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Roma, 7 Agosto 1909
51 pobbllea ogni Sabato.
ANNO li - N, 32
Propugna gl’interessi sociali, morali e religiosi in Italia
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I:
ABBONAMENTI
Italia; Anno L. 3,00 — Semestre L. 1,50
Estero : » » 5,00 — « « 3,00
Un numero separato Cent. 5
I manoscritti non si restituiscono
INSERZIONI
Per linea o spazio corrispondente L. 0,l5
c € da 2 a 5 volte 0,10
< « da 6 a 15 volte 0,05
Per colonna intera, mezza colonna, quarto di colonna e
per avvisi ripetuti prezzi da convenirsi.
Direttore e Amministratore : B. Celli, Via Magenta 18, Roma
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V.
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Avviso Ufficiale
Martedì 17 agosto avrà luogo alle 9
nella sala del sinodo {TorrepelliceJ una
seduta del Corpo pastorale.
Eccone l’ordine del giorno :
1) Elezione delle Commissioni esaminatrici dell’operato delle Amministrazioni;
come pure elezione delle Commissioni sinodali.
2) Esame di fede dei candidati al S.
Ministerio signori Enrico Tròn e Rinaldo
Malan.
3) Partecipazioni e proposte eventv^ali.
B. Léger, vicemoderatore
LJl LUCE JNJvmERICJl
I nostri Lettori americani potranno facilmente farci pervenire il prezzo del loro abbonamento, versandolo al Rappresentante della Chiesa Valdese negli Stati Uniti e nostro
Amministratore per l’America
Signor
prof, pastore J^lberto Qiot
86 Romeyn Str. Rochester N. T.
eoNeoRS©
È bandito un concorso fra tutti i membri della
Chiesa Valdese sull’argomento « La Chiesa Valdese
e l’Italia ».
Il lavoro sarà inteso a far conoscere ai nostri concittadini che cosa siastata nelle vie della Provvidenza
la nostra chiesa pel paese che la vide sorgere e lottare a difesa del Cristianesimo evangelico.
Dirà qual parte spetti alla Chiesa Valdese nel conseguimento delle libertà politiche civili e di coscienza
ora godute. Mostrerà quale fattore di progresso somale e m jrale essa sia al presente, e quanto lo possa essere maggiormente ancora in avvenire. Infine esporrà
11 suo credo religioso, le sue forme ecclesiastiche, accentuando il fatto che la Chiesa Valdese è prettamente
autoctona e nazionale.
Essendo questo scritto inteso ad una grande diffusione, non dovrà oltrepassare le proporzioni d’un
opuscolo, quindi non eccedere Ip 16 pagine d’un foglio di stampa. È desiderabile che rivesta una forma
dignitosa e popolare ad un tempo, che lo stile ne sia
semplice e piano.
Ai MSS. classificati 1. e 2. da apposita commissione
saranno assegnati rispettivamente un premio di 100
lire ed uno di 50 lire.
Nel caso che la commissione giudicasse che nessuno
dei lavori presentati fosse meritevole di premio, e
quindi d’essere stampato, verranno però assegnati due
doni di incoraggiamento di 25 lire l’uno ai due migliori scritti.
I MSS. dovranno essere spediti alla presidenza
del Comitato d’Evangelizzazione (Torre Pellice,Torino;
con motto, e nome in busta chiusa, non più tardi del
12 settembre 1909,
Arturo Muston
J)ìo coiìcepifojcon^ bellezza \
E' questo il titolo d’un volumetto di E. P. Berg,
versione italiana di E. P., ediziope della «Casa Editrice del Coenobinm » di Lugano ; volumetto tutto
elegante, col taglio dorato e con la legatura bianca
a impressioni d’oro.
E il concetto del libro ? '
A pagina 142 si leggono le seguenti parole che
riassumono il concetto :
« Ogni profeta ed ogni maestro ha dato un insegnamento suo proprio, specialmente adattato ai bisogni del suo tempo, e cosi Confucio predicò principalmente la moralità, Zoroastro la purità, Budda
la rinuncia, Mosè la legge, Gesù la paternità di
Dio, Maometto la Unità di Dio. E i futuri maestri
predicheranno la Bellezza Divina, come quella che
riunisce tutte le perfezioni di Dio ».
Alcune riflessioni adesso a mostrare l’assurdo di
questo sogno... d’una notte d’estate.
Ogni profeta ed ogni maestro — dice il signor
Berg — ha dato un insegnamento adattato ai bisogni del suo tempo. Ora come sa il signor Berg
se il suo insegnamento, cioè la predicazione della
Bellezza Divina, sarà « adattato » ai tempi futuri ?
I profeti e maestri passati (da Confucio a Gesù) non
han saputo fare altro, secondo lui, che insegnare
quel che poteva convenirsi al loro proprio tempo;
il signor Berg invece annunzia la religione dell’avvenire ; egli deve conoscere per ciò i bisogni del
tempo avvenire ; egli è dunque il profeta dei profeti e il maestro dei maestri ! !
Ciò detto intorno al fonc^atore della religione dell’avvenire, diamo un’occhiatina agli assurdi da Ini
espressi in quelle poche frasi sintetiche, le quali
contengono più sciocchezze che parole.
Figuratevi se la « moralità » fosse insegnamento
più adattato, per esempio, al tempo di Confucio che
non a quello di Gesù Cristo!
Classiche le caratteristiche con cui egli distingue
la predicazione di Confucio da quella di Zoroastro
e da quella di Mosè ; come se « moralità *, « purità », « legge » non fossero la stessa cosa detta
sotto forma un poco diversa I In realtà dunque Confncio, Zoroastro e Mosè avrebbero predicato la stessa
cosa...
Attribuire a Maometto la privativa dell’Unità di
Dio è tale amenità da far sorridere perfin gli analfabeti.
Il Nuovo Testamento è pieno dell’Unità di Dio, e
nell’Antico questo concetto non manca. (« Un solo
Dio... un solo Signore ». — « Adora il Signore Iddio
tuo e servi a lui solo »).
Per intendere lo sproposito capitale ch’è contenuto nelle parole citate, è necessario leggere anche
quelle che il signor Berg scrive, come delucidazione,
immediatamente dopo.
« Ciascuno di questi insegnamenti conteneva piirziali verità della più alta importanza, richieste dai
tempi, e rivelanti l’una o l’altra delle, relazioni fra
il Creatore e TUmanità ; e faceva della Eeligione-un
sistema di vita pratica per guidare l’nmanità verso
una esistenza più nobile ed una fede più alta. In
tal modo tutti hanno contribuito, qual più qual meno,
ad inalzare e riformare il mondo.
Le età future, adempiendo la loro missione di volgerlo ad una fede ancora più alta e più nobile, dovranno render ginstizia alle prime concezioni e fedi,
e, separando le scorie, mostrare come la Eeligione
della Bellezza riassuma e compia tatto il resto, che
in essa trova la debita subordinazione ».
Come se questo lavorio non fosse già stato fatto,
come se Gesù Cristo « separando le scorie » non
avesse già « riassunto e compiuto tutto il resto »,
per farne non la Eeligione della Bellezza, ma la Eeligione della Santità e dell’Amore, che supera quella
della Bellezza di quanto una madre pura e, suppoponiamo pure, anche bella, supera la più bella delle
sguahirine^ ^ ^ . ~ *
li signor Berg, insomma, è vittima di un’allncinaziohe ridicolissima. Egli predice una nuova religione, se ne fa il profeta, si Crede il maggiore dei
profeti, poiché — a differenza degli altri profeti —
pretende di presentire i bisogni dei tempi futuri ;
e non si avvede, il meschinello, che Qualcuno ha
fatto da parecchio tempo quel che lui si proporrebbe di fare!... L’insegnamento di Gesù Cristo non
riassùme e non compie forse .la moralità predicata
da Contacio (« Amatevi gli uni gli altti, com’io vi ho
amati « ; » Siate perfetti come il Padre vostro che
è nei cieli è perfetto ») ; la purità predicata da
Zoroastro (leggansi altri versetti del Sermone sul
monte) ; la rinuncia, o meglio il sacrifizio predicato
da Budda (Gesù non aveva « ove posare il capo » ;
Gesù è stato ubbidiente — dice l’Apostolo — fino
alla morte e alla morte di croce) ; la legge predicata da Mosè (« Non sono venuto per annallarla,
ma per adempierla ». E la spiritnalizza, come ognuno
dovrebbe sapere) ; l’Unità di Dio, la Paternità di
Dio, e ogni cosa che importi a chi voglia prender
sul serio la religione ?
Che tempi strani sono quelli in cui viviamo ! C’è
un bel risveglio spiritualistico, è vero ; ma quante
aberrazioni ! quanti sogni da malati ! •
E quello del signor Berg è tale senza alcun
dubbio.
Rivista Cristiana
Direttore: sig. E. Giampiccoli, Via Pio Quinto 15
Torino. — Amministratore: sig. A. Rostan, Via Nazionale 107, Roma.
Sommario del num. di luglio:
Scienza e religione, Ed. Montet. — Di una Riforma
del culto nelle Chiese Evangeliche d’Italia, U. Janni.
— Giorgio Tyrrel, G. Bartoli. — Un progetto di assassinio contro Calvino, L. Cramer. — Rabsache e i
suol continuatori, G. Banchetti. — Cronaca del movimento religioso. — Quel che si dice e quel che si scrive,
E. Giampiccoli.
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LA LUCE
La “ Missione di Cristo „ a New York
Un grande amico dell’Italia e degl’italiani, un ammiratore dei Valdesi, nelle cui Valli si recò anni or
sono cornea« pio pellegrinaggio », un osservatore acuto
delle vicende religiose della patria nostra, merita di
certo un cenno nella « Luce », che lo faccia conoscere
con l’opera sua al pubblico evangelico italiano.
James A. O’Connor, irlandese di origine, fu educato
per qualche tempo a San Sulpizio a Parigi ; venuto
in America, si preparò per il sacerdozio romano che
esercitò per vari anni onoratamente a Chicago. Essendogli venuti dei dubbi riguardo alla confessione ed alla
transustanziazione, lasciò il sacerdozio e la Chiesa, pur
non avendo ancora ricevuto la luce dell’Evangelo, e
studiò medicina a Boston. Là il Signore, per mezzo del
grande evangelista Moody, lo converti e gli mostrò
l’opera alla quale dovqva consacrare i suoi talenti e la
sua energia. Fu nel 1879 che il signor O’Connor fondò
in New York la « Missione di Cristo », l’unica nel suo
genere in questa grande Repubblica, col duplice scopo
di convertire i Cattolici Romani all’Evangelo e d’illuminare gli Evangelici sulle pretese e gli errori del Romanesimo.
Fondò il giornale « The Converted Catholic » che
è un vero tesoro di fatti riguardo ai dommi, le pratiche
e gl’intrighi politici e religiosi ¡Jella Chiesa di Roma.
In ogni numero del giornale, vi è una « lettera aperta »
al cardinale Gibbons » che è un vero gioiello e modello di lettera cortese, abile, acuta.
« Centocinqimnta » preti della Chiesa di Roma hanno
trovato rifugio ed aiuto nella « Missione , di Cristo »
del signor O’Connor, dei quali 30 Italiani. Ultimamente
ancora, due sacerdoti Italiani, intelligenti, istruiti ed
onesti, sbarcati da due giorni nell’immensa città senza
mezzi, furono da lui accolti paternamentf ed ora a spese
sue studiano l’inglese a Monnt Hermon.
Sotto un esteriore modesto, il signor O’Connor nasconde un gran cuore, una vivacità e spigliatezza... irlandesi, una fede adamantina che ha sopportato molte
sventure famigliar! ed altri molti dispiaceri con cristiana rassegnazione, una bella mente che gli anni non
hanno ancora offuscata e lavora indefessamente per la
« Missione di Cristo ».
