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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DEl.\ ïV.\:^fiEllZZAZIOÎÎE ITAILIM
Seguendo la verità nella cavità.
Efes. IV. 15.
PRSZZO DI ASSOCIAZIONE
ier b Stato (franco a dfsiiDaiiDoe) ... V 3 »
Hr ia SriiMrt e Francia, id. . . . » 4 2S
Per rioghilterra. id.
Fh altri paasi (franco Gn# li ctofineì. . » 3 »
li rieeioBo asHciazioni per orno di nn anno.
u: ASSOCIAZIONI SI niCEVOMO
la Torteo alI'VÌSKlo del Giornale, 1UI« rie! Be, R’ ai.
Selle pranacie presso lotU ali l'ffizli postali per
meno di Taglia, ebe dan'anso enere tonati franco
al Direiure della Bucna Norella 9 qob aUriaud.
All’estero, ai seguenti indirizzi: Parigi, dalla librerìa C. Meyrueia, rue Troncbet,2; Ginevra^ dai Kìj'. E. Beroud libraio; Inghilterra per mezzo di fraDCO*bolU
loglesi spedili fraoco al Direttore della Baona Kovella.
SOKBEA^IO
Sottoscrizione. — Libertà di coscienza. — L’Evangeio a Courmayeur. —
Ospizio dei Catecumeni in Pinerolo. — Circolare della V. Tavola valdese alle varie parrocchie di essa Chiesa. — Notizie italiane. — Noti zie estere.
SOTTCSCRIZIOKE
A BENEFICIO DEI DANNEGGIATI DALLA GRANDINE
■ xc «D B "TÏ. C»
Sig. Gay Anf, Min. i;v. . .
» G. P. Laclaire ....
Signora Luigia Vertu-Caffarel .
N. N..........
Sig. Francesco Long e figlio .
* Giac. Etienne.....
» Malanot Daniele ....
» Alberto de Fernex . . .
Signora Marignone.....
» Novarese......
N. N..........
Persoglio Cesarino.....
Molinari Virginia ed Angela .
Archetto Vittoria, cameriera .
Ammontare della prima lista .
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— 218 —
LIBERTÀ DI COSCIENZA
Sotto questo titolo troviamo nella Gazzetta delle Alpi del
2o p. p. un elaboratissimo articolo, che ci piace riferir quasi
per intiero, sia per l’intrinseca bontà ed eccellenza del laA'oro, sia per dimostrare come in Piemonte accanto ai clericali che l’abborriscono, ed ai liberali empirici e scettici che la
disdegnano e non se no curano, la libertà di coscienza abbia
dei zelanti fautori, e tanto piìi zelanti, che sono arrivati a
scorgere in essa il perno e la guarentigia di tutte le altre
libertà, e nella di lei assenza il maggiore pericolo a cui possano queste venir esposte. L’articolista, premesso cho egli
intende di trattare siffatto argomento sotto l’aspetto puramente civile e politico, tralasciando il punto di vista religioso
e teologico, cosi prosegue ;
« Se l’argomento non fosse così serio, siccome lo è in realtà,
non si potrebbe restar dal ridere nel sentire uomini gravi cho
vogliono passare per [)atrioti, avvocati valenti, magistrati
dotti, parlare di progresso, di libertà, di rigenerazione nazionale, e tenere poscia la quistione della libertà di coscienza
alcuni per cosa empia, altri per cosa secondaria, altri chiamarla cosa indilTerente ed altri finalmente tacciarla di questione nocevole.
« Tanto noi siamo lungi da siffatte opinioni, che crediamo
invece che quel giorno nel quale la libertà di coscienza sarà
proclamata, quel giorno soltanto sarà stabilito solidamente
il fondamento delle patrie libertà. E come mai potremo noi
con sincera convinzione chiamar libero un paese nel quale
la più preziosa di tutte le libertà, la libertà di coscienza, sia
conculcata e manomessa? quel paese nel quale so un individuo vuol far uso di quella preziosa libertà sia tradotto
innanzi ai tribunali e condannato siccome un malfattore? in
un paese nel quale la libertà di coscienza non è solennemente sanzionata dalla legge, la parte più nobile dell’uomo
ò inceppata, è schiava ; ogni progresso dunque in quel paese
è illusorio, 0 almeno estremamente precario. Allorché una
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nostituzione, uno statuto, una legge guarentisce ai cittadini
la libertà individuale e non guarentisce la libertà del pensiero, la libertà dell’opioione, la libertà del culto, guarentisce
ben poca cosa. Il dispotismo e la schiavitù è meno insultante
per un popolo di quello che lo è la emancipazione del corpo
congiunta colia schiavitù dello spirito.
