiavitù sessuale" da parte
dell’esercito giapponese durante la seconda
guerra mondiale. Ancora attendono che la
violenza commessa su di loro venga pubblicamente riconosciuta e che i colpevoli vengano processati e puniti.
In dieci giorni tante storie sono state condivise, tanta gioia e tanto dolore, tanto che
qualcuna ha mutato il tema generale del Forum in “Guarda il mondo attraverso le lacrime
degli occhi delle donne”.
In giro per Pechino ci si riconosceva dalla
targa appesa al collo e si sorrideva le une alle
altre. All’aeroporto di Hong Kong, dove ho fatto scalo, ho incontrato tante che ancora portavano il pass. Le donne si salutavano, si
scambiavano informazioni sui voli, si aiutavano a vicenda con i bagagli. Ci sentivamo unite
dalla forte esperienza comune vissuta per
dieci giorni, il senso di solidarietà e di condivisione era ancora forte dentro di noi. Una volta
preso il mio aereo per Roma questi pass li ho
visti solo sulle fotografie dei giornali. E mi
chiedo: ci vuole un pass appeso al collo per
fare sentire due donne vicine e solidali Luna
con l’altra anche se non si conoscono?
Siccome la musica è uno dei linguaggi
che preferisco, tra le tante cose che turbinano nella mia mente, mi piace soffermarmi sulla canzone che è stata composta appositamente per il Forum, e, ripensando al fiume di
donne che si recano alla cerimonia di apertura, canticchio: “GONNA KEEP ON MOUVING
FORWARD, NEVER TURNING BACK, NEVER TURNING BACK” (continuiamo ad andare avanti, mai tornare indietro, mai tornare
PECHINO“"™'
Daniela Rapisarda (Catania)
AGAP^
ECUMENE
Xentro-ecumenico---------------
-J26jiicembre-’95^-Xgeonaio‘36 ----
JXItorno aliutui’o: conflitti e progetti
nella società di oggi—
Xentroxii^tudi e vita comunitaria
P7 riiramhm '<?/> - gpnnein 'pfí
iscrizioni-s informazioni:012l-807514
MONTEFOETE
Centofncontri
28-dlcembre-!95 - 1 gennaicr’36---
"il -diverso che cL cambia"-------
-ascrizioni e-informazioni: 0825-682698
—Santa^SEVERA—
—Villaggio deilogioventù
BETHEL______________ _ _
Centro evangelico------
27-dicembre '35 - 2 gennaio'95
"l^famiglia"_______________
- iscrizioni e informazioni:
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poi sonali. (La vita di gtuppo e fi nostro rap^ 's. i
porlo con II Siyi'iore)" —iscrizioni e informaziontr0766"57QQ55^ f K
UNO FIGEINO NELLA... GIUNGLA
Fate ciò che vi dico! Rilassatevi, chiudete
gli occhi, concentratevi su ciò che state per
leggere! Bene. Ora, con la vostra fantasia immaginatevi questa situazione; un giovane, innocente quasi imberbe figeino sbalzato nella
giungla deH’ecumenismo europeo, costretto a
districarsi tra la politica accentratrice dei «leoni» nord-europei, tra le «frecce infuocate» del
dialogo teologico, tra strani cibi del luogo ed
altri pericoli. VI chiederete ora se quel giovane è tornato indietro, se ha potuto riabbracciare la «propria casa»! Ebbene sì, sano e
salvo e nonostante tutto arricchito da
un’esperienza difficile sì ma comunque importante. Fuor di metafora che vi scrive è proprio
quel giovane che ha partecipato con l’insuperabile compagnia di un’attenta e sicuramente
più esperta Laura Casorio, al 26° General
Meeting del CEGE a Mikoalijki in Polonia.
Tante sono state le realtà nuove con le
quali sono venuto a contatto, alcune a mio
giudizio positive, altre un po’ meno. Come si
suol dire, prima le «cattive notizie». Ciò che
più mi ha lasciato disorientato è stata l’impronta eccessivamente «politica» dei lavori
congressuali intendendo la «politica» nella
sua accezione negativa di puro gioco per le
poltrone. Attualmente infatti il CEGE vive una
profonda spaccatura tra gli interessi degli
esponenti del Nord Europa, che occupano
quasi tutti i posti nel Comitato Centrale, e gli
interessi, non sufficientemente rappresentati
dei paesi dell’Europa «povera» del Sud-Est.
Questa situazione ha portato durante il
Congresso a nascoste riunioni tra le parti,
strane ambascerie tra una gruppo e
l’altro (la diplomazia?) e non sono
mancati momenti di tensione, non solo verbale, sufficientemente sgradevoli.
Ora, non voglio negare l’importanza dell’aspetto politico-gestionale in
una realtà internazionale quale il CE.GE è, ma ritengo che questi aspetti
non possano superare in priorità il
fondamento fraterno, ecumenico e
democratico su cui il CEGE si fonda
(non è mica una... multinazionale!).
Comunque, a parte questo, mi è stata
offerta la possibilità di partecipare ad
un meeting ricco di esperienze che ricorderò
sempre con grande piacere.
Molto importanti per me sono stati i brevi
culti che due volte al giorno ci hanno riunito in
riflessioni sulla nostra fede. Inoltre il dialogo
ecumenico ha consentito ad ognuno di noi di
riflettere sulle diverse culture di fede (ma non
solo) di cui siamo venuti a conoscenza parlando anche al di fuori degli schemi ufficiali
quali, ad esempio, i gruppi di lavoro. Personalmente ha partecipato al gruppo teologico e
questo ma ha permesso di farmi una maggiore conoscenza delle problematiche riguardanti le diverse chiese e dei rapporti esistenti tra
di esse. Ho avvertito le difficoltà presenti nel
cammino deH’ecumenismo dovute alle diversità di valori di riferimento all’interno del cristianesimo.
Il Congresso inoltre è stato ricco di momenti divertenti come l’assidua frequentazione della birreria del luogo (in Polonia è d’obbligol), come le barzellette teologiche al vetriolo paradossalmente sparate a raffica
dall’unico cattolico presente (ma anche Laura
ed io abbiamo provocato i nostri... scandali) o
come la serata internazionale a base di cibi e
bevande tipiche di ogni nazione di provenienza.
In conclusione non mi resta altro che consigliare a chiunque ne fosse interessato, ad
informarsi e a partecipare alle numerose attività (seminari, campi lavoro, ecc. ecc.) che
vengono organizzate in tutta Europa.
Samuele Pigoni (Udine)
REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15,10125 Torino (Fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93,80137 Napoli (tei 081/291185, Fax 081/291175).
REDATTORI/TRICi: a Torino Max Cambellotti, Bettina König (coordinatrice - tei 0121/543819), Anna Lo Grasso, Elia Piovano, Pietro Romeo.
a Napoli Deborj[i D'Auria, Marta D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194), Ngyia D'Auria, Lula Nitti, Emma Olivieri.
HANNO COLLABORATO A QUESTA NUMERO: D|^ella BagliflAno Borrieil^Aomenico Daniela Diario, Prisca Barbai^Grill, Giorgio Guelmani, Luciano Kovacs, Rocco
Lamanna, Silvia Rostagno, Marc^^ellenbaun^M^ra SpacM^andro Spai^^rebora SpjjpO^trick StocoUftefano Vinti
fORRISPONDENTI REGIQH^QrCristina.AlTOÌlTOno, L%y0i^»orio, lui^liji^rosi, Sajjj^iartinelli, Mj^^azzarellq^ijlfiluca PuggBjJT DonatelJ/P>stagno,Ori|flrSouilier, Paolo Te§J(
13
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
E Ed) Delle "\àlli ììMdesi
PAG. Ili
Si è svolto a Villar Porosa il corso di animazione biblica delle Unioni femminili
Donna e società: alla ricerca di nuovi valori
VALERIA FUSETTI
A Villar Pèrosa 1’ 11 e il 12
novembre si è tenuto
l’annuale corso di animazione
biblica delle Unioni femminili del I distretto. Durante le
riunioni di preparazione le responsabili delle Unioni si erano confrontate con le esigenze di studio e di dibattito
espresse dalle Unioni stesse
negli ultimi tre anni, e il tema
che emergeva con più forza
era quello della famiglia.
Senza dubbio il tempo in cui
viviamo è tempo di grandi
cambiamenti: i valori tradizionali sono messi in crisi, e
occorre confrontarsi quotidianamente con una realtà che
propone una grande diversità
di modelli. Da qui l’esigenza
di confrontarci come evangeliche, di confrontare i modelli
e i valori che mutano con la
parola del Signore.
Deciso il tema e, a grandi
linee, il taglio da dare all’incontro, alcune sorelle venivano incaricate di mandare avanti, con la consulenza teologica della, pastora Lucilla
Peyrot, l’organizzazione generale. Dal titolo «La famiglia e la chiesa - La famiglia
e la società» si passava così
alla classica divisione per
gruppi di studio. Il primo argomento è stato tratto da Genesi 16, il cui titolo nella Riveduta è «Agar; nascita di;
Ismaele» e riguarda il rapporto donna-uomo. Il secondo
era tratto dal Decalogo di
Esodo 20, il versetto 12:
«Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che
l’Eterno, l’Iddio tuo, ti dà».
Se il secondo argomento ri
Passati ì vecchi, quali «nuovi» valori si affermano?
guarda il rapporto tra persone
adulte e genitori anziani, il
terzo, tratto da Efesini 6, 1-4,
era centrato sul rapporto tra
genitori e figli piccoli o adolescenti, mentre il quarto proponeva, partendo da Proverbi
31, 10-31, «Elogio della donna forte e virtuosa», un’analisi e una discussione sul lavoro della donna, sia domestico
che extradomestico che come
servizio nella chiesa.
Nell’organizzazione dei
corsi di animazione è abitudine consolidata dedicare una
serata all’incontro con persone esperte su un argoménto
inerente a quello del corso
stesso, e quest’anno si è pensato di aprire rincontro al
pubblico, in una tavola roton
da presso la Biblioteca comunale. La prima relatrice, Andrea Siegret (rappresentante
delle chiese metodiste pressol’Onu a Ginevra) ha illustrato
una realtà di enorme violenza,
a livello intemazionale, contro le donne e,i bambini: questa violenza inizia prima della
nascita ed è indice di una cultura razzista contro le donne.
A Bombay fra il 1978 e il
1982 sono stati praticati ben
78.000 aborti dopo che si era
accertato che il feto era di
sesso femminile. In Thailandia molte bambine dai 6 ai
14 anni sono avviate alla prostituzione e costrette a «ricevere» tra i 30 e i 50 clienti al
giorno. Questo giro d’affari è
sostenuto soprattutto dai pae
si ricchi dell’Occidente: anche ditte italiane offrono
«viaggi premio» a funzionari
meritevoli in questi cosiddetti «paradisi del sesso». Ma
questo, panorama sconfortante non è circoscritto ai paesi
più poveri: negli Usa viene
picchiata una donna ogni 15
secondi e ogni giorno ne
muoiono quattro per maltrattamenti e percosse. Accanto
alla violenza sistematica, Andrea Siegret ha parlato anche
dei segni, significativi, di solidarietà e aiuto che si sono
diffusi in ogni parte del mondo. Ün aiuto importante viene
fornito anche agli uomini che
si fanno agenti di violenze,
perché possano radicalmente
rivedere il loro atteggiamento
e reiiqpostare i loro rapporti
in modo costruttivo.
Anche la relazione di Patrizia Geymonat, assistente so^
ciale a Cavour, ha messo in
luce come Siano aumentate
negli ultimi anni le donne che,
costrette a situazioni di violenza all’interno delle famiglie, sempre meno sono disposte a subire. È evidente
che stiamo vivendo, non solo
nel nostro paese, cambiamenti
di mentalità e conflitti di
grande significato e rilevanza.
Anche nelle relazioni conclusive si è rilevato questo
dato. Ora ognuna di noi ritorna alla propria Unione con un
grosso bagaglio di domande,
di temi di discussione, di stimoli più che di risposte sicure. La pastora Peyrot ha rilevato che si può parlare di «arcipelago famiglia»: un arcipelago che ci invita a una lunga,
e si spera proficua, opera di
esplorazione come donne cristiane di fede evahgelica.
«La bei(Jana» ha presentato la propria nuova linea e il nuovo gruppo redazionale
Attualità e tradizioni nelle valli valdesi
con aperture al mondo delle associazioni
Pinerolo: Centro «Montalcini»
Che cosa scegliere
Una trentina di persone ha
affollato la biblioteca del
Centro culturale valdese di
Torre Pellice, la sera di giovedì 2 novembre, in occasione della presentaziope del numero 24 de «La beidana», la
rivista di storia e cultura locali pubblicata a cura della Società di studi valdesi. L’iniziativa prendeva spunto da un
rilancio della pubblicazione
che, dopo un periodo di transizione durato circa un anno,
ha ora un comitato di redazione completamente rinnovato.
Marco fratini, caporedattore, nel tracciare una breve
storia del quadrimestrale,
giunto ormai al suo decimo
anno di vita, e rifacendosi a
un articolo di Giorgio Toum
comparso sul numero 22 della rivista, ha sottolineato che
ricordo, memoria e storia sono alla base del lavoro editoriale de «La beidana». I temi
affrontati nei vari articoli
cambiano di volta in volta:
vecchi mestieri, personaggi,
canzoni popolari, emigrazione, anniversari, natura, ambiente e paesaggio si alternano a problemi di attuahtà come il fenomeno deH’immigrazióne o il progetto Interreg. Nella seconda parte della pubblicazione vengono invece ospitate alcune rubriche
fisse: Immagini e parole, sulle espressioni artistiche e letterarie legate alle Valli,
Gruppi e associazioni, in cui
vengono presentate esperienze associative locali a carat
Una classica gerla d’altri tempi
tere culturale; Incontri e corsi, in cui si segnalano iniziative di tal genere realizzate
sul territorio; Segnalazioni di
articoli, libri, opuscoli e dépliant sul Pinerolese e, infine,
ultima nata, Piante ed erbe
medicinali nella tradizione
popolare.
