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Anno 114 - N. 13
1 aprile 1977 - L. 150
Spedizione in abbonamento postale
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ALLA BIENNALE DI VENEZIA 1977
TRE PAROLE PER CAPIRE LA PASSIONE
La mostra del dissenso RISCATTO
Contro le facili strumentalizzazioni della mostra l’esigenza di una
libera circolazione di idee anche in campo artistico
« ...il Figliuol dell’uomo non è venuto per essere servito ma per
servire, e per dare la vita sua come prezzo di riscatto per molti »
(Mtt. 30: 38, Me. 10: 45)
Esplosa circa un mese fa la
drammatica controversia per la
progettata mostra dell’arte del
dissenso nei paesi dell’Est europeo alla Biennale di Venezia
1977, non accenna ad esaurirsi
nemmeno dopo il ritiro delle dimissioni del presidente dell’ente,
Carlo Ripa di Meana, e le opportune «chiarificazioni minimizzanti» deirambasciatore sovietico a
Roma, Rijov, che l’hanno provocata. La vera ragione del persistere della polemica risiede nel
fatto che permangono intatte le
cause di sostegno o di contrasto
alle tesi del dissenso culturale,
che tanto ha fatto parlare o scrivere di sé.
Per l’esigua fascia dei lettori
de « La Luce » non sufficientemente informati sugli avvenimenti a cui faccio cenno, reputo
utile rammentare lo svolgersi dei
fatti: circa un mese addietro lo
ambasciatore sovietico, venuto a
conoscenza che il programma
della futura Biennale progettava di dar corso ad una esposizione di opere di artisti « non allineati », di nazionalità sovietica o
dell’Europa orientale, compiva il
grave passo diplomatico presso
il Ministero degli Esteri italiano,
avverso il progetto della mostra
del « dissenso », che egli giudicava provocatoria contro l’Unione
Sovietica, minacciando di ritirare il padiglione espositivo delrURSS da Venezia e di rivolgersi, se fosse capitato il peggio, ai
paesi socialisti dell’Est perché
tenessero conto delle posizioni
sovietiche e agissero di conseguenza.
Da qui le dimissioni di Ripa di
Meana e lo scatenarsi frenetico
delle opposte opinioni, traverso
le innumerevoli interrogazioni
alla Camera, al Senato, alle Regioni, ai Comuni, discettando di
interferenza sulla sovranità nazionale o proclamando legittima
la protesta di Rijov.
Non possiamo non accennare
al corretto atteggiamento di Tortorella, responsabile del settore
culturale del P.C.I. che si esprime a favore dell’autonomia dell’ente e in pari tempo condanna
esplicitamente le dichiarazioni ultimative dell’ambasciatore; Bettino Craxi è tutto per Carlo Ripa
di Meana, ma maldestramente
attacca l'ÙRSS per cui parla di
repressione culturale. Dai partiti
di destra la guerra aH’oporessivo comunismo non poteva che
arrivare puntualissimamente, per
le ovvie ragioni ideologiche, che
nulla hanno da spartire con i fatti dell’arte.
D’accordo dunque per l’autonomia intoccabile della Biennale; d’accordo contro il passo alquanto rozzo deH’ambasciatore
Rijov; ma premesso quanto sopra rimane una minacciosa zona
d’ombra sulla costruenda manifestazione, che fin dal suo chiacchierato titolo della mostra, che
parla di dissenso, proclama a
tutte lettere la sua insopprimibile ambiguità.
Non è cosa facile prevedere su
quali pilastri poggerà il dissenso
artistico della rassegna, che a
detta di Meana dovrebbe escludere ogni strumentalizzazione
antisovietica; ma basta dare una
scorsa alle dichiarazioni degli
«insospettabili» libertari che non
perdono occasione per affermare, senza darne le prove, che la
ideologia di tutto l’Est socialista
è in declino, per rilevare che la
strumentalizzazione è già in atto. È del 23 marzo la richiesta
di un ex assessore de durante
una seduta del consiglio comu
nale di Torino perché trasportata da Venezia anche i torinesi
possano godere della Mostra del
dissenso, che, citando le parole
di un altro consigliere democristiano « è ima battaglia internazionale di solidarietà politica in
difesa della libertà ».
Risulta, per quanto detto, assai chiaro che Tarte più o meno
dissenziente diviene pretesto per
stigmatizzare da « barbarie comunista » da parte dei visceralmente avversi alle società socialiste dell’Europa orientale.
Per contro prendiamo atto che
Ripa di Meana intende continuare ad avere rapporti amichevoli
con rURSS e con gli altri paesi
socialisti e che non è sua intenzione di abbandonare simili proponimenti, che concordano con
quelli di Mario Rigo, sindaco di
Venezia e vice presidente dell’ente veneziano che afferma:
« Non è nelle intenzioni della
Biennale fare il processo ai paesi deU’Est e l’iniziativa di quest’anno non può in alcun modo
essere paragonata a quelle precedenti sul Cile e sulla Spagna.
Venezia non ha nessuna intenzione di diventare un centro di
propaganda antisovietica ».
Ma l’altra faccia del problema,
Filippo Scroppo
(continua a pag. 8)
L'immagine del riscatto è molto antica, perché evoca il mercato degli schiavi: si ammassano
prigionieri di guerra, donne e
fanciulli, alcuni vecchi a buon
prezzo, perché le loro forze sono minime. Comprati e venduti
come oggetti, non conoscono il
loro destino, perché altri lo hanno in mano. Ma ad un tratto un
uomo, dopo avere pagato un’alta
mercede, dichiara che lo schiavo
è ora libero: da schiavo è diventato libero. Per lui si apre la via
della libertà; che se anche sarà
irta di paure, titubanze e difficoltà, sarà la via della responsabilità. L’Evangelo è la buona novella
IL CONCORDATO E L’ITALIA
La Vergine non si tocca
Delle due ascensioni di Gesù e di Maria, è stata data la preferenza
a quella di cui il Nuovo Testamento non parla
Mentre gli esperti delle due
parti provvedono al riesame delle proposte di revisione del Concordato a seguito del voto del
3.XII.’76 emesso dalla Camera
dei deputati, il governo italiano
e la S. Sede hanno proceduto direttamente ad una modifica del
testo concordatario del 1929.
Sembrerà strano che a tali modifiche si possa pervenire con
due procedimenti diversi, ma è
proprio cosi che stanno le cose.
Con la legge 5.III.1977 n. 54 infatti, allo scopo di sopprimere i
« ponti » infrasettimanali, sono
state abolite o spostate alla domenica 5 festività religiose e 2
civili. Le festività religiose erano state fissate nel 1929 con Tart.
11 del Concordato ü quale stabiliva che: «lo Stato riconosce
i giorni festivi stabiliti dalla
Chiesa, che sono i seguenti»; e
seguiva l’elenco delle 10 festività riconosciute.
La vicenda di questa modifica è cominciata in autunno in
uno con l’inizio delle trattative
per la revisione, ma la cosa è
andata più celermente, tant’è
che l’8.X.1976 Tufflcio stampa
del Vaticano dava notizia che,
conclusa la trattativa sulla materia delle festività riconosciute, « il cardinale segretario di
stato ha comunicato aU’ambasciatore d’Italia la disponibilità
della S. Sede ad accogliere la
richiesta avanzata dal governo,
che in deroga parziale al suddetto articolo alcuni giorni di
festa infrasettimanali non siano
più riconosciuti come giorni festivi agli effetti civili dello Stato italiano ». Cosicché la mate
Aiuti alla Romania
La memoria dell’uomo è decisamente debole. Accadono fatti
che suscitano la commozione generale a cui si collegano sentimenti di solidarietà sinceri. Ma
prima ancora che questi si possano tradurre in realtà di interventi concreti, ecco che già tutto è dimenticato. È quanto è accaduto anche in questi giorni
per il terremoto in Romania, di
cui giornali e altri mezzi di informazione hanno dato immediata notizia, con abbondanza di
particolari e di fotografie, ma
che ora è caduto nel silenzio.
Il Consiglio Ecumenico delle
Chiese di Ginevra ricorda nel
suo servizio di informazione che
il Governo Romeno ha per il momento sospeso ogni richiesta di
aiuti, in attesa di poter valutare
esattamente le necessità e richiedere quindi i soccorsi effettivamente utili. La Commissione per
l’aiuto reciproco delle Chiese e
per l’assistenza ai rifugiati ha
inviato sul posto un suo responsabile con il compito di tenere i
contatti con le autorità responsabili e insieme studiare le possibilità di intervento.
Fino a questo momento si trattava in modo particolare di assistenza nel campo ospedaliero
(ospedali da campo e attrezzature specializzate in grado di po
ter funzionare anche senza energia elettrica, medicinali). D’ora
innanzi serviranno invece macchine utensili per la rimozione
e il trasporto delle macerie e per
l’edilizia, in modo da abbreviare i tempi della ricostruzione e
restituire così al più presto una
casa di abitazione ai numerosi
senza tetto.
E proprio nel momento in cui
la maggioranza sembra dimenticare i bisogni e le necessità di
chi soffre che la Chiesa deve ricordare per dimostrare la sua
solidarietà. La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
ha rivolto un invito a tutte le
chiese perché dedichino a questa azione di solidarietà l’ammontare di una colletta domenicale. Ricordiamo quanto già
scritto sul nostro settimanale, e
cioè che il fondo di solidarietà
tra i lettori ha deciso di appoggiare il programma del (Consiglio Ecumenico e trasmetterà
quindi tutte le offerte ricevute.
Le offerte possono essere indirizzate, specificando sempre la
destinazione, al tesoriere della
Federazione past. Aurelio Sbaffi, via Firenze 38, 00184 Roma
(per vaglia o assegno circolare)
oppure al c.c.p. 2/39878 intestato a Roberto Peyrot, corso Moncalieri 70, Torino. B. R.
ria non risulta più tra quelle di
cui si occupa la commissione
Gonella-Casaroli.
Il comunicato stampa vaticano è quanto è stato reso noto
sulla questione. Neppure i parlamentari, che sono stati in seguito chiamati ad approvare il
provvedimento unilaterale con
cui il governo ha modificato sul
punto la norma tratta dal Concordato ed entrata in vigore con
la legge n. 810 del 1929, hanno
ricevuto una più esauriente informazione. In calce alla breve
relazione che accompagna il disegno di legge presentato in Senato il 12.X.1976 si legge solo
questa breve nota : « Alle modificazioni apportate alle festività
religiose è stata data l’adesione
della S. Sede, secondo gli impegni concordatari ».
La procedura seguita dal governo è perfettamente corretta.
Vi sarà stato uno scambio di
note diplomatiche, forse soltanto una nota verbale, come suol
dirsi, di assenso vaticano alla
richiesta governativa. Ciò è bastato per far scattare il meccanismo di modifica del testo concordatario previsto dall’articolo
7 della Costituzione il quale precisa che « le modifiche dei patti
accettate dalle due parti » possono essere attuate in Italia con
una legge ordinaria. Analoga è
stata la procedura attuata per
tutte le precedenti modifiche del
Concordato; quelle che non hanno destato clamore, operate dal
1946 ad oggi. Se non si fosse
trattato di dar vita ad un nuovo
concordato, anche per le modifiche predisposte dalla Commissione Gonella-Casaroli (se di
modifiche soltanto si fosse trattato), stante Tavvenuta accettazione delle due parti, si sarebbe
potuto procedere come per le
festività, sostituendo con una
legge ordinaria ai vecchi i nuovi
testi accettati da entrambe le
parti sulle singole materie. Ciò
conferma quanto espresso dai
negoziatori statali con la lettera
del 21.XI.1976 al Presidente del
consiglio, precisando che nel caso in corso si era trattato di
una « profonda revisione » che
dà luogo ad uno « strumento
nuovo» in luogo del precedente. Questa la ragione per cui si
(continua a pag. 8)
Giorgio Peyrot
del riscatto, col quale Cristo libera gli schiavi del peccato e della morte dalla paura, dalla disperazione^ dalla rassegnazione.
Per comprendere meglio l'annunzio del riscatto, riferendolo
all'unico brano (Matteo 20, 28 e
Marco 10, 45) in cui viene mentovato, col sostantivo, non lo si
può disgiungere dal contesto: la
disputa su chi sia maggiore fra
i discepoli. Giacomo e Giovanni
reclamano due posti di onore accanto al Cristo nel Suo regno.
Gesù oppone al criterio della gloria il criterio del servizio, I pretesi principi delle nazioni le signoreggiano, i Suoi discepoli si
qualificheranno col servizio. Perché tale è la via del Figliuolo
dell'uomo.
Quale è la natura del servizio?
E’ il dono della Sua vita. E’ un
riferimento alla profezia del Servo dell' Eterno (Isaia 53) ma
emerge, aldilà di ogni considerazione, la concretezza storica
dell’evento. Gesù segue la via
angusta e passa per la porta angusta, che indica ai Suoi discepoli.
Quale è il fine del servizio?
Non si esclude il fine della glorificazione del Figlio, come appare néll’Evangelo di Giovanni, ma
qui esso è reso manifesto nella
liberazione dei « molti »:
a) liberazione dalla condanna
della schiavitù del peccato. Se
questa diventa centrale nel messaggio di S. Paolo, è indubbio che
essa ha un’importanza incancellabile per il messaggio di tutta la
chiesa, compresa quella, che ha
accolto il persecutore Saulo. Non
per nulla essa echeggia nei vecchi cantici della chiesa antica (Filippesi 2, 10).
h) il servizio di Cristo serve
a ristabilire la comunione fra
Dio e l’uomo. Il riscatto è pagato
a Dio, non a Satana. Dio ha stabilita una corresponsabilità con
la Sua creatura e, come giudice,
stabilisce le linee di comportamento dei Suoi figli. Egli è il vero
garante della vita dell’uomo, la
quale si dissolverebbe nella disobbedienza e nell’ anarchia. Il
servizio di Cristo è volto verso
la salvezza della vita dell’uomo,
attraverso la Sua morte e la Sua
risurrezione.
c) il servizio è per « i molti ».
La liberazione non è solo un’esperienza individuale, anche se sempre personale, ma coinvolge « i
molti »; storicamente gente che
proviene dal giudaismo e dall’ellenismo, dal mondo ecclesiastico
e dal mondo profano. Nel « ser-_
vizio di Cristo » non manca mai
la prospettiva di una salvezza dal
respiro universale: Cristo non
muore per i ghetti, ma libera gli
uomini da tutti i loro ghetti. Potenza missionaria del riscatto!
L’annunzio del « servizio di Cristo » deve essere ancorato a due
fattori essenziali: A) Cristo ha
rischiato il dono della vita per
degli uomini sempre indegni (valore unico del riscatto di Cristo
per il ristabilimento della comunione col Padre); B) Il vero discepolato passa attraverso il dono della vita dei discepoli: non
si può evitare la porta stretta.
Questo orientamento dona al servizio dei discepoli sulla traccia
del Maestro un sapore cultuale.
Il vero « servizio-culto » del credente sarà il rifiuto del conformismo al presente secolo e la ricerca di una sempre nuova obbedienza a Dio nell’istante di storia, che gli è dato di vivere.
Carlo Gay
2
1° a
iprile
1977
FUSIONE DELLE DUE CHIESE DI VENEZIA NEL QUADRO DEL PATTO DI INTEGRAZIONE VALDO-METODISTA
Una giornata memorabile Per comune iniziativa
Abbiamo già dato notizia della fusione delle due chiese nella
pagina del 2° distretto. Data l'importanza ritorniamo sull’argomento con questa cronaca del past. Garufi e con una nota del viceModeratore Giorgio Bouchard.
Il 13 febbraio 1977 rimarrà
una data memorabile nella storia della chiesa valdese e della
chiesa metodista di Venezia, perché quel giorno è stata firmata,
subito dopo il culto, dal Moderatore della Tavola Valdese, dal
Presidente della Conferenza Metodista e da due rappresentanti dei due Consigli di queste due
chiese locali, la convenzione che
sancisce la fusione di queste ultime.
Le origini di queste due chiese veneziane risalgono ai tempi
del Risorgimento, immediatamente dopo la liberazione e l’annessione del Veneto al resto d’Italia, che andava unificandosi,
dopo il 1866. E la loro storia si
è svolta parallelamente per oltre un secolo fino ai nostri giorni. In questi ultimi dieci anni le
due comunità si erano messe
sulla via della loro unificazione,
in quanto, con un accordo fra i
due Consigli di chiesa e gli organi centrali, da circa un decennio esse sono curate da un solo
pastore e svolgono tutte le loro
attività in comune.
Ora, valendosi del disposto
dell’art. 27 del Patto d’integrazione globale valdo-metodista,
che concerne la possibilità della
piena fusione di due chiese locali, queste due comunità in due
assemblee distinte, tenutesi verso la fine del 1975, hanno espresso la loro volontà di unirsi anche sul piano formale, oltre che
su quello pratico. Cos’. la Commissione mista per l’integrazione valdo-metodista, d’accordo
con la Tavola Valdese e col Comitato Permanente Metodista,
ha preparato una bozza di convenzione che stabilisce il modo
e le condizioni di tale fusione.
