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Anno 114 - N.17
29 aprile 1977 - Li 150
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I Gruppo /70
biblioteca valdesb
100Ó6 TOHBE PEIL ICS
______________________ delle valli valdesi
SETTIMANALE DELLE CHIESE EVANGELICHE VALDESI E METODISTE
UN IMPEGNO CHE DEVE ESSERE AFFRONTATO IN OGNI CHIESA_
Per una teologia che sia gradita
Abbiamo bisogno di un lavoro serio e continuo,
go aperto, di una prospettiva di servizio
di un solido fondamento insieme ad un dialo
In molte chiese evangeliche dei
paesi anglosassoni il pastore, durante il culto, subito orima della predicazione, pronuncia una
breve preghiera usando le parole che concludono il Salmo 19:
« O Signore, possano le parole
della mia bocca e la meditazione
del mio cuore essere gradite al
tuo cospetto ».
E bella questa preghiera, e appropriata. Ecco un uomo che ha
lavorato per preparare una predicazione, si è impegnato in una
meditazione della Parola di Dio
che ha coinvolto tutte le sue capacità; e ora che sta per tradurre questa meditazione in parole
per la comunità, prega che ia
meditazione del suo cuore e le
parole della sua bocca siano gradite a Dio. In altre parole egli
prega perché la sua teologia sia
gradita a Dio.
Cosa è infatti la teologia se
non un meditare e un parlare di
Dio? Teologia letteralmente vuol
dire ragionamento o discorso su
Dio. Quando dunque la chiesa
(non certo solo il pastore) parla
e ragiona di Dio nella sua testimonianza, nella predicazione,
nell’insegnamento, nella ricerca
comune, fa della teologia. E se
la chiesa nel suo insieme chiede
al Signore di gradire la meditazione del suo cuore e le parole
della sua bocca, la chiesa prega
il Signore perché gradisca la sua
teologia.
L’invincibile sospetto
Ma questo accostamento suonerà certo strano a più di un lettore. Che si chieda a Dio di gradire le nostre parole, va benissimo; che gli si chieda di gradire
la meditazione del nostro cuore,
ancora meglio. Ma che si chieda
a Dio di gradire la nostra teologia suona strano: la parola stessa ha per molti di noi un suono
poco familiare, sospetto e perfino negativo, ed evoca qualcosa
di freddo, rispetto al calore della fede, qualcosa di lontano rispetto al semplice messaggio biblico.
Come mai? Se vi è nelle nostre
chiese un invincibile sospetto e
un forte pregiudizio nei confronti della teologia è per ragioni
storiche ben precise. La nostra
comune matrice spirituale, in
quanto evangelici, è il Risveglio
e nella storia del protestantesimo nessuna epoca è stata antiteologica come il Risveglio. Non
a caso: per un lungo periodo infatti la rifiessione e il discorso
su Dio, la teologia, si era in gran
parte sganciata dalla fede, aveva
preteso di camminare per proprio conto, di essere una parola
e una meditazione su Dio che
non aveva da porsi il problema
— e la preghiera — del gradimento da parte di Dio. Ma purtroppo la reazione che ne è derivata è stata in parte inadeguata:
non è stata una critica nei confronti di una cattiva teologia nella ricerca di una teologia più fedele, bensì la pretesa di fare a
meno della teologia. Non vogliamo più teologia — si è detto in
pratica — vogliamo solo la Bibbia!! Come se si potesse le'^^ere
la Bibbia, credere, testimoniare,
predicare, insegnare, senza fare
teologia, senza fare una riflessione e un discorso su Dio!
Se dunque questo .sospetto nei
confronti della teologia è ancora
diffuso o latente nelle nostre
chiese, è bene che lo portiamo
alla luce del sole e che lo superiamo nella consapevolezza che
la fedeltà alla vocazione evangelica che abbiamo ricevuto non
consiste nel « credere senza teologia », ma consiste nel ricercare e chiedere che il nostro parlare e il nostro meditare su Dio
fla nostra teologia) sia gradito
a Dio e cioè secondo il suo volere.
Chiediamoci allora quando possiamo sperare che la nostra teologia sia gradita a Dio e cioè sia
secondo il suo volere.
La serietà
1. In primo luogo quando la
teologia è un lavoro serio, costante e completo, come ogni lavoro
che si rispetti. La preghiera del
salmista parla delle parole della
bocca e della meditazione del
cuore, non parla di una meditazione delle labbra, di un riflettere, e di un parlare, alla lec"jera,
in modo superficiale.
Né il fatto che il salmista parli della meditazione del cuore
deve far pensare che intenda
contrapporre il sentimento alla
ragione! Per gli ebrei il cuore
era il centro dell’essere umano,
per cui solo un impegno completo, comprendente la ragione, il
sentimento e la volontà corrisponde al senso della preghiera del salmista.
La chiesa (e il singolo credente) che ritiene di poter fare a meno di una teologia che abbia
questi requisiti, è una chiesa — o
un credente — il cui parlare di
Dio ben presto diventa banale
piatto, senza alcuna presa. Fra
si fatte, sentite un tempo, ma ora
vuote, luoghi comuni che non di
SUD AFRICA
Le origini puritane
deli'apartheid
La Storia ideologica del Sud Africa è essenziale per comprendere gli
avvenimenti contemporanei
Fra tutte le confessioni cristiane, il Calvinismo è senza dubbio quella che, nel corso dei secoli, ha tentato con più impegno di organizzare la società
temporale e provvisoria in conformità con il disegno di Dio
per gli uomini. Anche il XVI e
poi il XVII secolo hanno messo a dura prova, in Europa, i testimoni di questa confessione, i
quali, a causa della loro fede,
entrarono in conflitto con i costumi e le strutture politiche dei
poteri dominanti.
L’epoca eroica del calvinismo
rivoluzionario
I calvinisti inglesi e olandesi
hanno una storia molto simile.
Essi sono usciti vittoriosi da
lunghe lotte rivoluzionarie che
hanno condotto contro un potere politico e religioso che li
opprimeva. In seguito utilizzarono l’austero dinamismo che
avevano acquisito durante la resistenza per andare alla conquista di mari e continenti; non intendevano affatto lasciare solo
ai portoghesi ed agli spagnoli
gli invitanti benefici delle con
quiste coloniali. Tanto è vero
che i calvinisti inglesi si stabilirono gradualmente nelTAmerica del nord, quelli olandesi si
stabilirono in Asia ed in Sudafrica. Questi ultimi, giovani, sani e vigorosi, attirati dai lavori
agricoli (boeri=contadini), non
svilupparono affatto una cultura
cos’i viva come quella che doveva fiorire fra i loro correligionari abitanti in Olanda o stabilitisi nella nuova Inghilterra.
Il punto centrale della loro
cultura era l’istruzione biblica,
che essi si sforzavano di applicare alla pratica, nel quadro di
una vita familiare, patriarcale e
rurale, essendo la famiglia pressoché l’unico nucleo di una chiesa fortemente decentrata’.
Quando, all’inizio del XIX secolo gli inglesi delle città, successori di quelli che avevano
cacciato i loro fratelli calvinisti,
si stabilirono in Sudafrica, la
ostilità fra loro e i Boeri diventò molto forte. Cacciati a loro
volta, questi ultimi penetrarono
più all’interno del paese, e questo esodo leggendario, il famoso grande « Trek » cioè « viag
rado finiscono per stravolgere il
senso del messaggio evangelico.
Quanto è diverso il timbro della
voce di una chiesa — e di un credente — la cui riflessione teologica non è superficiale, saltuaria e
parziale! La fede deve certo essere pensata; allora il parlare di
Dio può diventare avvincente e
profondo e rispondente ai! ansia
e al desiderio di chi ascolta una
predicazione o una semplice testimonianza.
Certo è lo Spirito del Signore
che parla quando la parola degli
uomini diventa Parola di Dio, e
non la teologia. Ma se noi rinunciamo al compito che ci compe
te, di essere credenti non solo
parlanti ma anche pensanti, allora dobbiamo prenderci la responsabilità di porre seri ostacoli all’opera dello Spirito.
Il criterio
2. In secondo luogo, quando
la teologia è veramente un meditare e un parlare di Dio. O Eterno, mia rocca e mio rendentore,
dice Tinvocazione della preghiera
del salmista. Come possiamo essere sicuri che la nostra teologia
si riferisca e conduca veramente
a Dio e non ai nostri desideri o
alla nostra idea di Dio? Il Cristo è il contenuto della realtà del
Dio rocca e redentore, poiché lui
solo ci permette di conoscere
questa realtà. Se il criterio della
nostra teologia non è più il Cristo, ma è il pensiero della chiesa
nei secoli, o è la struttura della
natura, o il processo della storia
umana, o una particolare concezione del mondo, allora ci illudiamo di fare una teologia gradita
al Dio di Gesù Cristo. Ciò che conosciamo e di cui parliamo non
è più il Dio di cui possiamo dire
mia rocca, mia rendentore.
D’altra parte la nostra teologia
non può non essere aperta al dialogo con gli uomini, i problemi,
la cultura del nostro tempo,
come Cristo è stato aperto nel
suo ministero. Una teologia fon
Franco Giampiccoli
(continua a pag. 8)
_____ALLEANZA RIFORMATA MONDIALE
Un secolo di servizio
gio », verso il 1830, costituì, una
parte della loro mitologia: divennero, a loro volta, il popolo
eletto dell’Esodo, protetto da
Dio attràVerso i pericoli per
conservare pura la fede che li
animava.
Dal Calvinismo
al Puritanesimo
Fondato su una teologia della
salvezza per sola grazia divina,
André Bieler
(continua a pag. 5)
’ I giudizi riguardanti i sudafricani,
formulati dagli stranieri, sono innumerevoli e contraddittori. Per fortuna, un sudafricano, autentico, nato in
una vecchia famiglia di Città del Capo, sta per pubblicare un’appassionante studio sulla evoluzione religiosa di
questo popolo, e sulla tradizione puritana, democratica, e all’occasione rivoluzionaria su cui posa, a dispetto dei
drammatici tradimenti subiti, la sua
storia. Noi riassumiamo e commentiamo qui queste tesi. (Confronta
c.f.W.A. De Clerk: «The Puritans in
Africa. A story of Afrikanerdom ».
London (Rex Collings) 1975, 376 pp.).
Sono stati resi noti recentemente i risultati della elezione
del nuovo comitato dell’Alleanza Riformata Mondiale. Per la
prima volta nella sua lunga storia il comitato esecutivo della
ARM non è stato nominato da
una assemblea generale, ma per
corrispondenza da parte degli
esecutivi delle chiese che compongono TARM.
Come è infatti noto anche ai
nostri lettori, il precedente comitato esecutivo aveva deciso,
essenzialmente per motivi di
economia finanziaria, di non
convocare un’assemblea generale e di sostituirla invece con un
colloquio allargato. L’Assemblea, secondo lo statuto del- •
FARM si dovrebbe tenere, di
norma, ogni cinque anni, ma vi
è una certa elasticità in queste
convocazioni. Il colloquio sostitutivo avrà luogo in Gran Bretagna, a Sant Andrews dal 22
al 28 agosto prossimi.
Il programma è molto vasto
e prevede, in mattinata, uno studio biblico con discussione plenaria e quindi la formazione di
gruppi di lavoro per studiare i
seguenti temi: La Parola fatta
carne - gloria di Dio in Gesù
Cristo ; La Chiesa - gloria di Dio
nel suo popolo; La creazione gloria di Dio nel mondo. Il tema dell’intero colloquio è infatti: Gloria di Dio e avvenire dell’uomo.
I pomeriggi saranno dedicati
a seminari sui seguenti temi:
Culto e testimonianza alla Parola oggi; Chiesa e comunità;
Dialogo interconfessionale; Teologia e diritti dell’uomo; Culto,
canto e celebrazione.
Due serate prevedono una tavola rotonda su « essere riformati e ecumenici » e una discussione su « Chiese minoritarie qualche situazione particolare».
II tema stesso di ima di queste serate indica abbastanza
chiaramente la problematica che
deve affrontare FARM, posta
tra le chiese ed il Consiglio Ecumenico. L’ARM sorse nel 1875,
allorché in maniera inufflciale i
rappresentanti di 21 chiese europee e nord-americane decisero la creazione di uh organismo
di collegamento e di informazione tra tutte le chiese di matrice riformata. (Ricordiamo,
per inciso, che con il termine
« riformato » non si intendono
tutte le chiese che hanno la loro origine nella Riforma del XVI
secolo, ma il gruppo di chiese
che maggiormente ha sentito
l’influenza della riforma calvinista, quelle che affermano di considerare la chiesa bisognosa di
costante riforma, cioè di costante ricerca di fedeltà àlFEvangelo, quello che si intende con la
frase latina famosa ’ecclesia reformata semper reformanda’).
Attualmente fanno parte dell’ARM 143 chiese, presenti in
80 nazioni, così distribuite: Africa 33, America, Latina 11, America settentrionale e Antille
16, Asia 41, Oceania 6 e Europa
36. In tutto si calcola che raggruppi circa 60 milioni di credenti.
L’ARM si propone di essere
una famiglia di chiese, piuttosto che una organizzazione a
strutture rigide vincolanti confessionalmente tutti i membri.
Il criterio di ammissione previsto dalla costituzione prevede
un accordo generale con le confessioni storiche della Riforma
« considerando che la tradizione riformata è un modo di vedere biblico, evangelico e dottrinale piuttosto che una definizione stretta ed esclusiva della
fede e della organizzazione».
È chiaro che, soprattutto dopo la confluenza delFARM col
Consiglio Congregazionalista Internazionale avvenuta nel 1968,
di questa famiglia di Chiese
fanno parte membri dalle caratteristiche abbastanza marcatamente diverse le une dalle altre; intanto vi sono Chiese maggiormente legate alla Confessione di fede classica della Riforma, ve ne sono altre che mantengono con questa un legame
molto più tenue, vi sono Chiese con organizzazione episcopale mentre altre sono molto più
simili a una federazione o unione di chiese.
In tutte queste diversità si
vuole mantenere una grande apertura nei confronti delle altre
famiglie di Chiese e del Consiglio Ecumenico, oltre che uno
spirito di servizio, per la chiarificazione delle posizioni di fede tipiche delle Chiese rappresentate, proprio sulla base della affermazione centrale « ecclesia reformata semper reformanda ». br.
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29 aprile 1977
IL CONVITTO LIBERANTE DI F. GIRARDET
PRIMAVERA DI SANGUE
va bene Un radiodramma sui vaidesi
se non è istituto
Dobbiamo essere riconoscenti
a Franco Girardet di aver scritto
e pubblicato un breve saggio nel
quale è stata fissata a riassunta
la lunga esperienza pedagogica
fatta dal 1951 al 1974, periodo nel
quale egli è stato alla direzione
del Convitto di Torre Pellice=.
Sarebbe stato un vero peccato
se anche questa volta, come è
avvenuto spesso nel passato,
un’esperienza assai caratteristica
fosse andata perduta.
Lo scritto di Girardet, di facile
ed avvincente lettura, non è facilmente classificabile, ma forse
proprio in questo fatto è uno
dei suoi pregi. Non è un « saggio » di pedagogia nel senso classico della parola, non è un racconto, non è la « storia » del Convitto, ma questi vari aspetti sono presenti ed unificati felicemente nel libro stesso, così che
ci imbattiamo in una ricchezza
di riflessioni e di suggerimenti
sui più vari problemi di pedagogia, ma queste stesse riflessioni
ci sono spesso offerte con «racconti » di avvenimenti realmente
successi nella vita del Convitto.
Questo scritto interesserà certamente non soltanto tutti quelli che per una ragione o per l’altra sono stati in contatto col
convitto e con la sua vita, ma
certampte anche tutti coloro
che si interessano o si occupano
di problemi pedagogici e non
penso solo ad insegnanti e operatori sociali, ma anche a tutti i
genitori che troveranno in ouvsto libro una miniera di suggerimenti su una quantità di problemi che ad essi si pongono
giorno per giorno: come esercitare in modo giusto l’autorità?
