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f'/.-iív
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S^ett
BilsUoteca Valiese
(Torino)
Toa^ pEiLice
Quindicina! •
deiia .Odesa Taldese
Gettate lungi da voi tutte le vostre trasgressioni per le qua|^ avete peccato, e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo
Anno LXXXIV Num. 9
Una copia La
ABBONAMENTI
Í
Eco: L. 700 per l’interno
L. 1200 per rectoro
E— o La Luca! L, 12M per l’interno
18B0 per l’octere
Spedir, alib. poetale II Grappa
Cambio d’indirizco Lire 40,—
TORRE PELLICE - 23 Aprile 1954
Anunin. Claadiana Torre Pellree -C,C.P* 2-17557
a
Santa Cena
TESTIMONIANZA
Nel sacramento della Santa Cena, che è « memoriale » di Cristo
crocifisso e a comunione » con Lui, è anche chiaramente visibile l’aspetto della (c testimonianza ». La Santa Cena è una solenne testimonianza di fede in Gesù Cristo nella Chiesa e di fronte al mondo. Infatti
« ogni volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi
annunziate la morte del Signore, finche Egli venga » (1 Cor. 11; 26()'.
Celebrando la Santa Cena, la Chiesa annunzia che Gesù Cristo è
« stato dato a cagione delle nostre offese ed è risuscitato a cagione della nostra giustificazione » (Rom. 4: 25). Simili ai soldati romani, il
cui « sacramentum » era il giuramento di fedeltà all’imperatore, i credenti si alzano, s’aceostano alla sacra Mensa, confessano la loro fede,
proclamano la morte e la vittoria di Gesù Cristo.
L’annunzio è personale, innanzi tutto; quanto è stato compiuto
sulla croce è stato compiuto per me; potrò ancora avere le mie ore di
stanchezza, di malvagità e di sterilità spirituale, eppure ho la certezza
che l’amore di Dio in Gesù Cristo è stato più grande del mio peccato.
Ma l’annunzio esprime anche la fede di tutta la comunità, cioè della
chiesa; essa è ancora debole sulla terra, in mezzo alle potenze del mondo; eppure crede e spera nel Signore che è stato immolato, al quale
appartengono cc la potenza e le ricchezze e la sapienza e la forza e l'amore e la gloria e la benedizione » (Apoc. 5: 12).
La proclamazione della « morte del Signore » è sempre stata il
messaggio autentico ed essenziale della Chiesa. S. Paolo scriveva;
« Noi predichiamo Cristo crocifisso, potenza di Dio e sapienza di Dio »
(1 Cor. 1: 23-25). E’ anche il messaggio missionario della Chiesa, la
sua vera forza di penetrazione nel mondo. Ai piedi della croce di Cri.sto essa chiama gli uomini a raccolta; quivi le alte sapienze umane,
le orgogliose potenze, le volontà stimolate dall’odio e dall’egoismo,
riconoscono la loro vanita, confessano il loro peccato. Il mondo passa
= sua < oncupiscenzg, rimangono rumilq; pa||p,.j^XlraÌig^^
attestate rindistrutlibiie potenza del sacrifizio di: Gesù Cristo.
« Ogm volta che mangmte questo pane e bevete di questo calice,
voi annunziate la morte del Signore ». Tornano alla mente, e con ragione, le parole che venivano pronunziate durante la celebrazione
della cena ebraica dal presidente dell’adunanza, dopo che egli aveva
indicato il motivo della commemorazione; cc Perciò noi dobbiamo confessare, lodare, magnificare e glorificare il Signore, ed attribuire a Lui
La vittoria; a Lui che ci tolse dalla servitù per farci Uberi, che. ci condusse dal dolore alla gioia, dalle tenebre alla luce meravigUosa; e davanti a Lui possiamo dire: Alleluia! »
La Chiesa primitiva, però, nel proclamare la propria fede sapeva
guardare con decisione all’avvenire : non ad un avvenire migliore del
presente per volontà d’uomini, ma alla vittoria finale di Cristo, alla
nuova manifestazione del Figliuol di Dio, nella sua signoria. Anche
noi partecipando alla Santa Cena, annunziamo la morte del Signore,
cc finché egli venga ». La testimonianza della fede è anche proclamazione di una vivente speranza.
L’aspetto escatologico della Santa Cena non va sottovalutato. La
Chiesa cristiana sulla terra non è ancora il Regno di Dio; lo annunzia,
lo attende. Durante il suo pellegrinaggio terrestre, la Chiesa si nutre
cc del pane e del vino », consolida la propria comunione con Gesù Cristo, ma spera nei cc nuovi cieli e nella nuova terra », quando cc non ci
sarà più cordoglio, nè grido, nè dolore, poiché le cose, di prima sona
passate » (Apoc. 21; 4).
Nei racconti evangelici della istituzione del sacramento, l’aspetto
escatologico è manifesto ; cc Oramai non berrò più del frutto della vigna, finché sia venuto il regno di Dio y> (Luca 22: 18). Non bisogna
togliere alla Santa Cena il significato di una bella, coraggiosa, serena
testimonianza resa alla vittoria di Cristo, eternamente vero nella sua
morte come nel suo finale trionfo.
La Santa Cena annunzia la speranza della Chiesa; è l’anticipazione della gioia piena e perfetta nel Regno di Dio, che il Nuovo Testamento illustra molto spesso con l’immagine di un banchetto, di un
convito. Le speranze umane tramontano nelle tenebre di quaggiù; la
speranza cristiana rimane cc qual’àncora dell’anima » e della Chiesa,
fino al giorno in cui cc Cristo apparirà una seconda volta, a quelli che
Vaspettano per la loro salvezza » (Ebrei 9: 28). Quando si celebra la
Santa Cena, la comunità cristiana si rende conto che cc la figura di
questo mondo passa » e che il giorno di Cristo deve venire; si raccoglie pensosa attorno alla Mensa del Signore, vigilante e fiduciosa. Essa
sa che il suo giudice è anche Colui che l’ha amata e cc ha dato se stesso
per lei ».
« Finché egli venga »! « Egli verrà; Egli dirà l’ultima parola
della storta; la luce avrà il pieno trionfo sulle tenebre-.- Non semprei
dobbiamo comunicarci in atteggiamento contrito; d è pur lecito avvicinarci alla Mensa con un lampo di speranza nello sguardo, col voUo\
illuminato da una gioia virile e regale. L’imperio del mondo è il retaggio del nostro Signore.... Egli ha da regnare. Principe di pace e divital » (W. Monod).
Un giorno Egli metterà fine alla nostra Cena, invitandoci alla sua
eterna Cena. Egli allevierà le nostre mani aperte e distimggerà per
sempre la morte.
La preghiera deU’antica Chiesa cristiana rimane la nostra: cc Ricordati, o Signore, della tua Chiesa per liberarla da ogni male e perfezioneda nella tua carità; e raccoglila dai quattro venti santificata nel
tuo regno che a lei apparecchiasti; perchè tua è la potenza e la gloria
net secoli! Venga la grazia e passi quésto mondo! Signore, vieni! »
Ermanno Rostan
C’era una volt4 un vecchio ciRegio, che stava noìt lontano dal primo podere di un ‘^osso villaggio di
contadini, sulla strada provinciale.
Era queUo il luQgo più aperto di
tutta la regione, a lo scuro tronco
del ciRegio, con le Sue innumerevoli rughe e sci^polature, ìpofèva
raccontare le gestf di molti e molti
impetuosi venti marzo e di parecchie bufere di* novembre. Il ciliegio era fregiato’di gigantesche cicatrici riportate nella lotta contro
le intemperie: mplte ricche fronde
e tanti giovani raiÉfoseeUi aveva perduti in quegli aspri cimenti. Veramente egli non aveva mai avuto la
vita facile, e tuttavia non si era mai
abbandonato allo scoramento; e, sia
da giovane che dtTvecchio, si chiamava soltanto « il felice ciliegio».
La primavera era di nuovo tornaEàprile conduceva
ta nel paese, e
sempre ancora il
R erano i bei fiori bianchi come neve, di cui egli si era adomato per
far festa alla primavera; ed egli appariva come un individuo di cuc«
lieto. Le piccole api, che vennero in fitte schiere a svolazzargli intorno,
prendevano da lui il miele e, aUontanandosi cariche di bottino, proclamavano col loro ronzìo la lode
deUa sua bellezza.
Il vecchio granaio invece era invidioso di lui; ed un bel mattino,
con un cattivo sogghigno, disse alla
lunga squaUida scuderia che gli stava di fronte:
« Come si ringalluzzisce il vecchio
signore con la sua artificiale giovinezza! Còme se le rughe dell’età
non occhieggiassero qua e là attraverso l’abito da festa! »
La seuderia, che conosceva R vecchio granaio e lo scrutava da un
pezzo, non rispose nuUa, mà lasciò
ti fratti, ma questa volta ha fomite
il suo capolavoro », E, ridendo, si
fregò le mani.