Le due assemblee. In una seduta congixmta del 18.12.’76, alla
presenza del past. Giorgio Bouchard, membro della suddetta
Commissione, hanno esaminato,
discusso e alla fine approvato
questa convenzione con alcune
lievi modifiche. Questa in sostanza, tenendo innanzitutto presente la volontà espressa dalle due
chiese locali di unirsi completamente e la concorde opzione per
il regolamento valdese sulle
chiese locali, stabilisce che la comunità sorta da questa fusione
entro 30 giorni deve eleggersi un
nuovo ed unico Consiglio, unificare gli archivi, i beni mobili, e
i registri, mantenendo tuttavia in
essi distinti i membri di chiesa a
seconda della loro denominazione d’origine (questo anche ai
fini dell’assegnazione che la Tavola deve fare circa il numero
dei deputati al Sinodo della
componente metodista); ed infine specifica che le contribuzioni e le collette, detratte le
spese locali, vengano ripartite
ed inviate alla Tavola e all’OPCEMI in base alla componente
valdese e quella metodista della comunità medesima (attualmente 108 valdesi e 32 metodisti,
diaspora compresa).
Il 13 febbraio, dunque, questa
convenzione è stata firmata. Il
culto di quel giorno, che era domenica, è stato particolarmente
importante: sia per l’avvenimento, sia perché — data la vicinanza del 17 febbraio — abbiamo
voluto pure ricordare quest’altra data storica di considerevole
rilievo non solo per i Valdesi,
ma anche per tutto l’evangelismo italiano. La chiesa era quasi piena di fratelli valdesi e metodisti. C’erano pure alcuni cattolici del gruppo ecumenico veneziano, che con la loro silenziosa presenza hanno voluto attestarci la loro solidarietà in questo momento importante della
nostra chiesa. La predicazione ci
è stata rivolta dal Presidente
della Conferenza Metodista, pastore Sergio Aquilante, e dal
Moderatore della Tavola Valdese, past. Aldo Sbaffl. Il primo,
prendendo lo spunto dalla testimonianza di Saulo convertito a
Cristo (Atti 9: 20 ss.), ha sottolineato l’importanza e l’urgenza
che l’evangelismo italiano renda
chiara e ferma testimonianza a
Gesù Cristo, unico Signore e Mediatore, respingendo ogni forma
di autoritarismo, di mediazione
gerarchica e sacramentale radicata nell’animo nazionale per effetto della secolare cultura cattolica dominante. Il secondo, basandosi su Deuteronomio 30 :
15-20, ci ha invitati a fare delle
scelte chiare, nette e radicali,
secondo la Parola di Dio, come
hanno latto i nostri padri.
Subito dopo il culto, nei locali
sociali di palazzo Cavagnis, abbiamo fatto un’àgape fraterna
anche questa in commemorazione del 17 febbraio. Eravamo una sessantina di persone. Abbiamo consumato cibi e bevande
che i partecipanti hanno preparato e portato e che si sono
scambiati in generosa e fraterna
comunione. Durante l’àgape abbiamo ascoltato altri due messaggi : imo del Moderatore e
l’altro del Presidente metodista.
Il primo ci ha ricordato che la libertà i Valdesi non l’hanno ottenuta dagli uomini, ma dal Signore, e che dobbiamo saper usare questo tempo di pace per
approfondire la nostra preparazione teologica e spirituale per
essere in grado di affrontare
eventuali nuove difficoltà. Poi,
rispondendo ad alcune domande
ci ha informato sull’azione che
la Tavola (d’accordo col Comitato Permanente) sta facendo
perché non si inseriscano elementi che ci concernono nel progetto di revisione del Concordato e perché si arrivi alle famose « intese » di cui parla l’art.8 della Costituzione, che devono
servire a non creare situazioni
di privilegio. Il Presidente Aquilante poi ha preso la parola e,
rifacendosi a quanto già in passato è stato detto da pastori metodisti e valdesi, ha affermato
che i martiri valdesi appartengono a tutto l’evangelismo italiano, perché tutti i credenti evangelici in questo paese siamo
impegnati nella confessione della
medesima fede nell’unico Signore e Salvatore. I due messaggi
sono stati seguiti da una familiare conversazione su argomenti
relativi alla vita delle due chiese in Italia. Infine abbiamo ascoltato alcune poesie in dialetto
veneziano del nostro caro fratello Arturo Bogo, declamate amabilmente dallo stesso autore.
La giornata, che rimarrà come
un bel ricordo nel cuore della
comunità unita, si è conclusa
con la partenza dei nostri due
graditissimi ospiti, ai quali anche dalle colonne di questo giornale vogliamo esprimere il nostro vivo e cordiale ringraziamento.
A. Garufi
Un esempio di integrazione secondo lo spirito
e le norme del Patto, occasione di nuovo vigore per la chiesa che l’ha decisa
Chi ha partecipato o assistito
al varo del Patto d’integrazione
ricorderà che il problema delle
eventuali fusioni di chiese locali
ha dato luogo a vivaci ed attente
discussioni. Alla fine è stato elaborato l’art. 27 del Patto, che suona così;
« Le chiese locali valdesi e metodiste ora esistenti nel territorio di un medesimo comune non
si fonderanno od uniranno se
non per comune iniziativa locale, senza alcuna pressione od
invito degli organi periferici.
« Ogni fusione ed unione viene
attuata sulla base di apposita
convenzione approvata dalla Tavola (e sino al momento di applicazione dell’integrazione globale,
dalla Tavola e dal Comitato Permanente congiuntamente), nella
quale viene tra l’altro precisato
quale regolamentazione sulle
chiese locali (la valdese o la metodista) la chiesa interessata vuole adottare, a meno che la situazione locale non richieda una regolamentazione diversa che dovrà essere approvata dal Sinodo
nel quadro d’una modifica disciplinare ».
Questa norma è entrata in vigore il 1° setembre 1975. Poco
IL « GESÙ’ DI NAZARETH » DI ZEFFIRELLI
Un Messia troppo ovvio
Con un’appropriata citazione
dei capitoli 59 e 60 di Isaia (« La
tua luce è giunta e la gloria dell’Eterno si è levata su te») si è
presentato sui teleschermi di milioni di spettatori il « Gesù di
Nazareth » di Zeffirelli. Confeir
so di essermi disposto alla visione con un misto di scetticismo e di speranza. Sarà solo
uno spettacolo (e con l’incredibile battage pubblicitario che
l’ha preceduto, non sarà lo spettacolo di un « Gesù-Sandokan »?)
o potrà essere qualcosa di più,
nel senso di una predicazione
sia pure al di fuori di una esplicita professione di fede? Il recente Messia di Rossellini non
era predicazione, ma diverse
parti del Vangelo secondo San
Matteo di Pasolini lo erano, mi
sembra, e con forza. E il Gesù
di Nazareth di Zeffirelli? Ovviamente non si possono anticipare giudizi, dopo una sola puntata. Tuttavia mi pare possibile
avanzare due considerazioni, una
positiva ¡)S Una ne^tiva. j, ^
Di positivo ‘ in questo primo
approccio mi pare esserci la ricerca di aderenza alla semplicità e povertà dell’evento e della sua cornice. In questo senso
c’è un freno al richiamo dello
spettacolare, a cui sfugge solo
la sequenza della strage degli
innocenti. Fa parte di questa sobrietà la percezione tutta interiore della volontà di Dio nella
annunciazione (sottolineata solo
da un raggio di luce), nella decisione di Giuseppe di tenere
Maria e nella fuga in Egitto.
LA SPEZIA
Due visite gradite
Organizzata dalle chiese battista e metodista della città e dalla F.G.E.I./Toscana, ha avuto luogo il 20 febbraio una manifestazione pubblica per la presentazione del N. T. interconfessionale in lingua corrente con la partecipazione del prof. Bruno Corsani.
Dopo aver esposto il concetto
delle « equivalenze dinamiche »
e risposto in modo esauriente a
vari quesiti intorno alla scelta
di un termine anziché un altro
(in modo particolare il « Tu es
Petrus »), il prof. Corsani ha ricordato l’espressione dell’autore
dì Ebrei secondo cui la Parola è
come « una spada afflata a due
tagli... », cioè non ferisce solo gli
altri, giudicando i loro pensieri
e le loro opere, ma anche noi,
con i nostri pensieri e le nostre
azioni.
In seguito a questa felice espressione del prof. Corsani è
stata lanciata la proposta di ritrovarci intorno a questa Parola,
cattolici, battisti, fratelli, avventisti e metodisti, non per confermare eventuali consensi e convergenze, ma per lasciarci ferire
da essa affinché possiamo veramente vivere, e vivere (perché
no!) uniti. La Parola di Dio dev’essere ritrovata come la potenza di Dio che atterra e rialza, ferisce e risana, uccide e risuscita.
• « Questo nuovo Concordato
non è altro che il risultato della
teologia neo-costantiniana e del
peso della D.C. ».
Con queste parole certamente
provocatorie, il past. Giorgio
Bouchard esordiva nell’incontrodibattito, deirS marzo presso il
Centro Salvador Allende, dal
titolo: « Il nuovo Concordato:
perché siamo contro ». La manifestazione era organizzata dalle
comunità battista e metodista,
dalla FGEI/Toscana e dai C.p.S.
locali.
È strano, continuava il Vice
Moderatore, ma anche preoccupante, il silenzio in cui è caduto
questo testo dai 14 articoli. Nessuno ne parla, dibatte il tema.
Eccezione fatta per un Convegno di specialisti organizzato dalla Regione Emilia-Romagna, nessuno in questa Italia repubblicana si interessa a questo concordato redatto da tre cattolici di
Curia (ed è naturale) e da tre...
cattolici di Stato! È bene che
siano le Chiese evangeliche a parlare ed a dire ciò che si deve
dire, anche se ciò può far dispiacere a qualcuno.
Bouchard ha esortato tutti coloro che non sono neo-costantiniani né democristiani ad opporsi alla proposta di concordato
per il seguente motivo: se è stata una cosa grave che il concordato di 48 anni fa recasse la firma del cav. Benito Mussolini, cosa ancora più grave sarebbe se
questo breve testo recàsse la firma delle forze democratiche nate dalla Resistenza.
L’aspetto negativo .mi è parso
da riscontrare nella dilatazione
dell’evangelo dell’infanzia.
Non mi riferisco solo al fatto
che la decisione molto discutibile di dare uguale spazio alla
nascita e alla passione (primo é
ultimo episodio) ha comportato l’ampliamento della narrazione dei fatti al di là del testo
evangelico. È piuttosto su un altro piano che l’evangelo dell’infanzia è dilatato in modo arbitrario ; la consapevolezza di ciò
che sta per succedere non è più
soltanto accennata come in Matteo e Luca, ma è dilagante. Qui
Giuseppe è un San Giuseppe che
sa perfettamente chi sta per nascere e predica che il Messia sarà principe di pace. Anche Anna, la madre di Maria, ripassa
le profezie e i magi, con perfetta dimostrazione di teologia naturale, sono già arrivati per conto loro alla comprensione (« ho
intuito il piano divino », dice
Baldassarre).
Vi è cioè in questa prima puntata una pesante traduzione degli elementi simbolici del racconto di Matteo e di Luca in
elementi storici che vanno al
di là del messaggio evangelico.
Matteo e Luca hanno rispecchiato la meditazione della fede della comunità che a partire dalla
morte e dalla resurrezione di
Cristo guarda indietro e riconosce. Così i fatti narrati nell’evangelo dell’infanzia sono immersi in una luce di fede che
trasfigura, trascende la storia.
Gli elementi simbolici che ne risultano — per esempio i magi
— non hanno il valore di consapevolezza da parte di determinati individui, bensì; di testimonianza della fede della comunità che confessa un Messia venuto per tutti, pagani compresi.
Tradurre invece questi elementi della riflessione della fede in dati storici significa (oltre
che cadere nel grottesco), spostare un delicato equilibrio. Gesù negli evangeli è colui che è
riconosciuto nella fede, ma è anche colui che non è stato ricevuto da quelli di casa sua. Nel film
di Zeffirelli invece, Gesù è solo
riconosciuto dalla fede; anzi, è
riconosciuto anche al di fuori
della fede, come se la sua messianità fosse un dato storico. Ne
risulta un Gesù molto troppo
ovvio, un Cristo già condizionato dal dogma religioso di
massa.
Aspettiamo le prossime puntate, sperando di poter mitigare
le impressioni negative.
Franco Giampiccoli
dopo le due comunità veneziane
hanno pensato di applicarla alla
propria situazione: fin dall’autunno '75 le due assemblee hanno deciso separatamente di addivenire alla fusione delle due chiese: le due delibere sono pervenute alla Tavola e al Comitato
Permanente, che hanno incaricato la Commissione per l’Integragrazione di redigere una bozza
di convenzione, affinché la fusione si facesse con la massima
chiarezza possibile.
La convenzione ha cercato di
rispettare ì seguenti princìpi:
a) la chiesa che stava per nascere dalla fusione doveva optare o per il regolamento valdese
o per quello metodista, salvo diversa decisione del Sinodo;
b) ma questa scelta non doveva significare l’assorbimento
di una parte della comunità nell’altra denominazione: perciò ì
membri di chiesa dovevano conservare la denominazione d’origine (vedi art. 10 e 11 del Patto
d'integrazione), e con essa il diritto di partecipare alle responsabilità organizzative ed amministrative della denominazione
d’origine;
c) per il resto la vita della
chiesa doveva essere interamente unificata: una sola assemblea,
un solo consiglio di chiesa, unica amministrazione, ecc.
La convenzione è stata discussa dai responsabili locali e dall’Assemblea, corretta ed infine
approvata, come narra la cronaca pubblicata in questa pagina.
Questa decisione è un esempio
di integrazione globale realizzata secondo lo spirito e le norme
del Patto: la chiesa di Venezia,
grazie al confluire (non al confondersi) delle sue due componenti originarie conta ora 140
mem.bri adulti (inclusa una diaspora che arriva fino a Treviso),
organizzati intorno a due locali
di culto (Venezia e Mestre), con
vaste responsabilità ecumeniche
e un bellissimo lavoro d’accoglienza (la Foresteria, affidata alla famiglia del pastore).
Il nostro augurio è che la chiesa di Venezia esca rinvigorita da
questa esperienza, e con la consapevolezza di essere solidalmente sostenuta dalle altre cento e
più chiese valdesi e metodiste
sparse per Tltalia.
Giorgio Bouchard
Il gruppo giovanile evangelico
di Venezia e Mestre organizza
dal Z all’ll aprile una « MOSTRA
DEL LIBRO EVANGELICO »
in Piazza S. Marco a Venezia Sottoportico del Cavalletto (orario: 16-19.30).
Verranno esposti e messi in
vendita tutti i libri della CLAUDIANA, quelli editi da COMNUOVI TEMPI, alcuni della
lanterna, altri ancora di protestanti editi da altre case, e la
stampa evangelica (GIOVENTÙ’
EVANGELICA, COM - NUOVI
TEMPI, LA LUCE), la Bibbia e
il Nuovo Testamento interconfessionale.
Organizzato dalla EGEI, secondo le indicazioni congressuali, si
terrà a Ecumene dal 23 al 25
aprile un convegno nazionale su
«c Predicazione dell' Evangelo e
rapporti ecumenici internazionali ».
Il programma completo al pros>
simo numero. Non assumete altri impegni per quei giorni !
Posto pastorale vacante
COMUNITÀ’ EVANGELICHE
DI CASTASEGNA - BONDO SOGLIO (GR)
Dal 1° luglio 1977 il posto pastorale delle nostre comunità
sarà vacante.
Cerchiamo un pastore con
buona conoscenza della lingua
italiana.
Per ogni informazione rivolgersi, entro il 31 maggio p. v.,
al signor Ulrico Gianotti presidente della comunità di Castasegna (7649 Castasegna - Tel.
082/4.13.84).
3
1° aprile 1977
UNA ATTIVITÀ’ IGNORATA DEL CEC IN ITALIA
Servizio ai rifugiati
Nel nostro tempo il problema
dei rifugiati ha assunto una dimensione mondiale; si calcola
infatti che attualmente ve ne
siano circa 4 milioni sparsi nei
vari paesi. Eppure manca una
definizione universalmente accettata su chi è da considerarsi
tale.
La Costituzione Italiana (art.
10 terzo comma) riconosce il diritto di asilo allo straniero al
quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche. L’art. 14 della « Dichiarazione dei diritti dell’uomo » afferma che di fronte
alla persecuzione ogni persona
ha il diritto a cercare asilo ed a
beneficiarne in altro paese. La
Convenzione di Ginevra del 1951
delle Nazioni Unite, della quale
l'Italia è firmataria, definisce rifugiati tutti coloro che temendo di essere perseguitati per motivi di razza, di religione, di nazionalità e di opinioni politiche,
non possono e non vogliono avvalersi della protezione dei loro
paesi di origine.
Alla fine della seconda guerra
mondiale, con la creazione in
Europa di due blocchi, l’Italia
si è trovata, per la sua posizione geografica, ad assumere il
ruolo di paese di primo asilo e
quindi di transito, non essendo
possibile l’inserimento dei profughi nella precaria economia
nazionale. Si calcola che da allora ad oggi circa 200.000 persone
siano transitate nei campi profughi italiani.