Ma ci deve essere una autorità
nella educazione dei ragazzi? Come impostare il problema dei denari con i ragazzi? Si deve dare
loro una autonomia nelle loro
spese e quale? Debbono i ragazzi
sapere quanti denari guadagnano i genitori e come si imposta d
bilancio familiare? Cosa vuol dire curare una igiene mentale? Come affrontare i problemi del
sesso? Ecco solo alcune fra le
questioni che nel libro sono trattate in una prospettiva particolare: quella di una comunità ampia di ragazzi in un convitto, ma
quanti spunti validi anche per
dei problemi familiari!
Penso che il libro susciterà
non poche discussioni e forse anche polemiche per la difesa, direi quasi appassionata, che vi si
legge sulle comunità di ragazzi
piuttosto numerose. Si sa che oggi si tende in generale alla costituzione di piccoli gruppi o addirittura alla eliminazione di qualsiasi forma di « Istituto » piccolo o grande sostituendola con
forme di « affidamento familiare », « adozioni » e altre soluzioni
del genere. Girardet, sia pure di
passata, critica queste soluzioni
e sottolinea le possibilità positive (anche se ben raramente attuate) delle comunità di ragazzi
anche piuttosto numerose.
Infine mi pare estremamente
interessante e degno di una riflessione approfondita, quanto
Girardet scrive sul concetto di
educazione socializzante e sui
tentativi fatti in Convitto per attuare una educazione di questo
tipo. Mi pare che il problema
possa essere allargato ed interessare molto da vicino l’educazione nelle nostre famiglie évangeliche.
Franco Sonunanì
^ Franco Girardet, Il Convitto Liberante - La ventennale esperienza del
Convitto Valdese di Torre Pellice.
Guaraldi editore, pp. 121, L. 3.500.
. Giovedì 21 aprile, sul terzo
programma, nella rubrica « Occhio sulla storia», è stato dedicato circa un quarto d’ora alla
dolorosa pagina della Primavera
di sangue o Pasque Piemontesi
del 1655 (autore Vittorio Messori, regista Ernesto Cortese).
L’eccidio ben noto nella storia valdese, e legato tristemente
al nome del marchese di Pianezza, è stato presentato fedelmente ed efficacemente, con ci
tazione di documenti autentici,
di brani di lettere ecc., e si è
concluso con la condanna di questa pagina di storia della repressione in nome della Chiesa.
È la prima volta, se non andiamo errati, che la radio italiana dedica un piccolo spazio
esclusivamente alla storia valdese, e ce ne compiacciamo con
i responsabili, in particolare con
l’autore e col regista.
H.
Dalle chiese
TORINO
Il libro di G. Tourn, « I valdesi, la singolare vicenda di un popolo-chiesa », sarà al centro di
una « domenica comunitaria »
che avrà luogo il 1° maggio a
Corso Oddone. Il programma
prevede il culto con S. Cena,
l’àgape e alle ore 14,30 la presentazione del libro a cura del past.
Luigi Santini. Le domeniche comunitarie organizzate a C.so Oddone sono soprattutto intese come occasioni di incontro con le
famiglie della diaspora; per facilitare la partecipazione delle
famiglie, nel pomeriggio viene
organizzata la proiezione di un
film per bambini e ragazzi.
• Continua a riunirsi presso
la chiesa battista (via Bertela 63)
ogni giovedì sera il gruppo FGEI.
In maggio sarà trattato il problema dell’etica con particolare
riferimento al pensiero e all’opera di Calvino. Domenica 29 maggio convegno FGEI: consuntivo
del lavoro e prospettive per il futuro.
• Il gruppo cadetti ha portata a termine la ricerca sulla fa
LIBRI/RECENSIONI
Rassegna di temi attuali
Di Mondadori (Collana aperta
per i giovani di oggi).
Giorgio Bocca, LTtalia fascista. Lire
1.600.
Ottima scorribanda degli anni 19191943 : dopo la grande guerra la borghesia italiana si sveglia impaurita davanti a un proletariato che avanza.
Forte di questa paura Mussolini riesce
nel ’22 a raggiungere il potere. Il libro analizza lo squadrismo, la dittatura, il concordato, il duciamo, l’antifascismo, l’autarchia, il razzismo, lo statalismo, ecc., fino al momento in cui,
il 25 luglio, il re dice a Mussolini :
« c am fosa s’ piasi » e gli comunica di
affidare ad un altro il governo. L’analisi è lucida, non è solo un documentario, ma una interpretazione storica
che vuole inquadrare il fenomeno.
■
Mario Mafpi, Le origini della sinistra extraparlamentare, L. 2.000.
Mario Maffi analizza le posizioni di
anarchici, comunisti di « sinistra », rivoluzionari ed altre correnti di vario
tipo che da un secolo a questa parte
fiancheggiano il marxismo ortodosso,
dissentendo con certi suoi sistemi, pur
condividendone l’idea. Lenin aveva
definito questa sinistra della sinistra
« la malattia infantile del comunismo ». Malattia non pericolosa, come
lo sono invece l’opportunismo, il riformismo, l’impazienza rivoluzionaria e
altri mali più senili che intaccano
l'organismo comunista. Seguendo il
filo rosso di questa tradizione estremista, facendone la storia e documentandone i lati positivi e negativi, il giovane autore che attualmente si occupa
del movimento operaio americano e di
letteratura radicale, raggiunge la contestazione attuale a partire dal maggio
francese, e dimostra che Textraparlamentarismo non è esploso dal nulla,
come a volte si crede, ma nasce da una
matrice ben precisa.
la
Fraìvce e Walter Scott. L’esplorazione dei mari, L. 1.800.
Dal giorno in cui il primo homo
sapiens scoprì che mettendosi su un
legno poteva essere trasportato sul mare e inventava la barca, fino al giorno
in cui una nave carica di missili getta
Tancora al largo di una terra, il mare
ha tutta una sua storia. Storia di pe
sca e di guerre, storia di scoperte e di
imbarcazioni, storia di petrolio e di
tante ricchezze. Il mare inoltre ha un
futuro estremamente promettente ora
che la tecnologia ha scoperto l’altra
sua dimensione, quella della profondità
o addirittura quella del sottofondo
Gabriella Parca, L’avventurosa storia del femminismo, L. 2.000.
«Se un marziano volesse farsi
un’idea del nostro paese guardando
l’attualità televisiva, penserebbe che
da noi esistano solo esseri di sesso
maschile : sono loro infatti che parlano di politica e di economia, di cultura e di religione, di guerra e di pace.
Poi c’è qualche bella ragazza che annuncia sorridendo i programmi e,
sempre sorridendo, dice ’’buonanotte”.
La realtà non è molto diversa ».
Così comincia questa storia che è pure una geografia della grande rivoluzione femminile che da 2 secoli ormai percorre la terra. Gabriella Parca, giornalista e scrittrice per i ragazzi, si dedica ora in particolare alla questione
femminile e conduce qui un discorso
molto serio, rigoroso, documentato. Essa fa risalire le prime avvisaglie di
femminismo al 1600, nella protesta
alla caccia delle streghe e nella proposta di una M.lle De Gournay che chiede nei 1622, l’ammissione delle donne
allo studio delle lettere e delle scienze,
alla politica e al sacerdozio!
Naturalmente l’illuminismo ha dato forte impulso a queste aspirazioni
che presero però consistenza durante
rSOO in America dove le donne iniziarono la loro lunga lotta per l’emancipazione insieme alla gente di colore e
più tardi in Inghilterra dove si batterono ardenti le suffragette, che ottennero ¡1 voto, dopo aspre battaglie, tra
il 1917 e il 1928. In America le donne lo avevano già dal 1920, precedute
dalla Nuova Zelanda (1893), dall’Australia (1895-1902), dalla Finlandia,
Norvegia e Danimarca (1906) e dalla
Svezia (1919).
In Italia tutto cominciò molto più
tardi: nel 1861, il ministro dell’interno, on. Marco Minghetti, precisava
che « né le donne né gli interdetti di
mente » potevano essere eletti o eleggibili... Fu l’industria, specie Findustria
tessile, che alla fine dell* ’800, nel
Nord dell’Italia utilizzò tanta mano
dopera femminile a promuovere l’uguaglianza giuridica e politica della donna che cominciò a scioperare per i salari, l’orario di lavoro e altre rivendicazioni.
Nel 1908 le battagliere femministe
italiane ebbero il loro primo congresso
e nel 1910 Filippo Turati presentava
alla Camera un emendamento di legge chiedendo il voto anche per le donne. Giolitti non era d’accordo e la cosa andò a tacere. Scoppiata la guerra,
la tormentata questione s’impantanò. Il fascismo aveva della donna un concetto tutt’altro che progressista : avere tanti figli era la maggiore benemerenza. Quanto al voto
Mussolini lo promise e lo concesse alla
fine del 1925, ma ahimè contemporaneamente fu abolito ogni genere di
elezioni! Le lotte clandestine, le organizzazioni partìgiane e gli atti di sabotaggio videro, durante la seconda
guerra, le donne accanto agli uomini.
Vi furono: 75.000 appartenenti ai
gruppi di difesa, 35.000 parligiane,
7.936 tra arrestate, torturate, uccise e
deportate, 15 decorate di medaglia
d’oro. Il 1® febbraio 1945 (mentre nel
Nord infuriava ancora la guerra) su
proposta di Togliatti e De Gasperi, una
legge luogotenenziale riconosceva alle
donne italiane il diritto di voto.
Dopo questo femminismo « antico »
che si era battuto soprattutto per il
suffragio, il libro passa a considerare
il neofemminismo che conosciamo più
da vicino
Esplose in America negli anni 60 e
si chiamò movimento di liberazione
della donna. In esso si delineano tre
tendenze : quella marxista più politicizzata che parla di lotta dì classe e dì
sfruttamento della donna; quella psicanalistica che parla soprattutto di
oppressione sessuale a cui la donna è
sottoposta in questa società maschile;
la terza, la più diffusa che sì rifà, tra
altri a Sìmone de Beauvoir, sì occupa
di obiettivi più immediati: contraccezione, depenalizzazione dell’aborto, interscambio di compiti maschili e femminili, creazione di « nidi » e asili antiautoritari, ecc.
Queste sono pressappoco anche le tendenze nostrane che si esprimono nei
vari movimenti MLD (movimento liberazione donne) FILF (Fronte italiano
liberazione femminile). Rivolta femminile, l’Anabasi di Milano, le Nemesiache di Napoli e vari collettivi femministi.
a cura di Berta Suhilia
miglia (nel recente convegno a
Viering ha confrontato i risultati
con il gruppo di Aosta che ha
studiato lo stesso argomento). Il
ciclo si conclude venerdì 6 maggio ore 21 in Corso Oddone con
una riunione speciale: il nuovo
diritto di famiglia sarà presentato da un esperto. L'invito è
esteso alla comunità.
A partire dal 7 maggio le riunioni si sposteranno da C.so Oddone a via Pio V, sempre alle
17,30. In questa riunione si definirà il programma per Tultima
parte dell'anno.
___________________FIRENZE
Organizzato dal Centro di Solidarietà si è svolto un campo di
lavoro e di incontro a Reggello,
nel periodo dal 7 aU’ll aprile ed
al quale ha preso parte un gruppo numeroso di giovani fiorentini, svizzeri e inglesi.
Tutti hanno lavorato con entusiasmo per riparare un tratto
di strada, ripulire la cappella, e
naturalmente anche preparare i
pasti!
Il tempo inclemente non ha
raffreddato l’entusiasmo dei partecipanti, i quali hanno condotto
in porto il compito che si erano
prefissati.
Nella cappella rinnovata è stato poi celebrato il culto di Pasqua, presieduto dal pastore Sonelli ed è stata collocata nel vecchio tempio una vecchia bibbia,
dono di una sorella di chiesa;
sulla prima pagina i partecipanti
hanno scritto il loro nome, a ricordo di questo servizio reso.
Un incontro con alcuni visitatori ha ancora approfondito il
senso della comunione fraterna,
intorno ad un falò nella cc muntone del canto e della preghiera,
con la quale si è terminato questo primo campo.
___________________TRIESTE
• Domenica 8 maggio, a partire dalle 16,30, si svolgerà nei locali della chiesa un «pomeriggio di solidarietà ».
• L’ultimo concerto — tenutosi
in chiesa il 28 di questo mese —
del Trio Veneziano sarà ritrasmesso dalla TV di Capodistria.
a colloquio
con i lettori
L’aurora
di un nuovo giorno
Un nostro lettore, e mio caro amico,
mi ha scritto una lettera molto cordiale ma anche di ammonimento, con la
quale mi accusa di « non avermi saputo sottrarre alla ventata di autentica
follia che sta squassando anche la chiesa valdese, quella metodista e l’evangelismo in genere, facendomi (scrive lui)
paladino dei Cristiani per il Socialismo,
dei Cattolici del dissenso, ecc. ecc. ».
Desidero rispondergli mediante « La
Luce » :
Caro amico e fratello, quella « ventata » che tu definisci come una « autentica follia », non potrebbe essere invece un’azione dello Spirito di Dio il
quale — come diceva Gesù — « soffia
dove vuole »? Ed anche se le istituzioni ecclesiastiche vengono « squassate »
da tale azione, che male c’è? Sarebbe
piuttosto un bene! L’importante è che
la verità e l’amore dì Gesù divengano
operanti attraverso gli impegni di vita dei cristiani. Quando si parla di
combattere la cultura cattolica, non si
vuole affatto « aizzare gli uni contro
gli altri » — come tu mi scrivi — bensì
di mettersi seriamente al servizio di
Gesù e di ubbidire alla sua parola, perché egli Gesù « apra gli occhi ai ciechi
e liberi gli oppressi » (Luca 4 : 16-19).
Naturalmente ognuno, io compreso,
deve fare — come mi scrivi — « un
personale esame di coscienza ».. .Ed è
appunto perché io e altri abbiamo fatto un esame della nostra coscienza ed
anche della nostra fede, che abbiamo
sentito il bisogno di metterci dalla
parte di chi soffre a causa delle troppe iniquità che hanno inquinato l’attuale generazione! Non ha forse detto Gesù: « Tutte le volte che avete soccorso i .miseri, lo avete fatto a me»?
(Matteo 25: 40).
Caro amico, anch’io, insieme a te,
aspetto l’aurora di un nuovo giorno!
Noi aspettiamo — come scriveva l’apostolo Pietro — « Nuovi cieli e nuova
terra dove tutto sarà secondo la volontà di Dio » (II Pietro 3: 13)! E la
volontà di Dio consiste nel credere in
Cristo Gesù. Ma credere in Cristo non
vuol dire ripetere : « Signore, Signore »! La fede cristiana non significa
religiosità liturgica, ritualistìca, cerimoniale e simili cose; e non ha bisono di templi, di riti, di dogmi, di prelati!
Gesù ha demolito il tempio ed ha
inaugurato una nuova « Vita »! Una
vita (non una religione!) nuova che ha
per fondamento un solo comandamento : « Amatevi gli uni gli altri » (Giovanni 15: 17) . Il resto è tutta ipocrisia!
Ti saluta il tuo
G. Anziani
■A" Hanno collaborato: A. Armand-Hugon, Franco Davite,
Dino Gardiol, Giuseppe Mistretta, Luigi Marchetti, Bruno Rostagno, Alberto Taccia,
Cipriano Tourn, Giorgio
Tourn.
Il Moderatore in USA
Il Moderatore Aldo Sbaffi, accompagnato dalla Signora, è in
visita negli Stati Uniti dove si
tratterrà per 6 settimane.
Questa visita, che la American Waldensian Aid Society organizza ogni due anni, è preparata « all’americana » : un mosaico di incontri, predicazioni, conferenze e spostamenti che utilizza ogni ora (e ogni riserva di
energia!) del visitatore. Mi capitò di vedere un pezzetto di
uno di questi mosaici l’anno che
studiai a Princeton: seguii l’allora Moderatore Achille Deodato in una giornata che comprendeva un incontro con gli studenti
del Princeton Seminary, un pranzo e un «open party» (un ricevimento « aperto » in cui per
tutto il pomeriggio l’ospite è
fisso, e parla in continuazione,
mentre il pubblico va e viene in
Personalia
Ci rallei^riamo con Mirella
Abate e Gimther Leibbrand per
la nascita di Miriam Paola avvenuta a Stuttgart il 30 marzo.
una continua rotazione).