« Il cittadino sotto il dispotismo non è più cittadino, ò
uno schiavo che vive nell’oppressione; ma allorché accetta
con gioia la emancipazione materiale, ritenendo la schiavitìi
spirituale, il cittadino si degrada, c quasiché non fosse dissimile dai bruti, non avesse un’anima dotata di ragione e di
libertà, non credesse ad un Dio, non sapesse di avere una
coscienza, si vanta libero mentre ù schiavo nella parto la
più sublime e la più nobile.
« Che la legge guarentisca la proprietà dei cittadini è cosa
ottima; ma forsechè la coscienza non è la più sublime delie
proprietà dcH’uomo ? Anzi la sola coscienza è quella parte
dell’uomo che non può esser soggiogata dal più fiero tiranno.
A che si riduce adunque la libertà individuale, la libertà civile, senza la libertà di coscienza, se non che ad un anacronismo, ad un non senso, ad una menzogna, ad un insulto?
Ma i liberali per metà, che chiameremo con una frase di
Guerrazzi liberali eunuchi, ci dicono che una intiera libertà
di coscienza produrrebbe dei gravi disordini ; che i settari
ne profitterebbero per introdurre nuove divisioni ; che la
pace del paese sarebbe compromessa ; che bisogna aspettare
tempi migliori cd altre simili baie. Ma quando mai i principii debbono seguire ai fatti ? La libertà di co.scienza è un
principio, ed un principio fondamentale di un’altra libertà,
quindi porre le altre libertà senza quella, sarebbe come fabbricare una casa senza fondamenta.
« La miglior risposta però che possa darsi a costoro sono
i fatti ; i fatti parlano con tale eloquenza da disingannare il
più scettico. Si osservino gli Stati-Uniti ove regna illimitata
più che altrove la libertà di coscienza; e ci dicano se colà è
mai accaduto un disordine pubblico, una divisione, una discordia, una guerra a cagione della libertà di coscienza.
4 Basta che la legge consideri questa libertà nel suo vero
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puuto di vista come hanno fatto gli Americani, e sparisce
immediatamento il pericolo di divisioni, di discordie, di
guerre. La religione riguarda puramente la coscienza: la
leggo dunque dichiari eguali innanzi a sè tutti i cittadini,
qualunque sieno le loro convinzioni religiose : non favorisca
nessuna particolare confessione, lasci la religione alla coscienza deH’iiidividuo, ed il pericolo di discordia è svanito.
« La storia è lì per attestarci che, meno qualche rarissima
eccezione, tutte le guerre e le discordie religiose non sono
nate nè ove era libertà, nè per abuso di essa, ma sono nate
invece per mancanza di questa libertà.
« Alla mancanza di questa libertà sono stali sacrificati
molti milioni di cittadini; a quella mancanza debbono attribuirsi le guerre religiose ed il tribunale d’inquisizione di
sempre infame memoria. Alcuni paesi d’Italia nostra si ritrovano a questo riguardo in condizioni forse peggiori della
LSpagna e del Portogallo per quello che riguarda la libertà
di coscienza. Noi sappiamo che nei beatissimi Stati papali
esiste tuttora (cosa orribile a dirsi) il tribunale dell’inquisizione; sono privati di tutti i diritti civili non solo, ma di
tutti i beni proprii e del diritto di succedere perfino alla paterna eredità quei cittadini che esternassero una convinzione
religiosa diversa dalla religione dello Stato.
« Uno Stato che è il più gentile del bel paese ha nel
18.d3 ristabilita la pena di morte per i pretesi delitti religiosi ; nel l’iemonte che ha fatto un primo passo accordando
l’emancipazione dei Valdesi e degli Israeliti, vige sempre,
con nostra vergogna, la leggo che condanna alla prigione ed
alla relegazione chi offende la religione dello Stato. Una tale
oppressione religiosa non ha altro effetto che demoralizzare
ii popolo e renderlo irrdigioso : la mancanza di libertà di
coscienza genera e mantiene abitudini d’ipocrisia e di bassezza. La maggior parte degli Italiani, specialmente ove la
oppressione religiosa è maggiore, è composta d’increduli o
d'indifferenti, i quali in cuor loro si beiTano d’ogni credenza
religiosa ; ma intanto fino a che sono nei loro paesi coltivano
all’esterno il culto dominante, ne seguono le pratiche beffandosene in cuor loro.
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c La leggo non può formnro nell’uomo una oonvinzione
religiosa imponendola; no fa dunque un ipocrita. Ma una
leg!;e che tendo a faro dojjli ipocriti è una leg;?o di demoralizzazione, una leggo empia, una legge cho indica cho quel
paese che la sopporta o è sotto una poteulo oppressione, o ò
indegno di liherlà.