Il Consiglio Ecumenico con il
suo Servizio ai Rifugiati, dal
1948 al 1975, ha aiutato ben
369.488 persone a trovare una sistemazione in vari paesi. Rispondendo ad una necessità concreta, il CEC aprì a Roma nel 1949
un ufficio per il Servizio ai Rifugiati in Italia. Da allora ad oggi più di 25.000 persone sono state assistite da questo ufficio che
si prefigge di aiutare il rifugiato
ad aiutare se stesso e, così facendo, mette a sua disposizione
esperienza e risorse appropriate.
Poiché i profughi in Italia sono in transito verso i paesi di
accoglimento e non hanno né il
permesso di lavoro né spesso alcun mezzo di sostentamento proprio, bisogna innanzi tutto provvedere per molti di essi vitto ed
alloggio per i pochi giorni di
permanenza a Roma, prima che
possano raggiungere il campo in
cui saranno a carico del governo italiano. I primi contatti sono quindi dedicati all’orientamento, pur lasciando piena libertà di scelta. È necessario infatti mettere al corrente il rifugiato delle reali possibilità che
egli ha di emigrare in un paese
piuttosto che in un altro, delle
condizioni socio-economiche e
politiche ivi esistenti, ed informarlo su quello che può attenderlo nella sua futura residenza.
È necessario inoltre durante l’intervista udire- e comprendere le
vicende personali e più riservate di ogni singolo, parlare con
lui a lungo e dettagliatamente
di vari problemi nella sua lingua, cosa talvolta difficile come
nel caso degli Armeni o degli Indiani espulsi dall’Uganda nel
1972, molti dei quali conoscevano solo il dialetto Gujarati.
Una volta raccolti i dati neccssai i, si procede al lavoro vero e proprio per l’emigrazione,
cioè: alla compilazione dei formulari per i consolati e dei dossier per le chiese riceventi (che
devono impegnarsi a garantire
un lavoro ed 1 primi mezzi di sostentamento all’emigrato), alle
visite mediche, ai documenti di
viaggio e a quanto altro necessario. È superfluo aggiungere
che il lavoro dell’ufficio comporta dedizione e consacrazione,
per un servizio che non conosce
orario rigido, ma solo la disponibilità totale di tempo e spesso di danaro personale, per essere noi il prossimo di chi ha
dovuto prendere una delle decisioni più difficili; rompere ogni
legame e partire affrontando una
situazione che significa fuga,
paura, ansietà, ma anche coraggio, pazienza e amore per la libertà. Benché tale lavoro comporti un dover valutare le persone e le loro possibilità, tutti
sono accolti nello stesso modo
e con la medesima apertura fraterna. Dio non fa differenza fra
le sue creature: perciò opinioni
politiche particolari, o simpatie
per un determinato gruppo, sono
severarriente messe da parte affinché non condizionino l’azione
ed il rispetto dovuto a chi bussa a quell’ufficio e verso il quale siamo debitori di un servizio
preciso, sia esso Cileno, Palestinese, Africano, Vietnamita, Kurdo. Armeno, proveniente da paesi dell’Est o dell’Ovest. È interessante notare che i due terzi
dei profughi assistiti lo scorso
anno erano Armeni provenienti
dall’Unione Sovietica.
Nel corso del 1976 ben 2.453
persone si sono rivolte al Servizio ai Rifugiati in Italia. Per
2020 di esse si è proceduto al
colloquio preliminare, alla intervista personale, quindi alla compilazione dei documenti ed al
loro inoltro sia ai consolati che
alle chiese dei paesi di accoglimento. Di queste 2020 persone
registrate per l’emigrazione, 1517
sono partite durante l’anno, altre sono potute emigrare in gennaio o febbraio 1977, altre ancora attendono l’esito positivo delle loro pratiche.
In media otto persone al giorno, e ciascuna con un problema
nuovo, sono passate per l’ufficio
italiano.
I paesi di maggiore accoglimento sono gli Stati Uniti, il
Canada, l’Australia ed in minor
misura la Nuova Zelanda; ma vi
sono altri paesi come la Svezia,
la Svizzera, la Danimarca e la
Norvegia che, pur accogliendo
un numero limitato di rifugiati,
hanno una funzione insostituibile e preziosa in quanto, dato l’avanzato sviluppo dei loro servizi sociali, rivolgono il loro interesse soprattutto agli anziani
ed agli handicappati, evitando
così il formarsi di sacche di
emarginati nei campi profughi.
Recentemente su richiesta del
Consiglio Ecumenico si è costituito un « Comitato italiano per
i Rifugiati » al quale hanno aderito le Chiese: Valdese, Metodista, Battista, Episcopale, Anglicana, Luterana, Metodista inglese, Ortodossa greca. Ortodossa
russa e la F.C.E.I.
Lo scopo è fare conoscere alle
varie chiese il lavoro dell’ufficio
italiano e quindi sensibilizzarle
al problema dei rifugiati affinché siano responsabilmente coinvolte in esso secondo le loro po.ssibilità. Tra i tanti e gravi problemi da risolvere, per i quali la
solidarietà umana non può essere assente, ve ne sono anche di
immediati, come ad es. la rottura di un paio di occhiali che
costituisce una vera tragedia per
il profugo anziano e senza entrate o, come già avvenuto, quando
qualcuno sviene in ufficio per la
fame.
Per la Chiesa Valdese è membro del comitato ij pastore Giovanni Scuderi (Via 4 Novembre
107, Roma), per la Chiesa Metodista il pastore Mario Sbaffi (Via
Firenze 38, Roma), per l’Unione
Battista il pastore Luigi Spuri
(piazza in Lucina 35, Roma), per
la Federazione il Presidente Piero Sensi (Borgo Ognissanti 6,
Firenze).
Il Comitato Italiano del servizio ai rifugiati del Consiglio Ecumenico.
P. S. - Chi volesse inviare offerte, può farle pervenire ad una
delle summenzionate persone,
specificando lo scopo.
SCHEDA
Gli Armeni
Il nuovo 6sodo di un popolo sonza confini
Il soggiorno in Italia
Circa due terzi dei profughi
in transito in Italia ed assistiti dairUfficio Italiano per i Rifugiati nel 1976 sono stati armeni provenienti dalTUnione
Sovietica. Questo è un gruppo particolarmente interessante. Infatti nella quasi totalità di queste famiglie, si riscontra che i genitori sono i
superstiti del massacro di più
di un milione e mezzo di Armeni perpetrato dai Turchi
nella seconda decade di questo secolo. Scampati fortunosamente per Tintervento di
governi e di missionari cristiani, essi, in gran parte orfani, furono portati in salvo nei
paesi limitrofi quale il Libano,
la Siria, l’Egitto, l’Iraq, dove
frequentarono le scuole e svolsero una attività lavorativa.
Alla fine della seconda guerra
mondiale una grande pressione fu esercitata su di loro per
indurli ad andare nell’Armenia Sovietica. Tale propaganda trovò terreno fertile nell’attaccamento alle tradizioni
del popolo armeno ed anche
nello stato di insicurezza che
essi, cristiani e stranieri, sentivano nei paesi musulmani.
Vi fu quindi un esodo che purtroppo non ebbe buoni risultati; l’educazione e le esperienze fatte in paesi a regime
diverso finirono per rendere
particolarmente difficile il loro inserimento nella società
sovietica e per farne una categoria a parte nel loro stesso
ambiente. Attesero anni per
poter partire non riuscendo
ad ottenere un passaporto.
Solo recentemente, nel quadro degli accordi tra Stati
Uniti ed Unione Sovietica per
l’espatrio degli ebrei, trovarono spazio anche quegli armeni che potevano avvalersi
di un atto di richiamo da parte di parenti stretti negli Stati Uniti. Questo è un programma che è soggetto allo stato
di relazioni tra i due paesi e
che potrebbe cessare ad ogni
momento. Per questa ragione
coloro che possono e lo desiderano si affrettano ad ottenere il permesso di recarsi all'estero. Da dò è derivato un
afflusso inaspettatamente alto
di queste persone. Infatti, non
potendo per ragioni contingenti svolgere le pratiche di
emigrazione in Armenia e non
essendo autorizzati a soggiornare a Mosca e ad avere ripetuti contatti con l’Ambasciata degli Stati Uniti, essi,
dopo una breve intervista con
il console americano, vengono
a Roma per completare le loro pratiche. Il loro soggiorno
in Italia è di breve durata:
due, tre mesi. Il nostro ufficio provvede a trovar loro alloggio ed a prenderne cura
durante la loro permanenza,
non potendo essi essere immessi nei campi profughi in
quanto legalmente autorizzati
a lasciare l’Unione Sovietica.
REVISIONE DEL CONCORDATO
Disagio in aumento
Una lettera di Sauro Gottardi, che replicava ad un articolo di A. C. Jemolo su ”La Stampa”, è stata completamente fraintesa
Prendendo lo spunto dal recente convegno universitario tenutosi a Bologna sul Concordato,
A.C. Jemolo in un articolo su La
Stampa ( « Religione e libertà »,
19.3), sostiene la tesi che la tendenza presente a Bologna, mirante « ad una riforma profonda
della Chiesa » non saprà mai
sganciarsi dall’« attrazione di forze politiche che escludono invece
ogni fede religiosa », e quindi si
porterà dietro, oltre ad una improbabilità di riuscita, una insanabile contraddizione interna.
Di qui Jemolo passa ad una
esposizione della « lotta sostanziale » tra posizione comunista e
posizione cattolica che si svolge
non già nelle cortesie verbali dei
convegni bensì sul terreno concreto delTinsegnamento religioso.
Da una parte il tentativo comunista di estirpare la religione.
Dall’altra la posizione cattolica
che sulla base della fiducia che
« la religione non sarà mai estirpata » e che « Cristo è venuto per
tutti gli uomini, di ogni generazione », ritiene di dover mantenere la religione coltivando nell’insegnamento pubblico la pietà
e il sentimento religioso nel bambino. Tale impegno è presentato
come ricchezza oggettiva per tutti, perché « anche a molti che
non sono credenti, un mondo che
non creda in nulla oltre a ciò che
è tangibile, che ignori la speranza in gioie e bellezze che gli occhi umani non possono percepire, appare la visione di un
mondo impoverito ».
La conclusione operativa non
espressa è comunque chiara;
non essendoci una terza via, per
Jemolo, tra estirpazione del sentimento religioso e educazione
religiosa pubblica del bambmo,
egli si sente ovviamente dalla
parte dei « tre coraggiosi difensori di un Concordato riveduto »
che a Bologna si sono opposti
alla maggioranza abrogaziohista.
Sempre su La Stampa, nella rubrica « I lettori discutono », il 19
marzo Sauro Gottardi esprime il
suo disagio per le posizioni
espresse da Jemolo e ancor più
per il fatto che sono le posizioni
di uno di quei cattolici incaricati dal governo di trattare la revisione del Concordato col Vaticano. Jemolo infatti è un « cattolico vecchio stampo, al quale
"appare la visione di un mondo
impoverito" qualora la chiesa
non possa vivere in condizioni di
"protezionismo" »; è ancora fermo ad una posizione che divide
il popolo « in bianchi (i buoni) e
in rossi (i cattivi)», considerando
« le nuove strutture sociali e scolastiche come "lotta sorda nella
scuola elementare e soprattutto
nelle materne", e che ritiene necessario il "concordato" con la
chiesa cattolica per mantenere le
"garanzie agli altri culti" ».
Di qui Gottardi passa a riaffermare in forma di domande alcune delle tesi anticoncordatarie di sempre:
«La libertà a tutti culti (compreso dunque anche quello cattolico ) non è già garantita dalla Costituzióne italiana? Nelle scuole
non è il caso che non ci sia né
una religiosità comunista, ma
nemmeno una religiosità cattolica, e che la scuola sia laica come è sempre stata? ».
E termina auspicando che a
trattare col Vaticano vada una
controparte italiana che sia veramente laica.
Il 23 marzo risponde, sulla
stessa rubrica, A. C. Jemolo accusando Gottardi di avergli fatto
dire ciò che non disse per poterlo confutare. La sua affermazione sul « mondo impoverito » riguardava un mondo senza le
gioie delTinvisibile, non un mondo senza il protezionismo concordatario. Con l’accenno al rapporto tra art. 8 e art. 7, Gottardi
« trae la conclusione che io affermi essere necessario il concordato per mantenere le garanzie agli altri culti», quando invece la dipendenza delTart. 8 dal 7
è solo unà dipendenza logica.
Gottardi, conclude Jemolo ac
cennando a quanto da lui detto
sulla scuola laica, « evidentemente è ancora fermo alla religione
oppio del popolo, e nella religione include tutto il senso del sacro, il mistero dell'universo che
ha fatto piegare le ginocchia di
tanti non credenti; quindi crede
sia bene sterilizzare i bambini
contro ciò che non sia pratico e
tangibile.
Non abbiamo quindi proprio
nulla da dirci ».
Fin qui la discussione su La
Stampa che spero di aver riassunto fedelmente. Quali conclusioni possiamo trarne come evangelici? Due utili insegnamenti
per ciò che riguarda i nostri interventi nel dibattito culturalereligioso-politico.
In primo luogo dobbiamo fare
attenzione a non prestare il fianco a rilievi marginali di inesattezza formale altrimenti — come
è evidente nel caso in questione
— Tinterlocutore ha buon gioco
nel rilevarli, nel ritrarsi offeso, e
nell’eludere così la sostanza della questione. Una delle condizioni perché le nostre posizioni siano prese sul serio e non liquidate frettolosamente è che il ritratto che presentiamo delTaltro sia
tale per cui l’altro ci si riconosca. Non è assolutamente detto
che sia condizione sufficiente;
ma per parte nostra non possiamo trascurarla.
Questo rilievo non giustifica
tuttavia minimamente la grossolana risposta del prof. Jemolo,
che si dimostra assolutamente
incapace di ascoltare e capire chi
gli parla, tant’è vero che in modo quanto mai superficiale incasella Gottardi come ateo e materialista. Certo la lettera di Gottardi non aveva in testa l’etichetta « valdese »; ma era proprio così difficile riconoscerne la provenienza?
Bastava la negazione del Concordato sulla base del fatto che
« è proprio la tensione con la società che costituisce la verifica
del valore del messaggio cristia
no », e tra le affermazioni anticoncordatarie comuni a tanti altri, quella tipica valdese, detta e
ribadita soprattutto dalTapparizione della bozza di revisione del
Concordato, secondo cui la libertà di tutti i culti è già garantita
dalla Costituzione. Era proprio
difficile riconoscere la matrice
di questa lettera? Per molti certo sì, ma ci si poteva aspettare
altro dal prof. Jemolo.
Comunque il secondo insegnamento da trarre da questo dibattito mi sembra essere questo:
nei nostri interventi nel dibattito
culturale-religioso-politico dobbiamo rendere più esplicita la nostra posizione; dobbiamo preoccuparci non soltanto di presentare un ritratto delTaltro in cui l’altro si riconosca, ma anche di non
dare mai per scontato che sia riconosciuto il ritratto che noi diamo di noi stessi. Uno può essere
stato per anni direttore di una
delle nostre scuole domenicali,
come è il caso di Gottardi: la
sua rivendicazione della laicità
della scuola lo farà passare per
uno sterilizzatore spirituale di
bambini. Una alternativa tra il
temuto laicismo anti-religioso
imposto a tutti e un cristianesimo come componente del patrimonio culturale da diluire in niodo generalizzato nella formazione culturale del paese, Talternativa cioè della testimonianza di fede data e ricevuta liberamente
nell’ambito della comunità ecclesiastica, è talmente lontana dai
pensieri del cattolico medio, che
deve essere esplicitata sempre di
nuovo.
Queste le conclusioni che mi
sembra dobbiamo trarre noi per
parte nostra. Altre, non di nostra
competenza, le tragga — se crede — il prof. Jemolo per parte
sua. Concludiamo tuttavia con
una speranza; che quando incontrerà insieme agli altri incaricati i rappresentanti delle Chiese
valdese e metodista per discutere delle intese previste dalTart.
8 e si troverà di fronte a disagi
e a posizioni che sostanzialmente sono quelle espresse nella lettera di Gottardi (anche se con
formulazioni forse un po’ diverse) non abbia a ripetere un secco quanto incauto « non abbiamo proprio nulla da dirci ».
F. G.
4
1° aprile 1977
A colloquio con i lettori
DONNE E SACERDOZIO
Chiesa e tradizione
Informare e
consultare
Caro Direttore,
ho letto con molto interesse l’articolo di E. Biglione sullVEco» del 4 febbraio perché anch’io seguo molto, direi con affetto e trepidazione, le Opere
della nostra Chiesa e perché ritengo
che più i membri di Chiesa sono informati e più e meglio possono seguire e se necessario aiutare i nostri Istituti. Ne è una riprova attuale la risposta di tutte le Comunità all’appello per
l’Asilo di S. Giovanni, sia come interessamento, sia come doni.
So bene che molte opere sono in
gravi difficoltà non solo finanziarie,
ma anche per l’incertezza del loxo av
venire e per la difficoltà di mante nere
a queste opere le caralteiisliciie che
finora le hanno distinte, giusaficate e
rese care a noi tutti.