Marco Fraschia ha sottoli
neato che, all’interno del panorama editoriale locale, la
rivista si colloca tra «L’eco
delle valli valdesi» e il «Boi-'
lettino» della Società di studi
valdesi: scopo della redazione, infatti, è approfondire in
modo,obiettivo e scientificamente corretto, ma senza
l’impegno accademico che
giustamente caratterizza il
«Bollettino», argomenti che
sul settimanale locale, per la
natura stessa della testata,
non possono essere trattati in
modo più dettagliato. Fraschia ha poi ricordato che la
scuola rappresenta un potenziale bacino non solo di utenza ma a anche di collaborazione: infatti la presenza di
insegnanti nella redazione e
tra i collaboratori è un’importante premessa per la realizzazione di lavori individuali e
a' gruppi su temi di carattere
locale da parte di studenti
dellé medie superiori.
Gli interventi del pubblico,
oltre a fornire suggerimenti
per il lavoro futuro, hanno
posto l’eterno e irrisolto problema dell’identità: va ricercata o formata? E quale ruolo
ha un rivista come «La beidana» in questo percorso? Va
infine ricordato che la collaborazione non significa necessariamente redigere un
lungo e impegnativo articolo:
è sufficiente suggerire un argomento da trattare, segnalare una conferenza, un libro o
un opuscolo particolarmente
interessanti per la realtà locale oppure contribuire alla diffusione della rivista presso
gruppi, associazioni, comunità o nel proprio ambiente di
lavorò. Ci auguriamo quindi
che la rete di collaboratori si
ingrandisca sempre di più in
m^o da offrire nuovi stimoli
a una redazione già di per sé
ricca di buona volontà.
CARMELINA MAURIZIO
Quando tre anni fa il Premio Nobel Rita Levi
Montalcini fece visita a Pinerolo, oltre a prendere parte a
tante iniziative istituì una fondazione, la prima del suo genere in Piemonte e la seconda
in assoluto in tutta Italia, con
lo scopo preciso di aiutare i
ragazzi e le loro famiglie a
orientarsi bene al termine della scuola dell’obbligo. Da
quell’epoca il Centro «Pàola e
Rita Levi Montalcini», che ha
sede presso la scuola media
Frignone, ha dato vita a un
ricco programma di orientamento, seguendo individualmente circa ottocento ragazzi
ejfamiglie del Pinerolese, favorendo il corretto inserimento dei ragazzi nel grado successivo della scuola o indirizzandoli verso la formazione
professionale. «Qui al nostro
Centro siamo tutti .volontari spiega la professoressa Bonanno, una delle responsabili
della fondazione sin dal suo
esordio - e siamo tutte persone che conoscono bène il
mondo della scuola e che cercano con la propria disponibilità ed esperienza di aiutare
i ragazzi in un momento così
impegnativo come è quello
della scelta del tipo di scuola
dopo le tnediei II nostro programma di orientamento prevede soprattutto un rapporto
individuale con lo studente, in
modo da favorire la sua sincerità, per aiutarlo a conoscersi, per andare incontro
alle sue preoccupazioni e
spesso per risolvere quei conflitti che si generano frequentemente nelle famiglie quando
non c’è accordo sulla scelta
futura del proprio figlio». Di
solito il primo contatto con il
Centro «Paola e Rita Levi
Montalcini» avviene al termi
ne della seconda media, quando fissando un appuntamento
telefonico viene fissato un
primo incontro che prevede
un colloquio e un test per permettere agli operatori di fare
le prime valutazioni e dare le
prime indicazioni.
Successivamente lo studente e la sua famiglia sono invitati all’inizio della terza media a ripetere un colloquio e
un altro test e a questo punto
si traggono insieme delle conclusioni, indicando in modo
concreto le possibilità più idonee a quel tipo di studente.
«Abbiamo riscontri abbastanza positivi sui ragazzi che abbiamo orientato, i quali molto
spesso ci tengono informati
del loro andamento scolastico
nei primi anni delle superiori
- continua la prof. Bonanno
-. A Pinerolo stiamo creando
una rete di referenti in ciascuna scuola secondaria in
modo da poter seguire i neoiscritti, ma anche per avere un
controlla e una verifica sul ^
nostro programma. Purtroppo abbiamo dei problemi per
l’orientamento professionale,
poiché nel nostro territorio
mancano quasi del tutto occasioni formative e quelle esistenti sono rivolte esclusivamente ai maschi, per cui
quando emerge la possibilità
per uno studente di scegliere
dopo le medie un’attività la- .
vocativa, possiamo dare poche' indicazioni concrete nel
Pinerolese; in questo senso
abbiamo attivato dei contatti
con il mondo del lavoro e con
l’amministrazione comunale e
abbiamo avuto per ora disponibilità».
n Centro «Paola e Rita LeVi
Montalcini» è aperto tutto
l’anno ed è possibile mettersi
in contatto con gli operatori
presso la scuola media frignone, tei. 0121-322932.
m
Iniziativa a Torre Pellice
Per non dimenticare
lo sterminio
Dalla Fondazione Auschwitz di Bruxelles a Torre Pellice: in occasione dèi, 50° anniversario della'Liberazione
dal nazifascismo arriva alla
sede della galleria d’arte di
via D’Azeglio una prestigiosa
e documentatissima mostra,
«L’universo concentrazionario e là politica nazista di
sterminio, 1914-1945». La
Fondazione Auschwitz è riconosciuta come servizio generale di educazione permanente; in particolare promuove informazione sul fascismo
e sul nazismo, sul genocidio
di ebrei e zingari, pubblica
testi e documenti, dispone di
una ricca biblioteca situata
presso l’archivio della città di
Bruxelles.
L’esposizione avverrà su
iniziativa del Comune di Torre Pellice, in collaborazione
con le città di Savigliano e
Cuneo, il distretto scolastico
43 e altri enti, e vuole offrire
al pubblico e alle scolaresche
del Pinerolese uno strumento
e un’occasione in più per capire un periodo storico e una
drammatica realtà dalla sua
nascita alla conclusione. È
senz’altro la più importante
mostra sulla politica nazista dì
sterminio a cavallo fra le due
guerre; gli oltre 500 pannelli
propongono diversi capitoli
del trentennio: l’Europa mutilata, l’Europa nuovamente divisa, la crisi della Repubblica
tedesca, la Germania nazista,
invasioni e guerre, l’universo
concentrazionario, evacuazione e liberazione dei campi. La
mostra comprende inoltre uno
spazio video sulla storia dei
soldati italiani deportati nei
campi di concentramento.
L’inaugurazione è preyista
per sabato 18 novembre, ore
17; interverranno .Sergio Coalova che presenterà il suo libro «Un partigiano a Mauthausen» e l’avvocato Giorgio
Cotta Morandini, ex internato.
L’esposizione sarà aperta fino
al 3 dicembre in orario feriale
15.30- 19, festivo e prefestivo
10.30- 12,30 e 15^^30-19; chiuso il lunedì. Sono possibili
visite per le scuole in tutte le
mattine^ occorre prenotare allo 0121-933096.
SOSAICOÚSMO
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Villar Perowi: icL 51045-S1379
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Tri; 82352-249 - àay ospitai
14
^Zpag. IV
■7
. Pinerolo: musicisti di gruppi diversi
A ranghi mischiati
Provate a mettere insieme
su un palco un po’ di Africa
Unite, di Casino Royale'e di
Fratelli di Soledad; l’insieme
è di tutto rispetto e diventa
un gruppo nuovo: Giuliano
Palma & The Blue Beaters,
Bunna (Africa, basso e voce).
Polo Parpaglione (Africa, fiati) Giorgio Silvestri (Fratelli,
, riddfm guitar). Cato (Africa,
■^solo guitar), Kike (Casino
•r/ Royale, tastiere e voce), FerÍ* dinandp Masi j(pasino Royale, batteria),’“oltretnaturalmente al vocali^dei Casino
.^ Royale GiuliànóTalma, nelle
" pause dei concerti dei Ioto ri• spettivi gruppi., *
fU-i Tuìt^insieine propongono
un par^olkfCs]^t^olai«coV ver» cioè di brani altru¿ehe
denota la grande crè’Stività
; musiche df queà^ artisti, ornél-pieno {fella'maturità,
spassati al professionismo e
" attualmente al vertice di un
panorama italiano quanto mai
vivo. I Blue Beaters saranno
in concerto la sera di giovedì
23 novembre, ore 21,30,
presso gli impianti della Pro
Loco di Pinasca con le loro
proposte targate Giamaica
aimi ’60 e'^’70. A cavallo del
blue beat e del suo più celebre cugino ska, del reggae e
di un certo soul caraibico il
cui profumo toma a farsi sentire puntualmente nei concerti dei tre gruppi di provenienza, la band propone uno spettacolo mozzafiato, capace di
catturare l’attenzione di tutti
gli spettatori. '
In vista-àel concerto del 23
novembre, unica data per il
Pinerolese, è aperta la prevendita al prezzo di 15.000
lire presso Rogirò a Pinerolo
e Sibille Hi Fi di Torre Penice. Organizzano Radio Beckwith e l’gssociazione culturale «Le Baladim^.
Si chiude la rassegna «Tacabanda»
Musica ligure
pél finire la stagione
Si conclude sabato 18 novembre a Villar Pellice la
quinta edizione di Tacabanda,
serie di incontri di musica popolare in vai Pellice. Fin qui
le serate hanno avuto un significativo successo di pubblico che ha evidenziato ancora una volta la carenga di
locali capaci di contenere tutta fa gente interessata a questo genere di spettacoli.
In attesa di buone notizie
segnaliamo l’ultimo appuntamento: alle 21,15 nel tempio
di Villar Pellice arriverà «La
rionda», gmppo tradizionale
ligure, composto di sette
unità. Il nome deriva da un’
antica danza .ligure, legata ai
rituali carnevaleschi; i musi
cisti hanno saputo salire alla
ribalta proprio nel corso
dell’almo segnalandosi ai festival di Dranouter in Belgio
e di Faverges in Savoia.
La maturità espressiva raggiunta si segnala in particolare nell’ultimo disco «Capitan
di gran valore» dove intorno
alla voce leader di Laura Parodi si armonizzano voci maschili e i suoni di percussioni:
chitarra, violino, mandolino,
fisarmonica, flauti, clarinetto.
Non c’è per altro il tempo di
mettere in archivio Tacabanda che in vai Chisone si ripropone «I musicanti»'che
dal 25 novembre riproporrà
serate musicali con un concerto al mese.
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venerdì 17 NOVEMBRE 1995
TENNIS TAVOLO — Riprendono i campionati. La prima
serie a scendere in campo sarà la D2 provinciale che mercoledì
15 novembre a Torre Pellice, alle 20,30 nella palestra comunale
in via Filatoio, ospiterà il Valledora Alpignano. La CI nazionale e la C2 regionale giocheranno sempre a Torre Pellice sabato
18 alle 15,^0 rispettìvamente contro il Ciriè e il Villar Perosa.
Queste le attuali classifiche. Serie CI nazionale: prima Grinza
Poirino con 10 punti, seguita da Cus Torino con 9 punti, Valpellice 8, Poste Torino 8, Ciriè 7, San Mauro 7, Don Carlo di
Grugliasco a 6 e ultima Aosta con 5 punti; la classifica di C2
nazionale vede al primo posto Poste Torino «A» con 10 punti.
Poste Torino «B» con 9 seguite da Iveco Torino e Cedas di Torino con 8 punti, a 7 si trovano infine Valledora Alpignano,
Valpellice, Villar Perosa e a 5, fanalino di coda, Don Bosco di
Asti. Nella serie D2 al primo posto Valpellice e Amatori Fiat
con 6 pupti, seguite da Club Moncalieri con 4 punti, T.T. di Rivoli, Cus Torino e Alpignano con 3 e K2 di Torino con 2 punti.
VOLLEY: BENE LE RAGAZZE, ZERO A ZERO GLI
UOMINI — Terza giornata dei campionati di pallavolo che vedono impegnate le due formazioni di Pinerolo; ancora una vittoria, questa volta per 3 a 0 sul Trecate del Magic femminile in
B2 che è al ^ornando alla pari con il Discount Racconigi. Ancora male invece gli uomini in Cl, battuti a Piacenza per 3 a 1.
Nell’under 16 il 3S Pinerolo è stato battuto malgrado il miglioramento del gioco per 3 a 0 dal Con voi volley, Le ragazze
del 3S Lusema hanno invece Vinto per 3 a 0 a Pancalieri col
Carignano dopo aver sofferto solo nel primo set.
PALLAMANO: ESORDIO DIFFICILE PER IL 3S —
Esordio sfortunato in serie B per le ragazze del 3S opposte in
casa all’Aosta e sconfitte per 25 a 9; mancavano anche alcune
pedine di esperienza che hanno smesso l’attività. Qualcosa di
positivo si è visto dopo l’inizio bruciante dell’Aosta, capace di
reaUzzare 7 reti nei primi dieci minuti. Buono anche l’esordio
fra i pali di Miriam Bellion. Sabato prossimo, a Pinerolo, con
inizio alle 18,30, il 3S affronterà le torinesi dell’Einaudi in un
impegno non proibitivo.