« Nei secoli barbari i legislatori dominanli del diritto canonico si arrogavano l’impero sulle convinzioni religiose; la
filosofia ci ha fatto conoscere che queU'impero era assurdo
insieme ed empio. Si volevano in quei tempi imporre le
opinioni religiose, come s'imponevano le tasse per la sola
volontà del despota : per le lasse l'Italia costuzionale ha
provveduto; lo discute nelle Camere, ne esamina la necessità, la opportunità, la sufficienza: e per la libertà di coscienza ci perderemo ancora a discutere se colui cho si rende
colpevole di un preteso delitto religioso debba essere mandato alle prigioni ovvero alla relegazione, in ogni caso sin
sempre consideralo un malfattore? Ma la legge, dirà taluno,
guarentisce la libertà del pensiero. Ottimamente: ma e lo
Czar con tutta la sua potenza dispotica può forse tormi la
libertà del pensiero? Allorché dunque la legge non guarentisce cho la libertà del pensiero, mi guarentisco quello che
non rai può togliere il più potente tiranno.
« La libertà del pensiero senza la libertà di coscienza è
una illusione, anzi, diciamolo francamente, ò una iniquità.
I monopolisti del culto van dicendo che la dottrina della libertà di coscienza è dottrina da atei, che tende a rovesciare
da cima a fondo la società, la religione; che sotto specie di
libertà di coscienza si vuol scuotere il freno di qualsiasi religione. Noi ci siamo proposti da principio di non entrare in
discussioni teologiche, e vogliamo mantenere la promessa;
ma sarà entrare iu teologia lo accennare, siccome facciamo,
'■he non sono atei, nò tendono a rovesciare la società e la
religione coloro che, vendicando la libertà di coscienza, non
fanno che imitare la condotta di Dio? E Dio cho ha creato
l’anima dell’uorno libera e spirituale, e quindi non suscettibile ad essere costretla da umana forza ; fa dunque alto di
ribellione contro Dio colui che vuol costringere un'anima
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che Dio ha creato libera, ma invece si uniformerà alla condotta di Dio colui che rivendica la libertà di quellanima.
« La Francia faceva IMI febbraio 1848 questa solenne dichiarazione intorno alla libertà di coscienza; Le gouvernement provisoire est convaincu que de toutes les libertés celle
de conscience est la plus précieuse et la plus, sainte. Una tal©
dichiarazione dovrebbe essere scritta a grandi lettere in tutte
le Camere legislative : dovrebbe esser ripetuta continuamente
alle orecchie dei liberali eunuchi, e ripetuta dalla stampa
liberale finché essa divenga una realtà ».
LTONGEIO A COIRMAYEUR
Non v’ha fra i nostri lettori chi non abbia sentito parlare
di Courmayeur, nella valle d’Aosta, come di luogo rinomatissimo per la varietà di acque minerali che vi scaturiscono
in grande abbondanza, e cho unitamente alle bellezze pittoriche di quei siti vi attraggono, ogni anno, un numero ragguardevole di forestieri d’ogni nazione. Ma ciò che probabilmente tutti ignorano si òil movimento di riforma religiosa
che, da uu anno a questa parte, si sta operando infra gli
abitanti di quelle alte regioni, e sul quale ci proponiamo di
dar loro qualche ragguaglio.
Cagione primiera, dopo Dio, di un tal movimento si fu un
ecclesiastico inglese, il rev. sig. Buchanam della Chiesa libera di Scozia, il quale, a cagione di salute, essendosi portato l’anno scorso a Courmayeur, ricevette da cotesti montanari l’invito di annunziare loro l’Evangeio. Quantunque
infermo e parlando con qualche stento il francese idioma, il
sig. Buchanam non si credè lecito di riflutarsi ad un desiderio come quello che gli veniva espresso, alieno da qualsiasi
preoccupazione politica, e frutto unicamente di un bisogno
religioso vivo e profondo ; eie di lui istruzioni non tardarono
ad attrarre molta gente. Disgraziatamente il sig. Buchanam
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dovè dopo qualche tempo far ritorno ia Inghilterra ; e siccome nel dividersi da lui quei buoni terrazzani gli esternavano il loro dispiacere per la sua partenza, ed il vivo desiderio che avrebbero di sentire ancora l’Evangelo, il pio
forestiere promise di far il possibile perchè, al più presto,
venisse in mezzo di loro surrogato; della quale promessa
essi si rallegrarono immensamente. Il rev. sig. Curie, giù
pastore della piccola comunità evangelica di Ciamberì, fu la
persona a cui, a tale effetto, si rivolse il sig. Buchanam.