Spero che qualche risposta verrà a
questa richiesta di informazioni alla
quale mi permetto rii aggiuagere una
domanda precisa. Molti sanno che il
Rifugio Carlo Alberto ha avuto un lascito di tale ammontare ed importanza
da poter ingrandire e migliorare quest’opera in misura impensata. Siccome
il Rifugio è un’opera che è stata sempre molto seguita ed amata da tutte
le nostre comunità, non sard>be giusto che la C.I.O.V. le informasse e le
consultasse?
Ritengo che un lascito di questa importanza comporti decisioni tali che
non debbano essere prese solo dalla
C.I.O.V. anche se naturalmente le sue
decisioni sono poi portate alla Conferenza Distrettuale ed al Sinodo; credo
di poter chiedere, come membro di
chiesa, che anche, e specialmente questa volta, sia adottata una diversa procedura come già è stato fatto prima
per l’ospedale di Pomaretto e poi per
quello di Torre Pollice; in entrambi
i casi sono state interpellate le comunità ed il loro interessamento era stato notevole. Non entro in merito ai
motivi per cui il progetto per il trasferimento e l’ampliamento dell’ospedale di Torre non è stato realizzato,
forse il progetto non era veramente
conveniente ed attuabile o forse non
era stato presentato con sufficiente convinzione comunque la questione non
è chiusa ed è una cosa sicuramente positiva che queste grandi decisioni non
siano prese ed imposte dall’alto ma che
siano « sentite » e prese da tutta la
popolazione.
Ringrazio e saluto cordialmente
Carlo Puns
Proposta di modifica
Oscar Zennaro, di Veneàa, fa ale tfii
rilievi, positivi e negativi, sul ^ornale, il più importante dei quali è il seguente:
(...) Un altro difetto penso sia l’abbinare al giornale la Cronaca delle Valli. Noi del Triveneto abbiamo pensato
di fare un unico notiziario che raccoglie le notizie di tutte le chiese del circuito. Così potreste fare anche voi per
il vostro circuito. Così le due facciate
potrebbero essere utilizzate per i più
piccini, per la Scuola domenicale, insomma per i giovani, ed un angolino
per i giochi e quiz biblici, come ad esempio sì fa in altri periodici evangelici, tipo « Voce del Vangelo » al quale
sono abbonato.
Mi scusi per la mia presunzione, ma
è anche il pensiero e il desiderio di
altri membri che auspicano una modifica in questo senso del giornale.
Avrei piacere che questo fosse reso
presente nel giornale. Grazie..
Saluti fraterni nel Signore.
Oscar Zennaro
La lunga attesa
Paolo Olivieri, di Napoli, risponde
ad una nostra circolare che — per
semplificare il lavoro di spedizione —
chiedeva agli abbonati dell’Eco residenti fuori delle Valli se accettavano
di ricevere invece La Luce.
... Ti dirò che da tempo attendevo
questa lettera, per l’esattezza da circa quattordici anni, data in cui, per
la prima volta, sottoscrissi l’abbonamento all’« Eco delle Valli », anziché
a « La Luce »!
Il mio atto ebbe ed ha un significato
ben preciso: che cosa sono queste discriminazioni che esistono ancora all’interno della Chipsa Valdese?
Secondo il mio modesto parere la
Chiesa valdese è e deve essere un unico corpo, sia che i suoi membri risiedano entro le tradizionali Valli, sia che
ne risiedano fuori. Ora, se il giornale
è lo stesso, perché non se ne unificano
anche le testate? Mi sembra finalmente
venuto il momento che anche le ultime « discriminazioni razziali » cadano!
(Ce ne sono ancora molte nella Chiesa valdese, soprattutto in materia immobiliare!).
Perciò, quando saranno unificate anche le testate, sarò lietissimo di ricevere il nuovo giornale, ma per il momento, desidero quello a cui mi sono
liberamente abbonato! E’ una questione di principio. L’unica cosa che mi
rincresce è che ciò comporti maggior
lavoro per l’amministrazione. Vi chiedo scusa per questo.
Fraternamente,
Paolo Olivieri
In modi diversi questi due interventi ripropongono il problema della fusione dell’Eco e della Luce.
Il contenuto del problema è dato
dalla difficoltà di far coesistere 6 pagine a carattere nazionale e intemazionale con 2 pagine a carattere locale. Sappiamo bene che l’attuale « coesistenza » è piena di difetti e che il
diverso carattere delle due parti dà
noia a molti. D’altra parte la soluzione proposta da Zennaro non è una
vera soluzione, perché equivarrebbe a
sopprimere l’Eco. Ora le necessità del
I distretto sono ben diverse delle necessità di uno qualsiasi dei nostri circuiti con alcune chiese disseminate in
una vasta area. Un organo di collegamento, di informazione inserito nella
realtà tanto ecclesiastica che civile è
indispensabile alle Valli.
Certo le chiese delle Valli hanno ^.ià
il loro notiziario ecclesiastico, il « boilettone » che esce due o tre volte all’anno. Se si seguisse la proposta di Zennaro questo notiziario dovrebbe sostituire la cronaca delle valli, con l’ampiezza e la periodicità necessarie. Praticamente riapparirebbe l’Eco in altra
veste. Benissimo. Ma abbiamo la possibilità di mantenere due giornali, noi
che già stentiamo non poco a mantenerne uno?
E’ comunque un fatto che l attuale
« coesistenza » tra Eco e Luce pone
problemi reali che andranno affrontati. L’attuale redazione, in parte nuova a questo lavoro, intende affrontare
questi problemi non appena avrà una
pratica sufficiente per ciò che riguarda gli altri problemi non lievi connessi all’edizione del giornale.
La forma del problema è invece accennata da Olivieri che non mette in
questione la fusione, ma la forma che
ha assunto e cioè il permanere delle
due testate. Francamente mi sembra
un po’ assurdo ed enfatico chiamare
« discriminazione razziale » il fatto che
la testata rimanga doppia! Per me è
solo questione di rispetto reciproco.
Perché imporre qualcosa agli altri, oltre a ciò che le ristrettezze economiche
ci impongono? Imporre la testata « La
Luce » alle Valli significherebbe cancellare del tutto la realtà dell’Eco delle Valli che ha una sua storia, un suo
passato, un suo significato ( accanto
ad un altro Eco, del Chisone, di impostazione ben diversa). Imporre viceversa la testata aEco delle Valli Vaidesi vai resto delle nostre chiese significherebbe rendere il nostro giornale
ancor più delimitato geograficamente
e meno in grado di penetrare in ambienti esterni di quanto già non sia.
Così abbiamo doppia testata. Non è
razzismo, non scherziamo. E’ un pluralismo che costa un po’ di tempo, di
lavoro e di burocrazia in più, ma che
vai la pena di rimanere valido finché
non si troverà una soluzione che elimini gli inconvenienti senza sopprimere o imporre l’una o l’altra delle due
componenti.
Valdesi e metodisti, stiamo attuando uno dei cammini ecumenici più interessanti del nostro tempo: una integrazione che non sopprime nessuna
delle due parti. Non dobbiamo a maggior ragione trovare nello stesso spirito e con uguale fantasia forme di « integrazione » tra le Valli e il resto delle
nostre chiese? Proposte precise, per ciò
che riguarda non solo la forma (testata), ma anche il contenuto (coesistenza delle 2 pagine delle Valli nel
resto del giornale) saranno gradite per
cercare di trovare soluzioni migliori
di quelle — mai definitive, ovviamente — trovate finora.
Franco Giampiccoli
Commentando sul « Giorno »
del 17 febbraio le decisioni curiali in merito alla possibilità
di ordinazioni di donne al sacerdozio, Ferdinando Camon si fa
paladino della soluzione negativa data al problema con un ragionamento che è tipico di certa cultura « cattolica » che impregna ancora di sé tanta attività culturale italiana.
Il ragionamento del Camon
può essere schematizzato come
segue:
— la religione non può che a1>
tenersi alla tradizione in
quanto, rappresentando essa
la rivelazione di Dio agli uomini, è solo attraverso la tradizione di tali successive rivelazioni che essa si realizza;
— da Cristo in poi non si è mai
vista una donna rivestita di
abiti e funzioni sacerdotali
(almeno nella Chiesa Cattolica);
— il Papa, essendo l’unico autorizzato interprete delle rivelazioni di Dio agli uomini, è
il solo in grado di dare un
parere determinante in tutti
questi argomenti.
Lasciamo pure stare il merito del problema che nelle nostre Chiese ha trovato ben diversa e positiva soluzione; ma
è ancora possibile che, per difendere la tesi della incapacità
della donna a rivestire funzioni
sacerdotali, si debba ricorrere
a questo tipo di argomenti?
E lasciamo stare anche la riaffermazione della autorità papale, legata ad una diversa concezione ecclesiologica che rappresenta pur sempre il più serio
ostacolo a qualsiasi forma di
ecumenismo inter cristiano.
Ma la identificazione tra « religione » e « tradizione » e la staticità della tradizione stessa urtano in modo violento non solo
contro la semplice lettura dei
Vangeli, ma anche contro la
stessa evoluzione di cui la Chiesa cattolica ha dato evidenti segni in tutta la sua storia. E del
resto lo stesso scrittore ammette le « successive rivelazioni di
Dio agli uomini » che costituiscono appunto l’evoluzione della tradizione.
Certo sarebbe impossibile negare che anche per noi protestanti la tradizione non abbia
un suo valore. Siamo anche noi
figli della nostra storia.
Ma pare che una differenza
fondamentale esista tra la nostra « tradizione » e quella, in
fondo paleocattolica, cui il Camon si riferisce. La nostra tradizione ha, mi sembra, un contenuto soprattutto teologico e si
sostanzia in un progressivo approfondimento dell’infinito materiale offerto alle nostre meditazioni dalla predicazione di Cristo e dei suoi apostoli; e tale
approfondimento si traduce in
un aggiornamento costante dei
suoi significati e, se posso usare questa parola, in una storicizzazione dei suoi valori aggiornati alla situazione del presente
ed orientati in qualche modo all’avvenire.
La tradizione cattolica invece
è orientata unicamente alla conservazione di significati e di va;
lori appartenenti al passato e ad
essi costantemente si riferisce,
essendo cosi, destinata a combattere solo e sempre battaglie
di retroguardia.
Ed è facile concludere che in
tal modo la Chiesa cattolica si
trova automaticamente alleata
di tutte le forze conservatrici,
anche quando si tratta di conservare ciò che sarebbe assai
meglio abbandonare o modificare. Con quali conseguenze sulla validità « cristiana » della sua
testimonianza è facile vedere.
Niso De Michelis
ALL’ASCOLTO DELLA PAROLA
Sete di guerra e re di pace
Tra l’accettazione e la ripulsa del popolo il Cristo, con la manifestazione della sua inconsueta
regalità, propone il difficile cammino della fedeltà alla volontà di Dio
E quando furono vicini a Geruaaiemme e furono giunti a Betfage, presso al
monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: Andate nella borgata che è dirimpetto a voi ; e subito troverete un'asina iegata, e un pu^dro con
essa : sciogiieteli e menatemeli. E se aicuno vi dice qualcosa, direte che li Signore
ne ha bisogno, e subito li manderò. Or questo avvenne affinché si adempisse la
parola del profeta : Dite alla figliuola di Sion : ecco ii tuo re viene a te, marisueto,
e montato sopra un'asina, e un asinelio, puledro d'asina. E i discepoli andarono
e fecero come Gesù avea loro ordinato; menarono l'asina e il puledro, vi misero
sopra i loro mantelli, e Gesù vi si pose a sedere. E la maggior parte della folla
stese i mantelli sulla via ; e altri tagliavano de' rami dagli alberi e li stendeano
sulla via. E le turbe che precedevano e quelle che seguivano, gridavano : Osanna
al Figliuolo di Davide I
Benedetto colui che viene nel nome del Signore I Osanna ne iuoghi altissimi. Ed essendo egli entrato in Gerusalemme, tutta la città fu commossa e si
diceva: Chi è costui? E le turbe dicevano: Questi è Gesù, il profeta che è da
Nazaret di Galilea.
Un grande affresco, denso di
particolari, illustra l’inizio della settimana decisiva del Cristo.
Ciò che sfugge alla mano di Matteo viene ripreso da Giovanni
mentre alcuni preziosi particolari li troviamo solo in Marco e
in Luca.
I quattro autori dedicano, a
questo ingresso, uno spazio, pare, esagerato; s’intende esagerato’ rispetto a tutto il resoconto
(in fondo poche pagine) dei tre
anni di ministero pubblico di
Gesù.
Matteo, l’autore che abbiamo
sotto gli occhi, segue, come un
attento cronista, la curiosa meccanica dell’ingresso del drappello dei seguaci. In realtà Matteo
scrive a cose avvenute, il che gli
permette di aiutare meglio i suoi
lettori a capire il singolare episodio. Tant’è che particolari, apparentemente secondari, acquistano di colpo un’insospettata
vitalità proprio quando ci si imbatte nella citazione del profeta Zaccaria.
La citazione è autentica e l’anello si chiude costituendo una
unità tra quello che era stato
detto cinquecento anni prima e
quello che stava capitando. E se
1 discepoli — aggiunge l’apostolo Giovanni — non capirono
subito la curiosa concatenazione
dei fatti, essi, ugualmente, accettano di servire il Maestro. Del
resto non era la prima volta che
non afferravano bene l’atteggiamento del loro Signore. Per la
chiesa apostolica, che leggerà
questo episodio alla luce della
risurrezione, sarà tutto molto
più facile grazie appunto a quella pagina del (secondo) libro di
Zaccaria che, nella sua visione
apocalittica, descrive la caduta
dei poteri malvagi e immagina
una Gerusalemme capace di accogliere il « re pacifico ». E difatti accoglienza c’è stata.
La folla variopinta dei pellegrini, presenti a Gerusalemme
per la festa di Pasqua, circonda
Gesù e i suoi, con un entusiasmo che ricalca, nei gesti, gli antichi usi di ossequiare la regalità. Un re, questa volta, che di
propriamente regale aveva solo
la fama. Era un eccellente guaritore. Sarebbe stato più regale
entrando in scena con un bel
destriero bianco (un eroe romano lo avrebbe certamente avuto) da cui dominare la folla vociante e magari, per completare il quadro, con una bella pat
tuglia di guerrieri ai lati. Il grido « Osanna al Figlio di Davide » che corre sulla bocca del
popok) non è soltanto gioia e
attesa messianica ma diventa —
nella sfida che questo corteo
rappresentava per le autorità —la formula, il recinto entro cui
Gesù deve muoversi.
Nel cuore della vita politica e
spirituale d’Israele sembra essere arrivato il momento per una
decisiva prova di forza; potesse
realizzarla questo gallico (!), allora sì che la restaurazione del
glorioso regno davidico non sarebbe più una chimera.
Anche qui, riemerge prepotentemente la tensione tra il Cristo
e la folla. Tra la realtà del sermone sulla montagna e quello
che in realtà (e al di là di ogni
sermone) si voleva.
Il popolo cos’altro poteva sperare se non il ristabilimento della passata dignità e la conseguente cacciata dell’usurpatore
romano?
Un desiderio legittimo che si
traduce nel ricoprire il cammino della speranza con vestiti e
fresco fogliame (un uso orientale di venerare i potentO; questa gente sembra proprio non
dover più abbandonare (3esù innalzato, nel cuore di molti, a eroe
nazionale. Ma Gesù entra nella
« città della pace » — Cìerusalemme — come un re di pace
sopra l’antica cavalcatura dei
patriarchi. Entra come colui che
presenta, per sempre, anche nella nostra vita, il carattere nonviolento del Regno.
Si arriva così alla domanda
che chiude l’episodio. Essa è già
un brusco ridimensionamento
del quadro precedente e la medaglia presenta l’altra faccia
(quella vera): « Chi è costui? ».
« È il profeta di Nazareth »; rieccheggia, in questa battuta, lo
scetticismo di Natanaele: « Può
mai venire qualcosa di buono da
Nazareth? ». Il Messia, questo
tipo di Messia, decisamente delude le aspettative. E questa folla che desidera, nell’euforia popolare, condizionarlo, domani gli
sarà contro, nella piazza, di fronte alle autorità.
Per molti, adesso parliamo di
noi, conoscere Cristo può esser
stata un’esperienza entusiasmante che col tempo ha lasciato il
posto alla rassegnazione, allo
scetticismo. Lentamente si richiude quella porta che Cristo
aveva spalancato e si comincia
a nutrire una sottile avversione
per un evangelo che non corrisponde ai nostri calcoli. Non è
facile lasciarsi mettere in questione dall'evangelo. È più facile illudersi di adattarlo alle nostre esigenze.
Cristo sfugge agli schemi che
vorrebbero condizionarne la missione e rimane, dopo Teffimera
comparsa della massa, solo e
braccato dall'associazione a delinquere dei farisei, capi-sacerdoti etc.
Di fronte a un possibile ruolo,
fatto certamente di successi e
di potere. Cristo contrappone
la linea deH’umiltà e dell’obbedienza alla propria vocazione.
