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Atino V
numero 12
del 28 marzo 1997
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art. 2 legge 549/95 nr. 12/97 - Torino
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Bibbia e attualità
PASQUA
«Egli non èqui...»
Matteo 28, 6
Mentre prima di spirare Gesù
parla e gli Evangeli ci riportano
varie parole sue, non conosciamo nessuna parola detta da Gesù al momento della risurrezione. Questo evento è
non solo umanamente indicibile, ma
nemmeno la parola di Dio lo può
esprimere con un aggregato alfabetico.
La risurrezione è pur sempre «Parola»,
perché è il centro delTEvangelo, perché
è l'espressione massima della potenza
di Dio; ma è Parola oltre la parola.
«Egli non è qui». Le donne che si recano al sepolcro sono le prime ad essere
avvisate del fatto che Gesù non è più
nella tomba e che, quindi, non può essere imbalsamato. Non è qui, non può
diventare uno dei «vostri» morti. La risurrezione è la negazione di questa
presa di possesso che le donne vorrebbero attuare. Purtroppo questa negazione continua a essere ignorata. Il
Cristo è relegato nel passato: non è nel
sepolcro fisico ma è nel sepolcro del
tempo, nell’anno della sua morte. Vive
a volte anche tra gli evangelici la spiritualità che in campo cattolico è
espressa dall'attaccamento agli oggetti: la «santa» croce; la «santa» Sindone
che, pur essendo un falso medievale,
continua a essere ostentata come se
fosse autentica trattando gli scienziati
più seri del mondo, che hanno stabilito la data di origine del tessuto, come
se fossero maldestri bricoleurs. Vive
anche la spiritualità dei luoghi: il
«santo» sepolcro, diventato sepolcro
per niente santo ma gravido di bestemmia per tutti coloro che, con l’inganno delle crociate, hanno perso la
vita per strapparlo ai turchi. Noi coltiviamo di più i luoghi storici vicini a
noi, ma devo confessare che ho a volte
percepito con fastidio una sorta di venerazione di questi luoghi anche da
parte di protestanti stranieri in visita
alle valli valdesi.
T7 GLI non è qui». Il Cristo non è
nei luoghi nostri, ma non è
nemmeno nei luoghi suoi. Non lascia
reliquie di se stesso, ma toglie anche ai
luoghi la funzione di reliquia che magari qualcuno vorrebbe loro assegnare.
L'iuiica «memoria» che resta di lui è
quella della sua Cena. «Fate questo in
memoria di me». Non altro. Perché
questo può essere fatto in memoria ma
anche in prospettiva. Annunziate la
morte del Signore, ma lo fate nell’attesa che egli venga. Lo fate in un luogo
fisico, perché voi dovete per forza posare i piedi in qualche posto, ma lo potete fare in qualsiasi luogo. Egli non è
qui, ma qui può essere fatta memoria
di lui: «Fate questo in memoria di me».
La ceno del Signore non può essere
presa a pretesto per fare memoria di
chicchessia. Noi rifiutiamo le messe
anniversarie e non possiamo concepire
dei culti in cui si commemori altri che
il Cristo. Persino il ricordo che viene
fatto in Sinodo delle persone decedute
durante Vanno dopo aver esercitato un
ministero importante nella chiesa desta qualche perplessità, pur non essendo inserito in un momento di culto.
Egli non è qui, ma i discepoli potranno
incontrarlo ancora, anche se entrerà a
porte chiuse proprio per dimostrare
che non solo non è più nel sepolcro,
ma che non è più prigioniero di nessun
luogo né ostacolo fìsico. Non è qui, ma
se decide di essere presente in qualche
posto, non ce serratura che lo possa
bloccare, non c’è porta blindata che lo
possa tener fuori. Gesù non è qui, ma
può venire dove non lo aspetti. Non è
qui, non è più nemmeno uguale a prima nei lineamenti (altro che Sindone
col vero volto!) ma lo si può riconoscete ugualmente, come a Emmaus, dopo
che ha spiegato le Scritture, allo spez•Zare del pane.
Claudio Tron
SETTIMANALE DELLE CHIESE E\^NGELICHE BATTISTE, METODISTE, \'ALDESI
Rivolte, fughe e complicità: l'Albania sembra dissolversi sotto gli occhi dell'Occidente
Un paese che confina con se stesso
«Pensavano che bastasse introdurre il mercato e il capitalismo e tutti sarebbero diventati ricchi»
Senza questa illusione^ cullata colpevolmente da tanti non ci sarebbe stato quello che c'è stato
MARTIN IBARRA
SONO in molti i curiosi che si
affollano sui moli a Brindisi,
Otranto, Bari, Monopoli per osservare l’arrivo dei disperati. Giungono a bordo di navi militari obsolete, di traballanti pescherecci in disuso, arrugginiti, poco più di zattere di fortuna, su navi mercantili
trasandate. È un’esperienza difficile da dimenticare, giornate frenetiche, intense. Fino a domenica 23
marzo erano sbarcati su questi
mezzi di fortuna 12.000 albanesi,
un esercito di disperati.
Il sottosegretario Sinisi, delegato
straordinario del governo, rivela
che c’è una «regia occulta» malavitosa dietro gli ultimi sbarchi. Abbiamo chiesto ad alcuni profughi se
avevano pagato per essere portati
in Italia. Alcuni hanno assicurato di
no, altri affermano di aver pagato
un milione a testa. Un ragazzo albanese urla: «Voglio i miei diritti!».
Quali sarebbero questi diritti? «Noi
siamo rifugiati politici, abbiamo diritto a una casa, a un lavoro e a
30.000 lire al giorno». Ma chi vi ha
detto che avete questi diritti? Non
possono rispondere, si ripete l’esperienza fatta nel 1991. Credono
che in Italia ci siano «tanti soldi».
Non sanno che cosa sia l’ultimo capitalismo dei flussi finanziari.
«Questa è la tragedia albanese racconta uno dei missionari battisti appena sbarcato pensavano
che bastasse introdurre il mercato
e il capitalismo e tutti sarebbero
diventati ricchi. Senza questa illusione cullata colpevolmente da
tanti non ci sarebbe stato il crac
delle finanziarie piramidali che ha
rovinato il novanta per cento delle
famiglie albanesi». Come avete vissuto la tragedia del crollo del paese, la rivolta arrnata e il rischio di
guerra civile? «È veramente una
tragedia, il poco che si era riusciti a
costruire è stato distrutto in due
giorni». «Le vere domande sono
due - afferma la responsabile di
un’organizzazione di volontariato
che ha fatto la sponda con l’Alba
Albanesi in Puglia (1991)
nia negli ultimi cinque anni -, dove
sono finiti i soldi degli aiuti internazionali (non si parla di bruscolini, ma di 500 milioni di dollari dal
1991 al 1997)? Perché si è consentito di operare a queste finanziarie
che non offrivano nessun tipo di
garanzia?». Chiediamo di nuovo al
missionario quali siano le prospettive future per l’Albania. «Il paese ci dice - è diviso e lacerato. L’Albania è un paese che confina con se
stesso, a Nord con il Kossovo, a
Sud con gli albanesi della Macedonia e la Grecia. Il Nord ha il sostegno dei turchi, il Sud dei greci. La
situazione potrebbe diventare disastrosa e condurre a una guerra
civile con conseguenze internazio
nali imprevedibili». Lo spettro dei
Balcani è stato un incubo per l’Europa. «La ricostruzione deve cominciare oggi stesso - prosegue il
missionario - la popolazione è alla
fame, occorrono aiuti umanitari
urgenti.
Al tavolo di discussione devono
sedere anche gli insorti del Sud;
senza di loro l’intero processo di
normalizzazione può saltare». E le
chiese battiste albanesi e i gruppi
che si sono costituiti negli ultimi
anni reggeranno? «Noi li sosterremo in tutto ciò che sarà necessario.
Gli albanesi sono persone semplici,
accoglienti, molto attaccati alle loro famiglie, al clan, alla loro terra.
Ritorneremo al più presto, hanno
bisogno di noi, del nostro aiuto e
non di forze di sbarco. Sono convinto che l’Albania risorgerà e voglio essere lì per dare il mio contributo e quello delle chiese battiste».
Migliaia di profughi aspettano a
Durazzo e Valona l’opportunità di
trovare una nave per sbarcare in
Italia. È lo stato di emergenza in
Puglia e in tutta Italia. 6.000 albanesi sono stati portati in strutture
di accoglienza di altre regioni italiane del Sud, del Centro e del
Nord. Gli appelli si succedono alle
organizzazioni di volontariato, alla
Caritas e alle diocesi, alle chiese
evangeliche, per dare una mano alle autorità prefettizie. La Chiesa avventista ha allestito una tendopoli
nel campeggio «L’Orsa maggiore»
di Cassano Murge, in grado di ospitare mille persone. Le chiese federate stanno collaborando con gli
avventisti, si raccolgono viveri, soldi, maglieria intima, pannolini, vestiti per sopperire alle necessità più
immediate.—,;,, .
Questa volta l’esodo degli albanesi non ha colto impreparate le
nostre autorità come nel 1991. Il
piano di emergenza funziona, con
qualche «vuoto» del tutto comprensibile. Ciò che desta più preoccupazione è la situazione di igiene
precaria nelle strutture di accoglienza: nelle scuole e nei campi
non bastano le docce, i lavandini
né i servizi igienici. Alcuni profughi
sono portati a turni a San Girolamo
o Enzitetto per lavarsi, c’è molta
tensione. Le associazioni di volontariato hanno dato vita a un coordinamento delle singole attività
con sede presso l’Arci. daH’inizio ci
siamo adoperati su due fronti:
quello dell’assistenza (ciascuno secondo i propri mezzi, ma facendo
circolare l’informazione e coordinando le iniziative); e quello di costituirsi come interlocutore unico
con la Prefettura di Bari e con il governo, non solo per discutere il
problema concreto, ma anche riflettere, in seguito, sulle cause politiche profonde dello sgretolamento
della nazione albanese.
OMAGGIO
PER
I NOSTRI
ABBONATI
E LETTORI
Nel prossimo
numero troverete un inserto molto
speciale; una
^ storia illustrata da
Umberto Stagnerò sulla lotta con.. nazismo del pastore e teologo tedesco Dietrich Bonhoeffer, che per questo fu
imprigionato e poi ucciso nel campo di
Flossenburg il 9 aprile del 1945.
tro il
Il libretto, con una copertina a colori, sarà
successivamente in vendita nelle librerie
a cura della Editrice Claudiana.
Tensione alta in Israele
Il Cec e gli anglicani
preoccupati per la pace
La politica del governo conservatore israeliano di Netanyahu, in
particolare la sua decisione di procedere alla
realizzazione del mega
insediamento di Har
Homa nella periferia di
Gerusalemme, e la politica del terrore che continua ad essere perseguita da una parte delle
organizzazioni palestinesi, ultima la strage di
Tel Aviv di venerdì scorso, hanno nuovamente
aggravato la situazione
e messo duramente in
questione il processo di
pace iniziato con gli accordi di Oslo. Prima dell’attentato di Tel Aviv, il
segretario generale del
Consiglio ecumenico
delle chiese (Cec), Konrad Kaiser, in una lettera
del 13 marzo inviata a
tutti i responsabili delle
chiese e comunità cristiane di Gerusalemme,
ha espresso grande preoccupazione per gli sviluppi della situazione, in
particolare per ogni decisione unilaterale che
alteri lo status della città.
La stessa preoccupazione è stata espressa, nella
loro dichiarazione conclusiva, dai primati delle
36 province della Comunione anglicana, riuniti
a Gerusalemme la settimana scorsa.
LE CHIESE E GLI SRADICATI. Gl i immensi cambiamenti avvenuti in questi anni
in Europa e l'impoverimento di vaste
aree del mondo hanno provocato forti
flussi migratori. Qual è II ruolo delle
chiese? (psgg. 4-5)
REFERENDUM E CORTE COSTITUZIONALE. L'ammissione di soli 11 referendum,
sui 30 sottoposti al giudizio della Corte
Costituzionale, ha scatenato delle polemiche violente, ma l'analisi delle motivazioni della Corte non mostra un organo asservito a logiche di parte, (p. 7)
GLI EVANGELICI E LA RIFORMA DELLA
SCUOLA. Il progetto di riforma proposto dal governo mostra diverse carenze. Il Consiglio della Federazione delle
chiese evangeliche ha deciso di inviare
una lettera-documento al ministro
Berlinguer. (p. 8)
«FAMIGLIA CRISTIANA» E IL DIALOGO
ECUMENICO. Il «commissariamento»
della congregazione dei paolini e del
settimanale «Famiglia cristiana» mostra
il volto autoritario della chiesa di Roma
che, allo stesso tempo, vuole prepararsi
all'Assemblea di Graz con uno spirito
rinnovato e ecumenico. (p. 10)
2
PAG. 2 RIFORMA
spaventate. Ma
egli disse loro:
“Non vi
spaventate!
Voi cercate Gesù
il Nazareno che
è stato crocifisso;
egli è risuscitato;
non e qui; ecco
il luogo dove lo
avevano messo.
Ma andate a dire
ai suoi discepoli e
a Pietro che egli vi
precede in Galilea;
là lo vedrete, come
vi ha detto”. Esse,
uscite, fuggirono
via dal sepolcro,
perché erano
prese da tremito
e da stupore. E
non dissero nulla
a nessuno, perché
avevano paura»
(Marco 16,1-8)
«[Gesù] apparve a
Cefa, poi ai dodici.
Poi apparve a più
di cinquecento
fratelli in una
volta, dei quali
la maggior parte
rimane ancora in
vita e alcuni sono
morti. Poi apparve
a Giacomo, poi
a tutti gli apostoli;
e, ultimo di tutti,
apparve
anche a me»
VENERDÌ 28 MARZO
«Passato
il sabato. Maria
Maddalena,
Maria madre
di Giacomo,
e Salome
comprarono degli
aromi per andare
a ungere Gesù. La
mattina del primo
giorno della
settimana, molto
presto, vennero
al sepolcro
allevar del sole.
E dicevano tra
di loro: “Chi ci
rotolerà la pietra
dall’apertura del
sepolcro?”. Ma,
alzati gli occhi,
videro che la
pietra era stata
rotolata; ed era
pure molto
grande. Entrate
nel sepolcro,
videro un giovane
seduto a destra,
vestito di una veste
bianca, e furono
CRISTO E RISORTO
La comunità che crede non è più orientata al sepolcro, all'imbalsamazione
alla conservazione del passato. Guarda alla vita, a costruire nuovi rapporti
SALVATORE RAPISARDA
IL Vangelo di Marco finisce
con la descrizione delle sensazioni avvertite dalle donne al
sepolcro di Gesù. Esse hanno
sperimentato tremito, stupore,
paura e sono fuggite senza dire
nulla a nessuno. È da scartare
l’ipotesi che Marco abbia voluto
denigrare le donne per il loro
comportamento. È noto invece
che questo evangelista pone le
donne in diversi punti chiave del suo Vangelo e con ruoli di
rilievo che evidenziano fede,
comprensione, generosità, spirito profetico, coraggio. Marco
inoltre ci vuole parlare della resurrezione, non già delle paure
delle donne, e ce ne parla nel
modo che egli reputa appropriato. Descrivendo le sensazioni e i
gesti delle donne, egli mostra,
meglio che con le parole, che
cosa si avverte quando si è confrontati da un evento inatteso e
sconvolgente, che va al di là delle nostre esperienze e immaginazioni, qual è la resurrezione.
La nuova realtà
(1 Corinzi 15, 5-8)
La resurrezione è di per sé un
evento positivo, ma si cala a
difficoltà nella nostra quotidianità, anzi scombussola le certezze della nostra vita. Noi facciamo i conti con quel che ci aspettiamo; l’imprevisto invece rende
relativo ogni nostro sistema di
valori e di certezze e ci causa
reazioni di paura. La mattina di
Pasqua, le donne avevano un
progetto di lavoro ben preciso;
andare a ungere il corpo di Gesù.
Avevano qualche perplessità, è
vero, ma anche questa si comprende alla luce delle loro esperienze. Dicevano: «Chi ci rotolerà
la pietra dall’apertura del sepolcro?». Nel complesso hanno mostrato coraggio e progettualità.
Tuttavia, quando sono state confrontate dalla realtà nuova,
quando hanno visto la tomba
vuota e un giovane che appariva
come un angelo, hanno avuto
paura, il loro sistema di comprensione della realtà è stato
sconvolto. Le parole rassicuranti
del giovane non sono bastate,
anzi le hanno messe in fuga ed
esse non gli hanno ubbidito.
In questo clima non è facile
ubbidire. Le donne, ad ogni modo, non lo hanno fatto. E Marco
sembra dirci; «Non hanno ubbidito perché non hanno capito».
Infatti, non è possibile ubbidire
senza comprendere, a meno che
non ci si trasformi in ciechi esecutori, e non è possibile comprendere quando il messaggio
stravolge totalmente ogni nostro
orizzonte. Le donne non hanno
capito il senso della tomba vuota
e nemmeno le parole dell’angelo:
«... egli è risuscitato... egli vi precede in Galilea: là lo vedrete...».
sì di gioia. La resurrezione è stata
colta in una dimensione nuova,
fatta di luce, di allegrezza, di.speranza. Ora la resurrezione diventa incontro personale tra Gesù e i
suoi discepoli, uomini e donne.
Ora essi possono parlare, testimoniare di ciò che hanno visto,
di ciò che hanno udito. Con le
apparizioni del Signore la resurrezione diventa realtà in positivo, il Signore viene avvertito come presente, egli riempie la vita;
il negativo della tomba vuota
viene lasciato cadere.
Egli è vivente
Preghiamo
Signore, Dio nostro,
offriamo a te la nostra lode e il nostro
ringraziamento, perché la luce
delle tue opere illumina l’oscurità delle
nostre paure, perché la saggezza
della tua parola colma le nostre
incomprensioni, perché ci svegli
dal torpore della morte e ci apri
gli occhi alla vita.
Tu, 0 Signore, crei per noi una nuova
dimensione in cui vivere:
non più soli, non più senza speranza,
non più senza progetti.
Tu ci prendi per mano per fare di noi
una famiglia nuova, un popolo
che abbatte le divisioni, una comunità
in cui la fede è condivisa e nutrita.
Per tutto questo ti lodiamo e ti ringraziamo
nel nome di Gesù Cristo.
Un'esperienza forte
Ly ESPERIENZA della mattina
I di Pasqua è un’esperienza
forte, dalla quale non si può prescindere, ma allo stesso tempo è
un’esperienza che non si lascia
descrivere facilmente. I criteri di
comprensione tradizionali sono
inadeguati, le parole non bastano; la comunicazione intellettuale è insufficiente. Parlare della resurrezione a partire dalla
tomba vuota è come guardare
un tappeto persiano da rovescio.
È una dimensione «povera» che
solleva perplessità e non dà risposte. Tuttavia, nessun evangelista ha tralasciato questo episodio. Forse l’unica sua chiave di
lettura è l’esperienza e la testimonianza coinvolgente a livello
di sensazioni, di emozioni, di gesti. È come dire che la resurrezione di Gesù va sperimentata, e
solo tra chi l’ha sperimentata è
possibile la comunicazione.
Vi sono altri modi di parlare
della resurrezione, anzi di Gesù
risorto. Gli altri evangelisti, e
Paolo, ce ne parlano sotto un
aspetto nuovo. Essi ci dicono che
Gesù è apparso a uomini e donne di tra i suoi discepoli in diverse occasioni. Le loro reazioni, di
fronte alle apparizioni del risorto, non sono state di paura, ben
DUNQUE la resurrezione non
va celebrata con un pellegrinaggio alla tomba vuota, ma
come una testimonianza comunitaria di tutti coloro che hanno
fatto l’esperienza dell’incontro
col Signore risorto. È il modo
migliore per dire: «Egli vive, egli
è presente». Non cercheremo il
vivente in mezzo ai morti, non
lo cercheremo nemmeno tra le
cosiddette cose e oggetti sacri.
Lo cercheremo in noi e tra di
noi. Scopriremo che la comunità dei credenti è il veicolo che
il Signore si è scelto per lasciarsi
predicare al mondo. Se è quasi
impossibile passare dall’esperienza della tomba vuota all’annuncio della resurrezione, nonostante la parola dell’angelo, è
altrettanto quasi impossibile negare la resurrezione quando essa, grazie all’incontro col Signore risorto, è diventata esperienza condivisa nella comunità.
Tommaso è, come si dice, l’eccezione che conferma la regola.
Egli non ha creduto all’annuncio della resurrezione fatto dai
fratelli e dalle sorelle. Ma è per
questo che ha sentito il rimprovero del Signore,
Ora è diventato chiaro a tutti
che la resurrezione non va colta
come un fatto oggettivo da dimostrare e misurare. Non è la
tomba vuota, né la ripetizione
delle apparizioni, che annunceranno la resurrezione di Gesù. È,
invece, alla testimonianza viva
dei credenti che si deve guardare
per avvertire la resurrezione. Essa permea di sé la vita degli uomini e delle donne e la trasforma, le dà una nuova dimensione.
Ma qui c’è del miracoloso, perché qui c’è l’intervento di Dio.
Non soltanto la resurrezione, ma
anche la comprensione della resurrezione è possibile esclusivamente per l’opera di Dio.
La comunità che crede non è
più orientata al sepolcro, alTim
balsamazione, alla conservazione del passato. Non è più ancorata alle proprie certezze, ai valori consacrati dalla tradizione.
Sa anche mettere in questione le
cose vecchie, sa anche disfarsene. Adesso guarda alla vita, a costruire nuovi rapporti, ad avventurarsi persino aH’abbattimento delle antiche divisioni tra
ebrei e cristiani, tra maschi e
femmine, tra schiavi e liberi, tra
ricchi e poveri. Nuovi valori, o
meglio, un nuovo orientamento
ispira il suo agire. Tuttavia, non
è l’attivismo della chiesa che dimostra la resurrezione, ma è la
forza nuova della resurrezione
che manifesta se stessa, e là dove è creduta e assecondata diventa creatrice di vita nuova.
La comunità rinnovata
SUPERATO il primo spavento,
chiariti i dubbi iniziali, ci si
può avventurare ad annunciare
che Cristo è risorto. Certo non
confonderemo la realtà della resurrezione con la nostra predicazione. Cristo non risuscita nelle nostre parole, né nei nostri gesti. Ciò sarebbe autoritarismo e
gestione del sacro. Noi possiamo
solo annunciare, testimoniare,
ma la resurrezione rimane una
realtà troppo sublime, troppo su
di un’altra dimensione per potere essere circoscritta nel linguaggio umano. La resurrezione diventerà reale là dove il Signore
risorto vorrà manifestarsi. Lo
sarà per i singoli che ne faranno
l’esperienza, e anche per la comunità che raccoglie quanti
«hanno visto», sebbene non con
gli occhi del corpo, il Signore risorto. Noi, dunque, predicheremo il messaggio di Pasqua, perché abbiamo creduto che Cristo
è risorto. Lo faremo con un misto di timore e tremore, tanto è
straordinario il suo significato,
ma lo faremo anche con gioia.
Sappiamo che Cristo è risuscitato per noi, per aprire il nostro
orizzonte, per chiamarci a una
nuova dimensione. Terremo
presente che mentre la realtà
della resurrezione è altra cosa rispetto alla nostra predicazione,
questa, tuttavia, dovrà risultare
credibile; e lo sarà se nasce da
una comunità rinnovata, che
mentre vive la speranza di un
mondo nuovo, sperimenta, nella
pace, nella giustizia, nell’accoglienza, nella riconciliazione, la
caparra di ciò che ci è promesso
e dato perché Cristo è risorto.
(Ultima di una serie
di quattro meditazioni)
Note
Q
occ
FRi
omiletiche
L'Evangelo, comedi(V-^^
Paolo in 1 Corinzi 15, c®
siste non solo nel credei
che Cristo è morto pe,
nostri peccati, ma è and;
indispensabile credere d
egli è risuscitato. Altrirtie
ti la nostra fede è vana.|
resurrezione di Gesù no
va vista come una questii’
ne naturale, dovuta all-rRGLi
sopravvivenza dell'aniA^ ¿elh
(fin qui i greci ci arrivavL^jnto
no). Va invece vista
un evento straordinari^®®“che coinvolge l'intera
sona di Gesù, compreso^HO’
corpo (ciò era scandaloiU®®^
per gli spiritualisti grecpe®bro '
L'evento mostra che Gefia- ^8^*
è il Cristo, che Dio è intepcente
venuto in suo favore, cfemniinil
la resurrezione, qualsiaihia ave
resurrezione, dovrà coii^pcolta
volgere l'intera personajjuire ur
non soltanto un suo asp^ „pr ha
to (spirito o anima). Ulned
Che il corpo debba ris«,,„ii>„r)e
scitare e che non debba ffnrmi
sere più nella tomba
scontato per Marco e ®
gli altri evangelisti.
perché l'episodio dell)*''®”® ®
tomba vuota compare ijigl'i
tutti i quattro i Vangeliiare la s
Allo stesso tempo, l'assen-piegato i
za del corpo di Gesù nellio era gì
tomba non dimostra lasuj-ion era
resurrezione e può solleva-jtruire l’c
re alcune perplessità (lo;ondo lu(
hanno trafugato?, hanntjejja chic
sbagliato tomba?, rbe cof-,{jjj2zar
po era quello di Gesù?). Ec
co perché la resurrezioni
omma
viene fondata su diversi pi))
'.^uel mon
lastri: le Scritture (1 Coriii^'^®
15, 3s), le parole dell'angC^^' 'r
lo al sepolcro, la tombr
vuota, le apparizioni. I^ro alla
Tommaso (Giovanni 2lÌ!'T^Le fi
19) è una figura popolari poi no
che pochi si sentono ililloro c
biasimare ma la sua posi
zione non riscuote l'appro U
vazione di Gesù. Tuttavia,
quando si trattò di scegliere l'apostolo successore di Quest;
-• cercò uno c/ie(ienteo(
Giuda, si
fosse testimone
agli altri della resurreào« ^
/A4.*- ^ - maria un
(Atti 1, 21s). Dunque la''-rfpj c„j ^
levanza dell'incontro
sonale col Signore risort™j°°80
non può essere sminuita”™
anche perché quell'incon-?®oente
tro rende i predicatori te-l^ti e i i
stimoni oculari, quindi de-ÌoUo e ol
gni di fede. .Tiltura cl
Dei quattro pilastri soìiento all.
pra ricordati. Marco ne usaforse (la
soltanto due (la tomb^ngiarsi
vuota e le parole dell'anAj]0
gelo). Predicare la resurretaf, e5ggjzlone a partire da Marci^) jj
significa costruire su ¡j j
due pilastri. La reazioni
delle donne non può esse!
lena
re considerata un pilastri
lesf’ oc
È
la fid
La Ceva
perché sposta il discorso sif'^
di una dimensione diversr®
da quella oggettiva. È pos|'^®ll6 dr
sibile predicare la resurre>*Mto sab
zione, e con essa il Cristiendere d
risorto, a partire da dalezza dell;
oggettivi o ci si deve affda, anchi
dare agli aspetti soggetticulturale,
vi, quali l'emotività che #proprio il
venta paura e silenzii'-la sfiduc
Anche le apparizioni hatchi ha de
no forti connotazioni soìuujq
gettive e, in ultima analisi
ci si deve affidare al tesf
mone. Che dire poi del t
mando alle Scritture i
Paolo in 1 Corinzi 15, 3s?
Come è possibile predi'
care la resurrezione, fon . ha
dati più sulla testimoniai [* razze t
za che su aspetti oggettivcprriunioi
senza cadere nell'autorità iducia rt
risme della chiesa che ali ficora ra
ministra le cose sacre? b De al Sue
risposta a questa domai àiolgono
da potrebbe venire d* ftonianza
comprendere la predi« nazione t
zione non tanto come ui o possor
questione esclusivament' Jl’aimQ d
verbale o affidata ai sacra ¡gji^
menti, ma come una testi P i
monianza comunitaria cni
sappia evidenziare presei . Selle
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approfondire £,pe
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zione di Gesù di Nazarem ^ gj.,
Dehoniane, 1970. w ai r.
-idem. Il terzo
risuscitò.... Editrice Cla'J ^
diana, 1993. -Kon”“
Aa.vv. La resurrezior^
Paideia, 1974.
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28 MARZO 1997
Ecumene
PAG. 3 RIFORMA
problemi aperti nella «Comunità evangelica di azione apostolica»
''’*Cevaa^ la difficile strada del «partenariato»
Ogni chiesa membro della Cevaa è una chiesa indipendente, ma le chiese
occidentali continuano a pretendere di controllare le scelte di quelle del Sud
come dij
i2i 15, co,
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• Altrirpe,
è vana,!
Gesù _______franco TAGLIERÒ
la questi,
avuta all yeGLì ambienti europei
àell'aniri^ della Cevaa circola un
'• ^'^'^'''\eddoto che racconta di un
rista coir, fi-ancese che, recatosi
mera nJer turismo in un paese afri.mpres>0, pensò di visitare la
candalo^ evanphca del posto,
isti grecpembro della Cevaa come la
che GeJia- Egli ricordava che in un
10 è inteecente passato l’Unione
avore, clemminile della sua parroc
qualsiahia aveva promosso una
avrà coiiaccolta di denaro per copersonajjuire una casa di accogliensuo aspe^per bambini orfani e penòbene di chiedere di visitare
ucuua e fu la sua sorpresa
ircTe njuando gli fu mostrata una
listi Ecrfuova costruzione, in cui veli o delliivuno allevate galline e compare itigli. con lo scopo di finanVangelilare la scuola locale! Gli fu
0, l'assenipiegato che quando il denaiesù nellio era giunto innanzitutto
¡tra lasujion era sufficiente per colò solleva-jtruire l’Orfanotrofio e in seessità (lo;ondo luogo che la direzione
I?, hanrajgUa chiesa aveva pensato di
che cot-,jjjj2zare diversamente la
■esù?).Ecqjjjjjjj donata perché in
jrrezioni 1 momento era più neces(1 Corinf"° assicurare agli inselell'ang|iunti ü necessario per vivea tombf Purché dunque inviare de-jn\, laro alla Cevaa? Vale la pena
vanni 2Ìiviare fondi alla Comunità
popolar? poi non si hanno garanzie
nono diilloro corretto uso?
sua pos ^
; l'appro Una mentalità
11 5“ g'Jlj tipicamente occidentale
essoredi Questa mentalità lipicauno diegente occidentale non tiene
assieme^,jjto di due problemi di priirreM»m^ importanza nei paesi
itr^o mondo. Innanzi
e risort^^^° chiesa che fa parte
f^inuiu^ulla Cevaa è una chiesa indili l'inconf®ndunte, che ha i suoi pro:atori te-Pti e i suoi organi di conjindi de-tollo e oltretutto vive in una
ailtura che prevede l’adattaastri sohento alla precarietà delle ri:o ne uMorse (la famosa arte di artombiangiarsi quotidianamente,
dell'anice non necessariamente
resurre|j5 essere giudicata disonea l^urci|à) jj secondo problema riil fatto che, per mezzo
denaro che inviano, le
ju occidentali continua
icorsoiC^ uontrolla
, diversr u sindiu are le scelte di
a. È pos|iiulle dei Sud del mondo,
resuw'atto salve ■! diritto di preII Cristiiendere dai ; c.üner la corretda datezza della Vv-riione finanziaave afftia, anche ciiu sio è un fatto
oggetfculturale, eh" rasenta se non
ì che iproprìo il ra/xismo, almeno
lenzitla sfiducia nei confronti di
>ni hajehi ha da poco tempo otte2”^^° l’indipendenza.
È necessaria
la fiducia reciproca
La Cevaa predica la comu
I analisi,
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le, fon . 11U tra chiese di culture e
noniaa tazze diverse, ma questa
jgettiw :ptnunione è basata su una
utorita iducia reciproca che deve
:he aP incora radicarsi, al Nord cocre? U de al Sud. Le chiese del Sud
domali ¡Volgono un’opera di testiPa "I "onianza cristiana in una siredic Uazione di miseria estrema e
Imen«
i «¡aera f , 11^0 dei fratelli e delle soia testi j ® più agiati. Vale la pena
sria chi J'^UQue, proprio in spirito
preseli ’''Angelico, aiutare la Cevaa
0 e ;®tché sostenga, malgrado le
’®ntraddizioni ne prenoti ovunque, l’opera di
|''3ngelizzazione nel mondo,
fòprio per questo la Cevaa
essere comunità di
■niese, perché la conoscenza
■<.?urrflir. t reciproche renda
zareth ^ comune impegno.
chiese francesi che fanno
giornfi 3i Defap (Service Prote
- Cl3^* IVIiccinnì Ha alr*iirìi
dire
Inni
de Mission) da alcuni
i . portano avanti una rigzion^ Sione sul modo di interve
II culto di apertura delle Assise della Cevaa a Torre Pellice
nire in aiuto delle chiese più
povere del mondo e dibattono sulla necessità di operare
attraverso la Cevaa, o altri organismi simili, piuttosto che
attraverso l’aiuto diretto.
Un articolo di Mission (il
mensile del Defap), già apparso nel 1984 e ripubblicato provocatoriamente tale e
quale nel 1996, si schiera
contro l’aiuto diretto: lo riassumiamo con lo scopo di suscitare la riflessione critica
dei lettori e dei membri di
chiesa che seguono il lavoro
della Cevaa.
No all'aiuto diretto...
«Nel corso dei nostri incontri con le comunità o con i
comitati di animazione missionaria, siamo spesso interrogati a proposito delle azioni di aiuto diretto. I nostri interlocutori hanno l’impressione che l’aiuto che passa
dal Defap o dalla Cevaa sia
impersonale e che sia utilizzato in parte per far funzionare in Europa e Oltremare la
burocrazia. Questo passaggio, dicono, è inutile perché
la centralizzazione delle offerte non è sempre capace di
finalizzare i finanziamenti ai
progetti più interessanti e più
stimolanti. In breve la gente
ha l’impressione di non sape
re bene dove vanno a finire i
soldi. Si parla sempre più di
aiuto diretto, di doni destinati a un luogo, a una chiesa, a
una istituzione di cui si potrà
seguire l’evoluzione e da cui
si potranno ricevere notizie;
alcuni parlano di gemellaggio, anche se la relazione alla
quale pensano rassomiglia di
più ad un “padrinato”. L’aiuto diretto, nello stato attuale
del mondo e della chiesa è
ingiusto, pericoloso, umiliante e insufficiente.
...perché è ingiusto
È ingiusto perché porta
con sé inevitabilmente il pericolo di trascurare i più poveri tra i poveri, quelli cioè
che già trovandosi in una posizione di povertà economica
non dispongono neppure di
quella ricchezza che è costituita dalle relazioni con i settori più favoriti della chiesa
universale. Chi beneficia dell’aiuto diretto? Quelle chiese
e quelle istituzioni che, talvolta per caso, sono state
messe in relazione con questo o quel gruppo, questo o
quella fonte di finanziamento. Ci sono chiese e istituzioni che mai entreranno in
contatto con una fonte diretta di finanziamento e questo
è ingiusto.
...è pericoloso
L’aiuto diretto è anche pericoloso per coloro che ne
beneficiano, perché è fragile
e temporaneo: questo genere
di interventi si conserva nel
tempo solo finché c’è qualcuno che personalmente ci si
impegna. Cambiano le persone, cambiano le mode, cambiano anche i finanziamenti.
È anche pericoloso perché
spesso costringe altri, in una
sorta di ricatto psicologico,
ad accettare il proprio progetto, anche se non è prioritario. Piuttosto che niente
dunque è meglio ricevere
qualcosa per un progetto
marginale nella strategia generale, poi magari si cercherà
di utilizzare i fondi per ciò
che è più importante.
...è umiliante
L’aiuto diretto è umiliante,
perché si fonda su una relazione di assistenzialismo nella quale sono sempre le chiese del Nord che aiutano quelle del Sud. Queste ultime ricevono e non possono dare,
non possono che ringraziare,
abbassando ancora una volta
la testa. Quanto agli europei
essi sanno dove va il loro denaro e il materiale che inviano; possono persino andare
sul posto a vedere come vanno le cose, verificare se gli
aiuti sono ben impiegati. Si
possono addirittura inviare
gruppi turistici a vedere come procedono i lavori. La generosità, certamente molto
evangelica, è mescolata con
molta buona coscienza, con
la soddisfazione di aver compiuto il proprio dovere.
...è insufficiente
Infine l’aiuto diretto è insufficiente, perché una chiesa locale o un comitato non
hanno il denaro sufficiente
per intraprendere da soli
l’opera. Ci vogliono altri partner, ci vuole l’impegno di altri gruppi e di altre chiese. E
sarà finanziata solo la parte
visibile del progetto, mentre
tutto il resto rimarrà scoperto
e il tutto rischierà di fallire, a
meno che non si distolgano
energie da altri progetti...».
(2 - continua)
Presa di posizione delle due principali confessioni
Germania, cattolici e protestanti vogliono
l'esclusiva sull'insegnamento della religione
Lo scorso gennaio a Wiesbaden, capitale dell’Assia
(Germania), rappresentanti
della Chiesa cattolica e della
Chiesa evangelica hanno ribadito la volontà delle due
Chiese di mantenere nella
scuola statale l’insegnamento
confessionale della religione.
La presa di posizione è venuta in seguito all’idea espressa
dai Verdi del Land dell’Assia
di proporre delle modifiche
relativamente all’insegnamento della religione nelle
scuole del Land.
Herbert Kemler, responsabile del settore scuola della
Chiesa evangelica dell’Assia
Elettorale-Waldeck, ha affermato che un insegnamento
della religione che metta tutte
le religioni sullo stesso piano
sarebbe destinato al fallimento già solo per la mancanza di
competenze specifiche degli
insegnanti. Sarebbe invece
necessaria in questo campo
una più stretta collaborazione delle due maggiori chiese.
Secondo Kemler si potrebbe
ipotizzare nelle diverse classi
la rotazione di insegnanti di
religione cattolici ed evangelici, in modo da lasciare metà
anno a ciascuna delle due
confessioni. L’insegnamento
della religione, sempre secondo Kemler, non deve essere assolutamente considerato come un privilegio concesso alle due chiese per conservare le loro posizioni: esse,
anzi, hanno reso un servizio
alla scuola pubblica, avendo
mantenuto istituti di formazione pedagogica, teologica e
di scienza delle religioni.
Anche Winfried Engel, direttore del Dipartimento
Scuola e comunicazione del
vicariato generale vescovile di
Fulda ha sottolineato il «contributo insostituibile» che le
grandi chiese cristiane hanno
dato, con l’insegnamento della religione, all’opera formativa svolta dalla scuola. Una lezione di religione aperta a
tutte le confessioni sarebbe
inaccettabile perché rischierebbe di portare a un «insegnamento astratto della religione» annullando la realtà
esistenziale delle chiese e dei
loro membri.
11 prof. Jürgen Lott, di Brema, esperto in pedagogia delle religioni, si è pronunciato a
favore di un cambiamento
dell’art. 7 della Costituzione,
sul quale si basa l’insegnamento della religione nella
scuola statale. Lott ha affermato che da tempo in Germania il cristianesimo, o meglio le chiese e la società, non
costituiscono più un’unità. E
tuttavia le grandi chiese cristiane fondano la loro pretesa di mantenere l’insegnamento della religione su quest’articolo, il quale non affida
affatto a loro l’esclusiva di
decidere sul contenuto che
questo insegnamento deve
avere. Oggi bisogna parlare di
«comunità religiose», visto
che in Germania ce ne sono
molte. (epd)
E Francia: è morto il professor Roger MehI
STRASBURGO — Il professor Roger Mehl, una delle grandi
personalità del movimento ecumenico, è morto il 7 marzo
scorso all’età di 84 armi. Primo francese membro del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), collaborò ai lavori della Commissione «Fede e costituzione» e partecipò a varie Assemblee del Cec. Dal 1945 al 1981, Roger
Mehl è stato professore all’Università di Strasburgo dove insegnò etica e sociologia religiosa presso la Facoltà di teologia
protestante, di cui fu anche decano. Nel 1969, a Strasburgo,
creò il Centro di sociologia del protestantesimo. Scrisse molti
libri, fra cui il noto «Trattato di sociologia del protestantesimo» (1967). Il segretario generale del Cec, Konrad Raiser, gli
ha reso omaggio con queste parole: «Roger Mehl era un uomo
dalle ferme convinzioni, che sapeva dialogare e riflettere con
garbo e lucidità. Con la sua scomparsa, il movimento ecumenico perde una delle figure che gli hanno permesso di progredire in Francia e altrove». Roger Mehl è stato, scrive il pastore
Jacques Maury, ex presidente della Federazione protestante di
Francia, sul settimanale Réforme del 13 marzo, «uno dei principali attori dell’awentura ecumenica all’interno del protestantesimo francese e ben oltre. In questo, fu veramente un
cristiano di questo secolo. Ciò è probabilmente dovuto al fatto
che, come molti altri, compì i suoi primi passi in teologia sotto 0 segno della lotta della parte della Chiesa evangelica tedesca entrata in resistenza spirituale attiva contro l’ideologia e il
regime nazisti fin dal 1933». (eni)
i?i Forum ecumenico delle donne europee
a Graz per dare più spazio alle donne
ROMA — Si è svolta a Roma dal 5 al 9 marzo la riunione del
Comitato del Forum ecumenico delle donne cristiane d’Europa, che ha affrontato fra l’altro il tema della presenza delle donne all’Assemblea ecumenica europea di Graz (23-29 giugno). In
una intervista alla rubrica televisiva «Protestantesimo», andata
in onda su Raidue domenica 9 marzo, la coordinatrice nazionale cattolica del «Forum» in Svizzera, Caterina Gyarmathy, ha affermato che quello dell’ordinazione delle donne rappresenta
un «grande problema» per la chiesa cattolica, perché le molte
donne che hanno studiato teologia «si sentono frustrate perché
non possono utilizzare tutto quello che hanno imparato e che
vorrebbero dare al popolo cattolico». Nella stessa intervista, la
coordinatrice nazionale evangelica del «Forum» in Italia, Doriana Giudici (che è anche presidente della Federazione donne
evangeliche), ha affermato, a riguardo della posizione delle
donne, che «tutte le chiese sono state succubi dell’ambiente
culturale e storico che le circonda. Tutte hanno sbagliato, perché dal Vangelo spicca con chiarezza che attorno a Gesù c’erano delle donne, che chi ha annunciato la risurrezione di Gesù è
stata una donna, che Gesù ha rivelato la sua messianicità per
prima ad una donna, la samaritana. Noi vogliamo andare a
Graz e richiamare le chiese, i teologi, i pastori e i vescovi a rileggere insieme con noi questo Vangelo». (nev)
: V I luterani nel mondo sono 61 milioni
GINEVRA— Il numero dei luterani è salito alla fine del 1996 a
61 milioni. Alla fine dell’anno precedente erano 60 milioni e
duecentomila. Queste cifre sono state comunicate a Ginevra il
15 gennaio dalla Federazione luterana mondiale. Più della metà
dei luterani, oltre 37 milioni, vive in Europa, meno di 15 milioni
in Germania (dove in molte regioni i luterani sono uniti ai riformati e non entrano quindi in queste statistiche). L’aumento della popolazione luterana è dovuto soprattutto all’incremento
delle grosse chiese luterane dell’Africa, in particolare la Chiesa
Mekane Yesus in Etiopia e la Chiesa evangelica luterana della
Tanzania che contano oltre due milioni di membri ciascuna. Le
chiese che fanno parte della Federazione luterana mondiale sono 122 e raccolgono circa 57 milioni di persone. (epd)
Spagna: le chiese protestanti
chiedono un aiuto finanziario statale
MADRID — Cambio di impostazione nei rapporti chiesastato in Spagna. Dalla recente assemblea nazionale della Federazione delle entità religiose protestanti in Spagna (Ferede)
è emersa la richiesta formale al governo affinché venga attribuito un aiuto finanziario alle chiese protestanti pari a quello
attualmente concesso alla chiesa cattolica. La somma verrebbe destinata a fini culturali (case editrici, conservazione di
luoghi storici, restauro di chiese), alla costruzione di una «Casa del protestantesimo spagnolo» e al sostentamento dei pastori emeriti privi di pensione. (nev/alc)
Germania: sorgono difficoltà
per un Kirchentag ecumenico
COLONIA — La proposta di indire un Kirchentag insieme,
fra cattolici e protestanti, da tenersi dopo il 2000, ha portato a
divergenze di opinione tra la Conferenza episcoptde tedesca e
il Comitato centrale dei cattolici tedeschi. I vescovi hanno criticato soprattutto il fatto che l’annuncio del Kirchentag ecumenico si collega all’aspettativa di una comunione eucaristica
fra i partecipanti delle due confessioni. Secondo i vescovi la
celebrazione interconfessionale della cena del Signore «non
può essere giustificata teologicamente». (Reformierte Presse)
Migliorano le finanze del Cec
GINEVRA — Orizzonti più sereni per le finanze del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) che, secondo una dichiarazione del segretario generale, pastore Konrad Raiser, entro la
fine del ’97 potrebbe riportare in pareggio il proprio bilancio,
grazie al buon rendimento di alcuni investimenti e al cambio
favorevole. Raiser ha comunque sottolineato che la crisi economica ha comportato nel ’96 una riduzione nel numero dei
dipendenti (da 237 a 189) e che vi è preoccupazione per il calo
dei contributi dalla Germania, dovuto al mutato atteggiamento del Parlamento tedesco circa la «tassa ecclesiastica» di cui
beneficiano le chiese in Germania. (nevleni)
4
PAG. 4 RIFORMA
venerdì 28 MARZO m yENi
Si è tenuta a Londra, dal 6 al 9 marzo, la prima Conferenza ecumenica paneuropea sui rifugiati e migranti
Le chiese europee in solidarietà con gli sradicati
Gli immensi cambiamenti avvenuti in questi anni nel nostro continente e l'impoverimento crescente di vaste aree del
mondo hanno prodotto forti flussi migratori. Le responsabilità delle chiese verso queste persone e per politiche sociali eq
If
I veri sradicati sono
in realtà i razzisti
Il termine «sradicati», in inglese uprooted, è stato oggetto di attenzione da parte di
molti convenuti. È un termine nuovo, utilizzato diffusamente nel documento base
pubblicato l’anno scorso dal
Cec, che si prefiggeva di raccogliere sotto un unico termine tutte quelle categorie di
persone interessate d^ fenomeno mondiale degli spostamenti forzati da una zona
all’altra del globo. Sradicati
dunque è stato scelto per intendere rifugiati, richiedenti
asilo in paesi ospiti, profughi
costretti a spostarsi anche
all’interno del proprio stesso
paese, e migranti, i quali per
ragioni varie che vanno dalla
guerra al disastro ecologico,
dal dissesto economico alla
persecuzione politica sono
costretti ad allontanarsi dalla
propria terra. La parola «sradicati» intendeva porre l’attenzione sulle cause ancor
prima che sugli effetti delle
migrazioni. Il termine è stato
criticato da alcuni perché
non è largamente usato dalle
persone interessate al fenomeno e poi perché può prestare il fianco a strumentalizzazioni del tipo: bene, se sono sradicati qui, è bene che
se ne tornino nel loro paese!