Giunto quegli a Courmayeur , verso la fine di maggio ,
vi riprese tosto le interrotte istruzioni ; e ciò con tale soddisfazion(h di cotesti abitanti, e sì evidente successo, che
dopo poche settimane oltre centocinquanta persone facevano
calca attorno al ministro evangelico. Siffatta premura non
potea piacere al signor curato di Courmayeur, che invece di
opporvisi per via della persuasione, trovò più comodo di
valersi a tal fino del braccio secolare; epperciò in un ricorso
diretto all’intendente di Aosta si lagnò del sig. Curie, come
di uomo che nelle sue predicazioni non cessava di vilipendere
la religione dello Stato, ed a cui perciò conveniva imporre
.silenzio ed al più presto. Il Magistrato accettando per vere
accuse menzognero del tutto, fece ciò che gli era domandato, ed al sig. Curio intimò di smettere dalle sue predicazioni. Il Ministro persuaso che la buona fedo dell’onorevole
Magistrato era stata sorpresa, cercò d'iliuminarlo colla lettera
cho qui riportiamo ;
Courmayeur, 21 giugno 1857.
lll.mo Sig. Intendente,
Ho ricevuto, col mezzo dei Sindaco di Courmayeur, notificazione del dispaccio col quale V. S. lll.ma mi proibisce l’esercizio
della predicazione del Vangelo a prò degli abitanti di Courmayeur, predicazione da questi positivamente richiesta. Siccome
Ella fonda il divieto del suddetto culto sull’aver io trascorso,
durante le predicazioni, in continui attacchi contro la religione cattolico-romana, permetta che le dica, signor Intendente, che quanto fu detto in proposito è affatto privo di fondamento, e che Ella è stata indotta in errore. — Fin qui io
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mi sono limitato, ogni domenica, alla presenza di 150 person«
riunita intorno a me, in una gran sala destinata al culto, a
leggere porzione del S. Evangelo e a spiegarlo somplioemente.
per dedurne salutevoli insegnamenti, e per la felicità presente
e per la futura delle anime che mi ascoltavano. Evitai a bella
posta di scendere in attacchi contro la religione cattolico-ro'
mana, imperciocché io stimo che il mezzo il più efficace di
far fiorire la religione nei cuori, consista anzi tutto e sopratutto nel far penetrare neH'uomo la conoscenza e l’amore del
Signor Gesù, Cristo, ed altresì i doveri che ci presenta nella
sua santa Parola, onde sempre più sbarbicare dai cuori ogni
tendenza al peccato. In ciò, sig. Intendente, mi sono conformato alla via già tenuta da me l'anno scorso a Chambéry, ove
era Pastore incaricato dello stato civile, e a Salius nella Tarantasia, dove riuniva niente meno di 100 persone cattoliche;
laonde l’Autorità, sempre con me benevola, m’ha lasciato fin
qui libero esercizio di tali predicazioni.
Io dunque sfido quanti han potuto fare dei lagni della natura di quelli contenuti nel di lei foglio, a provare Ja verità
delle loro accuse , mentre io posso al contrario attestare, se
occorre, colla testimonianza di molte onorevoli persone che
seguirono le mie prediche con interessamento, di e,ssermi
ristretto ad esporre il Vangelo senza attacchi. L’Autorità vuol
ella forse impedire l’esercizio di un simile culto sollecitato
dagli abitanti della campagna, quand’anche cotesto culto non
può che essere diretto al bene del paese, insegnando ad ognuno
a conoscere sempre meglio i suoi obblighi per adempierli fedelmente in faccia a Dio e allo Stato? Io non lo credo, signor
Intendente, e nemmeno Ella, ne sono certo.
Neppure è nel pensiero del Governo Sardo illuminato e
liberale di voler osteggiare l’esercizio de’ culti dissidenti pel
fatto che nella predicazione i pastori incontrerebbero il caso
di dover affrontare con serietà e prudenza le quistioni che dividono la Riforma dal Cattolicismo. Dall’istante che i culti
della minoranza sono tollerati, dev’essere permesso di esprimere liberamente tutto il proprio pensiero nelle assemblee del
culto, altrimenti cotesta tolleranza sarebbe nulla e colpirebbe
di morte l’esercizio d’una religione che, se fosse cattolico-romana non avrebbe più bisogno d’essere tollerata. Non è forse
in virtù del principio della libertà d’esposizione delle dottrine
che i signori Curati attaccano senza posa dal pulpito i protestanti e sovente, pur troppo ! noi modo il più violento ?... Ora
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per ciò che mi concerne, io lo ripeto, le mie predicazioni
hanno un carattere affatto p;iGÌiÌ30. Osteg^iianJole a Courmayeur, bisognerà allora sopprimere altresì tulle quelle della
stessa natura alle quali i miei colleghi si dedicano in più
luoghi del Piemonte, dove l’Autorità ha pure permesso l'esercizio del culto Evangelico in mezzo a popolazioni cattoliche
che ne domandavano formalmente lo stabilimento !.....