Quando i due contadini erano oltre la portata deU’udito, uno slanciato giovane piòppo, che stava dall’altra parte deUa strada provinciale, osservò deplorando:
« Che peccato, che i tuoi magnifici frutti siano li soltanto per riempire le tasche del vecchio Geizhal! »
« Se io fossi del tuo parere ». rispose l’allegro cRiegio, ciò mi ptocmrebbe veramente un grave dolore
all’anima. Ma, caro amico, tu sei in
errore. Certamente quel taccagno di
grosso proprietario diventerà ancora im po’ più ricco mediante i miei
frutti; ma questo è una cosa secondaria. Però c’è una cosa che non devi dimenticare, ed è proprio su quella che sorvoli; la grande gioia che
ho provata nel produrre questi frutti! L’intima feli
?uo lepido gioco
con la neve, la
pioggia, i raggi
del sole e il vento. Allora, un bel
mattino, l’allegro
ciliegio disse al
Il ciliegio felice
cita che ho gustata nel vederli,
giorno dopo giòrQO, più pieiR, più
belli. E come essi venivano maturandosi nel ven
vecchio granaio del vicino podere:
« Oggi ho setiant’anni, e sento,
nelle mie vecchie membra, che non
potrò sopravvive .ve'al prossimo inverno». ,'ti
ic Non si deve <!ar corso a si tristi
jiensieri », rispose ; il granaio, che
era già marcio, taflato e cadente,
cc Ciò può soltan tei-' amareggiare la
vita ». , J _
', « Ebheiie; io Hi iùtt’tìtro parere », rispose il fvccchio ciRegio;
« perchè non si dovrebbe anche una
buona volta pensate alla fine? Noi
sappiamo pure tutti molto bene che
qui non si può continuare a vivere
eternamente; e se uno ha dietro di
sè una lunga e bella vita, non ha
bisogno di rattristarsi al pensiero
della morte. Da parte mia, non sono minimamente rattristato, e penso ancora di poter trascorrere qui
un bell’annetto felice ».
cc Ognuno secondo il suo gusto! »,
rispose il granaio. Io penso molto
pili volentieri al tempo in cui, giovane e bello, stavo qui tutto adorno
di variopinte cerniere e di vistose
decorazioni. Mi ricordo di questo
come' se fosse ierL Ora, se per un
solo istante, posso dimenticare la
mia età ed i miei acciacchi, questo
è quanto di meglio posso desiderare ». ■*
A questo punto, un maligno colpo di vento sibilò attraverso i suoi
buchi e le sue fenditure, ed egli dolorosamente sospirò.
Il medesimo colpo di vento acciuffò anche il vecchio ciliegio, il
quale però rise soltanto e disse:
cc Tu certamente non mi atterrerai! Per far ciò deve venire im tipo
molto diverso da te! »
Il vento si adirò, perchè vide che
il ciliegio aveva così poca paura di
lui. Perciò gli strappò un paio di
rami marci, quindi scappò via in
fretta.
cc Posso consolarmi della ferita »,
gli gridò dietro l’albero; cc ho già
sopportato di peggio! Ad ogni modo è molto meglio così, perchè non
avrei potuto nutrire più a lungo i
rami marci. Così potrò fornire tanto più nutrimento agli altri rami sani. Essi debbono ancora una volta
ricoprirsi di splendidi fiori e portare ricchi frutti, come nei miei an
Un antico carissimo compagno dell'Università di Lipsia, cùf ora vive in un solitario villaggio della Baviera, zona russa, dopo lunghi anni di insegnamento, mi scrive:
’’dopo una interminabile serie di crudeli
esperienze e di gravi disillusioni, devo limitarmi a scrivete racconti di fate per i
bambini e piccole novelle per quelli che,
eventualmente, abbiano bisogno di essere
dafM abitmli. .pmsieri’’. Ho esit.
sato di tradurre una di queste simboliche
novelle — ancora inedite — per offrirla a
quei lettori dell’Eco che non amano letture
troppo difficili. G. Francesco Peyronel.
soltanto intendere qualcosa come
un’invidiosa vecchia antipatia.
* 4!
Passarono settimane. Frattanto lo
allegro ciliegio era assiduo al lavoro. Egli si affaticò onestamente a
formare, dalle molte centinaia di
mazzolini di piccoR frutti, delle meravigliose ciliege dtìracine. Era
grande la sua gioia di poter creare.
Anche il sole si fece attento alla sua
opera, e gli prodigò i suoi più caldi
raggi. Egli lo ringraziò.
E disse: cc E’ proprio molto bello
da parte tua, o benigno vecchio sole paterno. I miei ultimi frutti devono essere i più belli di tutta la
mia vita »!
cc Pensi tu alla morte? », domandò pensoso il caro sole.
cc Eh, certamente, devo ben pensarci », rispose lieto il ciliegio, cc Lo
sento chiaramente nelle mie vecchie
membra che ciò sta arrivando. Ma
non lascio piegare la mia testa; voglio rimanere veramente un vecchio
ilare ciliegio, contento fino al suo
ultimo giorno ».
« Oh, potessero pensare così tutte
le creature terrestri! », rispose R sole, cc Quanti superflui inutili affanni
sarebbero loro risparmiati! Quante
ore liete potrebbero invece essere
godute con riconoscenza, mentre ora
gli uomini si amareggiano l’animò
con vani lamenti su quello che non
si può evitare. Creare ed essere felici sino alla fine, questa è l’ultima
conclusione della vera saggezza ».
Ed R sole cercò di raRegrare il
vecchio ciliegio sotto i suoi raggi,
come se non ne avesse mai avuti di
più caldi, teneri e deliziosi.
to primaverile e sotto lo splendore
del sole. Essi mi hanno procurato
la gioia più pura della mia terrestre
esistenza. Ora durante l’estate e lo
autunno mi rallegrerò ancora nei bei
ricordi di questo e di molti anni
passati... e quindi possono venire
le bufere di novembre che mi distruggeranno R vecchio tronco consunto ». j
‘ tt'Tu*léi un niaavTglioso santo »)
rispose il pioppo, « e dev’essere molto bello -lì poter considerare la vita
come la vedi tu ».
cc E tale è veramente! » esclamò
il giocondo ciliegio con scihietto entusiasmo. cc Soltanto cosi è possibile
di godersi pienamente la terrestre
esistenza, dando lode all’Eterno.
Accogliere il bene con animo aperto
e rallegrarsene, accettare anche tranquillamente R peggio, che non si
può assolutamente evitare; ma rivolgere i propri! pensieri dal male
verso il bene, e forse dai molti mali
rivolgersi verso le poche cose buone, questo io chiamo saggezza deUa
vita. In possesso di questa sapienza
del bene, io posso essere felicle e
guardare serenamente in faccia la
fine prossima deRa mia terrestre esistenza ».
Ed egli vi rimase fedele fino all’ultimo istante, fino a queRa notte
di novembre, in cui una raffica di
uragano stroncò nel mezzo R suo
vecchio fusto.
cc La mia sorte è compiuta », disse egli morendo; « io benedico Colui che me l’ha assegnata, perchè
è stata bella ».
La medesima furia d’uragano fece anche crollare il vecchio granaio.
Esso però gemette, ansimò, sospirò
amaramente, ribellandosi inutilmente davanti all’inevitabile. Nessun ricordo' riconoscente dei bei giorni
passati venne a rendere più leggera
la sua ultima grave ora; egli si lamentò disperatamente della vita ed
imprecò contro la sua morte.
Con una bestemmia, egli croRò
miseramente nella notte senza steRe.
Alfred Hilme
ni migliori ».
* * V
E si volse sereno ai suoi intimi
affari; ma prima rise ancora una
volta, rallegrato da una coppietta
di rondini che assidue volavano avanti e indietro sopra di lui? cercando mangime per i loro piccoR,
* * *
Poi venne R giorno, in cui il Reto ciliegio realizzòj .quello che egli
aveva promesso. Quasi innumerevo
Un bel mattino, il suo lavoro era
terminato. Era una gioia di ammirare le sue meravigRose ciliege ; una
era più bella deR’altra.
H contadino, al quale apparteneva R felice cRiegio, arrivò con un
amico, e stette a guardare.
« Guarda un po’ le cRiegel » diss’egli. cc E’ una magnificenza! Il vecchio giovanotto ha sempre dato mol
COMUNICATO
In occasione deR’Adunata degli ex-Alpini del III Regg. Alpini a Pinerolo, Domenica 2 mag-,
si comunica che un
gio
Culto Speciale
per i partecipanti sarà celebrato
nella Chiesa Valdese di Pinerolo
alle ore 9,15.