Un finale concitato ha invece punito gli under 18 opposti allo
Csen Vercelli usciti vincitori per 26 a 24; beila la prestazione
di Silvano Bounous, autore di 10 reti jiersonali.
IL PINEROLO PERDE IL PORTIERE E LA PARTI
"TA —Andato in vantaggio su contropiede di Fabbrini, il Pinerolo ha subito domenica una bruciante sconfitta a Poggibonsi
con due reti nel finale. A pochi minuti dal termine, sull’ 1 a 0 e
già in dieci per l’espulsione di Ceddia, è stato espulso per
un’azione non chiara il portiere Molato; non potendo più essere sostituito, fra i pali è andato proprio Fabbrini che nulla ha
potuto su due tiri della squadra di casa capace di portarsi in
vantaggio in modo rocambolesco. 0 a 0 invece per il Lusema,
in Promozione, in casa con la Borgonese.
Nelle
Chiese Valdesi
ASSEMBLEA DELLE CORALI — Domenica 26 novembre, alle 16, nei locali della chiesa valdese di Pinerolo, si
riunirà l’assemblea delle corali; l’ordine del giorno prevede fra l’altro la rielezione della giunta. Si invitano direttori e rappresentanti ad essere puntualmente presenti.
BOBBIO PELLICE — Col mese di novembre è ripreso il
ciclo di riunioni quartierali; il prossimo appuntamento è
ai Cairus, martedì 21 alle 20.
LUSERNA SAN GIQVANNI — Venerdì 17, ore 20,30, si
svolgerà la riunione quartierale agli Aitali. Lunedì 20
l’appuntamento è a Bricherasio.
POMARETTO — Venerdì 17, alle 20,30, si svolgerà la
riunione quartierale a Perosa; il 22, ore 20,30, la riunione
sarà ai Maurini.
PRALI — Le prossime riunioni quartierali saranno il 21 alle 19,30 a Orgere, il 22 alle 19,30 a Pomieri e il 23, alle
20, a Villa.
SAN GERMANO — Domenica 19 novembre, alle 10,
l’assemblea di chiesa è chiamata ad eleggere alcuni nuovi anziani per il Concistoro.
TORRE PELLICE — Domenica 19 novembre è convocata l’assemblea di chiesa che dovrà pronunciarsi sulla
conferma di Brano Rostagno quale pastore per un secondo settennio.
VILLAR Pellice — La prossima riunione quartierale
sarà venerdì 17 ai Garin.
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16 novembre, giovedì —
TORRE PELLICE: Presso il
Centro culturale valdese, fino al
31-12, una mostra curata dall’Associazione pace Valpellice dal titolo «Giocarsi la pace».
17 novembre, venerdì — PINEROLO: Alle 17, presso la biblioteca di via Battisti, Daniela
Fantino, Antonella Rey e Fiorella Tracco parleranno su «Polvere
e bellezza: il riordino delle carte
dell’archivio storico di Pinero
\lo». Una mostra documentaria
sarà allestita in biblioteca domenica 19. dalle 15 alle 19.
17 novembre, venerdì —^ PINEROLO; Alle 21, al Museo di
Scienze naturali, il circolo Astrofili Polaris propone una conferenza dal titolo «Osservare il cielo».
17 novembre, venerdì —
CESANA: Nella sala polivalente
delle scuole, alle 21, incontro
culturale su «I primi insediamenti nelle valli» a cura del dottor
Pierluca Patria.
17 novembre, venerdì — PINEROLO: Alle 16,30, alla
scuola media «San Lazzaro»,
concerto spettacolo del grappo «I
Klezmorin» dal titolo «Tutti mi
chiamano Ziamele» per il seminario «Nazismo e sterminio».
17 novembre, venerdì — PINEROLO: Per la rassegna di
teatro «Aspettando Finverno»,
alle 21,15, al Teatro-incontro di
via Caprini, la compagnia Aringa & Verdurini propone Pierino
e il lupo, dalla favola musicale di
Sergej Prokof ev.
17 novembre, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle 21,
nella sede Cai di piazza Gianavello, verranno proiettate 30 diapositive sulla Patagonia a cura di
Daniele Valperga. Nella stessa
serata, oppure telefonando al
932274, si effettuano le prenotazioni per la tradizionale «cardata
ugetina» che si svolgerà il 19 novembre all’agriturismo «Il fratto
permesso» di Bibiana.
18 novembre, sabato — PINEROLO: Alle 17, nel salone
dei Cavalieri, verrà inaugurata la
mostra del pittore Walter Grassi
«La battaglia della Marsaglia,
luoghi ed episodi».
18 novembre, sabato — MANIGLIA-RODORETTO: Dalle
10 alle 16 visita guidata a cura
del professor Raimondo Genre,
nell’ambito del corso di aggiornamento di storia e cultura locale
per insegnanti elementari.
18 novembre, sabato — ANGROGNA; Alle 21,15, nella sala
unionista di San Lorenzo, il
Gruppo teatro Angrogna replica
Café Liberté; prenotazione presso
la Claudiana di Torre Pellice.
18 novembre, sabato — PINEROLO: Alle 21, presso l’auditorium del Liceo scientifico, si
svolgerà una rassegna pinerolese
di cori; interverranno il coro Eric
Boucie, jl Coro alpino Valpellice,
la Corale Città di Acqui Terme.
19 novembre, domenica —
PINEROLO: Alle 20,45, al palasport, il coro del Conservatorio
di Cuneo si esibirà in «Cari Orff.
Carmina Burana».
19 novembre, domenica —
SAN SECONDO: Il coretto valdese propone, alle 20,45, nel
tempio, lo spettacolo di spiritual
neri «L’anima della libertà».
19 novembre, domenica —
TORRE PELLICE: Dalle
14,30 alla Foresteria valdese di
Torre Pellice si svolge il mercatino delle pulci, organizzato dal
Gruppo Italia 90 Valpellice di
Amnesty International.
19 novembre, domenica —
PINEROLO: Alle 16, al Teatroincontro, concerto di musiche
per film presentato dal Critico
Bruno Baudissone. Le prenotazioni si effettuano entro il 17 novembre, ore 17-18, tei. 322764.
20 novembre, lunedì — PIWASCA: È in programma la tradizionale fiera di Dubbione.
22 novembre, mercoledì —
LUSERNA SAN GIOVANNI:
Alle 20,30, nella saletta comunale di via Ex deportati e internati,
inizia il corso di frutticoltura biologica promosso dall’Auser; tema della prima lezione: il terreno
agrario e la sua composizione.
22 novembre, mercoledì —
PINEROLO: Alle ore 17, al
Museo di scienze naturali, verrà
presentato un documentario video sui funghi a cura del dott.
Mario Strani. '
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 19 NOVEMBRE
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Bagliani - p. Marconi 6, 81261
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 19 NOVEMBRE
Villar Pellice: Farmacia GayPiazza Jervis, tei. 930705Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
PINEROLO
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva:
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Croce Verde, tei. 322664
SERVIZIO INFERMIERISTICO
dalle ore 8 alle 17, presso le
sedi dei distretti.
SERVIZIO ELIAMBULANZA
telefono 118
TORRE PELLICE — Il
cinema Trento ha in programma, giovedì 16 e venerdì 17 novembre, alle ore
21,15, Pasolini, un delitto
italiano; sabato, ore 20 e
22,10, Allarme rosso, domenica, ore 16, 18, 20 e 22,10 e
lunedì 21,15, Congo.
BARGE — Il cinema Comunale ha in programma,
venerdì 17 novembre, ore 21,
Il bacio della morte; sabato
18, ore 21, Croce e delizia;
domenica, (ore 14,15, 16,30
18,45, 21) e lunedì, martedì,
mercoledì, e giovedì, alle 21,
Apollo 13.
PINEROLO — La multisala Italia propone, alla sala
«2cento», Il profumo del
mostro selvatico; feriali ore
20 e 22,20, sabato 20 e 22,30,
domenica ore 14,20, 16,20,
18.20, 20 e 22,20. Alla sala
«5cento» Jade; feriali 20,20 e
22.20, sabato 20,20 e 22,30,
domenica 14,30, 16,30,
18.20, 20,20 e 22,20.
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non può essere venduto separatamente
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Reep. Franco Qlampiccoti
Stampa: La Qhisleriana MondovI
Una copia L. 2.000
15
i VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
PAG. 7 RIFORMA
& «
Bande dell'Aids»: sentenza della Corte Costituzionale e realtà della tossicodipendenza
Il carcere è uninutìle pena per ¡ malati
FERNANDO lACHINI
ìS
Dalle gesta dei banditi
della «banda dell’Aids»,
cioè quei ragazzi che a Torino sono stati protagonisti di
alcune rapine in banca, ha
preso il via una spropositata
'«crociata» condotta dall’allora ministro della Giustizia
Mancuso, da settori della
Procura di Torino e da diversi mezzi di informazione,
all’insegna dell’assioma;
«Sieropositivo = socialmente
pericoloso». Così nell’opinione pubblica si è creato un
clima tale da riaprire con facilità le porte della galera.
A distanza di soli due anni
dalla sua promulgazione, la
legge 222/93 (quella che stabilisce i criteri di incompatibilità fra Aids e carcere) rischia di venire liquidata rapidamente, e ciò appare assurdo se consideriamo che si è
giunti a una tale scelta senza
che la legge sia stata attuata
perché dei finanziamenti, destinati alla realizzazione delle strutture adeguate ad accogliere e assistere (si tratta di
quattro miliardi stanziati),
non è stata utilizzata nemmeno una lira.
Intanto va detto che solo
ri% delle persone scarcerate
(vale a dire non più di 20 detenuti su 2.257) ha reiterato
reati. Purtroppo questo dato
dell’1% non viene comparato
con il totale delle persone
' che, una volta fuori della prigione, non hanno creato problemi per la collettività.
I detrattori della legge hanno avanzato altre proposte,
quali i reparti carcerari spe
Manifestì alla Conferenza mondiale sull’Aids (Berlino, 1993)
ciali e isolati, dove rinchiudere le persone sieropositive,
come delegare il trattamento
detentivo a strutture ospedaliere 0 allargare l’istituto degli arresti domiciliari per tutti
quelli che sono dichiarati incompatibili con il carcere,
oppure prevedere la scarcerazione solo nei casi di estrema
gravità. Ma queste, a nostro
giudizio, non sono soluzioni
realistiche.
Ogni nuovo meccanismo
legislativo che miri a scongiurare il rischio che minoranze di persone affette da
Hiv commettano nuovi reati
è lontanissimo dalla realtà.
C’è la possibilità di Soluzioni
intermedie fra il carcere e
l’ospedale. Attualmente le
«case alloggio» sono meno di
40 su tutto il territorio nazionale. Andrebbero valorizzate
e moltiplicate in maniera, da
essere proporzionate alle necessità attuali. Cancellare T
attuale legge equivale a «condannare a morte» queste persone, soprattutto per l’impossibilità di fornir loro cure
adeguate in carcere.
La maggioranza delle persone sieropositive o malate di
Aids che compiono reati, vivono una condizione di tossicodipendenza qttiva. Di queste la maggior parte noti ha
maturato la scelta di abbandonare l’eroina, e perciò non
si possono indirizzare a comunità terapeutiche. Per loro
bisogna prendere in considerazione la possibilità di somministrazione di eroina, sotto
controllo medico, avviando
così progetti sperimentali a
termine nell’ambito dei servizi pubblici, come stanno fa
cendo le autorità svizzere
che, partite da un progetto
minimo su un numero limitato di utenti, ora stantio passando a programmi più ampi,
finora con risultati positivi
sia sotto il profilo sanitario
sia sotto quello sociale.
Anche attivando questi interventi, di fatto eventuali
misure di controllo in adeguate strutture riguarderanno
solo poche persone, i responsabili di gravi episodi di recidività- Nelle nostre società
progredite è fortemente diffusa l’ideologia dell’esclusione
invece di quella deì dialogo e
del confronto civile e democratico. Troppo spesso dimentichiamo che le scorciatoie sono soltanto inutili e pericolose; soprattutto non sono
costruttive, perché ignorano
problemi e uomini.
Servizio rifugiati e migranti della Fcei
Rispettare I diritti
¡immigrati
In riferimento alla decisione del governo di procedere
con un provvedimento d’urgenza sulla questione delle
espulsioni per gli immigrati,
il segretario del Servizio rifugiati e migranti della Fede- razione delle chiese evangeliche in Italia, pastore Bruno
Tron, ha dichiarato: «Il Servizio rifugiati e migranti della Federazione delle chiese
evangeliche in Italia (Fcei)
esprime seria preoccupazione
di fronte alla decisione del
governo di procedere all’
espulsione immediata degli
immigrati presumibilmente
coinvolti in azioni criminali.
A parte il rischio di violazione dei diritti umani fondamentali che tale proposta
comporta, è da mettere in
dubbio la correttezza di tale
procedura dal momento che
le norme di espulsione riguardanti gli immigrati sono
già stabilite dalla legge Martelli. Dal punto di vista politico, inoltre, è grave che tale
decisione sia presa sotto ricatto, mentre in Parlamento è
in corso l’iter della formulazione di nuove norme sull’
immigrazione».
Il Serivizio rifugiati e migranti della Fcei ha inoltre
aderito alla manifestazionp
nazionale antirazzista e per i
diritti degli immigrati convocata a Torino per domenica
19 novembre, che si svolgerà
in piazza San Carlo dalle ore
11 alle ore 18.