Io non ho bisogno di dirle neppure, sig. Intendente, che
fra noi la esistenza di un Tempio non è di tutto rigore per
l’esercizio del culto; dovunque, prima della costruzione di
simili edificii, noi prendiamo ad affitto delle grandi sale che
destiniamo a ciò, lo testimoniano Chambérj, Annecy, Aii-lesBains, dove trovansi de'Pastori che funzionano in tali località,
come faccio io a Courmayeur.
Ecco, sig. Intendente, l’esposiy.ione de' fatti veri che io le
doveva per illuminare la di lei religione in cotesto affare ;
oso dunque sperare che in avvenire Ella permetterà la continuazione delle mie prediche, togliendo ogni ostacolo al loro
libero esercizio; è una giustizia che attendo dalla bontà e dirittura della S. V. lll.ma.
Nella speranza che il mio buon diritto sarà dalla S. V. riconosciuto , senza che abbia d'uopo d'indirizzarmi altrove , la
prego, sig. Intendente, nell'attesa di risposta, di voler aggradire l'espressione de’ miei sentimenti di profondo rispetto
e riconoscenza.
Al sig. Intendente della provincia d'Aosta
F. G. Curie Pastore.
Non avendo sortito tal lettera queireffetto che sarebbe
stato da sperarsi, e la stessa sorte essendo toccata ad un ricorso che a cotosto sig. Intendente sporsero dal canto loro
buona parte degli abitanti di Courmayeur, questi presero la
determinazione di rivolgersi direttamente al Governo, per
mezzo di una petizione firmata, non che dal sindaco e da
parecchi consiglieri, da oltre sessanta capi di famiglia del
Comune, in cui umilmente, ma nello stesso tempo con fermezza, si domanda pel ministro evangelico la facoltà di
proseguire le sue predicazioni liberamente e senza incaglio.
Il Conslilìitionnel Valdólain va più lungi, ed accenna fra
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lo dimande fatte al Ministero la facoltà di erigere un tempio
evangelico, per cui somme anche ragguardevoli sarebbero
siate promesse dalle persone più agiate della località. Checcht! ne sia di questo particolare, di cui non siamo bene informali, noi non dubitiamo punto che il Miaistero non sia
per prendere in seria considerazione la domanda, che in
modo così pacifico, cosi legale, ma in pari tempo cosi deciso gli venne diretta da una parte ragguardevole di questa
popolazione ; e sappiamo da buona sorgente che un Delegalo
è già stato mandato sul luogo, senza dubbio aireffello di
verificare se sieno le cose come vennero esposte. Lo stesso
giornale, citalo più sopra, scrivendo di questo movimento,
e premesso ch’egli non intende di prendere partilo nè per
cattolici, nè per evangelici, così conchiude il suo articolo;
« Tutto c’induce a pensare essere questo movimento reli« gioso un movimento affallo naturale, una riforma che
* compiesi per effetto dei tempi, come avviene di tulle le
« riforme, di lutti i progressi che accadono nella società.
* Sappiamo d’altronde ,che già da più secoli esistevano,
« in un villaggio vicino a Courmayeur, due o tre famiglie
< evangeliche, ma che vivevano all’ombra e nel segreto, per
« sotlrarsi al servilismo religioso del governo dispotico che
< ci reggeva prima del 1848 ».
Non occorre cho noi raccomandiamo quest’opera nascente
alle preghiere dei nostri amici; poiché chi, dopo averci
tenuto dielro fin qui, s’egli è cristiano, e se gli sta più di
qualunque cosa a cuore il trionfo dell’Evangelo, non esclamerà con cuore e labbra commossi: « Signore Gesù, Capo
e Reggitore supremo della Chiesa, venga, venga tosto il tuo
regno! »
OSPIZIO DEI CATECUMENI IN PINEROIO
Le nefandilà di ogni sorta di cui per lunghi anni questa
Casa è stata il teatro, non sono un mistero per nessuno. Ma
noi credevamo quel passato, passato del tutto, e non sup-
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ponevamo nemmeno per sogno che, mentre tante mutazioni
benefiche si sono verificate in mezzo di noi dal 1848 in poi,
tutto durasse colà nel medesimo stato di prima! I falli che
più sotlo riportiamo ci hanno mostralo quanto fosse grande
sul proposito la nostra illusione ; e noi crediamo di far opera
nonché di cristiano, di buon cittadino, additando tali fatti
alla pubblica riprovazione. Ci comprenda di grazia il lettore,
c non scambii con altri, che siamo lungi dal nutrire, inostri
veri sentimenti. Noné del proselitismo cattolico-romano, cui
ò destinata questa Casa a venir in aiuto, cho noi ci lagniamo.
