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LA BUONA NOVELLA
GIORNALE DELLA EVANGELIZZAZIONE ITALIANA
Seguendo la rcrità nella carità. — Ekss. VI. 15.
PllEZZO DI ASSOCIAZIONE
Per Io Stato [franco a destinazione]____£. 3 00
Per la Svizzera e Francia, id........... „ 4 25
Per l’Inghilterra, id................... „ 5 60
Per la Germania id................... ,, ó 50
LE ASSOCIAZIONI SI RICEVONO
In Torino all’Uffizio del Giornale, via del Principe
Tommaao dietro il Tempio Valdese.
Nelle PaovisciE per mezzo di franco-bolli posiali, chc dovranno essere inviati franco al Di
Non si ricevono associaaioni per meno di un anao. ^ rettore della Bcona Novklla.
AU'estero, a’ sedenti indirizzi : Parigi, dalla libreria C. MeyrueiB, rue Rivoli ;
Ginevra, dal signor E. Beroud libraio ; Inghilterra per mezzo di franoo-bolll
inglesi spediti franco al Direttore della Buona Novella.
SOMMARIO
1/Enciclica e l’Allocuzione papale. — Polemica. — Attualitk — Cronaca della Quindicina. —
Annunzii.
L’ENCICLICA E L’ALLOCCTZIONE PAPALE
Quantunque poco o nulla valgano per noi i sovraocennati
documenti, tuttavia, atteso le circostanze in mezzo alle
quali vennero pubblicati e l’influenza che non mancheranno,
per certo, di esercitare sull'assestamento definitivo della
questione Italiana, atteso più ancora lo stato di cose religiose di cui sono manifestazione sig-nificantissima, stimiamo
nostro debito il farvi sopra, anche noi, alcune brevi riflessioni, non fosse altro che per esternare i sensi che ha destato in noi la lettura di questo doppio manifesto. Il primo
senso, lo diremo senza ambagi, è stato pivi che altro un
senso di ripugnanza e di disgusto. E perchè questo ? — Per
il linguaggio barbaro in cui sì l’uno che l’altro vennero dettati? — No, — Per le idee che si potrebbero con ragione
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chiamare fossili che ne formano la sostanza ? — Neanco.
Forse per l’ammasso d’ingiurie che vengono in ambedue
prodigate nonché ad uomini sommamente onorevoli, al monarca generoso al quale tutta Italia guarda con speranza
ed orgoglio, come al vindice della sua indipendenza ? —
Nemmeno questo, sebbene una tal colluvie d’ingiurie, che
ci avrebbe stomacati in bocca di chiunque, ci paja sovratutto sconvenevole sulle labbra di chi pretendesi vicario di
Colui che fu mansueto ed umile di cuore. Ma ciò che quel
senso di ripugnanza e di disgusto lo destò in noi, al sonxmo
grado, si è l’ipocrisìa di cui viene impronta quasi ogni parola di ambedue questi documenti. Infatti di che hanno
piena la mente così il Papa che parla, che i Cardinali che
siedono ascoltandolo, là in quel sinedrio tenuto quasi alla
vigilia della battaglia di Solferino, e quando nutrivano speranze fondate che questa battaglia avrebbe riuscito in una
sconfitta delle armate alleate ? Di che se non di pensieri
mondani, di mondane preoccupazioni, d’intrighi diplomatici,
della paura di perdere un regno temporale cui non hanno
diritto, della determinazione di conservarlo ad ogni costo,
di voti perchè l’antico stato di cose in Italia, momentaneamente sconvolto, possa tornare presto, mediante il trionfo
delle armi austriache ? Questi, senza caluimiarli punto, e
senza tema d’ingannarci, possiamo dire fossero i sentimenti
ed i pensieri dell’mtiera raunanza.
Ma chi lo crederebbe sentendo come parlano ? Chi all’incontro non sarebbe indotto, dal loro linguaggio, a figurare un’assemblea ove gl’interessi di questa terra non hanno
nulla che vedere, un’assemblea quasi celeste, nelle menti e
nei cuori della quale non albergano e non battono che pensieri ed affetti sempiterni ; un’assemblea che alla gloria di
Dio ed all’eterna salvezza delle anime ha unicamente rivolte le sue preoccupazioni ? Ora, una tale opposizione tra
quello che si sente realmente e quello che si finge di sentire ; una tale ipocrisìa albergando là dove la sola verità
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dovrebbe aver accesso, non è la cosa più atta ili qualunque
altra a stomacare, e si può egli provare altro che ripugnanza 0 disgusto a fronte di uno spettacolo così disgradante ?