«I veri sradicati - ha detto
Susanne Lipka, delegata della
chiesa tedesca - sono i razzisti, coioro che rifiutano i migranti, perché sono essi che
non hanno riferimenti, non
hanno radici in questa terra
che non avrebbe conosciuto
civiltà senza migrazioni». Comunque, terminologia a parte, la conferenza è stata un’esperienza collettiva di grande
rilievo che ha messo al centro
10 scambio di notizie e informazioni sui problemi connessi al fenomeno migratorio
nelle varie realtà, dalla Spagna, la Grecia, l’Italia, fino
airUcrania, la Bulgaria, l’Armenia e sulle posizioni e le
azioni che emergono dall’impegno delle varie chiese rispetto al fenomeno migratorio. Le situazioni sono molto
diverse, come ineguale è la
consapevolezza del ruolo che
le chiese possono giocare
nella società nella quale operano. Un fecondo scambio di
idee ha in particolare caratterizzato rincontro fra operatori diaconali del campo provenienti da chiese di paesi occidentali e quelle dell’ex blocco
sovietico.
In questi ultimi paesi dopo
11 crollo dei rispettivi regimi i
fenomeni migratori hanno
completamente cambiato
aspetto e hanno colto di sorpresa chiese e governi. Le
chiese, particolarmente quelle protestanti che rappresentano in quei paesi un’esigua
minoranza, ma anche quella
ortodossa, stentano a trovare
una strategia in ambito di riflessione politica, sociale e
umanitaria in genere, e quindi anche rispetto al fenomeno migratorio. In molti casi
la situazione è così confusa
politicamente ed economicamente precaria per tutti
che porsi il problema dell’accoglienza ai rifugiati appare
compito talmente gravoso
per le amministrazioni locali
e anche per le chiese che viene affrontato con pochissimi
mezzi o non viene affrontato
affatto. «La gente della chiesa è stanca - ha detto Tatiana Ferie, una ragazza delegata della Serbia - perché deve
affrontare ogni giorno i problemi di sopravvivenza. Cercare il dialogo, la riconciliazione, aiutarsi gli uni gli altri
è a volte così faticoso che
tanta gente semplicemente
non lo fa. E allora si creano
barriere fra gente che a volte
ha tutto in comune, la lingua, l’etnia, la religione ma
che per ragioni diverse non
riesce a vivere insieme, a
parlare, a cooperare al bene
comune. Tuttavia bisogna
continuare a tentare».
L’incontro si è svolto alternando sessioni plenarie a lavori in gruppo e si è concluso
con un documento di linea in
cui si offrono alle chiese suggerimenti e proposte per
azioni concrete e campagne
in favore del rispetto dei diritti dei richiedenti asilo, rifugiati e migranti. All’interno
dei lavori della conferenza è
stato anche organizzato un
incontro pubblico a Londra
in una chiesa battista del
centro, la Bloomsbury Baptist Cburch, al quale hanno
partecipato rappresentati ufficiali di chiese inglesi, in
particolare i vescovi anglicano e cattolico dell’area, rispettivamente Roy Williamson e Pat O’ Donoghue, il responsabile della Commissione delle chiese per la giustizia razziale, pastore Tbeo Samuel e due deputati alla Camera dei Comuni. In quell’occasione sono stati ascoltati alcuni cori di chiese formate in maggioranza da persone di recente o antica immigrazione nonché le drammatiche testimonianze di alcuni rifugiati.
I drammatici eventi che in questi giorni interessano la vicina Albania e che coinvolgono diret^mente il nostro paese con l’approdo in massa presso le coste orientali di migliaia di prc^ghi ha richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica italiana, e non solo, sul fenomeno dei
movimenti migratori, anche temporanei, come si pensa sia in questo caso, e di quello dell’accoglienza dei paesi ospitanti. Tutta questa problematica complessa e diversificata è stata al
centro dei lavori della conferenza ecumenica paneuropea: «Chiese in solidarietà con gli sradicati». che si è tenuta a Londra dal dal S ai 9 marzo scorsi. Per la prima volta circa 130 persone
provenienti da 35 paesi diversi, delegate da chiese europee di varie denominazioni in maggioranza protestanti e ortodosse, e da organizzazioni internazionali ecumeniche e umanitarie, si
sono incontrate per discutere le problematiche relative a rifugiati e migranti
La conferenza, co-organizzata dal Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), dalla Conferenza
delle chiese europee (Kek) e dalla Commissione delle chiese europee per i migranti (Cerne),
aveva come scopo principale quello di lanciare in tutte le chiese europee l’anno 1997 come anno delle chiese in solidarietà con gli sradicati. «La conferenza - si legge nel documento di intenti - è promossa allo scopo di aiutare le chiese europee a identificare collaborazioni, a imparare a “vivere con gli sradicati”, a rivolgere appelli alle istituzioni nazionali ed europee. Gli
immensi cambiamenti in Europa, che riflettono anche la presenza e il contributo delle persone
sradicate, rappresentano una sfida per le chiese a che si ricerchino nuovi modi per lavorare insieme per rispondere ai bisogni delle persone e per influenzare gli atteggiamenti e le politiche
dei governi. La conferenza intende specialmente approfondire la comprensione cristiana di essere la "chiesa dello straniero”, insieme alle persone sradicate».
Erano presenti in rappresentanza della Federazione delle chiese evangeliche in Italia Cecilia
Laari, del gruppo ecumenico donne migranti, Sahondra Rajarisoa deU’associazione giovanile
Tam-tam, rispettivamente appartenenti alla Chiesa evangelica di lingua inglese e a quella di
lingua francese di Roma, e Anna Maffei che è anche membro del comitato del Servizio rifugiati
e migranti della Fceie dell’Esecutivo del Cerne e che ha curato queste pagine con la collaborazione di Marta D'Auria.
Migrazioni, una sfida per tutti i cristiani
Patrick Taran, segretario per
le migrazioni del Cec, è stato con
John Taylor della Kek il principale organizzatore della Conferenza di Londra. Riprendiamo
qui di seguito parte del suo intervento in occasione dell’incontro pubblico nella chiesa battista
di Bloomsbury.
«Noi viviamo in un tempo
di crisi. È tempo di kairos, un
tempo per la fede cristiana di
rispondere a sfide straordinarie. Il mondo sta sperimentando Taccellerazione di un
processo di disumanizzazione e criminalizzazione delia
migrazione. L’uso sempre
più frequente del termine
“immigrato illegale" è la più
lampante manifestazione di
questo. Questa espressione
attraverso due semplici parole mercifica e disumanizza
delle persone, le rende “merce anti-sociale”, un po’ come
le droghe illegali. Le politiche
governative tendono a praticare e rafforzare le misure
corrispondenti a questo concetto utilizzando per l’immigrazione termini come prevenzione, detenzione, deterrenza, che sono gli stessi termini usati per descrivere la
lotta allo spaccio della droga.
Dobbiamo qui dire con forza
che nessun essere umano
può di per sé essere considerato illegale!
Le soluzioni politiche e legali prospettate a livello nazionale e internazionale sono
inoltre ancora basate su sistemi concettuali, terminologie, strutture e attitudini elaborate 50 anni fa in condizioni storiche diverse, studiate
Un momento dell’incontro di Londra: secondo da sinistra è Thanasis Apostoiou, moderatore dei Cerne
per poter servire in periodo
di guerra fredda gli interessi
economici delle nazioni occidentali. Mi riferisco in particolare alla definizione di rifugiato e agli apparati corrispondenti, compreso l’Alto
commissariato per i rifugiati
deirOnu. Mi riferisco anche
alla categoria di lavoratore
migrante, anche chiamato lavoratore ospite, utilizzata per
giustificare l’uso di lavoro
flessibile e a buon mercato
per paesi industrializzati. [...]
Questi termini erano inade
prendere e rispondere al fenomeno migratorio oggi. Ci
siamo consultati anche con
organizzazioni intergovernative e gruppi di migranti.
Questo processo è sfociato
nella Dichiarazione del Cec
sugli sradicati.
Questa dichiarazione identifica le cause del dislocamento forzato [...], offre una
riflessione teologica sulla responsabilità delle chiese di
affrontare la questione dello
sradicamento, nelle sue cause e nelle sue conseguenze.
L’esibizione di un coro tamii dello Sri Langa
guati già quando furono coniati per identificare quelli
che allora avevano bisogno di
protezione. Oggi nel nuovo
ordine mondiale essi sono
del tutto inadeguati. Le leggi
vigenti con la terminologia
che usa, di fatto esclude il riconoscimento di molte persone bisognose di protezione
e assistenza, che per questo
fanno appello alla solidarietà
delle chiese, delle società, degli stati. Questo è un kairos.
Ma bisogna andare oltre la
protesta. Quelli che sono meglio ascoltati sono coloro che
presentano concetti chiari e
politiche coerenti. Sulla migrazione e sui rifugiati coloro
che sono ascoltati di più in
Europa sono i Le Pen e i Jörg
Haider. Essi hanno un messaggio chiaro e cosiddette
“soluzioni" da proporre.
Questa conferenza e l’anno
ecumenico delle chiese in solidarietà con gli sradicati rappresenta un primo passo
nell’elaborazione di un nuovo quadro di riferimento per
affrontare il nodo del dislocamento forzato, sulla base di
valori cristiani. Negli ultimi
quattro anni il Consiglio ecumenico delle chiese ha coordinato un processo di consultazione fra le chiese per
articolare dei principi base
(principi cristiani) per com
Offre inoltre opzioni per
l’azione dei cristiani su tre
temi: la protezione dei diritti
e della dignità degli sradicati;
l’impegno per la giustizia e
per la pace; la creazione di
comunità insieme con gli
sradicati. Questo quadro di
riferimento può provvedere
una base per sviluppare politiche e misure legali adeguate. |...] Incontri specifici sono in programma in tutti i
continenti. L’incontro di
questi giorni qui a Londra
rappresenta la prima conferenza paneuropea sul tema e
costituisce il lancio del 1997
come anno ecumenico di solidarietà delle chiese con gli
sradicati. Noi speriamo che
questi eventi siano un segno
che con la fede e l’azione noi
possiamo fare la differenza
nel mondo».
Patrick Taran
Testimonianza ^
di un rifugiato \
Abbiamo raccolto questa
stimonianza durante i /u,
della conferenza di Londra.\
Emanuel Ogede, nigeriano,
Londra da quasi due mesti
qualche settimana scade i||
visto turistico e dovrebbe ij
trare in patria. La sua pan
esperienza fa temere forterot
per il suo futuro.
«Mi chiamo Isah Eman
Ogede, ho 26 anni, sono;
vocato e attivista per i dii
umani. Il 7 giugno del li
in seguito a una lettera nj
quale accusavo il govei
militare presente nelj
paese di essere compì
deH’assassinio di Alhajal
dirat Abiola, moglie di un
tivista per i diritti umani,i
no stato arrestato e porti
ad Aso Rock per gli intet
gatori. In una sala internai
no stato torturato; mi hai
percosso il corpo con ogg
taglienti e mi hanno colji
la schiena con pesanti bas
ni. Ho cominciato a pregi
e digiunare per la Nigeria
gli uomini della sicuiezj
hanno scambiato il mio '
giuno per uno sciopero è
Lpi
Nya
feren:
spons
tinenti
ve e d
in fave
ti. NyJ
ganisr
can C
(Aacc)
lavoro
contir
di me
quali
dono Í
ci che
in cias
pasto
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alle m
sano il
«In.
stadie
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cora c
che d<
periti
Croce
chiam
accogl
no pei
starsi
esse d
fame. Ogni volta che mil
turavano io svenivo, inqi j^ntei
momenti così terrihili)
chiesto a Dio di aiutaru j.
darmi la forza necessariaj p„ntiT
andare avanti.
Dopo una lunga serie
estenuanti interrogatori,;
migras
bili so
della (
della g
_ -Put
io di n
sal’Afr
«La j
gover
j su qui
portato in infermeria dove guardi
dottore disse agli agenti^ ^ jg ^
custodia che sarei certa®
te morto se non avessi a«
delle cure immediate, loi
vivo loro vivo, e così piaif
no mi ripresi un po’ in salo
Per circa quattro settima
sono rimasto recluso. Ini
geria c’è una dittatura mi
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Una
Intervista a Mulunda Nyanga, pastore zairese, coordinatore continentale
Chiese africane e migrazioni
Un ruolo che solitamente precede quello degli organismi internazionali
/ più rilevanti spostamenti di popolazioni avvengono alUnterno del continente
ANNA MAFFEI
IL pastore zairese Mulunda
Nyanga, presente alla conferenza di Londra, è il responsabile per l’intero continente africano delle iniziative e del lavoro delle chiese
in favore di rifugiati e migranti. Nyanga coordina per l’organismo ecumenico All African Conférence of Churches
(Aacc), con sede a Nairobi, il
lavoro dei quattro uffici subcontinentali che si occupano
di movimenti migratori, i
quali a loro volta sovrintendono al lavoro dei singoli uffici che l'Aacc ha organizzato
in ciascuno stato africano. Al
pastore Nyanga abbiamo
chiesto di parlarci del ruolo
della chiese africane rispetto
alle migrazioni che attraversano il continente.
«In Africa il lavoro con gli
sradicati è prima di tutto lavoro delle chiese. Prima ancora dei governi, prima anche dell’Alto commissariato
peri rifugiati dell’Onu o della
Croce Rossa sono le chiese
chiamate a dare immediata
accoglienza, Quando arrivano persone costrette a spostarsi da un paese all’altro,
esse dormono nelle chiese,
qui ricevono cibo e assistenza. Dunque per noi è importante riconoscere e sostenere
le chiese in questo servizio. Il
mio ruolo di coordinatore
continentale è in gran parte
politico, è quello di parlare ai
governi a nome delle chiese
su questioni inerenti la salvaguardia dei diritti dei rifugiati, la ricerca delle cause delle
migrazioni forzate e di possibili soluzioni, la questione
della democratizzazione e
della giustizia economica».
^ -Può darci un'idea delflusìo di migrazioni che attraversa l’Africa?
«La percentuale delle per
L'intervento di un africano richiedente asiio in Gran Bretagna
sone che migrano in Europa è
irrisoria rispetto a quella che
interessa il continente africano al suo interno. In grandi linee ci sono due grandi movimenti. Il primo va dall’Africa
subsahariana verso il Sud
Africa. Decine di migliaia di
persone migrano in quella
zona per cercare lavoro, per
studiare, per trovare delle
condizioni sanitarie migliori.
Questo flusso quando non è
assorbito dal mercato del lavoro, spesso saturo, va ad alimentare la criminalità e queste situazioni naturalmente
devono essere affrontate dalle chiese. Il secondo movimento riguarda le persone
che dal Sudan e da altri paesi
come l’Algeria si dirigono verso l’Egitto e verso il Kenia.
Questi grandi flussi di persone sono generalmente poco
conosciuti, e poco si riflette
sulla capacità che questi paesi dimostrano di offrire ospitalità e accoglienza nonostante abbiano essi stessi notevoli
difficoltà economiche».
- Sappiamo che recentemente le chiese africane hanno preso delle posizioni molto
decise rispetto al problema
delle mine antiuomo. Che cosa ci dice in proposito?
«In Angola e Mozambico
abbiamo il più alto numero
di vittime delle mine. Solo in
Angola più di 80.000 persone
sono menomate a causa
dell’esplosione di mine disseminate sul territorio in più di
20 anni di guerra. Noi stiamo
mobilitando le chiese e facendo pressione sui governi
per fermare l’importazione
delle mine che in gran parte
sono costruite in Europa.
Stiamo inoltre chiedendo insistentemente ai nostri governi e alle organizzazioni internazionali di sminare il territorio, cosa diffìcile ed estremamente costosa. La presenza delle mine ha disastrose
conseguenze sulle economie
degli stati in quanto la gente
non può lavorare e produrre
cibo su territori infestati dalle
mine e quindi li abbandona.
Noi siamo doppiamente sradicati, non solo quando lasciamo la nostra terra, ma
anche quando ci viviamo ma
non possiamo usarla».
- Qual è attualmente la situazione rispetto ai rifugiati
nello Zaire e in Ruanda?
«La situazione è molto difficile nello Zaire orientale dove
ancora abbiamo più di 100
mila rifugiati hutu che vagano
nelle foreste equatoriali stretti
fra l’esercito zairese e i ribelli.
I rifugiati invece che sono ritornati, più di 400.000 dallo
Zaire e altri 400.000 dalla Tanzania, rappresentano una sfida per il governo e per le
chiese ruandesi, la sfida della
ripresa della vita in una nazione che è stata divisa e traumatizzata dal genocidio. Di
quelli che stanno tornando
molti vivono nella paura. È
importante che le chiese in
Ruanda facciano la loro parte
nel processo di reintegrazione
di queste persone affinché la
gente senta non solo di tornare nel proprio paese ma abbia
la sensazione di tornare a casa, dove poter sperare di vivere in pace. C’è anche l’altra
grande sfida, quella della giustizia. Molti sono coloro che
aspettano che si faccia giustizia, che si trovino e si processino i colpevoli del genocidio.
Ma non è possibile che si arrivi a fare questo in pochi mesi.
Ci vuole tempo e pazienza
perché questo governo provi
nei fatti che esso ha cura di
tutti i suoi cittadini, e non ne
protegga solo alcuni».
- Che ruolo le chiese europee possono giocare nei confronti di quelle africane?
«Io sono venuto qui per dire che le chiese africane ed
europee hanno la responsabilità di creare una comunità
alternativa. In mezzo a questa oscurità Gesù ci chiama
ad essere luce del mondo.
Nei diversi paesi dobbiamo
sostenere la causa dei più deboli, portare avanti progetti e
programmi comuni. Se le
chiese europee non riescono
a guardare a se stesse come
l’inizio di una nuova comunità umana in una situazione
in cui la xenofobia cresce e i
vostri paesi chiudono le frontiere, esse non sono fedeli alla propria vocazione».
La Germania e i rifugiati della guerra in Bosnia
MARTIN AFFOLDERBACH
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sermii Hannovoi, 11 pastore che presiedeva li colto e anche gli altri partecipanti furono alquanto sorpresi di questa visita. Non m a comune infatti
avere un gruppo di credenti
africani seduti tra loro. Dopo
il culto essi si rivolsero al pastore e agli altri membri del
Consiglio di chiesa dichiarando di voler rimanere nella
chiesa come richiedenti asilo. Spiegarono infatti che per
il giorno dopo era previsto il
loro trasferimento coatto ad
opera della polizia nell’ambasciata nigeriana, la quale a
sua volta avrebbe fornito loto i passaporti per il rimpa
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che perché quella comunità
non aveva mai avuto a che
tare con questioni relative ai
rifugiati. Iniziò un negoziato
fra autorità statali, rappresentanti ufficiali della chiesa
a coordinamenti di rifugiati e
richiedenti asilo mentre
esterno furono organizzata campagne e azioni di solidarietà.
Duri e difficili da gestire fuono in quel periodo sopratiticaiiitr jntto gli attacchi che veniva, la vii* pL.^n^' interno stesso della
ccettsi* aniesa locale coinvolta. Un
ità». numero di membri di
chiesa era totalmente contrario ad offrire supporto ai richiedènti asilo. Il pastore ricevette tante proteste da essere costretto a staccare il telefono per molto tempo. Dopo un paio di settimane i rifugiati cominciarono uno
sciopero della fame. La tensione aumentava. Qualche
tempo dopo la chiesa ottenne una parziale risposta e le
autorità acconsentirono a sospendere il rimpatrio forzato
e mandare i richiedenti asilo
di nuovo nella loro precedente residenza in attesa di trovare altre soluzioni. Ma dall’inizio di quest’anno quasi
tutto il gruppo è di nuovo
nella chiesa. Finora non si è
trovata soluzione per la maggior parte di loro, tranne la
promessa da parte delle autorità di non arrestarli nel
luogo di culto.
Questa è solo una delle 3040 storie riguardanti le chiese
come luoghi di asilo. 11 primo
caso in Germania all’interno
del movimento denominato
delle chiese santuario, avvenne a Berlino tredici anni fa. Il
numero delle chiese coinvolte aumentò moltissimo dopo
la legge che nel 1993 restringeva in Germania il diritto di
asilo, legge varata per arginare il numero dei richiedenti
asilo che ammontava solo nel
1992 a 438.000 casi. Da allora
il loro numero si è ridotto
drasticamente ma le chiese
coinvolte sono sempre aumentate. Si stima che circa
2.000 rifugiati abbiano avuto
a che fare con le chiese nel
loro itinerario per ottenere
un approfondimento del loro
caso. Solo qualche mese fa è
stata pubblicata un’inchiesta
a cura del Coordinamento
ecumenico rifugiati della
chiesa tedesca che mostra
che circa nel 70% dei casi le
comunità coinvolte sono riuscite ad ottenere soluzioni
più o meno positive per i rifugiati: il riesame del caso, un
permesso di residenza temporaneo o più a lungo termine, l’ammissione in un paese
terzo ed altre opzioni. Questo
dimostra che l’attività che la
chiesa svolge nel campo del
diritto d’asilo non si pone
contro le autorità dello stato
federale. Al contrario le chiese rappresentano in realtà,
come affermato dal vescovo
della Chiesa evangelica di
Berlino-Brandenburgo, Wolfgang Huber, un sostituto delle autorità statali rispetto alla
cura per i diritti umani, cura
che le stesse autorità non dimostrano di avere.
In quest’ultimo periodo
molti politici e rappresentanti della chiesa si stanno recando spesso in Bosnia per
cercare di capire l’attuale situazione politica in quel paese. Durante la guerra infatti
la Germania ha accolto circa
350.000 rifugiati dalla Bosnia.
La maggioranza di questi rifugiati non sono stati aiutati
finanziariamente dalle autorità statali ma da loro amici e
parenti presenti già in Germania. Dopo la fine della
guerra e la firma del trattato
di Dayton i responsabili del
governo hanno deciso che
questi rifugiati dovessero ri
tornare nel loro paese in
quanto il loro status quello di
«persone temporaneamente
sotto protezione». Il loro rimpatrio doveva avvenire volontariamente ma se poi non
fossero tornati a casa entro
un termine stabilito allora sarebbero stati rimpatriati dalle
autorità tedesche.
Questo ha molto impaurito
i rifugiati e finora solo alcune
migliaia di loro sono ritornati.
Rappresentanti ufficiali della
chiesa tedesca e altri che hanno visitato la Bosnia hanno
affermato che il rimpatrio è
possibile solo in certe aree limitate che dovrebbero essere
determinate dall’Alto commissariato per i rifugiati delle
Nazioni Unite. Inoltre alcuni
gruppi di rifugiati, in particolare quelli che hanno sofferto
forme di tortura dovrebbero
avere il permesso di restare
senza limiti. I politici che
hanno visitato la Bosnia hanno espressamente affermato
che è possibile rimpatriare
anche in gran numero i rifugiati perché c’è bisogno di loro per ricostruire case e infrastrutture. È invece opinione
dei responsabili della chiesa
che un ritorno massiccio in
tempi brevi potrebbe causare
nuove tensioni e conflitti anche armati. Le opinioni quindi divergono. L’inizio di aprile è la data stabilita per iniziare il rimpatrio coatto e c’è da
sperare che i politici responsabili cerchino soluzioni che
rispondano sia ai bisogni e alle paure dei rifugiati che al
processo di pacifico ristabilimento della Bosnia.
Fra guerra ed espulsioni
La resistenza in diaspora
della comunità armena
La chiesa apostolica armena
appartenente alla tradizione ortodossa orientale, che accetta solo i primi tre Concila ecumenici,
mentre rifiuta le conclusioni del
IV Concilio, quello di Calcedonia, era rappresentata alla conferenza di Londra dal sacerdote
Haigazoun Najarían che è decano di uno dei seminari teologici
in Armenia. Gli abbiamo chiesto
di parlarci della comunità armena della diaspora e delle ragioni
della massiccia emigrazione di
armeni dalla loro terra.
«Molti si ricorderanno del
terremoto che nel 1989 provocò un enorme disastro in
Armenia con un numero imprecisato di morti, stimato fra
gli 80.000 e i 200.000. Dopo
soli due anni, con il crollo del
regime sovietico, tutte le opere di ricostruzione che erano
state avviate furono sospese
e attendono fino ad oggi il
completamento. Il terremoto
e la caduta del regime sovietico hanno portato con sé un
carico di problemi economici,
di disoccupazione, di mancanza di alloggio e di infrastrutture per una larga fetta
del suoi tre milioni e mezzo di
abitanti. Dopo il crollo del regime iniziò una guerra con il
vicino Azerbajdzan a causa
della regione del Nagorno Karabagh. Molti sono morti in
quel conflitto e più di 300.000
armeni sono stati espulsi
dall’Azerbajdzan e da altri
stati confinanti e sono entrati
in Armenia. Molti di questi
profughi provenienti da poli
industriali del settore petrolchimico erano persone altamente specializzate, spesso in
possesso di laurea, che in Armenia non trovavano alcuno
sbocco lavorativo. Dopo la disgregazione delTUrss, l’Armenia, priva di fonti energetiche
e materie prime, bloccata negli scambi commerciali alle
frontiere dalla Turchia, dall’Azerbajdzan e dall’Iran, si è
trovata in una terribile crisi
economica con un tasso di disoccupazione che arriva al
90%. Questo ha portato circa
500.000 persone ad emigrare
negli ultimi tre o quattro anni. Forse 200.000 sono in Russia senza alcuno status legale,
altri 100.000 sono negli Stati
Uniti e il resto sono disseminati nel resto dell’Europa. Essi cercano di raggiungere le
nazioni più ricche ma quando
è impossibile si fermano dove
possono».
- La chiesa armena attua
una forma di cura pastorale
per la sua gente che emigra?
«Nel 1915 dopo il grande
genocidio di 500.000 armeni
ad opera dei turchi, il resto
degli abitanti fu cacciato dalla propria terra. I nove decimi della regione armena è
oggi in Turchia e lì non ci sono più armeni. Come chiesa
abbiamo in Europa e negli
Stati Uniti una grande diaspora. C’è una chiesa armena
anche in Italia, a Milano, che
conta circa 200 famiglie. La
presenza di preti ortodossi
armeni è comunque insufficiente; andiamo dove ci chiamano e facciamo il possibile
per curare le persone. Prima
del genocidio c’erano circa
5.000 preti, ora per lo stesso
numero di armeni di allora,
circa sette milioni di cui la
metà nella diaspora, abbiamo solo 500 preti. Questo
mostra come la chiesa è indebolita. In questi ultimi tempi
gli studenti in teologia sono
leggermente in aumento ma
sono ancora molto pochi. E
poi la chiesa manca di vita
comunitaria, del senso di appartenenza, di organizzazione nel campo diaconale, e ci
vorrà del tempo per riformare tutto ciò. Nella diaspora la
vita comunitaria è forse più
facile perché c’è una maggiore responsabilità e partecipazione dei laici».
- C’è una identificazione
culturale per gli armeni fra
nazionalità e appartenenza
religiosa?
«Sì, se si pensa che l’alfabeto armeno, che è diverso da
tutti gli altri alfabeti, è stato
creato all’inizio del V secolo
con il solo proposito di tradurre la Bibbia in armeno. La
nostra nazione è nata nella
fede cristiana, perché quando è nata la letteratura essa è
sorta appunto come letteratura biblica».
La paradossale situazione
della Gran Bretagna
Inderjit Bhogal, pastore
metodista di origine sikh in
Gran Bretagna, ha intrapreso
il 10 marzo scorso una marcia
di 300 chilometri per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e delle chiese
sulla situazione dei richiedenti asilo in Gran Bretagna.
La situazione dei richiedenti
asilo è in effetti molto critica
in Gran Bretagna per la politica attuata da cinque anni a
questa parte dai governo
Major che, per scoraggiare le
richieste di asilo politico in
Gran Bretagna, costringe circa la metà dei richiedenti in
campi di detenzione e addirittura in molti casi nelle normali prigioni.
Coloro che dunque fuggono da situazioni di persecuzione, tortura, estrema penuria e sofferenza sperimentata
nei paesi di provenienza, si
trovano così nella paradossale situazione di perdere la
propria libertà in Gran Bretagna per il solo torto di aver
chiesto aiuto e protezione in
quella nazione. In seguito
all’estrema protesta dei mesi
scorsi alcuni dei richiedenti
asilo coinvolti nello sciopero
della fame sono stati successivamente rilasciati.
La prassi in uso in Gran
Bretagna di rinchiudere in
campi di detenzione i richiedenti asilo politico è attualmente sotto dura critica da
parte delle chiese, particolarmente quelle coordinate dalla Commissione delle chiese
per la giustizia razziale che
da tempo denuncia abusi legati a questa pratica e chiama i credenti ad appoggiare
campagne di promozione dei
diritti di richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Da una ricerca resa pubblica nell’ambito di un incontro tenutosi a
Londra a cura della stessa
Commissione lo scorso novembre, risultavano detenuti
nel 1996 ben 864 richiedenti
asilo. Sono stati anche denunciati casi di suicidio in
carcere e di maltrattamento.
La Conferenza ha inviato al
pastore Boghal un messaggio
di solidarietà.
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PAG. 6 RIFORMA
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Caserta: una lezione a due voci con Mario Miegge e Fulvio Ferrario
Aspetti della Riforma radicale
Müntzer, la predicazione dei profeti e la scelta di campo a favore
dei contadini. La Riforma a Zurigo, Zwingli e l'eredità dell'anabattismo
DAVIDE CIELO
IL prof. Mario Miegge e il
pastore Fulvio Ferrario, invitati dal pastore Giovanni
Traettino, sono stati ospiti
dell’istituto «G. F. Alois» di
Caserta il 21 febbraio. L’argomento sul quale hanno tenuto una bella lezione di storia a
due voci è stato la cosiddetta
«Riforma radicale», cioè quel
vasto e variegato movimento
religioso e sociale nato nel
XVI secolo all’interno della
Riforma vera e propria e poi
sviluppatosi in maniera autonoma in varie zone dell’Europa in aperto contrasto con la
sua matrice originaria.
Sul ramo più consistente e
più noto di quel movimento,
usualmente designato con il
termine «anabattismo», i due
oratori hanno intrattenuto i
presenti. Miegge ha parlato
dell’anabattismo nella Germania prendendo in esame
due testi fondamentali: la
«Predica ai principi» di Thomas Müntzer e il «Manifesto
dei 12 articoli». Il primo testo
è costituito dal lungo sermone sul capitolo 2 del libro del
profeta Daniele (il sogno del
re di Babilonia della grande
statua) pronunciato da Müntzer il 13 luglio 1524 nella cittadina di Allsted, dove era
stato convocato dai principi
di Sassonia. In esso Müntzer
si rifaceva ampiamente alla
predicazione dei profeti e, a
proposito del sogno di Nabucadnetsar, egli vedeva nel regno raffigurato dai piedi di
ferro e di argilla della statua,
il connubio tra chiesa e stato
che sarebbe stato frantumato
dalla comunità degli eletti. Al
discorso di Müntzer seguì,
come è noto, la sua decisione
di schierarsi dalla parte dei
Contadini in rivolta nel 1525 in un’incisione sul legno
contadini in rivolta, dei quali
condivise la tragica sorte.
Dei «12 articoli» Miegge ha
commentato i primi tre che
riguardano i principali diritti
rivendicati dai contadini: la
libertà di ogni comunità di
eleggere ed eventualmente
destituire il proprio parroco,
il compito della riscossione e
dell’amministrazione della
tassa ecclesiastica (decima)
attribuito ai membri del presbiterio, l’abolizione della
servitù della gleba. Ferrario
ha parlato dell’anabattismo a
Zurigo, ricordando innanzitutto le riforme operate da
Zwingli nella chiesa di cui era
parroco: introduzione del sistema di leggere nei culti in
modo continuativo un libro
della Bibbia, scelto di volta in
volta; creazione di cenacoli
per la lettura comunitaria dei
testi sacri; in certi casi la lettura della Bibbia fatta da
Zwingli stesso (da buon umanista erasmiano) sui testi originali. Su queste innovazioni
si basò un gruppo di fedeli
che, malgrado la distanza e la
mancanza di mezzi di informazione, avevano avuto sentore dell’azione degli anabattisti in Germania, per chiede
re cambiamenti più radicali:
l’abolizione del digiuno quaresimale, la messa in discussione del celibato ecclesiastico e del culto dei santi, il rifiuto di pagare le decime alle
autorità civili, soprattutto la
sostituzione del pedobattismo col battesimo degli adulti credenti in virtù dell’assioma: cristiani non si nasce ma
si diventa.
A partire da queste richieste, che Zwingli non volle accogliere, si operò la rottura. E
fu facile agli anabattisti accusare Zwingli di incoerenza,
perché mentre da una parte
affermava l’autorità della Sacra Scrittura, dall’altra si opponeva alle loro richieste che
proprio su di essa si basavano. Emerse così la questione
di fondo: da chi deve essere
fatta l’interpretazione della
Sacra Scrittura? Dagli specialisti (Zwingli creò una specie
di corporazione di teologi addetti a questo compito) o dai
singoli credenti? Purtroppo
dalla controversia verbale si
passò a quella armata e ci fu
la persecuzione, di cui fu vittima, tra gli altri, il teologo
anabattista Balthasar Hubmaier. Nel susseguente dibattito, moderato da Paolo Mastroianni, è stato affrontato il
difficile problema di ciò che
oggi è rimasto del movimento
anabattista. È stato chiarito,
comunque, che gli eredi dell’anabattismo non sono, come spesso erroneamente si
pensa, i battisti moderni. Elementi tipici del patrimonio
dottrinale anabattista si ritrovano sparsi qua e là in diversi
gruppi religiosi posteriori, ma
quelli che possono essere
considerati gli eredi veri e
propri degli anabattisti sono
forse soltanto i Mennoniti.
Un importante testo della Claudiana
In Ci
al m
L'Ed
Il pensiero protestante
nel secolo dei Lumi
EMMANUELE PASCHETTO
N ELLA sua preziosa opera
di mediazione della storia e del pensiero protestante
alla cultura italiana, la Casa
editrice Claudiana di Torino
ha pubblicato recentemente
un volume che merita una
particolare segnalazione*, la
seconda pubblicazione della
serie Protestantesimo nei secoli, fonti e documenti, concepita per offrire una panoramica seria e autorevole del
pensiero protestante dalle
sue origini ai giorni nostri,
nella sua evoluzione e nelle
sue diverse ramificazioni.
Il primo volume, apparso
nel 1991, copriva il periodo
del XVI e XVII secolo mentre
l’attuale, di circa 480 pagine,
è dedicato interamente al
’700. I due curatori, Emidio
Campi e Massimo Bubboli,
provengono da esperienze
diverse di vita ecclesiale. Valdese il primo, professore di
storia ecclesiastica presso
la Facoltà di teologia dell’Università di Zurigo, cresciuto nell’ambiente delle
Chiese libere il secondo, docente alle Università di Macerata e di Firenze. Entrambi
con profonde conoscenze
anche «dall’interno», come
credenti impegnati, della materia che trattano, hanno già
pubblicato diverse opere su
questi argomenti. Campi ha
una particolare conoscenza
del protestantesimo di lingua
tedesca. Bubboli del mondo
evangelico anglosassone.
L’opera si rivolge a studenti
e docenti, ma è stata concepita anche per il pubblico più
vasto che voglia documentarsi con serietà sulle fonti del
pensiero scaturito dalla Riforma e acquisire una migliore comprensione del fenomeno «protestantesimp» che
costituisce uno degli elemen
® Una conferenza a Palermo
Scoprire il protestantesimo
attraverso la letteratura
MARGHERITA PENNINO
.T L nostro paese esce da
X ui ■
. un lunga epoca di autarchia culturale rotta solo
da Cesare Pavese e da Elio
Vittorini, al tramonto del fascismo, con la scoperta della
letteratura americana; tuttavia il nostro paese ha ritenuto, durante la “prima Repubblica”, di essere dotato di
una universalità sul versante
cattolico e su quello marxista al di fuori dei quali poco
altro interessava». Così ha
dichiarato Giorgio Bouchard
in una delle affermazioni
conclusive della conferenza sul tema «Bibbia e letteratura nel vecchio e nel nuovo mondo», organizzata dal
Centro evangelico di cultura
«Giacomo Bonelli» con il patrocinio dell’Irrsae-Sicilia, tenuta lo scorso 18 febbraio
nella chiesa valdese di Palermo in occasione dell’inaugurazione del ciclo «L’Italia in
Europa: conoscere il protestantesimo».
Bouchard ha ben sintetizzato il senso dell’iniziativa
del Centro: infatti l’idea di
promuovere un ciclo di conferenze su temi non specificamente confessionali è nata
da una esigenza di aggiornamento e di ricerca sugli apporti che il protestantesimo
ha fornito all’Europa nei differenti settori della cultura e
delle arti, in un momento in
cui l’accelerazione verso una
comune identità di propor
zioni continentali non può
avere soltanto connotazioni
di tipo economico. Partendo
da alcuni eventi fondamentali quali la traduzione di Lutero della Bibbia e la versione
inglese del 1611 di King James, Bouchard ha esaminato
efficacemente gli apporti che
soprattutto in Germania, in
Inghilterra e negli Stati Uniti,
tali eventi hanno sollecitato
nell’ambito delle produzioni
letterarie, generando e stimolando uno stile talvolta di
ispirazione popolare (Hans
Sachs), talvolta di carattere
epico e trascendente (John
Milton e John Bunyan), altre
volte di carattere evocativo o
segnatamente sociale (Herman Melville e Nathaniel
Hawthorne).
È stato fortemente sottolineato dal relatore l’elemento
comune della produzione
letteraria di scrittori protestanti, caratterizzata dalla
esplicita venatura democratica e dall’indicazione reiterata
a principi di libertà, responsabilità ed efficacia dell’azione, in coerenza con la dimensione spirituale. Alla conferenza di Bouchard seguiranno, con un ritmo quindicinale (prossimo appuntamento
il 4 marzo), altri sette appuntamenti che spazieranno dalle riflessioni sulla musica, sul
cinema, sulle radici della solidarietà sociale, alle utopie e
rivoluzioni del nostro tempo
e all’influenza del protestantesimo in Sicilia.
L'attualità drammatica della Bosnia in scena a Milano
I sogni per fuggire dalla realtà della guerra
PAOLO FABBRI
La televisione ci riempie di
:
I immagini di guerra, dalla
Bosnia al Ruanda all’attuale
tragedia dell’Albania. Ciò che
destano è talvolta orrore, talaltra disgusto durante un pasto, oppure annoiata indifferenza per qualcosa che accade lontano da noi. Mai però
succede che entrino a lambire l’animo, la sensibilità sepolta dentro di noi. È quindi
particolarmente interessante
la ricerca che una parte del
teatro sta portando avanti,
proponendo una rivisitazione di luoghi della memoria,
svolta talora sul piano della
poesia, talaltra su quello dello stimolo intellettuale. È il
caso del Partigiano Johnny di
Luca Redaelli e Beppe Rosso,
di Gioventù senza Dio di Marco Baliani e anche della Cacciatrice di sogni, monologo di
Rocco D’Onghia, presentato
al Teatro Verdi* con la regia
di Salvatore Piccardi e l’interpretazione di Jolanda Cappi.
In una città della Bosnia
stretta d’assedio vive una madre con la sua bambina segregata in casa per la paura di
tutto. Un giorno il cielo si
oscura «come se si facesse un
funerale», la catastrofe incombe, la madre esce per vedere che cosa succede e al ritorno non trova la bambina,
fuggita per inseguire i suoi
sogni di un mondo di pace e
gioia nati dalle fiabe. Inizia
così la ricerca disperata, accompagnata dalla musica ossessiva dei colpi di cannone,
in luoghi desolati in cui il ca
lore umano e l’amore sembrano essersi fusi nel crogiolo delle esplosioni e saliti nel
cielo a formare la nera coltre
che copre la città. Sale allora
l’invocazione «Dio aiutami»,
ma Dio sembra sordo alla
preghiera: «Lassù hanno
spezzato in due il foglio della
mia esistenza».
Tra le pieghe di questo foglio si insinua il sonno nel
corpo stremato e nel sonno il
sogno, nato dal tormento incessante, dopo aver pianto
tutte le lacrime del mondo. È
nel sogno che compare «l’uomo dagli occhi di cobalto»
che da bambina le raccontava le fiabe ed è in questa atmosfera, al confine fra realtà
e illusione, che appare il mitico ponte costruito dal Gran
Visir per unire i popoli di lingue diverse creando la pace.
II continuo varcare la soglia
tra coscienza e incoscienza,
tra realtà di guerra e fantasia
di pace, dilata la sensibilità
della donna, che arriva a leggere i sogni degli altri e finalmente incontra il sogno della
sua bambina, le parla, le sorride, le regala consigli per sopravvivere nel mondo desolato in cui si trova. I rumori di
guerra sovrastano di nuovo
tutto, altri morti e tra questi
«l’uomo dagli occhi di cobalto» che raccontava fiabe di
pace. Si riafferma la ferrea logica della guerra, ma resta la
traccia del sogno. I ponti,
metafora della speranza nella
pace, nella concordia, nell’amore, sono più importanti
dei templi, delle chiese.