Questa linea ci appartiene, vorrei dire purtroppo ci appartiene, perché sarebbe tutto molto
più facile se potessimo fare affidamento su di un Maestro meno radicale e più propenso ai
compromessi. Ma tra l’entusiasmo e la ferocia popolari, tra la
accettazione e la ripulsa Cristo
presenta al mondo l’impegno
della vita nuova proponendoci
— anzi reclamando — il difficile
cammino della fedeltà alla volontà di Dio. In quella direzione
il grande affresco iniziale della
passione — spazio pochi giorni
— gronderà sangue.
Giuseppe Platone
5
1° aprile 1977
Come da decisione del Sinodo 16 la Tavola ha
sancito la separazione funzionale della attività « Editrice » e di quella « Librerie »; ha
quindi nominato un «Comitato Claudiana»
articolato ed integrato in due Sottocomitati come
da specchietto a parte.
Su invito della Direzione de « La Luce » contiamo presentare ai lettori la situazione attuale delle
attività « Claudiana » iniziando in questo numero
con quella propria della « Editrice », proseguendo
nel prossimo con quella delle « Librerie » e concludendo successivamente con un breve esposto della
organizzazione che il Comitato ha deciso di darsi
per realizzare i compiti che gli sono affidati.
Compiti che possono essere così brevemente
riassunti:
m per la « Editrice » realizzare quella testimonianza culturale che il protestantesimo italiano ha
il dovere di rendere e che non può essere solo la
rievocazione dei pur validissimi contenuti del passato, ma deve anche presentare lo sviluppo culturale del protestantesimo di cui siamo, anche se
piccola e modesta, parte viva;
m per le « Librerie » la realizzazione di testimonianze localizzate ed inserite nel più generale quadro della testimonianza evangelica interna ed esterna al nostro ambiente.
N.D.M.
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vi
L’editrice Claudiana
Il settore stampa della « Tipografìa Claudiana » in una foto tratta
dal rapporto del Comitato agli
inizi del secolo.
Negli anni lontani in cui era PER LA DIFFUSIONE DEL PENSIERO EVANGELICO IN ITALIA
nota come la « Premiata Tipo- _______________________^________________________________________________________________
grafia » fiorentina, la Claudiana
partecipò all’« Esposizione generale di Torino» (1898), ottenendo
una medaglia d’argento. Dandone notizia, un giornale locale
commentava: « la Tipografia è
giunta ad un tal progresso nell’arte sua, da poter competere
colle potenti Case d’Inghilterra,
nel produrre quelle piccole perfezioni tipografiche, miracoli di
nitidezza di tipi, di sorprendente
bassezza di prezzi... Intendiamo
parlare di quelle Bibbie economiche, offerte in vendita, malgrado le loro 1000 pagine e la rilegatura in tela, al prezzo derisorio di L. 1 ». Poco sotto è precisato che ogni anno ne vengono
vendute da un minimo di 15.000
a un massimo di 150.000 copie,
« fra un popolo così scettico come il nostro ». Ricordando quei
tempi vogliamo rendere omaggio
anche all’ignorata fatica dei « giranti » che penavano sulla « ruota » per mettere in moto le pesanti macchine da stampa di allora!
Diffondere il pensiero biblico
in Italia, anche fra gli strati meno culturalmente preparati, è
stato un impegno a cui la Claudiana è rimasta sempre fedele
nei suoi 122 anni di non facile
vita.
Oggi che '!’« udienza » esterna.
cioè l’interesse per di suo lavoro, è molto aumentato rispetto
a qualche anno fa, com’è vista la nostra Casa editrice dai
non evangelici?
Il periodico « Prima comunicazione », specializzato in
analisi dei « mass media », ha recentemente dedicato una
pagina alla Claudiana, « voce del protestantesimo in Italia »,
con il titolo un po’ provocatorio: « Tra Vangelo e marxismo ». In esso leggiamo: « ...gli argomenti affrontati sono
soprattutto biblici, teologici, storici, ma anche di stretta
politica. La Claudiana si pone, insomma, il compito di dare
voce a minoranze altrimenti mute, di trattare argomenti
che la cultura ufficiale lascerebbe cadere ».
Anche « Tuttolibri » ha dedicato una pagina alla « Cultura protestante in Italia » centrandola sulla Claudiana.
Giorgio Spini ha sottolineato così il compito storico della
presenza protestante in Italia:
« Questa minoranza lillipuziana, in condizioni tutt’altro
che ottimali, è stata come inchiodata storicamente ad un
destino sproporzionatamente grande sul piano culturale:
rappresentare un tramite con le correnti di idee di tutto il
protestantesimo europeo ed extra-europeo ed imo spiraglio
di libertà, rispetto ai più vivi fermenti del cattolicesiino
stesso, in un paese profondamente condizionato dal retaggio
della Controriforma. E l’esigua minoranza resta inchiodata
al suo destino paradossale: anche se adesso si tratta di
echeggiare non più la civiltà liberal-protestante di un tempo, sibbene quanto v’è di più avanzato, su piano intemazionale, nel rapporto tra Evangelo e liberazione degli oppressi e degli sfruttati ».
Salta subito agli occhi la sproporzione tra l’elevatezza
La produzione dell'ultimo anno
B. S. Witte, J. L. Grubben,
J. B. F. Gottschalk,
OMOSESSUALITÀ’
E COSCIENZA CRISTIANA
Prefazione di Paolo Ricca
pp. 124, L. 1.700 (P.C.M. n. 28)
È giustificato il cumulo di sofferenze che la nostra società infligge agli omosessuali con il suo
rifiuto? Un problema umano e
sociale di grande portata qui affrontato per la prima volta da
un punto di vista evangelico e
biblico.
Giorgio Girardet
IL VANGELO
DELLA LIBERAZIONE
Lettura politica di Luca
pp. 180, L. 2.300 (P.C.M. n. 27),
2“ edizione
Una rilettura del Vangelo di
Luca alla luce dei problemi dell’uomo moderno. Un passo avanti nel ricupero di una ’dimensione perduta’ della figura di
Gesù.
Giorgio Tourn
Fede e politica ; un discorso
chiaro e pratico alia chiesa
(A. P. 69, L. 300)
Claudio Tron
Il nuovo costume sessuale
(A. P. 70, L. 300)
Autori vari
DIBATTITO SULLA
LETTURA POLITICA
DEL VANGELO
Il « Gesù » di Fernando Belo
pp. 192, L. 2.600 (P.C.M. n. 29)
« (^uel che appassiona in Belo
non sono tanto le risposte, quanto le domande poste agli esegeti
e ai credenti » (P. Bovon).
Giorgio Girardet
Prudenza e speranza all’Assemblea ecumenica di Nairobi
(A.P. 71, L. 300)
André Bièler
La crisi economica mondiale :
ne usciremo?
(A.P. 72, L. 300)
J. Rojas, F. Vanderschueren
CHIESA E GOLPE CILENO
La politica della Chiesa da Frei
a Plnochet
Introduzione di Raniero La
Valle
Appendice del vescovo Frenz
pp. 176, 6 ili. f.t., L. 2.800
(«Nostro tempo» 19)
« Un ottimo e documentatissimo libro». («Il Corriere della
sera » )
« Le conclusioni ci sembrano equilibrate ». («Popoli e missioni», Milano)
A. Th. van Leeuwen
RIVOLUZIONE COME
MODELLO DI SVILUPPO
Il ruolo della cristianità nel processo rivoluzionario
pp. 272, L. 3.900
(«Nostro tempo» 20)
Una fondamentale riflessione
del teologo riformato olandese
che supera le vuote contrapposizioni dell’attuale dibattito.
J. Sadoleto - G. Calvino
AGGIORNAMENTO O
RIFORMA DELLA CHIESA?
Lettere tra un cardinale e un
riformatore del ’500
Introduzione e note di G. Tourn
pp. 112, 10 ili., L. 1.900
(«Testi d. Riforma»)
« Il libro che ci vuole per uscire
da un approccio generico alla
Riforma, perché ci mette a contatto con i protagonisti ».
(«Tempi di fraternità», Torino)
H. Conzelmann
LE ORIGINI
DEL CRISTIANESIMO
I risultati della critica storica
pp. 272, L. 3.300 (P.B.T. 10)
II più aggiornato manuale non
apologetico sulla Chiesa primitiva.
« Uno strumento di prima qualità per una documentazione seria. (Th. Soggin, « La Luce »).
F. Davite, R. Genre
GUIDA
DELLA VAL GERMANASCA
pp. 144 -I- 8 tav. col. e 1 cartina,
L. 3.000
Crisi e speranza: gli evangelici
di fronte aiia crisi della società
italiana
(A.P. 73/74, L. 600)
G. Bouchard - R. Turinetto
L’« ALTRA CHIESA»
IN ITALIA: GLI EVANGELICI
pp. 140, L. 2.200 (P.C.M. 30)
Un panorama del mondo evangelico italiano.
R. E. Clemente
UN POPOLO SCELTO DA DIO
Guida alla lettura del Deuteronomio
pp. 96, L. 1.800 (P.B.T. 11)
« Una sintetica e chiara introduzione ai problemi e alla teologia
del 5’ libro della Bibbia». («Il
Regno », Bologna).
Calendario « Valli Nostre » 1977
Ernesto Naso
Il grido degli oppressi (poesie)
pp. 64, L. 1.000
Vittorio Subilia
PRESENZA
E ASSENZA DI DIO NELLA
COSCIENZA MODERNA
pp. 124, L. 3.200
(Collana d. Facoltà)
L’agonia della fede - la teologia
ecumenica - la teologia barthiana
J. Miguez Bonino
CRISTIANI E MARXISTI
La sfida reciproca alla rivoluzione
pp. 152, L. 2.800
(«Nostro tempo» 21)
Dal confronto teorico alla cooperazione: l’esperienza del teologo sudamericano.
Un utile strumento di lavoro per
chiarire i molti problemi dei
cristiani impegnati.
« IL PIONIERE »
Giornale partigiano e progressista
Reprint della collezione del periodo clandestino (1944-45)
Introduzione di Franco Venturi,
Roberto e Gustavo Malan
Volume rileg. (25x35), L. 18.000
L’AUTUNNO
DEL CONCORDATO
Chiesa cattolica e stato in Italia: il dibattito politico
(1929-1977)
pp. 304, L. 3.600
(« Nostro tempo », 22)
Le fonti essenziali, storicamente inquadrate, fino al recentissimo dibattito parlamentare e alle critiche del progetto Andreotti
Giorgio Tourn
I VALDESI
la singolare vicenda di un popolo-chiesa
pp. 240, 69 ili., 10 cart., L. 2.800
I tratti essenziali della vicenda
valdese inserita nel più ampio
contesto della storia europea,
in una narrazione moderna e
avvincente.
Giovanni Miegge
DALLA "RISCOPERTA
DI DIO” ALL’IMPEGNO
NELLA SOCIETÀ’
Scritti teologici
a cura di Claudio Tron
pp. 286, L. 6.500
Una raccolta organica dei saggi
(tra cui un inedito) del grande
teologo evangelico, dal 1934 al
1961, pubblicata nel 15° anniversario della scomparsa. Una voce
profetica che merita di essere
riascoltata.
José Miguez Bonino
UNO SPAZIO PER ESSERE
UOMINI
Amare per trasformare il mondo
pp. 84, L. 1.500 (P.C.M., n. 31)
Conversazioni vivaci e originalissime sul destino dell’uomo e il
senso della vita.
Dio lascia all’uomo uno spazio
— nell’amore — e lo chiama alla
trasformazione del mondo.
del compito e la debolezza dei
mezzi. Ma come si è sforzata la
Claudiana di mettere a frutto il
suo piccolo talento? Possiamo
dare solo qualche accenno perché fenomeni come 1’« udienza »
e l’interesse generale sono dì difficile valutazione.
1) Pur nella modestia delle
proprie forze la Claudiana ha talvolta anticipato, per l’Italia, il
dibattito su temi che sono stati
poi ampiamente ripresi ad altri
livelli. Citiamo, ad esempio, la
critica all’« ora di religione » nella scuola di stato, la « religiosità
popolare », la « teologia nera »,
la « lettura politica » del Vangelo ecc.
2) Ha svolto una funzione di
surroga verso altre Case editrici,
portando il nostro contributo là
dove altri non riteneva di intervenire. Tipico il caso del fortunato libro di Conzelmann ( Le orìgini del Cristianesimo) scartato da
altri perché troppo critico verso
la tradizione cattolica.
Ma come riusciamo a penetrare al di fuori deH’ambiente evangelico? Accanto alla indispensabile rete di depositi nelle comunità evangeliche e alle Librerie
Claudiana, l’Editrice ha potuto
crearsi, con paziente lavoro, im
altro canale di vendita attraverso la rete libraria italiana. Una
ditta di Firenze (la S.E.D.I.T.) si
occupa della presentazione in libreria, mentre una rete di 12 rappresentanti regionali cura la distribuzione in tutta Italia. E’ un
lavoro non facile, data la concorrenza di un gran numero di piccoli editori, la congestione delle
librerie e la loro scarsa sensibilità per un discorso editoriale
impegnato. Ciononostante, nel
corso del 1976, sono stati venduti, nelle Librerie esterne, libri di
edizione Claudiana per quasi 40
milioni a prezzo di copptina, pari a circa 20.000 volumi ( al prezzo medio di 2.000 lire l’uno). Un
risultato che ci auguriamo possa
essere presto superato.
Il rovescio della medaglia è costituito dai nostri impegni: il rispetto rigoroso delle scadenze di
pubblicazione e delle regole commerciali di mercato. Un libro al
mese impone un grosso sforzo e
una mole notevole di lavoro per
il Comitato redazionale e per la
piccola équipe che lavora alla
Casa editrice (3,5 persone).
limitatezza di mezzi e di uomini
impone spiesso dolorose rinunce.
La nostra Editrice avrebbe urgente bisogno di collaborazione
volontaria (per lettura di testi,
revisioni, correzioni di bozze
ecc.). Se fra i lettori vi è qualcuno che crede, come noi, nella necessità di potenziare la nostra
presenza evangelica in un settore chiave com’è quello editoriale,
non esiti a farsi avanti. Sarà il
benvenuto.
Carlo rapini
Presso CHIESE VALDESI :
Agrigento (past. Mario Berutti)
Aosfo (Marco Marconi)
Colleferro (Gianni Musella)
Felonica Po (Carla Negri)
Firenze (Mareo Santini)
Forano (Past. Domenico Cappella)
Genova (Maria Peyrot)
Genova Samp. (Lorenzo Conterno)
Livorno (Past. Alberto Ribet)
Lucca (Milena Ciafrei)
Mantova (Danila Dessy)
Messina (Consiglio di Chiesa)
Napoli (Pietro Ciotola)
Napoli Vomero (Mirella Scorsonelli)
Pachino (Arrigo Bonnes)
Palermo (Francesco Buscemi)
Pisa jGiorgio Barsotti)
Rimini (Giacomo Lombardo)
S. Giovanni Lipioni (Past. Gianna Sciclone)
Depositi Ciaudiana
Sari Remo (Marco Lorio Albarin)
Taranto (Pasquale Consiglio)
Torino (Levy Peyronel)
Trieste (Ingrid Signore)
Venezia (Angelo Busetto)
Verona (Past. Felice Bertinat)
Presso CHIESE METODISTE
Alessandria (Past. Giorgio Resini)
Bologrui (Aldo Frangerini)
Cremona (Past. Giuseppe Anziani)
La Spezia (Past. Enos Mannelli)
Padova (Febe Rossi)
Parma (Enzo Zaino)
Rapolla (Pino Arcangelo)
Savona (Giorgio Castelli)
Terni (Alfio Baldoni)
Udine (Paolo Grillo)
Vercelli (Tonino Guidotti)
Villa S. Sebastiano (Past. Giovanni
Anziani)
Presso CHIESE BATTISTE
Altamura (Nicola Nuzzolese)
Bari (Francesco Angelico)
Catania (Past. Salvatore Rapisarda)
Campobasso (Leonardo Galtullo)
Firenze (Mario Giorgi)
Gerwva (Valdo Saccomani)
La Spezia (Paola Pietrapiana e Emanuele Bianchi)
Mattala (Past. Giuseppe Mollica)
Pordenone (Alessandro Vicenzini)
Reggio Calabria (Francesco Sagripanti)
Roma, T. Valle (Past. Michele Sinigaglia)
Roma (Gaçtapo .Di Bello)
6
1“ aprile 1977
cronaca delle valli
ALLE VALLI OGGI
COMUNITÀ’ MONTANA VAL PELLICE
ULS; dibattito Quale unità locale dei servizi?
Sabato 26 e domenica 27 si è
svolto a Torre Pellice l’annunciato convegno di studi promosso
dalla Comunità Montana su: Quale unità locale dei servizi avremo
in Val Pellice?
Dopo una breve introduzione
del presidente della Comunità
Montana Congo, che ha tratteggiato l’esperienza di questi ultimi anni e sottolineato la necessità di conglobare tutte le esigenze del territorio néll’Vnità locale
dei servizi, ha portato il saluto
del comprensorio di Pinerolo il
presidente C. Martina, sottolineando la validità delle iniziative
che crescono dal basso e ricordano il rapporto che deve esistere nel territorio tra esigenze e
risorse.
Fra gli interventi più significativi previsti nell’arco della mattinata quelli di C. Trevisan, di I.