Il proselitismo è dovere e quindi diritto di chiunque professa seriamente una credenza, sia egli cattolico-romano o
evangelico, e noi avremmo assai cattiva grazia di querelarci
coi nostri connazionali membri della Chiesa di Roma degli
sforzi che, in coscienza l’ammettiamo, si credono in dovere
di faro per sottrarre più anime che potranno ai funesti inilussi, come essi pensano, delle nostre dottrino. Ma se non
ci lagniamo delia cosa in sè, ci lagniamo ed altamente del
modo con cui vien praticata; e specialmente che quella Casa
che non dovrebbe servire ad altro che ad ospitare coloro che
chiedono istruzione per tutto quel tempo che vi vogliono liberamente rimanere, sia ancora oggidì come era per lo passato un vero carcere, da dove chi vi entrò una volta non
possa più uscire che scavalcando le mura, a rischio della
vita; dove il favellare coi proprii parenti non sia lecito che
alla presenza di due o tre preti o suore, facendo ufficio di
secondini; e dove infine si trattengono rinchiusi, contrariamente alla volontà dei genitori, bambini più che minorenni,
e ciò sotto protesto di cambiamento di religione.
Contro queste ed altre euormezze della stessa fatta, noi
protestiamo, perchò non solo in contraddizione aperta cogli
ordini civili cho ci reggono, ma perchè lesive di quei principii di umanità e di carità, che sotto nissun pretesto non
si dovrebbero infrangere mai. Noi protestiamo, perchè se i
fatti da noi riferiti sono veri. Monsignor Vescovo di Pinerolo dal quale questo dipende, o che ha fama, crediamo
meritata, di persona liberale e di sensi elevali, provvegga
secondo la sua saviezza acciò ne sia resa per sempre impos-
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sibilo la ripptiziono , o so non lo sono, voniamo convinli del
nostro errore. Ecco inlanto ciò cho ad un nostro amico,
che lo triiscrissft Inle e quale, voniio narralo da una persona,
madre dì f;imig!ia, che cutrala alla sua insaputa nel suddcUo
Ospizio, ove è tuttora trattenuta una sua bambina di quattordici anni, non potò più uscirne che colla fuga, di notte
tempo, e con queU’evidente pericolo di cui ognuno, leggendo, si farà di leggieri capace;
Io sono di Mulhouse, nata da genitori protestanti. All'età di
21 anni sposai Giovanni M.........di religione cattolicoromana: il contratto di matrimonio stabiliva che i figli sarebbero stati educati nella fade evangelica. Per ua concorso di
circostanze troppo lunghe a narrare, mio marito, molti anni
dopo, si recava in Piemonte e vi veniva occupato a Bibianain
qualità di meccanico ; io lo raggiungeva co’ miei iigli, in numero di cinque, e fu là che una delle nostre fanciulle si maritò ad un cattolico e passò, con nostro grande rammarico,
nella Chiesa romana.
Un anno e mezzo più tardi, circostanze spiacevoli ci obbligarono a lasciare il Piemonte per passare in Francia, dove ci
attendeva lunga serie di vicissitudini, d'infortunii, e per ultimo la malattia che ci pose nell’impossibilità assoluta di poter sostenere la fatica e provvedere alla nostra famiglia.
La figlia maritata in Piemonte seppe tutte le nostre disgrazie: da qualche tempo ella era stata impiegata come cameriera
presso la signora contessa X che abitava vicino a lei. Cotesla
dama le era stata madrina nel passare alla Chiesa romana;
mia figlia mi chiese di mandarle la figlia minore per collocarla in casa della contessa. Io l’accompagnai sino a Pinerolo
dove cadde malata. Siccome la sorella non poteva riceverla,
fummo introdotte in una casa dove mia figlia doveva essere
istruita, e ch’era niente meno che il convento destinato ad
accogliere i proseliti; si chiama la Casa de'catecumeni: è un
antico castello a piccole finestre gotiche. Dietro lo stabilimento si trova un giardino: il cortile è situato neU’interno :
al pian terreno esiste una cappella umida e oscura. Il giardino
è circondato da un muro di straordinaria altezza, e nessuno
sa tutto ciò ch’è accaduto ed accade pur tutti i giorni dietro
questa muraglia. Colà vissi i tre ultimi mesi e ne uscii, quasi
per miracolo, l'8 di luglio a ore 11 di sera.