Ma un’altro senso, che nello scorrere che facemmo di
questi due scritti, ha tenuto dietro immantinente in noi
a quello del disgusto, si è un senso di profonda pietà e
compassione cittadina, ben antiveggendo gi'innumerevoli
ostacoli che ad un’assestamento definitivo ed equo delle
cose italiane, non avreblie mancato di frapporre la così detta
questione Romana. Infatti chi non vede che, ricacciati gli
Austriaci fino all’Adriatico, secondo il programma del glorioso nostro alleato, sorgerà sulle rive del Tevere una questione di scioglimento assai più arduo ancora della prima ?
Chi non vede che là è la pietra d'inciampo contro alla quale,
se Iddio non ci pone mano, andranno ad infrangersi le nostre più care speranze ? Poiché se prima dell’allocuzione e
dell’enciclica, era ancora possibile a cert’uni una qualctie
speranza che il papato avesse mutato proposito, dopo che
questo doppio manifesto è venuto alla luce, ogiii speranza,
su tal riguardo,dev’essere svanita dol tutto. Il papato temporale, infatti, nou viene da Pio, ix definito una necessità
temporaria, che potrebbe cessare una volta, ma bensì una
necessità assoluta, inerente alla sostanza stessa del papato
e così identica colla dottrina della Chiesa romana che distrutto quello, é rovinata questa ; e perciò, il Pontefice dichiara nel modo più reciso ai suoi venerabili fratelli, che
niuna forza al mondo potrà indurlo a rinunziarvi. La quale
cosa significa che le pi’ovincie che finora tanto patirono dal
mal governo dei preti, dovranno di necessità seguitare in
quello stato. E siccome non vi si potranno rassegnare, siccome
vi si rassegneranno molto meno adesso che avranno sott’occhio l’esempio del viver libero a cui sarà stata chiamata la
maggior parte d’Italia, ciò significa che l’insurrezione cui
si era voluto porre fine, noi segidteremo ad averla, sempre
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pronta ad irrompere ; vale a dire che quella tranquillità
interna a cui tutti aneliamo, e che permetta una volta all’Italia di ridiventare ciò a cui ha diritto, grande e rispettata, seguiterà a non essere altro che un pogiio di ammalato e nulla più !
E perchè tutto questo domanderemo noi ? perchè ad un
sagrifizio così grande dovranno essere gl’italiani eternamente condannati ? Se fosse per qualche cosa in cui hanno
fede, noi non avremmo nulla che dire. Il sagrifizio dei
vantaggi terreni anche i più grandi ad una verità spirituale
dalla quale ci sentiamo signoreggiati è cosa che ci viene
domandata ogni giorno ; è cosa che anziché abbassare chi
l’accetta, lo nobilita e l’innalza. Ma quella fede in nome
della quale si chiede all’Italia nientemeno che il proprio
suicidio, si può dire con verità che sia la sua ? In apparenza,
tradizionalmente, sappiamo anche noi che lo è ;ma lo è realmente ed in modo da compensarla del sagrificio che una tal
fede le impone ? A questa domanda non esitiamo a rispondere ; no. Vero è che la maggior parte degl’italiani non la
fanno questa risposta ; vero è che interrogati della credenza
cui appartengono, tutti o quasi tutti risponderanno : che
.sono cattolici romani ; vero è ancora che i nostri pubblicisti,
pochissimi eccettuati, si dichiarano pronti a riconoscere il
Papa come loro padre spirituale e capo della cristianità
cattolica, se solo egli vuole dipartirsi dal temporale —
Ma perchè queste professioni ? forse per effetto di convinzione, che sia effetto alla sua volta di un’esame coscienzioso
e maturo delle questioni di cui si tratta ? Niente affatto.
Essi sono così corrivi ad ammettere quante dottrine voglia
imporre loro il papato, appunto perchè di quelle dottrine
nè si sono curati nè si curano punto. Essi lasciano passare,
come si lascia passare una cosa di cui non ci cale affatto.