Oddone e delle confederazioni
sindacali di zona (riassunto qui
a fianco).
Trevisan ha ricordato che le
esigenze di prevenzione, cura e
riabilitazione riferite al territorio erano presenti già nel 1945 e
nascevano precisamente dall’analisi reale del paese! Per questo,
in seguito all’esperienza fatta, è
più che mai necessario che gli
Enti locali si riprendano tutto lo
spazio politico possibile senza
aspettare le « benevoli riforme »
che poi lasciano le cose come
sono.
Oggi è cambiato il concetto di
salute, che non è più inteso come
cura della malattia, ma come
pienezza di vita comprendente
tutti gli aspetti dell’esistenza che
la compongono. In questa luce i
servizi non possono essere intesi come un centro di potere e
concepiti settorialmente occorre avere una visione globale dei
servizi ed in questa prospettiva
avviarsi al superamento degli
Enti. L’unità locale dei servizi
deve quindi porsi come attore
della politica dei servizi con
l’obiettivo generale della prevenzione. Prevenzione che oggi — ha
precisato Trevisan — si gioca
quasi esclusivamente al di fuori
degli interventi tradizionali curativi di tipo ospedaliero.
Il relatore ha infine sottolineato le tre caratteristiche essenziali del’unità locale: partecipazione, informazione e programmazione, da realizzarsi in modo
interdipendente, precisando che
in questo quadro l’ospedale non
deve porsi come una realtà onnipotente ed onnipresente ma
deve invece ritrovare il suo servizio specifico nel territorio.
L’unità locale dei servizi nella
Val Pellice non è da creare — ha
concluso Trevisan — è la Comunità Montana: occorre darle potere.
Oddone ha concentrato la prima parte del suo intervento sul
concetto di partecipazione. Se
partecipazione non significa sapere quanto, come e per che cosa
si spende — ha affermato — l’informazione non serve a nulla.
Soltanto a partire da questa esigenza fondamentale è possibile
parlare di partecipazione e quindi di cambiamento. Il sistema informativo deve quindi essere
prioritario. Ogni unità locale dei
servizi deve possedere dei dati
grezzi da cui partire per la compilazione di una mappa grezza
delle esigenze fondamentali del
territorio.
Il primo momento unificante
dell’unità locale è quindi quello
di stabilire una mappa dei rischi
per intervenire e cambiare la situazione. Se vi sono malattie gravi che non si sa prevenire vi sono però tutte le malattie del lavoro che sono prevenibili ed è
su queste che occorre concentrare gli sforzi. Per questo è necessaria la collaborazione dei vari
gruppi operanti nel territorio
(sindacati, ecc.) per conoscere le
situazioni e programmare gli interventi.
Nel pomeriggio il convegno di
studi è proseguito nelle diverse
commissioni di lavoro che hanno relazionato al mattino delta
domenica. Su queste ritorneremo al prossimo numero.
Ermanno Genre
Come si inseriscono le strutture esistenti in Valle: ospedali, case per anziani, ecc. nella programmazione degli interventi sul territorio? La posizione delle confederazioni sindacali di zona
Pubblichiamo qui le parti essenziali dell’intervento delle confederazioni sindacali di zona, letto da E. Morero, responsabile sindacale del settore sanitario.
A noi sembra sia doveroso, prima di entrare nel merito dei problemi; problemi tra l'altro che
investono una importanza primaria per lo sviluppo socio-sanitario della zona, guardare un po’
indietro, anche criticamente, per
vedere il punto in cui ci troviamo e possibilmente correggere,
nell’interesse generale, errori e
manchevolezze.
...Siamo giunti ai nostri giorni
con un notevole numero di strutture ancora operanti ed efficienti, in mano esclusivamente a dei
privati, che spesso sono superiori alle esigenze della popolazione
della vallata, per cui la prima
cosa che occorre discutere ed
approfondire ci sembra quello di
sapere cosa ne faremo, nell’interesse generale, di tutto questo.
Se dovrà servire solo per la Valle e la relativa unità locale dei
servizi, oppure avere un respiro
più ampio, come quello comprenso'riale.
Per una serie di servizi noi riteniamo si debba proprio andare
in questa direzione e ciò perché
vuol dire salvaguardare quello
che esiste e semmai potenziarlo
ancora, creando poi nuove possibilità di occupazione che tanto
necessitano in questi paesi.
Perché diciamo questo. Lo diciamo perché abbiamo esaminato la realtà esistente. Quali sono
le strutture più importanti: l’Ospedale Valdese di Torre Pellice,
l’Ospedale Mauriziano di Luserna S. G., le infermerie di Bibiana
e Bricherasio. Le varie Case di
riposo per anziani ed handicappati: Pro Senectute - Rifugio Re
Carlo Alberto - Centro di lavoro
protetto della Provincia, ecc.
Tutto ciò, ad esempio, oltre
che la Val Pellice può servire anche altre zone per cui va inquadrato nella programmazione del
Comprensorio eliminando, certo,
le attuali speculazioni privatistiche ed avviandolo verso le necessità della gente come servizi inquadrati nella unità locale dei
servizi. .v.
Ma questa è una sola parte, anche se importante, dei servizi
che la unità locale dovrà predisporre affinché la gente abbia a
soffrire meno e si ritrovi uguale
almeno nei confronti di queste
necessità.
Questo vuol dire che, se è giusto avere gli ospedali, le Case di
riposo, su queste poi ci sarà da
discutere, i centri di incontro,
ecc. è anche giusto fare in modo
che questi luoghi di sofferenza
siano più vuoti possibile.
Priorità alla
prevenzione
Qui sta il problema della prevenzione per la quale l’impegno
dell’unità locale dovrà essere
prioritaria. Il dato che la fabbrica è il luogo primario di invalidità per la gente è vero. Scoprirne le cause ed eliminarle è perciò compito principale della gente con la propria partecipazione
attiva nell’unità di base quale
servizio dell’unità locale dei servizi per la tutela sanitaria nei
luoghi di lavoro.
È compito delle unità di base
censire le attività produttive delle singole circoscrizioni, descri
La questione del sanatorio di Pra Catinat
Processo allo Regione?
I notabili democristiani all’attacco - Dopo avere per anni affossato il problema del sanatorio
ora se ne fanno paladini
Crisi del sanatorio di Pra Catinat o processo alla Regione
Piemonte? L’atmosfera della riunione che ha avuto luogo il 24
marzo nel teatro del convitto di
Pomaretto, troppo piccolo per
contenere la folla dei partecipanti era più da tribunale che
da dibattito. Imputato principale, l’assessore alla sanità Enrietti, con i consiglieri regionali comunisti Bontempi e Ferrerò in
funzione di difensori della Regione. Gli accusatori erano i dipendenti di Pra Catinat che da
soli riempivano metà della sala,
spalleggiati dai sindaci di Pragelato, Roure, Fenestrelle e da un
nutrito gruppo di notabili democristiani, i quali avevano accuratamente preparato il terreno con una riunione preliminare à Fenestrelle.
Così, le dichiarazioni dei sindaci dell'alta Val Chisone sono
state accolte da nutriti applausi; fischi e urla invece facevano
coro agli interventi della parte
comunista. Le premesse dell’assessore Enrietti tendevano a dimostrare che le difficoltà di funzionamento di Pra Catinat sono
oggettive (diminuzione dei cJasi
di TBC, cure diverse praticabili
anche in città, isolamento dell’ospedale che scoraggia i ricoverati e le loro famiglie). È stato tuttavia garantito il mantenimento della struttura e del posto di lavoro a tutti i dipendenti, 150 persone, che però svolgono varie mansioni per lo più di
tipo alberghiero.
I pochi infermieri, con un opportuno corso di riqualificazione, possono trovare lavoro altrove con grande facilità. È chiaro che la perdita del posto di
lavoro in una zona che nop ha
quasi nessuna possibilità di sviluppo è un problema serio e si
può anche capire la reazione
emotiva dei dipendenti che non
erano disposti ad ascoltare opinioni contrarie alle loro. Ma tra
accuse e controaccuse si è anche capito che la situazione è
grave perché fino a ieri la parte politica, che oggi si presenta
a sostenere la causa dei potenziali disoccupati di Pra Catinat
e della degradazione della montagna, è la stessa che ha lasciato andare tranquillamente tutto
in rovina senza grossi scrupoli.
L’alta Val Chisone è un serbatoio sicuro di voti e di influenza per la DC e perciò è necessario riconquistare qui ciò che
si è perso su altri fronti.
Così non solo il mantenimento, ma anche ij potenziamento
di Pra Catinat è il programma
ambizioso dei vari Chiabrando,
Martina, Puddu. Un ospedale
grandioso da utilizzare non solo
per i valligiani, ma per il grande complesso turistico di Pratur, come ha sottolineato il sindaco di Pragelato, e degli altri
che verranno. E anche a questa
proposta non sono mancati gli
applausi.
Ma l’intervento più divertente
è stato quello del sindaco di Fenestrelle che ha accusato la Regione (ma l’assessore ha smentito) di privilegiare le cliniche
private mediante convenzioni varie. Come se non fossero proprio
i democristiani a difendere senipre e dovunque l’iniziativa privata nel campo dell’assistenza.
Quando però conviene sfruttare
in modo adeguato il denaro pubblico per la propria convenienza il discorso viene rovesciato
con la massima tranquillità. È
evidente che in casa DC la coerenza non è neppure oggi una
virtù.
L. V.
vere i procedimenti tecnologici
adottati nelle singole aziende e
lavorazioni, individuare le sostanze usate, contribuire a rilevare i rischi ambientali, il prelievo, la raccolta campione, la registrazione dei fenomeni fisici e
chimici degli ambienti di lavoro.
È compito, inoltre delle unità
di base raccogliere i dati biostatistici, compresi gli infortuni, le
malattie, le risultanze delle visite di assunzione, periodiche e di
idoneità, verificare il registro delle vaccinazioni antitetaniche, contribuire direttamente od indirettamente alla compilazione e all’aggiornamento dei registri dei
dati ambientali...
Lo scopo del servizio deve essere quello di individuare i rischi
e contribuire alla loro eliminazione prima che determinino effetti nocivi o peggiorino ulteriormente le condizioni esistenti...
Aggredire i punti
inquinanti
Intanto quali sono già oggi i
punti inquinanti ed invalidanti
che dovranno essere aggrediti
per primi: la silicosi dei lapidei
(picapere) e della OMEF, la lavorazione delle resine alla Gor, le
invalidità dei tessili, dei contadini, dei pendolari, ecc.
Tutto questo, però, non potrà
essere fatto ed avere dei risultati positivi, se non otterremo la
partecipazione della gente, di
tutti.
Certo, gli operatori che saranno chiamati a questo compito,
compresi i medici in generale ed
i medici condotti in particolare,
avranno un ruolo importante.
Se però non avremo la gente
che partecipa scivoleremo nella
solita burocrazia con decisioni
calate dall’alto e certamente non
confacenti con le aspettative della gente.
Già oggi, se si può fare una critica al lavoro svolto, andiamo in
questa direzione, anche se non
voluta da chi ha così intensamente lavorato. Quali sono le cause?
Nostre in primo luogo come organizzazioni sindacali che non
siamo stati in grado di sensibilizzare la gente, di farla partecipare.
Ma non solo nostra perché ciò
vorrebbe dire che vi è solo debolezza da una parte mentre la debolezza è molto più vasta ed investe la quasi totalità della gente.
Un grande sforzo in questa direzione dovrà perciò essere fatto
daH’unità locale dei servizi affinché i lavoratori, i cittadini, sentano che debbono diventare protagonisti essi stessi del nuovo
ente che si andrà a costruire, investendo il comitato di partecipazione delle loro richieste affinché siano eliminate molte cause
ambientali che portano all’invalidità, ecc.
L’unità di base, poi, dovrà operare direttamente con le attrezzature ed i tecnici di cui dispone
ed indirettamente facendo ricorso ed utilizzando i tecnici e le attrezzature disponibili nel territorio, del Comune, della Provincia,
della Regione e di altri Enti.
Un ruolo importante, poi, in
questa direzione dovrà essere
svolta dàlTOspedale.
Che tipo di ospedale
vogliamo?
L’interrogativo intanto che ci
dobbiamo porre è che tipo di
ospedale vogliamo.
Finora gli ospedali non hanno
mai risposto pienamente alle esigenze della popolazione non tanto e non solo, per la carenza di
strutture quanto perché il caos
in cui viveva l’assistenza sanitaria nel nostro paese, li ha fatti
diventare aree di parcheggio per
tutti quei pazienti che potrebbero benissimo essere curati domiciliarmente o in strutture sanitarie decentrate e che per la carenza di queste ultime sono ricoverati’in ospedali.
Una prima integrazione dell’o
spedale neU’U.L.S. presuppone
tutta una serie di servizi sanitari
esterni tali da rappresentare dei
filtri che permettano di ridurre
al minimo il momento del ricovero; questo per permettere di fare
deH’ospedale una struttura agile,
che possa fornire dei servizi a
pieno ritmo, e soltanto quando
essi siano realmente necessari.
Per poter far questo sono necessari dei filtri esterni e dei filtri interni. / filtri esterni dovrebbero essere rappresentati da tutta una serie integrata di servizi
nel territorio. Ci riferiamo ai poliambulatori, ad una assistenza
domiciliare realmente funzionante, all’assistenza psichiatrica.
Superati questi filtri esterni, a
nostro parere il paziente dovrebbe affrontare un altro filtro interno deH’ospedale e cioè il dipartimento di emergenza. Compito di questa struttura è di valutare, mediante attesa e controllo per qualche ora in astanteria,
le reali condizioni di salute e le
reali necessità di ricovero del paziente. Solo dopo aver superato
questo « esame » e solo se quindi viene riconosciuta la reale necessità, si procede al ricovero.
Il problema del ricovero, però, è solo uno degli aspetti del
pessimo funzionamento degli
ospedali.
Non ha molto senso, infatti,
filtrare drasticamente i ricoveri
se non si riesce, contemporaneamente, ad accorciare i tempi di
degenza. Questo è possibile farlo,
oltre che con una assistenza più
accurata e funzionale, con tutta
una serie di strutture esterne,
cronicari, convalescenziari, ecc.,
in cui poter ricoverare i pazienti
che hanno suoerato le fasi acute
e che non potrebbero essere adeguatamente seguiti a domicilio.
Da quanto detto, risulta a nostro parere chiara l’importanza
di uno stretto collegamento tra
ospedale ed U.L.S.
Detto questo, un altro punto ci
preme mettere in evidenza e cioè
sul ruolo che l’ospedale assume
nel campo della medicina preventiva.
Un pericolo sempre presente,
a nostro parere, quando si parla
di medicina preventiva, è quello
di confondere la prevenzione con
la diagnosi precoce.
Prevenzione: un
problema politico
Il problema della prevenzione
è infatti un problema essenzialmente politico, che riguarda l’organizzazione del lavoro e quella
del territorio, oggetto di lotte,
talora aspre, tra organizzazioni
dei lavoratori, politici, enti locali, governo, forze padronali.
Dette questo, è però chiaro che
all’interno di una reale volontà
politica di muoversi nel senso
della prevenzione, essenziale è
l’apporto che l’ospedale può dare fornendo sia gli strumenti sanitari, sia gruppi di tecnici che
sappiano far fronte ai problemi
che gli operai in fabbrica, per
quanto riguarda la nocività dell’ambiente ed i lavoratori nei
quartieri, per quanto riguarda il
piano delle abitazioni, la loro salubrità o il piano del trasporto,
pongono.
Di qui la necessità che tutti i
dati raccolti da questo Ente e
dagli altri, devono ritornare ai
gruppi interessati.
Il registro dei dati ambientali,
dei dati biostatistici, i libretti di
rischio e sanitario sono gli strumenti che il gruppo, il Consiglio
di fabbrica e di zona, possono
utilizzare per una contrattazione
permanente per prevenire, ridurre, eliminare le cause ambientali di rischio e di danno
della salute.
L’unità locale dei servizi dovrà
infine provvedere ad organizzare
in modo più adeguato il servizio
di medicina scolastica, ben sapendo che è dall’età infantile che
si possono correggere molte cose che poi si trascinano per tutta
la vita...
7
/
1° aprile 1977
CRONACA DELLE VALLI
7
PROCESSO ALL’INSEGNANTE BONETTO
Non sparate sul maestro
12 Novembre 1975: l’insegnante elementare Elide Bonetto viene processata a Pinerolo — su
denuncia presentata da un genitore — per l’utilizzo del testo
didattico « Quel brutale finalmente » (editore Ghiron) che
avrebbe « costituito incitamento
al delitto ». Viene assolta per insufficienza di prove (Eco-Luce,
n. 44, ’75). Oggi, dopo un anno
e mezzo, in giudizio d’appello, il
verdetto è ben diverso: due mesi con la condizionale e la non
menzione.
Ricordiamo brevemente la vicenda: nel testo incriminato la
storia racconta che uno scolaro, ripetutamente represso da
un insegnante, sogna la sua rivalsa sparando al maestro. Il
padre di un allievo della Bonetto, scavalcando tutti gli organi scolastici, presenta denuncia in Procura. Abbiamo
chiesto all’avvocato difensore
della maestra, Ettore Bert, il
perché di questa sentenza del
Tribunale. « Essa — ci ha detto — è estremamente fragile
perché si basa suU’insufHcienza
di prove e sull’incapacità deH’interessata ».