Questa bella opera di poe
sia, nella splendida interpretazione di Jolanda Cappi, sorretta da una valida regia e da
un eccellente lavoro di luci,
rammenta che il mostro della
guerra è dentro di noi anche
quando sembra confinato a
popoli che, nel nostro intimo,
consideriamo barbari, in preda a furiose frenesie etniche
per noi incomprensibili. Nel
nostro animo però c’è anche
l’amore, che spunta come un
fiore nei luoghi più impensati
come nei campi di sterminio
nazisti. Il prevalere della
guerra o dell’amore è separato da un confine labile come
quello fra la realtà e Tillusione, che la protagonista riesce
a rendere evidente destreggiandosi con modulazioni
della voce e mimica del viso
di grande intensità. Lo spettacolo diventa così metafora
dell’eterno conflitto interiore
dell’uomo fra violenza e spirito fraterno, appello a non
dimenticare che il «mostro» è
sempre in noi e solo un’attenta, continua vigilanza lo
può tenere sotto controllo.
* Milano, Teatro Verdi,
fino al 23 marzo.
ti propulsori della storia mo,
derna. Ne risulta un ampio
affresco che illustra magi,
stralmente il contributo fon.
damentale dato dal pensiero
e dalla prassi evangelici ire|
secolo XVIII, secolo là dov¡
affondano le radici degli
slanci e delle contraddizioni
della nostra epoca.
Ci sembra che il lavoro
due curatori abbia saputo
emergere con forza la riechezza e la duttilità del prote.
stantesimo, il suo rigore log¡.
co, la sua spiritualità scevri
da esibizionismi, il suo impe.
gno per la trasformazioni
della società, seguendo coi
attenzione lo sviluppo edi
continuo intreccio dei suoi fi.
Ioni fondamentali. È detto,
fra l’altro, nella prefazione
«Poiché accanto a un prote
stantesimo deista e razionalista, ve ne fu uno esuberanti
di sentimento religioso, com.
prendente movimenti quali!
pietismo, il metodismo ej
“risveglio”, si è cercato, entri
i limiti imposti dalla pubbli
nazione, di documentare an
che questa realtà. Inoltre not
si poteva non ricordare, sia
pur brevemente, l’apporto
imperituro dato da Bache
Händel alla musica, nonché
gli sviluppi successivi nel
campo dell’innologia». Questa ricerca, a nostro giudiào,
è riuscita nel suo intento.
Molto opportunamente
un’agile introduzione aiutai
lettore ad inserire le pagine
che leggerà nella storia coeva, accennando alla genesi!
allo sviluppo dei vari movimenti, all’aggiornarsi del
pensiero e dell’azione alle diverse istanze della società
dell’epoca. L’accavaffarsil
delle suddivisioni tematite, '
cronologiche, geografici,
può generare all’inizio ni
certo disorientamento e lasciare una sensazione di
frammentarietà: occorre saper cogliere i nessi esistenti
fra i vari momenti, l’osmos
dialettica fra il pensiero «religioso» dei vari autori c il pensiero filosofico, politico, storico, sociale del loro secoln
ritornare con pazienza su pagine già lette, prendere di
stanza per poter rnetteret
fuoco un’immagine più nitì
da che permetta la ri cosi '
zinne del quadro generali
Siamo certi che questo votf
me, con il precedente e i dii
che dovrebbero seguire, reli
tivi all’Ottocento e al Nove
cento, diventerà uno str»
mento insostituibile peri
conoscenza del pensiet
protestante.
Una rapida annotazione!
chiusura. Alcune pagine d
volume ci rivelano come a
cuni esponenti delTIllumii
smo italiano seguissero cdj
interesse e adesione l’evolt
zione del pensiero protestalj
te: furono casi isolatissii#
bizzarrie di intellettualijj
Settecento probabilmente«
in Italia il secolo più imp*!’
meabile e refrattario alle sU|
gestioni del protestantesiB*
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sámente il nostro paese et
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sia» dalla Controriforma.
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(*) Emidio Campi-Massimo RjJ
Bou: Protestantesimo nei secj
Fonti e documenti - 2 - Settec®
to. Claudiana, Torino 1997, F
XXXI-448, £ 56.000.
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SPECIALE PROTESTANTESIMO
Culto di Pasqua - eurovisione Raidue
Domenica 30 marzo 1997
dalle ore 9 alle 10
Dalla chiesa valdese di piazza Cavour di Roma
Partecipano gli evangelici della città
la corale dei giovani della comunità francofona
e la corale della Chiesa metodista coreana di Roma
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Spedizione in a.p. comma 26
art. 2 legge 549/95 - nr. 12/97 - Torino
In caso di mancato recapito si prega restituire
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Fondato nel 1848
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Giornata di festa domenica scorsa nelle chiese valdesi; il
momento delle confermazioni e dei battesimi fa da preludio alla settimana di Pasqua e dunque alla partecipazione
alla cena del Signore dei nuovi membri di chiesa. È un
momento importante per ogni credente, per le famiglie e
per le rispettive comunità; festa, gioia, tradizione si mescolano in questa giornata che, più di qualunque altro momento della vita della chiesa vede tutti partecipare. A questa
giornata nessuno può mancare, anche chi tende a dimenticarsi dell’importanza del culto nelle altre domeniche. Nella foto i catecumeni di Luserna San Giovanni e il tempio
restaurato; a due anni esatti dalla chiusura per i notevoli lavori di ristrutturazione al tetto, il culto è tornato nella sua
Sede naturale: la classica festa nella festa.
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VENERDÌ 28 MARZO 1997 ANNO 133-N. 12 LIRE 2000
Alcuni giorni fa il Concistoro di una delle
nostre chiese delle Valli, richiesto di dare ospitalità a un
gruppo di albanesi, ha risposto di no. Una decisione presa
certamente non a cuor leggero, che può offuscare l’immagine di una chiesa aperta, solidale con i sofferenti e i più
poveri e dare invece l’impressione di una chiesa chiusa nel
proprio egoismo. Sappiamo
che così non è, perché proprio quello stesso Concistoro
già da tempo ospita nei propri
locali singoli e nuclei di extracomunitari. E probabile
che quella decisione susciti
un dibattito. Di fatto sulla
questione degli albanesi siamo divisi; da un lato li temiamo così come anticamente si
L'ESODO DALL'ALBANIA
LO STRANIERO
LUCIANO DEOOATO
temevano gli sciami di cavallette che distruggevano i raccolti o le invasioni dei barbari
che portavano saccheggio e
distruzione e perciò cerchiamo di respingerli, bloccarne
l’esodo, ricacciarli nelle loro
terre, ma anche nella loro miseria. E qui si inserisce l’altro
aspetto della questione: con
quale animo possiamo chiudere loro le porte in faccia,
condannandoli a vivere (si fa
per dire) in una situazione
che non vorremmo né per
noi, né per i nostri figli? E
veramente difficile trovare la
soluzione giusta; qualunque
decisione si adotti, probabilmente sarà sempre sbagliata.
Gli albanesi sono simbolo
di molti problemi. Su uno in
particolare vorrei attirare l’attenzione, perché ne abbiamo
parlato ma solo teoricamente,
mentre ora ci sta davanti e ci
coinvolge, ed è la questione
tra primo e terzo mondo,
«Nord e Sud» come si diceva: il «Sud» povero, affamato, privo di mezzi e di cultura. Questo Sud non è lontano
da noi ma è alle nostre porte,
e in parte anche dentro la nostra società con le nuove povertà emergenti. Ci fa paura.
Incombe su di noi come una
nube nera e tempestosa. Il
Concistoro di cui si parlava
all’inizio ha rifiutato di dare
la prima immediata risposta
della solidarietà e della beneficenza perché non risolve
nulla. Una risposta adeguata
è molto complessa e intuiamo
che passa attraverso la giustizia. Ma come? Su questo sarebbe bene che le chiese si
interrogassero.
Firmato il decreto
Scuola: le
decisioni del
Provveditore
La razionalizzazione delle
scuole di Torino e Provincia è
compiuta; venerdì scorso il
Consiglio scolastico provinciale ha dato il suo parere; sabato il Provveditorato ha licenziato il provvedimento definitivo che accorpando alcune scuole tende a ridurre il
personale amministrativo e le
direzioni. Per gli studenti non
cambia sostanzialmente nulla
salvo in quei casi come l’elementare Bouissa a Torre Pellice, dove l’esiguità dei numeri ha portato alla chiusura.
Si sono salvaguardate, secondo le aspettative, le autonomie dell’Istituto tecnico
Alberi: di Luserna San Giovanni così come quelle delripsia c dell bis di Pinerolo.
Anche nel settore medie ed
elemenlari è andata come si
ipotizzava alla vigilia. Si sono creati in più casi «poli»
verticali (aggregazione di medie ed elementari) e in altri
dei «poli orizzontali» con responsabilità di direzione ai
direttori didattici e presidi per
diversi Comuni. Ci sarà un
polo verticale a Torre Pellice
col direttore Eynard: la decisione era neH’aria ed era stata
caldeggiata sia dalla Comunità montana che dai capi di
istituto in un loro documento
dell’anno scorso. Anche a
Villar Perosa le scuole medie
vengono, con le elementari,
sotto la giurisdizione della direzione didattica. In questo
caso le scuole di Prali e Perrero vengono accorpate a Perosa Argentina. A Luserna
San Giovanni nascono i due
poli orizzontali con il preside
Tarditi e il direttore Armand
Hugon; il territorio di competenza riguarda la bassa valle
più Lusernetta e Rorà in precedenza con Torre Pellice.
I^al Comune di Bricherasio si
annunciano interrogazioni
parlamentari in merito alla
perdita di autonomia della
scuola media.
Flessibilità, globalizzazione e protezione sociale in una conferenza del professor Angelo Detragiache
Giovani e lavoro: un problema di carattere etico
SERGIO N. TURTULICI
E il problema più inquietante che questo secolo ci
lascia, il non lavoro per i giovani, il lavoro che cambia. Un
problema etico. Tocca la responsabilità della generazione
dei padri verso quelle dei figli
e dei nipoti, dei poveri finti
verso i poveri veri. Ci tocca
come cristiani, ci fa riflettere,
forse rivedere consuete categorie di giudizio. Non serve
gridare al lupo o guardare
indietro a un modello che
non c’è più di società fordista,
quella per capirci dove la
grande industria tirava lo sviluppo economico, il posto di
lavoro era fisso, il contratto
nazionale, la paga uniforme
per tutti. Sono caduti i comuniSmi che ingessavano i mercati, non con un taglio netto,
chirurgico, è stato notato, ma
lasciando e spargendo intorno
metastasi purulente (l’ultimo
caso, l’Albania).
Le frontiere si aprono, i capitali si spostano, nel tempo
che basta a digitare sul computer, laddove nel mondo
maggiore è la redditività, si
spostano il lavoro, le capacità
di fare, di intraprendere. Non
ci sono solo masse di poveri
disperati che migrano e bussa
Giovani a una manifestazione per il lavoro
no ai paesi del benessere. Ci
sono poveri improvvisamente
non più poveri, si calcola un
miliardo circa di uomini che
si sono messi a farci concorrenza ed è questo il fatto che
ci inquieta come occidentali,
come cristiani anche, che gli
esclusi si siedano ora alla nostra tavola di ricchi. È in questi scenari che i nostri figli
domandano lavoro.
Sul tema «Giovani e lavoro, quale speranza?», nell’
ambito degli incontri di quaresima della diocesi di Pine
rolo, ha tenuto una conferenza Angelo Detragiache, docente di Sociologia urbana
all’Università di Torino. Perché negli Stati Uniti, ha posto
la domanda, la disoccupazione è scesa al 5% e in Europa,
in Italia si assesta al 12%?
Perché, ha detto, il sistema
Usa si è attrezzato alla competizione internazionale, ha
semplificato, reso più flessibile la produzione, ivi compreso il lavoro, ridotto il Welfare, la protezione sociale, assicurandola a quanti soltanto
non avendo lavoro non possono pagarsela. Questo ha
avuto effetti anche negativi,
un 20% della popolazione ha
visto aumentare il suo potere
d’acquisto, T80% il ceto medio lo ha visto diminuire, tanto che non si parla più del mitico «sogno americano».
La mondializzazione del
mercato, ha detto Detragiache
citando Candessus, presidente
del Fondo monetario, è irreversibile. Le produzione di
massa, i capitali vanno oggi,
andranno di più domani dove
la redditività è più alta, il costo del lavoro più basso. Che
cosa farà l’Europa, l’Italia,
per garantirsi i suoi spazi di
competitività, per dar lavoro
ai giovani? Ridurrà come negli Usa al minimo lo stato sociale o, come nell’Asia emergente ridurrà i livelli di democrazia, di diritto del lavoro
a quelli che avevamo noi
all’inizio dell’età industriale?
Certo no, ma non possiamo
esorcizzare la globalizzazione, far finta che non ci sia.
Piuttosto, ha detto il prof.
Detragiache, sociologo e credente impegnato, dobbiamo
coglierla come una sfida, come un’opportunità di crescita. Per le nostre società ma
anche per le nostre chiese.
Riprendendo la tematica dell’asino,
quadrupede che svolse alle valli vaidesi un’importante funzione, ora sostituito da più efficienti (e costosi) cavalli...
fiscali, voglio riferirla a un gustoso episodio di cui furono protagonisti tre pastori della chiesa di Angrogna.
Il primo fu il pastore Matteo Gay: nato
a San Giovanni nel 1823, studiò a Losanna sotto la guida di Alessandro Vinet
e fu fortemente influenzato dal Risveglio
evangelico. Fu pastore ad Angrogna dal
1854 al 1858. Ma a causa della sua malferma salute fu affiancato da un «coadiutore» (termine oggi caduto in desuetudine a causa della velata connotazione
gerarchica che potrebbe leggervisi).
Questi era il giovane Giovanni Pietro
Gonin, che provvedeva al più faticoso
impegno delle visite pastorali su un territorio vastissimo e disagevole come
IL FILO DEI GIORNI
ASINI E
COADIUTORI
ALBERTO TACCIA
quello della valle di Angrogna. Ma il
Gonin dovette lasciare questo lavoro. E
qui entra in scena il terzo pastore, Pietro
Monastier, originario di Angrogna dove
era nato nel 1798. Monastier fu pastore
ad Angrogna in due periodi (dal 1826 al
’28 e dal 1837 al ’54) ed ebbe come successore appunto Matteo Gay.
Il Monastier, uomo sagace e soprattutto
salace, passò alla storia per le sue battute
mordaci e sarcastiche. Si racconta che,
passeggiando per Torre Pellice, incontrò
il mite G. P. Gonin e gli chiese se svolgeva ancora le funzioni di coadiutore di
Matteo Gay. Il Gonin rispose: «No, il sig.
Gay si è comperato un asino e così ha potuto riprendere il suo lavoro». Al che il
Monastier non perse l’occasione per dirgli: «Ebbene, vi ha degnamente sostituito!». Poiché mi rimangono alcune righe,
vorrei ricordare una storiella carina nota
ai circoli ecclesiastici valdesi, sempre sul
tema asini pastori. Si dice che un pastore
al momento di congedarsi dalla sua comunità e di dare il benvenuto al suo successore, predicò sul testo di Genesi 22, 5:
«Rimanete qui con l’asino, io e il ragazzo
andremo là ad adorare e poi torneremo da
voi». Chissà! Il Monastier fu ad Angrogna per due tornate successive...
Occorrerà ripensare lo stato
sociale perché abbia vera
protezione chi ha veramente
bisogno. Occorrerà affrontare
il problema della «deregulation» legislativa, di una migliore efficienza delle burocrazie che oggi soffocano le
imprese.
Occorrerà, all’interno dei
processi di globalizzazione,
scegliersi quelle «nicchie»
produttive dove Europa, Italia
possono conservare vantaggio
competitivo. E questo è il
campo delle alte tecnologie,
dei prodotti di alta qualità
estetica e tecnica. Qui abbiamo grandi possibilità per via
della ricchezza che si distribuisce nel mondo, che si produce in paesi ieri esclusi.
L’Italia dovrà incentivare il
turismo di cultura, dei beni artistici, un turismo che potrà
sollecitare la penetrazione dei
prodotti di qualità, non erodibile nella competizione globale. Quale formazione per i
giovani che chiedono lavoro
lungo questa prospettiva? Il
valore aggiunto è in una parola: flessibilità. Il giovane deve
attrezzarsi al cambiamento
continuo nel suo percorso di
lavoro, arricchire continuamente la sua preparazione di
base, acquisire professionalità
diverse, diventare imprenditore di se stesso, nel senso di saper vendere «pacchetti» di capacità di lavoro a più imprese.
E una sfida che siamo chiamati a sostenere anche in termini etici, di nuova morale.
L’etica dei diritti si sta rivelando incapace di reggere la
società odierna. Deve crescere l’etica dei doveri e delle
responsabilità. C’è un patto
generazionale, ha avvertito
Detragiache, che dovremo
stringere con i giovani. Le
chiese cristiane devono tornare a essere interpellate nel
profondo. Detragiache ha ricordato un’osservazione dello
storico Arnold Toynbee.
Quali popoli sono avanzati
nella storia? Quelli che posti
di fronte a nuove sfide hanno
saputo vincerle.
8
PAG. Il
E Eco Delle "^iLli Aàldesi
___________________VENERDÌ 28 MARZO igc
NUOVA BIBLIOTECA A PEROSA — Sono stati inaugurati
sabato 22 i nuovi locali della biblioteca di Perosa Argentina; le diverse sale, al pian terreno del municipio (nella foto), consentiranno una più agevole fruizione da parte dei
cittadini. A migliorare la qualità sarà anche l’ampliamento
dell’orario di apertura (da 6 a 12 ore settimanali): lunedì e
venerdì 20,30-22,30; martedì e giovedì 15,30-17,30; mercoledì e sabato 10-12. Una sala computer dovrebbe consentire
in prospettiva il collegamento alla rete Internet. La biblioteca sarà al centro, nelle prossime settimane, della presentazione di un progetto rivolto agli adolescenti per il quale
1 amministrazione ha ottenuto un premio dalla Regione.
CORSO DI AGGIORNAMENTO PER AGRICOLTORI
La Comunità montana valli Chisone e Germanasca organizza un corso di aggiornamento per agricoltori e hobbisti. Tema del ciclo di incontri, che avrà come sede le sale
della Comunità stessa in via Roma 22 a Perosa, con inizio
alle 20,30, sarà; «Orticoltura, allevamenti minori e carni alternative, tecniche di produzione e commercializzazione
delle carni doc, floricoltura e piante ornamentali». Primo
incontro giovedì 3 aprile con lezioni di giardinaggio e orticoltura; sabato 5, lezioni pratiche di potatura.
INCENDIO A VILLAR PELLICE — Un violento incendio
ha praticamente distrutto un vecchio cascinale adibito a deposito di legname nella borgata Bessé di Villar Pollice. Il
fuoco, di possibile origine dolosa in quanto la borgata è utilizzata soltanto nei fine settimana e non vi era impianto
elettrico, è divampato nel tardo pomeriggio di giovedì scorso. L intervento dei vigili del fuoco di Torre Pellice, Luserna e Pinerolo ha evitato il propagarsi alle case vicine.
TRE ARRESTI E UNA DENUNCIA — Intenso fine settimana per i carabinieri del Pinerolese. A Torre Pellice è stato
rinvenuto un vero e proprio arsenale in via Serverà, presso
l’abitazione di Alessandro Truffi, da tempo assente dal paese. L’uomo, conosciuto per la sua passione per le armi, aveva accumulato in gran quantità cartucce, caricatori, pugnali,
lame oltre ad una pistola, due passamontagna e un giubbotto
antischegge. Truffi, irreperibile, è stato denunciato a piede
libero. E stato invece arrestato con l’accusa di estorsione un
apicultore di Villar Perosa, Danilo Costabel. Vantando un
credito nei confronti di una persona deceduta. Costabel si era
rivolto ad un parente di Pramollo, Sergio Zorio, minacciandolo di ritorsioni nel caso non avesse pagato il presunto debito. Preoccupato Zorio si è recato all’appuntamento con
Costabel in compagnia dei carabinieri che hanno tratto in arresto l’agricoltore. Nella notte di sabato 22 marzo altri due
arresti: Andrea De Rose, 25 anni di Perosa Argentina e Francesco Carpino, di Cavour, sono stati associati al carcere di
Saluzzo; si sarebbero resi responsabili, il venerdì precedente,
di una rapina di 1.800.000 lire a un pensionato 75enne di
Cantalupa e del furto di un borsello in un’auto a Cavour.
NUOVO ASSESSORE A SAN SECONDO — Minirimpasto
della giunta comunale di San Secondo; a seguito delle dimissioni dell’assessore Alliaudi, il sindaco Martinat ha
chiamato a far parte dell’esecutivo Claudio Rivoira, consigliere dal ’95 e da quella data anche as.sessore all’Agricoltura della Comunità montana Pinerolese pedemontano.
15 MILIONI DI PENALE SUI RITARDI ALL’OSPEDALE
— 15 milioni al giorno di penale; questa la somma che le
imprese realizzatrici dei lavori di ampliamento dell’ospedale
Agnelli di Pinerolo dovranno pagare all’Ausi 10 per ogni
giorno di ritardo sui tempi previsti. I lavori, del valore di ben
13,5 miliardi di lire, assegnati da tempo, sono al momento a
rneno del 20% di realizzato: «Ho fatto il punto della situazione con le imprese, i tecnici e la direzione lavori - dice il
direttore, Ferruccio Massa -; dobbiamo superare i problemi
del passato che ci hanno portato a delle varianti causa anche
di contenziosi». I cantieri sono riaperti, con varie decine di
lavoratori: «Entro 7-8 mesi - aggiunge Massa - dovranno
essere ultimati i lavori edili per le sale operatorie». E saranno sale di prim’ordine: 4 di chirurgia, 2 di ortopedia, 2 per
1 endoscopia e una per l’emergenza. Tutte attrezzate al meglio della tecnologia, assicurano all’Usl. «La vera novità annuncia il dott. Vilianis, primario di anestesia -, sarà la
nuova centrale di sterilizzazione; un sistema integrato e
complesso di livello decisamente superiore»; da sola costerà
circa mezzo miliardo. Intanto dall’Ausi 10 si comunica che
per qualunque tipo di prenotazione di tipo ambulatoriale, dal
1° aprile, è assolutamente necessario presentare oltre alla richiesta del medico, anche il proprio codice fiscale.
L’ASSOCIAZIONE ARCOBALENO — Dopo l’assemblea
del 30 gennaio in cui ha rinnovato il proprio direttivo (il pastore Alberto Taccia è il nuovo presidente), l’associazione di
volontariato «Arcobaleno: insieme contro il disagio e l’indifferenza» sollecita nuove adesioni e invita tutti coloro che dimostrano sensibilità al problema dell’indifferenza verso i disagi di varia natura a partecipare all’assemblea generale che
avrà luogo martedì 1” aprile alle ore 20,45, presso la sede
dell’associazione in via Roma 41 a Luserna San Giovanni.
Incontro tra Ausi, sindaco, primari e assessorato regionale
La gestione dell'ospedale Civile
L’assessore regionale alla
Sanità, Antonio D’Ambrosio,
ha comunicato formalmente
al direttore generale dell’
Azienda Usi 10 la propria
soddisfazione per i risultati
ottenuti dal laboratorio analisi
del presidio ospedaliero «E.
Agnelli» di Pinerolo: da una
verifica effettuata nell’ambito
del programma di «Valutazione esterna di qualità regionale», avviato nel 1990 e
giunto ormai al 3° ciclo, è stata infatti chiaramente evidenziata l’estrema precisione e
attendibilità dei risultati di
esami forniti dal laboratorio
pinerolese, risultati pressoché
coincidenti con lo standard
qualitativo definito dalla Regione «ottimale» e collocato
in una ristretta fascia di strutture (fascia A).
Un risultato importante nel
panorama dei laboratori pubblici piemontesi, che è stato
possibile raggiungere anche
grazie ai severi controlli interni attivati all’Agnelli: si effettuano infatti verifiche incrociate di qualità dei risultati
che vengono confrontati con
parametri interni di valutazione e con le regole previste
dalle Vequ, il sistema nazionale di controllo di qualità.
Non mancano comunque ulteriori spazi di miglioramento: uno di questi è per esempio la diminuzione dei tempi
di consegna dei refertti al
pubblico. Di fatto questo rappresenta un obiettivo al quale
si sta oggi lavorando: a titolo
di esempio, i tempi di consegna di esami delicati e importanti quali i marcatori tumorali sono recentemente passati
da una frequenza bisettimanale a quotidiana.
Sui problemi dell’ospedale
Agnelli, invece, si è tenuto
nei giorni scorsi il primo incontro ufficiale fra la nuova
direzione dell’Azienda Usi 10
e i primari del presidio ospedaliero «Agnelli», che ha
consentito alla direzione di
iniziare a delineare il proprio
programma e le modalità di
intervento, e ai primari di evidenziare le più sentite necessità di interesse comune. In
apertura sono stati presentati
il nuovo direttore amministrativo, dottor Carlo Marino, e il
nuovo direttore sanitario, dottor Silvio Beoletto; è stata
sottolineata l’importanza di
mantenere vivo un forte senso di appartenenza all’azien
Valli Chisone e Germanasca
La storia e le fortezze
LILIANA VIGLIELMO
La vai Chisone è una delle
valli più fortificate delle
Alpi occidentali, non solo
perché vi si trova la più imponente opera difensiva di
quest’area, il Forte di Fenestrelle, ma perché con la vicina vai San Martino è solcata
da una serie di fortificazioni,
trinceramenti, ridotte, camminamenti risalenti a epoche remote e ormai scomparsi come
tali e a malapena riconoscibili
nel paesaggio che li circonda.
Nella sede della Comunità
montana Chisone e Germanasca, uno di questi, il prof.
Mauro Minóla, ha ripercorso
con l’aiuto di diapositive, le
vicende belliche che si svolsero in queste valli e che lasciarono tracce imponenti sul
territorio. Il prof. Minóla ha
spiegato che le ricerche sulle
fortificazioni sono molto difficili perché queste opere,
conquistate dal nemico, venivano sistematicamente distrutte, e poi a volte ricostruite e demolite quando non servivano più. Tutte le fortezze
accessibili, nel corso dei secoli sono state utilizzate come deposito di materiali da
costruzione; si sono salvati
soltanto i trinceramenti di alta quota, più difficili da saccheggiare. Un’altra difficoltà
è dovuta al fatto che le costruzioni erano coperte dal
segreto militare: spes.so i piani di costruzione venivano
distrutti perché non servissero al nemico, per cui dagli archivi si ricava ben poco.
A questo si aggiunga la piaga del secolo, cioè i motociclisti che con i loro percorsi
fuori strada demoliscono sotto le ruote massicce gli ultimi
resti esistenti (come documentano le diapositive scattate sul Colle Lasará) del più
bel campo trincerato di que
ste valli, che le milizie francesi di La Feuillade abbandonarono precipitosamente nel
1708, senza aver il tempo di
distruggerlo.
Altre opere rimaste ancora
in uno stato di conservazione
soddisfacente sono le fortificazioni del Colle dell’Assietta: lunghi muri di pietre che
protessero i soldati austro-piemontesi dagli attacchi delle
milizie francesi e spagnole
nella memorabile battaglia del
1747, di cui quest’anno si ricorderà lo svolgimento, in occasione del 250° anniversario.
Negli ultimi due secoli le
valli Chisone e Germanasca
conobbero ancora altre costruzioni militari, quando
l’adesione dell’Italia alla Triplice alleanza e l’infausto legame con la Germania hitleriana indicavano nella Francia un possibile nemico. Queste costruzioni sono ancora
visibili, ad esempio nella zona dei Tredici Laghi.
Stranamente il prof. Minóla
nella sua esposizione così ben
documentata non ha fatto
cenno a un altro uso degli apparati militari, ben diverso
dalle ricorrenti ostilità tra la
Francia e il ducato di Savoia
per il controllo delle vallate
alpine. Eppure il maresciallo
Catinat, oltre che per il campo che porta il suo nome, è
tristemente famoso per le sue
campagne contro i valdesi,
colpevoli soltanto di professare una fede che non rientrava negli schemi politici dei
sovrani di quell’epoca. Noi
rivediamo oggi, come ha sottolineato l’assessore Clara
Bounous, questi ruderi che
parlano di morte e di distruzione con un altro spirito, di
fratellanza e non più di divisione, ma anche la rievocazione del passato può essere
una grande scuola di tolleranza e di rispetto reciproco.
da in vista di continui miglioramenti. Riguardo l’integrazione fra i settori amministrativi e sanitari, saranno messe
a punto nuove procedure in
grado di superare le attuali
lentezze. Fra le prime iniziative rientra la revisione completa dei procedimenti con la
chiara indicazione all’esterno
del relativo responsabile e il
suo recapito. Punto nodale è
stata anche l’informatizzazione dell’azienda: l’intenzione
è quella di accelerare i tempi
di messa a punto di un sistema informativo integrato tra
ospedale e territorio.
Nel recente incontro con il
sindaco di Pinerolo, Alberto
Barbero, il direttore generale
dell’Ausl 10 ha chiesto che
sia dato corso con urgenza alla realizzazione di una nuova
importante bretella stradale di
collegamento diretto tra il
presidio ospedaliero e la tangenziale, con il risultato di facilitare l’accesso dalle valli
Chisone, Germanasca e Pellice, bretella già prevista nel vigente Piano regolatore comunale. E stata poi concordata la
previsione di realizzare nuove
aree di parcheggio nonché di
definire quanto prima lo spostamento dell’attuale zona di
atterraggio dell’Elisoccorso
da piazza III Alpini alla zona
immediatamente adiacente alla Dea, dove dovrebbe sorgere la nuova piastra per l’elicottero con diretto collegamento con il Pronto soccorso.
Pinerolo-Gap
Progetti
per il centro
storico
DAVIDE ROSSO
La città francese di Gap si
è da anni attivata nel recupero e nella valorizzazione
del proprio centro storico. Attualmente ha in cantiere un
progetto, denominato Opah
(operation programmée d’amelioration de l’habitat) realizzato in collaborazione con
lo stato francese e con la Camera di commercio e dell’industria, della durata di tre anni, che prevede la concessione
di aiuti finanziari a proprietari
e locatari di residenze e di
esercizi commerciali del centro storico per il loro ammodernamento. L’amministrazione comunale di Pinerolo aveva richiesto recentemente,
considerato proprio il tipo di
esperienza condotta a Gap, di
poter incontrare i rappresentanti di questa città per poter
approfondire con loro alcuni
argomenti relativi al recupero
e alla gestione del centro storico. La richiesta è stata accolta dal sindaco di Gap, Pierre
Bernard-Reymond, che il 27
marzo accoglierà, con la sua
amministrazione, una delegazione proveniente da Pinerolo
che sarà composta, fra gli altri, oltre che dal sindaco, Alberto Barbero, dall’assessore
all’Urbanistica Flavio Fantone, dall’assessore ai Lavori
pubblici, Giulio Blanc, e dall’ing. Giuseppe Castiglione
ingegnere capo del settore Lavori pubblici per una riunione
(è poi previsto anche un sopralluogo nel centro storico di
Gap) in cui verranno trattati
argomenti come la ristrutturazione delle abitazioni, l’organizzazione dei commercianti,
il problema dei parcheggi e
della circolazione.
Intervento
Come
finanziare
la politica?
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«L
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GIORGIO MERLO
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almeno per coloro che noi
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ogni cittadino di devolverei
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dovute al fisco una cifia'non'
superiore al 22% per il costobuto ai partiti politici.
Restano aperti i problelj
politici legati a una indispe(
sabile trasparenza del costi
della politica e soprattutto |
possibilità per i cittadini i
partecipare attivamente al|
«costruzione della politica»
senza appaltare il proprio Ut
turo a piccole cricche di eletti
frutto di una concezione eliti
ria ed aristocratica della poi
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dibilità e prestigio dopo
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battere tutte le tentazioni K
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infatti a cui oggi dobbia
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senza delegare il nostro futuf
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la politica può rappresetitf*
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^ FEDERICA TOUBN_____________
Ancora «Linea verde». Visto il moltiplicarsi dei
commenti sull’ormai famosa
trasmissione andata in onda
su Raiuno il 16 febbraio scorso, il Centro culturale valdese
di Torre Pellice aveva organizzato un incontro di confronto alla Sala Albarin a Luserna San Giovanni la sera
del 17 marzo, aperto a tutti
coloro che avessero voluto
intervenire sulla questione
dell’identità valdese, sull’opportunità e sul modo di presentare la nostra realtà culturale e storica all’esterno.
In molti hanno partecipato
alla serata, durante la quale
veniva innanzitutto riproposta
la registrazione della trasmissione, ma la discussione si è
subito assestata su toni sostanzialmente concordi nelTappoggiare la decisione del
Centro culturale di partecipare alla trasmissione condotta
da Vannucci. L'alternativa, si
è detto, sarebbe stata il nulla,
0 peggio l’essere raccontati da
altri magari con imperfezioni
e inesattezze. Non si può comunque prescindere dal fatto
che, come ha detto il pastore
Claudio Pasquet, «c’è un interesse sempre crescente per i
valdesi, che ci pone davanti
alla necessità di decidere se
parlare o no della nostra fede
anche attraverso il mezzo televisivo». Certo, la televisione è omologante, e i limiti
della trasmissione di «Linea
verde» sono balzati evidenti
agli occhi di tutti i presenti,
come nella parte sulla miniera
di talco della vai Germanasca,
girata senza un accenno alla
difficile situazione che i minatori, a rischio di cassa integrazione, stanno attraversando proprio in questi giorni.
Inoltre, come ha sottolineato Tullio Parise, «di valdese
c’era ben poco»: ma non dobbiamo dimenticare che la trasmissione di Vannucci è paesaggistico-gastronomica, e
non poteva certo contenere
grosse digressioni culturali
sulla storia valdese, che avrebbero annoiato e probabilmente convinto i 9 milioni di
spettatori alle prese con il
pranzo domenicale a sintonizzarsi su altri programmi meno impegnativi. Anche perché, se la trasmissione in generale a noi è apparsa brutta,
fuori dall’ambiente valdese
pare sia stata apprezzata, e
molti intervenuti alla serata
hanno portato testimonianze
di un rinnovato interesse per
le Valli: è a questa curiosità
che adesso siamo impegnati a
rispondere senza sconti, con
serietà e meno folclore.
I minatori della Luzenac al palazzo della giunta regionale
Posta
Sigilo.*’ dirctlore,
Albono Gabella ed io abbiamo gl il esposto i nostri
punti di ■ *s!a. Debbo però
una risposra ancora su argomenti che ritengo importanti,
e che vi chiedo di cortesemente pubblicare. Raccomando la lettura di Sergio Salvi,
L’Italia non esiste (Camunia,
Firenze). Si può anche non
essere d’accordo su molti
punti, ma si impara anche
molto, specie in fatto di lingua, al di là delle mistificazioni che, assicuro, non ho intenzione di incoraggiare. Se
un piemontese legge più fa
cilmente Pascarella che il
lombardo Porta è perché il romanesco è vicino all’italiano
corrente che tutti o quasi i bilingui di lingua e dialetto conoscono. Ma ci sono anche
piemontesi e patoisants di località diverse che hanno difficoltà a intendersi fra di loro.
L’unità europea non è un
dogma. Dipende. La voleva
anche Hitler. E c’è anche un
federalismo europeo delle regioni. Ci sono diverse possibilità. Con i miei saluti.
Gustavo Malan
Torre Pellice
YISUS
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con il montaggio lenti computerizzato
Fotografia
luserna S. GIOVANNI
Via Roma, 42
TORRE PELLICE
Via Arnaud, 5
Un convegno
Religiosi
nei lager
nazisti
Una giornata di studio e di
commossa partecipazione.
Questo, in sintesi, il carattere
del convegno «Religiosi nei
lager: Dachau e l’esperienza
italiana», che si è svolto il 14
febbraio a Torino. A promuoverlo e organizzarlo è stato il
Consiglio regionale attraverso il Comitato per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana, la sezione torinese dell’Aned, Associazione nazionale ex deportati politici nei lager nazisti, e il Dipartimento di Storia
dell’Università di Torino.
L’iniziativa, che ha registrato la presenza di un pubblico numeroso, composto in
buona parte da reduci dei lager, ex partigiani e giovani di
alcune scuole superiori piemontesi, è stata un ennesimo
punto di arrivo dell’articolata
ricerca avviata nel 1982 sulla
tematica della deportazione.
Punto di partenza la raccolta
di circa 220 storie di vita di
ex deportati, che ha permesso
di realizzare una catalogazione di fonti orali di eccezionale rilievo e spessore e diverse
giornate di studio sull’argomento. L’ultimo risultato in
ordine di tempo è stato appunto il convegno sui sacerdoti, il primo in assoluto a livello europeo ad analizzare la
presenza dei religiosi nei lager nazisti. Per una precisa
scelta del regime hitleriano, i
ministri del culto furono concentrati a Dachau in tre e poi
due blocchi separati dagli altri prigionieri. Cifre ufficiose
stimano fra i 200.000 detenuti
durante la guerra nel campo
la presenza di circa 3.000 sacerdoti, di cui ne morirono tra
i reticolati oltre 1.000. Dei sacerdoti imprigionati oltre
2.500 erano cattolici, poco
più di 100 i protestanti, una
ventina gli ortodossi e una
decina di altre confessioni
cristiane. Nel campo erano
pure prigionieri due religiosi
musulmani. È da sottolineare
inoltre che furono relegati in
altri lager 200 cappellani italiani che scelsero la prigionia
insieme ai militari catturati e
deportati dai tedeschi dopo
l’8 settembre 1943.
La catalogazione a tutt’oggi
non ancora definitiva della
presenza dei religiosi nei lager è dovuta anche al fatto
che molti sacerdoti al momento della cattura o del loro
ingresso nei lager non dichiararono di essere ministri di
culto. Come ha sottolineato
Bruno Vasari, presidente dell’Aned piemontese, fra cattolici, ortodossi ed evangelici si
era stabilito un rapporto di
amicizia, di comunione nella
preghiera e di fraterna collaborazione.
Le leggi del profitto penalizzano le produzioni locali
Ripensare al «bioregionalismo
»
TAVO BURAT
Una volta ancora l’agricoltura italiana fa le spese
di una politica economica tendente a privilegiare la produzione di beni secondari, come
le auto: Prodi conferma l’impegno di «strappare» a Bruxelles un innalzamento della
quota globale italiana di latte
e regala 800.000 lire per ogni
vacca abbattuta, con l’obbligo
di non riprendere la produzione lattifera. Non sarebbe invece più opportuno che il governo ricorresse alla Corte di
giustizia del Lussemburgo per
chiedere l’abrogazione del regolamento del 1984?
E infatti evidente che non
poter produrre almeno quanto
serve al fabbisogno interno
avvantaggia gli allevatori di
un paese rispetto a altri; scoraggia i giovani del paese penalizzato a intraprendere, o a
continuare, l’attività di allevatore; produce effetti negativi, come il mercato nero delle
quote latte, mentre l’art. 3 del
Trattato istitutivo della Cee
esige che «la concorrenza
non sia falsata dal mercato
comune». Se un ricorso fosse
accolto, lo stato italiano risparmierebbe almeno 1.000
miliardi oltre al fatto che alcune migliaia di allevatori
potrebbero continuare a lavorare senza distruggere la stalla e vanificare un patrimonio
di competenze formatosi attraverso generazioni e non facilmente recuperabile.
Si impongono inoltre alcune riflessioni di ordine bioregionale: le grandi aziende
della pianura padana producono da sole la maggior parte
del latte d’Italia, e le si possono ritenere industrie dotate di
«macchine viventi»: è ingiusto sottoporre alle medesime
norme tali ingenti produzioni
e quelle di montagna. La produzione lattifera di pianura risponde a logiche del tutto diverse: ciò che conta è la
quantità, non è questione di
territorio, di pascolo. La maggior parte del latte prodotto in
pianura è destinato all’alimentazione; la nutrizione delle vacche è rafforzata con
mangimi, utilizzando concentrati sempre più sofisticati.
Tale sistema porta inevitabilmente a superproduzioni e
detta le proprie leggi che condizionano le scelte politiche.
Le grandi città hanno colonizzato le valli alpine nei più
vari settori, mentre la normativa di Bruxelles investe un
aspetto essenziale per Resistenza delle comunità alpine,
per la salvaguardia del territorio, qual è la necessità di
produrre latte di qualità per
prodotti caseari di qualità;
senza le vacche che camminano, pascolano, sopportano
le intemperie, si nutrono con
l’erba e il fieno degli alpeggi
si travolgono la vita e l’auto
A.SSICLJR AZIOrsII
Gruppo di Assicurazioni
la Basilese
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nomia alpine autoctone. La
produzione di un’azienda
agricola importante di pianura può corrispondere alla produzione del bestiame di un’
intera valle laterale (una bioregione) delle Alpi occitane,
canavesane, valdostane o
biellese, valsesiane, ossolane... Occorre attuare il federalismo bioregionale in modo
integrale, perché se trionfano
le logiche del mercato globale saranno travolte le piccole
nicchie a produzione limitata ma di qualità. Domani ci
sarebbero soltanto le vacche
frisone per il latte, le Simmenthal per la carne, gli ovini
australiani, il formaggio olandese... Addio tome, con tutta
la civiltà che le produce, fatta
di conoscenza, di strumenti
per il lavoro e dell’artigianato
che li produce, di architettura
spontanea, di lingua...
Non è forse perverso che
una produzione primaria (il
latte) venga limitata quando i
3/4 della popolazione mondiale patisce la fame? Le eccedenze potrebbero essere
conservate (in polvere) e destinate ad alleviare la fame
nel mondo. Le leggi del profitto europeo non devono prevalere a scapito di produzioni
alimentari indispensabili ai
paesi del Terzo Mondo. La
proposta economica bioregionale richiede di potenziare
prioritariamente ogni risorsa
locale per soddisfare il fabbisogno della regione, destinando appunto le eccedenze agli
scambi o agli aiuti nei confronti delle «coregioni» carenti. È infatti paradossale
che nei supermercati spagnoli
si venda il burro danese,
mentre i negozi danesi vendono il burro francese e la
Gran Bretagna esporta all’incirca tanto frumento quanto
ne produce. Il mercato globale delle multinazionali prescinde dagli interessi locali
(quale è l’occupazione) e dai
diritti dei lavoratori (chiude
gli stabilimenti dove incontra
resistenze, li apre dove c’è
manodopera più «docile»)
con la conseguenza di aumentare sempre più la distanza tra produzione e consumo:
per bere latte dipendiamo da
luoghi distanti migliaia di
chilometri.
Per reggere l’economia globale gli stati nazionali devono
spendere migliaia di miliardi
in infrastrutture (aeroporti, alta velocità, autostrade, bretelle), centrali energetiche,
scuole specializzate. Linanziando tutto ciò è possibile
abbassare (ma in modo drogato) i costi industriali, rovinando le aziende artigianali e
contadine. I grandi capitali
pubblici vengono rivolti alle
biotecniche, per studiare conservanti che consentano ai cibi di affrontare tempi e viaggi
lunghi, per produrre, ovunque
e in ogni stagione, frutta e
verdura commestibili. Con
una produzione vicina al consumatore si risparmierebbe in
trasporto su gomma, carburante, inquinamento, in imballaggi (che creano rifiuti).
Non ha senso perciò opporsi
all’alta velocità senza eliminarne le cause e senza difendere l’economia bioregionale.