La loro arrendevolezza neH’accettare tutto,è la giusta misura
della poca o niuna importanza che annettono a quelle cose
che dicono di accettare. L’indifferenza, la funesta e mici-
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diale indifferenza, ecco quella che li tiene vincolati a Roma
ed al suo sistema religioso ; ecco quella che fa sì, che non
hanno rivolto in passato nè pensano a rivolgere al presente la loro attenzione alla parte spirituale e religiosa di
quel sistema. Cessi, e.ssi dicono, cessi una volta il Papa di
essere re, e noi non gli domanderemo altro ; cessi una volta
il papa di fare scannare dai suoi sgherri i suoi sudditi,
nostri fratelli, che al pari di noi anelano a libertà, e noi
lascieremo che faccia riguardo allo spirituale quanto sarà»
di suo piacimento ! E nella speranza che ciò avvenga, essi seguitano a dirsi buoni e fedeli cattolici,; a fi’onte di quanto
vi sarebbe di più atto a far perdere la fede in una verità
qualunque, essi durano a dirsi credenti ; le stragi stesse di
Perugia non desteranno in essi che uno sdegno passeggiero,
che ancora si sforzeranno di riversare sopra un’uomo, l’Antonelli, piuttosto che sul sistema che quell’uomo rappresenta ed a cui egli obljedisce ; e quando il Papa stesso dirà
loro nel modo più chiaro che sia fattibile : il mio potere
temporale ed il mio potere spirituale non sono due cose,
ma una sola ; voi non potete toccare a quello senza offendere
questo; quando egli fulminerà la scomunica contro coloro
che furono arditi abbastanza da fare una tal distinzione ed
anche d’attuarla, questi che pur dividono la loro opinione
manderanno un grido, poi fingeranno di scherzare, poi alla
fine taceranno.... e non vi sarà chi abbia mente e cuore abbastanza da portare coraggioso la scure alla radice del male,
persuadendo se stesso primieramente, e quindi gli altri, che
tra il cristianesimo quale fu predicato da G. Cristo e dagli
apostoli ed il cristianesimo adulterato dalla corte di Roma,
passa una differenza immensa, e che solo quando si sarà
tornato alla sorgente, si proveranno, sì per i popoli come
per gl’individui, la benefica e salutare influenza di quella
religione divina, di cui le promesse non si estendono solo
alla vita awenire, ma abbracciano ancora il presente !
NB. Quello cllS precede era scritto da meno di due
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ore, quando ci giuiise quel doloroso telegramma che rese
in un’attimo la nostra Torino più mesta, più cupa che
non la vedemmo giammai, e quale non l’avremmo veduta
l’indomani d’una grande battaglia perduta. Quale conferma
in quelle poche righe, di quanto or ora abbiam detto!
Poiché fra le tante cagioni che dai politici verranno additate di quella pace firmata quando meno si credeva, e che
ripone l’Italia in una condizione più dolorosa e più gravida
,di perigli di prima, chi è che possa disconoscere che ilPapato
ha a\Tito in questo la prima parte ; che la questione romana
è quella che ha troncato, in quel modo che lo fu, la questione
italiana ; e che se in Italia è condannata a non esistere come nazione, di questo suo martirio ella va debitrice alla
necessità che v’ha per altri che vi sia a Roma un Papa,
quale l’hanno fatto, non già l’Evangelo ma le decretali. ? E
gl’italiani alla fine non faranno senso ! e non imiteranno
quelle nazioni che per avere scambiate le papali tradizioni
colla parola stessa di Dio, da travagliate ed oscure che
erano, diventarono prospere e grandi !
POLEMICA
Io vi ho scritto, amico mio, fra le altre cose, che questo precetto :
“ Iddio dev’essere adorato in ispirito e verità” è parte di quell’unità
vera esistente in tutte le chiese evangeliche, in mezzo alla varietà
delle forme, e che la Romana non è unità, ma uniformità che arresta il moto, che toglie la vita.