- • /’ro/. Aft«rt»-GIM;
Per la serenità della vita
Viaggiando fra Poggia ed Ancona m’avvenne di
incontrarmi nel vero tipo dell’uomo scontento. Era
un impiegato ferroviario, giovane alto, robusto, che
avrebbe potuto dirsi bello se una tal quale fiacchezza
non gli avesse ammolliti i tratti del volto e la aitante
persona. Era in viaggio di trasloco da una stazione
calabrese ad una toscana. Era celibe, viveva solo,
Guadagnava 7 lire al giorno. Appena entrato in
vagone, alla luce tremolante della fiammella a gaz,
cominciò ad esporre le sue querele dinanzi agli undici compagni assonnati e disattenti. Trovò modo di
lagnarsi di tutto : del viaggio di trasloco, della residenza passata, delle difficoltà del servizio^ delle
ingiustizie dei superiori, dell’insufficienza della paga.
A vedere quell’nomo sano, robusto, ben pasciuto,
spargere i suoi lamenti ad oltranza, veniva un senso
di dolorosa meraviglia, e di sdegno e di pietà ad
un tempo. Ci si avvedeva subito che non era un
difetto superficiale; il male s’era attaccato alla fibra
di quell’organismo naturalmente forte e n’ aveva
ridotte le energie molteplici ad una vana espressione
di scontento.
Non è solo, il mio compagno di viaggio ; egli sta
a rappresentare nn’infinita turba di nomini saturi
di desideri insoddisfatti. Sorgono i desideri come
acqua di fonte; nessuna diga, nessun pur debole
mnricciuolo di volontà ne trattiene o ne dirige l’impeto ; dilagano in tutta la personalità morale soffocando gli embrioni delle qalità buone ; e le rosee
speranze d’nn organizzazione a venire che fanno
giudicare il presente con nn pessimismo assoluto, e
le correnti di pensiero che accentuano il contrasto
fra il benessere altrui ed il malessere proprio, e le
facili teorie sociali e politiche, che a rammentare i
diritti dimenticano i doveri, allargano a gara quella
vena già troppo abbondante dei desiderii. Ogni giorno
si osserva questo fenomeno curioso e paradossale,
che più aumenta in una casa il denaro d'entrata, e
più ne appare l’insufficienza. Ad ogni pur lieve
accrescimento d’entrata è un fiorire di desideri da
appagarsi, di bisogni che si dimostrano ad nn tratto
indispensabili. Si sente via via accresciuto il peso
della propria miseria.. Ed insieme fioriscono i sentimenti malsani, l’avidità, la cupidigia, l’invidia... Si
dimentica la benevolenza che in sè e negli altri
addolcisce i mali inevitabili, l’energia di bene da
cui ciascuno può trarre una felicità relativa ; si dimenticano le sane gioie attuali che ciascuno ha a
portata di mano. Nell’imperversare dei desideri, s'è
perduto il senso dell’armonia della vita. Negli infiniti turbamenti che oggi oscurano ogni manifestazione di vita individuale e sociale, quella bella serenità
che è qualità del cristiano, ed è pure essenziale
virtù della gente nostra latina, si trasforma in una
disarmonia che altera il valore d’ogni idea e d’ogni
azione, ed immiserisce tutta la personalità morale.
A tutte queste cose pensavo leggendo nn articolo
sull’ « Inibizione » che Angelica Devito Tommasi
col suo stile conciso e vibrante ha scritto per « I
diritti della scuola ». L’inibizione essa contrappone
ai desideri dilaganti, l’applicazione cioè alla vita di
un certo rigore di disciplina, che consiste nel « saper
* non volere una quantità di cose che, volute, ver« rebbero a sottrarre una parte di benessere reale
« per portare in casa del benessere fittizio o appa« rente ». E’ tutta un’educazione da rifare. A sè
bisogna applicare quei metodi razionali d’educazione,
che si sogliono applicare al bambino per abituarlo
a non pretendere il pezzetto di tutto quello che vede,
e a frenare quei moti impulsivi che fanno di lui,
nei suoi primi anni un piccolo despota insocevole e
prepotente. Piccoli despoti capricciosi sono gli uomini
scontenti per desideri incomposti. Si predichi loro
l’inibizione, sappiano spegnere l’impeto dell’invidia,
rientrare in sè, misurare la propria energia, disciplinarsi a quella temperanza eh’ è ravviamento ad
una vita ordinata e forte. La Devito Tommasi add^^ad esempio_nna dellejclassiche monografie, di
operai braccianti pubblicate da Maria Pasolini nel
Oiornale degli Economisti del 1902. Si tratta di
amministrare per cinque persone un’entrata annuale
complessiva di L. 588.72. Non è leggenda, è storia
vissuta. « Si può considerare quale somma di virtù
«, (1), di lavoro, di temperanza, di dominio su di sè
« è stata necessaria a quella famiglia. Il minimo
i lasciarsi andare, la minima indulgenza verso di
« sè l’avrebbe turbata ». — E’ necessario rilevare
l’eloquenza di questa semplice azione, la schietta e
bellissima soluzione di tanti ardui problemi sociali ?
Nè si creda che la virtù dell’inibizione agisca soltanto nella vita del posero. Pel ricco, pel povero,
per l’intelligente, per l’ignorante l’inibizione è necessaria. Per tutti è l’avviamento naturale verso
l’armonia d’nna vita serena.
Certamente vi sono in questa nostra società mali
generali e profondi che richiedono ben altri più
generali rimedi. Ma si torni alla disciplina della vita ;
si torni a costruire l’esistenza personale come un
piccolo tempio classico, che nell’armonia delle linee
corrisponda alla serenità infinita della natura. I problemi sociali, considerati con la benevolenza di chi
ha in sè la forza tranquilla ed equilibrata dell’uomo
normale, sembreranno di molto più facile e razionale soluzione. Httilio Jalla
(1) Abbiamo seri dubbi circa al valore di questa
. virtù... » forzata. Roba per forza non vale una
scorza. Senza contare che cinque povere creature,
condannate a vivere con 30 centesimi a testa il giorno,
devono — per star in equilibrio — tenere da mane
a sera il pensiero vólto ai miserabile soldo, oon quale
atrofia di altre attività psichiche e di altre virtù più
degne di questo nome lasciamo imaginare al Lettore.
La sofferenza ha un ufficio pedagogico, lo sappiamo.
Ma la sofferenza deve venirci da la saggia e amorosa
Provvidenza, non da l’uomo egoista e duro. Nei panni
della Pasolini, a questo punto, più che virtù ipotetiche, noi avremmo scorto il ceffo degli sfruttatori, e
ci saremmo scagliati contro di. loro ! L. 582,72 l’anno
per 5 persone! Che infamia! — 11_ soldo non è che
un mezzo; e non è vero che si divenga virtuosi, a
tenervi costantemente vólto il pensiero, per iscoprir
il modo d’accozzar il desinare con la cena. Non c’è
nulla che materializzi di più l’uomo. ^L’avarizia for■ zata produce lo stesso gelo dell’avarizia volontaria, il
più ributtante di tutti vizi.
• La Direzione
I semincirisfi si muovono!
Sotto il' titolo « La Salvezza è in noi » La Voce diretta da Giuseppe Prezzolini ha pubblicato in una prima
puntata lo scritto d’un « gruppo di seminaristi », da
le cui anime prorompe un grido d’angoscia come di
chi si senta soffocare.
Lo scritto è destinato ai compagni seminaristi specialmente ; e La Voce, che lo farà tirare in un opuscolo separato, intende che venga diffuso « opportunamente durante la stagione estiva ». L’opuscolo consterà di 40 pagine e sarà messo in vendita (crediamo
presso l’Amministrazione della Voce, Via dei Robbia
42, Firenze) a 30 centesimi la copia, per 10 copie L. 2,25,
per 50 L. 9, per 100 L. 15. Quell’Amministrazione s’accontenterebbe di poter fare un’edizione di 500 copie ;
ma noi le auguriamo un’ edizione assai più copiosa.
Ecco dunque un nuovo documento di quel moto
nascosto, ma vivace, che va producendosi nel cattolicismo romano, e di cui noi stessi saremmo in grado
di recare altre inedite testimonianze.
Ci facciam lecito di pubblicare tutta la puntata, e
riprodurremo le seguenti, quando saranno comparse,
qualóra — s’intende — siano attraenti com’è questa
che siam lieti di offrire ai Lettori. I Lettori non manchino di acquistar copie dell’ opuscolo suaccennato,
prenotandosi fin d’ora presso la Voce.
Un po’ di storia — Un po’ di storia invece dell’introduzione d’uso : breve e senza nomi.
« Koi, piccolo gruppo di seminaristi — come voi
mille d’Italia, perduti nella misera comunità d’un seminario arcivescovile — vivevamo da lungo tempo
per la nostra educazione al Sacerdozio, spontaneamente
uniti in un’osservazione continua su noi stessi e sull'ambiente, quando avemmo una speranza ingenua.
Facevano il giro dei nostri seminari i Visitatori Apostolici, ci interrogavano, prendevano note.Fu un giorno
di speranza. E passò del tempo.
« Tutto continuò come prima : un concentramento
che permetteva sei invece di due o tre teologi o filosofi : l’ipocrisia di qualche scuola accresciuta con qualche professore improvvisato : un regolamento pontificio ristretto a tutto un ordinamento esterno per
quanto savio, e fatalmente restato pur esso una lettera morta.
• Noi si soffocava come prima.
f Ma ailora fu una luce improvvisa nelle nostre
anitaq^ — inutile, aspettare .Taiuto da altri I .
« E ci mettemmo ad un lavoro febbrile.
« Il lavoro durò tutte le vacanze dell’anno scorso :
richiamammo alla memoria le esperienze fatte nella
vita dolorosa, esaminammo diligentemente le nostre
convinzioni e noi stessi. Preparammo un convegno.
Fu pronto un appello a voi tutti seminaristi d’Italia:
l’appello che vi lanciamo oggi, dopo un anno, purificato dalle inutili digressioni e dalle diverse questioni
secondarie, mitigato dall’impeto della parola che prorompe da un animo per lungo tempo pensieroso e
sofferente ».
La storia breve è finita.
Non ci dilunghiamo di più. Voi compagni che crediamo frementi dello stesso nostro ideale, sofferenti
per le stesse miserie che angustiano noi, voi saprete
comprenderci : risponderete al nostro appello : ci tenderete la mano amica per il soccorso. Lo stesso bisogno che abbiamo noi di tendervi la mano, l’avete voi
di tenderla a noi !
Le cause del male — Nessuno potrà negare la crisi
gravissima, il malessere che sconvolge in tutte le sue
fibre il vecchio organismo del seminario. La crisi è
tanto acuta e così generale, che anche i superiori ne
sono preoccupati e si sforzano con nuovi regolamenti
a portarvi un rimedio, senza però accorgersi che il
rimedio non può consistere in una modificazione di
orario, in una complicazione di formole e regole esteriori. Il male è più profondo che non si creda.
II male sorse nello stesso sorgere dei seminari —
Come ogni altro fatto della storia, il seminario è figlio del suo tempo e rispecchia nelle sue qualità buone
e nei suoi difetti il momento storico in cui è nato.
Tutte le riforme del Concilio di Trento sono ispirate
da un sentimento di reazione. Mentre la rivoluziono
protestante era stata uno sforzo a sbarazzare 1’ umanità da tutte le forme come da legacci inutili che per
tanto tempo aveano soffocato la vita dello spirito, ed
una liberazione del passato e un ritorno all’interiore;
opera della reazione cattolica è proprio di insistere
su le forme combattute, su tutto l’ordinamento esteriore minacciato. Più che a una riforma della vita
cristiana che era quella che in realtà mancava e la
cui deficienza aveva provocato la crisi, si guardò a
una riforma di carattere giuridico. Si cercò un’unione
esteriore a base di autorità e di coercizione al posto
di un’unione intima degli spiriti che mancava. E tutte,
queste riforme se ebbero un effetto buono di preservazione e di difesa nel primo momento presto diven
* nero inutili ed ingombranti.