H Pastore; E; Rostan
2
2
L*»CO DILUI VMU TAIBBSI
iPer poco
ti,' è la fede, il mot# dell’animo che
si affida al Cristo, eome lo sguardo
de^i Israeliti credeÉiti mórsìeati dai
serpenti velenosi si Volgeva verso il
serpente di rame, «c Solo un guardo
rivolto alla Croce in eterno salvarti
potrà ». Una volta -guariti dal veleno del peccato, potrete condurre una
vita di « fede operante in carità ».
Finché non siete passati per questa
via, siete forse quasi salvati, ma intanto ancora perduti, anche se la
vostra vita è corretta.
Non bastano i buoni desideri o i
vostri sforzi di vivere ima vita onesta dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; la salvezza non viene da voi,
nè dalle vostre osservanze o abitudini religiose, ma da Dio e Dio la
dà per mezzo di Gesù Cristo. « Iddio ci ha data la vita eterna e questa vita è nel Suo Figliolo » (1 Giov.
5: 11). « Chi crede nel Figliolo ha
vita eterna » (Ev. di S. Giov. 3: 36).
Atti 26, 29
Vi son molte cose nella vita di
cui si può dire che quando sonò
quasi fatte, non sono fatte per nulla. Un viaggiatore arriva alla stazione quasi in orario, per non prendere per nulla il treno. Un giovane
è quasi riuscito in un esame, cioè
egli è stato bocciato. Chiedete al
pubblico che esce da un concerto
ciò che pensa d’un artista che ha
cantato quasi bene, si risponde senza esitare ch’egli canta stonato. Un
generale che ha quasi vinta una battaglia l’ha perduta; un giocatore
che per poco guadagnava una partita a carte l’ha perduta ugualmente.
« Quasi » o « per poco » è la confessione della disfatta, con la speranza della vittoria conservata sino
alla fine. Quando si tratta di circostanze ordinarie della vita, il male
è spesso riparabile: il viaggiatore
in ritardo può prendere il treno successivo; una voce falsa, con lo studio può divenire intonata, il generala o il giocatore sfortunato può
sperare in una rivincita. Ma ci sono
delle occasioni in cui il « quasi » è
irreparabile. Si è che in questioni
di vita o di morte non c’è il press’a
poco. Non ci sono che due categorie, quelli che simo vivi e quelli che
sono morti. Dopo un naufragio, im
battello di salvataggio viene in soccorso dei disgraziati che periscono...; arriva quasi a tempo, ma non
può salvarne più alcuno. Un chirurgo fa un’operazione pericolosa;'l’indomani si annunzia il decesso del
malato. L’operazione è quasi riuscita, cioè essa è -del tutto fallita.
11 5 settembre 1870, 11 persone
partivano da Chamonix per fare l’ascesa del Monte Bianco. L’indomani
dopo aver lasciata la cima, esse furono avvolte da vortici di neve e
smarrirono la strada. Sperse sul
ghiacciaio, accecate dalla tormenta,
intirizzite dal freddo, fermate da giganteschi crepacci, cercarono invano
di ritrovare il loro cammino... La
notte venne. Vinte dalla fatica e dal
freddo; si rtfhgiaroBo=in^ tttia' caverà"
na di neve, dove perirono una dopo l’altra. Alcuni giorni più tardi
si ritrovarono i loro cadaveri e si
constatò nello stesso tempo che 5
passi più lontano, i viaggiatori avrebbero trovato il cammino.
Essere così vicino alla salvezza e
ignorarlo, essere così vicino alla vita e morire... Non mancava loro che
sì poco per essere sulla buona strada e pertanto questo «poco» era
tutto.
Forse non vi manca quasi nulla,
che pochissimo per essere salvato,
quasi nulla per divenire un figliolo
di Dio. Ma questo « poco », questo
« quasi nulla » è l’intervallo tra voi
e la salvezza; è la differenza che
c’è tra il desiderio di esser salvato
e il fatto di esserlo, tra le buone disposizioni e l’accettazione della salvezza; sono i 5 passi che hanno .separato per sempre le 11 vittime dal
sentiero che portava a salvezza; que^
sto pochissimo è il passaggio che occorre superare per giungere alla
vita.
Ora questo passaggio breve, questo passo effettuabile in pochi istan
Per gli emigranti
Dopo le recenti polemiche -di stampa sull’emigrazione italiana in Brasile era oltremodo utile la comparsa di una pubblicazione che dicesse una parola obiettiva e documentata sulla situazione esistente in quella immensa Repubblica latino-americana.
Questa pubblicazione (1) è stata redatta da
«Italiani nel Mondo », il complesso editoriale che fin dal 1945 dedica la sua attività
all’arduo problema dell’emigrazione. Nelle
80 pagine di testo il volumetto condensa tutto ciò ohe può interessare l’aspirante all’emigrazione, presentando un sintetico quadro della storia, della geografia, dell’economia di quel Paese la cui estensione (come
dimostra una carta annessa alla pubblicazione) è circa 28 volte quella delPItalia.
Le possibilità di emigrazione sono esposte con la più scrupolosa obiettività nei loro aspetti positivi e anche negativi, sulla
scorta di notizie diligentemente controllate.
Dalle condizioni ambientali alla situazione
del mercato di lavoro, dall’entità dei salari al costo della vita, la parte informativa è
oltremodo esauriente. In tal modo l’aspirante all’emigrazione è posto in grado di
prendere con piena coscienza ogni decisione.
Egli è venuto mangiando n bevendo
■f.
{Dal freme., adattato da L. N.)
Strano come la religione di Gesù
sìa passata nel mpndo con l’appellativo di « pessinustica », strano come Gesù sia per i molti soltanto il
martire della rimmeia, l’ispiratore
dei cenobiti, dei « flagellanti » e dei
claustrati. Stranoj che — per un’aberrazione incomprensibile — siano
stati capovolti quéi principi che Gesù — percorrendq” coi suoi dodici le
dolci colline e le’ ridenti rive della
Palestina — semipàva come il buon
grano capace di dar nutrimento di
pace, di serenità e, insomma, di felicità agli uomini I .
Strano perchè veramente una delle accuse mossegli dai Farisei suoi
nemici era invece questa: Egli non
predica la mortificazione dei digiuni e delle penitenze; Egli non è nè
il Sacerdote, nè il Levita e non ai sa
con quale autorità assolva i peccati
e con quali miracoli forse « diabolici » guarisca gl’infermi, anche nel
giorno del riposo e nutra le turbe e
terga le più amare lacrime umane
resuscitando perfino i morti.
Egli consiglia di non essere ansiosi per ciò che l’avvenire può riserbarci, esorta alla serenità e — se
impone a chi vuol essere suo discepolo il giogo delle sue Leggi — aggiunge subito che il giogo è dolce
e il carico è leggero. Egli che mangia e beve coi pubblicani e coi peccatori: ecco la grande accusa!
« 4: «
Varie sono, veramente, nei Vangeli, le narrazioni di festini e di ce
l\iotere[[e di, un profano
CA TEOUM EN A TO
In questo periodo in cui in molte
delle nostre parrocchie si è proceduto, o si procede, alla « confermazione » dei càtecumeni, con il consueto apparato, tradizionale nel 1“
Distretto, (cuffia, costume valdese,
ecc.), mi è accaduto di ripensare ad
un’antica definizione della catechesi: « Quella istruzione che la Chiesa cristiana impartisce ai suoi membri minorenni per mezzo di servitori qualificati », allo scopo, evidentemente, di trasformare questi minorenni in maggiorenni, di emanciparli, per così dire, spiritualmente.
Nel clima evangelico questo significava, all’atto pratico, « una preparazione dell’adulto al battesimo »;
perciò, ha giustamente potuto osservare qualcuno, allora « l’insegnamento aveva certo la sua parte d’importanza preponderante, ma non era
l’unico elemento»; entravano in
gioco molteplici altri elementi che
si possono ccmdensare in una sola
espressione: iniziazione alla Vita
della Comunità. « Non soltanto ‘la
conoscenza, ma anche il cuore, la
volontà, il modo di vivere doveva
esser trasformato ».
4: Si 4:
Questa formulazione della mèta
deU’insegnamento catechetico è indubbiamente rimasta valida per la
Chiesa Valdese, almeno per quanto
si riferisce alla conoscenza. Basta
pensare che, nello spazio di pochi
anni, abbiamo assistito alla pubblicazione di due edizioni diverse di
un catechismo; che una terza, riveduta e corretta è prevista, e che non
sono pochi i pastori che seguono
vie diverse ed applicano metodi personali.
Segno lodevole della preoccujiazione di trovare il mezzo migliore
per rendere in quanto alla conoscenza, maggiorenni i catecumeni.