Voi mi rispondete in questi termini:
“ La verità non può essere che uniforme. È per questo che l’uni“ formità è uno de’ caratteri distintivi del cattolicismo; carattere
“ che non può ritrovarsi nelle così dette chiese Evangeliche, le quali
“ sono invece contraddistinte dal carattere opposto ed incompatibile
“ colla verità, cioè dalla dissidenza. Desse, lungi dal circoscriversi
“ alle forme, si spinsero a manomettere l’essenza, la vera unità di
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“ fede e di morale dottrina, quella stessa che uscendo daH’inearnata
“ sapienza, ricliiamava gli uomini ad adorare Iddio in ispirito e
“ verità, e che sola poteva essere ognor piii conservata dall’inaltera“ bile uniformità cattolica; la quale arresta, è %-ero, ma sempre sa“ lutarmente, ogni moto, appunto per mantenere in tutta la sua
“ purità ed interezza questa stessa unità di dottrina e di fede. Il
“ perchè, lungi dal togliere, concorre invece a indefettibilmente
“ conservarle la primitiva sua purissima vita. La Parola di Dio non
“ può ammettere modificazione, novità alcuna, non progresso, non
“ moto, ma soltanto ferma ed inconcussa inamovibilità. — Essa sola
“ è Principio!... ”
Non crediate che voglia offendervi, mio caro aulico, poiché la
colpa è tutta del sistema clericale, ma lasciatevi dire in pace che il
tirocinio religioso che avete fatto voi nel seminario insieme agli altri
tutti della vostra casta, generalmente parlando, anziché aprirvi la
mente, ve l’ha chiusa, anziché illuminarla, ve l’ha offuscata. La vostra
risposta in luogo di essere una confutazione delle mie parole, serve
loro di ampia apologia, purgata che sia dagli errori che rinchiude e
che sbalzano agli occhi di chiunque.
Infatti, per cominciare, come mai avete potuto dire che la verità
non può essere che uniforme: da quando in qua il vero ha egli una
sola forma? La cosa è a rovescio; il vero è anzi poligono, per usare
un’epiteto che spiega assai bene Videa: il vero è uno in se stesso,nel
suo complesso, ma contiene moltissimi lati o aspetti, com’è, a cagion
d’esempio, un diamante che orna per quantità di piccole faccie.
Il vero è uno ed ha varietà di forme nella sua unità di essenza :
restringerlo ad una sola forma è uscire dalla realtà e cadere nell’errore. L'uniformità dunque che è come dite, uno dei caratteri distintivi del cattolicismo (cioè del romanesimo) è altresì, aggiungerò,
uno degli errori distintivi di esso, e non può ritrovarsi nelle Chiese
Evangeliche, voleva dire nelle chiese che hanno per norma infallibile
il Vangelo, come dev’essere anche per opinione vostra piià sotto
espressa. Certamente, le chiese evangeliche si distinguono dalla pajìale anche per la dissidenza, appunto perchè all’unità del vero associano il vario: il che è conforme al Vangelo ed alla creata natura
tutta quanta, una nel principio e varia nella forma.
Ora, ci conoscete voi bene per asserire assai leggermente che noi
manomettiamo l’essenza, la vera unità di fede e di morale dottrina?
Non sapete voi che tutte le chiese evangeliche professano il medesimo Credo? quel medesimo simbolo apostolico ch’è pure adottato
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dalla chiesa di Roma, con questa diiierenza però che Roma, avendo
mutato il vero senso di esso, trovasi col medesimo in questa contraddizione: dal simbolo degli Apostoli si deduce naturalmente, chiaramente, che la salvezza è in Cristo solo, ma i preti educati nei romani
seminarii insegnano che vi sono altri salvatori.
A'^oi, o amico, asserite, e va bene, che l’unità di fede e di morale
dottrina, uscendo dairincarnsta sapienza, richiama gli uomini ad
adorare Iddio in ispirito e verità; or, come si concilia cotesto principio coll’adorazione delle iraagini, col formalismo introdotto nel
culto romano. Ah ! dunque si dice vero e si opera falso ! Dunque l’uniformità di Roma, anziché atta a conservare la verità evangelica,
mantiene e consolida Terrore, arrestando ogni moto e togliendo ogni
speranza di salute.