3
■M
LA. LUCE
Anche H seminario — ideato e promosso dal C. di
T. (1) — ebbe il peccato di origine di esser troppo formale e fu concepito più come un luogo di preservazione ohe come un luogo di educazione positiva. Invece di esser vivaio spirituale donde si estrae e si
propaga la vita, invece di esser riserva poderosa di
forza, non riuscì ad esser più che un povero istituto
di clausura spirituale. E l’idea del seminario per sè
buona, perde molto della sua bellezza e della sua efficacia per lo circostanze storiche in cui venne attuata ; è innegabile ohe se la nuova forma di reclutamento del clero andò a vantaggio della quantità e
della disciplina, la qualità dei sacerdoti ne discapitò,
e che se poi il clero fu più raramente apostata e ribelle non fu certo più buono e più spontaneaménte
attivo. La scelta dei sacerdoti fatta anteriormente fra
il popolo, fra le persone che avevano passata la vita
in mezzo ad esso aveva qualche cosa di più vicino
alla spontaneità primitiva e alla semplicità evangelica.
m LIBERA CfllESA CATTOLICA «
Il male si accresce coni! moltiplicare continuo delle,
formolo e delle regole esteriori — Nei quattro secoli
che ci separano dalC. diT. fu sempre un peggiorare.
Lo spirito che da quel tempo veniva sempre fatalmente
svolgendosi si veniva a trovare sempre più mortificato e a mal’agié nelle forme che si vollero ntantenere fisse. — Si volle rimediare — e si pensò solo
ad un accrescimento di regole e di formole. Il nostro
spirito oggi soffre in questo eccesso di formole e di
esteriorità, forzato a vivere in un ambiente, in un
tempo che non è suo — impedita ogni libertà di movimento !
Ci riguardiamo intorno. Con stridente anacronismo
si adottano oggi nella nostra educazione i metodi di
clausura e di repressione che furono inventati dalla
reazione cattolica. Il superiore più che dirigere, illuminare, confortare le native energie dei giovani alla
libera gioia dell’azione cristiana, accentra e si impone.
I nostri regolamenti credono di raggiungere la perfezione quando sono riusciti a stabilire dalla mattina
alla sera tutte le nostre azioni senza lasciare neppure
una piccolissima parte di margine che debba esser
riempito dalla libera iniziativa individuale. Non si
tiene nessun conto del carattere particolare e delle
qualità personali ; l’individuo non è riconosciuto e
non ha diritti, anzi si compie ogni-sforzo perchè sparisca nell’uniformità di uno stampo generale. Si giunge
persino a stabilire la qualità e la quantità di preghiera
che il chierico deve recitare durante la messa. E tutta
questa educazione ha l’esponente nel Padre di Spirito,
chementl-e è l’unic'ò' superiore che entrandnS a-legiferare nella coscienza del giovane pretende dare una
vera educazione — congiura anche esso con gli altri
ad uccidere in noi tutto ciò che può essere coscienza
individuale, sostituendosi bellamente alla nostra coscienza, al nostro Dio. Il più delle volte è un uomo
dall’ascesi macerante e buddistica, che ad ogni tentazione, ad ogni dubbio ci inculcherà un atto di amor
di Dio o un atto di fede, ad ogni ingiustizia la calma
e 1’ abbandono nelle braccia della Provvidenza, che
sembrano diventate il rifugio dei vili. Sulla vocazione
il suo giudizio vorrà tenere il luogo della più perfetta
conoscenza di noi stessi, delle attitudini, delle inclinazioni personali. In tal modo, tolta la sponfanaità e lo
sforzo individuale, tutte le pratiche devote tenderanno
a diventare un formalismo.
È tutta una rovina irreparabile.
II male poi giganteggia nelle scuole e negli studi —
Qui ogni volontà di riforma, nata da una coscienza
più o meno pieoisa del male è riuscita ancora più
vana. Sotto molti aspetti, buona è stata l’idea — benché per ora e per ancor molto tempo sia destinata a
rimanere nel campo delle idee — del pareggiamento
eon le scuole ginnasiali e liceali : ma non così è della
riforma delle scuole di teologia. Si è creduto rimediare con l’introduzione di nuove cattedre, con la moltiplioazione di professori improvvisati ; ma anche oggi
si conservano gli stessi metodi favoriti ed imposti dal
C. di T., anzi si insegna — fatte rare eccezioni — la
stessa teologia di allora con l’asservimento alla stessa
scuola teologica e filosofica, come se da quel tempo
ad oggi non fosse passato che un giorno.
N. d.
(1) Concilio di Trento
D.
Colonia eritrea
Le famiglie evangeliche che hanno dei
congiunti nella colonia, dovrebbero mandare il loro nome e cognome ed indirizzo
al sig. Benedetto Giudici
Missione Svedese, Asmara.
(Colonia Eritrea)
affinchè egli possa, occorrendo, esercitare il
suo ministerio evangelico a loro favore.
E’ il titolo di un librcfrecentrssimo tradotto dall’inglese. Un libro originale che si lègge con sommo piacere; uno dei pochi libri che si è contenti di aver letto.
C’è una breve prefazione del traduttore in cui forse
si esagera un certo movimento segreto fra il clero liberale, ma non modernista, di Roma. Il clero romano
è una specie di gomma elastica, pare voglia ribellarsi
contro i ' torti della burocrazia, ma poi ottenuto lo
scopo si adatta e dimentica tutto.
Fa seguito un eccellente lavoro di un sacerdote modernista romano intorno il giubileo di Pio X riformatore. Con evidente cognizione di causa e con documenti all’uopo l’autore dimostra come il papa regnante
abbia fallito pienamente nella sua pretesa di restaurare tutto in Cristo.
Pio X credette realizzare la riforma della Chiesa
eon l’abuso dell’ autorità e coll’ uccisione della libertà. Dopo l’enciclica Pascendi, il Vaticano a cui ricorrere all’astuzia di monsignor Benigni, il quale invero seppe fare della Segreteria di Stato un ufficio di
informazionigiornalistiche religiose, al quale ufficio ricorrono esclusivamente quasi tutti i giornali nazionali
e molti dell’estero. Il Corriere della Sera. \a.Tribuna
e molti altri, almeno fino all’epoca delle ultime elezioni
politiche, erano accaparrati da monsignor Benigni per
tacere o per contraddire ai modernisti. Così sembrò che
l’enciclica Pascendi raggiungesse il suo effetto.
Ma le violenze papali ad altro non riuscirono effettivamente che a soffocare le mezze coscienze nell’opportunismo e a costringere all’esodo dalla Chiesa
i migliori e più forti ingegni fra il clero.
Pio X non riuscì neppure a riformare convenientemente i seminari.
Quanto alle modificazioni apportate ai dicasteri ecclesiastici, in pratica non hanno cambiato indirizzo
alla politica interna della Chiesa; l’arbitrio e l’ingiustizia vi sono possibili ora come prima.
Anche nella popolarità fallì Pio X, mentre pure il
popolo gli era tanto favorevole sul principio.
Così il giubileo fu una solenne gonfiatura di preti
e frati aspiranti alle cariche e ai privilegi. Il popolo
cattolico è rimasto deluso fino ad ora, proprio come
fu deluso la sera della festa giubilare— 16 novembre
1908 — quando invece della grande luminaria nella cupula di San Pietro, non si ebbero che tenebre e minacce di pioggia.
Viene poscia l’opera inglese divisa in sei capitoletti :
La cattolicità della religione-. — Del compimento della
cristianità. — Una Chiesa senza domma. — L’importanza della dottrina. — La necessità del simbolismo.
— Il più alto sentimento ecclesiastico.
Sarebbe impossibile tracciare un sunto qualsiasi dei
singoli capitoli. Errerebbe ehi credesse che questo
libro sia uno studio teologico; esso è invece una poesia
che incanta. E’ un inno, un’aspirazione mistica dell’anima verso il grandioso Ideale di una Chiesa universale senza dorami, senza coercizioni autoritarie,
dove la fede, la speranza e la carità formano l’unico
vincolo di unione, soprattutto la carità.
L’autore deve essere un protestante, ma non lo vuol
essere più, perchè dice che il protestantesimo ha torto
nel sostituire un libro (2) infallibile ad una Chiesa infallibile. Pare voglia avvicinarsi al romanismo nell’inneggiare ai riti e al simbolismo, ma poi esclama con
Channing : « Il romanismo non è affatto ciò che pretende essere, la Chiesa universale. Io sono troppo cattolico per arruolarmi sotto la sua bandiera ». Vorrebbe rispettata la teologia, ma detesta i dommi. Per
lui basta la dottrina, la quale deve evolversi e crescere non dommaticamente, ma liberamente come la
scienza, là quale pur nella libertà crea il progresso e
unisce ognora più gli animi.
Al luogo del domma l’autore vorrebbe posto di nuovo
il simbolo poetico e artistico, il rito. Pare si accontenti
dell’unione o deU’affratellamento delle varie Chiese,
ma in questo non si capisce bene come realmente la
pensi l’autore, il quale è un modernista singolare,
ohe se non altro va esente da quella ridicola nostalgia
por la Chiesa romana che è la caratteristica di tanti
modernisti nostrani.
L’autore non aspira che ad una Chiesa cattolica libera. Leggendo le sue pagine si è quasi costretti a
riconoscere ch’egli ha ragione : ma quando si chiude
il libro, bisogna confessare di aver sognato una cosa
irrealizzabile.
Una Chiesa universale libera dai dommi ! si fa presto
a dirlo : intanto l’autore stesso dalla più sublime astrazione spirituale discende fino a difendere il simbolismo
materiale.
Io vorrei chiedergli se nella sua Chiesa libera universale, dovranno esistere ancora le liti per l’autorità
e la dignità, se vi saranno dei vescovi e dei preti e dei
laici e dei sacramenti che suppongono l’anima umana
più sgradevole a Dio che non il fuoco, l’olio, l’acqua
e l'incenso. *
In tesi generale una Chiesa universale è bella e
suggestiva ; ma poi molti di questi cattolici di nuovo
conio non sono altro che dei preti, che per non so
qual ragione vorrebbero far indietreggiare l’umanità e
il cristianesimo di non so quanti secoli. Cattolici sì, ma
con Cristo, il quale fu tutto fuorché un prete o un
papa.
In ogni modo l’opera in discorso è degna di essere
letta, precisamente perchè non conclude nulla di positivo, ci trascina molto in alto e poi ci abbandona, secondo l’usanza di tutti gli studi modernisti. E’ da notare che il modernismo è affatto nuovo e molto giovane : possiede un cumulo di verità, ma allo stato
greggio; i suoi ragionamenti riescono ancora quasi
intangibili. La verità a cui servono i modernisti la
si vede ancora da pochi e quasi in un’astrazione mentale, e sfugge alla constatazione pratica. Però è da
augurarsi che siano molti i sognatori come il nostro autore : egli ha ragione, ma ne ha troppa e questo è il
suo torto, molto più che neppure egli stesso è sempre
consapevole della formidabile potenza dei principii
che espone colla poesia di un profeta.
fintano CQingandi
(t) I. M. Lloyd Thomas — Una Libera Chiesa Cattolica —
Traduzione dall’inglese del cav. prof. G. A. S. — Fantoni Sellon.
Bemporri, 1909.
(2) Veramente il Protestantesimo non sostituisce nn libro, ma
una persona (la persona di Gesù Cristo) : e ci corro !
(JV. d. D.).
(OSE Df SPACNA
La Spagna è in rivolta.
Dall’ irrequieta Catalogna è partito il grido di
guerra e tutta la Spagna ha impugnato le armi.