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16
PAG. 8 RIFÓRMA
Cultura
venerdì 17 NOVEMBRE 1995
Firenze ricorda Henri Toulouse-Lautrec
Estroso per celebrare
l'amore per la vita
EUO Rimui
^o/io imprigionato^ e
tutto ciò che è imprigionato ipuore», aveva scritto
al padre un anno prima della
morte. Oggi una rilevante
quantità delle opere di Henri
Toulouse-Lautrec*, il «disperato di Montmartre» costituisce quello che è conosciuto il
«tesoro di Albi».
1 critici d’arte si sono soffermati, in modo 'del tutto
cronachistico, sui dettagli degli aspetti dolorosi dellar sue
breve esistenza, puntando
troppo sulTeccentricità e la
«dissolutezza del Lautrec»,
dimenticando la forzata inabilità causata dalla malferma
salute e tralasciando invece di
esaltare il difficile e coraggioso atto liberatorio verso la
vita; è stato definito (Del
Buono) il(un ometto-prodigioso, solo, che adorava la vita»,
nonostante l’avversità del fisico. Un’adorazione per la vita che noi possiamo percepire
nei tanti ritratti realisticamente resi in una psicologia particolare, velata di una latente
melanconia, in un’epoca che
pure si era definita la «Belle
époque».
A Firenze, articolata un due
sezioni (per un totale di 150
opere), una a Palazzo Vecchio (sala delle Armi) e l’altra a palazzo Medici, si tiene'
fino al 25 febbraio 1996 una
grandiosa rassegna delle principali tele, delle affiches, delle preziose litografie, dei diségni, degli acquerelli, fino
alle scenografie e ai programmi teatrali: opere, queste, presentate con la collaborazione
della Biblioteca nazionale di
Francia, del museo «Toulouse-Lautrec» di Albi e degli
eredi del pittore.
Lautrec, pur di discendenza
nobile, aveva vissuto per un
certo tempo nelle «case chiuse», prima di affacciami defi
nitivamente all’Olimpo dei
maggiori rappresentanti della
pittura europea. Appassionato
delle stampe giapponesi, ne
assimilò un linearismo di carattere decorativo, specie nelle affiches che sono state, e lo
sarànno an9ota nel futuro,
modelli esemplari nell’arte
del manifesto, passando così
dair«arte contemplativa all’
arte comunicativa» (Argan).
Ne scopriremo l’esempio nél
giovanile ritratto dell^ madre
dell’artista, chiusa nei suoi
ansiosi e assillanti pensieri;
una madre attiva ed energica,
nelle cui braccia il pittore
esalò l’ultimo respiro.
Certo è difficile staccarsi
dal mondo di quest’ultimo,
perché c’è sempre un fantastico diaframma fra l’artista,
l’osservatore e il personaggio
rappresentato; le sue figure
infatti diventano «vere» nel
momento della loro esistenza,
e la loro umanità è la stessa
che ci richiama alla speranza
di una vita ricondotta ai sogni
fantasiosi dei bambini, dove i
colori sono immediati e vivaci e la luce appare in una natura immobile e chiara. Ecco
allora, tutta la novità dell’interpretazione di ToulouseLautrec, per il quale fu détto,
con frase intelligente anche
■se bizzarra, «il nano è diventato gigante» («Le Figaro illustri^», 1896). Commovente
appare anche un pensiero di
Federico Fellini: «Ho sempre
avvertito la sensazione che
Lautrec fosse mio fratello e
mio amico».
Ci auguriamo che la mostra
di Firenze faccia apparire lo
splendore e la tristezza di
questo innovatore che ha fatto scuola non solo ai contemporanei, ma continua a farla
anche oggi a grandi artisti di
un’epoca più sensibile alla
tecnica meccanicistica che
all’immaginazione dell’arte
libera e creativa.
«Là bevttrtoe» (1889, museo di Albi)
Washington: visita al Museo nazionale dell'Olocausto
Un luogo per mantenere vivo ¡1 ricordo
_______MIHElUtOlK________
A 50 anni dalla finé’della
seconda guerra mondiale, evento durante il quale si
sono perpetrate tutte le più
feroci e spaventose atrocità
di cui non solo una cataclisma bellico può essere contingente fenomeno promotore, programmato e calcolato,
ma che sono anche dipese da
una efferata volontà deÌTùpmo, il ricordo delle vittime
dei campi di sterminio nazisti, e in particolar modo il riferimento alle grandi sofferenze fisiche e spirituali del
popolo ebraico, hanno recentemente trovato anqhe in alcune importanti opere di architettura il ipomento storico
della loro più significativa
commemorazione. '
Il Museo nazionale dell’
Olocausto, realizzato a Washington dallo Studio Pei tra
il 1981 e il 1993, è sicuramente il contenitore edilizio
che finora meglio ha saputo,
in assoluto, racchiudere tutti
gli elementi che rappresentano alla memoria dell’uomo
contemporaneo le tristi vicende di quei tragici momenti
storici. Chiunque visiti le sue
sale, osservando gli oggetti
esposti e praticando gli spazi
appositamente sistemati, non
può mancare di rivisitare anche i luoghi e gii ambienti
che hanno costituito gli edifici, gli arredi, gli aspetti particolari e perfino le sensazioni
della persecuzione.
Il complesso museale, autorizzato da una legge parlamentare del 1980 per creare
un memoriale permanente,
fondato sulle donazioni private, riferito agli ebrei ma anche ai cristiani e alle persone
sterminate dall’Olocausto, è
localizzato a 400 piedi dal
monumento a George Washing ton, tra i vari edifici storici del «Mail», che occupa
l’area principale della capitale
americana, ai quali si aggium
ge e da cui però si distingue
per U proprio aspetto architettonico dichiaratamente attuale. Questo museo non è comunque solo un luogo di
esposizione tematica ma si
configura come un’istituzione
attiva, dedicata alla conoscenza e all’insegnamento,
nonché rivolta alla riflessione
e alla commemorazione;
ospita infatti, oltre agli spazi
per le mostre permanenti e
temporanee, una bibliotecaarcluvio per la documentazione e le ricerche, sale di spettacolo, centri per conferenze
e incontri e un polo didattico
per le classi in visita.
La costruzione è costituita
da tre parti fondamentali e
specifiche: un contenitore
centrale di forma quadrata, illuminato dall’alto e composto
da diversi piani, comprendente gli ambienti espositivi; la
parte anteriore, di forma semicircolare, affacciata verso
, il Mail e concepita con un carattere di «rappresentatività
percettiva»; e la sala finale
della «rimembranza», di forma esagonale, resa quasi autonoma e individuale rispetto
al resto deU’edificio.
Il fronte bombato del museo, rivolto alla strada, ha un
aspetto storicista che si collega formalmente ai vecchi mo
« \
Un convegno e i relativi atti
Primo Mazzolar!
prete per la pace
________BUPENIO STRETTI
T a guerra non è sol^M ^ tanto una calamità,
una disgrazia, una necessità,
ma è peccato. Se non avremo
paura di affermare il senso
del peccato che c’è in ogni
guerra e di dichiarare le nostre contraddizioni di cristiani rispetto alla guerra, 1’
amore vincerà la guerra».
Sono le parole chiare del
più significativo parroco italiano dell’età «pacelliana»
della Chiesa cattolica, don
Primo Mazzolati, la «tromba
dello Spirito in vai Padana»
secondo la fraterna definizione che ne dava Giovanni
XXin, amico fraterno del pastóre metodista Giovanni
Ferreri, rievocato in un recente convegno di studi organizzato dall’editore ecumenico Emilio Gabrielli e
dalla fondazione «Don Primo
Mazzolati»*.
L’impegno pacifista e il
desiderio ecumenico caratterizzano la vita di Mazzolati,
come ben emerge dai contributi, pubblicati nel volume,
di noti ecumenisti come Giovanni Cereri, Maurilio Guasco, Massimo Toschi e Paolo
Ricca; ad essi si aggiungono
i saggi di Giulio Vaggi, Giuseppe Battelli, Eipilio Gabrielli, Maria Angela Meraviglia e Nando Bacchi che di
Mazzolati fu amico.
L’impegno pacifista nasce
nel primo dopoguerra, matura nella tragedia della seconda guerra mondiale ed esplode nella piena solidarietà a
Pietro Pinna, primo obiettore
di coscienza condannato
nell’Italia democristiana (30
agosto 1949), ih dissenso con
la rivista Civiltà cattolica e
con le gerarchie ecclesiastiche. Tra il 1950 e il 1952
don Primo scrive il suo capolavoro teologico e spirituale
Non uccidere-, da un semplice parroco vipne la prima denuncia della «guerra giusta»,
che susciterà in don Lorenzo
Milani (1923-1967) quell’
ammirazione e speranza che
si tradurranno nella corrispondenza esaminata nel libro in oggetto.
Certo, come osserva acutamente Paolo Ricca, don
Mazzolati è uomo cattolico
romano quanto all’obbedienza: un protestante di fronte al
divieto di predicare l’Evangelo (Atti 5,29) predica, lui
obbedisce alle gerarchie. Ma
al di là del confessionalismo
emerge un uomo di fede,
speranzoso nell’unità delle
chiese: «È un’anima cara e
buona - scrive all’amico pastore Giovanni Ferreri - come raramente se t\e incontra.
La nostra conoscenza data
da due anni e il motivo che ci
ha fatti incontrare è tale che
ci onora ambedue, in quanto
è un segno dei tempi che,
maturando, ci porteranno
verso l’unità delle chiese» (6
giugno 1923).
(*) Don Primo Mazzolar!:
tra testimonianza e storia, a
cura di «Il segno editrice» e
fondazione «Don Primo Mazzolali». San Pietro in Cairano
(Vr), 1994, £ 28.000.
numenti- federali del posto
con un’immagine di riferimento vagamente neoclassica, mentre il memoriale poligonale richiama, nella sua
composizione a spigoli appuntati, la stella ebraica di
Davide. Invece il contenitore
centrale è stato articolato in
maniera da racchiudere fisicamente una serie di impatti
visivi, tramite i quali suscitare emotivamente un rapporto
partecipativo dell’utente non
solo con la funzione espositiva e culturale del museo, ma
anche con la memoria concreta degli eventi che vuole
rappresentare.
L’involucro museale è
composto, infatti, da parti architettoniche e da spazi opportunamente allestiti e a volte ricostruiti che tendono,
scenograficamente ma senza
spettacolarità fine a se stessa,
a riproporre le condizioni materiali e le impressioni psicologiche dei fatti documentati
e illustrati. Il visitatore dunque si muove tra murature in
mattoni senza intonaco che
ricordano le costruzioni fra le
due guerre europee, passa
sotto coperture di metallo a
vista analoghe alle intelaiature industriali delle fabbriche
moderne, percorre stretti corridoi che simulano i passaggi
nelle baracche dei deportati, e
quindi osserva gli oggetti veri
che testimoniano il martirio,
mentale e fisico: l’orrido buco aperto del forno crematorio, che ipnotizza lo sguardo
e costringe a pensare al - suo
brutale impiego; gli spazi tremendamente vuoti delle camere a gas, che non riescono
a distogliere dall’ossessivo ricordo degli stermini a cui
hanno servito; e soprattutto il
terribile ambiente chiuso,
asfittico, opprimente e insopportabile del vagone ferroviario, entro le pareti del quale
sembrano rimbombare ancora
le urla dei deportati.
Non è un luogo di distensione questo museo che, contrariamente ad altri edifici simili, rivolti all’edificazione
spirituale e all’esaltazione del
bello, in questo caso vuole attestare al contrario gli aspetti
più spinti dell’efferatezza della barbarie, e condurre a una
profonda riflessione sulla
condizione immanente della
perdita dei valori sociali.
Ed è proprio nella spaziosa
e aerea sala esagonale della
rimembranza che l’improvvisa apertura verso la luce concede quella possibilità di ritornare alla ragione e alla serenità della coscienza paurosamente perduta nel percorso
museale, quasi come un sollievo fisico dall’oppressione
comunicativa a cui l’apparato
di esposizione inevitabilmente costringe. È quasi un ritorno dagli inferi, in cui il visitatore volentieri si abbandona
in un tranquillizzante momento di pausa e riflessione
sui fatti osservati, prima di
tornare alla normalità della
vita quotidiana, con la consapevolezza però che quella testimonianza conoscitiva può
ricadere nell’incubo quando
la gente rinuncia a ricordare
la propria storia e non intende
partecipare direttamente alla
formazione concreta del desitino civile della sua società.
P
La vita di don Primo Mazzolari
Una voce nascosta
e poi riscoperta
Primo Mazzolari nasce a
Santa Maria Boschetto (Cremona) il 13 gennaio 1890; da
ragazzo, notando la discriminazione tra i funerali riservati
ai ricchi con tanto di preti e
banda e quelli miseri dei contadini, decide di rispondere
alla chiamata del Signore,
servendolo dalla parte dei poveri e degli emarginati. Entrato in seminario nel 1902, subisce l’influenza del vescovo
di Cremona Bonomelli, vicino alle posizioni dei modernisti che intendevano, nel rispetto della tradizione cattolico-romana, introdurre nella
pastorale l’esegesi biblica; interventista nel 1915, inviato
come cappellano delle truppe
di occupazione italiane in
Germania (1920), attraversa
una profonda crisi che lo porterà a sostenere il più rigoroso pacifismo.