Voi concludete che “ la Parola di Dio non può ammettere modificazioni, novità, progresso, moto... ch’essa sola è Principio. ” A maraviglia; ma ciò è quello che diciamo noi, che vogliamo noi, e che
voi uomini di Roma, non fate. Sì, certo, noi vogliamo anche il moto
cd è per questo che vogliamo un perno fìsso sopra cui aggirarsi con
sicurezza: ìì l'ogliamo l’unità dell'essenza, Tinamovibilità del principio, ch’è quanto dire del dogma; ma altresì libertà nelle applicazioni: vogliamo che la Parola di Dio non sia nè modificata nè innovata dagli uomini, ma che sia la luce perenne, la guida sicura
nelle varietà disciplinarie, in tutto ciò ch’è variabile secondo i luoghi,
i tempi, il carattere degl’individui. È Roma che, altera, muta, diminuisce, accresce la Parola di Dio: questo insegna che siamo salvati
perla fede in Gesù Cristo, per grazia; e voi insegnate che lo siamo
per le opere: quella vuole ima fede illuminata e del cuore, voi un’obbedienza cieca ai preti: quello ci parla sempre di Cristo solo oggetto
della fede, ch’è stato dato per le nostre offese ed è risuscitato per la
nostra giustificazione, e voi parlate di non so quali e quanti uomini
e donne, come altrettanti oggetti di fede a salvezza: quella ci esorta
a sacrificii spirituali, a presentare i nostri corpi, il nostro razionai
(notate bene, razionale) servigio, in ostia vivente, santa, accettevole a Dio, appunto perchè siamo sotto l’economìa della grazia; e
voi continuate nell’idea giudaica cristianizzata dei sacrificii sugli
altari, confondendo le leggi ed i tempi e facendo imperfetta l'opera
di Cristo, imperfette le compassioni di Dio.
Amico mio, voi avrete studiati molti trattati di teologìa, ma
sembra che abbiate studiato poco il trattato di teologìa dell’apostolo
•Paolo, voglio dire la sua lettera ai Romani. Badate altresì di non
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abusare del vostro intelletto trascurando il seutiiucuto intimo del
cuore : ricordatevi che molti farisei e scribi avevano grande conoscenza intellettuale delle Sacre Scritture e n’erano orgogliosi, e per
cotesto orgoglio, proveniente dal non sentire bisogno della fede, rigettarono G-esù, ed avendo rigettato Gesù, furono pur essi rigettati ;
ed al loro posto collocati i Gentili i quali, sebbene ignoranti delle
Scritture, compresero subito di non poter in essi medesimi trovar la
necessaria giustificazione, di cui l’amor di Dio è la fonte, la causa è
il sacrificio di Gesù, il mezzo è la fede del cuore, dalla quale finalineute l’obbedienza a Dio solo e non agli uomini, è Tatti).
A T T U A L 1 T A’
« Maledetto l'uomo che si coufida neU'uomo. »
Ger. xxn, 5.
Quante volte, in questi due ultimi giorni, questo detto
sublime della divina sapienza non ci balenò egli nella mente!
Oh ! come dagl’italiani tutti, da quelli che conoscono l’Evangelo come da quelli che l’ignorano,venne, da alcuni mesi
a questa parte, posta in obblìo questa gran parola ! Quale
fiducia illimitata neU’uómo! ed ora, quale disinganno! e
come trovasi che il Signore avea ragione ; che a Lui solo
bisogna guardare, in Lui solo confidare per non essere mai
svergognato! Ma quello che l’esaltazione dell’uomo ce la
rivelò poi’tata fino alla bestemmia contro a Dio, si fu il seguente documento che vendeasi in questi giorni per Torino,
e del quale non possiamo dire a quale segno ci abbia contristato. Ben avevamo letto di un maire d’una città di
Francia, che avea in modo consimile parodiato la sublime
preghiera del Signore , applicandone all’ Imperatore le
singole domande ; ma non avremmo mai <;reduto che in
Italia si fosse potuto lo stesso sconcio verificare. Chi ò
quel cristiano, che leggendo un tale scritto, non si senta
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profondamente addoloi’ato non solo, ma incitato più potentemente che mai a pregare Iddio per la diffusione in
mezzo ai nostri connazionali del suo Evangelo di grazia e
di verità ? A questo scopo noi ristampiamo quel documento
intitolato; Confessione di fede 2>oUtica :
Orazione domenicale della nostra fede politica italiana
detta il Pater noster.