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Mia figlia mi aveva sollecitata a seguire sua sorella nella
detta Casa, dove sarei slata ricevuta, dicevami, per carità; ma
appena passala la porta m'accorsi ch’ero prigioniera. Fui trattata da catecumena : devo poi rendere agli ecclesiastici che
m'istruivano la testimonianza che si davano molta cura; ma
il loro insegnamento mi parve pieno di contraddizioni marcate; mi facevano entrare nella cappella dalle ore 6 alle 10 del
mattino, e, ad onta della mitezza della temperatura esteriore,
pativa il freddo a tal punto da non poter più in alcun modo
riscaldarmi per tutto il giorno: il cibo era cattivo e scarso;
nondimeno veniva assai meglio trattata delle mie compagne,
il che non toglieva la mia infelicità.
Ero prigioniera e non poteva nè anco ottenere un colloquio
con mia figlia maritata. Per timore io non mi sono mai opposta a ciò che mi veniva insegnato, sebbene internamente
non fossi punto convinta; mi regolava cos’i per desiderio d'essere liberata; desiderio ohe mi dominava completamente. Risolsi di fuggire ; io aveva tastato il terreno presso mia figlia,
e conobbi che non avrebbe acconsentito alla fuga. Le avevano
fatto prevedere un brillante avvenire. Mi procurai una chiave
onde passar nel giardino dove trovai una corda destinata al
bucato e varie scale. Non volendo caricarmi d’un fardello,
aveva indossalo tre vesti. Coll’aiuto di una scala giunsi in alto
del muro, ma allora mi accorsi che dall'altra parte era assai
più elevato, e che lamia corda non basterebbe per calare sino
a terra. Ritornai dunque nel giardino o m’impadronii d’una
leggera scaletta; stando sul muro prosi con l'una mano la
corda, con l’altra la scala, e scivolata chè fui sino al capo
della prima, posai la scaletta e discesi. Io non posso descrivere ciò che prova una persona in simile situazione; la gioia
di sentirmi libera era temperata dalla tema di venire scoperta
e dal dolore di separarmi dalia mia figliuola senza averle
dato uu addio.
Dopo un lungo camminare. Iddio permise che trovassi un
asilo per alcuni giorni. Ora m’accingo a reclamare la mia
figliuola, e grazie aH'intervonto di S. E. l'Ambasciatore di
Francia non dubito ch’ella non mi sia restituita, avendo soli
14 anni. Desidero trarre da questi avvenimenti le istruzioni
die Dio vuoi darmi nella sua misericordia.
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CIRCOLARE DEllA V. TAVOLA VALDESE
ALLE VARIE PARROCCHIE EI ESSA CHIESA
a prò dei danneggiati dalla grandine di Prarostino
Torre, il 15 luglio 1857.
Cari ed amatissimi Fratelli!
Voi conoscete la sciagura di cui fa colpita una parrocchia
della nostra cara Chiesa ed alcuni luoghi all’intorno.
Il 21 giugno decorso, in sulla sera, una terribile grandine è
piombata su Prarostino, già assai provato per la malattia della
'vigna. In meno di un’ora tutti i ricolti furono distrutti e con
essi le speranze e i mezzi del coltivatore. La desolazione è
nella contrada, la tristezza e l’abbattimento nei cuori. In queste luttuose circostanze il nostro primiero dovere è di riconoscere la sferza e Colui che la infligge, di umiliarci tutti insieme sotto la onnipotente mano del Signore, affinchè nella
sua grazia Egli si degni benedire a prò delle anime i rigori
della di Lui giustizia.
Vi rammenteremo inoltre che noi formiamo un solo corpo
in Cristo, e che se un membro soffre, tutti gli altri soffrono
con esso. È nella prova specialniente che sentiremo ohe la
Chiesa valdese è una famiglia di fratelli, unita pei legami di
una fede comune e d’una mutua carità. È in nome di cotesti
sacri vincoli, in nome del tenero amore del Salvatore, che noi
diciamo a coloro, i di cui campi furono risparmiati, e le ricolte abbondantemente benedette: « Per la vostra abbondanza
soccorrete di qualche cosa i vostri fratelli nella grande carestia. Così facendo, voi glorificherete il Signore, gli offrirete
viva prova della sincerità della vostra riconoscenza, edificherete altresì i vostri fratelli afflitti, e nell’atto di sovvenire ai
lor bisogni, per la testimonianza efficace della vostra carità,
solleverete il loro coraggio affievolito, rianimerete la loro
fede, versando nei cuori il balsamo prezioso delle consolazioni cristiane ». La voce del Signor che parla più alto di tutte
le parole, risuoni con forza nelle anime vostre pel di Lui Spirito, e si disponga a manifestare la fede per le opere vostre.