Un esempio emblematico è
stato quello della Cascami di
Pomaretto, ridimensionata per
gli alti costi dovuti al trasporto della materia prima (i bozzoli). Ora, l’Italia era il solo
paese europeo (con una piccola eccezione in Provenza) a
produrre bozzoli: ancora nel
1940 se ne producevano ben
35 milioni di kg, di cui più di
tre solo in Piemonte. Nessuna
cura è stata rivolta dai governi
per salvare la bachicoltura,
una tipica risorsa bioregionale, che forniva i migliori bozzoli per la seta del mondo, a
causa del nostro clima.
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10
PAG. IV
e Eco Delle Yalli
I
VENERDÌ 28 MARZO 199]
Assemblea del 3° circuito
«Disecumenismo»?
LILIANA VIGLIELMO
Non poteva mancare nel 3°
circuito una riunione dedicata all’ecumenismo e in
modo particolare alla recente
presa di posizione dei pastori
e delle pastore della vai Germanasca a proposito delle preghiere per i defunti valdesi
che il parroco di Salza, don
Canal Brunet, usava introdurre nelle celebrazioni liturgiche. Il testo della lettera aperta al parroco, pubblicata sulla
circolare «La Lucerna» del
dicembre scorso, ha suscitato
come era prevedibile anche in
ambito valdese reazioni favorevoli e contrarie. I responsabili delle varie chiese, riuniti
nella sala delle attività di
Chiotti, hanno preso in esame
le osservazioni, raccolte qua e
là, che stigmatizzavano un attacco definito poco cordiale e
antiecumenico, come se fosse
il massimo della scorrettezza
chiedere a un sacerdote cattolico di chiarire i contenuti
delle sue espressioni di fede
rese esplicite nella preghiera.
È anche stato detto che noi
forse non diamo sufficienti risposte, nel momento del dolore dovuto alla scomparsa di
una persona cara. La predicazione in occasione dei funerali valdesi ricalca l’estrema sobrietà dei testi biblici, nei
quali sono posti in primo piano la resurrezione e il regno
di Dio: tra il momento della
morte e questo futuro glorioso
c’è una zona d’ombra nella
quale siamo affidati unicamente all’infinito amore del
Padre celeste e sulla quale cala il silenzio. È possibile che
chi si trova privato di un congiunto molto amato trovi questa posizione estremamente
dura e ricerchi un altro tipo di
comunicazione affettiva tramite preghiere e atti liturgici;
ma possiamo fare un miscuglio di resurrezione e immortalità dell’anima, articolandolo con la dottrina del purgatorio e chiamare questo «ecumenismo»?
Claudio Tron ha coniato la
parola «disecumenismo» per
qualificare l’atteggiamento di
chi, sia da una parte sia dall’altra, non tiene conto delle
differenze importanti di ogni
confessione, oppure liquida
negativamente espressioni o
atteggiamenti del tutto ammissibili.
Ha anche presentato un panorama delle attività di incontro ecumenico che si sono
svolte in vai Germanasca negli ultimi tempi: i campi di
Agape che hanno però una
partecipazione molto più vasta, la preparazione dell’incontro di preghiera nella Settimana per l’unità dei cristiani, i culti in comune in patuà
alla «Festa della valaddo»,
messaggi in occasione dei
matrimoni di coppie interconfessionali o ai battesimo
dei loro figli. Si possono aggiungere i culti al Centro anziani di Perosa e all’ospedale
valdese di Pomaretto, che sono seguiti da chi lo desidera.
Non si parla più invece di
studi biblici in comune, dopo
un esperimento che si è tenuto a Perrero anni fa.
E possibile che questo clima distensivo crei un’inconsueta aggregazione di persone, lontane dalle grandi questioni teologiche e senza una
particolare necessità di discutere e di informarsi. Si può
appartenere formalmente a
una chiesa oppure all’altra,
seguendone le celebrazioni
esteriori quando sono legate
a manifestazioni riconosciute: XVII Febbraio, messa del
XXV Aprile, cerimonie di associazioni varie. I figli seguono le lezioni di religione
a scuola oppure frequentano
la scuola domenicale, a volte
li si trova qua e là.
A questi fratelli, in quanto
registrati nelle chiese valdesi
della valle, l’assemblea ha
deciso di rivolgersi con un
messaggio che comparirà sul
prossimo numero della lettera
circolare, per cercare di chiarire gli equivoci e riportare i
commenti e le critiche a una
dimensione più ragionevole.
Le confermazioni e i battesimi dei giovani nelle chiese delle Vali
Una promessa impegnativa per
la vita
Domenica scorsa, tranne a
Pinerolo dove l’appuntamento
è tradizionalmente spostato a
Pentecoste, si sono svolte le
confermazioni o i battesimi dei
nuovi membri di chiesa. Per
questi giovani, si dice spesso,
pur concludendosi il periodo
deir istruzione religiosa iniziata alla scuola domenicale, dovrà essere mantenuto un legame forte all ’interno delle singole comunità. In alcuni casi ven
gono programmati incontri
successivi alla Pasqua, pensati
appositamente per coinvolgere
i giovani che ancora non lo siano, nelle attività della chiesa.
Gruppi di canto e fdodrammatiche .sono gli ambiti dove maggiormente si esprimono i ragazzi e le ragazze delle Valli,
pur non escludendo altre forme
di impegno. Domenica prossima (o per qualcuno durante i
culti della settimana), sarà il
momento di avvicinarsi per la
prima volta al tavolo della Santa Cena. Sono 102 i ragazzi e le
ragazze che hanno ricevuto il
battesimo o hanno confermato
quello ricevuto da piccoli; nessuna confermazione a Massello, un solo ragazzo a Rorà, 17
a Torre Pellice, dove il numero
è risultato più elevato.
CORETTO; Sabato 29 il coretto della vai Pellice, diretto da
Cristina Pretto, propone ad
Agape lo spettacolo «L’anima
della libertà».
ANGROGNA: Nuovi membri di chiesa; Federica Bertin e
Silvia Monnet.
Venerdì 28 marzo, alle 21,
culto a Pradeltorno con la partecipazione della corale. Domenica 30 alle 10 culto di Pasqua
con Santa Cena, battesimi e
confermazioni, partecipazione
della corale.
BOBBIO PELLICE: Nuovi
membri di chiesa; Elvis Bertinat, Andrea Carignano, Monique Catalin D’Alessandro,
Noemi Gemesio, Roberto Michelin Salomon.
Venerdì 28 marzo, alle 21,
culto nel tempio con Santa Cena. Domenica 30 alle 10 culto
nel tempio con Santa Cena.
Martedì 1° aprile riunione quartierale all’Inverso, alle 20.
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LUSERNA SAN GIOVANNI: Nuovi membri di chiesa:
Sylvie Bertin, Massimo Cannariato, Antonella Chiavia, Gabriele Ferrerò, Deborah Frache,
Pier Enrico Frache, Manuela
Geymonat, Cristian Giordan,
Elisa Girardon, Cinzia falla,
Igor Malan, Elisa Menusan,
Sandro Parise, Luca Pons,
Ronny Tourn.
Giovedì 27 marzo alle 21
culto di commemorazione
dell’ultima cena nella sala Albarin, con la partecipazione del
gruppo musica. Venerdì 28
marzo alle 21 culto liturgico del
Venerdì Santo con la partecipazione della corale e dei catecumeni del terzo anno. Domenica
30 marzo alle 9 culto con Santa
Cena agli Airali; alle 10 culto
con Santa Cena nel tempio.
Mercoledì 2 aprile ultimo appuntamento per lo studio biblico condotto dal pastore Pasque!
sul libro dell’Apocalisse sul tema «Amen, vieni Signore Gesù», cap. 22, 6-21.
PERRERO-MANIGLIA:
Nuovi membri di chiesa: Manuela Pisanu, Magali Barai,
Monica Richaud, Andrea Ghigo, Patrick Bert.
Giovedì 27 marzo alle 20,30
culto liturgico a Perrero. Domenica 30 culto alle 9 a Maniglia e alle 10,30 a Perrero: in
entrambi i casi vi sarà la divisione del pane e del vino. Unione femminile; incontro martedì 1° aprile alle 14,30 per leggere insieme «Le galline non
hanno confini» di Paola Geymonat D’Amore. Riunione
quartierale martedì 1° aprile a
Perrero alle 20,30.
PINEROLO: Nuovi membri di chiesa: Giulia Aigotti,
Davide Camusso, Davide Casagrande, Omar Ferrerò, Daniela Galasso, Marco Gili,
Alex La Rosa, Monica Pentenero, Emerenziana Rostan,
Alice Serafino, Isabella Siciliano, Patrizia Tron.
Giovedì 27, alle 20,30, culto
con Santa Cena; venerdì 28, alle 20,30, culto a cura della corale; domenica 30, ore 10, culto
con Santa Cena.
POMARETTO: Nuovi
membri di chiesa: Daniele Camusso, Ruben Ribet, Federico
Rinaldi, Alex Sanmartino, Michele Verdoja, Luca Alcalino,
Paolo Baret, Tiziana Breuza,
Stefano Coucourde, Manuel
Giraud, Ivo Pastre, Lara Rostagno, Jessica Tron.
Giovedì 27 marzo alle 20,30
culto con Santa Cena nel tempio. Venerdì 28 alle 20,30 culto
con Santa Cena alla cappella di
Inverso Clot. Domenica 30
marzo culto all’ospedale alle 9;
alle IO culto al tempio con partecipazione della corale e Santa
Cena. Riunione quartierale alle
20 di mercoledì 2 aprile alla
borgata Pons.
FRALI: Nuovi membri di
chiesa: llaria Baud, Genny Peyrot, Lorna Peyrot, Loris Rostan.
Venerdì 28 marzo culto di
confermazione alle 10,30. Domenica 30 marzo con Santa Cena alle 10,30. Mercoledì 2 apri
L
*
Rifl<
e ri
le,
Confermazioni a Pineroio nei 1958
le incontro di lettura dell’Apocalisse alle 20,30 al presbiterio.
Riunione quartierale 2 aprile a
Malzat, 3 a Orgere, 4 a Pomieri-Giordano, ore 19,30.
PRAMOLLO: Nuovi membri di chiesa: Micaela Martinat
e Katia Costantin.
Giovedì 27 marzo alla sera
culto con Santa Cena. Domenica 30 marzo alle ore 10 culto
con Santa Cena.
PRAROSTINO: Nuovi
membri di chiesa: Elisa Godino, Luca Pagetto, Ezio Maiero.
Giovedì 27 marzo alle 20,30
culto nel tempio con Santa Cena e partecipazione dei giovani
del catechismo. Venerdì 28
marzo alle 10 culto al Roc con
Santa Cena; alle 15 culto a
Roccapiatta. Domenica 30 marzo alle 10 culto a San Bartolomeo con Santa Cena e partecipazione della corale. Mercoledì
2 aprile alle 21 è convocato
presso il presbiterio il comitato
per l’organizzazione dell’in
contro del 15 agosto. Riunioni
quartierali martedì 1° aprile ai
Cardonatti alle 20,30, giovedì 3
alle 15 a Pralarossa.
RORÀ: Nuovo membro di
chiesa; Orlando Rivoira.
Venerdì 28 marzo alle 21
culto nel tempio. Domenica 30
alle 20 culto nel tempio con celebrazione della cena del Signore. Sabato 5 aprile alle 21
nella sala un gruppo di giovanissimi rorenghi presenta la
pièce teatrale dal titolo «La fortuna si mette gli occhiali». Riunione quartierale giovedì 3
aprile alle 21 alle Fucine.
SAN GERMANO: Nuovi
membri di chiesa: Mariella Capello, Daniele Ribet, Giuliano
Tarosso.
Giovedì 27 alle 20,30 culto a
cura del gruppo giovanile. Venerdì 28 alle 20,30 culto a cura
della corale. Domenica 30 culto
di Pasqua alle 10 con S. Cena.
SAN SECONDO: Nuovi
membri di chiesa: Elodie Mon
croci ugonotte in oro e argento
tesi
& delmastro
(gioielli)
via trieste 24, tei. 0121/397550 pinerolo (to)
net, Valeria Morero, Simoni
Ghigo e Roberto Bianciotto.
Venerdì 28 marzo alle 11
culto liturgico. Domenica 31
alle 10 culto con S. Cena e pat'
tecipazione della corale. Martedì 2 studio biblico alle 20,30.
TORRE PELLICE: Nuovi
membri di chiesa; Mariaaia
Armand Hugon, Sandro Benedetto, Valdo Bertalot, Reshma •
Buzzi, Davide Gallo. Claudio
Geymonat, Sabrina Giordan,
Nicola Salusso, Eliana Agli;
Stefania Albarea, Stefano Dal
Toso, Andrea Eynard, Stefani
Franzese, Marta Lausarot, Debora Montanari, Sara Poét, Enrico Zoppi.
Giovedì 27 marzo &\}e2ì
culto con Santa Cena nel tempio del centro con la pruteci^zione della corale. Venerdì 21
marzo alle 10,30 culto con Sap
ta Cena nella cappella degli
Appiotti; alle 21 culto con Sani
ta Cena nel tempio dei Coppieri
con la partecipazione del coretto. Domenica 30 marzo alle 11
culto nel tempio del centro coi
la partecipazione della corale,
Riunioni quartierale: m:irtedì T
aprile all’Inverso, venerdì 1
aprile alla Ravadera.
VILLAR PELLICE; Nuovi^
membri di chiesa: Barbai a Bali/
don. Paolo Bonjour, Paolo Di
vit, Igor Fenti, Luca Fontani
Daniele Fostel, Elena Garniei
Ruben Janavel, Myriam Pista
Danilo Vernè, Gianni Vcrnè,
Giovedì 27 marzo alle 20,3Ì
culto con cena del Signore. Do
menica 30 alle 10 culto con ce
na del Signore, la predicazio»
sarà tenuta dal pastore Giorgi
Tourn, parteciperà la corali
Lunedì 31 marzo alle 12,3|
presso i locali di piazza Jerv:
consueta agape comunitaria '
Pasquetta; i biglietti sono
vendita a lire 15.000 presso
negozi del paese; alle 14.30 il
contro per l’organizzazione ri^
viaggio previsto per Festa«'
Sabato 5 aprile alle 20.45®
gruppo filodrammatico pres®'
terà la commedia «L’im
za di chiamarsi Ernesto»
Oscar Wilde.
VILLAR PEROSA: Nuo
membri di chiesa: Emanuel n
ras, Davide Meytre, SamaoH
Ricca, Manuela Tonghini.
Venerdì 28 marzo alle 20,?
culto al tempio presieduto J
Daniel Noffke. Domenica^
marzo alle 10 culto al tempi*
con celebrazione della Cen*
del Signore e partecipazio”*
della corale.
VILLASECCA: Nuo«'
membri di chiesa: Paola FefF
ro e Massimo Tron.
Venerdì 28 marzo, alle I®
culto del Venerdì Santo. Dof’J
nica 30 marzo alle 10 culto
Pasqua con Santa Cena.
nioni quartierali: martedì
aprile alle 20 a Morasso,
vedi 3 alle 20 alla Roccia.
11
NOTIZIARIO DELLA FEDERAZIONE GIOVANILE EVANGELICA ITALIANA
TI';
LO SPIRITO DELLA NARRAZIONE
Riflessioni sulla testimonianza in vista del campo studi nazionale della Fgei
La storia della Fgei negli ultimi anni, mi
pare sia attraversata da una costante ricerca
e riflessione sulla propria identità - giovanile, evangelica, politica, etc- nel tentativo di
L’esperienza
dell’alterità caratte
n° 2
marzo
1997
monianza non può che giocarsi su questo terreno delle relazioni liberamente cercate, sul
terreno delle esperienze inspiegabilmente divise e condivise.
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ma e parale. Marie 20,30.
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ridefinire ogni volta il proprio ruolo e la propria vocazione, i progetti e le strategie per il
presente e il futuro. Riflettere sulla propria
identità nella prospettiva della testimonianza (la parola-chiave emersa all’ultimo congresso) ci aiuta a collocare questa ricerca
nello spazio (in una geografia) e nel tempo
(in una storia), a rivolgere, cioè, uno sguardo
al passato, al terreno in cui affondano le nostre radici. Questo sguardo, benché si configuri anche come indagine storica “alta” sulle
nostre origini e sulla storia del cristianesimo
(almeno per quella parte che ci riguarda, nel
bene e nel male), dovrebbe assumere principalmente la fisionomia di un percorso “basso”, di un cammino fatto a ritroso e per tappe, che ci conduca a rivisitare i luoghi da cui
proveniamo. Si tratta, allora, di muoversi in
un tempo segnato da una genealogia che
parta da ciascuno e da ciascuna di noi e ripercorra il filo a volte spezzato, interrotto e
poi ripreso, della memoria, delle storie, delle
persone, delle letture che ci rendono in qualche modo figlie e figli della (o di una) testimonianza: una testimonianza che non possiamo che riconoscere, in questo cammino,
come plurale, corale, sempre mediata e oggetto di interpretazione.
Questo sguardo verso il passato si accompagna, in secondo luogo, ad un confronto
con il presente, con il mondo in cui viviamo.
Mi pare che, da un lato, la molteplicità delle voci e delle posizioni, e, dall’altro, la mancanza di punti di riferimento stabili, siano due
aspetti del reale che non possono non interrogare chi, come noi, tenta di non scindere lo
■ Stare al mondo e l’essere credenti. Come
'possiamo dare senso alla nostra presenza in
un contesto che pare - di senso - non averne? Come testimoniare la nostra ricerca di fede nelle comunità, nelle società, nel confronto con le diversità (v. Emanuele Sbaffi in G.E.
n. 156 dell’estate 1996), senza diventare prigionieri e prigioniere di un atteggiamento rinunciatario o impositivo? Le interpretazioni
sono diverse. C’è chi si perde nel relativismo
e si ritrova indifferente, chi si smarrisce, chi si
arrocca, chi tace per pudore. C’è chi vive nello spazio del conflitto e non può concedersi il
lusso di renderlo un momento di crescita. E
c’è ancora chi si ferma ad ammirare l’estrema
ricchezza della frammentazione, accanto a
ohi, pur non nominandola, prova a viverla.
C’è poi chi si avventura nei sentieri della
complessità del reale cercando di non fornire
dei modelli di comportamento o dei paradigmi
[ha solo delle tracce, delle suggestioni, degli
Indizi che non diventeranno mai delle prove
schiaccianti. La parcellizzazione, la frammentazione, la disintegrazione del mondo in una
t[olteplicità di sguardi e di punti di vista non
più riducibili ad unità, è spesso interpretata
come segno di una crisi (quella delle ideolo,9l6), tratto caratteristico di un’epoca (quella
post-moderna?), conseguenza di un disincanto. E se provassimo invece a ribaltare il raQionamento? Probabilmente scopriremmo
''he l’identità - per quanto concepita in modo
dinamico e non statico - e la parzialità sono
condizione, oltreché limite, dell’incontro. Le
hostre posizioni e le nostre domande acquistano senso, spessore, riconoscibilità quando
confrontano con altre prospettive, dando
l'Jogo ad un intreccio di relazioni personali
'a un lo e un Tu irriducibili. E la nostra testi
stente: è una distanza appena appena sufficiente a far comprendere all’umanità il racconto divino della creazione. Attraverso il racconto dunque entriamo profondamente in relazione col di
rizza anche il nostro
rapporto con Dio.
Si tratta tuttavia di
una alterità che non
si può concepire
come una totale separazione. Dio non
resta per noi in una
dimensione totalmente altra. Due
eventi segnano in
qualche modo l’avvicinamento di Dio:
la creazione e l’incarnazione. Con la
creazione Dio ha
operato un’auto-limitazione che non
solo lo avvicina
all’umanità, ma lo
rende responsabile
dell’umanità, come
chi viene prima lo è
per chi viene dopo.
In questo senso noi
siamo creature e
sentiamo di essere
fondati/e fuori di
noi.
Ricordo che in
una particolare interpretazione chassidica, è Dio stesso che
racconta la creazione all’umanità e la distanza fra creazione e narrazione è quasi inesi
vino e riconosciamo operante quello
spirito della
narrazione
che parla attraverso il
creato e attraverso il racconto per eccellenza che è
la Bibbia.
Ma è in Cristo che Dio ha
scelto di prendere sul serio
la storia degli
uomini e delle
donne, condividendone fino in fondo il
destino. La rivelazione in
Cesò Cristo, è
l’evento attraverso il quale
Dio testimonia
di sé. Non
possiamo
però accontentarci di essere destinatari/e casuali di un messaggio che viaggia in
una bottiglia. Anche il messaggio nella bottiglia è una richiesta d’aiuto, un appello, una
domanda. L’evento dell’incarnazione ci interpella, chiede di essere narrato, chiede a
noi di diventare soggetti della testimonianza.
La parola che narra diventa qualcosa di più
della semplice parola, la narrazione è essa
stessa accadimento che si rinnova (quasi
con la sacralità di un rito). Grazie alla testimonianza che Dio dà di sé si crea per noi
un’apertura, uno spazio per l’ascolto, per la
parola e per l’azione. Uno spazio in cui Dio
accetta di essere cercato e raccontato con
parabole, metafore, immagini simboliche,
gesti e silenzi di uomini e donne che condividono dei percorsi di fede. Nel tempo dell’attesa lo spirito della narrazione risuona oltreché nei testi, biblici e non, nei racconti
dell’umanità, nei racconti che si intrecciano e
si moltiplicano a partire da Gesù Cristo.
Parlare della e sulla testimonianza, come
in questo caso, non deve farci perdere di vista che la testimonianza è forse principalmente una testimonianza che si rende. A
chi, quando e perché? E soprattutto quali
sono i modi e i contenuti della testimonianza? Mi sembra che queste domande elementari che hanno guidato fin qui la mia riflessione rimandino continuamente le une alle altre e richiedano un confronto. Mi rendo
conto che sono partita con scioltezza, con
l’idea di fornire un quadro, una cornice, al
nostro tema; mi ritrovo invece impigliata in
parole e storie che stanno le une accanto alle altre come le tessere di un mosaico o i
pezzi di un puzzle in costruzione. Aspetto altri pezzi, altre pagine sapendo (ignorando?)
che il puzzle non ha fine e il libro dei racconti
né capo né coda.
per la Staff del campo studi
Giovanna Ribet
lo vi racconterò quel che egli ha fatto
storie e testimonianze
CAMPO STUDI FGEI: 30 aprile- 4 maggio, Santa Severa
30 APRILE
ìr»JWAGGIO
NOI, DIO, LA BIBBIA...
- Da chi ho ricevuto testimonianza ?
- Che cosa è per me testimonianza?
(Lavori in piccoli gruppi)
’-te 'ìW; '■ ■
ARRIVI
ty
0)
Benvenuti e
benvenute al campo
II
“Le stanze”
- La testimonianza
nell’Antico e nel Nuovo
Testamento.
(Lavoro in gruppi)
- Il cristianesimo come
narrazione.
(Discussione in plenaria)
“Tarallucci e vino”
FESTA: con specialità
gastronomiche delle regioni e musica anni’70
2 MAGGIO
COSA E PERCHÈ
TESTIMCNIARE ?
-Intervento della pastora
Elizabeth Green.
-Domande, osservazioni,
dibattito in plenaria.
PRANZO
LABCRATCRIC
“La chiesa esiste perchè
continua a narrare la pericolosa storia di Dio”.
£ Jüngel
(Lavoro in gruppi, elaborazione narrativa di testi
biblici)
3 MAGGIC
Die E LE NCSTRE
STCRIE
“L’albero delle storie”
- Interventi in plenaria,
domande e discussione
in gruppi.
CCME
TESTIMCNIARE?
-Condivisione di esperienze di testimonianza.
(Gruppi)
4 MAGGIC
CULTC
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Il costo del campo studi è di lire 180.000 (160.000 per chi studia o ha difficoltà). Sono aperte le Iscrizioni presso la segreteria:
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12
A ,
HoPiziariofget
ARTE DELLA TESTIMONIANZA
Durante il weekend del 7-8 marzo si è tenuto a Casa Cares il convegno regionale della Fgei Toscana. In previsione del prossimo
Campo Studi l’argomento del nostro incontro
é stato incentrato sul rapporto tra testimonianza ed arte.
Un primo approccio é stato fatto attraverso
tre laboratori: pittura, musica ed espressione
corporea in cui i partecipanti hanno cercato di
esprimere quale fosse il loro rapporto con Dio
e la loro testimonianza mediante l’uso dei codici artistici che avevano scelto.
In seguito abbiamo cercato di mettere un
po’ di ordine in ciò che era emerso dai laboratori, e così la discussione si é sviluppata tendenzialmente
su due filoni: la testimonianza della
propria percezione di Dio
e del rap
porto fra lui e la testimonianza del Vangelo di
Cristo.
Apparentemente questi due aspetti possono sembrare indistinguibili, ma c’é differenza
quando si mettono in relazione con l’arte e
soprattutto con la sua fruizione. Quando si é
chiesto di testimoniare attraverso una forma
artistica, da tutti I gruppi sono emersi in maggior parte suoni, immagini, musiche che riguardano emozioni, sensazioni, sentimenti
che entrano in gioco nella relazione con il divino in genere. L’obiezione mossa all’atle come testimonianza è stata che in quei termini
rimane qualcosa di troppo generico, la cui interpretazione é lasciata alla
sensibilità del singolo, perciò
é necessaria una spiegazione meno ambigua, che
ponga le premesse di cosa
í-í-r s¡ vuole testimoniare ov
vero dell’amore di Cristo.
Dio ci lascia il compito di raccontare del suo
incontro fra lui e gli altri,
e per farlo dona a ognuno mezzi diversi. La nostra testimonianza quindi
nasce come risposta al dono particolare che Dio ci ha
fatto, ci impegna come parte visibile e riconoscibile del suo amore. Per esprimere questo
messaggio possiamo far uso di tutti i codici
che vogliamo, dalla pittura alla danza, dalla
poesia al canto, ma l’essenziale é che sia
comprensibile al nostro interlocutore, altrimenti l’arte diventa una pura soddisfazione
personale anziché essere uno strumento di
testimonianza al servizio degli altri.
irene Lorenzi (Pisa).
FGEI VALLI: EUROPA
E la prima volta cha mi trovo a dovar serivara un articolo, ancha sa forsa il tarmina é
un po’ pratanziosa, par il Notiziario Fgai.
Dav’ assara solo un articolatto all’ultimo
convagno Fgai Valli, imparniato sul tema
dall’Europa: appura non so coma Iniziarlo.
Così, prima di scrivere, ripenso ai convegno:
ne ricordo l’apertura, con la presenza di Alberto Gabella de! Movimento Federalista Europeo, e Claudio Canal, con i quali abbiamo
ripercorso brevemente la storia dell’ Europa e
grazie ai quali abbiamo potuto conoscere e
capire molto più a fondo il discorso Europa; la
discussione si é tenuta anche su toni abbastanza alti ed ha spaziato molto bene da un
discorso di tipo polìtico ad uno di tipo economico fino a quello di tipo religioso.
Ricordo poi che abbiamo redatto un “documento” in cui abbiamo dato alcune idee in
merito a quali, secondo noi, dovrebbero essere le nuove leggi dell’Europa.
Ripenso anche con un sorriso alla “cornice” del convegno, che si é tenuto il 15-16 febbraio a vaiar Porosa, e cioè al giochi, alle risate, alla musica, ai nuovi e vecchi amici.
Insomma, mi dico, é stata ancora una volta
un’esperienza molto edificante e nel contempo molto divertente; senza sforzo alcuno ho
trovato tutti gli elementi che devo infilare nel
mio articolo e che si trovano nella maggior
parte degli articoli dei Notiziario.
Eppure, sento che manca qualcosa, mi dico che dovrei non solo parlare di queste cose, che costituiscono la bella facciata lucida
della fgei e che sono le uniche che compaiono negli articoli, MA ANCHE DEL MALESSERE che serpeggia sempre più spesso dietro
la facciata, fatto di critiche non costruttive,
contrasti, di spaccature.
Dovrei forse anche scrivere che la Fgei
Valli, prima di confrontarsi con l’esterno, dovrebbe davvero cercare di confrontarsi con se
stessa con umiltà e maturità.
D’un tratto, però, mi rendo conto di quanto
questo discorso sia lungo e complicato, e mi
rassegno ad eliminare questa seconda parte
così scandalosa dall’articolo, in nome della
facciata.
Michel Charbonnier (Luserna S.G.)
A S.FEDELE
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Alcuni giovani membri e simpatizzanti delle chiese di Milano hanno deciso di sfruttare l’opportunità data dal
centro evangelico P. Andretti di S. Fedele in provincia di Como e della foresteria delle Chiesa Metodista di IntraVerbania per una serie di incontri da
effettuare in quattro week-end.
Gli argomenti sono stati scelti in base agli interessi che ha ognuno di noi.
Inizialmente un ripasso storiografico sul periodo pre-riforma, con alcuni
cenni su particolari poco conosciuti di
essa, il post-riforma e infine i temi più
attuali come: etica, bioetica, il dopomorte.
Le prime due riunioni coordinate e
supportate dal pastore Giovani Carrari
della chiesa metodista di Milano, hanno visto svilupparsi un ricco dibattito in
cui ognuno ha portato il proprio contributo e le proprie opinioni.
L’esperienza, nuova per noi, si sta
rivelando un utile training sia per chi
vuole ricercare nuovi spunti di fede,
sia come percorso per arrivare ad una
confermazione ragionata.
SARANNO FAMOSI
fgruppi alla ribaltaJ
RK
Paolo Serra (Milano)
Questo video è sfato realizzato dal vivo durante il Convegno nazionale del Servizio istruzione ed educazione
della Federazione delle chiese evangeliche in Italia
(Ecumene, Velletri 1-3 novembre 1996)
a cura di Gianna Urizio
riprese: Domenico Bemportato
produzione: Spav - ifoma
Do ordinare a:
Servizio Istruzione Educazione ■
Fcei
via L. Porro Lambertenghi 28 - 20159
Milano
tei. 02/69000883 • fax
02/6682645
Finalmente è
nato anche a
Grosseto un gruppo FGEI. Siamo
pochi, solo in cinque ma c’è il detto che dice
“pochi ma buoni”.
Ci siarno formati all’inizio dell’anno in corso, siamo ancora alle prese con la parte organizzativa e per diversi motivi non abbiamo ancora iniziato grandi attività.
In ballo ci sono grandi idee e progetti per il
futuro, che speriamo di realizzare il più presto
possibile.
Ci incontriamo il
uiuiu, o/jaiiciiiiu ui realizzare
GROSSETO
lunedì pomeriggio dì ogni settimana anche se
al momento questi incontri sono rallentati da
impegni vari quali soprattutto lo studio (visto
FARE E FARSI
Il fare e farsi o se preferite crescere e far
crescere attraverso il lavoro nelle chiese e nei
centri, passa anche attraverso la formazione.
Seminario di formazione al Villaggio della
Gioventù.
Probabilmente alcuni/e lettori e lettrici di
questo notiziario hanno lavorato in qualche
centro evangelico nella staff di campo e conoscono la fatica, l’impegno necessario per l’organizzazione e l’attuazione di un campo giovani, cadetti, famiglie. L’impegno e la fantasia
individuale non sempre sono sufficienti per
questo lavoro, spesso ci si accorge che le nostre sole forze non bastano.
Vi è poi un’altra esigenza, non meno importante della prima: la necessità di migliorare
costantemente la qualità dei nostri campi. La
risultante di queste due esigenze è la formazione. Campi e seminari di formazione dedicati alle persone che lavorano o vogliono lavorare per i nostri centri, pastori/e compresi.
Un progetto di lavoro che deve essere pensato per l’intero mondo evangelico e con esso
portato avanti, attraverso campi di formazione, scambio di esperienze fra i vari centri,
partecipazione dei pastori alla formazione ed
altro ancora.
Il Villaggio della Gioventù si è attivato anche su questo fronte organizzando un seminario di formazione nel primo fine settimana
di marzo. Un seminario specifico pensato ed
organizzato per fornire ai partecipanti degli
strumenti concreti di lavoro.
Ci siamo concentrati su due ambiti di lavoro: giochi di presentazione e animazioni.
Quante volte abbiamo fatto un gioco di presentazione, tante, ma quando poi ci si trova
ad organizzarlo ci si rende conto di quanto sia
complesso, di quante attenzioni, di quanta
sensibilità sia necessaria per rendere efficace
e piacevole una presentazione. Enzo Marziale ci ha spiegato, con molta professionalità,
questi giochi ponendo in evidenza come questi possano essere determinanti per la riuscita
di un campo.
La seconda fase del seminario è stata curata da Sandro Spanu che ci ha guidati nel
mondo dell’animazione. Come si fa un’animazione? Quali e di quante fasi si compone?
Come deve comportarsi un animatore?
Anche in questo caso abbiamo suddiviso il
nostro lavoro in una parte teorica ed una pratica. Sandro, con creatività ha esposto varie
tecniche di animazione e poi le abbiamo provate. Divertente !
Un momento molto importante è stata la
valutazione della nostra “performance” non
tanto per stabilire chi fosse il migliore animatore, ma per correggere gli inevitabili errori.
Sinceramente mi sento di affermare che è
stato un buon campo, anche grazie all’impegno delle e dei partecipanti; l’unico aspetto
negativo, se così vogliamo chiamarlo è stata
la brevità dell’incontro. Sarebbe bene pensare campi di formazione più lunghi, magari durante le vacanze di fine anno. Ci stiamo attrezzando ...
Potrei concludere qui questo breve scritto,
ma per dovere di cronaca devo informarvi che
in concomitanza con il nostro seminario vi era
un incontro del MCS. Alla sera, terminati i lavori si stava insieme: un mix di lingue si intrecciavano: greco, italiano, inglese. Tutti/e
eravamo accomunati dalla voglia di stare insieme, divertirci, ballare; avete mai ballato
danze greche? Anche questa è stata un’
esperienza da non dimenticare !
che la maggior parte dei componenti soi¡¡
Con
Chili Zc
Quei
studenti). ' e perpk
Oltre a concretizzare le nostre idee, sperk °
mo anche di riuscire ad ampliare il gruppo h
cercando di coinvolgere persone che attu$ ^
e l’autoi
mente si sono allontanate dalla chiesa.
Denise Campanek^^¡;j¡
FGE! O WWF1
Elia Piovano (Torino)
Come comportarsi rispetto a coloro c/ii formato
pur non essendo, per svariati motivi, federa generaz
alla fgei, decidono di partecipare alle attivi! P®*"
giovanili della loro regione e in generale? napoleti
Tutti sanno che chi non è federato è ani 60
tutto e soprattutto evangelico e per tanto coi ‘
legittimamente riconducibile agli altri giovai
evangelici federati a tal punto che risulta inut ®
le differenziare tra gli uni e gli altri; ed è quiñi
un dato positivo che in alcune regioni gruppi[ ®
giunte fgei divengano luoghi senza limiti in ci Ques
prima di altro si è “giovani eavangelici” e sol
in un secondo momento appartenenti a qua ®P® ®P®*
sta o quella istituzione. E’ un dato presente i osare
Triveneto, dove esiste in giunta una rappn P''"®*'
sentante dei numerosi non federati, in Lony P
bardia (Coordinamento Giovani), in Piemonte,
dove la giunta ha scelto di essere prima di M
to un gruppo regionale che si occupa delle at oiischia
tivìtà dei giovani evangelici: in ciascuna 4 9
queste esperienze regionali ciò che importai
condividere il sentirsi evangelici. condivisi!
Volendo fare alcune considerazioni, qualcuno potrebbe obiettare dicendo che cosila- 9®
cendo si favorirebbe un vago diradarsi delle
adesioni alla fgei, arrivando fino alla conse- ®
guenza di una perdita di necessità di avere" '
una struttura giovanile nazionale; è anche ve-*®'!'’® ®PP‘
ro che dal Piemonte al Triveneto v; è t/ra P”'^° P®
maggioranza di gruppi e persone nor federa- ®®"^®
ti, ma è anche vero che al momento non si'
può fare diversamente, e che se qualora si arrivasse a tali conseguenze, la causa principa-^^°
le non sarebbe certo questa. Rimane qu;no'/;?P®'^®®''®
fatto che l’apertura e la collaborazione conia
process
non-fgei è irrinunciabile.
coni unii
Tuttavia vi è poi chi appartiene alla curiosi P'''®
JOld cIgI rnGrjli/”ì rìrxr'Hi mo /*»#//-»»-»i” /^i/i/orA ^
scuola del “meglio pochi ma buoni”, ovvero
chi teorizza un’acerrima appartenenza allá
venta ui
fgei, fino a fare equazioni del tipo fgei=WWF,
para e
dove quest’ultimo è assunto ad esempio di or
dell’asc
ganizzazione chiusa in cui si entra e si ha é
- to#i(e).
ritto solo previo pagamento (dì tessera. La tes
B. Ur
sera W\AIF, a parte il diritto ad effettua e bird
fezione
watching nelle oasi protette, come neHa
permette di partecipare a tutte le sue .man//e-™®®*°stazioni, anche a prezzo ridotto. Nonostante,
questo, non vi sono validi motivi per applicare^
la tonta mentalità della tessera anche alisi
fgei, e anzi mi sorge sempre di più il dubbici
che i sostenitori di tale mentalità vogliano più\
che altro tutelare la fgei che ritengono di “ave-W„,
re”(in valigia? sotto vetro?) anziché, più sana-Ursone
mente, di vivere. Il // t^gff
L’appartenenza a una organizzazione do-'Avete a
vrebbe essere anzitutto condivisione a unstaì”. No
stessa idea o aspirazione. Il fatto che mollioreoccuf
non aderiscano più ma partecipino assidua-^o di no,
mente significa comunque una volontà di n-seratì", f
cerca, un desiderio di condivisione. E sicura-Per fare
mente aprire incondizionatamente a ragazzino, al gr
e ragazzi può significare dare loro un motivo^fs c’è l
in più per percepire il senso di una federazio- ^osso a.
ne e magari offrirgli la possibilità di dare alU ¡¡teressa
fgei una fisionomia più simile a loro e ai loro '^derazi
sogni, così come hanno fin troppo marcata- duesu
mente fatto le generazioni precedenti. -''e a eh
Chi aderisce alla fgei lo fa per sostenere^ *^3 per
mantenere un progetto comune, o per ^tana a
serppUce bella idea dell’esistenza di una fgei ^upars
così come è oggi, il sostenere una bella idea, vari ¿
quale l’unione in federazione di ragazzi e ra-j^rneni
gazze, è divenuto per alcuni un’appartenee- divedi i
za, il codice a barre del giovane evangelico dove
doc. Altri, e non sempre a torto, optano inve- ® iser
ce per un’appartenenza a tutto ciò che non é ono pas:
fgei: ragazze e ragazzi desiderosi di condivi- ^vare a
dere aspirazioni e di entusiasmarsi, ma cho - Mi se,
rifiutano qualcosa che ha smesso di far so- ^oserati’
gnare ed entusiasmare, qualcosa che sero- ^evang
bra aver smesso gli abiti giovanili per scimiot- i-a Fge
tare le dinamiche e i giochi profani di un adui %e de
to grigiore. ^chiedo
Vi é poi chi crede alla fgei, come luogo 0 P- Crt
priori per esplicare il proprio entusiasmo e ino
pegno senza sentirsi speciale, traditore degli J'Sfra
uni e degli altri: spesso è chi alla fine volta lo ’’'tern,
spalle e se ne va, disilluso. * '^®ss
ma
Paolo Montesanto (Torino) '
fatto
13
HotiziQriofger
RHCZ: A CHE PUNTO SIAMO?
Come sta andando ¡I progetto Red Hot
ChiliZone?
tenti so strano nome ha già lanciato ironie
e perplessità: avrà a che fare con una Hot Licnorf ne 0 con un nuovo complesso musicale mu
/ aruD ^ ^®PP®''s’
•he aft Ebbene anche questa confusione fa parte
sa della cultura giovanile tra il gergale, l’allusivo,e l’autoironico. Tutto per dire che in questo peìmoan volemmo puntare i riflettori su progetti
giovanili a Napoli e in Puglia/Lucania, ma non
mmmgL vortemmo che vi dimenticaste ovunque viviate
fpé di guardare i progetti nel vostro territorio.
* • A Napoli, dopo la visita del Consiglio, si è
oloro da formato un gruppo misto, tra denominazioni e
i federa generazioni, che sta preparando un convegno
Ile attiva ' giovani delle chiese evangeliche del
-ale? napoletano. A Bari si è svolto un incontro di
0 è ana eitca 60 persone tra giovani e adulti delle co'anto coi munità di Taranto, Grottaglie, Mottola, Materi giovai Conversano, Bari, Cerignola. Dato che la
■ulta inui ® Lucania hanno delle distanze note
1 è quira ringraziare tutti per essersi spostati
/ gruppil sabato pomeriggio di semiprimavera.
miti in Ci Queste due piccole iniziative, in cui il Conci”esoi catalizzatore, dimostrano
)ti a qua spesso per i progetti giovanili bisogna soesnnte't osare cominciare. Certo, ma per continua3 raoDrn ^®’ direte voi... e poi quali sono i contenuti di
,-,; S questo progetto?
’iemonti dell’RHCZ siano
na diu '® debolezze: a) un progetto che
dalle ai 'n'®of’ia le generazioni, anche se rivolto ai
scuna d giovanili, b) un progetto aperto, non
diportai partenza, c) un progetto per la
condivisione tra gruppi sul territorio.
mi, qual- progetto che coinvolge di
cusìfa- generazioni perché nel lanciare l’idea
trsi delle puntato ad avere come soggetti pro
3 {onse- ponenti anche ie figure pastorali della zona, le
di avere’P®”^®“™ competenti di animazione musicale e
'}che ve-®PPessionate del dialogo con i giovani. Il
• è iyna P™° P®®®° ® accettare che tutte queste prefederì-^^^^ siano alla pari e siano presenti perché
0 non s'l’®nno delle capacita, delle passioni, dei taira Questo “riconoscersi” in realtà non si
7rincipa '^^° prendere come dato di partenza (come
iniziando), ma piuttosto come
e conia P'’°o®®®p’ come cammino da fare. Parlare in
comunità fra diverse generazioni (lo stesso si
curiosa P®'" le famiglie) affinché ogni parte si
ovvero ®®"*® Partecipe e promotrice del progetto di7za aitó/®®^® scopo: non c’è qualcuno che pre’=VVlVi(*P®™ ® P®'^sa per altri, bensì c’è la fatica
i/od/or-'*®!*’®®®°’*®''® disagio e le proposte di
ìi ha
La tes- “■ progetto non strutturato, senza dil'e bird-^®™^® suggerita. Un’idea ben più difficile da
Ita ®*^® un pacchetto preconfe
.rnan/fe-^®®®*®' l’ascolto è possibile l’espressioostante.
ìoiicaK".
^ t
i.e aiii,
dubbiai
ano più]
ne delle risorse e dei disagi delle nostre comunità, a seconda dei vari contesti, delle storie di collaborazione precedente. In Puglia/Lucania la Fgei e la Fcei collaborano da anni in
modo molto costruttivo, stimolandosi a vicenda: spesso è stata la FcepI a richiamare al lavoro la Fgei, a dimostrare che non sempre
sono i giovani a portare vita nelle chiese, ma
è responsabilità di ciascuno. Quello che si è
provato a fare a Bari, e in forme diverse a Bari (date le realtà diverse), è raccogliere le proposte di lavoro dei presenti e delle presenti.
Non è certo il Consiglio Fgei che può sapere
qual è il progetto che interessa: sono le risorse presenti nella zona, sono loro a dover immaginare per se stessi(e) un progetto: a cosa
i giovani vorrebbero partecipare e cosa li
spinge a farlo?
C. Un progetto che vuole continuare ad appoggiare il lavoro tra i gruppi giovanili nella
regione o nella città, malgrado le distanze e i
costi sia concreti che “d’abitudine”. Le proposte emerse dovrebbero dunque coinvolgere e
motivare i gruppi giovanili ad incontrarsi, per
fare quello che hanno deciso, all’Interno del
tessuto delle chiese e insieme alle chiese.