Padre nostro che sei al campo, primo soldato deU’indipendenza d’Italia;
sia lodato il nome tuo, o Vittorio; venga presto il pacifico regno tuo; sia
fatta la tua volontà sotto il nostro cielo, cioè sull’italica terra; rivendicaci
oggi a libertà, fa rispettare la nazionalità nostra siccome noi rispettiamo gli
altari; guidaci a godere la pace; ma liberaci dal ladro austriaco. Così sia.
Simbolo di fede politica italiana detto il Credo.
Io credo nel primo Napoleone creatore dell'impero francese e del regno
d’Italia, ed in Napoleone III suo nipote potentissimo, salvatore nostro, il
quale fu concepito per opera della Provvidenza e nacque per la nostra
redenzione.
Salì alla presidenza della repubblica francese, siede sul trono di Napoleone il grande ; di là ha da venire a giudicare i vivi italiani ed i morti
austriaci.
Credo nel regno costituzionale di Vittorio Emanuele, nella santa lega
italiana, nella remissione di tutti gli emigrati nella vita di fratellanza eterna.
Cosi sia.
Altro Credo
1'’ Credo nell’impero unico ed indivisibile, creatore dell’eguaglianza e
della liberta.
2'’ Credo nel generale Garibaldi eroico difensore nostro.
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3" Il quale fu concejjito di graude spirito, nacque iu Nizza da madre
virtuosissima.
4° Patì in Italia per la Patria e per la libertà sociale, e fuggì in America
sopra monti cercato a morte.
5° Salì in Isvizzera, Piemonte, Romagna e Toscana,
tì° Ora siede alla destra della lega italiana.
7° Di là ha da venire a giudicare gli austriaci.
Credo nello Spirito della generalità.
9^ Xel ritorno e nella riunione degli emigrati.
10 Nessuna remissione alla tirannìa.
11 La risurrezione del dritto naturale.
I‘2 La futura pace, la libertà, l'eguaglianza, la fratellanza eterna. Così sia.
Atto di fede
Io credo fermamente ciò cho mi propone a credere il Re Vittorio Emanuele, perchè glielo avete rivelato voi giustizia figlia della verità infallibile
e principalmente io credo che vi è in Italia una sola nazione in tre persone
distinte, cioè unione, fratellanza e forza; Carlo Alberto se ne fece campione
morì per noi tradito e lontano dalla patria diletta, ora però è a godere la
gloria di Dio padre onnipotente, di là osserva e loda le gesta del figlio che
lo vendica per cui agli eroi la palma, ai traditori la maledizione, cd in questa
viva fedo voglio ^^vere e morire.
Atto di Speranza
Oh Napoleone! che siete così possente ed infinitamente politico, io spero,
per i diritti che ha l’Italia, lo sgombro degli austriaci ladroni, con l’ajuto
vostro per questa santa causa e l'indipendenza per tutta l’eternità.
Atto di Carità
0 Italia mia perchè sei sì bella, a tutti cara ed infinitamente civilizzata
io ti amo sopra ogni cosa e per amor tuo espongo ed esporrò il mio petto
alla mitraglia dei tuoi oppressori.
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Alto di Contrizione
0 sacra indipendenza italiana, perchè amo sopra ogni cosa la tua somma
« potentissima bontà, mi pento e mi dolgo eon tutto il cuore di non esser
corso prima sui campi lombardi, e propongo risolutamente di versare tutto
il mio sangue, per cacciare l’iniquo austriaco, il quale abborro quanto il
maledetto peccato. Così sia.
Orazione domenicale che i nostri fratelli italiani gementi sotto l’imman-e
giogo Austriaco recitavano nel 1848.
Padre nostro chc sei a Vienna che il tuo nome sia dimenticato in Italia;
che il regno tuo si restringa al di là delle Alpi; che non sia fatta la tua vo^
lontà così sotto il cielo come sopra là terra italica; rendici il nostro pane
quotidiano che ci divorano i satelliti tuoi, rimetti a noi l’oro e l’argento che
ei rapisti come noi rimetteremo la tua carta monetata, non c’indurre nella
disperazione, ma liberaci da’ tuoi sgherri una volta per sempre.
Così su.