La «News Letter» (organo di
collegamento tra i soci dell’AWAS) da.ndo il benvenuto agli
ospiti precisa che « al Moderatore e alla Sig.ra Sbaffi sarà richiesto di coprire più territorio e in
minor tempo di quanto abbiano
fatto i loro predecessori » !
Il piano di visite prevede una
prima parte nel New Jersey e
Pennsylvania che culminerà il
2 maggio con la riunione annuale dell’AWAS alla Fifth Avenue
Presbyterian Church di New
York. Una seconda parte del
viaggio porterà i due ospiti da
Washington D.C. attraverso gli
stati del Nord Carolina (Valdese), Texas, Missouri, Kansas e
Illinois. Di qui si trasferiranno
in Canada per una visita di 10
giorni, visitando anche chiese
di lingua italiana, tornando poi
nell’area di Boston.
Una visita quindi quanto mai
impegnativa e logorante. Mentre seguiamo il Moderatore col
pensiero e attendiamo sue notizie e impressioni di viaggio,
chiediamo al Signore di sostenerlo nella sua fatica.
F. G.
3
29 aprile 1977
FEDE E CULTURA
Capire cattolicesimo e marxismo
Su « Il Giorno » del 14 aprile
G. Zizola (uno dei pochi giornalisti italiani che sanno scrivere di problemi « religiosi » con
conoscenza di causa) riferisce
sull’incontro di Zaffarana tra
teologi cattolici e cultori di studi marxisti per discutere su « La
formazione della norma morale
nella riflessione teologica e nella ricerca marxista contemporanea ».
Ci siamo permesse alcune brevi osservazioni:
La prima si è che tra teologia
cattolica e cultura marxista si
parla di, e si dà luogo a un confronto e non ad una polemica;
confronto che, da quanto si può
capire è concepito come costruttivo. Effetti dell’aria di compromesso storico che soffia sull’orizzonte italiano? Forse non solo questo, se si considera come
da parte marxista si sia sottolineata la esigenza di un « risveglio etico » valido per tutti, cristiani o marxisti che siano.
La seconda si è che la conclusione cui arriva la relazione del
relatore cattolico è che « Cristo
è la vera e unica fondazione della persona e della sua norma ».
Alla quale formulazione mi pa■ re difficile non debba consentire
anche un cristiano non cattolico.
Quali conclusioni trarre da
queste due osservazioni? Potremmo intanto tentare di capire come la « cultura cattolica »
che correttamente vogliamo rifiutare e combattere è cosa molto più complessa di quanto talvolta sembriamo credere. Al
buon esito delle nostre iniziative farebbe certo bene, da un lato il rinunciare ad una « lotta »
il ’’GESÙ’ DI NAZARETH” DI ZEFFIRELLI
i è concluso il ciclo
del Vangelo a «puntate»
Arresto, processo, morte e risurrezione di Gesù: siamo giunti
all’ultimo "episodio” (o "puntata"!) del film di Zeffirelli. Gli evangeli ridotti a episodi, a spettacolo, anche se nel complesso
dignitoso. Come non pensare all’affermazione di Paolo: « La fede
viene dall’udire... » (Rom. 10: 17)?
Dall’udire, non dal vedere: questo è stato vero durante tutto il
ministero di Gesù, e anche quand’è risorto. Si pensi a Maria presso la tomba, ai discepoli di Emmaiis, ai discepoli che pescano
nel lago: non sono i suoi tratti, è
la sua parola a scatenare in loro
la fede gioiosa, spazzando ogni
obiezione, dubbio, incredulità.
Sta qui la radice dell’impossibilità insormontabile di trasferire
la testimonianza evangelica in
immagini, e dell’insoddisfazione profonda e totale con cui si
assiste a film che tentano l’impossibile (ciò malgrado, conservo del « Vangelo secondo Matteo » di Pasolini un’impressione
di messaggio più stringato e robusto, più unitario).
Il Getsemani: questo momento segreto e terribile, cui gli stessi evangeli non riescono che ad
accennare stentatamente, ridotto a una dimensione puramente
umana, senza che aliti il senso
vero dell’« ora delle tenebre », risolto in esteriorità con Gesù che
appare con una maschera stravolta e gemente. Continua fino
alla fine la distorsione dell’atteggiamento di Giuda, già evidenziata qui la scorsa settimana.
Storicamente insostenibile in base alle fonti, questa interpretazione riduce la figura forse di
maggior rilievo del gruppo dei
discepoli a uno sciocco menato
per il naso; nemmeno il suicidio
riesce a dare dimensione tragica
a colui nel quale pure è stata
vissuta in modo lacerante la contraddizione dell’uomo davanti
alla croce di Cristo: nemmeno
Giovanni lo sminuisce così!
Più efficaci le scene del "processo”: la volontà e le ragioni
del Sinedrio, le contraddizioni
di Pilato sono apparse con vivezza e con sostanziale aderenza alle testimonianze apostoliche. Ma
Gesù... Non vogliamo infierire su
attore e regista, ma gli occhi allucinati e una voce trasognata
non suppliscono alla meschinità
di una presenza attonita, di un
dialogo essenziale le cui battute
grandiose si sbriciolano; l'umi
Domenica 1” maggio ore
22.45, per la trasmissione
« PROTESTANTESIMO »
andrà in onda: -Discutia
mo il Gesù di Zefflrellì.
Incontro con due gruppi
di ascolto : i giovani battisti di Roma-Centocelle e
di Isola del Liri. Partecipano: Maria SbaflB Girardet. Franco Giampiccoli
e Monsignor Rossano (uno dei consulenti del filmato televisivo).
nazione del Servo sofferente non
è questa meschinità, anche se
non si vuol considerare la maestà del Cristo giovannico.
La crocifissione: nulla di grandioso, una scena sordida, com’è
stata, con ogni verosimiglianza.
Peccato che salti fuori quel brav’uomo del centurione ■— guarda
guarda, è il centurione di Capernaum, non ce n’eravamo mai accorti... — che fa passare e avvicinare alla croce le donne della
famiglia di Gesù; con un cenno
Maria di Nazareth convalida
quel che dice Maria di Magdala,
è anche lei della famiglia: le tre
Marie devono essere lì in gruppo
ben distinto (così come si trova
modo di accennare alla Sindone); Giovanni invece non ha bisogno di permesso, a un certo
punto è lì anche lui. Scarso il rilievo delle parole sulla croce,
scarso il realismo con cui è presentato" il supplizio atroce della
crocifissione, anche per gli altri
due condannati; incomprensibilmente attenuati gli atteggiamenti della folla e degli avversari di
Gesù, sotto la croce. La profezia
del Servo sofferente dell’Eterno
(Is. 53) risuona efficace durante
l’agonia, ma è del tutto improbabile che a pronunciarla sia Nicodemo. Alla deposizione dalla croce assistiamo a una scena piuttosto disgustosa, con la madre di
Gesù che si getta urlante sul cadavere.
La risurrezione: più efficace il
lato negativo — l’acuta e tesa
quanto inutile preoccupazione
dei capi del Sinedrio di evitare
che il corpo sparisca e Gesù diventi più pericoloso da morto
che da vivo — che l’annuncio.
Maria di Magdala porta con aria
un po’ spiritata il suo messaggio
incredibile ai discepoli increduli;
al borbottio che son fantasia di
donnette, si rivolta con uno scatto da femminista... E, non si
capisce perché, Pietro (né Giovanni) non si dà nernmeno la pena di correre al sepolcro, lui crede; o forse si capisce, è o non è
la Roccia? E Zeffirelli gli fa improvvisare un sermone ai compagni di apostolato, chiarendo
che della morte di Gesù sono stati responsabili proprio tutti, a cominciare da tutti loro. Si direbbe che sappia già del perdono di
Cristo, tre volte ripetuto.
Nel complèsso, com’è stato
detto, questo film ha un certo valore per il quadro, ricostruito
con accuratezza, e per alcune
scene vivide, alcuni incontri di
Gesù, l’ultima Pasqua ( ma, sempre, è Gesù che resta al di sotto del livello evangelico) Come
accontentarcene? Veramente, si
torna con gran desiderio al testo
biblico. E sono felice che questa
controfigura di Gesù sia stata
tutt’altro che indimenticabile: si
cancella presto e quello sguardo
pseudomagnetico, quella voce così poco laica, quei tratti così poco semiti non mi rimarranno davanti, o dentro, a coprire la scarna, robusta, incomparabile e irripetibile parola evangelica.
Gino Conte
in favore di un « confronto » ; e
dall’altro una più precisa definizione della cultura che vogliamo rifiutare. La « cultura cattolica » oggi copre un orizzonte
che partendo da mons. Lefebvre,
o da mons. Florit o da alcuni
ambienti curiali, arriva tuttavia
a un padre Bai ducei, a un Raniero La Valle, a un Dom Franzoni ed anche a quel mons. Chiavacci cui appartengono la relazione e la formulazione conclusiva sopra riportata. E ci farebbe anche bene renderci conto
che da parte marxista non sembra si cerchi di mietere discepoli tra i cristiani convertendoli in modo esclusivo alla lotta
di classe come base della storia,
ma al contrario si domanda a
costoro un originale contributo
alla soluzione di problemi cui
anche i marxisti cominciano ad
essere sensibili.
Credo che, se questo comprenderemo e accetteremo, potremo,
allora sì,, portare un nostro positivo contributo a questo travaglio culturale: in quanto, proprio sul “risveglio etico” e sul
"serio ripensamento dei valori
della persona e dell’orizzonte
umanistico” mi pare dovremmo
avere qualcosa di "nostro" da
dire e da far valere in un concreto confronto. Ché, nonostante la accettabile conclusione sopraricordata, rimane e rimarrà
a lungo in tale confronto con la
« cultura cattolica » una diversa
posizione, non foss’altro che
nella concezione ecclesiologica;
mentre nell’analogo confronto
con la « cultura marxista » rimane e rimarrà sempre la differenza costituita dalla nostra
possibilità di dare quel contriiDuto al « risveglio etico » ed al
« ripensamento dei valori della
persona » che i suoi esponenti
ricercano in incontri come quelli ricordati da Zizola sul Giorno (con ciò stesso dimostrando
la inadeguatezza della loro cultura a coprire da sola vuoti di
tale importanza).
Niso De Michelis
OGGI IN ITALIA
La violenza
tira a destra
/ fatti successi la settimana scorsa a Roma, culminati
con la morte di un poliziotto e col ferimento di altre
persone, ci debbono far meditare non solo per gli aspetti di violeriza e morte che
esprimono, aspetti che evidentemente sono da condannare, ma per quello che rappresentano sotto il profilo politico, oltreché morale.
Ci sembra che due siano le
cose da far emergere da questi fatti. La prima è che esiste una larga area di bisogni
non soddisfatti e di prospettive non chiare soprattutto
per i giovani. E stato già fatto notare che mentre il ’68
rappresentava un momento
dì contestazione sul modo e
sui contenuti dell’insegnamento, sulla esigenza di democrazia diretta e di partecipazione, le lotte e i bisogni che gli
studenti esprimono ora, sono
riferiti alla insicurezza del
domani, alla prospettiva della disoccupazione e quindi alla inutilità della scuola.
Se questi problemi sono
reali, confusi e sbagliati sono
gli obiettivi per il loro superamento; non far riferimento al movimento operaio organizzato, ai suoi obiettivi
che strategicamente tendono
a risolvere quei problemi che
gli studenti pongono ora, è
un segno della profonda incapacità di ’’far politica“ del
movimento degli studenti.
È facile in questa linea che
all’interno del movimento si
sviluppino tendenze distruttrici e disgregatrici che organizzativamente fanno riferimento ai “collettivi autonomi" i quali, si sa, battendo
la strada « dell’attacco armato al cuore dello Stato » senza porsi il problema del rap
porto con le masse, non si
possono certo definire di sinistra. La seconda è il ruolo
che la DC assume rispetto a
questi fatti. Secondo noi siamo di fronte a una versione
“aggiornata” della strategia
della tensione che da anni fa
da sfondo al dibattito politico in Italia.
I bisogni reali, la incapacità di rapportarsi correttamente con il movimento operaio, vengono utilizzati dalla
DC, attraverso gli ormai famosi corpi separati dello stato che hanno fornito per anni qualsiasi genere di infiltrato, per creare un clima tale per cui Cossiga può dichiarare in Parlamento che la polizia sparerà e utilizzerà i
mezzi blindati in caso di bisogno.
Questo secondo noi rappresenta un pesante ricatto al
sindacato stesso che ha, nelle
manifestazioni di massa, uno
dei suoi strumenti di lotta.
Questo tende a far aumentare la richiesta di un governo autoritario e quindi a spostare verso destra l’asse politico proprio quando la volontà popolare aveva dato
delle indicazioni opposte.
In conclusione crediamo
che non ci si possa fermare
a una superficiale condanna
alla violenza nei fatti successi e in quelli che probabilmente succederanno ancora,
ma che dobbiamo essere capaci di guardare alle cause e
ai meccanismi sociali che generano la violenza per essere
in grado di non cadere nel
qualunquismo ma di capire e
quindi decidere che posizione
prendere.
Paolo Dogo
I vescovi messi in discussione
(sino a un certo punto)
Domenica, 17 c.m., si è tenuto
a Torino il convegno «Quale vescovo per quale chiesa? », promosso da diverse parrocchie, da
gruppi, associazioni cattoliche,
quali A.C., C.S.I., AGESCI, AGLI, dalle CdB e CpS piemontesi, preti operai ecc. Ad esso hanno partecipato circa 250 persone.
È stata l’occasione per una riflessione globale sui ministeri
ed in particolare quello del vescovo, che, come si è detto nella
breve introduzione, non deve essere sminuito, ma neppure mitizzato « perché siamo consci che
il suo ministero non può essere
separato o dissociato dagli altri
ministeri». Don Gramagglia ha
analizzato la struttura dei ministeri quale appare da alcuni
documenti della chiesa apostolica.
Dalla lettera di Clemente di
Roma alla comunità di Corinto
si deduce che a presiedere le comunità c’era una struttura collegiale formata dal gruppo degli
anziani oppure, nelle chiese più
ellenizzate, da sovraintendenti
(episcopi) e diaconi. Questi ministri rappresentano sempre la
comunità, essendo scelti da essa. Si sente, inoltre, la necessità di giustificare il collegio di
presidenza richiamandosi a strutture tipiche del mondo romano
per dare un esempio di ordine
e disciplina. Dal Pastore di Erma si nota che, nel contesto di
una pluralità di ministeri, si verifica una flessione dei profeti
che fa emergere i ruoli amministrativi (episcopi, anziani e
diaconi). La prima testimonianza della struttura monoepiscopale sono le lettere di Ignazio
di Antiochia, da cui traspare
tuttavia una certa difficoltà a
giustificare questa struttura. Il
vescovo presiede direttamente
battesimo, predicazione ed eucarestia e da lui dipendono il
collegio dei presbiteri e dei diaconi.
Nel secondo secolo nascono le
prime liste di episcopi per riagganciarli agli apostoli. Si verifica, inoltre, una flessione ideologica che collega la struttura episcopale monarchica alla successione apostolica, mentre prima tutte le altre strutture venivano collegate ad essa.
Gli interventi dei gruppi partecipanti hanno evidenziato una
diversità ed una ricchezza di posizioni in un clima che non è
mai stato polemico ed ha sempre manifestato una volontà di
dialogo e collaborazione. La comunità della parrocchia dell’Ascensione ha sottolineato la mancanza di un confronto continuato col vescovo, il quale dovrebbe
esercitare un ministero di contatto con la gente, compresi i
non credenti. Per questo sarebbe utile che il vescovo fosse anche parroco di una parrocchia
cittadina. La sua elezione dovrebbe avvenire attraverso una
rosa di candidati scelti dalla
base.
Il rappresentante della comunità di base di Mirafiori Nord
ha affermato che i ministeri nascono dalla necessità di organizzarsi e che non esiste nelle prime comunità cristiane una scala gerarchica.