Anche questo non è un dato di partenza e
non è neanche lo scopo. Spesso non si riesce ad organizzare incontri malgrado ci siano
le idee perché quello che manca è la cultura
dell’incontro; d’altra parte non ci si incontra
per non fare niente: creare insieme la voglia
di incontrarsi e la voglia di progettare non è
semplice.
Dicevo che sono virtù e debolezze insieme, perché il cammino verso la creazione del
progetto rischia di assorbire tante energie e di
essere lungo: ma non è anche la parte più divertente?
Silvia Rostagno (Roma)
r
dai consiaiio
V
Nei mese di febbraio si è tenuto a S. Severa il seminario del Progetto del Sud del
MCS sul tema dell’immigrazione. Il gruppo era formato da giovani studenti di Francia,
Portogallo, Grecia, Italia, inclusi alcuni studenti “fuori sede” provenienti dall’Africa.
Dai partecipanti si sente dire che è stato un ottimo incontro.
La sottoscritta si è recata, sempre a febbraio, a Siena invitata dai gruppo Fgei. A
parte i sensi unici di Siena, che inevitabilmente ti riportano fuori dalla città (!), è stato
un bell’incontro (e gita). Il gruppo giovanile è presente al culto quasi ogni domenica
con la corale: spero di riveden/i al campo studi a rallegrarci tutte(i).
Il 1 marzo si è svolto un mega incontro giovanile a Bari (vedi articolo), a cui ci siarno recati Lula Nitti, Giorgio Bonnet ed io per il Consiglio. Ringraziamo ancora per
l’ospitalità e il benvenuto la comunità battista di Bari.
Il Consiglio nella sua riunione del 22-23 marzo a Torino, incontrerà il Vice-presidente della FCEI, past. Platone, per continuare il confronto sulTunità del protestantesimo italiano. Questi nostri incontri, vedi anche la chiacchierata con Sara Comparetti
nella riunione precedente, vorrebbero rispondere alle mozioni dei Congresso scorso
sui rapporti con i(le) giovani di altre chiese evangeliche federate o non federate alla
FCEI. Chiediamo ai gruppi di farci avere notizia delle iniziative prese in questa direzione, per esempio molti gruppi hanno relazioni con gruppi di giovani avventisti. Esistono contatti con l’Esercito della Salvezza o con i Luterani? Per parlare solo di chiese federate. Nella stessa riunione di marzo incontreremo il direttore di Agape con
le(il) rappresentanti(e) Fgei nel Comitato: tra Fgei e Agape si riscontra una buona
collaborazione, sia nella partecipazione ai campi sia nei settore della formazione di
staffiste(i). Infine è previsto un incontro con la redazione al completo del Notiziario
Fqsì: sarà un’occasione per valutare II lavoro che svolgiamo e inventare nuove modalità per utilizzare al meglio questo prezioso strumento di informazione.
Silvia Rostagno (Roma).
J
PREVISIONI: AL SUD... BEL
TEMPO E TANTO CALDO!
FGEI CHE VORREI.
Sicuramente non con puntualità ma certamente in “quantità” inaspettata siamo giunti/e
all’incontro nel primo pomeriggio del 1 marzo
a Bari.
Poche volte, infatti, capita di essere così
presenti e quando capita si tratta di occasioni
particolàri per importanza, come quella di sabato, in cui abbiamo ricevuto l’attesissima visita del consiglio Fgei, nelle graziose e simpatiche figure di Silvia, Lula e Giorgio. Si è trattato di un incontro intergenerazionale, e questo ha assicurato una certa “dialettica” (diciamo così), a cui hanno partecipato anche alcuni/e pastori/e, e questo ha garantito una certa
“presenza spirituale”. E di quel tipo di presenza abbiamo molto bisogno dato che come
RCHZ abbiamo un bel po’ da fare e da viaggiare su e giù per Puglia e Lucania (e già
questo non è semplice) per lavorare su culto
e liturgia, animazione biblico-teologica, e perché no? vista la conciliabilità, su identità protestante. Naturalmente oltre che nell’Impegno
di incontrarci più spesso, magari dividendo la
zona per subregioni di 3 - 4 gruppi viciniori.
confidiamo nello strumento preziosissimo di
collegamento quale è il bollettino regionale, rinato col nome di «Ichtys» e rappresentato da
un simpatico pesciolino parlante: sì, perché
Ichtys ogni volta parlerà ai gruppi, federati e
non, presentando esempi di liturgia complete
di letture e di canti (musica e parole) in gran
. parte a cura del GRUME. Il tutto sarà introdotto da schede per lo studio sul culto e liturgia,
e da numerosi consigli e suggerimenti per fare, creare e vivere in prima persona le varie
forme di lode al Signore che, tra parentesi,
detesta essere presentato come un Dio noioso e spento. In tutto questo non saremo
soli/e: lavoreremo con e nella FCEPL (Federazione chiese evang. Puglia e Lucania) che
da subito ha bene accolto le nostre idee e le
nostre proposte concrete proponendo di organizzare insieme un convegno. Sembra proprio
che il progetto RCHZ stia interessando e
coinvolgendo più di quanto si immaginasse:
speriamo soltanto di non «soffocare dal caldo» ora!
Virginia Mariani (Mottola)
di avB-jr... e c: credo che sono sempre meno le
j sana-mone che si iscrivono alla Fgei! Se questo
in trattamento che viene loro riservato!
ne do-Avete dei problemi?”... “E chi se ne impora umlal”. Non mi pare che ci sia tutta questa
e molùoreoccupazione per gli evangelici che decidossidua-no di non aderirvi più ... i cosiddetti “non tesà di ri'Serafi” p@r usare un’etichetta oramai in voga,
sicura-Per fare un esempio, che mi riguarda da viciagazzino, al gruppo giovani elvetico-valdese di Triemotivi^e c’è una parte attiva non iscritta alla Fgei.
erazia osso assicurarvi che nessuno se ne è mai
tre alli l^eressato... anzi, a dirla tutta, credo che la
ai loro ederazione nemmeno sappia dell’esistenza
arcati' Queste persone. Questo tanto per rispona chi sostiene che la Fgei si è così prodinerei *fa per capire le problematiche di chi si alper II ntana da essa. Probabilmente comincerà ad
a fgei, doparsene solo quando il numero all’Interno
a idee, ^ vari gruppi iscritti alla Fgei diminuirà dra7 e re-vOamente, come è già successo in alcuni catenen-divedi Udi
fgei CHE
non i ^0 passati a 3!). Mi chiedo perché bisogna
mdivì- v^e a questi estremi per venire consideraMi sembra che si parli esclusivamente di
aerati” e “non tesserati”, anziché di indivi
evangelici.
^La Fgei dovrebbe essere uno strumento di
, ne afe; giovani evangelici italiani, invece,
vii 'r^°’ nnai riesca così bene a divifa»'^° che la cosa sla dovuta soprattutto
list ° bisogna per forza professarsi di
^®'" essere tenuti in considerazione
^nno della Fgei, in caso contrario si viej,^®®®' 'n disparte, ritenuti persone di se® oategoria. Mi (e vi) domando: ”Ma ab
la che
àr soseP’
:imiotI adul
oQO e
< e ireI degli
cita le
orino)
biamo fondato un partito?”.
Per altro sarei anche curiosa di sapere
quali sono le cose di cui la Fgei si occupa,
perché io credo di non saperlo più! Sovvenziona viaggi, all’estero e non, a suoi rappresentanti: guarda caso, le persone inviate sono sempre le stesse a convegni di cui nessuno conosce l’esistenza se non a lavori già avvenuti. Come si spiega?
Ho letto, in uno degli articoli, che la Federazione porta avanti lavori insieme alle Chiese: mi farebbe piacere sapere quali sono e in
cosa consistono, visto che di questi progetti
non si ha notizia.
Decisamente questa è la Fgei che non voglio e, per questi motivi, forse anche egoisticamente, non mi sono più iscritta, anche se
continuo a frequentare giovani e gruppi evangelici non esclusivamente di Trieste.
La Fgei che vorrei dovrebbe essere un vero strumento di unione tra tutti i giovani evangelici italiani e
NON VOGLIO »
pochi eletti. Ritengo inoltre che dovrebbe essere aperta verso l’esterno e non chiudersi In se stessa atrofizzandosi; dovrebbe partecipare alle attività
della Chiesa, di cui in fondo fa parte, a fatti e
non solo a parole, o ricordarsi di essa solo
quando si tratta l’argomento finanze.
Probabilmente sarò stata troppo schietta,
ma io non sono capace di dire ciò che penso
tergiversando. Avete chiesto le nostre opinioni: questa è la mia. Ciao a tutti!
Michela Balos
(gruppo giovani elvetico-valdese di Trieste)
(PENSIERI, PROPOSTE, SOGNI,
Circa otto anni fa ho cominciato a frequentare le attività giovanili organizzate nella mia
regione e all’interno della mia chiesa. Ho conosciuto ragazzi e ragazze che avevano voglia di incontrarsi, di confrontarsi, accomunati/e tutti/e da una stessa fede in Dio, seppur
più o meno consapevole ed espressa in modi
diversi. Poi, pian piano, ho scoperto che oltre
ad un livello locale ne esisteva uno più gran
Beh, questa é la Fgei che conosco, la Fgei
di adesso, formata da giovani che condividono valori e che confrontano le proprie idee
(anche politiche). Giovani che fanno tesoro
delle esperienze di coloro che li/le hanno preceduti/e per poter costuire insieme un futuro
un po’migliore.
Mi piace pensare che la Fgei che conosco
sia composta da persone che nonostante le
de, nazionale se non _ _ _ __ _
addirittura internazio- LA FGEI CHE CONOSCO
naie, con tante persone che, provenendo da realtà differenti, avevano In comune la stessa voglia di mettersi in
gioco fino in fondo, per crescere nel confronto
con Taltro/a. Era entrata in contatto con la
Fgei.
Il primo impatto con un congresso Fgei
non è cosi semplice. Tutto sembra troppo formale (le mozioni, gli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto, ecc.), ma con un po’ di attenzione si coglie l’entusiasmo e la voglia di
esserci di queste poche centinaia di ragazzi e
ragazze che , contrariamente alla dilagante
tendenza all’omologazione e alTindividualismo, vogliono testimoniare con forza la loro
identità, I valori in cui credono e che li accomunano.
Far parte della Fgei, come del resto far
parte di un qualsiasi gruppo, non significa accettare passivamente tutto ciò che accade ai
suo interno. Al contrario significa avere il coraggio di confrontarsi con se stessi prima e
con gli altri poi, per uno scopo comune: crescere.
e le proprie
insicurezze
vogliono essere coinvolte fino in fondo, in tutti
gli aspetti della propria vita, mettendosi in gioco con tutte se stesse. Persone che sostengono, anche economicamente, ciò in cui credono.
Una Fgei che, in quanto composta da persone giovani, é aperta a tutto e tutti/e, in continuo movimento e che cambia continuamente
perché cambiano i suoi componenti.
Una Fgei che quindi non isola e non giudica a priori chi la pensa In modo differente, anzi lo accoglie per confrontarvisi senza pregiudizi o preconcetti.
Probabilmente non tutti saranno d’accordo
con me (anche questo fa parte dell’essere
gruppo), ognuno avrà una visione della “sua”
Fgei. Questo però non deve ostacolare il dialogo e l’ascolto reciproco, il rispetto per Taltro/a.
La Fgei che conosco, la “mia” Fgei, ha tanti problemi, ma sicuramente non di questo Genere.
Noemi La Fata (Treviso)
CRITICHE, CIO CHE VI PIACE, PIACEVA O PIACEREBBE)
14
r
ERI
ELEFANTI O AMEBE?
Dal 17 al 24 novembre si è tenuto a Strasburgo, presso il Centro Giovanile del Consiglio d’Europa, il «Seminar» del Consiglio Ecumenico Giovanile Europeo con tema «Religione e Ideologia: una sfida per il lavoro ecumenico in Europa».
Erano ben tre gli italiani presenti; oltre al
sottoscritto. Laura Vattano di Pinerolo e Francesca Ricca di Piombino, entrambe alla loro
prima delegazione FGEI all’estero. A queste
vanno aggiunti gli oltre trenta partecipanti da
varie regioni d’Europa; notevole è stata la
presenza dai paesi dell’est (Romania, Russia,
Bulgaria, Lettonia, Ucraina, Bielorussia, Ungheria) e dei Nordici (Finlandia, Norvegia, Danimarca, Belgio), oltre a qualche delegato della Gran Bretagna; come al solito spettava agli
italiani rappresentare «degnamente» il sudovest europeo, affiancati questa volta solo da
due cattoliche maltesi...
Il campo aveva quale obiettivo primario
cercare di fare il punto sulle sfide che ci ven
gono rivolte dalla mutata situazione politica e
religiosa in Europa, come singoli, come giovani ma, soprattutto, come chiese, anche al fine
di individuare possibili campi di lavoro per l’attività del Cege nel prossimo futuro ed in vista
dell’appuntamento di Graz sulla Riconciliazione.
Per questo la prima fase di studio è stata
caratterizzata da lavoro in gruppi nell’intento
di meglio comprendere quali «idee» di ideologia e di religione andavano a confrontarsi
(Quali sono i miei valori? Come posso definire
una religione? E una ideologia? Come sopravvivere in questa «giungla» di religioni ed
ideologie?); dal personale al generale, lo
scambio ha evidenziato sì punti di contatto ed
un retroterra comune, ma anche notevoli differenze soprattutto sul piano delle aspettative
e della critica alla società attuale.
Non è facile confrontarsi con persone che
provengono dall’ex blocco sovietico, specie
se ortodossi: la «mitizzazione» che si avverte
della nostra società occidentale passa attraverso ogni discorso e ad ogni livello, sfociando a volte nel vittimismo ed in una certa intolleranza nei confronti di chi in questa società
vive, ma con idee diverse da quelle dominanti
(ed è certamente il nostro caso...). Devo però
riconoscere che, finalmente, si cominciano ad
incontrare anche persone un po’ più «smaliziate» rispetto al modello di società occidentale e quindi decisamente più aperte al dialogo, anche se spesso permangono alcune
sacche di integralismo rispetto a questioni come l’omosessualità ed il ruolo della donna.
Il seminario si è poi sviluppato mediante alcuni contributi esterni, che hanno permesso di
centrare l’attenzione su questioni specifiche,
in particolare la visita alla Corte per i Diritti
Umani ed una giornata dedicata ai movimenti
neonazisti in Europa (a partire dalle teorie revisioniste) hanno stimolato la riflessione e toccato corde che hanno decisamente emozionato i partecipanti.
Non sono mancati momenti abbastanza rilassanti e, tutto sommato, «divertenti» grazie
agli immancabili giochi di ruolo; il principale
invitava gruppi il più possibile eterogenei per
provenienza ed appartenenza confessionale
a «inventare» una religione che si basasse su
determinati presupposti proposti dagli organizzatori (intimismo o attenzione al sociale.
senso del sacro o pragmatismo, trascendenza 0 immanenza, ruolo della natura e dell’uomo, etc.): i passi successivi consistevano nei
proporre dieci tesi-guida ed una cerimonia significativa come base di confronto, in vista di
una conferenza «mondiale» nella quale rappresentanti delle varie religioni avrebbero cercato di riscrivere alcuni articoli della dichiarazione dei diritti dell’uomo in modo che fossero
in essi mediate le differenti posizioni. E’ stato
un successo a metà; notevole e suggestiva ia
prima parte, improponibile, forse per il poco
tempo, la seconda.
Durante il campo l’atmosfera generale è
stata piuttosto buona, con un buon livello di
scambio fra tutti i partecipanti, grazie anche
alla «serata culturale» e ai «banchetti internazionali» (cibo e liquori) che in queste occasioni non mancano mai...
Ciò che è in parte mancato sono state le
conclusioni. E’ vero che non era obiettivo
principale del seminario produrre un documento, materiale o altro
del genere, ci è sembrato però che l’ultimo
giorno sia filato quasi
«troppo liscio» per come siamo abituati a
chiudere i nostri campi:
non c’è stato quella
sorta di climax, emozionale e dei contenuti,
che da sempre caratterizza i nostri incontri in
ambito FGEI.
Penso, comunque,
che sia stato un buon
campo e con questo invito tutti gli fgeini e ie
fgeine a «lasciarsi coinvolgere» con entusiasmo da iniziative del genere, a proporsi in prima persona per le delegazioni estere o, meglio ancora, per i gruppi di lavoro chiamati ad
organizzare campi in ambito internazionale,
viste anche le continue richieste che giungono alla FGEI in questo senso.
Per concludere, una questione proposta
dal generai secretary dell’EYCE, in risposta
ad un partecipante che suggeriva l’immagine
dell’ameba, in grado di adattarsi alle più disparate situazioni, come metafora del nostro
agire in quanto cristiani: e se invece la «religione» (leggi, la nostra fede...) fosse un elefante, capace di travolgere ogni cosa al suo
passaggio e «stravolgere» le nostre vite, di
abbattere muri enormi ma anche dotato di eccezionale memoria e disponibilità al sen/izio?
Non so se sia un quesito intelligente ma, a
pensarci bene, coinvolge aspetti della nostra
identità e della nostra capacità di relazionarci
con l’esterno che sono al centro della riflessione della FGEI in questi giorni: come manifestare la nostra fede, come testimoniarla, come proporci in quanto cristiani e federazione
di giovani evangelici?
Andrea Sbaffi (Firenze)
6 aprile 97 CASA MATERNA - Portici(NA)
convegno dei gruppi giovanili di Napoli e
dintorni
GIOVANI E TESTIMONIANZA
informazioni e iscrizioni:
Loia Nitti (081-284393)
1st-20 aprile 97 PRA DEL TORNO
Fgei Valli e Piemonte
PRE-CAMPO STUDI
informazioni e iscrizioni:
Serena Ribet (0121-322009)
Paolo Montesanto (011-3082264)
19-20 aprile 97 TORINO
convegno di
CASSIOPEA
informazioni e iscrizioni:
Antonella Visintin (011-6693723)
26-27aprile 97 VENEZIA
convegno Fgei Triveneto
RICONCILIAZIONI
informazioni e iscrizioni:
Barbara Grill (041-5239745)
24-27 aprile 97 AGAPE
weekend etica
SENZA CORPO
informazioni e iscrizioni (0121-807514)
24-27 aprile 97 ECUMENE
convegno dei MUSICISTI EVANGELICI
informazioni e iscrizioni
Luana Pallagrosi (0766-740055)
L
In sei
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1999: L
IN ITALIA!
Stoccolma - European Methodist Youth
Council
«Be careful! We don’t bave italian legs
anymore... « (Stai attento! Non abbiamo più
gambe italiane... !). Questa frase mi ha accompagnato costantemente durante la settimana che ho trascorso a Stoccolma, insieme
a Francesca Schirò ed a una cinquantina di
giovani metodisti provenienti da ogni parte d
Europa.
Per i più attenti lettori di Riforma questo incipit non suonerà del tutto nuovo: più o meno
così, infatti, iniziava il resoconto che Francesca ha preparato per il nostro settimanale
(pubblicato il 25/10/96: chi non l’avesse letto,
vada a recuperare il numero in questione...).
La mia partecipazione a questa sessione
del Consiglio Europeo Giovanile Metodista è
dovuta alla defezione del valente Bertollini,
bloccato a Bologna da una caviglia ingessata
e, come potrete intuire dalla foto (complice un
menisco impazzito) l’apprensione dei giovani
metodisti presenti a Stoccolma era più che
giustificata...
Scherzi a parte, l’articolo di Francesca era
più che esauriente, tanto che a me spetta solo il compito di ragguagliarvi su alcune iniziative che potrebbero coinvolgerci nel prossimo
futuro.
La più importante di queste consiste certamente nella possibilità di organizzare la sessione dell’EMYC nel 1999: dopo varie richieste che ci erano state rivolte negli ultimi anni,
questa volta non ce la siamo sentita di tirarci
indietro ed abbiamo garantito la nostra disponibilità a «sondare» il terreno per valutarne la
fattibilità.
Perché parlarne sul notiziario?
Perché riteniamo che potrebbe essere una
grande occasione per mettere alla prova
nostra capacità di mobilitare per una settimi
na un gruppo di almeno una decina di fgeinii
fgeine, che avrebbero la possibilità di avvici
carsi al meraviglioso mondo dei Rappoil
Ecumenici Internazionali in modo forse meof
«traumatico» (e certamente meno dispendii
so per le nostre deboli finanze...) rispetto
altre iniziative all’estero, alle quali possisi
«Padre,
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17, 21).
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Se il progetto andrà in porto ne parlerei
certamente al Congresso nel ‘98. ma fin
ora sarebbe opportuno se la FGEI iniziasse]
muoversi affinché questo importante apponi
mento possa davvero tenersi finalmente a [spression
che in Italia, alimentando così anche lo stup ^Postolic
re per ciò che un manipolo di temerari con
noi riesce a fare, a fronte di movimenti c(
migliaia di aderenti (in Inghilterra, ad eseii
pio, oltre trentamila...).
Vi ricordo, infine, che Enrico Bertollini
Francesca Schirò sono sempre a dispositi
ne per fornire informazioni sui campi che vi
gono organizzati ogni anno dai metodisti
ropei, e l’invito è quello di non esitare a CP
tattarli nel caso siate interessati.
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Andrea Sbaffi
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REDAZIONE: a Torino C/o Riforma, via S.Pio V 15.10125 Torino (Fax 011/657542); a Napoli C/o Riforma, via Foria 93, 80137 Napoli (tei 081/291185, Fax 081/291175).
.j, '( REDATTORI/TRICI: a Torino Michela Bellino, Cristina Ferrara, Bettina König (coordinatrice - tei 0121/543819), Manuela Molinari, Paolo Montesanto, Ella Piovano (0347/2500787),
I n oL. 1A KlaMAli r\'Aiiria /aaa>>y>Jiaa*_: _ >_■ aa.^ >a^awa,<\ I KI!m!
Simona Piovano, Loredana Pecchia, Pietro Romeo. A Napoli Deborah D'Auria, Marta D'Auria (coordinatrice - tei 081/273194), Lula NIttl.
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Michela Balos, Denise Campanella, Michel Chartoonnier, Noemi La Fata, Irene Lorenzi, Virginia Mariani, Giovanna Ribet, Silvia Rostagno,
1 I; Sandro Spanu, Andrea Sbaffi, Paolo Serra .„r jtr >■
? CORRISPONDENTI REGIONALI: Cristina Arcidiacono, Laura Casorlo, luri Palla^&i, Sarah Martinelli, Maria Mazzarello, Gianluca Puggioni, Donatella RoStagno.Oriana Sfltillier, Paolo Testa.
Fascicolo interno a RIFORMA n. 2 del 28 marzo 1997. Rea. Trib. Pinerolo n. 175/1951. Responsabile ai sensi di legge: Piera Egidi. Edizioni Protestanti srl, via San Pio V n. 15 bis 10125 Torino:
Fotocomposizione: AEC - Mondovi. Stampa: La Ghisleriana - Mondovì.
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t/mERDÌ 28 MARZO 1997
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ALCUNE PAGINE DALL'ULTIMO LIBRO DEL PASTORE E STORICO VALDESE
LA QUESTIONE ECUMENICA
GIORGIO TOURN
In seguito alla trasmissione televisiva «Linea verde» dedicata alle valli valdesi e nel quadro del creseente interesse turistico-culturale che si sta sviluppando nei confronti del nostro
territorio e della realtà valdese che lo caratterizza, sia storicamente che nell’attualità, le nostre chiese si interrogano sulla
propria identità, sul loro essere protestanti in questo paese, sul
conte sono viste da chi viene alle Valli, sul come vorremmo
essere compresi, sulla testimonianza che vorremmo rendere.
Si tratta di una questione che si inserisce in un problema più
vasto: l’Italia non conosce il protestantesimo ma, nel medesimo tempo, un protestantesimo italiano esiste, ha una sua sto
ria e pur con le sue modeste forze ha saputo inserirsi nel contesto sociale, culturale, politico e religioso del nostro paese.
Proprio sulle difficoltà di questo difficile incontro tra italiani e
protestantesimo, Giorgio Toum ha scritto di recente un libro
importante. Italiani e protestantesimo: un incontro impossibile?, Claudiana, Torino, 1997, lire 32.000.
Mentre lo segnaliamo alla lettura, anche per la sua semplicità di linguaggio, riteniamo utile pubblicare sull’£co alcune
pagine, quelle che trattano dell’ecumenismo, anch’esso argomento di forte dialettica nel protestantesimoin Italia e nel Pinerolese in particolare.
N!
el linguaggio comune il
termine «ecumenismo»
è diventato sinonimo di atteggiamento aperto, disponibile,
comprensivo, e anche quando
mantiene la sua valenza religiosa, si limita ad esprimere
una generica esigenza di unità della chiesa e di intesa
fra credenti. Si parla così di
incontri, di dialogo, di spirito
ecumenico con riferimento a
quei momenti di comunione
interconfessionale che si ritiene dimostrino visibilmente
che le livisioni sono superate
0 in ria di superamento. In
realtà, alla base della questione ecumenica sta un problema molto più profondo della
risoluzione di antiche polemiche, 0 della stessa ricerca
deU’unità cristiana, sta l’esigenza della fedeltà evangelici ea. Di questo erano consapevoli i pionieri del l’ecumenismo ehe non parlarono di
«dialogo» ma di «movimento», e verso Cristo più che
verso r unità [...].
In quest’ottica leggevano il
testo evangelico che abitualmente si cita su questo tema:
«Padre, che siano lutti uno; e
come tu sei in me ed io sono
in le, anch’essi siano in noi:
affinché il mondo creda che
tu mi hai mandato» (Giov.
17, 21). In questa preghiera,
riportata dall’evangelista
Biovanni, che Gesù rivolge a
Dio poco prima della morte
riparla dell’unità dei discepoli («ut unum sint...» nella
tto jriaduzione latina) ma con ri^ . ferimento al mondo, non alla
P° chiesa; il mondo deve poter
cedere alla rivelazione di
risto (al fatto che Dio lo ha
andato), non perché i criiani sono «uno» cioè uniti,
a perché sono «in noi»,
ioè in Dio e in Cristo, elente a^pressione che nel linguaggio
lo stup apostolico significa: perché
rari COI) ''riono la lede autentica fondata sulla verità deH'Evangelo- Il Cristo intercede non
toto perche i suoi discepoli
stano «uno», ma perché siano «in noi», nell’autenticità
della fede.
E questi pionieri dell’ecumenismo esprimevano il loro
Programma usando un’imma8We molto eloquente: le con
prova
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re a co
fessioni cristiane sono come i
raggi di una ruota, si dipartono dallo stesso eentro ma non
sono paralleli, anzi divergono
0 convergono a seconda che
si avvicinino o allontanino
dal centro. In questo modo
anche le chiese si avvicinano
runa all’altra, o si allontanano l’una dall’altra, nella misura in cui si accostano a Cristo o si allontanano da lui; si
scoprono vicine solo quando
guardano a lui e si dirigono
verso di lui. Paradossalmente, realizzerebbero l’unità assoluta, anzi una vera e propria fusione, qualora avessero
raggiunto tutte il centro.
Il centro è Cristo
I pionieri erano però ben
consapevoli del fatto che questo camminare verso il centro,
che è Cristo, sarebbe durato a
lungo, forse per sempre, ma il
progetto andava egualmente
perseguito. Quale chiesa infatti sarebbe stata disposta a
rinunciare alla sua identità, al
suo patrimonio di fede, alla
convinzione di aver raggiunto, non certo la perfezione,
ma il massimo della fedeltà?
Per questo impostarono i loro
incontri sulla base di alcuni
principi che costituiscono tuttora la premessa del cammino
ecumenico; anzitutto il riconoscimento della pluralità
delle confessioni: la chiesa di
Cristo è una (come recita il
Credo) ma le confessioni sono molte e non solamente come frutto della storia, bensì
come espressioni egualmente
significative della realtà cristiana. Nessuna confessione è
insomma in grado di tradurre
nella sua forma concreta la
pienezza della rivelazione.
Conseguenza logica di questo
fatto: la parità giuridica di tutte le confessioni dinanzi a
Cristo. Non esiste cioè una
gerarchia fra le confessioni,
come se una fosse più «chiesa» di altre, dotata di maggiore autenticità. [...].
Poste queste premesse, come si comportarono le diverse confessioni cristiane? Roma, interpretando erroneamente il profondo travaglio
ecumenico come nostalgia di
un’unità perduta, ribadì che il
ritorno all’obbedienza romana era l’unica forma possibile
di ecumenismo e respinse
l’invito delle chiese protestanti e ortodosse per la costituzione del Movimento ecumenico. Solo in tempi recenti
e con un ritardo di oltre mezzo secolo, che non si può non
sottolineare, ha «scoperto»
l’ecumenismo.
E gli evangelici italiani?
[...] Non potevano che essere
fautori del cammino ecumenico, e spesso più convinti di
altri ambienti protestanti, per
quei fattori che attengono alla loro tradizione ed alla situazione storica in cui si trovavano ad operare. Infatti come avrebbero potuto non essere ecumenici i valdesi che
per secoli erano sopravvissuti grazie all’intervento del
mondo protestante ed erano
stati sostenuti da tutte le confessioni - anglicani e riformati, luterani e congregazionalisti? E come avrebbero
potuto non essere sensibili
all’ecumenismo anche le altre denominazioni evangeliche che continuavano a dipendere dall’intervento fraterno di chiese estere per la
loro testimonianza? [...]
Un secolo dopo
A distanza di quasi un secolo dal suo avvio, che valutazione si può dare del cammino ecumenico, e in particolare nel nostro paese? Le
valutazioni saranno molto diverse secondo i punti di vista.
Se infatti si pone mente a
quel mutamento di sensibilità
che abbiamo rilevato in concomitanza con il Concilio
Vaticano II e allo svilupparsi
delle strutture federali all’ interno del mondo evangelico,
non si può che essere sorpresi
del cammino percorso; se invece si analizza più a fondo il
dialogo interconfessionale ci
si rende conto che il radicamento nella propria identità
confessionale, e di conseguenza gli a priori riguardo
alle altre confessioni, non solo permangono ma in molti
casi si radicalizzano di fronte
a quello che si ritiene il pericolo di una perdita, di una
sconfitta, di un cedimento.
(FireOT
^_^stino; tempio valdese in borgata San Bartolomeo
(disegno di Marco Rostan)
Letto con occhio critico, il
mutamento avvenuto nella
posizione romana si connota
molto spesso come un’appropriazione di valori altrui, più
che come ripensamento delle
proprie posizioni; non ci si
può infatti sottrarre all’impressione che, nello spirito di
quello che abbiamo definito
l’imperialismo culturale romano, il cattolicesimo abbia
semplicemente rovesciato le
sue posizioni e, romanizzando il problema ecumenico, se
ne sia appropriato; ehe in ultima analisi al mutamento di
linguaggio non corrisponda
una revisione della sostanza:
la pienezza della ecclesialità
permane solo nella comunione romana, le altre «comunità
ecclesiali» hanno patrimoni
di valori cristiani da ricuperare (o integrare nella pienezza
romana), ma restano ciò che
erano: pecore in cerca di ovile. La politica che il Vaticano
persegue nei suoi dialoghi bilaterali con le singole confessioni resta nella sostanza imperialista: significa scegliere
gli interlocutori, cedendo ad
uno quello che si nega all’altro, adattando il discorso alla
situazione ed al potere contrattuale dell’interlocutore.
Altrettanto difficile e carico
di difficoltà è però anche il
cammino in campo evangelico, dove le identità non sono
meno forti e consapevoli e a
quello che abbiamo definito
l’imperialismo cattolico corrisponde spesso una sorta di
radicalismo fondamentalista
evangelico. Non è forse del
tutto casuale che il termine
«fondamentalismo», oggi entrato nell’uso ad indicare un
atteggiamento di quasi fanatico (e spesso violento) attaccamento alle proprie radici
religiose e ideologiche, derivi
dal movimento sorto nella seconda metà del XIX secolo in
ambienti protestanti nordamericani che, opponendosi
alle tendenze «liberali» della
teologia del tempo, rivendicava appunto il valore immutabile del principi fondamentali
(fundamentals) della fede: autorità della Bibbia, sua inerranza, divinità di Cristo ecc.
Un cammino irreversibile
Eppure il cammino ecumenico è irreversibile, può procedere a rilento come un fiume in pianura, con svolte e
rallentamenti, ma non può essere fermato; per necessità
interiore, per l’opera dello
Spirito, ma anche per necessità storica. Come tutti i fenomeni della storia della fede,
anche l’ecumenismo è ambiguo, ha una dimensione profetica ed una dimensione
contingente, è frutto della fede ma anche della cultura, è
esso stesso fenomeno culturale come la situazione della
cristianità divisa a cui intende
porre rimedio. Perciò il metodo ecumenico andrà radicalizzato superando la fase
dell’accoglimento rispettoso
dell’altro, la disponibilità
all’ascolto, l’apertura verso le
esigenze e l’identità del fratello; già si avverte che la fra
Glovannl Luzzl, pioniere dell’ecumenlsmo
ternità non è più sufficiente,
occorre risalire oltre il dialogo io-tu noi-voi, al fondamento che lo giustifica: il Signore che regge il destino
della chiesa; e molto più che
l’accettazione di una realtà
diversa dalla propria e il riconoscimento della sua legittimità, molto più cioè che una
disponibilità all’ascolto, occorrerà sviluppare una disponibilità al ripensamento di sé.
Non si potrà più parlare di
chiesa al singolare, con la
maiuscola, identificando la
propria confessione con la
chiesa, una, santa, apostolica
del Credo, ma di chiese al
plurale, o di confessioni cristiane. Anche quando si sia in
grado di operare una chiara
distinzione fra la comunità
dei credenti in Cristo e le
confessioni storiche, cattolico-romana, ortodosse, protestanti, resterà sempre difficile
e faticoso il puntualizzare che
la propria comunità di credenti non esaurisce la realtà
della chiesa.
Consapevoli della
propria identità
Occorre acquisire una consapevolezza nuova della propria identità, non solo nel relativizzare le proprie posizioni e quelle dell’interlocutore,
ma nel trascenderle, essere
consapevoli del fatto che, al
di là di ognuna di esse, sta un
riferimento comune, assoluto,
che le assomma. Occorre maturare cioè la convinzione
che nessuna delle grandi famiglie confessionali odierne
ha recepito ed espresso la verità cristiana nella sua pienezza, che tutte sono egualmente
(in misura maggiore o minore
a seconda dei punti di vista
rispettivi) inadeguate alla verità. Prendere coscienza del
fatto che dinanzi all’assoluto
dell’Evangelo sono da porsi
tutte sullo stesso piano, nel
senso che non esiste una gerarchia di ecclesialità, che dal
punto di vista di Dio la votazione non oscilla dal 3 al 10,
ma tutte sono egualmente
meritevoli di un 6 scarso.
Sotto questo profilo il contributo protestante nel dialogo
ecumenico è essenziale, perché ripropone la domanda
critica sulla realtà sacramentale della chiesa e i suoi presupposti di legittimità, con il
suo richiamo costante alla
norma evangelica, ad una
norma cioè che sta fuori e sopra la comunità stessa.
Questo implica però che si
sia in grado di operare una
profonda revisione della propria identità stessa ed una sua
contestualizzazione culturale.
Esemplifichiamo questo concetto anzitutto con un’analisi
delle categorie fondamentali
delle due confessioni. Per un
evangelico è la fede, per un
cattolico la cattolicità della
chiesa. Per l’evangelico la fede è l’esperienza fondamentale della salvezza, l’essere
fatto oggetto della scelta
d’amore di Dio, che si esprime in un sentimento di fiducia assoluta nella chiamata
divina. Non a caso, in campo
calvinista, la fede è stata
espressa con la dottrina della
predestinazione.
L’esperienza fondante del
cattolico-romano è invece la
cattolicità della fede, la consapevolezza dell’estensione
nello spazio e nel tempo della
salvezza di cui è oggetto, che
si radica naturalmente in una
forte coscienza ecclesiale, di
cui abbiamo rilevato il carattere onnipresente e materno
nella coscienza cattolica.
Sforzi di reciproca
comprensione
Entrambi usano gli stessi
termini ma lo fanno con accezioni e prospettive spirituali
diverse. Anche se non è il caso di vedere qui una contrapposizione, quasi si trattasse di
due orientamenti divergenti
(il punto focale della fede cristiana permane per entrambi
il fatto di Gesù Cristo morto
e risorto), non è inutile delimitare i caratteri peculiari del
cammino di fede nel quadro
del discorso che stiamo facendo sull’ecumenismo.
In questo contesto il cattolico deve sforzarsi di comprendere l’insistenza dell’evangelico sul carattere personale
della fede, intesa non solo come adesione alla comunione
tradizionale, al mondo dei valori spirituali della tradizione,
ma come messa in gioco personale. Altrettanto doveroso
sarà però che gli evangelici
scoprano la dimensione della
cattolicità, della universalità
della chiesa, custodita e vissuta dalla teologia e dalla
pietà cattolico-romana, che
essi hanno in larga misura
smarrito. La fede non è infatti
solo egocentrismo, individualismo a volte esasperato, non
si dissolve in categorie psicologiche (come può essere impropriamente letto da un punto di vista romano), ma neppure la cattolicità si riduce ad
una banale e supina accettazione del potere clericale della chiesa né si dissolve in categorie di tipo politico - sociologico (come rischia di essere letto dal punto di vista
protestante) [...].
La fedeltà dei credenti
Il problema che sta al centro della ricerca ecumenica
non è dunque quello dell’
unità dei credenti, ma della
loro fedeltà; a tutti i credenti
impegnati nel movimento in
modo consapevole è ehiaro il
fatto che la chiesa del 2000
dovrà essere altro che la somma delle culture religiose della cristianità, altro che un
cocktail di tradizioni confessionali. Immaginare di realizzare questa chiesa assommando la liturgia ortodossa e
la predicazione biblica protestante con aggiunta di ordini
religiosi in cerca di assoluto e
di un laicato impegnato nel
volontariato, con il matrimonio dei preti e il sacerdozio
femminile come pizzico di
modernità, il tutto rappresentato dal papa di Roma, sarebbe tragica illusione. Non basta cioè assommare le esperienze della tradizione cristiana per rispondere in modo
convincente alle attese dell’
uomo postmoderno. Come
fare questo? La domanda
conduce ad un altro aspetto
del problema, quello della
riforma della chiesa.
16
PAG. VI
E Eco Delle ^lli ^ldesi
venero! 28 MARZO 19^ VENH
Intervista al presidente, Alain Bairoux
Il Parco del Queyras ha 20 anni
Una festa popolare nel Queyras
Da anni proseguono i contatti fra il Parco naturale del
Queyras e la Comunità montana vai Pellice; in realtà non
si fa altro che confermare antichi rapporti di amicizia e di
commercio attraverso le Alpi.
In questi ultimi anni i due enti sono stati protagonisti di
varie iniziative comuni nell’ambito dei progetti Interreg:
basti pensare allo studio sulla
salamandra nera o alla reintroduzione dello stambecco.
Ci sono forme consolidate di
rapporti fra Comuni, basti
pensare al gemellaggio che
dura da più di 40 anni fra
Torre Pellice e il Comune più
popoloso del Queyras, Guillestre. Recentemente abbiamo
incontrato il presidente del
Parco regionale francese,
Alain Bairoux. Il Parco del
Queyras sta per festeggiare, il
prossimo 14 giugno, i suoi
primi 20 anni di attività. «Nel
corso di questi 20 anni sono
state assunte diverse iniziati
ve - spiega il presidente del
Parco - volte a proteggere
l’ambiente, sviluppare le attività agricole, artigianali e turistiche in questa regione».
— Non sempre è facile trovare punto di equilibrio fra
ambiente, turismo e attività
economiche; come c’è riuscito il Parco del Queyras?
«Si tratta di un equilibrio
difficile da trovare, è da cercare giorno per giorno. È
però quello che dà un senso
al nostro Parco. Se vogliamo
è una sfida: penso che fin qui
ci siamo riusciti poiché le attività economiche si sviluppano e nel contempo la flora e
la fauna sono sempre più tutelate».
- Qual è la reazione della
gente della valle?
«Come ovunque ci sono
sempre persone favorevoli e
altre contrarie; abbiamo però
visto ribadito, l’anno scorso,
il consenso quasi unanime di
tutti i Consigli comunali. Gli
eletti del Queyras hanno una
grande consapevolezza di ciò
che rappresenta il Parco per
loro e per il territorio».
- Da poco tempo il governo
centrale ha riconfermato la
presenza del Parco accogliendo la proposta di «carta» che dal Queyras era stata
inviata; che cosa significa ciò
per la regione ?
«Anzitutto la decisione del
ministero dell’Ambiente francese conferma, per altri dieci
anni, la bontà del nostro progetto; la “carta” è una dichiarazione di intenti, di ciò che
vogliamo fare nel quadro delle azioni a favore dell’ambiente».
- Che cosa auspicate si
possa realizzare con i partner
italiani della vai Pellice?
«Ci auguriamo di poter intervenire su tre linee: continuare le iniziative avviate da
quattro anni sulla protezione
ambientale, sviluppare le relazioni nel settore artigianale
in modo che si possano proporre i prodotti di quest’area
alpina insieme fuori da questa
regione, e lavorare insieme
per studiare la possibilità di
realizzare in futuro un Parco
naturale regionale franco-italiano che diventi un vero e
proprio Parco europeo».
- Da molti anni si discute
più o meno concretamente di
possibili collegamenti fra vai
Pellice e Queyras; tunnel, autostrade, vie di colle, ferrovia
e ora treno a cremagliera
elettrica; qual è il suo pensiero sull’attuale progetto?
«Sono favorevole a qualunque progetto che favorisca lo
sviluppo e protegga l’ambiente. Se la cremagliera che si
andrebbe a realizzare non porterà danni all’ambiente saremo molto favorevoli. Occorre
dunque uno studio attento e
poi potremo decidere».
La situazione dell'Orsiera nelle parole del presidente, Deidier
I parchi chiedono risorse
C’è un parco, a tutti gli effetti inserito nel novero delle
aree protette del Piemonte,
che al momento di approvare
il proprio bilancio ha voluto
lanciare un forte segnale alla
Regione; si tratta del Parco
Orsiera-Rocciavré, a cavallo
fra la vai Susa e la vai Chisone. Sede centrale a Giaveno,
sedi operative a Chianocco,
Coazze e Pra Catinat, il parco
reclama più attenzione e soprattutto più risorse. Il personale costa 1 miliardo e 200
milioni (26 persone, di cui 17
guardaparco, un direttore, un
ufficio agricolo e uno tecnico); la superficie di 11.000
ettari lo rende fra i più significativi ma nello stesso tempo
ingovernabile. «La Regione
ci dà, per le spese ordinarie
220 milioni - dice il presidente, Mauro Deidier in
questo modo ci limitiamo alla
sopravvivenza».
Così, al momento di approvare il bilancio, è stato approvato un documento contabile
fasullo; il bilancio di previsione pareggia su 2.560 milioni, ma gran parte di questi
soldi non ci sono, rappresentano soltanto quanto servirebbe per mettere in cantiere alcune iniziative ritenute irrinunciabili. «Se vogliamo essere volano di crescita economica per le valli non possiamo limitarci alla pura tutela
del territorio - dice Deidier -.
Con quel bilancio abbiamo
voluto dare un segnale forte
alla Regione; bisogna dare
maggiori risorse ai parchi».
C’è poi un problema di burocrazia; «Per qualunque decisione occorrono mesi», lamenta il presidente. Va ricor
dato, a titolo di esempio, che
il parco dell’Orsiera (undici
Comuni e tre Comunità montane interessate, il secondo
come dimensione dopo l’Argenterà) ha un Consiglio formato da 46 persone, una in
più del Consiglio provinciale
di Torino. Inoltre ci sono i
costi, anche semplicemente
quelli ordinari: le sedi costano, gli spostamenti pure, il
telefono è caro e deve fare i
conti con prefissi che cambiano per ogni valle. «Eppure
noi vorremmo lanciare delle
proposte concrete - aggiunge
Mauro Deidier -: un centro
servizi in vai Susa, a Villarfocchiardo, con museo, sale convegno, sportello informazioni, spazio di vendita di
prodotti tipici. Un sogno da
un miliardo che forse la Regione potrebbe aiutarci a realizzare e che ha destato molto
interesse negli amministratori
della vai Susa».