. CRONACA DELLA QUINDICINA
In un paese visitato da una guerra cosi sanguinosa e crudele quale è
quella, che venne ad esser sospesa il 12 del corrente, poche notizie religiose
ed incoraggianti possono annunziarsi, essendo gli animi tutti rivolti alle battaglie, che sono state combattute nei campi Lombardi, o che preparavansi
a combattere. E per maggior disgrazia degl’italiani, o deH’umanità in generale, i preti cattolici romani, non mai alieni dagl’intrighi politici e guerreschi,
ebbero molto che fare in questi ultimi avvenimenti, ed il nome del papa
essendo nella bocca di tutti, come di colui, che favorendo or pubblicamente,
or di nascosto i nemici acerrimi del nome italiano, veniva pronunziato cou
cordoglio dai buoni patrioti, o con maledizione dai piii ardenti e fanatici
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tra loro. E questo non poteva al certo accadere senza grave danno, e deperimento della religione — Dicesi che pochi giorni prima che accadesse la
battaglia di Solferino, essendo il papa dagli austriaci avvisato che essi erano
per dare una gran battaglia, di cui potevano quasi ripromettersi dell’esito
fortunato, ci s’incoraggiasse a pronunziare la sua allocuzione nel collegio
dei cardinali, in cui annunciasi la scomunica maggiore alle provincie ribelli
ed ai loro fautori, ed a scrivere la sua enciclica *i prelati, e vescovi dell’orbe
cattolico, in cui si denunziano personaggi altissimi come suoi nemici, che
sono degni d'ogni rispetto fra gl'italiani, o si attribuisce ad una mano di
faziosi, ciò che è il consenso generale dei popoli. Tali avvenimenti però
fanno conoscere ai ben pensanti quanto sia incompatibile il papato coll’indipendenza italiana, e quanto sia contrario alla vera religione di Cristo
il mostruoso connubio del dominio temporale col sacerdozio. L’idea però
della necessitii d'una riforma sorse già nell’animo di tutti; la qual riforma
0 presto o tardi avrà certamente in Italia il dovuto sviluppo.— Nemmeno
il clero cattolico, parlo del clero operoso nel popolo, sarebbe lontano
da una razionale riforma nella Chiesa, riportandola verso le sue primitive
origini; poiché in Milano più di 300 ecclesiastici fecero un’indirizzo a
S. >1. Vittorio Emanuele, annunziandogli il loro pieno gradimento al nuovo
ordine di cose iniziato in Lombardia per i fortunati eventi della guerra, e rigettando quelle massime dispotiche cd anti-cristiane, che il cessato governo
austriaco professava col suo concordato. Essi riportavano i loro principi
ai libri evangelici, protestando che i loro interessi erano ideutici con quelli
del popolo. Apertamente dichiararono, dicendo si lavorò, se fosse stato po.ssibile, per fare di questo clero un’istrumento di egoismo, ed oppressione:
ma l'intero popolo ò testimone del contegno riservato e decoroso, che il
sacerdozio milanese serbò costantemente innanzi a chi gli prometteva protezione per rapirgli libertà. — L’energìa naturale del popolo lombardo
impedì che, di fronte alle lusinghe ed alle minaccie, alle promesse ed ai castighi, questo clero degenerasse dalle sue tradizionali virtù e che il lume
della scienza si spegnesse nello di lui mani. Tali espressioni del clero di
Milano danno di rimbalzo un’accusa acerbissima contro colui, che sui
colli Vaticani osa chiamarsi vice-Dio, sulla terra. — Nè dissimili sono i
sensi dol clero delle altre città della Lombardia, passate sotto il dominio
del Re Vittorio Emanuele ; sopratutti distinguesi quello della città di
Brescia, il di cui indirizzo rifulge per sentimenti evangelici puri e cristiani
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Non dobbiamo però dissimularci, che in tutte quelle provincie, in cui
sotto i loro rispettivi governi dispotici, l’influenza papale potevasi impunemente estendere, una sètta d’uomini pericolosi si formò, che sotto varie divise e denominazioni, appartenendo tutti alla così detta società di Gesiì,
tentò distruggere l’istruzione fra il popolo, e riportare la società ai secoli
famosi per ignoranza ed errore. In Modena, sotto il loro vero nome di Gestiiti, avendo in mano l’edueazione della gioventù, appena il governo ducale
fu soppresso, vennero ancor essi espulsi, e le loro proprietà confiscate. In
Milano si fece loro altrettanto, appena gli Austriaci furono allontanati, ed
il capo fra loro venne arrestato. Le carte che furono loro sequestrate, davano bastante materia per la misura rigorosa, che si prese a suo riguardo.