A tale effetto noi vi proponiamo di stabilire, nella vostra parrochia, speciale Comitato, onde raccogliere doni, sia in danaro
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sia m derrate (che saranno valutate approssimativamente in
cifre). Il Comitato terrà nota esatta, di cui trasmetterà un duplo alla Tavola; e per la distribuzione dei soccorsi andrà inteso col Presidente del Comitato di Prarostino il rev. Pastore
Durand-Caiiton.
Aggradite, cari fratelli, l’assicurazione del vero amore cristiano dei vostri affezionatissimi in Cristo Gesù:
Seguono le firme.
Notìzie Italiane
Firenze.— Sempre vessazioni.—Le do notizia nella presente
di qualche altro fatto accaduto contemporaneamente, a ciòche
accadde ia Pontedera, come le notai.
Vi è un paese distante da Firenze circa 5 o 6 miglia, nominato Sesto; quivi sono diversi che hanno ricevuto l'Evangelo;
vi sono pure due che due anni indietro subirono la pena di
tredici mesi di carcere per la causa di G. C.; questi due sono
nel paese specialmente conosciuti. Ora da diversi mesi a questa parte una violente persecuzione si è mossa contro quei
due e le loro famiglie e tutti quelli che sono conosciuti non
appartenenti più alla Chiesa romana. Non è mollo tempo, che
il pievano e il cappellano di quella parrocchia, detta s. Martino a Sesto , hanno fatto nella chiesa prediche sediziose per
risvegliare l’indignazione del basso popolo contro i Protestanti, dimostrando che noi siamo satelliti deU’Inghillerra, Ja
qual nazione in tali prediche viene dipinta' con i più abbominevoli colori. Le pubbliche e le private seduzioni dei preti,
unitamente a quelle del sergente di polizia, son riuscite a indurre molti del basso popolo a maltrattare e insultare gli
Evangelici. Mentre essi percorrono onestamente per le vie ,
subito una massa di popolo si aggruppa dietro, e con fischi,
parole insultanti ed anche scagliando pietre, insegue i cosi
chiamati dai preti « Eretici ». La polizia vede questo, ma non
se ne cura. Pietro Baldi e Michele Manzuoli che sono i due,
come ho detto, che furono tempo indietro carcerati, sono i
più conosciuti; e la moglie di Manzuoli per due volte è stata
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' {)ércoSsa 'qnàndo ella è sortita dalla sua casa. Se questi si
ritÌTaiio nelle loro case, allora il popolo si sfoga a scagliare
delle pietre nella porta, nelle finestre di esse. Dietro l’accaduto ne fu fatto reclamo al Podestà locale e alla Prefettura di
Firenze; allora apparentemente, per un momento, i preti ed il
sergente di polizia dimostrarono di volere rispettare l’opinione
di questi Evangelici, ma subito dopo siamo tornati a fatti ancora peggiori.
Il giorno 2 luglio corrente, una donna gridava per la via
in quel paese, clie un suo genero andava oon li eretici. Allora
un mucchio di persone si portarono alla casa di Manzuoli dicendo di voler uccidere gli eretici. Il Manzuoli lavorava quietamente nella sua casa, quando ad un tratto le fu tirata una
pietra sul banchetto ove esso lavorava. Egli si chiuse in casa,
ma le pietre correvano velocemente nella porta. Poco dopo
mentre egli e sua moglie mangiavano una zuppa, una pietra
balzò sulla tavola, la quale veniva scagliata da una finestra
della parte opposta della casa; allora ambidue credettero bene
rifugiarsi in Firenze. La sera del giorno successivo la moglie
del sunnominato andò alla sua casa per prendere quei pochi
oggetti che le appartenevano, i quali non erano sicuri, perchè
qualcuno avea minacciato di appiccar il fuoco alla detta casa.
Quando il volgo vide trasportare quegli oggetti, tentò appiccarvi il fuoco e a fatica si poterono salvare.
Notizie Estere
Austria. — Conversioni. — Nove abitanti di Olmutz passarono testé dalla Chiesa romana alla evangelica. L’arcivescovo
gli ha solennemente scomunicati.
Oross» ISomenico gereute
T»rin» — Suìmperia dcU'ünioiie Tipografico-Editricc.