Il parco come business, oltre che come sistema per garantire protezione all’ambiente; altre realtà, come quella
dell’Abruzzo, si .sono mosse
da tempo in questa direzione;
rOrsiera ha da anni avviato
una «politica dei gadget»,
magliette, zainetti, felpe, cartoline: tutti oggetti dalla cui
vendita si ottengono fondi per
l’attività del parco. Scolaresche e gruppi vacanza lo hanno scoperto, la Regione deve
decidere quali interventi a sostegno dei parchi vuole mettere in opera.
La proposta di un parco in vai Pellice
Torre
Uno strumento per lo sviluppo Pn
Nell’estate del 1995, per la
prima volta ufficialmente, durante la Festa de L’Unità di
Torre Pellice venne presentata l’idea di creazione di un
parco in vai Pellice. Venne
raccolto un certo numero di
firme per chiedere alla Comunità montana di affrontare
la questione. Da allora si sono svolti alcuni incontri con
le amministrazioni locali, si è
creato un comitato promotore
dell’iniziativa. Ma quel progetto da ancora un po’ l’idea
del fiume carsico: ogni tanto
si vede, spesso sparisce. Ora
che anche da parte francese si
propone la creazione di un
parco europeo unendo vai
Pellice e parco regionale del
Queyras, è interessante verificare come sta procedendo il
dibattito in territorio italiano.
Ne parliamo con Giovanni
Borgarello, uno dei promotori, e il responsabile di Legambiente Valpellice, Renato Armand Hugon: «La nostra è
un’idea per lo sviluppo della
valle - dicono -; non si può
pertanto lavorare per piccoli
gruppi elitari ma dobbiamo
coinvolgere la popolazione e
le amministrazioni.
Pensiamo a un’operazione
che sale pian piano dal basso,
affrontando uno per uno i
problemi e le perplessità che
ci sono sui parchi in generale.
E stato realizzato un dossier
in cui si spiegano i vantaggi
del parco; ora stiamo coinvolgendo i Comuni, in particolare Bobbio e Villar Pellice, ma
anche Angrogna, Rorà e Torre Pellice. Abbiamo fin qui
ricevuto dei segnali favorevoli. Stiamo confrontandoci con
le organizzazioni professionali agricole ed anche con i
cacciatori. Nel corso della
primavera vorremmo preparare un documento da sottoporre all’attenzione dei Consigli comunali».
- Quando si pensa ai parchi si fa spesso un confronto
fra il «modello francese»
considerato meno vincolistico
e quello italiano che bloccherebbe ogni attività; è davvero
così?
«I parchi in Italia sono stati
intesi sotto il profilo essenzialmente conservativo: i parchi sono solo vincoli e spesso
le popolazioni sono contrarie
all’istituzione di nuove aree
Entrando nell’abitato di Bobbio Peliice
protette. Le leggi uscite dal
’91 in avanti consentono uno
sviluppo del territorio diviso
in aree a maggiore o minore
protezione in analogia con
quanto avviene in Francia.
Anche per questo crediamo
nella nascita di un parco europeo transfrontaliero».
- Oggi, a proposito, di rapporti fra i due versanti alpini,
si discute di un possibile progetto di collegamento mediante un treno elettrico a
cremagliera; un primo studio
e progetto di massima verrà
realizzato nei prossimi mesi.
Qual è il vostro parere?
«All’interno di un parco si
possono ipotizzare vari tipi di
intervento, ivi compreso un
treno a cremagliera. Il problema è poter valutare la globalità dell’iniziativa e valutare
l’impatto che esso potrebbe
avere su un parco; bisognerà
fare uno studio molto accurato. Fin qui gli interventi sul
territorio sono stati sempre
molto scollegati e fine a se
stessi».
- Per la protezione nella
valorizzazione della vai Pellice non sarebbe bastata l’attuazione di alcune delle indicazioni contenute all’interno
del piano di ecosviluppo approvato dalla Comunità montana nel 1995 ?
«Il parco avrebbe il vantaggio di essere un buon attrattore di risorse; in più vengono
previsti dei piani di intervento programmati sul territorio,
cosa che difficilmente gli enti
locali da soli riescono a fare».
- Non c’è il rischio che i
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Comuni si sentano .scavala
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della propria autonomia?
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territorio dagli 800 metrii
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zona più montana e l'inorai
bastanza degradata, ivi coi
prese molte borgate. Sonoi
sostanza parti residuali rispt
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nistica. Inoltre crediamosi
importante inserire demeil
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ne urbanistica. Come teri
elemento bisogna sottolineai
che, a dispetto di quanto si
dicendo, un parco alleggerì Pfnsion
sce la burocrazia: una voli
approvato il piano d’area^ edivent
interventi sono poi subdek stenzial
gati ai sindaci senza più aw ^utosuil
bisogno dei pareri regionali»
- Dite che il parco divei 1
attrattore di risorse, mi Pp^^'^dei
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«Il bilancio per l’attività de
parchi a livello regionale è i
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magro: le spese di gesta
prevalgono su quelle di im noi
stimento. Comunque un pai ^
dell’estensione di quello d
si ipotizza per la vai Pelli ^'
comporta una pianta orgaitì,
di una trentina di persone. Cl an
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sca un circuito posiiivo ci^,
un’ottima ricaduta in terrai
economici sulle atlr ità a^ ™ ni
cole, ricettive, artigianali ei'™® ^ 1
ristiche in genere». , n'^^'anni
lavori an
pagina a cura di
PIERVALDO ROSTAN
I
QUEYRAS: SCHEDA SUL PARCO
Seimila ettari di terreno montano
a disposizione di 2.300 abitanti
La regione del Queyras è una zona di montagna situata nelle Alpi del Sud, lungo la
frontiera italiana, a nord-est della regione
Provenza Costa Azzurra. Il Queyras è circondato per tre lati dal territorio italiano con cui
comunica unicamente con la strada carrozzabile del Colle dell’Agnello (2.744 metri) e
con delle mulattiere che attraversano le Alpi
in taluni colli. Una strada sospesa sulla stretta apertura delle gole del Guil collega il
Queyras con il resto della Francia.
I villaggi della regione rappresentano i Comuni situati, in Europa, alla maggiore altitudine; la quota media dei Comuni è intorno ai
1.650 metri, Saint-Véran si trova a più di
2.000 metri. La superficie inclusa nel perimetro del parco naturale è di circa 600 chilometri quadrati; la popolazione, che era precipitata da 8.500 abitanti nel 1836 a meno di
1.800 al censimento del 1968, è risalita agli
attuali 2.300 abitanti. Fanno parte del parco
regionale naturale, nella totalità dei loro territori, i Comuni di Abries, Aiguilles, Arvieux, Ceillac, Château-Ville-Vieille, Molines, Ristolas e Saint-Véran e parzialmente i
Comuni di Guillestre, Eygliers e Vars.
Relativamente isolato da un complesso sistema di creste alpine, molte delle quali su
perano i 3.000 metri, il Queyras ha vis»
complici anche le due guerre mondiali,**
forte decremento demografico.
Nel 1951 il ministero dell’Agricoltura ,
nella regione una «zona testimonio» e li®
centri di studi tecnici rivolti in particol^
aH’allevamento zootecnico e alla lotta
principali malattie. Nel tempo ci si è però 2*
corti che la sola attività agricola risultava j*
sufficiente ad evitare l’emigrazione dei
vani. La nascita del parco, nel 1977, ha
messo di mettere in atto azioni di salvagli**
dia del territorio e di proposte turistiche nu<
ve. Il parco vuole essere un paese vivo,
attività agricole e turistiche si sviluppano
territorio e si mettono in relazione con un®
rismo di qualità. Il territorio è diviso in zo**
più o meno sensibili, dove si possono o ma"
realizzare strutture di supporto.
La «gestione del paesaggio» è qui un
cetto che il Parco e i Comuni di tutta la **
gione hanno da tempo reso operativo. La ''J
lorizzazione di elementi quali il silenzio a
purezza deH’aria consentono al parco di *
ventare attrattiva per specifiche iniziative, '
paesaggio - dice in un capitolo la “carta
parco” - è territorio da progettare, ma ana"
spazio da riconquistare».
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PAG. VII
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Torre Pellice: Casa delle diaconesse
Procedono ¡ lavori
/idi ristrutturazione
m,.
Si lavora alacremente, alla
Casa delle diaconesse; è l’ultima, in ordine di tempo, delle
opere della Chiesa valdese ad
avere avviato una profonda ristrutturazione dello stabile.
Da quest’autunno gli ospiti
sono stati trasferiti, per un anno, aU’Hòtel du Pare.
È una storia particolare
quella di questa casa, per lungo tempo destinata ad ospitare il gruppo dolle diaconesse;
nata a livello europeo verso la
metà del secolo scorso e arrivata anche in Italia, questa
esperienza portò ad un certo
punto alla presenza anche di
una trentina di queste donne
impegnate nell’assistenza.
Molto noto è ad esempio
l’impegno delle diaconesse
all’ospedale e in modo particolare nel periodo bellico.
Dagli anni ’70 l’impegno
femminile ha preso gradatamente una strada diversa, senza, ad esempio, la tradizionale
«divisa». Col diminuire delle
diaconesse ecco che si liberavano gradualmente delle stanze nella struttura di viale Gilly a Torre Pellice e pian piano
ottoliàffl iniziò ad ospitare persone
uantosiv! .^iizi^ue autosufficienti. Col
allegieri Pensionamento delle ultime
una volt diaconesse, nel 1992, la casa
, l’aj-ea J è diventata una residenza assiII subdek stenziale per persone ancora
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«L’ultima ristrutturazione
■co divd pastore Franco Davite,
rse ma presidente del comitato di gestione - era stata fatta nel doattivitàdi P°S“erra; in questi ultimi anni
ionaleèii siamo trovati di fronte a
ibbastanz? un’alternativa: o intervenire
i gestms
mmodo deciso o chiudere. La
le di im easa non era più funzionale;
le un pai pensare agli impianti
quello d decisamente insuffi
>al Pelli fronte alle esigenze
a organi ®f^*®rne. Anche gli altri imirsone. 0 andavano rifatti; duran
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)ai co ina interne abbiamo verifisi i ivo cl alcuni solai andava
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i 'ità agi primo tempo pare
ionali in buono stato, in realtà
dovranno essere cambiati. I
lavori andranno terminati per
adì II
)STAN I
l’autunno; sul piano finanziario siamo partiti con i proventi di due eredità, a cui andranno aggiunti i doni dai privati
(abbiamo preventivato 200
milioni), i possibili sostegni
di banche ed enti pubblici anche se la Regione ci darà soltanto un terzo di quanto preventivato. Resta un buco nella
copertura delle spese e perciò
abbiamo chiesto di poter accedere ai fondi dell’8%c; il totale dei lavori dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi; speriamo
in un aiuto da parte di tutti in
modo da evitare il più possibile onerosi mutui bancari».
«La scelta del trasloco temporaneo - dice la direttrice,
Judith Elliot - si è rivelata un
po’ faticosa ma alla fine soddisfacente. I posti sia ora sia
alla fine della ristrutturazione
in viale Gilly sono circa 27; si
tratta di persone autosufficienti o parzialmente autosufficienti. Abbiamo avuto diversi
nuovi ospiti, anche se molti
preferiscono attendere la nuova sede poiché all’albergo che
ci ospita abbiamo per lo più
camere doppie mentre nella
nostra casa avevamo, e avremo nuovamente, stanze singole con bagno. In viale Gilly
ogni ospite aveva personalizzato la propria camera, con i
propri oggetti e i propri ricordi; è molto difficile, per anziani ultraottantenni che magari
vivono soli da anni, coabitare
con un’altra persona».
Chi lavora oggi alla Casa
delle diaconesse? «Abbiamo
sei assistenti a tempo pieno e
tre a metà tempo - spiega la
direttrice -; oltre ad essi c’è
una cuoca, una segretaria part
rime, un giardiniere manutentore e tre volontari. Ci sono
poi attività rivolte agli anziani
ma aperte all’esterno, svolte
grazie all’impegno di Laura
Nisbet: si va dalla ginnastica
dolce, all’animazione con
concerti, diapositive, studi biblici, letture, culto, giochi, attività manuali. Adesso stiamo
già lavorando a preparare per
quest’estate una iniziativa
chiamata “luglio in fiore”».
La Brigata Taurinense alla rievocazione di un percorso montano della Resistenza
Un aprile di altri tempi nella valle di Susa
Nel cimitero di Champlas
di Cesana, nella semplicità di azzurre montagne che
lo incoronano, c’è un tumulo
modesto di fiori campestri con
il nome di Paolo Gobetti
(1925-1996). Il suo monumento grandioso è solo il cielo che lo sovrasta. Lo stesso
che quando c’è il sole illumina anche i nomi di suo padre,
Piero Gobetti (1901-1926) al
Pére Lachaise di Parigi; e di
sua madre, Ada Prospero
(1902-1968) accanto a quello
di sua figlia Marta, a Torino.
Il Diario di Ada ci restituisce l’immagine di Paolo giovanissimo e quella di tutta
una generazione di donne e
uomini della Resistenza nelle
montagne dell’alta valle di
Susa, Germanasca e Chisone.
È un documento di alta cultura civile, di amore profondo e
rispetto della vita: per un nostro presente che sembra talora li abbia disattesi resta ancora questo messaggio di fraternità umana redatto già dalla sua prima pagina: «Dedico
questi ricordi ai miei amici:
vicini e lontani, di vent’anni e
di un’ora sola; perché è proprio l’amicizia, legame di solidarietà fondato non su comunanza di sangue, né di patria, né di tradizione intellettuale ma di semplice rapporto umano del sentirsi uno con
uno tra molti, mi è parsa il significato intimo, il segno della nostra battaglia. E forse lo
è stata veramente. E soltanto
se riusciremo a salvarla, a
perfezionarla o a ricrearla al
Membri della famiglia Gobetti: da sin. Andrea, Paolo, Carla, Marta, Ada
^SALBADAVICO di fuori di tanti errori e di
tanti smarrimenti, se riusciremo a capire che questa unità,
quest’amicizia non è stata e
non dev’essere solo un mezzo
per raggiungere qualche cosa
ma è un valore in se stessa,
perché in essa forse è il senso
dell’uomo, soltanto allora
potremo ripensare al nostro
passato e rivedere il volto dei
nostri amici, vivi e morti, senza melanconia e senza disperazione» '.
Così, senza melanconia e
senza disperazione il 6 aprile
con gli alpini della Taurinense^ verrà ricordato Paolo Gobetti sugli stessi itinerari di
montagna dell’alta valle di
Susa che lo videro con Ada
rischiare giovanissimo la vita
per Giustizia e Libertà. Il glorioso IV Reggimento dei vivi
e dei morti ripercorrerà l’itinerario fortunoso che portò
Ada al collegamento con le
formazioni partigiane della
Francia Libera in pieno inverno 1945. Allora era l’area
delle postazioni tedesche e la
marcia di un gruppo di giovani che attraversarono di notte
il Passo dell’Orso innevato a
quota 2.500 e si ricongiunsero agli (increduli) maquis
francesi. Fu così che si definirono quei collegamenti essenziali che avrebbero permesso la salvaguardia di
quell’area territoriale piemontese dalle rappresaglie di
tedeschi e loro alleati: l’invisibile ma inesorabile frontiera
della montagna occitana alla
rabbia nazifascista per popolazioni così resistenti all’indottrinamento patriottardo.
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Offerte ricevute per i lavori di ristrutturazione dello stabile di Torre Pellice
Solidarietà con la Casa delle diaconesse
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Doni per solidarietà
Dal 1" ottobre 1996 al 31 gennaio 1997
£36.000: N.N.
£ 100.000; Clara Vetta, Torre Pellice, Rosina Rivoira in mem. di Rivoira
Paolina, Luserna S.G.
£ 200.000: Franca Barlera, Ferrara,
Umlaerto Ridoni, San Secondo, Torre
Pellice: Giulia Ridoni, M.L.G.
Doni prò ristrutturazione
Dal 1® ottobre 1996 al 31 gennaio 1997
£ 20.000: Erie Merlini, Milano.
£ 25.000: Piero Del Pesco, Milano,
Rita Alimonda, Genova.
£ 30.000: Bice Bertarione, Ivrea.
£ 40.000: Bianca Prochet, Torre P.
£ 50.000: Luserna S. G.: Lina ReveI,
Rodolfo e Jole Tomassini. Torino: Llliajia Ribet, Renza Prandino, Felicina
Goariento, Alberto Peyrot, Antonino e
^¡rella Pizzo. Torre Pellice: Nini
^3ppè, Bianca Sappè Eynard in memoria di Anita Jouve Eynard, Antonina Pillola, Laura Eynard, Seiina Travers,
^3ria Lisa, N.N.in memoria di Paolina
R'voira, Iolanda e Laurenzia Forneron,
Rrarostino. Silvia Balmas, Milano. Er'ninia Gianotti, Ivrea.
£ 65.000: Enrica Biglione, Genova.
£ 100.000: Torre Pellice: Ernesto Di
rancesco, Mirella Bein, Ulrico ScropElena Avondet, Eugenio e Amalia
symet, Liliana Pons, Milano: Dolores
cirand, Giovanni Maggiore, Lidia Po
dio. Luserna S. G.: Carlo Cordin, Ada
Bertalot in mem.del papà di Morena
Benech, N.N., Monica Rivoira. Torino:
Pierino Ansaldi Andreone, M. Piera Pagliani. Annunziata Santoro Miserare.
Fiorini Azzoni, Aosta. Lilette Albarin,
Ginevra. Amilda Gay GardioI in mem.
di Erminio, Prarostino.
£ 150.000; Mirella Dosio, San Secondo. Rita Morello, Torre Pellice. Enrico Jahier, Venaria.
£ 200.000: Torino: Renzo Andreone, Maria Luisa Poli, Ara Perotti Oggero. Pinerolo: Ettore Serafino. Milano:
Margherita Plebani Casù. Venturina:
Elio Giacomelli.
£ 230.000: Condomini di via Bert in
mem. di Elena Giacotto Cattre, Torre
Pellice.
£ 250.000; Torre Pellice: Ettore Bert.
Milano, Carlo Trambusti. Amici Asilo di
San Germano in memoria di Delia Lincesso.
£ 285.000: Colletta Chiesa di Rimini.
£ 300.000: Torre Pellice: M. L. G.,
Giancarlo De Bettlni, Mirella Poli, Piera
e Odette Cattre in mem. di Elena Giacotto Cattre. Chiesa evangelica di Losanna. Torino: Carlo e Rina Rapini, Vittorio Giulio Quaglia.
£ 304.000: Herta Flarsch, Germania.
£ 400.000: Giovanni Bertalot, San
Germano;.Fiorella Alfano in memoria
di Adele e Mario Alfano, Pinerolo.
£ 500.000: Torre Pellice; Dorothea
Taylor Goff, fam. Negrin, Unione fernminile, Giovanna Debernardi, Amici in
mem. del dott. Luciano Guglielmina.
Ruben e Redenta Lusetti, Milano. F. D.,
N.N., Gal Favre, Luserna S. G. Adriana
Gatto Magneti, Torino. Chiesa valdese
di Susa. Chiesa valdese di Como. Lionello Gay, Manta.
£ 600.000: Figlie e sorelle in memoria di Elsa Cesan Gamba, Torre Pellice.
£ 650.000: Marisa Molinaro in
mem. di Jolanda Galotta, Torino.
£ 1.000.000: Torre Pellice; Ernesto
Imberti, Società di cucito, Pons Ermellina in mem. dei fratelli Aldo e Giorgio,
Mimma e Franco Quattrini. Sauro Gottardi. Albisola. Andersen Consulting
S.p.A., Milano. Graziella ReveI, Luserna
S. G.. Marco Mourglia, Pomaretto.
Massimo Puleio, Belgio. Gisella Costabel e Dino Giordani in mem. di Aldo
Costabel, Milano. Enrico Costabel, Milano. Concistoro valdese di Angrogna.
£ 1.040.000; concerto coro Montemassone.
£ 1.140.000; concerto corale San GermanoChisone.
£ 1.400.000: Torre Pellice: Alma
Bertinat, Ruben Dubs.
£ 1.840.500: Waldenslan Church
Missions, Gran Bretagna.
£ 2.000.000: Unione femm. Pinerolo, Unione femm. Vallecrosia.
£ 4.940.750: Kirchenkreisswesel,
Germania.
£ 5.000.000: Giuliana Gay Eynard,
Pinerolo.
£ 6.015.650: Comitato romando.
Svizzera.
La memoria della generosità di queste vite non è disgiunta tuttavia dal loro rimpianto. L’appuntamento dell’aprile 1997 ricompone anche le dissolvenze del tempo
dimenticato, i rigurgiti di falsa
memoria di cui il nostro presente è testardamente affetto.
Questo aprile 1997 rinvia sulle note di Diario di Ada ad un
altro tempo: il terribile aprile
1944, i ragazzi impiccati nelle
rappresaglie dell’estate e lasciati a penzolare insepolti,
una «didattica» nazifascista
che purtroppo fece scuola, il
lungo inverno 1944 su queste
montagne eccitane: «5 aprile
[1944]: (...) E venuta di nuovo
la madre dei Diena. Suo marito è a Bolzano, donde pare
che lo porteranno in Germania, e qualcuno le ha detto
che Emanuele Artom è stato
ucciso, dopo orrende torture.
Dopo la calma a cui m’ero
costretta per tutto il giorno,
ho avuto un violento atto di
ribellione. Non c’è dunque un
limite alla crudeltà e al dolore? 6 aprile: Non c’è limite. I
colpi si susseguono, implacabili. Sandro Delmastro è stato ucciso (...). Atroce.(...) Più
atroce ancora forse della
spaventosa fine di Emanuele
che ha potuto levarsi nel
martirio al di sopra dei suoi
aguzzini».
In queste pagine, che devono essere lette perché nessuna
nota riassuntiva potrebbe restituirne la vibrante emozione, ritroviamo tutto del vivere
di quei giorni. Molti vi riconosceranno un quotidiano che
nel suo latente orrore aveva
tuttavia un senso, mai banale
nella sua quasi incredibile e
sterminata speranza collettiva. Nessuno aveva da aggiungere nulla di suo alla tragedia
in cui si trovava a essere,
avendo scelto, protagonista
involontario o vittima. Perché
di gente che aveva scelto si
trattava, che non si arrese mai
alla deriva del qualunquismo
imposto, e con umiltà entrò
nella storia che non si dimentica facilmente, né si può facilmente far dimenticare.
L’indice dei nomi al fondo
del volume vede il meglio
della civiltà di un vecchio
Piemonte andare a morire o
sparire nei vagoni piombati in
nome di un’Italia che somigliava molto al Risorgimento
senza eroi e al Giacomo Matteotti di Piero Gobetti.
Ma alla fine del tempo, poiché 50 anni sono passati da
allora, Ada ha avuto ragione,
con Paolo e anche dopo: la
vita è più forte di ogni cosa.
In questo 6 aprile 1997 rivedendo Carla Gobetti, nella
sua infaticabile sorridente
presenza dalla vecchia casa di
via Fabro che li rappresenta
entrambi, i suoi bambini e la
sua famiglia, cammineremo
forse ancora con loro, vivi e
morti tutti insieme. Se siamo
malgrado tutto ancora così felici di vivere in parte glielo
dobbiamo. Hanno continuato
ad insegnare con il cuore a
tutti gli italiani. Senza protagonismi, senza retoriche, senza rancori, liberi e semplici
come sono vissuti. Sono ancora oggi i nostri migliori
amici della speranza.
(1) Ada Gobetti: Diario partigiano. Torino, Einaudi, 1996
(prima ed. 1956). Introduzione di
Goffredo Fofi ( 1996), nota di Italo Calvino (1956), postfazione di
Bianca Guidetti Serra (1996).
(2) Domenica 6 aprile il Comitato d’onore della gara di sci alpino dedicato ad Ada Marchesini
Gobetti darà il benvenuto alla
Caserma Monginevro di Bousson agli sciatori dello S. M. del
IV Corpo d’Armata degli alpini,
ai generali Gerardo Becchio e
Bmno lob, agli ufficiali Agostini, Tambuzzo, De Luca, e a tutti
coloro che dalle valli alpine si ritroveranno insieme nel ricordo di
Ada, Medaglia d’argento V.M. ,
di Paolo e dei ragazzi come lui.
Tra il 24 e 27 aprile si svolgerà
inoltre a Condove e Oulx la prima edizione di Valsusa Filmfest,
un concorso internazionale e una
rassegna di film e video aperta a
tutti. Si propone una panoramica
di produzione di opere, anche
realizzate fuori della valle di Susa, legate al recupero della memoria storica e della difesa
dell’ambiente, che sia di stimolo
anche nel cogliere i cambiamenti
e le diversità culturali. Per informazioni cfr. Valsusa Filmfest,
Viale partigiani d’Italia 14,
10098 Rivoli (Torino) tei. e fax
011-9566018.
Liberazione di Torino: Ada Gobetti con il cap. Angelino e Giulio Bollii' (archivio Centro P. Gobetti)
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VENERDÌ 28 MARZO 1997
VENERI
MARATONINA — Trasferta trionfale del Gsp a Venaria Reale per la 9° Maratonina delle Palme. Primo posto nella categoria Tm 20 e
secondo assoluto per Roberto
Cascone, nuovo acquisto del
Gruppo sportivo Pomaretto
che dopo una lunga serie di
secondi posti nelle campestri
è esploso nella 10 chilometri.
Terzo posto tra le donne per
Doina Santa e primo posto
nella categoria Junior per
Cristiano Micol. Anche tra i
giovani risultati di prestigio;
Cas femminile primo posto
per Francesca Ferrerò, secondo per Elisa Ribet, terzo per
Daniela Pons e quarto per
Monica Ghigo. Tra le Ragazze prima Valentina Richard e
secondo posto per Sabina
Chiurato. Tra i cadetti primo
Andrea Barrai alla sua prima
vittoria. Tra le Allieve secondo posto per Ivana Roberto.
Si sono inoltre cimentati nella 1/2 Maratonina (21 chilometri): Manuel Griot (5°),
Patrik Pons (6°), Angelo Mastronardi (8°), Davide Faraud
e Fabrizio Martinat nella Tm
20, Renzo Ghigo nella categoria Tm30 e Roberto Barrai
nella M45.
pari più che meritato a Pinerolo, dopo essere andati in
vantaggio e aver giocato tutto
il secondo tempo in inferiorità numerica. Proprio degli
ospiti sono state le migliori
occasioni, mentre i biancoblù
non sono riusciti a dare un
senso al loro gioco. In vantaggio con D’Errico, la Eossanese ha subito il ritorno del
Pinerolo che nel giro di cinque minuti ha pareggiato con
Mollica. Prima e dopo, però,
soltanto gli ospiti hanno giocato, colpendo anche due pali. Domenica prossima a Pinerolo arriva il Savon.
LA FOSSANESE IMPONE IL PARI AL PINERO
LO — È una Fossanese pimpante quella delle ultime domeniche, e così piano piano
si allontana dalla zona retrocessione; domenica scorsa i
cuneesi hanno ottenuto un
VOLLEY: VINCE IL
BODY — Trasferta importante e vincente per il Body
Cisco Pinerolo in B2 di pallavolo. Il successo, ottenuto al
tie break a Pino, consente ai
pinerolesi di agguantare in
classifica proprio i torinesi,
aumentando così le possibilità di salvezza. Male invece
le ragazze; il Magic Traco in
B1 ha perso in casa col Pisa
per 1-3 e il Gold Gallery in
B2 ha perso a Racconigi per
0-3. Nei tornei minori, doppia sconfitta per il 3S: a Cascine Vica i ragazzi erano
in Slovacchia e, subito dopo,
a Luserna nelle finali provinciali con Arti e mestieri e
Kappa Cus Torino in lotta
per il primo posto e lusernesi
di fronte al Valli di Lanzo
per il terzo. Anche gli Allievi
del 3S sono stati sconfitti per
0-3, questa volta a Pino Torinese. In terza divisione femminile derby in famiglia fra il
3S di Luserna e quello di Pinerolo; il successo è andato
alle ragazze di Luserna. Nel
settore maschile successo
della formazione A per 3-0 a
Bruzolo e sconfitta della
squadra B per 1-3 ad opera
del Barella Torino.
impegnati nelle semifinali
provinciali del trofeo Lasonyl
con i padroni di casa dell’Arti e mestieri. La formazione
di Gardiol ha perso in tre set
in poco più di un’ora di gioco. La prossima settimana i
giocatori saranno impegnati
per un torneo quadrangolare
PALLAMANO: IL 3S
PERDE A RESCALDINA
— Poteva anche starci una
vittoria per il 3S femminile in
serie B nella difficile trasferta di Rescaldina; invece, pur
ribattendo colpo su colpo, alla fine le padrone di casa
hanno vinto per 14-10. Buon
esordio di Klara Leander, che
dopo un’attesa di quattro mesi, ha avuto il benestare dalla
Federazione svedese. Il 6
aprile incontro casalingo a
Pinerolo, ore 16, con il San
Martino Pavia. Per la prima
volta la scuola media De
Amicis di Luserna San Giovanni ha vinto il titolo provinciale dei Giochi della gioventù maschili di pallamano
e si è classificata al secondo
posto in quelli femminili. Gli
incontri, disputatisi a Torino,
hanno visto la squadra ma
Intervista al giovane artista Gabriele Garbolino Rù
Sculture e bassorilievi da parete
FRANCO CALVETTI
Incontro lo scultore Gabriele Garbolino Rù mentre sta
preparando la sua mostra, che
sarà allestita alla sala Paschetto dal 29 marzo al 19
aprile prossimi e che viene
inaugurata alle ore 17 del 29
marzo. Ciò che colpisce in lui
è la sua giovane età, appena
22 anni, la sua aria da bravo
ragazzo lavoratore, la sua determinazione ad affermarsi.
Garbolino Rù è originario
delle valli di Lanzo (è fiero di
parlare il patuà occitano), si è
diplomato l’anno scorso in
scultura presso l’Accademia
Albertina di Belle Arti di Torino e ha ricevuto ultimamente l’incarico di restaurare la
statua di Galileo Ferraris a
Torino, nel corso omonimo.
- Stai preparando la tua
prima personale a Torre Pellice. Come ti senti?
«Molto fiero e nello stesso
tempo anche timoroso. Ho
già esposto in collettive, come la mostra organizzata da
“Piemonte artistico’’ lo scorso
anno insieme con sei allievi
dell’Accademia, ho curato
una mostra alla Fornace Ca
rena di Cambiano, ho allestito
le mie sculture nell’atrio di
Palazzo Lomellini a Carmagnola. Ma questa mostra di
Torre, nella prestigiosa Sala
Paschetto, la considero la mia
esposizione-battesimo. Sarà il
critico d’arte Giovanni Corderò che mi farà da padrino».
- So che pur giovanissimo
ti sei già fatto notare...
«Ho avuto l’onore di una
critica positiva soprattutto dai
miei insegnanti, da Franco
Fanelli, Giorgio Auneddu,
Giovanni Corderò e Riccardo
Corderò, da cui ho imparato
moltissimo, mi segue e mi
apprezza».
- Puoi anticipare quali saranno i pezzi che esporrai a
Torre Pellice?
«Saranno una ventina fra
sculture, bassorilievi, installazioni. I soggetti sono quelli a
me più congeniali: guerrieri,
atleti, parti anatomiche della
figura umana. Porterò dei
bronzi, dei marmi ma anche
sculture di gesso patinato e
delle terracotte».
- Ci puoi dire in modo
.semplice qual è il tuo approccio alla .scultura?
«Parto sempre dal figurati
vo: credo che tutta l’attenzione vada concentrata sul reale
in modo da avviare il lavoro
di interpretazione, magari
segmentando le parti. Il mio
scultore preferito è Wild, che
ha lavorato negli Anni 20, ma
ho sempre studiato molto il
Canova e fra i contemporanei
Francesco Messina. Sono
convinto che il concetto,
l’idea sia importante ma che è
più essenziale la tecnica e la
sua padronanza. Trovo che
c’è sempre da scoprire un
procedimento nuovo, una
strategia poco conosciuta,
una soluzione originale. Io
costruisco sculture pensate
come opere da appendere alla
parete con un impatto bidimensionale per il visitatore,
ma concepisco anche lavori
fruibili a 360°, anche se cavi
posteriormente: cerco di rievocare l’antico come pretesto
per una dimensione nuova,
personale, originale. Quando
mi chiedono se sono figurativo o astratto, non so bene che
cosa rispondere: non ha senso
fare questa distinzione perché
un particolare anatomico ingrandito a dismisura può diventare una forma astratta».
schile battere la media Frassati di Torino per 17-15 e
parteciperà alla fase interprovinciale ad Astri il 16 aprile;
la squadra femminile ha perso in finale con la Media Peroni di Torino per 2-5.
HOCKEY PRATO: IL
VILLAR RITORNA AL
SUCCESSO — Torna al
successo il Villa Perosa nel
campionato di A2 di hockey
prato; con il Bra i valligiani
iniziano subito all’attacco ma
devono subire alcune azioni
pericolose degli ospiti su corner corti. Al 15’, i villaresi
vanno in vantaggio grazie a
Wich che devia al volo un
bel passaggio di Dell’Anno.
Dopo aver fallito un paio di
occasioni con Gastaut e Dogano i pinerolesi passano
nuovamente con una rete
molto bella: Dell’Anno devia
un corner corto di Gastaut
nella porta avversaria. 11 secondo tempo vede il Villar
mancare una serie incredibile
di occasioni; gli attaccanti
sono bravi fin sotto porta dove però manca il guizzo decisivo. Il gol della bandiera del
Bra è arrivato a cinque minuti dalla fine su rigore. Nel finale due espulsioni decretate
a Wich e Cristiano, più che
determinare il risultato, priveranno la squadra di uomini
importanti nel prossimo turno
a Torino fra due domeniche
con la capolista Pagine Gialle. Il campionato si ferma in
coincidenza di vari tornei: il
Villar sarà in Francia, mentre
Robert Degano è stato ocnvocato nella nazionale under
18 in vista del torneo fra Galles, Belgio, Rep. Ceca e Italia
che si svolgerà a Roma.
Questi i risultati: Team 89Padova 1-1; Mori, Torino 1-2;
Moncalvese-Villafranca 2-1;
Genova-Liguria 1-0. La classifica vede al comando il Torino con 10 punti; seguono
Villar Perosa. 9, Padova 8,
Moncalvese e Mori 7, Bra 6,
Genova 4, Villafranca 1, Liguria 0.
Unitrè
Duo pianistico
a Torre Pellice
Giovedì 13 marzo alla Casa
valdese si è svolto il concerto
organizzato dall’Unitrè di
Torre Pellice, tenuto dal duo
pianistico Schettini-Perello. Il
programma prevedeva la Sonata K521 di W. A. Mozart, la
Sonata op. 6 di L. van Beethoven, 5 danze ungheresi di J.
Brahms, per finire con la Petite suite di C. Debussy. Il duo
ha dato prova di un ottimo affiatamento e di una grande
musicalità, unita a carattere e
sensibilità. Il pubblico, attento
e partecipe, ha applaudito calorosamente le due pianiste,
richiedendo numerosi bis.
Giai oMu
MiiiyCarl
I BANCA CRT
Cassa di Risparmio di Torino
Agenzia di Torre PelHre
27 marzo, giovedì — TORINO; AH’auditorium Agnelli del Lingotto, per la rassegna «Torino in musica, note
in viaggio», concerto diretto
da Emmanuel Krivine, al violino Gii Shaham, musiche di
Dukas, Prokof’ev e Cajkovskij. Partenze: Perosa (18,45),
Pinasca (18,50), Villar Perosa
(18,55) e Pinerolo (19,10).
28 marzo, venerdì —
TORRE PELLICE: Alle
20,45 nella chiesa di San
Martino rappresentazione e
concerto del Venerdì Santo a
cura del gruppo dell’oratorio
con il gruppo vocale Cantus
Ecclesiae, che eseguirà brani
di canto gregoriano.
29 marzo, sabato — TORRE PELLICE; Alle 17 nella
sala Paschetto del Centro culturale valdese inaugurazione
della mostra di Gabriele Garbolino Rù. L’esposizione, che
terminerà il 19 aprile, avrà il
seguente orario: giovedì, sabato e domenica dalle 15 alle
18, lunedì, martedì, mercoledì
e venerdì dalle 14 alle 17.
29 marzo, sabato — BAGNOLO PIEMONTE: Alle
21 al teatro S. Pellico «Arturo
di Tullio e i Riflessi» presentano «Sogni d’amore». Replica domenica 30 alle 16.
31 marzo, lunedì — TORRE PELLICE: Tradizionale
fiera di Pasquetta per le vie
del paese fino alle 18, con
edizione speciale del mercatino biologico.
1“ aprile, martedì —
TORRE PELLICE: Alle 15,
alla Casa unionista di via
Beckwith, Dario Tron parlerà
della Saf (dipartimento per lo
sviluppo) della Chiesa di Gesù Cristo in Madagascar e
dell’esperienza di un gruppo
di giovani valdesi che hanno
trascorso un mese in Madagascar l’anno scorso.
1“ aprile, martedì —
TORRE PELLICE: Per
l’Unitrè, alle 15,30 alla biblioteca della Casa valdese,
conferenza della prof. Maglione sul tema «Il mio Leopardi:
una proposta di lettura».
3 aprile, giovedì — PINEROLO: Presso la libreria Volare, alle 20,45, incontro con
Lionello Gennero sul tema
«Corrai e Playhouse sulle orme del Medioevo».
3 aprile, giovedì — PINEROLO: Al tempio, alle 21,
concerto del coretto per raccogliere fondi per la ristrutturazione del tetto di Agape.
4 aprile, venerdì — TORRE PELLICE: Alla Bottega
del possibile, alle 21, dibattito
con Giancarlo Pace, membro
del Consiglio nazionale di
Amnesty International, su «1
diritti umani in Palestina».
5 aprile, sabato — PINA
SCA: Nel salone parrocchiale
in frazione Dubbione, alle 21,
spettacolo teatrale con la
compagnia «Renato Clot» dal
titolo «Na giornà grama».
8 aprile, martedì — PINEROLO: Eorza Italia e
Udc organizzano, alle 21,
presso il teatro incontro di via
Caprini, un dibattito sul tema;
«Zona industriale di Pinerolo:
realtà e prospettive». Intervengono Roberto Rosso,
coordinatore regionale di Fi,
Antonio Bruno, assessore al
Lavoro di Pinerolo, l’ex assessore al Lavoro di Pinerolo
Elvio Rostagno, Mauro Zangola dell’Unione industriale
di Torino, il responsabile della Cisl Franco Agliodo.
RADIO BECKWITH
propone
domenica 30 marzo
(Pasqua), ore 10, culto in
diretta dal tempio di Luserna San Giovanni
)ERVIZI
VALLI
CHISpNE > QERMANASCA
Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale di Pomaretto, tei. 81154
Guardia farmaceutica:
DOMENiCA 30 MARZO
Perosa Argentina; Farm. Ter- 1
mini - via Umberto I, t. 81205
LUNEDÌ 31 MARZO
San Germano Chisone: Farmacia Tron , tei. 58787
Ferrerò: Farmacia Valletti Via Montenero 27, tei. 848827
Ambulanze:
Croce Verde, Perosa: tei. 81000
Croce Verde, Porte : tei. 201454
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VAL PELLICE
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Guardia medica:
notturna, prefestiva, festiva;
telefono 932433
Guardia farmaceutica:
DOMENICA 30 MARZO
Torre Pellice: Farmacia Muston - V. Repubblica 22, 91328
LUNEDÌ 31 MARZO
Luserna San Giovanni: Farmacia Savelloni - Via Blando
4 - (Luserna Alta), tei. 900223
Ambulanze:
CRI - Torre Pellice, tei. 953355
Croce V. - Bricherasio, tei. 598790
DAcir
si è
PINEROLO
Guardia medica;
notturna, prefestiva, festiva;
Ospedale civile, tei. 2331
Ambulanza:
Crcce Verde, tei. 322664
TORRE PELLICE ^11
cinema Trento ha in programma, giovedì 27 e venerdì
28, ore 21,15, Cold comfort
farm di Schiesinger: sabato
29, ore 20 e 22,10, Tutti dicono I love you di Woody
Alien; domenica 30 e lunedì
31, ore 16, 18, 20 e 22,10,
martedì 1° e mercoledì 2 ore
21,15, Space jam.
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BARGE — Il cinema Comunale ha in programma, venerdì 28, ore 21, Luna e l’altra; sabato 29 marzo, ore 21,
Killer per caso; domenica 30
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(15, 17, 19, 21) Alaska; da i«X o^e
lunedì (15, 17, 19, 21) a gio- ^idelioqi
vedi 27 Extreme measiires;
feriali spettacoli ore 21; chiuso il mercoledì.
PINEROLO — La multisala Italia propone alla sala avevadecf
«2cento» Guerre stellari
(nuova edizione); feriali ore
20,10 e 22,20, sabato 20.10 e
22,30, festivi domenica e lu- ________
nedì dalle 14,30, spettacoli!pidaescali
continuati. Alla sala «5cento» relativi all
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101; feriali 20,20 e 22,20. sa- ^Osservati
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L ammissione di soli 11 referendum sui 30 sottoposti al suo giudizio ha scatenato violente e infondate polemiche
Fuoco incrociato sulla Corte Costituzionale
L'analisi delle motivazioni del pronunciamento della Corte non mostra un organo asservito a logiche di parte ma segnala
un grave e incombente «cortocircuito» istituzionale causato soprattutto da processi di riforma dai tempi lunghissimi
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Da circa un mese la Corte
si è pronunciata su un
nutrito pacchetto di referendum- 30 quesiti sottoposti al suo esame (18 presentati
dai club Pannella e 12 da alcuni Consigli regionali prevalentemente, ma non solo, del
Settentrione) ia Corte ne ha
ammessi 11. Tutto ciò si è
svolto in un contesto avvelenato da violente accuse di
pressioni sui giudici costituzionali e da durissimi attacchi
sul loro operato da parte dei
promotori e delle forze politiche ad essi vicini. Si è insomma raggiunto un livello di polemica mai toccato in passato: la Corte Costituzionale
non è stata solo criticata (da
chi disapprovava le sue scelte, il che è pienamente legittimo) ma, in certi casi, si è inteso delegittimarla (davvero irresponsabilmente, a meno
che Tobiettivo di qualcuno
non sia quello di screditare il
ruolo della giustizia costituzionale in nome di una presunta sovranità plebiscitaria
, del popolo), trattando le sue
pronunce come atti di sottomissione all’esistente o all’attuale maggioranza politica.
La Corte (che non deve
pronunciarsi suH’opportuliità delle richieste ma sulla
(loro ammissibilità costituzionale), si è trovata di fronte
quesiti svariatissimi per materia e per livello di «esposizione politica». Sui referendum in materia di sistema
elettorale (della Camera, del
-fenato, del Consiglio supenote della magistratura) la
Corte ha ribadito il suo precedente consolidato orienta
mento: ove la normativa che
residua dopo l’eventuale
abrogazione non sia immediatamente applicabile, il referendum deve essere considerato inammissibile, perché
gli organi costituzionali o di
rilievo costituzionale «non
possono essere esposti alla
eventualità, anche soltanto
teorica, di paralisi di funzionamento».