Molte fra queste carte erano politiche corrispondenze colle diverse città
della Lombardia, altre di persone miticolose, che non potendo abbandonare
le vie del peccato, cercavano di venire col provinciale ad un accomodamento, onde per mezzo di lasciti alla società, potessero servire a Dio ed a
Mammone. Poveri ciechi! lusingati daUe assoluzioni degli uomini, credono
di trovar pace ancora presso Iddio. Altre di quelle carte, secondo un giornale Torinese, si raggiravano sopra affari serj o puerili, sulla guerra, sulla
politica, sui governi, sulle persone, sull’interno delle famiglie, sxii pettegolezzi di sacrestia, di convento, e sopra i casi di coscienza. Esse più che ogni
altr’opera chiariscono su ciò che forma lo scopo generale dei Gesuiti nella
società. Ed i Paolotti o Vincenzini che sono i loro più potenti ausiliarj,cercano, con ogni sforzo, mantener vivo negli animi il dominio papale, ed il suo
sedicente paterno governo, che tutti rifuggono ed abominano. In ogni modo,
in mezzo a tanti sconvolgimenti di popoli,hawi qualche cosa pure di buono.
In Milano, il governatore pubblicò legge, per eui tutti i cittadini di qualunque sètta o religione, erano eguali innanzi alla legge, e si spera che k
sua libertà di coscienza, che garantisce lo Statuto al Piemonte, sarà pure
estesa alle altre provincie di recente annessione.
Rivolgendo lo sguardo attristato dalle nostre cose a quelle che operansi
al di là de’ mari e dei monti, troviamo soggetto di consolazione e conforto.
In Irlanda, riunioni di evangelici di varia denominazione, hanno celebrato
le loro adunanze, o sono per celebrarle con rendimenti di grazie per i benefici effetti delle loro predicazioni. In lNGHiLTERHA,una memoria congratulativa segnata da 7,000 persone, si presentò a sir Giovanni Lawrence per il
successo ottenuto dal suo governo nel Punja (India), e per le .“iue ottime
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vedute svdl’educazione biblica in quelle vaste regioni. E se gl’inglesi appieno si persuaderanno, che il vero mezzo per incivilire i popoli, è il cristianesimo scevro dalle umane invenzioni, daranno mani, afifinchè la Bibbia sia
il libro sacro e comune fra gl’indiani. Anche le società per le missioni interne, nel regno unito della Gran Brettagna, hanno tenuto le loro annuali
assemblee, rendendo conto delle loro uscite ed entrate nel corso dell’anno.
Tutto hanno somministrato materia di congratulazione per gli ottimi frutti
prodotti, e per le fondate speranze, che saranno per, trame sempre dei maggiori. In Edinburgh ed in Glasgow frequentavano nella domenica le chiesti
un numero sempre maggiore di operai, e le scuole per i fanciulli erano di
venute numerosissime. I fondi erano pure copiosi per mantenere cosi ottime
istituzioni, mostrando i fedeli in più paesi, che la fede congiunta alle opere
è solo attiva e profittevole.
Termineremo finalmente quest» cronaca della quindicina coH’ossenaii;
che la Chie.“ia Bomana non solo in Italia è la pietra d’intoppo, ma ancora
in Ambhica. Negli Stati-Uniti la tirannia dai Vescovi cattolici divenendo
sempre più insoffribile dal clero operoso tra i fedeli, la rivolta n’è stata un
inevitabile conseguenza. Così migliaja di cattolici romani, disgustati della
loro religione, accorrono alle prediche dei pa.stori protestanti. Molte piccole
città hanuo scosso il giogo di Roma, e sembrano gustar realmente rinsegmimento del puro Evangelio. Il potere della Chiesa Cattolica, in quelle regioni,
va indebolendosi ogni giorno più; perchè l'ignoranza e l’immoralità dei
preti disgustano le masso, e gli abbandonano. —La religione di tali uomini
non si può sostenere, che coU'intrigo e l’inquisizione.
Domenico Grosso gerente.
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