* 4! *
Per quanto invece si riferisce al
« cuore » al « modo di vivere » che
cosa accade, o è accaduto?
Nella Chiesa antica il messaggio
della Salvezza si rivolgeva a dei pagani; pertanto quando questo messaggio destava in im cuore l’impulso ad avvicinarsi ad una comunità
cristiana, il « curioso » veniva ammesso nella categoria dei catecumeni (c’erano anzi diverse categorie di
catecumeni!) e sottoposto ad una
speciale istruzione. Si trattava di un
periodo di istruzione, ma anche di
preparazione nel senso più ampio
della parola: un periodo che poteva essere anche protratto a lungo in
caso di comprovata infedeltà, fino
alla morte!
Purtroppo i pagani sono diventati cristiani; il messaggio evangelico
si rivolge oggi, col catechismo, ai
figli dei cristiani; per di più a dei
ragazzi battezzati.
Il corso di catechismo, praticamente, ha assunto, da noi, un carattere speciale di istruzione, di preparazione atta a fornire ai giovani
i mezzi « di aberrare con fede consapevole la sflfvezza che è loro stata
offerta col battesimo ».
4i 4i 4i
le » nella preparazione catechetica
è il mezzo più idoneo allo scopo?
La « conoscenza i (polemica, dogmatica, storia d4 cristianesimo...,
quante cose devoqo entrare nella testa dei nostri catecumeni!) è veramente la sorgentd; da cui dovrebbe
scaturire la trasformazione « del
modo di vivere » %
4! 4t *
L’insegnamento che si impartisce
ai nostri catecumeni parte, sostanzialmente, dal presupposto che vi è
una fede « di fanciullo » che deve
trasformarsi in uiw fede « di adulto », cioè in una, consapevole, personale conoscenza"*^ della verità cristiana. *
Il profano si chiede: Questa fede
cc di fanciullo » esiste? (o esiste ancora nei ragazzi cristiani di oggi?
Si nasce ancora cifistiani, oggi?).
4<
Questa «’conoscenza » fino a che
punto diventa « esperienza » dell’Evangelo, nei nostri catecumeni?
Qualche anno fa, la Chiesa Valdese, specialmente per quanto si riferisce alle parrocchie del I Distretto, si è posto il problema e lo ha
affrontato con un certo coraggio proponendo prima, e poi approvando,
l’istituzione di un quarto anno di
catechismo.
Il ministei‘0 nella famiglia
I Vecchi ricorderanno le vivaci di
scussioni cui diede origine questa
proposta; le reazioni anzi non furo
no sempre favorevoli. Essa però pas
sò perchè conteneva in sè un prin
cipio di valore fondamentale: la ne
cessità di non limitare il periodo di
catecumenato a tre anni di istruzio
ne, ma di trasformarlo in un perio
do di maturazione, di preparazione
4: 4: 4:
(1) « Guida per chi emigra nel Brasile » pag. 80 • L. 120 — « Italiani nel Mondo »,
Via Romagna n. 14 — Roma.
Il profano si chiede: Questa prevalenza deH’elemento « ii^tellettua
Ciascuno di nói può esercitare nella sua casa una specie di apostolato.
Voi non avete foise ricevuto il'mandato di riformare la Chiesa, ma voi
potete dare a vostra moglie, o a vostro marito delle istruzioni salutari
e degli esempi incoraggianti. Voi
non avrete da predicare a molta gente, ma potete correggere i difetti
dei vostri figliuoli, potete predicare
a loro con l’esem lio e con la parola
ispirandovi agli insegnamenti del
Vangelo, ,j
Un tale minÌOTero non è superiore alle vostre forze ed alla vostra
capacità. E’ anche meno difficile e
vi sono meno difficoltà che non nel
ministero pastorale. I pastori non
possono vedervi che una o due volte la settimana, nella chiesa; ma voi,
ogni ora siete a obntatto con i membri della vostra famiglia per i quali
esercitare questo ministero che il
Signore stesso vi affida. I pastori
hanno solo dei rimedi generali per
le loro numeroso comunità. Voi invece conoscete bene la malattia di
ciascuno di quelli che vi attorniano
e potete applicare a ciascuno il rimedio necessario,:
Non è questo oin semplice consiglio ma un ordine preciso che a ciascuno di noi rivolge il grande Apostolo : « Che se ^uno non provvede
ai suoi, e principalmente a quelli
di casa sua, ha rinnegato la fede ed
è peggiore dell’incredulo » (1 Tim.
5: 8). Allorché si tratta della salvezza e del benessere dei nostri fratelli, i più vicini a noi, e quelli di
casa nostra, se fosse necessario dare
la propria vita per contribuirvi, è
nostro dovere il farlo.
S. Giovanni Crisostomo
Purtroppo non oseremmo oggi affermare che i risultati ottenuti siano quelli sperati.
Purtroppo abbiamo l’impressione
che spesso questo quarto anno sia
diventato solo un opportuno mezzo
di completamento della preparazione culturale dei giovani.
Altrove si è stati portati, da circostanze locali, a vedere questo periodo di preparazione spirituale, dal
punto di vista di un gretto moralismo .JÌisriplinarfi-». m ----------- *
Non sappiamo se e quando, nelle
nostre Conferenze Distrettuali, si
potrà ancora trovare tempo e modo
di parlare di problemi spirituali.
(Non riusciamo a far fronte ai nostri impegni verso la Cassa Culto!
Bisogna riparare gli stabili che crollano ! ecc. ecc. I).
Però un bilancio dell’attività di
questo quarto anno sarebbe interessante!
* * *
Da noi, non si dice: Mio figlio
sarà « confermato », anche se questo è il termine ufficiale del linguaggio ecclesiastico. (Anche questo sarebbe interessante da studiare:
quanti vocaboli ecclesiastici non
corrispondono al linguaggio valdese casalingo).
A casa, tra un preparativo e l’altro, babbo o mamma dicono: « Il
sera reçu », « oppure: « Il prend la
communion ».
«Reçu»: dove?
In un « tempio »? in una associazione? in una Comunità?
Questa « réception » è una cerimonia mondana che consacra la sua
maggiore età nel campo spirituale?
« L’esame » di catechismo dà un
diploma di che cosa?
.•s 4= 4!
gnore.'
ne a cui Gesù ha partecipato, a cominciare dalle Nozze di Cana fino
all’ultima cena coi discepoli; Egli
volle partecipare come a tutti i dolori così anche alle gioie serene degli uomini. E nell’Arte ritroviamo
1’ illustrazione di tali racconti: in
Arte, le rappresentazioni dei banchetti evangelici vengono forse, per
numero, subito dopo le rappresentazioni dei tormenti a cui fu sottoposto, per non parlare delle scene
della Natività. In special modo, la
Ultima Cena ha ispirato dei sublimi
Capolavori. E si comprende: l’argomento è così ricco di emotività, così
denso di passioni contrastanti, sullo
sfondo poetico d’una notte orientale di primavera e — per alcuni artisti che non rifuggono dai particolari anacronistici — nell’ ambiente
sontuoso d’una sala di banchetto!...
Ricco di emotività: il momento è
solenne. Questa volta i suoi commensali non sono peccatori e pubblicani, sono i discepoli coi quali
ha voluto spezzare il pane durante
il pasto simbolico deUa religione
giudaica, ancota una volta prima
dell’arresto che. Egli sa, lo condurrà alla morte. Ultima Cena, ultimo
istante d’intimità coi Suoi, ai quali
nammemorerà quasi con ansia ciò
che ha predicato: l’amore reciproco, la fiducia nella Vita che è il Padre. E’ preoccupato soprattutto di
assicurar loro la Pace: « Io vi dò la
mia pace; non ve la dò come il mondo la dà ; il vostro cuore non sia turbato. Io me ne vado, ma non vi lascerò orfani. Il mio spirito sarà con
voi ; vi sarò più vicini che mai ! »
E attorno quali passioni! il tradimento che sta maturando, il sospetto, la paura, l’ansietà, lo sdegno:
i'atmosfera è carica di patos. Quando Giuda sarà uscito — dopo l’esortazione dolorosa: « Fa presto quello che fai » — Gesù, rinnovando un
rito antico, istituisce la Santa Comunione, l’Eucarestia che — simbolicamente — riassume e consacra la
Su#. Dlip:^,e Jl,%onutriti dello stesso cibo spirituale,
siate una sola cosa per mezzo dei
legami d’amore, di quell’amore il
quale è il raggio dell’amore ineffabile del Padre e che solo può redimere l’umanità.
Non aveva Gesù — un momento
prima — ricordando l’essenziale di
quanto aveva loro insegnato e in
mezzo a loro praticato — non aveva
Gesù radicalmente trasformato la
Legge fondamentale dell’Antico Patto in un Comandamento Nuovo? E
non aveva egli — un momento prima — modificato, per questa trasformazione, il termine di paragone
dell’Amore? Non più: « Ama il tuo
prossimo come te stesso»; ma «A-,
matevi gli uni gli altri come io vi
ho amati » (Giov. 13, 34).