Sul pacchetto referendario
ili materia regionale la Corte
si è pronunciata nel senso
dell’inammissibilità tutte le
volte che ha ritenuto che i
quesiti proposti mirassero a
intaccare i cardini costituzionali (così come ricostruiti nel
corso del tempo dalla precedente giurisprudenza della
Corte stessa) del rapporto
Stato-Regioni (attraverso, per
esempio, la richiesta di soppressione della potestà statale di indirizzo e coordinamento delle attività regionali
o l’abolizione dei vincoli
all’esercizio del «potere estero» delle Regioni). È stato insomma chiamato in causa il
limite delle norme legislative
«a contenuto costituzionalmente vincolato» (intaccandosi le quali ne deriva una irreparabile violazione delle
norme costituzionali). Una
ragione di tal genere è stata
pure invocata (in relazione
alla tutela costituzionale della
vita, della salute, della maternità, infanzia e gioventù) per
dichiarare inammissibile il
referendum sulla liberalizzazione dell’aborto, mentre vincoli di natura pattizia hanno
portato aU’inammissibilità di
quello relativo alle droghe
leggere (non potendosi per
referendum abrogare le leggi
Dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale, la parola passa
agli elettori e al Parlamento
di ratifica ed esecuzione dei
trattati internazionali). La natura tributaria delle correlative disposizioni ha portato poi
a dichiarare inammissibile il
referendum che intendeva
abrogare la normativa in materia di sostituto d’imposta.
In più occasioni poi la Corte ha applicato il limite, da
essa già ampiamente (e non
sempre in modo convincente) impiegato in passato, della omogeneità, coerenza,
univocità del quesito referendario (ciò in relazione alle
domande in tema di smilitarizzazione della Guardia di
Finanza; di modulo nella
scuola elementare: di pubblico registro automobilistico;
di abolizione dell’obbligo di
iscrizione al servizio sanitario
nazionale; di soppressione di
alcuni ministeri; di abrogazione della disciplina, ritenuta dai promotori troppo permissiva, sulla responsabilità
a Co
Anche la Chiesa valdese nell'Osservatorio pugliese
!La società impegnata contro l'usura
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ALBA MURGIA
; SIMONPIETRO MARCHESE
Ì^'^EMO il silenzio degli
'X onesti e non la voce
èidelinquenti» (M. L. King).
■Ossei vaiorio pugliese conio la criminalità per la legaità e la non violenza, di cui fa
arte la Cliies;) valdese di Taanto, già alla fine del ’95
aveva deciso di fare una analisi del fenomeno dell’iisura
sul territorio tarantino, visto
che alcuni fatti di cronaca
avevano evidenziato una rapida escalation dei problemi
relativi all’integrità fisica de>li usurati e dei loro familiari.
L Osservatorio decise così di
lare un’indagine, distribuenlo 10.000 questionari anonihi, ponendo delle domande
'ni problema usura in due
luartieri a rischio della città.
Hi questi ne sono tornati 570.
I questionari, dal titolo
lOsura, conoscerla per scon"qerla», sono stati esaminati
, esperti del settore che
^anno percentualizzato e trafitto i dati in un dossier poi
.(insegnato alle istituzioni.
1 dato interessante emerso
a Una delle domande del
jnestionario: chi sono gli
urai? Il 36% li ha indicati in
arsone legate alla criminaorganizzata, il 26% nelle
cietà finanziarie prestanoa. il 34% in persone insoPettabili-brave persone;
asto spiega perché nella
|3® fose del rapporto «vita-usuraio» quest’ultimo è
.aso considerato dalla vitìat ^ariefattore. Un altro
luoìi ^^^l'oiante emerso è
li].. ° i^olativo al grado di fia 0 sfiducia nell’operato
delle banche: il 70% ritiene
che le banche non agevolano
la concessione del credito e
addirittura il 20% afferma di
conoscere casi di accordi tra
operatori bancari e usurai. Lo
stesso dossier è stato presentato durante un incontro
pubblico, venerdì 28 febbraio, dal titolo: «Usura. Taglia il cordone, scegli la vita.
Rimedi possibili tra solidarietà ed impegno civile», in
cui c’è stata una larga presenza di cittadini, ma si è dovuta registrare l’ennesima assenza delle istituzioni.
Questo incontro sarebbe
stato sterile e riduttivo se si
fossero solo presentati dati.
Così l’Osservatorio, partendo
da un’idea di Tano Grasso,
presidente dell’Associazione
nazionale antiracket, oltre il
dossier ha presentato la nascita delTambulatorio-usura.
Si tratta di uno sportello di
ascolto per le vittime dell’
usura, con il compito principale di ricostruire una diversa dimensione di vita, nuove
relazioni sociali, iniziando
per prima cosa con l’aiutare
la vittima a spezzare il legame con l’usuraio attraverso
la denuncia.
Questo ambulatorio-usura
si avvarrà della collaborazione di volontari e di professionisti che gratuitamente offriranno alle vittime assistenza
di tipo penalistico e civilistico, consulenza economica e
finanziaria, educazione a
una cultura antidebito e assistenza psicologica. In un territorio a rischio come il nostro, dove il tasso di interesse
costa 5 punti in più rispetto
al Nord, dove per accedere a
un prestito bisogna avere
un’identità di finanziaria,
che spesso è il paravento più
comune per organizzazioni
mafiose, dove si registra il
paradosso di banche che finanziano l’usura o che falliscono (vedi Banco di Napoli), devono nascere progetti
di questo tipo. Dietro a ogni
storia di usura ci sono infatti
persone che hanno un grosso muro da superare: quello
della vergogna e molto spesso della solitudine.
Come comunità evangelica
di Taranto, abbiamo cercato
una voce che potesse rappresentare in un dibattito pubblico la nostra posizione e il
nostro impegno. Oltre alla
fondazione avventista Adventum, già intervenuta in
passato a iniziative analoghe,
e all’impossibilità di un intervento del pastore Maselli, ci
siamo resi conto della mancanza di riferimenti concreti
in campo evangelico. Purtroppo questa situazione non
è unica, pensiamo ad esempio alTinspiegabile mancanza in ambito Fcei di comunità di recupero dalle tossicodipendenze. Forse non abbiamo forze specifiche da
spendere in materia? Comunque visto che una minoranza si riconosce anche dal
valorizzare soluzioni parziali
e potenziali siamo intenzionati a continuare in futuro, a
diventare voce o nodo evangelico di informazioni della
nostra e della vostra attività
di osservatorio contro la criminalità. Il nostro indirizzo è:
Chiesa valdese - via G. Messina 71 - 74100 Taranto, tei.
099-4774680.
civile dei giudici). In un’occasione (riduzione della pubblicità nell’emittenza pubblica) la Corte, in modo particolarmente esplicito, ha poi affermato la natura strettamente abrogativa del referendum, dichiarando inammissibile un quesito che attraverso un ritaglio di parole
stravolge lo scopo e la struttura della disposizione originaria, introducendo una
nuova disciplina del tutto
estranea al precedente significato della norma. Qui la regola generale (comprensibile
alla luce dell’art. 75) è però
opposta a quella che regola i
referendum in tema di legge
elettorale degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale. In quest’ultima materia infatti il quesito, per essere ammissibile, deve comunque dare origine a una
nuova normativa immediatamente autoapplicativa (e la
Corte ammette che, per raggiungere tale risultato, il referendum possa avere carattere
manipolativo) perché, come
già sopra ricordato, deve essere evitata una, anche solo
teorica, paralisi di funzionamento di tali organi elettivi.
Sono stati ammessi un terzo
dei referendum proposti (indubbiamente di minor rilievo
di quelli esclusi), alcuni dei
quali potrebbero comunque
venir meno a seguito di modifiche legislative attualmente
all’esame delle Camere.
I referendum ammessi intendono abrogare le norme:
che hanno istituito il ministero per le Risorse agricole; sulla carriera dei magistrati (basate quasi esclusivamente sul
criterio dell’anzianità); sulla
possibilità per i magistrati di
ricoprire incarichi extragiudiziari (arbitrati e collaudi di
opere pubbliche); sulla possibilità per lo stato di esercitare
il controllo sulle aziende privatizzate nella forma del cosiddetto golden share; sulla
necessità del parere vincolante di un’apposita commissione per poter esercitare l’obiezione di coscienza al servizio
militare; sull’ordine dei giornalisti; sulla possibilità attualmente prevista per i cacciatori di accedere ai fondi
privati senza l’autorizzazione
dei proprietari e dei coltivatori; su alcuni aspetti dei controlli statali sugli atti amministrativi delle Regioni e dei
controlli regionali sugli atti
amministrativi degli enti locali; infine in relazione all’accentramento delle procedure
concorsuali della pubblica
amministrazione (per evitare
le lungaggini dei maxiconcor
si accentrati presso la presidenza del Consiglio). La Corte
si è trovata a svolgere un
compito davvero problematico, di fronte alla molteplicità
quantitativa e qualitativa delle domande e alle contrastanti pressioni e attese di opposti
settori dell’opinione pubblica. Senza dubbio alcune delle
sue decisioni possono apparire molto meno convincenti di
altre. Come già affermato, la
critica è legittima. Ma l’analisi
delle motivazioni (che occupano circa 140 pagine della
Gazzetta ufficiale) non mostra assolutamente un organo
asservito a logiche di parte.
Semmai, in una prospettiva più generale, potrebbe dirsi che la Corte è venuta inevitabilmente a trovarsi al centro di un incombente «cortocircuito» istituzionale, caratterizzato da un lato da processi di riforma dai tempi
lentissimi e, dall’altro, dalla
azione di soggetti politici (i
club Pannella) e costituzionali (le Regioni promotrici)
che, per diverse ragioni, intendono usare il referendum
come mezzo di pressione o
grimaldello di trasformazioni
per le quali esso si rivela strumento non solo parziale ma
inadeguato.
Non è quindi delegittimando la Corte che si risolvono i
problemi del nostro paese
(ma invece li si aggrava, in un
gioco al massacro che alla fine rischia di far ritrovare tutti
tra le macerie), e nemmeno
moltiplicando in progressione geometrica l’impatto referendario. Di overdose, come
è tragicamente noto, spesso
si muore. E ciò può accadere
anche al referendum.
Chiese evangeliche di Puglia e Lucania
Imparare a conoscere le altre culture
La Federazione delle chiese
evangeliche di Puglia e Lucania (Fcepl) ha promosso insieme al Comitato «Scuola e
costituzione», TArci-«Nero e
non solo» (sezioni pugliesi) e
con il supporto della Facoltà
di lingue e letterature straniere e il patrocinio del Comune
di Bari, un corso di aggiornamento rivolto prioritariamente ai docenti delle scuole primarie e secondarie della provincia di Bari. Tema del corso, che si configura come naturale prosecuzione di quello
svoltosi a Bari nel maggio
dell’anno scorso sul tema
«Diritti e libertà in una scuola
multiculturale» è quest’anno
«Emigrare, immigrare, convivere; viaggio verso la multietnicità». Il corso, diretto dal
prof. Nicola Pantaleo della
Facoltà di lingue dell’Università di Bari e responsabile
della Fcepl per l’istruzione,
ha cadenza mensile e si rivolge prioritariamente ai docenti
delle scuole primarie e secondarie della provincia di Bari
che hanno frequentato i precedenti incontri. Un centinaio di insegnanti hanno partecipato ai primi due incontri tenutisi presso il Liceo
scientifico Scacchi di Bari, il 7
febbraio e il 7 marzo scorsi,
rispettivamente intitolati:
«Viaggio verso... Noi come loro» (l’emigrazione italiana) e
«Viaggio in ... I vicini lontani»
(l’immigrazione albanese e
bosniaca).
I recenti avvenimenti riguardanti l’Albania hanno reso in particolare il secondo
dibattito di bruciante attualità. Vi hanno partecipato
l’antropologa Patrizia Resta
che ha affrontato il fenomeno
migratorio dal punto di vista
dei diritti umani, l’economista Michele Gabriati che ha
spiegato fra le altre cose il fenomeno del fallimento delle
finanziarie in Albania, lo
scrittore Vito Ventrella e la
pubblicista Anna Portoghese
che ha trattato il tema del come costruire Tinterculturalità
nella scuola.
La scelta del tema generale
del corso, che si articola in dibattiti e laboratori e utilizza
una grande varietà di materiali didattici e informativi, si
è imposta. Gli squilibri economici tra Nord e Sud del
mondo comportano una
sempre maggiore interdipendenza tra i paesi ricchi e poveri. Viviamo ormai di fatto in
un unico «villaggio globale»,
all’interno del quale gli uomini e le donne si spostano perché in molte parti del mondo
gli indicatori di sviluppo
umano sono troppo bassi per
permettere una vita dignitosa. Si tratta di flussi rivolti in
tutte le direzioni, che non
possono essere arrestati da
nuovi muri o da strategie di
mera deterrenza militare, né
è pensabile che una cooperazione internazionale diversa
da quella praticata finora possa determinare una sostanziale inversione di tendenza.
Occorre dunque riconoscere che ci si muove rapidamente verso una società multietnica, nella quale il confronto con altre culture non
può che arricchire la nostra,
rafforzandone l’identità sia
pure in forma critica e aperta.
Nell’educazione scolastica la
figura dello studente deve es
sere reinventata come soggetto di una educazione non
più monocentrica, ma capace
ad esempio di relativizzare i
concetti di benessere e di sviluppo, su cui si fonda la nostra cultura, di decentrare il
punto di osservazione e cercare nuove chiavi interpretative del presente e del passato
per poter progettare un futuro di pacifica convivenza. Ciò
è possibile se l’introduzione
di visioni del mondo e culture
altre non si somma semplicemente all’attuale routine
educativa, ma se incide significativamente su obiettivi,
contenuti e metodi didattici,
riorientandoli verso un nuovo
approccio ai saperi, in cui tutte le attuali discipline devono
essere coinvolte singolarmente o collettivamente e i
docenti siano messi in grado
di scegliere, valutare e utilizzare strumenti di lavoro adeguati a tali sfide. L’obiettivo
ultimo di un’educazione interculturale sarà, infatti, quello di promuovere l’uguaglianza delle opportunità, la comprensione e il rispetto della
diversità, la libertà e parità
delle confessioni religiose di
fronte allo stato laico e il rifiuto di ogni discriminazione
xenofoba e di ogni fondamentalismo intollerante.
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PAG. 8 RIFORMA
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Vita DjElle Chiese
'SB* Appassionato confronto in un convegno svoltosi a Roma il 14 marzo
Gli evangelici e la riforma della scuola
Il progetto di riforma proposto dal governo non tiene conto della necessità che
lo studio del «fatto religioso» non sia limitato all'«ora» confessionale cattolica
GRAZIELLA TRON LAMI
IL 14 marzo 1997, ore 10,
Marco Jourdan, per conto
della Fcei, della Csd e della rivista ecumenica Confronti,
apre i lavori della consultazione su «Riforma della scuola: il contributo degli evangelici», presieduta dal pastore
Luca Negro. Sono stati invitati un certo numero di insegnanti e operatori scolastici
delle nostre chiese. I brevi e
ricchi contributi introduttivi
di Marco Rostan, Elio Canale,
Saverio Merlo, Eugenio Bernardini e Paolo Ricca permettono alla discussione del
pomeriggio di articolarsi sulla base di un ampio e non
scontato ventaglio di argomentazioni. Un intervento di
Paolo Naso chiude il convegno alle ore 17. Un breve arco
di tempo per un confronto
appassionante, le cui conclusioni sono andate in una direzione un po’ diversa dalle
ipotesi che gli organizzatori
avevano in partenza. Un bel
segno di democrazia.
Quali sono le proposte di
riforma della scuola da parte
del governo? Tale progetto ha
qualcosa a che vedere con le
chiese protestanti in Italia?
Ritorna qui ad assumere una
certa rilevanza un concetto
che già fu oggetto di ampia
discussione all’epoca della
firma delle Intese con lo stato
italiano: la «componente».
Poiché il ministro Berlinguer,
volendo «porre mano a un
intervento riformatore» del
sistema di istruzione e formazione italiano auspica un
confronto fra «gli esperti del
settore, i docenti, i dirigenti
scolastici ma anche gli uomini di cultura, le famiglie, le
forze politiche, le associazioni, le istituzioni del sociale»
che porti a delle proposte efficaci per il futuro del paese,
gli organismi esecutivi delle
nostre chiese si sono sentiti,
in un certo senso, interpellati. Ovviamente il problema
della cultura, dell’istruzione e
della formazione ha sempre
fatto parte in modo prioritario del dibattito interno delle
chiese evangeliche, ma veniva collegato in genere con
l’istruzione in vista della fede
(catechismo e scuola domenicale, centri giovanili...), con
la diaconia, con la predicazione, con la testimonianza
da dare in quanto comunità
di credenti. In questo caso gli
organizzatori hanno ritenuto
di cogliere l’occasione dell’invito del ministro ai cittadini per riprendere un tema a
noi caro, e già ampiamente
dibattuto fin dall’85, dopo la
firma del nuovo concordato
con la Chiesa cattolica: quello della laicità. Se a tutti è
chiaro che quando si parla di
«laicità dello stato» vi è un
immediato rimando alla Costituzione, le cose si fanno
più complicate quando le varie «componenti» della società italiana cominciano a
discutere sull’impostazione
da dare all’espressione della
laicità nella scuola.
Immediatamente si pone
l’altro polo della questione: il
fatto religioso, che trascina
con sé una catena di istanze e
argomenti altrettanto com
Un momento del convegno
plicatl sia da affrontare che
da mettere in rapporto con le
varie aree di apprendimento
scolastiche: i «valori», la cultura, l’entrata in Europa, il
pluralismo, la libertà, gli strumenti critici e via discorrendo. Tutte questioni, intendiamoci, che sono intimamente
legate alla natura stessa della
scuola, come sanno bene coloro che ci lavorano, ma che
affrontate da noi in quanto
interlocutori «ecclesiastici»
che si facciano eventualmente promotori di una proposta
di modifica dei programmi,
rischiano di metterci su un
piano analogo a quello della
Chiesa cattolica, al di là delle
nostre intenzioni. Gli organizzatori sono partiti da una
constatazione: l’ora di religione cattolica, invece di limitarsi a essere un’ora di insegnamento confessionale e
facoltativo come dovrebbe, si
trasforma spesso in un inse
gnamento di «etica generale,
che si pone come necessario
asse educativo per tutti». In
una parola, i vari settori del
sapere si delegano agli «esperti». Gli esperti di morale
sarebbero nella scuola gli insegnanti di religione cattolica, cosa francamente difficile
da accettare.
Essendo ormai il nostro paese avviato verso una dimensione europea, non sarebbe
opportuno chiedere di introdurre nei programmi scolastici uno spazio dedicato alla
informazione e alla comprensione dei fatti religiosi, alla
storia delle religioni, allo studio della Bibbia, per dare
conto della rilevanza che
questi elementi hanno avuto
e hanno nella storia della democrazia e nei comportamenti dei singoli? È possibile
questo tipo di informazione
senza un’adeguata preparazione dei docenti? Da dove
cominciare per raggiungerla:
dai curricula di alcune facoltà
universitarie (lettere, storia,
filosofia) o dai corsi di aggiornamento per insegnanti di
ogni ordine e grado? Esistono
già sperimentazioni di curricula per studenti impostati in
questa direzione? Quanto è
rilevante il ricorso gratuito,
previsto già dall’articolo 10
delle Intese, ad esperti esterni, da parte degli insegnanti e
dei dirigenti scolastici in ordine allo studio del fatto religioso e delle sue implicazioni?
Questi i nodi salienti della discussione.
Il pericolo, è stato detto, è
quello di vedere moltiplicarsi
le ore di religione nella scuola, con grande sconforto di
insegnanti e studenti. L’esperienza insegna invece che vi è
grande interesse per interventi informativi, anche confessionali, come può essere
quello di un membro delle
nostre chiese, ma liberi, gratuiti e aggiuntivi rispetto
all’insegnamento curriculare.
In conclusione, senza poter
rendere conto della ricchezza
del dibattito, se va certamente denunciata la carenza culturale del nostro paese sul
fatto religioso e sui suoi intrecci con la politica, la società, il costume, non pare
opportuno farsi promotori di
un nuovo insegnamento che
non si sa bene come potrebbe configurarsi all’interno
dell’attuale organizzazione
scolastica. Va continuata la
battaglia per la collocazione
delTIrc in orario aggiuntivo,
vanno colte e incentivate tutte le opportunità previste
dali’art. 10 delle Intese.
Roma: gruppo ecumenico delle donne straniere
Promuovere insieme i doni di tutti
VOLOLONA ANDRIAMITANDRINA
Domenica 9 febbraio
a Roma si è svolta la prima assemblea regionale
del gruppo ecumenico delle
donne straniere. Il lavoro è
cominciato al mattino con
l’ascolto delle testimonianze
di donne evangeliche straniere. Il desiderio è di rendere
questo gruppo il luogo d’incontro e di scambio di idee ed
esperienze tra le donne straniere che vogliono sentirsi inserite a pieno titolo nel movimento delle donne protestanti in Italia. Il raduno ha visto
la partecipazione di donne
provenienti da tutte le parti
del mondo, ciascuna con
un’esperienza personale.
Compito del gruppo è appunto di promuovere e stimolare
i doni diversi. Sicuramente ci
sono delle difficoltà perché le
culture variano, ma la diversità del gruppo arricchisce
tutte nel confronto che è il
punto di partenza dal quale
poter sviluppare nuovi percorsi. Dopo il pranzo comune, il gruppo ha partecipato
al culto insieme alla comunità metodista coreana. Dopo
l’introduzione di Anne Marie
Dupré, il gruppo ecumenico
delle donne straniere insieme
a quelle coreane hanno intonato gioiosamente l’inno del
la giornata mondiale di preghiera «O mio Signore!». Durante il sermone il past. Hong
Ki Suck ha ricordato che ancora oggi in molte parti del
mondo le donne non conoscono la libertà e vivono in
condizioni umili. Nella preghiera conclusiva il pastore,
ricordando le parole di Gesù
sul monte: «Beati i mansueti
perché erediteranno la terra»,
ha chiesto al Signore che questa promessa si realizzi in
questo tempo per tutti coloro
che vivono in un paese straniero. Il gruppo ecumenico
continuerà le sue attività che
sono state programmate per i
prossimi mesi.
AH'inizio di aprile la ricorrenza per la Chiesa metodista
Cento anni di evangelizzazione a Scicli
EDUARDO FALLA
La Chiesa evangelica metodista di Scicli si appresta a celebrare, nei giorni che
vanno dal 6 al 13 aprile, il
suo centenario (1897-1997).
L’opera di evangelizzazione
iniziata a Scicli nel 1897 da
Giovanni Busi e poi da Giovan Battista Gattuso di Brancaccio fu continuata e assunse particolare importanza
per la caratterizzazione che
ne derivò attraverso l’opera
del pastore Lucio Schirò a
partire dal 1908. Schirò stabilì allora un vivo e importante rapporto con la città,
ove fu poi sindaco per un
certo periodo. Attraverso il
suo impegno e quello della
Chiesa evangelica il pastore
cercò di sollevare la cittadina
di Scicli dallo stato di abbandono in cui versava, impostando una lotta serrata contro la povertà, il degrado e
l’analfabetismo.
Schirò fondò fra l’altro la
scuola elementare, probabilmente la prima a Scicli, che
denominò «Speranza», dove
insegnò per diversi anni la figlia Gemima; combattè anche l’alcoolismo, traendo
l’esempio dal metodismo inglese che fin dal suo sorgere
ne condusse la battaglia; si
schierò a difesa dei lavoratori
e sostenne i contadini sottoposti allo sfruttamento e alle
sprezzanti angherie dei «signori» del tempo. A loro favo
re costituì la «Società operaia» con un’attiva cooperativa. Il pastore Schirò continuò
con costanza e tenacia la sua
opera di evangelizzazione alla quale diede significato sociale fondando la prima sezione del Psi a Scicli. Sviluppò le caratteristiche sociali ed evangeliche della comunità metodista di Scicli che
ancora oggi restano vive attraverso i servizi propri della
chiesa: il culto domenicale
unito alle attività settimanali,
affiancati da altre di carattere
sociale come la scuola materna, il servizio agli immigrati
di un pasto caldo il martedì,
giorno di mercato, in collaborazione con i rappresentanti della Caritas cittadina.
VENERDÌ 28 MARZO ig.
VENE
Il Consiglio Fcei sulla scuola
Lettera degli evangelici
al ministro Berlinguer
MARCO ROSTAN
IL Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche, riunito per le sue riunioni all’indomani del Convegno sulla scuola, ha preso
atto della buona partecipazione e deO’approfondito dibattito nel quale si sono confrontate diverse opinioni di
insegnanti e membri delle
chiese evangeliche, sia sul
progetto di riforma presentato dal ministro della Pubblica istruzione, sia sulle ipotesi
di migliorare e rendere plurale l’informazione sui fatti
religiosi nella scuola. Oltre
all’ovvia decisione di diffondere all’interno del mondo
protestante i materiali del
convegno, il Consiglio ha deciso di inviare al ministro
una lettera-documento nella
quale siano evidenziati i seguenti punti:
a) la protesta degli evangelici perché nelle commissioni
nominate per elaborare la
riforma e i programmi non è
stato incluso nessun rappresentante del mondo protestante. Cosa grave di per sé e
tanto più se confrontata con
il fatto che sono presenti
esponenti di altre confessioni
(in particolare della Chiesa
cattolica) e con la prospettiva
europea della scuola italiana;
b) la sottolineatura dei limiti culturali di cui soffre la
scuola a causa della sostanziale assenza di conoscenza
delle religioni e dei fatti religiosi e quindi delle correlazioni importanti con gli accadimenti storici e i fenomeni
culturali;
c) la necessità che il ministero si adoperi per colmare
tale grave lacuna culturale,
ponendo mano ai percorsi
formativi degli insegnanti, in
modo che il loro insegnamento possa fare ampio riferimento al contesto religioso
nel quale si sono sviluppati o
dal quale hanno tratto origine
i fatti storici e sono state influenzate le espressioni cul
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CATANIA — Domenica 9 marzo, in occasione della giorni
della donna, il culto è stato curato da un gruppo di sori
della Chiesa valdese e dell’Esercito della Salvezzti. Di qi
sto importante momento due elementi vanno segnalati:
tanto ia particolare cura della liturgia, accompagnata
simboli e movimenti che sono stati apprezzati dall’assei
hlea; in secondo luogo un’osservazione: in questi anni!
nostre chiese hanno spesso condiviso con ambienti estei!
molte battaglie sociali, politiche, per la parità, la giustii
la pace. Raramente è avvenuto il contrario, che cioè é
bienti esterni» venissero da noi per partecipare a un culi
a altre forme di cita comunitaria, come il 9 marzo, qual
abbiamo accolto le donne dell’associazione «Città felli
nei prossimi mesi ci sarà modo di rivedersi e condiviii
altri momenti del genere.
PRAROSTINO — La comunità si rallegra per la nascita dil^
corno, di Graziella e Roberto Pons, avvenuta il 18 febbrai*
• Esprimiamo la nostra fraterna simpatia ai familian
Giovanni Aurelio Bertalot, del quartiere di San Bart*'®
meo, deceduto all’età di 85 anni.
SAN SECONDO — La comunità si rallegra con Antonella e
ro Cardon in occasione del battesimo della piccola Giu®
• L’Evangelo della resurrezione è stato annunciato in od
sione dei funerali di Elvi Bouchard.
MOTTOLA— Il 3 marzo è stato presentato al Signore e alla^ jxìica^ dei
munità Dario Grottola, di Angelo e Marilena. Il pa*“ : secolo: di
Aprile ha rivolto a tutti un incisivo messaggio partendo^
Salmo 127 sull’odierna condizione delle famiglie, sul **
porto genitori-figli e sulla centralità dell’opera di D**
Cristo nella costruzione delle città e case umane.
• Il 5 marzo la comunità ha vissuto la «Giornata mom
ndii
------—----------------- ...- - '^ossalme
di preghiera delle donne» in chiave ecumenica. Nella n inerosi
atw
sono per
rocchia di San Giuseppe si sono trovati evangelici e cai
ci attorno a una liturgia, centrata sulla parabola del sei" appena c
condotta a più voci da sorelle di entrambe le confessioni
• L’8 marzo si è tenuta una conferenza su «La solidan*
delle donne per una società più umana» con interventi
Doriana Giudici, presidente della Fdei. Buona la
zione anche dalle comunità valdesi di Taranto e Lecce e ^
tista di Martina Franca. Anche il sindaco, Diego Ludoiàc
stato presente e ha rivolto un appello alle donne perché
no il loro apporto alla risoluzione dei problemi della cù®’
• Il 9 marzo la sorella Doriana Giudici ci ha condotO'
culto di lode e adorazione predicando su Galati 3, 26-29'
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^ venerdì 28 MARZO 1997
Vita Delle Chiese
Un ricordo di Elena Vigliano, diacona valdese, scomparsa a soli 60 anni
Nel suo cuore cantava la fede
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Elena correva tutto il giorno da una persona all'altra, da un problema all'altro
sempre con quel sorriso negli occhi che mostrava un cuore grande e semplice
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La cosa che sempre mi colpiva di Elena Vigliano erano i suoi occhi, non ricordo
più se striati di verde o di
nocciola, ma splendidi nel viso minuto, illuminati tutti di
un sorriso. Con quel sorriso
in fondo agli occhi, Elena andava incontro a tutti, incontro al suo prossimo, veramente: fosse esso vecchio o giovane, sano o malato, povero o
ricco, bianco o coloured, donna 0 uomo o bambino. Nei
suoi occhi si sprigionava il
suo cuore, ed era grande, era
semplice, il cuore di Elena.
Nel suo cuore cantava la fede,
ed era la fede più pura, quella
che ci raccomanda di essere
come bambini.
Elena correva tutto il giorno da una persona all’altra,
da un problema all’altro, ma
predicava e pregava. Alcune
volte l’ho sentita pregare ad
alta voce per tutti noi, durante il culto. Non ho mai sentito
nessuno pregare come lei, e
quando glielo dissi: «Davvero?», rise con la gioia semplice dei bambini, senza nessun
orgoglio e falsa modestia. E
dovette considerare che era
un altro dono di sé da spendere, un altro servizio da dare, perché lo faceva sempre,
quando glielo chiedevamo o
era necessario.
Ho sempre pensato che gli
evangelici non hanno i santi,
nel senso cattolico, ma se li
avessero in quel senso Elena
sarebbe una santa. Una santa
nel mondo d’oggi, senza macerazioni: come facesse ad essere sempre carina, ben pettinata, ben vestita, con delle civettuole camicette di seta con
il fiocco che le davano un’aria
gradevole, buffa e affettuosa
di gatto, e sempre quel sorriso, quella gioia di vivere in
mezzo a tutte le sofferenze
che incontrava, agli orrori e ai
problemi che si trovava di
fronte, correndo di qua e di là
dal mattino alla sera.
Non ho mai visto tanta gente, la più varia, come al suo
funerale: gente delle chiese,
gente dì ogni colore, gente del
quartiere San Salvario, gente
in assoluto silenzio nella chiesa, salvo che per pregare e
cantare, gente che piangeva a
calde lacrime senza vergognarsi di piangere. Gente che
si abbracciava muta e sgomenta e sembrava dirsi: come
faremo senza di lei?
enoiiea\
Una conferenza di Valdo Spini
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Le chiese fiorentine della
Fcei avevano deciso di accettare il «tema di Graz», proposto dalla Federazione stessa per la Settimana della libertà, e avevano chiesto all'on. Valdo Spini, nella sua
^qualità di presidente della
'’ommissione Difesa della
_ laniera, di trattare un aspetto particolare: «l.a riconciliazione tra le nazioni e la promozione di forme non violente di risoluzione dei conflitti».
Spinilo ha latto, con convinta
efficacia, in una conferenza
pubblica tenuta la sera del 17
febbraio nella sala Est/Ovest
delUProiinda.
«E sicuramente, questo - ha
detto Valdo Spini - un grande
tema di riconciliazione in
ambito cristiano, solo che si
pensi quanto il fattore religioso, nei secoli, più che giocare
un ruolo impeditivo dei confitti, abbia spesso giocato un
ruolo opposto, e cioè un ruolo strumentalizzato al fine di
tendere i conflitti più convineenti per chi era chiamato a
Combatterli, e quindi più e
fon meno aspro». Spini ha
tracciato una rapida panoraftica dei conflitti di questo
secolo: dopo i due mondiali,
la guerra fredda e il bipolarismo delle due grandi potenze
continentali, l’equilibrio del
errore atomico hanno paradossalmente congelato nufterosi conflitti «locali», che
sono però esplosi virulenti
appena cessata la pressione
,ct grandi «gendarmi». E per
Gnu e per la Nato si è posto
problema: intervenire o no?
che forma?
Spini ha dato una lettura
„ P° meno pessimistica del
nsueto di taluni almeno di
«interventi» interna(j0 fra questi ha ricord lo poco note e conside
rate, ma consistenti e apprezzate «missioni di pace» italiane: l’Italia è attualmente impegnata in ben 13 di queste
missioni, dai 1.700 uomini in
Bosnia, al monitoraggio del
referendum del Saharawi,
mentre il nostro Genio ferrovieri ricostruisce la ferrovia
Sarajevo-Serbia e 31 carabinieri italiani disarmati partecipano al corpo internazionale incaricato di monitorare i
recenti e difficili accordi Arafat/Netanyahu per Hebron.
Queste missioni rientrano
nell’obiettivo di fondo che
Spini ritiene sia da perseguire: «Rendere le guerre inutili,
impraticabili, impossibili»,
senza trascurare il contributo
che può venire dagli obiettori
di coscienza «che praticano la
nonviolenza con verità di
cuore»; è in fase di approvazione una legge che prevede
la possibilità di utilizzare
obiettori in missioni umanitarie all’estero, in attività di
difesa nonviolenta: passando,
fra obiettori e Forze armate,
«dalla contrapposizione alla
comprensione». Spini ha concluso con una parola di grande speranza circa l’apporto
che la riconciliazione ecumenica può dare alla società
umana. Forse vede in termini
troppo idealizzati questa «riconciliazione ecumenica»? A
più d’uno proprio questa parte, nei documenti preparatori
dell’Assemblea di Graz appare la più discutibile.
Alla bella conferenza, di
forte afflato e che ha anche
fornito dal vivo tutta una serie
di informazioni importanti di
prima mano, è seguito un po’
di dibattito, moderato dal pastore Piero Bensì. Grazie dunque a Valdo Spini per il suo
contributo e la sua testimonianza, e un augurio per il
servizio che compie in Parlamento e in commissione.
Avevo incontrato Elena il
mercoledì mattina, tornava
dall’ospedale valdese dove
aveva già visitato i malati, e
andava di corsa alla chiesa.
Ma si era fermata cinque minuti con me, a chiacchierare
come due signore che andavano a far spesa al mercato,
con l’attenzione che riservava a ciascuno, perché aveva
un momento per tutti. Ne
avevo subito approfittato per
chiederle una piccola incombenza, che aveva accettato
come sempre, con gli occhi
pieni di sorriso. Il giovedì
notte era morta, con il cuore
schiantato, accasciata sul
marciapiede davanti a casa
sua, dove l’avevano trovata
dei passanti, richiamati dal
disperato guaiolare del cane.
Anche per lui, trovava sempre un momento. Si era spesa
fino in fondo, per tutti.
Dovevo sempre intervistarla come diacona, per il decennio ecumenico di solidarietà delle chiese con le donne. Lei mi diceva «sì, certo»,
con la consueta semplicità
disponibile, ma io non trovavo mai il tempo. Non come
lei, che trovava sempre tempo per tutti.
Chiesa valdese di Torino
Grazie per la solidarietà
La Chiesa valdese di Torino
ha ricevuto decine e decine
di telegrammi e lettere di solidarietà da chiese evangeliche, Unioni femminili, associazioni laiche e civili impegnate nel lavoro sociale. Ricordiamo per tutti l’associazione torinese «Genti e città»
di cui Elena era infaticabile
presidente e la direzione e il
personale dell’Ospedale valdese di Torino. Parole di cordoglio sono giunte anche dal
sindaco Castellani e dall’onorevole Violante, presidente
della Camera. Al funerale,
presieduto dal pastore Plato
ne, erano presenti, oltre al
pastore Sergio Ribet per la
Tavola valdese, la comunità evangelica africana di Torino, una rappresentanza
ufficiale del mondo cattolico con monsignor Peradotto,
l’imam Aboussad di Torino e
i pastori evangelici della città.
Molti di loro hanno collaborato con Elena nel lavoro di
presenza e testimonianza.
Un vuoto enorme ci obbliga a
riprogettare il nostro lavoro
diaconale: lo faremo con speranza sapendo che questo è il
modo migliore di onorare la
sua memoria.
Campi e lavori di ristrutturazione
Adelfia, anno speciale
SALVO COSTANTINO
, ,1^ ON giudicherà all’apparenza, non darà
sentenze stando al sentito dire» (Isaia 11, 3). Questo versetto sembra fatto su misura
per Adelfia. Adelfia è un Centro evangelico valdese sorto a
Scoglitti nel lontano 1948 per
iniziativa della Chiesa valdese di Vittoria {Ragusa), e ha lo
scopo di manifestare il rapporto della predicazione evangelica con la realtà sociale
del mondo.
Adelfia promuove campi
studio, seminari, incontri nazionali e internazionali, si pone al servizio delle chiese evangeliche, della Egei, e di
quei gruppi che agiscono per
la riconciliazione, la pace e la
giustizia fra i popoli. Dal 1948
ad oggi sono trascorsi quasi
cinquant’anni, mezzo secolo
che ha visto passare per Adelfia carovane di giovani, bambini e famiglie. Negli ultimi
anni Adelfia ha attraversato
un periodo non proprio felice, in altre parole è venuta
meno quella palestra di formazione evangelica che in
passato altri giovani avevano
avuto modo di sperimentare.
Ma finalmente è iniziata l’alba di un nuovo giorno, da
una zona nera si è passati
man mano a una zona per così dire grigia, dove il comitato
(uno degli organi principali
del Centro) ha ascoltato, riflettuto, progettato e soprattutto si è rimboccato le maniche. Già l’estate scorsa si sono svolti tre campi con risultati più che soddisfacenti.
Nella prima riunione di
quest’anno il comitato ha
proceduto alla nomina al suo
interno del presidente, il pastore valdese Klaus Langeneek, del vicepresidente Salvo Costantino, della verbalista Laura Testa, e del cassiere
Edoardo Falla. Il resto del comitato è composto da Daniele Falcone, Nino Leone e Virginia Mariani. Inoltre ne fanno parte con voce consultiva
il pastore Bruno Gabrielli, delegato della Tavola valdese, e
il pastore Enrico Trobia, rappresentante della Commissione distrettuale. Il programma di quest’anno inizierà con un campo cadetti
internazionale diretto da
Klaus Langeneck sul tema «11
futuro» con la partecipazione
di un gruppo di ragazzi tedeschi. Subito dopo ci sarà il
campo per bambini su: «Ti
voglio raccontare una favola». Con la parola si può inventare e giocare. Divertente
sarà anche raccontare la storia di Gesù, cosa che si ripromettono di fare durante il
campo il pastore Raffaele
Volpe e il resto dell’équipe.
Chiuderà questa prima sessione un campo giovani, condotto dal pastore Italo Pons.
Ma la novità di quest’anno è
senz’altro il campo teologico
che si terrà nel mese di agosto, condotto dal pastore Salvo Rapisarda sul tema: «Da
Graz al Duemila». Chiuderanno la stagione estiva i campi
autogestiti della durata di
qualche settimana. Quest’anno è anche un anno particolare per Adelfia, infatti dovrebbero avere inizio i lavori
di ristrutturazione del vecchio fabbricato. Grazie a Dio,
alle donazioni ricevute e alla
accortezza di qualcun’altro si
è quasi pronti per dare il fatidico primo colpo di piccone.
Dimenticavo: ad Adelfia c’è
anche il mare, il sole, i tramonti incantevoli, ma soprattutto l’atmosfera magica...
Presto sarà diffuso il programma con le date e le tariffe, per informazioni i numeri
telefonici sono: 0934-921820,
928123 e 095/7833808.
PAG. 9 RIFORMA
Agenda
PALERMO — In occasione del seminario di
studi «L’Italia in Europa: conoscere il protestantesimo», organizzato dal Centro evangelico di cultura Giacomo Bonelli, alle ore
17,30 nella chiesa valdese di via Spezio 43,
Mario Miegge, professore di Filosofia morale
e preside della facoltà di Filosofia all’Università di Ferrara,
parlerà su «Persona, popolo, nazione». Tel. 091-580153.
MONTESPERTOLI — Per il ciclo di conferenze sul tema «Le confessioni cristiane presenti in Europa» organizzato dal Comune in
collaborazione con l’associazione Auser
Verdeargento, alle ore 17,30, nella saletta
Machiavelli in piazza Machiavelli 13, don
Adriano Moro, dei Salesiani di Firenze, parlerà sul tema
«Dalla storia alla vita: il cattolico oggi».
CATANZARO — In preparazione alla II Assemblea ecumenica europea di giugno a
Graz, in Austria, sul tema della Riconciliazione, la Chiesa valdese e l’arcidiocesi cattolica
di Catanzaro promuovono un incontro pubblico ecumenico alle ore 17, nella sala consiliare del municipio in via Jannoni. Intervengono il past.
Paolo Ricca, prof, di Storia alla Facoltà teologica di Roma, e
mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia e presidente del Segretariato per l’ecumenismo della Gei.
ROMA — In occasione deH’assemblea annuale dei soci, la Società biblica in Italia organizza alle ore 18, presso l’aula magna della Facoltà valdese di teologia in via Pietro
Cossa 40, la tavola rotonda «“La parola di
Dio: vita per tutti”, le chiese a confronto con
il documento finale dell’Assemblea mondiale delle Società
bibliche, Canada ottobre 1996». Partecipano don Cesare
Bissoli, coordinatore del Settore apostolico biblico della
Conferenza episcopale italiana, il pastore Stefano Bogliolo, della Chiesa cristiana evangelica di Roma, e il pastore
Domenico Tomasetto, presidente della Fcei; presiede il
prof. Paolo Ricca, presidente della Società biblica in Italia.
Per ulteriori informazioni tei. 06-69941416.
UDINE — In occasione del ciclo di conversazioni bibliche sul libro dell’Esodo proposte dal Circolo culturale evangelico «Guido
Gandolfo», alle ore 18 nella sala della chiesa
evangelica metodista in piazzale D’Annunzio 9, il pastore Claudio H. Martelli parlerà
su «La generazione nel deserto». Tel. 0432-522434.
MESSINA — Alle ore 17,30, nella stila delle attività sociali
della Chiesa valdese, in via Laudamo 16, il pastore Bruno
Gabrielli terrà una conferenza dal titolo «Anno 2000, tempo di conversione», organizzata dal Consiglio di chiesa.
Per ulteriori informazioni telefonare allo 090-40098.
MONTESPERTOLI — Per il ciclo di conferenze sul tema «Le confessioni cristiane presenti
in Europa» organizzato dal Comune in collaborazione con l’associazione Auser Verdeargento, alle ore 17,30 nella saletta Machiavelli
in piazza Machiavelli 13, l’arciprete Petre Coman, parroco della Comunità ortodossa romena di Firenze,
parlerà sul tema «La spiritualità deU’ortodossia»
PAVIA — Nell’aula magna della Camera di Commercio, alle ore 15,30, per il ciclo «Momenti essenziali della storia
delle chiese riformate» proposto daU’Unitrè, il pastore Sai
vatore Ricciardi parlerà su «Il movimento ecumenico».
BARI — Si svolgerà presso il Liceo scientifico
«Scacchi» dalle ore 16 alle 20 il terzo incontro
del corso di aggiornamento per insegnanti
organizzato fra gli altri dalla Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e Lucania sul
tema generale «Emigrare, immigrare, convivere: viaggio verso la multietnicità». All’incontro intitolato
«Viaggio contro... integralismi e fondamentalismi: convivenza» interverranno il pastore battista Massimo Aprile, la
mediatrice culturale senegalese Bintu Lo, la sociolinguista
Patrizia Calefato e il magistrato Nicola Colaianni.
ROMA — Alle ore 16, presso le Suore francescane missionarie di Maria in via Giusti 12, il
gruppo Sae di Roma, per il ciclo su «Gesù
fondamento e meta del cammino ecumenico», promuove un incontro sul tema «In comunione alla sua mensa». Intervengono il
prof. Ermanno Geme, il prof. Giacomo Puglisi e il pastore
Eugenio Rivoir. Per informazioni tei. 06-5374164.