Causa della rivolta fu un’ultima goccia d’acqua
caduta in un vaso già pieno fino all’ orlo. Da anni,
infatti,nella Spagna, especialmente nella Catalogna,
gli anarchici, i rivoluzionari separatisti minavano i
pubblici poteri con attentati, con piccole sommosse
facilmente soffocate dall’impeto delle armi reali. Ma
ecco che il Governo, clericale, nero come 1’ ebano,
risogna le glorie antiche e porta i suoi eserciti in
una terra selvaggia per imporre le proprie leggi...
ed il prete. « E’ troppo ! » fremono i rivoluzionari,
e dovunque corre il grido della rivolta.
La nascente guerra col Marocco nou è che un
preteito r'^il fuoco covava già da lungo tempo e ora
finalmente irrompe in larghe fiammate.
Per le vie di Barcellona corre il sangue ; nelle
piazze, alle imboccature delle vie sono posti i cannoni, pronti a massacrare i ribelli... E ieri la città
€ gaia e fremente di vita » rideva spensieratamente ;
ieri suU’ampie gradinate di marmo dell’ anfiteatro,
le elegante dame spagnole plandivano al torero che
aveva vibrato il colpo di grazia sul capo del toro
inferocito !
La storia è maestra della vita. La corte di Luigi
XVI» era impantanata nei piaceri h nel lusso, quando
venne la rivoluzione e sconvolse " dalle fondamenta
la società d’allora ; Venezia gozzavigliava e si inebriava della sua bellezza, quando venne Napoleone
e sbalzò dal trono l’ultimo doge.
E la Spagna, fiacca, snervata, ligia al prete, non
avrà miglior fine I
Il Governo spagnolo attuale è un figlio della chiesa
romana e ne viene come di naturai conseguenza che
la rivoluzione colpisca anche i preti : infatti i conventi e le chiese sono prese d’assalto e saccheggiate e nella Biscaglia gli operai hanno sospeso ogni
lavoro per protestare contro le feste in onore di S.
Igtoazio, mentre il clero raduna i devoti giovincelli
della provincia e li tiene pronti a menar le mani.
Strano contrasto : mentre i giornali ci annunziano
disordini in ogni regione della Spagna, mentre ci
annunziano la sospensione della costituzione, lo stato
d’assedio, le cannonate, la guerra civile : i clericaloni spagnoli intervistati a Roma si sforzano a dare
ad intendere che la presente rivolta è un capriccetto di alcuni piazzaioli, che sarà presto soffocato e
non avrà conseguenze. « Presto » essi dicono « le
cose torneranno come prima e » (si sottintende)
« il prete calcherà ancor più il suo piede sul collo
del popolo spagnolo, fiacco e corrotto I »
Ma è vicina l’ora del risveglio e anche la Spagna
scuoterà il giogo clericale ed alzerà la fronte ad un
cielo più sereno e più cristianamente calmo.
T. S. C.
%
4
LA LUCE
i*'fk
31 calbo non et spaienti
Chi noa sente, in questi giorni di caldo opprimente,
il desiderio di riposare in campagna, all’ombra degli
alberi 0 di tuffarsi nelle fresche onde del mare ? j
In questi mesi d’estate, le città si spopolano ed '
una fiumana di gente si riversa al mare, ai monti,
in campagna, dovunque, pur di sentirsi un po’ lontana da quel centro infocato dove è vissuta fin qui.
Chi ha più la forza adesso di lavorare alacremente
come nell’inverno e nella primavera ?
Si suda camminando, si suda stando a sedere ; si
direbbe quasi che si suda anche a pensare.
E’ un fatto che anche l’attività delle nostre chiese
diminuisce nell’estate.
Tutti se ne vanno, le chiese si vuotano, pochi
anche tra quelli che rimangono hanno il coraggio
di percorrere la domenica mattina la strada che li
separa dal luogo di culto, perchè il sole per l’appunto
e specialmente in quel giorno sembra aver l’intenzione di incendiare tutto e tutti coi suoi dardi infocati ! Come si sta bene invece nel salottino fresco,
dove le persiane ermeticamente chiuse non lasciano
quasi penetrare, l’aria soffocante della strada ! Se
andiamo al culto, una sonnolenza pesante ci abbassa
le palpebre e il pastore ha un bello sfiatarsi ; noi non
10 sentiamo, non possiamo sentirlo ! Aspettiamo l’inverno che è la stagione più propizia per spargere
la parola del Signore ; allora, sì, ci metteremo tutti
al lavoro ! Ma adesso, con questo caldo, che possiamo fare ?
Così, su per giù, ragioniamo tutti anche senza
volerlo 0 senza rendercene conto e lasciamu trascorrere tanto tempo prezioso non facendo nulla 0 quasi
nulla per il nostro Salvatore.
Un vero cristiano invece non dovrebbe stancarsi
mai !
Se ci rechiamo ai bagni 0 in qualsiasi altro luogo,
perchè, nel treno che ci trasporta, venendo a contatto sia pure soltanto per pochi istanti con* tante
persone, non faremmo sorgere 1’occasione di dire
aache -a .ioro-noa e -dksp^siitìsf f
Perchè nella nostra temporanea residenza non
dovremmo mostrare ai nostri nuovi amici che noi
abbiamo sempre il desiderio di far conoscere a tutti
11 nostro Salvatore e quante grandi cose Egli ci
abbia fatte ?
Guai a noi, se considerazioni mondane 0 difficoltà
del momento c’impediranno di testimoniare a tempo
e fuor di tempo della verità che abbiamo nel cuore !
E se restiamo invece nelle città ardenti, sotto il
sollione, non dimentichiamo mai d’ essere soldati di
Cristo, non cessiamo di lavorare alacremente, non
ci lasciamo abbattere dagli ostacoli che ci attorniano
e ricordiamo che per seminare nel campo del Signore non è mai troppo presto.
Che cosa possiamo fare ?
Visitiamo i poveri e gli ammalati, confortiamo gli
afflitti, non abbandoniamo la comune radunanza, occupiamoci con grande amore della scuola domenicale
che in parecchie chiese non viene chiusa durante
l’estate, aiutiamo il nostro pastore nel suo lavoro,
in una parola continuiamo l’opera nostra come nell’inverno e facciamo tutto quello che ci è possibile.
Cosi il caldo ci sembrerà meno penoso, perchè non
avremo più tanto tempo da pensarci, e a poco a poco
ci sentiremo cosi lieti della nostra attività che lavoreremo quasi seuza accorgercene e con energia
sempre maggiore.
Alla fine dell’estate, cosi, noi tutti potremo dire
. lietamente : Davvero ho fatto qualche cosa più dì
^ quello che avrei sperato. Il Signore ha benedetto
le mie fatiche I Celeste üip
Crisi ecciesiastica arisi rsiigiasa ferenza del
signor Arturo Mingardi, già Padre Bernardino da Bussete, meriterebbe di venir largamente sparsa fra gl’italiani, e specialmente fra il Clero cattolico-romano. —
L. 0,10 la copia. Per 10 copie o più un soldo l’una,
■franche di porto. — Rivolgersi al signor A. Kostan,
Via Nazionale 107, Roma.
Rihhiil flpl Rnn vende Bibbia in latino con ilOiUUlQ Uul IIUU lustrazioni stampata a Roma nel
1592 (in ottavo). Edizione rara. Rivolgersi al Cav. O.
Goetzlof. Via Curtatone 1, Genova.
Profili di riformafi ifaliani
Qioffredo Varatila
Questo insigne martire del Vangelo è assai noto :
tuttavia non possiamo passar oltre senza ricordare
il suo apostolato e il suo martirio.
Era natio di Busca, in quel di Saluzzo. Suo padre
aveva partecipato alla terribile crociata ordinata da
Innocenzo Vili con bolla del 27 Aprile 1487 contro
« i settari di quella perniciosissima e abbominevole
setta dì maligni che si chiama dei Poveri di Lione
0 dei Valdesi ». Gioft'redo, tanto per non tradirete
tradizioni paterne, benché nel campo del sacerdozio,
entrò nell’ordine francescano detto dei Cappuccini
che allora vantava come vicario generale il celebre
Bernardino Ochino. Ma nel 1556 il V araglia, che
allora era addetto al servizio del nunzio pontificio
alla corte di Francia, uscì dal suo ordine per recarsi
a Ginevra, al fine di istruirsi nelle dottrine evangeliche, poiché egli si era convinto degli errori e
degli abusi della Chiesa.
Nel 1557, Calvino lo mandò quale pastore a S.
Giovanni nelle Valli Valdesi. Anzi, egli risiedeva
in Angrogna, e Léger lo chiama ministro di Angrogna. Per la sua eloquenza non comune faceva
accorrere le genti per udirlo « da diversi luoghi e
'città ». Disgraziatamente il suo ministerio fu assai
breve. Secatosi a visitare la natia Busca, al ritorno
fu arrestato a Barge, condotto a Torino, per esservi
giudicato quale colpevole di eresia. Era evidente che
il Varaglia non ritrattandosi sarrebbe stato condannato a perire sul rogo. 11 pontefice stesso domandò
l’estremo supplizio al re di Francia. (Allora Torino
era sotto la dominazione francese). Calvino scrisse
al martire esortandolo a testimoniare della sua fede
« dinanzi ad una generazione storta e perversa ».
Non ebbe paura il Varaglia di discutere con i giudici carnefici, anzi disse loro : « verrà meno la legna
prima che i ministri di Cristo smettano di predicare
il suo Vangelo ». Il 29 Marzo del 1558, il Varaglia
“fu condotto sulla piazza fastello,'dove già era stato
apparecchiato il rogo. Il popolo era immenso. Il coraggioso martire ancora per un’ ultima volta colse
quell’occasione per predicare il Vangelo. Niente di
più commovente della relazione che ne scrisse un
testimone oculare.
Alla fine il carnefice lo strangolò, e mise quanto
fuoco potè al rogo.
Dopo il supplizio, si raccontò quale cosa mirabile,
che una colomba svolazzasse intorno al rogo che
ciò venisse stimato quale indizio e testimonianza dell’innocenza del glorioso martire.
Envieo ]V[eyniet<
P»qiXE PI STORI»
Prime operazioni della crociata contro i Valdesi
Innocenzo Vili aveva firmato la bolla il 27 aprile
1487 ; il 25 giugno il legato Cattaneo trovavasi già
a Pinerolo facendovi valere la nuova autorità delegatagli. Non volle condividere il compito coll’Inqnisitore di Piemonte che, quind’innanzi, gli si mostrerà avverso. Passato a Grenoble, il legato vi fu
accolto a braccia aperte dal Parlamento e dal governatore del Delfinato, Filippo Senza Terra, l’ambiZÌ0.S0 e turbolento zio del duca di Savoia. Costui ordinava, il 7 agosto, a tutti i suoi dipendenti di prestare obbedienza ed ogni aiuto al commissario pontificio. La settimana seguente, Cattaneo era a Brianzone dove una lettera del papa l’informò avere Sua
Santità scritto al duca di Savoia perchè lo aiutasse
nelle sue operazioni in Piemonte.
Il legato era impaziente di agire ; ma l’anno di
mora concesso dall’arcivescovo d’Embrnn ai Valdesi
dell’Embrunese e Brianzonese non scadeva che il 12
settembre. Cattaneo volle approfittare di quel mese
per piombare su Pragelato e la valle del Chisone.
Però, siccome quella regione dipendeva dal vescovo
di Torino e dall’abate d’Oulx, egli ne informò quelle
autorità ecclesiastioBe pregandole di assisterlo, ma
i suoi messaggeri furono accolti con freddezza, per
la gelosia dell’Inquisitore di Piemonte, che il legato
avea voluto umiliare.