« Con l’epoca costantiniana la
ideologia romana si sovrappone alla struttura delia chiesa e
ne diventa la sovrastruttura ideologica. Nella nostra comunità è sorta l’esigenza di rifiutare questo tipo di struttura
che era diventata ormai estranea
alla nostra vita di cristiani impegnati nelle lotte di liberazione, e di creare dei ministeri più
rispondenti alla nostra realtà di
oggi ». L’intervento così, conclude: « Deve essere distinto il fatto della salvezza e della fede
in Gesù Cristo da quella che è
la struttura della chiesa, la prima deve essere salda e ferma,
la seconda varia da comunità a
comunità. Il Signore dona carismi e ministeri alla comunità,
si tratta di scoprirli, non di tenerli nascosti. Nessun servizio
va sacralizzato ed assolutizzato, ma va sottoposto al giudizio
della Parola di Dio. Qualsiasi
ministero va vissuto in maniera non maschilista. Qualora la
comunità non lo riconosca più
esso cessa di esistere ».
Il Pastore valdese Gay ha
notato come in tutte ie chiese
cristiane si vada diffondendo
l’idea della collegialità, della
pluralità dei doni e della necessità del confronto con la problematica sociale e politica.
Reburdo, presidente delle ACLI torinesi , ha fatto alcune osservazioni: la formazione
culturale e sociale dei vescovi è
avulsa dalla realtà e dalla vita
quotidiana, per cui essi non possono capire i drammi che ogni
giorno vive chi è sfruttato. I
vescovi tendono a giustificare il
sistema dominante considerando elemento perturbatore nella
chiesa chi compie scelte di sinistra. Se, tuttavia, vengono fatte certe affermazioni di principio contro il capitalismo o il
consumismo ecc., esse vengono
poi spesso smentite dalla pratica. Reburdo ha concluso notando come le AGLI, sganciate
da vincoli formali colla gerarchia, abbiano approfondito, in
questi ultimi anni, il loro impegno ecclesiale.
I CpS hanno fatto notare come l’impegno di ricerca biblica
non significhi andare a ricercare nel N.T. una immagine di
chiesa da trasferire nell’oggi e
che una chiesa di tipo nuovo
deve nascere sulla spinta che
viene dal basso. Non abbiamo
una ricetta valida per tutte le
comunità ; deve esistere quindi
una pluralità di ministeri ed
un pluralismo di forme organizzative. B. C.
4
4
29 aprile 1977
IL « PASTORE ROSSO » DI SAFENWIL
1° Maggio: con scandalo
dietro la bandiera rossa
Mediante un ministero pastorale insolitamente impegnato sul piano sociale, K. Barth ha
voluto indicare che la fede nell’Altissimo non esclude, ma include il lavoro e la sofferenza all’Interno della realtà imperfetta
3. Il «compagno
pastore»
Nel 1911, quando Barth viene
come pastore a Safenwil, questo villaggio del cantone dell’Argovia è una borgata in via di
industrializzazione; su 1625 abitanti già 780 sono dei salariati,
di cui 587 nell’industria (si tratta soprattutto del settore tessile).
Tutto è da fare. Il giovane pastore, considerato « sociale » e che
gli operai presto chiameranno
semplicemente « il compagno pastore », contribuisce a fondare 3
sezioni sindacali, dà dei corsi
agli operai (salario, tempo di lavorazione, lavoro femminile ecc.)
mette insieme dei dossier tecnici su tutte queste questioni, dà
delle conferenze nel quadro delle
riumoni sindacali. I 43 « discorsi
socialisti », che usciranno nell’opera postuma in via di pubblicazione, datano da questo periodo di militanza. La principale
preoccupazione di Barth è di
proporre cose concrete; non bisogna, egli scrive, parlare « nel
vago »; soltanto una realizzazione concreta può essere utile: «Allora soltanto le cose diventano
chiare per il popolo, molto più
che attraverso cento predicazioni a carattere sociale... ».
« Gli operai venivano a vedermi al presbiterio. Ma andavano anche in chiesa. Fra i
miei uditori i socialisti erano
fra i più assidui — non perché
io predicassi il socialismo, ma
perché sapevano che ero lo
stesso uomo che cercava di
aiutarli ».
Iscritto al partito
Per questo, con una naturalezza che ci colpisce, Barth entra
nel partito socialdemocratico; il
5 febbraio 1915 scrive a Thurneysen:
« Ho aderito al partito socialdemocratico. Proprio perché domenica dopo domenica
mi sforzo di parlare delle questioni ultime, non mi sembrava più possibile di librarmi
personalmente nelle nuvole al
di sopra di questo mondo
malvagio, ma che fosse necessario che finalmente si indicasse come la fede nell'Altissimo non esclude, ma include il lavoro e la sofferenza
all'interno stesso della realtà
imperfetta. I socialisti della
mia parrocchia finalmente mi
comprenderanno ora correttamente, lo spero, dopo la mia
pubblica critica nei confronti
del partito ».
Questo passo apparentemente
banale, che d’altronde aveva già
fatto Blumhardt nel 1900 con la
stessa libertà, segna a mio avviso, l’inizio della teologia di Barth
come « esistenza teologica oggi ».
Esistenza, perché il discorso sulle « realtà ultime » non si situa
né nelTastratto inizio del mondo (idealismo), né semplicemente
nelle sue aspirazioni (profetismo
alla Ragaz), ma in questo mondo,
in queste realtà che sono le nostre e che i cristiani non conoscono in modo diverso dai socialisti. «Teologica», perché Dio
include la realtà delle cose « penultime », come dirà Bonhoeffer
trenta anni più tardi, e non le
esclude. Oggi, perché si tratta di
non dissociarsi, anche sul piano
delle istituzioni e dei partiti, da
un movimento storico preciso
che lotta per i più emarginati.
L’impegno di Barth, al fianco
stesso di quelli che critica, è proprio della sua maniera « ironica » di essere solidale: pronrio
perché l’uomo rivoluzionario è
più vicino a Dio dell’uomo dell’ordine costituito, come scriverà nella seconda edizione del suo
commentario ai Romani (Ròmerbrief),del-.,1922, bisogna criticarlo
e rendere la sua posizione più
radicale; ma una tale critica teologica del socialismo non è credibile che alla condizione di entrare veramente nei conflitti e di
mostrarsi pubblicamente solidali con il gruppo che porta questa speranza.
Vedo dunque neH’impegno socialista del Barth di Safenwil
due elementi indissociabili: l’immersione nel pensiero di Paolo
e la prassi militante.
Non vogliamo
capire Paolo
Si tratta innanzi tutto di ripensare la punta « radicale » del
socialismo in termini teologici,
cioè di leggere i testi biblici alla
luce della « questione sociale »;
se infatti, Gesù è «il partigiano
dei poveri », come dice Barth
nella sua prima conferenza sul
movimento sociale del 1911, allora la teologia deve essere ripresa a partire dai suoi stessi fondamenti. E’ per questo che Barth,
a cominciare dall’estate del 1916,
cioè nel momento del suo maggior impegno nella attività sociale, comincia i primi abbozzi di
quella che diventerà la prima
edizione del Ròmerbrief che apparirà nel 1919. Così nel momento stesso in cui Barth si trova il
più profondamente immerso nella pratica socialista, incomincia
per lui parallelamente una lettura « radicale » deH’Eyangelo, nel
caso quello di Paolo. Si rende
conto che se la teologia del suo
tempo è incapace di raccogliere
la sfida del socialismo, è proprio
a causa di un problema di fondo:
non vogliamo capire quello che
Paolo vuole dirci. In altri termini: la nuova interpretazione della Bibbia, la comprensione del
mondo nuovo che rivela, la sete
di una Parola da scoprire, sono
condizionate e motivate dall’intrusione della questione sociale.
La prima conferenza del 1911 su
« Gesù Cristo e il movimento
sociale » condiziona la nascita
del Ròmerbrief; è questa inquietudine nei confronti della risposta teologica da dare alla sfida
del socialismo, secondo la felice espressione di Gollwitzer,
che ha scatenato tutto. E’ proprio questa presa di coscienza
della « radicalità » teologica dei
problemi politici e sociali che fa
dire a Barth, nella lettera al suo
amico Thurneysen del novembre
1918, quando scoppia in Svizzera
lo sciopero generale:
« Se soltanto ci fossimo convertiti prima alla Bibbia:
avremmo allora un terreno
solido sotto i piedi! Invece di
ciò, ora meditiamo sul giornale, ora sul Nuovo Testamento e in fondo si vede così
poca unità organica fra i due
mondi — unità di cui si dovrebbe poter portare testimonianza con chiarezza e con
forza ».
Come Mosè
con Faraone
Parallelamente a questa attività esegetica fondamentale per
scoprire una buona volta « ciò
che è in gioco nel cristianesimo », Barth, tutto d’un pezzo in
quello che legge, è anche tutto
d’un pezzo in quello che fa. E’
questo il secondo elemento che
mi colpisce. L’introversione del
socialismo nella sorgente viva
della Parola evangelica va di pari passo con una libertà totale di
vivere i conflitti, dovuti aH’efficienga di questa Parola ritrova
Prosegulamo la riflessione sul rapporta
tra socialismo e fede evangelica in un confronto
storico con la vita e il pensiero del giovane Barth.
Dopo aver visto nella prima parte,
pubblicata nel numero scorso, la crisi e
il distacco dal cristianesimo liberale
siamo ora di fronte ad un profondo radicamento
nella fede evangelica e ad una grande
libertà d’azione e lucidità teologica.
ta. Si pone infatti la questione
non soltanto, come ce l’hanno insegnata i barthiani, del « contenuto » dell’Evangelo, ma anche
quella degli « effetti » di questo
Evangelo sul mondo reale dei
conflitti sociali. Barth, scrivendo
il Ròmerbrief, non si ritira dalla
lotta, vi entra. Il Barth biblista
si chiama ancora in quel tempo
il « compagno pastore ». La questione del contenuto si trova posta in relazione diretta con quella della obiettiva efficacia, al
livello delle reali condizioni di
vita, del messaggio. L’esegeta è
ancora il leone; l’esegeta cerca di
strappare a Paolo il suo segreto
e pone il suo interrogativo: dietro Paolo, chi parla? Questo nello stesso modo in cui il leone
chiede conto alle Potenze che si
tengono dietro al padrone, la borghesia, la Chiesa. E’ il momento
delle associazioni fondamentali,
dove la rivoluzione teologica si
trova associata alla rivoluzione
sociale, dove rinteriorità intensa
del messaggio riscoperto non si
oppone all’intervento verso l’esterno, dove la « lettura » (sic)
di Paolo si accompagna all’« Avvertimento alla borghesia di Argovia » (1919).
Il 9 settembre 1917, Barth scrive a Thurneysen:
« Sono giunto ora, nell'epistola ai Romani, al punto fondamentale del capitolo 5, versetti 12-21. Leggi quello che
dice J.T. Beck sul v. 12, se
vuoi avere idea del suo pensiero. Proprio in questo momento succedono grandi cose: lunedì scorso 55 maglieriste si sono organizzate. Sono
minacciate di licenziamento.
Allora, oggi pomeriggio, sono
andato a discutere con il direttore nella sua villa, come
Mosè con Faraone, per chiedergli di lasciar partire il popolo verso il deserto. Discussione educata, fra uomini,
sprofondati in comode poltrone, ma che si è conclusa purtroppo con un rifiuto chiaro
e netto e con una dichiarazione di guerra: ho saputo che
sono “il peggior nemico” che
abbia mai incontrato nella
sua vita. Ora vedremo come
le 55 donne ed il villaggio che
è solidale con loro resisteranno. Certamente non mi faccio
illusioni, ma cerco comunque
di fare quello che posso ».
La politica si trova « là in mezzo » alla teologia, ma dall’altra
parte Paolo si trova in mezzo ai
compagni. La teologia è dialet
tica fino in fondo, nella sua stessa esistenza: bisogna tener presente Paolo per andare a parlare al padrone, ma è necessaria la
prassi perché la Parola divenga
viva. Al punto che, nel periodo
dello sciopero generale, corse voce a Safenwil che Barth avesse
« glorificato » lo sciopero; Barth
potrà invece provare di non
averlo « glorificato » ma « spiegato » come conseguenza della situazione politica e delle ingiustizie sociali. Questo malinteso nelle parole è significativo: Barth
si rifiuta di giustificare, di legittimare; sarebbe fare della ideologia religiosa a proposito d’un
fatto politico; ma vuole comprendere e fare comprendere, spiegare il mondo della politica come
cerca di spiegare Paolo, in modo che gli operai diranno delle
sue conferenze che « ha fatto
l’esegesi » degli avvenimenti politici. Esegesi di Paolo — esegesi
del mondo politico: queste due
discipline hanno creato Barth
nella sua profondità dialettica;
ormai, il contesto del messaggio
fa parte integrante della sua
comprensione.
Barth sfila, il 1“ maggio 1919,
dietro la bandiera rossa con gli
operai. Per la borghesia di Safenwil è troppo. Hochuli — il padrone di cui abbiamo parlato —
si dimette dalla chiesa e fonda la
sua personale « associazione culturale » dove potrà coltivare la
sua religione a suo piacere...
4. Tambach 1919:
con i socialisti
la rottura
religiosi
La conferenza di Tambach, nel
settembre 1919, rappresenta un
cardine fondamentale fra le due
edizioni del Ròmerbrief, quella
del 1919 (terminata nel dicembre
1918) e quella del 1922, e segna,
in un certo senso, la nascita del
barthismo come dottrina politico- teologica. Ragaz, che doveva
parlare, malato, si scusa, ed è il
giovane pastore di Safenwil, ancora quasi sconosciuto in Germania, che lo sostituisce. Günter
Dehn, che sarà uno dei più accesi discepoli di Barth dopo Tambach, e, più tardi, parteciperà alla battaglia ecclesiastica in prima linea, scrive nelle sue memorie che Ragaz ha perso in quella
occasione il suo momento storico. Di Ragaz, Barth dirà in quell’epoca: « Ragaz ed io ci siamo
incrociati come due treni espressi: lui mentre usciva dalla Chiesa ed io mentre vi entravo ».
Günter Dehn racconta che ci si
aspettava da Barth, come discepolo di Ragaz, che sviluppasse
una teologia del socialismo, una
critica assoluta del capitalismo
ed una esortazione a partecipare
alla costruzione del nuovo ordine socialista del futuro.
Qra, quello che ci si aspettava
non avvenne. Barth, come al solito, prende i suoi uditori in contropiede e lancia con ironia a
quei super-cristiani impegnati a
sinistra:
« Il cristiano è il Cristo. Il
cristiano in noi, è quello che
non siamo, è il “Cristo in noi”
intendendo queste parole in
tutto il loro profondo significato paolinico ».
La società
Poi Barth esamina l’altro termine: la società. Rimprovera implicitamente ai socialisti religiosi
di voler amalgamare il cristianesimo con un programma socialista, cioè di « secolarizzare ancora una volta il Cristo » e quindi di -tradirlo. D’altronde la società è diventata autonoma e vo
lerla cristianizzare per mezzo
del socialismo è una illusione,
un segno retrogrado. Volere dunque, come dicevano nel loro programma quei socialisti religiosi,
« applicare i principi di Gesù a
tutta la vita pubblica, nazionale,
alla vita dello Stato e della società umana » è frutto di una cattiva teologia dell’ amalgama e
d’un ingenuo irrealismo. Al contrario, « bisogna conquistare
l’obiettività » — ed è questa
l’idea chiave del testo — sul piano teologico come sul piano politico. L’errore dei socialisti religiosi è quello di non distinguere
il mondo di Dio da quello degli
uomini; ora questo rapporto è
dialettico, non evolutivo per mezzo di combinazioni successive. Il
mondo di Dio è un mondo nuovo; questa novità gli viene dall’Alto; è incondizionata; non si
aggiunge al fianco o nel prolungamento di altre realtà o movimenti. Più Dio è Dio, più il mondo è il mondo; ma più Dio è «l’Altro », più resiste al mondo, più
il mondo viene travagliato dall’interno e spinto a diventare
« altro ».
« Quello che vogliamo, è di
comprendere la grande inquietudine che Dio suscita
nell'uomo ed il profondo sconvolgimento dei valori di questo mondo che ne deriva.