AGAPE — A partire dalla cena di venerdì 18
fino al pranzo della domenica, si svolge un
convegno di animazione teologica sul tema
«Amare la fede». Il costo del campo è di
90.000 lire: è previsto un rimborso per i viaggi. Per le iscrizioni (entro il 7 aprile) e ulteriori informazioni rivolgersi a Francesca Cozzi, corso Mameli 19, 28044 Verbania (tei. 0323-402653).
CULTO EVANGELICO: ogni domenica mattina alle 7,27 sul primo programma radiofonico della Rai, predicazione e notizie dal
mondo evangelico italiano ed estero, appuntamenti e commenti di attualità.
PROTESTANTESIMO; rubrica televisiva di
Raidue a cura della Federazione delle chiese
evangeliche, trasmessa a domeniche alterne
alle 23,40 circa e, in replica, il lunedì della settimana seguente alle ore 9 circa. Domenica
23 marzo (replica 31 marzo) andrà in onda:
«Etica protestante ed etica laica a confronto sui temi della
scienza»; «L’impegno sociale delle chiese; l’ospedale evangelico di Torino»; incontro con; «Protestanti nel mondo»
AVVERTENZA: chi desidera usufruire di questa rubrica
deve inviare i programmi, per lettera o fax, quindici giorni
prima del venerdì di uscita del settimanale.
22
PAG. 10 RIFORMA
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VENERDÌ 28 MARZO 199^
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Famiglia cristiana)
e ü dialogo ecumenico
Fulvio Ferrario
La vicenda è abbastanza nota, avendo avuto una certa
eco nella stampa nazionale, ma la riassumo per comodità
del lettore. Si sa che da tempo la Società San Paolo (quella delle Edizioni Paoline e, appunto, dell’editrice San
Paolo) preoccupa la Conferenza episcopale italiana e il
Vaticano. Anni fa la pubblicazione di alcuni libri (tra cui
un commento di Lutero all’epistola ai Romani) ha fatto
discutere: ma quello che veramente brucia è la linea, ritenuta troppo «liberale» dei periodici paolini.
In particolare è di mira Famiglia cristiana, una delle
riviste più lette d’Italia, per le sue «aperture» (che a molti
appaiono assai misurate, ma a Roma no) in materia di
etica, soprattutto sessuale. Il cardinale Ruini, presidente
della Gei, ha ingaggiato da molto tempo una battaglia
per «normalizzare» i paolini. Siccome non c’è riuscito è
intervenuto il papa stesso, con una lettera dell’11 febbraio (testo in Adista dell’8 marzo, pp. 3-4), il cui contenuto è questo: dato che la linea delle puhhlicazioni paoline suscita «perplessità», il papa nomina un suo commissario, che d’ora in poi impartirà le direttive per quanto riguarda questo settore. Il superiore legittimamente
eletto dall’ordine resta in carica per gli affari interni ma
anche qui, sulle questioni importanti, agirà solo con il
consenso del delegato papale. La lettura del testo è molto
istruttiva: un durissimo intervento autoritario, reso ancora più urtante dal mellifluo linguaggio curiale, il quale
esige che il potente ceffone sia inteso «nel suo autentico
valore, quale segno di affettuosa premura pastorale». Fin
qui il fatto, un episodio, fra i tanti, di ordinaria repressione nella chiesa romana.
Notizie come questa ci raggiungono in ima fase in cui
le nostre chiese sono impegnate a fondo nel dialogo ecumenico con Roma. Gli echi dell’intervento di mons. Chiaretti nel culto del XVII Febbraio a Roma-piazza Cavour
non si sono ancora spenti; in molte città la Settimana di
preghiera per l’unità dei cristiani è ormai un evento di
primaria importanza; a Venezia esiste un Consiglio deUe
chiese cristiane e a Milano si sta per vararlo; aH’orizzonte
c’è Graz, ecc. Insomma, le pioniere e i pionieri dell’ecumenismo in Italia stanno vivendo una stagione benedetta, e penso sia giusto essere contenti con loro, e rendere
omaggio ai loro sforzi, condotti in tempi difficili.
Ora, io sono certissimo che parole come quelle di
mons. Chiaretti in piazza Cavour esprimano una volontà
profonda, una scelta per il dialogo nella libertà, maturata
nella preghiera, non da poche avanguardie ma da ampi e
autorevoli settori del cattolicesimo italiano. Per contro,
sono anche convinto (e le dimostrazioni si moltiplicano
quotidianamente) che lo stUe e il contenuto della lettera
papale ai Paolini siano profondamente radicati nell’essenza stessa del cattolicesimo romano. Non si tratta di
degenerazioni, ma di espressioni «normali» di quel modo
di essere chiesa: espressioni che, da un punto di vista
protestante (ma, vorrei dire, di semplice buon senso),
non è facile ricondurre all’Evangelo di Gesù.
La chiesa che parla per bocca di mons. Chiaretti in
piazza Cavour è la stessa che zittisce rabbiosamente il
suo sommesso dissenso interno? Direi di si, e penso che
dobbiamo considerare autentiche, sincere e meditate
entrambe queste espressioni, di grande portata simbolica, dell’identità romana. Ma come si possono leggere insieme lo «spirito di Graz» nelle relazioni ecumeniche e
quello inquisitoriale nella gestione del potere? Qual è la
rilevanza di una simile concezione autoritaria della
chiesa, quando poi si parla di koinonia, proponendo
agli altri un «ministero di unità», concepito come servizio? Sono domande aperte, a mio avviso importanti, su
cui occorrerebbe discutere con franchezza, anche e proprio in sede interconfessionale.
E-Mail; Riforma @ Alpcom.it
Uri: http://viww.alpcom.it/riforma
Via S. Pio V, 15 -10125 Torino - tei. 011/655278 - fax 011/657542
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Via dei Mille, 1 -10064 Pinerolo-tel,0121/323422-fax 0121/323831
DIRETTORE: Eugenio Bernardini. VICEDIRETTORE PER IL CENTRO-SUD: Anna Maffei, IN REDAZIONE: Alberto Corsani, Marta D'Auria, Emmanuele Paschetto, Jean-Jacques Peyronel, Piervaldo Rostan (coordinatore de L'eco delle valli)
Federica Tourn. COLLABORANO: Luca Benecchi, Alberto Bragaglia, Avernino
Di Croce, Paolo Fabbri, Fulvio Ferrario, Giuseppe Ficara, Giorgio GardioI, Maurizio Girolami, Pasquale lacobino, Milena Martinat, Carmelina Maurizio, Luca Negro, Luisa Nitti, Nicola Pantaleo, Gian Paolo Ricco, Fulvio Rocco, Marco Rostan,
Mirella Scorsonelli, Florence Vinti, Raffaele Volpe.
DIRETTORA RESPONSABILE Al SENSI DI LEGGE: Piera Egidi.
REVISIONE EDITORIALE:Stelio Armand-Hugon; GRAFICA: Pietro Romeo
AMMINISTRAZIONE: Ester Castangia; ABBONAMENTI: Daniela Actis.
STAMPA: La Ghisleriana s.n.c. Mondavi - tei. 0174-42590.
EDITORE: Edizioni Protestanti s.r.l. - via S. Pio V, 15 bis -10125 Torino.
I ctm VBeù dtìht vaM fidati:
mpuàeaaan venduta B^taiwunmte
Tariffe inserzioni pubbiicitarie: a modulo (42,5x40 mm) £ 30.000. Partecipazioni: millimetro/colonna £ 1.800. Economici: a parola £ 1.000.
Riforma è il nuovo titolo della testata La Luce registrata dal Tribunale di Pinerolo con
il n. t76 del t'gennaio t951. Le modifiche sono state registrate il 5 marzo 1993.
Il numero 11 del 21 marzo 1997 è stato consegnato per l'inoltro postale aH'Ufficio
CMP Nord, via Reiss Remoli 44/11 di Torino mercoledì 19 marzo 1997.
Continua il dibattito sulla situazione delle chiese evangeliche in Italia
La distanza tra la mente e il cuore
Ci sentiamo più a nostro agio a informare che a formare, più a fare un bel
sermone che una preghiera. Un eccesso di «mente» fa male al «cuore»
MASSIMO APRILE
INNANZITUTTO esprimo il
mio ringraziamento al professor Giorgio Girardet, perché col suo articolo ci stimola a ripensare l’impegno e la
testimonianza delle nostre
chiese protestanti, in questo
ultimo scorcio di millennio.
Trovo la sua analisi in gran
parte condivisibile. Molto efficace la metafora della «seppia che assume il colore della
sabbia su cui si è posata», per
indicare un certo conformismo prevalente nella vita
odierna delle nostre comunità. Trovo un po’ più difficile entrare nel merito della riflessione senza scendere nel
particolare delle diverse denominazioni. Infatti, benché
le nostre chiese, (mi riferisco
per ora a metodisti, valdesi e
battisti), abbiano armai consolidato un rapporto di fraternità esse non sono uguali
e forse, non è neppure auspicabile che lo diventino. Ci sono sicuramente delle accentuazioni e delle sfumature
che a mio parere vanno colte.
Partiamo dalle cose che mi
sembrano comuni.
Culto di insediamento in una chiesa battista
Il volto e rìmmagine
Giustamente le nostre chiese, dice Girardet, godono di
una buona credibilità. Credo
che questo sia dovuto in larga
parte a una classe dirigente
che in questi anni ha saputo
curare la nostra immagine.
Mi riferisco all’ottimo lavoro
fatto nelle relazioni con lo
stato (Intese), con la società
(ora di religione, etica), alTintelligenza con cui abbiamo
gestito i mezzi di comunicazione di massa (ad esempio
la rubrica televisiva «Protestantesimo»), Qui è stata gran
parte della nostra forza. Un
po’ meno bene è andata coi
«volti». Mi pare che facciamo
maggiore fatica a riconoscere
i problemi, i percorsi, i travagli dei nostri fratelli e sorelle
in fede. Lo slancio verso l’immagine ha fatto sbiadire i volti. Trovo che questo trend sia
preoccupante e che tradisca
una idolatria strisciante, per
la quale abbiamo fatto nostra
la cultura del secolo secondo
la quale ciò che conta è «apparire» più che essere. Per il
momento la situazione non è
drammatica, ma potrebbe diventarlo, se non decidessimo
di orientare buona parte delle
nostre energie verso ciò che
abbiamo trascurato.
La mente e il cuore
Mi pare che un po’ per tutti
noi sia aumentata la distanza
tra la mente e il cuore e che
lo sbilanciamento sia in favore della mente. Qui condivido
le cose che scrive Girardet. Ci
sentiamo più a nostro agio ad
informare che a formare, più
a fare un bel sermone che
una preghiera, più a stendere
una confessione di fede che a
raccontare una bella storia
biblica. Credo che dobbiamo
fare qualcosa per riportare in
un sano rapporto queste due
realtà. Un eccesso di «mente»
produce una reazione del
«cuore» ed entrambi gli estremi mi sembrano problematici. Cosa si può fare a questo
riguardo? E difficile dirlo in
quattro parole. Non credo
che un’apertura «carismatica», come ritengono alcuni,
possa rappresentare una risposta adeguata. Forse la
strada che alcuni pastori
stanno battendo sulla «animazione biblica» è degna di
attenzione. Qui non faccio riferimento a delle tecniche
(sebbene anche queste sono
necessarie) ma ad una filosofia di fondo che è quella di
«ridare la parola al popolo di
Dio». Ricominciare a fare
teologia partendo dalla biografia. Far rinascere la nostra
testimonianza dall’intreccio
tra le nostre storie e quelle
bibliche. Si tratta di un lavoro
difficile che presuppone l’apertura di qualche nostro
scrigno segreto.
Il rapporto tra comunità e
istituzioni diaconali
È difficile aggiungere qualcosa di nuovo a tutto quanto
è già stato detto circa il preoccupante divaricarsi tra
queste realtà. In questa occasione vorrei indicare un aspetto più culturale, forse
meno esplorato. L’impegno
diaconale di questi anni ha
fatto di molti di noi dei bravi
«gestori». Abbiamo affinato la
nostra mentalità manageriale
e le nostre capacità di gestione. Questo va bene. È necessario. Ma quando veniamo
alla chiesa, non si tratta solo
di gestire e governare, si tratta di lasciare lo spazio perché
accada qualcosa. Cerco di
spiegarmi con un’immagine
biblica: nella vita della chiesa
noi non abbiamo costruito
una stanza «vuota», come fece la Sunamita, che aspettava
che fosse Dio stesso a riempirla, di speranza, di vita (II
Re 4, 8ss). Sarà la «paura del
vuoto» o sarà la nostra ostinazione a voler governare
tutto, ma mi pare ci sia poco
spazio per l’attesa, per Taccadimento, per la visita di Dio.
Per quanto riguarda noi
battisti, invece, credo che ci
siano alcuni aspetti specifici
che dobbiamo affrontare.
L'ecclesiologia
Tentenniamo ancora trj
una concezione temperataci
congregazionalismo e nostalgie isolazionista. I nostri
regolamenti parlano chiaro
(nel senso della prima scelta), ma mi pare che nella nostra mente ci sia ancora confusione, o comunque i nostri
comportamenti siano spesso
contraddittori. Dobbiamo
uscire da questa incertezza,
perché questa, alla lunga, è;
logorante. ¡
La decima e le primizie
O lo spirito delle decime o
delle primizie, vanto di una
vera e propria spiritualità di'
molti battisti nel mondo, diviene parte del nostro patrimonio di fede, oppure credo
che saremo presto costretti a
rivedere radicalmente le nostre strategie missionarie. C’c
chi ipotizza una chiesa «leggera» che sia solo una delle
nostre molteplici appartenenze. E con questo si vuole
dire che dobbiamo adeguarci
a vivere con risorse molto limitate. È questa la nostra risposta? Tutto ciò mi pare decisivo per capire dove va la;
macchina!
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Florence '
«Beati i poveri in spirito
Forse per noi si addicono
altre beatitudini, come essere
«facitori di pace», o più raramente «mansueti», ma sicuramente non siamo «poveri
di spirito». Vale a dire spesso
non abbiamo quelTaiteg&i- \Periscr/zi
mento sufficientementeospitale verso gli altri per capi
re, apprezzare ed amare mo
di di essere difformi dal no
stro. Va bene il battesimo del
credenti, va bene la chiesa
coloro che confessano la ff
de, ma quale cittadinanza ol
friamo a chi pur non veleni'
diventare come noi, vorrebi
bero venire a fare un ' ratto
strada con noi? Credo che
sia ancora qualche iricrosta-]
zione di settarismo da rimuovere. Se sapremo aca (tare
nostra «povertà», potrerai
essere più pronti a lasciati
arricchire dagli altri.
GIUSEI
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Le «Nuove Tavole della Legge dell'Onnipotente Libero Mercato)
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Nello sfacelo dell'Albania il futuro dei «Parametri Finanziari»|p™pe«
,01 Cristo è
CLAUDIO CANAL
I parametri dell’Albania erano tutti a posto, un tasso di
crescita tra i più alti d’Europa, un’inflazione controllata
e bassissima. Nonostante ciò,
nonostante il rispetto delle
«Nuove Tavole della Legge» e
il plauso degli osservatori
economici internazionali, oggi l’Albania è in sfacelo. Si era
proprio sbagliato Ismail Kadaré, il grande scrittore albanese che sta a Parigi: «Come
un mattino mite/ l’ansia ormai stemperata, viene la fine
del millennio/ senza apocalissi». Con la fine del millennio, grazie all’Albania, possiamo intravedere squarci di futuro. Perché di questo si tratta. Dopo la caduta del regime
paranoide, regolatore unico e
«virtuoso» della vita degli albanesi, il paese è stato consegnato, mani e piedi, all’onnipotenza del Libero Mercato e
alle virtù teologali. Quelle
esaltate dagli uffici studio
delle banche, delle finanziarie
e dei governi. Lo stato e la politica si sono messi da parte
per lasciare spazio all’azione
risanatrice del Mercato. Così
l’Albania è diventata come un
quartiere di Los Angeles, postmoderna e futuribile.
Invece i commentatori, per
esorcizzare le nostre ansie
sulTawenire, parlano di «ritorno allo stato di natura», di
«arretratezza» e sfoderano i
loro ricordi scolastici citando
Hobbes e THomo homini lupus (Barbara Spinelli, La
Stampa). L’Europa e l’Italia
hanno puntualmente applaudito i fasti del Mercato.
Quando ci sono state le elezioni farsa il sottosegretario
agli Esteri on. Fassino ha dichiarato che l’importante era
sostenere Berisha, garante
della stabilità dell’Albania. Le
regole della democrazia valgono per noi, che siamo evoluti, per gli albanesi non è il
caso. Quando le organizzazioni non governative e i
giornalisti seri, YIndipendent
inglese in testa, denunciavano il governo albanese come
una banda di corrotti e corruttori, venivano guardati come fastidiosi ficcanaso. Lasciamoli lavorare.
Qualsiasi viaggiatore che
girasse per le strade di Tirana
non faceva fatica a vedere per
Lo scrittore Ismail Kadaré
strada gli studi notarili, costituiti da un tavolino e una
macchina per scrivere, dove
avvenivano le transazioni
delle piccole proprietà in
cambio di denaro da investire nelle finanziarie «a piramide», che non sono diverse
dalle finanziarie di tutto il
mondo, titoli del Tesoro, Bot
o Cct: denaro che produce
denaro. Solo che queste promettevano un «di più» che
non potevano mantenere.
Ma le decine di funzionari
del Fondo monetario inter
nazionale, della Banca
diale, delle ambasciate e di ^
consolati, vedevano solol ì,,j- . ‘
ni, le percenmaS ( ?,f;S
quotazioni, le percentuau,
tassi. Come sempre. Gli sfuf .. '
giva l’umanità in carne e ossi ^
che gli stava dietro. litielecad
L’Italia tutto questo lof icriminato
teva vedere, se non fosse sta;
ta presa da altri parameW' liun fatto ri
Cinquant’anni di storia in cd'lo durante i
mune totalmente nel Nord
una letteratura albanese na'lJueiig
in Italia, uno splendido g"|edecisiojir
verno democratico, quello nché non a
vescovo Fan Noli, nel I92j
sostituito d’autorità con ilP'
docile re Zog, un’Albania oj
diventa Italia (legge n. 580 di'
19 aprile 1939), una comun*
guerra di liberazione contro
nazisti, un investimentof
motivo, sentimentale, pol'^
co, dell’Albania verso l’h»!
che ci avrebbè consentito
più straordinaria delle cpj
perazioni. Abbiamo
un neocolonialismo stracc'^
ne, come al solito, e un po
visibile carità. Così atl®*
l’Albania ci addestra a vivo
nel futuro della Globali'O^
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I pastori a «Linea verde»
Le critiche che non aiutano
Caro direttore,
vorrei intervenire sommessamente nel dibattito che si è
aperto a proposito della trasmissione «Linea verde», che
non ho visto personalmente (il 16 febbraio ero in altre faccende affaccendato) ma sulla quale ho ricevuto molti comnrenti positivi e compiaciuti, di apprezzamento per il taglio
equilibrato e sobrio dato alla trasmissione. Non è un caso
che questi commenti li abbia avuti al di fuori delle Valli!
Caletterà di Laura Rivoira mi spinge a ritornare non tanto suU’argomerim della trasmissione (se non erro, c’erano
laide pastori, l’informazione è stata corretta, non c’è stata
«prevaricazione pastorale» sui poveri laici, ecc.) quanto
piuttosto sul tono polemico e quasi astioso che traspare
qualche volta nelle lettere che riguardano l’attività pastorale e i pastori.
Certo, le critiche fanno parte del nostro costume, sono
spesso utili, qualche volta doverose ma, insomma, vanno
anche indirizzate a chi veramente le merita e non ai pochi
(che poi sono tanti) pastori che non conoscono orario, che
magari trascurano la famiglia per rispondere al meglio possibile alle richieste non sempre oculate e generose delle comunità e che, come si dice, «si fanno in quattro». Se mi
permetti una battuta, limiterei il diritto di critica a chi fa almeno altrettanto lavoro della persona che vuole criticare...
Certo, si critica più facilmente chi lavora che chi non lavora 0 lavora poco: è umano, ma è anche sbagliato e poco
corretto. Se tutti i pastori e i laici delle nostre chiese fossero
come quelli oggetto degli strali di Laura Rivoira, ti assicuro
che le nostre chiese sarebbero ben più vive.
Gianni Rostan, moderatore della Tavola valdese - Roma
Unione predicatori locali
Assemblea annuale
Villaggio della gioventù - Santa Severa
12-13 aprile 1997
L’annuale assemblea deH’Unione predicatori locali dedi
rcata aU’aggiornamento teologico e all’esame dell’andamento dell’Unione, si terrà presso il Villaggio della gioventù di Santa Severa il 12 e 13 aprile. I predicatori e le
predicatrici locali, anche quelli non iscritti a ruolo, sono
invitati a non mancare a questo appuntamento importante. Durante l’incontro il past. Bmno Tron parlerà del
Servizio migranti della Fcei.
re spesso
aUepi- ^Per iscnzioni o informazioni rivolgersi a:
MariaCignoni tei.06-5895333 (casa); 06-66941416 (ufficio);
Gigi Di Somma, tei. 081-5863518;
Florence Vinti, tei. 0121-5000765.
ue essere
più rarama sicuI «poveri
ente oper capv
rare mo
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simo dei
chiesa
no la fe
lanza of
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vorrebtratto
i(.) che
n crosta
a rimuo;ì (tare li
mtremi
lasciari
Elena Vigliano
diaconia
in allegria
La diaconia è anche allegria: è quello che mi ha insegnato Elena Vigliano e che,
adesso che lei non c’è più,
voglio sottolineare, mettere
in evidenza. L’impatto col
mondo della diaconia, quando sono entrata a lavorarci a
tempo pieno, è stato molto
forte. Mi sentivo così inadeguata in mezzo a quegli uornini così seri, professionali e
sicuri di sé, mi sembrava che
non sarei mai riuscita a inserirmi: ero troppo diversa.
Poi sono iniziati gli incontri degli operatori diaconali a
Casa Cares e con essi una relazione più stretta con Elena,
che pure conoscevo da sempre ma non in modo approfondito. E ho cominciato a
sentirmi meglio, meno diversa. Anche a lei, più esperta di
me e ormai «accreditata» nel
mondo della diaconia, capitavano degli inconvenienti, anche lei combinava qualche
pasticcio ma soprattutto anche lei amava ridere di sé,
prendersi in giro o trovare il
lato comico delle situazioni.
Ogni occasione era buona per
raccontare un aneddoto, una
barzelletta, per sedersi in
mezzo agli altri e cantare.
Per chi lavora nella diaconia, come per chiunque lavori a contatto con la sofferenza
umana e le problematiche
che la causano, qualche volta
è difficile «staccare», trovare
lo spazio per liberarsi dalla
pesantezza della vita. Ebbene
con Elena era possibile. Io
raccontavo e lei mi ascoltava.
Lei raccontava e io l’ascoltavo. Con Elena era possibile
anche parlare della propria
stanchezza, con tranquillità,
sapendo che l’altra capiva
che di stanchezza si trattava e
non di un modo più o meno
indiretto per aprire una discussione sui massimi sistemi. E poi ci raccontavamo le
cose belle: quelle che ci avevano gratificate, commosse e
quelle che ci avevano fatte ridere o rispetto alle quali avevamo bisogno (soprattutto
io) dell’intervento dell’altra
per sdrammatizzare, per porle nella giusta dimensione.
Con Elena era possibile parlare dei propri sentimenti,
dei propri desideri. Non giudicava mai, cercava veramente di capire, anche quando si trattava di questioni
estranee alla sua esperienza.
A me piaceva incontrarla
all’improvviso, chiamarla
quand’era tutta concentrata
sui suoi pensieri, sulle cose
che stava andando a fare. Girava la testa di scatto, cercava
intorno a sé, con lo sguardo
ancora assorto ma già pieno
di curiosità e, quando ti metteva a fuoco, il suo volto si
trasformava. Il sorriso le scattava prima negli occhi e poi
sulle labbra. Diventava luminosa e io mi sentivo accolta.
Mi mancherà Elena. Mi
mancherà la sua allegria,
questo dono così prezioso,
non tanto perché raro quanto perché troppo sottovalutato nel nostro ambiente,
troppo spesso erroneamente
contrapposto alla serietà.
Elena è una delle donne più
serie e rigorose che io abbia
conosciuto, eppure una delle
più allegre. È forse anche per
questo che ho accolto con
serenità, malgrado la tristezza che mi ha provocato, la fine della sua vita in mezzo a
noi. In fondo, anche quella
rientra nello stile di vita che
Elena si è scelto.
Anita Tron - Torre Pellice
* Il legame
con l'Inghilterra
La notizia della morte tanto inaspettata della nostra
cara amica Elena Vigliano ci
ha lasciato storditi e tristi. Da
7-8 anni Elena ci aiutava
nell’organizzazione di tutti i
progetti di visite fra le nostre
due chiese, non solo per
adulti ma anche per i giovani. Per di più era ella stessa
guida piena d’entusiasmo, di
■ A proposito di due lettere pubblicate sul numero scorso di Riforma
a Bibbia e l'attuale comprensione dell'omosessualità
GIUSEPPE PLATONE
I fronte a tanta durezza
mi chiedo: è ancora posile discutere sul nostro
ibmale, senza invettive e ritti, 0 dolthiamo metterci il
lavaglio? li possibile un criìianesimo al plurale, anche
èticamente, o dobbiamo esj tutti allineati e coperti?
di I" Ptospettiva dell 'Evangelo
jdi Cristo è volta verso la rira l’agape, fané e d ^tia Parola che invi
snlol ^ ®1 cambiamento. I
■nfiiali specie quelli inappel
f'Ii sfili lasciamoli a Dio: ab’ e ossi fiducia che in Cristo
ci accoglie malgrado i li
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durante un Sinodo luterane! Nord della Germania,
ella decisione, come tutte
• decisioni dei nostri Sinodi
ené non avremo l’infallibi
lità, può essere discussa. E
infatti lo è. Ma nessuno può
negare che quel Sinodo abbia
avuto il coraggio di affrontare
un problema reale che non
può essere sempre relegato
nella sfera individuale («sono
fatti tuoi») o interpretato come vizio, perversione, disordine sessuale. C’è anche chi
l’omosessualità se la ritrova
nel Dna.
Il problema di fondo comunque è un altro: come leggiamo la Bibbia. Dal «coniglio
che rumina» (Levitico 11,5) al
«Fermati o sole» (Giosuè 10,
12) al «Tacciansi le donne
nelle assemblee perché non è
permesso loro di parlare» (I
Corinzi 14, 34), per citare solo
i primi esempi che mi vengono in mente, la Bibbia abbonda di riferimenti culturali tipici del tempo, ormai lontano, in cui fu scritta. La lettura
storico-critica dei testi tende
a cogliere il nucleo del messaggio evangelico al di là degli
Rinnovate l’abbonamento a
DII FANCIULLI
Ma dove stanno correndo?
.. a rinnovare l’abbonamento all’Amico!
p E tu, cosa aspetti?
^ Abbonamento per l’anno 1997 lire
28.000 - Estero L. 33.000 Sostenitore L. 35.000 - Una copia L. 3.500
da versare su c.c.p. n. 14603203 invaifj testato a «L’amico dei fanciulli - Tavola
se» - 20159 Milano - via Porro Lambertenghi 28
aspetti culturali. Non crediamo infatti nella Bibbia, ma in
Dio, che ci parla attraverso
un opera collettiva di uomini
e donne figli e figlie del loro
tempo. Questo non vuol dire
relativizzare l’etica evangelica
(personalmente sono per un
rigore etico anche in tema di
sessualità) ma cercare nuove
risposte ai problemi del nostro tempo senza tradire lo
spirito evangelico.
La chiesa non può chiudere
la porta in faccia a nessuno.
Quest’ultima sarebbe la via
larga. La via stretta è cercare,
nella complessità della vita,
di trovare soluzioni che non
interrompano il dialogo, il
rapporto di cura, tentando
sempre e di nuovo di mettere
al centro non la nostra disciplina ma la parola di Dio che
in Cristo ha aperto nuovo
orizzonti. I giudizi, le scomuniche, gli anatemi non costruiscono. Occorre invece allargare la comunione dei credenti e ciascuno risponderà a
Dio del proprio operato. Non
dimentichiamo che Cristo ci
dice: «Non giudicate, affinché
non siate giudicati; perché
con il giudizio con il quale
giudicate, sarete giudicati; e
con la misura con la quale
misurate, sarà misurato a voi»
(Matteo 7, 1). Anch’io amo
una condotta irreprensibile,
cerco la coerenza evangelica
con determinazione ma non
mi sento di essere così esigente nei confronti degli altri.
Guardo soprattutto nel piatto
dove mangio prima di curiosare nel piatto degli altri. Insomma tolleranza e fraternità
non dovrebbero mai mancare
in casa nostra. Una storia di
secoli, fatta soprattutto di lacrime e sangue, ci ha insegnato ad allargare gli spazi,
non a chiuderli. Non dobbiamo avere paura di confrontarci, cercare soluzioni insieme. L’amore caccia via la
paura, la chiesa è del Signore
non è una nostra proprietà
privata.
Il problema dell’omosessualità esiste, non voglio minimizzarlo. Ma se omosessuali credenti chiedono alla
comunità a cui appartengono
di presentare la loro situazione di convivenza in modo palese, chiedendo a Dio di accoglierli, non mi sembra scandaloso. Certo bisognerebbe
parlarne, maturare la cosa,
deciderla insieme. Ma non si
può mettere una situazione
del genere sul piano dei comportamenti criminali o delinquenziali tipo pedofilia o prostituzione o violenza carnale.
A volte si tratta di situazioni
di grande sofferenza ed emarginazione, dove una nostra
apertura può aiutare a vivere
e a convertirsi, come tutti noi
siamo invitati a fare.
gioia e di immaginazione di
tutti i gruppi italiani; spesso
accompagnava anche i gruppi inglesi quando visitavano
le chiese italiane.
Quando, nel 1992, la Tavola valdese aveva nominato
Elena responsabile per i legami con la United Reformed
Church Waldensian Fellowship siamo stati molto contenti, confidando che il futuro sarebbe stato sicuro, e fieri
del fatto che fosse stata scelta
una persona tanto dotata.
Il futuro senza di lei sembra duro e penoso; siamo
certi però che le cose a cui lei
ha dato tanto devono continuare; aspettiamo che membri di molte comunità vorranno prender parte al gruppo che visiterà l’Inghilterra
nel luglio prossimo. Ci sono
molti amici inglesi di Elena
che vogliono accogliere i loro
amici italiani.
Ruth Cowhig
Sale (Inghilterra)
Diversa
collocazione
oraria
(lettera pubblicata con tagli
significativi sul «Corriere della sera»).
Con riferimento a due rubriche di cultura religiosa di
sicuro interesse per tutti. Sorgente di vita e Protestantesimo, le quali da sempre, e con
cadenza quindicinale, vengono trasmesse in ultima serata
(mezzanotte e dintorni), avanzo la proposta, forse di
non difficile attuazione, che
le autorità competenti si premurino di trasferire in orario
più accessibile al grande
pubblico le suddette rubriche. Non sarebbe un modesto, ma importante, segnale
di rispetto, non dirò per le
minoranze, ma per tutti gli
utenti di un servizio di così
vasta incidenza e risonanza a
livello nazionale?
Dato il tipo di richiesta che
qui si prospetta (e per nessun altro motivo, superfluo il
dirlo, se non per questo), mi
sia altresì consentito di dichiarare, contestualmente
alla firma, la mia personale
appartenenza a quella fra le
chiese cristiane che, per motivi di carattere storico, è nel
nostro paese largamente
maggioritaria.
Aldo Granata - Milano
Non cerco
«ghiotte
occasioni»
In riferimento alla lettera di
Beniamino Calvi sulla trasmissione televisiva «Moby
Dick», alla domanda del dr.
Santoro sul perché dell’opposizione protestante alle
immagini, ho risposto: «Come protestante sono erede
della tradizione ebraica, che
presenta il divieto totale di
ogni immagine (...) perché
Dio ci viene molto vicino con
la sua Parola, ma la sua presenza non è mal materializzabile» (dalla videoregistrazione del mio intervento). Riconosco che avrei dovuto
esplicitare il riferimento al
secondo comandamento. Se
non Tho fatto non è per fair
play ma per la concitazione:
non sapevo quando avrei
parlato, presumevo che avrei
avuto un solo intervento, come poi è stato, e mi concen
ITALIA Riforma ABBONAMENT11997 ESTERO
• ordinario £ 105.000 -ordinario £ 145.000
- ridotto £ 85.000 - via aerea £ 190.000
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- cumulativo Riforma + Confronti £ 145.000 {solo Italia)
Per abbonarsi: versare l’importo sul ccp n. 14548101 intestato a Edizioni Pro-
testanti s.r.l., via S. Pio V15 bis, 10125 Torino.
travo mentalmente sul tema
del miracolo.
- Jn generale, nel confronto
con i fratelli e le sorelle cattolici, anche sui temi più spinosi e di fronte alle posizioni
più distanti dalle nostre e a
volte inconciliabili con quella
che a noi appare la lettura
corretta delle Scritture, cerco
sempre di esprimermi con
franchezza, senza reticenze
ma anche senza polemica;
senza silenzi di comodo, ma
anche senza l’ardore di chi
aspetta «ghiotte occasioni»
per i suoi asscilti polemici.
Daniele Garrone - Roma
I pastori
a «Linea verde»
Non so chi sia la signora
Laura Rivoira di Angrogna
che ha scritto la lettera «Partecipazione dei pastori a Linea verde» apparsa sul numero del 21 marzo, ma certamente dimostra di non conoscere i colleghi oggetto
delle sue critiche, i quali sono
guarda caso fra quanti hanno
più a cuore le visite e ogni altro tipo di comunicazione diretta con i membri di chiesa e
che, anche per questo, sono
apprezzati nella loro comunità.
Dispiace dover leggere critiche di questo tipo, tanto generiche quanto imprecise
(dove sono i pastori che non
fanno catechismo o non preparano le monitrici della
scuola domenicale?) nei confronti di persone seriamente
impegnate nel loro compito,
alle quali rivolgo l’espressione del mio apprezzamento e
della mia solidarietà in questo «incidente di percorso».
Franco Davite
Luserna San Giovanni
Errata
Il convegno presso la chiesa metodista di Milano di cui
riferisce Marina Serra sul n. 7
del 21 febbraio è stato organizzato dal 6° circuito delle
chiese valdesi e metodiste.
Personali
Con immensa felicità Nicole, Stefania, Christian Ubschmid Capitanio annunciano la
nascita, il 10 febbraio scorso,
di Ruben Daniele.
RINGRAZIAMENTO
«lo sono la resurrezione
e la vita; chi crede in me,
anche se muore, vivrà»
Giovanni 11,25
La moglie, i figli e i familiari del
caro
Alberto Ghigo
commossi e riconoscenti per la
manifestazione di grande stima e
affetto tributata al loro caro, ringraziano tutti coloro che con presenza, fiori e scritti hanno preso
parte al loro dolore.
Un ringraziamento particolare
al pastore Claudio Tron, alla dottoressa Taraselo, ai vicini di casa
e a Grazia e Toni.
Pian Faetto - Ferrerò
9 marzo 1997
RINGRAZIAMENTO
«Quando ho detto:
Il mio piè vacilla, la tua benignità,
o Eterno, mi ha sostenuto»
Salmo 94, 18
Le famiglie Eynard-Varoli, della
cara
Celina Gaydou ved. Eynard
di anni 94
commosse per la profonda dimostrazione di affetto tributata alla
loro cara, nell’impossibilità di farlo
singolarmente, ringraziano sentitamente tutti coloro che hanno
partecipato al loro grande dolore.
Un particolare ringraziamento
al pastore Gianni Genre, ai responsabili e al personale tutto dell’Asilo valdese di Luserna San
Giovanni.
Torre Pellice, 28 marzo 1997
24
RIFORMA
VENERDÌ 28 MARZO 1997
Bonn: presentato un rapporto degli evangelici e dei cattolici tedeschi
«Per un futuro di solidarietà e di giustizia»
Secondo le chiese tedesche, i problemi sociali sono grossi ma risolvibili
L'economia di mercato necessita di un rinnovamento strutturale e morale
La Conferenza episcopale
tedesca e la Chiesa evangelica in Germania (Ekd) hanno
presentato il 28 febbraio
scorso a Bonn un rapporto
sulla situazione sociale ed
economica del paese. Il testo
comune di cattolici ed evangelici «Per un futuro di solidarietà e giustizia» è frutto di
un lavoro di consultazione di
base durato due anni e vuole
essere un contributo alla discussione attualmente in corso in Germania sui parametri
di una politica economica e
sociale sostenibile. Ne proponiamo una sintesi.
Nel documento comune
dei cattolici e degli evangelici
tedeschi si ritiene che siano
due i cardini di una riforma
del «welfare state»: capacità
di guardare al futuro e pianificazione a lungo termine.
Per le chiese, inoltre, la solidarietà e la giustizia sono i
parametri fondamentali di
una corretta politica sociale
ed economica. «II nostro paese subisce grosse lacerazioni
- si legge nel testo - prima fra
tutte la lacerazione provocata
daUa disoccupazione di massa, ma anche quella sempre
crescente tra povertà e benessere, e quella ancora lungi
dall’essere guarita tra Est e
Ovest. La solidarietà e la giustizia non godono oggi di una
stima incontrastata. All’egoismo individuale corrisponde
la tendenza dei gruppi sociali
ad anteporre gli interessi particolari a quelli del bene comune». Per le chiese si tratta
qui di una grande sfida, poi
Un esempio di esclusione sociale in Germania
ché la solidarietà e la giustizia sono il fulcro di ogni etica
biblica e cristiana.
Le chiese si oppongono a
una indiscriminata economia
di mercato e sottolineano che
lo sviluppo democratico, la
stabilità sociale, la pace interna e la giustizia sociale sarebbero in pericolo se l’economia di mercato si ponesse
al di fuori del contesto sociale. L’economia di mercato
necessita di un rinnovamento strutturale e morale. La
riforma dell’ordine economico deve puntare su una economia di mercato che sia socialmente, ecologicamente e
globalmente compatibile. Il
problema però non è soltanto strutturale; una tale economia di mercato è molto
più impegnativa di quanto
sembra. Le strutture, per essere durature nel tempo, de
vono poter contare su una
corrispondente cultura sociale, ed è in questo campo che
le chiese vedono uno dei loro
principali impegni.
Nella parte etica, il testo
tratta ampiamente la posizione dei poveri, dei deboli e
svantaggiati, così come i valori fondamentali di solidarietà, giustizia, sussidiarietà
e persistenza. Molti i riferimenti alla Bibbia che critica
le situazioni di ingiustizia
sociale. Serve una maggiore
attenzione anche alle famiglie e agli anziani. Le chiese
si rifanno alla concezione
cristiana dell’essere umano,
che lega la libertà alla responsabilità individuale. Per
una giustizia sociale serve la
partecipazione di tutti. Ma
per superare l’attuale situazione di crisi è necessario un
rinnovato consenso di base.
Per ottenerlo serve però una
larga intesa su alcuni concetti: diritti dell’uomo e della
donna, democrazia libera,
economia di mercato ecosociale, opportunità e forme
di solidarietà e responsabilità internazionale.
Anche il sistema tedesco di
sicurezza sdciale, secondo le
chiese, necessita di riforme. 11
compito più urgente della
politica economica e sociale
nei prossimi anni resta però
quello della riduzione della
disoccupazione di massa.
Senza il superamento della
stessa non ci può essere
nemmeno un consolidamento dello stato sociale. L’alto
tasso di disoccupazione porta ad un mancato introito per
l’assicurazione sociale, causando alti costi sopprattutto
nell’ambito della cassa integrazione e della previdenza.
Non è quindi il «welfare state» che costa caro, ma la disoccupazione.
I problemi, secondo le
chiese, sono grossi ma risolvibili. Non ci si deve rassegnare di fronte alla disoccupazione: il prodotto interno
lordo in Germania non è mai
stato alto come ora, ed il
paese dispone di un’agile e
moderna infrastruttura e di
una struttura economica
equilibrata. «Bisogna ora
procedere sul cammino di
un ordine economico basato
sia sui principi della libera
concorrenza che della sicurezza sociale, con particolare
attenzione alla solidarietà e
alla giustizia». (nev)
Approvata mozione parlamentare
A fianco del popolo saharawi
I
L’il marzo scorso è stata
approvata una mozione parlamentare sul popolo saharawl, il cui primo firmatario
era l’on. Domenico Maselli,
uno dei cinque parlamentari
evangelici: «Avevo chiesto a
tutte le forze politiche - ha
dichiarato Maselli - di compiere uno sforzo perché l’Italia potesse far sentire ancora
più forte la propria voce in
favore della pace e di un popolo, quello saharawi, che di
essa ha veramente bisogno, e
questo è avvenuto. Non posso che esserne soddisfatto».
Com’è noto, la situazione
tragica della popolazione
saharawi vede contrapposti il
governo marocchino, che rivendica la sovranità sulle
province sahariane, e il Fronte Polisario sorto alla fine
della dominazione spagnola.
La situazione sembrò sbloccarsi allorché il re Hassan II
accettò la mediazione dell’
Onu e la conseguente decisione di un referendum per
decidere il futuro del paese.
Ma il referendum non si è ancora svolto, non trovando le
parti accordo su chi ahhiaj
diritto di parteciparvi.
«La situazione tragica della
popolazione saharawi - ha
proseguito Maselli - costituì,
sce un rischio per la pace e
potrebbe portare all’ennesi.
mo funesto conflitto armato
in Africa. Le condizioni dei
profughi di quei territori,
ospitati “provvisoriamente"
da vent’anni nel Sahara alge.
rino, diventano ogni giorno
più intollerabili e tali da far
temere un imminente collasso delle popolazioni, in particolare dei bambini e degli anziani. La mozione approvata
è nata dal coinvolgimento,
documentato da ordini dei
giorno votati spesso all’unanimità, di molti Comuni, Province e Regioni d’Italia: tutti
chiedevano l’impegno del governo perché interponessei
suoi buoni uffici per un percorso di pace. Ho la sensazione che entrambe le parti ij
conflitto non possano più fare a meno di questo intervento che deve essere molto sofì,
ma che deve riuscire a sbloccare le trattative».
’S» —y -w- -«Ä
Profughi saharawi in un campo nel deserto
chi
ma
mo
spc
fos:
sol
opi
doi
mo
cor
de}
stri
Nei
co
ver
ver
ahi
è u
la :
dei
Stii
pei
de
cu
rie
rai
cor
del
deli
Il sogno di una casa, di cibo
a sufficienza, di una buona
istruzione, di un lavoro.
Per un bambino del Terzo
Mondo questi sogni si
avverano molto più
difficilmente che per un suo
coetaneo del Primo Mondo.
Per colpa delle guerre, delle
carestie, dell’alterazione del
clima, del sottosviluppo di
questo grande continente.
Per questo le chiese valdesi
e metodiste hanno deciso
di investire una quota deH’8
per mille, a loro
esplicitamente destinato
dai contribuenti, per
sostenere progetti di
cooperazione allo sviluppo
nel Terzo Mondo realizzati
in collaborazione con
organismi ecumenici,
istituzioni locali,
associazioni di volontariato.
^nbini
Tutti i fondi
deil’6 per miiie
destinati aiie
chiese vaidesi 6
metodiste
saranno
investiti
esciusivamente
in progetti
sociaii,
assistenziali,
umanitari e
cuituraii in Italia
e all’estero.
Chiesa evangelica valdese (Unione delle Chiese metodiste e valdesi)
via Firenze 38 - 00184 Roma - tei. 06-4745537; fax 06-4743324
uno
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turi
Iute
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comi
ha Vi
zie,
com¡
la pi
per i
socie
quell