Carlo I di Savoia non tenne alcun conto delle premure del papa e di Cattaneo, e ciò fece per varie
ragioni. Egli stava per muover guerra al marchese
di Saluzzo, che lo aveva ripetutamente ed insidiosamente provocato, spalleggiato dalla Francia ; sapeva dell’anibizione sfrenata dello zio Filippo, di più,
in Piemonte infieriva‘la peste che, dice un autore,
in quello stesso anno mietè più della metà degli abitanti di Pinerolo. Inoltre, un’altra ragione deve aver
persuaso il giovane e cavalleresco duca ; le promesse
fatte ai Valdesi. Nel 1484 avea loro mosso guerra,
richiesto d’aiuto dai signori dai Luserna ; ma poi, riconoscendo le loro ragioni, avea stretto con loro un
accordo, suggellato recentemente colla transazione
del 1486. Egli avevali assicurati della sua protezione, ed ora li darebbe in balia dei briganteschi
eccessi dei crociati ? non già.
Fatto sta'che, mercè la prudenza e fermezza dì
Carlo I, i Valdesi piemontesi non furono assaliti dal
Cattaneo e poterono anzi accogliere i numerosi profughi del Delfinato. Più tardi scoppiò tremenda la
tempesta addensata da Innocenzo Vili.
Giov. (Jalla
AL DESERTO
I poeti hanno cantato mirabilmente i monti ed i
mari, ne hanno dipinto in mille modi le bellezze infinitej ma intorno ai deserti, finora, hanno esercitata
la immaginazione più che l’osservazione.
I deserti classici, i deserti per eccellenza, sono
quelli deH’Africa — sono « le immense solitudini
di arena » del Tasso, « l’arena arida e spessa »
di Dante — e sono tali invero da sollevare la mente
dei poeti ad altissime fantasie.
Quanta grandezza, quanta maestà, quanta varietà
di spettacoli ! I soli cocenti e le limpide notti si
seguono là, senz’intermezzo di crepuscoli ; il grande
astro luminoso tramonta in un’atmosfera di fuoco,
e stì^ brillan nel cielo a miriadi vivissime di stelle.
Appeha ritorna il sole a splendere, i suoi raggi dardeggian fiamme.
Ma non sempre il deserto è cosi nudo ; non sempre
è turbato dalle mobili arene sospinte dal vento : talora la vasta pianura si cuopre come da una crosta
di gesso, ed è sparsa da ciottoli tondenggianti ; qua
e là spicca un albero, spunta una graminacea, molesto inciampo al viaggiatore ; e se un po’ di pioggia
cade, l’arido piano rinverzisce rapido un istante e
torna a diseccarsi.
« L’aspetto del deserto, l’immensità del suo orizzonte, la sua uniformità, il cupo silenzio, massimamente quando cade il sole, fanno provare un senso
che non ha nome. L’Oceano, i perpetui ghiacci dei
poli solamente, possono, io credo, sull’anima nostra
produrre una simile impressione. Il seutimentn della
solitudine, la coscienza deH’umana miseria, l’ammirazione che inspira una scena, quanto semplice altrettanto sublime ; tutto tende ad innalzare lo spirito,
a concentrare il pensiero; l’uomo religioso è quasi
sempre asporto in Dio e nei soprannaturali misteri ;
l’immaginazione del poeta si esalta; l’uomo studioso
e riflessivo non può reprimere un sentimento di orgoglio, ricordando che in mezzo a queste eterne solitudini lui solo è il re della creazione, il dominatore della Natura; egli pensa di visitare il suo impero, di estenderne i confini, e gioisce di questa nobile fierezza che gli viene inspirata da un pericolo
vinto, da un ostacolo superato ». (Giov. Beltrame.
In Había, presso File, Siene, Elefantina).
*
• »
Alle volte però quel silenzio spaventevole che ci
accascia e ci istupidisce, acquista un incauto subitaneo, e là dove tace ogni vita animale, dove nulla
di esterno colpisce l'attenzione 0 influisce sul pensiero, l’uomo si concentra in sè stesso e ode distintamentè la voce del suo Creatore. Il deserto è stata
la scuola dove Dio ha formato i suoi grandi servitori e profeti, da Mosè a Cristo. Il Regno di Dio
non potea nascere in un giardino da fiori, nè fiorire e fruttificare nel tumulto delle grandi città.
5
LA LUCE
4opo che ii peccato ebbe coatamiaata la terra- Il
Regno di Dio è an tiglio del deserto.
*
« *
Tuttavia, il vocabolo « deserto » {ebr. midbar ;
gr. érèmos) che nella mente nostra suscita tanta
immagine di squallore, ha, nelle due lingue sacre,
un significato molto più lato e molto men pauroso.
Se pure designa comunemente una sterminata distesa
di arene, e particolarmente il piano sabbioso dell’Arabia, esso, anche i sovente, intende significare un
distretto, sia piano o montuoso, ove non allignano
che poche piante selvatiche e cespugli rachitici,
ma dov’è sufficiente pastura, perchè i mandriani
vi conducano i greggi a pascolare e vi rizzino le loro
• tende.
Quelle « solitudini », quei « deserti » dove abitano i gufi e scorrazzan le volpi (Salm. 102^6 :
Ezec. 13i4) son terre desolate per mancanza di
acque fecondatrici ; « l’arsura » le ha isterilite —
ma vengan le pioggie o < stilli dell’acqua della
roccia » e coloro che le attraversano « non ay-ran
più sete » (Isa. 48[21). Non v’ha deserto di nessuna specie che Iddio non possa * ridurre in istagno
d’acque » (Isa. 4), 18; 43, 20), nè solitudine di sorta
Ch’Egli non possa far « fiorire come una rosa » (Isa.
.35, 1, 2, 7). ^
GaardaDdo attorco
(Noterelle e Spigolature)
I socialisti italiani bau vietato l’ingresso nel loro
partito a dne democristiaui. Ci vorrebbe anche in Italia
un qualche socialista di buon conto come il francese
G. Bonnier, il quale nel periodico il Socialisme ha messo
in guardia i compagni contro le deviazioni antipatriottiche ed ha loro raccomandato il rispetto verso le credenze religiose. i’
«
• *
A proposito di recenti corse, di tori in cui fiampsi
toreros son caduti « vittima della loro temerità incosciente » e a proposito delle proteste avanzate da alcuni giornali spagnoli contro il barbaro costume, la
Revista cristiana scrive ; « Nel paese dei tori e dei
frati il venir ora invocando il rispetto umano e l’amore
per la civiltà fa 1’ effetto di stupida aberrazione. Non
comprendiamo codeste logomachie : risponderanno i saggi
direttori della nostra clericale società. E degli uomini
continueranno a morir in questa lotta di fiere come
segno grandioso di questa nazione ròsa da vermi nella
propria coscienza ».
• *
Segnaliamo un notevole articolo di Antonino Anile
comparso nel Giornale d’Italia sotto il titolo; « Pensieri di un biologo vegetale ». Forse sarebbe stato meglio dir ; « biologo... botanico ». Il biologo botanico è il
celebre Del pino che fu professore all’università di Bologna, e che, precorrendo il presente movimento spiritualistico, già nel 1867 — quando imperversava il materialismo dommatico — discerneva nella Natura un’azione intelligente vòlta al conseguimento d’ un fine ;
ammetteva in somma l’armonia e la finalità (come suol
dirsi) nella Natura;, e però Dio. Di passata, facciamo
notare che oggi taluno ancor nega la finalità; e che
quest’argomento della finalità è uno degli argomenti
tratti da la Natura, non il solo argomento di tal genere a provar l’esistenza di Dio. Noi siamo intima
mente persuasi che — pur prescindendo dal concetto
di finalità — sia possibile con argomenti cavati da le
scienze della Natura condurre l’onesto dubbioso a tal
punto, in cui la cosa più giusta e naturale da farsi
gli abbia a sembrar quella d’ammettere resistenza di Dio.
*
• •
Pare che il Vaticano abbia confermato la sospensione
a divinis del prete Bremond, amico del Tyrrel, considerando il discorso e la prece da lui proferiti in morte
di Tyrrel come un atto d’approvazione alle idee e alle
ribellioni moderniste. Pare anche tuttavia che 1’ attitudine del Vaticano abbia suscitato malumore perfin
nei circoli cattolici romani.
In Toscana, giardino d’Italia, e precisamente a Pistoia, i frati di S. Quirico han dato a credere che un
tal fraticello Giuseppino Giraldi, mancato ai vivi un
vent’anni or sono, .se ne fosse andato in odor di san
tità. E quella popolazione ha bevuto e beve grosso a
tal segno, da servirsi della terra che ricopriva le ossa
del santo — or trasferite in una cappella — come rimedio per eccellenza contro le malattie, applicandola a
piaghe, facendola trangugiar a malatiui disciolta nell’acqua come se fosse magnesia eflervescente o sciroppo
di tamarindo, ecc. ecc., con quali risuitati meravigliosi
in disturbi gastrici e infezioni lasciamo imaginare ai
Lettore !
L’Autorità ora provvede a impedir il commercio della
putrida terra che si vende a sacchetti ; ma che popolo
il nostro ! e che religione la cattolica romana ! Non
occorre un poco di E'^nngelo in Italia, in Toscana?
Via ! Bisognerebbe esser ciechi pér negare. L’Italia o
è atea o è superstiziosa ; cioè è tuttora pagana come
nei tempi in cui il Cristianesimo lece la sua prima
comparsa nel mondo !
Pescatori d’iiomini
(San Matteo IV, 19).
Pietro ed Andrea, come pure molti dei discepoli di
Gesù, vivevano della pésca, quando incontrarono il loro
Maestro.
Una volta presi essi stessi nelle sue reti, continuarono con la loro attività di prima, cercando con altrettanto ardore, non più dei pesci, ma delle anime.
E tu sai che in questo ordine di cose, la loro pesca,
soprattutto dopo la Pentecoste, fu, quanto quella del
Lago di Genesaret, veramente miracolosa.
Sei tu di quelli che, come Andrea e Pietro, hanno
incontrato il Maestro ?
Se no, non provare di salvare gli altri. Comincia
col salvare te stesso, abborrisci il tuo peccato, pentiti
e credi.. dopo di ciò, ma solamente dopo, .tu andrai
alla conquista delle anime.
Come potrà un cieco condurre altri ciechi al porto ?
Ma tu che, grazie a Dio, sei stato condotto alla
spiaggia della salvezza, non senti tu la promessa, la
chiamata del Maestro ? Eccoti reso adatto ad essere pescatore di uomini ! Che attendi ancora per agire ?
Tu mi dirai ; « Io non so gettare le reti in alto
mare io non so parlare alle turbe delle cose di
Dio ».
Sarà benissimo, ed in questo caso accontentati di
pescare con l’amo; non sapendo parlare alla folla, parla
oggi ad un’anima, pai’la ad un amico che vive ancora
lontano da Dio, ad un fratello, alla donna di servizio.
Parla loro con semplicità, direttamente, parla loro soprattutto con la tua vita, parla anche per loro a Dio
con la preghiera.
Io non conosco gioia più grande, quando si possiede
un’anima cristiana, del portare alla luce sia pure
un’altra anima sola.
Intrapprendi dunque questa santa opera, dedicati attivamente e con fede a questo lavoro, il quale, se non
farà molto rumore, farà bensì del gran bene.
(Vers la Paix, di H. Soulié).
^ Tito Celli.
Pa Penisola « nelle Jsole
Genova
Togliamo dal resoconto di quella nostra chiesa testé
pubblicato ;
« Il culto principale, ad onta dell’ora mattutina delle
9 ì\2, alla quale fu giuocoforza tenerlo, non subi perdite considerevoli, e fu ben frequentato.
L’ultima volta che ci riunimmo a Staglieno, fu per
dare l’estremo tributo di affetto ad un veterano della
nostra evangelizzazione, al nostro venerato ex-pastore
G. D. Turino; non ripeteremo qui quanto fu detto nella
solenne circostanza ; ma domandiamo che il ricordo di
coloro che ora trionfano fra i santi nella gloria ci sproni
alla fede ed alla speranza ; ed alle famiglie su cui scese
quest’anno l’ombra del lutto, mandiamo ancora tutta
l’espressione della nostra simpatia cristiana.