E, con l’Amore, la Fiducia nella
vita, perchè la Vita nostra è nelle
mani del Padre...
Ada & Giovanni Meille
" L'uliveto
»
La « prima comunione »!
Praticamente è la solenne affermazione e il non meno solenne riconoscimento del coronamento di un
edifizio che è costato quattro anni
di lavoro.
Praticamente il nostro corso di catechismo ha im solo significato nella
tradizione comune : preparazione
alla celebrazione della Santa Cena.
Ed è forse il più alto significato che
si possa dare.
Praticamente tutti i nostri catecumeni confermati « prendono la
comunione:
La prima — che per molti è l’uZtima.
Ma la conoscenza {l’istruzione) è
la via migliore per avvicinarsi con
un cuore nuovo alla Mensa del Si
li profano si domanda: E’ opportimo legare così strettamente confermazione e comunione? E’ savio
chiedere a dei ragazzi che essi abbiano l’esperienza di un adulto?
L. A. Yaimal
Nel Comune di Luserna San Giovanni, sotto gli auspici del Consiglio
Ecumenico, è sorta una nuova Istituzione: L’Uliveto, che accoglie profughi russi bisognosi di ospitalità.
E’ questo il primo tentativo di
realizzare, in questo campo un centro di vita comunitaria, in modo da
uscire dal provvisorio; non più un
Rifugio, un Ricovero, ma una famiglia dove ognuno ha il suo posto ed
il suo compito.
Avremo certo l’occasione di riparlare di questa Istituzione, ma fin d’ora desideriamo darle il nostro fra
terno benvenuto ed auguriamo ai
suoi ospiti di trovare in essa e fra
la nostra gente un focolare dove calda li ristori la fiamma della fraterna solidarietà. Al signor Ernesto Benech che ha avuto l’incarico della
direzione di quest’opera, affidatogli
dal Consiglio stesso, il nostro augurio di un lavoro benedetto.
Red.
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Una storia vecchia
ma sempre attuale
E’ una storia che ho letta nel numero di febbraio del 1930 della
« Borine Reviie », rivista evangelica
francese, e ve la voglio raccontare.
E’ la storia di un proprietario terriero, furbo più che intelligente, analfabeta ma molto esperto nel fare
i suoi calcoli. Laborioso, sì, anzi ostinato e tenace nel suo duro lavoro.
Tra lui e la moglie, Maria, hanno
penato e sudato per allevare i loro
quattro figli, ma ora il maggiore a
iuta bene il padre, le due figliob
sono robuste e abili come uomini
nei lavori della campagna, e l’ult»
mo. Giuliette, va ancora a scuola
Francesco è stimato da lutti e con
siderato anche un buon cristiano
è Anziano nel Consiglio di Chiesa
della sua parrocchia, e non è fors*
sempre puntuale ai culti? E’ vero
che spesso non ascolta tutto il se’’
mone cqn attenzione, perchè è di
stratte dalle preoccupazioni dellt
sua proprietà. « Sulle oche ho gus
dagnato bene quest’anno... il vitelb
ingrassa a dovere e presto lo pollerò alla fiera... le patate sono .ab
bondanti... per l’avena aspetterò
che ne sia fissato il prezzo... » e a'tri pensieri simili.
Si, i suoi affari vanno bene, ma
a sentir lui le cose vanno sempre
male: il raccolto è stato scarso, gli
animali consumano troppo foraggio
ecc. E così Francesco, che pure dì
ce di amare la sua Chiesa, il suo
pastore e soprattutto di amare Dio
e il suo Salvatore, .quando si tratta
di dare per l’opera del Signore, tro
va mille scuse. E il povero cassiere
della sua Chiesa sospira nel ricevere
la eoiilribuzione di Francesco pensando al deficit della cassa Centrale, alle difficoltà dell’opera, agli istituli di beneficenza che soffrono
per mancanza di fondi, perchè vi
sono molti come Francesco, molti a
cui c( gli affari vanno male » e non
danno quello che potrebbero!
Una sera tutta la famiglia è radutrata in cucina, -ba mannaa- è oc^
cupata nelle faccende di casa, il maggiore dei figli legge il giornale, le
due ragazze sferruzzano parlando a
bassa voce fra loro, Francesco è seduto davanti al fuoco e pensa, guardando le fiamme che s’innalzano dalla legna che arde. E’ un sabato sera. Ad un tratto Giuliette dice:
- - Luisa, spiegami un po’ questo
brano che devo studiare per la lezione di domani della Scuola Domenicale.
Luisa che ha il suo bravo diploma di licenza elementare, si presta
volentieri ad aiutare il frateilino.
Legge ad alta voce:
« Un uomo, per nome Anania, di
accordo con Saffira sua moglie, vendè un possesso, e, con la connivenza
di lei, si tenne per sè parte del prez
zo, e, portato il rimanente, lo depose ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: Anania, come mai Satana
t’ha così riempito il cuore che tu
cerchi d’ingannare lo Spirito Santo
e di tenerti parte del prezzo del podere? Se non lo vendevi non restava
tuo? E se lo vendevi non eri padrone del denaro? Perchè hai concepito un tal disegno? Tu non hai
mentito agli uomini ma a Dio! Anania, all’udir queste parole, cadde e spirò... ».
Il padre ascolta con interesse. La
conosce bene la storia di Anania,
ma a sentirla ripetere al suo figlioletto gli sembra quasi nuova.
— Vedi, Giulio — spiega Luisa
— Anania credeva di essere furbo;
si faceva una colletta per la chiesa
e lui, invece di dare tutto il ricavato della vendita del suo campo
ha tenuto per sè la parte maggiore
e ha dato alla Chiesa il resto.
— Perchè Pietro lo chiama bugiardo?
— Perchè ha fatto credere di aver
dato tutto quello che poteva.
— Ah! ho capito! — dice Giulio
— era ricco e faceva credere di essere povero, per dare meno, ed è
stato punito perchè Dio l’ha fatto
morire.
— Sì, ha mentito, ed è brutto,
sai, mentire a Dio!
Intanto nella mente di Francesco
suonano insistenti queste parole che
il suo bimbo ripete varie volte: « Anania, perchè Satana ha riempito
il tuo cuore... non è agli uomini che
hai mentito, ma a Dio... cadde e
spirò ». Francesco ascolta trasognato e nelle fiamme vede passare tutti
i suoi beni: i campi, le bestie, i
prati, poi i suoi libretti della Cassa
di Risparmio, i Buoni del Tesoro,
i bigliettoni chiusi nel suo portafogli e al disopra di tutte queste cose pn foglietto danza e s’innalza fra
le scintille : l’ultima ricevuta del cassiere della Chiesa. « Ricevo dal Sig.
Francesco G. la s©HMa»a-dì-Iire~40&-»~
Si alza bruscamente e dice:
— Buona notte; vado a letto perchè mi devo alzare presto per andare alla fiera di X. ,
^ ^ ^
Non è ancora giorno quando
Francesco parte per la fiera dove va
a vendere il vitello. La notte è chiara, una leggera brezza fa stormire
le fronde degli alberi Imigo la via.
Tutto va bene fino al punto in cui
la strada traversa un fitto bosco;
nel fondo della stretta valle il torrente balza spumeggiando fra le rocce; il vento si è alzato più forte e
scuote le cime e i rami dei grandi
alberi neri.
— Brutto paesaggio! — mormora
Francesco.
Gli vengono in mente storie di
fantasmi, di streghe... quasi quasi
ha un po'* paura. Ibtomo a lui ci
sono le tenebre, i WBlori misterioH
del bosco, lo scrosciar del torrente...
A un tratto sussulta: gji pare di
sentire una piccola voce che ripete:
« Anania! Anania! ‘Aniania!... »,'
— Non sono Aniania, mi chiamo
Francesco !
a Anania! Anania! Anania!... ».
nia! — continua Ìà voce implacabile — sei ricco, ma che ne fai del
tuo denaro? Ah, 400 lire alla tua
Chiesa, aU’opera Ai Dio; ti pare
che bastino? Hai mentito al tuo pastore, mentito alla tua Chiesa, mentito a Dio, quando, hai rifiutato di
aumentare la tua contribuzione dicendo che non potevi dare di più!
Mentito a Dio!
Il disgraziato, pazzo dal terrore,
crede di sentire ancora la voce del
suo Giuliette ripetere « cadde e spi
la “Revue Réformée,,
Rivista di pensiero e di cultura prò
testante. Tratta argomenti di fede, di
dottrina, di vita ecclesiastica e sociale
con viva preoccupazione di attualità.