Comprendere ciò che sconvolge e ciò che è sconvolto, ciò
che mette in movimento e ciò
che è mosso, fosse pure nelle
forme più brutali e più atee.
Capire i nostri contemporanei, da Naumann a Blumhardt, da Wilson a Lenin,
ognuno al proprio stadio, trascinati dallo stesso movimento. Comprendere il nostro
tempo ed i suoi segni ».
Barth si sforzerà dunque di ripensare il legame critico teologia-politica sotto tre aspetti: il
regno della creazione o l’accettazione di quello che è; il regno
della redenzione o la resistenza
a quello che è; il regno della gloria o la forza dell’al di là come
rappresentante la forza dell’al
di qua.
Comprendere
sotto tre aspetti
Nella prima parte, che ricorda
Hegel (quello che è reale è razionale) e annunzia la « mondanità »
di Bonhoeffer, Barth vuole soprattutto dimostrare, contro lo
zelo religioso dei suoi amici socialisti cristiani, che Dio opera
per mezzo della sua creazione;
questa ci chiama a guardare il
mondo così come è, senza rifiuto
di ciò che esiste; Barth sottolinea, in alcune pagine molto belle, tutta la serena « mondanità »
delle parabole di Gesù. Tutto ciò
è affermato certamente in polemica contro l’impazienza di Ragaz, contro gli utopisti che nel
loro desiderio di cambiare il
mondo, « vogliono mordere il
granito », contro il risentimento
escatologico del clero. Dostoïevski, nota Barth, non ha il fare da
predicatore èhe spesso ha Tolstoi. La parabola, a livello del
quotidiano, « riconosce in ciò che
è del mondo l’analogia del divino
e se ne rallegra ».
« Il Regno di Dio non comincia con i nostri movimenti di protesta; è una Rivoluzione prima di tutte le rivoluzioni, prima di tutto quello che
è dato ».
Ma il regno della grazia « problematicizza » la creazione; il Regno di Dio attacca la società, perché il mondo si trova posto in
una sorta di analogia, e non di
continuità con il divino. Così, nei
confronti della socialdemocrazia,
anche se dobbiamo criticarla, non
ci comporteremo
« da spettatori, come critici
irresponsabili, ma da compagni che condividono le sue
Henri Motta
(continua a pag. 8)
5
29 aprile 1977
SUD AFRICA, UNA POLVERIERA CHE PUÒ’ SALTARE DA UN MOMENTO ALL’ALTRO
Le orìgini puritane
dell’apartheid
La lunga strada dalla dottrina dell’elezione alla teologia del razzismo.
Ma da 15 anni la fede evangelica ha ripreso a guadagnare terreno
(segue da pag. 1)
il calvinismo originario imponeva il rispetto della libertà umana ed una organizzazione sociale democratica. Questa esigenza
implicava che ci si battesse per
il suo trionfo: il calvinismo aveva ben mostrato di essere un fenomeno spiccatamente rivoluzionario contro tutte le forme di
tirarihia.
Ma, per una strana distorsione della sensibilità religiosa, il
successo di queste lotte portò
una parte dei credenti a interpretare la loro vittoria politica
come un corollario della propria
elezione spirituale; si ritenevano scelti da Dio per essere testimoni privilegiati della sua fedeltà. Poco per volta, questa
convinzione si trasformò in pericoloso orgoglio messianico.
Questi eletti ritenevano di doversi mantenere puri da ogni
macchia proveniente dal contatto con quelli che non erano eletti. La loro purezza, o puritanesimo, esigeva dunque l’isolamen
to dei credenti. (Nei rapporti
con i negri di origine pagana,
questa apartheid messianica condurrà più tardi, sulla china scivolosa del razzismo secolarizzato, al messianismo della razza
bianca). Questi eletti dovevano
successivamente mostrarsi attivi ed industriosi, in modo da
provare a Dio di essere degni
di essere stati scelti. ( Questo attivismo, esalttfiite il lavoro accanito, condurrà più tardi alla
mistica secolarizzata del capitalismo che glorifica l’arricchimento come fine a se stesso e disprezza i poveri considerandoli
alla stessa stregua dei parassiti).
Un simile messianismo si trovò naturalmente incoraggiato
dai primi successi dei boeri contro gli inglesi, successivamente
per le loro vittorie contro gli indigeni pagani. Ma quando la fortuna voltò loro le spalle ed i
boeri furono vinti dagli inglesi,
essi cambiarono il loro messianismo di conquistatori in un
messianismo di vinti non rassegnati: vollero, per conservare la
Al di là dell’apartheid, la speranza
loro identità di eletti, accentuare il proprio particolarismo ed
il proprio isolamento, in modo
da essere in grado, venuto il
giorno di un nuovo trionfo di
cui essi non dubitavano affatto,
di espletare la missione divina,
di cui erano certi di essere investiti.
Dal'puritanesimo al nazismo
Gli invasori britannici erano
cittadini abituati ai successi politici e commerciali. Molto presto le grandi Compagnie finanziarie, le banche, gli istituti di
assicurazioni, si svilupparono
floridamente nelle loro mani. I
boeri, chiamati anche « Afrikaners », rimanevano, anche in città, dei campagnoli, senza una
grande sensibilità economica.
Talora essi esercitavano professioni liberali: per esempio alcuni erano insegnanti, altri avvocati, altri pastori.
Va detto che aH’inizio di questo secolo, una parte di loro si
adoperò per la riconciliazione
con gli inglesi (tendenza sviluppata da Both e Smuts). Ma i nostalgici aspiravano alla rivincita
(Hertzog, Malan), malgrado il
riavvicinamento operato nel quadro dell’unione sudafricana. Questa scissione si accentuò con la
seconda guerra mondiale in cui
questi ultimi sostennero i tedeschi e le loro imprese nell’Africa del sud-ovest, mentre i primi
optarono per gli inglesi. La divisione si accrebbe ancora nel
1939 quando Hertzog si schierò
contro l’entrata in guerra dell’Africa del sud come alleata degli inglesi; ma la corrente di
Smuts trionfò in Parlamento.
Nondimeno, una intensa campagna in favore della Germania,
fece fare ai germanofili rapidi
progressi: non era forse il nazismo il nuovo quadro politico
che avrebbe permesso agli «Afrikaners » di realizzare finalmente il loro sogno messianico?
Moeller van der Broeck scrisse
il libro che mancava per accre
Storia di un insediamento
1488 - Il navigatore portoghese Bartolomeo
Diaz de Nováis approda al Capo di Buona Speranza.
1652 - Jan van Riebeeck, della Compagnia olandese delle Indie, sbarca nella Baia del
Capo con una novantina di dipendenti
per organizzarvi una base di rifornimenti.
1710 - La Colonia del Capo conta 3500 membri,
metà dei quali schiavi. I primi trekkers,
allevatori nomadi d’origine olandese, si
spingono all’interno.
1795 - Il giorno di Natale i trekkers massacrano 2500' Boscimani.
1806 - Gli inglesi occupano il Capo, che diverrà loro colonia.
1827 - Si sviluppano contrasti fra inglesi e
boeri.
1833 - Gli inglesi aboliscono la schiavitù e promulgano leggi liberali.
1836 - Rottura fra inglesi e boeri: ha inizio il
grande esodo dei trekkers verso l’Orange
ed il Transvaal. Si concluderà nel 1848.
1838-1 boeri massacrano 3000 Zulù di Dingan
a Blood River. L’evento vien proclamato dai coloni la festa più importante,
giorno di Dingan o giorno del Patto.
1870 - Scoperta dei diamanti a Kimberley.
1886 - Scoperta dell’oro nel Transvaal.
1888 - Cedi Rhodes, già impossessatosi della
Beciuania, diventa padrone delle miniere di Kimberley; in seguito diverrà primo ministro.
1899 - Scoppio della guerra anglo-boera.
1900 - Vittoria inglese, annesse le due Repub
bliche boere.
1904 - L’alto commissario britannico autorizza
la deportazione dalla Cina di 54.000 operai per le miniere d’oro.
1910 - Le quattro colonie britanniche Capo, Natal, Transvaal e Orange, diventano Unione Sudafricana.
1912 - Nasce la nuova resistenza africana; l’African National Congres.
1914 - Allo scoppio della guerra mondiale, insurrezione armata di 12.000 boeri in sostegno alla Germania. I rivoltosi sono
sconfitti e le truppe sudafricane occupano le colonie tedesche: Tanganica e Namibia.
1924 - Decretata la segregazione degli indiani;
nasce il Corporativismo Sudafricano.
1939 - Sorgono i Movimenti filonazisti, i nazionalisti di Malan simpatizzano apertamente per Hitler.
1948 - Vittoria elettorale del Partito Nazionalista di Malan che diventa Primo Ministro, carica che ricopre fino al 1954. Vengono proibiti i matrimoni fra bianchi e
meticci.
1950 - Adottata la legge sulla registrazione del
la popolazione, cardine dell’apartheid.
Viene emanata la legge per la soppressione del comunismo, in pratica utilizzata per liquidare il sindacalismo.
1951 - Il Consiglio federale delle 3 Chiese rifor
mate olandesi pubblica un documento
che è la base ideologica del razzismo
boero.
1959 - Tutta la popolazione africana è divisa in
nove mininazionalità.
1960 - Il 21 marzo a Sharpeville la polizia apre
il fuoco contro una pacifica manifestazione di africani. Tutte le organizzazioni politiche sono dichiarate illegali.
1961 - Proclamazione della Repubblica Suda
fricana e secessione dal Commonwealth.
1962 - L’O.N.U. chiede agli Stati membri la rot
tura delle relazioni col Sudafrica. Ma
U.S.A., Gran Bretagna e Francia non si
impegnano a rispettare la risoluzione.
1964 - Nascita della lotta armata in Mozambi
co. In Angola era sorta nel 1961.
1965 - Jan Smith proclama unilateralmente la
repubblica di Rhodesia e la secessione
dal Commonwealth.
1968 - Anno record delle esecuzioni capitali:
168.
1972 - I capi Bantù rifiutano di trattare l’indipendenza delle loro minipatrie offerta
dal premier Vorster.
1974 - Rivoluzione portoghese; è l’inizio della
decolonizzazione portoghese.
1976 - Vorster e Jan Smith impegnati nei colloqui di Ginevra. La Rhodesia si impegna ad avere nel giro di due anni un
Parlamento al 75% nero.
(I dati sono tratti essenzialmente da
«Terzo Mondo informazioni. Febbraio-Marzo 1975»)
Neri e bianchi in cifre
POPOLAZIONE:
Secondo il censimento del 1970, la popolazione totale è di
21.282.000 persone. Di questi il 69,7% sono Africani; gli Europei
sono il 17,8%; i Meticci, il 9,7%; e gli Asiatici il 2,8%.
ISTRUZIONE:
Nel 1969 sono state conseguite in Sudafrica le seguenti lauree:
Bianchi 6245 — Meticci 85 — Asiatici 208 — Africani 182.
SALARI MEDI MENSILI: (anni 68-69)
Espressi in rand (1 rand =
Bianchi
297
282
211
miniera:
edilizia:
servizi pubblici:
dollari 1,40):
Meticci Asiatici Africani
62 76 18
98 135 45
100 127 36
REDDITO MEDIO ANNUALE (in dollari);
Sudafrica (tutte le razze): 375 —Sudafrica (solo Africani): 108
— ■Sudafrica (Africani nelle riserve): 45.
Ghana: 187 — Tanzania: 75 — Malawi: 25.
ditare questa speranza. Il Terzo Reich era il Regno dell’Uomo
finalmente liberato dalla mediocrità; era il trionfo dello Spirito sulla noia della Ragione.
Con lui « TAfrikanerdom » (il
destino Afrikaner) avrebbe potuto realizzarsi; ed ima nuova
generazione di intellettuali, sotto la guida del Dott. Malan, riprese queste teorie. Mentre una
parte dei sudafricani si batteva
a fianco degli alleati, si sviluppava una organizzazione paramilitare anti-alleati dì cui Vorster faceva parte, T« Ossewabrandwag» che ostentava le sue
simpatie per il Nazismo. L’attuale primo Ministro fu d’altronde condannato nel 1942 a 17 mesi di prigione per attività a favore dei nazisti. Il giornale di
questa organizzazione sovversiva « Die Transvaler » ospitava
articoli del futuro Primo Ministro Verwoerd. Parlava di ritornare a 1’« Afrikanerdom » d’un
tempo, e faceva appello, per legittimare la propria ideologia,
alla tradizione calvinista, tuttora cara al cuore dei boeri.
Da allora il Partito Nazionalista divenne una specie di Chiesa (sobillata dalla «Broederbong », una specie di massoneria semiclandestina) e la sua
ideologia una forma di religione. N. Dedrichs, P. J.Meyer e
G. Cronjè diedero un grande
Sviluppo alle loro teorie sull’apartheid che il Ministro Verwoerd avrebbe messo ben presto in pratica. Se l’uomo bianco non detiene il potere, dicevano, sarà la fine della razza e
della civilizzazione bianca. Queste teorie, discusse all’interno
del Broederbong, furono finalmente adottate verso il 1945 dal
Partito Nazionalista, HerenigdePartei. Patto più grave: come
nella Germania nazista, i teologi
Afrikaners si misero al seguito
dei teorici del Nazismo per giustificare su base biblica e teologica l’apartheid e il dominio
violento della razza divinamente eletta, la razza bianca. Tra il
1950 e il 1960 una intensa propaganda religiosa tentò di stabilire un legame indissolubile
per accreditare agli occhi dei
cristiani il nuovo regime, sempre più arbitrario, repressivo e
poliziesco.
Dal Nazismo al Cristianesimo
delia liberazione
Malgrado gli sforzi dei teologi
del potere, il seme delTEvangelo, seminato malgrado tutto
dalle Chiese, non poteva essere
soffocato né interamente snaturato. Come nella Germania nazista, quando le eresie ufficiali
parevano al sommo del loro
trionfo, una Chiesa confessante
minoritaria si levava per contestarle, fondata sulla migliore
tradizione di un Evangelo che
denuncia i poteri ingiusti, così
il vecchio ceppo del Calvinismo
rivoluzionario, il più robusto
fondamento della tradizione sudfricana, si rimise a fiorire, nel
suo aspetto di lotta non violenta,
a dispetto delle violente opposizioni, delle incriminazioni e delle persecuzioni.
L’anno successivo ai terribili
incidenti di Sharpeville dove un
gran numero di negri trovò la
morte, un’assemblea dei più importanti dirigenti delle Chiese,
si riunii, nel 1961, a Cottesloe, alla presenza di alcuni delegati
del Consiglio Ecumenico delle
Chiese. Ad eccezione di una piccola minoranza, tutti riconobbero la responsabilità delle Chiese
nello svilupparsi delle ingiustizie
di governo e di una concezione
errata di apartheid, fondata sulla violenza e sulla oppressione.
Dichiararono che « nessun essere che vive in Cristo può essere
escluso da una Chiesa, qualunque sia il suo colore e la sua
razza» e, in conformità con razione del Consiglio Cristiano del
Sudafrica, si trovarono d’accordo nelTaccogliere le conseguenze
politiche del principio secondo
cui «l’unità nella Comunità cristiana » deve manifestarsi inevitabilmente in fraternità nella
«vita secolare». Inoltre, come
al Sinodo di Barmen della Chiesa confessante tedesca, la retta
confessione della rivelazione
cristiana portava a delle conseguenze politiche ben definite :
in entrambi i casi si trattava
del medesimo risveglio della pura tradizione calvinista che insegna che la vita civile deve essere organizzata in conformità con
il disegno di Dio per la comunità.
Queste esplicite dichiarazioni scatenarono immediatamente
uno scandalo all’interno ed all’esterno delle Chiese in quanto
— si sosteneva — metttevano in
pericolo il popolo Afrikaner.
L’arma degli oppositori e del
governo era la stessa dei dirigenti nazisti: scagliandosi contro il razzismo, dicevano, le Chiese si intromettevano indebitamente nella sfera politica; oltrepassavano la loro missione puramente spirituale.