L’anno successivo, parroco
a Cicognara, entra in contatto
con il pastore metodista di
Vicobelligiano Giovanni Ferreri (1885-1967), un’amicizia
durata tutta la vita e scaturita
da un «accordo ecumenico» a
proposito del funerale di una
signora evangelica svizzera.
Dal 1932 al 1959 è parroco a
Bozzolo; nel 1937 pubblica
La più bella avventura e nel
1937, mentre papa Pacelli si
prepara a insabbiare l’enciclica contro il nazismo preparata dal predecessore, rischia il
confino in seguito alla pubblicazione dell’articolo «I
cattolici italiani e il comunismo» e in seguito a un’omelia
denunciata al Fascio di Cremona. La Chiesa inizierà a
osteggiarlo nel 1943, in occasione dello scritto «Impegno
con Cristo» censurato dal
Sant’Uffizio.
Nel 1949 compare a Modena il primo numero del periodico Adesso, a cui Mazzolari
collaborerà fino al 1956, anno
della seconda censura da parte del Sant’Uffizio. Due mesi
prima della morte di don Primo il nuovo papa, Giovanni
XXIII, lo riceve in udienza
privata, ne riconosce il valore
e non a caso l’ultimo articolo
di Mazzolari si intitola «Il
Concilio ecumenico e i fratelli separati» (Adesso, 1“ aprile
1959); il 12 aprile muore nella sua amata parrocchia.
Pur Ivoutri mxfalitì, pmt gU títboñannu^ «/ purtodM avangellel
^. Ubrmìé CÌMÌ0ÌAHA
, MAmt .. TOWm»#' -iikt
via Francesco Sfoba,'i2/À ' via Principe Tommaso, 1; <.
teL 02/76021518//^.; tei. 011/6692458 ^
i* p^«^dìcofea»i«l^osa ,
piazza ddKaytjâHâv?;, dam.Cavo«r, 32;^,
ml0l2l(91422 tei. 06/3225493
17
venerdì ,17 NOVEMBRE 1995
Cultura
PAG. 9 RIFORMA
«Protestantesimo» affronta il tema della dignità umana nel mondo tecnologico
Comunicatori contro ^esclusione sociale
ALBERTO CORSAMI
locai» è un neologiXV Vjr smo, che forse come
tutti i neologismi suona un
po’ male, che sintetizza l’intreccio fra aspetti globali e
locali dei problemi del mondo: vale a dire la dimensione
per cui ogni fenomeno (sociale, economico, ecc.) che si
inneschi in una parte del
mondo è destinato, prima o
poi, in maggiore o minor misura, a ripercuotersi in altri
settori, nop solo geografici
ma anche sociali. D’altra parte questo intreccio vale non
solo per gli accadimenti, ma
anche per il modo in cui se
ne ha notizia: la televisione
via satellite, le reti telematiche, le banche dati e le reti di
telefonia cellulare (attiva ormai a livello europeo) consentono l’informazione in
tempo reale su quanto avviene per i cinque continenti.
Se dunque è ormai un dato
di fatto abbastanza accettato
che viviamo in un villaggio
globale di questo genere, non
è affatto detto che uomini e
donne del mondo ne traggano
tutti giovamento in egual misura. Anzi, l’andamento del
. mercato del lavoro su taluni
scenari (pensiamo al rapidissimo sviluppo di alcune zone
dell’Asia) comporta una serie
di reazioni a catena che hanno come conseguenza scompensi nelle relazioni sociali,
abbassamento della tutela dei
lavoratori (a fronte della minaccia di trasferire gli stabihmenti dove la manodopera
costa meno) e, soprattutto,
per chi abita in quelle zone
lontane, spesso, significa la
mancanza di ogni garanzia (le
industrie chimiche svizzere
sono a norma in Svizzera, ma
non altrettanto nei loro im
pianti del Terzo Mondo: Bhopal insegna).
E dell’informazione in
tempo reale, chi può godere, i
vantaggi? Tutto il mondo ò
solo una parte di esso? Questa e altre tematiche connesse
sono state al centro del congresso dell’Associazione
mondiale dei comunicatori
cristiani (Wacc) svoltosi in
Messico tra il 7 e T11 ottobre
e riunito sul tema «Comunicazione e dignità umana», a
cui è stato dedicato un servizio da «Protestantesimo» del
5 novembre. Al di là delle risultanze operative del congresso, è importante propria
che un’associazione di professionisti della comunicazione abbia stabilito come
problema questo nesso, si sia
interrogato se la comunicazione abbia qualcosa a che
fare con la promozione della
dignità umana.
Kamla Bhasin, pubblicista
indiana, ha giustamente sostenuto che prima di tutto deve essere la società a garantire la dignità umana: diversamente che possono fare i
giornalisti? Supplenza? E
Carlos Valle, segretario gene
rale della Wacc, ha chiarito
che proprio gli sconvolgimenti tecnologici a cui stiamo assistendo mettono a repentaglio la dignità stessa degli individui: concentrazioni
di mezzi d’informazione, distruzione delle culture locali
e omogeneizzazione dei linguaggi rischiano di appiattire
il mondo (ma anche i singoli
stati) su un’unica dimensione
culturale, quella deiTinguaggi
codificati e intemazionali dove questi due termini assumono connotazioni negative.
Linguaggi codificati perché
nonostante le mirabilie che
l’uso televisivo dell’elettronica ci fa vedere, e che ci sembrano ogni giorno più avveniristiche, in realtà risponclono
a dei criteri di vendibilità, di
adeguamento a un gusto corrente sul quale si deve «battere finché è caldo». Se questo
non è possibile perché la
realtà «vera» non lo consente,
si provvede a modificare quest’ultima (è il caso dei regolamento sportivi, dal calcio alla
Formula 1, che vengono modificati in funzione della vendita dei diritti televisivi).
L’internazionalizzazione è un
corollario del concetto precedente: il videoclip domina il
mercato dell’interesse televisivo dei più giovani, e vende
come vendevano i dischi tradizionali. Non si tratta, come
fa una cultura nazionalista e
di destra, di prendersela con
la cultura americana; si tratta
di chiedersi quanto sia interessante ascoltare canzoni di
cui non si capiscono i testi,
salvo accorgersi che alcuni
testi di canzoni è meglio non
capirli proprio.
Alberto Abrazzese, docente
di Comunicazioni di massa,
sostiene però che esistono
nella nostra società degli «anticorpi» che permetterebbero
di reagire all’omogeneizzazione: dove li cercheremo? In
una cultura di opposizione
critica? E chi la fa? Servirà
probabilmente un certo gusto
per la sperimentazione (qualche anno fa lo si diceva a proposito della terza rete Rai),
che non vuol dire solo ricerca
del nuovo, ma dovrebbe significare anche riscoperta del
passato, curiosità per l’inattuale, perseguimento di nuove angolature da cui vedere
ciò che succede.
In questo caso i protestanti
non partono sprovveduti:
hanno saputo nei secoli resistere alla repressione e all’
anestesia delle coscienze riunendosi intorno alla Bibbia,
hanno mantenuto la vocazione alla riflessione critica e in
'alcuni casi hanno saputo tradurre questa esperienza nella
progettazione di una società
migliore («Evangelici e democrazia», nella medesima
trasmissione ha fatto il caso
del Sud Africa). Si tratta di
proporre questo modello anche ad altri, con umiltà, ma
senza recedere di un passo da
questo tipo di impostazione.
Conferenze del Centro studi sulle attività e religioni del Mediterraneo
Bonhoeffer e Lazzatì contro il nazismo
OIACOMO TUMBARELLO
Da oltre un anno è attivo a
Garbagnate il Centro
studi sulle civiltà e le religioni del Mediterraneo, che si
propone di diffondere la conoscenza e l’approfondimento del mondo della Bibbia e
del cristianesimo.
Lunedì 16 ottobre, nella ricorrenza del 50° anniversario
della fine del secondo conflitto mondiale, il Centro ha tenuto un incontro su «Bonhoeffer e Cazzati contro il
nazifascismo», seguito da un
altro incontro, sabato 21, dal
tema «Un libro, molte letture:
leggere la Bibbia oggi». Il
primo incontro ha visto come
relatori Claudio Sommaruga,
compagno di baracca di Giuseppe Cazzati in campo di
concentramento, e il pastore
Salvatore Rapisarda che ha
presentato Bonhoeffer.
Il pastore Rapisarda, segretario del Dipartimento di teologia delTUcebi, ha presentato Dietrich Bonhoeffer come
un teologo critico nei confronti della dottrina luterana
del suo tempo e attento al
confronto con la Scrittura,
con la persona di Gesù e con
l’esistenza di un discepolato
che sappia coniugare fede e
ubbidienza nel quadro di
un’etica della responsabilità.
Ha poi evidenziato come tali
proposte in Bonhoeffer si sono concretizzate nella critica
al nazismo e alla chiesa tedesca che dava appoggio al regime nazionalsocialista. In
positivo, è stato detto, Bonhoeffer ha sostenuto la causa
degli ebrei e ha preso parte
attiva alla Resistenza e alla
congiura contro Hitler.
Al nutrito numero di ascoltatori attenti, Bonhoeffer è
apparso subito come un personaggio attuale, specialmente quando sono stati toccati
temi come l’ecumenismo, la
chiamata al servizio dei meno
privilegiati e contro ogni razzismo, xenofobia o antisemitismo, l’impegno per la denuhcia di ogni messianismo 0
integrismo in politica, l’impegno per una società e un
mondo giusto, libero dalla
guerra e da ogni minaccia alla
vita. Particolarmente sentita è
stata la critica di Bonhoeffer
al cristianesimo religioso e
alla religiosità mistificante
che riduce il messaggio di
Cristo a soddisfacimento di
bisogni individuali. Secondo
il teologo tedesco «solo chi
crede ubbidisce e solo chi ubbidisce crede veramente»;
proprio alla luce di quest’ubbidienza il credente può trovare la forza di opporsi allo
stato e alla cultura cristiana
tedesca ormai corrotta da
ideali nazionalisti. Con Bonhoeffer, a partire dall’Antico
Testamento, è stato possibile
riscoprire il valore della storia e dell’incarnazione di Cristo per la trasformazione e la
salvezza del mondo. Anche
Cazzati, come Bonhoeffer, è
stato un simbolo di intensa
Bonhoeffer con gli allievi di Finkenwalde (1935)
Il cardinale Martini
(foto Zibecchi)
religiosità e coerenza in un
periodo tanto complesso come quello della seconda guerra mondiale.
Il secondo incontro, tenuto
dal pastore Paolo Spanu, ha
visto meno presenze anche
evangeliche ma un pubblico
particolarmente attento all’
argomento. Bisogna sottolineare la bravura del relatore,
che con un linguaggio estremamente chiaro e conciso ha
reso piacevole l’ascolto di un
argomento quanto mai attuale: la lettura della Bibbia. È
stato postò l’accento sulle varie traduzioni ormai esistenti
del libro «più famoso e meno
conosciuto». Molteplici sono
anche i tipi di lettura con cui
si può affrontare il testo, così
come vari sono i significati
che si possono attribuùe alle
differenti letture: letteralistica, storico-critica, spirituale...
L’auspicio del rélatore è
che presto si riesca ad introdurre la Bibbia nelle scuole,
dove si studiano Dante, Manzoni e Omero ma non uno dei
testi più antichi che esistano e
che non necessariamente deve
essere collegato a un credo religioso ma che può essere oggetto di una lettura laica. Purtroppo in Italia, per ammissione della stessa Chiesa cattolica, lo studio della Bibbia è
stato molto trascurato; anche
,r insegnamento della religione avviene quasi solo in forma confessionale, mentre invece lo studio biblico potrebbe essere affrontato in senso
«letterario» e scientifico.
Sacerdozio femminile
Prosegue sul mensile «Liberal», rivista di «incontro tra cattolici e laici», il dibattito sotto forma di lettere aperte fra Umberto Eco e il cardinal Martini. L’argomento affrontato in
quest’ultimo numero è nientemeno che il rifiuto cattolico del
sacerdozio femminile. Eco, non credente, ma interessato al modo in cui gli italiani si accostano alla fede, cita una serie di testi
biblici (Esodo 29 e 30, Levitico, Galati, Ebrei, Genesi 14, Ezechiele 44) che gli sembrano contraddittori rispetto alla considerazione che le società del tempo avevano della donna; ma soprattutto, da studioso di San Tommaso (alTEstetica dell’Aquinate Eco dedicò la sua tesi di laurea che^toi divenne un libro)
dimostra che ogni considerazione del genere è debitrice inevitabilmente della cultura in cui verme elaborata.
La tesi, contro cui è difficile obiettivamente schierarsi, non
viene respinta dall’arcivescovo di Milano, il quale però intende
questo dibattito come un aspetto della continua ricerca che la
Chiesa deve fare intorno a uno dei misteri che vive e celebra. Il
cardinal Martini ritiene cioè che «siamo qui di fronte non a ragionamenti semplicemente umani ma al desiderio della Chiesa
di non essere infedele a quei fatti salvifici che l’hanno generata». In apertura della rivista uno dei direttori, il politologo Ernesto Galli della Loggia, si chiede perché l’Italia, nonostante la
tradizione cattolica abbia abbondantemente permeato la sua politica, sia così poco sensibile ai diritti del cittadino, del sofferente, sia così politicamente arretrata e governata dal malcostume e non sia, in ultima analisi, un «paese cristiano»: «Perché
l’Italia è diventata un paese dove la qualità della vita sociale é
amministrativa è così bassa, durante, e grazie, all’egemonia
del cattolicesimo politico?».