Utile ai Pastori ed ai laici per la formazione di una cultura e di una mentalità
fortemente evangelica.
E’ pubblicata dalla Société Calviniste
de France. Il Comitato di redazione
opera in collaborazione con pastori, teologi e professori delle Chiese Riformate
del mondo. Esce ogni trimestre. Pubblica numeri speciali dedicati ad argomenti particolari, come il Battesimo, l’attualità della predicazione. Cattolicesimo
e Protestantesimo, Secolarizzazione del
mondo moderno, il Divorzio ecc. ecc.
La si raccomanda al nostro mondo
protestante. Abbonamenti L. 1200 annue. Per Pastori, Professori, studenti in
teologia L. 750. Inviare gli abbonamenti
al rappresentante per l’Italia: Post. Ermanno Rostan, Via dei Mille 1 •— Pinerolo (Torino).
rò »! E’ vero, è un bugiardo e un
ipocrita e preso dal rimorso, con la
gola stretta dai singhiozzi ripete:
— Perdono, perdono. Signore,
darò di più per l’opera Tua!
* * *
L’indomani, tornato a casa, ancora pallido per l’eitmzione ili quella polle, Francese» va dal suo pastore, gli racconW’’^ò^i cosa e gli
lascia un bel biglieltone quale supplemento alla sua contribuzione.
Da quel giorno è cambiato; non
si distrae più durante il sermone e
si sforza di non pensare più alle
sue bestie quando è nella casa di
Dio.
* * *
Non farò commenti a questa semplice storia, vecchia ma sempre di
attualità per noi. Dgnuno può farli
da sè, a tu per tu con la propria
coscienza e pensando alla sua Chiesa, alle Missioni,.a tutte le nostre
opere che vegetano per mancanza
di aiuto finanziario ai fratelli; il
Signore ci sospinga, tutti a lavorare
più degnamente nella sua Vigna.
Fernanda Florio
..»A
«( La Nuova Italia » ha iniziato la
pubblicazione di una serie di quaderni in cui viene criticamente studiato il problema razziale; la coUana ha per titolo « La quistìone razziale nella scienza moderna », lo
stesso titolo che inquadra quegli studi nella analoga collezione dell’Unesco.
In « / Miti razziati. » (1) J. Comas analizza criticamente i fondamenti pseudo scientifici su cui sono
sorti i miti razziali che una così tragica paternità di stragi e di annientamento dovevano avere nel periodo
nazi-fascista. In realtà errerebbe però chi volesse far risalire esclusivamente ai teorici nazi-fascisti la responsabilità delle dottrine razziste;
come dimostra il Comas esse prendono lo spunto da dottrine biologiche (Darwin) e filologiche (W. Joñas e Th. Young) artatamente interpretate e deformate a fini classisti e nazionalisti. Ed è perciò opportuno che oggi, ricchi di una tragica esperienza, obiettivamente, gli
uomini riprendano una critica indagine di questo problema, poiché è
inutile farsi illusioni, condannare il
razzismo nazi-fascista, piangere sulle vittime di un antisemitismo tanto
feroce quanto stolto, >quando, sotto
diversi aspetti lo stesso fenomeno
turba la vita di intere nazioni e continenti. Basti pensare ai rapporti tra
bianchi e uomini « di colore » in U.
S. A., ai negri del Sud Africa, nel
Kenia, ecc. Bisogna quindi che, l’opinione pubblica sia informata della
esatta impostazione del problema, ne
conosca e ne possa valutare tutti i
dati.
J. Comas analizza in questo quaderno « il mito del sangue e dell’inferiorità degli individui incrociati »,
uno dei più abusati testi dei teorici
prenazisti e nazisti, unitamente al
« mito della superiorità della razza
ariana o nordica ». Di particolare
interesse quella parte dello studio
consacrata all’evoluzione deUa dottrina ranista nelle_ppCTe. dfeLigSlcici,
nazisti che gradatamente giunsero
con il doti. Gross a confessare esplicitamente: « La distinzione delle
razze umane non è un dato della
scienza; la percezione immediata ci
permette di riconoscere con il sentimento le differenze che diciamo razziali.-. La politica non può aspettare che Ut teoria delle razze sia stata
elaborata dalla scienza; la politica
deve sopmvanzare la scienza, con la
verità fondamentale intuitiva della
diversità di sangue dei popoli, e con
la sua conseguenza logica che è il
principio della direzione da parte
dei più abili 7>.
Non è chi non veda la grande importanza di questo studio che fissa i
limiti di una scienza che non deve
più poter essere strumento di una politica al servizio di demonia
che intuizioni di individui senza scrupoli (...« i più abili »: Hitler, Goebbels„ Goering).
Al lettore che potrebbe esser imitato di considerare il problema razziale come manifestazione anormale
di una a politica » sorpassata, Michel Leiris, (2) nel quaderno « Razza
e civiltà » offre materia a opportune
riflessioni, ricordando lo strano (ma
solo fino a un certo punto) contrasto
che è aUa base del travaglio sociale
e culturale del nostro tempo. Da un
iato infatti, come ha notato un dotto
studioso in una relazione aU’Unesco,
si a auspica o esige f assimilazione
delle altre culture ai valori ai quali
si attribuisce una perfezione indtscussa, daH’altro non si sa nsedvere
od ammettere che i due terzi dell’umanità sono capaci di raggiungere i
fini che essa stessa propone ».
Anche qui non si tratta di un dibattito teorico, ma di un contrasto
le cui ripercussioni tutti possono cogliere: la lotta in Indocina, la guerrig.ia dei Mao Mao, la difficoltà di
assimilazione dei negri in certi stati
del .Nord America, il complesso di
inferiorità da cui non riescono ancora a liberarsi vasti strati di immigrati in U, S. A.
Il Leris fonda la sua interessante
indagine su tma premessa quanto mai
opportuna e circostanziata: la confusione che troppe persone, interessate o in buona fede, fanno tra « fatti
naturali » e a fatti culturali » per
giustificare il mito della superiorità,
di una determinata razza. Il nostro
autore precisa quindi « i limiti della nozione di razza » e contesta recisamente, sulla base di una approfondita disamina che si possa sostenere
che il carattere dipenda dalla razzali Leiris esamina quindi il rappor-,
to Uomo-civiltà sottolineando ¡l’enorme sviluppo e fecondità dei contatti tra individui e gruppi, senza
i quali non si potrebbe spiegare U
sorgere di una qualsiasi civiltà (quelU-4atiaa-«»mpr«sft.-« -queUanica non esclusa), perchè tra razza
e civiltà « non esiste un rapporto di
causa ad effetto » è néssim gruppo
etnico può considerarsi & predisposto
alla elaborazione di certe forme culturali ». Non esistono insemina razze di padroni e razze di schiavi.
Nei saggio Razza e psicologia, GH-to Klineberg esamina criticamente
i rapporti tra razza e psicologia per
giimgere aUa esplicita conclusionè
che per lo scienziato detti rapporti
non esistono, anche se molti studiosi
hanno parzialmente ceduto alla tentazione di scoprirne. Questo studio
offre, fra i molti dati interessanti,
il risultato di accurate ed effiiettive
indagini, condotte particolarmmife
(continua in 4.a pag.)
BREVE SOMMARIO Ol STORIA VALDESE
Non possiamo in questa breve rassegna della nostra storia valdese dilungarci sulla diaspora del movimento ereticale iniziato da Pietro
Valdo: l’argomento ci porterebbe
a parlare dei Valdesi sparsi un po’
in tutte le parti d’Europa, dalle varie regioni italiane aUa Germania,
dalla Francia alla Boemia.
Lasciando pertanto questi nuclei
di eretici valdesi fondersi con nuove
eresie o dar origine ài movimenti
preriformatori, ci accontenteremo
di seguire nelle loro vicende quelli
che si stabilirono nella regione delle Alpi Piemontesi che ancora oggi
sono abitate dai loro discendenti.
A tale proposito sarà bene pure non
dimenticare che le valli del Queyras, confinanti con le nostre, furono almeno fino alla revoca deU’editto di Nantes (1685) e anche più
tardi, popolate da Valdesi, i quali
ebbero in comune con quelli delle
Valli Piemontesi oltreché la fede,
anche l’organizzazione ecclesiastica
e le persecuzioni religiose, almeno
finché la divisione politica tra gli
stati di Savoia e il Delfinato lo permise; come non dobbiamo dimenticare la Valle di Pragelato, che pur
essendo francese, fino all’inizio del
sec. XVIII appartenne ecclesiasticamente alla Chiesa Valdese, e in cui
solo la violenza delle persecuzioni
La terra che Dio ci ha dato
pose fine all’esistenza delle sue fiorenti comunità.