Ma Cottesloe aprì il cammino
ormai inevitabile di una riconversione dei cristiani afrikaners
e di un ritorno alle loro origini
spirituali: quelle di un cristianesimo impegnato nella dura lotta
per la libertà cristiana ritrovata.
Invano i teologi del potere cercarono negli scritti razzisti dei
« Deutsche-Christen » degli argomenti per frenare questo movimento. La tradizione calvinista
e puritana autentica rivisse nelle file delle Chiese che l’avevano
oltraggiosamente snaturata. Il
pastore Beyers Naude, già moderatore della Chiesa del Transvaal, organizzò, con quelli che
erano decisi a far trionfare, costi quel che costi, TEvangelo,
l’Istituto cristiano e si sa a che
prezzo pagò all’inizio, e paga ancora oggi più che mai, la sua fedeltà. Beyers Naude, in effetti,
fu destituito dalle sue funzioni,
e l’Istituto divenne bersaglio di
incessanti oltraggi. Ma grazie
al coraggio e alla saggezza dei
suoi membri, grazie anche al
Consiglio Cristiano del Sudafrica a cui cooperano membri di
numerose Chiese, Cottesloe e le
successive assemblee continueranpo a tenere in allarme il popolo cristiano di questo paese
fino al prossimo trionfo della
loro causa. La vera tradizione
sudafricana è incompatibile con
l’attuale tirannia; e l’Evangelo
trionferà sulle drammatiche distorsioni del cristianesimo che
gli ha fatto subire una tradizione falsamente calvinista. Quest’ultima, ahimè, è troppo sovente incoraggiata da interessi
occidentali (e svizzeri) in totale
opposizione con i veri valori
dell’Occidente. ì: falso dire che
la politica sudafricana attuale
difende l’ordine e l’Occidente.
Essa in realtà non fa altro che
tradire i nostri valori essenziali
inserendoli nel più grande disordine morale. Poiché, come scrive Paul Eluard, «il solo ordine
possibile, è la giustizia».
(traduzione e scheda di Enrico
Benedetto; l’articolo è tratto da
“La vie Protestante").
6
29 aprile 1977
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
Ladri
d'alto
montagna
Con l’apparire della bella stagione appare, talvolta, sul verde
dei prati, tra una baita e un’altra,
su un promontorio da cui si gode
il panorama, una categoria nuova
di cittadini: i ladri di alta montagna. Nessuno li conosce personalmente. Di loro si parla per sentito
dire.
A volte sono alti e bruni, hanno l’« 850 » a valle e si spingono
in alto, nei quartieri più isolati.
Generalmente in due, perlustrano
con occhio attento la zona, prima
del saccheggio. Non che riescano
a portar via molta roba: qualche
lampada antica, qualche paiolo di
rame, oggettini vari. Ma intanto
scardinano porte, madie, armadi
e vetri. Può succedere che chiedano informazioni: « abita qualcuno
lassù? », « C’è gente là in alto? ».
Rassicurati dalle risposte degli ingenui montanari compiono in tutta tranquillità la loro rapina e verso sera, dopo aver riempito il bagagliaio della macchina, rientrano
a casa.
Il giorno dopo gli ultimi abitanti del quartiere ricostruiscono,
amaramente, V« identikit ». « Erano due piccolini, che andavano
giù in fretta, con una slitta carica
di roba ». « Io li ho visti, ma non
sapevo che era rubata (la slitta e
la roba, n.d.r.) ». «A me hanno
chiesto se lassù c’era della gente;
mica potevo immaginare che fossero dei ladri! ». Eh no, qui bisogna che tutti insieme facciamo
uno sforzo d’immaginazione. Il
rame costa un sacco di soldi, la
lampada antica — opportunamente ripulita e piazzata da un antiquario nel centro di Torino —
troverà l’« amatore» che non bada
a spese, Vaggettino (che magari
ha duecento anni) può diventare
un prezioso « ciapa puver » nella casa di un affermato professionista, una bella « tacula » usata si
trasforma in un originale fermacarte.
Ora, l’agricoltura in montagna
è già abbastanza punita così senza bisogno che ci si mettano anche questi moderni « lanzichenecchi » a togliere gli strumenti del
mestiere agli agricoltori.
Annotarsi il numero di targa
di qualche macchina sospetta,
uscire dalla propria riservatezza
contadina, specie nei giorni di festa, seguire con occhio attento il
peregrinare di taluni individui fra
i casolari isolati potrebbe essere
una prima forma di autodifesa del
patrimonio degli ultimi abitanti
della montagna.
Le incursioni dei predatori (si
attaccano anche agli sgabelli per
mungere) lasciano, dietro di loro,
un senso — a parte il danno materiale — di profonda amarezza
in chi è già abbastanza amareggiato per conto suo.
Amarezza di chi ha assistito al
progressivo spopolamento del
quartiere e di chi vede, giorno
per giorno, i lavori che bisognerebbe fare e che, per mancanza di
braccia, non si potranno fare.
I terreni incolti aumentano insieme all’abbandono di casolari
per i lavori estivi.
II ritorno alla campagna, se ci
sarà, non sarà un ritorno alla
montagna: troppo dura e malservita. Ma se il ritorno consisterà,
come segni evidenti preannunciano, in un acquisto di massa di terreni agricoli per nuovi insediamenti edilizi, arriverà presto il
giorno che si mangerà cemento
armato. Magari in un paiolo di rame rubato.
Giuseppe Platone
_______SESTO LABORATORIO PER PREDICATORI RADIOFONICI
Utilizzare meglio uno strumento
di grande importanza
Il 18-19 aprile si è svolto a Pinerolo il 6° Corso-laboratorio per
predicatori radiofonici, condotto
dall'équipe del Servizio stampa
radio televisione della FCEI, con
la partecipazione di 10 pastori
del I Distretto.
Il culto evangelico della domenica mattina ha in media 700.000
ascoltatori, cioè un numero molto superiore a quello dei presenti
al culto in tutta Italia nelle nostre chiese. Questo significa non
soltanto che l’occasione va usata
bene e non sprecata, ma che nel
preparare la trasmissione bisogna pensare che la grande maggioranza degli ascoltatori non ci
conosce e non ha mai ascoltato
un nostro messaggio.
Le grandi chiese protestanti
all’estero hanno generalmente dei
predicatori specializzati per questo compito così importante. Pare che da noi non sia così semplice seguire la stessa strada. Ma è
già un progresso riconoscere che
predicare alla radio non è come
predicare dal pulpito, e quindi
riconoscere la necessità di una
apposita preparazione. Il corsolaboratorio vuole appunto rispondere a questa esigenza. Non si
tratta naturalmente di un corso
completo; si pensi che un normale corso per annunciatore alla
RAI dura sei mesi a pieno tempo.
Due giorni servono quindi soltanto por una prima infarinatura, giusto un ABC del predicatore radiofonico, che potrebbe anche avere l’effetto di spaventare
chi non aveva un’idea della difficoltà del compito. E’ merito
dell’équipe del servizio della federazione (Aldo Comba, Renato
Malocchi, Valerio Papini, la voce
di Fulvio Rocco registrata su nastro, Roberto Sbaffi e Gianna
Urizio), se gli allievi hanno invece preso gusto all’operazione
e ne sono usciti con la voglia di
perfezionarsi.
Come si parla alla radio: era
l’oggetto delle due prime conversazioni di Aldo Comba e Roberto
Sbaffi. L’ascoltatore comune non
ha acceso la radio per sentire il
culto, ma per avere un rumore
piacevole che accompagni le sue
occupazioni mattutine. L’uomo
che si sta facendo la barba o la
massaia che prepara la colazione generalmente non stanno attenti al significato di quello che
stanno ascoltando. Bisogna catturare la loro attenzione. La prima regola è dunque la semplicità: « Sappi che cosa vuoi dire. Se
riesci a scrivere quello che vuoi
dire su un biglietto da visita, bene; altrimenti cominia a domandarti se non stai cercando di
vendere fumo ». Lo stile del discorso dev’essere parlato e non
letterario, avere uno svolgimento lineare e non complicato, far
uso di immagini. I primi 30 secondi sono decisivi per agganciare l’attenzione. Alcuni esempi negativi, tratti da culti radio degli ultimi anni e commentati gustosamente da Renato Malocchi,
hanno permesso di verificare i
disastri che accadono quando
queste regole non sono seguite
dal predicatore. Ma ora, signori,
provatevi voi a fare di meglio. I
pastori-allievi si sono quindi messi al lavoro: hanno scritto un
breve testo ciascuno, lo hanno registrato (ma meglio sarebbe, disponendo di più tempo e di un
magnetofono, dire prima a voce.
registrare, e infine scrivere ciò
che si è detto), e si sono poi sottoposti alla prova spietata dell’audizione e della critica.
L’utilità di un lavoro di nuesto
genere, anche se limitato a due
giorni, è fuori discussione. Oltretutto a trarne giovamento non
sarà soltanto la qualità del culto radio, ma anche la chiarezza
del sermone domenicale dal pulpito, beninteso se le suddette regole verranno osservate. Infatti
anche nel culto in chiesa l’ascolto sta diventando sempre più di
tipo « radiofonico », salvo naturalmente il numero degli ascoltatori.
b. r.
Pinerolo
Pi
La chiesa valdese di
nerolo ha indetto per
VENERDÌ’ 8 MAGGIO
un incontro pubblico a cui
sono invitate tutte le forze
del pinerolese: gruppi parrocchiali e di base, partiti,
organizzazioni culturali e
naturalmente le chiese vaidesi sul tema:
Il Concordato
problema aperto
L’incontro ha come scopo di mantenere presente
nell’ opinione pubblica il
problema del Concordato
come momento della battaglia civile della nostra
società italiana; mantenere vivo un problema significa dibatterlo, studiarlo e
ricercare le possibili soluzioni raccogliendo tutti coloro che intendono collaborare a questo.
Nel quartiere più isolato
a festeggiare il 25 aprile
« Piena così l’ho vista solo
quand’ero piccolo e ci venivo a
scuola io » commentava un contadino, lunedì 25 sera, durante la
festa popolare, nella scuoletta
del quartiere Cacet. Su iniziativa
della Giunta comunale e del gruppo teatro Angrogna si è svolta,
alternata da canti di libertà e di
sofferenza, una vasta rassegna
di ieri e di oggi. L’incontro, a cui
hanno partecipato molti contadini locali, ha avuto un momento
di vera emozione quando si è let
to l’ultimo scritto del partigiano Monnet (originario d’Angrogna) inviato alla moglie, prima
dell’esecuzione a morte. Il discorso, poi, si è allargato al fascismo
latino-americano, e ai problemi
connessi con la lotta per una società, più giusta, più umana. Stipati sui banchi della scuoletta,
anziani e giovani, hanno cantato
sino a notte tarda motivi tradizionali che si ricollegavano alla
lotta partigiana.
Circuito Vai Peiiice
In questi giorni sono previste
due assemblee aperte di circuito
a cui sono invitati a partecipare oltre ai membri dell’Assemblea, i membri dei Concistori e
quanti sono interessati al problema. Entrambe avranno luogo
a Torre Pellice nei locali della
sala della Casa Unionista.
La prima avrà luogo venerdì
29 aprile alle ore 20,30 sul tema
« I giovani e la Chiesa » e sarà
introdotta da una breve presentazione da parte dei gruppi giovanili, federati o no alla EGEI,
a cui seguirà un dibattito sul
problema di fondo.
La seconda .avrà luogo domenica 1° maggio alle ore 14,30 sul
tema « Fede e Politica », anch’essa preceduta da una breve relazione da parte dei Concistori
sul modo come il tema è stato
affrontato e dibattuto nelle Comunità.
Il CIRCUITO
Utile riflessione sulla scuola domenicale
Il giorno 17 aprile 1977, dalle
ore 14,30 alle ore 18, ha avuto
luogo a S. Germano un incontro fra i monitori del II Circuito e i membri del Servizio
Istruzione F.C.E.I. I presenti
erano purtroppo poco numerosi, ma il dibattito è stato stimolante ed utile, anche se molti
sono i punti che andrebbero ulteriormente discussi.
Il problema maggiormente avvertito da tutti nelle comunità
è quello dei rapporti fra le famiglie e coloro che si occupano
dell’insegnamento religioso dei
bambini. Purtroppo è mancato
il tempo per approfondire questo problema, ma sarebbe opportuno che non fossero soltanto i monitori ed i pastori, in
seno alle comunità, ad occupar
PR ALI
Consiglio comunale
Il Consiglio comunale di Prali si è riunito il 19 aprile per
discutere una lunga serie di argomenti all’ordine del giorno.
Queste, in breve, le decisioni più
importanti :
Il Consiglio ha aderito alla
manifestazione antifascista che
ha avuto luogo a Prarostino il
25 aprile.
Nel campo delle opere pubbliche, si è approvato il progetto
relativo ad una nuova vasca per
l’acquedotto, che dovrà aggiungersi a quella che attualmente si
trova poco più su dell’abitato di
Ghigo. Il serbatoio in costrvv
zione è il complemento indispensabile dell’acquedotto FornellàGhigo, di cui due lotti sono stati eseguiti e gli ultimi due saranno appaltati fra breve; avrà
la capienza di 75 me. e costerà
7.400.000 lire, coperti per l’80%
da un contributo regionale.
Il Comune di Prali si è anche dotato del regolamento per
le opere di urbanizzazione, col
relativo elenco dei prezzi. Le
quote sono uguali a quelle dei
Comuni di Perrero, Villar Pero
sa, S. Germano, Porte. Sono
previsti in bilancio 10 milioni
per le opere di urbanizzazione
primarie (strade, parcheggi, fognature, acquedotto, energia ed
illuminazione pubblica, verde attrezzato) e secondarie (scuole,
mercati, edifìci religiosi, impianti sportivi, centri sociali, aree
verdi di quartiere).
Per il rinnovo della commissione edilizia, sono stati eletti
gli architetti Salvo e Blanc, Pierino Pascal, Alessio Genre e Desiderato Breusa. L’architetto
Salvo è stato anche incaricato
di fornire al Comune la consulenza urbanistica per provvedere all’organizzazione del territorio e degli allineamenti stradali.
Infine è stato accolto il progetto di formare un consorzio
amministrativo con il Comune
di Salza, non solo come ora per
il segretario, ma esteso a tutti
i dipendenti. La giunta dovrà
definire lo statuto per il nuovo
organico, che rimane di quattro persone, però con una diversa ripartizione del lavoro nei
due Comuni.
si di ciò che concerne la trasmissione della fede.
Il nuovo materiale per la
scuola domenicale già usato lo
scorso anno da quasi tutti, si
è rivelato utile, stimolante ed
interessante soprattutto per i
ragazzi, mentre per alcuni monitori che non hanno la possibilità di prepararsi in gruppo,
a volte è risultato un po’ diffìcile. Tuttavia un sussidio didattico ed un discorso teologico di
questo tipo erano indispensabili. È chiaro che l’insegnamento religioso e la riflessione sulla fede evangelica sono cose
troppo importanti perché si corra il rischio di farle apparire
ai ragazzi solo una « routine »,
una cosa alla quale ci si accosta
obbligatoriamente per adempiere ad una formalità sociale.
Per questo erano spesso dannosi, in molti casi, sia i versetti
imparati a memoria, del passato, sia le domande da vedere a
casa alle quali si rispondeva
spesso all’ultimo momento, magari copiandole da un compagno, senza che ci fosse dietro
né una riflessione personale, né
una reale comprensione di esse,
essendo spesso le domande
formulate in modo difficile.
Molti obiettano che attraverso
le risposte da dare a casa, i
genitori avevano modo di partecipare personalmente a quello che i loro ragazzi facevano
alla scuola domenicale, ma bisogna ammettere che questo avveniva in una piccolissima percentuale di casi. Il nuovo materiale, che è già in via di preparazione anche per il prossimo anno, esigerebbe un’ampia
presentazione sia alle famiglie
sia ai concistori e ai gruppi
femminili e giovanili, perché
siano le comunità nel loro complesso a farsi carico dell’istruzione religiosa dei ragazzi, ed
essa non venga delegata esclusivamente, come succede in
. molti casi, ad alcune persone
« di buona volontà » che il pastore deve reclutare personalmente ed a fatica.