Risponde lo studioso che non mancano certo i «valori», ma
anzi che proprio l’eccessivo peso dato ai valori radicali e «intransigentisti», non mediati da un’adeguata cultura istituzionale
ha fatto sì che si riducessero i margini per la politica pragmatica
e concreta (e qui l’obiettivo sembra essere proprio il «cattocomunismo»). I valori erano belli ma solo come testimonianza,
impraticabili in concreto. «Trasformare i valori infatti sociali è
invece l’obiettivo più ambizioso e complicato che ci possa essere». Si può tuttavia obiettare che la necessità di maggior pragmatismo è reale, ma che purtroppo in Italia questo finisce per
autorizzare il «voltar gabbana», i tatticismi, l’utilizzo dei valori
come merce di scambio per la formazione delle liste elettorali.
Uomini e profeti
«Uomini e profeti» è una fortunata trasmissione radiofonica
in onda su Radiotre il sabato e la domenica alle 12. In origine,
una quindicina di anni fa, era limitata alla sola domenica, e in
quegli anni si poterono ascoltare fra l’altro diverse serie di
puntate dedicatela Giorgio Girardet alla lettura dell’Antico
Testamento. Ora la trasmissione si articola in due settori: quello del sabato, monografico, e quello domenicale sulle «domande dell’uomo contemporaneo». Nel corso degli anni sono stati
trattati altri modi di vivere la religione (ricordiamo la serie di
Sergio Noja sull’Islam, ma anche quelle sulle religioni orientali). Ora ha preso il via (il 4 novembre) un ciclo dedicato alla figura di Gandhi. Curata da Gianni Soffi, che ha recentemente
pubblicato una monografia sul Mahatma, la trasmissione non
affronta il solo lato religioso di questa figura, ma la inquacfea
nella più complessiva storia dell’India sotto l’occupazione inglese, prendendo addirittura le mosse dal XVII secolo e dalla
Compagnia delle Indie, affrontando, con la testimonianza di
carteggi degli imprenditori coloniali, i modi in dui veniva vissuto l’incontro con il «diverso», con i costumi locali, con una
cultura ritenuta primitiva. Non mancano i riferimenti alle missioni cristiane, e ih particolare protestanti e anglicane, che però
arrivarono in India solo nella prima metà dell’800. In questo
conteso nasce Gandhi nel 1889. La seconda puntata (11 novembre) è stata dedicata alla formazione del suo pensiero, tra
Oriente e Occidente, mentre la terza seguirà l’elaborazione
della teoria e pratica della nonviolenza nella lotta contro l’occupazione e la conclusiva (il 25) fornirà una valutazione attuale e complessiva sulla strategia nonviolenta. La trasmissione è
curata da Gabriella Caramore. * *-
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PAG. 10 RIFORMA
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FERENZE — II Centro culturale protestante «Pier Martire Vermigli» organizza una
conferenza del prof. Giorgio Spini sul tema
protestantesimo di fronte alle rivoluzioni
dei nostri tempi». Modera il prof Giorgio
Vola: ore 17, nella sede di via Manzoni 21.
NAPOLI ^ Presentazione del VII volume
degli saitti di Lutero su «Messa, sacrificio
e sacerdozio», a cura di Silvana Nitti, editrice Claudiana: ore 18, nella sede dell’Istituto italiano per gli studi filosofici. Presiede
il professor Boris Ulianich.
GENOVA —- Neiràmbito delle attività del
\gruppo Sae di Genova su «Messianismo:
storia, speranza, salvezza», il prof Fuad
Kalhed Allam parla sul tema ¡ «Movimenti
islamici e pros^ttive di salvezza nella storia è oltre»: ore 17, presso l’Aula màgna del
Liceo classico A. Doria. Per informazioni tei. 010-5&6694.
ROMA — La Società Biblica organizza
una conferenza del prof Giancarlo Rinaldi
sul tema «Donna, potere e profezia nel cristianesimo antico». Intervengono inoltre
Anna Clemente, Adriana Valerio e Franca
Long: ore 18, nella sala delle conferenze
della Provincia di Roma, in via IV Novembre 119, 2° piano. Per ulteriori informazioni tei. 06-69941416.
ROMA — Inizia il convegno per i 50 anni
della rivista «Protestantesimo» sul tema
«Fondamento come promessa. Teologia
contemporanea e prospettive dell’antropologia». Relazioni di Hans-Martin Barth,
Giovanni Jervis, Mario Miegge, Jean Ansaldi, Cettina Militello, Marco M. Olivetti, Elizabeth E.
Green, Luigi Sartori, lÓaus Peter Blaser: dalle ore 15,30
del 24 novembre alle 19 del 25 novembre presso la Facoltà
valdese di teologia, in via Pietro Cossa 42. Per informazio
ni tei. 06-3210789, 3611649, 3204768, fax 06-3201040.
TORINO — Nell’ambito dei corsi della
Scuola di pace «Ernesto Balducci» inizia la
«settimana della pace» con una lettura di testi sulla pace da varie culture: ore 18, presso
il Salone valdese in Corso Vittorio Emanuele II, 23. Per informazioni 011-6699577.
MILANO — Quinta e ultima lezione del
corso di studi biblici curato dal past. Salvatore Ricciardi sul tema «L’instaurazione della monarchia in Israele»: ore 18, nella sala
adiacente alla libreria Claudiana di via F.
Sforza 12/a. Informazioni tei. 02-76002654.
GIOIA DEL COLLE — Nella chiesadi S.
Maria Maggiore, via Mastrandrea 24, si
terrà un incontro ecumenico di preghiera.
Interverranno Anna Portoghese, cattolica,
presidente onoraria del gruppo ecumenico di
Bari, Lorenzo Scornaienchi, candidato al
pastorato valdese, conduttore della chiesa valdese di Bari.
TORINO — «Da Lutero a Martin Luther King. L’avventura spirituale del mondo protestante» è il titolo di un corso
di formazione che si tiene ogni giovedì in due sessioni, alle
16 e alle 20,45 organizzato dalla Chiesa valdese e dal Centro «A. Pascal». Nella sala valdese di via Pio V, n. 15 la
settima lezione su «La sfida dei tempi moderni: razionalismo e rivoluzioni». Per informazioni tei. 011-6692838.
BERGAMO — Proseguono le attività del
Centro culturale protestante sul tema «Alcuni recenti aspetti della ricerca teologica protestante» con la conferenza di Rodobaldo
Tibaldi su «Heinrich Schütz e la nascita della cantata protestante»: ore 21, in via T. Tas
so 55. Per informazioni tei. 035-238410.
MILANO — Apertura al pubblico della biblioteca specializzata del Centro culturale protestante. Della biblioteca
•per ora sono agibili le sezioni di storia del cristianesimo, di
discipline bibliche e teologiche. Giorni di apertura martedì
e giovedì dalle 16 alle 18 presso la libreria Claudiana in via
Francesco Sforza 12/a. Per informazioni 02-16021518.
XII SEMINARIO DELLE COMUNITÀ DI BASE: «In
principio era la coscienza» è il tema del 12° seminario nazionale delle comunità di base che si svolgerà a Tirrenia e
a Livorno dal 8 al 10 dicembre: relazioni di Pier Giorgio
Rauzi, Elisabetta Donini e Jacques Gaillot. Per ulteriori
informazioni telefonare allo 081-5534140.
CULTO EVANGELICO: ogni domenica
mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie
dal mondo evangelico italiano ed estero, appuntaménti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO: rubrica televisiva
realizzata dalla Federazione delle chiese
evangeliche in Italia, trasmessa a domeniche
alterne da Raidue alle 23,30 circa e, in replica, il lunedì della settimana seguente alle qre
9,30. Domenica 19 novembre (^lica lunedì
27 novembre): Vite spezzate; Il telefono antiusura; Cento
anni di metodismo a Roma; Evangelici e democrazìa.
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni prima del venerdì di uscita del settimanale.
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
Tre anni di solidarietà con le vittime della guerra dell'ex Jugoslavia
. . I
Tredici volte dai Grigioni a Pula
Dall'«Azione Pula» sono nate alcune strutture che alleviano le
sofferenze di anziani e bambini vittime innocenti della «pulizia etnica»
RENATA NUSSIO
CLAUDIO MUSTO
Tre anni possono essere
lunghi o passare come il
vento; possono passare inosservati o lasciare delle tracce
nello spirito e sulla pelle...
Certamente per coloro che si
sono lasciati coinvolgere in
questa avventura, questi anni
hanno paradossalmente lasciato un segno indelebile
nella loro esistenza. Uno di
essi è certamente caratterizzato dall’esperienza della quasiimpotenza di fronte a una
realtà seminascosta quale è
quella dei rifugiati, degli anziani e dei bambini che seguiamo da tempo. Eppure nonostante gli sprazzi di speranza, caratterizzati dai nuovi
colloqui sulla questione
dell’ex Jugoslavia, a livello
internazionale, le cose non
sembrano progredire come si
auspicherebbe. Nonostante
questo alcuni «fiori» sono
miracolosamente sbocciati.
Casa anziani
e rifugiati Ihthus
Nevio Bacac ci ha accompagnati presso la casa per anziani e rifugiati aperta anche
grazie al generoso aiuto in
mezzi e denaro delle nostre
Valli. Questa casa aperta da
due anni, ospita circa 20-25
persone in gran parte rifugiati
e senza sostegno alcuno. La
casa è tenuta nonostante le
difficoltà economiche in modo encomiabile. Gli ospiti, oltre alle cure fisiche, sono assistiti anche spiritualmente
nel rispetto delta loro originaria confessione religiosa. Vi
sono infatti cattolici, musulmani e qualche evangelico
che riescono nonostante tutto
a convivere sotto lo stesso
tetto. Con alcuni di essi abbiamo avuto l’occasione di
intrattenerci e laceranti sono
stati i racconti delle loro
esperienze. Due anziani in lacrime e alla fine dei loro giorni hanno condiviso con noi la
preoccupazione per il corpo
del loro unico figlio ucciso
qualche giorno prima e fino
ad allora introvabile. Una storia di sofferenza tra le altre...
Orfanotrofio e casa per
bambini di Rovyni
È stato un momento veramente emozionante per coloro che hanno contribuito alla
realizzazione a Rovyni (Rovigno) di questa casa di accoglienza per bambini vittime
della guerra e delle inevitabili
problematiche sociali da essa
derivate, osservare che il sogno è stato tradotto in realtà.
A dire il vero, la sola a credere nella realizzazione dello
stesso, almeno agli inizi, è
stata la tenace, infaticabile e
dolce Èva Husak-Bacac. 11
centro accoglie oggi circa 20
bambini da 0-6; l’ultimo arrivato, una bambina bosniaca,
aveva solo dieci giorni! Immerso in una piccola oasi
tranquilla, a due passi dal mare, questo centro è l’ideale
per la salute fisica e psichica
dei bimbi. Abbiamo potuto
osservare che vi sono già delle volontarie reclutate nelle
chiese cattoliche e riformate
di Svizzera (Lucerna), Scozia
e Svezia. Le tre ragazze si sono impegnate da tre a sei mesi nel centro. 11 loro specifico
compito è quello di intrattenere i bambini con giochi,
passeggiate e quanto necessario per il benessere degli stessi”'. Èva ci fa presente che il
centro è molto bene avviato;
le difficoltà economiche trovano risposte da parte di donatori ed enti ecclesiastici.
Orfanotrofio
Ruza Petrovif
Molto emozionante è stato
pure intrattenersi con i bambini del Petrovic. Affettuosissimi nel rivederci, hanno voluto, con orgoglio, accompagnarci nelle loro camerette
che finalmente, grazie al fondo «Azione Pula», sono oggi
interamente riscaldate e ben
arredate. La direttrice, con
molta dignità, illustrandoci
r attuale situazione, ci ha guidati attraverso tutto lo stabile
e ringraziandoci ancora ha
espresso un unico desiderio:
il contatto epistolare con alcuni dei bambini!
All’interno del campo profughi
Voi che trovate tornando a
sera il cibo caldo e visi amici... Considerate se questo è
un uomo» (Primo Levi, Se
questo è un uomo).
Certo abbiamo ritrovato
tutti i materassi che due anni
fa abbiamo donato ai nostri
pazienti in ottimo stato; l’odore nauseabondo che prima
stagnava si è ora di gran lunga attenuato, l’illuminazione
funziona e così pure la radio
in tutte le camerate; i bagni
sono però ancora e solo due!
Gli stati di decubito aumentano considerevolmente a causa
della mancanza di lenzuola o
ancora dell’improprio uso
delle lavatrici che, per mancanza di prodotti idonei, spesso girano con la sola acqua o
con qualche palliativo. E triste constatare che dei circa
100 pazienti pochissimi hanno un angolo proprio dove
Il 13“ viaggio
«Ho raccolto alcune informazioni da persone che erano
già state a Pula (Pola) ma era difficile farsi una precisa idea
di cosa avrei trovato, anche perché la situazione era ed è in
continua evoluzione. 11 viaggio è stato lungo e difficoltoso,
alle frontiere vi sono stati diversi problemi; più che altro pignolerie per ostacolare e scoraggiare queste spedizioni di
aiuti umanitari. Ho così scoperto che è possibile rendere difficile persino aiutare la gente.