Prima di chiudere questo cenno, non veniam meno
al gradito compito di ricordare con cuore riconoscente
e grato l’opera delle Signorine Monitrici della Scuola
domenicàle, e quella del signor 0. Goetzlof e della signora E. Rostan, i quali accompagnarono i cantici suonando l’armonium ».
Notiamo con piacere che le finanze della Chiesa di
Genova van bene, e che sono state versate L. 3500
alla cassa centrale.
Riesi.
L’Istithto Evangelico Valdese di Riesi si è chiuso
per le vacanze estive, e può registrare un rallegrante
successo. Le iscrizioni alle cinque classi elementari nelle
due sezioni, maschile e femminile, superarono la nostra
aspettativa, tanto che al principio dell’anno parecchi
alunni non poterono essere ammessi per mancanza di
posto. Dugentosette si presentarono agli esami, e di
essi 152 furono promossi. E’ stato un vero avvenimento
per le nostre scuole l’aver avuto per la prima volta
gli esami di compimento, presso la sedò delle scuole
stesse con l’intervento d’una Commissione governativa ;
e ci è caro di poter dire che abbiamo ottenuto, nonostante un ben naturale rigore, un risultato superiore a
quello delle Scuoi ) Comunali stesse ; l’unica nostra
alunna presentatasi all’esame di maturità — Cecilia Calamita — si ebbe il primo posto nella graduatoria con
83{90. L’assessore per l’Istruzione assistette con visibile soddisfazione alla cerimonia della Premiazione, al
al principio di luglio.
Adesso,* durante i mési dell’estate, oltre alla Scuola
Domenicale, propriamente detta, i bambini assistono,
la domenica dopopranzo, ad una lezione di Storia Sacra,
e tutti i sabati poi preparano canti e recito per la Festa
dell’apertura, che avrà luogo in settembre.
Le previsioni per l’anno venturo non potrebbero essere migliori.
Cosi la Chiesa Valdese, lasciando ad altri il facile
compito di criticare l’opera governativa nel Meridionale
d’Italia e nelle Isole, lavora modestamente in questi
piccoli centri, segregati dal consorzio civile e dilaniati
da ambiziose lotte di partito ; e con dispendio non trascurabile di forze e di deuaro non solo istruisce, ma
educa le nuovè generazioni alla civiltà e ad una pura
fede evangelica, scevra da ogni traccia d’ignoranza e
di secolare superstizione.
C. Jalla, direttore.
Brescia.
Il signor G. Menotti ha, con la sua calligrafia oh’è
una meraviglia, redatto e fatto poi tirare litograficamente una « lettera aperta a Sua Eminenza il Cardinal
Merry del Val in risposta alle calunnie contro i cristiani evangelici d’ogni nazione ».
Lodiamo l’intenzione. Solo facciamo voti, perchè simili scritti vengano composti con cura scrupolosa tanto
per ciò che concerne il contenuto quanto per ciò che
concerne la forma. Noi dovremmo imitare i papi, i quali
— quando abbisognano d’una enciclica — non si mettono a tavolino a scriverla, ma ne commettono l’ufficio
a più teologi, riservandosi di rivedere, di correggere,
di togliere e di aggiungere ; e tuttavia - nonostante
questo lavorio di collaborazione più o meno sapiente —
le encicliche spesse volte riescono la più vuota e meschina cosa del mondo 1 Ma certo l’unione fa la forza.
Torrepellice.
Tre alunni del nostro Liceo pareggiato (i signori Emanuele Griset, Beniamino Peyronel e Teofilo Giraud)
hanno ottenuto una borsa del Collegio delle Province.
Vivissime congratulazioni !
__ XI prof. cav. Giovanni Maggiore è stato eletto
preside di quel Liceo. Vivissime congratulazioni a lui
pure !
OLTRE LE ALPI E I flARI
Francia
Parigi. — Dal 18 luglio si sono iniziate radunanze
d’evangelizzazione in italiano, e continueranno nella
sala di Rue de Lille 48 ogni domenica alle 8 li4 pom.
Grenoble. — Secondo il Témoignage, il nostro pastore di Luserna S. Giovanni (Torino) Cav. Teofilo Gay
avrebbe scoperto nella biblioteca di Grenoble un manoscritto valdese dell’anno 1171, contenente gli Evangeli.
Albi. —- Con vero piacere riferiamo queste parole
che il vicario generale di Albi rivolge ai cattolici
romani ; « La vostra azione dev’essere moderata e modesta, senza mirare a nessuna concorrenza. Voi non
potete e non dovete porre limiti all’ideale altrui... La
coscienza francese non lo tollererebbe. Il cristianesimo
^ è « spirito e vita ». Lo Spirito ha la proprietà di
compenetrare ogni cosa, di vivificare ogni cosa; non
sarà mai prigionièro di nessuno. -Voi dovete formar le
coscienze che avranno a dirigere la società e il paese.
A voi appartiene di procurar loro i benefici di quella
cristiana cultura, che v’ingiunge di « radicar l’anime
nel Cristo » e di nutrirle di tutta la linfa dell’Evangelo.
Vi si dice di lavorare pel trionfo della Chiesa ; ed io
vi dico di lavorar solamente pel bene del genere umano »
Friburgo. — Venticinque padri di famiglia, passatidal cattolicismo papale al vecchio cattolicismo hanno
6
6
LA LUCE
presentato proteste al Consiglio federale contro il curato
(papista) di Montbrelloz, che s’ era messo in capo di
costringere i loro figliuoli a seguir la religione romana.
Gevxaania
Mentre nel censimento del 1901 più di 161 mila
Italiani dichiararono o di esser atei o di non voler
appartenere a nessuna chiesa, in Prussia, sur una popolazione di 37 milioni d’ abitanti, solo 1455 si sono
proclamati increduli. « La fede fondata su l’Evangelo »
nota XEvttvgéliste « è più solida della fede... medievale ».
Granducato di JBaden
0
Il testé chiuso Sinodo generale del Granducato, che
siede ogni cinque anni in Earlesruhe, ha posto in luce
un fatto rallegrante : sebbene quello che chiamasi/fèeralismo ecclesiastico tenti più qua, più là di abolire la
lettura obbligatoria (pur lasciandola facoltativa) del
simbolo apostolico al battesimo e alla confermazione,
sebbene in alcuni pochi sinodi come appunto in questo
di Baden una maggioranza sia propensa a lasciar quella
lettura facoltativa, pure la gran maggioranza dei Sinodi della Germania evangelica si schiera attorno al
Sinodo detto Apostolico e lo vuol conservato intatto e
inalterato qual legame che unisce (o dovrebbe unire)
■ tra di esse tutte le chiese evangeliche ed inoltre costituire ancora un’ultima base di comunanza colla chiesa
cattolica romana.
Il sinodo ha rinviato alla prossima sessioné(fra cinque anni) la decisione e procrastinato cosi un conflitto
che, speriamo, non scoppierà mai tra le due tendenze
rappresentate in seno alla chiesa evangelica. Un altro
fatto constatato è che i sostenitori delle varie opere :
missione interna, missione fra i pagani egli ebrei, protezione delle giovane, lotta contro il mal costume ecc.
ecc. sono nell’immensa maggioranza membri del partito
detto positivo, e così avviene generalmente dappertutto: le negazioni sono impotenti a produrre vita, perchè vita ncin hanno. P. C.
Spagna
L’ultimo numero (di luglio) del periodico mensile
Esfuerzo Cristiano, che si pubblica a Madrid, contiene
un articolo « la Iglesia Vaidense en América del
Sur » ove si traccia la storia delle nostre colonie
valdesi dell’America meridionale.
— Il giornale politico El Liberal merita— secondo
1-’.« JEsfuerza-Cristiauo. la, gratitu^aov^^s^Kt^li,
Evangelici spagnoli per l’alto spirito di giustizia con
cui si occupa delle per.secuzioni mosse contro gli Evangelici. « Recentemente dedicò un sostanzioso articolo
di fondo al caso degli Evangelici di Mozoncillo, privati
dei diritti comunali e più volte molestati per il solo
fatto di non attendere alle pratiche religiose della
Chiesa (papale) ch’essi hanno abbandonata ».
— La consorella spagnola La Luz riferisce i progressi della Chiesa in Italia e annunzia l’inaugurazione
del nostro tempio di vìa Fabbri a Milano.
Gran Brettagna
— (a. r.J In una chiesa dell’Inghilterra i culti pomeridiani sì tengono dal giugno in poi all’aria aperta.
IjH prova Si può dir ben riescita. Gran numero di
membri interviene, ed il canto, guidato dal coro, non
lascia proprio nulla a desiderare. — Non si potrebbe
imitare questa novità nel nostro bel paese, ove l’aria
è assai piò afosa e i luoghi di culto non sempre ventilati ?
— Il periodico The Christian ha bandito un concorso ^er un saggio ossìa uno studio su le « Missioni
tra i popoli pagani ». Premio L. 5000.
Giaxnaioa.
— (a. r.) La chiesa di Mizpah in Giamaica, danneggiata dal terremoto del 1907, sta per essere ristaurata,
e lapidi commemorative vi furono poste per cura di
una dama cinese, la signora McAcque.
America
Nel nuovo Messico si fondò trent’anni or sono una
nuova città compiutamente atea che fu chiamata < Liberale ». Ivi non esistono domeniche nè altre solennità ; non è permesso dì aver una religione nè di parlar di Dio. I frutti — dice La Luz — non si sono
fatti aspettare: il disordine e il mal costume regnano
nella città, e il discredito e i fallimenti vi stanno come
in casa propria.
Vorrei raccomandare a tutti i cristiani di studiare
il capitolo tredicesimo della prima epistola ai Corinti
notte e giorno ; non già una notte e un giorno, ma di
continuo, estate e inverno, durante tutti i dodici mesi
dell'anno. Se si accettasse il mio consiglio la potenza
del Cristo e del Cristianesimo si farebbe sentire più
ohe non sia mai avvenuto nella storia del mondo !
Moody.
EROINE VALDESI
Nuova Serie
XXI
flnnci Mondon
una donna che fuga una schiera nemica
Non v’ha dubbio che nella legione di prodi che attraverso la lunga serie di persecuzioni patite dai Vaidesi si segnalarono come invitti eroi, primeggiano quei
200 i quali nell’immane disastro del 1686 seppero, dif
fidando delle fallaci promesse che trassero gli altri 12
mila valdesi in prigione, e pugnando senza tregua contro
gli eserciti di V. Amedeo II e Luigi XIV, non solo
mantener la propria libertà, ma altresì ottener quella
dei lor miseri correligionari sopravissuti al duro carcere, impedendo così la distruzione dei Valdesi giurata
da Luigi XIV.
Nel giugno 1686 infatti, scriveva il maresciallo Catiuat al sire di Francia esser deserte le Valli. I Vaidesi tutti sembravano spariti da esse, giacché fidenti
nella parola del lor duca che lor prometteva perdono
e libertà, aveau deposte le armi... ed eran tosto stati
gettati tutti in curie e carceri. Cosicché le truppe francesi e piemontesi aveano sgombrate le Vaili lasciandovi
pochi presidi, ed il duca avea venduto a Savoiardi e
Piemontesi i beni delle sue vittime.
Quand’ecco sbucar da grotte e rifugi presocchè inaccessibili tre bande di Valdesi tenutisi ivi nascosti per
oltre un mese, e, guidate dai rispettivi capitani Paolo
Piene, Davide Mondon e Filippo Tron Poulat, piombare
sui paeselli sottostanti e seminarvi sgomento indicibilé.
Invano si rinforzarono i presidi e si diede la caccia pei
monti a quei temuti superstiti Valdesi; tali stragi
compirono questi per ben due mesi, che, nell’Agosto
credettero miglior partito i due sovrani collegati di
trattar con loro una tregua la quale fu accettata solo
quando ai Valdesi furon consegnati viveri ed ostaggi.