Come Valli Valdesi si intèndono
oggi soltanto quelle del Peli ice, del
medio Chisone e della Germanasc.a,
in cui la Provvidenza Divina ha conservato l’esistenza dei Valdesi: come tali, insieme alla loro storia e
al credo comune nel Vangelo, esse
costituiscono il trinomio che unisce
in ogni parte del mondo gli appartenenti alla Chiesa Valdese: non sarebbe concepibile la Chiesa Valdese, come la vediamo oggi, se essa
non avesse un suo particolare carattere proprio per questo angolo dell’Italia, ove ci sono dei Tron e dei
Charbonnier, ove ogni villaggio ha
la sua storia ed ogni tempio ha avuto i suoi Filistei, ove, come dice il
Foscolo, ci sono c< le rune dei forti », che rendono ¡questa terra « bella e santa al peregrin »: che è insomma la terra ove Dio- ha voluto
che vivesse, seppure in tempeste,
la Chiesa Valdese per lunghi secoli, e che come tale dobbiamo conoscere ed amare.
Le Valli, tutti le conoscono geograficamente : ed ifavero esse sono
ben poca cosa, quando si pensi che
esse hanno una profondità di solo
una ventina di Km.’ e si estendono
per una superficie di forse 250 chi
lometri quadrati al ¡massimo, e non
vantano nessrma meraviglia natura
le, nessrma ricchezza speciale, nes
sun clima o panorama particolari
Non sarà però inutile spendere al
cune parole per cercar di presen
tare le condizioni sociali ed economiche in cui esse si trovavano sei
o sette secoli fa, quando vi si stabilirono i primi Valdesi.
La Valle del Pellice era allora rm
feudo assoluto della potente casa dei
conti di Luserna, ei la vita feudale
a cui accenneremo tlRrò fino alla metà del ’500. In tale sistema, i signori erano i padroni di tutte le terre,
dalle più alte cime’dei monti, fino
al piano, di tutte le acque e loro
utilizzazioni, e quindi godevano di
tutti i diritti cemnessi colla proprietà, sulla quale i cattadini vivevano
se non proprio come -servi deUa gle
ba, in una specie di enfiteusi perpetua, e soggetti a innumeri tasse, taglie, decime, gabelle, esazioni, pedaggi, roide, servitù, ecc. ecc., di
fronte ai quali l’odierno sistema fiscale, che tutti sanno assai complicato, è assai semplice: non si poteva, ad esempio, fare il pane se non
nei forni di proprietà dei signori;
non si poteva andare a caccia o a
pesca e al pascolo; non si potevano
nominare eredi; non si poteva commerciare; non si poteva insomma
far nulla senza pagare e versare contributi. Si aggiunga che quelli che
oggi noi chiamiamo cornimi non esistevano, e non si formarono che
al principio del XVI secolo, quando questa gente si organizzò per ribellarsi alla tirannia fiscale dei padroni, e quindi: anche l’amministrazione della giustizia, deUe cose militari, tutto insonuna era nelle mani dei -si^iori. Questi poi vivevano
discretamente nei -loro vari palazzi,
in tutti i centri deUa VaUe, senza
altra occupazione che quella di esigere il necessario per vivere e vegetare.
Poco diverse erano le condizioni
della Valle di S. Martino e della
riva destra del Chisonq, che erano
iu feudo invece che a dei signori,
all’Abbadia di Pinerolo.
Bisogna aggiungere a tutto questo che l’economia delle VaUi era
basata suU’a^icoltura e sii pochissimo artigianato e commercio; era
naturalmente sconosciuta qualsiasi
forma di industria. L’agricoltura poi
era a quei tempi priva di due elementi fondamentali nel vitto del
contadino: la patata ed il granoturco, che furono conosciuti aile Valli
solo nel settecento. Una situazione
economica quindi assai modesta,
per non dire misera, dove l’unico
problema sociale era queRo di strappare alla terra il massimo che essa
potesse dare.
Per completare il quadro, bisogna ancora immaginarci che la maggior parte degli abitati e deUe case
erano a metà costa o addirittura sulle alture: i fondo vaUe erano privi
di case, poiché li avvenivano le invasioni dei nemici e queUé dèlie acque.
Tale, grosso modo, la situazione
geografica ed economica della regione ove ritroveremo stanziati i discepoli di Valdo.
Augusto Armano Hugon
4
P:
' ■
4 —
L’ECO DELLE VALU TALDESI
Skia senza parole
Racconta un Colportore: Vendevo la Bibbia in una grande città ed
un giorno sono salito sino al 6* piano di un grande caseggiato. Si apre
una porta e ne esce una signora di
una certa età alla quale mi rivolgo
subito. E’ quasi completamente sorda e non comprende nulla di quel
che le dico, gridando. Che cosa fare? La caia signora mi invita ad
entrare nella sua casa e vuole ch’io
scriva ciò che vorrei dirle. Finalmente capisce : LA BIBBIA? ! Ma
si, essa la possiede già e si affretta
ad andarla a prendere per mostrarmela. E’ piena di polvere, ciò che
denota che non è sovèrchiamente usata. Bene, tuttavia possiamo intenderci su queU’argomenfo. Il Signore può farsi capire dai sordi per
mezzo della Sua Parola, Ecco che
le pagine scorrono... Sottolineo col
dito: a Colui che. crede in me... ha
vita eterna » (Gio. 5: 24). La don
na è meravisBatn di ciò. Ma come,
coà facile? Sarebbe troppo bello!*
Proseguo nella mia indicazione:
«c AfBnchè sappiate che avete la vita
eterna voi che credete nel Nome
del Figliuol di Dio » (1 Gio. 5: 13).
E poi ancora in Efesi 2: 8: « ...e
ciò non vien da voi, è il dono di
Dio j>.
Ma cosa succede? La donna piange e tuttavia io non ho detto una
parola. Siamo entrambi davanti al
Libro che parla ai nostri cuori... Essa non può ancora credere ad una
cosi meravigliosa e gratuita salvezza. La Bibbia afferma che « colui
che non crede in Dio lo fa essere
bugiardo ». Leggendo questo versetto, la buona signora scoppia in singhiozzi: « Io credo! » E’ una esclamazione che esce come un grido disperato dal suo cuore.
Le mostro ancora in Rom. 8: 1:
« Non vi è dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Cristo
Gesù ». Mi stringe le mani con molta effusione: vi è un lampo di gioia
nei suoi occhi... A. B.
PROBLEMI RAZZIALI
(continuazione)
negli Stati Uniti. Esse permettono
all’autore di affermare che, se è innegahile che nei vari gruppi etnici
costituiti dagli immigrati in America si possono rilevare certe differenze e si può, in una certa misura e
ffno ad un certo punto parlare di
inferiorità o superiorità dell’uno o
dell’altro dei suddetti gruppi, « «
ha però un forte argomento a favore
della spiegazione ambientale, an&che di quella ereditaria delle differenze rilevate ».
All’effetto delle diversità ambientali il Klineberg consacra pagine che
costituiscono una coraggiosa e critica presa di posizione di fronte al
« problema negro »; pagine che però trascendono il quadro « U* _^‘
A. » per assurgere ad una validità
univiirsale, e che potrebbero anche
esser opportunamente applicate m
« problema y> delle relazioni NordSud in Italia!
Poiché scientificamente il mito
razziale appare fondato su cosi deboli basi, come si spiega il suo sorgere
ed il suo persistere in tempi e luoghi cosi diversi? Poiché é evidente
che si tratta di « pregiud,izi » come
spiegare criticamente il favore di
cui ha goduto e tuttora gode questo
pregiudizio razziale in seno a popoli come quello americano o germanico che pure vantano tradizioni indiscutibili di' civiltà e di cultura?
Come si spiegano le ricorrenti manifestazioni di antisemitismo che hanno raggiunto l’apice nella Germania
nazista, ma che non furono ignote
prima di Hitler, in altri paesi (dalla Russia agli stessi Stati Uniti d America?) Come si spiega la presa di
posizione ostile ai negri di una parte dell’opinione pubblica Americana? Né si dimentichi il pregiudizio
razziale nei confronti degli uommi
di razza gialla, od i giudizi sbrigativi pseudoscientifici con cui ci riferiamo ai sentimenti semplici delle
razze primitive.
Arnold M. Rose (4), in Le cause
del pregiudizio razziale risponde a
questi interrogativi, affrontando senza falsi pudori un severo problema,
poiché « la maggior parte degli uomini accetta, in merito al pregiudizio razziale, opinioni assolutamente
sbagliate, che sono esse stesse talvolta frutto di pregiudizio, danneggiando magari quelli stessi che le accettano ».