— Secondo lei il testo incriminato, può spingere veramente al
delitto?
« La sentenza si richiama alla
legge sulla stampa che istiga i
minori. È ancora tutta da dimostrare l’idoneità di quel testo ad
SAN SECONDO
Domenica 3 marzo saranno
confermati: Piero Beux (Centro), Emanuela Coisson (Cavoretto), Nadia Durand-Canton
(Cavoretto), Marco Grassi (Centro), Bruno Griglio (Centro),
Barbara Long (Centro), Silvia
Pastre (Centro), Arturo Peyrot
(Miradolo), Wilma Ribet (Barbé-Prima), Mirella Romano (Miradolo), Bruno Rostaing (Lombarda-Crotta). A questi Fratelli
e, Sorelle che si uniscono a noi
nella chiesa di S. Secondo auguriamo di trovare una comunità
veramente disposta ad accoglierli ed alla comunità di trovare
in essi dei giovani pronti a collaborare ed a mandare avanti
l’opera di testimonianza a Gesù
Cristo.
ANGROGNA
pio.
Donne evangeliche
INCONTRO REGIONALE
FDEI - PIEMONTE
17 aprile a Pinerolo
ore 10: culto con la comunità
» 11 : proposte di lavoro
comune
» 14: studio sugli ospedali psichiatrici.
istigare al delitto. Comunque
questo libro era uno strumento
didattico accessibile ; si tratta,
nella fattispecie, della ricostruzione letteraria di un film sui
ragazzi. La storia la conosce. Gli
editori di questa collana, a Pavia, sono stati condannati in diretta e in appello. Sicché per
l’insegnante Bonetto, nel giudizio d’appello, potevano scaturire conseguenze ben più gravi ».
— Ma è l’autorità giudiziaria
che si deve occupare dei problemi scolastici?
« In questa vicenda c’è stata
evidente sovrapposizione dell’au
torità giudiziaria su quella scolastica. Mentre stiamo vivendo,
nella zona e nel Paese, una crescita di partecipazione dal basso — specie nell’ambito della
scuola — la sentenza nei confronti della Bonetto (tra l’altro
tutti i genitori si son dichiarati
a favore dell’insegnante) appare
come un atto slegato dalla realtà. Ci son dunque, nella scuola,
organismi democratici idonei ad
esprimere valutazioni e linee di
lavoro. In quell’ambito si doveva
valutare il caso in questione. Del
resto, il genitore che ha presentato denuncia, ha ignorato questa realtà e si è rivolto direttamente in Procura. Da qui è scaturito il processo con il quanto
mai discutibile pronunciamento
della Magistratura torinese ».
Da Luserna San Giovanni
L’Assemblea di chiesa, convocata sabato sera per discutere
sul tema « fede e politica », ha
avuto luogo con una larga partecipazione.
Dopo una introduzione del pastore Taccia che ha tracciato
una panoramica sui principali
aspetti teologici concernenti il
rapporto chiesa-politica dalle generazioni del « Risveglio » del
secolo scorso ai giorni nostri, si
è aperto un dibattito che ha posto in evidenza le varie tendenze e che ha avuto anche momenti di carattere fortemente
polemico.
Ñon si è giunti ad una conclusione e l’ordine del giorno,
presentato da un gruppo di
membri, non è stato messo ai
voti perché non considerato valido in quanto presentato aU’inizio della seduta e, in base ai
contrasti di opinioni che ha suscitato, non aderente a quello
che ha dimostrato essere lo spirito dell’assemblea.
Eventuali decisioni sono state
rimandate ad una prossima seduta che dovrà vagliare i diversi punti di vista e pervenire, se
possibile, a delle indicazioni che
rispecchino veramente la discussione assembleare.
ni sono ancora passati nelle camere a stringere la mano agli
anziani e hanno proseguito la
passeggiata fino alla scuola dei
Peyrot dove sono stati accolti
dalla Sig.ra Peyrot, dai bambini della Scuola e da alcune mamme con torte, biscotti, bibite.
Si è ancora cantato e pregato
assieme e quindi ritorno a casa.
Una bella giornata dunque
che dovrà essere ripetuta per
meglio affiatare i nostri bambini tra di loro.
• L’ultimo culto in lingua francese programmato per l’anno in
corso ha avuto luogo domenica
scorsa ed è stato presieduto, come già i precedenti, dal pastore
Giorgio Tourn.
La comunità gli è riconoscente per questa sua collaborazione e lo ringrazia.
• Il « significato della resurrezione » è il tema che sarà presentato venerdì sera, 1“ aprile,
allò studio biblico che avrà luogo alle ore 20.30 nei locali del
presbiterio.
L’incontro è aperto a tutti i
membri di chiesa che desiderano avere una base di incontro e
di confronto sulla Parola del Signore.
• Domenica 27 il culto è stato
presieduto dai giovani del gruppo FGEI del Prassuit. È seguita una riunione di programmazione delle prossime assemblee
di chiesa. Si è deciso di averne
una per il 24 aprile destinata
alla nomina dei delegati al Sinodo e alla Conferenza, la nomina di due anziani per il Concistoro (specie per i quartieri
Martel e Malan) ed esame della
Relazione annua con accluso bilancio. Una prossima assemblea
di chiesa è convocata per la domenica immediatamente successiva, 1° maggio, sul tema: fedepolitica.
• La « giornata dell’anziano » —
organizzata dall’Unione Femminile — ha raccolto una quarantina di persone, intorno a dolci
e thè, nella nostra sala. Nell’occasione si è cantato (molto e in
francese), pregato e chiacchierato con vecchie conoscenze. L’auspicio — tanti l’hanno detto —
è che rincontro si ripeta puntuale il prossimo anno. L’Unione Femminile s’incontrerà, domenica prossima 3 aprile, a Pradeltorno. Tutte sono invitate per
questo incontro che si prevede
essere particolarmente interessante. L’appuntamento è per le
14,30 nella saletta sopra il Tem
• Molto ben riuscita la « giornata della Scuola Domenicale »,
domenica 27 marzo, anche se i
bambini non erano troppo numerosi: culto al mattino presieduto dal pastore Taccia. In seguito un bel documentario a colori « Fratello mare » sulle isole
della Polinesia e due cartoni animati, presentati dal maestro
D’Amato che vivamente ringra
ziamo.
Pranzo al sacco e nel pomeriggio visita al Rifugio : per mezzo deirimpianto interno di diffusione radiofonica è stata fatta una vivace presentazione delle nostre quattro Scuole Domenicali (Airali, San Giovanni,
Peyrot, Vigne) con interviste dirette e spontanee ai bambini e
alle monitrici, il tutto intervallato da canti dei bambini, lettura biblica e preghiere. I bambi
• La Domenica delle Palme, dopo il culto con ammissione dei
catecumeni, avrà luogo nella Sala Albarin un pranzo comunitario a cui sono invitati i nuovi
ammessi e le loro famiglie, oltre
a tutti i membri della comunità
che desiderano intervenire a questa occasione di incontro e di
comunione fraterna.
È una felice tradizioi^ che ha
avuto inizio alcuni anni or sono
e che è sempre stata molto positiva.
• Domenica 27 u. s. si è svolto
il funerale di Odin Letizia in Cerutti di anni 76, a Luserna Alta.
Dopo una degenza di tre mesi
presso l’Ospedale di Luserna si
è spenta presso la sua abitazione. Molti la ricordano per aver
saputo testimoniare sempre la
sua fede evangelica.
PERRERO
• È in distribuzione, in tutti i
quartieri, la lettera circolare
delle comunità delle Valli con
le notizie della nostra comunità.
Le forti piogge della settimana scorsa hanno provocato una
frana che, staccandosi dal fianco della montagna sovrastante
l’abitato di Perrero, ha investito una villetta, e rotto le condutture di un acquedotto comunale. Per fortuna la villetta non
era abitata, ma i danni sono
stati gravi, soprattutto per l’alloggio di proprietà dei signori
Garrone di Torino, che ha avuto un muro esterno sfondato
dalla massa di fango e sassi. Il
Comune di Perrero ha chiesto
il pronto intervento del Genio
Civile che ha mandato dei tecnici per un esame della situazione. Nella strada principale di
Perrero si è anche riversata l’acqua di un torrentello che si manifesta soltanto in simili occasioni e che non ha sbocco perché in quella zona si è costruito senza tenerne conto.
Più in su, ma sempre nella
stessa direzione, anche la strada di San Martino è stata bloccata da una frana, come sempre
succede dopo una pioggia abbondante.
Già da tempo il Comune di
Perrero aveva segnalato il grave dissesto idro-geologico di que
sta zona montana, ma fino ad
oggi il terreno continua a franare senza che gli organi competenti abbiano preso provvedimenti validi.
Il CIRCUITO
Incontro giovanile
Inserirsi nella comunità è un
problema! Ed in che tipo di comunità ci andiamo ad inserire?
Il catechismo non ci ha dato gli
strumenti necessari per inserirci nel mondo da credenti. Non
ci dovrebbe essere distacco fra
le generazioni di credenti.
Questi ed altri ancora i temi
dibattuti nel corso dell’incontro
organizzato dal II Circuito per
i catecumeni del IV anno e giovani delle unioni giovanili.
Dopo una presentazione delle
singole comunità e delle attività
di catechismo il tema dell’incontro è stato introdotto da due
brevi relazioni di Giorgio Toum
e Francesca Spano. Il primo ha
sottolineato il fatto che la diversificazione delle attività ecclesiastiche odierne è determi
nata in gran parte dalla situazione sociale e sorge cosi il problema dell’inserimento di nuove
generazioni. Problema anticamente ignorato.
Francesca Spano ha dal canto suo messo in evidenza il fatto che la generazione odierna è
posta dinnanzi al grosso problema di doversi creare i propri
punti di riferimento. La crisi
della famiglia, della scuola, della cultura richiede una maggior
coscienza di fede ed una maggior lucidità di pensiero.
I tre gruppi costituitisi in seguito hanno esaminato i tre interrogativi sollevati dalla Circolare del Consiglio di Circuito.
1) La catechesi oltre ad accrescere la pura conoscenza di
Gesù Cristo aiuta il giovane ad
inserirsi nella comunità?
FRALI
Una brutta avventura, per fortuna finita senza gravi danni alle persone, hanno attraversato i
nostri cantonieri Marco Garrou,
Ugo Peyrot e Gianfranco Richard. Giovedì 24 c.m. procedevano con gli altri cantonieri sul
mezzo della Soc. Val elùsone
nel tratto dell’« Indritto dei marmi», il più pericoloso per la
frequente caduta di slavine. La
neve pesante che cadeva ininterrottamente da tre giorni aveva
riempito i canaloni, ma, data l’ora di prima mattina, la caduta
delle slavine non sembrava imminente. Invece aU’improvviso
una massa di neve si è abbattuta
sul camion, trascinandolo pericolosamente verso il ciglio della strada. Gli uomini hanno comunque potuto mettersi in salvo. L’autista Franco Pascal, di
Pome3Tfrè, ha riportato una ferita ad una mano e ha dovuto
essere medicato all’Ospedale
Civile di Pinerolo.
L’incidente ripropone il problema della sicurezza della strada provinciale, per la quale occorrerebbero stanziamenti ben
più consistenti di quelli che finora sono stati assorbiti da opere
di manutenzione straordinaria,
senza sensibili miglioramenti, dal
punto di vista della viabilità.
Sottoscrizione per l’Ospedale
di Pomaretto
Là Pro Loco e lo Sci Club
Prali hanno organizzato una sottoscrizione per l’Ospedale di Pomaretto, in memoria di Orlando Richard.
Diamo qui l’elenco dei sottoscrittori : Sammartino Remigio
L. 3.000; Martinat Raimondo
5.000; Barus Amato e famiglia
3.000; Zanella Ugo e fam. 10.000;
Sergio e Daniela 10.000; Ghigo
Riccardo 5.000; N. N. 5.000; N. N.
10.000; Richard Emilio e fam.
30.000; Sci Club e Pro Loco Prali 30.000. - Totale L. 111.000.
PERRERO-MANIGLIA
MASSELLO
Consiglio comunale. - L’argomento principale discusso nell’ultima seduta del Consiglio comunale è stato l’acquisto di un
piccolo autobus da destinare al
trasporto scolastico e ad iniziative analoghe. Con i contributi
regionali e della Comunità Montana, la spesa per il Comune non
sarebbe rilevante. L’autobus non
risolverebbe il problèma di tutto il trasporto allievi che attualmente è affidato a una ditta privata, ma potrebbe essere utilizzato per uno o due percorsi con
riduzione delle spese. Il trasporto in consorzio per la Scuola
media costa attualmente al Comune di Perrero più di tre milioni. Il Consiglio ha anche deciso di vendere ad una ditta di
Dronero un lotto di legname, di
prendere in carico l’acquedotto
di Traverse e di utilizzare l’UNIMOG spartineve per lavori
vari sulle strade comunali non
asfaltate, nei mesi estivi.
2) Quali sono gli spazi e gli
strumenti che le comunità offrono ai giovani?
3) Come vedono attualmente i giovani le loro chiese?
Molto vivo ma pacato il dialogo fra i presenti che ha messo in luce alcuni punti ed alcune esigenze che andranno approfondite.
Si è chiuso l’incontro con la
proposta di avere il 15 maggio
un incontro di una giornata intera a Pramollo per verificare
quanto emerso dalla giornata di
oggi ed approfondire ulteriormente i temi evidenziati.
Infine è stato approvato il regolamento di polizia rurale che
era già stato discusso tempo addietro in una seduta pubblica.
Incontro
monitori
Primo Circuito
I monitori del I Circuito sono
invitati a partecipare all’incontro che avrà luogo a
TORRE PELLICE
sabato’16’aprile alle ore 16 cOl
seguente programma:
Ore 16-17: valutazione del programma dell’anno in corso; ore
17-19: illustrazione del materiale per l’anno prossimo.
All’incontro parteciperanno i
rappresentanti del Servizio Istruzione della F.C.E.I.
Il e ili Circuito
I monitori delle comunità del
II e III Circuito e tutti coloro
che hanno utilizzato nel corso
dell’anno il nuovo materiale della scuola domenicale sono convocati per un incontro nella sala di
SAN GERMANO
domenica 17 aprile col seguente
Domenica 27 marzo la corale
di San Germano Chisone ha fatto visita alla comunità di Ferrerò. Ci si è incontrati per il
culto durante il quale i sangermanesi hanno cantato l’inno 296
e poi un coro intonato al prossimo evento della Pasqua. Dopo il pasto consumato in comune, si è trascorso il pomeriggio
cantando tutti assieme. È stata
una giornata piacevole tanto che
nel salutarci si è espresso il proposito di incontrarci ancora.
Venerdì, 1° aprile si terrà un
incontro interconfessionale per
presentare la nuova traduzione
del Nuovo Testamento. L’incontro avrà luogo alle ore 20,30 nella sala dell’asilo infantile; la discussione sarà introdotta, per
la parte cattolica, da Don Mercol e, per la parte valdese dal
pastore Ribet. È questa im’occasione di incontro abbastanza
nuova per le due comunità ed
anche un’occasione per un confronto su questo testo comune
del Nuovo Testamento.
Ringraziamo i sigg. Micol Flavio e Marchetti Luigi che hanno tenuto il culto a Perrero e a
Massello.
programma :
Ore 14,30; Partecipazione della comunità e delle famiglie nell’insegnamento religioso e nella
trasmissione della fede.
Ore 16: Valutazione del materiale offerto quest’anno dal Servizio F.C.E.I.
Ore 16,30: Presentazione del
nuovo materiale per l’anno prossimo.
RINGRAZIAMENTO
La sorella, Albertina Bertin Goss, e
i nipoti Londinesi della conapianta
Caterina Margherita Goss
ringraziano eon gratitudine il Direttore
ed il personale del Rifugio Re Carlo
Alberto, i Pastori Taccia e Rivoir, e
tutti quanti hanno partecipato al loro
dolore.
Londra, 11 marzo 1977.
RINGRAZIAMENTO
« Solo in Dio s’acqutclc Vaniiììa
mia, da lui viene la mia liberazione. Egli solo è la mia rocca,
la mia salv.^'zn, il mio allo ricetto » (Salmo 62 : 1-2)
I familiari della compianta
Vittoria Alessandrina Long
profondamente commossi e riconoscenti, ringraziano tutti coloro che haimo
dimostrato la loro simpatia per l’improvvisa dipartenza della toro cara
Un grazie particolare a quanti sono
stati di aiuto in questi ultimi mesi.
Pramollo-Chiotti, 11 marzo 1977.
8
8
1° aprile 1977
LO SFONDO DELL’ASSASSINIO DELL’ARCIVESCOVO ANGLICANO
Un fucile puntato contro
ogni cristiano ugandese
Questo documento, di cui
pubblichiamo le parti essenziali, è stato redatto dall’arcivescovo deirUganda Janani
Luwum insieme a 18 altri vescovi anglicani ed è stato inviato al presidente Idi Amin
il 10 febbr. Il suo contenuto,
già di per sé drammatico e
(^rico di tensione e di dignità
è reso ancor più tragico dal
fatto che l’arcivescovo Luwum è stato trovato assassinato 6 giorni dopo. Il documento è stato pubblicato per
la prima volta il 20 febbraio
dal Sunday Observer di Londra e riportato recentemente dal bollettino ecumenico
SOEPI.