Disperando di poterli mai distruggere, volle Vittorio
Amedeo ottenere di allontanarli dal paese e per questo
accettò tutte le esigenze di quegli eroici montanari, i
quali solo in Novembre si risolsero ad emigrare in Isvizzera, ma con cospicui ostaggi, con armi e bagaglio, coi
prigionieri delle loro famiglie liberati subito, e con
patto giurato che appena partiti loro verrebbero liberati tutti rpiigionieri Valdesi e condotti a Ginevra.
E cosi avvenne.
Pochissimi nomi di quei 200 invitti eroi, ci sono
stati tramandati : Piene, Mondon, Tron, Poulat, Peyran,
Gay, Geymonat, Martinat, Peyrot, Talmon, sono i soli
che per ora conosciamo. Ma sappiamo che fra quei prodi
indomiti, veri .salvatori del popolo valdese, vi eran pure
delle donne che non furono da meno degli sposi e dei
fratelli loro ; e di una di esse ci è pervenuto particolarmente preciso e dettagliato il ricordo, nelle Memorie
tutt’ora inedite del suo nipotino che fu cent’anni dopo
distinto pastore delle Valli.
Detta eroina chiamavasi Anna Mondon, sposa del
capitano Davide Mondon di Bobbio, e l’autore delle ricordate Memorie (dalle quali togliamo quanto stiamo
per dire,) è Davide Mondon, il quale fu pastore a Maniglia, Prarostino e Luserna San Giovanni dal 1782
al 1832.
Narra il nostro cronista che dopo essere stato
sconfitto il 4 ed il 7 Maggio 1686 nel suo tentativo
d’impadronirsi di Bobbio, ilcomandante piemontese Compans di Brichanteau riuscì nell’iutente il giorno 8 mercè
l’aiuto di Barella il quale in quel giorno piombò su
Bobbio dalle alture del colle Giuliano mentre Brichanteau attaccava il paese dal basso ; ed i Valdesi coi
duci Mondon e Piene dovettero ritirarsi a Balmadant.
La moglie del Mondon, per nome Anna, era restata
con altre donne sulle alture di Gianssarand a custodia
del poco bestiame rimasto loro e si riteneva al sicuro ; quando ad un tratto una sentinella Valdese posta
a breve distanza l’avvisò deU’avvicinarsi d’una truppa
nemica.
Era questo un distaccamento piemontese agli ordini
del fratello del generale marchese Di Barella. In un
baleno, Anna e le sue compagne sì danno alla fuga,
spingendosi innanzi faticosamente le poche vacche, unico
avere fin allora salvato dal nemico, su per l’erta china,
verso l’eccelso rifugio dell’Aguglia. Ma il nemico che
incalzava guadagnava terreno, presto giunse a portata
di fucile delle fuggitive e coi clamori e col rullio del
tamburo le atterriva per lo sgomento. Senonchè, come
Iddio volle quello che sembrava loro foriero di morte
recò loro la liberazione. Infatti, una delle vacche colta
da terrore al repentino rumore nemico, scivolò sull’infida
china e precipitò repente sul bel mezzo della sottostante
schiera degli assalitori gettandovi lo scompìglio ; ed a
tal vista, fermatasi Anna colle compagne, guidate da
subitanea ispirazione, tolsero a rotolar giù sassi senza
posa, i quali colpirono a morte il comandante Barella
e tanti dei suoi che gli altri per scampar la vita si
diedero a precipitosa fuga. Fu poi Anna valorosa compagna dello sposo in tutto quell’ anno terribile e nelTesiglio che segui in Isvizzera ; e dopo che egli colTArnaud nel 1690 ebbe riconquistate le Valli, tornò da
lui nella natia Bobbio coi teneri, figliuoli egli fu fida
ed eroica compagna fino alla fine.
Teofilo Gag
Salice piangente
Roma. — Il giorno 29 luglio, con l’intervento del
pastore Ern. Comba, e di numerosi impiegati alla
Direzione generale delle Poste, veniva accompagnata
al forno crematorio di Campo Verano la salma di
Ettore Banl
Una esistenza troncata da fierissima malattia nel
suo ventunesimo anno! Iddio, nelle sue dispensazioni
talora incomprensibili agli uomini, ha richiamato a
sè quell’anima che s’era appena affacciata alla vita di
quaggiù ; era un giovane studente dal carattere mite
e dallo spirito vivace, un figlio che costituiva tutta
la gioia e la speranza dei suoi genitori.
Noi esprimiamo la più viva e sentita simpatia cristiana al padre affranto dal dolore, signor Umberto
Bani, membro della Chiesa Valdese di Roma, alla
madre e ai parenti tutti del caro Ettore.
Il Signóre vi conforti ! « Non siate contristati come
gli altri che non hanno speranza! »
Ern. Gamba.
6-9 tiL9
Il Celibato del Clero
{Referendum delle Battaglie d’oggi)
L’ottimo periodico Le Battaglie d’oggi, che, sotto la
sapiente direzione di Gennaro Avolio, tratta con serietà
e -àe^eatezza le più "gravi questioni, ha incominciata
la pubblicazione d’un in cui sacerdoti cat
tolici romani dicono aperto il loro pensiero intorno al
Celibati. Riproduciamo un certo numerodi risposte.
Balla Ftomagna
Sig. Direttore,
Mi rallegro di cuore per la nobile campagna iniziata : continui con coraggio sino al trionfo. Quante
ànime che piangono e son vicino a disperarsi, all’abolizione del celibato obbligatorio tornerebbero da morte
a vita, anzi a tal pienezza di vita, da mettere in movimento il mondo! Solo i celibatari che san scusare
ne’ confratelli e in loro stessi, una caduta di quando
in quando, anche una sequela di cadute, magari un
coatìpuo concubinato — basta che la cosa non diventi
troppo pubblica, da compromettere il superiore, e l’ipocrisìa ricopra tutto col suo velo smagliante — solo
tali celibatari fan le viste di scandalizzarsi semplicemente a sentir parlar della legge, perchè dicono ch’è
la più bella aureola della chiesa romana.
Si. E’ un’aureola che ci pone in un’atmosfera ove è
impossìbile la vita e ci attira il disprezzo degli uomini.
E’ un'aureola che gronda putredine e sangue! Putredine, per l’ampia corruzione di cui è causa; sangue,
per le vittime innumeri di cui è intessuta. .....
Sac. Dr. C..-.
Un penslepo di Globenti
Un egregio sacerdote insegnante in un liceo governativo ci scrive una garbata lettera per ricordare una
proposta di Gioberti, in tema di celibato del clero. L’illustre patriotto e filosofo proponeva di mantenerlo per
tutto il clero avente cura d’anime ; di togliere il divieto
per tutto l’altro.
Per noi, aggiungiamo, si dovrebbero considerare come
aventi cura d’anime tutti gli ordini' religiosi, almeno
sino a quando una radicale riforma non mirerà ad una
radicale trasformazione, con la secolarizzazione di tutti
quelli che non han più una reale ed efficace funzione
apostolièa e sociale.
^Continua)
Domenico Giocoli, gerente responsabile
Tipografia deiriatituto Gonld Via Marghera 2, Bom»<
7
LA LUCE
IL TRAMONTO DI ROM
Studio di storia e di psicoio
^ia dei Prof. €r. Bartoli.
D. Ottavio con grande entusiasmo si fabbricò colle
sue stesse mani questo palazzo incantato, confidando
che l’avrebbe albergato in eterno ; ma quando esso
era di già finito, quando^D. Ottavio vi si era messo
dentro, quando lo doveva ammirare, gustare, godere,
accadde uno strano fenomeno, che prima empì il sacerdote di meraviglia, di tristezza poi, e. finalmente
di sacro ed invincibile terrore. Il magnifico palazzo,
a poco a poco, silenziosamente, quasi per opra di fata
malvagia, cominciò a sconnettersi, a sfasciarsi, a rovinare, a precipitare.
Fra le molte piante esotiche che crescono stupendamente nei paesi tropicali, è principalissima l’albero
Banian degl’indiani, detto dai Botanici, « Fi<ius indica, seu religiosa ». È una pianta di gran corpo,
qualche volta a dirittura gigantesca. Mostra un tronco
grosso e di solito bitorzoluto e sformato, un gittare a
vànvera e in tutti i sensi di rami possenti, una gran
volta di foglie verdi, non molto serrate e dense, poi
una ricchissima capigliatura di radici aeree, bianche
e sottili, che piovono pendale, o da sole, o in poche,
ovvero a mazzo, da ogni nodo dei rami, e si avvanzano, si allungano, si protendono verso terra, che esse
finalmente abboccano, forano e compenetrano in un
amoroso e fecondo congiungimento. Poiché, dalla
madre terra sgorga una linfa potente che corre e
irriga quelle radichette sottili, e le ingrassa, le rafforza, le indurisce e le forma in tante colonne, destinate a sostenere gli architravi di quella sempre verde
e viva basilica. Altre poi di quelle, radici aeree,'cresciute troppo vicino al tronco, o sviate dalla linea perpendicolare dal morso velenoso di animali o dal mal |
talento umano, non potendo amoreggiare colla terra- :
corrono ad abbracciare il gran tronco dell’albero, gli
si allacciano intorno, gli s’incorporano, crescono grosse
e nodosa insieme con esso lui, e quasi fossero tanti immani serpenti boa a difesa della sua persona, lo avvolgono e stringono in eterno nelle loro spire.
Nè qui è tutto. La vita che la pianta sviluppa sotterra, non è minore di quella ch’essa spiega alla luce
del sole. Le radici, non troppo profonde, s’ingrossano,
si dilungano dal tronco e camminano lontano lontano,
qualche volta ad incredibili distanze. E guai a ^ÓeÌla
casa ch’esse incontrano sulla loro via ! Gl’Indiani che
sei sanno, non tengono mai di cotali piante vicino alle
proprie abitazioni. Perchè, non passerà gran tempo
che le radici del Banian incontrandosi coi fondamenti della casa, ne sconnetteranno le pietre, vi
daran di leva, le solleveranno, si faran strada sotto
i pavimenti, e bucatili, rizzeranno la bianca testa in
cerca di aria e di luce. Allora metteranno fusto,
fronde e tronco. Cresceranno quivi a mo’ di albero,
ovvero a cespo di cento virgulti, i quali, in breve ora
e silenziosamente distruggeranno tutta la casa. Dopo
venti o trent’anni, il viaggiatore, camminando nella
foresta, osserverà forse fra i rami barbuti del Banian, qualche pezzo di muro, sospeso in aria e stretto
in amplesso indissolubile fra le braccia aeree dell’albero. La pianta viva ha inghiottito la casa morta.
L’edificio alzato per man dell’uomo è stato distrutto
da una selvaggia creatura di Dio. La natura ancora
una volta ha vinto l’arte!...
Tale fato subì 1’ edificio teologico romano che i
professori dell’Università Gregoriana avevano eretto
nella mente di D. Ottavio. Esso fu parte demolito,
parte trasformato, parte ampliato ed aperto a nuove
viste di cieio, a nuovi lampi di sole, a una più larga
e più numerosa famiglia umana. Non fu piccone, martello, 0 architetto esterno quello che operò tanto cambiamento. Fu virtù interna dell’intelletto di D. Ottavio. Furono idee nuove che germogliarono irresistibili dal terreno fecondo della sua anima, invasero
il vecchio edificio, lo avvolsero nelle loro braccia, lo
sconquassarono, lo demolirono. Anche in D. Ottavio,
come in tante altre anime Dio compiva i suoi disegni, e gli uomini si scandalizzavano, mormoravano,
maledicevano. O cortezza degli intelletti umani !
D. Ottavio studiò tutto da capo la filosofia e la teologia. Fece passare al vaglio della critica i documenti
antichi del cristianesimo, le provo più convincenti
della fede romana, e le pretese del papato. Nnlla
omise, niente gli sfuggì, di ne.ssuna cosa ebbe paura
od orrore. Temette una cosa sola : di mancare di sincerità come studioso, di lealtà come esaminatore imparziale della propria fede.