Una visita illustre
Sua Eccellenza H. Boon, ambasciatore dei Paesi Bassi, accompagnato dalla Consorte e dal Console
dei Paesi Bassi a Torino, ha fatto
una visita, il 7 aprile, alle varie Istituzioni della Chiesa Valdese, nel
Valpellice, dimostrando un vivo interessamento ai vari problemi della
nostra Chiesa.
Ci rallegriamo di questo incontro, un anello di più nella nobile
tradizione di quell’interessamento
che ha nell’ attività del Comitato
Vallone, una storia che non conosce tramonto.
Rodoretto
Nous avons été gratifié ponr la solennité
du XVII Février d’un beau temps magnifique et notre fête s’est déroulée à la grande
joie de tous. Les enfants de tous les quartiers, aidés par M.me Hélène Breuza (Fontaines) et M.Iles Jourdan et Constantin, se
sont produits avec entrain.
Le Docteur Gàrdiql, par une causerie sur
le Refuge, richement Ulustrée de vues sur la
vie quotidienne des pensionnaires, conquit
notre auditoire des Fontaines. Il sut intéresser notre population, au sort de cés amis de
St. Jean. A lui un chaleureux merci avec
l’espoir de l’avoir une autre fois.
Lors de l’absence du titulaire, la chaire
de la paroisse fut occupée deux dimanches
par un membre de ila communauté d’Agapé, Mr. Archimède Bertolino étudiant, auquel va toute notre reconnaissance.
Le Consistoire rappelle que notre campagne financière se terminera par la visite d’un
membre de la Commission de District, Mr.
l’Av. Serafino qui nous adressera le message de la parole de Dieu le dimanche 2 mai.
H tornaconto individuale, dàlia
sua più semplice manifestazione di
difesa di interessi di determinati
gruppi all’imperialismo; la scarsa
conoscenza degli altri, gruppi urnani, volontaria o no, con il suo incredibile seguito, di clichés, ridicolmente e pretensiosamente pseudoscientifici; il complesso di superiorità, con la sua giustificazione di una
razza o di una casta o di un popolo
eletto, sono le principali cause del
pregiudizio razziale, a cui il Rose
dedica pagine acute.
Se tutti questi quaderni hanno un
loro specifico valore per cui la loro
lettura si raccomanda a quanti sono
pensosi delle sorti della nostra civiltà cristiana e guardano con preoccupazione ai risorgenti nazionalismi ed
imperialismi, sempre pronti a trovare il modo di rivestire di splendenti manti il lùgubre razzismo, questo
quaderno del Rose si raccomanda
in modo speciale alla meditazione di
quanti si interessano all’educazione
della gioventù. E’ profondamente
suggestivo infatti il capitolo consacralo alla « trasmissione del pregiudizio razziale ai bambini », anche
nei limiti ristretti in cui esso é contenuto; quanto é detto della responsabilità dei genitori nell’educazione
consapevole e col J.oro semplice contegno ispirato a pregiudizi e preconcetti d’indole razziale, anche se riHelte preoccupazioni dominanti nelTambiente nord americano, può offrire più d’uno spunto ad approfondimento di ulteriori indagini anche
nei nostri ambienti. Non vi é d’altra parte insegnante che non abbia
potuto rendersi conto dell’influenza
malefica che possono esercitare sulle
menti giovanili certe affermazioni di
testi di storia e geografia in uso nelle scuole.
Baptêmes: Champ du Clôt, Riceli Guido
et Riceli Arturo de .Luigi et Tron Irène.
Parrain Tron Gilberto et Tron Enrico. Marraine Tron Julienne. « Réjouissez-vous par■ ceque vos noms soni inscrits dans les deux.
(Luc 10: 20) ».
Décès: Tron Pierre à Champ du Clôt.
C’est- le 25 mars qâe notre frère nous fut
repris après une longue maladie vaillamment supportée. « Nous serons semblables
à Lui, parce que nous le verrons tel qu’il
est ». I Jean 3: 2. La famille, en mémoire:
4.000 L.
Perrero-Maniglia
Indisposta da qualche tetnpo,j,ma si ere
deva in modo passeggero a causa delle con
seguenze dei rigori invernali, la nostra so
rella Pous Fanny qata Berger, Bessè, di
anni 82, nel sonno pel quale cercava ripe,
so, è passata dal tempo nell’eternità: i fu
nerali hanno avuto liiogo mercoledì 7 corr.
Siano di consolazione e di speranza per i
congiunti le parole: « Beati i morti che
d’ora innanzi muoitpio nel Signore » (Apoc. 14; 13. j
Al Culto della delle Palme
hanno confermato il patto del loro battesimo questi otto gióvani; Peyran Elsa fu
P. Enrico, Forengó) Ribet Fernanda di
Giovanni, Saretto; Insetti Aurora di Ernesto, Traverse; CasihiS Giorgio di Liberato,
Ferrerò; Ghigo Elvio di Alessandro, Eirassa; Peyran Luciano di Alberto, Traverse; Peyran Samuele fu P. Enrico, Forengo;
Peyrot Amato fu Giacomo, Crosetto. Possano questi nuovi * membri di Chiesa, secondo la loro promessa, dimostrare praticamente ad ogni istante deUa loro vita che
amano il Signore e Gli sono fedeli.
Luserna San „Giovanni
ASILO DEI VECCHI.
Maggiore Ida e Giorgio L. 1.000 — Bonnet Maddalena in mem. di Fenouil Clementina 500 — Prochet Milca 300 — Rosina Payarin (Luserna S. Marco) 500 — Benech
Ernesto 1.000 — Colletta pranzo 17 febbraio 9.000 —■ In mem. della mia mamma
V. B. E. 2()0 — Juliette Balmas Marauda in
mem. della mamma 1.000 — Letizia Bonnet Marauda in mem. della mamma 1.000
— Etienette Bounous Marauda, id. 1.000 —
Enrica e Iris Pastre in mem. della nonna
2.000 — Malan Emma 1.000 — A. M. 500 —
G. R. 500 — Bertin Rag. Stefano 1.250 —
Alda ToseUi Albarin 1.000 — In mem.
Sig.ra Grillo Olimpia in Carignano, Maestranze di Pralafera 6.500 — Revel Roberto ( Vallombrosa) 50.000.
La Direzione esprime la sua gratitudine
ai donatori.
Al rapporto Razza e Biologia, L.
C. Dunn (5) consacra uno studio che
fa il punto delle più recenti conquiste della Biologia nel campo della
ereditarietà e dell’aTOÓieníe. Come
é noto si dividono il campo i fautori
della preminenza delle ereditarietà
e quelli deU’ambiente nella « formazione dei caratteri individuali o
di gruppo, cóme per es. quelli razziali ».
Per il biologo, afferma Dunn,
« questa divisione è falsa e priva di
senso » in quanto essi si condizionano reciprocamente e non sono pensabili l’uno senza l’altro; tutto sta
nel « sapere come contribuiscono insieme a formare i caratteri degli individui o delle razze ». Interessanti
i capitoli consacrati all’origine; delle
differenze biologiche ed al funzionamento dell’ereditarietà.
{lector,')
La famiglia di
Bartolomeo Martinat
commossa per le dimostrazioni di simpatia
ricevute, ringrazia i vicini di casa per il
loro aiuto, i signoH pastori Peyrot e Bert
e tutti coloro che con la loro presenza hanno preso parte alVaccompagnamento funebre.
Inverso Porte (Chiotasso), 9-4-1954.
La famiglia di
Luigia Godino
(1) Juan Cornasi I miti razziali.
L. 300 — La Nuova Italia, Firenze
(2) Michel Leirisi Razza e civiltà
L. 300 — La Nuova Italia, Firenze
(3) Otto Klineberg: Razza epsicologia. L. 300 — La Nuova Italia, Firenze.
(4) Arnold Rose: Le cause del pregiudizio razziale. L. 300 — La Nuova Italia, Firenze
(5) L. C. Dunn : Razza e Biologia.
L. 300 — La Nuova Italia, Firenze
La famiglia della compianta
Maria Luigia Coucourde
nata Giustetto
esprime la sua viva riconoscenza a quanti
le hanno manifestato simpatia nel suo recente lutto, e ringrazia particolarmente il
Pastore ed i vicini di casa.
Vivian (Inverso Pinasca) 5 Aprile 1954
I congiunti, sensibili alle manifestaidoni
di simpatia ricevute in occasione della dipartenza d^lla cara
Clementina Long
naia Rivoir
ringraziano quanti sono interverutti al funerale.
Pinerolo (S. Maurizio) 20-4-54
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Direzione e Redazione: Past. Ermanno
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Pubblicazione autorizzata dal Tribunale di Pinerolo, con decreto del 27XI-1950.
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Pinerolo, 14 aprile 1954.
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serenamente spento il 4 aprile
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la moglie Rosa Olivet ed i figli Fernando,
Nino e nuore ringraziano tutti coloro che
hanno preso parte al loro lutto.
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