Riassumere in poche righe ciò che ho visto non è impossibile ma so che non trasmetterò le sensazioni che ho vissuto e
che fanno ora parte di me. Colpisce però come per certi versi in una guerra la scala di valori cambia; infatti un sorriso,
la stretta di una mano, il dono di una caramella possono essere occasione di una gioia sincera». Daniela
Casa per anziani e rifugiati
via Gregorica
Per Renata che ha concentrato la sua attenzione insieme a Bruna e Daniela su questa realtà di cui «Azione Pula» si occupa ormai da tre anni, (nonostante i grandi progressi di cui chi scrive è stato
testimone), l’impatto è stato
scioccante. Lo stato d’abbandono dei pazienti, la fatiscenza dell’edificio, la enorme carenza di mezzi e di personale
qualificato, fanno riaffiorare
alla mente le parole di Primo
Levi: «Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case...
Nelle cete per bambini di Rovyni (Rovigno)
poter conservare le proprie
piccole miserie.
Eppure chq festa nel vederci, nel constatare ancora una
volta che non sono stati abbandonati. Una buona parte
del nostro lavoro, afferma
Bruna, lo abbiamo svolto dialogando con i pazienti che
hanno così avuto forse dopo
chissà quanto tempo, l’occasione di liberarsi anche se solo per qualche istante delle
loro pene e angosce. Tutto
questo avveniva mentre queste persone docilmente si lasciavano lavare o aiutare. Abbiamo trovato tanti nuovi casi; gente confusa, disperata
per tutto ciò che ha perso.
Abbiamo incontrato anche
un italiano che chissà per
quale disgrazia è finito in
quelle maglie. Luisa, che ha
93 anni, ci ha raccontato che
proviene da Zagabria e che la
sua casa è stata distrutta e che
si trova a Pola (Pula) grazie
all’unico aggancio familiare
costituito da un fratello anch’egli handicappato e poverissimo. Abbiamò dialogato
in francese, lingua che lei non
parlava da tre anni;, tutto
quello che le resta di una esistènza ormai alla fine.
Le cose al «Gregorica»
vanno paradossalmente co
munque meglio che ip passato: mentre eravamo impegnati
nei diversi lavori, ci hanno
raggiunto con Nevio alcuni
assessori comunali per il dipartimento degli affari sociosanitari, che ringraziandoci
per l’impegno profuso ci hanno illustrato le cause di questo lento evolversi della tragica situazione, informandoci
con molto «tatto» che le responsabilità inerenti a questa
realtà sono dovute alla mancanza di sensibilità di uno
stato che è in altre faccende
affaccendato. Ci siamo però
rallegrati nel sapere che finalmente il «Gregorica» ha un
medico stabile, che visita i
pazienti tutti i giorni, e che
prevede una sorta di ergoterapia per occupare i pazienti.
Campi profughi
Come lasciare Pula dopo
tutto ciò che avevamo udito a
proposito dei campi profughi
senza posare sugli stessi almeno lo sguardo? Ci ha accompagnati in questa circostanza Milka, la direttrice del
«Gregorica» che con tatto ci
ha agevolato la visita: il quadro che si è presentato ai nostri occhi era da Apocalypse
Now; in 8 metri per 6 vivono, divise appena da un lenzuolo appeso a una corda,
circa quattro famiglie composte da coniugi con uno o
più figli. E ciò nonostante,
quale grande dignità e compostezza in queste popolazioni musulmane o bosniache!
Nessuno, neppure i bambini
sono venuti a chiedere un
qualche aiuto: disperati? sfiduciati? o cosa?
Giovanni, un custode del
campo che prima della guerra
lavorava al cantiere navale di
Pula, accompagnandoci nelle
camerate, ci fa notare il lavoro di una squadra di alpini
italiani che con tutto il materiale, si erano recati nel campo per creare dei divisori agevolando così il diritto alla privacy di alcune famiglie. Una
goccia nell’oceano, ma almeno una goccia...
Durante questa visita ci seguiva Amila, una dolcissima
bambina di forse 5 o 6 anni
che ha passato metà della sua
vita proprio in quel campo. Il
nostro pensiero è corso verso
altri tristi campi sepolti ormai
dalla storia ma che come fantasmi riaffiorano di tanto in
tanto ai quattro angoli del
globo. Amila non ci ha raccontato niente; in silenzio ci
ha seguiti, in silenzio ci ha visti partire. Gipvanni ci ha detto che forse un lontano parente l’avrebbe presto accolta in
America.
C") Chi desidera ulteriori informazioni in merito, può rivolgersi
a Renata Nussio, CH-7743 Brusio, oppure al past Claudio Musto, CH-7603 Vicosoprano.
r’ii
19
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
PAG. 11 RIFORMA
I metodisti
a Palermo
A proposito dell’articolo
del pastore Pietro Valdo Panasela pubblicato sul n. 39
del 20 ottobre (pag. 6) vorrei
precisare alcune cose.
In un’assolata domenica
mattina del mese di marzo
1973 la comunità metodista
di Palermo si trovò senza
tempio e con discrezione bussò alla porta di quello di via
Spezio (Chiesa valdese), che
non si aprì. Ci si trasferì in
via Ricasoli, nell’abitazione
del pastore Manocchio e, tra
casse e mobili ancora da sistemare, si pregò e si ringraziò il Signore, perché si aveva ancora un tetto per ritrovarsi insieme uniti nella Parola. Dopo trattative ci si trasferì alla Noce (il Centro diaconale era stato inaugurato da
poco). Anche qui si ringraziò
il Signore per averci dato, come locale, un corridoio, ovvero l’entrata del Centro diaconale. Ricordo ancora la battuta del direttore: «Stando stretti
non ci disperdiamo e stando
all’entrata ci facciamo conoscere». Lo spostamento dalla
via Rosolino Pilo, centro della
città, alla Noce, quartiere allora periferico, fece disperdere
dei membri della comunità
metodista, che per non affrontare «un viaggio» si aggregarono alla Chiesa valdese di
via Spezio, distante appena un
tiro di schioppo.
Altri non si scoraggiarono e
con costanza si ritrovarono
più volte la settimana nella
casa del pastorp per le altre
attività: studio biblico, attività femminile. Consigli di
chiesa, perfino assemblea di
circuito. E sempre nella stessa casa del pastore un gruppo
di giovani metodisti si ritrovava per dare la sua opera di
testimonianza con il lavoro a
favore degli immigrati (Cese). E questo ogni mattina. Le
donne invece si impegnarono
come volontarie nell’ospedale psichiatrico di Palermo.
Come chiamare questi interventi? Evangelizzazione, diaconia o che altro? La domeni
. Giorgio Peyrot sul regolamento sinodale
PIETRO TROTTA
^aro professore, nel tuo intervento
sulla presidenza del Sinodo, ap{^*
so su Kifonna del 20 ottóbre, mi iirtcrpelli pubblicamente e ciò mi iitduce a lif
spondere altrettanto pubblicamente.
In primo luogo, desidero ringraziarti
per le inRirmazioni che, con la consueta
competenza, dai circa l’evoluzione
dell'istituto. Ritengo, peraltro, che la
questione che tu poni debba essere.affronlata alla luce di ciò che oggi, nella
prassi e nella coscienza del Sinodo, rappresenta il Seggio: un organo ai quale
\iene prevalentemente affidato il servizio di opertue per l’ordinato svolgimento dei lavori dell’assemblea sinodale'
In quc.sto senso, il Seggio deve adoperarsi perché tutti gli argomenti posti
all’tirdinc del giorno vengano affrontatì
e definiti nei tempi fissati e nella necessaria dialettica; perché tutti i componenti del Sinodo che ne facciano richiesta
possano inters'enirc (ovviamente quando
l'argomento dell'intervento sia in trattazione), e perché la produttività del Sinodo (in termini di consapevoli decisioni e
di mandati alla Tavola sugli argomenti
di maggiore rilievo) sia la più ampia
possibile.
In questo senso sembra preferibile che
i membri del Seggio, oltre che possedere la necessaria competenza sulle norme
che regolano il funzionamento del Sinodo, acquisiscano positivamente un’adeguata conoscenza delle relazioni, dei
documenti preparatori e dei fatti di cui
questi trattano.
Non credo che, in tale occasione, ci si
sia lasciati fiiors’iare da un <feccesso di
zelo di alcuni esponenti metodisti'' e ciò
anche perché (a parte l.i letu^n' negativa
che traspare dall’uso che tn fei del termine «esponenti» attiihuito a membri
del Sinodo), non e.si.s c alcuna possibilità di assimilazione tra ristítuto della
designazione nell'oidmámenlo dclU
Chiesa evangelica metodista e quello introdotto nel nostro attuale ordinamento.
11 ricordo, infatti, ti tiadisce. Nell'oidinamento metodist i. il piesideiile non eia
affatto uno Chairm.in bensì il capo
.dcH'esccutivo (figura siinilc.a quella del
moderatore) al quale i regolamenti assegnavano anche il compito di presiedere i
lavori della Conferenza.
Passo ora ad e-arniiiarc la piopovta
che direttamente mi iornmli Àchiaiaimi indisponibile alla hinzione di presidente del Sinodo 199b. al fine di éliminare un errore compiuto dal Sipodo
1995 che avrebbe designaut (e non cmifennato) per l'aniio siiLCCsSiVti la slessa
persona che l’ha picsieduto, rompendo
così una presunta tradizione che sconsiglierebbe che la stessa persona compia
il servizio della pi evidenza pur due anni
consecutivi.
Orbene, ritengo che tutti i membri del
Sinodo 1995 sappiano che, allorché
venne formulata la proposta, finalizzata
all'opportunità di garantire che la Sessione straordinaria congiunta del Sinodo
e dell’ Assemblea battista (che sì t^va
immediatamente dopo la Sessione ordinana del Sinodo) avesse, anche da parte
valdese-metodista, una presidenza non
improvvisata (in considmazione di alcune difficoltà procedurali), manifestai
forti perples.sità.
Ritenevo e ritengo, che robiellivo
avrebbe potuto es^re jiiù facilmente
perseguito con lina ^mplice deliberazione che proro^àsse alla Sessione
straordinaria del.SpKKlo la funzione del
Seggio della Ses^t^ ordinaria (anche
perché, nella sostanza e in considerazione dell’immediata ppnsecuzione fra le
due sessioni si trattàva,-piò che di lina
sessione straordinari^» stesso Sinodo che proseguiva i pnipri lavcri in scs- i
sione congiunta) Mi fu autorevolmente replicato dalla Commissione dismline
che la mìa proposta contrastava con i rv
gnlamcnti e c le luiii sembrava nppoitu
na una deroga che si s.itebhc con figurata come una ronna eccezionale. Furono
così vinte le mie perplessità e la"propèsta della nuova designazione della stessa
persona venne formulata e dettagliatamente illustrata al Sinodo da un membro della Commissione disciplino (il fra-;
tello Becchino).
Ora IO mi trovo nella condizione df
chi è stato chiamato dal Sinodo 1995 a
rèndermi disponibile per un servizio. Tu
dici, sostanzialmente, cHe dovrei revocare tale disponibilità per correggere il
grave errore compiuto dal Sinodo (la
rottura della tradizione). Ti risptmdo che
non ho la presunzione di ergermi al giudice delle valutazioni compiute dal Sinodo ed a vindice della loro purezza.
Sarò, quindi, a Dio piacendo, pre.sente
all’apertara del Sinodo 1996 e pronto a
rendere il mio Servizio. Se il Sinodo
1996 ritenà che^sia stalo commesso un
grave eirore potrà, senza alcun riguardo
personale, correggerlo semplicemente,
affìdandoad altre sorelle e altri fratelli il
compito della presidenza.
Ti saluto fraternamente.
ca ci si incontrava alla Noce
con il gruppo di evangelizzazione valdese, che risultava
costituito da membri valdesi
di via Spezio e da «convertiti» occupati nel Centro diaconale. Tutti si poteva stare nel
famoso corridoio! Gli umani
spiriti si calmarono nel campo metodista, subentrò la ragione, si capì e si accettò la
vendita del tempio di via Rosolino Pilo. Altri membri tornarono. Dal corridoio si passò
alla sala attigua.
Poi, la storia è quella degli
ultimi tempi. La sala non riusciva a riempirsi, perché alcuni membri sono tornati alla
chiesa «madre» e, i «converti
Riforma
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Riforma è il nuovo titolo della testata U Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con il n. 176
del l'gennaio 1951, responsabile Franco Giampiceoli. Le modifiche sono state registrate
con ordinanza in data 5 marzo 1993.
Il numero 42 del 10 novembre 1995 è stato consegnato per l’inoltro postale all’Ufficio CMP
Nord, via Reiss Remoli 4^11 di Torino mercoledì 8 novembre 1995.
ti»... sono rimasti i fedelissimi. Ma lo Spirito soffia dove,
come e quando vuole. Con la
nascita del Cim (Centro immigrati), un gruppo sempre
più consistente di fratelli africani ha voluto far parte della
Chiesa metodista di Palermo.
Una decina di questi hanno
lasciato Palermo per Parma
(in cerca di lavoro) e qui hanno rianimato la Chiesa metodista di Mezzano Inferiore.
Torniamo alla realtà di oggi. I fratelli ganaensi e nigeriani il venerdì e la domenica
affollano il nostro locale di
culto e con i loro canti e battendo forte sui tamburi gioiscono nel Signore e testimoniano l’Evangelo. Sono riusciti a contagiare anche noi e
abbiamo imparato i canti nella loro prima lingua (akan o
yoruba). Quanto calore e colore lo scorso anno nel famoso culto natalizio trasmesso
in eurovisione! Ci siamo gratificati! Questi nostri fratelli
venuti da lontano potrebbero
aiutarci a riscoprire il gusto
dell’evangelizzazione. E già
successo nella nostra comunità. ..
Carmelina Bozza
Palermo
Religione
valdese?