Frutto di questo esame lungo, difficile, doloroso, fu
una profonda convihzione della superiorità del crisianesimo sopra tutte le altre religioni. Credette con
fede vivissima la divinità di Gesù Cristo. S’inchinò
riverente alle Sacre Scritture come a quelle che contengono la parola di Dio. Contemplò il Cristo e gli
Apostoli nell’atto di fondare la Chiesa; vide questa
lungo il corso dei secoli evolversi e dilatarsi ; tenne
dietro alle sue vicende, ora prospere ed ora avverse ;
ascoltò le innumerevoli dispute intorno ai dogmi, ai
riti, alla disciplina ; ia vide scindersi in varie parti,
non solo diverse, ma contrarie ; sentì una Chiesa anatematizzare l’altra; vide i figli dell’ùna in lotta coi
seguaci dell’altra ; scorse i roghi accesi degli Autos da
fe; penetrò nelle oscure carceri della Santa Inquisizione, calò nel cuore furioso dei fanatici, lesse nella
storia gl’innumerevoli delitti che si sono commessi in
nome di Dio, della religione e del suo Cristo, e poi
guardò in alto : Vide Gesù sorridente dall’alto dei
cieli a tutti gli uomini ; lo vide attirare tutti a sè :
non dimandare a quale chiesa cristiana appartenessero, ma se adoravano Lui, se vestivano la sua livrea,
se amavano i propri fratelli, se osservavano i precetti
del Padre suo. Vide tolte le barriere, demoliti i confini, superate le differenze, aboliti i riti superstiziosi,
distrutte le catene legali, tolte di mezzo le pietre d’inciampo. Sentì una voce : « amatevi gli uni gli altri,
e fate del bene agli uomini : questa è la mia religione : questo è il cristianesimo di spirito e di verità , per questo verrete a me', per questo sarete
salvi ».
Ei si guardò intorno. Dov’è, dov’è questo cristianesimo puro e genuino, non ingombro da pratiche superstiziose, non oppresso da pesi illegittimi, non legato a feticismi incomprensibili ? Dov’è questo Cristianesimo che può sfidare l’esame degl’increduli, la
prova della Sacra Scrittura e il cimento della storia ?
Il cristianesimo di Roma, forse? Ohimè! no! Roma,
pian piano, senza accorgersene, non per colpa dei suoi
capi, ma per naturale debolezza umana, aveva ritor'nato, in gran parte, il cristianesimo al giudaismo antico, alla schiavitù delia legge, alla tirannia della lettera, alla oppressione dello spirito. La moneta d’oro,
luminosa del Cristo, era caduta nelle fondazioni di
Roma ; venti secoli vi erano passati sopra e ognun
d’essi vi aveva lasciato la sua scoria, la sua patina, il
suo colore. Gesù è nel cristianesimo di Roma: ma
non è solo : ha troppi compagni, ha troppi rivali ; ma
Gesù è un Dio gelóso. Vuol èsser solo; vuol regnare
unico nei cuori umani. Ah ! al tempo di Lutero egli
alzò lo staffile e fè man bassa sui venditori del tempio...
Ohimè ! ohimè 1 questo è evangelismo, pensò D. Ottovio, è protestantesimo, non è più cattolicismo !...
A D. Ottavio, allora, prese un raccapriccio, un sudor
freddo, un terrore quasi d’inferno. Egli non era più
cattolico... era eretico... si lui 1 lui ! Cioè, era staccato
dal grau corpo di Roma... era vivo o morto ? Morto !
morto ! gridavano i suoi nemici... Ma egli sentiva in
sè una vita potente... la vita dello spirito pulsava in
tutti i suoi nervi... Amava egli il Cristo ? Oh ! quanto !
Il suo cuore non poteva sbagliare.... No ! no ! urlavano
i suoi contradditori... tu non ami il Cristo ! tu non
ami il Cristo! Non ha Dio per padre, chi non ha la
Chiesa di Roma per madre... Se i miei avversari avessero ragione? se io fossi vittima di una orrenda illusione ? se i miei studi, così vasti, così profondi,
così sinceri, fossero radicalmente sbagliati, e m’avessero tratto lontano lontano dalla verità ? Se quel vecchio bianco vestito, che passeggia sotto le logge di
Raffaello foàse veramente il vice-Dio in terra... Allora ? Allora ?...
Ohi Dio, toglietemi da questa vita, arrestate la corsa
di questa mia terrena esistenza, precipitatemi nell’onda infinita della morte. Deh! che so muoia, che
io muoia, per pietà ! per pietà ! che io muoia ! Cosi
ruggiva il cuore di D. Ottavio ; così sanguinava l’anima
di lui. ...
Ma quando quietava la tempesta dello, spirito, sentiva una pace grande, vedeva una luce chiara, provava una gioia indeffinibile ; la gioia di essere fedele
alla verità. La verità, per D. Ottavio, consisteva nell’amore di Dio e del suo Cristo, nella fede del cristianesimo primitivo, nella pratica della carità cristiana
verso tutti gli uomini e nella esatta osservanza della
legge di Dio. Questo, per lui, era vero e genuino cristianesimo. Ma non basta per Roma ? Desso basta tuttavia per la maggioranza dei cristiani, e bastava per
l’anima e la mente di D. Ottavio. Tutto il reato del
cristianesimo romano non è necessario per la salute.
XIII,
L’Enciclica « FasccndI ».
Una sera, il cardinale Sinibaldi leggeva tutto solo
nel suo studio, quando gli capitò in camera il nipote.
11 venerando uomo sollevò la testa dalla lettura, e
accennando al foglio che teneva in mano, disse :
— Ecco ! Ottavio ! Ecco la tua condanna !
— L’Enciclica Pascendi ?
— Sì, l’hai già letta ?
— Tutta no : ma solo un largo sunto. La leggerò amio comodo.
— La sto leggendo ora io. Affé mia, che voi altri
modernisti siete in essa battuti per bene, Non vi resta
via d’uscita... o sottomettervi od uscire dalla Chiesa.
In fondo in fondo, il Papa ha ragione. Il modernimo
è incompatibile col cattolicismo.
— Io direi di più — osservò D. Ottavio — il modernismo dell’estrema sinistra è incompatibile col cristianesimo.
— Brgvo Ottavio ! Queste tue parole mi consolano.
Ripetile davanti a Sua Santità e la tua riconciliazione
col Vaticano è fatta.
Il giovane scosse la testa in aria incredula.
— Zio, per Vostra Eminenza darei la vita 1 Ma non
posso fare quello che mi suggerisce. La mia coscienza
mel vieta !
— E perchè ciò ? Non mi hai detto or ora che tu non
sei modernista?
— Io, in realtà, non ho nulla di modernismo ; ma
pei fanatici intransigenti che mi perseguitano, sono
cento volte peggiore dei modernisti propriamente detti
D’altra parte, io difendo e credo non pochi articoli condannati dal Sillabo di Pio X ; quindi la mia ritrattazione noh sarebbe sincera. Ho inoltre troppi amici in
quel campo per abbandonarli ora nel momento del pericolo. Non mi macchierò mai di una simile vigliaccheria ! Finalmente, se anche il facessi, non sarei creduto, nè dai fanatici, nè dai modernisti. Serberò quindi
un dignitoso silenzio e la mia libertà personale.
— Tu nutri simpatia per certe dottrine moderniste ?
— domandò il cardinale dopo un momento di pausa.
— Intendiamoci, zio. Per il sistema no ; ma per talune delle sue dottrine sì, e ciò perchè veggo in esse
un tentativo di ritornare la religione di Gesù Cristo
al cristianesimo primitivo.
— Non t’intendo.
— Mi spiego subito. Vi sono milioni e milioni di
uomini credenti alla redenzione di Gesù Cristo, i quali
avendo assorbita in sè tutta o parte della vita intellettttaié m^erftà; non sanno come óbnciliare^Ìa fede
cattolica, nella quale sono nati, colla propria mentalità. Essi osservano nel cattolicismo popolare odierno
un’infinità di cose che non intendono, che credono
false, che loro ripugnano profondamente. Accusano il
cattolicismo romano d’essersi troppo allontanato dalla
semplicità del cristianesimo primitivo : di avere introdotto nella spiegazione dei dogmi, e incorporata indissolubilmente ad essi una filosofia; d’imporre alle
coscienze, articoli di fede, che nè Gesù, nè gli Apostoli insegnarono mai ; di difendere e propugnare con
distinzioni sottili e cavilli scolastici una vera e propria idolatria nel culto dei Santi e delle reliquie ; di
promuovere il feticismo e la magia nella causalità fisica dei sacramenti, e nell’idea del loro carattere indelebile, e così via di seguito. A tutte queste cose, essi
sentono una invincibile ripugnanza, nata da varie
cause ; in alcuni, come nota giustamente l’Encinclica
Pascendi, da una filosofia preconcetta, ma in altri
frutto di studi vasti e profondi intorno alle origini
del cristianesimo e sulla fede primitiva. A tutto questo
vi sarebbe un rimedio radicale : uscire dalla Chiesa
romana e rifugiarsi in seno alla Chiesa evangelica,
dove si troverebbero a loro bell’agio Ma questo passo,
ohe pur sarebbe il più logico e il più leale, inspira
loro un’invincibile ripugnanza, quasi un sacro terrore. Vorrebbero, pur restando nella Chiesa, riformare la Chiesa, contro la Chiesa, e a dispetto della
Chiesa. S’illudono di poter far essi col cattolicismo,
quello che tentarono già, senza riuscirvi, i filosofi
neoplatonici del terzo secolo, Plotino, Porfirio, Libanio e consorti, col paganesimo, e provarono pochi
anni fa collo stesso cattolicismo il Gioberti, il Lamennais e consorti. In ciò sta la loro illusione. Come quelli
fallirono neU’impresa, così anch’essi sono destinati a
fallire. La Chiesa romana non è più patibile di riforma
radicale. O accettarla, qual’essa è, o separarsene per
sempre. Non si dà via di mezzo. Ad ogni modo, i modernisti sei credono, e tentano di spiegare, di simbo
lizzare, di razionalizzare il cattolicismo romano. Per
ciò fare, ricorrono alla teoria dell’immanenza, al simbolismo, al soggettivismo, al sentimento religioso, al
senso estetico, e ad altri ripieghi, veri, verissimi in
sè, ma che non punto si adattano all organismo della
Chiesa cattolica.
(20)
{Continua).
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ed indeboliti, colore, tiellezaa e vitalità della prinia giovinezza senza macchiare nè
la biancheria nè la pelle Questa Impnreggrabile ormposizione pei capelli non è una
tintura, ma un’acqua di soave profumo t^e non macchia nè fa '
s
................ __ la biancheria nè la
pértie © cii© 81 adopera colla ma^simà faciliiù e spedtte/va E»sa agisce sul bulbo dei
cfìpeUl e della t arba f( rnendone li nutriment*» ucce^8ario ò*feioè ridonando l >ro il colorò primitiv*»,
favorendone lo sviluppo e rendendoli flessibili, mor
bidi ed am^stitndono la caduta. Inoltre pulisce pron*»
lamento la corenna e fa sparir * la forfora — Una
s-'Vj. lJa.^la per con/teguirne un effetto sor-
prtnuetUt
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Fiftala>entc bo potuto trovare una preparazione che rei
ridonasse ai capelli e alla barba il colore primitivo, la ire*»
schezsa e brbcaza della giovtreiù keiiza avere il remimo
disturbo nen'applicazitine.
Una sóla bottigl a della vostra Anticanizie ini bastò ed
ora non ho fin solo pelo bianco Sono pienamente convinto che
questa vostra specialità non e una tintura, ma un’acqua che
non macchili nè Uf biancheria nè la pelle, ed agisce sulla cute
©sul bulbi Aei
i toIi facendo scomparire totalmente le pellindo le radici dei capelli, tanto che ora essi non
cole e riaiorsan . ^ , _______________
cadono più, ibeotr© corsi il pericolo di diventare calvo
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