Un altro problema molto sentito, e del quale la rivista delle
scuole domenicali si occupa di
rettamente, è quello della cosiddetta « cultura cattolica ». Per
noi e per i nostri ragazzi questo
significa principalmente : come
non permettere che la superficialità, il conformismo, le superstizioni antievangeliche trasmesse di fatto dalla scuola di Stato come « religione », l’osservanza ipocrita di precetti « sacri »
come la preghiera prima e dopo
le lezioni, si trasformino nella
coscienza dei bambini in un rifiuto di tutto ciò che riguarda
la riflessione di fede? Questi problemi non li possono risolvere
né la rivista, né i monitori ed i
pastori in un’ora di insegnamento settimanale. Sono cose che,
per essere risolte, vanno affrontate e discusse dai genitori e da
tutta la comunità.
Altri argomenti, solo accennati durante rincontro, sono stati
quelli del canto nelle scuole domenicali e delle tradizionali « recito » che avvengono in molte
comunità durante le feste principali. Anche questi sono punti
che andranno approfonditi, magari in altri incontri fra monitori.
Graziella Tron Lami
• L’assemblea di circuito avrà
luogo sabato 14 maggio alle ore
20,45 nella sala (presso il Tempio) di Pinerolo con l’ordine del
giorno già inviato alle comunità.
• Domenica 15 maggio a Pramollo (Ruata) avrà luogo il proseguimento dell’incontro dei giovani delle comunità tenuto a S.
Secondo il 27 marzo u.s. Si parteciperà al culto del mattino
con la comunità (ore 10) e si proseguirà l’incontro nella sala dele
attività. Pranzo al sacco.
BOBBIO PELLICE
La comunità ringrazia il pastore emerito Enrico Geymet
che ha presieduto il culto della domenica 24 aprile, anche
se gli ascoltatori erano veramente poco numerosi.
Quello stesso giorno infatti
la corale era impegnata in una
visita in Francia, intorno a Aigue
Morte e l’Unione Femminile era in gita a Borgio Verezzi.
7
29 aprile 1977
CRONACA DELLE VALLI
LUSERNA
SAN GIOVANNI
• Aldo Albarea della Roncaglia
di Bricherasio e Lucia Bracco
di Torre Pellice, hanno chiesto
che il loro matrimonio fosse posto sotto il segno della benedizione di Dio nel Tempio di San
Giovanni, sabato scorso. Alla
nuova coppia rinnoviamo l’augurio di ogni pace e gioia nel Signore.
• È deceduta all’età di 73 anni
all’Ospedale di Pomaretto, dove
era stata accolta per un attacco cardiaco, la sorella Hugon
Maddalena ved. Mourglia di Bibiana. La comunità tutta la ricorda con molto affetto per la
testimonianza di presenza e fraterna collaborazione nella vita
della Chiesa e nell’attività femminile. Al figlio e ai familiari
rinnoviamo l’espressione della
nostra fraterna solidarietà. All’Ospedale di Pinerolo è pure
•deceduta la Sig.ra Bertone Gà^
sabeltrame Maria, già ospite del
nostro Asilo, all’età di 78 anni.
Alla famiglia esprimiamo la nostra viva partecipazione.
ANGROGNA
• Domenica 24, l’Assemblea di
Chiesa — dopo aver ascoltato la
relazione annua del Concistoro
— ha proceduto alle nomine dei
delegati al Sinodo (M. Barbiani,
F. Coisson), alla Conferenza Distrettuale (G. Bertalot, R. Bertot). Si sono altresì eletti due
nuovi anziani per il Concistoro:
Viola Agli e Dorino Buffa. Ai
nuovi membri del Concistoro,
che verranno insediati nel culto
di Pentecoste, l’augurio di un
lavoro illuminato-.dalla Parola
del Signore.
• Tutti i membri di chiesa sono pregati di partecipare all’assemblea che si svolgerà, domenica 1 maggio — inizio ore 10, nel
Tempio del Capoluogo — sul tema: fede e politica, su indicazione sinodale.
SAN SECONDO
Domenica 24 aprile sono stati
celebrati due battesimi: Patrizio Gomez, figlio di Sergio e di
Eliana Griglio (Barbé); Matteo
Aime di Mario e di Ivana Gardiol, della chiesa di San Secondo ma residenti a Torino. Ai due
bimbi ed alle loro famiglie rinnoviamo l’augurio -fraterno di
tutta la Comunità.
FRALI
Né vincitori, né vinti all’Assemblea di Chiesa di sabato
scorso sul tema fede e politica.
Due mozioni erano state poste
alla attenzione dell’assemblea,
espressioni di due diverse comprensioni o accentuazioni dell’etica politica. Sono state ampiamente discusse, riconosciamolo pure, con un limitato sforzo di reciproca comprensione e
al momento del voto, la maggioranza ha optato per l’astensione.
Rifiuto di assumere una responsabilità precisa? Paura di
prendere posizione? Indecisione
sulla linea da seguire? No, piuttosto volontà di non risolvere il
problema a colpi di ordini del
giorno confidando su occasionali o prefabbricate piccole maggioranze, ma di mantenere aperto il confronto e il dialogo su
un tema definito « una pietra di
inciampo » che, appunto per la
sua gravità, non può essere accantonato.
Si è auspicato che, per l’avvenire si possa giungere a una
maggior reciproca chiarificazione, in vista di una più matura
comprensione delle motivazioni
del dissenso che, a parer nostro,
non debbono trovare la loro radice soltanto nella differenziazione delle scelte politiche, ma
nel diverso modo di rispondere
alla medesima vocazione di testimoniare l’amore di Cristo nel
nostro tempo.
Come è stato precisato la conclusione del dibattito non è stata posta sotto il segno dello scoraggiamento umano, ma della
comune confessione di peccato,
in una prospettiva di speranza
nel Signore per l’avvenire della
nostra Chiesa.
La gita della scuola domenicale, in comune con le scuole
domenicali di Ferrerò e Chiotti,
si svolgerà il 1° maggio e avrà
come meta Coazze. Partenza alle
7.30 da Ghigo, quota individuale L. 2.000, pranzo al sacco. Il
ritorno è previsto per le 19.30.
• Sabato 7 maggio, alle ore
20.30, si terrà l’Assemblea di
Chiesa, che dovrà discutere e
approvare la relazione annua
del Concistoro, eleggere un anziano per il quartiere di Ghigo (l’attuale, Amedeo Barus, è
rieleggibile), eleggere i deputati alla Conferenza Distrettuale
e al Sinodo.
• Il Bazar avrà luogo domenica 22 maggio.
• La gita di chiesa al Gran
Paradiso si farà il 12 giugno.
Le iscrizioni sono aperte.
• Il 12 aprile è deceduta all’Asilo per Vecchi di S. Germano Chisone Carro Caterina, di
anni 79. Ora riposa nella pace
del Signore, in cui ha fermamente creduto.
Incontro
pastorale
incontro
Il prossimo
avrà luogo
lunedi 2 maggio
con inizio alle ore 9.15 nel
Convitto Valdese di Viliar
Perosa.
Programma :
Mattino : Gesù, maestro.
Pomeriggio : Valutazione
incontri di quest’anno e
problemi del Distretto.
La Comm. Distrettuale
TORRE PELLICE
L’assemblea di chiesa indetta
domenica scorsa per riprendere
il dibattito sul tema «fede e politica » si è svolta alla Foresteria Valdese con una discreta
partecipazione di membri di
chiesa; un pochino meno numerosi dell’ultima Assemblea ma
non meno impegnati ed attenti. Il dibattito ha avuto due momenti; in un primo tempo si sono avuti interventi brevi e puntuali su tre documenti illustrati
dai fratelli Donini, Cerinola ed
Abate, in un secondo tempo si
è passato alla votazione. I documenti esaminati erano un Ordine del Giorno, che riprendeva
leggermente modificato quello
stesso testo che era stato presentato nella scorsa assemblea e
riprendeva alcuni elementi di un
testo di Testimonianza Evangelica Valdese, un secondo documento più ampio era una riflessione sul tema fatta da un grup>po di fratelli della comunità; il
terzo era costituito da im documento ispirato alle tesi del
prof. Subilla apparse di recente su Protestantesimo.
Un diverso orientamento ed
un modo diverso di impostare
il problema era presente nei tre
testi, è naturale, ma non esisteva fra loro contrapposizione assoluta di pensieri; disponendo
di maggior tempo e dei testi
scritti si sarebbe potuto lavorare alla stesura di un documento
che rispecchiasse il consenso di
tutta l’assemblea; non potendolo fare ci si è limitati alla votazione che ha avuto come esito
l’approvazione del primo O.d.G.
con una lieve maggioranza.
Da questo incontro è scaturito il proposito di riprendere più
avanti dialoghi e dibattiti su temi precisi e problemi specifici
perché ci si possa fraternamente confrontare alla luce della
Scrittura su temi che stanno a
cuore a molti. Sono venute però anche due lezioni di cui si
deve tenere conto: anzitutto, come già rilevato, le assemblee di
chiesa vanno preparate con anticipo e cura, occorre avere materiale sott’occhio prima per poterlo esaminare, ci vuole tempo
per riflettere; in secondo luogo
sono i problemi precisi, specifici su cui può avvenire una chiarificazione, ognuno deve poter
dire la sua, esprimersi ma lo fa
tanto più facilmente se i terniini del problema sono concreti;
dibattiti teorici lasciano sempre
insoddisfatti. In fondo l’assemblea è uno strumento unico che
deve essere potenziato e valorizzato, sarebbe peccato non utilizzarlo appieno.
Con questo cartello i cadetti di Agape
avevano voluto sottolineare uno degli
aspetti attuali della
realtà delle Valli Vaidesi. Il problema è
sempre attuale e le
difficoltà ad esso connesse sono ben lontane dall'aver trovato soluzione adeguata.
E’ di questi giorni
la notizia pubblicata
Sul Bollettino del servizio Evangelico di
Zurigo che la chiesa
del Canton Ticino si
trova in gravi difficoltà nell’avvicinare i
membri di chiesa che
si trasferiscono nel
Cantone provenienti
da altre zone: in molti casi ci si accorge
di loro solo... quando
sono morti ed i familiari chiedono l’intervento di un pastore
per il funerale.
Non è certo una
consolazione constatare che tutto il
mondo è paese e che
simili cose non accadono solo da noi!
II problema rimane
aperto, come ha piùvolte sottolineato il
III circuito, e si tratta di trovare un nuovo modo di essere
credenti in questa
nuova situazione.
Probabilmente su
questo terreno si gioca la possibilità di
continuare una testimonianza evangelica
coerente.
PRAROSTINO
aprile. Alla famiglia in lutto la
nostra cristiana simpatia.
POMARETTO
La Domenica delle Palme, 3
aprile hanno fatto la Confermazione sette nuovi membri: Cardon Rino (Ciarvet) Fornerone
Enrico (Molere) Fornerone Dario
(Roc) Gay Luciano (Ser), Gaudin
Enrico (Pralarossa), Martinat
Ilario (Roccapiatta) Rivoir Mauro (Roc). Il culto è stato arricchito e rallegrato da un gruppo
di trombettieri tedeschi che hanno accompagnato i canti con le
trombe e suonato alcuni brani
musicali. Un altro gruppo di amici tedeschi da Mannheim, come
pure i trombettieri, hanno visitato la nostra comunità giovedì 14
aprile. Nel pomeriggio l’Unione
Femminile ha offerto loro un ricevimento nella nostra saletta
delle attività. Li ringraziamo entrambi per la loro visita, per il
loro messaggio e per il loro interessamento ai problemi nostri,
segni di un grande amore fraterno.
• Concistoro. Domenica 17 aprile l’Assemblea di Chiesa ha eletto due nuovi anziani: la nostra
sorella Alma Gardiol per il quartiere dei Gay, in sostituzione dell’anziano Luigi Rostagno, dimissionario per raggiunti limiti di
età. (81 anni!); e il nostro fratello Bruno Avondetto del Ser come secondo anziano per il quartiere del Roc.
• La sala del Teatro valdese di
Pomaretto è stata rimessa a nuovo. I lavori di imbiancatura, verniciatura e sistemazione zoccolo
alle pareti e alle colonne per una
spesa di L. 400.000 interamente a
carico della filodrammatica locale sono stati eseguiti gratuitamente dai componenti la filodràmmatica. A loro i ringraziamenti della comunità tutta.
Sono stati pure rieletti gli anziani degli altri quartieri: Marco
Avondet (Deserta) Cardonatti;
Daniele Bertalot, Collaretto; Giovanni Martinat, Pralarossa; Marco Avondet (Franco!), Roc; Aldo
Malan, Roccapiatta; Egidio Paschetto. San Baptolomeo.
• Battesimo. Nel pomeriggio
di Pasqua, con un culto particolare nel tempio di San Bartolomeo abbiamo amministrato il S.
Battesimo al piccolo Patrick di
Aldo e Paola Rostagno. Iddio benedica questo tenero agnello che
Egli si è compiaciuto di aggiungere al suo greggio.
Ai nuovi eletti che sono stati
insediati nel loro incarico la domenica 24 aprile, l’augurio di un
ministero lungo e benedetto. Al
signor Rostagno che lascia il servizio attivo, a tutti gli ex anziani
come pure a tutti quelli che in
vari modi hanno lavorato e lavorano tutt’ora per il bène della comunità, esprimiamo una parola
di vivo ringraziamento.
• Come già annunziato precedentemente, abbiamo avuto nei
giorni 23 e 24 aprile la visita della banda musicale di Onex-Svizzera. All’uscita del culto di domenica 24 aprile la banda musicale
svizzera ha tenuto un concerto.
Numeroso il pubblico che ha approvàto con nutriti applausi. Ai
nostri amici svizzeri un cordiale
presto arrivederci.
• Il concistoro si riunirà sabato 7 maggio alle ore 20,30 nella
sala Lombardini di Perosa Argentina.
• Lutto. Il 22 aprile è deceduto
alla Baravaiera il nostro fratello
Roman Dionigi. I funerali si sono
svolti la domenica pomeriggio 24
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• La nostra corale concluderà
la sua attività partecipando alla
Festa di Canto a San Germano.
Da una parte è stata arricchita
da alcune nuove voci giovanili,
ma dalTaltra ha perso il contributo prezioso di altri che per
ragioni di salute e di età non
hanno più potuto frequentare
la corale. Li seguiamo con affetto
nella speranza che Tanno prossimo possano ritornare. E ringraziamo tutti coloro che hanno
frequentato regolarmente con
spirito di sacrificio e di buona
volontà.
L’Unione Femminile sta preparando alacremente il tradizionale
Bazar per domenica 1 maggio.
Tutti sono cordialmente invitati a intervenire e a collaborare.
• Domenica 15 maggio avrà
luogo l’assemblea di Chiesa; ordine del giorno: votazioni per elezione dei delegati alla conferenza distrettuale ed al Sinodo, (coloro che intendessero prendere
parte ai lavori in qualità di delegati sono pregati di far pervenire
i loro nomi al pastore od ad un
anziano) verrà presentata e discussa la relazione annuale ecclesiastica, come pure sarà eventualmente messa in discussione
la relazione finanziaria già distribuita. L’inizio del culto per
tale data sarà alle ore 10.
c Alla borgata Fleccia di Inverso Pinasca, a cura della locale «Pro Loco» ha avuto luogo la
mostra del libro e del giocattolo
educativo. Buona affluenza di
pubblico e molto interessanti
sia i libri, sia i giocattoli esposti.
S 52 lu ¿ § « 5 RORA’
< ui “• o u (J Il culto della domenica 1°
O W Ili maggio sarà presieduto dal pa store Eugenio Rivoir, direttore
di Agape.
< Prima del Culto egli avrà un
UL incontro con tutti i catecumeni,
< alle ore 9.30, ai quali presente rà il lavoro del Centro Ecumeni co da lui diretto.
RINGRAZIAMENTO
« Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa,
ho serbata la fede ».
(II Timoteo 4; 7)
I familiari di
Caterina Carro
ringraziano la Direttrice e il Personale
deirAsilo per Vecchi di San Germano
Chisone per Tassistenza prestata alla
loro Cara, e quanti hanno preso parte
al loro dolore nella circostanza del funerale.