Ha fatto bene Silvana Tron
{Riforma n. 40 del 27 ottobre)
a dire chiaramente che quel
che conta pef un valdese delle
Valli non è il patuà, comune
anche agli altri abitanti cattolici, Ina la coerenza con la fede professata: ma perché parlare di «religione» valdese?
Non esiste uba religione
valdese, bensì un modo di
credere e di operare nelle cose dello spirito che accomuna
i valdesi alle altre «confessioni» cristiane diverse dalla cattolica. Perciò è meglio lasciare quel termine agli orecchianti dei mass media che
con invidiabile sintonia parlano di «religione» cattolica,
quella appunto che si vuole
insegnare in tutte le scuole
statali, a meno che Silvaha
Tron non intenda la religione
nel suo significato etimologico come qualcosa che leghi
sociologicamente gli uni agli
altri.
Giovanni Gönnet - Roma
Tacere sulla
giustizia?
Ci chiedevamo nei giorni
scorsi perché da qualche mese (più visibilmente dal Sinodo in poi) la redazione di
Riforma taccia sull’attualità
politica e della giustizia nel
paese. Eppure carne per il
fuoco ce ne sarebbe una
quantità in questi mesi.
A noi pare di capire perché
Riforma tace. Siamo indotti a
pubblicarlo da una breve lettera nitida e dolente scritta da
un'onesto e semplice insegnante di Diritto al «Sole-24
ore» (2 novembre). Una lettera breve, così pulitamente e
sinteticamente eloquente che
non è possibile riassumerla.
Chi nelle nostre chiese si pone dubbi e domande se la legga. È una lettera su Mancuso,
sul Presidente e la Costituzióne della Repubblica; sulla divisione dei poteri, il suffragio
universale, i diritti del cittadino e dell’accusato di fronte
agli organi di giustizia che
reggono le democrazie e gli
stati di diritto.
Ho studiato la Costituzione,
dice in sostanza il professore,
e ora la insegno ai miei studenti, ma sento disagio e
preoccupazione forte perché,
di fronte allo scempio che
della Costituzione è stato ultimamente fatto, non so più
che cosa insegnare.
Questa lettera di un docente, un uomo della strada ma
non certo sciocco, ci sollecita
ad esprimere per iscritto perché, a parere nostro, la redazione di Riforma (come molti
collaboratóri e lettori) ora tace. Tace perché in qualche
modo soffre il disagio e lo
sconcerto di quel professore
di Diritto; tace perché è chiaro che tra le verità di questa
politica e la verità dell’Evangelo il solco è ormai profóndissimo; tace perché avrebbe
il dovere di informare e orientare i lettori almeno sul piano
dell’etica, ma si è alquanto
«sovraesposta» (par condicio
ci iilduce a non dire come) nel
tempo passato e ora non è certa su che cosa dire.
Riforma conosce l’avvertimento deU’Ecclesiaste: c’è un
tempo per tacere e un tempo
per parlare (3, 8). Ci scandalizzeremmo che non parlasse
più. Ma che ora taccia e forse
rifletta è un buon segno.
Mario Alberione
Italo Pons
N. Sergio Turtulici
Torre Pellice
Evangelici
e democrazia
Vorrei riprendere le duè osservazioni del prof. Giovanni
Gönnet nella sua lettera al
giornale del 27 ottobre a proposito della trasmissione
«Protestantesimo».
La sua convinzione che meglio sarebbe se la serie «Evangelici e democrazia» fosse
affidata di volta in volta a curatori diversi anziché sempre
al medesimo (nella fattispecie
il pastore Giorgio Bouchard)
non mi trova d’accordo. Mi
sembra infatti che la continuità di stile e di impostazione e la stessa «familiarità»
che viene a crearsi nei confronti della figura del presentatore sia utile per agevolare
l’ascolto'e la coniprensione
delle probleinatichè connesse.
Anzi suggerirei che, analogamente, vengano proposti in
futuro (non ci mancano certo
gli espèrti) altri filoni di diverso contenuto (perché non
la storia del protestantesimo
italiano?).
La sedonda osservazione
circa l’opportunità di dare
più spazio alla predicazione
dell’Evangelo mi ha portato a
ripensare seriamente al fatto
che non esiste in televisione
il «pendant» del Culto radio.
Che in determinate occasioni
si trasmettano culti speciali è
una buona cosa ma noti colma questo vuoto e non ri- .
sponde all’esigenza (conscia
o meno) di una senza dubbio
consistente fascia telespettatori. Non vedo però come
questo sia realizzabile nell’
attuale disponibilità di tempo. Occorrerebbe ottenere
una seconda mezz’oretta da
dedicare allo scopo in orario
più propizio. È proprio impensabile chiedere e soprattutto raggiungere questo modesto traguardo?
Mirella Argentieri Bein
Torre Pellice
La Fdei
e il Consiglio
di chiese
cristiane
Mi riferisco ai numeri 40 e
41 di Riforma e alla proposta,
del pastore Paolo Ricca per la
costituzione in Italia di un
Consiglio di chiese cristiane.
Certo, un Consiglio nazionale
delle chiese cristiane «sarebbe pn segno, soprattutto in ^
Italia», e forse può essere un
segno anche il fatto che non ci
sia. Ma come ha da essere
questo segno? Con il potere
che si manifesta in questo
modo? O con l’umile e debole
nostra percezione delle cose
di Dio?
Questo problema già si era
affacciato anni fa nel campo
dell’attività femminile federata a livello nazionale interdenoininazionale (Fdei) per
l’organizzazione dell’ormai
più che centenaria Giornata
mondiale di preghiera delle
donne. Un tentativo di soluzione vqdeva una rappresentanza per ogni denominazione
cristiana presente in Italia,
che non tenesse conto della
consistenza numerica delle
stesse e con la presidenza a
turno. Era un tentativo che intendeva evidenziare la sovranità dello Spirito di Dio e non
il peso dell’organizzazione
umana. Un tentativo che se
realizzato passa implicitamente attraverso il reciproco
riconoscimento delle chiese
cristiane.
Comunico questa esperienza vissuta e sofferta da parte
delle donne evangeliche italiane che finora non ha avuto
seguito ed è aperta a una soluzione da ricercare insieme.
Sono convinta che sia possibile e debba essere un segno
soprattutto in Italia.
Fraternamente
Maria Tamietti
Torre Pellice
«Il Signore è il mio pastore»
Salmo 23,1
È terminata la giornata terrena di
Elena Long ved. Rignell
Lo annunciano con dolore le sorelle Alina e Valentina e il fratello
Adolfo, le cognate, I nipoti, le cugine con le rispettive famiglie.
Inghilterra e Pramollo
23 ottobre 1995
RINGRAZIAMENTO
La sorella, I nipoti e I pronipoti
della cara ,
VIttorIna Michelin Salomon
riconoscenti, ringraziano quanti
con presenza, scritti e parole di
conforto hanno preso parte al loro dolor».
Un ringri^iziamento particolare
alla cugina Della, al personale
medico e paramedico dell'Ospedale civile di Pinerolo e al pastore
Gianni Genre.
vaiar Pellice, M novembre 1995
20
PAG. 1« RIFORMA
VENERDÌ 17 NOVEMBRE 1995
Intervista al segretario generale della fhiesa evangelica della Polinesia francese, past. Ralph leinaore, di passaggio a Torre Pellice
C«ta nostra chiesa è in lutto per la violenza fatta alla nostra terra»
&
_________fritto POHS
A ll’uscita dal culto, domenica 29 ottobre, il pasto■ re Ralph Teinaore ha voluto
farsi fotografare accanto al
cartello su cui è scritto «zona
denuclearizzata». Per quest’
uomo del Pacifico giunto a
Torre Pellicé per partecipare
ai lavori del Comitato esecutivo della Cevaa il cartello,
ormai sbiadito, rappresenta
un simbolo della lotta che lui,
insieme al suo popolo, sta vivendo oggi in prima persona.
Segretario generale della:
Chiesa evangelica della Polinesia francese (Eepf), Ralph
Teinaore faceva parte della
delegazione che ha incontrato
il presidente francese Jacques
Chirac, il 21 settembre scorso
all’Eliseo. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
La chiesa alla quale appartiene si è decisamente
schierata contro la ripresa
degli esperimenti nucleari nel
suo paese, non solo da oggi...
«Gli esperimenti nucleari
«ino cominciati nelle nostre
ole a partire dal 1966. La
Chiesa evangelica da sempre
si è dichiarata contraria. Bisogna però attendere il 1982
perché essa prenda una posizione ufficiale, che va intesa
come dialogo permanente con
il governo di Parigi. Questa
posizione è innanzitutto etica.
L’Evangelo ci annuncia un
Signore della pace, che non
ha bisogno delle armi per
questo annuncio; esso avviene solo attraverso la Parola,
che converte i cuori. Non
pensiamo solo alla nostra situazione particolare, sarebbe
I pastori Jacques Ihoral (a sinistra) e Raiph Teinaore, presidente e
segretario generaie deiia Chiesa evangeiica deiia Poiinesia francese
durante i’incontro con Jacques Chirac dei 21 settembre scorso
un atteggiamento egoistico,
ma a tutte le situazioni dove
questo accade.
Eravamo contenti quando,
nel 1992, François Mitterrand
aveva annunciato la moratoria nucleare. Fu una decisiorie
coraggiosa: d’altra parte avevamo paura. Sapevamo che
gli esperimenti avrebbero potuto riprendere nuovamente;
ciò è accaduto con l’elezione
di Chirac. Da quel momento
abbiamo cercato di informare, privilegiando tra l’altro la
strada della solidarietà ecumenica intemazionale».'
- Quali sono state le forme
di lotta che avete intrapreso?
«Per la prima volta, da noi,
una chiesa ha partecipato a
una manifestazione pubblica:
era un modo di far vedere la
nostra determinazione. Abbiamo poi deciso di incontrare personalmente il capo dello stato; la richiesta era stata
fatta prima dell’inizio degli
esperimenti. Ci siamo rivolti
alla massima carica dello stato chiedendogli, in quanto
presidente ma anche come
cristiano, di pensare non solo
alla difesa e al prestigio della
Francia, ma all’avvenire di
quelle isole. Egli ci ha risposto che la Francia, per la sua
difesa, ha bisogno di questi
esperimenti; secondo lui, gli
esperimenti non rappresenta^
vano alcun pericolo per la popolazione della Polinesia.
Chirac non capiva come
una chiesa potesse lanciarsi
in questo dibattito; il presidente della nostra chiesa allora gli ha risposto: “Le chiediamo di non più violentare
nosfra madre”. Bisogna sapere infatti che, per un polinesiano, la terra rappresenta la
madre che nutre. Ogni volta
che si introduce qualcosa nel
si^o ventre è come se la si
violentasse. Chirac non capiva; secondo lui, questo non è
compito di una comunità cristiana, come se quanto eravamo lì per testimoniare fosse
frutto di una cultura arcaica e
pagana».
- L’oggetto dell’incontro
all’Eliseo della delegazione
può essere letto come un momento di «status confessionis» per le vostre‘chiese?
«Come pastori, infatti, noi
vogliamo essere vicini al nostro popolo; per questo abbiamo delle cose dà dire in relazione all’annuncio dell’Evangelo e in rapporto alla cultura della nostra terra. Questa
è una creatura di Dio, non
possiamo scindere il compito
della chiesa da ciò che sta vivendo oggi il nostro popolò.
Sono stati consultati esperti,
politici, tecnici e altri ancora,
tutti meno che i diretti interessati. Abbiamo detto a Jacques Chirac: “Lei, signor Presidente, non ha capito tutto
del popolo polinesiano. Siamo una chiesa al servizio del
popolo, per questo vogliamo
proteggerla nella sua inte
grità”. Su questo, di sicuro, il
Presidente ci ha ascoltati, ma
non ci ha capiti. Nella nostra
cultura c’è un termine che
meglio di altri definisce quello che ci aspettavamo da lui:
padre. Se fosse un vero padre
non avrebbe iniziato quello
che ora sta proseguendo. Noi
continuiamo la lotta con gli
strumenti della nonviolenza
ma la proseguiamo».
- Quali conseguenze hanno
o avranno sulla popolazione
gli esperimenti passati e presenti?
«Ci sono esperti che hanno
detto che non ci sono problemi, ma chi può garantirlo?
Noi siamo dei semplici pastori, non dei competenti. Il nostro unico riferimento è il pesce che mangiamo: quello di
Mururoa, non lo si può più
mangiare oggi. E non solo
quello di Mururoa; ci sono
specie di pesci che un tempo
mangiavamo e che oggi fanno male. Perché? I medici attribuiscono questo fatto ad al
tre cause, certamente non al
nucleare... Questo problema
diventerà sempre più importante. Come chiesa siamo in
lutto. Non solo per noi oggi,
ma per i nostri figli. Che cosa
faremo domani? Il governo
francese sarà pronto a pagare
i danni? Per questo siamo decisi a continuare».
- Come proseguirete la vostra lotta?
«I problemi sono tanti:
prendiamo i giovani che più
di altri hanno protestato; le
strutture che hanno subito
danni saranno ricostruite ma
il cuore di quei giovani sarà
molto più difficile da ricostruire. Avranno posto nella
società di domani? Dobbiamo
aiutarli per il futuro. Stiamo
preparando il bicentenario
dell’arrivo dell’Evangelo nella Polinesia. Questa festa sarà
la festa di tutti gli abitanti del
Pacifico. Abbiamo bisogno
dell’appoggio, della preghiera
di tutti per uscire un po’ da
questi problemi».
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