Eccellenza,
Noi, arcivescovo e vescovi delle province dell’Uganda, del
Ruanda, del Burundi e del BogaZaire, chiediamo umilmente di
farle parte dell’inquietudine molto profonda che nutriamo per la
sorte della Chiesa e per il benessere del popolo che serviamo sotto la vostra responsabilità.
PresentandoLe questa dichiarazione, noi non mettiamo assolutamente in questione il diritto del governo di amministrare
la giustizia, di perseguire e arrestare i delinquenti. Noi stimiamo che il governo ha predisposto delle strutture e delle procedure per svolgere questa funzione. Sono le strutture e le procedure cosi stabilite che danno
ai cittadini un’idea di ciò che il
loro governo è in grado di dar
loro
Queste strutture danno alla
polizia e alle altre forze dell’ordine un quadro di lavoro, attenendosi al quale per compiere
i loro compiti quotidiani, esse
danno al semplice cittadino un
senso di sicurezza. Si crea così
im’amicizia e una mutua fiducia
tra questi funzionari e il pubblico in generale, indipendentemente dalla divisa.
Ma quando i funzionari della
polizia e del servizio di sicurezza si discostano dalle strutture
e procedure che sono state predisposte per il compimento dei
loro incarichi quotidiani, i cittadini si sentono sempre più in
pericolo, spaventati e inquieti,
e cominciano a diffidare di questi funzionari.
Noi siamo profondamente inquieti a seguito dell’annuncio
degli incidenti che hanno avuto
luogo alla residenza uflìciale dell’arcivescovo nelle prime ore di
sabato .5 febbraio 1977. Mai nella storia del nostro paese un simile incidente si era prodotto
nella Chiesa. Dei funzionari del
servizio di sicurezza hanno forzato la palizzata e sono penetrati nel recinto dell’arcivescovado.
Si sono serviti come esca di un
uomo, che avevano arrestato e
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Bellion, Brmanno Genre, Giusep^ Platone - Paolo Ricca, Fulvio
Rocco, Sergio Rostagno, Roberto
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50 - economici 100 per parola.
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2/39878 intestato a Roberto
Pe^yrot, corso Monealieri 70,
^ 10133 Torino.
Reg. Tribunale di Pinerolo N. 175
8 luglio 1960
Cdoperativa Tipografica Subalpina
Terre Pellice
torturato, per indurre l’arcivescovo ad aprire la porta e aiutare queli’uomo che sembrava
in distretta.
L’arcivescovo aprì, la porta.
Nello stesso istante, degii uomini armati saitarono fuori dai loro nascondigli, armarono i loro
fucili e chiesero ; « le armi ! ».
Quando i’arcivescovo domandò:
« quali armi? », la risposta fu la
canna di un fucile premuta contro il suo petto e immediatamente fu respinto con forza nella casa. Gli fu chiesto allora:
« Arcivescovo, mostrateci le armi ! ».
Eccellenza, Lei ha dichiarato
pubblicamente a più riprese che
i capi religiosi occupavano tm
posto speciale in questo paese e
che Lei li avrebbe trattati con
rispetto per ciò che difendono
e rappresentano. L’ha dimostrato a più riprese pubblicamente
e di questo Le siamo sempre riconoscenti. Ma quello che è successo all’arcivescovo contraddice quello che Lei stesso. Eccellenza, ha dichiarato e va contro
le strutture e le procedure stabilite in materia di sicurezza.
Ora che la sicurezza dell’arcivescovo è in gioco, quella dei vescovi lo è tanto più. La notte
seguente l’irruzione nella casa
dell’arcivescovo, il vescovo del
Bukedi è stato fatto oggetto di
una perquisizione domiciliare ed
è stato arrestato. Solo dopo che
nulla fu trovato né nella sua casa né nel suo ufi0cio, egli fu rilasciato domenica mattina. Ciò
ha turbato la popolazione della
sua diocesi e la notizia si è sparsa rapidamente. I cristiani si
chiedono : « Se questo succede
ai nostri vescovi, che succederà
di noi? ». Il fucile la cui canna
è stata puntata al petto dell’arcivescovo, il lucile che è servito
per perquisire la residenza del
vescovo del Bukedi, è quello che
è puntato contro ogni cristiano
nella chiesa, a meno che Sua Eccellenza possa assicurarci che
questa situazione muterà. (...)
Il fucile che doveva proteggere l’Uganda come nazione, il cittadino ugandese e i suoi averi,
è usato sempre più contro di lui
per prendergli la sua vita e i
suoi beni. Quasi giornalmente
automezzi sono rubati sotto la
minaccia di fucili e i loro proprietari sono uccisi; il più delle
volte i colpevoli sfuggono alla
giustizia. Se è necessario siamo
pronti a elencare diversi casi.
Si è dato troppo potere a membri del « Servizio di informazione generale » per l’arresto e l’uccisione a modo lorp di innocenti.
Siamo ugualmente inquieti del
fossato che si va scavando tra
i dirigenti delle Chiese cristiane
(in particolare gli arcivescovi) e
Sua Eccellenza. Lei ha assicurato i dirigenti delle Chiese della
Sua disponibilità tutte le volte
che essi avrebbero avuto delle
questioni importanti da discutere con Lei. Lei stesso è giunto
a dare a Sua Grazia l’arcivescovo le indicazioni più efficaci per
mettersi in contatto con Lei
ovunque Lei fosse nel paese. Ma
la situazione si è deteriorata in
modo tale che Lei è diventato
sempre più inaccessibile per l’arcivescovo, e anche quando egli
ha cercato di mettersi in contatto con Lei per corrispondenza, non ha ricevuto risposta.
Eccellenza, mentre Lei ha dichiarato alla radio nazionale che
il Suo governo non subiva alcuna influenza straniera e che le
Sue decisioni erano guidate dal
Consiglio della difesa e dal Consiglio dei ministri, l’evoluzione
della situazione in Uganda ha
dato l’impressione che gli affari del nostro paese erano diretti dall’esterno da gente poco
preoccupata del benessere di
questo paese, della vita e dei
beni degli ugandesi.
Una tale situazione genera una
incomprensione e una diffidenza
inutili. A dire il vero siamo rimasti colpiti dal fatto che Sua
Eccellenza ha detto alla radio il
giorno di Natale che i vescovi
avrebbero predicato un bagno
di sangue. Abbiamo atteso impazientemente di essere invitati da
Sua Eccellenza a chiarificare
una situazione cosi seria, ma invano. Eccellenza, riaffermiamo
che siamo pronti a venire a trovarLa tutte le volte che sono in
gioco questioni importanti concernenti la chiesa e la nazione.
Le basterebbe chiamarci. Era così ima volta. Eccellenza, quando
Lei aveva liberamente contatti
con noi e noi venivamo a trovarLa liberamente.
LA SETTIMANA INTERNAZIONALE
a cura di Tullio Viola
Chi conosce Ben Chovis?
Un pastore evangelico in carcere nel Nord Carolina
if E’ un pastore evangelico
americano, che la « Chiesa unificata di Cristo » inviò, nel 1970,
nella Carolina del Nord per fare
un’inchiesta sul razzismo in quello Stato degli USA. 29 anni, temperamento ardente, divenne ben
presto leader del « Movimento
dei diritti civili » nella Carolina
del Nord. Arrestato e processato, venne « condannato a 34 anni
di reclusione per un delitto di
cui egli si proclama innocente.
Lo si accusa di aver incendiato,
nel 1971, una drogheria e di aver
fatto sparare su dei poliziotti ».
Angela Davis, la famosa eroina
della lotta per l’emancipazione
dei negri americani, di passaggio
per Parigi mercoledì 16 c., intervistata da un gruppo di personalità fra le quali il sig. Henri Noguères, presidente della « Lega
dei diritti dell’uomo », ha raccontato la triste storia di Ben
Chavis, che « Le Monde » del 19 c.
ha ampiamente riassunto.
« Il fatto accadde nella città di
Wilmington. Ben Chavis, alla guida della lotta per la cosiddetta
"integrazione della scuola", accoglie nella propria chiesa un gruppo di studenti negri espulsi. Il
Ku Klux Klan attacca, la polizia
e la guardia nazionale intervengono: un assedio che durerà 4
giorni! Uno studente e un membro del Ku Klux Klan finiscono
uccisi.
Al processo, che comincia nel
giugno 1972, compare un solo testimonio a carico: un certo Alien
Hall, un recluso poi liberato ( ma
che, più tardi, presentandosi ad
un giudice, ha ritrattato assicurando d'esser stato circonvenuto
dal procuratore e dagli ufficmli
di polizia di Wilmington, in cambio di una liberazione piu rapida).
Un nuovo "caso Angela Davis”? E' poco probabile: il giovane pastore non ha le "caratteristiche classiche" d'uno di quegli "episodi esemplari e tipici”
da dare in pasto ai "mass
media”. Angela era la dottore.'isa in filosofia, la studentessa della Sorbona, la più brillante allieva di Herbert Marcuse... Ben
Chavis è soltanto un pastore,
quasi un anonimo; eppure...
"Egli è là (dice Angela), solo
in una cella di una delle innumerevoli prigioni della Carolina del
Nord, in cui marcisce l’l% della
popolazione maschile nera di
quello Stato. (...) Uno Stato nel
quale i sindacati sono stati quasi totalmente distrutti; perché
laggiù, organizzare un sindacato
significa già essere un comunista,
che è quanto dire un mostro (...)”.
Ma Angela resta ottimista: "La
situazione oggi è molto migliorata (afferma). Per assicurarsi i
voti neri. Carter, l'uomo del Sud,
ha dovuto impegnarsi in una gara di demagogia. Per i neri, eleggere Carter significava manifestare una volontà di cambiamento. Ma ora il presidente è preso
nella trappola delle sue innumerevoli promesse, ed è perciò che
egli è tanto più esposto alla pressione delle masse".
Questa pressione, per Angela e
per i suoi compagni, comincia
con una lotta di tutti i giorni,
per la libertà e contro la repressione.
Libertà ovunque? Quando, alla
TV, si son fatti ad Angela i nomi
di Boukovski, di Pliouchtch e di
altri (celebri perseguitati dall'URSS ed ora esiliati in Occidente), essa ha avuto un istante di
esitazione. Stava per chiedere:
"Parlate dei cosiddetti dissidenti?”. Ma la brutta parola "cosiddetti" ha impercettibilmente
sfiorato le sue labbra.
Eccola ora nella retrosaletta
d’un caffè prossimo alla sede
della TV. Ora essa può e vuole
parlare con libertà. "Ho le mie
idee su quanto sta accadendo in
URSS”, dice. Poi, dopo una breve pausa: "Bisogna distinguere
dissidente da dissidente. Alcuni
sono addirittura razzisti, come
Solgenizin, talmente reazionario
che neppure Gerald Ford ha voluto riceverlo...”.
"Ma gli altri?!” le è stato chiesto. Un lieve imbarazzo, poi la
risposta:
"Il socialismo non si fa da un
giorno all'altro. Ci vuole del tempo prima di riuscire a cancellare
tutte le tracce del vecchio mondo”.
"Ma che dici. Angela, degli operai polacchi, della Carta 77, e di
quei partiti comunisti che, in
Europa, hanno ora preso le loro
distanze dall'URSS?”.
Ancora un momento di esitazione. Poi: "Vedete. Voi, in Francia, avete un Partito Comunista
molto forte. La sua influenza è
molto grande. In USA, noi siamo
ancora molto deboli, e la campagna orchestrata sui dissidenti ha
lo scopo principale di frenare il
nostro sviluvvo. (...)Noi neri sappiamo che, se vi è un paese nel
quale si violano sistematicamente i nostri più elementari diritti,
quel paese sono certamente gli
USA. Non mi è facile pubblicare
un comunicato, sulla nostra lotta, fra una réclame e l’altra, in
fondo all’ ultima pagina d’un
giornale. Se facessi anche la minima dichiarazione sui dissidenti, diverrei di colpo la perla del
New York Times. No! Io non mi
lascerò manipolare dalla stampa
americana. Voi conoscete Boukovski, Pliouchtch, Amalrik... Ma
chi conosce Ben Chavis?” ».
La mostra
del dissenso
(segue da pag. 1)
quella artistica, in definitiva
l’unica che conti per una manifestazione di livello superiore,
come quelle a cui ci ha largamente abituati la Biennale veneziana, a buon diritto, e da sempre, considerata, dalla critica più
attenta, la massima rassegna
d’arte a carattere mondiale, ci
offrirà i suoi lati più oscuri, le
sue pericolose incognite se nelle
intenzioni degli organizzatori prevarranno le punte polemiche a
dispetto del reale valore delle
opere trascelte per l’esposizione.
Contrari alla manifestazione sul
dissenso studiosi della serietà indiscussa di G.C. Argan, negano
all’iniziativa, di là di un generico
fatto contestativo, qualunque
pratico interesse. Chi sono i protagonisti? si chiedono. Epigoni?
Ripetitori?
Di opposto parere Carlo Ripa
di Meana che crede nella mostra, ed è forse da tempo a contatto con gli operatori, mai ufficializzati, deil’arte sovietica di
domani. Pure facendo le già
espresse riserve, non me la sento di censurare il suo operato,
che comporta una ferma convinzione ottimistica: se al momento gli artisti del dissenso si muovono impacciati non possono che
trarre vantaggio, per il migliore
domani, dalla libera circolazione
delle idee sulle complesse questioni dell’arte.
Tutto sommato il tribuno Meana vuole eliminare anche il mio
disagio futuro, che regolarmente,
fino aH’edizione dello scorso anno, mi ha assalito visitando le
ricorrenti esposizioni nel padiglione sovietico, sovraccarico di
inutilità presuntuose e non di rado gracilmente folcloristiche.
Quel prodotto « ufficiale » esibito
con imperturbabile continuità da
tma così grande nazione, che fin
dai primi anni del secolo diede
cosi alti contributi al rinnovamento delle arti con l’opera di
Malevic, Tatlin, Kandinskj, Chagal'l... (per limitarmi al solo campo pittorico), era una stridente
dissonanza culturale nelle sofisticate memorabili edizioni della
Biennale Veneziana dell’ immediato dopoguerra.
A questo punto c’è da augurarsi che lo scandalo del « dissenso » serva perché l’Urss riveda i
suoi piani sulle arti tuttora impigliate nell’enfasi contenutistica. Ma che li riveda « motu proprio » favorendo il naturale processo del perpetuo divenire dell’arte, che per la sua intrinseca
natura mal sopporta le cristallizzazioni e i ritardi storici.
La Vergine non si tocca
(segue da pag. 1)
deve procedere per la via più
lunga da concludere con un
provvedimento di ratifica del
nuovo testo concordato dalle
parti.
Ma le piccole modifiche non
è detto che siano le più semplici e le più indovinate. Tralasciando di considèrare le due feste civili (2.VI., 4.XI.) spostate
alla prima domenica del mese
(fatto in sé sensato e che potrebbe estendersi ad altre ricorrenze civili) si rimane invece
perplessi circa la proposta fatta dallo Stato e soprattutto per
la scelta o per l’accettazione da
parte della S. Sede circa le 5 festività religiose, fra le 10 previste dal Concordato, per le quali in Italia è stato revocato il riconoscimento. Due di tali feste
riguardano il calendario dei santi riconosciuti dalla Chiesa romana, ed il caso non fa questione. Ma induce a riflettere invece il fatto che la scelta sia caduta anche su festività che concernono eventi non indifferenti
della vita, di Gesù Cristo, a preferenza di altre, che avrebbero
dovuto essere meno rilevanti
per una chiesa che si richiama
al nome di Cristo, quale è anche
la Chiesa romana. Tra le feste
religiose prescelte per la revoca
in Italia, si trovano infatti l’Epifania, l’Ascensione e il Corpus
domini; mentre permangono riconosciute : Capodanno, l’assunzione di Maria, Ognissanti, l’immacolata concezione, il giorno
di Natale previste dal vigente
Concordato oltre al lunedì, dell’angelo e al giorno di S. Stefano, previste dalla legge n. 260
del 1949; ed a quella dei patroni d’Italia (4.X.) istituita con
legge n. 132 del 1958.
Certo l’accentuazione mariana
ha prevalso su quella cristiana
in merito a queste scelte, per cui
ogni commento è superfluo anche sotto il profilo della rilevanza ecumenica del fatto. Rimane
solo la constatazione che tra le
due assunzioni in cielo è stata
preferita quella per la quale non
è data alcuna testimonianza nel
Nuovo Testamento. Ma i cattolici italiani possono stare egualmente tranquilli nella loro coscienza, perché la S. Sede, ad
istanza della Conferenza episcopale, ha jjrontamente accordato
loro una'specifica dispensa, per
cui, nelle 5 festività liturgiche
soppresse, che divengono giorni
lavorativi, essi sono autorizzati
a non partecipare alla messa e
a non osservare il precetto festivo. Cosi tutto è a posto in
terra... ed in cielo.