' Frali, 14 aprile 1977,
8
8
29 aprile 1977
CRISTIANI IN BOLIVIA
Paese piccolo
dittatura grande
Una volta arrestato un prete, gli si faccia scivolare in casa armi
propaganda sovversiva... - La campagna poliziesca contro la chiesa
Se potesse aprire una finestra
sull’Oceano Pacifico, Hugo Banzer, legherebbe il suo nome ad
una brillante operazione in politica estera. Le condizioni favorevoli non mancano. I due
Paesi interessati e confinanti, Cile e Perù, hanno con la Bolivia
— particolarmente il primo —
uno stretto legame dittatoriale.
L’operazione potràr anche riuscire, come alcuni osservatori
prevedono, (e la Bolivia, stretta
da cinque confini, arriverebbe
ad avere un porto sull’Oceano),
ma nessuno potrà mai perdonare al colonnello Banzer la sua
politica interna. Guardiamo un
po’ indietro. Arrivato al potere,
nell’agosto del 71, con un classico “golpe”, ha cancellato l’arco
dei partiti costituzionali. A spartirsi la torta ne ha lasciati soltanto due; la Falange bolivlana
e il Movimento nazionalista rivoluzionario. Il 9 novembre del
’74, con decreto governativo, ha
abolito sino al 1980 tutte le libertà politiche.
Proprio un anno fa a Parigi,
xm commando uccideva l’ambasciatore boliviano Anaya (excomandante della zona di Santa
Cruz quando, nel ’67, venne ucciso Che Guevara); il mese dopo, in Argentina, veniva ucciso
il generale socialista Torres,
estromesso dal potere ed esilia^
to nel giorno del «golpe» di
Banzer. Alla catena intemazionale di vendette è seguito, nel
Paese, lo stato d’assedio con
morti e feriti.
IL GOVERNO CONTRO
L’« ALTRA CHIESA»
Alcuni settori progressisti della Chiesa hanno reagito, denunciando attraverso la commissione « lustitia et Pax » lo stato di
repressione. Banzer ha richiesto
allora, al Servizio d’Informazione dell’esercito, di compilargli
un «programma di lotta contro
la chiesa boliviana». Il documento, a due anni di vita, è in
pieno vigore e circola liberamente tra le carte degli alti prelati.
« Una volta effettuato l’arresto
di un prete — si legge, per esempio, al punto 10 del decalogo
della polizia — gli agenti del ministero devono cercare di far
scivolare nel suo portafoglio, e
se possibile, nella sua casa, della propaganda sovversiva e alcune armi (preferibilmente una
pistola di grosso calibro) e dovranno tenere pronto il suo curriculum-vitae per poterlo screditare presso il suo vescovo e
davanti all’opinione pubblica »
(Idoc-Int., 7, ’75).
I vescovi, su suggerimento governativo, hanno già esiliato
molti preti progressisti (l’80%
del clero non è boliviano). È
proprio l’esilio l’arma più usata
dalla repressione di Banzer.
Spesso gli organizzatori di scio-'
peri o proteste, vengon « spediti » in Cile o nel vicino Paraguay
dove vivono situazioni terribili,
senza passaporto, senza lavoro.
Ma l’esilio non esclude tortura
e prigionia per molti altri boliviani. La gerarchia della chiesa,
salvo im paio di vescovi come
Mons. Manrique di La Paz che
indisse ima sottoscrizione di centomila firme contro il regime,
è alleata con la giunta militare
nel colpire i settori più avanzati. Gli evangelici son circa
43.000; parecchi di loro si rifanno alle posizioni del vescovo metodista Arias, progressista che
ha lottato contro la dipendenza
economica della Bolivia e ha
spinto la classe media boliviana
(con scarso successo) ad appoggiare azioni di giustizia.
UNA RELIGIOSITÀ’
COMPLESSA
Complessivamente, qual è l’atteggiamento dei cinque milioni
e mezzo di boliviani, di fronte
alla chiesa, alla religione?
La questione è stata posta di
recente al prof. Matthias Preiswerk, da due anni in America
Latina per conto del C.E.C. di
Ginevra, attualmente docente
presso il collegio metodista di
La Paz («La Vie Protestante»,
8 aprile).
« All’arrivo degli spagnoli —
ha detto Preiswerk — le masse
rurali haimo subito compreso
che il cattolicesimo era l’espressione dei conquistatori. Sicché
hanno cercato d’integrare, volenti o meno, i nuovi valori e i
nuovi simboli europei con le loro tradizioni autoctone. Oggi ci
troviamo di fronte ad una religiosità popolare assai complessa che esprime, attraverso simboli cristiani, le realtà anteriori alla conquista insieme alla rivolta ed alla sete di liberazione
attuali. Ma se la Chiesa rimane
l’espressione vitale di tutto un
popolo, essa è anche portavoce
e produttrice dell’ideologia governativa che, nelle sue dichiarazioni, fa costante riferimento
ai valori cristiani. Quindi partendo da questa doppia e contradditoria realtà della chiesa —
aggiunge Preiswerk — è neces
Per una teologia
(segue da pag. 1)
data sul Cristo non vuol dire
una teologia che si separa o addirittura disprezza il mondo, i suoi
problemi, le sue ansie, le sue lotte. Come potrebbe in questo caso essere meditazione e discorso
di un Dio che ha voluto penetrare neU’umanità, condividerne le
pene, gli sbagli, le lotte, le sconfittte, per « farsene carico » come si dice oggi con un’espressione che a nessuno si addice come
al Dio di Gesù Cristo? Per questo
da un lato la teologia deve avere
chiaro e incrollabile il prof>rio
criterio in Cristo; dall’altra deve
essere disponibile ad ogni dialogo e interessarsi di tutto ciò che
è umano, perché Dio ha tanto
amato l’umano da donargli il Figlio.
Il servizio
3. Infine, quando la teologia
è un servizio e non un mezzo di
dominio. Se la teologia della chiesa ha da essere gradita, a Dio,
non si vede come possa esserlo
se non è simile al Signore della
chiesa, a colui che è venuto per
servire e non per essere servito
e per dominare. La teologia deve
essere un servizio reso alla Parola di Dio, per metterla in luce.
sario reinterpretare i valori e i
simboli cristiani affinché l’attuale barriera che essi formano, si
trasformi invece in un fermento dell’azione socio-politica. Ormai in America Latina — conclude il teologo metodista — la
chiesa è l’ultimo luogo dove è
ancora possibile un lavoro di
coscientizzazione e di liberazione ».
Quest’ultìma affermazione di
Preiswerk, ci sembra potersi
adattare a molte altre dittature
latino-americane. In ogni caso
spezzare la concezione dello stato cristiano-fascista non è solo
un’operazione teorica, richiede
(come sottolinea la teologia della liberazione) un preciso disegno poUtico su cui muovere l’impegno organizzato delle classi
sociali. Per loro, Banzer, sogna
uno stato corporativo, ispanicomedioevale. Un grande ritorno
al passato. Su questa strada i
militari boliviani sono andati
molto avanti.
G. Platone
IN TEMA DI FEDE E POLITICA
Attacchini diversi
Sul giornale di un partito
politico ho avuto occasione di
leggere la lettera di un giovane valdese, iscritto ed attivo
in quel partito politico, il quale, dopo aver narrato di una
sua opera di incollaggio murale di manifesti inerenti una
attività di chiesa manualmente costruiti nel gruppo ciovanile ecclesiastico dove è parimenti attivo, sottolinea giustamente di aver voluto rispettare nell’affissione murale
i manifesti del suo partito anche se scaduti. Egli rileva invece con sorpresa — manifestando il suo disappunto —
che gli attacchini del suo vartito l'indorriani non avevano
rispettato i suoi manifesti ecclesiastici e glieli avevano
quasi tutti ricoperti con altri
manifesti politici ignorando
certamente chi li avesse incollati.
Non so se l'invito rivolto
dal nostro agli iscritti del suo
partito a ripensare sull’accaduto sia stato raccolto o meno. Sta di fatto però che lui
l'invito l’ha rivolto in termini precisi e garbati; e noi,
suoi confratelli in fede, non
possiamo non rilevare la sua
testimonianza di fede franca,
aperta, coerente.
Bravo Roberto quindi e consenti che — pur senza conoscerti personalmente — io te
10 dica dalle colonne del nostro giornale; bravo perché
non hai esitato a dare all'attività promossa dalla tua fede, nel quadro della Chiesa
del Signore, quel posto primario che le hai riservato e nel
suo presentarsi nel mondo e
nel rispetto che in conseguenza si deve agli altri ed alle loro attività. E ciò mi sembra
tanto più valido proprio nel
tuo caso in cui le due attività,
quella di fede e quella politica, vivono in armonica simbiosi in una medesima persona con altrettanto impegno.
Come è ovvio le vie del mondo non sono animate dalle
stesse sensibilità che si riscontrano nelle vie della fede. Nell’aver dato tu atto di ciò e nell’aver posto in giusto rilievo
11 fatto nelle file del tuo vartito risiede, a mio avviso, la validità della tua presenza attiva di credente nelle sue file.
Grazie per la testimonianza
che hai reso.
Giorgio Peyrot
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
La Francia e l’Africa
per porla in primo piano, per
renderla più comprensibile attraverso l’evoluzione del linguaggio
degli uomini, per lanciare ponti
di conoscenza e di comprensione
tra il nostro tempo e il tempo
della prima testimonianza resa
al Cristo. In questo senso la teologia è allora un servizio reso
alla comunità dei credenti e più
in generale agli uomini, a chiunque ode e riceve la Parola. Non
possiamo invece pensare che sia
gradita a Dio una teologia che
anziché servire la Parola si serva
di essa e di Dio per esercitare un
dominio sui credenti o addirittura sulla società, per convalidare
cioè le proprie idee e imporle
agli altri.
Se poniamo mente a queste
semplici condizioni diventa chiaro quanto sia difficile per la
chiesa, per tutti noi, fare una
teologia che sia gradita a Dio.
Non esitiamo perciò, nel mettere
tutto il nostro impegno in questo
compito insostituibile per la vita
della chiesa e del singolo credente, a far nostra sempre di
nuovo la preghiera del salmista:
Possano le parole della nostra
bocca e la meditazione del nostro cuore essere gradite al tuo
cospetto, O Eterno, nostra rocca,
nostro redentore.
Africa senza pace! L’intero
continente è in grande, profondo travaglio, macchiato di sangue qua e là. Una delle regioni
che maggiormente preoccupano,
quasi un’anticipazione di una tragedia che taluni osano qualificare «un futuro nuovo Vietnam»
(Chi non ricorda la temeraria invocazione: « Due, tre, molti Vietnam! » di una diecina di anni or
sono?...), è lo Zaire. Alcune potenze ex-colonialiste, ma anche
altre come l’URSS e gli USA (la
più prudente di tutte, per non ripetere errori fatti), che possono
chiamarsi tali sotto il profilo economico o sotto quello strategico, si muovono da gran tempo
dietro le quinte ed ora stanno
avanzando verso la ribalta.
Molto significativa, in proposito, è l’improvvisa polemica fra
il, Belgio e la Francia.
« Perché Giscard d’Estaing, il
presidente della Repubblica Francese, è corso a sostegno di Mobutu nello Zaire? (leggiamo su ’La
Repubblica’ del 21.4.’77).
Chiara e senza abbellimenti diplomatici, la risposta viene data
oggi (20.4) dal ministro belga
degli affari esteri Renaat Van
Eñande in un'intervista pubblicata dal settimanale fiammingo
“Knack”. “Tutti sanno che la
Francia (dice Van Eslande) s’interessa soprattutto alle immense
ricchezze del sottosuolo africano
come già faceva all’epoca coloniale". Parigi, rincara il ministro
degli esteri belga, "ha sempre
aiutato i paesi ricchi e mai le
colonie povere".
Da un ministro di un paese "amlco e alleato" della Francia,
ecco a chiare lettere la denuncia
del carattere neocolonialista del
l’iniziativa dì Giscard. Le critiche che l’intervento francese nello Zaire ha raccolto lunedì nella
riunione londinese dei ministri
degli esteri dei “Nove", aumentano d’intensità e appaiono alla
luce del sole.
Ma l’interesse belga per lo Zaire non sembra essere qualitativamente diverso, a giudicare dalle
parole di Van Eslande. “Già due
anni fa", rivela il ministro, “noi
abbiamo proposto alla Francia
di non farci una concorrenza
sfrenata in Africa. Noi abbiamo
ricordato che il Belgio non andava a ficcare il naso nei territori nei quali l’influenza della
Francia è storica, ed abbiamo
chiesto che essa si comporti nello stesso modo con noi in altre
parti dell’Africa. C’è, fra i due
paesi, una rivalità economica
su scala internazionale. Si ricordino le dispute sulla ripartizione del trasporto di rame dello
Zaire, fra il porto di Dunkerque
e quello di Anversa".
Van Eslande precisa poi di
esser stato informato per telefono dal ministro degli esteri francese De Guiringaud^ della decisione francese di trasportare
(nello Zaire) le truppe marocchine. Ma, precisa il ministro belga,
“informazione preventiva non significa ancora concertazione".
“I francesi (conclude Van Eslande) non ci hanno chiesto il
nostro parere sulla politica che
essi conducono nello Zaire. Io
ho insistito per ottenere un’informazione continua e precisa,
perché tutto ciò che fa la Francia in quel paese può essere di
una grande importanza per i
circa 211,000 belgi che vi risiedono" ».
Lo stesso giorno 20, il presidente Giscard d’Estaing « Intervenendo alla seduta inaugurale,
nella città di Dakar, del quarto
vertice franco-africano al quale
partecipano i capi di Stato o di
governo di 19 paesi francofoni e
una delegazione del “Territorio
degli Afar e Issas", ha dichiarato: “Potete contare sull’appoggio
della Francia in ogni sua forma”.
Giscard, con un esplicito riferimento alla situazione nello Zaire, ha anche sostenuto il diritto
di ogni paese africano alla propria sicurezza interna “ indipendentemente dalle sue opzioni politiche" ».
Queste sono indubbiamente
delle belle parole, ma dubbie ne
saranno (almeno così ci sembra)
le applicazioni. L’articolo da noi
citato, continua: « Certamente
gli avvenimenti nella provincia
dello Shaba (regione meridionale dello Zaire, cioè ex-Katanga),
il ruolo dell’Angola e dei cubani,
e la crescente influenza sovietica in Africa (nel più ampio quadro della rivalità politico-militare tra le due superpotenze)
domineranno i lavori di questa
conferenza, convocata ufficialmente per esaminare problemi
prevalentemente economici e
commerciali ».
Tambach 1919
(segue da pag. 4)
speranze ed i suoi errori, —
perché è lei che nella nostra
epoca, pone il problema dell’opposizione alla realtà così
come è, e che ci fornisce la
parabola del Regno di Dio, ed
è per mezzo di lei che sapremo se abbiamo capito questo
problema nel suo significato
assoluto e relativo».
Infine, il regno della gloria significa che sia l’accettazione di
questo mondo, come il suo rifiuto, il nostro « sì » come il nostro
« no » hanno il loro proprio limite. Barth vuole dire che né il
realismo di Hegel, né l’utopia dei
rivoluzionari basterebbe a giustificarli davanti a Dio. Davanti
all’irruzione del mondo nuovo di
Dio, i realisti hanno in parte ragione, perché ricordano, per analogia, la parabola di Gesù che
parte sempre dalla buona creazione profana di Dio; ma i rivoluzionari hanno ragione in un
senso più profondo, perché rispondono per analogia, della
protesta dei profeti. Tuttavia i
due gruppi devono ricordarsi
che non potranno mai arruolare Dio alla loro causa così battezzata, perché: « Dio è Dio » e
« non vi è nessuna continuità
fra le analogie e la realtà, nessuna relazione obiettiva fra
ciò che è manifestato e ciò
che è, e quindi nessun passaggio obiettivo, definibile in
termini di evoluzione, da uno
all’altro. Il Regno dei cieli è
una cosa a se stante (...) ».
trad. di Renato Coìsson
2 - continua
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8 luglio 1960
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